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TRIANGOLO ROSSO Giornale a cura dell’Associazione nazionale ex deportati politici Nuova serie - anno XX N. 3 dicembre 2000 Sped. in abb. post. Art. 2 com. 20/c legge 662/96 - Filiale di Milano IT Condannato all’ergastolo il boia del lager di Bolzano Oggi come sessant’anni fa la Spagna nel nostro cuore Dalla guerra civile ai lager nazisti da pagina 44 Nell’armadio della vergogna 695 fascicoli occultati Stragi nazifasciste “Misha” era fuggito in Canada TESTIMONI DEL ’900 L’architetto Belgiojoso: un “principe” a Mauthausen da pagina 14 Presenti come parti civili l’Aned, l’Anpi, il Comune di Bolzano e la Comunità ebraica di Merano – Chiesta l’estradizione del criminale che vive indisturbato a Vancouver da oltre 40 anni - Profonda emo- zione nell’opinione pubblica canadese. (da pagina 4) Lo scandalo della Procura generale militare. Un appello unitario di Aned, Anpi e Fiap con la richiesta di rendere noti tutti i documenti. (da pagina 8)

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TRIANGOLOROSSO

Giornale a cura dell’Associazionenazionale ex deportati politiciNuova serie - anno XXN. 3 dicembre 2000Sped. in abb. post. Art. 2 com. 20/clegge 662/96 - Filiale di Milano

IT

Condannatoall’ergastolo il boiadel lager di Bolzano

Oggi comesessant’anni fala Spagna nelnostro cuoreDalla guerra civileai lager nazistida pagina 44

Nell’armadio dellavergogna 695fascicoli occultati

Stragi nazifasciste“Misha” era fuggito in Canada

TESTIMONI DEL ’900

L’architettoBelgiojoso:un “principe”a Mauthausenda pagina 14

Presenti come parti civili l’Aned, l’Anpi, il Comune di Bolzano e laComunità ebraica di Merano – Chiesta l’estradizione del criminaleche vive indisturbato a Vancouver da oltre 40 anni - Profonda emo-zione nell’opinione pubblica canadese. (da pagina 4)

Lo scandalo della Procura generale militare.Un appello unitario di Aned, Anpi e Fiap con la richiesta di renderenoti tutti i documenti.

(da pagina 8)

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Questo numeroIT

Le immagini di Triangolo RossoLe fotografie dell’intervista all’architetto Lodovico Barbiano di Belgiojoso provengono dall’archivio personale dello stesso;quelle della Spagna, di Pietro Ramella, dalle carte private di Onorina e Giovanni Pesce, Milano. Il servizio sulla Spagna dipagina 44 è corredato di fotografie di Robert Capa dal libro “Heart of Spain”, Museo Nazionale “Centro d’Arte Regina Sofia”,Madrid); quelle delle stragi naziste dal Fondo fotografico di “Triangolo Rosso”; quelle del processo di Verona dal sito in-ternet dell’Aned.

Triangolo Rosso

Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici nei campi nazisti Una copia lire 5.000. Abbonamento lire 20.000via Bagutta 12 - 20121 Milano.Tel. 0276006449 - Fax 0276020637.E - mail: [email protected]

Direttore: Gianfranco Maris

Ufficio di presidenza dell’Aned Gianfranco Maris (presidente)Bruno Vasari Bianca PaganiniDario SegreItalo Tibaldi Miuccia Gigante

Comitato di redazioneGiorgio BanaliEnnio ElenaBruno EnriottiFranco GiannantoniIbio Paolucci (coordinatore)Pietro Ramella

Redazione di RomaAldo Pavia

Collaborazione editorialeFranco MalagutiMaria Rosa TorriMarco MicciMonica PozziFrancesca GalofaroLidia Rava

Numero chiuso in redazione il 15 dicembre 2000Registr. Tribunale di Milano n. 39,del 6 febbraio 1974.

Stampato da:

Via Picasso, Corbetta - Milano

Pag 3 Il dovere della memoriaPag 4 Condannato all’ergastolo il boia del lager di BolzanoPag 5 Ma i crimini nazifascisti sono tuttora impunitiPag 6 Torture, uccisioni, stupri: ogni giorno un criminePag 8 Nell’“armadio della vergogna” 695 fascicoli occultatiPag 10 Taviani: il silenzio su Cefalonia fu il prezzo della guerra freddaPag 14 Un “principe” a MauthausenPag 20 Giorno per giorno

Bombardò Guernica. Il Quirinale lo premiaLa Resistenza: cacciata dalla porta rientra dalla finestraStorace-Starace censura la storia

Pag 22 Ha dedicato la sua vita a raccontare lo sterminioPag 24 586.000 contatti in un anno nel sito Internet dell’Associazione

ex deportatiPag 26 I nostri ragazzi

Dal Friuli ad Auschwitz nel nome della memoria“Abbiamo raccontato la nostra esperienza”“Camminare accanto a quei binari”La Risiera di San Sabba e…… le carceri “Nuove” nella storia del ‘900… poi una scritta in russo sul muro:“Dio, se ci sei dovrai chiedermi perdono”No al razzismo in ogni sua formaIl sangue scorreva, i forni ardevano: tutto questo era DachauLa parola d’ordine“In questo paradiso c’è stato l’inferno”

Pag 36 La terra dei lager per onorare i 2024 caduti del LysPag 38 55 anni dopo. Da tutta Europa per celebrare

la liberazione dei campi Tra i duecento c’era chi tornava per la prima volta al campoTante le corone ma brillava l’assenza italianaLa “seconda” generazione nel Comitato internazionaleTre giorni con “dentro” mezzo secolo di memoria

Pag 42 I nostri luttiPag 44 Oggi come sessant’anni fa la Spagna nel nostro cuore

Dalla guerra civile ai lager nazistiLe figure di maggior spicco dei combattenti spagnolideportati in Germania

Pag 52 Biblioteca

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Lo storico inglese Jan Kershaw, pre-sentando il proprio libro su Hitleralla Fiera di Francoforte, alla do-

manda se non fosse arrivato il momentodi chiudere con il capo del nazismo, harisposto: “No. La figura del dittatore con-tinua ancora a produrre conseguenze,penso per esempio ai movimenti neona-zisti”. Nella sua monumentale biografia,Kershaw, fra i molti altri meriti, ha an-che quello di rendere noti documenti dalui scoperti che provano come Hitler fos-se del tutto consapevole della soluzionefinale molto prima dell’ottobre del 1943:“Il genocidio non è un effetto collatera-le della guerra.

L’eliminazione degli ebrei è statal’idea-guida di tutta la sua car-riera, fin da quando, nel 1918,

sconvolto dalla capitolazione tedesca, at-tribuiva la rovina della patria agli ebrei,ugualmente rappresentati dai due siste-mi nemici del popolo germanico, il ca-pitalismo occidentale e il regime sovieti-co. Un’osservazione addirittura ovvia, sidirà”. Il genocidio del popolo ebreo nonsarebbe stato possibile senza l’assensodel Fuhrer. E tuttavia questa elementare verità vie-ne contestata da taluni storici per il fat-to che mancherebbero documenti ufficia-li firmati da Adolfo Hitler, ordinanti ilmassacro. Come se Himmler, il più gran-de macellaio della storia, ne avesse avu-to bisogno. Pure, persino un eminente sto-rico di formazione marxista come EricHobsbwam, ha sostenuto che in assenzadi una documentazione precisa bisognaandare cauti.

Bene, ora Kershaw questi documentili ha trovati e li ha esposti nel suolibro.

Speriamo, dunque, che un tale dibattitodal sapore lievemente grottesco abbia fi-ne una volta per sempre. Certo, i carne-fici nazisti assieme alle loro vittime avreb-bero voluto far sparire anche le prove deiloro crimini. Da qui il “dovere della me-moria”. Annette Wieviorka, nel suo bellissimo li-

cosa di tutto ciò al popolo tedesco. Iocredo che sia meglio se noi - noi tutti -assumiamo questo compito per il nostropopolo, se assumiamo la responsabilità(la responsabilità di un atto, non solo diun’idea) portando questo segreto con noinella tomba”.

Per fortuna le orde di Hitler sonostate sconfitte. I loro orrendi cri-mini sono stati ampiamente docu-

mentati. I lager nazisti furono trasformatiin immensi cimiteri, ma qualcuno, per te-stimoniare, è sopravvissuto. I liberatori - sovietici, inglesi, america-ni - hanno filmato gli orrori dei campidella morte. Sterminata è la documenta-zione sui crimini nazisti. Nonostante ciòesistono tuttora sostenitori di correnti sto-riche cosiddette “revisioniste” e “nega-zioniste”. I “negazionisti” sostengono che quelladelle camere a gas è una storia inventa-ta dai comunisti e dagli ebrei.I “revisionisti” non arrivano a tanto, matendono a minimizzare, a ridurre il tuttoad inevitabili incidenti nel corso di unaguerra. Primo Levi era ossessionato daltimore che, scomparsi gli ultimi testimo-ni, potessero prevalere le tesi negazioni-ste.

Da qui il sempre attuale obbligodi non abbassare la guardia.“Triangolo rosso”, sin dalla na-

scita, ha per scopo quello di mantenereviva la memoria di quei crimini. Da questo numero la nostra rivista pub-blicherà interviste con uomini e donneche sono stati testimoni importanti del-le vicende di questo secolo. Cominciamo con Lodovico Barbiano diBelgiojoso, uno dei maggiori architettidel nostro tempo, che, reduce dall’in-ferno di Mauthausen, ha felicemente rag-giunto il traguardo dei novant’anni. È questo un nostro contributo per ren-dere operante il “dovere della memo-ria”, nella convinzione che un popoloche se ne priva rischia di essere con-dannato a ripetere gli errori e gli orro-ri del passato.

bro “L’era del testimone” (RaffaeleCortina Editore), riporta ciò che IgnacySchiper, assassinato a Majdanek, confidòun giorno ad Alexandre Donat: “[...] tut-to dipende da coloro che trasmetterannoil nostro testamento alle future genera-zioni, da coloro che scriveranno la sto-ria della nostra epoca. La storia vienescritta dai vincitori. Tutto ciò che sap-piamo dei popoli assassinati è ciò che iloro assassini hanno voluto far sapere.Se i nostri assassini vinceranno, se sa-ranno loro a scrivere la storia di questaguerra, allora il nostro sterminio saràpresentato come una delle più belle pa-gine della storia mondiale, e le future ge-nerazioni renderanno omaggio al corag-gio di questi crociati. Ogni loro parolasarà una parola di Vangelo. Essi possono anche decidere di cancel-larci dalla memoria del mondo, come senon fossimo mai esistiti, come se non cifossero mai stati un ebraismo polacco, ilghetto di Varsavia, Majdanek”.

Queste riflessioni - osserva l’au-trice del libro - sono contestualiai discorsi del capo delle SS.

Sentite ciò che Himmler affermò a Posenil 6 ottobre 1943 in un discorso di fron-te ai Reichsleiter e ai Gauleiter: “Vi chie-do soltanto di ascoltare ma non di fareparola su quanto sto dicendo in questacerchia. Ci si pose la domanda: che nefacciamo delle donne e dei bambini? Anchein questo caso, mi decisi per una solu-zione chiara. Non ritenni giusto stermi-nare gli uomini - diciamo, ucciderli e far-li uccidere - e lasciare crescere i bambi-ni che potranno vendicarsi sui nostri fi-gli e nipoti. Così, si dovette prendere ladifficile decisione di far scomparire que-sto popolo dalla terra [...] La questioneebraica sarà regolata entro la fine di que-st’anno nei territori da noi occupati. Delpopolo ebraico rimarrà soltanto qualcheresto, tra coloro che hanno trovato rifu-gio [...] Ora siete al corrente, e tenetequesto per voi. In un lontano futuro po-tremo forse porci il problema se dire qual-

Il dovere della memoria

ITdi Ibio Paolucci

Il processo al Tribunale militare di Verona

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Condannato all’ergastolo il boiadel lager di BolzanoPresenti come parti civili l’Aned, l’Anpi, il Comune di Bolzano e la Comunità ebraica di Merano - Chiesta l’estradizione del criminaleche vive indisturbato a Vancouver da oltre 40 anni - Profonda emozionenell’opinione pubblica canadese

Alla fine gli hanno dato l’er-gastolo. Michael Seifert, ilterribile “Misha” del campodi Bolzano, lo stesso che conl’inseparabile amico OttoSein perseguitò, torturò e uc-cise i detenuti delle celle delcampo per mesi e mesi, do-vrà ora impegnarsi in una dif-ficile guerra giudiziaria sevorrà evitare l’estradizionedal Canada – paese nel qua-le vive dal 1951 – e la de-tenzione nel nostro paese.La fase conclusiva del pro-cesso – iniziato nel giugnoscorso – si è svolta con gran-de intensità nella settimanadal 20 al 24 novembre.L’Aned, l’Anpi, il Comunedi Bolzano e la Comunitàebraica di Merano si eranocostituiti parti civili (l’Anede l’Anpi erano rappresenta-te dal presidente della nostraassociazione, avv. GianfrancoMaris, e dall’avv. SandroCanestrini).Davanti al Tribunale milita-re di Verona presieduto daGiovanni Pagliarulo sono sfi-lati una ventina di testimo-ni, in grandissima maggio-ranza superstiti del campo.Uno dopo l’altro, chi conqualche incertezza, chi consicurezza, hanno raccontato

i delitti orribili di cui sonostati testimoni tra l’estate del’44 e la fine di aprile del ’45.Molti hanno riconosciuto nel-la foto del ’44 che è statamostrata in aula l’aguzzinoche tante vittime ha mietutoallora.Alla fine del dibattimento ilcumulo delle prove e delletestimonianze prodotte in tri-bunale è risultato tale cheagli stessi avvocati difenso-ri non è rimasto che chiede-re la concessione delle atte-nuanti generiche. Era così giovane, hanno det-to i difensori, tanto lontanoda casa, c’era la guerra e poiera spaventato dai superiori(ufficiali delle SS non certoindulgenti), anche per via dicerte mancanze di cui lui el’amico Otto Sein si eranoresi responsabili (allusioneallo stupro di una ragazza aBolzano, che costò a entrambiqualche tempo di detenzio-ne nelle stesse celle del cam-po). E poi che risulti, in tut-ti questi 55 anni non ha piùcommesso alcun reato. In fondo – ha ricordato infi-ne l’avvocato Massimo Ruffo– anche ad Albino Cologna,un italiano che era diretto su-periore delle due giovanissi-

di Dario Venegoni

Misha oggi nel giardino della sua casa a Vancouver. In basso, la lettura della sentenza al Tribunale di Verona.

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me SS, entrambe ventenni –al termine del processo al qua-le fu sottoposto nell’imme-diato dopoguerra furono da-ti 30 anni di carcere, e nonl’ergastolo. “Certo questa di-fesa – ha ammesso l’avvoca-to Ruffo – non può chiederel’assoluzione dell’imputato.Una richiesta che apparireb-be... addirittura delittuosa, eripugnerebbe alla mia co-scienza di fronte ai criminicommessi dal Seifert allora”.Parole pesanti e gravi, comesi vede, che non hanno im-pedito al difensore di chie-dere il riconoscimento delleattenuanti. Il senso della tesi sostenutadella difesa era trasparente:essendo trascorsi dai fatti ol-tre 55 anni, qualunque altracondanna che non fosse sta-ta quella del carcere a vita sa-rebbe caduta in prescrizione.E Michael Seifert avrebbe po-tuto continuare a circolare inpace a Vancouver, come unpensionato qualsiasi che va amessa – come effettivamen-te fa – tutte le domeniche dabravo parrocchiano. Il tribu-nale non ha accolto questa te-si, riconoscendo al contrario,semmai, delle forti aggravanti.Nei delitti di cui l’ex “Misha”di Bolzano era accusato c’e-ra il segno inequivocabile diun particolare impegno, di un

Ma i crimini nazifascisti sono tuttora impuniti

Il Tribunale militare di Verona ha rite-nuto il caporale delle SS MichaelSeifert, operante, durante l’occupazio-

ne tedesca, nel campo di concentramentodi Griez in Bolzano, responsabile dell’o-micidio, con premeditazione, crudeltà esevizie, di nove internati in quel campo,condannandolo alla pena dell’ergastolo. L’istruttoria del Procuratore militareCostantini è stata diligente ed appassio-nata e l’opera di giustizia del Tribunalesollecita e corretta. E, tuttavia, le vicende della criminalitànazista e fascista (essendo i detenuti as-sassinati internati anche ad opera dei“collaboratori” di Salò, i quali consegna-vano alle truppe di occupazione tedeschele proprie vittime per il “trattamento direpressione”) restano del tutto impunite.

Di tutti i crimini commessi in quelperiodo dai nazisti e dai fascisti in Italia soltanto alcuni sono ap-

prodati alla punizione, con una sentenzadi condanna: quelli commessi da TheoSaevecke in Milano il 10 agosto 1944 e quelli commessi in Liguria da Hengel(Tribunale militare di Torino, sentenze del 1999) e quelli commessi da MichaelSeifert in Griez di Bolzano (Tribunale mi-litare di Verona, sentenza del 2000). Su tutti gli altri crimini, con almeno 15mi-la vittime, bambini, donne e vecchi, citta-dini inermi del tutto estranei alla guerradi liberazione, è caduto il silenzio, anchese i nomi dei responsabili furono consa-crati in atti puntuali di indagine giudizia-ria, da parte delle truppe inglesi ed ame-ricane.

I tre processi celebrati nel 1999 e nel2000 avanti i Tribunali militari diTorino e di Verona provano che i cri-

mini di guerra, dapprima colposamenteabbandonati senza indagini negli archividella Procura Generale militare delRegno, furono poi colposamente sottopostia “sospensione dell’istruttoria” dalleProcure militari della Repubblica a far

“ “... e nel 2000

Misha nel 1944

tempo dal 26 gennaio 1959. Nel fascicolo del processo di Verona tro-viamo la traccia del misfatto: la relazionesui crimini di Bolzano trasmessa allaProcura Generale militare dal ministrodella Guerra il 27 aprile 1946, l’instaura-zione del procedimento contro il tenenteTito, il maresciallo Haage, l’SS MichaelSeifert e Otto Sain, il soldato Calogna, gliausiliari Hilde Loscher e Paola Plattner eHans Majersrki, l’ordine di provvisoriaarchiviazione degli atti da parte delProcuratore Generale Enrico Santacroce,l’esecuzione dell’ordine di sospensionedell’istruttoria da parte delle Procure edei Giudici istruttori militari nel gennaio1959.

Nel fascicolo del processo diVerona, purtroppo, troviamo trac-cia anche dell’archiviazione di

due procedimenti aperti per omicidi pluri-mi nei confronti di Karl Friedrick Titho,comandante del lager di Bolzano (procu-ratore capo Schacht, Dortmund 29/9/1998e Giudice delle indagini preliminari delTribunale militare di Verona 15/3/1999). Sappiamo inoltre, che anche il procurato-re militare del Tribunale di La Spezia hachiesto l’archiviazione per un procedimen-to a carico di Karl Friedrick Titho, sem-pre per omicidi plurimi, quale comandan-te del lager di Fossoli.

Questa situazione non può esseretollerata, per lo scempio che indu-ce nella conoscenza della verità

storica dell’occupazione tedesca del no-stro Paese e della collaborazione fascistacon i tedeschi occupanti. L’Aned, l’Anpi e la Fiap si sono impegna-te, per contrastare un tale esito, a pubbli-care tutti gli atti di tutti i processi som-mersi e non salvati, che debbono comun-que vedere la luce, anche se i processinon potranno più essere celebrati, perconsentire finalmente agli italiani di averememorie che li uniscano.

Gianfranco Maris

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Torture, uc

gusto sadico nel torturare, nelviolentare, nell’uccidere conspaventosa lentezza, impo-nendo a vittime inermi ine-narrabili sofferenze. E la Cortene ha tenuto conto nella sen-tenza. A oltre 55 anni dalla fine del-la guerra la giustizia ha com-piuto un piccolo ma storicopasso avanti. Un processo che si era cer-cato di insabbiare 40 anni fasi è svolto, e un criminale diguerra ha avuto la condannache si meritava. Il Pm Bartolomeo Costantiniha fatto in pochi mesi ciò chealtri inquirenti colpevolmen-te non avevano voluto fare neidecenni scorsi. Ben 18 su-perstiti, sui 24 convocati aVerona, sono riusciti a pre-senziare di persona al pro-cesso e a testimoniare. Testimonianze di peso e divalore processuale diverso,ma di identico significato: per4 giorni a Verona è stato ri-costruito il clima insopporta-bile delle famigerate “celle”,le prigioni di Bolzano. E un lager certamente trop-po poco conosciuto è torna-to alla luce con tutti i suoiorrori, con le torture, le ves-sazioni, le privazioni alle qua-li i deportati furono sottopo-sti. “Adesso posso morire inpace”, ha detto al termine del-la deposizione Giovanni Boni,uno dei testimoni chiave delprocesso (che a dire la veritànon sembra aver voglia dimorire poi così presto, perfortuna).

Realizzate dalla n

1La sera di un giorno im-precisato del febbraio 1945,

nelle celle d’isolamento dellager, in concorso con ilCologna, con il Sein e con unitaliano rimasto ignoto, por-tava un prigioniero non iden-tificato nel gabinetto e lo tor-turava lungamente anche conil fuoco per indurlo a rivela-re notizie, cagionandone lamorte che sopravveniva la mat-tina del giorno successivo;

2 in un giorno imprecisatoma comunque compreso

fra l’8 gennaio e la fine diaprile 1945, nelle celle d’i-solamento del lager, in con-corso con il Sein uccidevauna giovane prigioniera ebreanon identificata infierendosul suo corpo con colli di bot-tiglie spezzati;

3in un giorno imprecisatoverso la fine del mese di

gennaio 1945, nella cella d’i-solamento posta di fronte aquella contraddistinta dal nu-mero 29, su ordine del Colo-gna e in concorso con il Seinuccideva una prigioniera di17 anni, dopo averla tortura-ta per cinque giorni con con-tinue bastonature e versan-dole addosso secchi d’acquagelida;

4in un giorno imprecisatoma comunque compreso

fra il 20 gennaio ed il 25 mar-zo 1945, nelle celle d’isola-mento del lager, in concorsocon il Sein e il Cologna, uc-cideva un prigioniero nonidentificato che, scoperto asottrarre generi alimentari edi conforto da un magazzi-no, era stato ristretto in cel-la, lasciandolo senza cibo pertre giorni e bastonandolo fi-no a cagionarne la morte;

Condannato all’ergastoloil boia del lager di Bolzano

Ampio risalto sulla stampa locale

I capi di imputazione per chiedere l’ergastolo

ticolare dei casi di violenze edi uccisioni – indicate di se-guito ai punti 1, 2, 3, 4, 10 e13 – avvenute spesso in pre-senza del già citato AlbinoCologna (al quale, essendo su-periore di grado, deve evi-dentemente essere attribuita lamaggiore responsabilità deldelitto).

Il processo di Verona ha avu-to ampio risalto sulla stampalocale. Il “Mattino” e l’“AltoAdige” di Bolzano hanno de-dicato moltissimo spazio al di-battimento, alla requisitoria,alle arringhe e infine alla sen-tenza, riportando anche le net-te posizioni assunte in questoprocesso dal sindaco diBolzano. “La Repubblica”, “laStampa”, la Rai e Radio24hanno dedicato ampi servizial caso, ma in generale i mez-zi di informazione italiani sisono dimostrati assai insensi-bili, anche di fronte alla dram-maticità dei racconti dei te-stimoni e alla gravità della con-danna inflitta al Seifert. Percontro il processo è stato se-guito dalla prima all’ultimaudienza da Rick Ouston, in-viato del “Vancouver Sun”, ilmaggiore giornale della cittànella quale l’ex SS vive dal1951. Il giornale, da noi in-terpellato, ha subito dedicatoalla vicenda grande risalto, de-stando grande scalpore nel-l’opinione pubblica canadesecon le sue rivelazioni (la no-tizia del processo ha fatto sa-lire le vendite fino a quasi400.000 copie). Anche in que-

sto modo si è rapidamentecreato un movimento d’opi-nione – di cui parte essenzia-le è il Congresso nazionaleebraico del Canada – a favo-re di una rapida estradizionedel criminale di guerra versoil nostro paese. Per parte sua,l’Aned ha realizzato – consa-pevole di affrontare un gra-voso impegno – la ripresa in-tegrale di tutto il processo, cheè stato filmato e registrato. Il progetto è quello di con-servare le registrazioni comedocumento storico per il fu-turo, e di produrre un film chesintetizzi queste storiche 5 gior-nate a Verona; un film da fa-re circolare nelle scuole e daproporre alle tv, per fare co-noscere la dura realtà di que-sto campo. Anche il nostro sito Internet– che nei giorni del processoha fatto registrare un recordassoluto di contatti – sarà im-pegnato in questo sforzo didocumentazione: il nostro pro-getto è quello di pubblicaretutti gli atti del processo, co-me fondamento anche per ilfuturo della memoria di ciòche fu questo campo troppopresto dimenticato.

Dei 15 capi di imputazionecontestati all’ex SS, 9 sonostati giudicati dal Tribunalemilitare di Verona sufficientiper meritare al Seifert il car-cere a vita. “Misha è stato in-vece assolto dalle altre 6 im-putazioni, che sono sembrateai giudici non sufficientementedimostrate. Si trattava in par-

... e nel 2000

Misha nel 1944

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mo aprile (Pasqua) 1945, inconcorso con il Sein, nellecelle di isolamento del lager,dopo aver inflitto violentebastonature al giovane pri-gioniero Pezzutti Bartolo, louccideva squarciandogli ilventre con un oggetto ta-gliente;

8nel marzo 1945, in con-corso con Sein, Cologna

ed altri militari tedeschi nonidentificati, sul piazzale dellager uccideva con pugni ecalci un prigioniero che ave-va tentato la fuga;

9fra la fine di marzo e l’i-nizio di aprile 1945, sul

piazzale del lager, in concorsocon Sein e Cologna, colpivacon calci due internati nonidentificati e poi li finiva concolpi di arma da fuoco;

lamento del lager, in con-corso con il Sein, uccidevala prigioniera Leoni Giuliain Voghera, ebrea e la figliadi costei Voghera Augusta inMenasse, torturandole percirca due ore, versando loroaddosso acqua gelida e infi-ne strangolandole;

13 il 1° aprile 1945 (gior-no di Pasqua), nelle

celle d’isolamento del lager,in concorso con il Sein, uc-cideva un giovane prigio-niero non identificato dopoaverlo torturato per circa 4ore;

14 in un giorno impreci-sato dei mesi di feb-

braio o marzo 1945, nei lo-cali dell’infermeria del la-ger, in concorso con il Sein,picchiava con un manganel-lo un giovane italiano rima-sto non identificato fino afargli perdere coscienza e lolasciava nell’infermeria do-ve il giovane decedeva perle ferite riportate;

15 in un giorno impreci-sato del dicembre

1944, e comunque poco pri-ma del giorno 25, su ordinedel responsabile della disci-plina maresciallo Hans Haagee agendo in concorso mate-riale con il Sein, sul piaz-zale del lager, dopo aver le-gato alla recinzione del cam-po un prigioniero che avevatentato la fuga, alla presen-za di tutti gli altri prigionierifatti appositamente schiera-re a titolo di ammonizione,lo colpiva selvaggiamente elo lasciava legato alla re-cinzione, cagionandone lamorte che sopraggiungevaentro la mattina del giornosuccessivo.

10fra la fine di marzo el’inizio di aprile 1945,

nelle celle di isolamento dellager, in concorso con il Sein,uccideva un giovane prigio-niero non identificato mas-sacrandolo e poi ne introdu-ceva il cadavere nella cellacompletamente buia nellaquale era ristretta una inter-nata la quale decedeva di lìa poco;

11fra la fine di gennaio eil mese di febbraio

1945, nelle celle di isolamentodel lager, in concorso con ilSein, torturava lungamenteun giovane prigioniero nonidentificato anche con l’infi-largli le dita negli occhi, ca-gionandone la morte;

12fra il 1° e il 15 febbraio1945, nelle celle di iso-

5 in un giorno imprecisatoma comunque compreso

fra il 20 gennaio ed il 25 mar-zo 1945, nelle celle d’isola-mento del lager, in concorsocon il Sein, uccideva un pri-gioniero ebreo di circa 15 an-ni rimasto non identificato,lasciandolo morire di fame;

6fra la fine di febbraio el’inizio di marzo 1945, in

concorso con il Sein, nellecelle di isolamento del lager,da prima usava violenza car-nale nei confronti di una gio-vane donna incinta non me-glio identificata, indi le lan-ciava addosso secchi di ac-qua gelata per convincerla arivelare notizie ed infine lauccideva;

7nella notte tra il 31 mar-zo (Sabato santo) e il pri-

cisioni, stupri: ogni giorno un crimineostra associazione le riprese integrali di tutte le udienze dibattimentali

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Nel numero 1 del gennaio2000 di “Triangolo Rosso”denunciammo la incredibilevicenda dell’“armadio dellavergogna” di Palazzo Cesi diRoma dove da decenni gia-cevano sepolti nella polveree dimenticati dalla giustizia,centinaia e centinaia di fa-scicoli processuali relativi al-le stragi nazifasciste, “archi-viati provvisoriamente” (isti-tuto giuridico inesistente nel-la procedura giudiziaria delnostro Paese), dalla Procuragenerale militare negli annidell’immediato dopoguerra.Uno scandalo che ha permessoa centinaia di aguzzini fasci-sti e tedeschi, responsabilidelle orrende stragi compiu-te fra il 1943 ed il 1945, disalvarsi. Nei loro confronti, tranne ra-rissime eccezioni (le FosseArdeatine, Caiazzo, piazzaleLoreto, la Benedicta eMarzabotto, ma per altre ra-gioni), non arrivarono mai néi processi né tanto meno lecondanne.Perché il silenzio? Perchéistruttorie che avevano giàconcluso il loro cammino,spesso arduo, con i nomi e icognomi dei colpevoli, altiufficiali nazifascisti e sem-plici esecutori, non approda-rono in aula, perché i giudi-ci militari, in nome dellaRepubblica italiana, non po-

terono scavare dentro le stra-gi, denunciare gli orrori e lelogiche criminali, giungendoalle sentenze? Perché si è preferito insab-biare anzi sotterrare denun-ce, inchieste, esposti? La “ra-gion di Stato”. Si affermò al-lora nella tempesta della“guerra fredda” l’interesse po-litico dei governi centristi del-l’epoca, di non sfiorare conil marchio dell’infamia stra-gista il soldato tedesco e laGermania che proprio in queltempo stava attrezzandosi al-l’interno della Nato per fun-gere da poderosa macchinamilitare piazzata contro il co-losso sovietico. Processare econdannare dei criminali, sep-pur delle SS, poteva fare ilgioco di Mosca.Nel numero 3 di “TriangoloRosso” del settembre scorsodocumentammo quella scel-ta politica, pubblicando la cor-rispondenza intercorsa nel1956-1957 fra il ministro de-gli Esteri, il liberale GaetanoMartino e il ministro dellaDifesa, il democristiano par-tigiano Paolo Emilio Taviani.Degli “incidenti” (così eranodefinite dalla Farnesina le stra-gi!!) meglio non parlarne, ave-va suggerito il cautissimo fi-lo-atlantico Martino. Sonod’accordo, aveva risposto ilcattolico Taviani, ribadendodi recente il proprio “orgo-

glio” per quella odiosa scel-ta. Dall’“armadio della vergo-gna” fa sapere Franco Giu-stolisi (“L’Espresso” n. 45 del9 novembre scorso), il primostudioso a prendere visionedel materiale sepolto, il bi-lancio è questo: occultati 695fascicoli istruiti, di cui 280rubricati a carico di ignoti na-zisti e fascisti, 415 a caricodi militari nazifascisti iden-tificati. Centinaia di fascicoli, inol-tre, avrebbero dovuto essereancora avviati. Le accuse vanno dalle vio-lenze, agli omicidi, agli ec-cidi a danno, in prevalenza,di persone estranee ai com-battimenti. Il registro, descritto daGiustolisi, è costituito da 231fogli lunghi 42 centimetri elarghi 30. La prima pagina re-gistra 456 morti. Al numero 1 dei fascicoli, in“bella grafia”, in corsivo, l’a-nonimo cancelliere, al servi-zio del Procuratore generalemilitare Umberto Borsari (al-lora alle dirette dipendenzedell’esecutivo, esemplare ca-so di controllo da parte delgoverno, esattamente quelloche vorrebbe ora il centro-de-stra!!) aveva registrato “l’ec-cidio delle Ardeatine e altrelocalità vicine”. La musica non sarebbe statadiversa con i successori del-l’eccellenza Borsari, ArrigoMirabella ed Enrico Santa-

Lo scandalo della Procura Generale militare sulle stragi nazifasciste

CONOSCERE LA STORIA

croce. Tutto il materiale inbell’ordine in cantina, alme-no fino al 1974 dove l’età me-dia dei catturandi era eleva-tissima e la speranza di tro-varne qualcuno in vita, assaiesile. Nell’armadio c’erano anchei fascicoli degli eccidi tede-schi compiuti all’estero con-tro i soldati italiani nelle gior-nate immediatamente suc-cessive all’armistizio, daKorica, a Lero, Scarpanto,Cefalonia (sì Cefalonia): que-st’ultimo, istruito dalla ma-gistratura romana che era ar-rivata ad indicare nel colon-nello Barge e nel maggioreHirschfeld i presunti colpe-voli, era finito nei bassifon-di di Palazzo Cesi il 22 di-cembre 1951, sempre con lastravagante motivazione del-l’archiviazione a tempo, par-to della fantasia collabora-zionista di magistrati milita-ri al soldo del potere politi-co. Ora un Comitato d’ inda-gine cercherà di stabilire leresponsabilità che dal puntodi vista penale sono perso-nali: chi diede l’ordine ai ma-gistrati della Procura genera-le militare di nascondere tut-to? È auspicabile che un gior-no si possano conoscere i no-mi dei colpevoli. Se possibi-le, al più presto. Anche se l’argomento non pa-re appassionare il mondo po-litico, si tratta di uno dei piùgravi scandali della vita re-pubblicana.

Nell’“armadio della vergogdi Franco Giannantoni

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Rendere noti tutti i documenti sulle stragi dei nazifascisti

Èdi questi giorni la no-tizia che, discutendo-si in Parlamento la leg-

ge per l’istituzione del “Parcoper la pace in memoria del-le vittime del nazifascismo”,promossa per ricordare le 560vittime trucidate da SS e ca-micie nere il 12 agosto 1944in S. Anna di Stazzema, si èscatenata in Parlamento unaodiosa contrapposizione conle vittime delle foibe ed unprofondo contrasto tra dueculture, quella che si riferi-sce, come fondamento dellalegittimità della Repubblica

e della Costituzione, ai va-lori della Resistenza, e quel-la che si richiama alle con-trapposte - con equazione dieguaglianza etica - ragionidei sostenitori della R.S.I.

La copiosa produzione“revisionista”, che al-tro non è che una uti-

lizzazione politica della sto-ria, usata come arma per de-legittimare gli assertori deivalori della Resistenza, è bennota.Ciò ancora non consente aicittadini italiani né memoriené valori uniti, con una dan-nosa mancanza di identità co-mune, che si riflette sula dif-ficoltà di decisioni unitarieper la soluzione dei proble-mi di comune e pubblico in-teresse e fondamentali per lavita della nostra comunità na-zionale.Da tutto ciò deriva, altresì,una obiettiva ed evidente dif-ficoltà anche di proiettarsi,nel contesto europeo, comecomunità che unitariamentesi riconosce nei valoridell’Unione Europea.

È troppo facile e sem-plicistico liquidarequesta situazione con

accuse a carico di chi si col-loca lontano dai valori dellaResistenza di essere reazio-nari se non decisamente fa-scisti.Così liquidando le contrap-posizioni non si risolve il pro-blema della divisione, che re-sta e che diventa sempre più

grave, lasciando che la divi-sione e la contrapposizionepermangano.Il problema può essere risol-to soltanto con l’informazio-ne, con la cultura, come benha compreso, nel recente pas-sato, il ministro della Pubblicaistruzione Luigi Berlinguer,il quale ha compreso che unaferita grave e sanguinante nel-le temperie culturale italianaè sempre stata quella delladiffusa ignoranza della sto-ria del nostro Paese, la piùrecente, quella della guerraultima e della Resistenza; tan-to da indurlo ad introdurre

come programma concreto diinsegnamento nelle scuole levicende della contempora-neità.Nel nostro Paese non sonostati celebrati i processi a ca-rico dei profittatori del regi-me fascista, a carico dei col-laboratori con la R.S.I. e congli occupanti tedeschi e nep-pure sono stati celebrati i pro-cessi a carico dei responsa-bili di crimini fascisti e dicrimini contro l’umanità com-messi durante l’occupazioneda criminali fascisti e tede-schi.Le generazioni si susseguo-no, i nonni muoiono, invec-

chiano i padri, diventano ma-turi gli uomini delle genera-zioni più direttamente impe-gnate nella vita civile delPaese: nessuna memoria piùsopravvive, né familiare néstorica; per cui “tutti i mor-ti diventano uguali”, indi-pendentemente dalle ragionie dalle circostanze della lo-ro morte e da quella che fula loro scelta di vita e tutti ivalori della comunità siconfondono e diventano gri-gi e muti per le coscienze ditutti.È su questa nebbia che si de-ve agire, è questa ignoranza

che deve essere combattuta,è la conoscenza della storiae dei fatti e dei valori per iquali si è combattuto che de-ve essere diffusa.

D i qui la proposta chele Associazioni dell’A-ned, dell’Anpi e del-

la Fiap fanno di realizzareuna iniziativa unitaria, nellaquale siano presenti tutte leforze della Resistenza e del-l’antifascimo e tutte le forzedi sinistra e del lavoro e tut-ti coloro che si riconoscononei valori del passato resi-stenziale, per chiedere, conl’appoggio delle istituzionirappresentative del Paese, de-

gli istituti storici e dei giuri-sti democratici, di pubblica-re tutti gli atti dei processiche sono stati sostanzialmenteistruiti a carico dei respon-sabili di crimini commessidurante l’occupazione tede-sca, segnatamente con ri-guardo ai processi che, oc-cultati colpevolmente pressol’archivio della Procura ge-nerale del Tribunale supremomilitare, sono stati nel 1996portati alla luce dal Consigliosuperiore della magistraturamilitare e sono stati poi in-viati ai Tribunali militaricompetenti per territorio.

D i tali processi soltan-to tre sino ad oggi so-no stati o sono in cor-

so di celebrazione.Per tutti gli altri processi nonvi sarà seguito.Le carte marciranno anzichépresso l’archivio della Procuragenerale presso le Procure deisingoli Tribunali militari.E la memoria resterà seppel-lita con queste carte.Di qui la necessità di unaazione culturale diffusa edunitaria, che ha un grandis-simo valore politico perchéla cultura è radice e funzio-ne della politica e della de-mocrazia, perché la storia delnostro Paese sia conosciutae si realizzino con ciò le con-dizioni per memorie unite uti-li per tutti i cittadini e per lacomunità nella sua dimen-sione collettiva.Milano, 16 novembre 2000

Appello unitario di Aned, Anpi e Fiap

L’Associazione nazionale ex deportati politici nei campidi sterminio nazisti, l’Anpi e la Fiap nelle persone diGianfranco Maris, Arrigo Boldrini e Aldo Aniasi, han-no approvato il seguente documento:

gna” 695 fascicoli occultati

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Taviani: il silenzio su Cefalonia Per la prima volta il senatore a vita, Paolo Emilio Taviani, pre-sidente della Fvl, l’associazione dei partigiani cattolici, ha spie-gato le ragioni che portarono alla sua decisione di far affos-sare l’inchiesta su Cefalonia con il giornalista Franco Giustolisiche ha pubblicato l’intervista sul n. 46 de “l’Espresso” del 16novembre scorso. Era l’ottobre del 1956. La richiesta di met-ter a tacere l’indagine giudiziaria era giunta dall’allora mini-stro degli Esteri, il liberale Gaetano Martino in nome della “ra-gion di Stato”. Il riarmo della Germania in funzione antisovietica era troppoimportante per essere offuscato dalle inchieste di un Paese ami-co come l’Italia. Il soldato tedesco doveva rimanere immuneda processi per gli eccidi del ’43-’45. “Triangolo Rosso” haaffrontato questo capitolo, il più tragico della 2a guerra mon-diale, in cui morirono fucilati barbaramente nell’isola dell’Egeo6.500 uomini della Divisione “Acqui”, sul numero 3 del set-tembre 2000. L’ inchiesta venne accantonata con la incredibile formula del-l’archiviazione “provvisoria” quando erano già stati individuati31 nomi di ufficiali e soldati tedeschi responsabili della stra-ge. Il giudice istruttore militare di Roma, in quella fase, ave-va chiesto che il ministero degli Esteri si attivasse per ottene-re dalla Germania il controllo delle generalità degli indiziati egli indirizzi dei luoghi dove abitavano. Il potere politico or-dinò alla magistratura di fermarsi.

(f.g.)

“Non ordinai alcun altro insabbiamento”

CONOSCERE LA STORIA

Queste le domande di FrancoGiustolisi e le risposte dell’ex ministropubblicate sul settimanale “l’Espresso”

Senatore Taviani, lei il 20 ot-tobre del 1956 scrive a pen-na in calce alla lettera che leè stata inviata: “Concordo pie-namente con il ministroMartino”. Una sigla, sì, mache consentì l’affossamentodella giustizia. Non intendo minimizzare. Ilmio consenso contribuì cer-tamente a creare quella chelei definisce la sepoltura del-

la giustizia. Dire che oggi lorifarei, sarebbe una gratuitaprovocazione. E cercare di fa-re capire che forse in quei mo-menti convulsi non compresiappieno il significato di quel-la decisione, sarebbe comecercare a posteriori delle giu-stificazioni impossibili. La ve-rità è che la guerra fredda im-poneva delle scelte ben pre-cise, anche a costo di...

Anche a costo di seppellire,una seconda volta, i 6.500 sol-dati che si erano valorosa-mente battuti, benché traditida Vittorio Emanuele terzo edai suoi generali?In quei giorni, quando scris-si quella brevissima frase,l’Unione Sovietica stava in-vadendo l’Ungheria con tut-te le ripercussioni che chi havissuto in quel periodo co-nosce bene... Aveva anche ragione Martinoa prevedere che un eventua-le processo per l’orrendo cri-mine di Cefalonia, avrebbecolpito l’opinione pubblicaimpedendo forse per molti an-ni la possibilità per l’eserci-to tedesco di risorgere dalleceneri del nazismo. Io sonostato uno dei precursori del-la necessità del riarmo dellaGermania. Sia ben chiaro chequesto non lo dico ora chevengo chiamato in causa do-po la pubblicazione del car-teggio tra me e Martino: lotestimoniano tanti articoli,tante dichiarazioni sin dal1953”.

Insomma, lei sembra voler di-re che quella decisione, senon le fu quasi strappata, fupresa perlomeno senza im-matura riflessione. Ma lei il 12 febbraio del 1957,nemmeno quattro mesi dopo,a Martino che ribadiva la suaposizione al padre di una del-le vittime, rispondeva: “....Ticomunico che condivido letue valutazioni e l’atteggia-mento del ministero degliEsteri nella questione”. Errare

umanum est, diabolicum per-severare, si poteebbe dire.Non cerco alibi o scusanti, di-co come stanno le cose e aguidarmi sta la ragion di Stato.Quella seconda comunicazionenon era altro che la logica con-ferma di un atteggiamento giàassunto in quel clima di guer-ra fredda.

Questo per quel che riguardaCefalonia. E per gli altri fa-scicoli dei crimini nazifasci-sti, da Sant’Anna di Stazzemaa Barletta, da Fossoli a piaz-zale Loreto chi diede l’ordi-ne di sotterrarli, di nascon-derli? Il Consiglio dellaMagistratura militare che hacondotto l’inchiesta sull’ar-madio della vergogna, non hapotuto accertarlo. Ma ha det-to che l’ordine venne dal mon-do della politica, i Procuratorigenerali militari si limitaronoad eseguire. Ne sa niente?Per carità: la tragedia diCefalonia, orribile, feroce, inu-mana, era stata provocata dal-la guerra, era una coda dellaguerra, un qualcosa che eraavvenuto tra militari. Ben di-verso lo sterminio di civili,bambini, donne, vecchi, uo-mini, gente indifesa, uccisaspesso neanche per rappresa-glia. No, io non detti quel-l’ordine, non l’avrei mai da-to neanche per ragioni diStato”.

Esaminando la documenta-zione del Consiglio dellaMagistratura militare, si do-vrebbe dedurre che a darequell’ordine furono prede-

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cessori suoi e di Martino. Disicuro non furono i compo-nenti dei governi di libera-zione nazionale: quasi sicu-ramente l’armadio della ve-rogna nasce con una dellecompagini successive all’u-scita dei comunisti e dei so-cialisti dalla maggioranza, aseguito dell’intensificarsi del-la guerra fredda. Chi, secon-do lei, dette l’ordine aiProcuratori generali militariUmberto Borsari, ArrigoMirabella ed Enrico Santa-croce?A meno che non abbia unvuoto di memoria, o addirit-tura che l’abbia improvvisa-mente rimossa, non ricordodi aver mai avuto a che farecon questi magistrati... Qualegoverno? Alcide De Gasperiera un antifascista, comeMario Scelba, checché se nedica. Scelba mise alla portal’ambasciatrice Clara BootheLuce quando andò a propor-gli di mettere fuori legge icomunisti. “Mica siamo in una repub-blica sudamericana”, le dis-se. Ma con Scelba andiamotroppo avanti: lui fu presi-dente del Consiglio fra il 1954ed il 1955. La decisione diinsabbiare i crimini nazifa-scisti dovrebbe essere statapresa prima. Torniamo a DeGasperi ma sarei molto sor-preso se emergesse una suaresponsabilità”.

Non potrebbe essere che, co-me è accaduto per Cefalonia,anche per i crimini contro icivili fossero stati i ministri

degli Esteri e della Difesa adecidere?Miei predecessori furonoMario Cingolani, dc, CiprianoFacchinetti, repubblicano eRandolfo Pacciardi, anche luirepubblicano. Cingolani fa-ceva tutto ciò che gli chiede-va De Gasperi che un giornolo giustificò dicendo: “Lui eGiorgio Tupini sono state lepersone che mi sono state piùvicine durante il periodo fa-scista”. Cingolani e Facchinettirimasero alla Difesa per po-chi mesi; poi subentròPacciardi che restò in caricadal maggio del ’48 al lugliodel ’53”.

Lei pensa che Pacciardi...?Io non penso niente. So quel-lo che tutti sanno: era un fe-roce anticomunista. E mini-stro degli Esteri più o menodello stesso periodo fu CarloSforza, anche lui repubblica-no, di comprovata fede atlan-tico-americana.

In quei governi, come sotto-segretario alla presidenza delConsiglio c’era GiulioAndreotti. Lui è uno di quel-li che potrebbe sapere...Su Andreotti non dico niente.

La Commissione Difesa del-la Camera sta istituendo unComitato d’indagine parla-mentare per accertare le re-sponsabilità connesse al-l’affossamento delle respon-sabilità dei nazifascisti. Se ve-nisse chiamato, andrebbe?Certamente. È un mio preci-so dovere.

I nomi dei massacratori

fu il prezzo della guerra fredda

Nr. Registro 2. “Imputati: Tito, Hans Haage, Koenig”. “PartiLese: Gasparotto Leopoldo e altri 65 patrioti. Eccidio diFossoli”. Il 17 luglio 1944 nel campo di smistamento di po-litici ed ebrei di Fossoli di Carpi furono massacrati i pri-gionieri. La motivazione non esiste, secondo alcuni storicipotrebbe essere quella di liberare il campo per la prossimavenuta degli Alleati. Comandante del campo era il tenenteTito che sembra sia stato assolto in istruttoria per mancan-za di testimoni a carico. Si stanno cercando degli ucrainiespatriati in Canada per i quali è stata chiesta l’estradizio-ne, dato che Haage è morto e per Tito, successivamente co-mandante del lager di Gries-Bolzano, la Procura militare diVerona ha chiesto l’archiviazione per insufficienza di ele-menti a suo carico.

Nr. Registro 1940. “Imputati: Engel Siegfried e altri 5 uf-ficiali e sottufficiali SS”. Non sono indicate le parti lese. Levittime di Engel e dei suoi accoliti sono 248. Ma si trattadi una cifra non esatta, forse riduttiva. Alla collina dellaBenedicta in provincia di Alessandria furono fucilate 147persone, in gran parte giovani sfuggiti alle leve repubbli-chine. Sul passo del Turchino, sopra il golfo Ligure, il 19maggio 1944 a essere uccisi furono in 59, prelevati dal car-cere di Varazze. A Portofino vicino a Genova il 2 dicembre1944 Engel fece trucidare 22 persone facendole gettare inmare con zavorra e filo spinato. A Cravasco, vicino a Genova,il 23 marzo 1945, le vittime furono 20. Il criminale è statocondannato all’ergastolo dal Tribunale militare di Torinocon sentenza irrevocabile del 15 novembre 1999. Ma il boiaè libero in Germania.

I fascicoli esaminati da Franco Giustolisi sono di due ti-pi: quelli fatti uscire dall’“armadio della vergogna” dal1960 in poi, in modo che le verifiche delle identità dei col-pevoli non portassero a identificazioni certe. Tutti gli altri, con nomi e cognomi, sono rimasti segreti fi-no al maggio 1994. I responsabili identificati sono SS te-desche e italiane, Brigate nere, militi del Bt. “San Marco”,militi della Gnr e della “Muti”. Valgano alcuni esempi.

A sinistra:soldati italiani a Cefalonia in attesa degli eventi.

A destra:il comando tedesco prepara le mosse future. Mosse che rimangonotutt’ora impunite.

CONOSCERE LA STORIA

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Nr. Registro 1954. “Imputati: Fritz Wunderle”. Parti lese:la casella è bianca (ndr). A Torlano di Nimis in provincia di Udine furono uccise 33persone, tra cui 11 bambini fra i 2 ed i 15 anni. Fritz Wunderlenato a Soekingen, del Battaglione Cacciatori del Carso, fa-ceva uscire uno ad uno i morituri dal casolare dove eranostati rinchiusi e, sull’aia, gli sparava sotto la gola. Il carne-fice è morto nel 1991. Anche gli altri responsabili sono mor-ti. Archiviazione.

Nr. Registro 1970 abbinato al n. 1. (“Eccidio delle FosseArdeatine”). “Imputati Kirkran Untersturmfurher, PustowskaScharfuher o Obvscharfuher”. Si tratta dell’eccidio avve-nuto al chilometro 14,2 della Cassia, località La Storta, com-messo dai tedeschi in fuga il 4 giugno 1944 quando Romastava per essere liberata. Tra le vittime il sindacalista BrunoBuozzi, socialista, segretario generale della Cgil. Archiviato.

Nr. Registro 1976. “Imputati: Mayar, magg. SS Cremen, Ten.SS Valmier Alfredo, Ten. SS Grein Bruno, Ten. SS. RomanAlfredo, Soldato SS Ziffer Giuseppe.”. “Parti lese: BertolliDina e altri. Eccidio di Sant’Anna di Stazzema”. Il 12 agosto 1944 in questa località si scatenò una delle piùferoci repressioni naziste. Case incendiate, distruzioni, esecuzioni sommarie. 560 vitti-me. L’ istruttoria, dopo il ritrovamento del fascicolo, è in svol-gimento.

Nr. Registro 2027. “Imputati: Capitani Rausch e Boukmakosky,tenente von Pagan”. “Parti lese: Allegrucci Giuseppe e altre39 persone”. Il 22 giugno 1944, 40 cittadini vennero uccisi a Gubbio.L’istruttoria è ancora in corso in attesa che giungano delle ri-sposte dalla Germania che, malgrado i solleciti, non dà.

Proibito fotografare, dice il cartello al centro della forca da cui pendono sedici partigiani.

Soldati tedeschi e italiani controllano i documenti di un civile durante un rastrellamento.

Taviani:il silenzio su Cefalonia fu il prezzo della guerra fredda

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Nr. Registro 2167. “Imputati generale Von Tensfeld, col.Rauff, capitano Saewecke, col. Pollini, capitani Cardella,Confalonieri, Manfredini”. “Parti lese: Principato Salvatore,Galimberti Giovanni e altri 13. Fatti di Milano, piazzaleLoreto, 10 agosto 1944”. Quel giorno in piazzale Loreto furono portati 15 detenutiprelevati dal carcere di San Vittore e fucilati. Fu una rap-presaglia per il ferimento lieve di un autista di un camiontedesco. Cittadini italiani che erano nei pressi rimasero uc-cisi. Il principale responsabile è stato ritenuto il capitanoSaewecke che torturava le sue vittime all’Hotel Regina, se-de milanese delle SS. La fucilazione venne eseguita da Gnre Muti. Proprio per questo Mussolini e i vari gerarchi fu-rono appesi in quel luogo. Saewecke che vive tuttora libero e indisturbato in Germaniadopo essere giunto al grado di direttore dei Servizi di sicu-rezza del suo Paese dopo la guerra, è stato condannato al-l’ergastolo nel 1999 dal Tribunale militare di Torino.

Nr. Registro 2102. “Imputati: Piazzer, Caneva e altri militaritedeschi”. “Parti lese: Martino Brinz più donne, uomini e bam-bini”. A Pedescala-Forni, in provincia di Vicenza, tra il 29 edil 30 aprile 1944 furono uccise 82 persone. Si accertò, dopo latrasmissione del fascicolo avvenuta il 19 luglio 1995, che quelCaneva era sergente di Asiago della Rsi. Ma tutti i testimonierano morti e il processo è stato archiviato.

Nr. Registro 2158-2159. “Imputati: generale Polak ed ignotimilitari tedeschi”.”Parti lese: 78 persone”. A San Martino diLupari, Sant’Anna Morosina, Villa Del Conte, Abazzia Pisani,San Giorgio in Bosco, località in provincia di Padova e a Castellodi Codego in provincia di Treviso, nell’aprile 1945 le truppetedesche in ritirata uccisero non 78 civili come è scritto nel re-gistro bensì 150. Il criminale generale Fritz Polak, comandantedella 29esima Divisione Granatieri Corazzati “Falke” è mor-to in Inghilterra, libero, nell’aprile 1956. Archiviazione.

Rastrellamento in Toscana, 1944.

Corpi esanimi di donne e bambini massacrati a Marzabotto.

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Un “principe”a Mauthausen

La memoria ha un futuro? Intervista a Lodovico Barbiano di Belgiojoso

Un grande architetto che l’amore per la libertà condusse nel campo di sterminio nazista

Nei suoi ricordi la lezione di chiha attraversato il secolo scorso vivendo le più diverse esperienze

Dalla terribile fatica di sopravvivere all’orrore a quelladel ritorno alla normalità

Un prezioso patrimonio di dignità umana

L’impegno di ricordare,di comunicare,di raccontare Belgioioso militare a Pavia nel 1932

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Un secolo di storiaMi sembra quasi irreale in-tervistare un secolo di storia.E di quale storia. Eppure Lodovico Barbiano diBelgiojoso, questo vecchiogentile signore, è al di là deltavolino sul quale ho posatoil taccuino e una copia del suolibro Frammenti di una vita.C’è tanta Milano e tanta Italianella sua lunga vita. E c’è il filo rosso della coe-renza e dell’impegno alle spal-le di Belgiojoso, come un lun-go film che dalla Milano be-ne dei primi del Novecento ciporta all’inferno di Gusen, sot-tocampo di Mauthausen, do-ve, dice Belgiojoso, “era lavita, denudata e sincera, veracome la fame, vera come l’o-dio e l’amore per il vicino. I sentimenti, le passioni, gliodi, le voglie, i desideri e lepaure più elementari - quellidi cui era nutrita la vita e chenella vita trovavano un altronome, un’altra definizione -venivano alla luce, trovavanouna totale, perfetta autenticità.Avevamo toccato il fondo - làdove molti erano destinati arimanere - ma era un fondodi verità”.

Architetto, mi ha molto col-pito questa parte del suo li-bro di memorie. Si può trovare la verità infondo all’abisso?

“Ho voluto dire che in questecircostanze drammatiche sia-mo noi stessi, senza media-zioni, senza schermi, senzaconvenzioni, senza ipocrisie.Noi stessi”.

La sfida ai gigantiIn fondo all’abisso si posso-no anche conservare la li-bertà, la dignità. Vestiti distracci si possono sfidare igiganti, come lei scriveBelgiojoso accenna di sì, colcapo ed ha un sorriso pienodi orgoglio quando gli ricor-do l’episodio del comandan-

di Ennio Elena

Nasce a Milano il 1° dicembre 1909. Il padreAlberico era architetto, la madre, MargheritaConfalonieri, pittrice.Trascorre un’infanzia, un’adolescenza euna prima parte della gioventù in mezzoagli agi.

Nel 1932 si laurea in architettura insie-me a Ernesto Nathan Rogers, Gian Luigi(Giangio) Banfi ed Enrico (Aurel) Peressutticon i quali costituisce lo studio BBPR.

Nel 1934 sposa Carolina Cicogna Manzoni, ma-trimonio dal quale nascono quattro figli: Margherita,Maria Luisa, che diventerà architetto, Alberico, che farà lastessa scelta, e Giovanni, medico.

Nel dicembre del 1942 Belgiojoso e gli altri architetti del-lo studio prendono contatti con esponenti del Partitod’Azione.Dopo l’8 settembre Rogers, come molti altri ebrei, espa-tria in Svizzera mentre si fa più intensa l’attività clande-stina dei tre amici rimasti. Partecipano alla redazione edalla diffusione di “Italia libera”, giornale del Partito d’Azione,e collaborano con le prime formazioni partigiane, in par-ticolare con quelle operanti nella zona di Lecco.

Il 21 marzo 1944 Belgiojoso viene arrestato insieme aBanfi. Incarcerato a San Vittore, viene poi internato nelcampo di Fossoli e successivamente, insieme a Banfi de-porato nel campo di sterminio di Mauthausen-Gusen.

Viene liberato il 4 maggio 1945 dalle truppe americane.

Ritornato a Milano, svolge un’intensa attività professio-nale con importanti progetti in Italia, fra i quali quello del-la Torre Velasca a Milano, e all’estero.Belgiojoso, tra l’altro, è membro dellla Royal Society ofArts di Londra e dell’American Institute of Architets.

te del campo di Mauthausenche passa in rassegna i de-portati: “Era un uomo piutto-sto bello, abbronzato, con lacamicia bruna a maniche cor-te ben stirata ed un frustinoin mano, che volentieri mol-lava in faccia ai detneuti. Ero in prima prima fila e luiavanzava lentamente seguitodai suoi subalterni agghinda-ti e odoranti di cuoio grasso,soffermandosi ogni tanto ascrutarci. Noi immobili, aspettavano colberretto in mano.Quando si avvicinò, con for-za cominciai a pensare: ‘Iosono libero, mentre tu seischiavo. Tu non capisci quel-lo che penso e io penso quel-lo che voglio’.Canticchio dentro di me l’in-no di Mameli, oppureBandiera rossa; anzi per far-ti dispetto, la canto in tede-sco: Die rothe Fahne... oppu-re canto l’Internazionale!”“Lui si fermò e mi guardò,probabimente come guardavagli altri. Io mi sentivo - debbo dirlo -un leone e senza abbassare gliocchi ricambiai il suo sguar-do: la prova di forza durò qual-che attimo, poi lui riprese a

Un pezzetto di pane“Ricordo che un giorno mentre stavo percorrendo viaMontenapoleone chiacchierando con Ernesto Rogers, hoscorto per terra, sul marciapiede, un pezzetto di pane.Inconsciamente mi sono buttato a raccoglierlo per metter-lo in tasca. Ernesto ha subito capito e mi ha stretto il brac-cio senza parlare”.

Lodovico Barbiano di Belgiojoso

Belgioioso nel 1912

Belgioiosoa Stintinocon unamico

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camminare. Ero sudato per losforzo, ma dentro di me eroinfantilmente felice. L’avevoaffrontato”.Nel salotto c’è una virtualedissolvenza. Il tranquillo signore sparisceper lasciar posto al deportatoche sfida con lo sgurdo un fe-roce ufficiale delle SS: que-sta è la memoria che non sipuò violentare, addomestica-re, stravolgere.

Si dice che chi non ha me-moria non ha futuro. Ma ve-ramente la memoria serve,ha un futuro?

“Sì, la memoria ha, deve ave-re un futuro perché è ricca diinsegnamenti. Serve a ricor-dare quello che non dovevaessere, che non dovrà mai piùessere. La memoria può e deve ave-re un futuro se non solo laconserviamo ma la utilizzia-mo per rispondere alle do-mande che ci vengono rivol-te, per raccontare, spiegare,propagandare”.

Paura dell’incredulitàHa mai avuto paura che gliavvenimenti che voi rac-contate siano talmente ter-ribili da sembrare incredi-bili?“Sì, ho sempre avuto presen-te, parlando e scrivendo i mieiricordi, il rischio di non es-sere creduti, anche se nessu-no ha mai manifestato aper-tamente la sua incredulità.Eppure l’ho fatto e occorrecontinuare a farlo. Come hospiegato nell’introduzione aFrammenti di una vita ho esi-tato a lungo prima di scrive-re, ma poi mi sono deciso per-ché è un patrimonio di ricor-di che mi sembrava giusto farconoscere, perché si eviti diricadere nella barbarie”.Ritiene che questa diffusio-ne della memoria storica, laconoscenza di quegli annitragici, cupi soprattutto daparte di chi li ha vissuti esofferti in prima persona,sia particolarmente impor-

tante oggi quando sono inatto molti tentativi di falsi-ficare quel periodo?“Senz’altro. È particolarmenteimportante perché solo cono-scendo la verità si impediscedi ricadere in quella tragedia”.Il fatto di essere un profes-sionista le è stato di aiutonella detenzione nel lager?“La vita era durissima per tut-ti. Io non finii nella cava e fuiinvece mandato a lavorare al-le officine Messerschmidt eSteyr dove, dopo un primo pe-

riodo ai forni della tempera,fui adibito alla rettifica di pez-zi di fucili e di mitragliatrici,lavoro che per fortuna pote-vo fare stando seduto. Quando arrivai al campo miqualificai come ingegnieurperché pensai chissà cosa ca-piscono questi se dico archi-tetto e perciò alla fine di apri-le mi mandarono con due tec-nici polacchi a realizzare unpiccolo acquedotto per rifor-nire un campo in una localitàvicina”.

“Da qualche giorno avevo notato che dei giovanirussi, estranei alla mia Halle, vi entravano guar-dinghi, alla spicciolata. A un gesto di un loro com-patriota mi passavano vicino, mi osservavano, mitoccavano con un dito la spalla, mentre qualcunoridacchiava: poi uscivano in silenzio. Avevo scorto

anche dei curiosi armeggii fra un italiano e uno deirussi della Halle, dei passaggi furtivi, dei piccoli scam-

bi, dei cenni misteriosi.Un giorno affrontai il russo e gli chiesi il perché di quel-

lo strano andirivieni e di quelle allusioni che sembravanoriguardarmi. Scoppiò in una risata: ‘Tuo compaesano hadetto miei camerati tu sei principe. Miei camerati non han-no mai visto principe perché in Sowietunion tutti i princi-pi sono Kaputt. Così, miei camerati fanno regali tuo com-paesano per toccare principe vivo. Io ho un piccola parte’‘Brutti porci, tu e il mio compaesano! Almeno date anchea me una piccola parte!’Con una risata ancor più rumorosa cavò di tasca una pa-tata bruciacchiata: così mi prestai (e come avrei potuto nonfarlo?) a questo spettacolo da baraccone. Poi cessarono perl’intervento del Zivilmeister, ostile a quell’andirivieni”.

“Dopo tanto digiuno l’aver divorato tutto quanto gli ame-ricani avevano distribuito aveva provocato a moltissimi dinoi, me compreso, dolori di stomaco e diarrea. Malgradole cure, ci furono parecchi morti.“Andai a farmi ricoverare in un piccolo ospedale pressoWels. Poi, ritornato a Gunskirchen, Schwindt, il medicodel paese, mi ospitò a casa sua, dove già era alloggiatoManlio Magini, che avevo conosciuto prigioniero nellascuola. Con Magini facemmo amicizia e con lui e la fa-miglia del medico conversavamo a lungo sugli avvenimentirecenti e sul possibile futuro; facevamo passeggiate anchecon TraudlSi sparse la voce che fossi un principe: un pomeriggio, lasorella del dottor Schwindt, che era maestra di scuola, mivenne incontro con un gruppo di ragazzine che recitaronoin mio onore la poesia Il povero principe prigioniero e midiedero un gran mazzo di fiori.”

(Dal volume Frammenti di una vita di Lodovico Barbianodi Belgiojoso)

Il “principe”

Sopra:Allievo ufficiale nel Genionel ‘33

A lato:Belgioiosostudente a14 anni

Lodovico Barbiano di Belgiojoso

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Era come un dovereHa mai pensato, ricordandoquei momenti terribili: mane valeva la pena?“Mai. Ho sempre pensato chene valeva la pena. Ho sentitoquella scelta come un dove-re.”Anche in momenti come que-sti che viviamo quando, ca-dute le ideologie sembranoessere caduti anche ideali,valori e ci si preoccupi solodi interessi?“Anche adesso continuo a pen-sare che ne valeva la pena per-ché io ho fatto una scelta divita”.Su quella scelta ha influitoil ricordo, l’esempio di duesuoi antenati come CristinaBelgiojoso Trivulzio e Fe-derico Confalonieri, grandifigure del nostro Risor-gi-mento?“Senz’altro. Ricordo anche nelmio libro che in famiglia era-no spesso citati ad esempioper il loro comportamento”.

Nessun rimpiantoRivedendo il passato c’èqualcosa che rimpiange dinon aver fatto?“No, sono abbastanza soddi-sfatto. Posso aver fatto qual-cosa male ma non ho rim-pianti”.Tra le scelte che è soddi-sfatto di aver compiuto c’èsenza dubbio quella di averdeciso di diventare archi-tetto, professione nella qua-le ha fatto una prestigiosacarriera. Perché decise difare l’architetto e non, adesempio, il medico o l’av-vocato?“Perché sono un po’ figliod’arte dato che mio padre,Alberico era architetto e per-ché mi piaceva disegnare, oc-cuparmi di case e anche diurbanistica, soprattutto comeaccadde dopo la guerra coni problemi riguardanti la ri-costruzione che si ponevanoa Milano pesantemente bom-bardata nell’agosto del ’43 e

in tante altre città europee.Come ricordo nel mio librodi memorie la ricostruzionedi Milano è avvenuta in mo-do sporadico e, malgrado glisforzi degli amministratori edelle associazioni di tecnici,in assenza di un progettoomogeneo”.

Il vento del rinnovamentoNel 1932, subito dopo la lau-rea, lei e tre amici che conlei si erano laureati - ErnestoNathan Rogers, Gian Luigi(Giangio) Banfi, Enrico

A sinistra:Belgioiosoall’iniziodella guerraa Thiene

Qui a lato:nel cantieredi viaManin nel 1935

In Kuwait nel 1980

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Peressutti - avete dato vitaallo studio professionale BB-PR destinato a diventare do-po la guerra uno dei prota-gonisti dell’architettura del’900. A quali concezioni ispi-ravata la vostra attività?“Eravamo molto interessati,direi affascinati, da quel gran-de movimento moderno, dirinnovamento, di avanguardiache prende il nome dalBauhaus, la scuola di archi-tettura fondata nel 1919 aWeimar da Walter Gropius eche svolse una grande fun-zione non solo per ciò che ri-guarda l’architettura. Sentivamo che c’era qualco-sa di nuovo, di importante inquel movimento che purtrop-po nel 1933 venne soppressoda Hitler che lo consideravaespressione di tendenze in-ternazionalistiche nel campodell’arte, in contrasto con ladottrina nazista”.A suo giudiziò c’è stato direcente un importante mo-vimento di rinnovamentoculturale?“Il ’68 aveva buone intenzio-ni, si poneva apprezzabiliobiettivi di rinnovamento.Ma... e a questo punto del di-scorso Belgiojoso agita unamano come per scacciare unpensiero molesto “... gli esa-mi di gruppo, gli esami digruppo”.In tema di architettura miha sempre incuriosito, e que-sta esigenza penso l’abbia-mo provata in tanti, saperecom’è nata l’idea della Torre

Non mi avreteHo fame, non mi date da mangiare,ho sete, non mi date da bere,ho freddo, non mi date da vestire,ho sonno non mi lasciate dormire!

Sono stanco, mi fate lavorare,sono sfinito, mi fate trascinareun compagno morto per i piedi,con le caviglie gonfie e la testache sobbalza sulla terracon gli occhi spalancati...

Ma ho potuto pensare una casain cima a uno scoglio sul mareproporzionata come un tempio antico

Sono felice: non mi avrete.

Mauthausen-Gusen, maggio 1945

(Dal volume Come niente fosse di Lodovico Barbiano di Belgiojoso)

Velasca, di questo edificio,come dire?, un po’ insolito eche rappresenta una dellerealizzazioni più importan-ti del vostro studio.“Si doveva ricostruire al po-sto di un intero isolato di-strutto dai bombardamenti. Sipotevano ricostruire case bas-se come quelle che c’eranoin precedenza o realizzare unedificio in altezza: noi sce-gliemmo la seconda soluzio-ne perché ci parve più sug-gestiva. Ritengo che la TorreVelasca sia una delle più si-gnificative opere del dopo-guerra e che arricchisca il pa-norama cittadino”.

La fatica di vivere

Nel suo Frammenti di unavita ha descritto le difficoltàincontrate per riprenderela vita normale, dopo il pe-riodo trascorso nel campodi sterminio. La difficoltàmaggiore era quella di con-vincersi a vivere mentre lagrande maggioranza deisuoi compagni non era so-pravvissuta. Scrive di averanche pensato a togliersi lavita e ai modi di farlo.Belgiojoso non smentisce,

ovviamente, ma dallo sguar-do si capisce che questo ri-cordo non è fra quelli più gra-diti, anche se testimonia diuna grande sensibilità uma-na. Del resto ad una prece-dente domanda aveva dettoche il ritorno alla normalitàdopo quell’inferno aveva rap-presentato uno choc. E c’era il ricordo lacerantedi Gian Luigi (Giangio) Banfi,suo compagno nello studio enel lager. Belgiojoso nel suo volume ri-corda il loro ultimo incontro,nel blocco 30 dell’infermeria,dove Banfi era arrivato dopoche Aldo Carpi, il pittore au-tentico Buon Samaritano delcampo di Gusen, era riuscitocon un sotterfugio a trarlo dalblocco 31, dove c’era la “ca-meretta” della morte, e a far-lo sistemare nella sua stessacuccetta. “Giangio” è morto il 10 apri-le meno di un mese primadell’arrivo degli americaniquando Belgiojoso era ritor-nato al lavoro.

Pensando al futuroRitiene sia possibile che l’u-manità possa conoscere an-cora gli orrori che lei e mi-lioni di altri esseri umaniavete sofferto, che ci possaessere un nuovo Olocausto?La risposta è pronta e decisa:“No, ritengo che questo non

Un “principe”a Mauthausen

A Mauthausenpoco dopo laliberazione

Belgioioso con la famiglia austriaca di cui è stato ospite dopo la liberazione

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Per un solo morto“...un giorno, dopo essere tornato a Milano, mentre pas-savo con Enrico Peressutti in corso Buenos Aires ho vistodavanti a noi un uomo di mezza età che, sceso dal mar-ciapiede, stava avanzando rapidamente per attraversare lastrada senza accorgersi del tram che veniva dal centro. Il tram lo ha investito in pieno e il poveretto è morto sulcolpo tra le grida dei passanti. Ho assistito alla scena senza avere la minima apprensioneper la morte del pover’uomo. Ricordo di aver detto ad Aurel. “Ma come, tanto stuporeper un solo morto!” Aurel mi ha guardato esterefatto e inseguito gli ho chiesto scusa.”

Una pelle di salame“Coi due polacchi mi avvicinai al gruppetto delle SS, chesi era riunito: i due uomini e la donna, conversando in pie-di, cominciavano a mangiare pane e fette di salame.Uno dei tre militi SS, tolta la pelle da una fetta di salame,la gettò dietro le spalle e la mandò a cadere fra me e ilgeometra polacco. Impossibile chinarsi senza lasciare laposizione di attenti: spostando il piede sinistro, tentati diaccaparrarmi la pelle, mettendovi sopra il mio zoccolo, maincontrai lo zoccolo destro del polacco che aveva iniziatola stessa manovra.Di fronte alla possibilità di mangiare quel pezzo di pelle,la fame, da astratta com’era, si era fatta precisa, concretae divorante; lo stomaco pareva dilaniarmi; la pelle di sa-lame era a terra fra i due zoccoli, che premevano l’unocontro l’altro per prevalere. il polacco e io ci guardavamodi traverso, senza perdere la posizione di attenti: certa-mente il nostro sguardo sarebbe stato di odio reciproco, setutte le nostre possibilità di odio non si fossero già fissa-te, irrevocabilmente, sulle tre SS.A un tratto la donna ripeté l’operazione del camerata esbucciò la propria fetta di salame: la sottile striscia di pel-le gettata da quella disgraziata venne a cadere alla mia de-stra, a un passo. Smisi subito di spingere verso il polacco, che schiacciòsubito la prima pelle con lo zoccolo, e coprii col piede lanuova fettuccia. Ora la sentivo tutta mia sotto il piede e lo stomaco reagi-va con nuovi crampi di fame. I tre delle SS erano lenti,metodici nel mangiare. Restarono lì un pezzo. Finalmente,il terzo si mosse, gettò a terra la propria striscia di pelle esi allontanò seguito dagli altri due. Fulmineamente io e idue polacchi ci buttammo sulle tre scriscioline, che furo-no il nostro unico pasto per la giornata”.

(Dal volume Frammenti di una vita di Lodovico Barbianodi Belgiojoso)

sia possibile per molti movi-ti, perché troppe cose sonocambiate anche se penso chesia sempre presente il perico-lo di dimenticare”.Lei ha scritto: “Nel campodi Gusen ciascuno di noi ave-va una speranza e più la vi-ta si assottigliava più la spe-ranza di ciascuno diventavaimportante.Ognuno si era abituato avivere di speranza come quiuno vive della propria ar-te, della propria passione.Oggi che cos’è per lei la spe-ranza? “È il pensare positivo, ritene-re che si possa vivere nor-malmente e che sia possibileottenere un miglioramento ge-nerale dell’umanità”.Sono diverse le definizioni

date del Novecento: secon-do uno scrittore, Golding, “èstato il più violento della sto-ria dell’umanità”; per un au-torevole storico inglese,Hobsbawm, è stato un “se-colo breve” per l’accelera-zione vorticosa degli eventidella storia; per un mana-ger e uomo di cultura,Martinoli, un “secolo da nondimenticare”. Lei che lo ha attraversatopraticamente tutto e da pro-tagonista, come lo definisce?“Concordo con la definizio-ne di ‘breve’ per la velocitàcon la quale sono avvenutimolti cambiamenti e, poichého detto che sperare signifi-ca pensare positivamente, get-to uno sguardo di speranzasul futuro”.

Belgioioso(a destra)con ErnestoRogers nel ‘36 ad Aosta

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Giorno per

giorno

Bombardò Guernica.Il Quirinale lo premia(f.g.) Il generale Paolo Moci, che il 26 aprile 1937, contri-buì con il suo S.79 della 280esima squadriglia della Aviazionelegionaria di stanza a Sora a distruggere la città basca diGuernica, eternata dal capolavoro di Pablo Picasso, il 4 no-vembre scorso è stato insignito dal presidente della RepubblicaCarlo Azeglio Ciampi del cavalierato di Gran croce dell’Ordinemilitare d’Italia. Una onorificenza prestigiosa che ha ornato il petto dal-l’anno della sua istituzione, il 1855, di trentuno militari,l’ultimo, nel 1942, il generale fascista Ettore Bastico. Primadi Bastico, De Bono, Mussolini (motu proprio), Badoglio,Diaz tanto per citare qualche nome. Lo scandalo sta nel fatto che l’8 agosto 1999, il Moci, inun’intervista a “El Pais Domingo” per la penna di XavierJuncosa, non solo ammise la barbara impresa (dal perso-nale taccuino: “26 aprile 1937: sgancio bombe sopra Guernica.Durata 100 minuti, dalle 15,30 alle 17,10. Altitudine 4 mi-la metri”) ma ne esaltò la funzione terroristica per solle-vare la popolazione contro la guerra, esattamente ciò cheavrebbero poi compiuto i tedeschi sulla città inglese diCoventry e per contribuire al successo di Franco “contro ilpericolo comunista”. Il Quirinale, informato il 30 ottobre dall’Associazione com-battenti volontari antifascisti di Spagna, presieduta dallamedaglia d’oro partigiana Giovanni Pesce, non ha ritenu-to di intervenire, facendo sapere qualche giorno dopo cheil Moci (allora tenente) dopo l’8 settembre 1943, impos-sessatosi di un aereo tedesco (a Roma?) aveva raggiunto ilsud, concorrendo a costituire l’aviazione badogliana. Uneroe della guerra di Liberazione!!!! Peccato che 64 annidopo il martirio di Guernica (“El Pais” del 1999), l’imper-turbabile generale della riserva dalla quiete della Casa del-l’aviatore al Tiburtino, non abbia per nulla cambiato ideasulle ragioni che lo portarono con altri camerati sui cielibaschi a massacrare migliaia di innocenti. “Dovete fissar-vi bene in testa, voi spagnoli, che se Franco....”, aveva fat-to sapere il Moci, oggi 89enne ma ancora gagliardo, al-l’allibito cronista madrileno. L’abbiamo capito, signor ge-nerale. Fascista era e fascista è rimasto. Meno che per ilQuirinale.

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Storace-Staracecensura la storia

(f.g.) I testi scolastici, quelli di storia, così come circolanonelle nostre scuole, non vanno bene. Fascismo e antifasci-smo, Resistenza e Repubblica sociale italiana, Marzabottoe piazzale Loreto (quello del 29 aprile 1945), l’Olocaustoitaliano e le leggi razziali, i partigiani e i boia della X Mase la banda Koch, vanno riscritti in una logica che non rom-pa ma che unisca, che affratelli e non generi odio, che fac-cia germinare il seme della pace e non renda in eterno lavita del Paese divisa in modo manicheo, i bravi e i cattivi,i vincitori e i vinti. È l’ora della restaurazione, una musi-ca che suona sempre più martellante sotto la bacchetta d’or-chestra dei Fertilio e dei Galli della Loggia di turno e del-l’infinita schiera (sono proprio tanti) degli allievi soprav-vissuti alla morte del maestro Renzo De Felice. La censu-ra sui libri viene da Storace, “l’Epurator della Storia”, chedall’alto della sua poltrona di timoniere della Regione Lazioha fatto votare il Consiglio regionale, a maggioranza poli-sta, in una direzione che metta al più presto le cose in or-dine. Cosa vuol dire? Che tutti dovranno fare i conti condei nuovi “classici” in luogo dei vecchi volumi che, a par-te qualche eccezione, non è che avessero brillato per gran-de rigore. La storia, soprattutto quella del Novecento, mo-strava crepe un po’ da ogni parte. La Resistenza soprattut-to per non dire il capitolo tragico della repressione antise-mita erano solo accennate. Le avventure squadristiche sfu-mate, le imprese coloniali dimenticate, la tragedia di Russiacolpa del “baffone” e via dicendo. Ma per “Epurator Storace”o “Storace Starace” (niente da ridire, per cortesia) è anco-ra poco. Meglio stringere il cappio in nome di quell’iden-tità nazionale che la destra invoca e non arriva mai, sullapelle, preferibilmente, di chi è morto per la libertà e in no-me di quel revisionismo che, alimentato dalle polemichet-te giornalistiche e non da rigorosi studi, sembra destinatoa minare le radici della nostra Repubblica. Ma così va l’Italia.“Storace Starace” nel frattempo, respingendo con Fini,Formigoni, Buttiglione, l’accusa di voler ripristinare il“Milculpop” e di violare la norma costituzionale della “li-bertà di insegnamento”, si culla nel sogno di un libro “parcondicio”, scritto da un partigiano e da un reduce di Salò,un partigiano bianco, mi raccomando, per risolvere il pro-blema una volta per sempre!

✔La Resistenza:cacciata dalla porta,rientra dalla finestra

(f.g.) Ci risiamo con il “Galileo Ferraris”, il Liceo scienti-fico di Varese che mentre sale nuovamente agli onori del-la cronaca per un originale libro sulla guerra di Spagna,scritto fra gli altri da venti studenti ed un professore, l’in-faticabile Fabio Minazzi, amato allievo di Lodovico Geymonate di Mario Dal Pra (roba da far correre brividi nella schie-na di Formigoni e soci), non riesce a fare ripristinare il re-golamento interno, mutilato brutalmente un paio di anni fadella Resistenza come pietra fondante della Costituzione.Per il Consiglio d’istituto la Costituzione verrebbe dal cie-lo. Un dono così senza arte né parte, una somma di normeche poggia sulla sabbia e non sulla roccia macchiata dalsangue dei mille e mille caduti della guerra di Liberazionecontro i nazifascisti. Il regolamento è stato riportato alla discussione, c’è statabattaglia ma dalle urne è uscita ancora la vecchia risposta.La Resistenza ma chi è mai costei? Messa in un angolo lapagina più gloriosa della storia patria dalla burocrazia e dauna cecità culturale che deve far riflettere, il gruppo deglistudenti di Minazzi, accanto al libro (la prima schedaturadei 4 mila volontari antifascisti italiani che accorsero nel1936 in difesa della democrazia spagnola) apprezzato dalministro della Pubblica istruzione Tullio De Mauro che hainviato alla presentazione la responsabile nazionale del mi-nistero, la professoressa Anna Sgherri, ha dato vita ad unasignificativa iniziativa, intitolando l’aula del Dipartimentostorico-filosofico alla memoria di Dante Di Nanni, l’eroi-co gappista torinese che, per non cadere in mano ai suoiaguzzini, si era gettato dalla finestra con il pugno serratoal grido di “viva l’Italia libera”.Il regolamento liceale del “Ferraris”, rideturpato sulla car-ta dalla ennesima sconcertante iniziativa, è stato ripristi-nato nei fatti in un clima semiclandestino (presenti al ri-cordo di Di Nanni, la medaglia d’oro partigiana GiovanniPesce amico del caduto, gli studenti ed uno sparuto grup-petto di “eroici” professori) con un gesto di alto senso ci-vico.

La morte di Settimia Spizzichino, l’unica soprav

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“Per questo, credo, sono tornata”

Una lucida e straordinariatestimone su Auschwitz-Birkenau e Bergen-Belsen

Ha dedicato la sua vita a raccontare lo sterminio

Sèder di Pèsach 5760 (anno 2000 per il nostro calendario) inuna stupenda casa romana. Fervono i conversari impregnatidalla dolcezza del ricordo e dell’amicizia. Quando improvvi-samente si alza un canto. Sommesso inizialmente, poi via viapiù sicuro. La voce è arrocchita dal fumo. È stonata. Ma nel silenzio tutti si rendono conto di vivere unmomento unico, irripetibile. Si riconoscono le note dell’Ha’Tikva.La voce è quella di Settimia Spizzichino ed è, al tempo stes-so, quella delle ebree romane che, passata la feroce selezione,entrarono nell’inferno di Birkenau. Così la cantavano nei rarissimi momenti di tregua, tra doloredel ricordo e speranza. Con parole romanesche, come l’ave-vano sempre cantata nelle loro case del Ghetto.

Settimia se ne è ricordata al-l’improvviso, dopo oltre mez-zo secolo. Non si conosce l’e-satto numero delle donnestrappate il 16 ottobre del ’43dalle loro case del Porticod’Ottavia. Certamente parec-chie centinaia. Solo 47 supe-rarono la selezione. Di tutteloro soltanto Settimia è tor-nata a Roma, l’11 settembredel 1945. E da quel momen-to ha dedicato la sua vita amantenere la promessa fatta:“alle 46 ragazze che sono mor-te ad Auschwitz, mie compa-

gne di prigionia”. Perché:“Seguiterò a raccontare fin-ché avrò vita. Per questo, cre-do sono tornata: per raccon-tare”. Un impegno cui Settimiatutto ha sacrificato, rinun-ciando a quanto di lieto e fe-lice la vita poteva ancora of-frirle: famiglia, figli, tran-quillità e quel tanto di treguache rende possibile ad un su-perstite dei lager la quotidia-nità. Da allora testimonia.Intere generazioni di romani- e non - l’hanno incontrata.L’hanno incontrata i loro fi-

di Aldo Pavia

L’interno delle baracche per prigionieri in cui venivano stipatefino a centinaia di persone. Tra queste donne c’eraSettimia Spizzichino. Eccola nella foto in alto a destra nel folto gruppo dei “suoi ragazzi”durante la visita ad Auschwitz.

vvissuta della deportazione delle ebree romane

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gli, oggi forse persino i ni-poti. Mezzo secolo tra scuo-le, circoli, associazioni, gior-nali, televisioni a Roma co-me in tante altre città.Accompagnando tante classiin Auschwitz. Una presenzapreziosa. Possiamo tranquil-lamente affermare che se og-gi si ha memoria della de-portazione e dello sterminio,non poco dobbiamo a Settimia.La sua è una testimonianzaeccezionale. Non solo perchéeccezionale è stata la sua vi-cenda concentrazionaria, masoprattutto perché la sua ca-pacità di affabulazione è deltutto straordinaria. Un rac-conto che mette in ombra leproprie vicende per sottoli-neare la sorte dei “sommer-si”. Quasi un mettersi in di-sparte, un ritenersi fortunataper accentuare le sofferenzee la tragedia di coloro cui funegato il ritorno alla vita.Non una narrazione di orro-ri, a volte senza alcun fine pre-ciso, bensì una continua sot-tolineatura della disumanitàattraverso particolari appa-rentemente minimi ma in realtàassai significativi. Settimiausa se stessa per dare voce achi ne fu privato. Un tono som-

messo che graffia e colpiscepiù di un’invettiva. Uno sno-darsi di fatti, di sensazioni, diriflessioni che avvince pro-prio perché colpisce in ognu-no degli ascoltatori le cordepiù intime, i sentimenti piùprofondi. Ma anche durezza.Non c’è confusione nei giu-dizi di Settimia. Il carnefice,il boia non ha scusanti. E nonè un mostro venuto da chissàdove. Il boia è il nazifasci-smo. Non i singoli, non le so-le SS, non i soli Kapos.

Ognuno di loro porta pesantiresponsabilità ma tutte sonoil frutto che il nazifascismofece maturare sull’ignobile al-bero dell’intolleranza del raz-zismo, della negazione di ognivalore di libertà, di giustizia,di civiltà.Settimia sempre ricorda chequando fu strappata alla suacasa di via della Reginella po-co o nulla sapeva e capiva di

politica. La sua scuola fuBirkenau e una volta tornatale lunghe, dolorose riflessio-ni l’hanno portata a capire chela sua testimonianza non do-veva solo essere racconto, ri-cordo di un immenso dolore,ma che doveva essere ap-profondimento politico deiperché, un chiarimento pun-tuale del chi e che anche ilcome non era conseguenza diuna insana follia, ma al con-trario consapevole applica-zione di un criminale proget-

to. E che questo progetto po-teva e può essere ripropostoquando si abbassa la sensibi-lità politica in ciascuno di noi.Un impegno quindi quello diSettimia che si manifesta nonsolo nella sua testimonianzama in tutto il suo agire. Unascelta di campo precisa. Unriaffermare costante dei va-lori che si cercò di distrug-gere nei lager. Ma che, pa-

gando un prezzo mostruosocertamente, vinsero.Quale sia stata la vicenda del-la giovane ebrea romana traBirkenau, Auschwitz e BergenBelsen credo sia inutile ri-cordare qui. C’è il suo libroGli anni rubati. Penso inve-ce sia opportuno sapere per-ché solo dopo tanti anni, qua-si contraddicendo se stessa ele sue idee, Settimia si sia de-cisa a scriverlo. Innumerevolisono i viaggi della memoriain Auschwitz da lei guidati.Ma Settimia ha sempre desi-derato portare nel lager ungruppo di studenti regalandoloro il viaggio. Ha visto lapossibilità di realizzare que-sto generoso sogno destinan-do tutti i proventi del libro aquesto scopo. Così è stato.Non una lira ha avuto altradestinazione. In un quadernoSettimia ha registrato, copiaper copia, le vendite e gli in-cassi. Finalmente nell’autun-no scorso il sogno è diventa-to realtà. Quindici studenti diCava dei Tirreni, oasi felicenella vita di Settimia, l’han-no incontrata a Fiumicino edal suo fianco sono partiti perla Polonia.Una Settimia trasformata. Non

Quando regalò a 15 studentiun viaggio nella memoria

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Ha dedicato la sua vita a raccontaredello sterminio

una traccia di stanchezza sulsuo volto. Al contrario, un en-tusiasmo, una felicità im-mensa. Anche questo era unmodo per rendere testimo-nianza alle sue compagne, maidimenticate, sempre amate.Una volta giunti a Birkenau ead Auschwitz, Settimia ha fat-to violenza a se stessa ed ètornata la ragazza di allora.Gli studenti hanno vissuto illager non con una superstitema con la Mimì che sullaJudenrampe vede allontanar-si la sorella con la piccolaRosanna in braccio, destina-to da Mengele alla morte pergas. Con Mimì hanno sentitosul loro braccio la vergognadel tatuaggio. È Mimì che liha portati nel Block 10 quel-

lo degli esperimenti. Ed è sta-ta la voce di Mimì che ha rac-contato loro quanto accadevaal muro della Morte. Mimì hafatto loro ascoltare le voci deiprigionieri russi lì fucilati, levoci dei politici torturati be-stialmente nel Block 11. E hanno capito che la voce diSettimia-Mimì era la voce ditutti i “sommersi”. Una voce forte e chiara chenon chiedeva compassione mache richiamava tutti all’im-pegno della Memoria. Memoria di ciò che è statoperché mai più possa riacca-dere. Mai come in questo“viaggio” nella Shoah,Settimia è stata così genero-sa di se stessa. Auschwitz -Birkenau, il suo lunghissimo

586.000 contatti in un anno al sito dell’Associazione ex deportati

Dal novembre 1999 all’otto-bre 2000 il sito Internetdell’Aned (Associazione na-zionale ex deportati politicinei campi nazisti, all’indiriz-zo http://www.deportati.it) sicolloca con certezza ai primiposti tra quelli che in Europaaffrontano il tema della de-portazione. Con oltre 4.000pagine, il sito ospita centinaiadi schede bibliografiche sulfascimo, il nazismo e la de-portazione, oltre a una deci-na di libri di memoria e di te-si di laurea riprodotti in ver-

Oltre 100 miliardi di “bit” per la memoria dei lager. Una fonte di documentazione indispensabile per la scuola e l’Università

sione integrale, consultabilionline o scaricabili gratuita-mente.Da qualche giorno sono statipubblicati anche gli elenchinominativi degli italiani de-portati nei lager di Mauthau-sen, Dachau, Natz-weiler,Sachsenhausen, Dora, Bu-chenwald, Ravensbruck,Stutthof, Majdanek e Neuen-gamme: decine di migliaia dinomi allineati uno in fila al-l’altro solo dopo decine di an-ni di paziente e ostinato la-voro. Prende corpo così il

Grande libro della deporta-zione italiana, che potrebbeessere pubblicato già l’annoprossimo.Il sito dell’Aned si è affer-mato come un indispensabilestrumento di consultazione edi documentazione storica,utile soprattutto al mondo del-la scuola e dell’Università. Lo dimostra l’elevatissimo nu-mero di informazioni tra-smesse: più di 100 miliardi di“bit” (105 miliardi e 352 mi-lioni, per la precisione) tra-sferiti dal server a utenti re-

sidenti in oltre 60 paesi. Sonooltre 100 miliardi di sassoli-ni che insieme speriamo con-corrano a costruire un edifi-cio importante: quello dellamemoria della pagina più ne-ra non solo del Novecento, madell’intera storia dell’umanità.Il sito dell’Aned è ospitatogratuitamente dal provider ro-mano Agorà. Tutto il proget-to è stato realizzato su basevolontaria, con il contributodi un piccolo gruppo di col-laboratori italiani e stranieri.

Dario Venegoni

Settimia Spizzichino e totalizzante impegno l’ha-no resa di scorza dura. EppureSettimia è capace di genero-sità estrema. Chi la conoscepiù da vicino, conosce anchequesto suo aspetto. Chi la staricordando in questo momento,ha potuto godere della suaamicizia. Già questo è nonpiccolo dono. Settimia è lamia “mamma Roma”, minie-ra infinita di fatti e di aned-doti sulla città, sul Ghetto e isuoi abitanti. Ho conosciutopiù di Roma dalle sue paroleche da tanti libri. Una romana, Settimia, pe-rennemente innamorata dellasua città. Malgrado il 16 ot-tobre del ’43.Tanto innamorata che quan-do le fu proposto il matrimo-nio e lo stabilirsi in America,declinò tutto, rispondendo:“Ahò, ma per me Frascati èestero”. Perché Settimia è an-che questa. Ed è anche quel-la che venuta a sapere dellamia passione per alcuni piat-ti della cucina ebraico-roma-nesca, trova continuamentemotivi per cucinarmi carcio-fi alla giudia, triglie alla mo-saica, concia di zucchine. Nonvi sembri irriverente: Settimianon è solo la sopravvissuta diAuschwitz. Settimia è ancheamica nel sento piano dellaparola. Le faremmo torto se

la ricordassimo “solo” per lasua vicenda concentraziona-ria. Ed io questo torto non pos-so e non voglio che da me loriceva. Mi ha regalato mo-menti di rara intensità e la miagratitudine sarà sempre pocacosa rispetto a ciò che ho ri-cevuto. E se qualcuno può di-re che Settimia è donna dura,a volte scontrosa, poco incli-ne a concedere, ebbene si sap-pia che chi molto può darepuò molto chiedere. Ma quan-do ritiene di dare, molto sadare. Così è Settimia. Ora Settimia ci ha improvvi-samente lasciati. Stupiti, at-toniti. Sì perché la pensava-mo indistruttibile. Così, egoi-sticamente, la volevamo.La cultura ebraica, di cuiSettimia è profondamente in-trisa, ci insegna che nessunoè veramente morto fintantoche è vivo il suo ricordo. Ecco allora che possiamo af-fermare che Settimia non èmorta. Ci ha “solo” privatidella sua presenza fisica. Ilsuo ricordo, il ricordo che cia-scuno di noi porterà in sé nonpuò essere corroso dal tem-po. È troppo forte, intenso edintimo. Perciò, ricordandola,ho usato nello scrivere sem-pre il tempo presente.Perché Settimia non “era”.Settimia “è”.

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Lettere a Triangolo Rosso

IT

Il KL Gross-Rosen

Cercano informazioni

Sono uno studente laureando dell’Università degli studi diBologna, con una tesi riguardante l’imprigionamento degliitaliani durante la seconda guerra mondiale, nel campo diconcentramento di Gross-Rosen e in tutti i suoi sottocampi(Breslau - Walim - Bunzlau - Gorlitz, ... sono più di 100,Gross-Rosen controllava tutti i campi di concentramentoesistenti nei territori della Slesia, al tempo, per la maggiorparte possedimenti del Reich tedesco, ora territorio dellaRepubblica polacca). Chiunque sia in possesso di informa-zioni riguardanti i “campi’ o le persone internate (memo-rie, nomi, avvenimenti), mi sarebbe di grandissimo aiuto.Per contattarmi ci si può rivolgere direttamente alla sedenazionale dell’Aned di Milano. Ringrazio anticipatamente.

Antonio Zanfrognini

Per un documentario

KZ Steyr-Mûnicholz

Riceviamo da Garsten (Austria)

Chiediamo contatto con testimoni che erano detenuti du-rante la guerra nel KZ Steyr-Mûnicholz per un videofilm.Se è possibile avere indirizzi di persone che erano in que-sto luogo terribile e che sono disposti a darci notizie, vi sa-remo molto grati. Cerchiamo pure una fotografia di questoKZ, e siamo anche interessati a conoscere quale era il trat-tamento dei detenuti.

Mag. Karl Ramsmaier

Per chi volesse contribuire, contattare la redazione di TR.

La fabbrica esplosa

Cristianstad Bober

Dal figlio di Marrone

Una iniziativa del nostro giornale

Gentilissimo Franco Giannantoni, ho ricevuto con piacerela sua lettera del 7 luglio scorso e vivamente la ringrazioper il contenuto delle ulteriori informazioni sull’attività svol-ta da mio padre dopo l’8 settembre ’43 a favore del C.L.N..Il signor Novario Marcello fu arrestato nello stesso perio-do in cui mio padre si trovava ai Miogni, ed era il parti-giano che il gruppo del C.L.N. intendeva liberare insiemea mio padre.Ho gradito particolarmente l’articolo che lei ha voluto de-dicare a mio padre sulla rivista “Triangolo Rosso”; il ri-cordo di quei giorni ha riaperto una ferita mai rimargina-ta, ma è rimasta la gioia di sapere che ancora si trova chiricorda le vicissitudini dei nostri caduti e come si sacrifi-carono per un’Italia finalmente libera e penso sia bene por-tare a conoscenza dei nostri giovani quale alto prezzo pa-garono per noi quegli uomini.La ringrazio per quanto ha voluto e saputo compiere a ri-cordo del mio caro papà, grazie veramente di cuore.Con affetto

Domenico Marrone

Ex deportato dal settembre ’43, campo 3 Cristianstad Bober(Krzystkowice Bòbr) fabbrica esplosivi Manfustele scop-piata alle 7 di un lunedì del febbraio ’45 con 650 morti,cerca contatto con compagni di prigionia. Telefonare allo011/9113394. Ringraziando anticipatamente, porgo cordialisaluti.

Felice Finotti

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Gli studenti sono 35 e pro-vengono dal liceo classico “J.Stellini”, dall’istituto d’arte“G. Sello”, dall’“Uccellis” diUdine, dall’istituto tecnico diCividale, dall’istituto profes-sionale per i servizi com-merciali e turistici “J. Linus-sio” e dall’istituto commer-ciale “M. Gortani” di Tolmez-zo. Sono i vincitori di un con-corso a temi indetto dallescuole sui campi di stermi-nio. Il primo giorno prevedeuna sosta per il pranzo neipressi di Vienna, il passaggiodella frontiera ceca e l’arri-vo in serata ad Ostrava. Il se-condo giorno il viaggio pro-segue alla volta di Cracovia.In albergo in serata, ElviaBergamasco, ex deportata adAuschwitz-Birkenau, narra lapropria esperienza in prepa-razione alla visita del campo.La mattinata è, infatti, dedi-cata ad Auschwitz I, dove èallestito un museo visitabilecon l’accompagnamento diuna guida. Sono i momentipiù significativi. La triste-mente famosa scritta “Arbeitmacht frei” posta all’ingres-so richiama immediatamentealla mente le prime paginedel libro di Primo Levi nelquale viene descritto l’arrivoad Auschwitz. È con animograve, consapevoli della tra-gedia, che si procede nella vi-sita. Gli oggetti esposti, tra iquali mucchi di scarpe, vali-gie, capelli colpiscono profon-damente suscitando un forte

I nostri ragazzi “Viaggio” di studenti e di insegnanti nella Shoa

Dal Friuli ad Auschwitz nel nome della memoria

sgomento. I volti dei primideportati le cui foto copronole pareti, i forni crematori ele informazioni fornite dagliaccompagnatori scuotono lecoscienze. Nel pomeriggiocentrotrenta persone attra-versano il lager, sfilando die-tro il gonfalone della città diUdine, portato dal maresciallodei vigili Giancarlo Livera,mentre gli studenti portano ilsimbolo dell’Aned e la coro-na di fiori. Paolo Spezzotti,Dino Fumolo, ErmesVisentini, Elvia Bergamasco,Gino Bigotti, Guido Catarossi,Giuseppe Floreani e AlbinaMoimas ex deportati, proce-dono in testa seguiti dalle sco-laresche, dai docenti e daglialtri partecipanti. La coronaviene deposta al monumentoin onore dei caduti: è un mo-mento di estrema commo-zione. Il presidente dell’Aneddi Udine Paolo Spezzotti, ri-corda i morti nei lager e af-ferma la vitale importanzadella memoria. Il messaggio è prevalente-mente rivolto ai giovani si-lenziosi ed intimamente par-tecipi del momento. Infine ilpresidente conclude il suo in-tervento citando un passo diPrimo Levi:“Ogni straniero è nemico. Perlo più questa convinzione gia-ce in fondo agli animi comeuna infezione latente: si ma-nifesta in atti saltuari e in-coordinati e non sta all’ori-gine di un sistema di pensie-

ro. Ma quando questo avvie-ne [...] allora, al termine del-la catena sta il lager.”Conclusa la cerimonia i ra-gazzi visitano il lager ac-compagnati dagli ex depor-tati. In particolare ElviaBergamasco e Albina Moimasli guidano lungo il campo,nelle baracche e accanto allemacerie delle camere a gas.Rientrati in albergo, gli stu-denti, dopo cena, hanno mo-do di esprimere le riflessionimaturate nel corso della gior-nata: i giovani sono protago-nisti di una discussione del-la quale il presidente fungeda moderatore. Giusi Rinaldi,Damiano Pecile e GiuliaPerucchi - suscitando inte-resse e apprezzamento - leg-gono i temi svolti e parzial-mente pubblicati sul“Messaggero Veneto”, men-tre Eleonora Solari legge unatoccante poesia in lingua friu-lana, frutto delle sensazioniprovate visitando il lager. Glistudenti rivolgono infine unsentito ringraziamento agli exdeportati e, consapevoli del-l’esperienza vissuta, ribadi-

scono la fondamentale ne-cessità di dare alla memoriaun futuro.Il giorno seguente è dedica-to alla visita del Santuariodella Madonna Nera diCzestochova. Nel pomeriggioil viaggio riprende alla voltadella città ceca di Brno e vie-ne visionato il film “Jona chevisse nella balena”, che de-scrive la deportazione attra-verso gli occhi di un bambi-no ebreo. All’indomani, do-po una breve visita alloSpilberg (la fortezza in cui fuincarcerato Silvio Pellico), ilviaggio prosegue e sui pull-man viene proiettato il docu-mentario realizzato dall’As-sociazione coordinamento so-lidarietà e cooperazione diSalerno sull’esperienza vis-suta dai giovani salernitaniche avevano visitatoMauthausen, accompagnatida alcuni ex deportati. In occasione di una sosta inAustria il presidente dell’Anedrivolge un saluto a tutti i par-tecipanti manifestando l’au-gurio di poter ripetere una si-mile esperienza positiva.

Piazza 1° Maggio a Udine:130 persone, ex deportati,simpatizzanti dell’Aned,studenti ed insegnanti si danno appuntamento per compiere la visita al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau

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“Camminare accantoa quei binari...”

Lettera di un gruppo di ragazze udinesi

Cari soci dell’Aned, siamo le ragazze dell’I.S.A “G. Sello”di Udine che dopo aver partecipato al concorso da voi pro-posto, hanno avuto la possibilità di visitare i campi di ster-minio in Polonia e di vedere le città di Cracovia e Brno.Volevamo con questa lettera esprimere il nostro entusia-smo e la nostra soddisfazione per aver potuto vedere coni nostri occhi e apprendere ciò che da sempre studiamo suilibri di scuola. Con la visita ai campi di concentramentodi Auschwitz e Birkenau ci siamo umanamente rese contoquali atrocità e barbarie sia capace di commettere l’uomoverso i suoi simili. Cattiverie in grado di distruggere unuomo in tutti i suoi modi di essere fino a farlo diventare unnumero. Attraverso i racconti della sig.ra Bergamasco Elvia,degli altri deportati, grazie al camminare accanto ai binarinel campo di Birkenau, sentendo l’eco dei nostri passi nelsilenzio, noi ragazze, all’inizio con tanti sentimenti (dolo-re, angoscia, compassione...) abbiamo riflettuto sulla no-stra esperienza e insieme capito che le atrocità, le soffe-renze, le torture subite da persone innocenti non vanno di-menticate, nascoste o mascherate perché l’odio e l’igno-ranza degli uomini sono presenti e vanno sconfitti. Da unasituazione “emotivamente fragile e confusa” siamo arri-vate alla conclusione che queste iniziative non vanno ab-bandonate per dare così la possibilità ad altri ragazzi dicapire, vedendo e sentendo personalmente ciò che la me-moria deve tramandare per una futura e nuova coscienza.

Elena Bosa, Paola Rossi, Liana Frappa,Mahal, Laura Di Bert, Deborah Campane

Pubblichiamo la poesia (scritta anche inlingua friulana), letta perla prima volta durante la riflessione collettiva dopo la visita del campo di sterminio

AuschwitzC’erano fiorellini nonno...tra quei sassitra quella ceneretra quei binari di un treno

C’era il sole oggi nonno...sole che il tempoaveva scordatoin quella nube di fumo

Che silenzio nonno...un silenzio troppo spessoduro da ascoltareproprio come oggi

Ma chiedochiamoricordoe quel passatodiventa impossibile da scordaree quel freddo non può essere riscaldatoma nel presente dovrà vivere

La mentei pensiericonfusi dal volosilenzioso leggero degli uccellini

E le domande ed i perchétrovano risposte non nel presentegonfio di quel solema nel passato che vive in noinel suono che ascoltiamoche ci fa ricordare

Ed Auschwitz...làcolmo di ricordo...qualcosa non si può dimenticarequalcosa deve rodererimanere per sempre insaporitodi quel gusto di fiele...ieri.

Eleonora Solari

“Abbiamo raccontatola nostra esperienza”

La 1a B dell’Itc di Cividale

Egregio dottor Spezzotti, con la presente volevamo porgerlei più sentiti ringraziamenti per averci dato l’opportunitàdi partecipare a un viaggio veramente istruttivo che ci hafatto riflettere e capire aspetti della storia che altrimentinon avremmo mai approfondito. Le assicuriamo che la no-stra esperienza è stata riportata anche a tutti i nostri com-pagni di classe e sempre resterà indelebile come testimo-nianza nella nostra vita futura.Distinti saluti

Classe 1a B dell’Istituto Tecnico Commerciale di Cividale

Elisabetta De LuiseSimone GariupFabiana Binutti

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Dopo il viaggio tra i lager nazisti in Germania effettuato nelmarzo ’99, quest’anno una tappa del progetto di “Storia delNovecento” ha visto la partecipazione dell’Itis “E. Majorana”di Grugliasco (Torino), in collaborazione con l’ex deportatoBeppe Berruto, alla visita della Risiera di San Sabba a Trieste.La preparazione degli studenti - ricordano i ragazzi del “Majorana”in una loro testimonianza - è stata curata con filmati, libri edocumenti sull’argomento, lettere di condannati a morte e bru-ciati nel forno crematorio.Durante la visita è stata deposta una corona donata dal Comunedi Rivoli, città di provenienza di tanti studenti. Dopo la lettu-ra di lettere, di messaggi e di riflessioni maturate nelle varieclassi, il prof. Alessandro Volk ha guidato la visita alle celle eal museo del lager. A mezzogiorno si è svolto l’incontro conil presidente del Consiglio comunale di Trieste, Rosato, e conlo scambio dei doni. Di particolare significato l’auspicio chetali eventi stimolino i popoli, soprattutto le varie etnie dell’exJugoslavia, a costruire una società libera e democratica.Innumerevoli, le riflessioni degli studenti. Ne riportiamo al-cune:“Mi ha colpito immediatamente l’imponente struttura che èservita a distruggere moralmente e fisicamente tutti coloro chei nazisti consideravano inferiori e nemici”. “Anche la faccia-ta, senza intonaco completamente nuda e triste, la ricostru-zione dei muri alti simboleggiano dell’impossibilità di usci-re”. “Mi ha impressionato la crudeltà del trattamento inflittoai detenuti che erano ammucchiati in celle di pochi metri qua-

...le carceri “Nuove”nella “Storia del ’900”

La Risiera di San Sabba e...

Un interessante percorso storico del Novecento è stato orga-nizzato alle Carceri Nuove di Torino per visitare le celle e i“bracci”, occupati dai condannati a morte e dai detenuti poli-tici negli anni che vanno dal 1922 al 1945. L’iniziativa è sta-ta presa da un gruppo di insegnanti, rappresentanti di enti (co-me l’Anpi, la Federazione volontari della libertà, l’Aned) e daicappellani.

I nostri ragazzi

drati, che io credevo fossero per una sola persona, invece laguida ci ha detto che erano per sei persone e più”. “Nella Risierafinivano non solo gli ebrei ma anche detenuti politici... C’eral’intenzione dei nazisti di sterminare chiunque avesse potutointralciare la politica di Hitler” e “Mi ha colpito la distruzio-ne del forno crematorio da parte dei nazisti: questo è segnoche anche loro sapevano di fare cose atroci che non volevanofar sapere”.A ciascun studente è stata donata una copia dell’opuscolo “LaRisiera di San Sabba - Monumento nazionale” per ricordare lavisita e far conoscere alle proprie famiglie la tragica storia del-l’unico campo di sterminio d’Italia, ma anche di altri campi diconcentramento: Bolzano, Borgo San Dalmazzo (Cuneo), Fossoli(Modena), Campania (Salerno), Alberobello (Bari), Ferramonti(Cosenza).In ciascuno si è rafforzato il desiderio di approfondire le pro-prie conoscenze storiche, premessa indispensabile per instau-rare legami di solidarietà e spirito di collaborazione.

Testimonianze dagli studenti di Torino e Grugliasco

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Questa esperienza didattica e civile - è stato sottolineato - haavuto un grande significato. Gli studenti hanno ascoltato te-stimoni della Resistenza, della deportazione che hanno ricor-dato le conseguenze della guerra sofferte dagli ebrei.“Vorrei vedere la cella n° 3 o 19 o 26 del primo braccio per-ché c’è stato mio nonno”, hanno chiesto alcuni. Mentre altri chiedevano dov’era la cella del tenente IgnazioVian, di Duccio Galimberti e di tanti altri detenuti politici du-rante il fascismo. Non tutte le richieste - come hanno fatto no-tare gli organizzatori - sono state accolte, perché il 3° braccioseminterrato, il famoso “Buco” per gli imprigionati e i con-dannati a morte, è abbandonato, e celle “storiche” sono scom-parse.Sorge pertanto spontaneo il desiderio - hanno ricordato anco-ra gli organizzatori del “percorso storico” - di vedere ben con-servate le celle dove sono stati rinchiusi i martiri del SecondoRisorgimento italiano. E ci si domanda: “Si organizzano viag-

gi d’istruzione per visitare i campi di concentramento e di ster-minio, perché non conservare gelosamente questi ambienti sto-rici eventualmente arredandoli con documenti e reperti che ri-cordino la sofferenza di questi eroi, ma anche di tanta gentesemplice e onesta che ha saputo conservare la propria dignitàdi uomo nel suo vivere quotidiano”.Inoltre si ritiene che la “spesa economica sia minima in rap-porto al grande messaggio educativo e civile che verrebbe im-presso nella mente e nel cuore dei giovani visitatori. Le nuo-ve generazioni hanno bisogno di vedere segni tangibili per es-sere sensibilizzate con efficacia ai valori della libertà e dellademocrazia, superando l’impostazione tradizionale delle le-zioni di storia”.Ecco perché la proposta, rivolta alle autorità ed alle istituzio-ni competenti dovrebbe diventare “progetto formativo dellescuole di ogni ordine e grado”, oltre che “messaggio di civiltàper tutti i visitatori”.

Trieste - Gli studenti dell’Itis “Ettore Majorana”alla Risiera di San Sabba (a sinistra).

Torino - Nella chiesa delle“Nuove” durante l’incontrodei ragazzi con il cappellanoRuggero Cipolla.

Torino - Gli studenti nel 3° braccio delle “Nuove”,mentre parla Beppe Berrutoa nome dell’Aned.

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... poi una scrittain russo sul muro:“Dio, se ci seidovrai chiedermiperdono”

Abbiamo potuto capire l’im-portanza di quel numero gra-zie a Roberto Camerani, unex deportato a soli 18 anni,nel campo di sterminio diMautha-usen. Ciò che ha col-pito noi ragazzi è stato il va-lore simbolico della libertàperduta offerto dal cerbiattoin fuga alla vista dei prigio-nieri prima di entrare nel cam-po, e quello della libertà ri-conquistata che recava il pro-

fumo delle viole nel prato sulquale Camerani fu posato do-po la liberazione da un’in-fermiera degli alleati. Si ri-conosce il valore della libertàsolo quando questa viene amancare.È questo uno dei messaggiscritti dai ragazzi durante ilviaggio di ritorno dalla visi-ta a Mauthausen, organizza-to dalla Cooperativa circolo“La Speranza” di Cassina de’

I partecipanti (tra i quali numerosi ragazzi) alla visita del campo di concentramento.

I nostri ragazzi Cassina de’ Pecchi - Mauthausen per capire e ricordare

57555: un uomo diventato numero.Molti uomini sono stati privati della loro identità, dei loro diritti,soprattutto della loro libertà,a causa della crudeltà e dell’intolleranza da parte di altri uomini

Pecchi e dal Circolo familia-re di Sant’Agata (Milano).All’iniziativa hanno parteci-pato 63 persone di tutte le età,tra le quali un gruppo di gio-vani e giovanissimi.L’impatto con il campo av-viene sulla strada in lieve sa-lita che attraversa il paese: daun orticello spuntano, disci-plinatamente allineate per cin-que, delle teste d’uomo in pie-tra nera che, via via sprofon-

dano nel terreno. Da quelladirezione, per i più non ci sa-rebbe stato ritorno. Comparequindi il campo, quasi unafortezza protetta da possentimura di pietra: i primi de-portati - miliziani catturati du-rante la guerra civile spagnola- eressero quelle mura con lepietre ricavate da una vicinacava. Quasi tutti morirono difame e di stenti.Oltrepassato il portone ci tro-

No al razzismo in ogni sua forma

Un gruppo di studenti da Bologna e Sasso Marconi a Mauthausen

Il prof. Daniele Angelini, a nome dei ragazzi dell’Itis Serfieridi Bologna e Ghissi di Sasso Marconi, ha inviato all’Anedla lettera che volentieri pubblichiamo.

Gent.mi amici dell’Aned, in occasione di una recente visi-ta scolastica a Praga, abbiamo colto l’occasione per fer-marci al KZ lager di Mauthausen, un momento importan-te per far conoscere a molti dei nostri giovani cosa è ve-ramente successo nell’ultimo conflitto mondiale.Emozione, sdegno e profonda tristezza hanno colto gli ani-mi di molti di questi ragazzi, che hanno espresso il loropensiero in maniera estemporanea, su improvvisati fogliettiche qui allego in originale.Colgo l’opportunità per ringraziare Felice Malgaroli eUmberto Ridolfi per la gentile disponibilità nell’accompa-gnare e raccontare agli allievi le loro gravi vicissitudininel campo. Allego altresì alcune foto scattate dai nostrigiovani, nel KZ lager, con parte della scolaresca.Infine i miei personale sentiti saluti; vicino a voi ed ai vo-stri sentimenti. Per non dimenticare Mai!

DavideProvo vergogna e pena per un popolo che è riuscito ad espri-mere al massimo la propria ignoranza e cattiveria nella co-strizione e sopraffazione di altri esseri umani.

ChiaraÈ impressionante il livello di violenza che può raggiunge-re un essere umano; neanche gli animali possono arrivarea sterminare, perseguitare e sfruttare così brutalmente i pro-pri simili.

Alessandro (Bologna)Nonostante siano passati più di 50 anni gli edifici conser-vano e conserveranno sempre un alone di tristezza che faràriflettere ogni visitatore e si spera sensibilizzi maggior-mente le persone ad informarsi e combattere tutto ciò cheè il razzismo in ogni sua forma.

LivioTrovo spaventoso che l’ingegno umano possa essere cosìacuto nell’ideare un’opera di pura malvagità.

31Mauthausen - Gli studenti e i loro accompagnatori.

viamo nel cortile dove i pri-gionieri venivano immedia-tamente privati di tutto sottol’occhio vigile del coman-dante del campo, che li os-servava da un balconcino del-la casa dove risiedeva con lapropria famiglia e intrattene-va gli aguzzini con sontuosefeste, come quella per i 18anni del figlio maggiore, “ral-legrata” dalla fucilazione dialcuni internati.In fondo a destra si apre ilportone del campo vero e pro-prio, con a lato le docce perla disinfestazione, la salettaper la prima selezione, e poiil lungo piazzale sul quale siaffacciano - schierate sulla si-nistra - le baracche adibite adormitori, e a destra la pri-gione (sì, c’era perfino unaprigione dove i più “riottosi”venivano sottoposti a tratta-menti particolari: sul muro diuna cella c’è una scritta inrusso, “Dio, se ci se dovraichiedermi perdono!”. Nei seminterrati, le camere agas camuffate da docce e i treforni crematori con i loro ca-

mini, il cortiletto per le im-piccagioni.Ai piani superiori oggi c’è ilmuseo storico e le salette perla proiezione di documentariin diverse lingue. Appena fuo-ri dal campo, a nord, la cavadi pietra e la “scala della mor-te” sulla quale i deportati, or-mai trasformati negli ultimimesi in larve umane, tra-sportavano grossi blocchi suzainetti di legno, precipitan-do spesso gli uni sugli altrisenza più rialzarsi per gli sfi-nimenti o perché calpestatidagli stivali delle SS.Tutt’intorno si dispiega la ver-de Austria: i dolci paesaggicollinari, il verde intenso deiboschetti, quello più chiarodei prati, i tetti scuri delle ca-se, il segno dei viottoli e deifiumi: in un paesaggio cosìfelicemente favorevole allavita, alcuni uomini (quanti?)hanno preteso di imprimergliil marchio di una fabbrica dimorte.

Marino Contardo(Circolo “La Speranza”

di Cassina de’ Pecchi)

Massimo (19 anni)Dachau - È brutto immaginare come in quei prati verdi pie-ni di fiori, di serenità e di calmo silenzio, come in quellestrade ghiaiose quasi interminabili, poco più di mezzo se-colo fa giacevano cadaveri di gente innocente, cadevanospezzate le schiene dei bambini, delle donne, il sangue scor-reva leggero sotto le suole delle scarpe dei militari. I fornilavoravano, ardevano carne umana come la nostra... Tuttoquesto era lecito; tutto questo era Dachau. Mi sento in dovere di ringraziare voi professori, in partico-lar modo gli organizzatori, per avermi permesso di parteci-pare a questa favolosa gita. Devo ringraziarvi anche per essere riusciti a rendere questagita al tempo stesso divertente ma soprattutto molto inte-ressante ed istruttiva. Penso che le esperienze vissute in que-sti sei giorni passati insieme rimarranno vive nella mia me-moria per sempre, e ciò è anche merito vostro. Grazie.

Andrea (16 anni) Ogni sera, come da copione ormai, mi affaccio alla finestradella mia vita, e cerco nel mio IO le risposte, i perché ognigiorno dobbiamo vivere, combattere, combattere, morire!Oggi “Il giorno di Dachau”, il mio Essere non sa se sarà.Entrando una cosa mi ha colpito, una foto, non di quelleeclatanti, ma di quelle che ti entrano nelle vene e ti scuo-tono l’animo, sembrava che quella foto riuscisse a parlare,mi dicesse guarda... e tutte le mie certezze crollavano co-me un castello di sabbia.

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A testimonianza dell’interesse

suscitato tra gli studenti dell’Itg

“Vaglio Rubens” di Biella,

dalla visita al lager di Dachau

(dopo quella a Praga), sono state

raccolte e pubblicate le risposte

dei ragazzi a cinque domande

sul periodico dell’Istituto.

Nello stesso numero

sono anche ospitate una serie

di “libere riflessioni finali”

che riproponiamo ai nostri lettori

Il sanguescorreva,i forni ardevano:tutto questoera Dachau

I nostri ragazzi

Matteo (17 anni) Le mie ultime riflessioni voglio rivolgerle a tutti voi prof etutti i miei compagni di viaggio. Voglio ringraziarvi tuttiperché ritengo tutta la gita un grosso insegnamento. Un in-segnamento comportamentale e un insegnamento culturaleallo stesso tempo e che giorno per giorno ti aiutano anchea crescere. Comunque visto che le righe sono poche e i pen-sieri tanti, concludo con un umile e semplice grazie!!!

Romina (18 anni)Durante la visita al campo ho notato l’attenzione e la com-mozione generale riflessa negli occhi lucidi di quasi tutti edei lunghi silenzi che mi hanno fatto capire che nel mondoesiste ancora solidarietà tra gli uomini e un grande amorecapace di perdonare.

Stefania (20 anni) Il silenzio angosciante e gli occhi lucidi di tante persone,me compresa, mi ha ridato fiducia nella gente di questomondo che ha tanto sbagliato ma che adesso è pronto a cam-biare.

Consuelo (17 anni)La visita mi è piaciuta e la rifarei sicuramente. Ciò che miha più impressionata è stata la vista dei forni crematori, misono sentita stringere lo stomaco, ma se devo essere since-ra il film visto a scuola, “Gli ultimi giorni”, ha suscitato inme maggiori emozioni e persino commozione.

Commenti e riflessioni da Biella

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La parola d’ordineDa una studentessa di Cecina(Livorno) abbiamo ricevu-to un contributo tra rifles-sione e racconto, che pub-blichiamo volentieri.

Caro Javeh, ho freddo e son-no, ma ho gli occhi così gon-fi da non riuscire a chiu-derli. Sono io... il numero50679. Ha detto papà che si leggecosì. Ha detto anche chequesta è la nostra nuova ca-sa: si chiama Aswiz... cre-do. Non ricordo. Non mi pia-ce qui. Si dorme sul pavi-mento e non ci sono i mieiamici. Mi sento tanto soloe ho fame. Ho provato a raschiare be-ne il piatto con il cucchiaio,ma lo stomaco continua abrontolare. È buio e ho paura. Guardoil cielo stellato e una lacri-mona grande come il vuotoche ho dentro mi cade inbocca. Qui le persone sonotutte uguali: senza capelli,con gli stessi vestiti, gli stes-si sguardi impauriti e sof-ferenti. Anche i rumori so-no gli stessi: spari di can-noni e di fucili e frasi sec-che, in tedesco. La neve cade a fiocchi. Hovoglia di rotolarmi con lamia famiglia intorno al fuo-co e di ridere. Da quantotempo sto piangendo? Perquanto ancora dovrò sof-frire? JAVEH, ci sei? Dì alla mamma che mi man-ca. Fammela vedere una vol-ta, ti prego. Intreccio le di-ta, appoggio la testa sullemani e prego. Fuori la ne-ve continua cadere. Ma ionon mollo.

Questa mattina ho visto lamamma. È corsa verso dime, con le braccia spalan-cate, e sorrideva. Anche lei è senza capelli,mi è sembrata tanto triste.Si è inginocchiata e mi ha

abbracciato stretto e ho re-spirato quell’odore che sol-tanto le mamme hanno. Ilsoldato tedesco ha iniziatoa urlare. Io guardavo mam-ma e lei mi accarezzava icapelli... Il soldato gridavafrasi incomprensibili e ci in-dicava. Mamma mi sfiora-va le guance scrutandominegli occhi. Ho avuto l’im-pressione che mi volesse di-re tante cose, ma che nonriuscisse a parlare. Il soldato le ha puntato con-tro il fucile. Le nostre ma-ni si sono strette più forte,ho premuto la testa sulla suaspalla. Poi lo sparo! Poi ilbuio.Il soldato mi ha preso perle spalle e mi ha trascinatovia, mentre io gridavo fra isinghiozzi. La mamma eraa terra, coperta di sangue.Mi ha detto: “Sii forte”.Sono rimasto raggomitola-to, sulla terra bagnata, fis-sando l’orizzonte, oltre il fi-lo spinato. Lentamente ho smesso dipiangere e mi sono asciu-gato il naso con la manica.Mi sono immaginato ilParadiso, con tante nuvolebianche e ho rivisto la mam-ma. Aveva di nuovo i suoicapelli, due grandi ali e ilsolito sorriso. Mi ha ripetuto di non pian-gere più. Nel cuore in pezzi si è fat-ta largo un po’ di speranza.Sono consapevole di non es-sere più solo: attorno a mei tedeschi marciano, urla-no, sparano. La gente muore. Ma la mam-ma è salva: è in un luogodove FREDEN, SHALOM,PACE, sono la parola d’or-dine. Adesso lo so.

Chiara Mori (III C, liceo classico “E.

Fermi” Cecina - Li)

Simone (19 anni)Penso che nessun uomo debba essere privato della proprialibertà, cultura, religione, penso che fatti del genere nondebbano più accadere anche se in realtà non è così, pensoche sia giusto non dimenticare e che l’uomo si debba ver-gognare per ciò che ha commesso, penso che ora bisognavietare che ciò succeda nuovamente e farlo con ogni mez-zo e a qualsiasi costo e in qualsiasi parte del mondo.

Marco (18 anni)È molto difficile esprimere le proprie riflessioni o il pro-prio pensiero, o tutto quello che si è provato in quel mo-mento, ma una cosa è certa: questa è stata un’esperienzaprofonda e significativa dalla quale si è imparato molto, se-condo me.

Katia (19 anni) Mi è difficile pensare come tutta quella gente abbia potutoessere trattata peggio delle bestie dai propri simili. Ma lacosa che più mi fa riflettere e non trovo risposta è: ammi-ro tutti coloro che nel campo di concentramento sono riu-sciti a resistere e a vedersi liberi. Non mi spiego con qualeforza riuscivano ogni giorno a non tentare di togliersi la vi-ta che per loro sembrava essere una punizione.

Elisa (16 anni)La visita al campo di concentramento è stato il momentoche aspettavo e desideravo di più in tutta la gita. Nella suatragicità è stato veramente bello. Ho provato una grande tri-stezza, un peso allo stomaco da quando sono entrata fino aquando sono ritornata sul pullman. Grazie a tutti.

Gianluca (17 anni)Grazie professor Cipolat! Grazie! Grazie! Grazie! Fin dalfilm lei ci ha ringraziato per la nostra attenzione e per lapartecipazione, ora tocca a noi ringraziarla per l’organiz-zazione di tutto! Complimenti “Cipo” ottimo lavoro! Grazieanche a quei miei compagni che l’hanno aiutata per la buo-na riuscita di tutto, dal film alla riunione d’istituto. E daquando sono al “Vaglio” non era ancora capitato nulla dicosì bello! Grazie prof. Cipolat e grazie compagni che ave-te collaborato al lavoro.

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I nostri ragazzi

“In questoparadiso c’è stato l’inferno”

Una mostra allestita dall’Anpidi Canegrate-San Giorgio(Milano) ha proposto una se-rie di immagini per “raccon-tare” e testimoniare il viaggio- organizzato dall’Associazio-ne - a Dachau, Mauthausen,Ebensee, Gusen e al castellodi Hartheim. Quelle che pub-blichiamo sono alcune, signi-ficative “impressioni”, pre-sentate da una introduzionegenerale: “... le pietre sono leuniche vere testimonianze delpassato, vivono nel presentee rimarranno nel futuro; sono

eterne, noi uomini siamo so-lo di passaggio...”. Queste leparole - ricorda ancora la pre-sentazione - pronunciate dalsignor Camerani (un ex de-portato che accompagnava ivisitatori, ndr) mentre ci in-vita a toccare con le nostremani le sole custodi dell’an-goscia respirata in quei luo-ghi. Durante la vita nei cam-pi abbiamo provato sensazio-ni di ansia e terrore così for-ti da non riuscire neppure aquantificare la sofferenza vis-suta dai deportati.

Diana Sometti“Una delle cose che mi ha colpito di più è stata la visita adEbensee: oggi del lager non rimane quasi nulla perché ilterritorio è stato venduto ed edificato. Questo esprime la vo-lontà di cancellare questo passato scomodo e sicuramentepoco dignitoso; ma non si può cancellare tutto, per quantodoloroso sia, bisogna invece ricordare e rivivere questa tra-gedia, nella speranza che ciò porti un messaggio di pace,una spinta a non ripetere mai più simili esperienze. Tra lecase a Ebensee rimane l’arco della porta del campo, segnoche, nonostante tutti gli sforzi, la memoria non si può can-cellare”. E ancora: “È stato impressionante entrare nella gal-leria n° 5: le pietre sul suolo sono grandi, aguzze e scivo-lose; l’ambiente è umido, ma soprattutto buio. Noi abbia-mo incontrato difficoltà nel percorrere la galleria fino infondo, quindi è facile intuire come fosse arduo e spossantelavorare lì dentro per i deportati, che già erano in condi-zioni di salute precarie. È davvero incredibile.”

Lisa Malinverno“Fuori dal campo i prigionieri venivano obbligati a lavora-re in gallerie umide e buie dove, successivamente, sareb-bero stati portati dai tedeschi, consapevoli che la guerra vol-geva al peggio, per essere uccisi, se non fossero arrivati gliamericani a riportare loro la libertà”.“Il castello di Hartheim era la dimora estiva degli Asburgo,poi negli anni del regime nazista è stato trasformato in ‘ospe-dale’ per coloro che avevano problemi sia fisici che menta-li. Questi erano considerati parassiti della società e quindiindividui da eliminare: venivano fatti esperimenti, tortureper verificare il limite di sopportazione di tali persone”.

Marina Mangione“Molte cose mi hanno sorpreso, ma sicuramente una in par-ticolare. È stato incredibile scoprire il destino riservato aineonati ebrei: essi venivano tolti con violenza dalle bracciadelle loro madri, ammucchiati su di un camion e poi rove-sciati in fosse contenenti materiale infiammabili: quindi bru-ciati vivi! Com’è stato possibile mostrarsi così feroci neiconfronti di queste piccole anime?”

Vicky Reyes “Quello che mi ha impressionato di più è stato il momentoin cui il signor Camerani ci ha fatto entrare nella camera agas nel campo di Mauthausen. Non ho mai sofferto di clau-

strofobia, ma lì mi sono sentita oppressa. Eravamo in tanti,anche se sicuramente non raggiungevamo il numero dei ‘con-dannati’ che si ritrovavano lì dentro ammassati. Pur non vo-lendo, mi era difficile non pensare a quelle morti atroci e al-le montagne di cadaveri che occupavano quei precisi spazi”.

Elisabetta Elia“Sono rimasta stupita dell’assoluta bellezza dell’Austria.Mi è stato difficile pensare che in quei luoghi, solo 55 an-ni fa, sono state compiute atrocità senza pari. In un pae-saggio che si potrebbe definire un piccolo paradiso natura-le, milioni di uomini hanno trovato l’inferno; prati fioriti ele colline che inneggiano alla libertà sorgono proprio dovepersone hanno vissuto la loro prigione”.

Serena Caci“L’aspetto che mi ha colpito maggiormente di questo viag-gio non riguarda direttamente i terribili luoghi visitati, masi riferisce piuttosto alle parole, rivolte in principal modoai giovani, pronunciate dall’ex deportato signor Camerani.Egli è stata la prima persona che ha parlato realmente inmodo positivo della gioventù! Ci ha fatto comprendere cheal mondo esiste ancora qualcuno che ha fiducia in noi gio-vani, abituati a ricevere dai più grandi solo critiche, a vol-te anche offensive. Di solito siamo considerati persone su-perficiali e ingenue, ma posso assicurare che davanti a que-gli orribili spettacoli dei campi di sterminio noi siamo ri-masti senza parole. Personalmente ancora non riesco a cre-dere che in quei luoghi sia esistita tanta violenza e tanto ter-rore, a tal punto che ancora oggi, a distanza di più di 55 an-ni gli ex deportati si commuovono a parlarne. Quest’esperienzami ha lasciato un segno indelebile e in pochi giorni ho ca-pito l’inutilità dell’odio e della violenza: gli uomini sonotutti uguali, bisognerebbe solamente imparare a conviverepiù serenamente, perché in fondo l’orrore nei campi di con-centramento esiste ancora, forse non in Austria e in Germania,ma esiste”.

Ed ecco la conclusione col-lettiva delle testimonianze.

Le immagini e i filmati chevediamo ci emozionano e cifanno riflettere, ma questoviaggio ci è servito a risco-

prire questa tragedia comequalcosa di più personale, dipiù vicino a noi, perché in que-sti campi c’è ancora tutto ilterrore che né anni, né seco-li, né millenni potranno maicancellare.

L’iniziativa dell’Anpi di Canegrate-San Giorgio (Mi)

35L’acquarello di Cristina Lenchig, studentessa, dopo la visita ad Auschwitz.

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La manifestazione internazionale sul Colle del Lys

La terra dei lager per onorare i 2024 caduti del Lys

I 2024 caduti della Resistenza nelle zone di montagna della provincia di Torino (Valli di Lanzo, Susa, Sangone e Chisone) sono stati commemorati al Colle del Lys, in Val di Susa. La partecipazione dell’Aned all’organizzazioneannuale di questa importante manifestazione curata dal Comitato Resistenza Colle del Lys e appoggiata da vari Enti,ha sempre consentito di ricordare anche pubblicamente la storia della deportazione

Non a caso nell’area della“Aiuola della pace”, realizza-ta sul grande piazzale che com-prende il nuovo Centro eco-museale inaugurato conte-stualmente alla manifestazio-ne, è stata posta un’urna con-tenente la terra raccolta allafossa comune del Leitenbergdi Dachau, dedicato simboli-camente a tutte le vittime deilager. Beppe Berruto, consi-gliere nazionale dell’Aned, haillustrato agli studenti inter-venuti, in rappresentanza del-le scuole della provincia diTorino (e che in gran parteavevano visitato i campi disterminio), il significato del-

la cerimonia e l’importanzadella memoria storica per ladifesa dei valori dellaResistenza. Berruto ha sotto-lineato l’esigenza di assume-re questi valori quale stru-mento indispensabile per re-spingere attacchi, più o menopalesi, alla nostra democra-zia. Due momenti hanno ca-ratterizzato, in particolare, lamanifestazione. Il primo, quan-do delegazioni di Comunità eAssociazioni italiane, rappre-sentanze di Paesi e scuoled’Europa, hanno approvato undocumento di intenti che do-vrà, nel futuro, sancire un im-pegno concreto e collegiale

per la realizzazione di pro-getti culturali, indirizzati allasolidarietà e alla pace, anchemediante la costituzione di un“Coordinamento internazio-nale”. In successivi incontri,si stabiliranno le modalità,proposte e obiettivi.Il secondo momento ha regi-strato l’approvazione unani-me di un altro documento daparte degli amministratori del-le Città Medaglie d’oro dellaResistenza, dei Comuni e del-le Comunità montane, delleprovincie di Torino e Cremona,giunti da varie parti delPiemonte e da altre regioni.Nel documento, oltre all’af-

fermazione che la Resistenza(formata “da forze di ispira-zione diversa: comunisti, de-stra liberale, socialisti, Partitod’Azione, democristiani equindi simbolo di tutte le for-ze democratiche”) è patrimo-nio di tutti gli italiani, è con-tenuta la proposta di inserirenei bilanci dei Comuni e del-le Regioni, “un apposito ca-pitolo di spesa per iniziativeche contribuiscano a svilup-pare e rafforzare la crescitapolitica, non partitica, del cit-tadino”. La manifestazione haavuto la sua conclusione conil discorso del ministro dellaGiustizia, Piero Fassino.

Vandali contro il memoriale

La riproduzione della cap-pella cattolica “Agonia diCristo” con l’urna che con-tiene la terra di una fossacomune del Leitenberg diDachau. Il Memoriale è statopreso di mira - come hadenunciato la sezionedell’Aned di Torino - daignoti vandali, che hanno, fral’altro, tagliato l’albero pian-tumato in memoria delladeportazione italiana.

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Colle del Lys - Il ministro della Giustizia, Piero Fassino,attorniato dai manifestanti, tra i quali gli studenti dell’Itis “E. Majorana” di Grugliasco (Torino). Uno di essi ha letto, durante la manifestazione, unadichiarazione a nome di tutti i suoi compagni di studio:“Quando sentiamo parlare di deportazione, di Olocausto

rimaniamo indignati ed increduli. Ma pensando alle sofferenze che un uomo può infliggere ad un altro,è necessario che ognuno di noi conosca il passato affinché ogni persona che ascolta diventi a sua volta un testimone”. Anche per testimoniare questo impegno, i giovani studentihanno portato al collo il fazzoletto-simbolo degli ex deportati.

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A 55 anni dalla Liberazione,si incontrano in Sachsenhau-sen più di duecento soprav-vissuti provenienti dalleRepubbliche caucasiche, dalCanada, da Israele e da mol-ti stati europei. Alcuni di que-sti compagni, ritornavano nellager per la prima volta dal1945. Sui loro volti un tur-bamento, un’emozione inde-scrivibili, comprensibili sol-tanto per coloro che aveva-no vissuto le stesse espe-rienze.Sotto l’egida della Fondazionedi Brandeburgo, il campo diSachsenhausen si sta rinno-vando. Le baracche 38 e 39,vandalicamente bruciate al-cuni anni fa, sono state com-pletamente ricostruite e giàdestinate a museo. Il recu-pero interessa anche le ba-

SACHSENHAUSEN

Da tuttaEuropa per celebrare la liberazione dei campi

Tra i duecentoc’era chi tornavaper la primavolta al campo

racche addette a cucina ed in-fermeria. Si sta inoltre pro-cedendo a quella dell’edificiodenominato “Villa Eicke”, se-de del comando di tutti i KZnazisti.Circa trecentomila personehanno visitato il museo ed illager, ed hanno reso omaggioalle vittime. Tra i visitatori ilgen. Barac primo ministro del-lo Stato di Israele. Il nostrolavoro per dare un futuro al-la memoria continua. Gruppidi giovani della “seconda ge-nerazione” di numerosi pae-si europei, si sono uniti agliultimi superstiti del lager, percontinuare l’opera intrapresa.Confidiamo in essi. E noi ri-vivremo in loro.

MA. Ansaldi(103868 Sachsenhausen)

55 ANNI DOPO

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FLOSSENBURG

Tante le corone ma brillaval’assenzaitaliana

Nel KZ Flossenburg incontrifra i superstiti, ministri dellaBoemia e autorità comunali.Erano presenti sopravvissutipolacchi, russi, cechi, slo-vacchi, francesi, belgi. E poi familiari di caduti emoltissimi giovani provenientida diverse zone dellaGermania e d’Europa.Ad ognuno dei superstiti èstato “assegnato” un gruppodi ragazzi di altri Paesi conil compito di accompagnarlinella visita al campo, o me-glio a quello che ne rimane-va, illustrandone il funziona-mento, la vita e la morte.Nell’ultimo giorno dell’ini-ziativa si è svolta la messanelle chiese cattolica ed evan-gelista, successivamente si èavuta la visita al cimitero delcampo e ad altre strutture tut-

tora esistenti. Nell’ex lavan-deria, inoltre, era stato orga-nizzato un incontro alla pre-senza del ministro dellaCultura, sig.ra MonikaHohlmeier e di altre autoritàdella Baviera e comunali.Numerosi i discorsi di rin-graziamento e benvenuto atutti i presenti.Sono stati illustrati i pro-grammi per il recupero delKZ per ridargli il posto chemerita nella memoria. Sulpiazzale delle prigioni eranoin bella mostra moltissime co-rone inviate dalle diverse de-legazioni e consolati. Brillava l’assenza italiana. Ilmio nipotino di tre anni avreb-be detto “pazienda”, io chesono più cattivo “vergogna”.

Sergio Pellegatta

DACHAU

La “seconda”generazione nel Comitatointernazionale

Numerosi gli argomenti af-frontati all’assemblea gene-rale del Comitato internazio-nale di Dachau (CID) per lecelebrazioni del 55° anniver-sario della liberazione del cam-po. “L’anno 2000” - ha dettotra l’altro il segretario gene-rale Jean Samuel - è stato im-prontato al completamento deilavori di risanamento delJourhaus e del Bunker”. L’entrata al campo sarà ef-fettuta conformemente ai de-sideri degli ex deportati. Perquanto riguarda la via di ac-cesso al Memoriale, ilComitato internazionale ri-tiene che il percorso “stori-co” realmente calpestato daidetenuti sia l’alternativa mi-gliore. L’ufficio di presiden-za - informa il rapporto “mo-rale” di Jean Samuel - si è riu-nito, dopo Praga a Poznam,dove l’associazione dei so-pravvissuti polacchi di Dachauaveva organizzato una mani-festazione. I rappresentantidell’ufficio di presidenza delCID hanno assistito ad unacerimonia commemorativa alFort VII, e sono stati poi ri-cevuti in prefettura, dove han-no preso la parola il ministrodegli ex combattenti diPolonia, il prefetto e l’addet-to militare dell’ambasciataamericana. Ecco, inoltre, unasintesi di altre informazionicontenute nel “rapporto” pre-sentato da Jean Samuel.Una cerimonia commemora-tiva ha avuto luogo a Mûhldorfper iniziativa dell’Associa-

zione “Contro l’oblio - per lademocrazia”, in collaborazionecon l’associazione “Memento”e l’Amical tedesca degli exdeportati di Dachau. Muhldorfè stato un kommando esternodel lager. Nell’officina sot-terranea di armamenti la mor-talità dei detenuti era parti-colarmente elevata.Nella riunione del suo ufficiodi presidenza a Praga, il CIDha indirizzato una lettera alministro bavarese MonikaHohlmeier per la salvaguar-dia e la integrazione di tutti ikommandos esterni di Dachauper meglio tutelare la memo-ria. Il rapporto di Jean Samuelsi è concluso con un salutoparticolare ai membri delComitato internazionale che,appartenenti alla “seconda ge-nerazione”, sono stati desi-gnati dalle rispettive Associa-zioni nazionali. Designazionigià iniziate con l’elezione deldelegato olandese Philippe deLoos al Consiglio d’ammini-strazione e dal lussemburgheseArmand Hoffmann come re-visore dei conti. La “secondagenerazione” è ora presenteall’Assemblea generale con ilbelga Benôit Darmont;Michael Markov, bulgaro; lasignora Katalin Szego, un-gherese; Gianluca Mazzullo,figlio del generale LuigiMazzullo per l’Italia. Il rap-presentante francese PatriceDe Coligny, presente l’annoscorso, ha delegato ChristelleDumontier, figlio di un ex de-portato di Dachau.

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NEUENGAMME

Tre giorni con “dentro”mezzo secolo di memoria

Il giorno in cui mi è arrivatol’invito dell’associazione“Amicale” di Neuengamme,sono stato indeciso se accet-tarlo o meno. Le sofferenzesubite, le atrocità viste, gli in-cubi, ancora, ricorrenti, mispingevano, da un lato, a nontornare in quei luoghi; dal-l’altro, mi sentivo attratto eavvertivo la necessità di nondimenticare e di trasmettereagli altri” quei ricordi”.Così ho deciso di partire perriappropriarmi di tutte quellememorie insieme ad altre per-sone, per condividere, anco-ra una volta, il ricordo, fattodi morte e di disperazione,con quelli che, come me, han-no la gioia e sentono, però,anche la “colpa” di essere so-pravvissuti. Il viaggio è statoun’esperienza carica di dolo-re e di significati. Il gruppoera composto di circa cin-quecento persone provenien-ti da ogni parte d’Europa.L’alta capacità organizzativadell’associazione tedesca hafatto sì che le giornate fosse-ro ricche di visite e di ceri-monie commemorative, sen-za problemi di alcun tipo.Il primo giorno, insieme alladelegazione francese, ho par-tecipato all’apertura delle ce-lebrazioni. Condividiamo al-cuni posti molto significativi,per noi, come la caserma di“Hohne-Camp”, dove ho tra-scorso il lungo periodo dellaconvalescenza dopo la libe-razione dal campo di Bergen-Belsen. Attualmente nella ca-

serma c’è un cimitero ebrai-co, dove sono sepolti quelliche sono morti dopo la libe-razione.La cerimonia - cui hanno par-tecipato alcuni parenti dellevittime ed è consistita nelladeposizione di corone di fio-ri - è stata molto commoven-te. Successivamente, siamostati nel campo di Bergen-Belsen, irriconoscibile ai no-

stri occhi. Nei posti in cui,una volta si trovavano le ba-racche e gli edifici, ora ci so-no numerose fosse comuni.Dove regnava la violenza e ladisperazione, ora ci sono glialberi che sembrano vegliaresu quei morti, colpevoli solodi essere “diversi”. Allontanandomi per un atti-mo dal gruppo, ho rivisto ilposto in cui sorgevano le ba-racche, la piazza dell’appel-lo, la vasca antincendio, pro-prio dove ho assistito alla mor-te di un uomo o senza che ilmio tentativo d’aiuto potesseservire a qualcosa.A differenza del campo, il mu-seo di Bergen-Belsen custo-disce tutto ciò che la memo-

ria non può cancellare, testi-monianze di un periodo chenon deve più tornare. Mi com-muovo ancora nel pensare adun francese e ad uno jugo-slavo: il primo mi ha raccon-tato, a lungo, le sue esperienze;discorrendo con il secondoabbiamo scoperto di esserestati arrestati lo stesso giornoe di aver passato buona partedella prigionia insieme. Queste

splendide persone, con ad-dosso i segni degli anni e deldolore, trasmettevano amoree dolcezza con lo sguardo, conle mani, con gli occhi e conil sorriso, sempre presente.Tutto il loro essere era un mes-saggio di speranza e di confor-to, soprattutto per i giovani lìriuniti, che non avevano vis-suto quelle terribili esperien-ze.Il viaggio è proseguito condestinazione Hannover-Ahlem,dove era ubicata un’industriaper la raffinazione del petro-lio e nella quale sono mortimolti “schiavi di Hitler”.Giunti sul luogo, però, l’e-mozione del ricordo ha la-sciato il posto all’indignazio-

ne: lo stabilimento non c’erapiù, al suo posto erano statecostruite delle moderne vil-lette a schiera. A ricordo diquanto è successo, oggi esiteun piccolo monumento, lun-go la strada, a più di centometri dalle villette.A conclusione di questa gior-nata piena di impegni, abbia-mo fatto visita al campo diStöcken. Qui ho lavorato al-l’interno della fabbricaContinental, dove, in quel pe-riodo, non si costruivano pneu-matici, ma accumulatori pergli U-Boot. Anche di questocampo non è rimasto nulla,fatta eccezione per un monu-mento, sul quale ho depostouna corona di fiori insieme adun francese. In questo postoho avuto l’onore di tenere unbreve discorso di testimo-nianza.Con il gruppo olandese, horaggiunto il giorno dopo ilporto di Lübeck dove ci sia-mo imbarcati per parteciparead una cerimonia commemo-rativa che si teneva vicino al-la Danimarca, nel punto in cuisono state affondate due na-vi, la Cap Arcona e laThielbek, con a bordo sette-mila prigionieri del campo diNeuengamme.È stato emozionante quandola nostra nave si è fermata inquel luogo di martirio. Primasi è sentita la sirena poi il si-lenzio. E accompagnati da uncanto, tutti i passeggeri han-no gettato in mare delle rose.Non so come sono riuscito a

Alcune “tappe”:il museo di Bergen-Belsen, le navi

affondate con a bordo settemila prigionieri,la vecchia tenda dove 20 bambini vennero strangolati per cancellare

le tracce degli esperimenti sugli esseri umani

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trattenere le lacrime, ero dipietra, non parlavo più.Pensavo alla sofferenza e alpanico di quelle persone chestavano capendo di morire. Eintanto vedevo gli altri intor-no a me che avevano, per unattimo, cambiato atteggia-mento chiudendosi, ognuno,in una torre di ricordi. A con-clusione della cerimonia hopensato per prima cosa, cheavrei voluto abbracciare tut-ti, ripagandoli per quella sof-ferenza che hanno, anzi cheabbiamo, provato. Ritornando la sera ad Amburgoci hanno portato in una vec-chia scuola, ora restaurata, do-ve sono stati strangolati ven-ti bambini solo perché eranola prova da cancellare degliesperimenti che i nazisti fa-cevano sugli esseri umani. Hovisto le loro foto e le foto deiloro assassini, ritratti, questiultimi, insieme ai loro bam-bini. come hanno potuto?Erano padri anche loro! Comehanno potuto...Il terzo giorno abbiamo visi-tato il campo di Neuengamme,dove ho trascorso un altro pe-riodo della mia prigonia, ora,paradossalmente, “trasforma-to” in un carcere. Ho cono-sciuto dei veri eroi che, in di-fesa dei propri ideali, hannoostacolato con tutte le loroforze il nazismo. Fra tanti, inparticolare, Friz, che è statomoltissimi anni in carcere eha fondato l’“Amicale”.Abbiamo visitato il museo,molto accurato nell’allesti-

mento, soprattutto sotto il pro-filo educativo. Infatti oltre aduna perfetta ricostruzione de-gli ambienti, è dotato di po-stazioni informatiche e au-diovisive. All’interno dellafabbrica di mattoni del cam-po, abbiamo assistito ai di-scorsi del sindaco di Amburgo,del presidente dell’“AmicaleInternazionale del KZ-Neuengamme” e di alcuni so-pravvissuti. Gli interventi deirelatori sono stati alternati concanti dei prigionieri.Alla fine abbiamo formato unaspecie di processione per rag-giungere il monumento“Memorial Internazionale diNeuengamme” e per deporrecorone di fiori. L’aspetto piùcommovente della cerimoniaera la presenza dei delegatieuropei, che partecipavano insilenzio, presi nel ricordo. Tuttinoi eravamo consapevoli chequesto sarebbe stato il nostroultimo momento insieme.Dopo, ognuno sarebbe torna-to a casa sicuramente più ric-co di esperienze da racconta-re. Gli anni oscuri del nazi-smo e del fascismo, hannocondizionato la vita di noi te-stimoni e ci hanno fatto con-durre un’esistenza nella fati-ca e nel ricordo di quei mo-menti, mai troppo lontani.Momenti di oltre cinquant’annifa, che sono, per noi, triste-mente attuali e ritornano, an-cora oggi, attraverso i nostriincubi, durante il sonno e du-rante la giornata, togliendocile forze. Come testimoni pro-

viamo tutto questo; ma sia-mo, comunque, rassegnati adaccettare la nostra Memoriacome un parassita che non sene va e che si nutre della no-stra essenza e della nostra esi-stenza. Tornando da questa

esperienza, ho sentito più for-te l’impegno di diffondere ciòche i miei occhi hanno vistoe che il mio cuore ha ascol-tato, ma soprattutto ciò cheho vissuto.

Rinaldo Rinaldi

I NOSTRI LUTTI

L’Aned di Empoli esprimeprofondo cordoglio per la mor-te di

Maria Giovanna Nencioni

e si unisce al lutto dei fami-liari. Maria Giovanna nata aLivorno, si era trasferita adEmpoli con la famiglia nel1943, dopo che la loro casaera stata rasa al suolo. Era fi-glia di Giuseppe Nencioni,martire della violenza nazi-sta, ucciso nel campo di ster-minio di Ebensee e sorella diNedo, consigliere nazionaledell’Aned che venne depor-tato non ancora sedicenne,dopo un lungo calvario nel-lo stesso lager del padre, riu-scendo a sopravvivere.Maria Giovanna ha scritto unlibro dal titolo “I giorni delterrore” a cura della casa edi-trice Ibiskos, in occasione del50° anniversario del 25 Aprile,uscito a mezzo secolo di di-stanza da quel 27 gennaio1945, giorno della liberazio-ne di Auschwitz-Birkenau. In quelle pagine è racconta-to il calvario non solo dellafamiglia Nencioni, ma anchedi tutte quelle cui toccò la stes-sa sorte: Mauthausen, Ebensee,Artheim, deportate da Empolie dai comuni vicini.

La sezione di Torino annun-cia con profondo cordoglio lascomparsa dei soci

Giovanni Fioris

deportato a Buchenwald (ma-tr. 98373), e a Sachsenhausen(matr. 72518)

Giovanni Grassiano

deportato a Flossemburg (ma-tr. 43631).

È morto a 86 anni

Mario Gaetano Buzzi

abitante a Giussano (Milano)che fu deportato nel campo diBolzano.

Con tristezza e dolore la se-zione dell’Aned di Verona co-munica la scomparsa degliamici fraterni

Vincenzo Scherillo

superstite del campo di con-centramento di Dachau (ma-tr. 141853)

Antonietta Mondi

vedova di Domenico Billo,deportato nel campo diBolzano (matr. 37131)

Giordano Megetto

deportato nel lager di Dachau.

La sezione Aned di Milanoannuncia con dolore la scom-parsa di

Silvio Bucchianeri

deportato a Mauthausen-Ebensee (matr. 106653).

La sezione Aned di Pordenonericorda, con dolore, la scom-parsa del suo presidente

Piero Maieron

che subì la deportazione aDachau.

È deceduto a Paternò (Catania)dove era nato ed abitava

Giuseppe Randazzo

agricoltore di 82 anni, depor-tato a Dora-Mittelbau dal 12settembre 1943 fino alla li-berazione del campo e solonel settembre del 1945 potéfare ritorno a casa.

L’Aned di Milano ricorda, nel15° anniversario della scom-parsa, il compagno

Angelo Leris

Nato a Treviglio (Bergamo)l’1/7/1905, operaio meccani-co. Militante comunista dallafondazione del partito e atti-

È deceduto a Milano lo scor-so 13 ottobre GiandomenicoPanizza, consigliere nazio-nale dell’Aned. Panizza, cheera nato a Venezia nel lugliodel 1927, è stato uno dei piùgiovani deportati nel campodi sterminio di Mauthausen.Venne infatti arrestato dainazifascisti nel marzo del1944, quando non aveva an-cora compiuto 17 anni, peraver preso parte attiva agliscioperi della Caproni con-tro il fascismo. Incarcerato prima a SanVittore e poi a Bergamo ven-ne quindi deportato aMauthausen dove rimase fi-no alla liberazione del cam-po. Fece ritorno a Milanosolo nel giugno del 1945. Da allora ha dedicato tuttoil suo impegno, oltre all’at-tività politica, allo studio ealla diffusione fra i giovanidella memoria storica delladeportazione politica.L’Ande e il suo presidentesono vicini con grande af-fetto ai familiari diGiandomenico.

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Le memorie dei nostri com-pagni ci dicono che “dalcampo non si ritorna”, per-ché la deportazione, il ri-cordo delle ragioni della cat-tura, i compagni con i qua-li abbiamo condiviso soffe-renze e speranze, ci accom-pagnano lungo l’intero cam-maino della nostra vita.Giandomenico Panizza è cer-to tra quelli che hanno co-stantemente portato nel cuo-re e religiosamente custodi-to la memoria del passato:lavorava alla Caproni comedisegnatore e viveva le lot-te dell’antifascismo operaiocon l’entusiasmo e l’inno-cenza della gioventù, quan-do, non ancora diciasset-tenne, conobbe la sofferen-za della deportazione.All’Aned ha portato, dopo

la lunga attività presso“l’Unità” di Milano, in-contaminati, l’entusiasmo ela fiducia di quei suoi 17 an-ni. Sempre pronto a capire,ad aiutare, ad impegnarsinella ricerca e nella docu-mentazione sul ruolo dei de-portati politici italiani nel-la lotta di Liberazione.L’ultima sua fatica è statala stesura, con Italo Tibaldi,di una guida storica illu-strata su Mauthausen, de-stinata soprattutto alle scuo-le, apprestata in occasionedel XII congresso naziona-le che l’Aned ha tenuto nelmaggio scorso nella Saladelle Bandiere di quel cam-po di sterminio.La malattia - che lo ha col-pito proprio alla vigilia delcongresso di Mauthausen -ha stroncato un’intensa at-tività che Giandomenico svi-luppava soprattutto nel rap-porto con i giovani studen-ti, che seguivano con parti-colare emozione il raccon-to di quel loro coetaneo fi-nito nel lager, riconoscendonella sua testimonianza ilsenso alto che può averel’impegno politico nel mo-mento più drammatico del-la vita del proprio Paese.L’Aned perde con Giando-menico un grande compa-gno e i deportati un grandeamico.

Gianfranco Maris

La morte di Giandomenico Panizza

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dott. Alfonso Zamparo (revisore dei conti)Ugo Cattarinussi

tutti e tre deportati nel cam-po di Dachau.

È morto

Silvio Bucchianeri

abitante a Pontito (Pistoia).Partigiano della DivisioneGaribaldi venne arrestato inJugoslavia e inviato nel cam-po di Mauthausen-Ebensee.

L’Aned di Milano annunciala morte di

Pietro Chert

di 78 anni abitante a Legnano.Fatto prigioniero a Pola ven-ne detenuto a Trieste e quin-di deportato a Dachau dal-l’ottobre del 1944 alla libe-razione del campo.

Dopo lunga e penosa malat-tia è mancato

Arturo Parissenti

di anni 80, abitante a Rozzano(Milano). Arrestato nel set-tembre del 1944 a Bellanovenne incarcerato a San Vittoreprima e poi a Bolzano. Nelgennaio 1945 venne deporta-to nel campo di Mauthausen.

L’Aned di Milano annunciacon dolore la scomparsa di

Anna Scotti

di 82 anni. Imprigionata a SanVittore per attività antifasci-sta dal 1941 al 1942 e quindia Fortezza, Innsbruck, nel 1943venne successivamente de-portata nel campo diMauthausen.

È deceduto

Felice Pirola

di anni 77, abitante a Milano.Arrestato nel settembre del

1943 a Limburg è stato de-portato nel campo diLudwigshafen e successiva-mente a Hinzert, nel carceredella Gestapo a Mannheim, equindi Frankfurt e a Bayreuth.

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Il presidente dell’AnedGianfranco Maris ha inviatoai familiari il seguente tele-gramma:

“La morte di Felice ci rattri-sta tutti e sentiamo un dolo-re di una perdita che lascerànelle nostre file un vuoto in-colmabile. Ricorderemo sempre la suapresenza vivace e collabora-tiva, la sua attenzione e la suacura nel reperire e custodiretutte le tracce della memoriadella deportazione.Felice resterà nei nostri cuo-ri e riferimento ed esempioper il nostro lavoro e la no-stra testimonianza.L’Aned vi è vicina e vi ab-braccia commossa.”

È morto a Montebelluna

Giovanni Montanaro

di 76 anni che venne depor-tato per 18 mesi nel campo diconcentramento di Dachau.

“Seguiterò a raccontare fin-ché avrò vita. Per questo, cre-do, sono tornata: per raccon-tare”.

Settimia Spizzichino

Superstite di Auschwitz -Birkenau (matr. 66210) e diBergen-Belsen, unica tornatadelle donne razziate nel Ghettodi Roma il 16 ottobre 1943,ci ha improvvisamente lasciati.Per l’Aned di Roma e perl’Aned tutta, una perdita in-colmabile. Testimone unica ed eccezio-nale ci ha lasciato una ereditàdi conoscenza e di impegnoche sarà sempre stimolo pertutti noi. Che mai la dimenti-cheremo.

Un’altabenemerenzaaustriaca a Italo Tibaldi

È scritto nel documento ori-ginale che pubblichiamo:“La Cancelleria delle onori-ficenze austriache con questoattestato notifica che ilPresidente della Repubblicad’Austria con decreto del 26novembre 1999 ha conferitoal Italo Tibaldi, vice presi-dente del comitato interna-zionale di Mauthausen e rap-presentante dell’Associazionedegli italiani nel lager diMauthausen, l’alta onorifi-cenza “per benemerenze ver-so la Repubblica Austriaca”.L’attestato, datato da Vienna,è firmato dal Responsabiledella Cancelleria CapoGabinettoIl documento e l’onorificen-za a Tibaldi - che è fra l’altroun dirigente dell’Aned e unnostro collaboratore - sonostati consegnati personalmentedal Console generale di Austriain Italia dottoressa Maria Kunzcon l’assistenza del consoledott. Mario Erschen, diretto-re dell’Istituto Austriaco dicultura.

vo antifascista, partecipò allalotta contro la dittatura anchedopo le leggi eccezionali. Piùvolte arrestato, nel 1928 fucondannato dal Tribunale spe-ciale a 8 anni di reclusione chetrascorse nelle carceri diFossano, Castelfranco Emiliae Civitavecchia. Scontata lapena, riuscì a espatriare clan-destinamente e continuò al-l’estero l’azione contro il fa-scismo. Entrato a far parte del-l’apparato del Pci, fu tra i pri-mi ispettori rientrati in Italiaall’inizio del 1942 per riorga-nizzare il Centro interno clan-destino del partito. Nel maggio 1943 fu nuova-mente arrestato, sotto la ac-cusa di essere stato uno deiprincipali organizzatori degliscioperi del marzo. Dopo l’8settembre 1943 prese parte al-la guerra di liberazione, orga-nizzatore della Resistenza inLombardia e ispettore delleBrigate Garibaldi. (Dalla bio-grafia su “Enciclopediadell’Antifascismo e dellaResistenza). Ricordiamo infi-ne che, per circa un trenten-nio, fu segretario della sezio-ne Aned di Milano e membrodella direzione nazionaledell’Associazione.

L’Aned di Milano annunciala scomparsa di

Dario Boscani

lattoniere di 74 anni. Arrestatogiovanissimo dai nazifascistia Monza nel settembre del1944 venne deportato prima aBolzano poi a Mauthausen, adAuschwitz e quindi, fino allaliberazione, ancora nel cam-po di Mauthausen-Gusen II.

La sezione Aned della Speziaannuncia con dolore la morte di

Raffaele FaleniEridano BandinelliRizieri Marchetti

tutti e tre deportati a Bolzano.

La sezione Aned di Udine ri-corda

Ferruccio Passon

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Un libro con il concorso dei ragazzi di un liceo di Varese

Oggi comesessant’anni fa

la Spagna nel nostro cuore

7 novembre 1938:la ritirata dal frontedell’Ebro presso il RioSegre nei pressi di Fraga.

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A dieci mesi dall’esplosionedella guerra civile, il 28 mag-gio del 1937, a Ginevra, nel-la sede del Consiglio dellaSocietà delle Nazioni, il rap-presentante della Repubblicaspagnola, Julio Alvares delVayo, sintetizzò con effica-ci espressioni la drammati-ca situazione: “Da una par-te - disse - l’intervento ita-lo-germanico si intensifica,culminando nell’aperta ag-gressione dell’Italia allaSpagna; dall’altra, è statomesso in vigore, penosamentee con ritardo funesto, il con-trollo elaborato del Comitatodi Londra. Da una parte, applicazionespietata della ‘guerra totale’,culminata nella distruzionedi Guernica, che sconvolgee commuove la coscienza del

Analizzati oltre ventimila dati riferiti ai circa 4000 volontari italiani nelle BrigateInternazionali. Un volume curato da Franco Giannantoni e da Fabio Minazzi,con la prefazione di Giovanni Pesce

mondo; dall’altra, gli sforzidel Comitato di Londra in vi-sta di un ritiro dei combat-tenti stranieri”. In sostanza,mentre le potenze occiden-tali cincischiavano, Mussolinie Hitler intervenivano in ma-niera decisiva a fianco deigolpisti capeggiati dal gene-rale Franco.Una politica suicida quelladei governi francese e in-glese, giacché era del tuttoevidente che, vinta la batta-glia in Spagna, Hitler avreb-be scatenato la seconda guer-ra mondiale. Che, difatti, esplose, con l’ag-gressione alla Polonia, il pri-mo settembre del 1939, a po-chi mesi di distanza dallasconfitta del governo legitti-mo spagnolo.Alla grande epopea della

guerra civile spagnola, pro-mossa dall’Associazione ita-liana combattenti volontariantifascisti di Spagna(Aicvas), è stata dedicataun’importante pubblicazio-ne, curata da Franco Gian-nantoni e Fabio Minazzi, conprefazione della medagliad’oro Giovanni Pesce, eroedella Resistenza e giovanis-simo combattente di Spagna,presidente dell’Aicvas. Il libro, che si intitola Il co-raggio della memoria e laguerra civile spagnola, com-prende studi, documenti ine-diti e testimonianze, con laprima analisi storico-quanti-tativa dei volontari antifa-scisti italiani, svolta daglistudenti della quinta G delliceo sicentifico statale “G.Ferraris” di Varese.

Barcellona, agosto 1936:partenza per il fronte.

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Il volume, inoltre, è arric-chito da una folta raccolta difotografie di Robert Capa edell’archivio di OnorinaBram-billa e Giovanni Pesce.Come ricordano i due cura-tori, la guerra di Spagna con-tinua a porsi come punto diriferimento per meglio in-tendere la storia delNovecento. “Oggi in Spagna e domaniin Italia” affermò CarloRosselli, vittima della fero-cia degli scherani diMussolini, intendendo direche aveva inizio il grandescontro fra le forze dell’an-tifascismo e quelle della bar-barie del nazifascismo. Afianco degli eroici difensoridel governo legittimo re-pubblicano accorsero, da tut-ti gli angoli del pianeta, uo-mini e donne e, fra questi,circa quattromila italiani, lecui biografie vengono ripor-tate, sinteticamente, nel li-bro.Su queste biografie, i ragaz-zi e le ragazze del liceo va-resino, hanno intensamentelavorato, analizzandone leprovenienze, le professioni,il credo politico, l’età, la con-dizione sociale. Un lavoro fecondo e merito-rio che consente di meglioconoscere il valore di quel-la nobile partecipazione. Così,per esempio, dall’esame diben ventimila dati, si ricavache la regione che ha forni-to la maggiore partecipazio-ne è l’Emilia Romagna, con

A lato: agosto 1936. Una postazione militarenei pressi di Huesca.

Sopra: sul fronte di Bilbao alle pendici del Monte Sollube (7 maggio 1937) dove vennecombattuta una violenta battaglia che bloccò l’avanzata dei nazionalisti.Sotto: Madrid, agosto-settembre 1936: l’adesione festosa dei primi volontari repubblicani.

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461 volontari (la solaBologna ne dette 166), se-guita dalla Lombardia con347 partecipanti. Per quantoriguarda la composizione po-litica, il primo posto spettaai comunisti con 1301 pre-sentze, seguiti dagli anarchicicon 328, dai socialisti con224, dai repubblicani con 56,da Giustizia e Libertà con39, mentre i senza partito so-no 1449. Una guerra di popolo, com-battuta in nome dei valoridella democrazia, alla cui ba-se - come osservano Gian-nantoni e Minazzi - vi è pu-re “quel soffio di speranzarivoluzionaria, quel deside-rio di palengenesi sociale ra-dicale”, nonché “un’autenti-ca mentalità volta ad unprofondo rinnovamento so-ciale che ha subito colloca-to, secondo il titolo di unpoema di Pablo Neruda,Espagna en el corazon nelcuore del mondo intero”.Un libro, dunque, frutto dellavoro e della passione di stu-diosi e di un gruppo di stu-denti, che si segnala per lospessore dell’analisi, per laricchezza della documenta-zione e per la testimonianzadi uomini e donne che quel-la battaglia hanno combat-tuto, il cui esempio - comeha ricordato lo scrittoreAntonio Tabucchi - è vivo eforte ed è “un bene prezio-so, che ci è molto caro”.

I.P.

A lato: Milt Wolff (al centro),comandante del battaglioneamericano “AbramoLincoln” delle BrigateInternazionali, durante la parata finale a Falsetvicino a Barcellona il 16 ottobre 1938.

Al centro:le colonne antifranchiste in ritirata nel marzo del 1939 nella zona di Argelès-sur-Mer.

Sotto: un gruppo di combattenti repubblicani in attesa delle operazioni militari a RioSegre sul fronte di Aragona il 7 novembre 1938. (Fotografia di Robert Capa dal libro“Heart of Spain”, Museo Nazionale “Centro d’Arte Regina Sofia”, Madrid).

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Gli antifascisti italiani dal-l’avvento al potere del regi-me fascista conobbero perquindici anni sconfitte edemarginazione, mentreMussolini toccava i massimiindici di popolarità e con-senso. La conquistadell’Etiopia, retoricamenteesaltata come vittoria dellaciviltà sulla barbarie - nonerano certo di dominio pub-blico l’uso dei gas ed il ge-nocidio razziale perpetratocontro la popolazione indi-gena - aveva ulteriormenteisolato gli ultimi dissidentiche languivano nelle carcerio subivano le afflizioni del-l’emigrazione.Fu la guerra di Spagna cheridiede dignità e vivibilità aglioppositori dell’“Uomo della

Provvidenza” e del suo regi-me corrotto e violento; infat-ti, quattromila di loro accor-sero in Spagna e per tre annicontrastarono in armi i gene-rali ribelli ed i loro sosteni-tori palesi (Mussolini e Hitler)ed occulti (democrazie euro-pee e statunitense), pagandoil riscatto del popolo italianocon circa seicento morti.Quando nell’ottobre 1938 ilgoverno repubblicano spa-gnolo concordò con la Societàdelle Nazioni il ritiro dei vo-lontari stranieri delle BrigateInternazionali, statunitensi,canadesi, inglesi, francesi,svizzeri e scandinavi rag-giunsero i rispettivi paesi,mentre tedeschi, austriaci, ita-liani ed europei dell’Est ri-masero in Spagna per poi pas-

sare in Francia nel febbraio1939 al momento dell’occu-pazione franchista dellaCatalogna. Gli interbrigatistifurono di massima internatial campo di Le Vernetd’Ariegè dove, dopo un pri-mo periodo d’ambientamen-to, crearono un’organizza-zione politica che regolava lavita del campo. Nell’agosto,con la firma del patto di nonaggressione tra l’Urss ed ilReich, furono raggiunti damolti altri fuoriusciti comu-nisti che non avevano presoparte militarmente alla guer-ra di Spagna.Il 22 giugno 1940 nella fore-sta di Compiégne, a Rethon-des, sullo stesso wagon-lit sucui i tedeschi sconfitti ave-vano firmato l’armistizio l’11novembre 1918, la delega-zione del governo francesefirmò la convenzione d’ar-

mistizio con la Germania lacui clausola più odiosa e di-sonorevole era quella che pre-vedeva la consegna da partefrancese di tutti i profughi te-deschi antinazisti. Il genera-le Weygand protestò, la clau-sola ledeva “l’onore dellaFrancia” in quanto violava lostorico principio del dirittod’asilo, e ne domandò la can-cellazione. I tedeschi rifiuta-rono, i francesi chiesero al-lora di modificare la clauso-la in: “La posizione dei cit-tadini stranieri che hanno cer-cato asilo in Francia formeràoggetto di un successivo ac-cordo sulla base dell’onore edell’umanità”. Forse incon-sciamente per salvare i fuo-riusciti tedeschi, i francesi in-trodussero il concetto di “cit-tadini stranieri” che finiva percomprendere tutti gli esuli.Sulla base del trattato i nazi-

La Francia “firmò” la consegna alla Germania dei profughi antifascisti

Dalla guerra civile ai lager nazisti

di Pietro Ramella

A lato:un punto di raccolta delleBrigate Internazionali.

Nella pagina a fianco:in attesa di uscire allo scoperto nel corso di combattimenti.

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sti pretesero la consegna ditutti i tedeschi, austriaci e ce-coslovacchi internati, e la stes-sa richiesta fu avanzata dalleautorità militari che occupa-vano i Dipartimenti Marittiminei confronti dei nostri con-nazionali privi del permessodi residenza in Francia. Essivennero tradotti in patria e dimassima condannati al con-fino nell’isola di Ventotene,da cui sarebbero stati libera-ti dopo la caduta del fascismodel 25 luglio 1943. Dopo l’ar-mistizio dell’8 settembre, fu-rono tra i primi organizzato-ri delle bande partigiane sor-te per combattere i tedeschied i repubblichini di Salò;molti caddero sul campo o fu-rono fucilati, altri, catturatidai tedeschi, conobbero la ter-ribile esperienza dell’inter-namento nei campi di ster-minio. Uguale sorte toccò a

quanti, rientrati nei paesi eu-ropei di provenienza, in se-guito occupati dai nazisti, fu-rono arrestati per appartenenzaalla Resistenza. Dalle “Biografie degli anti-fascisti italiani in Spagna” ri-portate sul volume “La Spagnanel nostro cuore – 1936/1939”edito dall’AssociazioneItaliana Combattenti Antifa-scisti di Spagna si rileva che111 (tra cui due donne) fu-rono i deportati nei campi disterminio nazisti da cui 38(pari ad un terzo) non feceroritorno. Le biografie malgra-do il consistente lavoro di ri-cerca non hanno potuto, te-nuto conto delle difficoltà de-rivanti dal tempo trascorso,essere esaurientemente com-plete, per cui di molti non siconosce dove furono arresta-ti ed i lager in cui furono in-ternati in Germania.

Di 66 conosciamo il campo di internamento:

n. 15 a Buchenwald, da cui non tornarono:Allocca Tommaso di Giovanni e Minervini Assunta,8/9/1908, Campobasso.Gardenal Giovanni di Egidio e Sandrigo Giulia,22/2/1908, Aquileia (Ud).Marcucci Vittore di Michele, 19/91983, Lucca.Spilzi Giovanni di Giovanni, 31/5/1915, Caldogno (Vi).

n. 20 a Dachau da cui non tornarono:Appolloni Crispino di Giuseppe e Rigotti Paolina,5/3/1909, S. Lorenzo in Barale (Tn).Bravin Italico di Giovanni e Zanolin Caterina,12/10/1903, Polcenigo (Pn).Cucchi AristideGetti Renato di Angelo, 1910, Langleville (Francia).Mazzi/Strauss Umberto di Enrico e Davanzo Maria,2/2/1885, Trieste.Olivo Gino di Domenico, 1913, Torino (prov.)Plozner Benedetto di Ferdinando e Primus Maria,21/3/1899, Paluzza (Ud.).

n. 21 a Mauthausen, da cui non tornarono:Bono AntonioBresovec Francesco di Giuseppe e Kljm Teresa,

L’odissea dei combattenti italiani attraverso la prigionia, il confino e la Resistenza

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20/11/1891, Trieste.Briscolini Amido di Sante, 12/3/1902, Pergola (Ps).Brusadin Giovanni Battista di Antonio, 18/8/1898,Pordenone.Corradini Guglielmo di Anselmo e Prampolini Benvenuta,6/6/1896, Scandiano (Re).Crozzoli Ubaldo di Albino e Tamanini Maria, 12/4/1899,Trento.Donati Enzo di Giovanni e Leurieri Aida, 23/6/1903, Parma.Graziani Rino di Giacomo e Martini Apollonia, 5/1/1904,Lugo (Ra)Jlic/Gilli Antonio di Stefano e Cettina Caterina, 24/1/1896,Fasana d’Istria (Croazia).Roncatti Vittorio, 25/9/1901, Trento. Sartirani Francesco di Alessandro e Corna Maria Teresa,4/9/1899, Alzano Lombardo (Bg).

n. 10 in altri campi, da cui non tornarono:Mastrodicasa Leonida di Liborio e Santovecchio Rosa,23/1/1888, Ponte Felcino (Pg).Mlinar Giuseppe di Sante, 26/11/1895, Zara (Croazia).Negri Carlo di Enrico e Liffert Rachele, 16/6/1896, Novara.Formento Arnaldo di Angelo, 9/4/1901, Ormea (Cn).Vedova Luigi di Pietro e Rubianca Angela, 7/10/1904,Castelnuovo del Friuli (Pn).

Dei 45 di cui non conosciamo il campo dove furono inter-nati, sappiamo che non sono tornati:

Baratto Leopoldo di Antonio e Sandri Teresa, 24/11/1910,Strigno (Tn).Benussi Carlo di Stefano e Smolle Anna, 25/10/1883, Zara.Bortolotti Giuseppe di Luigi e Malagoli Roberta, 26/9/1898,Modena.Carcano Giambattista di Luigi e Fiorina Esella, 7/1/1895,Biandronno (Va).Cosulich Carlo Umberto di Dante, 22/5/1901, Austria.Dessimoni Mansueto di Francesco, 20/5/1903, Valfioriana (Tn).De Zolt Giacinto di Giacinto, 3/5/1902, S. Stefano di Comelico(Bl).Pilotto Antonio di Gregorio e Turrini Angelo, 5/6/1899,Villafranca (Vr)Rasera Giuseppe di Giuseppe e Dal Bo Caterina, 3/5/1899,Vittorio Veneto (Tv).Spagolla Pietro di Luigi, 17/12/1901, Telve di Valsugana (Tn).Tommasini Guido di Giovanni e Bee Bertola Clorinda,22/12/1913, Dudelange (Lussemburgo).

BardiniVittoriodi Gaetano, 15/9/1903,Sovicille (Si). Muratore, co-munista. Attivo fin dal pri-mo dopoguerra, viene con-dannato dal Tribunale Spe-ciale a cinque anni di con-fino. Scontata la pena, espa-tria clandestinamente, re-candosi in Svizzera, Franciae Unione Sovietica. In Spagna è tenente dellaBatteria “Antonio Gramsci”.Internato a St. Cyprien, Gurse Le Vernet, tradotto in Italiaviene confinato a Ventotene.Dopo l’armistizio è parti-giano, comandante di bri-gata GAP a Milano, arre-stato e deportato a Mauthau-sen. Deputato alla Costituentee Senatore di diritto.

Noce Teresadi Pietro, 31/7/1900, Torino.Stiratrice, sarta, comunista.Inizia l’attività politica aquindici anni e otto anni do-po assume la direzione delmovimento giovanile. Ripetutamente fermata, nel1926 espatria una prima vol-ta in Urss e poi in Franciada cui rientra molte volte inItalia per svolgere lavoro po-litico clandestino. Nel 1935 partecipa al VIICongresso dell’Internazio-nale Comuni-sta. Un annodopo è in Spagna dove en-tra a far parte del Com-missariato delle BrigateInternazionali. Dirige il gior-nale della Brigata Garibaldied è redattrice del volume“Garibaldini in Spagna” del1937. Rientrata in Francia vieneinternata. Partecipa allaResistenza e nel 1943 vienearrestata ed internata nelcampo di concentramento diRavensbruck. Racconterà lasua esperienza nel libro

“Rivoluzionaria di profes-sione”. Deputato per diver-se legislature.

PajettaGiulianodi Carlo e Berrini Elvira,1/10/1915, Torino.Studente, comunista. Arre-stato una prima volta a quin-dici anni perché sospettatodi svolgere propaganda co-munista, nel 1931 espatriain Francia per sfuggire adun nuovo mandato di cattu-ra. Va in Urss, poi nel 1934ritorna in Francia. Il 5 gen-naio 1937 si porta in Spagnaed è commissario politico(sotto lo pseudonimo diGiorgio Camen) della XIVBrigata Internazionale. Ferito a Brunete, esce dal-la Spagna nel febbraio 1939e viene internato. Evaso nel1941 è tra gli organizzatoridella Resistenza nel sud del-la Francia. Rientra in Italiaquale ispettore delle BrigateGaribaldi, arrestato vienedeportato a Mauthausen. Lascierà una breve memo-ria dell’internamento in“Mauthausen” ed. Picardi,Milano.

PollastriniElettradi Guido e Arceri Giuseppa,15/7/1908, Rieti. Operaia,comunista. A soli sedici emi-gra in Francia dove diventadirigente delle organizza-zioni femminili comuniste eredattrice dei periodici “NoiDonne” e “La Voce degliItaliani”. Nel 1937 entra in Spagnadove si ferma in forma clan-destina anche dopo la cadu-ta della Repubblica, nel 1941viene arrestata e tradotta inItalia. Nel 1943 viene de-portata in Germania e con-dannata ai lavori forzati.Deputato.

Le figure di maggior spicco dei combattenti deportati in Germania

Dalla guerra civile ai lager nazisti

Un istante di riposo in trincea,per fumare una sigaretta...

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Occorre ricordare che tra glioppositori della dittatura gliinternati provenienti dallaBrigate Internazionali furo-no quelli che più duramentepagarono l’opposizione al re-gime: perseguitati ed incar-cerati in patria, costretti al-

Scarse le notizie trovate sui volontari europei deportati Germania. Il 1° maggio 1941 vennero rimpatriati dalla Franciai tedeschi, in ossequio al trattato di armistizio citato nelle pa-gine precedenti. Essi furono internati a Dachau o arruolati neibattaglioni di disciplina della Wehrmacht. Fra loro vanno ri-cordati Franz Dahlem, deputato e numero due del Kdp, chenel dopoguerra diverrà vice ministro dell’Educazione dellaRdt e Heinrich Rau futuro ministro dell’Economia e vice pre-mier della Rdt.

Austria. Seguirono la stessa sorte dei compagni tedeschi. Isuperstiti hanno ricordato, in una lapide posta nel campo diMauthausen, 38 loro compagni morti nei diversi campi.

Francia. Molti i volontari appartenenti alla Resistenza de-portati. Fra loro i componenti del Battaglione F.F.I. d’Eyssesche tentarono nel febbraio 1944 un’evasione dal carcere dimassima sicurezza: Marc Perrin, Henry Neveu e Jourdan.

Polonia. Vanno ricordati tra gli altri quarantasette medici ebreiche avevano operato nei servizi sanitari in Spagna che, arre-stati dalla Gestapo in patria, vennero uccisi pochi giorni do-po il loro internamento.

Romania. Christian Bernadac ricorda in “Morti viventi aMauthausen” sette volontari ebrei che, dopo l’uccisione di unloro compagno, affrontarono il fuoco delle mitragliatrici deiposti di guardia al canto dell’“Internazionale”.

l’esilio, esposti ai pericolidella guerra di Spagna e del-la lotta di Liberazione, infi-ne deportati nei campi di ster-minio. Per questo motivo ritengo giu-sto definirli “precursori del-la Resistenza” per significa-

re che fu in Spagna che ini-ziò il cammino della Resi-stenza, che si sarebbe svilup-pata anni dopo in Europa e inItalia, così come fecero gliamericani, che coinvolti allafine del 1941 nella guerra con-tro le potenze dell’Asse, de-

finirono “Premature Anti-Fascists” (precursori antifa-scisti) i loro connazionali cheavevano lottato per la demo-crazia spagnola nelle BrigateInternazionali e che si arruo-larono e combatterononell’U.S. Army.

Un attacco dei miliziani in una famosafoto di RobertCapa.

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BIBLIOTECA

Suggerimenti di lettura a cura di Franco Giannantoni

“Fascismo e antifascismo - Rimozioni,revisioni, negazioni”Laterza, pp. 534, lire 55 mila

Enzo Collotti (a cura di)

Un libro fondamentale che entra nel cuore del dibattito sui fasci-smi, attraverso un quadro ampio e circostanziato degli orientamentipiù recenti della storiografia. Una discussione senza pregiudiziideologici che affronta sia le questioni di merito sia i revisionismistorici europei, passando poi al tema del fascismo e dell’antifasci-smo italiano e al modo in cui i mass media lo hanno rappresentato.I contributi sono rigorosi. Firmano i vari saggi Claudio Pavone(fondamentale il contributo critico mentre violento soffia il ventodelegittimante delle radici repubblicane), Gabriele Ranzato sullaepopea della guerra di Spagna, Mario Isnenghi (la polemica sull’8settembre come morte della patria), Giorgio Rochat sullaResistenza, Angelo Del Boca sul colonialismo italiano tra miti einadempienze, Enzo Collotti sul razzismo negato, Furio Colombosulla comunicazione e la memoria, Guido Crainz sulla televisionee la lotta di Liberazione.

“La vita avventurosa di una donna straordi-naria: Tina Modotti”Tea editore, pp. 202, lire 15 mila

Pino Caccucci

Udine 1896-Città del Messico 1942: tra due luoghi così lontani edue date tanto vicine si consumò l’esistenza di Tina Modotti,donna tormentata, di singolare bellezza e artista generosa, in lottafra arte e vita, che seppe attraversare ed esprimere profondamentele contraddizioni del suo tempo. Nel libro c’è la intera storia, unviaggio senza fine, appassionato: da Hollywood, dove Tina fu attri-ce del muto, in Messico dove sposò la causa rivoluzionaria, poi inOlanda, in Germania, a Mosca dove lavorò per il “SoccorsoRosso” negli anni bui dello stalinismo. Nel 1936 Tina fu in Spagnadove combattè con le Brigate Internazionali e dove conobbeHemingway, Dos Passos, Capa per poi tornare in Messico e morirein circostanze mai chiarite.

“Speer” (Una biografia) Garzanti, pp. 422, lire 49 mila

Joachim Fest

Fra i grandi protagonisti del regime di Hitler, forse il solo veroamico del Fuhrer tanto da progettare con lui la “nuova Berlino”,ministro degli armamenti e di fatto il numero due del regime delterrore. Tuttavia Albert Speer fu molto diverso dal tipico dirigentenazista: alto, elegante, l’espressione intelligente, idealista nei prin-cipi, concreto nell’azione, un “normale” in quella truce compagniadella morte e dello sterminio. Al processo di Norimberga forse per tutto questo si salvò, avvian-do nel contempo una profonda autocritica.

“Storia di Savina”Mursia, pp. 203, lire 24 mila

Marco Coslovich

Una storia straordinaria, unica, struggente: Savina, una ragazzatriestina, non è solo una deportata nel campo di Ravensbruck, unasopravvissuta ma è anche la madre del piccolo Danilo che nasce emuore negli stenti e nel terrore dell’inferno nazista. Se la fine di undeportato fu momento ineluttabile, persino invocato, la scomparsadi un figlio rappresenta un dolore insopportabile, inaccettabileanche per chi abbia conosciuto il più basso gradino della condizio-ne umana, la sofferenza estrema, il calvario della cattura, delladeportazione, dei lager della morte. Savina ha trovato la forza perraccontare dopo anni di silenzio, lucida nella consapevolezza didover affidare a tutti l’esempio di cosa fu il mostro hitleriano.

“Complici ed esecutori di Hitler”Corbaccio, pp. 376, lire 34 mila

Guido Knopp

Dopo “Tutti gli uomini di Hitler”, Guido Knopp disegna sei ritrattidel vertice nazista. Sono gli scudieri di Adolf Hitler, nessuno (nep-pure Ribbentropp o Schirach) ebbe un ruolo di primo piano, matutti furono fedeli esecutori della politica del capo e ciascuno diessi realizzò con totale dedizione una parte del suo formidabiledisegno. Eichmann fu il ragioniere della morte, von Schirach il condottierodella gioventù hitleriana, Mengele lo spietato dottore dello stermi-nio, Martin Bormann, il segretario del Fuhrer, il confidente, l’inter-prete dei desideri, un servo-padrone, il laeder insieme al suo diomentre la Germania stava tramontando nelle fiamme della sconfittadefinitiva. Una galleria impressionante proposta con grande rigore.

“I legionari rossi”Città Nuova, pp. 271, lire 35 mila

Niccolò Capponi

A distanza di oltre 60 anni, la guerra civile di Spagna (1936-1939)continua ad alimentare un dibattito storico vivave e appassionato. Èil portato di un conflitto, uno dei pochi dell’era moderna, in cui alcentro v’erano in gioco libertà e democrazia, giustizia ed indipen-denza. Un appuntamento a cui risposero migliaia di uomini e donne ditutto il pianeta, raccolti nelle Brigate Internazionali, un esercitoeroico e mal armato che si oppose pagando un prezzo altissimo aFranco, Hitler e Mussolini. Capponi studia la Spagna da un punto di vista militare avvalendosidegli archivi spagnoli e russi finalmente disponibili: addestramenti,comandanti, armi, equipaggiamento.

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“Ritorno a Dobryd” (Dopo la guerra unabambina ebrea scopre la vita) Marsilio, pp. 177, lire 26 mila

Ann Charney

Cinque anni della sua infanzia nascosta in un fienile della campa-gna polacca, con parte della sua famiglia, poi all’arrivodell’Armata Rossa la libertà e la vita. La voce gentile del soldatoYuri, è il primo segnale della libertà, l’attimo di una nascita maiprima compiuta. È l’inizio della “infanzia felice” tra le rovine dellaguerra. “Mi piaceva pensare di essere venuta al mondo all’età dicinque anni”, erano state le parole della bimba ebrea che vuoledimenticare in fretta il passato e cominciare ad esplorare con inno-cenza e stupore un mondo che non aveva conosciuto.

“Fascisti nel Paese dei Soviet”Bollati Boringhieri, pp. 252, lire 45 mila

Pier Luigi Bassignana

Fra il 1929 ed il 1935 l’Unione Sovietica è stata la meta di nume-rosi “pellegrinaggi” da parte di giornalisti e scrittori italiani chedescrissero i fiabeschi paesaggi boschivi e lacustri, ma anche esoprattutto i primi passi della pianificazione dei soviet, i pianiquinquennali, l’ardore militare dei cosacchi contro la Cina. Ilgiornale “La Stampa” di Torino fece un po’ da cassa di risonanzadi queste imprese. All’origine di tanto interesse per la “madre Russia” erano le favo-revoli prospettive che si aprivano per l’industria italiana, uscita incrisi dalla grande guerra e bisognosa di una rapida riconversionecivile. Il debutto fu la costruzione da parte della Fiat e della Rivdello stabilimento dei cuscinetti a sfera a Mosca, primo esempioin assoluto di fornitura “chiavi in mano”. Un rapporto che ebbefrutti anche sul terreno politico, con rapporti testimoniati daiviaggi di Balbo e di Grandi.

“Tra due guerre e altre storie”Einaudi, pp. 244, lire 28 mila

Mario Rigoni Stern

La poco nota “invasione” della Carnia da parte delle truppe cosac-che filonaziste, un guaritore che in un villaggio portoghese cura ilebbrosi nelle lenzuola in cui è lievitato il pane, un soldato chenella ritirata di Russia salva con il suo mulo i compagni abbando-nati e stremati. Sono tre delle sessanta storie, emozionanti, lievi, pesanti a secondadei casi che Rigoni Stern propone dopo un viaggio ideale duratooltre vent’anni e che toccano la guerra, la montagna, la natura, itemi a lui cari ma anche nuovi orizzonti. Così Rigoni ripercorre laRussia che conobbe nella tragedia del fascismo, ne assapora emo-zioni antiche e nuove, tratteggia un itinerario che è salvezza del-l’uomo e del suo futuro.

Il costante, drammatico ricordo del lager di Ravensbruk,dove ha subito la deportazione, ispira ed accompagnal’intensa poesia di Maria Russo Gorleri. A DianoMarina, dove abita, il Comune le ha conferito un premio.Pubblichiamo volentieri alcune delle sue poesie.

Queivent’anni “rubati”dal lager

A centinaiaa migliaiason morti,son rimastidimenticati lassù.

Chi in cenere,chi in fosse comuni,chi ancoraricorda quei volti?

Non avevano visonon avevano nome,solo un numerosul braccio,sul pettoun triangolo rosso.

Gli occhi sbarratiper volere del mondo... la libertà.

Gli zebrati

Era un giorno di festa,ma nessuno cantava,la messa celebratafra pococon chiesettasul colle era pronta.

Improvvisi dei passi terribiliforieri di terrore e paura.

Erano loro, erano ventitedeschi con mitra spianatied erano per me, ignara,quei mitra quei passi paurosiquattro fascisti e croci uncinate.

I nascondiglinon poterono molto,ho pagato,senza nulla sapereho pianto, sofferto, pregatosono tornata, ferita, umiliatasono tornataspezzata di dentro.Con paure,terrore,ricordi.Coi ventanniche non homai avuto.

2 Settembre1944

La mareasi muove nel fango,è una marea tetra,silenziosa zebrata,ondeggianole file nere grigie,le teste bianche rapate.

Urlano i numerinella lingua scabrosa,è un latrato rabbioso,che stagna nell’aria,nella nebbia del campole baracche tetrerimandono l’eco.

Per chi non capisce,il pericolo preme,la rabbia il terrore,il freddo, la fame,si è svegli,si è attenti,in balia delle belve,non ci sarà solein questealbe tremende...

ma c’è ancora speranzanei cuori piangenti.

1944,l’appello

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“Ciano, l’ombra di Mussolini”Mondadori (le Scie), pp. 336, lire 34 mila

Ray Moseley

Torna per la penna di uno studioso americano, la vita eccitante etragica del genero del duce, i suoi errori e la ambizione, i suoimille vizi e le sue virtù naturali, il suo sfrenato amore per il belmondo e le sue volgarità, in un romanzo avvincente arricchito danuovi ed interessanti documenti provenienti in gran parte dagliarchivi militari degli Stati Uniti (secondo cui Ciano e Mussolininascosero una immensa fortuna in Argentina e in Svizzera), testi-monianze inedite, rivelazioni ed interviste ai personaggi dell’epo-ca, anche attorno al capitolo definitivo, la fucilazione al poligonodi Verona con la moglie Edda impegnata in un generoso quantovano tentativo per salvargli la vita.

“Alla corte del Duce”Mondadori (Le Scie), pp. 381, lire 35 mila

Antonio Spinosa

Chi furono gli amici di Mussolini e chi fra di loro lo seguì solo perinteresse e non per fede? Quante donne gli furono accanto, chiamò, quante gli diedero un figlio? In questo ritorno prepotentedella saggistica sul ventennio, Spinosa batte una strada solo appa-rentemente marginale. Il fascismo infatti non fu solo opera del “maestro di Predappio”.Attorno a lui, in armonia o in dissonanza, si mossero via viaStarace, Farinacci, Ciano, Balbo e poi i grandi capitani d’industriada Agnelli a Pirelli, e, ancora una schiera fitta di intellettuali dallaSarfatti a D’Annunzio, da Pirandello a Malaparte. Infine le donne.Fondamentali, da donna Rachele a Claretta Petacci “uno stuolo dicortigiane che provarono per l’amato intense passioni e che conregolarità frequentarono i suoi uffici per fugaci incontri”.

“Mussolini ha sempre ragione”(I decaloghi del fascismo) Garzanti, pp. 250, lire 25 mila

Carlo Galeotti

Nella propaganda di un regime reazionario e liberticida di massacome quello di Benito Mussolini, i decaloghi occupano (con il suomassimo mentore, Achille Starace) un ruolo fondamentale: con-densano in massime brevi e chiare lo stile di vita dell’uomo nuovofascista. Elementare strumento di formazione e di controllo dellecoscienze rivolto al popolo, il decalogo è ripreso, come il catechi-smo, dalla tradizione religiosa ma ha anche altri precedenti nellaRivoluzione francese. La propaganda del fascio ne abusò: oltre al celeberrimo decalogodi Leo Longanesi (per il quale “Mussolini ha sempre ragione”),altri decaloghi sono pensati per i balilla, le piccole italiane, lemadri, i coloni dell’Africa Orientale, gli sposi, le puerpere, i cicli-sti. Un libro arguto ben pilotato da Galeotti, giornalista di razza, datempo alle prese con successo, con questo filone che mostra incontroluce la stupidità del regime e del popolo italiano che, prono,seguì il suo duce per oltre un ventennio nelle folli imprese.

BIBLIOTECA

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“Foley, la spia che salvò 10 mila ebrei dailager nazisti”Corbaccio editore, pp. 223, lire 34 mila

Michael Smith

Capo dei servizi informativi inglesi di Berlino Frank Foley,mascherato dietro il paravento di responsabile dell’anonimoUfficio passaporti, ha aiutato migliaia di ebrei a fuggire dallaGermania mentre si era aperta la caccia nei loro confronti. Uno deitanti eroi sconosciuti, il cui nome cominciò a circolare solo nel1961 nel corso del processo ad Adolf Eichmann: senza immunitàdiplomatica, con il rischio d’essere arrestato da un momento all’al-tro, non solo entrò nei campi di internamento per strappare le vitti-me di Hitler al loro destino, ma aiutò gli ebrei, ospitandoli in casasua, fornendoli di passaporti falsi con il visto per la Palestina.Brillante anche nello spionaggio, Foley riuscì infatti a venire inpossesso dei programmi tedeschi nel campo missilistico.

“Babeuf, Togliatti e gli altri”,prefazione di Valentino Parlato Tararà Edizioni, Verbania, pp 254, lire 23 mila

Gino Vermicelli

È la storia del partigiano “Edoardo”, quello di Megolo dove cadde-ro Beltrami, Di Dio, Citterio e il giovanissimo Gaspare Pajetta edel dirigente politico comunista, fra i fondatori del quotidiano “IlManifesto” attraverso una lunga intervista mai intrisa di retorica,equilibrata, saggia, ammonitrice, al pari della vita segnata da sacri-fici, asprezze, grandi rischi, portata avanti, sempre, con il coraggiodell’intellettuale rigoroso e onesto. Un’intervista che ha il saporeinfine dell’insegnamento soprattutto per quelli che verranno, chia-mati a doversi misurare in una realtà sempre più grande e terribile.Non c’è spazio per nessuna rassegnata speranza, triste o consolato-ria che sia.

“Gente non comune”Rizzoli, pp. 431, lire 39 mila

Eric J. Hobsbawn

Un saggio di straordinaria lucidità del maggiore storico contempo-raneo, la riflessione su momenti ed episodi significativi della vitadelle classi “inferiori” fra Settecento e Novecento. Dalla protesta contro la modernità dei luddisti, che al sorgere dellarivoluzione industriale distruggevano le macchine, al radicalismopolitico dei calzolai dell’Ottocento; dalla nascita della festa del 1°maggio all’occupazione della terra da parte dei contadini peruvia-ni; dal mito del bandito Giuliano ad un “cattivo” dell’era maccarti-sta; dalla guerriglia vietnamita alla protesta dei giovani del Maggiofrancese. Alla base c’è il desiderio di capire in che modo gli uomi-ni vengono plasmati dal loro passato e dal loro presente.

“Il manganello e l’aspersorio”Kaos Edizioni, pp. 370, lire 35 mila

Ernesto Rossi

È la storia della collusione fra il Vaticano ed il regime fascistadurante il ventennio, una graffiante riedizione di un libro che scrit-to nel 1957 fece scandalo, la dc imperante. Ernesto Rossi, uno deicapi di “Giustizia e Libertà”, nove anni di carcere sotto Mussolini,il confino a Ventotene dove redasse con Altiero Spinelli il“Manifesto” per l’Europa unita, dirigente del Partito d’Azione,tratteggiò senza presunzione quella che non poteva essere la “sto-ria” della Chiesa nel ventennio ma la descrizione del meccanismodel potere vaticano, un fattore di corruzione della vita pubblica“con la sua morale gesuitica, la continua pratica del doppio gioco,con l’insegnamento della cieca obbedienza ai governanti”. Un libroutile di questi tempi segnati dal prepotente ritorno del potere papa-lino nella vita laica del Paese.

“Italo Balbo”Il Mulino, pp. 512, lire 45 mila

Claudio G. Segrè

Il 28 giugno 1940 l’aereo di Italo Balbo veniva abbattuto per unpresunto errore della contraerea italiana nel cielo di Tobruck: unepilogo tragico ed insieme grottesco della vicenda di uno degliesponenti (un ras) più popolari ed influenti del regime. Spavaldo,avventuroso, carismatico, Balbo riflette nella sua persona e nellasua vita più di un aspetto del regime. Squadrista ferrarese, qua-drunmviro della marcia su Roma, ministro dell’Aeronautica, con lesue trasvolate divenne una figura leggendaria, aspetto che provocòfrizioni con il duce. Nel 1934, rimosso e promosso finì in Libiacome governatore, operando con efficienza nel campo civile, perpoi morire in un incidente avvolto nel mistero.

Tutte le immagini di queste pagine sono tratte dal volume: “Autobiografia del fascismo”,La Pietra Editore - Milano.

Imprigionati, processati, fucilati. Il destino dei soldati mandati come carne da macello nelle trincee, da generali incompetenti che pensavano alla guerra“imparata” sui libri. La realtà fu una serie di disfatte: nel prossimo numeroun’ampia documentazione.56

Per mascherare la disfatta di Caporetto

abbandonati nei lagere accusati di tradimento

Nel prossimo numero / GUERRA 1915-1918