Trenta giorni di nave a vapore. Storie d’emigrazione dalla Valle dell’Idice (1880-1912)

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SCHEDA LIBRO Lorenza Servetti Trenta giorni di nave a vapore. Storie d’emigrazione dalla Valle dell’Idice (1880-1912) Tiziano Costa Editore (2010) Durante gli anni della cosiddetta “grande emigrazione” (1880-1912) furono oltre 10 milioni gli italiani che, in un periodo di grave crisi dell’agricoltura e di crescente disoccupazione, attraversarono l’oceano verso le Americhe, soprattutto gli Stati Uniti, il Brasile e l’Argentina; un fenomeno che riguardò in maniera corposa anche la nostra regione. La ricerca di Lorenza Servetti, che ha già studiato il fenomeno in un testo comparso 6 anni fa, “Vado nella Merica, è lì di là dalle colline”, relativo all’emigrazione da Budrio, si è allargata ad altri comuni vicini: Castel Maggiore, Medicina, Molinella e, appunto, Castenaso, coll’intento di chiarire i contorni di questo fenomeno, riservando delle sorprese. Da un lato si notano le dimensioni inattese del flusso migratorio, che in quei trent’anni coinvolse 1.900 abitanti di Medicina, Budrio e Molinella, emigrati soprattutto in Brasile. Dall’altro lato la scarsissima rilevanza dell’emigrazione per quanto riguarda Castenaso e Castel Maggiore, che a quel tempo si distinguevano dai centri vicini per la presenza, accanto all’agricoltura, di un tessuto di piccole e grandi aziende e di commerci, che in una realtà di modeste dimensioni (Castenaso contava a fine ‘800 poco più di 4000 abitanti) consentirono, anche quando l’agricoltura entrò in crisi, di limitare comunque la disoccupazione, evitando quella necessità di emigrare che colpì invece molti centri vicini. Anche da Castenaso, comunque, qualcuno se ne andò: accanto all’emigrazione temporanea di alcuni all’interno dell’Europa (soprattutto Francia e Germania), si è trovata documentazione di 33 persone che in quegli anni partirono, quasi tutte per gli Stati Uniti. Cosa si è scoperto di loro? Di qualcuno è documentato solamente lo sbarco negli Stati Uniti, senza sapere se riuscì a fare fortuna, se rimase, o tornò a Castenaso. Di altri abbiamo notizia degli spostamenti negli Stati Uniti, dei figli che là nacquero, dei ritorni in patria a visitare i parenti. In un paio di casi fortunati, infine, la ricerca è riuscita a collegare il passato al presente, grazie al contatto, reso possibile dalle moderne tecnologie, con i discendenti rimasti in America. Così è stato possibile tracciare l’intero albero genealogico, che da Raffaele Pedrini, sbarcato a Boston nel 1907, al figlio Mario, al nipote Richard, arriva fino arriva fino ai pronipoti che in una e-mail raccontano con orgoglio di far parte dell’unica famiglia Pedrini residente negli Stati Uniti.

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Trenta giorni di nave a vapore. Storie d’emigrazione dalla Valle dell’Idice (1880-1912) Lorenza Servetti

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SCHEDA LIBRO

Lorenza Servetti

Trenta giorni di nave a vapore. Storie d’emigrazione dalla Valle dell’Idice

(1880-1912)

Tiziano Costa Editore (2010)

Durante gli anni della cosiddetta “grande emigrazione” (1880-1912) furono oltre 10 milioni gli italiani che, in un periodo di grave crisi dell’agricoltura e di crescente disoccupazione, attraversarono l’oceano verso le Americhe, soprattutto gli Stati Uniti, il Brasile e l’Argentina; un fenomeno che riguardò in maniera corposa anche la nostra regione. La ricerca di Lorenza Servetti, che ha già studiato il fenomeno in un testo comparso 6 anni fa, “Vado nella Merica, è lì di là dalle colline”, relativo all’emigrazione da Budrio, si è allargata ad altri comuni vicini: Castel Maggiore, Medicina, Molinella e, appunto, Castenaso, coll’intento di chiarire i contorni di questo fenomeno, riservando delle sorprese. Da un lato si notano le dimensioni inattese del flusso migratorio, che in quei trent’anni coinvolse 1.900 abitanti di Medicina, Budrio e Molinella, emigrati soprattutto in Brasile. Dall’altro lato la scarsissima rilevanza dell’emigrazione per quanto riguarda Castenaso e Castel Maggiore, che a quel tempo si distinguevano dai centri vicini per la presenza, accanto all’agricoltura, di un tessuto di piccole e grandi aziende e di commerci, che in una realtà di modeste dimensioni (Castenaso contava a fine ‘800 poco più di 4000 abitanti) consentirono, anche quando l’agricoltura entrò in crisi, di limitare comunque la disoccupazione, evitando quella necessità di emigrare che colpì invece molti centri vicini. Anche da Castenaso, comunque, qualcuno se ne andò: accanto all’emigrazione temporanea di alcuni all’interno dell’Europa (soprattutto Francia e Germania), si è trovata documentazione di 33 persone che in quegli anni partirono, quasi tutte per gli Stati Uniti. Cosa si è scoperto di loro? Di qualcuno è documentato solamente lo sbarco negli Stati Uniti, senza sapere se riuscì a fare fortuna, se rimase, o tornò a Castenaso. Di altri abbiamo notizia degli spostamenti negli Stati Uniti, dei figli che là nacquero, dei ritorni in patria a visitare i parenti. In un paio di casi fortunati, infine, la ricerca è riuscita a collegare il passato al presente, grazie al contatto, reso possibile dalle moderne tecnologie, con i discendenti rimasti in America. Così è stato possibile tracciare l’intero albero genealogico, che da Raffaele Pedrini, sbarcato a Boston nel 1907, al figlio Mario, al nipote Richard, arriva fino arriva fino ai pronipoti che in una e-mail raccontano con orgoglio di far parte dell’unica famiglia Pedrini residente negli Stati Uniti.

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LA RECENSIONE di Giorgio Tonelli

L'AMERICA FRA SPERANZA E SOGNI SPEZZATI "Accidenti a te, Cristoforo Colombo e a quando hai scoperto l'America". E' l'imprecazione di una donna di Budrio, intrecciata dai tre piccoli figli, tornata a Genova con una colletta fatta dai parenti. La donna fissa la statua del navigatore che si erge sul porto e pensa alla sua America, a quella 'fazenda' dove ha visto morire di stenti e di lavoro il marito. "30 giorni di nave a vapore", il bel libro di Lorenza Servetti, è soprattutto dedicato ai tanti che non ebbero fortuna, che abbandonarono tutto per fidarsi di promesse che in gran parte si rivelarono false. E' un libro che va alla ricerca delle anonime biografie degli oltre 2mila emigranti che fra il 1880 e il 1912 lasciarono i comuni della valle dell'Idice (Budrio, Castel Maggiore, Castenaso, Medicina, Molinella) per raggiungere il sogno americano. Il libro, pubblicato dall'editore Costa e commissionato dal Rotary Club Valle dell'Idice, è soprattutto la storia di un incontro: fra un continente uscito dalla schiavitù dei neri ed alla ricerca di manodopera a basso costo e un bracciantato che, in quegli anni, soffriva la fame e cercava riparo dalle malattie e dalla miseria. La situazione nelle campagne era infatti drammatica. Nel 1883, a Molinella l'87 per cento della popolazione era costituita da lavoratori agricoli e ben 1718 famiglie su 2319 erano assistite dal Comune. A emigrare furono dunque soprattutto lavoratori agricoli in gran parte analfabeti ma ci furono anche muratori e artigiani. DAI NERI AGLI ITALIANI Gli italiani erano conosciuti come contadini molto bravi e i possidenti di terre, specie in Brasile, puntarono sull'Italia anche perché era la nazione europea maggiormente colpita dalla crisi economica. Inoltre con l'abolizione della schiavitù nel 1888, il Brasile si trovò con una improvvisa domanda di manodopera a basso costo. Attraverso connivenze di alto livello istituzionale, questa massa di braccianti fu di fatto venduta dalle compagnie di navigazione e dalle agenzie di emigrazione ai possidenti di terre americani. A Genova, c'erano uffici con uomini che andavano nelle campagne alla ricerca di famiglie indigenti. Promettevano il viaggio gratuito e la possibilità di avere in pochi anni i soldi per tornare ed acquistare la terra nel proprio Paese. Chi, come Enrico Bertoni a Medicina della compagnia navale "La Veloce" faceva partire una famiglia per l'America, guadagnava dai 5 ai 25 dollari. Il libro, poi, ripercorre, attraverso testimonianze spesso drammatiche, i lunghi viaggi della speranza fatti con piroscafi inadeguati per spazio e condizioni igieniche. Viaggi terribili dove non mancarono anche avvelenamenti per cibo avariato, epidemie, truffe e furti di ogni bene. Fra le tante piccole storie proposte, c'è anche quella del piccolo Giuseppe Ghelli di Budrio, di appena due mesi. Fu imbarcato col babbo e la mamma per il Brasile, ma morì poco prima dell'arrivo . La mamma Romana, per non farlo gettare in mare con una pietra e un lenzuolino, lo tenne con sé fino allo sbarco e la sepoltura a terra. La sua morte non venne denunciata e sul passaporto rimase il suo nome che fu poi attribuito al fratellino nato in Brasile. Nel libro c'è il racconto dell'angoscia a Ellis Island, la porta di New York, dove occorreva aspettare anche giorni e settimane e la famiglie venivano separate e non sempre si ritrovavano. In mezzo a tanti episodi di solidarietà ci sono anche poveri che rubano ad altri poveri. Nei viaggi della speranza occorrevano anche occhi ben aperti per evitare il furto dei bagagli o le truffe. Non tutte le destinazioni mantennero quel che promettevano. Altro che "posto al sole", chi finì a Sunnyside in Arkansas, trovò solo una palude non bonificata, molta acqua e poca terra piena di zanzare. In un anno furono un centinaio, perlopiù bambini, a perdere la vita a causa della malaria. A peggiorare la situazione c'era anche l'impossibilità di far ritorno. Le famiglie spesso erano numerose ed indebitate

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con i proprietari, dai quali dipendevano sia per l'acquisto delle sementi che per la vendita dei prodotti. Inoltre molte famiglie sperimentarono prima la crisi delle risaie in Italia e poi quella, non meno drammatica, del cotone in America. UN PUZZLE DI RICORDI Ma l'altro grande merito del libro è presentarci tante storie private. Storie, spesso drammaticamente vere, ricostruite con pazienza certosina attraverso gli "stati delle anime" degli archivi parrocchiali, le domande di passaporto della questura e della prefettura di Bologna, i censimenti, le liste di sbarco, le lettere e le foto dei parenti. Ma c'è uno strumento che è stato ben utilizzato dalla Servetti e che ci ha portato tanti materiali inediti: è Internet. Incrociando nomi e cognomi più o meno simili (spesso nelle trascrizioni c'erano delle modifiche anagrafiche), città, indirizzi e così via, si sono raggiunti risultati un tempo inimmaginabili. Un enorme puzzle, un gran lavoro di ricostruzione di identità, immagini, ricordi ormai sbiaditi. Questa seconda parte del libro quasi avvolge il lettore, lo prende per mano, trasportandolo , in punta di piedi nell'intimità di vicende familiari, ormai rimosse dal vento del tempo. Ci sono storie di vincitori (come i Masi di Medicina che in pochi anni svilupparono un grande businnes della carne da macellazione) e di vinti (purtroppo la maggior parte). Non è fiction, è vita, carne, sorrisi e lacrime vere. La speranza - ben sottolineata nel lavoro di Lorenza Servetti - è che le memorie ritrovate da un nostro passato non lontanissimo, che coinvolse tante persone, contribuiscano a formare uno sguardo più consapevole e attento anche all'oggi. Giorgio Tonelli