Trent’anni senza Maria Kalogheropoulou

44
Trent’anni senza Maria Kalogheropoulou Trieste e Milano incontrano la cultura ellenica Atene: dal Metró alla Biennale d’Arte

Transcript of Trent’anni senza Maria Kalogheropoulou

TTrreenntt’’aannnnii sseennzzaa MMaarriiaa KKaalloogghheerrooppoouulloouu

Trieste e Milano incontrano la cultura ellenica

Atene: dal Metró alla Biennale d’A rte

Foroellenico Anno X n° 4 2007 pubblicazione bimestrale

a cura dell’Ufficio Stampadell’Ambasciata di Grecia in Italia

00198 Roma - Via G. Rossini, 4Tel. 06/8546224 - Fax 06/8415840

e-mail [email protected]

In copertina:Maria Callas

Collaborazione giornalisticaTeodoro Andreadis Synghellakis

Hanno collaborato a questo numeroL. Arruga, L. Aversano, R. Caparrini,

D. Lianaki, K. Gonì, P. Moreno, I. Moscati,

Impaginazione Eds

Per le foto si ringrazia:ANA (Athens News Agency),

P. Moreno, H. Rogers, I. Anagnostopoulos,Fondazione Maria Callas,

Fondazione Culturale del Parlamento Ellenico,

Istituto Italiano di Cultura di Atene

è possibile consultare la versione digitale di Foroellenico presso il sito internet:

www.ambasciatagreca.itdove potete trovare anche informazioni

sull’attualità politica e culturale della Grecia

Questo numero è stato stampato presso il “Consorzio AGE”,

Via dei Giustiniani, 15 - 00196 Roma

In Questo Numero

4 Prassitele & Figlidi Paolo Moreno

8 Cipro, convivenza e scontro nel Mediterraneo orientaledi Rudy Caparrini

11 Trieste e la Grecia, culturalmente sempre più vicinedi Teodoro Andreadis Synghellakis

13 L’“Attiko Metrò”, Ovvero la vita sotterranea di Atene.di Kyriaki Gonì

16 Omaggio a Maria Callas: ...ricordando la “Divina”

19 Trent’anni senza Callasdi Lorenzo Arruga

21 La Callas... così profondamente grecaA colloquio con il tenore Aris Christofelisdi Teodoro Andreadis Synghellakis

24 Perché Maria Callas è soprattutto Grecia...di Italo Moscati

26 Intervista a Bruno Tosi, presidente dell’Associazione Internazionale Maria Callasdi Teodoro Andreadis Synghellakis

30 A lezione con Maria di Luca Aversano

32 Il Concorso Internazionale Maria Callas

33 Ricordo di Maria Callas di Dacia Maraini

34 Intervista a Nadia Stancioff, Attrice e press agent di Maria Callasdi Teodoro Andreadis Synghellakis

37 La prima Biennale di Atene di Daphne Lianaki

41 Milano incontra la Grecia: danza, musica, letteratura, teatro

43 A colloquio con Mariella Kessisoglou, co-ideatrice della manifestazione

DO

SSIE

R

IL SALUTO PIÙ DIFFICILE

Sono già passati 30 anni. Sono solo passati 30 anni... Quanto è dif-ficile parlare di un lutto, lontano o vicino che sia.

Quanto è difficile dover ricordare senza dolore, senza la paura diaver già dimenticato...

L’addio di Maria Kalogeropoulou, il 16 Settembre 1977, segna lafine di una storia di vita straordinaria di una donna unica, comeunica è stata la sua voce e la sua passione per l’arte.

Una voce, un mito, una donna, una greca.

Abbiamo cercato di realizzare, per il dossier dedicato alla suamemoria, un ritratto umano ed artistico di Maria Callas senza“curiosare” nella intimità del suo animo ma anche senza il distaccodei semplici curiosi.

Un dossier sull’artista “divina” che ha più volte sottolineato di “nonessere perfetta”; sulla cantante scrupolosa che non ha mai smessodi studiare; sulla donna forte che non ha potuto nascondere le pro-prie fragilità dagli occhi, impietosi, dei mass media e della storia.

Maria Callas cantante lirica ed attrice, elitaria e popolare, riservatama sempre e comunque da prima pagina.

Maria Callas eterna, perché l’arte, la sua arte, è riuscita a soprav-vivere persino al suo mito.

Maria Callas eterna, perché come scrive Lorenzo Arruga “nonsiamo ancora capaci di dirle addio”.

...Difficile parlare di un lutto, lontano o vicino che sia...

In questi giorni tutti noi dell’ufficio stampa dell’Ambasciata Greca edel Foroellenico non riusciamo ancora a dire addio al nostro colle-ga Lakis Hatzikiriakos che sabato 27 ottobre è partito per il suoultimo viaggio.

Aveva solo 60 anni il giornalista greco che per quasi tre decenni èstato corrispondente dall’Italia con la curiosità del vero reporter e lostile asciutto del cronista.

Poche ore prima dell’ultimo atto Lakis era ancora lì, con un filo divoce, attaccato al telefono per seguire dall’ospedale l’andamentodel voto al Senato italiano.

Puntuale nello scovare la notizia, sempre fortemente ironico, ecapace come nessuno di parlare la lingua del lettore senza maidimenticare, anche tra mille chiacchere, la necessità di un “titolo“...

Spirito inquieto Lakis, lingua tagliente, un archivio di memoria per ifatti politici dell’Italia ma anche della Grecia.

Ha vissuto gran parte della sua vita qui, senza mai perdere la suaidentità macedone,

parlava sempre con nostalgia di Salonicco, dispensava consigli ditradizionale cucina greca, e seguiva con lo stesso interesse ogninovità italiana.

Un amico sincero, un confidente critico, un collega prezioso.

I suoi occhi vispi, intensi, curiosi, hanno donato la luce ad un’altrapersona.

...Difficile il saluto ad un fratello...

Buona lettura

Viki Markaki

e d i t o r i a l e

La Grecia, che chiede il ritorno deimarmi di Fidia, persegue intan-

to il generoso impegno di valorizzarequanto emerge in patria del passatoclassico. Atene esalta oggi la memo-ria di uno dei suoi artisti più amatiattraverso secoli dall’ellenismo all’im-pero romano, alla riscoperta nel rina-scimento e nel neoclassico, fino alla

moderna archeologia: Prassitele, vis-suto tra il 395 e il 326 prima dellanostra era, massimo bronzista escultore in marmo dello “stile bello”.L’iniziativa nasce a coronamento diuna serie di episodi concomitanti e dipubbliche iniziative, che hanno pro-gressivamente riportato il figlio diCefisodoto al centro dell’interesse

internazionale. Tra il 2004 e il 2006sono stati pubblicati in inglese i primidue volumi dell’ampia e approfonditamonografia “The Art of Praxiteles”(L’Erma di Bretschneider, Roma) perparte di Antonio Corso, studioso for-matosi a Padova e residente in Atene,dove ha collaborato all’attuale rasse-gna. Nel 2005 fu presentato in

4 foroellenico

Prassitele & Figli in alto: Rilievo con Muse, marmo pentelico, lastra della base

di un’opera di Prassitele. Da Mantinea.Atene, Museo Nazionale Archeologico.

di Paolo Moreno

Dettaglio con la firma dell’artista, Praxitéles epoíese, iscrizione sulla base della statua di Chairíppe,sacerdotessa di Demetra e Kore, marmo dell’Imetto. Trovata nel 2000 ad Atene, presso Monastiráki. Atene,Soprintendenza alle antichità Preistoriche e Classiche.

Giappone, all’Esposizione Universaledi Aichi, quale originale di Prassitele ilSatiro trovato in mare dai pescatori diMazara del Vallo: il mirabile bronzo èstato quindi accolto a Parigi per lamostra “Praxitèle”, curata da AlainPasquier e Jean-Luc Martinez(Musée du Louvre, Somogy Editionsd’Art, 2007).Entriamo con tale evento nel grandeprogetto, concordato col Ministerodella Cultura ellenico, che si fregiaora di ulteriori pezzi, concessi nellesale del Museo NazionaleArcheologico di Atene da altri entidell’Attica e da diverseSoprintendenze e collezioni delpaese. Con una significativa coralità -che riflette la remota diffusione delmessaggio prassitelico – hanno datoil loro contributo figurativo o docu-mentario Tebe, Corinto, Patrasso,Corfù, Coo, Rodi e Creta. Il tramite

storico diRoma si avvertenelle testimonian-ze prestate dall’Italiae dal Vaticano, comedai musei di Francia,Germania e Inghilterra,depositari di innumerevoli copie.Il Direttore stesso dell’istituzioneospitante, Nikolaos Kaltsas, insiemea Giorgos Despinis - precursore delmetodo che ha dato all’archeologiagreca il primato nella restituzionedegli originali - hanno coordinato unaqualificata omáda ergasías, selezio-nando una settantina di monumentirispetto al centinaio del Louvre.Per il catalogo ateniese, dove ancorauna volta si apprezza la cura editoria-le elargita personalmente da RachilKapon (“Praxitéles”, YpourgeíoPolitismoú, Ethnikó ArchaiologikóMouseío, Ekdóseis Kapón, 2007),vengono traslati in greco i saggi intro-duttivi dei due archeologi francesi.Concentrandosi poi l’interesse deinuovi lemmi sui temi meglio docu-mentati, il risultato è che il visitatoreesce dal percorso con intense sen-

sazioni e precise acquisizioni, chevanno dalla giovinezza alla splen-dida maturità dell’artefice, finoall’inquietante chiaroscuro di queimarmi che alcuni specialisti nonosano attribuire al demiurgo, maconviene accettare come pro-digio crepuscolare di una car-riera che travalica le conven-zioni della classicità: l’Ermetedi Olimpia, la testa di giovaneatleta del British Museumdetta Aberdeen (dalla collezionedi George Hamilton Gordon,conte di Aberdeen), e la testa diAfrodite Leconfield dello stessoMuseo Britannico (presentata aParigi); tra i bronzi vi corrispondel’Efebo dal mare di Maratona,prerogativa della mostra attica,divenuto principale attrazionedato che i funesti incendi dell’e-state hanno compromesso l’arri-vo del divino messaggero dalPeloponneso.

Il Museo Nazionale di Atene già van-tava un torso in marmo di Parodell’Afrodite tipo Arles, che insiemeal simulacro eponimo provenientedalla città della Gallia romana (patri-monio del Louvre), e alla statua deiMusei Capitolini (Roma, CentraleMontemartini), aveva consentito larestituzione dell’Afrodite di Prassitelea Tespie. La divinità stava in gruppocon Eros, celebre titolare del santua-rio nella Beozia, e con Frine, l’etera emodella amata da Prassitele.

foroellenico 5

A destra: Efebo, bronzo, originale. Dal mare diMaratona. Atene, Museo Nazionale Archeologico.

a sinistra: Rilievo con Dioniso, marmo pentelico,base di un tripode, opera di Prassitele.Atene, Museo Nazionale Archeologico.

6 foroellenico

Il frammento ateniese viene dallospiazzo dove sorge il popolare monu-mento di Lisicrate, lungo la via deiTripodi, che andava dall’Agorà al tea-tro di Dioniso e ha lasciato la traccia eil nome nell’affascinante labirinto dellaPlaka. Gli scavi condotti non lontanodal teatro di Dioniso per costruire ilnuovo Museo dell’Acropoli, hanno por-tato nel 1998 alla scoperta di una testadell’Afrodite tipo Arles nello stessomarmo del torso e di simile, squisitalavorazione, tanto da far pensare a unelemento disperso della medesimascultura: tra le più belle sorprese, nellascheda di Ismeni Trianti.La presenza di questa accurata ver-sione dell’Afrodite di Tespie tra glianathémata sulla via dei Tripodi, ciricorda che l’immagine di Eros accan-to alla dea nel santuario della Beozia,era stata scelta da Frine quandoPrassitele le aveva dichiarato che quel

marmo era il suo lavoro preferito insie-me al Satiro in bronzo, destinato auno di quei sacelli dove gli sponsor eregisti (choregoí, “istruttori del coro”)dedicavano il tripode vinto nelle com-petizioni teatrali. Molta dell’attività delmaestro si svolgeva in rapporto allacultura dello spettacolo, con unoscambio di soggetti, di modi e di sen-sibilità nella produzione figurativa.Lasciamo la parola a Pausania, in unpasso della “Periegesi dell’Ellade” (I,20, 1-2), scritta al tempo degl’impera-tori Antonini, ancor oggi utile al viag-giatore colto (in greco moderno: N. D.Papachátztis, Athína 1963-1981; in ita-liano: BUR, Milano 1988–2006;Fondazione Valla - Mondadori,Venezia-Milano 1982-2003). Sulla viadei Tripodi ad Atene “c’è il Satiro, delquale si dice che Prassitele soprattuttoandasse orgoglioso; e quando Frine glichiese, quale fosse per lui la più bella

delle sue opere, si racconta che pro-mettesse di donargliela in quanto inna-morato, ma non voleva dire quella chea lui stesso pareva la più bella. Alloraun servo di Frine accorre gridando chePrassitele ha perduto la maggior partedelle opere per un incendio che si eraappiccato all’officina, ma non tutto eraperduto. Prassitele immediatamente siprecipitava fuori della porta e gridavache a lui disgraziato non restava piùnulla, se il fuoco gli aveva portato viaanche il Satiro e l’Eros. Allora Frine loesortava a stare tranquillo, poiché nonaveva patito alcuna disgrazia, ma coninganno era stato sorpreso a confessa-re quali fossere le cose più belle cheaveva fatto. Frine così scelse l’Eros”.Il procedimento che ha portato all’i-dentificazione del Satiro della via deiTripodi col peribóetos, citato in grecoda Plinio (“Storia naturale”, 34, 69), sifonda sul fatto che l’enciclopedista

in alto: Torso di statua di Satiro in riposo, marmo,copia. Parigi, Musée du Louvre.

a destra: Statua di Afrodite, marmo, copia dalla Cnidia di Prassitele. Città del Vaticano, Musei Vaticani.

definisce il soggetto nobilis, “famoso”,evidentemente per l’aneddoto chel’accompagnava. Inoltre, peribóetos inun dialogo di Platone (“Filebo”, 45 e) altempo in cui Prassitele partecipavaall’estetica dell’Accademia, riguardachi grida freneticamente in un’eccita-zione che fa sobbalzare il corpo: il chesi adatta al gruppo segnalato dalloscrittore latino con la personificazionedell’Ebbrezza (Méthe), e alla realtàarcehologica del danzatore in estasi diMazara. La convincente occasione diconfronto tra il morbido adipe delSatiro di Mazara e altre figure maschi-li e femminili di Prassitele, realizzata alLouvre, non si rinnova ad Atene, poi-ché la Regione Sicilia ha sancito ildivieto di esportazione del bronzo e dialtre importanti opere d’arte dall’isola.Ma i motivi dionisiaci vi sono ben rap-presentati.Si può dire che il pronunciamentodella personalità di Prassitele, duran-te il suo apprendistato nella bottegapaterna, sia stato il Satiro in atto diversare il vino in una coppa, anch’es-so collocato lungo la via dei Tripodi, enoto da repliche: il gesto si sviluppa inuno spazio definitivamente conquista-to, con una calma vigile e trattenuta.Dioniso stesso appare a rilievo insie-me a due Nikai sul supporto di un tri-pode, donario per una doppia vittoriasu quel percorso urbano che immor-talava le glorie del teatro: questa voltaun originale, ineccepibile nella resa diogni dettaglio, come vuole il nomedell’artefice, composto di práxis etélos, “che lavora a perfezione”.Successivo è il Satiro in riposo, deri-vato dal marmo in un tempio diMegara. Rispetto al rituale del Satiroversante, ha un’arguta e sfrontataespressione, nel divertito abbandonoche provoca lo spettatore a un impre-visto incontro. Il fascino sta nell’ambi-guità di trascuratezza e grazia, naturaselvatica e bellezza giovanile.Gloria perenne di Prassitele ful’Afrodite protettrice dei naviganti,innalzata in un’edicola circolare aCnido sulla costa della Caria, inAnatolia: dopo aver compiuto il lava-cro, che le aveva donato un arcanofascino in preparazione al giudizio diParide, si volgeva a raccogliere con lasinistra l’asciugatoio. La nudità è rico-noscimento del valore universaledella dea, e insieme risolve la scenanell’intimità di un idillio.L’Efebo di bronzo fu trovato pressoché

intatto nel mare di Maratona il 1925.Interpretazione corrente è che si trattidel vincitore di una gara, segnalato sulcapo dal nastro che reca nel mezzouna foglia stilizzata: diadema taloraassociato a Ermete, protettore degliagoni. Il modellato sinuoso acquistamorbidezza e fluidità di ritmo nell’ani-mazione della luce. Un senso malinco-nico ed elegiaco pervade la classicaperfezione fisica. Lo sguardo, pur indi-rizzato all’oggetto che doveva trovarsisulla mano protesa, lo sorpassa per-dendosi in quel clima di sogno che è lapoesia terminale di Prassitele.La portata dell’odierna manifestazionenella sede neoclassica di odósPatissíon, è accresciuta dalle sezionidedicate agli esponenti di un’operosae fortunata discendenza familiare, cheattraversa la storia della pólis pergenerazioni: Cefisodoto, padre diPrassitele, e i figli del protagonista,Cefisodoto e Timarco. Questi ultimisono presenti con un’Afrodite del tipoCapitolino attribuito al primogenito, esoprattutto con il monumento eseguitocongiuntamente dai fratelli per il com-mediografo Menandro presso il teatrodi Dioniso nel 290 a. C.; la ricostruzio-ne è il risultato (esemplare, in rispostaallo scetticismo di quanti si oppongonoall’archeologia filologica) di una lungae completa ricerca che investe notizieletterarie, dati topografici, riesamedella base iscritta, identificazione dellafigura seduta e dell’incisivo ritrattonella tradizione iconografica.Il capolavoro dell’avo è illustrato dalframmento in marmo pentelico, trovatoal Pireo, con il piccolo Pluto tenuto inbraccio da Irene: l’allegoria era statainnalzata nell’Agorà di Atene dal primoartista di nome Cefisodoto in occasio-ne della tregua panellenica del 374 a.C., dichiarando tangibilmente la spe-ranza in una pace portatrice di ric-chezza. Cefisodoto si era ispirato perla composizione ai versi di Euripide(“Baccanti”, 419-420). Nel delirio finaledella guerra del Peloponneso, il corodelle donne da cui prendeva titolo latragedia, aveva affidato al popolo ate-niese - e a quello che allora era unragazzo chiamato Cefisodoto - l’ap-passionata visione: Dioniso “amaIrene che dona riccchezza (olbodoteí-ra) e nutre i nuovi nati (kourotróphos)”.Che la dea rivolga la sua materna curaai nostri giorni tormentati.

foroellenico 7

Testa dell’Ermete, dettaglio del gruppo col piccolo Dioniso,

marmo di Paro, opera di Prassitele.Olimpia, Museo Archeologico

sotto: Statua di Satiro in estasi,bronzo, attribuito a Prassitele.Dal mare cel canale di Sicilia.Mazara del Vallo, Sant’Egidio.

8 foroellenico

Il 18 settembre presso l’Associazionedella Stampa Estera, a Roma, si è

tenuta la presentazione del libro “Grecie Turchi tra convivenza e scontro: lerelazioni greco-turche e la questionecipriota”, opera di Vincenzo Greco ededito Franco Angeli. L’iniziativa è statapromossa dall’Ambasciata di Cipro aRoma, sotto l’egida del SegretarioGenerale del Ministero degli AffariEsteri della Repubblica di Cipro,Ambasciatore Alexandros N. Zenon edel rappresentante diplomatico in Italiadella Repubblica Cipriota, SuaEccellenza Athena Mavronicola. Pertale occasione sono intervenuti tredocenti italiani esperti della materia:Elena Calandri (Università di Firenze),Antonio Varsori (Università di Padova)e Pierluigi Ballini (Università diFirenze).Come il titolo stesso ci fa capire inmaniera piuttosto semplice, il volumeconsiste in un’analisi delle relazionifra greci e turchi, due popoli che laStoria ha visto spesso fronteggiarsi inmodo violento. Tutti sappiamo dellarivalità, mentre invece ignoriamo deltutto le occasioni in cui i due popolihanno invece collaborato, o almenohanno convissuto in modo non belli-

gerante. In questo volume Greco ci favedere entrambe le facce di questamedaglia, attraverso un excursus sto-rico dettagliato che prende il conside-razioni le varie fasi dei rapporti fragreci e turchi dal 1071 a oggi, conparticolare attenzione al contenziosoper Cipro, tuttora irrisolto.Per capire il valore del volume, anostro parere notevole, è essenzialericordare sempre e comunque che sitratta di un dottorato di ricerca. Il pre-sente libro, infatti, è in realtà la ver-sione pressoché integrale della tesiche Vincenzo Greco ha presentatoper conseguire il suo dottorato inStoria delle relazioni internazionalipresso l’Università di Firenze, sotto lasupervisione del professor Varsori,autore della prefazione al volumestesso. Questo dettaglio è assoluta-mente imprescindibile per capire l’es-senza di questo lavoro. Un libro chenon tutti potranno essere in grado dileggere ed apprezzare. Al contrario,lo sconsigliamo fermamente a quellaschiera di “dilettanti appassionati”che volessero leggere il volumemeramente per saperne di più sullerelazioni greco-turche. Questa pubbli-cazione non ha affatto carattere

divulgativo. Il libro di Greco può esse-re letto e capito soltanto dagli addettiai lavori e magari non da tutti. Moltecose sono date per scontate e quindidevono essere già parte della culturadel lettore prima di accingersi a sfo-gliare le pagine di tale testo. È obbli-gatorio avere previamente una buonapadronanza della storia contempora-nea, soprattutto delle relazioni inter-nazionali nell’area dei Balcani e delMediterraneo Orientale. Suggeriamocaldamente di avere già letto (omeglio avere studiato in modo appro-fondito) certe pubblicazioni prope-deutiche della materia. Per limitarci aquelli in lingua italiana, è basilareavere padronanza di testi quali ilClogg (Storia della Grecia moderna)e il manuale di storia delle relazioniinternazionali di Ennio Di Nolfo.Perché questo è il senso del volumedi Vincenzo Greco: un testo di puraricerca storica di valore accademico.Ancora, è utile precisare che non èun qualunque libro di storia, bensì unlibro di storia specialistica: la storia

a destra: scambio di prigionieri di guerra

Cipro, convivenza e scontro nel Mediterraneo orientale

di Rudy Caparrini

delle relazioni internazionali, o storiadiplomatica che dir si voglia. Unamateria particolare, che si concentrasui rapporti fra governi a discapito dialtri elementi di storia generale, qualile tematiche economiche e sociali deisingoli Stati presi in esame.Vincenzo Greco è uno storico nelvero senso per cui si dovrebbe inten-dere tale concetto. L’autore di questamonografia, dopo avere conseguito ildottorato di ricerca a Firenze, staproseguendo nel suo lavoro in ambi-to accademico occupandosi di storiadiplomatica, specializzato in materiadi relazioni greco-turche e di politicaestera greca. Attualmente vive inGrecia, dove collabora con vari enti eatenei, fra cui la Fondazione delParlamento Ellenico e l’Universitàdell’Egeo. A dispetto della giovaneetà (appena 32enne) Greco vantogià un buon curriculum con moltepubblicazioni di valore scientifico.Oltre a “Greci e Turchi”, è coautoredel volume “La Grecia contempora-nea (1974-2006)”, curato dal sotto-scritto, al quale ha contribuito realiz-zando il capitolo sulla politica esteraadottata da Atene dal 1974 a oggi.Ha, inoltre, pubblicato numerosi arti-coli sulla Grecia apparsi su rivistespecializzate, sia in italiano sia ingreco, lingue che conosce perfetta-mente essendo egli stesso italo-elle-nico.Il testo rivela in pieno quelle che sonole attitudini e le competenze maturate

da Greco nel suo per-corso professionale eformativo. Leggendoqueste pagine si notain modo eloquente laprecisione scientificadello storico, che siattiene sempre e solo ai fatti accadu-ti senza abbandonarsi a interpreta-zioni tipiche del politologo. VincenzoGreco legge i documenti d’archiviocon la massima attenzione, mostran-do di possedere una buona basemetodologica di ricerca storica.Lodevole è pure l’obiettività indiscuti-bile dell’autore, il quale si confrontacon fatti di alto valore emotivo senzafarsi condizionare dai legami affettivi.La sua origine ellenica non gli impe-disce di avere un punto di vista criticopure verso la politica adottata daAtene in certi frangenti.Dal punto di vista accademico, laparte più interessante è senza dubbioquella dedicata alla questione ciprio-ta, materia attuale ma, come troppospesso accade per le questioni dav-vero importanti a livello internaziona-le, trattata in modo superficiale espesso contorto dall’opinione pubbli-ca italiana. Greco si impegna a fondoper cercare di tracciare un quadrorealistico di quello che è tuttoggi ilmaggiore oggetto del contendere fraGrecia e Turchia.L’autore parte della preistoria del con-tenzioso quando Cipro, abitata dagreci fin dall’antichità, perse la sua

caratteristica di isola interamenteellenica per cultura ed etnia. Cipro,infatti, fu occupata dalle truppe otto-mane nel secolo XVI e da quelmomento vi si stabilì una minoranzaturca. Greco spiega che le due comu-nità hanno convissuto piuttosto benefino ai primi decenni del Secolo XIX,quando si affermò il movimentonazionalista che permise la nascitadel moderno Stato nazionale greco. Ilsorgere di una patria per il popoloellenico stimolò nei greci di Cipro ildesiderio di unirsi alla madrepatria,dando origine al concetto di “Enosis”,che significa appunto “Unione”.Quello è stato il punto di svolta deci-sivo nei rapporti fra le due comunitàche abitano l’isola. Da allora, i rappor-ti si sono fatti sempre più tesi fino adare origine a scontri sanguinari econflitti armati che hanno visto fron-teggiarsi pure gli eserciti di Atene edAnkara. Un racconto dettagliato checi fa conoscere da vicino l’operato dipersonaggi passati alla storia qualiGrivas e Makarios, ma anche lemosse intraprese dai vari esponentidei governi di Atene e Ankara. Unaricostruzione precisa fondata su fontiprimarie, documenti originali e inediti

foroellenico 9

in alto e a destra due delle oltre 500 chiese ortodosse deva-state dalle truppe d’occupazione turche nel corso degli scon-tri nell’agosto 1974

10 foroellenico

che l’autore è andato a scovare invari archivi. Vincenzo Greco descrivein modo minuzioso le concitate fasi diquesto rapporto sovente conflittuale,spiegando anche come questa rivali-tà sia stata fomentata pure dalla GranBretagna, potenza coloniale che haesercitato il dominio a Cipro fino al1960, quando l’isola divenne unoStato sovrano. La ricerca di Greco cisvela che Londra ha sempre volutotenere sotto il suo controllo Cipro,base fondamentale per il controllo delMediterraneo Orientale. La GranBretagna ha quindi impedito al popo-lo cipriota di realizzare l’Enosis nelmomento in cui questa sarebbe statapossibile senza grandi problemi. Lapressione di Londra ha sovente indot-to i governi greci a limitare le pretesedi Enosis. La cosa si è complicatadopo l’ascesa a superpotenza degliStati Uniti d’America, che hannospesso (per non dire sempre) soste-nuto le pretese della Turchia su Ciproa discapito delle ambizioni del popolocipriota di unirsi alla madrepatria. Ladescrizione della vicenda cipriota èdavvero ricca di dettagli e non puòessere riassunta in poche righe.Possiamo solo apprezzare il fatto cheGreco non trascura alcun passaggiodi questo contenzioso, rilevando inogni fase i fatti più importanti ecogliendo bene i momenti di svoltache hanno caratterizzato le difficilifasi negoziali per le sorti dell’isola,che ancora oggi è divisa e presenta

un destino incerto per ciò che concer-ne la convivenza fra le due comunità.Oltre al contenzioso per Cipro, il volu-me ci permette pure di approfondirela conoscenza e di apprendere certidettagli che potrebbero sfuggiresenza un’analisi attenta. Ad esempio,un altro aspetto che stuzzica l’atten-zione del lettore è l’analisi delle rela-zioni fra Mustafà Kemal Ataturk eElefherios Venizelos. Greco fa notarecome i due grandi statisti abbiamoavuto rapporti cordiali e di stima reci-proca. Dalla narrazione si evince cheKemal e Venizelos, dopo la guerra del1922 che pose fine al sogno grecodella “Megali Idea”, avrebbero avutointenzione di trovare forme di collabo-razione nell’interesse di entrambe le

nazioni. Una constatazione fondatasu elementi oggettivi, che però susci-ta sorpresa per coloro che hannosempre creduto il contrario e visto inKemal il peggiore nemico di sempreper il popolo greco (chi scrive la pen-sava in effetti così).Provando a trarre delle conclusioniimparziali, pensiamo che i libro diVincenzo Greco possa avere un gros-so seguito più a livello accademicoche fra i semplici appassionati delcontenzioso greco turco. Un volumeche potrà benissimo divenire libro inquei (pochi) corsi universitari che sioccupano del Mediterraneo Orientalein epoca contemporanea.

A destra: un carro armato dell’eser-cito turco sbarca sulle coste diCipro.

In basso altre fasi dello sbarco delletruppe turche sul territorio cipriota.

foroellenico 11

Il 26 ottobre, nelle sale espositive delcastello San Guisto di Trieste, è stata

inaugurata la mostra “il furto dellaStoria, le ripercussioni del traffico illeci-to di antichità sulla società e sulla civil-tà”. Si tratta di un’esposizione multime-diale, a cura della Fondazione Ellenicadi Cultura, che è stato possibile far arri-vare in Italia, anche grazie alla collabo-razione del comune di Trieste. Lamostra vuole sottolineare le ripercus-sioni del traffico illecito di antichità epresenta copie di reperti che negli annipiù recenti, sono stati restituiti - dopofondate rivendicazioni - alla Grecia edall’Italia. Il visitatore viene condotto permano, attraverso un percorso di cono-scenza e di sensibilizzazione. Dal sac-cheggio del museo archeologico diBaghdad, al sezionamento in più partidi statue sacre dei templi dellaCambogia, fino alla vendita di repertiprovenienti dai paesi dell’Europa medi-terranea, a case d’aste degli Usa.Molti oggetti provengono dalla Grecia,dall’Italia, da Cipro e dalla Turchia,paesi che recentemente hanno otte-nuto la restituzione di opere d’arte tra-fugate e vendute illegalmente all’este-ro. Più in particolare, per quel cheriguarda la Grecia, vengono presenta-

te copie delle restituzioni avvenute nelpassato più recente, quali il Tesoro diAidonia, la Corona in oro provenientedalla Macedonia, la Kore in marmo diParos, ed altri. L’esposizione, è statafatta coincidere con l’inaugurazione,sempre a Trieste, della sede della

Fondazione Ellenica diCultura. Dopo quelle diOdessa, Alessandria d’Egittoe Berlino ed in concomitanzacon la creazione di nuove sedia Belgrado, Bucarest, Tiranae Sofia, il capoluogo giulianoè entrato nel raggio di azionedell’Ελληνικο′ Ιδρυµα Πολι−τισµου′ . Nei locali di Piazzasan Giovanni, concessi dallacomunità greco orientaledella città, è stata creata unabiblioteca, spazi per incontriculturali, uffici amministrativi.La responsabile, Aliki Kefa-logianni, inizierà la sua attivitàa partire dai corsi per l’ap-prendimento della linguagreca. E, ne siamo certi, saràdi particolare utilità, la colla-

borazione con la Professoressa LuciaMarcheselli, titolare della cattedra dineo-greco all’Università di Trieste, cheda decenni ormai si dedica con pas-sione alla diffusione della cultura dellaGrecia moderna.Sempre riguardo alla mostra, il suocuratore, professor Vasilis Lampri-noudakis, ha spiegato a Foroellenico,che “il messaggio principale che sivuole lanciare, è che quando unoggetto appartenente al passato,viene strappato al proprio contesto,perde automaticamente ogni valore,poiché i reperti non possono essereconsiderati souvenirs o feticci. Va per-duta la testimonianza umana, storica eculturale”. Una mostra, nella quale,come ci ha spiegato il professore, conl’aiuto delle foto e del materiale multi-mediale interattivo, si snoda un per-corso ben preciso: si parte dalla crea-zione delle istituzioni museali, chehanno portato alla necessità di indivi-duare una serie di opere da esporre.Un processo positivo e negativo allostesso tempo, poiché ha contribuitoalla diffusione delle conoscenze sulle

di Teodoro Andreadis Synghellakis

In alto: Corona d’oro macedone con fiori di mirto, melo e pero,proveniente dalla Grecia del Nord.a sinistra:Testa di Dioniso, uno dei più importanti reperti del furtoal Museo di Corinto.

Trieste e la Grecia, culturalmente sempre più vicine

varie civiltà, ma ha anche fatto nasce-re i primi traffici illegali di opere d’arte.L’esposizione presenta in seguito lacarta dell’Onu, del 1970, contro ilcommercio illecito di reperti e si con-centra, infine, su casi ben precisi: veree proprie spoliazioni, che non riguar-dano solo la Grecia o l’Italia, ma chehanno colpito duramente anche altreculture, come quelle asiatiche ed afri-cane. “Anche quando i reperti vengo-no recuperati, non sempre sono nelle

condizioni in cui si presentavanoprima della sottrazione illecita, - comeci ha spiegato il professor Lampri-noudakis -. Un esempio illuminante, ècostituto dalla preziosa testa diDioniso, sottratta al museo di Corinto.Dopo grandi sforzi, si è riusciti ripor-tarla in Grecia, ma con danni, assaievidenti: è mancante di gran parte delnaso e della corona”.Dopo Trieste, “Il Furto della Storia”,verrà presentata a Lisbona, Parigi,

Londra, Berlino, Francoforte ed inmolte città del Mediterraneo. Comeha voluto sottolineare il professorGeorghios Babiniotis, Presidentedella Fondazione Ellenica di Cultura“riteniamo che la mostra non riguardisoltanto i paesi di provenienza delleopere trafugate. Riteniamo che costi-tuisca un’offerta alla comunità cultu-rale di tutto il mondo, dal momentoche le opere oggetto di commercioillegale, provengono da tutti i paesi.L’incoraggiamento del commercio ille-cito di antichità, colpisce ogni popoloe l’umanità intera. Per questa ragioneabbiamo assunto l’iniziativa di pre-sentare la mostra in diverse cittàestere, con la certezza che aiuteràallo sviluppo del clima di condannasociale del traffico illecito di antichitàe di opere d’arte. Un clima che fortu-natamente si è venuto a creare, negliultimi anni, a livello internazionale”.

12 foroellenico

A colloquio con il professor Gheorghios Babiniotis, Rettore dell’Università di Atene e Presidente della Fondazione Ellenica di Cultura

Quali saranno i settori nei quali concentrerà la propria attivi-tà della sede della Fondazione Ellenica di Cultura di Trieste,che dà inizio alla sua attività con la mostra al Castello SanGiusto?

La mostra “il Furto della Storia” preannuncia l’attività dellasede della Fondazione Ellenica di Cultura in Italia. I settoriprincipali di questa attività sono la diffusio-ne della lingua greca, con la creazione disezioni per l’insegnamento nei locali dellaFondazione, la collaborazione nell’ambitodell’insegnamento della lingua grecaanche con altri organismi e istituzioni cul-turali a Trieste, ed in altre città, l’organizza-zione di manifestazioni culturali che pro-muovano la cultura greca e contempora-neamente contribuiscano al dialogo inter-culturale.

Trieste è una città che ha ospitato decinedi migliaia di greci, nel corso dei secoli.Questa eredità interculturale, influenzeràla vostra attività?

Verrà presa in considerazione e verrannoorganizzate manifestazioni con centri efondazioni culturali di diversi paesi, così da

ricordare la formazione multiidentitaria del capoluogo giuliano.

Come Rettore dell’Università di Atene e linguista di puntadella Grecia, in che direzione vanno i suoi sforzi per la dif-fusione della lingua greca all’estero? La parte teorica dellaconoscenza, diventa anche scambio e contatto personale?

Desidero che questa diffusione abbia un carattere sistema-tico di informazione, di contributo vivo,di collaborazione e più in generale dicontatto con la cultura greca nelle suediverse fasi, dando enfasi a quella del-l’ellenismo moderno e contemporaneo.

Cercherete di abbinare la promozione delprofilo classico della Grecia , la sua impor-tantissima eredità dell’antichità, con larealtà contemporanea, della produzioneculturale del XXI secolo? E’forse la sfidapiù complessa...

Si, faremo coesistere queste realtà intutte le nostre manifestazioni. Cerchiamodi creare abbinamenti di questo tipo, siariguardo alla sopravvivenza che al riap-parire di varie forme di espressioni cultu-rali del passato, in quelle contempora-nee.

A sinistra: mosaici del VI sec. d.C.appartenenti alla Chiesa saccheg-giata della Panayia Kanakaria aLythrankomi.Venduti dal mercante turco Dimenal mercante d’arte Peg Goldberg, diIndianapolis (USA).Cipro è ricorsa alla giustizia negliUSA e ha vinto la causa così nel1991 i quattro mosaici sono statirestituiti a Cipro.

Il professor Gheorghios Babiniotis

foroellenico 13

L’“Attiko Metrò”, Ovvero la vita sotterranea di Atenedi Kyriaki Gonì

Gli ultimi sette anni sotto la super-ficie di Atene c’è un segreto; non

è un segreto portato alla luce dal pic-cone di archeologi capaci; no, si trat-ta di un segreto diverso, che fanascere l’orgoglio negli ateniesi emeraviglia negli stranieri; ha risoltomilioni problemi di mancanza ditempo e stress. Naturalmente mi rife-risco alla metropolitana di Atene. Lanuova vita sotteranea della capitalegreca. Da Gennaio del 2000, i suoicittadini hanno cominciato ad entrarein contatto con questo nuovo segreto.I percorsi e le stazioni, sono aumen-tati e l’espansione prosegue.Cosa è però ciò che rende il metrò diAtene così particolare? La primacosa è che Atene, rispetto alle altrecapitali europee, ha avuto il metrò piùtardi. Forse questo contribuisceall’entusiasmo e rafforza il rispettocon cui i greci hanno abbraciato laloro metropolitana. È il luogo più puli-to di Atene. Ed i greci ,che alcunevolte sono un po’ allergici alle regole,nel caso della metropolitana sembra-no aver cambiato mentalità. Al suointerno, non si vede mai nessunobere o mangiare. Alcuni amici stranie-ri che hanno visitato in passato laGrecia, sono rimasti impressionati

dal ‘segreto sotteraneo’ di questa cittàcreativamente caotica e specialmen-te dai cambiamenti portati dallametropolitana. È riuscita nell’intentoin cui non avevano, sinora, avuto suc-cesso, gli altri mezzi publici: convin-cere i greci a ridurre l’uso della mac-china.Tutta questa storia è cominciata nel1991 quando è stata fondata la socie-tà “ATTIKO METRO A.E.”, avendo perunico socio lo stato greco. La METROATTICA può distribuire fino al 49%delle sue azioni a persone fisiche olegali. La società è posta sotto lasupervisione dei Misteri dei Lavoripubblici e del Commercio. Sinora, lametropolitana di Atene dispone di 2linee, rispettivamente con 13 e 17stazioni ed i lavori per l’ampliamentodelle linee continuano. Il progetto dibase include 20 stazioni, che sonostate consegnate al pubblico tra il2000 e il 2003, al costo di 2.059 milio-ni di euro (cifra sovvenzionata per il50% dall’UE, per il 39% dalla BancaEuropea per gli Investimenti e perl’11% dallo stato greco). Per gliampliamenti futuri (10 stazioni), leultime sono state consegnate nelmaggio maggio 2007, il costo si arri-va a 2.200 milioni di euro.

In Questo momento, le stazioni fun-zionanti sono 30 e coprono un per-corso di circa 55 km.Contemporaneamente, il ruolo delmetrò si è combinato con la riformadegli altri mezzi pubblici. Le stazionidi partenza e di arrivo degli autobushanno liberato il centro della città esono stati creati nuovi capolinea vici-no alle stazioni della metropolitana.L’uso del metrò ha ridotto notevol-mente non solo le machine ma anchegli autobus nel centro della città,creando contemporaneamente unarete di trasporto integrata per i cittadi-ni ed i visitatori della città. Il passeg-gero della metropolitana rimane sod-disfatto dalla sicurezza, dalla puntua-lità e dalla qualità offerte: i vagonisono moderni e puliti, le stazioni e iparcheggi sono tecnologicamenteavanzati (sistemi per il pagamento,scale mobili, ascensori, sistemi disicurezza). La segnaletica nelle ban-chine e in generale per l’informazionedei viaggiatori è sempre completa.Le due linee in questione trasportano,ogni giorno, circa 650.000 viaggiatori.Secondo i calcoli della “ATTIKOMETRO” l’entrata in funzione dellametropolitana ha ridotto di circa70.000 unità le macchine nel centro

della città. Lo smog si è ridotto circadell’8%, una buona percentuale, peruna città di 5.000.000 abitanti, inperiodo in cui ogni azione in favoredell’ambiente è molto preziosa.Nel corso di questi anni “ATTIKOMETRO” ha dato il suo contributoanche alla vita culturale di Atene. Conun’attività volta a promuovere tanto lacultura moderna, quanto la cono-scenza di quella antica.In una città come Atene, abitatasenza sosta da milioni anni, era inevi-

tabile che le trivelle e le escavatrici siincrociassero tante volte con il passa-to. Prima dall’inizio dei lavori, ilMinistero della Cultura aveva già indi-viduato e indicato, attraverso scaviper la costruzione di altri palazzi , conl’aiuto di testi antichi (come gli“Itinerari di Pausania”) e altri metodi,le aree archeologiche ad alto rischio.L’attenzione degli archeologi era con-centrata sopratutto su cinque stazioni(Syntagma, Monastiraki, Keramikos,Acropolis, Panepistimio), dove sono

stati effettuati importanti scavi duratia lungo, prima dei lavori di constru-zione.Come Roma, cosi Atene ha un sotto-suolo ricco di reperti di diverse epo-che. Nonostante i lavori siano statirealizzati ad una profondità di più di15 metri, l’incontro degli operai con ilpassato di Atene era inevitabile. Igruppi di lavoro hanno trovato spessodelle difficoltà e in molti casi i proget-ti iniziali sono stati cambiati a causadel ritrovamento di oggetti antichi. Adesempio, nel caso della stazione diSyntagma è stato esposto il pozzo divia Amalias (all’interno del quale èstato rinvenuto un grandissimo nume-ro di anfore e crateri), mentre nellestazioni di Monastiraki, Elaionas eEgaleo è mutato il percorso, ed èstata abbandonato il progetto per larealizzazione di una stazione vicinoal antico cimitero di Keramikos. Èindicativo che fino ad ora siano statirealizzati più di venti scavi per un’e-stensione di 79.000 mq.La profondità dei strati archeologiciandava da cinque a sette metri, maalcune installazioni idrauliche (pozzi,canali, cisterne e acquedotti), sonostati scoperti ad una profondità mag-giore, da 15 fino a 45 metri. Il pro-gramma archeologico è frutto del

14 foroellenico

Esposizione dei reperti archeolo-gici rinvenuti durante la realizza-zione della metropolitana

lavoro coordinato di “ATTIKOMETRO”, della joint venture OLIM-PIAKO METRO, e del Ministero dellaCultura, che secondo quanto prevedela legge greca, è il diretto responsabi-le dei lavori archeologici. Tutto il mate-riale archeologico è, ovviamente, diproprietà dello stato greco, mentre ilMinistero della Cultura è deputato allasua conservazione. Dall’inizio degliscavi, archeologi con diverse specia-lizzazioni, hanno sovrinteso agli scavi,senza sosta.Il lavoro dell’archeologo ha portato allaluce materiale di tutti i periodi, dall’e-poca neolitica fino ad oggi. Tra i ritro-vamenti, si possono citare installazionitermali, laboratori di metallo, acque-dotti e cisterne, strade antiche e mura,cimiteri e tombe, e anche un sito nonben identificato, pieno di lucerne, condipinte, varie scene erotiche.Molti ritrovamenti sono stati trasportatinei musei e nei depositi del Ministerodella Cultura, mentre altri sono stativalorizzati “in situ” e vengono espostiin cinque stazioni del centro storico.Attraversando i corridoi delle stazioniMonastiraki, Akropolis e Panepistimio,lo sguardo si posa sui reperti all’inter-no delle teche di vetro. Ogni volta, sicomprende meglio il filo ininterrottodella storia della città, ma anche deidiversi significati e funzioni dei suoiquartieri, nel corso dei secoli. In unluogo pubblico - nella metropolitana - ilpresente si incontra con il passato,con una scelta per l’esposizione e laprotezione delle antichità, diretta edefficace.Tra le scoperte già citate, una meritaattenzione particolare: l’alveo fluvialedell’antico fiume di Atene Iridanos,vicino alla stazione Monastiraki,accanto al foro. Alcuni anni fa, un po’

prima dalle Olimpiadi di Atene, JohnCamp, direttore degli scavi nel foro diAtene, portati avanti dalla ScuolaArcheologica Americana della capitalegreca, aveva fatto una proposta: confi-scare l’area della odierna via diAdriano (vicino al foro) e partire con gliscavi per portare in superficie - pertutta la sua estensione - l’alveodell’Iridanos. In questo modo un’im-portantissima testimonianza della cittàantica sarebbe stata valorizzata,creando una passeggiata archeologi-ca e dando agli Ateniesi e ai visitatorimolte preziose informazioni.Purtroppo, questa proposta non haricevuto la dovuta attenzione, e forse èstata anche un po’ azzardata, dalmomento che l’area individuata per laconfisca è fortemente turistica (risto-ranti, bar ecc.). Speriamo che in futu-ro, la mentalità aperta e le tecniche

che hanno permesso la realizzazionedell’ATTIKO METRO (guardando, inparticolare, al suo rapporto con l’etàantica), si possa estendere anche adaltri campi.Nel loro complesso, gli scavi, rappre-sentano il più grande programmaarcheologico mai realizzato ad Atene.Anche per ciò che riguarda la culturacontemporanea ATTIKO METRO hacercato di muoversi con interesse ecuriosità. Nella maggior parte dellestazioni sono state esposte opere difamosi artisti greci, tra i quali, Moralis,Karas, Fasianos. Queste opere, cheincludono installazioni, sculture,mosaici, pitture, sono state createesclusivamente per le stazioni che leospitano. Interpretano le funzioni deiluoghi e vi si inquadrano totalmente.Un esempio illuminante è la composi-zione di Gaitis con i famosi ‘uomini’nella stazione Larissis. Le figure dipin-te si mischiano in una infinita illusioneottica con i viaggiatori che aspettano iltreno. Lo spettacolo, per chi passa coltreno dalla stazione, costituisce, dasolo, un’opera d’arte. Come la compo-sizione del ‘parco sotteraneo’ diTsoklis nella stazione di Ethniki Aminache è allo stesso tempo un interresan-te intervento artistico e un commentosull’epoca contemporanea.Atene ha così acquisito una metropo-litana molto moderna, con apporticulturali classici e contemporanei.Come sostengono i responsabili diATTIKO METRO - e noi siamo d’ac-cordo con loro - “la metropolitana hascavato il passato di Atene percostruire il suo futuro”.

foroellenico 15

Foroellenico ha deciso, questavolta, di dedicare il suo dossier

all’ artista greca che, più di ogni altra,ha saputo conquistare il pubblico diogni angolo della terra. Parliamo diMaria Callas, di cui, ricorre, il tren-tennale dalla scomparsa. La Grecia,ha ufficialmente proclamato il 2007,“′Ετος Μαρι′α Κα′ λλας ”, Anno diMaria Callas. Moltissime le manife-stazioni, gli eventi, le nuove edizionicommemorative e di critica musicale,gli incontri e gli articoli sui giornali ditutto il mondo. Nel nostro piccoloviaggio, abbiamo cercato di presen-tare anche “l’altra Maria”, quella pri-vata, fuori dalle scene, cercando disaperne di più da chi l’ha conosciuta

da vicino. Senza però scadere nell’i-nutile gossip, che nulla aggiunge, edin realtà nulla toglie, al valore immen-so di questa artista. Abbiamo anchecercato, poi, di illuminare maggior-mente la personalità di MariaKalogheropoulou, la Callas in Greciae nel suo rapporto con la Grecia. Nona caso, le manifestazioni organizzatequest’estate ad Atene, hanno avutoper titolo, appunto, il nome ed ilcognome dell’inarrivabile soprano.Il 16 settembre anche la ComunitàEllenica di Roma e Lazio ha volutoorganizzare un evento in memoriam,alla chiesa di San Teodoro alPalatino.

Nella sede di Via Filellinon, accanto

alla centralissima Piazza Sintagma,La Fondazione Culturale delParlamento Ellenico, ha organizzatola mostra “Maria Callas 30 annidopo”. Un tributo d’onore all’artista,con una ricca raccolta di documenti,abiti di scena, dischi e lettere. Tra icostumi, quello creato dal noto pittoree costumista greco Jannis Tsaro-uchis, per la Medea andata in scenanel 1958 all’Opera Civic di Dallas, edanche quello disegnato da AntoniosFokàs che Maria indossò per laNorma, a Epidauro, sotto l’attentaregia di Alexis Minotìs. La mostra èstata inaugurata in aprile dal primoministro Costas Karamanlìs e dallapresidente del Parlamento Ellenico

16 foroellenico

Omaggio a Maria Callas:...ricordando la “Divina”

Omaggio a Maria Callas:...ricordando la “Divina”

foroellenico 17

Anna Psarouda Benaki (sostituita insettembre dal nuovo presidente,Dimitris Sioufas).Il materiale fotografico, è stato con-cesso dall’archivio de La Scala,dall’Archivio Megalokoumou, dalMuseo Benaki, dall’Associated Presse da collezionisti privati. Vediamo laCallas giovanissima, nel 1940, sulpalcoscenico del Βασιλικο′ Θε′ ατρο,

Teatro Regio, ad Atene, nell’operaBoccaccio di Franz von Suppè. Nelsuo splendido, ricchissimo abito,come Violetta, da La Traviata, inter-pretata in Messico, nel 1951.Ma anche Maria Kalogheropoulouche conquista la Scala e inaugura lastagione del 1951 con I VespriSiciliani di Giuseppe Verdi. Questo emolto altro ancora: preziose incisioni

In questa pagina la mostra “Maria Callas 30 anni dopo” allestita presso la Fondazione Culturale del Parlamento Ellenico.

su vinile, molti spartiti delle opere,registrazioni video di alcune fra le sueinterpretazioni più importanti.Sempre ad Atene, l’Istituto di CulturaItaliano, diretto da Melita Palestini, havoluto rendere un altro preziosoomaggio, con la Mostra “Μαρι′αΚα′ λλας , µια Γυναι ′κα , µιαΦωνη′ , ε′ νας Μυ′ θος” (MariaCallas, una Donna, una Voce,un Mito). Con il patrocinio delMinistero della Cultura ellenicoe grazie a cinquecentodicias-sette og-getti appartenenti allacollezione di Bruno Tosi si èdato pieno risalto all’artista, ladonna, la soprano greca ecosmopolita allo stesso tempo.Moltissimi i pezzi esposti. Sipuò citare, il suo certificato dinascita, le lettere alla sua mae-stra Elvira de Hidalgo ed a PierPaolo Pasolini e i bellissimiabiti di scena, da opere comeLa Traviata (Metropolitan, NewYork, 1956) e Tosca (LondonRoyal Theatre 1964) ed anchedalle sue ultime apparizioni aParigi ed a Tokio. Ma anchefoto della “Maria privata”: all’o-spedale di New York dove ènata, ad Atene negli anni ’30,al suo debutto sulle scene, dueanni prima dello scoppio dellaSeconda Guerra Mondiale. Nel

corso della mostra, si è verificatoanche un increscioso imprevisto, con-clusosi, fortunatamente, in modo posi-tivo: uno sconosciuto, ha sottrattodalla vetrina in cui era esposto, unodegli abiti della collezione di BrunoTosi. Più esattamente, l’abito che

Maria portava nel teatro di ErodeAttico, in occasione del recital orga-nizzato il 3 agosto del 1957. La notiziaha avuto vasta eco sulla stampagreca, la polizia ha dato il via allericerche per individuare l’insolito ladro(forse un fan che aveva perso il senso

della misura), ed una settima-na più tardi, si è arrivati alla feli-ce conclusione. In un pacchet-to contenente la custodia diuna videocassetta, spedito perposta alla direttrice MelitaPalestini, era contenuto il pre-zioso abito, piegato più volte,un po’ sgualcito, ma in buonecondizioni. Il sospiro di sollievoè stato grandissimo, ancheperché era proprio l’abito delfamoso quadro in cui SilvanoCaselli aveva ritratto Maria,con sullo sfondo il teatro LaFenice in fiamme. Il grandesuccesso della mos-tra, hafatto sì che subito dopo Atene,sia stata riproposta anche aSalonicco, nel-l’Auditoriumdella città.

18 foroellenico

In alto la mostra tenutasi ad Atene presso l’Istituto di Cultura Italiano, “MariaCallas, una Donna, una Voce,un Mito”, a sinistra la locandina dell’evento

Il mondo ricorda sempre la suavoce imprevedibile. Parlando di sé

disse: "Mi butto come una belva". Ilsoprano è ancora inimitabile: sulpalco le bastava cantare una sillabaper nobilitare un’intera opera Trent’anni: chi mai dopo trent’annidalla vita potrà venire ricordato cosìda tutto il mondo e così da vicino?Maria Callas morì a Parigi il 16 set-tembre 1977. Come allora non siamoancora capaci di dirle addio.Perché era grande La Callas era gran-de perché era grande, non si può spie-gare molto di più. Si possono elencarele sue virtù straordinarie: la consisten-za della voce, penetrante, imprevedi-bile, misteriosa; l’orgogliosa bellezzadella figura scenica; la potenza dellaparola. Virtù analizzate e studiate edimitate. Ma come si spiega la febbrileattesa che entrasse in scena, come la

forza di buttarsi al di là di se stessa,come il potere di comunicare l’intensi-tà del suo personaggio tanto neimomenti spericolati come persino inquelle mezze frasi che alla letturadello spartito di solito nemmeno sinotano e con le altre interpreti passa-no quasi sempre inosservate? NellaSonnambula alla Scala può avereancora un brivido ricordando quando,nella cabaletta finale di LuchinoVisconti regista, si accendevano lemezze luci in sala e liberava le follinote sovracute ad una ad una comeun contagio di felicità. Ma chi ascoltaLa Traviata ripresa dal vivo, anche indisco si può fare un’idea di come vive-va e trasmetteva il personaggio anchesolo in un «Ah...». Violetta è nella tre-pidazione dell’amore che vorrebberifiutare, sola, ed improvvisa le arrivada lontano la voce di Alfredo, l’uomo

che l’ha gettata in quello stato; lei mor-mora semplicemente una sillaba:«Ah». E tutto il mondo le passa dentro.Perché fu rivoluzionaria La Callasimpostò su una voce di spessorearcano e di colore scuro, tipica solodei soprani o dei mezzosoprani vota-ti alle impetuose parti drammatiche,le agilità spericolate e lievi tipiche delsoprano leggero; e con questo ritrovòil tipo delle interpreti vocali delleopere di Rossini, di Donizetti, fino aVerdi. Ebbe certo maestri che la gui-darono, da Elvira de Hidalgo per lavoce a Tullio Serafin per l’interpreta-zione. Ma credo che trovò se stessasoprattutto da sola. E mentre i sopra-nini capaci di giocare con le fioritureacute della parte di Lucia diLammermoor bamboleggiavano nellafollia che coglie la tragica protagoni-sta, lei pronunciava le semplici frasi

foroellenico 19

Trent'anni senza CallasTrent'anni senza Callasdi Lorenzo Arrugadi Lorenzo Arruga

nel registro grave: «Alfin son tua, alfinsei mio» mettendo in gioco la sua vitae la nostra.Perché fu combattuta Aveva una vocemultiforme, perentoria, lucentezzemetalliche, echi segreti. Era greca, nelDna aveva la potenza della memoriadi quel teatro antico di grandezza smi-surata. Non le importava altro che laverità di quello che stava interpretan-do. La gente si aspettava le rotonditàpastose del modello in auge, e da quipartì la lotta dei sostenitori di RenataTebaldi, dalla voce calda e magnifi-cente, su cui fondava la sua espressi-vità. La scena del sonnambulismo nelMacbeth, aspra e tragica come volevaVerdi, alla Scala ebbe qualche fischiogrottesco. D’altra parte alla Scala fecescandalo il fatto che, nella Traviata,rimasta sola dopo la festa, ViolettaCallas si togliesse le scarpe. AllaScala! Qualche secolo prima, erasuccesso per i piedi nudi sporchi deipoveracci inginocchiati davanti allaSacra Famiglia in una tela delCaravaggio... piedi sporchi in chiesa!Rapidamente, poi, la storia fa giusti-zia. I nemici le tirarono anche un

mazzo di ravanelli,mentre in proscenio glialtri le gettavano fiori.«Maria, non racco-glierli!», le gridavaVisconti, che stava inbuca. Perché Viscontistava a tutte le recite eperché Maria era mio-pissima, tanto che permemorizzare bene ilgesto del direttoreandava anche alleprove d’orchestra solae s’abituava persinoad ascoltare il respirodei professori d’orche-stra, per avere punti inpiù di riferimento.La tigre Amava moltogli applausi. GiuseppeDi Stefano, il famosotenore, raccontavache una volta, nellaTosca, dopo essereapparsi insieme allaribalta più volte dopoun atto, gli disse:«Sono stanca, basta,

andiamo in camerino». Ci andò. Adun tratto udì un boato: Maria di sop-piatto era tornata dal pubblico, sola.Però non era scorretta con i colleghi,ma una buona compagna. Era leistessa, lo volesse o meno, ad ali-mentare il suo mito di Callas La Tigre.

«Mi buttavo come una belva», diceva,ma di sé come Medea; scacciava avolte i giornalisti, ma di quanta inva-denza era bersaglio. Soprattuttoquand’erano più ingolositi della suavita privata.La vita Vita bruciante: l’infanzia inAmerica ed in Grecia, dolorosa e mise-ra, la vocazione al canto trionfante, lafatica di venire accettata in Italia e nelmondo, la dimensione quieta familiareaccanto ad un marito veronese bona-rio e manager, la tensione di trovarel’amore con un leggendario greco, unarmatore barbaro e mondano, la ricer-ca desolata d’apparire dominatriceanche nei finti miti della vita da rotocal-co, la solitudine. L’incontrai quandoaveva già lasciato il palcoscenico.L’ultima volta fu al suo tavolo di regia,quando mise in scena per il Regio diTorino ricostruito I Vespri Siciliani. «Siapre un futuro nuovo?» chiesi. Mi mor-morò, con l’ombra del vecchio accentoveronese: «Cosa vuol che le dica, vec-chia o nuova sono sempre la vostraMaria». Guardava avanti come lonta-nissimo. Mi tornò d’improvviso l’eroinadei Puritani che vede il suo amore fug-gire su un cavallo bianco: il timbro alte-ro ed angoscioso di poche sue parolesussurrate. Lo sguardo miope sinascondeva come se volesse aiutosenza cercarlo.

da “Il Giornale” del 14 settembre 2007

20 foroellenico

A sinistra: la rappresentazione de Il Pirata di Vincenzo Bellini,Teatro alla Scala, Milano, 19 maggio 1958

A destra: nel 1957, Teatro alla Scala di Milano, in occasione della rappresentazione

de Un ballo in maschera di Verdi

Controtenore tra i più apprezzati,Aris Christofelis, si è occupato, perconto del Festival Ellenico, dellemanifestazioni organizzate la scorsaestate, per i trent’anni dalla scom-parsa di Maria Kalogheropoulou. Inquesta intervista, ci parla del filoconduttore che ha seguito, nella rea-lizzazione di questa serie di “omag-gi”, con cui si è voluto far conosce-re meglio il “periodo greco”di Maria,di cosa ha significato per lui ed ilsuo cammino, la scoperta dellaCallas, della sua preziosa, e in parteinspiegabile, unicità.

“La Callas nasconde una veritàche tocca l’anima, molto nel

profondo. Non credo che nessun altroartista contemporaneo, riuscirà a pro-vocare una cosa simile, trent’annidopo la sua morte e quarantacinqueanni dopo l’ultima apparizione su unpalcoscenico. Accanto alla Callas,potremmo mettere, in questo senso,solo delle altre grandi stelle del firma-mento artistico come Rubinstein oHorowitz, personalità che hannosegnato con la loro presenza il seco-lo che ci siamo lasciati alle spalle...”

Il “Festival Ellenico”, ha deciso di ono-rare la memoria di Maria Callas. Cipuò parlare delle manifestazioni orga-nizzate quest’estate?

C’è stato un importante numero dimanifestazioni, e non solo delFestival Ellenico: a partire dallamostra organizzata dalla FondazioneCulturale del Parlamento Greco edall’interessantissima mostra ospita-ta dall’Istituto Culturale Italiano diAtene. Nel corso dell’estate, ilFestival Ellenico, ha organizzatoquattro manifestazioni. La prima eradedicata al repertorio internazionaledella Callas, con un concerto di JuneAnderson al teatro di Erode Attico,con la partecipazione di DimitrisKavrakos, della mezzosoprano fran-cese Bèatrice Uria-Monzon e dell’Or-chestra Statale di Atene. Gli altri due“omaggi” si sono concentrati sulle

“interpretazioni greche” della Callas,prima della partenza per gli StatiUniti, dal 1937 al 1945. Credo sia unperiodo importantissimo, per laCallas e per la Grecia. Sono otto annipieni di rivolgimenti storici. L’ultimaparte del periodo fra le due guerre ela sua grande vivacità culturale, latragedia dell’occupazione nazi-fasci-sta e poi quella della guerra civilegreca. Guerra civile, in cui Maria perpoco non perse la vita. Come scrivePetralis nel libro “la Callas sconosciu-ta”, in quel periodo lavorò per tremesi come traduttrice per gli inglesi,e si salvo all’ultimo momento da unagguato. Come terzo “omaggio”, ilFestival Ellenico ha riproposto laMedea di Cherubini, a Epidauro. Unomaggio, ovviamente, all’interpreta-zione della Callas, del 1961 nellostesso teatro. La protagonista dellaMedea che abbiamo presentato que-st’estate, era Anna CaterinaAntonacci, per la direzione di LoukàsKaritinòs, e la regia di Jannis Kokkos.Anche se il confronto con lo spetta-

colo del 1961, nello stesso luogo, conla stessa opera, è stato, per forza dicose, molto impegnativo...

Non deve essere stato un compitofacile, scegliere i brani e riproporli alpubblico...

Assolutamente no. Anche perché, perquel che riguarda il “periodo greco”della Callas, non ci è rimasta nessu-na registrazione. Le prime di cuisiamo in possesso, sono del 1949. Epoi, all’epoca, pur essendo giovanis-sima, interpretò i ruoli di maggioreintensità drammatica: Fidelio, Tosca,Cavalleria Rusticana, il Capo Mastrodi Manolis Kalomiris, opere in cuianche oggi, non vediamo quasi maidei giovani artisti impegnati in ruoliimportanti. Lo abbiamo proposto ,perché si trattava di un periodo quasisconosciuto. Quando, invece, tornò inpatria, nel 1961, cantò brani con cuiaveva gia trionfato. Nel repertorio cheabbiamo scelto, sono comprese ottocanzoni greche, arie da opere come“la Favorita” di Donizetti, un’aria di

foroellenico 21

La Callas... così profondamente grecaA colloquio con il tenore Aris Christofelisdi Teodoro Andreadis Synghellakis

Aris Christofelis

Hendel, l’aria di Desdemona dal-l’Otello di Rossini e non di Verdi. Tutteinterpretazioni che la Callas nonreplicò più dopo la sua partenza perl’America e che abbiamo voluto ripro-porre nei due spettacoli di quest’esta-te. Molti appassionati della lirica,ignoravano l’importanza di questoperiodo, è stata, quindi, una specie di“riscoperta”.

Come sono stati scelti i tanti artistiche hanno preso parte alle manife-stazioni?

Abbiamo voluto privilegiare i giovaniartisti, che, non solo in Grecia, ma alivello internazionale, non hannospesso, in questi ultimi anni, grosseoccasioni per emergere. Mi riferiscoagli artisti che vorrebbero potercostruire una carriera nel propriopaese, senza dover continuamentemuoversi da un teatro e da un paeseall’altro... È un qualcosa che diventasempre più difficile. Anche perché, nelmondo della lirica, ho paura che sivada sempre più rompendo il filo chetiene unito l’oggi alla tradizione, esenza questa conoscenza, senza

questo rapporto diretto, non si può farnulla. Come seconda cosa, quello cheha attratto la nostra attenzione, nelleopere che abbiamo riproposto, è ilfatto che vennero cantate da MariaKalogheropoulou, in greco. Perchénon dobbiamo scordarci, che fino aqualche decennio fa, le opere, in ognipaese, venivano interpretate, nella lin-gua locale. Sempre per questa regola,Maria, quando arrivò in Italia, cantòWagner in italiano. Quindi, abbiamo

cercato le esatte traduzioni delleopere, così come vennero presentatenel periodo 1937 - 1945, senza il biso-gno di ricorrere a testi recenti.

Quali sono i nomi più rappresentatividegli artisti che hanno preso parteagli spettacoli di quest’estate?

Per il primo concerto, ad ErodeAttico, Markella Chatziano, mezzosoprano, la soprano drammaticaGiulia Souglakou, la soprano lirica

22 foroellenico

In questa pagina alcune immaginidelle manifestazioni organizzate lascorsa estate, per i trent’anni dallascomparsa di Maria Kalogheropouloudal “Festival Ellenico”

foto di Ch. Bilios

foto di Ch. Bilios

Maria Mitsopoulou ed itenori Vanghelis Chat-zisimos e Jannis Christo-poulos, insieme al bassoChristoforos Stamboglis.Hanno cantato branidelle opere interpretatein Grecia da Maria, e l’or-chestra è stata diretta da diretta daMiltos Loghiadis. Nel secondo spetta-colo, al piccolo teatro di Epidauro,con Thanasis Apostolopoulos al pia-noforte, abbiamo proposto brani direcital, anche da alcune feste o even-ti celebrativi. E intendo sempre arie,brani che non ha mai più interpretato.Anche qui abbiamo scelto quattrogiovani artiste: Mirtò Papathanasiou(che ha cantato pochi mesi fa all’ope-ra di Roma, ne La Traviata) LukiaSpanaki, Marina Doulojanni, e lamezzosoprano Marina Fizeli. Perchénon dobbiamo dimenticare che sin daallora, come anche in seguito, laCallas cantava tanto arie da soprano,che repertori da mezzosoprano.Come fece, del resto, anche in tutto ilseguito della sua carriera...

Quanto è stato difficile curare deglispettacoli dedicati alla memoria diuna donna, che ha toccato laperfezione?

Non sono partito con l’intenzio-ne di creare qualcosa che siponesse allo stesso livello dellasua arte. Sarebbe stato ungrande errore, oltre che impos-sibile. Ho iniziato solo volendoesprimere l’amore e la gratitudi-ne di tutti noi, che abbiamolavorato per questi “omaggi”.E’stato come, per dirlo simboli-camente, andare ad accendereuna candela alla memoria diquesta grande artista.

Secondo lei, dove è possibileritrovare la grecità più vera eprofonda di Maria Callas?

La Callas, per me, è così pro-fondamente greca, che mi èdifficile rispondere. Allo stessomodo, sarei in difficoltà, sequalcuno mettesse in dubbiola grecità di una colonna dori-ca... È quasi un archetipo, par-tendo dal suo volto, dai suoiocchi, fino alla sua stessavoce, con un carattere che iotrovo assolutamente greco.Forse, per influenza della suamaestra, De Hidalgo, potrem-mo dire che si avvicina unpoco alla scuola spagnola, per

quanto riguarda la tecnica, il suomodo di usare la voce. Ma a mioavviso, si tratta di una voce, un’ani-ma, una presenza greca, dello stessogenere della grande attrice tragicaKatina Paxinoú. Ho poi una sinceraconvinzione: ascoltando e riascoltan-do le interpretazioni di Maria, si capi-sce che la sua voce è maturataanche attraverso una serie di espe-rienze difficili, dolorose, importanti,non solo grazie allo studio ed al talen-to. Una voce piena e matura, nel verosenso del termine. E non scordiamo-ci che Maria, come ho già detto, havissuto, in Grecia, i difficilissimi annidella guerra e dell’occupazione nazi-fascista, che hanno segnato unagenerazione, creando anche un’iden-tità collettiva molto forte.

Ritornando al “mito Callas”, pensa lo sipossa in parte spiegare con il fatto che

decise di ritirasi dallescene appena compreseche la sua voce stava per-dendo le caratteristiche diperfezione che la reserounica?

Credo che sia una sceltache non ha compiuto solo

lei. È una decisione che merita stima,ma non penso basti a creare un mito.D’altronde tutta la carriera della Callasè molto breve, basti pensare che giàall’inizio degli anni ‘60, cominciò adiradare le sue apparizioni sul palco-scenico. Nel 1965, in realtà, canta lasua ultima opera al Covent Garden,con Tosca, ed ha solo quarantadueanni. Una carriera speciale in tutti isensi, perché, d’altra parte, nessunacantante aveva interpretato tutte leopere della Callas. A parte tutto que-sto però, il mito di Maria, è dovuto aqualcosa di difficilmente spiegabile emisurabile: al suo genio. Al genio diquesta grandissima personalità musi-cale e teatrale.

Esistono ancora degli aspetti di que-sta cantante che non sono stati ana-lizzati e conosciuti abbastanza?

Credo che sia una delle artistepiù amate del nostro tempo.Quello che trovo molto inte-ressante, è che la sua arte ècosì grande, che ogni voltache uno viene rapito dalle sueinterpretazioni, scopre qualco-sa di nuovo. Io la scoprii a cin-que anni, a dieci avevo giàascoltato tutto il suo reperto-rio. Ma ad ogni età, in ognifase della mia vita, quandoascolto e riascolto le sue regi-strazioni, che conosco ormai amemoria, smuove dentro me,emozioni sempre nuove.E questo penso sia dovuto alfatto che con la sua arte,riesce ad esprimere una veritàprofondissima... Una verità,che a volte, può fare anchemolto male. Credo che questonon accada solo a me, ma atutti coloro che continuano adamarla. Al contrario, ci sonotante interpretazioni e creazio-ni artistiche, anche validissi-me, per le quali non senti l’esi-genza di una continua risco-perta, di un contatto dal valorerigenerante. L’unicità dellaCallas, è anche questo...

foroellenico 23

...ascoltando e riascoltando le interpretazioni di Maria, si capisce che la sua voce

è maturata anche attraverso una serie di esperienze difficili, dolorose, importanti,non solo grazie allo studio ed al talento...

Ci sono parole di Maria Callas chesi sono impresse nella mia

mente e non ne usciranno mai.Parole e quindi voce, ma voce chenon canta. Le ho inserite nel filmdocumentario “Non solo voce - Atrent’anni dalla morte di Maria Callas”che ho realizzato per la Rai. MentreMaria prende parte alle riprese di“Medea” di Pier Paolo Pasolini, a ungiornalista che le domanda comesarà la “sua” Medea lei rispondecome se fosse stupita di sentirsi porrela domanda: “Ma come Medea”;intende dire che non tradirà il perso-naggio della tragedia di Euripide,gran greco come lei. Poi, il giornalistacontinua l’intervista e le chiede: “Saràuna Medea perfetta?”. Maria lo guar-da ancora più stupita e risponde conun sorriso: “Io non sono mai perfetta”.“Perfetta”, ecco la parola che estrag-

go dalle altre per dire che senza diessa non avrei mai potuto fare “Nonsolo voce” e non avrei potuto metter-mi alla ricerca dei documenti per rico-struire in un’ora e dieci minuti qualco-sa che va ben al di là di questo spa-zio di tempo disponibile.“Perfetta”, una parola che mi ha sti-molato a cercare. Non volevo fare unfilm-doc che ripetesse fino allo sfini-mento il piacere e l’emozione che lavoce di Maria continua a dare a tutti,me compreso. Non volevo neppurefermarmi troppo, prigioniero del gustodel gossip, su certe parti della suabiografia e soprattutto dei suoi amori.Non volevo infine diventare prigionie-ro del clima che si crea intorno a ungrande personaggio quando, adistanza di tempo (trent’anni nel casodi Maria), l’obbligo dei media di ricor-dare un idolo del pubblico può contri-

buire a una caccia al romanzesco, alparticolare inedito non sempre dav-vero inedito, al gioco della scoperta odella riscoperta.Volevo raccontare e interpretareMaria secondo i venti che spiranonella sua terra di origine. Si sa cheMaria nacque a New York, quando lasua famiglia da una piccola cittàgreca si recò tra i grattacieli insieme amigliaia e migliaia di emigranti grecied europei che salutarono i loro paesidalle navi cariche di speranze perandare incontro alla promessa dellaStatua della Libertà. Si sa che, nellatraversata del viaggio fatidico, Mariaera nel ventre della madre. Una circo-stanza che mette i brividi tanto è cari-ca di destino.Volevo raccontare la Callas “perfetta”facendomi guidare dai venti dellaGrecia,e soprattutto dal “meltemi”,

24 foroellenico

Perché Maria Callas è soprattutto Grecia...

di Italo Moscati giornalista Rai, Tg1

Perché Maria Callas è soprattutto Grecia...

di Italo Moscati giornalista Rai, Tg1

foroellenico 25

impetuoso e poi delicatamente fre-sco,che quando sono a Simi o aPatmos - quasi ogni anno - mi scuotenel profondo. Come le acque e i pae-saggi, il “meltemi” mi sbarazza di vec-chi pensieri e me ne porta dei nuovi,imprevedibili.Studiando per il film-doc, guidato dalvento e dall’assiduità con la Grecia,ho scoperto cose imprevedibili, al dilà dei vari capitoli del romanzo diMaria, capitoli che vanno da NewYork ad Atene, da Atene ancora aNew York ,dal padre rimasto là dopo ilritorno di Maria con la sorella Yakie ela madre in Grecia; poi da New York aChicago, a Verona per il debuttoall’Arena, a Venezia, a Milano per laScala; e da qui in tutto il mondo peruna carriera che non ha eguali.Il “meltemi” è un vento bizzarro, curio-so, irresistibile. Parlo da profano deiventi e della loro logica. Lo cerco, loscanso e lo riprendo, mi ci abbando-no. Così come mi abbandono allavoce e alle interpretazioni di Maria(spesso efficaci come la sua voce etalvolta anche di più).Seguendo il vento di Maria, aguzzan-do orecchie e occhi, mi sono inoltratonella sua “leggenda”. Ecco un’altraparola che la grande can-tante rifiutava.In un’altra intervista, lechiesero quale reazioneprovava quando si sentivadefinire una “leggenda”,Maria disse solo che lei siera limitata a cantare.Era una reazione garbata,imbarazzata, timida, ele-gante, come lei stessa erasempre stata, e molti sene accorsero in ritardo.Pur prendendo le distan-za da quella parolapesante - “leggenda” -,pesante molto meno deichili che la cantante deci-se di perdere ad un certopunto della sua vita, lasua risposta metteva inmoto un racconto da farea ritroso.Il racconto che ho fatto epropongo. La Greciaprima dell’America, laGrecia prima e con l’Italia,la Grecia comunque.Diceva ancora Maria:“Sono fatalista perchésono greca” e spiegavache lei si preparavacomunque, sempre come

se fosse l’ultima occasione, l’ultimaopportunità, l’ultima scena per anda-re incontro al proprio destino. Mariafatalista accettava solo il destino chepensava di poter predeterminare conla passione per il canto, la perfezionescenica, il rigore nell’approfondimen-to dei suoi personaggi, delle sue eroi-ne, delle opere dei grandi della lirica.La Grecia prima di tutto. Prima anchedelle lezioni che la vita, la musica, idirettori d’orchestra, il pubblico lehanno dato, e che lei ha ricambiatocon le “sue” lezioni di stile e di tem-peramento.Ed ecco che a poco a poco, mentrelavoravo sulle carte, negli archivi, trale immagini, mentre scrivevo, mentregiravo e riordinavo tutto in moviola, micresceva davanti agli occhi - semprecon la colonna di una voce d’incanto,drammatica, suadente, perentoria-l’immagine di una donna la cui leg-genda vera l’aveva costruita e chedilagava ovunque, con una forzaincredibile.Il “meltemi”. Il “suo”. Vento che frustrae se ne va, lasciando pulita la natura.Maria che continua ad essere Marianei ricordi di chi le è stata accanto (ilsoprano Giulietta Simionato) o di chi

l’ha conosciuta e amata come grandeartista (Franco Zeffirelli) e di tantialtri, anche di coloro che non ci sonopiù e hanno lasciato senza volerepareri incisivi come epigrafi (LuchinoVisconti, Luciano Pavarotti).Fra tutti costoro, ci sono alcuni registiche hanno sperimentato qualcosache resta e resterà a lungo, per sem-pre, come la voce di Maria e la suastoria.Registi famosi. Lo stesso Zeffirelli in“Carmen forever”, con l’idea di unritorno di Maria alle scene negli annidella malinconia e rinuncia, primadella morte così improvvisa .FedericoFellini che in “E la nave va…” si ispiraall’ultimo viaggio di Maria verso lasua Grecia, e verso il mare, l’isoladove verranno lanciate le sue ceneri.Pasolini che le dedicò versi toccanti eprofondi, nel periodo di “Medea”.Jonathan Demme che per “Philadel-phia” con Tom Hanks e DenzelWashington ha voluto una strepitosacolonna sonora. La voce di Marianell’“Andrea Chenier” in una scenaindimenticabile per intensità e com-mozione; e la voce di BruceSpringtsteen in una canzone che èben di più di una canzone.

Infine, Dario Argento, ilmago dell’horror, chericorre a “Casta diva” dalla“Norma”, nella interpreta-zione di Maria che recu-però e rilanciò per semprequesta potente, lirica aria.Il film è “Opera”, la voce diMaria tranquillizza unagiovane cantante chedeve debuttare nella“Medea” musicata daGluck e ha paura perchél’opera ha fama di portaresfortuna a chi la canta;poi, nel finale, la stessavoce struggente accom-pagna un delitto terribile.Sentimenti e qualità. Iventi di un talento impe-tuoso.Ci saranno altri appunta-menti per il futuro di MariaCallas, la più grande can-tante del Novecento. Enon saranno sempre lega-ti alle ricorrenze. Sono gliappuntamenti con la vocee la sensibilità di Maria.Vivono sempre, soprattut-to dove i cuori battono.Basta ascoltare Maria.

Maria Callas nel 1952 in occasione della rappresenta-zione della Norma di Vincenzo Bellini

Bruno Tosi, presidente dell’As-sociazione Internazionale Maria

Callas, è stato una delle anime piùimportanti delle celebrazioni di que-st’anno. Nell’intervista che ci ha con-cesso ci parla di come nacque il suogrande amore per l’inarrivabile sopra-no, della celebre rivalità con RenataTebaldi, dell’ importanza della perma-nenza in Grecia, e della formazionecon Elvira De Hidalgo, per la succes-siva affermazione internazionale diMaria.

“Il mio amore per Maria, nasce dallamia infinita passione per l’opera lirica,sin da bambino. Mia nonna mi raccon-tava le trame delle opere come fosse-ro delle favole, ed è riuscita a farnascere in me la passione. La mia“grande occasione”, l’ho vissuta nel1954, quando la vidi per la prima voltaa “La Fenice”, per una recita domeni-cale. Ero ancora giovane e non pote-vo tornar tardi la sera... Fui stregatodalla personalità della Callas, che colsuo lunghissimo mantello rosso,scendeva e risaliva le scale come unafuria. L’Opera, che con lei non era solo

canto, cominciò ad appassionarmi,finendo per cambiare la mia vita.Interpretò, allora, la Medea, l’ultimadelle opere che ha cantato, nel perio-do dal 1947 al 1954, nel nostro teatrodi Venezia. Appena finita la Guerra,terminò di cantare, il Fidelio a ErodeAttico. Era diventata la primadonnagiovane più importante, ad Atene. Mafra le gelosie e le polemiche, la guer-ra, i generali e le truppe di occupazio-ne, decise di andare in America pervalorizzare la sua più che buona repu-tazione artistica. Arrivò nel 1945 aNew York, dove, però, non fu accetta-ta al “Metropolitan”, perché, dissero,aveva la voce disuguale, mentre inAmerica sono abituati solo al canto“zuccherino”.Tra il 1945 e il 1947, dovette fare lagovernante, la cameriera, la baby-sit-ter, per riuscire ad andare avanti. Poiperò, il maestro Sergio Failoni, leconcesse un’audizione. Era il rivale diToscanini, e doveva dirigere laGioconda a Verona. Ascoltò la Callas,e le dette un ruolo per Turandot aChicago. Ma anche qui le difficoltànon mancarono: la recita non si fece

mai. In seguito però, l’occasione arri-vò davvero: Giovanni Seratello, ilgrande tenore, la scritturò per invitar-la a cantare all’Arena di Verona. Cosìebbe la sua prima scrittura per “laGioconda”, il 2 agosto del 1947.”

Se lei dovesse dire, cosa rappresen-tò l’Italia per Maria Callas, cosa met-terebbe in risalto?

L’Italia rappresentò tutto per la Callas.Era appena arrivata dall’America,dove dovette affrontare le difficoltàdella vita quotidiana. In Italia trovò ilsuo futuro. Il maestro Failoni ebbe unictus e diresse Tullio Serafin, che

26 foroellenico

Intervista a Bruno Tosi, presidente dell’Associazione Internazionale Maria Callasdi Teodoro Andreadis Synghellakis

Bruno Tosi, presidentedell’Associazione

Internazionale Maria Callas

Maria Callas durante la festa al-l’hotel Danieli di Venezia (1957)

divenne il suo pigmalione. Con luiavrebbe lavorato e inciso per tutta lavita. Trovò il marito, Meneghini, che laaiutò e gestì la sua carriera, e poi,trovò la Scala, che anche se non leaprì subito le porte, le permise, inseguito, di diventare “la Diva assolu-ta”. Non scordiamoci che Maria inau-gurò per sette anni di seguito LaScala di Milano, il più importante tea-tro al mondo, con le musiche dei piùgrandi autori, “la Norma”, “i Vespri”,“Lady Macbeth”, “La Traviata”... Fu lìche incontrò Luchino Visconti. Ebbemolto dall’Italia e da La Scala, ed asua volta, dette tantissimo. Perché è atutt’oggi il simbolo più alto della gran-de musica operistica degli autoridell’‘800. Quelli di Milano, sono glianni più vivi e più grandi, anche se poisi confermò una grande diva in tutto ilmondo. In seguito, tornò in Grecia nel1957 - a Erode Attico - dove indossòil famoso vestito: quello che recente-mente, ad Atene, è stato rubato dauna mostra per amore, ma che poi,fortunatamente, è stato restituito.Maria, però, non scordo la Grecia:sono stato testimone di due reciteindimenticabili ad Epidauro, nel 1960,con la Norma e nel ’61, con la Medea.E sempre in Grecia creò la fondazio-ne “Maria Callas”, per aiutare i giova-ni, devolvendo il compenso delle suerecite che ho appena citato. E speran-do di sposare Onassis, rinunciò allanazionalità americana, per prenderequella greca. Difatti, lei è morta comecittadina greca...

Anche se è molto difficile rispondere,secondo lei, a cosa è dovuta questa“unicità” di Maria Callas, questo mito

foroellenico 27

LE RICETTE AUTOGRAFE DI MARIA CALLAS

LA TORTA MIAINGREDIENTI: 2 tazze di zucchero - 1 tazza di latte - 4 uova intere - 2tazze di farina- 2 cucchiaini colmi di lievito di birra-sale e vaniglia

Sbattete insieme i bianchi delle uova e 1 tazza di zucchero. A parte,in un altro contenitore, sbattete anche i rossi d’ uovo con il rimanentezucchero finché montano bene.

Quindi aggiungete il latte caldo lentamente e poi, piano piano la fari-na già setacciata con il lievito e un pizzico di sale finchè si amalga-mano bene gli ingredienti. All’ultimo aggiungete delicatamente i bian-chi d’uovo. Mettete il composto ottenuto in una pirofila con il buco einfornatelo a temperatura moderata per circa 50-60 minuti, finché iltutto è dorato e cresciuto bene.

Quindi rovesciate la torta su unagrata, ma sempre nella pirofila e lon-tano dalle correnti d’aria.

Una volta fredda, la torta si sfila conil coltello passandolo intorno deli-catamente.

Da “La Divina in cucina” Il ricettariosegreto di Maria Callas

Associazione culturale Maria CallasTrenta Editore

Maria Callas nella sua cucina di Roma 1955

più forte di qualunque altro, nelmondo della lirica?

Non è dovuto solo alla sua bellezza,alla sua capacità interpretativa, alfatto che aveva conquistato le primepagine dei settimanali, perché que-sto succede anche con altre artiste.Maria, era un genio della musica.Con una consapevolezza stilisticatotale ed una grande musicalità. Noninterpretava un personaggio, madiventava il personaggio. È questoche l’ha fatta distinguere dalle altre,pur brave, sue colleghe: la Tebaldi- con la quale ci fu rivalità ma non unvero confronto - la Gensel, laCaballe, la Scotto, la Freni. Mariaaveva sempre una marcia in più, gra-zie al suo valore assoluto. E tuttoquesto lo ha avuto grazie alla Grecia.Dove rimase bloccata dalla guerracome Elvira de Hidalgo: la maestraideale che le insegnò a cantare l’o-pera italiana. Certamente con le qua-lità che aveva, avrebbe fatto carriera,ma grazie a questo incontro, Mariaebbe quegli insegnamenti che lehanno permesso di diventare la regi-na de La Scala, la più grande can-tante del XX secolo e forse di tutti itempi..

Come mai avete deciso, tramite lavostra associazione, di promuoverel’eredità di Maria Callas?

È nato tutto in Grecia, a Erode Attico,quindici anni fa, quando ero lì per isettant’anni dalla nascita di Maria.

Abbiamo proiettato delle mie immagi-ni, con delle foto, sotto al Partenone.È allora che mi hanno proposto “per-ché non scrivi dei libri?”. Io tra l’altro,all’epoca, ero anche il press agentdella Tebaldi, e quindi dovevo tenereun po’ segreto questo mio amore perla Callas. Così decisi di fondarel’Associazione, con cui abbiamo alle-stito mostre in tutto io mondo e scrittolibri. Ultimamente è uscito anche inGrecia il libro delle ricette, “La Callasin cucina”. Il mio sito, www.callas.it, haavuto venticinque milioni di contati, esono soprattutto i giovani a volernesapere di più. Non nascondo di esse-re orgoglioso di contribuire a tenerneviva la memoria e di poter prenderparte alle celebrazioni per i trent’annidalla sua scomparsa. Anche se Marianon ha certo bisogno di me... Spero la

28 foroellenico

I PIATTI PREFERITI DI MARIA CALLAS

Le ricette di Nicola Rosato, Ristorante Rossigni - Hotel QuirinaleRoma

SALTIMBOCCA ALLA ROMANADistribuite al salvia sulle fettine di carne, quindi avvolgetele confettine di prosciutto crudo. Fatele soffriggere con poco olio di olivain una padella calda, avendo cura di far cuocere prima la parte delprosciutto.

Rosolatele da ambedue i lati e irroratele contemporaneamente conil sugo di carne e il brodo. Lasciate sobbollire per 3-4 minuti.

Disponete, nel frattempo, l’insalatina nei piatti, quindi unite la carne,e per ultima la salsa, solo dopo averla montata velocemente conl’aceto balsamico e il restante olio.

La salsa deve rimanere fluida perché condisca l’ insalata.

INGREDIENTI PER 4 PERSONE

200 gr di insalatina di campo ruchetta

8 fettine di vitello da 50 gr leggermente battute

8 fettine di prosciutto crudo di montagna

4 foglie di salvia sminuzzate

4 cucchiai di aceto balsamico

1 dl di brodo

1 dl di sugo di carne

1 dl di olio extravergine di oliva.

Da “La Divina in cucina” Il ricettario segreto di Maria Callas Associazione culturale Maria Callas Trenta Editore

Maria Callas ad Amburgo nel 1958

mia collezione venga accettata daVenezia, altrimenti la porterò a Romao in Grecia, visto che sono moltolegato al vostro paese. E sono statodavvero felice di aver potuto esporrequesta collezione ad Atene..

Si aspettava un’eco così vasta per itrenta anni dalla morte di MariaKalogheropoulou?

Forse ha stupito anche me, questapartecipazione internazionale.Ma infondo, è solo l’ulteriore conferma dellasua grandezza. Il 16 settembre abbia-mo fatto anche noi un concerto a “LaFenice”, poi sono stato a Roma, perl’inaugurazione della mostra al “Parcodella Musica”, e subito dopo, a Parigi.La Callas è realmente “Callas forEver”, per citare anche il film diFranco Zeffirelli. Basti dire che aMerilyn Monroe sono stati dedicati

venti libri, ed alla Callas trecento...

Cosa ci può dire sulla tanto citatarivalità con la Tebaldi?

Tutto è nato così: una volta, a Rio deJaneiro, hanno cantato insieme, lastessa sera, in un concerto per laCroce Rossa. C’erano anche DiStefano, Rossi-Lemeni e molti altri.Mentre si era convenuto di non conce-dere “bis”, la Tebaldi fu un po’ scorret-ta: aveva anche lei due arie, ed allafine, alla richiesta dei suoi ammiratori,concesse un bis. Maria si offese molto,e lì finì la loro amicizia. Una distanza euna rivalità che continuò, fino a che,nel 1968, al Metropolitan, dove canta-va la Tebaldi, le due artiste si riappaci-ficarono. Il manager del teatro portòMaria in camerino, il giaccio si sciolsee si riabbracciarono commosse.

Se dovesse scegliere tra le caratteri-stiche di Maria, quella più “vera”, suquale si soffermerebbe?

Probabilmente la sua umanità. Perchéaccanto alla sua grandezza assoluta,c’era un grande rispetto per la musica,ed il cattivo carattere che dicevanoavesse, era solo un’aspetto esteriore,con cui voleva difendere la fatica degliautori e la serietà del suo lavoro. Misoffermerei, appunto, sulla sua gene-rosità umana, anche verso le personepiù semplici: per tutta la vita, ha conti-nuato a scrivere alla sua vecchiagovernante, nell’ospizio per i vecchiettidi Verona. E questa Callas, allegra,umana, spensierata, non è abbastan-za conosciuta dal grande pubblico. E sitratta, forse, il suo ritratto più fedele...

foroellenico 29

Scrivere di Maria Callas è difficile perché è troppo facile

Lei si connota in quello che ci è rimasto di lei, le testimonianzedella sua carriera folgorante. Mi chiedo a chi può essere com-prensibile oggi la passione e il “rumore” che hanno coinvolto unpubblico così vasto ed eterogeneo, negli anni dell’ascesa asso-luta, intorno al personaggio di un’arte rara e circoscritta a unacerta conoscenza come l’opera lirica. Ogni sua mossa era unevento, ma era un evento in nome di Donizetti o di Verdi, sembravero?

I suoi adoratori erano schiere, i suoi nemici pochi; entrambi conun furore risorgimentale. Maria chiamava battaglia. È chiaro chela sua vita privata era perciò una frangia della sua vita professio-nale, per anni una attesa inconscia di esercitare il suo talento eil suo studio. Continuo, attento.

La ricordo ad Ischia l’estate in cui preparava “Anna Bolena”. Unaragazzona veneta (solo i suoi occhi da bassorilievo ricordavano laGrecia) allegra, affettuosamente polemica con le sue amicheancelle, il pensiero a quella regina che le circolava dentro con lesue note da imparare alla perfezione. Sono convinta che il passoverso le interpretazioni storiche della Callas fosse l’ultimo, istinti-vo, suo, dopo il possesso totale della parte musicale. Finchè laCallas è stata “Lei” soltanto sulla scena, ha resistito indomita al dimagrimento, alle critiche, all’ammirazione più inva-dente.

I giovani non sanno, come dico tutte le sere in una commedia, il clamore della sua “Traviata” con Visconti, del suo“Ballo in maschera”, della sua “Sonnambula” in forma di “soirè d’honneur”, della sua “Norma”, della sua “Vestale”, inau-gurale della Scala. Bellissima, perfetta, mondiale.

Ho visto una sola volta serpeggiare una distrazione nel suo incedere drammatico, l’ultima “Medea”, alla Scala. Mi hadetto in camerino, ritrovando il suo accento veronese, “Son stanca, Franca...”.

Era purtroppo una stanchezza psicologica. L’incontaminato palcoscenico delle sue eroine è stato avvolto come dal fumodi un incendio da quella frangia che si era mantenuta discreta ai limiti del suo splendido lavoro.

Per vostra fortuna, giovani, la decadenza di Maria (breve come la sua fortuna) è stata punteggiata di esempi delle suepercezioni, inimitabili, documentate da alcuni concerti.

La sua morte incredibile ha deciso per lei la definizione di un mito.

Franca Valeri

Da “Maria Callas, una Donna, una Voce, un Mito”

30 foroellenico

Il trentennale della scomparsa diMaria Callas cade in un momento

particolare della musica in Italia, incui le sorti del teatro d’opera s’intrec-ciano in certo qual modo con quelledell’educazione musicale.Da un po’ di tempo, come denuncianoproduttori e lavoratori del settore, siaddensano al lirico orizzonte nuvolo-ni sempre più cupi e minacciosi, daiquali i primi violenti temporali sonogià precipitati. Fatevi pure un girettotra le quinte dei teatri, nel mentre diuna prova. Tra una nota e l’altra,ascolterete lamentele diffuse su ono-rari dimezzati e ingaggi rarefatti: nonci sono più soldi, tutta colpa dei tagliai fondi per lo spettacolo! Allo stessotempo, nel quotidiano musicale, fuoridei grandi enti ed eventi, si avvertemolto il bisogno di inaugurare unanuova fase nell’istruzione della “gio-ventù studiosa”. In effetti, le difficoltàestreme di oggi – e come non veder-lo? – hanno radice non soltanto nel

vigente regime di austerità nellaspesa pubblica, ma anche e soprat-tutto nell’ignoranza e nel disinteressedelle moderne generazioni in materiadi musica. Per fortuna non mancano

le iniziative tese a riavvicinare i giova-ni, e in particolare gli studenti, all’af-fascinante mondo della lirica.Personalmente, in qualità di docentedi Storia del melodramma al DAMS

AA lleezziioonnee ccoonn MMaarriiaa

AA lleezziioonnee ccoonn MMaarriiaa

foto

Ho

usto

n R

og

ersMaria Callas nel ruolo di Medea, Londra, Covent Garden

di Luca AversanoProfessore di Storia del melodramma presso l’Università Roma Tre

di Luca AversanoProfessore di Storia del melodramma presso l’Università Roma Tre

dell’Università Roma Tre, cerco didare il mio piccolo contributo, portan-do avanti alcuni progetti di caratteredivulgativo in collaborazione con laFondazione Teatro dell’Opera diRoma, progetti che offrono agli stu-denti la possibilità di assistere a pre-sentazioni delle opere, a prove musi-cali e di scena, a spettacoli a prezziridotti. Tuttavia la sfida più importantesi combatte sul fronte interno, nelleaule dell’Università: superare la diffi-denza e il disinteresse di allievi chearrivano dalla scuola secondariasuperiore spesso privi di qualsiasisapere intorno all’opera lirica, se nondi sapere musicale tout court.Per vincere questa battaglia, è sem-pre opportuno servirsi dell’“arma”Maria Callas, la cui valenza pedago-gica credo si esplichi su più livelli.Anzitutto, l’esemplarità del personag-gio. La diva internazionale, la grandestar a tutti familiare diviene, secondomeccanismi evidenti anche nellosport, un modello da imitare, e pos-siede quella forza trascinante capacedi attrarre il pubblico dei più giovani.C’è poi l’aspetto più specifico delcanto e della recitazione: Maria eser-cita un fascino assoluto su studentiche non devono occuparsi soltanto dimusica, ma anche di teatro, cinema,televisione, comunicazione. In questosenso, lo spirito di Maria è di sorpren-dente modernità. E’ semplice mostra-re, nel corso delle lezioni, come per leil’atto del cantare non si esaurisca mainella semplice emissione bella e cor-retta della voce, ma sia totalmentecompenetrato con la dimensione atto-riale. Maria aiuta a capire che nel tea-tro lirico non è sufficiente cantare deisuoni, bisogna invece interpretare lesituazioni del dramma e rispecchiarel’animo del personaggio (sembrereb-be ovvio, ma non lo è affatto...). In altritermini, la voce non è solo un fattoestetico-sonoro per fanatici dell’acuto,ma è comunicazione profonda, edu-cazione all’umanità e al sentimento.Maria, fedele a quest’idea, ha sempreil coraggio di rischiare: lo notiamo, adesempio, quando affronta senzapaura una nota nel pianissimo estre-mo, spingendosi al limite delle possi-bilità di una corretta intonazione, per-ché tanto richiede il momento dram-matico e musicale. Lo stesso coraggioche la spinge a cimentarsi nei perso-naggi più diversi, di cui evidentemen-

te trovava stimolante, più che i registrivocali, le rispettive dimensioni umane.Infine, l’aspetto storico, cioè il ruolodi Maria nella storia del melodram-ma. L’avvento del fenomeno mediati-co Callas, al di là della rivoluzionesul piano dell’interpretazione musi-cale, segnò da una parte il ritornoprepotente dell’opera al centro deldibattito intellettuale italiano, dall’al-tra riaccese e rinsaldò l’antica pas-sione nazionale per il canto e il tea-tro lirico.I lettori avranno notato come abbiainteso la polivalenza di Maria Callassul piano didattico, di cui parlavoprima, più nel senso di un’alta egenerale funzione pedagogica chenon nei particolari della sua arte, che

pure sono multiformi e di sicuro inte-resse. Tuttavia, come si suggerisce iltitolo stesso di questo mio breveintervento, preferisco che gli studenti,più che studiare il soggetto Callas,imparino da lei i valori universali delteatro lirico, oltre che determinatipassaggi della storia del melodram-ma. Forse i numerosi appassionatidella cantante rimarranno delusi delfatto che il loro idolo non sia tematiz-zato quale argomento di studio, mavenga impiegato come strumentopedagogico. Mi consola il pensieroche probabilmente Maria, che si pre-stò al servizio dell’arte, ne sarebbestata felice.

foroellenico 31

I concorsi musicali internazionalidella Grecia, sono stati organizza-

ti per la prima volta da ATHENAEUM,nel 1975 ad Atene, nei settori del-l’Opera, Oratorio-Leid In un periodo in cui la Grecia eracompletamente tagliata fuori dal restodella produzione artistica mondiale, acausa della dittatura militare, appenaterminata, il nostro scopo era, attra-verso i concorsi internazionali, riusci-re a far conoscere agli studenti dimusica le nuove tendenze, scuole,interpretazioni, le nuove tecniche eparallelamente, offrire l’occasione ainuovi cantanti lirici di misurare le pro-prie forze in campo internazionale.Nello stesso anno, questo concorsointernazionale è diventato membrodella Federazione Internazionale deiConcorsi Musicali Internazionalidell’Unesco, (Federation Mondialedes Concours Internationaux deMusique) e la sua cadenza è rimastaannuale.Nel 1977 è stato aggiunto anche ilconcorso per pianoforte, che haluogo in alternanza con quello dicanto, mentre nello stesso anno,dopo la morte di Maria Callas, e sunostra richiesta alla Federazione, leabbiamo dedicato i nostri concorsi,ribattezzati con il suo nome.Grazie ad un’esperienza pluriennale,avendo potuto osservare che tutti igrandi concorsi internazionali richie-dono circa lo stesso repertorio (cosa

che spinge a prendere parte al mag-gior numero di concorsi, sempre glistessi candidati, con eguale reperto-rio, senza un reale vantaggio o unarricchimento del loro programma)nel 1992 abbiamo cambiato radical-mente i requisiti richiesti dai nostriconcorsi.Abbiamo chiesto un repertorio piùvasto e complesso, con un ruolo daprotagonista obbligatorio per i can-tanti lirici e, per i pianisti, inizialmente,dieci grandi concerti (ora ne vengonorichiesti otto e un recital).Il Concorso Greco è stato ribattezza-to da allora GRAN PRIX MARIA CAL-LAS, Opera Oratorio-Lied, Piano.Il GRAN PRIX MARIA CALLAS èconsiderato uno dei concorsi più vali-di, seri e impegnativi al mondo. Hareso Atene un punto di riferimentomondiale per i nuovi musicisti e inter-preti e vale la pena sottolineare chenei suoi trentatré anni di attività, più dimille e ottocento cantanti lirici e piani-sti hanno avuto l’occasione di misu-rarvi il loro valore artistico, traendo unvalido aiuto per poter iniziare la lorocarriera.La fama del GRAN PRIX MARIACALLAS ha permesso ad Athe-naeum di poter inserire nelle GiurieArtistiche Internazionali personalità diprimo piano.Non potremmo non citare artisti comeChrista Ludwig, Victoria de losAngeles, Joan Sutherland, Birgit

Nilsson, Luigi Alva, Karlo Kossuta,Giuseppe di Stefano, Magda Olivero,Teresa Berganza, Ileana Cotrubas,Galina Visnevskaya, Ghena Dimitrova,tra molti altri, per quel che riguardal’Opera, Oratorio-Lied. Mentre, per ilpianoforte: Dmitri Bashkirov, ShuraCherkasky, Maria Tipo, ValentinGheorghiu, Vladimir Krainen, Niko-layeva, Rudolf Kerer, Gyorgy Sandor,Nicole Henriot, Daniel Pollack ed altri.Attraverso il GRAN PRIX MARIACALLAS sono stati portati alla ribaltaquasi tutti gli artisti della nuova gene-razione di cantanti lirici greci, comeanche artisti lirici e pianisti che hannoconquistato una fama internazionalee ormai collaborano con le maggioriistituzioni musicali del mondo.Ricordiamo, tra gli altri, Nelly Miricioiu,Maria Venuti, Gabriele Sima, GeorgTichy, Askar Abdrazakov, Ivan Kon-sulov, Irina Lungu, Marina Poplavs-kaya, Victoria Loukianets, ed i greciIrene Kyriakidou,Tassis Christojan-nopoulos, Irene Tsirakodou perl’Opera e Bernd Glemser, VadymKholodenko,Pascal Godart, JohanSchmidt, Igor Levit,Gifford Duncanper il pianoforte.

32 foroellenico

Il Concorso internazionale MARIA CALLAS

foto

di

Ilia

s A

nag

no

sto

po

ulo

s

In alto: i candidati e la premiazio-ne del GRAN PRIX MARIA CAL-LAS 2007

foroellenico 33

Mi sono trovata, nei lontani anni settanta, a fare dei lunghi viaggi inAfrica con Pier Paolo Pasolini e una volta, anche con Maria Callas.

Proprio con Maria era come andare in giro con una “Voce” vestita dasignora. Proprio come il Naso dell’assessore Kovaliov se ne andavaper Pietroburgo vestito da maggiore.

Non perché lei facesse pesare il fatto di avere quella voce sublimeed unica, quanto per il feticismo della gente che si accalcava intor-no a lei come se, oltre la voce, quel corpo non ospitasse anche uncuore ed un cervello.

Una donna dall’apparenza robusta e sicura di sé, Maria Callas. Maa conoscerla meglio, si scopriva in lei una bambina malinconica esentimentale. Una contadina greca che spalanca gli occhi di frontead un vestito da sera di paillettes, ad un anello di brillanti, comefarebbe una pastorella macedone presa dall’incantesimo di unavisone inaspettata. La sua mondanità era un gioco, anche crudele,da cui non sapeva uscire senza ferirsi. Ma, in questo grande sogno,si capiva che era sola e senza armi, spesso terrorizzata dalla fragilità del suo spirito.

Quando diceva qualcosa di goffo, Pier Paolo la guardava sorridendo e se ne usciva con un “Mariaaa” dalla afinale molto allungata e lei taceva mortificata ma anche contenta di essere stata redarguita affettuosamente daun poeta che lei ammirava e di cui era innamorata.

Me la ricordo così indifesa e arresa di fronte all’amore, che veniva voglia di proteggerla. Strano che sia semprestata presentata al pubblico come una donna forte e cinica. A me ha fatto l’effetto contrario e sono contenta diconservare dei ricordi teneri e gentili di una Callas che forse sentiva l’esilio (voluto da lei) dai palcoscenici comequalcosa di imperdonabile e doloroso e si dedicava all’amore con animo fermo e trepido.

Dacia Maraini

Da “Maria Callas, una Donna, una Voce, un Mito”Fondazione Giuseppe Lazzareschi

Ricordo di MMaarriiaa CCaallllaassdi Dacia Maraini

sopra: un ritratto di Maria Callas fatto daPier Paolo Pasolini, 1968

a destra: Maria Callas e Pier PaoloPasolini a Roma negli anni ‘60

Dacia Maraini

Attrice e press agent, NadiaStancioff, ha appena pubblicato,

nella sua versione italiana, “Maria,ritratto della Callas”. Un omaggioappassionato, attraverso il resocontodella sua profonda amicizia con la“Divina”, e dei suoi rapporti conVisconti, Zeffirelli, Pasolini. Un ritrattosenza intenzioni agiografiche, una pre-sentazione “a più voci”, dell’artista maancor di più della donna. Voci riscoper-te, mediate, valorizzate, dall’autrice,che a sua volta ci ha confessato, dicontinuare a sentire, anche oggi, una“profonda mancanza di Maria”.

L’ho vista in scena solo due volte, esubito dopo nel film “Medea”, di PierPaolo Pasolini. Dove recitava a volte ininglese e a volte in italiano, e potevaanche capitare che si scordasse le

battute. “Come è possibile? - le chiesi -tu che sei abituata a ricordare operelunghissime..”. E lei mi spiegò: “quìnon c’è la musica a farmi da soste-gno”. E pensare che il nostro primoincontro fu un grande malinteso: Mariaaveva firmato un contratto con la pro-duzione, con Franco Rossellini, per“Medea”. La andammo a prendereall’aeroporto e la accompagnammo alGrand Hotel. Dopo aver chiacchieratoin albergo, lei mi disse: “allora, signoraStancioff, prenda nota di chi ha man-dato fiori per poter poi spedire i bigliet-ti di ringraziamento. Li firmerò appenami alzo, verso le due”. Il malinteso erapalese, io non ero lì per fare la segre-

34 foroellenico

Intervista a Nadia Stancioff,Attrice e press agent di Maria Callasdi Teodoro Andreadis Synghellakis

In alto: Maria trucca un manichinodella Callas all’Angel Records.(Archivi del Metropolitan Opera)

taria, ma per lavorare come pressagent. Lo dissi subito a Maria, e lei mirispose: “capisce che così perde unlavoro con la Callas?” Io insistei, spie-gandole che sarei stata una pessimasegretaria. Nonostante ciò continuam-mo a parlare, Maria ordinò dellochampagne, e poi mi disse: “rimangadue - tre giorni, per gli impegni piùurgenti...”. Tornando a casa, mi pentiianche un po’ di avere accettato, ma,alla fine, tutte due, potemmo constata-re che non fu assolutamente un erro-re. Di lì a poco si stabilì un ottimo rap-porto, e mi fece la proposta: “vieni inTurchia, occupati della stampa inter-nazionale. Sai, in fondo, non ho biso-gno di una segretaria, ma di un’ami-ca..”

Come fu il rapporto con Pier PaoloPasolini?

Maria era molto pudica, e all’inizio, ilfatto che Pasolini fosse omosessuale,la disturbava. “Teorema - mi disse - èun film assurdo”. Ma quando siconobbero, cambiò tutto. Lui, da intel-lettuale, la vedeva un po’ come“madre-terra”. Lei non era assoluta-mente quello che si dice un’intellet-tuale, leggeva abbastanza poco, matra loro nacque una grande e profon-da amicizia. Maria aveva bisogno d’a-more, era innamorata dell’amore evoleva essere rassicurata. E il loro fuun grande amore platonico. Dopoessersi conosciuti a Roma, Pasoliniscrisse per lei anche molte poesie,alcune delle quali, conservate nellacasa di Parigi, sono andate perdute...

Anche il suo libro si sofferma sulladifferenza tra la Callas e Maria....

È vero. La donna Callas e il perso-naggio, erano due cose completa-mente diverse. La Callas era la pro-fessionista, che lavorava continua-mente, ambiziosa, con un carattere avolte difficile, concentrata sulla musi-ca e sulla carriera, per dare sempre ilmeglio di sé. Maria parlava, e guar-dava la Callas, come altro da sé. Ungiorno, a Tragonissi, dove eravamoospiti dell’armatore Periklis Embiri-kos, misero un disco con una suainterpretazione degli anni ’60. Leiascoltò, le uscì una lacrima, e disse:“la Callas, non canterà mai più così”.Amava divertirsi in modo semplice:mangiava caviale, ma anche dolci

fatti in casa, o gelati. Forse perché,avendo vissuto le privazioni dellaSeconda Guerra Mondiale, sapevabene cos’era la fame, la vita fattaanche di sofferenze. Ad esempio, aRoma, vivevo all’epoca in una casa

al quinto piano senza ascensore, elei veniva a trovarmi spesso, facen-dosi tutte le scale, senza alcun pro-blema..

Ed in cosa pensa che si possa ritro-

foroellenico 35

Maria Callas con Aristotele Onassisnei primi anni ‘60

Nadia Stancioff

36 foroellenico

vare il suo rapporto con la Grecia?

Era una donna molto superstiziosa.Parlava spesso degli dei, nella vostraantica dimensione politeistica, e nonmancava, a volte, di invocare la ven-detta divina. Superstiziosa, ma anchereligiosa in senso più canonico.Aveva un’icona della Vergine vicino alletto, quando si sentiva turbata anda-va in chiesa. Non per seguire tutta lamessa, magari solo per accendereuna candela o per dire una preghie-ra... Le mancava la Grecia, ma, alcontempo, era anche profondamentecosmopolita, si riusciva a trovare asuo agio ovunque. Una volta, parlan-dole di me, le dissero: “tu che seigreca, come fai ad essere amica diuna bulgara?”. E lei, con grande sem-plicità, rispose: “cosa c’entra la nazio-nalità con l’amicizia?”. Una frase chemi ha toccato molto.

Cosa ci può dire del tanto citato rap-porto con Aristotele Onassis ?

Maria fece sicuramente una vita, inun certo senso, “sopra le righe”.

Prese a fumare, a bere, anche se conmoderazione, iniziò ad andare a lettotardi... Una vita intensa, lontana dalrigore precedente. Ma penso che inquesto modo si sentì anche libera,pienamente donna, mentre sino adallora aveva pensato solo alla suacarriera. Certo, aveva avuto l’amoredi Meneghini, ma era stata comunqueconcentrata sul lavoro. E non scordia-moci, che Maria era sicura di sé soloquando era in scena. Come donna,voleva sempre delle continue confer-me, non credeva abbastanza in sé.Dopo Onassis, non potè più dare, peril semplice motivo che aveva già datotutto...

Quale Maria vorrebbe che uscisse,dal ritratto che ne fa nel suo libro?

Vorrei che uscisse la donna e l’ami-ca. Non una donna perfetta, perché ilmio non è un libro scritto con unintento celebrativo. Ho solo volutodire quello che avevo dentro, nelmodo più vero e sincero. Con luci eombre, con chiari e scuri. Ma contutto l’affetto che provavo e provo

ancora per lei. Le volevo molto bene,anche se, a volte, poteva capitareche mi telefonasse anche alle due oalle tre di notte. Devo dire, con gran-de sincerità, che, ancora oggi, mimanca. Non ho voluto fare un osan-na, è solo la mia esperienza diretta,la mia verità. Per parlare di Maria,che fuori scena, spesso, con gliamici, era molto solare. E che poiridiventava la Callas, sicura di sè, lavoce del secolo. Cosa di cui lei avevapiena coscienza... Quanto alla suasolitudine, di cui tanto si è parlato, iocredo sia uno stato d’animo diffuso,più in generale, tra gli artisti. Chiriesce a dire quante persone sonodavvero amiche di un artista famoso,solo per la sua notorietà, o, sincera-mente, per le sue qualità personali?È molto difficile.. È innegabile cheMaria avesse i suoi momenti di soli-tudine nella vita privata. Ma se unasera, a teatro, sentiva il pubblicomeno ricettivo, più distante, provavaeguale solitudine, se non ancor piùforte. E ne soffriva profondamente...

In alto: la Callas (a sinistra) insieme a Nadia Stancioff sul set di Medea, Turchia, 1969

a destra: Maria Callas nella sua casa di Milano, 1958. (FedericoPatellani)

foroellenico 37

“Distruggete Atene”Mentre il nome potrebbe far pensaread un’azione rivoluzionaria edaggressiva, in realtà le sensazioniche questa provoca nello spettatoresono molto più profonde dalla sempli-ce “provocazione” presente nel titolo.Prima di entrare nel buio del labirinto,ti aspetti, forse, di poter vedere ladistruzione di una città che simboleg-gia, per ognuno, qualcosa di diverso.Le varie opere della mostra nonhanno un rapporto diretto con ladistruzione d’Atene come città macome entità. Il titolo è una “guida” pergli artisti, che tramite le loro opere

cercano di distruggere qualsiasi sim-bolo, qualsiasi idea stereotipata dellaSocietà. Come spiegano gli stessiorganizzatori: “la mostra DestroyAthens è un tentativo di contestare i imodi con cui si formano le identità e icomportamenti, con descrizioni ste-reotipate. Il concetto di “Atene” -come città archetipo, emblematica - èusato come metafora, del senso diuna definizione sociale o di un ingab-biamento che lo stereotipo impone alsenso personale dell’identità e del-l’atteggiamento comune.La ‘“Distruzione” si usa come termineche dichiara la possibilità d’azione

contro lo stereotipo, che non cerca,però, di sostituirlo con qualcos’altro”.Atene funziona come metafora dellaricerca del senso d’identità che com-pie ogni individuo, e tutto l’allestimen-to, nel modo in cui è stato montato,rappresenta esattamente questo pro-cesso di ricerca. Lo scopo non è didistruggere Atene, ma di distruggerequalsiasi cosa che esiste, che si defi-nisce dalla percezione degli altri eche, oltre a questa percezione, nonesiste.

Gazi - una “città” d’arte, nella cittàIl luogo che ospita la prima Biennale

LA PRIMA BIENNALE DI ATENEdi Daphne Lianaki

Atene invita gli artisti, gli appassionati dell’arte, e il pubblico di tutto il mondo, ad un viaggio artistico intitolato:Destroy Athens... Così, con l’esortazione provocatoria a “distruggere” Atene, la capitale greca entra a far parte del-l’istituzione delle Biennali; l’istituzione delle grandi manifestazioni figurative che hanno luogo ogni due anni in moltecittà quali, Venezia (che nel 1895 inaugura la prima Biennale nella storia delle mostre), Berlino, Lione, Istanbul,Pechino ed altre.L’idea di creare la prima Biennale di Atene appartiene a tre persone che sono riuscite a realizzare un progetto cheall’inizio sembrava, per molti, impossibile… o semplicemente, un utopia estiva. Xenia Kalpatsoglou (direttrice delCentro d’Arte Contemporanea dell’Istituto DESTE), Poka-Yio (Poludoros Kariofillis, artista conosciuta sia in Grecia cheall’estero) e Avgustinos Zenakos, (critico d’arte del quotidiano “To Vima”) sono gli organizzatori di questa prima edi-zione.

di Atene, è un sito industriale, quellodegli ex stabilimenti della società delgas, che da qualche anno è stato tra-sformato in un centro per attività cul-turali (mostre, concerti, festival, ecc.).Questa vecchia fabbrica, è costituitada vari palazzi, collegati, tramite cor-ridoi chiusi. Viene creato un labirinto ,in cui entri, all’inizio della mostra e dacui esci soltanto alla fine, perdendoqualsiasi contatto visivo con l’am-biente esterno. Il visitatore si trovacosì davanti ad un percorso fisso chelo aiuta a seguire l’idea di fondo dellamostra ma che gli provoca anche unsentimento di chiusura. I responsabilidi questa trasformazione straordina-ria sono gli architetti italiani delGruppoA12. Un gruppo di architettiche nel passato hanno ideato anche

le locations per le Biennali di Istanbule di Venezia.

La storia della Distruzione in seigiorni Camminando per i corridoi oscuri checollegano i palazzi, si passa da uncapitolo all’altro della storia che que-sta mostra cerca di narrare. I capitoliin cui è divisa la storia di “DestroyAthens” sono sei e dall’uno all’altro,l’atmosfera cambia notevolmente. Lamostra sia per quanto riguarda illuogo, sia per quanto riguarda la suaidea centrale, è un itinerario nellospazio.

Il primo capitolo della storia, il “Primogiorno”, è in rapporto con il rumore.Opere che portano messaggi forti e

chiari, sulla voglia di partecipare atutto ciò che l’individuo ha intorno asè, tutto quello che lo circonda, che loriguarda, tutto quello di cui fa parte.Abbandonando il sole e l’aria aperta,il visitatore entra in una sala buia,dove grandi schermi sui muri, proiet-tano la distruzione di palazzi pubbliciin Germania dopo la fine dellaSeconda Guerra Mondiale. L’operaintitolata “Detonation Deutchland”, diJulian Rosefeldt & Piero Steinle, èuna video-installazione che trasferi-sce subito il visitatore in un mondooscuro e rumoroso… La distruzione ègià cominciata!

Il secondo capitolo, il “Secondo gior-no”, è l’inizio dell’esplorazione dellapropria identità. Il visitatore si trova

38 foroellenico

Detonation DeutchlandDetonation Deutchland

foroellenico 39

davanti a varie opere, a documentari,mappe, materiale tratto da archivi, chelo fanno riflettere su argomenti come:la provenienza, il senso della Storia,della Tradizione, del Luogo. Il video diEva Stefani “Acropolis” che fa’ unparallelismo fra l’Acropoli e il corpofemminile come due cose ugualmentecommerciabili; il disegno di Picasso(un disegno che rappresental’Acropoli, realizzato dal pittore nel1950 e distribuito su cartoline. Inseguito venduto, su iniziativa dell’arti-sta che con gli introiti, voleva sostene-re la difesa di Manolis Glezos, lo stu-dente che abbassò la bandiera nazistadal Partenone); e altre opere, che nonsi rifanno così direttamente al simboloAteniese, ma che portano comunquelo spettatore ad una ricerca dell’identi-tà che inizia dall’ambiente esterno.

Nel “Terzo giorno” questa ricerca dinoi stessi, della nostra identità,abbandona il mondo esterno ecomincia a esplorare ambienti piùchiusi, più privati, più personali. Quientriamo in uno spazio che richiamala casa, che con la sua chiusura dà lasicurezza di un rifugio, ma, allo stes-so tempo, anche di un tormento.

Il visitatore incontra opere come ilvideo “Domestic Violence” di LotteKonow Lund o il video di ThanasisTotsikas e altri ancora, che lo “intrap-

polano” in questo luogo isolato, chetrasforma la ricerca dell’identità,quasi in mania.L’auto-isolamento finisce al “Quartogiorno”, il quarto capitolo, quandoper un po’ si esce all’aperto, in ungiardino pieno di colori che sembra“la caccia al tesoro” per i bambini,opera di Assume Vivid Astro Focus.Qui si può respirare, vedere il sole -siamo per un po’ fuori dai palazzi -fare una piccola pausa e illudersi(con l’influenza esercitata dai colorivivi sul pensiero), che forse, tuttoandrà bene. Ma, come nella vitaanche qui, la pausa di serenità - senon d’ottimismo - è breve.

Nel “Quinto giorno”, il quinto capitololo spettatore si trova davanti ad unostudio sulla violenza. Video, quadri,sculture e tutte le opere, forti e aggres-sive, parlano della violenza e dei varimodi in cui è espressa nella nostrasocietà. Una violenza che distrugge,che cerca di reagire, auto-ironica,dura, che ti paralizza ma allo stessotempo ti fa riflettere su te stesso comeuomo e sui tuoi rapporti con l’altro.Molte opere ti portano a distogliere losguardo per la loro crudezza (“Lütte

40 foroellenico

mit Rucola”, video di John Bock) oppu-re ti lasciano senza parole (“Neo-Man”, video di Narve Hovdenakk o l’in-stallazione di Kimberly Clark ecc.) ma,nel silenzio assoluto in cui ti inglobanoviolentemente, col loro grido, ti porta-no a riflettere.

Così si arriva alla fine, al sesto capi-tolo, al “Sesto giorno”. Qui però nonsi tratta di una fine-redenzione ma, diuna fine vera dove ormai, nulla puòcambiare. Non c’è possibilità di rea-zione; non puoi parlare e neanchestare in silenzio, non puoi fare qual-cosa ma neanche non fare. Qui sipuò vedere l’installazione del gruppoartistico “Temporary Services” cheha ricostruito in dimensioni reali lacella di Angelo (un ergastolano cali-forniano) e oggetti realizzati basan-dosi su disegni e testi da lui inviati dinascosto. Angelo non ha mai visto le

loro opere. Un po’ oltre troviamo l’o-pera di Peter Dreher “Tag um Tagguter Tag” (Giorno dopo giorno è unbel giorno), un’installazione di pitturead olio; 588 quadri raffiguranti lostesso soggetto: un bicchiere d’ac-qua sopra una superficie pianadavanti a un muro. Quadri realizzatitra il 1974 e il 2007. Andando oltre, sivedono altre opere che rendonoancora più forte questa sensazionedi impotenza e di sola presenza, perpoi camminare pian-piano verso l’u-scita e finalmente rivedere il sole,odorare l’aria fresca, sentire ilvento… Tutte sensazioni che ti ripor-tano all’ambiente conosciuto, almondo esterno, ma non possono eli-minare dal ricordo le immagini delleinstallazioni, immagini che provoca-no reazioni, pensieri, fortissimeimpressioni. Un cambiamento, sicu-ramente è avvenuto, anche se forse

non è questo lo scopo della mostra…Forse è un qualcosa di inevitabile.

ReMap KM - Mostre paralleleIl ReMap KM è un programma artisticoappendice alla Biennale di Atene , incorso dall’8 settembre al 24 novembrenel quartiere di Keramikos - Metaxour-ghìo. Il progetto vuole dare un ulteriorecontributo alla tematica della Biennaleattraverso un’esplorazione dell’identitàdel quartiere, e riuscire a rivedere lafruizione degli spazi pubblici e privati.Gallerie e artisti dall’estero e dallaGrecia portano, con le loro opere, real-tà nuove in vecchi luoghi: graffiti, proie-zioni di video installazioni, laboratori,vengono ospitati sui terrazzi e negliappartamenti dei palazzi, nelle cantine,in fabbriche abbandonate, nei terreni eanche in palazzi neoclassici. Tutto ilquartiere, attorno a Gazi partecipa aquesto tentativo di “distruggere ericreare” i simboli che caratterizzanoAtene in primis, e la nostra vita ingenerale. Le mostre parallele allaBiennale sono la “How to Endure” acura di Tom Morton e la “YoungAthenians” a cura di Neil Mulholland.Sarebbe bello se tutte le distruzionifossero tanto colorate e modeste daprovocare così poca devastazionenell’umanità e un effetto così piacevo-le nell’individuo.

www. athensbiennal.org

foroellenico 41

“Una cultura giovane di tremilaanni”. È questa la frase che

riassume le intenzioni degli organiz-zatori della “full immersion” greca, alTeatro Studio del “Piccolo” di Milano,dal 18 al 20 settembre. Il Consolatodella Grecia nella metropoli lombar-da, le curatrici Alexandra Papado-poulou e Mariella Kessisoglou, l’Or-ganizzazione per la Cultura Ellenicahanno unito le loro forze, ed il risulta-to li ha premiati: tre giorni di incontri,spettacoli, mostre, tutte nel segnodella Grecia di oggi, che però nonvuole e non può perder il filo della tra-dizione, ancorché fortemente rielabo-rata. Iniziando dalla voce dell’“EratoEnsemble”, composto da “tre nuovemuse della musica greca”, comesono state definite dalla stampa:Theodora Baka, voce, MariellaKessisoglou, clarinetto, MariaPapapetropoulou, piano, hanno pre-sentato le canzoni del celebre com-positore Manos Chatzidakis, edanche, dagli anni più recenti, musichedi Dimitris Kouroupos, StathisGyftakis, Giorgos Sfiridis.Un’interpretazione particolare e per-sonalissima, con punte di profonda eintensa sensibilità e malinconia.Per continuare con il teatro-danza dei

“Chameleon”, da Salonicco, un grup-po costituitosi nel 2006. StavrosKottas, Zoe Kollatou, Dimitra Mavro-gheni e Joanna Mitsika, unisconovisual e performing art, una delle novi-tà più interessanti dell’ultima stagioneellenica. Assoli, passi a due, per figu-re coreografiche, con immagini proiet-tate dietro i performers. E le musichedi Jorgos Lazaridis, eseguite in partedal vivo, dalla pianista Alexandra

Papadopoulou e dal violoncellistaChristos Grimpas. Per rappresentarela coesistenza di diversi elementiall’interno di un organismo vivo, doveogni esecutore offre la propria ispira-zione nel contesto del processo crea-tivo. Uno spettacolo fatto per e da“uomini senza bagagli, soli con i pro-pri sogni e desideri. Uomini che si aiu-tano l’un l’altro per raggiungere i pro-pri intenti.”Ed anche la musica di “Encardia”, uncomplesso greco, che si è esibitoinsieme alla band bolognese “Mala-lingua”. Musiche che racchiudono lesonorità dei paesi del griko, mescola-te con la tradizione della tarantellaUna rappresentazione che divienefesta, ed una festa, che a sua volta, èdiventata viaggio. Con l’aiuto di chitar-re, tamburelli, accordeon, castagnet-te, mandolini, tamburi... Gli “Encar-dia”, con al loro attivo più di centocin-quanta concerti solo in Grecia, e con idue dischi incisi in Italia, hanno con-quistato anche il pubblico di Milano.Variegata l’origine artistica dei com-ponenti: Costas Costantatos, mando-

Milano incontra la GreciaMilano incontra la Grecia

In alto il gruppo Encardia

a sinistra la locandina dell’evento

42 foroellenico

lino, voce, percussioni,Vanghelis Papageorgiou,accordeon, voce, percus-sioni, Anastasia Doulfi, vocee percussioni, MichalisContaxakis, chitarra e voce,Dimitris Tsekouras, contrabbasso evoce, Costantina Calcani e GiovannaHamaleli, ballerine.Teatro, musica, danza e non solo:parallelamente agli spettacoli, nelfoyer del teatro Studio, il pubblico hapotuto visitare una mostra di fotogra-fia e video art, che ha rielaborato ilmito dell’Odissea, portandolo fino aigiorni nostri. “ Non si è trattato di unesposizione nel senso classico deltermine, quanto piuttosto, di un incon-tro esemplificativo della produzioneartistica greca contemporanea, che siintreccia ripetutamente col temadell’Odissea. Per mettere in moto idiversi punti di partenza e le diverserealizzazioni nell’ambito della creazio-ne figurativa, là dove essa si incontracon lo spazio geografico e sociale,con l’ambiente architettonico, con lapsiche di ciascuno”, come ha volutosottolineare la curatrice ThouliMisirloglou.Ed, infine, l ‘incontro letterario “ leggeree scrivere in Grecia oggi”. Moderato daMarco Vigevani, con la partecipazionedi Caterina Carpinato, professoressa di

lingua e letteratura neogreca all’Uni-versità Ca’ Foscari di Venezia, diAmalia Colonia, dell’Università Stataledi Milano, del poeta Titos Patrikios edella scrittrice Ersi Sotiropoulou.Patrikios è una delle voci più significa-tive ed impegnate della Grecia delnovecento, mentre Ersi Sotiropoulou,già addetta culturale dell’Ambasciata diGrecia in Italia, è nota per la sua pennaraffinata, audace ed anticonformista.Le loro opere, sono state tradotte ora-mai da anni, anche in Italia.Una scelta non casuale, dal momentoche è appena uscita in Italia un’antolo-gia dell’opera di Patrikios, edita daCrocetti, mentre la Sotiropoulou haricevuto, tra gli altri, il PremioNazionale Ellenico per il miglior roman-zo nel 2000, con “Zig-zag tra gli aranciamari”.La presenza di questi due auto-ri ha contribuito a far conosce anchefisicamente due autori tra i più amatidal pubblico greco. “è stata un’occasio-ne interessante- ci ha detto la profes-soressa Carpinato-. Sia Patrikios chela Sotiropoulou hanno parlato in un ita-liano fluente e colto e questo ha facili-

tato una comunicazione piùdiretta con il pubblico pre-sente in sala. Amalia Coloniaha fatto il punto su cosa èstato tradotto sinora dal neo-greco in italiano, mentre io

ho sottolineato che la tradizione lette-raria neogreca, (per chi non conosce larealtà dell’area dell’Europa Orientale, acominciare dall’impero Bizantino, sinoalla catastrofe di Smirne) può risultaredifficilmente accessibile.” E, per finire,la professoressa di neogreco a Ca’Foscari, individua altri due importantielementi: “la componente orale e la tra-dizione poetica, che ancora oggi, vienetrasposta in musica, e cantata”.Importante anche l’apporto di MarcoVigevani, che è stato chiamato a fareda moderatore. “Da esperto di libri, dimercato editoriale, di letteratura, - ci hadetto Caterina Carpinato - ma soprat-tutto come professionista moderno alservizio della diffusione della culturatramite la produzione di libri, Vigevaniha posto domande con intelligenza ecuriosità per capire meglio cosa signifi-chi in ambito europeo la letteraturaneogreca. Per capire, anche, come sipossa intervenire affinché questo patri-monio culturale possa essere maggior-mente diffuso e conosciuto.”

Il gruppo Chamelon si esibisce nella danza intitolata “Nella bocca del lupo”

“uomini senza bagagli, soli con i propri sogni e desideri.

Uomini che si aiutano l’un l’altro per raggiungere i propri intenti”

foroellenico 43

Come avete vissuto, da ideatrici e artiste, questa tregiorni di manifestazioni dedicate alla Grecia?

Con grande soddisfazione, per il fatto di essere riusciti a rea-lizzare questo progetto. Per la collaborazione e la rispostapositiva, da parte degli artisti, della stampa, dei responsabi-li istituzionali, italiani e greci. Abbiamo vissuto questi tre gior-ni, con creatività e gioia, e non sono certo parole di circo-stanza. Abbiamo voluto mostrare un qualcosa di nuovo, sullaGrecia di oggi ed è stata un’esperienza, che a nostra volta,ci ha insegnato molto. Certo, senza il sostegno del comunedi Milano, del Piccolo Teatro (che ha “mobilitato” il suo vastopubblico), senza gli sponsors greci, quali l’Organismo per laPromozione della Cultura Greca, il Ministero degli Esteri diAtene e l’Ente per il Turismo Ellenico ed il contributo dellesocietà Sicon Oil e Bolton, non ce l’avremmo mai potutafare. E vorrei dire questo: anche in Germania, dove risiedostabilmente, abbiamo realizzato molti altri spettacoli, con lacollaborazione dei rappresentanti istituzionali. Non mi è peròmai capitato di incontrare persone così entusiaste e sensibi-li, come la console di Grecia a Milano, signora NafsikaVraila. Ci ha aiutato sia dal punto di vista pratico, che con isuoi importantissimi contatti. È stata una vera fortuna averpotuto collaborare con lei. È stata, per davvero, la nostraNausicaa.

Qual è la Grecia che avete voluto presentare?

La Grecia che conosciamo. Un paese moderno e creativo.Che non si ferma solo all’adorazione estatica del passato,ai piatti della cucina tipica ed alle danze tradizionali.Abbiamo cercato di presentare artisti giovani, creativi, conun forte curriculum, che devono essere sostenuti. Ancheperché pensiamo che la Grecia meriti di essere conosciu-

ta più a fondo. Oltre la sua pur importante immagine fol-cloristica. Per dimostrare che esiste una continuità spiri-tuale, intellettuale, artistica, dall’antichità ai giorni nostri. Eche siamo in dialogo paritario ed aperto con il restod’Europa. Malgrado, geograficamente, ci si trovi “in bassoa destra” ed a volte, sia più difficile, per un giovane greco,prendere il treno e fare il giro di tutta l’Europa centrale esettentrionale, come invece potrebbe fare un suo coetaneoitaliano o francese. Ciononostante, vogliamo far vedereche Atene, Salonicco, e non solo ,hanno una vita culturalemolto viva, e invitare i nostri amici europei ad essere più“curiosi” in questo senso.

Quale è stato il criterio per la scelta degli artisti?

È stata un’idea che abbiamo pian piano perfezionato io edAlessandra Papadopoulou, che vive stabilmente a Milano.Siamo volute partire dalle nostre esperienze artistiche, perallargarci ad altre forme di espressione, che presentasse-ro voci nuove, fresche, del nostro paese. È stato vissuto epreparato come un esperimento, ed i risultati hanno supe-rato di gran lunga le aspettative. Un esperimento che hagettato un ponte: da Salonicco, con i “Chameleon”, finoall’altra sponda dell’Adriatico, ai paesi della Grecìa salenti-na, con la musica del complesso “Enchardia”. Vedere ilTeatro - Studio del “Piccolo” esaurito, con i suoi quattro-cento posti, per tre serate di seguito, è stata sicuramenteuna grande soddisfazione. A Milano, ci hanno già chiestodi tornare anche per l’anno prossimo. Quindi, l’“esperimen-to” continua. E speriamo di poter arrivare anche in altrecittà italiane, grazie all’aiuto dei consolati ellenici, dellecomunità, e naturalmente, delle amministrazioni comunali.

A colloquio con Mariella Kessisoglou, co-ideatrice della manifestazione

in questa pagina il gruppo musicale l’Ensemble Erato

Theodora Baka (voce), Mariella Kessissoglou (clarinetto)e Maria Papapetropoulou (piano)

““MMaarriiaa ccii hhaa rriivveellaattoo ll’’iinnccaarrnnaarrssiiddeellllaa ppaarroollaa nneellllaa nnoottaa ccaannttaattaa,,ppeerr nnoonn ddiirree ddeellll’’eesspprreessssiivviittàà ddeell vvoollttoo,,ddeellllee ssuuee mmaannii,, nneell ccoorrppoo iinntteerroo,,nneell mmoovviimmeennttoo ddrraammmmaattiiccoo ddeell ccaannttoo””

LLeeoonnaarrdd BBeerrnnsstteeiinn

““MMaarriiaa ccii hhaa rriivveellaattoo ll’’iinnccaarrnnaarrssiiddeellllaa ppaarroollaa nneellllaa nnoottaa ccaannttaattaa,,ppeerr nnoonn ddiirree ddeellll’’eesspprreessssiivviittàà ddeell vvoollttoo,,ddeellllee ssuuee mmaannii,, nneell ccoorrppoo iinntteerroo,,nneell mmoovviimmeennttoo ddrraammmmaattiiccoo ddeell ccaannttoo””

LLeeoonnaarrdd BBeerrnnsstteeiinn