trimestrale unitalsi emiliano-romagnola anno 2007, n 2, aprile - … · Incontro giovani a Loreto...

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trimestrale unitalsi emiliano-romagnola autorizzazione: Tribunale di Bologna n. 4277 del 5/6/1973 anno 2007, n 2, aprile - maggio - giugno Poste Italiane s.p.a. Sped.Abb.Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB - BO in caso di mancato recapito inviare a Bologna per la restituzione al mittente, previo pagamenti resi fondato nel 1930

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Beatificazione di Wojtyla 3Giorgio Bernardelli

Più famiglia 4 Paolo Lambruschi

90° delle apparizioni 5 Guiscardo Mercati

Il mistero di Guadalupe 7Gian Luigi Sàssoli

“Va a dire ai sacerdoti” 11Romeo Mori

Don Enelio, un testimone 12 Carlo Caffarra

”Santa Maria di Campagna” 14 Valerio Valeri

Carpe Diem 15 Rita Coruzzi

Ha trasfigurato la vita in Cristo 16 Mariano De Nicolò

Si riparte! 17 Stefania Donati

L’angolo del medico 18Danio Romagnoli

Pellegrini a Lourdes 19Claudia Coppari e Sabrina Lucchi

Fotobook: diocesano Cesena - Sarsina 20Foto Viron

Lettera a Don Libero 22 Mirella Martelli

Un’esperienza che... 24 Roberto Bevilacqua

Festa di mezza primavera 25 Ivonne Cicognani Galli

Grazie 27 Rita Conti

Monreale val bene una Messa 28 Renato Zoffoli

Processo di canonizzazione 30 Gianfranco Cammi e Pietro Cattani

Catechesi 32 Andrea, Paola, Don Edelwaiss

“Non potevamo tacere” 33 Luciano Monari

Incontro giovani a Loreto 35 Massimo Montanaro

Sessant’anni nell’Unitalsi 36 Amedeo Brici

Ci hanno preceduto 37

Info utili 39Gianfranco Cammi

Preghiera al Redentore 40S.S. Giovanni Paolo II

editore: U.N.I.T.A.L.S.I. Sez. Emiliano Romagnola direttore responsabile: Italo Frizzoni direzione redazione amministrazione: Unitalsi Emiliano Romagnola via Irma Bandiera 22 40134 Bologna tel: 051436260 fax: 051436371 sito web: www.unitalsiemiliaromagna.it email: [email protected]

redazione: Mons. Guiscardo Mercati, Giuliana Calori, Gianfranco Cammi, Rita Coruzzi, Valerio Valerihanno collaborato a questo numero: G. Bernardelli, R. Bevilacqua, G. Bratti, A. Brici, cardinale C. Caffarra, P. Cattani, R. Conti, C.Coppari, vescovo M. De Nicolò, S. Donati, I. Galli, P. Lambruschi, S. Lucchi, M. Martelli, vescovo L. Monari, R. Mori, D. Romagnoli, G. Sàssoli,R. Zoffoli progetto - elaborazione grafica - responsabile web: Gianfranco Cammi - stampa: Grafiche Dehoniane, Bolognafoto di: Archivio Unitalsi Nazionale, Archivio Unitalsi Regionale, R. Bevilacqua, Foto Viron, M. Montanaro in copertina: raffigurazione “Pentecoste”

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in questo numero

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Lo scorso 2 aprile, nel secondo anniversario della suamorte, si è chiusa ufficialmente a Roma la fase dioce-sana della causa di beatificazione dì Giovanni Paolo II.

E’ stato il cardinale vicario Camillo Ruini a darne l’annunciocon una lettera indirizzata ai fedeli della diocesi dell’Urbe.Un testo in cui il porporato aveva invitato anche tutti i ro-mani a prendere parte alla solenne Messa di suffragio chequello stesso giorno Benedetto XVI ha presieduto in SanPietro, per fare memoria del suo grande predecessore. “Carissimi - scriveva il cardinale Ruini nel testo, pubblicatosulle pagine di RomaSette - sono lieto di parteciparvi che ilpostulatore della causa di beatificazione e canonizzazionedel servo di Dio Giovanni Paolo II, monsignor Slawomir Oder,mi ha comunicato che lunedì 2 aprile, nel secondo anniver-sario della pia morte del nostro amato e compianto pasto-re, Giovanni Paolo II, si potrà procedere alla sessione dichiusura dell’inchiesta diocesana sulla vita, le virtù e la fa-ma di santità del medesimo servo di Dio Giovanni Paolo II(Karol Wojtyla)”. Nella lettera il cardinale vicario spiegava che “questo mo-mento, preceduto dalla celebrazione dell’Ora Sesta, avrà luo-go nella basilica di San Giovanni in Laterano, alle ore 12”.Al termine della sessione di chiusura dell’inchiesta , dioce-sana, nel cortile del Palazzo Apostolico Lateranense, è sta-ta poi inaugurata la mostra «Totus Tuus, Giovanni Paolo IIin 60 disegni di Nan Tedeschi. “Desidero inoltre caldamen-te invitare tutti i sacerdoti e fedeli della diocesi - continuaRuini - a prender parte alla Santa Messa di suffragio del Som-mo Pontefice Giovanni Paolo II che, nel pomeriggio del 2aprile, alle ore 17.30, il Santo Padre Benedetto XVI presie-derà nella Basilica di San Pietro in Vaticano”.E’ giunto così a conclusione il primo grande capitolo dellacausa di beatificazione di Karol Wojtyla. L’iter era stato avviato ufficialmente il 28 giugno 2005, pro-prio in San Giovanni in Laterano, dopo che poche settima-ne prima Benedetto XVI aveva disposto la deroga rispettoai cinque anni che, come prassi, dovrebbero trascorrere dal-la morte prima dell’apertura del processo canonico. Per tutto il resto la prassi normale di ogni causa di beatifi-cazione è stata rispettata: il tribunale diocesano nel luogodove è avvenuta la morte, la rogatoria in Polonia per la par-te della vita precedente al Pontificato, l’ascolto dei testimo-ni, la raccolta dei testi. Dopo l’atto solenne del 2 aprile l’esame ora passerà alla Con-gregazione per le cause dei santi, dove il primo passo sa-

rà la stesura della positio. Al dicastero vaticano ar-riveranno anche le carte relative alle notizie sui mi-racoli che Wojtyla avrebbe già compiuto, tra cuiquello della suora francese guarita dal morbo diParkinson, di cui il postulatore Slawomir Oder ha

parlato come quello su cui si concentra maggiormente l’at-tenzione. Un processo molto rapido, dunque, ma non per questo me-no rigoroso. “Per certi aspetti - ha commentato alla Radio Vaticana il po-stulatore, monsignor Slawomir Oder - è stato più veloce dialtri. Dal momento della morte di Giovanni Paolo II all’aperturadella causa, sicuramente è stata una cosa del tutto ecce-zionale. Però la durata della fase diocesana potrebbe es-sere paragonata ad altri processi che di recente hanno avu-to luogo. Penso per esempio al processo di Madre Teresa di Calcut-ta”. Giovanni Paolo II “è un Papa vicino, amato - ha com-mentato ancora Oder -, un Papa che è entrato nelle nostrecase come il membro più stretto della nostra famiglia”.

Beatificazione di WojtylaChiusa la fase diocesanadi Giorgio Bernardelli

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Famiglia, ricchezzae speranza deideboli. Da oltre un

secolo l’Italia vanta ungrande patrimonio diazione concreta, svolta lontano dai riflettori, con 100mila as-sociati che ogni anno accompagnano 40mila ammalati di tut-te le età e le loro famiglie in 250 pellegrinaggi a Lourdes ein diversi santuari, l’Unitalsi occupa una postazione privile-giata di osservazione della società italiana a partire dallasua espressione più misteriosa, il dolore. E testimonia un’originale cultura di carità e generosità. “I no-stri associati pagano per poter partecipare aipellegrinaggi e accompagnare i malati -spie-ga Antonio Diella, Presidente dell’Unitalsi-questa è la nostra ricchezza. Abbiamo per-fezionato questo stile guardando in faccia lefamiglie che soffrono. Lavorando molto, adesempio, con i più deboli, i bambini amma-lati e gli anziani. Molti ci domandano comefa questa gente a vivere nonostante la gran-de sofferenza che prova. La risposta è: per-ché vivono in una famiglia stabile e fedelenel tempo e non da soli. E i volontari cerca-no di costruire, ispirati da quel modello, unafamiglia attorno a loro con una presenza e una fedeltà nonoccasionali”Perché avete scelto di firmare il manifesto «Più fami-glia.?»“Viviamo da vicino la situazione di famiglie che educano al-la solidarietà e all’attenzione per chi soffre, in particolare ipiù piccoli. In base alla nostra esperienza quotidiana è que-sto il luogo dove veramente si sviluppa la possibilità e lasperanza di vita per tanti. In famiglia si sviluppa l’esperien-za importante di Chiesa ordinaria. quella che abbiamo sem-pre incontrato laddove c’è maggiore difficoltà”L’ha ribadito anche il presidente della Cei: il 12 maggiosarà una grande festa di popolo...“Noi non abbiamo il problema di contrapporci a qualcuno.non capiamo neppure le polemiche e i veleni scatenatisi con-tro questo evento. Cosa c’è di male nel ribadire che credia-mo nella famiglia e manifestare questa idea con gioia? Lamanifestazione serve per riproporre la necessità di prestareattenzione al tema della famiglia basata sul matrimonio, cheha bisogno di essere tutelata, rafforzata, fatta oggetto di po-litiche di solidarietà importanti.”I pellegrinaggi cosa possono comunicare a un osserva-tore esterno sul ruolo svolto dalle famiglie? “Che di tutta l’esperienza della vita, quello che salva è l’a-

more, l’unità, la fedeltà ase stessi. La famiglia è ilcentro che positivamen-te si costituisce attornoa una promessa di per-

manenza, di fedeltà a un progetto di permanenza. Di que-sto senso di responsabilità si sente oggi la mancanza. Que-sto vale per tutti, nessuno escluso, neppure il mondo catto-lico. Anche noi dobbiamo riflettere nuovamente sulla nostraesperienza familiare, a volte siamo talmente attenti a quan-to succede all’esterno che non ci rendiamo conto della ric-chezza che abbiamo. Allora o questa viene testimoniata op-

pure resta nascosta e sembra che non ab-bia alcun valore. Invece è vero il contrario.Alla nostra società serve vedere la bellezzadell’unità vera dei coniugi e dell’intero grup-po familiare”Quanto conta in quest’ottica la testimo-nianza del servizio familiare ai deboli? “Per noi è fondamentale. Le nostre famigliesono accoglienti, si sono aperte alle neces-sità di altre famiglie in difficoltà. Offrono unservizio al Paese. E’ questo il significato delmanifesto per il 12 maggio quando diciamoche quello che è bene per la famiglia è be-

ne per l’Italia. E’ molto importante il valore educativo di que-sta esperienza. Per noi uno Stato si regge su gente che saeducare ai valori dell’accoglienza e del cammino insieme.La famiglia è il primo e più autentico luogo dove questo av-viene. Molti nostri volontari sono giovani che non credono,spesso trovano la fede partecipando ai pellegrinaggi e in-contrando la sofferenza e la carità”Perché in Italia si è arrivati a sottovalutare questo pa-trimonio anziché valorizzarlo?“Perché ci siamo dimenticati di una cosa importante: i valo-ri autentici non arrivano dall’esterno, i modelli comporta-mentali che si cercano fuori sono effimeri, estemporanei. Perme non è sbagliato confrontarsi con le novità, cercare dicambiare. Occorre però essere consapevoli della propriaidentità dei propri limiti”.Altrimenti?“Oggi la famiglia sembra quasi costretta a nascondersi, madeve rendersi conto che non dà fastidio a nessuno, anzi iI12 maggio chiederemo di difendere il centro di un’esperien-za positiva per la nostra cultura. La famiglia dipende dallascelta delle persone di garantire un ambito di felicità dura-turo. Altri modelli di precarietà e le esperienze di disordineaumentano la sofferenza, il timore che tutto possa finire èdifficile da superare per chi soffre”

Più famigliaAnche per noi, vicini e attenti a chi soffre

di Paolo Lambruschi

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Carissimi, per noi dell’Unitalsi, che in Mariaabbiamo la guida del nostro agire, sono con-solazione e stimolo le notizie degli eventi che

segnano il 90° anniversario delle apparizioni di Fa-tima. Il messaggio di Maria, che seguendo una li-nea di continuità da La Salette, a Lourdes e a Fatima, invi-ta a seguire e imitare Gesù, “Salvatore”, “Principe della pa-ce”, sta raccogliendo una risposta sempre più cosciente efattiva. Lo dice il numero in forte aumento dei pellegrini pro-venienti ormai da ogni parte del mondo, perfino da quello is-lamico, che qui vengono a cercare Dio, desiderosi di una ri-sposta al desiderio di pace, al senso del vivere, al signifi-cato del mondo stesso.• Il nostro operare, nell’ambito dell’associazione, ci mostraquanta sofferenza sia il prodotto di una cultura e di unascienza che, non solo rifiuta Dio, ma pensa di farsi simile alui e di sostituirlo nella potenza di creare e governare il mon-do. Certamente una forma di superbia - come non ricorda-re il conclamato orgoglio ateo di tanti uomini del nostro tem-

po? - che ripete l’evento del peccato originale con altree gravi conseguenze di male, come guerre incessanti,malattie “da progresso” che colpiscono l’umanità e il suoambiente di vita; egoismo che porta l’uomo individuo afarsi centro e misura del mondo, anziché a farsi prossi-mo a quel “figlio dell’uomo” nel quale Gesù si è identifi-cato: i poveri, i piccoli, i bisognosi, i sofferenti. Ricordoqueste cose perché, pur rischiando di cadere nel luogocomune, esse ricorrono come tema nel messaggio di Fa-tima, quale premessa all’impegno chiesto dalla Madon-na per uscire dalla spirale di male e di morte che carat-terizza la via dell’uomo che abbandona Dio o a Lui si ri-

bella. Maria, però, lo fa per ricordarci come ci sia una viamaestra per evitare tutto ciò: la “conversione”, chiesta comedono per se stessi e per quanti sono tenuti lontani da Dioper stili di vita o per riflesso di una cultura materialista chesempre più permea invasivamente i nostri mezzi di comuni-cazione conquistando quanti li seguono in modo passivo.La conversione chiesta dalla Madonna a Fatima è quella disempre della tradizione della Chiesa: immettersi in un at-teggiamento di umile ricerca della Verità dalla quale trarre ilsignificato del nostro vivere e della Via da seguire per vive-re secondo questa Verità. È cioè la ricerca e la imitazionedi Gesù, unica salvezza materiale e spirituale dell’uomo,obiettivo costante di tutte le apparizioni mariane e sigillo del-la loro credibilità.• C’è una speranza ricordataci ancora una volta nelle appa-

rizioni di Fatima e che ben coglieva l’alloracardinale Ratzinger quando commentava ilterzo “segreto” di Fatima: non esiste un de-stino immutabile nella storia dell’uomo. Anche se esiste la possibilità che alcuni uo-mini, abusando del dono divino dell’intelli-genza, possano creare un futuro di distru-zione, Maria ci ricorda che fede e preghie-ra (e ancora una volta, come nei secoli piùbui dell’Europa ritorna il Rosario) “sono po-tenze, che possono influire nella storia eche alla fine la preghiera è più forte deiproiettili, la fede più potente delle divisioni”.Non è una speranza da poco, soprattuttoquando abbiamo la certezza che essa puòtrasformarsi in realtà, pur nella richiesta di

90o delle apparizioniA Fatima la Madonna invita a seguire Gesù

di Mons. Guiscardo Mercati *

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seguire Gesù sulla via della Croce che è an-zitutto quella della sofferenza “ordinaria” riser-vataci dalla quotidianità del nostro vivere e del-la nostra condizione di creature, come ricor-dava l’Angelo nell’apparizione ai tre pastorellidi Fatima; e - se Dio ce lo chiedesse - anchedella sofferenza per malattia grave o, ancor più,in quella “straordinaria” della testimonianza perla fede, come nei nostri tempi e nella nostraterra è accaduto a tanti fratelli e tante sorelle.• Un messaggio duro? È quello di Gesù chedice: “Chi vuole essere mio discepolo, pren-da la sua croce e mi segua”, ma che affer-ma anche: “Voi avrete la tribolazione delmondo, ma abbiate fiducia, io ho vinto ilmondo”. Questo, infatti, è il cammino - l’unico - che por-ta alla gioia dolcissima della Risurrezione, del-la salvezza nostra personale, dei nostri fratel-li, del mondo. Una gioia che nella sua totalitàgusteremo soltanto nella dimensione della vi-ta in Dio, ma che già si riflette sulla vita terre-na del credente e ne allevia e illumina le sof-ferenze. Maria a Fatima ci ripete: “Non perdeteil coraggio! Non vi abbandonerò mai. Il mioCuore Immacolato sarà il vostro rifugio e la

via che vi guiderà a Dio”.• Ci aiuti lo Spirito Santo, in questo tempo di Pentecoste, acomprendere queste grandi verità; a viverle quotidianamen-

te in spirito di conversione perravvivare in noi, nella nostraassociazione, nel mondo il fer-mento del Vangelo; a com-prendere il significato redenti-vo della sofferenza di quantiseguiamo per impegno eccle-siale e a ricambiarlo con amo-re sempre più vivo e grato; asperimentare la forza straordi-naria della preghiera. È quan-to vi lascia, come spunto dicontemplazione per il Rosarioquotidiano, il vostro Don Gui-scardo.

* Assistente Ecclesiale Regionale

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Il Messico è un grande paese ricco di storia, di colori, difolclore e di grande spiritualità: spesso questa è ancoracontaminata da pratiche e credenze che risalgono ad al-

cuni millenni fa, quando gli indigeni adoravano Quetzalcoatl:.il grande serpente piumato considerato il Creatore della co-noscenza, del vento, del sole e del cielo: Il Dio buono.Così su questa ingenuità un po’ infantile riflettevo, mentregiravo per le strade, per le piazze, tra i monumenti storici emoderni di Città del Messico, con aria di sufficienza, fortedella mia preparazionestorico-culturale, unpo’ arrogante nella fer-mezza della mia fedecattolica... ma poi misono ricreduto davantialla venerazione dellaimmagine miracolosadella Vergine di Guadalupe chiamata laMorenita, per la colo-razione scura del visoche i messicani, gran-di e piccini, giovani evecchi e di tutte le et-nie di cui è compostala popolazione messi-cana, portano alla Sa-cra Immagine dellaVergine. I bambini; quanti erano!Che piacere, finalmen-te, vedere tante picco-le creature, che da noi sono sempre meno, inginocchiateassieme ai loro parenti, oppure sdraiate per terra o gioiosiassieme agli altri, per nulla intimoriti dalla solennità dellafunzione, dai canti e dal suono dell’organo, perché eviden-temente sono abituati a stare in chiesa, come se capisseroche è anche la loro casa dove si sta in famiglia attorno allaMadre celeste.Nella grande nuova Basilica a Lei intitolata, capace di con-tenere migliaia di fedeli, mi sono inginocchiato assieme atutti loro ed assieme ho pregato e pianto ed umilmente hochiesto perdono per la mia superbia: quanta fede ho vistoin queste persone, povere ma non miserabili, pazienti manon rassegnate alla loro povertà e piene di tanto amore e

gentilezza, così quante ne ho vedute nei miei pel-legrinaggi a Lourdes e forse di più. Lourdes, nonposso non fare l’accostamento perché tante sonole analogie fra le due apparizioni... d’altra parte èsempre Lei! Ma leggete le parole di padre Egidio

Ridolfo s.j estratte dalla cronaca delle apparizioni, quattro aDon Juan DiegoCuauhtlatoatzin, canonizzato da papa Gio-vanni Paolo II il 30 luglio 2002 e una allo zio Juan Bernar-dino,estratte dal “Nican Mopohua” che è il più antico scrittoche esista sulle apparizioni e che si trova nella BibliotecaPubblica di New York nel dipartimento dei manoscritti rari.E’ scritto in originale lingua Nahuatl ed attribuito a Don An-tonio Valeriano (1520-1605?) sapiente indigeno e discepolo

di Fr. Bernardino di Sahagun, che ricevette la storia diretta-mente dalle labbra del veggente ed ora Santo Don JuanDiego che morì successivamente nel 1548.Prima apparizioneNel giorno di sabato 9 dicembre del 1531. Juan Diego unindigeno da poco convertito alla fede cattolica, andava dalsuo villaggio verso Santiago Tlatilolco. Mentre passava perla collina del Tepeyac fu colpito da un armonioso canto diuccelli. Incuriosito salì verso la cima e lì vide una nube bian-ca risplendente circondata da un’arcobaleno. e, al colmodello stupore sentì una voce che lo chiamava affettuosa-mente, usando il linguaggio indigeno “Juanito, Juan Die-

Il mistero di Guadalupe”Non ci sono qua Io che sono la tua cara mamma?”di Gian Luigi Sàssoli

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guito” Ed ecco vide una bellissima Signora dirigersi versodi lui e dirgli “Ascolta figlio mio, piccolo mio, Juanito, do-ve vai?”. Juan Diego rispose “Signora e piccola mia, devoandare nella Tua casa (tempio) di MexicoTlatilolco, per ascol-tare le cose del Signore che ci insegnano i nostri sacerdo-ti, delegati di Nostro Signore”.La Signora gli disse allora: “Sappi e tieni bene in mentetu, il più piccolo dei miei figli, che io sono la sempreVergine Santa Maria, Madre del vero Dio per il quale sivive, del Creatore che sta dappertutto, Signore del Cie-lo e della Terra. Avrai molto merito e ricompensa per illavoro e la fatica con cui farai quello che ti raccoman-do. Vedi. Questo è un mio incarico, figlio mio il più pic-colo, vai e fai tutto ciò che puoi”.La Santa Vergine chiese a Juan Diego di andare dal Ve-scovo di Città del Messico, per comunicargli il Suo deside-rio che su quella collina venisse costruita una piccola chie-sa, da dove Lei avrebbe dato aiuto e protezione a tutti i mes-sicani. Juan Diego acconsentì e subito dopo aver salutatorispettosamente la Signora si recò al palazzo episcopale. Qui fu fatto attendere molto, finché il Vescovo, Juan de Zu-màrraga, lo ricevette, ma dopo aver udito il racconto non glidiede credito e quindi lo congedò. Così Juan Diego, scon-solato, riprese la via del ritorno.Seconda apparizioneVerso sera di quello stesso sabato 9 dicembre, Juan Diegoarrivò alla cima del Tepeyac, ed ecco che incontrò di nuovola Santa Vergine. Desolato La informò dell’insuccesso delSuo incarico, con espressioni tipiche del suo linguaggio “Si-gnora, la più piccola delle mie figlie, Bambina mia: sono sta-to dove Tu mi hai inviato per fare quanto mi hai chiesto. IlVescovo mi ha ricevuto benignamente e mi ha ascoltato conattenzione, però, quando mi ha risposto, mi è sembrato chenon credesse alle mie parole... Ho capito perfettamente, dal modo in cui mi ha parlato, chepensa che forse è una invenzione mia... che forse non è unTuo ordine...” E Juan Diego La pregò poi di rivolgersi a unapersona più capace di lui, più importante, perché potessepiù facilmente convincere il Vescovo. Ma la Signora confer-mò la Sua scelta, dicendo: “Ascolta figlio mio, piccolo mio,sappi che sono molti i miei servitori e messaggeri chepotrei incaricare per comunicare il mio messaggio e lamia volontà: Ma io ti prego molto, figlio mio, il più pic-colo tra i miei figli e con forza ti domando che ancorauna volta, domani mattina, tu vada a trovare il Vescovo,parlagli a nome mio e fagli sapere interamente la miavolontà, che deve cioè adoperarsi perché si faccia il tem-pio che io chiedo. E digli che sono io in persona, la sem-pre Vergine Santa Maria, Madre di Dio, che ti invio”. Juan

Diego, pieno di meraviglia nel comprendere che ancora unavolta la Santa Vergine gli avesse parlato, assicurò che l’in-domani avrebbe fatto quanto chiedeva, poi si congedò daLei e tornò al suo villaggio.Terza apparizioneL’indomani, domenica 10 dicembre, dopo aver ascoltato laS. Messa, Juan Diego si presentò per la seconda volta alVescovo Zumàrraga. Questi vista la sua insistenza, gli risposeche chiedesse alla Signora una prova del Suo essere la Ma-dre di Dio e quando Juan Diego uscì ordinò che fosse se-guito per avere maggiori informazioni. Gli incaricati però, unavolta giunti presso il Tepeyac, lo persero di vista e Juan Die-go, arrivato alla cima della collina, per la terza volta incon-trò la Santa Vergine. Questa lo aspettava, poi, dopo aver sentito cosa il Vescovochiedeva, gli disse di tornare l’indomani. Ma il giorno se-guente, lunedì, Juan Die-go non potè recarsi al-l’appuntamento, perché lozio, Juan Bernardino, cad-de gravemente ammalatoe dovette assisterlo.Quarta apparizioneNella mattinata di martedì12 dicembre, Juan Diego,afflitto per l’infermità dellozio, decise di chiamare unsacerdote perché lo aiu-tasse nel momento supre-mo della morte, che tuttigiudicavano imminente.La strada che doveva fa-re passava per il Tepeyac,ma Juan Diego cercò dievitare l’incontro con laSanta Vergine e decise diprendere un sentiero dif-ferente. Ma ecco che improvvisa-mente La vide davanti a sée Maria con la Sua abi-tuale dolcezza gli disse:“Figlio mio, piccolo mio,dove stai andando?”.Juan Diego, vergognan-dosi per il mancato ap-puntamento del giorno pri-ma, spiegò la Sua preoc-cupazione per lo zio am-

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malato e sentì in risposta dalla Santa Vergine questa tene-rissima espressione: “Non ci sono qua io che sono la Tuacara mamma? Non ti affliggere per nulla; non temere al-cuna infermità o angustia; non si turbi il tuo cuore, nonsono io la tua salute?”. Maria confortandolo lo assicuròche lo zio era già guarito. Poi gli chiese di salire in cima al-la collina del Tepeyac, dove avrebbe potuto raccogliere al-cuni fiori da portare al Vescovo. Juan Diego obbedì pronta-mente, ed effettivamente trovò delle bellissime rose di Ca-stiglia, cosa inesplicabile in quella stagione, quando era ap-pena iniziato l’inverno! Si pose allora a raccoglierle, le si-stemò nella parte anteriore della sua filma (rustico mantellofatto di fibre vegetali) e si affrettò a raggiungere il palazzovescovile. Una volta davanti al Vescovo, aprì davanti a lui ilsuo mantello e quale fu lo stupore suo e dei presenti quan-do in quel povero tessuto si materializzò miracolosamente

l’immagine della SantaVergine! A questo punto il Vescovo,stupefatto per il prodigiodelle rose e per la prodi-giosa immagine, cadde inginocchio e con lui le altrepersone che erano pre-senti. E’ questa la celebreimmagine della “Vergine diGuadalupe” che tutti cono-sciamo e che possiamo ve-nerare e che si è conser-vata intatta dopo 476 an-ni! Miracolo anche questo,perché tali tessuti vegeta-li, usati dai poveri indigeni,dopo pochi anni si disfa-cevano Ed è solo uno deinumerosi misteri dell’even-to di Guadalupe che, non-ostante le attuali e sofisti-cate ricerche scientifiche,restano tuttora inesplicabi-li, come le figure presentinegli occhi della Vergine ele costellazioni stellari delSuo mantelloL’apparizione a JuanBernardinoUna quinta apparizione èquella testimoniata dallozio di Juan Diego, Juan

Bernardino, che come detto sopra era gravemente infermo.Vide la Santa Vergine mentre giaceva nel suo povero lettoe fu da Lei guarito miracolosamente.La Santa Vergine si presentò a lui dicendo di chiamarsi “San-ta Maria di Guadalupe” e anche a Juan Bernardino comu-nicò il Suo desiderio che si costruisse un tempio da doveLei sarebbe venuta incontro alle necessità del popolo mes-sicano.Questa è la storia delle apparizioni e del Mistero della Ver-gine di Guadalupe raccontata da Juan Diego ai cronisti deltempo . Il padre Xavier Escalada s.j. nel suo “San Juan Die-go”, Ediz. Aiguilar 2002, pag. 34, ha calcolato che il Santoveggente raccontò la storia, nei diciassette anni della suavita dopo il 1531, ben 31250 volte, cosa che fece sempremolto volentieri a tutti coloro che glielo richiedevano, senzamai stancarsi o cambiare versione. La diffusione della noti-zia delle apparizioni miracolose fu rapida in tutto il territoriomessicano del regno della Nueva Espana, da dove accor-revano per vedere il miracoloso mantello, venerare la San-ta Vergine ed impetrare da Lei grazie e per parlare con ilSanto veggente. Da allora iniziò una grande evangelizza-zione e conversione anche delle popolazioni indigene più lon-tane e refrattarie: in soli sette anni si ebbero più di otto mi-lioni di convertiti. Una lunga serie di miracoli sono stati at-tribuiti alla Santa Vergine di Guadalupe. Nel 1737 alla finedi una lunga epidemia di tifo che a Città del Messico avevamietuto migliaia di vittime, La Vergine fu proclamata ufficial-mente Patrona del Paese e due secoli dopo Patrona Cele-ste dell’America Latina e Pio XII nel 1945 la chiamò Impe-ratrice delle Americhe. Per questo in tutte le chiese del Mes-sico e del Guatemala dove sono stato c’è un altare con laSua immagine e nel Messico vi è accanto la bandiera na-zionale. La Sua immagine oltre che nelle chiese è presente dapper-tutto, nelle case, nei negozi, nei bar perfino nei taxi, ed hopotuto osservarLa anche in quelle “chiese” non proprio com-pletamente cattoliche, dove vige un sincretismo religioso edove la figura di Gesù Cristo non è ancora completamentecompresa, ma la Santa Vergine sì è ben compresa comeMadre, dispensatrice di amore e di quell’amore che solo unamadre può dare soprattutto ai Suoi figli più poveri e reietti.Oltre quindici milioni di fedeli visitano ogni anno le Basilichedella Santa Vergine di Guadalupe (la nuova e la vecchia cheper fenomeni di bradisismo del terreno si è inclinata comela torre di Pisa divenendo impraticabile) e lo stesso papaGiovanni Paolo II la visitò ben quattro volte venerandoLauna quinta) ma nella antica città di Merida nello Yucatan.Il mistero degli occhi della Vergine di Guadalupe Secondo le ricerche di vari studiosi e uomini di scienza che

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hanno ispezionato la immagine della Vergine, si possono ve-dere riflessi in entrambi gli occhi e nella posizione precisanella quale si riflettono in un occhio umano, alcune figureche sono state scientificamente analizzate nel 1979 dal Dr.José Aste Tonsmann ricercatore presso la Cornell Universitycon procedimento digitale IBM ad alta risoluzione e paionocorrispondere alla forma e alle dimensioni di almeno quat-tro figure umane posizionate di fronte alla Sua immagine:cioè in pratica Juan Diego, il Vescovo e i preti presenti e piùin basso un gruppo familiare. con inclusi diversi bambini dicui uno più piccolo portato sulla schiena della madre comesi usava nel XVI° secolo. In questa eccezionale presenza, qualcuno vuole vedere lacentralità della famiglia umana agli occhi della nostra SantaMadre Maria.

Il mistero delle stelle delmanto della Santa VergineNel Manto della Vergine, si trova rappresentato fedelmen-te, dicono i ricercatori, il cielodel solstizio dell’inverno 1531come si presentava alle ore10,40 del 12 dicembre, ora diCittà del Messico! In esso sono visibili tutte le co-stellazioni che apparivano incielo nel momento nel qualeJuan Diego mostrò la tilma al Vescovo Zurnàrraga: nellaparte destra del mantello si ri-scontrano le principali costel-lazioni presenti nel cielo del-l’emisfero Nord; nel lato sini-stro quelle dell’emisfero Sud,visibili nelle prime ore del mat-tino dalla collina di Tepeyac. La Corona Boreale cinge il ca-po di Maria; la costellazionedella Vergine sul Suo seno al-l’altezza delle mani congiunte,quella del Leone nel grembo,con il suo astro principalechiamato Regulo cioè piccoloRe! I Gemelli si incontrano al-l’altezza delle ginocchia eOrione in basso dove sta l’an-gelo. Riassumendo, nel manto del-la Vergine Guadalupana sipossono identificare le princi-

pali stelle delle costellazioni invernali; tutte nelle loro posi-zioni e solo con piccole differenze. Dal punto di vista este-tico, l’immagine pittorica della Vergine è di una bellezzastraordinaria ed inoltre vi sono rappresentati tanti segnali didifferenti discipline (messaggi?) che dal punto di vista stati-stico, non possono essere frutto solamente di casualità.AI termine di questo breve scritto sulla Vergine di Guadalu-pe, mi piace riportare, ancora una volta le parole di Maria aJuan Diego nel momento in cui Lui era preoccupato per lamalattia dello zio, perché sono parole universali rivolte a tut-ti noi e soprattutto ai più sofferenti: “Non ci sono qua Ioche sono la tua cara mamma? Non ti affliggere per nul-la; non temere alcuna infermità o angustia; non si turbiil tuo cuore, non sono Io la tua salute”

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Fa tanto penarequesto messag-gio della Bianca

Signora a Bernardetta esorprende ancora, co-me ha sorpreso il burbero parroco di Lourdes: eppure è pro-prio lui il “primo” convertito o, forse,il “secondo” perchè i fe-deli lo hanno precedeuto e alle prime processioni lui nonc’era. Ma quando, nel 1866, fu inaugurata la Cripta si adem-pì anche l’altro messaggio: “Va a dire ai sacerdoti che quisi deve erigere una cappella” (27/2/1858) ed ancora: “Iovoglio che qui si venga in processione” (2/3/1858). Daallora non si è più smesso di costruire: la basilica di S. PioX è stata consacrata il 23/3/1958,e le processioni continua-no a portare verso la grotta mi-lioni di persone che cercanola guarigione nel corpo e nel-lo spirito, cercano sopratuttodi scoprire come si può vive-re una vita vera. Ormai di-venta incalcolabile e sfuggead ogni statistica, il popolo chevuole incontrare a Lourdes unpò di cielo in terra ed una sor-gente inesauribile di gioia.Tutte le categorie vi accorro-no: piccoli e grandi, da ogniparte della terra,si ritrovanocome un unico coro e acco-munati dalla stessa ansiosa ri-cerca. Non saprei quale cate-goria, particolare, meriterebbedi essere ricordata; si corre ilrischio di dimenticanze imper-donabili o di cadere nella “abi-tudine professionale”. Eppu-re,non posso non ricordare, anche per il messaggio dellaBianca Signora,i sacerdoti che si occupano in qualche mo-do o sopratutto dei malati nei pellegrinaggi unitalsi. QuantiAssistenti spirituali, cappellani, accompagnatori ho cono-sciuto! Preti meravigliosi e splendidi per la vera carità pa-storale, per l’umanità coinvolgente, per la semplicità con cuihanno saputo non solo “parlare” di Cristo, ma sono riuscitia farLo vedere presentandosi come veri contemplatori delSuo volto. Ricordo gli Assistenti spirituali della Sezione Emi-liano-Romagnola: erano tutti il fior—fiore del clero delle loroDiocesi i loro nomi sono in benedizione!Ho sempre presenti i tanti sacerdoti diocesani o religiosi cheattraversavano, di giorno e di notte, i vagoni ferrioviari por-

tando a tutti una parola,un gesto di fede, susci-tando raccoglimento e ri-flessione. Come quelpiccolo frate cappuccino

(Fra Pietro?) che era diventato un tutt’uno con il pellegri-naggio e dinnanzi al quale si apriva ogni porta a Lourdes oLoreto e si apriva ogni cuore, anche il più ostinato, davantial suo disarmante sorriso francescano.Incancellabile la figura, la voce possente, l’entusiasmo e lafede di Mons. Luigi Paoletti, per tanti anni Assistente Spiri-tuale Nazionale, a cui si deve, tra l’altro, il grande merito diaver condotto l’Unitalsi sulla strada del rinnovamento conci-liare fino all’approvazione del nuovo Statuto. -Sorpreso da

sorella morte nel pieno del suoservizio pastorale, entra persempre nella gloria di Dio- il23/6/1984: pochi mesi primaavevamo condìviso le gioie ele fatiche del X° ConvegnoNazionale a Loreto. la sua vi-ta sacerdotale è stata tutta unatteggiamento di ascolto at-tento e continuo di Dio e deifratelli, così è divenuto me-diazione di parola e di esem-pio tra chi lo ha frequentato esoprattutto tra l’umanità soffe-rente e la misteriosa volontàdi Dio; ha narrato le cose cheDio gli ha dato: “Loderò il no-me di Dio con il canto,lo esal-terò con azioni di grazie”(S1.68). Si può dire che daquell’anticamera di paradisoche è il santuario di Loreto è

entrato definitivamente nel Regno di Dio. Alla sua memoriaunisco i tanti sacerdoti unitalsiani defunti ai quali ben si ad-dicono le parole della Bianca Signora: “Non ti prometto difarti felice in questo mondo, ma nell’altro” (18/2/1858).A tutti gli assistenti e cappellani Unitalsi, di ieri e di oggi, dòil mio fraterno saluto ed auguro loro, con le parole di S. Ci-rillo Alessandrino, di diventare sempre più: “gli esperti nel-l’arte spirituale che, pervasi dalla Grazia, si danno a cono-scere nella destimonianza delle virtù”.Con questo ultimo “bigliettino...di ricordi” saluta e benedicetutti don Romeo Mori, monaco camaldolese, e già Assisten-te e Presidente Sottosezione Unitalsi di Parma.

* Monaco camaldolese

”Va a dire ai sacerdoti”Bigliettini... di ricordi unitalsiani

di Romeo Mori *

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“Coloro che gli sono fedeli vivranno presso diLui nell’amore,perché grazia e misericordia so-no riservate ai suoi eletti”. Si è conclusa la vita

terrena di uno degli ultimi testimoni oculari di un’im-mensa tragedia che ha devastato uomini e nazio-ni. Ancora una volta vogliamo capire il senso ultimo di unatestimonianza - la testimonianza di monsignor Enelio Fran-zoni - di cui la nostra memoria deve essere custode fedele.“Coloro che gli sono fedeli vivranno presso di Lui nell’amo-re”. Dio non abbandona ad una morte eterna coloro che glisono fedeli. Don Enelio ha testimoniato la sua fedeltà al Si-gnore attraverso più che settant’anni di vita sacerdotale. Nelsuo Testamento spirituale egli ringrazia il Dio che riservagrazia e misericordia ai suoi eletti, per l’onore - scrive - fat-togli di poter parlare tante volte di Cristo “e di imbandire laTavola dove il pane era il suo Corpo e il vino era il suo San-gue”. È la vicinanza a Cristo; è l’amicizia con Lui; è l’attra-zione che il sacerdote sente nei suoi confronti, l’impasto diogni vita sacerdotale. Nella preghiera finale che scandisceil suo Testamento spirituale, don Enelio scrive: “Ti ringra-zio... perché ho potuto conoscere Cristo Signore; perché tan-te volte ho potuto vedere la terra dove è nato; ho visto do-ve è morto: il suo lago, il suo cielo, i suoi fiori, gli uccelli del-l’aria che lui respirava e che ho respirato anch’io; ho potutocamminare per le sue strade”. Queste parole esprimono ilrealismo del legame che ogni sacerdote stringe colla per-

sona di Cristo, il bisogno che sia plasmato quasi nella fisi-cità di un incontro. Miei cari fratelli e sorelle, chi è fedele adun Dio che si è alleato con l’uomo; chi nel cuore di Cristoha visto la passione per la dignità dell’uomo che vi dimora,non può non essere fedele all’uomo. Non può non avere nelcuore una grande passione per il suo bene e la difesa del-la sua dignità. È questa la spiegazione ultima della testimo-nianza sublime che don Enelio ha dato di fedeltà all’uomo.Benché i russi gli avessero concesso la liberazione primadella fine della guerra, don Enelio volle rimanere in prigio-nia al campo di Suzdal, fino a quando anche l’ultimo solda-to recluso fu rimpatriato. Fu fatto prigioniero proprio perchénon volle abbandonare i feriti. Ecco come chi è fedele a Dionon abbandona l’uomo. Fino in fondo gli resta vicino perchéDio si e fatto vicino all’uomo, fino in fondo. È questa vici-nanza che opera il miracolo più grande: trasformare anchei luoghi dell’odio: “Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé;li ha saggiati come nel crogiuolo e li ha graditi come un olo-causto”. Don Enelio inizia il suo testamento spirituale nelmodo seguente: “Mio Dio, vorrei parlarti dell’ora della mia ;la morte vorrei vederla in faccia e non avere paura; è la sug-gestione che mi hanno lasciato i ragazzi che ho visto mori-

re in guerra a 20 anni”. La vicinanza del-l’amore di Dio fattosi presente nella testi-monianza del suo sacerdote ha fatto sìche quei ragazzi guardassero in faccia lamorte e non avessero paura: “le anime deigiusti sono nelle mani di Dio”. Ed anchein quei deserti di solitudini innevate si ri-costruiva la fraternità. Don Enelio amavaspesso parlare dell’umanità del popolorusso, “In verità, in verità vi dico: se ilchicco di grano caduto in terra nonmuore rimane solo; se invece muoreproduce molto frutto”. Miei cari fedeli, èdi se stesso che Gesù parla quando pro-nuncia queste parole. Egli è stato “il gra-no di frumento” che morto fu sepolto nel-la terra degli uomini e divenuto nella suaresurrezione fonte di vita, ha prodotto mol-to frutto. E’ questa la via indicata ancheal suo discepolo: “se uno mi vuole ser-vire, mi segua, e dove sono io, là sa-rà anche il mio servo”. Leggendo il te-stamento e le ultime volontà di don Ene-

Don Enelio, un testimone”Chi è fedele a Dio, non abbandona l’uomo”

di Carlo Caffarra *

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lío mi ha colpito la cura con cui dispone la custodia deglioggetti suoi e dei suoi soldati. È la preoccupazione di cu-stodire la memoria di quel grano di frumento caduto in ter-ra, perché produca molto frutto. Produca in ogni coscienzafrutti di giustizia, di pace, di fraternità. Quanto più si avvici-nava la data del suo settantesimo anno di sacerdozio, scher-

zando a lui ripetevo: “Monsignore, non ci faccia il torto di an-dare in Paradiso prima: le vogliamo fare una grande festa”.Egli sorridendo mi assicurava: “certamente, ma dopo basta”. Così è accaduto. Ora affidiamo quest’anima grande e nobi-le alla misericordia di Dio, colla speranza che la sua testi-monianza sia custodita nella memoria del nostro presbiterio

Con monsignor Enelio Franzoni, deceduto il 5 marzo, scompareuna delle figure più significative del clero diocesano. Nato a S.

Giorgio di Piano nel 1913, fu ordinato sacerdote a Bologna nel 1936.Fu docente di Lettere al Seminario Arcivescovile dal 1936 al 1940. Di-venne poi Cappellano militare e fu fatto prigioniero in Russia, dal 1943al 1946: per la sua opera di assistenza ai soldati prigionieri era statoinsignito di Medaglia d’oro al Valor Militare. Rientrato a Bologna, fu Delegato arcivescovile a S. Giovanni in Persi-ceto fino al 1948; dal ‘48 al’52 coadiuvò nella,stessa parrocchia il fra-tello parroco. Dal ’52 al ‘67 fu parroco a Crevalcore. Divenne poi parroco a S. Maria delle Grazie; dal 1967 al 1988. Mon-signor Franzoni era Canonico onorario del Capitolo di S. Giovanni in Persiceto, Cappellano di Sua Santità, Gran-d’Ufficiale della Repubblica italiana. Le esequie sono state celebrate dal cardinale Caffarra nella chiesa di S. Ma-ria delle Grazie. Paolo Mengoli; direttore della Caritas diocesana, ricorda che “concluso il servizio pastorale a S. Maria della Gra-zie, per molti anni Monsignor Enelio fu assistente spirituale delle Conferenze di S. Vincenzo De’ Paoli della dio-cesi. I Vincenziani, e la Caritas diocesana, lo ricordano con grande affetto e riconoscenza, per le sue doti di umil-tà, sapienza, riservatezza e grande carità. La testimonianza di carità da lui vissuta nella campagna di Russia, fuper tutti noi l’esempio del Samaritano, che s’interessa e si fa carico dei suoi fratelli”. Anche il Movimento cristiano lavoratori «ringrazia Dio per aver donato alla diocesi questo piccolo grande sacer-dote». “Verso monsi-gnor Enelio -afferma ilpresidente provincialeMarco Benassi- con-serveremo sempre unprofondo sentimentodi riconoscenza, inparticolare per avercontribuito in mododeterminante a custo-dite con freschezza lamemoria di GiuseppeFanin e per aver aiu-tato la nostra asso-ciazione a raccoglier-ne l’eredità spiritualee sociale”. (C.U.)

Una grande figura: vita e opere

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Santa Maria di Campagna, a Piacenza, frequentatissi-ma per i miracoli e le grazie concesse nel nome del-la Madonna, storicamente luogo di passaggio ed ospi-

zio per i pellegrini diretti a Gerusalemme e sede del Conci-lio del 1095, in cui venne proclamata la prima crociata, ci sipresenta come ultima grande opera dell’architetto Alessio Tra-mello. L’attuale edificio di culto fu eretto a spese della co-munità piacentina nei primi armi del sedicesimo secolo; gioiel-lo rinascimentale, sorge sull’area occupata in precedenzada un altro edificio sacro, dove si venerava una immaginelignea della Madonna con il Bambino.Il 27 dicembre 1521 si decide di costruire il nuovo tempio enell’aprile dell’anno seguente viene posta la prima pietra al-la presenza del Cardinale Scaramuzza Triulzio, Vescovo diPiacenza. I lavori procedono in fretta e i committenti sonodei laici, una “Fabbriceria” composta da notabili locali. Il qua-dro politico entro cui si sviluppa questa iniziativa è quantomai precario: sono in primo piano le lotte d’inizio Cinque-cento che coinvolgono anche la città di Piacenza. Nel 1528la costruzione è già terminata. Il progetto è di Alessio Tra-mello, il cui nome è legato anche alle chiese di San Sisto edi San Sepolcro. Qui però usala pianta a croce greca, allon-tanandosi dagli altri due mo-numenti. Già nel 1528 i pia-centini chiamano ad affrescarela chiesa il Pordenone che stalavorando a Cortemaggiore al-la cappella di famiglia di Virgi-nia Pallavicino. Il grande arti-sta muore nel 1539 e, nel 1543,a completare la sua opera, vie-ne chiamato il Soiaro. Il 3 feb-braio 1547, Pier Luigi Farneseaffida la chiesa ai Francescanicome indennizzo per la perdi-ta del convento di S. Maria diNazareth confiscato nel 1527per la costruzione delle muracittadine. Il 19 aprile 1561 si tie-ne la cerimonia di consacra-zione. Del 19 novembre 1664è la qualifica di “chiesa palati-na”. Un altro importante inter-vento sulle strutture del tempio,

si registra a fine settecento: nel 1791 viene demo-lita la cappella della Madonna, che era stata co-struita presso il coro e viene prolungato il bracciodi ponente con l’ampliamento dell’area presbiteria-le e con la trasformazione di fatto della pianta da

“greca” a “latina” rovesciata. Il progetto è dell’architetto Lo-tario Tomba.EsternoLa chiesa è un edificio grande, sontuoso; per bellezza di li-nee architettoniche, semplice e ammirabile. L’ordine è dori-co rinascimentale; la cupola si erge maestosa e superba nelmezzo della croce greca. Sugli architravi, posti sui capitellidelle colonne/pilastri, gira tutt’intorno alla chiesa un fregiocol suo cornicione, su cui appoggiano gli archi e le arcatedelle volte. Ai quattro angoli sono collocate le quattro cap-pelle minori e, in testa alla navata centrale, si apre un’altracappelletta che è servita per la collocazione del simulacrodella Madonna. L’antica chiesina di Campagnola serve orada coro. Questa disposizione, rispettata dal Tramello duran-te la costruzione, ha fatto sì che la croce greca diventasseuna croce latina a rovescio.InternoNumerosi sono i dipinti e gli affreschi presenti nel Santua-rio; tra questi ricordiamo: il bellissimo affresco del Sant’A-gostino, dipinto dal Pordenone nel 1529/30; il Faraone che

restituisce ad Abramo Sara, diBenedetto Marini e Rebeccadà da bere a Eliezer, di CamilloGavasetti. L’affresco sopra l’al-tare rappresenta l’Adorazionedei Magi; a sinistra è la Nativi-tà di Maria. Nelle lunette sonorappresentati i Pastori al pre-sepio e la Fuga in Egitto. L’al-tare, ornato di pietre fini, con-tiene l’arca dove si trova il cor-po del beato Marco da Bolo-gna. La Cappella di Santa Ca-terina è tutta dipinta dal Por-denone. Il bellissimo quadrodell’altare rappresenta le Noz-ze mistiche di Santa Caterinae i due Apostoli Pietro e Pao-lo. Queste e le altre pitture del-la Cappella, furono commis-sionate dalla Contessa Cateri-na Scotti maritata in PaveriFontana.Dalla sagrestia si passa in

“Santa Maria di Campagna”Santuario in Piacenza del 1522di Valerio Valeri

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chiesa dalla parte dell’organo fabbricato dai Serassi di Ber-gamo. Nel fregio sopra l’arco, vi è l’Angelo che appare aManoe e alla moglie, del Guercino. Nella Cappella vicina, ilquadro dell’altare rappresenta la Madonna con Sant’Antoniodi Padova e vari Santi Francescani, opera dell’Avanzini. Sul-la parete di fianco vi è San Francesco che ottiene l’indul-genza della Porziuncola, di Camillo Procaccini. Gli ornatidella Cappella sono di Francesco e Ferdinando Galli Bibie-na. La cupola, che si erge nel mezzo della croce greca, èstata dipinta dal Pordenone e da Bernardino Gatti, detto il

Solaro, lavori terminati nel 1543. La volta della chiesa fu di-pinta nel 1576/1588 da Giulio Mazzoni con figure ed arabe-schi su fondo oro. Il pavimento, a marini di vari colori, fueseguito nel 1595 dal milanese Giambattista Carrà e re-staurato nel 1607 da Angelo Gatti. La statua di Clemente VIIfu posta nel 1538 dal Governatore Alessandro Caccia, men-tre i Frati Minori vi posero quella di Ranuccio I Farnese, fat-ta da Francesco Mochi nel 1616. All’ingresso della chiesa,notevoli le porte di bronzo ad arabeschi e ricami, opera diottima esecuzione del milanese Eugenio Bellosio (1880).

Carissimi amici, inquesti giorni storiflettendo su un

aspetto della vita che vorrei proporre anche alla vostra at-tenzione: davanti alla morte e al dolore, leggendo le notiziedei giornali, ascoltando i fatti tragici che vengono trasmessidalle tv, mi è venuta spontanea un’osservazione: perché noidiamo per scontato il fatto di vivere? Quando il Signore ciha creato, l’ha fatto con uno scopo ben preciso, voleva del-le persone a sua immagine, che vivendo intensamente la vi-ta che era stata data loro, si amassero fraternamente e in-sieme si occupassero degli ammalati e delle persone chesoffrono. Fortunatamente molti hanno accettato la chiama-ta, diventando sacerdoti o medici, salvando delle vite sia fi-sicamente che spiritualmente. Ma le persone molto spessosi dimenticano che vivere è un dono prezioso, qualcosa diunico, e che certe cose capitano solo una volta nella vita;così o perché sono indaffarati, o perché non ci pensano, ilvivere diventa scontato e non rendono più grazie al Signo-re perché ha dato loro la possibilità di vedere ogni mattinasorgere il sole. In un mondo come questo noi pretendiamotutto e subito, e molto spesso ci dimentichiamo delle graziericevute, come se non fossero mai state; invece, dovremmoricordarci che bisogna afferrare ogni singolo istante della no-stra esistenza, perché esso non potrà ritornare mai più. Come Ovidio diceva ai suoi contemporanei “carpe diem”,anch’io mi dico cogli l’attimo. Non nego che questo pensie-ro a volte mi abbia angosciato, per tutti i momenti belli chestavo vivendo, ma nello stesso tempo mi ha fatto capire quan-to sia prezioso che ognuno di noi viva la vita attimo per at-timo, succhiando nel pieno senso delle parole, il midollo del-la vita. Mi scuso per la citazione che ho rubato all’”Attimofuggente”, un film che mi è rimasto nel cuore, e mi ha fattocapire molte cose; per questo ho deciso di scrivere una ri-flessione su questo tema, perché molte persone non ci pen-sano e vivono la vita senza passione, amore, senza scopi,

sprecandola. Invece dovremmo vive-re la vita sempre con en-

tusiasmo e pieni di gioia e di gratitudine verso il Signore,perché ci ha dato la possibilità di viverla, di scegliere tra be-ne e male, di lasciarci guidare totalmente da Lui e di viver-la giorno per giorno con intenso amore per Lui. E’ così cheio ho impostato la mia vita, e non ne sono affatto pentita: intutta franchezza non so perché ho deciso di farlo, forse per-ché essendo disabile ho imparato ad apprezzare anche lepiù piccole cose che mi venivano offerte, ma vorrei che tut-ti quanti lo facessero, senza sprecare tempo in discussioni,guerre o insofferenza.Perciò invito anche voi, miei cari lettori e amici, a non dareper scontato il fatto di vivere, di svegliarvi ogni mattina e difare colazione prima di andare a scuola o al lavoro; ogni pic-cola cosa, ogni singolo momento racchiude in sé un donospeciale che Dio ci vuole fare, non sprechiamolo! Le picco-le o grandi azioni quotidiane vanno assaporate come se fos-sero uniche e rare, e infatti è proprio così, e vi esorto a nondare nulla per scontato perché nulla lo è. Cogli l’attimo dicoa ognuno di voi. Ogni momento della giornata è preziosoperché è unico e irripetibile. Pensate al tramonto: voi direteche sì è bello, ma non è certo raro e unico; invece riflette-te che il tramonto è davvero raro, perché capita una solavolta al giorno e non è mai lo stesso. Perciò vi invito a vivere la vita attimo per attimo, cogliendotutte le cose buone che essa ci offre, come ci ha insegnatoGesù. La mia più fervida speranza è che un giorno tutti pos-sano capire il mio pensiero, e mi auguro che anche voi daoggi cominciate a vivere la vita nel modo in cui piace al Si-gnore, senza sprecarne neanche un attimo, cantando convoce incessante la Sua lode. Per la vita che mi hai dato,an-che se a volte piena di sofferenze e di dolore, solo per il fat-to di esistere, grazie Signore.

* Responsabile pagina giovani

Carpe DiemL’agorà, spontanea osservazionerubrica di Rita Coruzzi *

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La Diocesi di Rimini è in festa per la beatifica-zione di suor Maria Rosa Pellesi, delle Suo-re Francescane Missionarie di Cristo. La gioia

dell’evento è accresciuta dal fatto che è la primavolta, nei tempi moderni, che una Beatificazioneavviene nella Città di Rimini, nella Basilica Cattedrale. SuorMaria Rosa Pellesi, inoltre, ha percorso il suo cammino disantità in un Istituto Religioso nato a Rimini, per opera del-la nobildonna Faustina dei conti Zavagli, (in religione suorMaria Teresa di Gesù Crocifisso) fondatrice delle Suore diS. Onofrio; fu suor Maria Rosa stessa che, dall’ospedale incui era ricoverata, suggerì il nuovo nome da dare all’Istitu-to. La vita di suor Maria Rosa Pellesi (al secolo Bruna) puòessere narrata in poche righe. È la vita di una ragazza dicampagna della provincia modenese che accoglie la chia-mata alla vita religiosa; si fa suora; viene a Rimini per dueanni di formazione e noviziato; dopo tre soli anni di vita re-ligiosa si ammala di tubercolosi e trascorre i restanti 27 an-ni della sua vita in sanatorio ed in ospedale, fino alla mor-te. Nella vita di suor Maria Rosa Pelle-si non si registrano fatti esterni degnidi speciale rilievo. La sua infatti è unavita «qualunque», mai illuminata dalleluci della ribalta mondana, mai salitaagli onori delle cronache. Eppure la vi-ta cristiana di questa suora ha raggiuntovertici di santità sorprendente, non perle opere realizzate, non per la fama discritti importanti, ma per la luce interioreche ne ha trasfigurato l’esistenza se-gnata dalla malattia. Suor Maria Rosaha vissuto per 27 anni la sua sofferen-za unita a Gesù povero e crocifisso eha fatto del dolore un canto di amore.Dal suo letto di ospedale ha testimo-niato la sua fede incrollabile in Gesù Cri-

sto, ha donato carità premurosa a tutti, ha diffuso speranzae gioia. Verrebbero da usare per lei le parole “ignota al mon-do, ma ben nota a Dio”. Suor Maria Rosa Pellesi è unasplendida figura di donna che ha appena sfiorato la vita del-la Città di Rimini, per il poco tempo che vi ha trascorso, dal1940 al 1942, ma ora è per sempre nostra «concittadina»,non solo perché la sua tomba è nella casa madre del suoIstituto, nell’antica chiesa di S. Onofrio, ma anche perché lasantità di Suor Maria Rosa affonda le sue radici nella spiri-tualità che ha caratterizzato la Rimini della seconda metàdell’ottocento, espressa da figure esemplari di donne, comeappunto Faustina Zavagli, e Angela Molari, fondatrice a suavolta delle Suore Bianche; di entrambe è in corso il proces-so di beatificazione. E a questa spiritualità profonda e soli-

da che suor Maria Rosa Pellesi si ab-beverò. È singolare che ad una figliavengano riconosciuti gli onori degli al-tari prima che alla «madre»; ma è ilsegno più probante dell’autenticità del-la strada indicata dalla stessa fonda-trice. La Chiesa Riminese — dopo i frut-ti di santità riconosciuti in anni recen-ti: Beato Pio Campidelli, Passionista;Beata Elisabetta Renzi, fondatrice del-le Maestre Pie dell’Addolorata; beatoAlberto Marvelli, operaio di Cristo — ve-de ora in suor Maria Rosa Pellesi unnuovo modello di vita cristiana vissutain grado eroico e proposta al nostrotempo: la santità nella malattia e nellasofferenza trasfigurate dall’amore.

* Vescovo di Rimini

Ha trasfigurato la vita in CristoBeatificazione di Suor Maria Rosa Pellesi

di Mariano De Nicolò *

Bruna Pellesi Suora francescana Morano, Modena, 11 novembre 1917 - Sassuolo, Modena, 1° dicembre 1972 Bruna Pellesi nacque a Morano di Prignano (M0) l’11 novembre 1917 ultima di nove fratelli. A ventitrè anni Bru-na lasciò il lavoro nei campi e il servizio a sei nipotini rimasti orfani e partì per Rimini con l’intenzione di consa-crarsi al Signore. Dopo aver trascorso a Rimini il postulandato e il noviziato il 24 settembre 1941 vestì l’abito del-le Suore Terziarie Francescane di S. Onofrio, chiamate in seguito, su sua proposta, Francescane Missionarie diCristo. Dopo aver servito per qualche anno i bambini dell’asilo a Sassuolo e a Ferrara Suor Maria Rosa si am-malò e fu costretta ad entrare in sanatorio (1945) a causa di una grave forma di tubercolosi polmonare. Fu l’ini-zio di un lungo calvario che si concluse solo con la sua morte che avvenne a Sassuolo il 1° dicembre 1972. L’o-pera apostolica di suor Maria Rosa risplendette soprattutto in questi anni di malattia, tempo in cui consolò e ser-vì tanti che condividevano la sua stessa situazione. Ora riposa nel cimitero di Sassuolo in attesa di raggiungerela Casa Madre di Rimini che tanto amava.

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Il prossimo 15 giugno parte la ventunesima edizione delTreno della Grazia, un pellegrinaggio regionale molto, mol-to speciale al Santuario di Loreto. Perché un pellegrinaggio

speciale? Perché il Treno della Grazia è al tempo stesso uncampo-scuola per giovani e ragazzi ed un pellegrinaggio perfamiglie ed adulti. Il Treno della Grazia è organizzato con-giuntamente dall’Unitalsi, dall’Azione Cattolica Ragazzi e dalComitato Regionale per le Famiglie. Il Treno porta da tutte le province della regione giovani e fa-miglie al Santuario di Loreto, dove la Santa Casa ci invita apregare e riflettere con Maria Santissima, che i Vangeli ciraccontano spesso intenta a meditare in silenzio e nel suocuore i grandiosi avvenimenti che hanno caratterizzato lasua vita. Il pellegrinaggio a Loreto è rivolto in particolare aibambini e agli adolescenti, con una speciale attenzione ri-volta ai diversamente abili della nostra regione, coloro chesono apparentemente più fragili, ma che sono certamenteal tempo stesso i più vicini al cuore del Signore che “ha ri-velato i suoi misteri ai piccoli ed ai poveri”. Il pellegrinaggioè un momento forte di preghiera e di meditazione, ma an-che l’occasione di divertirsi insieme nella piazza di Loreto enei diversi momenti di gioco che gli animatori organizzanoogni anno per i differenti gruppi, dove cercano di favorire laconoscenza e la scambio di esperienze tra persone prove-nienti dalle diverse Diocesi della nostra regione. L’Unitalsisvolge un ruolo fondamentale nel pellegrinaggio, sia per l’or-ganizzazione che sta a monte e che inizia mesi prima, siadurante il pellegrinaggio dove le sorelle ed i barellieri si oc-cupano instancabilmente e col sorriso sulle labbra dei bam-bini, degli ammalati, delle famiglie e di tutti i pellegrini. Accompagnano il pellegrinaggio anche alcuni sacerdoti chesi occupano della guida spirituale di tutti i partecipanti; sulpiano strettamente sanitario, la più qualificata assistenza ègarantita dal personale medico ed infermieristico che parte-cipa fedelmente a questo momento forte della nostra vitaspirituale e di comunità.Le giornate del Treno della Grazia alternano momenti di pre-ghiera, canto, gioco, animazione, spettacolo, liturgia, vissu-ti in gruppo o comuni a tutti i partecipanti: pensati per i prin-cipali protagonisti (bimbi e ragazzi) e con proposte fruibili datutti pur nelle diverse abilità. Durante il pellegrinaggio sonoanche organizzati incontri per le famiglie, con lo scopo diaiutare i genitori in una crescita spirituale e di confronto chepotrà essere di enorme importanza anche per i loro figli; nonmancano incontri dei genitori con personale medico specia-

listico che li può accompagnare nel non semprefacile percorso di vita con un figlio diversamenteabile. Lo scorso anno, oltre 600 persone hanno la-sciato le loro case per quattro giorni per risponde-re alla chiamata della Santa Vergine di Loreto e

siamo tutti tornati più gioiosi, più sereni, decisamente più ric-chi, con la sensazione di avere ricevuto molto da Maria, daisacerdoti che ci hanno guidato, dagli altri pellegrini, dai ra-gazzi. Sono solo 4 giorni, ma possono dare energia per un annointero. Il Treno della Grazia è aperto a tutti, la Madonna no-stra madre invita tutti, anche coloro che non hanno ancorascoperto quanto importante possa essere donare un po’ delproprio tempo e delle proprie energie a dei bambini, e par-ticolarmente a dei ragazzi diversamente abili, che sono cer-tamente nel cuore della Vergine e di Suo Figlio. “Non ab-biate paura”, ci ha detto e ripetuto il nostro grande PapaGiovanni Paolo II, anche se a volte ci sentiamo inadeguatio timorosi, non dimentichiamo mai che è Lui “che trasformatutte le cose”. Il nome stesso del Treno ci ricorda un altrogrande dono del Signore, che la Sua Grazia possa accom-pagnare anche quest’anno tutti i partecipanti, in particolarecoloro che soffrono nel corpo e nello spirito.

Si riparte!Treno della Grazia, e sono 21di Stefania Donati

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Il 27 gennaio scorso si èsvolto a Reggio Emilia ilConvegno Regionale al

quale non ho partecipatoper un disguido di date. Ma,a prescindere da ciò, io credo che, vista l’im-portanza dell’argomento trattato, l’”eutana-sia”, gli organizzatori avrebbero dovuto co-involgere molti medici unitalsiani che, nonsolo si interessano del problema, ma avreb-bero potuto portare un notevole contributosull’argomento per loro esperienza perso-nale, compreso il sottoscritto. Questo nonè un mio pensiero soggettivo ma è quellodi molti colleghi che mi hanno contattato eche da anni svolgono la loro professionedove la vita e la morte sono un continuoalternarsi. Del resto va bene coinvolgeregiuristi, psicologi e quanti altri ma, alla fi-ne, è sempre il medico che deve affronta-re questo difficile problema. Eutanasia: éuthànatos – bene – morte, buona morte incontrasto con Eubiosia –buona vita.La parola eutanasia mi ha sempre affasci-nato, ma in modo negativo, mi ha fatto, cioè,rabbrividire il solo pensiero che una vitapossa essere stroncata anche a “supposto”fin di bene. I nostri genitori sono dei mezzi, ma la vita ci vie-ne data da Dio, solo Lui sa quale sarà il nostro percorso interra e solo Lui sa quando questo cammino deve aver fine.Noi medici siamo stati formati per lottare contro la morte, perconservare, entro quello che sono le possibilità umane, lavita. Non sempre ci si riesce ed allora diventa nostro primodovere accompagnare l’essere umano, perché è di tale chesi tratta, alla nuova vita con dignità e senza dolore. In più di40 anni di attività come chirurgo maxillo-facciale, gli ultimiventi li ho trascorsi in una continua e diuturna lotta contro itumori, tumori che nel nostro campo sono ancor peggiori diquelli che colpiscono gli organi interni in quanto il pazientevede quanto gli sta accadendo con conseguenze devastan-ti sulla psiche.Anche ai casi più gravi, quelli che spesso venivano classifi-cati “incurabili”, ho dato una possibilità chirurgica e con l’aiu-to di chi spesso ha guidato le mie mani in interventi quasiimpossibili, il successo è venuto, preservando la vita a chisembrava ormai averla persa. E la gioia più grande venivaquando, superati i limiti di sicurezza per una recidiva, vede-vo questi pazienti ancora vivi, reintegrarsi nella famiglia enella società ed un moto di commozione mi colpiva perché

riconoscevo la gran-dezza di Dio che miaveva preso comesuo mezzo. Ma nonsempre è così; pur-

troppo anche dopo un grave ed indagino-so intervento lo scopo non viene raggiun-to ed allora guai ad insistere, quello cheviene chiamato “accanimento terapeutico”è un peccato grave quanto l’eutanasia. Siprocurano al paziente dolori, sacrifici inso-stenibili dando loro speranza senza spe-ranza.E quindi, quando non si può far vivere condignità e qualità di vita sia da un punto divista funzionale che psichico, allora è giun-to il momento di aiutare a morire con di-gnità, facendo, cioè, riconoscere al pazientela sua essenza umana in qualsiasi situa-zione si trovi senza dolore e con tanta se-renità: questa è l’eubiosia. Sa bene questoil Prof. F. Pannuti, fondatore dell’ANT, colquale ho avuto la fortuna di collaborare permolti anni, che, con centinaia di volontariin oltre venti anni ha aiutato a morire neitermini citati migliaia di persone. Come sifa a fermare una vita? Tecnicamente è sem-

plice ma cosa sappiamo noi delle vere volontà del pazien-te; sono certo che Welby in qualche modo sia stato plagia-to, perché non ho mai visto più persone attaccate alla vita,anche se tra gravi sofferenze, di quelle per le quali non c’èpiù speranza. E che dire di quel caso in America dove unapoverina è stata fatta morire di fame, contro il parere dei ge-nitori, ma per volere del marito (che, caso strano, si è spo-sato poco dopo)? Io sono certo che le sue sofferenze sianostate gravi e sentite e la sua “buona morte” sia stata terribi-le. E queste persone che si offrono di procurare l’eutanasia,si chiedono quanto hanno fatto prima per evitare queste con-dizioni? La sofferenza del malato irreversibile non ha limitepertanto “i tifosi” dell’eutanasia, non riuscendo ad eliminarele sofferenze finiscono per eliminare il sofferente. Dicono: ri-dotto come un vegetale. Ma anche se ciò fosse, chiunqueami una pianta, se questa soffre fa di tutto per guarirla, conogni mezzo. Avevo una bellissima pianta di gelsomino cheuna volta , non so per quale motivo, prese a seccarsi: inco-minciai a potarla, ma i rami erano sempre più secchi, fino aridurla ad un piccolo fuscello non più lungo di 15 cm ma conl’anima verde. Non nutrivo speranze, ma continuai a curarequesta specie di tronchetto ed ecco che, dopo qualche me-

L’angolo del medicoBuona morte in contrasto con buona vitarubrica di Danio Romagnoli *

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se, compare una fogliolina, segno che la vita stava tornan-do. Mi commossi profondamente: era la stessa commozio-ne che ho sempre provato alla fine di un intervento impos-sibile in nome di quella gioia che deriva da una speranzamai abbandonata e che a nessuno va mai negata. Quel gel-somino diventò bellissimo.

* Responsabile medico Sottosezione di Bologna

Ringrazio innanzitutto con affetto l’Amico e MaestroDanio che mi ha fatto leggere in anteprima l’articoloa commento del recente Convegno Regionale svolto-si a Reggio Emilia. Mi auguro che in un prossimo fu-turo vi potra’ essere ancora l’occasione di ritornare suquesti drammatici argomenti, magari con testimo-

nianze di personale unitalsiano (medici, infermieri, so-relle, barellieri, sacerdoti). Per concludere vorrei rac-contare un episodio personale, quando giovane medi-co, ebbi la ventura di partecipare ad un Pellegrinag-gio durante il quale una malata terminale finì la suaesperienza terrena proprio durante il viaggio di ri-torno. Al di là della drammaticità dell’evento che com-portò un impegno enorme di tutto il personale sani-tario e non io ricordo come fosse ora la meravigliosasensazione di un’anima che veniva trasportata in Para-diso dalle preghiere silenziose di un treno intero, unasorta di veglia itinerante: quella credo sia stata vera-mente la buona morte.

Anna Romualdi

La comunità diocesana in cammino, pellegrina aLourdes. Seicentocinquanta persone con due ae-rei, un treno speciale e un pullman si sono tro-

vati nella cittadina francese dove 150 anni fa la Ma-donna apparve alla giovane Bernadette. Sessanta ma-lati accompagnati da altrettanti tra sorelle e barellieri volontari dell’Unitalsi, famiglie intere, sedici sacerdoti centinaia di pellegrini: insiemea Lourdes per un’esperienza di gioiosa carità, autentica spiritualità e grande amicizia. Un ristoro per l’anima, una pausa per prendere co-scienza di sé e di chi ci è vicino e cammina insieme a noi. Pellegrini a Lourdes per sentirsi, con l’aiuto di Maria, dono l’uno per l’altro.

Dall’omelia del Vescovo Antonio Lanfranchi, nella Messa alla Grotta di MassabielleCarissimi pellegrini!La pagina del vangelo è di un’attualità sorprendente. L’uomo di oggi è alla ricerca spasmodica di soddisfare i suoibisogni, arrivando a crearsene sempre dei nuovi. Usa e abusa per questo dei beni creati, ma paradossalmente èpiù annoiato e angosciato di altri tempi. Perché? Non apre la sua vita a quel Signore nel cui cuore riposa la suafelicità. Non basta riempire fino all’orlo le anfore perché la festa continui. Occorre aprire la vita, portare tutta la fa-tica a Dio per accogliere il suo dono. Non basta neppure un’esistenza moralmente buona, condotta nel rispetto enell’osservanza della legge. Occorre aprire l’etica alla fede. Oggi manca il vino: “Non hanno più vino”. Il vino nellaBibbia è il simbolo della gioia, dell’amore. Sulla tavola non ci manca nulla, ma abbiamo perso il gusto della vita.Le scorte di senso si sono esaurite. È in questa situazione che emerge anche oggi l’importanza di Maria, la ma-dre, nella nostra vita. Riusciamo a cogliere l’importanza di Maria per noi se leggiamo nel segno di Cana il segnodi Lourdes. Nessuno si mette in cammino per Lourdes senza che qualcosa sia venuto a mancare dentro e attor-no a sé. Fu così anche per Bernadette, la quale venne qui, alla grotta, a raccogliere legna per riscaldare la casa:il bisogno più nero perseguitava la sua famiglia, minandone la stessa comunione. Venuta a trovare legna, Berna-dette fu trovata dalla madre di Gesù quale legna idonea ad alimentare il fuoco dell’amore divino, redentore del-l’assenza più triste, l’assenza della grazia. Anche noi siamo venuti con le nostre povertà, le ferite nostre e di tantinostri fratelli che si sono raccomandati alle nostre preghiere, per farci trovare da Maria. Ma come intercede per noipresso Gesù, Maria si volge anche a noi perché il sogno di Dio e dell’uomo di un’esistenza vissuta nella pienezzapossa realizzarsi: “Fate tutto quello che vi dirà”, che tradotto nel linguaggio delle apparizioni corrisponde a “pre-ghiera e conversione”. Solo Gesù può rinnovare il miracolo dell’amore fedele oltre le crisi; del dialogo paziente ol-tre i silenzi; della gioia pasquale oltre la croce; della porta aperta oltre i ripiegamenti e le chiusure; della vita nuo-va oltre la stanchezza dell’egoismo. Che Maria ci faccia sperimentare il calore, la luce e la bellezza della sua pre-senza; che porti speranza e ridoni fiducia nelle ferite e nelle oscurità della vita, che ci renda discepoli e testimonidi Gesù, portando nel mondo il suo amore. Che il miracolo di Cana si rinnovi per tutti noi.

Pellegrini a LourdesSeicento persone da Cesena - Sarsina

di Claudia Coppari e Sabrina Lucchi

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FotobookDiocesano Cesena - Sarsina

foto di Viron

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Dalle SSottosezioni

Caro Don Libero, il giorno 16 marzo alle ore 16, pres-so la Cappella della stazione ferroviaria di Bologna,è stata celebrata una Messa per ricordare la tua or-

dinazione sacerdotale. Erano presenti tuo fratello Giorgio, tua cognata Rita, amicidell’Unitalsi, dell’Onarmo, rappresentanti delle forze dell’or-dine e dell’esercito, dirigenti della stazione; ma soprattutto

ferrovieri in servizio o a riposo. Ha officiato la S.Messa Mons. Alberto Di Chio, il quale, durante l’o-melia ha letto una delle tue famose e toccanti let-tere con gli auguri natalizi, intitolata “Il Cristo e lapovera gente” (sotto riportata).

Dopo la benedizione, il tuo caro amico Marino Segnan (fer-roviere), ti ha ricordato con affettuose e commoventi parole.A conclusione della cerimonia è stata scoperta e benedettauna lapide in tua memoria, con sopra riprodotta la Croce diCappellano di Lourdes (della quale fosti a suo tempo insi-gnito) e la seguente frase: “Scrivi sulla sabbia ciò che haidato... scolpisci sul marmo ciò che hai ricevuto... io prendo

la gente cosi come è... accolgo tutti indipen-dentemente dal loro credo politico e religioso...il bene come la verità spesso non stanno dauna parte sola”. Ancora una volta ti abbiamosentito in mezzo a noi.

IL CRISTO E LA POVERA GENTE

...e la povera gente siamo noi preti, siete Voi,sono tutti gli uomini pro-tesi, più o meno co-scientemente, più o me-no attivamente alla ri-cerca della Verità chesoddisfa a pieno ritmo leesigenze della naturaumana. E’ povera gen-te il sacerdote che, pursommerso nella Graziadei Sacramenti ricevutie amministrati, non haancora risolto il proble-ma della santità perso-nale e comunitaria, vi-vacchiando una consa-crazione rassegnata erinunciataria, dimenticodella parola divina: “Ec-co, io pongo in Sion unapietra angolare, scelta,preziosa: colui che cre-de in essa non rimarrà

Lettera a Don LiberoSottosezione di Bolognadi Mirella Martelli

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confuso”. E’ povera gente il ricco in-capace di volgere il suo sguardo alcielo perché preso dal luccicare del-l’oro, delle sue terre, dei suoi appar-tamenti, delle sue fortune troppo spes-so frutto di una amministrazione cherasenta l’illecito, l’inganno. E’ l’uomodella ricchezza facile che ha dimenti-cato i giorni duri del pane asciutto, del-l’impermeabile per tutte le stagioni, delcinema di periferia....Per lui la paroladella Bibbia: “Ogni carne è come l’er-ba e la sua gloria è tutta come il fioredell’erba. Si secca l’erba e cade il fio-re”. E’ povera gente l’uomo solo, uno cheva, che deve andare, il viandante, ilcamminatore di tutte le strade, l’esu-le; il senza nome, il senza titolo se nonquello di “Uomo solo”, troppo per vi-vere, più che bastevole per soffri-re....l’irrimediabile solitudine di coluiche vive e muore “Solo”. Suoni, rumori,distrazioni, denaro, amicizia offerta omendicata: rimane sempre più solo. E’povera gente la madre che, rinun-

ciando al com-pito divino del-la procreazio-ne, si isteriliscein un egoismoche porta alcomputo mate-matico, “dell’u-no ma non piùdi due”, per esi-genze di forma, di stile, di sostenta-mento, di educazione. E’ povera gen-te il giovane che dimentica la veragioia di vivere, come la definisce laSacra Scrittura: “Chi infatti vuol gu-stare la vita e avere giorni felici, pre-servi la sua lingua dal male e le suelabbra da parole di inganno; si allon-tani dal male e faccia il bene, cerchila pace e l’otterrà”. E’ povera gente l’intellettuale che trop-po spesso batte moneta falsa e sa-pendo maneggiare con disinvoltura la

ragione trova subito i pretesti per rifiutare la Verità, affer-mando che la religione è patrimonio degli ignoranti. Che po-vero sapere se uno non sa ancora di non sapere! “Tu ti af-fanni per troppe cose, mentre una sola è necessaria”.Ora Cristo è venuto per dare Grazia, dignità a tutta la po-vera gente che con S. Pietro si deve sentire “....stirpe elet-ta, sacerdozio regale, nazione sacra, popolo tratto in salvo,affinché Voi annunziate le meraviglie di Colui che vi ha chia-mati dalle tenebre alla Sua luce ammirabile; Voi che primanon eravate un popolo e che ora siete il Popolo di Dio; voiche eravate esclusi dalla misericordia e che ora invece ave-te ottenuto misericordia”. Buon Natale, a noi povera gente.

(don Libero)

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Questo è stato il te-ma della sestaGiornata

Nazionale. dell’Unitalsi. Anche quest’anno la nostrapresenza nelle principali piazze delle città e paesi della re-

gione è stata massiccia. Molti sono stati colo-ro che si sono soffermati nelle nostre posta-zioni per conoscerci, per saperne di più sui pel-legrinaggi, sui nostri progetti (in molti casi di-venuti ormai realtà) e sulle altre attività chel’Unitalsi svolge. Parecchie persone poi, conoscendo l’Asso-ciazione, hanno aderito concretamente allacampagna distributiva dell’ormai tradizionale

pianticella d’ulivo.A Bologna, dove re-centemente è statainaugurata in via M.Dalmonte, 1 la nuova

casa “San Martino”, per accogliere i familiari dei bambini ri-coverati negli ospedali cittadini (una doverosarealizzazione di uno dei tanti progetti, i gaze-bo con il materiale informativo e le piantine d’u-livo hanno trovato collocazione ideale nellepiazze Galvani (dietro S. Petronio) sabato 17e domenica 18 marzo, in piazza Maggiore. adare man forte ai nostri volontari, richiamandoparecchia gente, è stata la presenza della po-lizia stradale con l’auto d’inseguimento veloce“Lamborghini Gallardo”. nella mattinata di do-menica è apparso anche l’elicottero della Po-lizia di Stato, che sorvolando piazza Maggioreha immortalato l’avvenimento con una magni-fica veduta dall’alto. Cogliamo pertanto l’occa-

sione per ringraziare anche da queste pagi-ne: il Ministero dell’Interno e il Comando Gene-rale della Polizia di Stato, Il Comandante della Polizia Stradale di Bolo-gna, Il Comandante del Reparto Volo di Bologna,nonché gli agenti e i piloti per la loro assolu-ta disponibilità. Ancora una volta grazie.

Un’esperienza che ti resta dentroSottosezione di Bologna

di Roberto Bevilacqua

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Domenica 6 maggio scorso, siamo ritornatiancora nella Chiesa parrocchiale di SantaMaria Nascente a Pragatto. La chiesa è nel

comune di Crespellano, a circa 18 km da Bologna,nel “Vicariato Foraneo di Bazzano”.Le origini della chiesa non sono co-nosciute, il primo accenno alla suaesistenza è in una citazione del Ca-lindri indicante la Bolla del papa Eu-genio III del 1148, nella quale sonoindicati il Castello di Pragatto e lachiesa parrocchiale, e che questaè soggetta al giuspatronato dei mo-naci di San Pietro di Modena [il giu-spatronato è un istituto che ebbe ori-gine nell’alto medio evo come ma-nifestazione della gratitudine dellachiesa verso i suoi benefattori. Eraquel complesso di privilegi e di one-ri che, per concessione della Chie-sa, spettava al fondatore di unachiesa o di una cappella (CodiceCanonico 1917). Il giuspatronato passò alla nobile fa-miglia degli Acquaderni di Bolognanel 1461, che lo ha detenuto finoalla creazione dell’Istituto Sostentamento del Clero nel 1985, anchese venne indicato che a metà dell’Ottocen-to apparteneva ai parrocchiani, probabil-mente in via temporanea per i lavori di ri-strutturazione intrapresi dal parroco donFrancesco Marchetti. Nell’ambito della ri-partizione religiosa, la chiesa parrocchialedi Pragatto dipese dalla Pieve di San Lo-renzo in collina (come risulta dall’elenco del-le chiese della Diocesi di Bologna nel 1300),fino al 1573, anno in cui passò alle dipen-denze della chiesa di Santo Stefano di Baz-zano che venne eretta plebana (apparte-nente al territorio di una pieve). L’edificio èstato restaurato più volte, prima della “visi-ta pastorale di Mons. Marchesini del 1573”,nel 1647 e alla metà dell’Ottocento. Si haun’idea della situazione seicentesca dal re-soconto della visita pastorale del cardinaleBoncompagni (1692): la chiesa presenta uncampanile alto 75 piedi, con guglia pirami-dale e due campane; internamente vede la

presenza di cinque altari dedicati ri-spettivamente: dal lato dell’Epistolaalla B. V. del Rosario e al Crocifis-so, dal lato del Vangelo ai Santi Lo-renzo, Filippo Neri e alla B. Vergi-ne della Cintura.Intorno alla metà dell’Ottocento sipresenta come una chiesa “a tra-vature alla maniera antica a guisadella Basilica di Santo Stefano inBologna”. Nel 1843 si intervennecon lavori di ristrutturazione che in-teressarono tutto l’edificio, ma inparticolare riguardarono l’absideche venne innalzata “a catino conquattro finestre semicircolari che lailluminano”.L’iscrizione posta sopra la porta d’in-gresso testimonia di ulteriori restauricompiuti intorno al 1859; in queglianni, precisamente nell’ottobre del1858, come attesta un documento

Festa di mezza primaveraSottosezione di Bologna

di Ivonne Cicognani Galli

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dell’Archivio Parrocchiale di Pragatto, fu sostituita la coper-tura a travatura lignea con una vela in cotto innestata sullepreesistenti pareti. L’edificio, internamente uno dei più bellidel nostro territorio, si presenta come uno spazio a navataunica con cappelle laterali. La zona presbiteriale è caratte-rizzata dalla presenza di quattro colonne libere, delle qualidue a sostegno dell’arcone che introduce al presbiterio edue sul fondo. Le cappelle laterali sono ritmate dai confessionali lignei, in-cassati nelle porzioni murarie tra le cappelle stesse. La chie-sa conserva la pala d’altare dipinta da Gaetano Gandolfi nel1774 con i Santi Agostino e Monica; sull’altar maggiore sitrova un dipinto con la Nascita di Maria eseguito da ErcoleGraziani (1688-1765) e, come dice un documento dell’Ar-chivio Parrocchiale di Pragatto, acquistato in data 8 maggio1906 dalla parrocchia di Santa Maria Maddalena di Bolognacon la somma donata da Alessandro Cavallini. Il campanile

a fine Seicento presentava una guglia pira-midale: a quell’epoca era stato da poco ri-costruito (1673). Nei secoli successivi fu piùvolte danneggiato e riparato: colpito da unfulmine nel 1788, venne coperto da una nuo-va cuspide ottagonale; quest’ultima, dan-neggiata ancora una volta da un fulmine nel1842, fu ricostruita due anni dopo “a somi-glianza di quella che erravi (c’era) prima del1788”. Nel 1929 la guglia fu nuovamente at-terrata in seguito ai danni riportati duranteil terremoto: dal bollettino parrocchiale delluglio del 1933 si apprende che proprio inquell’anno iniziarono i lavori di costruzionedella nuova torre campanaria, rimasta poi in-compiuta a causa dello scoppio della guer-ra. Mi emoziona sempre la tela con SanGioacchino e Sant’Anna che tiene in brac-

cio Maria, forse anche perché l’Immacolata Concezione miriporta a Bernadette e a Lourdes. La santa messa è stata celebrata da don Luca ed è stata“molto partecipata”, anche dai nostri ragazzi che hanno, conattenzione, collaborato (vorrei dire “concelebrato”) con lui.All’uscita dalla chiesa, il sole ci ha permesso di sostare unpo’ per godere dello splendido paesaggio e della reciprocacompagnia, prima di riprendere le auto per recarci nel luo-go dell’”agape fraterna” preparata per noi dagli amici di “Sa-la Mimosa” di Crespellano. I tortellini collaborano a mante-nere piacevolmente alto il “clima” della giornata, che ha rag-giunto il culmine nella rappresentazione partecipata dai dueterzi dei presenti: canti, balli, recite, con grande spasso ditutti: ci si diverte molto di più a “fare” che a guardare! Macome sempre le cose belle hanno un termine, e ci prepa-riamo a tornare alle nostre case, con affettuosi saluti e lavoglia di ritrovarci presto insieme.

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Il Gruppo Unitalsi di SassoMarconi, riconosciuto dallaSottosezione Unitalsi di Bolo-

gna come “Gruppo San Pietro diSasso Marconi” vuole coglierequesta felice occasione per rin-graziare il proprio parroco: Ca-nonico Dario Zanini, nonché Ret-tore del Santuario della BeataVergine del Sasso, chiesa doverisiede anche la Parrocchia diSan Pietro, per la sensibilità el’attenzione che ha sempre avu-to nei confronti del gruppo, sianei momenti spirituali, sia nei mo-menti legati alle varie attività del-la Associazione. Egli ci ha accolto quando, diecianni fa, ci siamo resi conto cheda poche persone che partiva-mo assieme per andare in pelle-grinaggio a Lourdes con l’Unital-si, eravamo diventati tanti, da es-sere riconosciuti “gruppo”. La Parrocchia ci ha aperto le porte, Don Dario ciha seguito nel nostro cammino spirituale, ha ce-lebrato tutte le S. Messe che gli abbiamo richie-sto e ci ha seguito nei momenti di riflessione. Ciha sostenuto in tutte le attività che abbiamo pro-posto, ci ha fornito i locali per riunirci tanto da po-ter dire di avere una sede presso la nostra par-rocchia e niente meno che, presso il “Santuariodella Beata Vergine del Sasso”, espone tutti i ca-lendari inerenti i nostri pellegrinaggi, gli articoli ri-guardanti la nostra associazione e tutti gli avvisiche abbiamo bisogno di proporre. Per un gruppo come il nostro, che fa parte del-l’Unitalsi: un’Associazione cattolica che promuo-ve esperienze di socialità e di solidarietà, basa-te sulla fede in Cristo Gesù, tenendo viva unagenerosa testimonianza evangelica e sull’inter-cessione di Sua Madre, la Vergine Santissima,Salute degli infermi, che noi in particolare vene-riamo col titolo di “Nostra Signora di Lourdes” nonpoteva aver maggior fortuna di incontrare in que-

sti anni di attività, un parroco, come Don Dario,Rettore da tanti anni di un Santuario Mariano, eche, nei suoi primi anni di sacerdozio ha prestato

servizio presso il Santuario dellaMadonna di San Luca, tanto caraa noi bolognesi, ed inoltre comenoi, anch’Egli ha una vera profon-da devozione mariana tanto dacondurlo ancora oggi, ogni anno,a piedi, al Santuario della Madon-na di Boccadirio. Il presidente della Sezione Emilia-no-Romagnola: geom. Italo Friz-zoni, il presidente della Sottose-zione di Bologna: Nerio Cenacchi e tutti noi, aderenti alGruppo Unitalsi “San Pietro di Sas-so Marconi” lo ringraziamo conprofonda gratitudine.Nostra Signora di Lourdes pregaper noi, Santa Bernardetta prega per noi.

GrazieSottosezione di Bolognadi Rita Conti

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Il 1° maggio si e’ consu-mato il 4° anno della ma-nifestazione “alla vec-

chia maniera“ a Cesena inuna oasi collinare che sie-

de fra il piano ed il monte, unaparrocchia tutta per noi con chie-sa, cucina, sala da pranzo ed uncapace e robusto tendone checi ha garantito il successo anchecon tempo incerto. La cronaca non è la solita per-chè la promisquità dei parteci-panti era lo scopo di dimostrareche si vive bene anche in unmondo laico purchè la fede illu-mini tutti quel tanto da portarli ariconoscere, e vedere cosa c’èoltre la siepe… c‘eravamo noi iragazzi del passato prodotti in-discutibili di Lourdes che nonperdono smalto e continuanogioiosamente a ritrovasi col con-cetto del cristiano; dotato di spi-rito e di solidarieta’. Il camino(la rola) scopiettava già dal primo albeggiare con ceppi ar-denti, mentre si preparavano i tavoli per gli oltre 120 ospiti.I primi arrivi festosi hanno coinvolto tutti a voler dare un con-tributo manuale ed in un baleno l’espressione pura della so-lidarietà ha coinvolto tutti in quel motto sempre valido “io hoquel che ho donato“ in poco tempo la dispensa si arricchi-

va di formaggi, parteconsumati e parte do-nati.Arrivato il sacerdote,un ex missionario ot-

tantenne, è iniziata laMessa, un dialogo di to-tale omelia fra astanti eil celebrante, fra canti esolennità, la vera Mes-sa che ha coinvolto tut-ti in particolare i pocopraticanti che hannoesclamato: “a Montereale le’ bel an-ca la Messa“. Poi tutti atavola col menu tipicoromagnolo che qui écontemplato, ricco dimessi ma ricco di alle-gria che il buon sangio-vese concede al buon

gustaio, ed è stato durante il lungo pranzo che un giullare,un cantante, un poeta si sono esibiti in storie e cante ro-magnole dove tutti si sono sentiti protagonisti: poesia e dia-lettale, e poi un intermezzo artistico che ha attraversato ilmediterraneo ed in tono andaluso si è ascoltato “Garcia Lor-ca” nelle sue più toccanti poesie sul torero, e l’arena sivi-

Monreale val bene una MessaSottosezione di Cesenadi Renato Zoffoli

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gliana. Ma dulcis in fundo è arrivato unvalente violinista allievo di Hughi che per2 ore ha suonato di tutto, risvegliando innoi antichi momenti con soprassalti dienergia che hanno causato lacrime fe-stose. Il violino ha un repertorio che faquesto effetto allora ricordatevi che la-crime versate in compagnia sono positi-vità d ‘animo nobile (siamo stati tutti no-bili), invece sono amare quelle lacrimeversate e che nessuno vede !!! Finire una

giornata con uno spirito esaltante è cio checi vuole in ogni società. in ogni raduno, inogni momento critico della nostra societàche si chiama sempre Italia !!!!! Chi vi racconta tutto ciò ha avuto il piace-re di collaborare ed inventare “alla vec-chia maniera” ma le due cose sentite so-no state dette col cuore mi hanno com-pensato di ogni fatica e sacrificio. Ve le ri-peto. E’: stato tutto bello anche la messa !!!. E’ stata una giornata da Holliwood.

LA TESTIMONIANZA DI GERMANA

Forse è proprio il giorno adatto per scrivere di una allegra e serena giornata in compagnia di vecchi amici. An-che se passato, il ricordo è ancora fresco. Sono partita al mattino con Mirella e Roberto, verso Monreale, inprovincia di Cesena, per un “revival” con vecchi amici lourdiani e per festeggiare il compleanno di “Re-nato”,

eletto nostro Re ai tempi della nostra giovinezza. Davanti ad una graziosa chiesetta era stato eretto un grande ten-done e sotto una lunga tavolata pronta per i commensali che stavano arrivando. Ma prima di tutto bisognava ono-rare il Signore nel suo giorno di riposo. Siamo entrati tutti nella piccola Chiesa per assistere alla S. Messa, cele-brata da un sacerdote particolare, ma veramente sentita.Poi via, tutti sotto il tendone, a tavola!!! C’era tanta allegria, condita dalla cucina e dal vino romagnolo. Pian pianotra una portata e l’altra il cielo si è rannuvolato fino a trasformarsi in una pioggia battente sul tendone che cerca-va di proteggerci. Il pomeriggio è iniziato chiacchierando tra di noi, vecchi amici da una vita e nuovi amici, in un’at-mosfera talmente serena che alla fine della giornata ci sembrava a tutti di conoscerci da sempre. Ad un certo pun-to del pomeriggio, un mattacchione, romagnolo purosangue, ci ha fatto conoscere un suo giovane amico musici-sta di violino. Questo ragazzo, con gli occhi puliti di un bambino ci ha portati in un mondo meraviglioso, dove re-gnavano soltanto il suo strumento e la sua musica. Ha cominciato a scendere la sera e ci siamo mossi per ritornare alle nostre cas. Al ritorno sono rientrata pienamente nella realtà, il cuore era leggero, ma lo stomaco pesante. Avevo mangiato troppo.

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Servo di Dio mons. Francesco Giberti, ve-scovo (1890-1952) La preghiera costante,una fede matura dí cuore e di mente, asce-

ticamente in continuo e profondo dialogo con Dio:tutto ciò ha accompagnato i giorni di mons. Fran-cesco Giberti (Modena, 25 agosto 1890 – Fidenza, 19 feb-braio 1952). Si pensi alle prove difficili da ragazzo, alle sem-plici gioie di cui essere grato con lodi d’intonazione france-scana, alla vocazione serena e illuminata al sacerdozio findall’età di quindici anni, al ruolo di professore attento in se-minario, di sensibile cappellano soldato in guerra negli anni1915-19, alla cura delle sordomute, alla scelta di vivere dapastore di anime tra gli ultimi donando tutto ciò che avevaai poveri, ai malati, alla sua gente… ai fidentini, sostendolinegli anni più difficili della seconda guerra mondiale. Alto,magro, conciso nell’eloquio, distinto, riservato. Eppure conocchi vivi che tralucevano. Ha saputo vegliare, infondere co-raggio, seminare la parola di Dio nelle comunità di persone,chiamato a guidare: tra gli studenti seminaristi, i soldati alfronte e i feriti nei campi militari, i fidentini di cui fu Vesco-vo per ben dieci anni, dopo trent’anni di sacerdozio. Con-notato da spirito evangelico di povertà, umile, sensibile, ca-ritatevole, Giberti fa risplendere tratti della personalità delpoverello d’Assisi: venne battezzato nella parrocchia mode-nese di San Francesco. Il padre Luigi Giberti era un com-merciante di stoffe, seppur modesto. La madre Vittoria Gioiaera donna mite e saggia, dedita al marito e agli otto figli, di

cui Francesco erail primogenito.Morirono tuttitranne Francescoe la sorella Annache lo seguì a Fi-denza per starglivicino. Fu profes-sore di fisica, ma-tematica, teologiae seppe abbinarelo studio rigorosodella scienza allaverità della fede inCristo. Come confessoret e s t i m o n i a v a ,ogni giorno, il mi-stero del cuoresacerdotale chefaceva da tramitetra la Grazia divi-

na e la libertà spirituale delle anime. Le lettere pastorali, ri-volte alla cittadinanza di Fidenza, toccano argomenti dibat-tuti all’epoca: “Le luci di civiltà del Novecento vanno spe-gnendosi nel sangue”, scrive nel febbraio 1945. Affronta unaseria riflessione sul tempo di guerra con le chiese vuote diuomini, impegnati al fronte o nel duro lavoro dei campi, muo-ve critiche aspre all’agnosticismo, all’anticlericalismo di ma-trice laica e volteriana nonché al pensiero materialista “chesottraggono il tesoro della fede”. Sostiene i diritti delle clas-si umili che aspiravano a miglioramenti economici, purchèessi non si risolvano in una mera conquista di beni materialisenza un cammino interiore. Giberti invoca continuamente ilvalore della fratellanza cristiana, il fatto che “la Chiesa chie-de il rispetto della persona umana: l’oppressione dei poveriè peccato ed è peccato negare il giusto salario all’operaio”.Esortava per queste ragioni in campo sociale, non alla lottama alla cooperazione fra salariati e datori di lavoro. “Il Ve-scovo deve fare della vita un olocausto” Con questa fraseGiberti si presentò ai fidentini nella sua prima lettera pasto-rale, dopo essere stato eletto Vescovo della Diocesi di Fi-denza il 12 maggio 1943. Dal 6 aprile 1913, quando venneordinato sacerdote nel seminario di Modena, consacrò lasua vita a Dio e si fece portatore della Croce di Cristo, lam-pada di luce laddove c’erano buio e disperazione, parola diconforto davanti alle malattie del corpo e dell’anima. A Fi-denza fece molte opere di carità: aiutò, tra l’altro, i profughiprovenienti dal Mezzogiorno e dalle Alpi Apuane. Con ge-nerosità donò beni agli invalidi e ai sinistrati di Borgo. Fecefronte agli sfollamenti aprendo le porte della sua casa, siprese cura di bambini e ragazzi dalla mattina alla sera solinelle piazze anche grazie all’opera della San Vincenzo. I bom-bardamenti aerei del 2 e 13 maggio 1944 ridussero la cittàa un cumulo di macerie: il vescovado e il seminario venne-ro distrutti. Giberti scelse tuttavia di continuare ad abitare inBorgo, tra la gente e le rovine, adattandosi in un locale delseminario sgretolato e qui visse in povertà estrema per set-te anni fino alla morte.

Serva di Dio Pierina Belli (1883-1977) Pierina Bellinasce a Croce s. Spirito di Castelvetro Piacentino,diocesi di Fidenza, il 27 novembre 1883 da famiglia

benestante: il padre, notaio, era ateo; la madre invece cat-tolica. Pierina cresce in questa famiglia ove nulla le manca-va: premure, attenzioni, affetto, beni materiali... Alla sua istru-zione provvede un precettore personale. Con il passare de-

Processo di canonizzazioneSottosezione di Fidenza

a cura di Gianfranco Cammi e Pietro Cattani

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gli anni si rivela la donna che è in lei:alta, elegante, raffinata, dotata di un elo-quio vivace e trascinatore, dolce nei mo-di e tuttavia molto ferma nei propositi,concreta nei progetti e determinata nel-la loro realizzazione. Un’idea in parti-colare l’affascinava e andava via via af-fermandosi in lei con il progredire del-l’età: dedicare la propria esistenza a Ge-sù Cristo e, per Lui, alla sua Chiesa.Questa grande vocazione la porta a ri-fiutare non solo gli agi e i piaceri dellamondanità, ma anche le semplici gioieche derivano dall’avere una famiglia pro-pria. E di cose per il Signore Pierina nefece tante: elencarle tutte sarebbe lun-go e potrebbe alla fine risultare noioso.Accenneremo perciò solo alle principa-li: fin da giovanissima partecipa attiva-mente al movimento femminile “Unionefra le donne cattoliche d’Italia” che, sorto a Roma ad operadella principessa Cristina Giustiniani Bandini, assume benpresto dimensioni nazionali. La Belli diffonde questo movi-mento in parrocchia e in diocesi e, per questa sua opera, ri-ceve vivi elogi dalla fondatrice: “Brava, bravissima! Ella haproprio lo spirito di apostolato che vorrei vedere in tutte lesocie dell’unione”. durante le due guerre mondiali organiz-za centri di assistenza a favore dei soldati feriti in guerra edelle loro famiglie e in particolare al sostegno economico emorale delle vedove; nel 1918 fonda nella diocesi di Fiden-za (che allora si chiamava “Borgo S. Donnino) la prima se-zione della “Gioventù Femminile di Azione Cattolica” e daallora si consacra a tale causa sia in campo diocesano, chein quello nazionale. Prima collaboratrice nonchè fedele ami-ca di Armida Barelli, accetta con entusiasmo e senza alcu-na remora tutti gli incarichi, anche i più gravosi, che le ven-gono proposti: i viaggi pur faticosi e pericolosi non la spa-ventano. È instancabile e gradita propagandista prima in Emi-lia, poi in Romagna, in Sardegna, in Sicilia e nel Meridionee un po’ in tutta Italia; negli anni successivi al secondo con-

flitto mondiale si dedica “anima e cuo-re” alla causa del seminario diocesanodei seminaristi e delle loro famiglie.Queste numerose e varie attività extra-domestiche non le impediscono certodi assolvere i suoi doveri familiari: inprimis l’assistenza ai genitori e, in par-ticolare, alla madre che cura personal-mente durante tutta la lunga malattia.Tanto e così faticoso lavoro le procuratuttavia grande gioia interiore e nonmancano neppure i riconoscimenti uffi-ciali. Fra tutti, ne indichiamo due.Nel 1930 Pio XI, in segno di gratitudi-ne per il lavoro svolto, la decora conl’alta onorificenza “Croce pro Ecclesiaet Pontifice”. L’allora segretario di Sta-to Eugenio Pacelli afferma a suo ri-guardo: “È una delle poche ben meri-tate”;

Nel 1962 l’Associazione Nazionale Famiglie Caduti e Dis-persi in guerra le conferisce, in segno di gratitudine, la me-daglia d’oro, per quanto ha dato moralmente e material-mente a sostegno di questa causa.Naturalmente, come spesso è accaduto ai veri “servi di Dio”,ci sono state anche offese e delusioni, assieme a prove edostacoli... La sua lunga esistenza, oltre i novant’anni, la por-ta negli anni ‘60 ad assistere alla crisi dell’associazione perla quale essa aveva speso quasi tutta la sua vita. Alcunepersone della sua diocesi giudicano fanatico il suo zelo eroi-co e la ritengono inadatta a ricoprire persino la carica di pre-sidente diocesana. Questi fatti certamente l’addolorano, manon scalfiscono minimamente il suo fervore apostolico e ildesiderio di continuare a lavorare fino all’ultimo per la Chie-sa di Dio. La sua scelta era stata fatta per amore e chi amavuole servire, servire soltanto, senza cercare gratificazioni oconsensi umani. Oggi, a trenta anni dalla sua morte, restanella sua Diocesi, nell’Azione Cattolica Italiana e in tutti co-loro che, direttamente o indirettamente, l’hanno conosciutail ricordo di un’eccezionale pioniera dell’apostolato laico.

Nella nostra Sezione UNITALSI la vita non si ferma mai. Grazie a “L’ECO DI LOURDES”, potete ricevere, ogni trimestre, un’eco di questa presenza.

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C.C.P. n. 17563404, intestato a UNITALSI Sez Emiliano RomagnolaChiunque volesse avere informazioni o desiderasse ricevere la rivista trimestrale della nostra Sezione può scrivere al seguente indirizzo diposta elettronica: [email protected] il sito web della Sezione all’indirizzo: www.unitalsiemiliaromagna.it

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Domenica 3 giugno 2007, presso la parrocchia di DonEdelwais a Prunaro di Bologna si è tenuto un incon-tro dei volontari recentemente entrati nella famiglia

Unitalsiana. Una domenica insieme per alcune riflessionisul Pellegrinaggio di Lourdes dell’aprile scorso. Dopo la San-

ta Messa ed il pranzo comunitario in canonica, DonEdelwaiss ha tenuto una luminosa catechesi sultema:

“Psicologia del malato” e riflessioni libere sul Pellegrinaggio.

“Signore, tu solo sei la sicurezza, la quiete, la gioia”

(San Francesco)

CatechesiSottosezione di Parmaa cura di Andrea, Paola, don Edelwaiss

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Nessun at-tentato al-le libertà

civili, né tanto me-no un’invasione dicampo dei vescovi. Più precisamente la No-ta pubblicata ieri dal Consiglio permanente èla «riaffermazione del valore insostituibile del-la famiglia» per la stessa società. E come ta-le «è un messaggio rivolto a tutti» e in parti-colare ai cristiani, specie se parlamentari, «af-finché siano coerenti con i valori in cui cre-dono» e si comportino di conseguenza anchenei confronti dei Dico.A poche ore dalla diffu-sione del testo che Av-venire pubblica inte-gralmente, monsignorLuciano Monari spiegacosì il senso del docu-mento messo a puntodal Parlamentino deivescovi. «Non poteva-mo tacere - sottolineail vescovo di Piacenza-Bobbio e vicepresiden-te della Cei - Non suuna materia come que-sta». Molti si sono chiestiqual è il senso di que-sta Nota, specie dopoche contro i Dico sierano levate molte vo-ci di vescovi negli ul-timi mesi.“Effettivamente tutti ivescovi italiani hannogià parlato del proble-ma, con dichiarazionipubbliche o interventidiretti alle loro diocesi.Ma era giusto che an-che il Consiglio permanente, il quale rappresenta tutti i ve-scovi italiani, attraverso i presidenti delle conferenze regio-nali, prendesse una posizione unica. Questa Nota sottolineain pratica che la promozione della vera famiglia è frutto nondella particolare sensibilità di alcuni presuli, ma un impegnopastorale condiviso”.

Quali sono, dunque, gli ar-gomenti maggiormente sot-tolineati?“Prima di tutto l’affermazionedel valore insostituibile che la

famiglia ha nella vita delle persone e dellasocietà. La famiglia, infatti, è il contesto piùfavorevole per accogliere la persona e per fa-vorire la sua crescita e la sua maturazionepersonale. Inoltre è anche la struttura che ga-rantisce il futuro della società attraverso la pro-creazione e che contribuisce in modo fonda-mentale al welfare della società stessa. Se

viene meno la strutturadella famiglia, è tutto il si-stema sociale che vaprofondamente in crisi.È, dunque, interessedella società custodire,proteggere e rendere lapiù solida possibile la fa-miglia, perché quest’ulti-ma fa crescere personeumanamente più equili-brate e assicura una vi-ta sociale più ricca di be-nessere per ognuno”.E il secondo aspetto?“Il secondo aspetto ri-guarda il problema dellalegalizzazione delleunioni tra persone omo-sessuali, che si basa sul-l’ideologia del generesecondo la quale la di-mensione della sessua-lità diventa fondamental-mente irrilevante dalpunto di vista giuridico.Noi, invece, riaffermia-mo che la realizzazioneautentica della personanon può esistere se non

nella polarità sessuale e che l’assunzione di questa polari-tà è una ricchezza infinita per la società dal punto di vistaculturale e dal punto di vista affettivo. Perciò tutto quello chepuò ledere la percezione di questo valore e la sua concre-ta realizzazione nella vita, va contro il bene della persone edella società”.

”Non potevamo tacere”Sottosezione di Piacenza

di Mimmo Muolo (Avvenire)

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Come risponde, dunque, alle accuse di ingerenza mos-se ai vescovi in questi giorni?“Ci sembra che, come vescovi, su questi temi abbiamo il do-vere di parlare, altrimenti ci troveremmo di fronte a un si-lenzio inspiegabile. I rappresentanti della comunità cristiananon possono tacere, quando sono in gioco valori così im-portanti e decisivi”.Come definirebbe questa Nota: più pastorale o più po-litica?“È sicuramente una no-ta pastorale, perché na-sce dalla sensibilità pa-storale dei vescovi. Ma sipuò dire che è anche po-litica, nel senso cheprende in esame il benedella società e il benedella persona nella so-cietà. E siccome la poli-tica in senso alto vuoleesattamente raggiunge-re questo obiettivo, sipuò dire che la Nota hauna rilevanza in questadirezione. Niente a chefare, invece, con la poli-tica intesa come partiti ecome schieramenti. Daquesto punto di vista sia-mo il più al di fuori pos-sibile. E chiediamo chele nostre posizioni nonvengano strumentalizza-te in un’ottica partitica.Vorremmo anzi, che di-ventino un’occasione perriflettere sulla politica insenso alto, cioè su quale sia il bene reale della società incui viviamo e quali siano le strade migliori per realizzarlo”.A chi è rivolto, dunque il documento?“È rivolto a tutti, perché è una riflessione sul senso dellapersona umana, del matrimonio e della famiglia e perciò in-teressa ogni persona, credente o meno. Tra l’altro è un dis-corso basato su motivazioni comprensibili e verificabili datutti, una specie di invito al dialogo e alla riflessione rivoltoa 360 gradi. Ovvio che poi la Nota sia rivolta in primo luo-go alle persone che fanno parte della comunità cristiana,cioè a coloro che hanno il compito di rendere testimonian-za al Vangelo e alla ricchezza della persona umana così co-

me il Vangelo l’annuncia. Infine è rivolta in modo ancora piùparticolare ai cristiani che sono pimpegnati a livello politicoe legislativo, perché siano coerenti, nelle scelte che fanno,con i valori nei quali credono e con l’antropologia ispirata alVangelo”. Qualcuno parla di condizionamento delle coscienze. Co-me risponde?“Noi vogliamo solo offrire delle motivazioni per cui un parla-mentare possa fare una scelta in conformità con quello che

riteniamo il bene dellapersona e della socie-tà. Non c’è alcun con-dizionamento negati-vo, né alcuna costri-zione o la previsione disanzioni. Semplicemente noi ri-cordiamo ciò che dalpunto di vista del com-portamento cristiano cisembra corretto oscorretto. Ma questo,come vescovi, lo di-ciamo in tutte le di-mensioni dell’annun-cio del Vangelo. Evidentemente, sequalcuno vuole esse-re cristiano, è “condi-zionato” da quello cheil Vangelo chiede. E misembra che i vescovinella Chiesa hannoproprio il compito diesprimere le esigenzedel Vangelo”. Nessun sopruso ri-

spetto alla libertà di coscienza, dunque? “Evidentemente, se uno pensa che la coscienza sia quelloche istintivamente mi viene facile fare o quello che corri-sponde ai miei gusti e alle mie preferenze, siamo su unastrada sbagliata. Ma se la coscienza è un giudizio che viene dato sulla mo-ralità dei comportamenti, a partire dalle motivazioni che liverificano come comportamenti buoni o cattivi, credo che laformazione della coscienza sia il dovere di ogni persona uma-na e credo che all’interno della comunità cristiana il magi-stero abbia un compito importante nella illuminazione dellecoscienze”.

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Come le sottosezioni delle Marche e dell’E-milia Romagna siamo stati “chiamati” an-che noi a far parte dello staff per organiz-

zare il ricevimento dei giovani Unitalsiani delle al-tre regioni, per questo siamo partiti nella mattina-ta di venerdì 9 marzo, per poter affrontare, dopo il viaggio,l’accoglienza di tutti i giovani Unitalsiani della nazione neivari ostelli della città di Loreto. Giunti a destinazione abbi-amo incontrato il responsabile della nostra Sezione Rober-to Bottero che dopo aver spiegato i nostri compiti ci ha di-visi e portati a destinazione. Nei vari ostelli si sono preparatigli allestimenti con cartelloni, striscioni, programmi ecc....appesi negli ingressi affinchè fossero ben visibili, per quan-do sarebbero arrivati i gruppi dalle varie regioni. Per ac-coglienza si intendeva principalmente l’assegnazione dellecamere, la consegna dei depliant e dei programmi di rifer-imento agli incontri presso il Palacongressi. L’arrivo dei gio-vani Unitalsiani, presso gli ostelli è stato “intenso” ma anchemolto bello e divertente in quanto si sono potuti incontraree conoscere numerosi giovani che arrivavano da tutte leparti dell’Italia. Allegria, gioia, fratellanza, era questo il climache si respirava dal primo all’ultimo giorno, insieme alla vogliadi comunicare, dialogare, mettersi a confronto paragonan-do le proprie idee, tramite filmati, foto, esperienze e testi-monianze in merito alla realizzazione dei loro sogni come lecase famiglia, il servizio civile, il trasporto disabili ecc..........Inizialmente la giornata si prospettava alquanto frenetica edintensa ma arrivati alla sera del venerdì, i ragazzi si sonoscatenati, non importava da dove venissero, quale generedi accento avessero eravamo diventati un’unico gruppo,una persona sola. Veramente speciale e coinvolgente è sta-ta la veglia fatta in Basilica, subito dopo la cena comunitariain piazza, intensa, travolgente e con un’atmosfera merav-igliosa. Si è notato benissimo l’amore dei giovani verso“Maria”, dal clima di festa e di gioco di un attimo prima, si èpassati ad un atteggiamento di rispetto, di silenzio e di at-tenzione a dir poco meraviglioso. L’organizzazione e la cel-ebrazione della veglia è stata veramente toccante, piena dispiritualità e di fede. Il sabato mattina mentre i ragazzi era-no alle Lodi in Basilica, a noi del gruppo dell’Emilia Romagnaè stato dato il compito di preparare tutto il necessario perorganizzare al meglio e nel più breve tempo possibile il “Grup-po di studio” che si sarebbe tenuto da lì a poco.. Nel pomerig-gio abbiamo partecipato, insieme agli altri gruppi, presso ilPalacongressi, all’incontro che aveva come tema “l’Unital-si, un’esperienza che ti resta dentro...........noi abbiamotrovato aperto”. In questa riunione abbiamo ascoltato es-perienze da parte di giovani provenienti dalla Toscana, dalLazio, dalla Puglia... che tramite filmati, foto, esperienze per-

sonali... ci hanno esposto non soltanto le loro idee per pot-er migliorare l’associazione, ma anche come coinvolgeresempre più giovani nei vari progetti. Certo non è facile real-izzare sogni come ad esempio la nascita di alcune casefamiglia che hanno il compito di aiutare ed assistere queibambini che non hanno più i genitori o che per vari motivinon riescono più ad occuparsene, il trasporto degli anzianio dei bisognosi, ma con la volontà ed alcuni debiti si è rius-citi a dar vita a queste realtà veramente importanti ed utili.Questa riunione non era monotona o pesante come sipotrebbe pensare ma bensì allegra, strutturata non soltantocon temi seri ed inte -ressanti ma anche con battute, cori, canti e balli, eravamodiventati un gruppo unico con una sola voce ed un solo cuore.Il sabato sera dopo la cena, presso il Palacongressi si èsvolta la festa, con tutti i giovani, intenti a ballare, saltare ecantare. Anche il ns. Presidente nazionale è stato coinvoltoin un balletto Salentino. All’interno del Palacongressi c’eraun’atmosfera allegra, frizzante e gioiosa. La terza domenicadi Quaresima è stata a mio dire a dir poco meravigliosa, si

Incontro giovani a LoretoSottosezione di Rimini

di Massimo Montanaro *

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è iniziato con le Lodi mattutine e poi meraviglia delle mera-viglie, quattro barellieri hanno trasportato la statua dellaMadonna dalla Chiesa alla Piazza della Basilica dando in-izio alla processione che da lì ci avrebbe condotti fino alPalacongressi dove si sarebbe celebrata la Santa Messa.Nonostante la pioggia nessuno ha rinunciato ad effettuare ilcammino e l’adorazione alla Madonna, tutti sempre insiemead una voce recitavamo il rosario e cantavamo inni di lode.Eravamo un intero fiume di ragazzi a cui a capo c’era laMadonna, la mamma di tutti noi, la nostra consigliera e lanostra forza. Giunti a destinazione Padre Saverio insieme aidiaconi ed ad altri sacerdoti ha celebrato la messa metten-do in risalto l’amore che la Madonna ha per noi e quell’amore

e quel rapporto speciale che noi abbiamo con Lei. Espe-rienza estremamente positiva in quanto abbiamo appreso chei progetti che noi abbiamo nel nostro cuore per poter aiutarechi ne ha di bisogno sono realmente realizzabili mettendociimpegno, sacrificio e cuore da parte di tutti. Ai giovani del-l’Unitalsi è stato affidato un compito arduo, una sfida stra-ordinaria, costruire percorsi fondati sulla condivisione, dovela parola condividere vuol dire accogliere, aprire il propriocuore agli altri, alle persone in difficoltà, proprio come ha fat-to Gesù nella sua vita. Quindi i giovani devono essere il sup-porto di Dio, sempre e ovunque, non a parole ma con i fat-ti, non solo con lo studio ma con molta pratica.

* Presidente Sottosezione Rimini

Il Pellegrinaggio che faremo a Loreto dal 16 al 19 Set-tembre, segnerà per me il compimento del sessantesimoanno di servizio Unitalsiano. Ho conosciuto questa Asso-

ciazione nel lontano Settembre 1947. Militavo già nelle filedell’Azione Cattolica e questa era un ricco vivaio a cui spes-so si rivolgevano le varie Associazioni per avere un aiuto. Efu così anche quella volta; c’era bisogno di robuste spalleper trasferire in stazione i malati che desideravano parteci-pare al Pellegrinaggio a Loreto; questi erano degenti nellevarie Case di Cura Ortopediche dislocate lungo la rivieraadriatica. La malattia predominante era la tubercolosi osseae una parte della cura era l’immobilizzazione del pazienteche veniva racchiuso in pesanti apparecchi gessati. Le ba-relle che avevamo in uso erano residuati bellici in gran par-te inglesi con telaio in ferro. Fu in quella occasione che in-dossai per la prima volta le bretelle. Ricordo con quanta in-sistenza il Capo Barelliere (così era chiamato il responsabi-le del servizio barellieri) raccomandava di non manovraremai le barelle senza l’uso delle bretelle, quelle dovevano es-sere il nostro strumento di lavoro prima di essere la nostradivisa. Ci diceva: “la forza nei muscoli, la sicurezza nellebretelle”. In stazione, i barellati venivano sistemati nell’ap-posita vettura attrezzata mentre gli altri ammalati e i Pelle-grini venivano indirizzati alle comuni vetture dalle Dame (quel-la volta si chiamavano così). Ognuno aveva già il suo postoassegnato. Per il servizio in treno, fui assegnato alla “barel-lata” e il mio compito era quello di chiudere i finestrini dellavettura all’avvicinarsi delle gallerie e riaprirli subito dopo chesi era oltrepassata la galleria stessa. Era il tempo delle “fu-

mose” locomotive a vapore: il fumo, misto a pulvi-scolo di carbone, in galleria filtrava prepotentementenelle vetture anche con i finestrini ben chiusi e, oltread irritare le vie respiratorie,procurava infiammazionioculari. Ho quindi sperimentato di persona l’estrema

esigenza e serietà di quel servizio che in partenza mi erasembrato di scarsa utilità, adatto proprio per dei principian-ti quali ero io. Il viaggiare assie-me a persone mai viste prima, micoinvolgeva efficacemente; eratempo opportuno per conoscercie familiarizzare, ma il momento dispiritualità più intenso era la pre-ghiera fatta assieme ai barellati .Non mi era mai accaduta primaquesta opportunità ed è stata un’e-sperienza molto positiva. Giunti aLoreto iniziò il lavoro di trasferi-mento dei barellati e di tutti i par-tecipanti, al Palazzo Apostolico delSantuario. Mi ha subito colpito eho apprezzato l’impegno, la se-rietà e la totale disponibilità delPersonale femminile e maschile,gli uni verso gli altri e insieme ver-so le varie necessità dei parteci-panti al Pellegrinaggio. Vivere in-tere giornate in compagnia degliammalati, in un ambiente così ric-co di spiritualità come è il San-tuario, mi è stato di grande aiutospirituale e mi ha sostanzialmen-te aiutato nella scelta e nella im-postazione della mia professione.

Sessant’anni nell’UnitalsiSottosezione di Riminidi Amedeo Brici

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Ho capito che questa non poteva essere un’espe-rienza unica e isolata e ho deciso di aderire all’Unitalsi. L’in-contro nell’intimità della Santa Casa, la Messa degli amma-lati, la toccante processione e la benedizione dei malati colSantissimo, la fiaccolata, riempivano gran parte della gior-nata ma c’era tanto tempo per conversare coi malati, perascoltarli, per accontentarli anche nelle cose più semplici,tempo per prepararli a capire le varie funzioni Religiose,tempo per pregare con loro. Ogni anno si ripeteva l’appun-tamento e così per tanti anni; nuove avventure umane, nuo-ve occasioni per avvicinare ammalati, confortarli, sorreggerlinella quotidiana fatica del soffrire e dell’accettare la scon-volgente realtà del dolore. Dal settembre 1951 ho condivi-so la bella esperienza Lauretana con Anna, la fidanzata chenel 57 è diventata mia moglie; da allora abbiamo semprepartecipato assieme ai Pellegrinaggi. Conseguita la laurea, mi è stato chiesto di prestare serviziocome medico; ho accettato senza entusiasmo questo nuo-vo ruolo perché temevo che il camice bianco creasse unaprofonda distanza fra me e le persone che avvicinavo. Hoconstatato che veramente il rapporto era diverso anche semi impegnavo di annullare queste distanze; anche quando

deponevo il camice, avver-tivo che non c’era più quel-la spontaneità dell’incontro,ero sempre “il dottore”, nonero più alla pari come quan-do indossavo le bretelle e diloro mi è rimasta tanta no-stalgia. In questi lunghi an-ni, ho continuato il mio ser-vizio come medico ancheperchè percepivo che que-sta attività mi arricchiva dicose importanti in una formanon comune; soprattutto hoimparato la difficile arte del-l’ascolto. Nelle corsie del-l’Ospedale, dove ho lavora-to per 48 anni, questo nonera proprio possibile; ancheservire il malato in quelleprestazioni che normalmen-te vengono delegate all’As-sistente o all’Infermiere direparto, anche quelli sonomomenti privileggiati in cuiho trovato l’opportunità didare quel che avevo ma

contemporaneamente sentivo di ricevere quella ricchezza didoni che è presente in ogni persona. Dopo il matrimonio, lafamiglia cominciò rapidamente a crescere e parallelamentecrescevano anche le esigenze; anche i pressanti impegniprofessionali ci costrinsero a disertare Loreto per alcuni an-ni; ma appena ci è stato possibile,siamo ritornati, insieme,Avevamo un motivo in più per tornare: dovevamo ringrazia-re la Madonna per la nostra famiglia, per i figli che la Prov-videnza ci aveva affidato e pregarla che li custodisse e liproteggesse. L”abbiamo fatto e continuiamo a farlo assie-me ai nostri ammalati. Nel 1973 abbiamo partecipato,per laprima volta, al Pellegrinaggio a Lourdes. E’ stata un’espe-rienza choccante ed esaltante nello stesso tempo: choc-cante per il senso di smarrimento che abbiamo provato difronte alla grandiosità delle strutture, alla silenziosa mareadi folla che ondeggiava nell’ampio piazzale, allo straordina-rio numero di ammalati e pellegrini di ogni nazionalità. Ab-biamo avvertito il pericolo che il rapporto col malato rischidi essere meno famigliare perchè la persona si perde nelnumero, la troppa efficienza rischia di soffocare l’affettuosavicinanza al malato; anche la necessaria disciplina imposta,rende l’ambiente più freddo , più tecnico, ma meno cordia-le. Esaltante per la solennità delle funzioni religiose, perchèla recita del Rosario in tutte le lingue, ci ha fatto toccare conmano l’universalità della Chiesa; spettacolare la fiaccolatasia se partecipata sia se ammirata dall’alto della Basilica mail momento sublime l’abbiamo gustato quando, liberi dal ser-vizio, abbiamo potuto sostare in raccoglimento davanti allaGrotta; era notte inoltrata, c’era pochissima gente, il profondosilenzio incorniciato dal continuo sciacquio della Gave, ci hafatto veramente sentire in compagnia con Lei; momenti stu-pendi che hanno lasciato in noi la voglia di tornare. E sia-mo tornati altre volte ripetendo questa esperienza che ognivolta ci ha offerto qualcosa di nuovo, straordinariamente ap-pagante. Come la Madonna ha chiesto a Bernardette, sia-mo andati da Lei in processione, abbiano accompagnatotanti ammalati ai Suoi piedi, abbiamo utilizzato il nostro tem-po per pregare con loro, per ascoltarli, per prepararli all’in-tervento della Grazia; ci siamo adoperati perchè crescessela loro fede e la loro serenità, con l’aiuto di tante altre per-sone i cui corpi sono schiacciati dalla stessa croce, i cuicuori sono aperti alla stessa speranza. Forse molte coseche potevamo fare, non sono state realizzate senz’altro qual-che buona occasione è andata sciupata; ci conforta la cer-tezza che anche attraverso il nostro lavoro di Unitalsiani,Dio si è fatto l’Emmanuele, ha incontrato la sofferenza, harafforzato la speranza dell’umanità pellegrina e, per mezzodi Maria ha rivelato,ancora una volta, che Lui ci è accantoe cammina con noi.

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Ci hhanno pprecedutoEssi sono certamente in paradiso e continuano a volerci più bene di prima

LICINIO FERRETTIParma, 9 marzo 2007Lunedì mattina, 12 marzo, tutta la città era presente nel nostro splendido Duomo per dare l’ultimo saluto al carissi-mo Licinio. Familiari, amici, colleghi, collaboratori e tanta gente comune ha partecipato con raccoglimento e com-mozione alla funzione esequiale. Era una figura molto nota in città. Il Sindaco lo ricorda come “una persona atten-ta alla città, un imprenditore di grande sensibilità e di straordinaria fragranza d’animo”. Nel 1969 fonda una azien-da specializzata nella fotogrammetria, la Compagnia generale riprese aeree (Cgr), che successivamente porta aimassimi livelli di qualità in grado di svolgere la sua attività non soltanto in Europa, ma anche in molti paesidell’Africa e del medio oriente. Determinante e tenace è stata la sua attività per far sorgere l’aeroporto G. Verdidella nostra città di cui è stato presidente dal 1996 al 2001 che coincise con un forte sviluppo della nostra struttura.I suoi meriti sono stati riconosciuti con diverse onorificenze, dalla laurea “honoris causa” in geologia nel 2000 alpremio S. Ilario e ad altre onorificenze. Un aspetto della sua ricca personalità meno noto, ma non meno importan-

te, perché sempre velato da discrezione e modestia, era la sua fede solida e aperta, senza ostentazione e senza contorsioni ideologiche, che gli hadato la forza per accettare con serenità la sua lunga malattia e che si toccava con mano nella sua grande sensibilità verso tante iniziative di solida-rietà. Partecipava alla formazione e alle iniziative di Rinascita cristiana. Coltivava un costante impegno verso l’associazione “Parma per gli altri”,verso le Suore della Divina Provvidenza che operano nei paesi più poveri dell’Africa, e per altre iniziative sempre di carattere sociale. In particolarevogliamo sottolineare la sua preziosa presenza ed attività nella nostra Associazione. Con tanta umiltà e discrezione prodigava le sue migliori qualitàdi animo e cuore a servizio dei fratelli sofferenti e bisognosi. Ha partecipato a molti nostri pellegrinaggi sempre con umile e sorridente bontà e congenerosa disponibilità per qualunque esigenza. Era edificante nel vederlo trascinare le carrozzelle mentre sgranava il S. Rosario. Sentita fede filialeera la sua profonda devozione alla Madonna di Lourdes. Con Licinio scompare una persona buona, generosa, umile: certamente una delle miglioridella nostra Associazione. Il modo migliore per ricordarlo e per farlo rivivere tra noi, sarà quello di imitare il suo esempio. (Don Renato)

PAOLO PATINIBologna, 26 marzo 2007In molti abbiamo avuto la fortuna di conoscerti, di apprezzare le tue doti e quel tuo modo distinto e cordiale con ilquale instauravi i rapporti sociali. Un modo ormai inusuale e raro, che metteva subito a proprio agio; dovuto sicu-ramente ad un’educazione innata ma accresciuto dall’appartenenza quasi quarantennale all’Unitalsi, della qualeandavi molto orgoglioso. Il pellegrinaggio Nazionale a Lourdes con gli amici della sottosezione di Imola (anche serisiedevi a Bologna) in compagnia di tua moglie “Mimmi” e successivamente anche di tua nuora Maura, era diven-tato per te un appuntamento troppo importante per potervi rinunciare. La devozione per la Madre Celeste, la dis-ponibilità verso i fratelli bisognosi, il rispetto di certi valori in famiglia come sul lavoro, quel tuo modo di vivere cri-stianamente, avevano fatto di te un esempio da imitare. Per questo ci siamo ritrovati in tanti nella chiesa di S.Gaetano a porgerti l’estremo saluto, ed il nostro Parroco don Luigi Lambertini, nel formulare parole di conforto pertuoi familiari ed amici, non ha mancato di esprimere la sua personale gratitudine e quella di tutta Comunità

Parrocchiale per il bene e la carità che hai praticato, testimoniato anche dalla presenza dello stendardo della nostra Sezione e dal suo Presidente. Hainfine concluso l’omelia con una considerazione, intesa più o meno così: “…durante i pellegrinaggi mariani, hai assistito tanti fratelli impediti, cer-cando di alleviare le sofferenze del lungo viaggio, ora che riposi nella Certosa di Bologna, sarà la B.V. di S. Luca dall’alto del suo colle a custodirti”.Carissimo Paolo, tua moglie Mimmi mi ha confidato che una volta guarito avresti voluto continuare la tua esperienza mettendoti a disposizionedell’Associazione. Purtroppo però, a causa di quei disegni divini, umanamente non sempre comprensibili, il Signore ti ha voluto con sé. Questa tua“trasformazione”, sollecitata dalle nostre preghiere, dovrebbe permetterti comunque di pensare ancora a noi e alla nostra Unitalsi. Perciò ti diciamoGRAZIE, per quello che hai fatto e per quello che continuerai a fare. (Roberto Bevilacqua)

GIUSEPPE ZAMBONINIParma, 1 maggio 2007Caro Giuseppe, Anche se ho visto la tua foto sul quotidiano di Parma come tutti i defunti, non riesco a pensartimorto, ma penso e credo che Tu viva, che continui a vivere. Ho conosciuto di Te la forza interiore che Ti animava esospingeva, una forza vitale, intensa, che superava tutto, che affrontava tutto e nello stesso tempo era estrema-mente delicata, preoccupata di non invadere la sfera personale di ognuno degli altri. Mi sono chiesto a chi somi-gliavi, poi ho capito. Bernadette viveva dell’amore della sua famiglia. Quella era la matrice della quale anche Tu tinutrivi nella lunga e silenziosa quotidianità. Un giorno un problema della tua famiglia Ti sospinse come Bernadettealla Grotta di Massabielle e lì avesti un incontro che cambiò sostanzialmente la tua vita. Anche Tu ritornasti allaGrotta più volte per essere istruito alla vita nuova, all’altro mondo, quello delle Beatitudini, che l’ImmacolataConcezione spalanca e continua a spalancare a coloro che ivi accorrono. E in quel mondo entrasti e sotto la guidadel Bel Pastore cominciasti a entrare e uscire da esso. Da qui il Tuo volontariato presso l’Unitalsi,vissuto come

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un’avventura apostolica, la gioia di testimoniare agli altri l’esistenza dell’altro mondo, la sua bellezza, senza imporre mai alcunché ad alcuno. L’ardoreapostolico che Ti animava non era allargamento del proprio Io, ma preoccupazione urgente di poter condividere la gioia di Dio con gli altri. In questoservizio Ti sei speso completamente con gioia e gratitudine a Colui che ti aveva chiamato a questo servizio. La famiglia, gli amici erano il luogo dovepiù Ti compiacevi di poter condividere questa comunione d’amore, fonte di gioia infinita. Poi Lourdes Ti ha chiamato alla vita ordinaria alla sequeladel Signore. Hai quindi avuto la grazia di vivere in una comunità gesuitica la Comunione d’amore con la SS. Trinità in condivisione con i fratelli. Daquesto grembo d’amore partisti un giorno, come un vero hospitalier, per andare e portare a Nevers alcuni tuoi amici. Lì nacque l’idea di poter orga-nizzare il pellegrinaggio a Nevers, da vivere sotto forma di ritiro spirituale. Poi, improvvisa, dopo una grande gioia, la comparsa della malattia. Ma Tisentivi “raccomandato” perché sentivi costante accanto a Te la presenza di Bernadette. Poi ancora all’improvviso la malattia ripartì e questa voltaBernadette Ti accompagnò a salire sulla croce con Gesù e a condividerla con Lui. Ecco perché credo che Tu adesso viva e credo anche che conti-nui il Tuo servizio apostolico, dal quale speriamo di continuare ancora a essere beneficiati. Ciao Zambo. (Francesco Mineo)

FINANZIARIA 2007:NOVITÀ PER GLI INVALIDI CIVILI E LE LORO FAMIGLIE.

La legge finanziaria, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 27 dicem-bre 2006, prevede le seguenti novità riguardanti la categoria degli invalidi ele loro famiglie.

1. Detrazioni per carichi di famiglia. Modificando il sistema, precedentemente in vigore, delle deduzioni per carichi di famiglia, la nuova leggeprevede la detrazione delle somme spettanti per le persone a carico.2. Detrazioni per spese di assistenza personale (badanti), Se il reddito complessivo del contribuente non supera i 40.000 euro, spetta ladetrazione del 19% della spesa sostenuta per gli addetti all’assistenza personale nei casi di non autosufficienza nel compimento degli attidella vita quotidiana.3. Detrazione per la spesa sanitaria, Ai fini della detrazione della spesa sanitaria relativa all’acquisto di medicinali, occorre la certificazionesullo scontrino fiscale della natura, qualità e quantità dei prodotti acquistati con la indicazione del codice fiscale del destinatario.4. Ristrutturazioni edilizie, Sono prorogate fino a tutto il 2007 le agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni edilizie, nella misura del 36% dellaspesa sostenuta nel limite massimo di 48.000 euro per unità immobiliare.5. Agevolazioni tributarie per l’acquisto di autoveicoli, Le agevolazioni tributarie e di altra natura relative agli autoveicoli utilizzati per la loco-mozione di soggetti handicappati, con ridotte o impedite capacità motorie, sono riconosciute a condizione che gli autoveicoli siano utilizzatiin via esclusiva o prevalente a beneficio dei soggetti stessi.6. Fondo per le non autosufficienze, Al fine di garantire l’attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da garantire su tutto il territorio nazionale con riguardo allepersone non autosufficienti, è istituito presso il Ministero della solidarietà sociale un fondo denominato “Fondo per le non autosufficienze”, alquale è assegnata la somma di 100 milioni di curo per l’anno 2007 e di 200 milioni di curo per ciascuno degli anni 2008 e 2009.7. Permessi non retribuiti, Il quinto comma dell’articolo 42 del D.L. 26/03/ 2001, n. 151, prevede, il diritto a un congedo straordinario di dueanni (continuativi o frazionati) in favore di uno dei genitori che debba assistere un figlio handicappato in situazione di gravità. Del congedopuò fruire un fratello o una sorella conviventi in caso di scomparsa di entrambi i genitori o di loro impossibilità fisica o psichica di prestareassistenza al figlio handicappato. Con riferimento al suddetto articolo, la legge finanziaria aggiunge, alla fine del comma citato, il seguenteperiodo: “I soggetti che usufruiscono dei permessi di cui al presente comma per un periodo continuativo non superiore a sei mesi hanno dirit-to ad usufruire di permessi non retribuiti in misura pari al numero dei giorni di congedo ordinario che avrebbero maturato nello stesso arcodi tempo lavorativo, senza riconoscimento del diritto a contribuzione figurativa”.8. Fondo per finalità sociali, Il fondo, nel limite di 100 milioni annui, sarà utilizzato anche al finanziamento di interventi di carattere sociale daparte dei Comuni a favore di persone economicamente disagiate, anziani e disabili.9. Fondo per l’abbattimento delle barriere architettoniche, Al fine di incentivare l’abbattimento delle barriere architettoniche negli esercizicommerciali, è istituito un fondo con una dotazione di 5 milioni di euro destinato all’erogazione di contributi ai gestori di attività commercialiper le spese documentate e documentabili sostenute entro il 31 dicembre 2007 per l’eliminazione delle barriere architettoniche nei localiaperti al pubblico.10. Flessibilità dell’orario di lavoro, La legge prevede interventi ed azioni finalizzati a favorire la sostituzione, il reinserimento, l’articolazionedella prestazione lavorativa e la formazione dei lavoratori con figli minori o disabili a carico, ovvero con anziani non autosufficienti e carico.11. Imposta di succession, La legge stabilisce che se il beneficiario del trasferimento è una persona handicappata in situazione di gravitàl’imposta si applica esclusivamente sulla parte del valore della quota o del legato che supera l’ammontare di 1.500.000 euro.La disposizione si applica alle successioni apertesi a decorrere dal 3 ottobre 2006, nonchè agli atti pubblici formati, agli atti a titolo gratuitofatti, alle scritture private autenticate e alle scritture non autenticate presentate per la registrazione alla data del 1° gennaio 2007, data dientrata in vigore della legge finanziaria.12. Promozione e sviluppo pratica sportive, Allo scopo di incrementare la promozione e lo sviluppo della pratica sportiva di base e agonisti-ca dei disabili, il contributo al Comitato italiano paralimpico è incrementato di 2.500.000 euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008. Tale con-tributo sarà elevato a 3.000.000 di euro per l’anno 2009.

Info utiliCiò che potrebbe servire

raccolte da Gianfranco Cammi

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Preghiera al redentoreSolennità del Corpus Domini, Venezia 1985

di S.S. Giovanni Paolo II

Signore Gesù,siamo qui raccolti davanti a te: il successore del tuo apostolo Pietro e la Chiesa che tu hai raccolto in questa cittàdi Venezia. Tu sei il Figlio di Dio fatto uomo, da noi crocifisso e dal Padre risuscitato. Tu, il vivente, realmentepresente in mezzo a noi. Tu, la via, la verità e la vita. Tu, che solo hai parole di vita eterna. Tu, l’unico fonda-mento della nostra salvezza e l’unico nome da invocare per avere speranza. Tu, l’immagine del Padre e il dona-tore dello Spirito. Tu, l’amore: ’amore non amato! Signore Gesù, noi crediamo in te, ti adoriamo, ti amiamo con tutto il nostro cuore, e proclamiamo il tuo nomeal di sopra di ogni altro nome. In questo momento, grande e solenne, noi preghiamo per questa città e per il suoterritorio. Guardala, o Cristo, dalla tua croce e salvala. Guarda i poveri, gli ammalati, gli anziani, gli emargina-ti, i giovani e le ragazze che hanno imboccato strade disperate, tante famiglie in difficoltà e colpite dalla dis-grazia e dai disagi sociali. Guarda e abbi pietà! Guarda coloro che non sanno più credere nel Padre che sta nei cieli e non ne percepiscono più la tenerezza, colo-ro che non riescono a leggere nel tuo volto, o Crocifisso, il loro dolore, la loro povertà e le loro angosce. Guardaquanti giacciono nel peccato, lontano da te, che sei la sorgente d’acqua viva: l’unico che disseti e plachi il desi-derio e l’ansia irrequieta del cuore umano. Guardali e abbi pietà.Benedici questa città e il suo territorio: da Venezia alle isole, da Caorle a Mira. Benedici Mestre e Marghera, conle fabbriche e il porto. Benedici tutti i lavoratori che nella quotidiana fatica provvedono alle necessità dellafamiglia e al progresso della società. Benedici i giovani, perché non si spenga mai nel loro cuore la speranzad’un mondo migliore, e la volontà di spendersi generosamente per edificarlo.Benedici coloro che ci governano, perché siano operatori di giustizia e di pace. Benedici i sacerdoti che guidanole comunità, i religiosi e le religiose. Benedici il seminario e dona a questa Chiesa giovani e ragazze generosi,disposti ad accogliere la chiamata al dono totale di sé nel servizio del Vangelo e dei fratelli.Dona, o Signore Gesù, a questa Chiesa di essere confermata nella fede del Battesimo, perché abbia la gioia dellaverità, unica strada che porta alla vita! Donale la grazia della riconciliazione che sgorga dal tuo costato squar-ciato, o Crocifisso: perché, riconciliata e unita, possa diventare forza che supera le divisioni, lievito di una men-talità nuova di solidarietà e di condivisione, vivente invito a seguire te che ti sei fatto fratello di tutti.Donale infine di essere una Chiesa messaggera di speranza per tutti gli uomini, perché da questa testimonianzadi speranza tutti si sentano stimolati a impegnarsi, lavorando per un mondo più solidale e pacifico conformealla volontà del Padre tuo, il nostro Creatore.Signore Gesù, donaci la pace, tu che sei la pace e nella tua croce hai vinto ogni divisione. E fa’ di noi veri ope-ratori di pace e di giustizia: uomini e donne che si impegnano a costruire un mondo più giusto, più solidale e piùfraterno.Signore Gesù, ritorna in mezzo a noi e rendici vigilanti nell’attesa della tua venuta. Amen.