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Roger CAPOROSSI D.O. M.O.R. (F) Francis PEYLARADE D.O. M.O.R. (F) TRATTATO PRATICO DI OSTEOPATIA CRANICA 1

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Roger CAPOROSSI D.O. M.O.R. (F)

Francis PEYLARADE D.O. M.O.R. (F)

TRATTATO PRATICO

DI

OSTEOPATIA CRANICA

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"Riesci ad immaginare che ciò che non conosci possa in realtà esistere? Se si, allora progredirai sul grande cammino della Conoscenza, ma fai attenzione a parlare solamente di ciò che conosci."

CONFUCIO (551-479 A.C.)

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SOMMARIO------------------------------------------------------------------Prima parte: L'OSTEOPATIA CRANICACapitolo 1 La storia 9Capitolo 2 Filosofia e concetti osteopatici 14Seconda parte: DATI CRANICI FONDAMENTALICapitolo 3 IL MECCANISMO RESPIRATORIO PRIMARIO 20I Il M.R.P. e le sue cinque componentiII Oggettivazione radiologica del movimento cranicoIII Oggettivazione grafica del M.R.P.IV Altri lavori scientifici

Capitolo 4 OSTEOGENESI CRANICA 34I Osteogenesi cranio-faccialeII Ossificazione encondraleIII Ossificazione membranosaIV Ossificazione mista encondro-membranosaV Crescita per induzione reciproca

Capitolo 5 LE SUTURE CRANICHE 38I Istologia delle suture 1. Costituzione delle suture 2. Evoluzione delle suture 3. Fontanelle 4. CraniostenosiII Fisiologia delle sutureIII Classificazione delle sutureIV Le ugnature craniche

Capitolo 6 I PUNTI DI REPERE PALPATORI DEL CRANIO 47

Terza parte: ANATOMIA FISIOLOGIA CRANICA

Capitolo 7 L'OCCIPITALE 50I Descrizione anatomicaII ArticolazioniIII OssificazioneIV RapportiV Repère palpatoriVI Fisiologia

Capitolo 8 LO SFENOIDE 57I Descrizione anatomicaII ArticolazioniIII OssificazioneIV RapportiV Repère palpatoriVI Fisiologia

Capitolo 9 ORIFIZI DELLA BASE DEL CRANIO 65Capitolo 10 LA SINCONDROSI SFENO-BASILARE 70I Richiamo anatomicoII Articolazioni dello sfenoideIII Assi fisiologiciIV Movimenti fisiologici

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Capitolo 11 IL FRONTALE 75 I Descrizione anatomicaII ArticolazioniIII OssificazioneIV RapportiV Repère Palpatori VI Fisiologia

Capitolo 12 I PARIETALI 81I Descrizione anatomicaII ArticolazioniIII OssificazioneIV RapportiV Repère palpatoriVI Fisiologia

Capitolo 13 I TEMPORALI 85I Descrizione anatomicaII ArticolazioniIII OssificazioneIV RapportiV Repère palpatoriVI Fisiologia

Capitolo 14 I MALARI 95I Descrizione anatomicaII ArticolazioniIII OssificazioneIV RapportiV Repère palpatoriVI Fisiologia

Capitolo 15 L'ETMOIDE 98I Descrizione anatomicaII ArticolazioniIII OssificazioneIV RapportiV Repère palpatoriVI Fisiologia

Capitolo 16 IL VOMERE 103I Descrizione anatomicaII ArticolazioniIII OssificazioneIV Repère palpatoriV Fisiologia

Capitolo 17 I MASCELLARI SUPERIORI 106I Descrizione anatomicaII ArticolazioniIII OssificazioneIV RapportiV Repère palpatoriVI FisiologiaCapitolo 18 I PALATINI 111I Descrizione anatomicaII Articolazioni

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III OssificazioneIV RapportiV Repère palpatoriVI Fisiologia

Capitolo 19 GLI UNGUIS E LE OSSA PROPRIE DEL NASO 115I Gli unguisII Le ossa proprie del naso o ossa nasali

Capitolo 20 LA MANDIBOLA 118I Descrizione anatomicaII OssificazioneIII RapportiIV Repère palpatoriV Fisiologia

Capitolo 21 L'OSSO IOIDE 123I Descrizione anatomicaII OssificazioneIII RapportiIV Fisiologia respiratoria primaria

Capitolo 22 IL SACRO ED IL COCCIGE 127I Il sacroII Il coccigeIII Fisiologia del sacroIV Fisiologia del coccige

Capitolo 23 LE MENINGI E LE MEMBRANE DI TENSIONI RECIPROCHE 131I La dura-madreII L'aracnoideIII La pia-madreIV VascolarizzazioneV InnervazioneVI Fisiologia

Capitolo 24 VASCOLARIZZAZIONE DEL CRANIO 141I Vascolarizzazione arteriosaII Vascolarizzazione venosa

Capitolo 25 I NERVI CRANICI 148

Capitolo 26 I VENTRICOLI ED IL LIQUIDO CEFALO-RACHIDIANO 157Capitolo 27 FISIOLOGIA GLOBALE DELLA RESPIRAZIONE PRIMARIA CRANICA 166

Quarta parte: FISIOPATOLOGIA CRANICA TEST E CORREZIONI RECIPROCHE

Capitolo 28 L'APPROCCIO DEL CRANIO 178

Capitolo 29 IL V SPREAD 184I PricipioII Meccanismo d'azioneIII InteresseIV Test diagnosticoV Tecnica di correzioneVI Test di verifica

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Capitolo 30 TECNICHE GENERALI E CIRCOLATORIE 190I Tecniche vascolariII Tecniche con influenza sul L.C.R.

Capitolo 31 DISFUNZIONI CINETICHE DELLA S.S.B. 200I Disfunzioni cinetiche fisiologiche In flessione ed estensione In torsione In side-bending-rotationII Disfunzioni cinetiche non fisiologiche Per tensioni Per compressione

Capitolo 32 DISFUNZIONI CINETICHE DELL'OCCIPITALE 232

Capitolo 33 DISFUNZIONI CINETICHE DELLO SFENOIDE 253

Capitolo 34 DISFUNZIONI CINETICHE DEI TEMPORALI 263

Capitolo 35 DISFUNZIONI CINETICHE DEL FRONTALE 284

Capitolo 36 DISFUNZIONI CINETICHE DEI PARIETALI 292

Capitolo 37 DISFUNZIONI CINETICHE DELL'ETMOIDE 301

Capitolo 38 DISFUNZIONI CINETICHE DEL VOMERE 308

Capitolo 39 DISFUNZIONI CINETI DEI MASCELLARI 311

Capitolo 40 DISFUNZIONI CINETICHE DEI PALATINI 317

Capitolo 41 DISFUNZIONI CINETICHE DEI MALARI 322

Capitolo 42 DISFUNZIONI CINETICHE DELLE OSSA NASALI 326

Quinta parte: TRATTAMENTI OSTEOPATICI Capitolo 43 PARTO 329Capitolo 44 CORREZIONI OSTEOPATICHE DELLE LESIONI INTRA-OSSEE 346Capitolo 45 CORREZIONI OSTEOPATICHE DELLA VOLTA E DELLA BASE 368I Tecniche membranose Equilibrio delle sfere Tecnica del core linkCapitolo 46 TRATTAMENTO OSTEOPATICO DELL'ORBITA 379Capitolo 47 TRATTAMENTO OSTEOPATICO DELLE FOSSE NASALI 396Capitolo 48 TRATTAMENTO OSTEOPATICO DELLA CAVITA' BOCCALE 404I Volta palatinaII Malocclusioni dentaliIII Articolazione temporo-mandibolareCapitolo 49 TRATTAMENTO OSTEOPATICO DELLA FACCIA 427I Correzioni della facciaII Correzioni della cavitè boccale in rapporto con la facciaIII Trattamento delle algie della facciaCapitolo 50 TRATTAMENTO OSTEOPATICO DELLA SFERA O.R.L. 439I Rino-faringeII Orecchio

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III Oro-faringeCapitolo 51 TRATTAMENTO OSTEOPATICO DELLE CEFALEE 448Capitolo 53

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PREFAZIONE

La pratica della dermatologia mi ha portato ad interessarmi alla Osteopatia per una ragione di partenza: il comparire di allergie o l'aggravarsi di un terreno allergico pre-esistente, dapprima fra gli adulti giovani e poi fra bambini sempre più piccoli.

Queste diverse manifestazioni rivelavano un solo punto: delle infezioni O.R.L. o una patologia asmatiforme per le quali venivano prescritti sempre più frequentemente degli antibiotici cortisonici; non avendo potuto l'organismo esercitare le sue reazioni di difesa naturale, la patologia riprendeva con più vigore inducendo di nuovo la somministrazione di antibiotici e creando così un circolo vizioso.

Siccome è preferibile prevenire anziché guarire, ho “testato" la Osteopatia per queste patologie. I notevoli miglioramenti ottenuti mi hanno incoraggiato a conoscere meglio le possibilità di questa terapia non traumatizzante per altre dermatosi.

Quella che mi ha interessato particolarmente è l'Osteopatia Cranica, perché tiene conto dell'essere nella sua totalità, ed è un originale precursore di quello che sarà probabilmente l'approccio del malato nelle altre branche della Medicina in un avvenire più o meno prossimo.

Tanto agli studenti quanto agli osteopati avviati, questo trattato d’osteopatia cranica apporterà un approfondimento delle loro conoscenze ed un'apertura sulla saggezza incarnata della Vita.

Micheline MARIE

Dottore in Medicina

Ex-Interno degli Ospedali di Parigi

Ex-Direttore di Clinica alla Facoltà

Capo Servizio al Centro Ospedaliero Jean MOULIN

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INTRODUZIONE

Questo trattato pratico d’osteopatia cranica è dedicato a tutti gli osteopati che hanno operato ed opereranno ancora perché l'osteopatia cranica si affermi su basi sempre più scientifiche, con criteri sempre più precisi per ottenere sia l’attendibilità che merita che il suo posto in seno alle équipe terapeutiche di domani.

Lo scopo di quest'opera è presentare, nel modo più chiaro e più preciso possibile, quei concetti e quelle tecniche osteopatiche craniche agli osteopati che praticano quotidianamente quest'arte terapeutica.

L'osteopatia cranica non può essere separata dall'osteopatia "tout court" in quanto l'individuo è un'entità fisiologica complessivo comprendente necessariamente la micro-cinetica cranica nell'equilibrio cibernetico del corpo.

L'osteopatia cranica non potrebbe essere praticata da sola, ovvero senza integrare la totalità degli altri atti osteopatici di regolazione fisiologica, che siano muscolo-scheletrici viscerali o circolatori.

Gli autori hanno voluto presentare un'opera di consultazione cui lo studente, ma anche il professionista, potrà sempre ricorrere per perfezionare i loro trattamenti.

Gli autori, basandosi su sequenze di ricerche e sessioni di studi in Europa e negli Stati Uniti, presentano esclusivamente quelle tecniche osteopatiche craniche che hanno come riferimento comune un'origine fisiologica.

Questo trattato vuole quindi essere sia una raccolta di conoscenze sia uno strumento di lavoro. Realizzato per un'utilizzazione pratica ed efficace, questo libro presenta certe tecniche a più riprese fornendo al lettore ogni volta le conoscenze o le tecniche essenziali riguardanti, l’argomento che sta affrontando, in modo che non si debba rifare continuamente ad altri passaggi o capitoli dell'opera.

Esso non può essere perfetto in quanto l'osteopatia, come ogni specialità, progredisce e altri verranno dopo di noi a contribuire con una loro pietra alla costruzione dell'edificio dell'Osteopatia in generale e dell'osteopatia craniale in particolare.

Gli Autori

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PRIMA PARTE – L'OSTEOPATIA CRANICA

CAPITOLO 1

STORIA DELL'OSTEOPATIA

DALLA MEDICINA MANUALE ALLA MEDICINA OSTEOPATICA

La "medicina manuale" è sempre esistita ed è talmente remota da poterla far risalire agli scritti lasciati dalle civiltà antiche. Effettivamente, si possono trovare tracce di trattamenti manuali già in documenti risalenti al 5° secolo A.C. ed in documenti lasciati dalla civiltà cinese o egiziana. Verso il 400 A.C., Ippocrate, partendo dai concetti fisiopatologici della medicina egiziana, insiste sull'importanza della rachide e delle pratiche "manipolative" nella patologia dell'individuo. "L'arte della terapia vertebrale è antica. Ho grande stima di coloro che l'hanno scoperta, come di coloro che, generazione dopo generazione, mi succederanno ed i cui lavori contribuiranno al buono sviluppo dell'arte naturale di guarire...

Il terapeuta accorto e coscienzioso deve possedere capacità tanto nel suo colpo d'occhio quanto nella sua mano, quando si tratta di correggere le deviazioni vertebrali del malato steso di fronte a lui, sulla tavola da trattamento. Se il trattamento è eseguito nel modo corretto, non si produrrà alcun danno poiché consiste nel trattamento di leggere deviazioni delle vertebre e non di spostamenti grossolani." (IPPOCRATE "De Articularis", 47)

Nel secondo secolo a Roma, GALIENO, originario dell'Asia Minore, espone per la prima volta un ragionamento manipolativo basato su conoscenze di anatomia e neurologia, in relazione ad una nevralgia del nervo radiale riguardante la settima cervicale. Il trattamento correttivo della colonna cervicale, determinò la guarigione del "male misterioso" di cui soffriva da parecchi mesi lo storico Pausonia in seguito ad un incidente di carro.(GALIEN - "De locis affectis", Libro 1, 6).

Nel Medio Evo, in Occidente, sotto l'influenza depauperante dei dogmi religiosi, per la medicina inizia un periodo di ristagno. Parallelamente, la medicina araba progredirà molto più velocemente e vedrà la sua lingua riconosciuta come lingua colta a livello internazionale dal IX al XIV secolo. Nel XI secolo, AVICENNA descriveva già la patologia e la clinica delle sciatiche ed il metodo terapeutico manuale di trattarle (AVICENNA - "Canon", 4° libro).

Il medico ebreo MAIMONIDE enuncia nella sua epoca delle idee che potrebbero essere considerate assolutamente contemporanee:"La guarigione è il ritorno all'equilibrio anteriore, momentaneamente perturbato dalla malattia ed al quale si deve pervenire di nuovo, non soltanto tramite le risorse fisiche ma anche tramite le facoltà spirituali".

La fine del Medio Evo assiste al rinnovamento neo-platonico irrazionale ed allo svilupparsi dell'alchimia come pure dell'interesse in continua crescita per le cure chimiche (antimonio, mercurio, arsenico...) a scapito dei trattamenti manuali che sono completamente rifiutati dalla Medicina dell'epoca, essa stessa dominata dall'onnipotenza del Clero.

Solo qualche laureato continuò a praticare seguendo l'insegnamento d’Ippocrate, tale GUY DE CHAULIAC, della Scuola di Montpellier il cui motto suona eretico all'epoca: "Experimenta rerum magistra" (L'esperienza è maestra della verità).

Nel XVI secolo, i metodi di Ambroise PARE', riguardanti le riduzioni di fratture vertebrali mediante un corsetto metallico, non differiscono in niente da quelle preconizzate da Ippocrate.

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Fortunatamente, come sperava ai suoi tempi Ippocrate, generazione dopo generazione, alcuni uomini continuarono a dare sollievo ai loro contemporanei tramite manovre manuali articolari, ed è solamente nel XIX secolo che arriva la primavera liberatrice di queste tecniche con la nascita della Medicina Osteopatica, prima in America e poi in Inghilterra.

LA NASCITA DELLA MEDICINA OSTEOPATICA

La Medicina Osteopatica o medicina delle malattie delle ossa, fondata sulle basi anatomiche e fisiologiche del corpo, deve la sua comparsa nel XIX secolo a due uomini il cui spirito curioso ed aperto ha permesso di porre le prime fondamenta di un'arte diagnostica e terapeutica consistente da una parte nell'esame e trattamento globale di un individuo anziché nel trattamento della sua malattia, dall'altra parte nel tentare di conservare la salute dell'individuo per evitare che contragga una malattia. Questi due uomini sono Andrew Taylor STILL e William Garner SUTHERLAND.

ANDREW TAYLOR STILL

Nacque il 16 Agosto 1828 a Johannesburg in Virginia, negli Stati Uniti centro-occidentali.

Suo padre Abraham STILL, Pastore della Chiesa Metodista, svolgeva anche il doppio lavoro di contadino e medico.

A.T. STILL diviene dapprima ingegnere e, nel 1845, interessato dalla pratica di suo padre, inizia a studiare medicina all'Università del Missouri. L'insegnamento medico lo lascia scettico riguardo alle reali possibilità di aiutare efficacemente il suo prossimo.

La sua perfetta conoscenza delle leggi fisiche d'ingegneria meccanica ed idraulica e la sintesi che ne fa con la conoscenza dell'anatomia e della fisiologia applicate alla medicina, gli permettono di riscoprire l'arte manuale e di perfezionare, codificandole, le trasmissioni orali e scritte provenienti dall'antichità. La sua metodologia ingegneristica gli permette in particolare la ricerca di una nuova concezione della medicina con il desiderio di comprendere la logica di salute e malattia.

"Tutte le autorità che avevo incontrato non riuscivano a staccare gli occhi dagli effetti par volgerli verso le cause".(A.T. STILL)

Dal 1850, come suo padre, inizia questa doppia attività vicino alla Natura. Seziona centinaia di cadaveri, soprattutto indiani ed acquisisce così una perfetta conoscenza dell'anatomia che lascerà stupefatti tutti i suoi allievi.

Nel 1857 è eletto alla legislatura del Kansas, incarico che conserverà fino al 1860.

Nel 1861-65, durante la Guerra di Secessione, gli viene affidato il comando di un reggimento Sudista presso i Federati, ma lui s’impegnerà soprattutto nella sua attività di medico e chirurgo militare ed a prendersi cura dei feriti, accrescendo così le sue conoscenze d’anatomia dei viventi.

Nel 1865, un'epidemia di meningite causa la morte di quattro membri della sua famiglia, tre dei quali erano figli suoi. STILL è straziato dall'impotenza della medicina. Termina la sua formazione in Medicina e Chirurgia al Kansas College, e n’esce un medico la cui buona reputazione lo protegge dagli ambienti sudisti e gli permette di mantenere le sue prese di posizione anti-schiaviste.

Nell'autunno 1874, nel corso di un'epidemia, guarisce un bambino dalla dissenteria, poi ne guarisce con successo altri diciassette...

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Il 22 giugno 1874, all'età di 46 anni, rompe definitivamente con la medicina ortodossa, che non ha mai realmente corrisposto alle sue aspettative, ed espone le sue teorie e conclusioni sull'osteopatia stabilendo i principi fondamentali dell'arte osteopatica: "Dispiego al vento la bandiera dell'Osteopatia!" finché, nel 1878, guarisce con le sue mani, mettendo nello scompiglio i suoi colleghi.

Nel 1876 viene colpito dal tifo: affaticato ed abbandonato dai suoi colleghi, nel 1877 va a vivere a Kirksville, dove dimorerà definitivamente.

Fra il 1878 e il 1885 la fama di STILL copre gli Stati dal Missouri al Kansas.

Nel 1892 a Kirksville viene creata "The American School of Osteopathy": è il primo College d’Osteopatia sia in America che nel mondo ed il riconoscimento ufficiale dell'Osteopatia nello Stato del Missouri. Gli studenti che vi si formano ricevono il titolo di Dottore in Osteopatia e non di Dottore in Medicina, STILL, infatti, teneva già dall'inizio, a mantenere distinte le due attività professionali totalmente differenti.

Dal 1892 al 1900 l'Osteopatia s’estende in tutto il Sud degli Stati Uniti.

Nel frattempo, nel 1896, D. Palmer de Davenport, ex-studente di STILL, creò le basi della Chiropratica a partire dai concetti di Still sull'Osteopatia.

Dal 1894 al 1900, visti i successi riportati dall'Osteopatia, si sviluppa una violenta opposizione delle istanze mediche ufficiali.

L'Osteopatia acquisisce pertanto il diritto d'esercizio nella maggior parte degli Stati come professione paramedica, senza possibilità di prescrivere medicine ma con il diritto di praticare l'Ostetricia e la Chirurgia. Un po' ovunque negli Stati Uniti si aprono dei College di medicina.

Il 1905 è l'anno del famoso "rapporto Flexner". La medicina allopatica sempre predominante, ben organizzata e strutturata rispetto alla giovanissima Medicina Osteopatica, mette in moto il suo strumento di battaglia: l'A.M.A., la potente Associazione Medica Americana che esercitò un'enorme pressione sui Pubblici Poteri che nominarono la commissione Flexner che ottenne, in seguito all'ispezione delle Istituzioni Mediche Private, la chiusura di numerosi College ed impedì la creazione di quelli in via di costituzione. L'opinione pubblica ne fu talmente scandalizzata che petizioni a livello nazionale obbligarono il Presidente Theodore Roosevelt, la cui famiglia riceveva trattamenti osteopatici, ad autorizzare l'apertura dei College in via di costituzione.

Fra il 1898 ed il 1900, Still pubblicherà quattro libri e si ritirerà in seguito dall'insegnamento.

Nel 1914 viene colpito da un ictus.

Il 12 dicembre 1917 il "Buon Dottore" muore all'età di 89 anni.

Nel 1918, John Martin LITTLE JOHN, allievo diretto di STILL, con l'approvazione di quest'ultimo quando era ancora in vita, creò la "British School of Osteopathy" a Londra.

Il primo stato a legittimare l'Osteopatia fu il Vermont nel 1896, ci vorranno circa 100 anni perchè nel 1974 la California, ultimo Stato dell'Unione, ottenga questo stesso diritto grazie ad una lotta ostinata nella quale la Dr. Viola FRYMANN, alla testa di un piccolo gruppo di vecchi Osteopati, ottenne in ultimo appello dal Giudice del Tribunale Supremo degli Stati Uniti, il diritto di creare il "College of Osteopathic Medeicine of the Pacific" a Pomona.

L'ormai riconosciuta professione d’Osteopata ottiene, nel 1969, i diritti ed i privilegi sia sotto l'aspetto curativo che chirurgico.

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WILLIAM GARNER SUTHERLAND

Nato il 27 marzo 1873, giovane giornalista inviato da un giornale locale ad investigare su un "originale" che guariva con le proprie mani, venne egli stesso conquistato dai lavori del Dr. STILL al quale restò vicino per studiare l'Osteopatia. Il 18 giugno 1900 ottenne il diploma di Dottore in Osteopatia al College di Kirksville (Missouri).

Com'è nato il concetto cranico nell'ambito dell'Osteopatia?

William Garner Sutherland era studente a Kirksville alla fine del 1800 ed un giorno, vedendo un cranio disarticolato, si mise ad osservare le sue articolazioni. Ne restò stupefatto, soprattutto osservando le suture dell'osso temporale.

Quest’articolazione, unita come le branchie d'un pesce indicava una mobilità articolare. Com'era possibile? Che senso aveva ciò?

Pensò che ciò non avesse alcun senso e, per dieci anni, si sforzò di non pensarci più, ma non vi riuscì. Rivedeva sempre quell'analogia con le branchie del pesce...semplice mobilità articolare? Meccanismo respiratorio? Non sapeva cosa pensare.

Dopo aver cercato di dimenticare, cambiò idea e decise di provare a se stesso quanto fosse assurdo il suo ragionamento e quanto le proprie idee non si basassero su alcun fondamento razionale e scientifico.

In capo a 20 anni, cioè 30 anni dopo quest'osservazione, giunse a conclusioni più precise.

Nel 1939, fra l'indifferenza e lo scetticismo, pubblicò il risultato delle sue ricerche: "The cranial bowl" (la palla cranica). Un grande appoggio gli fu dato dal Dr. KIMBERLEY, noto neuro-chirurgo americano.

Nel 1946, è fondata la prima associazione d’Osteopatia Cranica e, al Congresso Osteopatico di Denver, aiutato dal Dr. KIMBERLEY, Sutherland poteva esporre liberamente il suo lavoro.

HAROLD MAGOUN

Suo allievo, il Dr. Harold MAGOUN continuò la sua opera e pubblicò nel 1951 "Osteopathy in the cranial field" (Osteopatia nel campo cranico), il libro-base dell'Osteopatia Cranica.

Nato a Oberlin, nell'Ohio, nel 1898, Harold MAGOUN prestò servizio in Francia durante la Prima Guerra Mondiale nel Servizio di Sanità dell'Armata Americana, e lì ricevette la Croce di Guerra Francese per il coraggio dimostrato di fronte al fuoco nemico, e la "Purple Heart Medal".

Nel 1919 s’iscrisse alla Scuola Americana d’Osteopatia di Kirksville ed ottenne il suo diploma di Dottore Osteopata nel 1924. Praticò la sua arte prima a Scottsbluff nel Nebraska, poi, a partire dal 1936 a Denver nel Colorado. Nel 1972 si ritirò a Belen, nello Stato del Nuovo Mexico.

Nel 1940 ricevette il titolo di Maestro di Scienze Osteopatiche.

Harold MAGOUN ottenne rapidamente fama a livello nazionale ed internazionale. Trattò con l'Osteopatia il Presidente e la Signora Dwight Eisenhower e fu spesso chiamato "il Medico della Casa Bianca".

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Quando nel 1947 fu fondata l'American Academy of Osteopathy, Harold MAGOUN ne fu nominato il primo Presidente.

Harold MAGOUN s’estinse il 24 dicembre 1981.

Nell'agosto 1964, continuatori dell'opera di Sutherland, i Dottori Harold MAGOUN, Viola FRYMANN Thomas SCHOOLEY, Presidenti o ex-presidenti dell'"American Cranial Academy", presentarono in Inghilterra il concetto d’Osteopatia Cranica alla "British School of Osteopathy", dove furono ricevuti con scetticismo dal collegio dei Professori. Un osteopata inglese, Denis BROOKES, che assisteva a questa presentazione e animava un gruppo francese, li portò allora a Parigi per presentare la loro teoria: il 30 settembre 1964 si tenne a Parigi il Primo Seminario Europeo d’Osteopatia Cranica.

A questo seminario presero parte Denis BROOKES, tre Osteopati inglesi come osservatori, due medici indocinesi e tre kinesiterapeuti-osteopati francesi: Francis PEYRALADE, René QUEGUINER e Bernard BARILLON.

Era nato il primo gruppo europeo di ricerca in osteopatia cranica.

Questo primo gruppo doveva dare origine alla nascita, nel 1978, sotto il patrocinio di Francis PEYRALADE e di René QUEGUINER, della S.E.R.E.T.O (Socieà d'insegnamento, di studi e di ricerche delle tecniche Osteopatiche), che impartiva un insegnamento di spicco nell'osteopatia cranica, formando terapeuti d'alto livello alcuni dei quali - Lionellle ISSARTEL, Pierre HAMOND, Pierre TRICOT o Roger CAPOROSSI - continuarono in altre scuole d’osteopatia l'insegnamento dell'osteopatia cranica, per il bene dell'osteopatia e dei suoi studiosi.

Dal 1957, sotto la direzione di Paul GENY, nacque la Scuola Francese d’Osteopatia, scuola privata per medici e kinesiterapeuti, di cui Francis PEYRALADE fu uno fra i primi diplomati.

I continui ostacoli da parte del potere medico obbligano l'espatrio della Scuola Francese d’Osteopatia in Inghilterra, dove diventerà la Scuola Europea d’Osteopatia di Maidstone nel 1960.

Nel frattempo, in Francia continua l'insegnamento dell'osteopatia e, nel 1973 iniziano a nascere i primi corsi strutturati.

Dal 1974 al 1988, il corpo professionale si struttura con due organismi socio-professionali: l'Union Fédérale des Osteopathes de France e l'Association Francaise des Osteopathes.

Ormai esiste una struttra nazionale rappresentata regionalmente al servizio della popolazione e degli osteopati professionisti.

Parallelamente, a Ginevra viene creata la Société Internationale d'Osteopathie che indirizza l'insegnamento dell'osteopatia secondo le norme internazionali, vale a dire un ciclo di studi di tipo universitario della durata di 5 anni, per cui è richiesta la discussione di una tesi per l'ottenimento di un diploma di terzo ciclo di studi, l'equivalente europeo dell'americano "D.O. graduate" (diploma di Dottore in Osteopatia).

Infine, il "Registre des Osteopathes de France", collegato a livello internazionale con gli Albo stranieri, è il solo organo atto a rappresentare la professionalità degli Osteopati francesi ed a garantire l'alto livello tecnico, la competenza e l'etica degli osteopati.

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CAPITOLO 2

FILOSOFIA E CONCETTI OSTEOPATICI

"L'osteopatia non è che al suo esordio. E' una grande Amica sconosciuta di cui non conosciamo che il viso." A.T. STILL scriveva queste parole più di 100 anni fa, e sono ancora vere oggi come ai suoi tempi.

Già nel 1892 STILL esprimeva il desiderio di vedere "l'Osteopatia avanzare verso la sorgente della Conoscenza, ed impegnarsi a dare sollievo e conforto agli Esseri che soffrono."

I principi meccanici su cui si fonda l'Osteopatia sono vecchi come il Mondo. L'Uomo, infatti, l'ha praticata fin dai tempi antichi basandosi sul proprio intuito. Fin dall'Alto Egitto, fin da Ippocrate di Cos, Galieno a Roma, Avicenne in Iran nell'anno 1000.

"L'Osteopatia è la legge dello Spirito, della Materia e del Movimento." Questa definizione fu presentata al Kirksville College of Osteopathic Medicine nel 1972 suscitando animate discussioni.

L'Osteopatia ingloba tutto ciò che è connesso alla "VITA".

Diversamente da altri ambiti del pensiero filosofico, essa da un senso alla vita, riconosce che "l'Universo è regolato da delle Leggi" e che l'Uomo stesso è regolato dall'Universo, come tutte le piante o gli animali terrestri.

Il Corpo è un'Unità.

L'idea de "l'Unità del Corpo" è espressa dal fatto che tutte le sue parti funzionano in equilibrio cibernetico, nel contesto dell'intero organismo.

"Il corpo umano non funziona per unità separate, ma come un tutto armonico." (STILL)

L'attenzione del terapeuta è, infatti, troppo spesso limitata alla zona in cui si manifestano i sintomi descritti dal paziente.

Nel pensiero osteopatico, il sintomo non è che un effetto di cui si deve ricercare la causa che può essere lontana dalla zona in cui si manifestano i sintomi. "Pestate la coda al gatto e vedrete che all'altra estremità miagola." (STILL)

L'Unità della Funzione è primordiale.

"La Malattia è causata da anomalie anatomiche che comportano un disordine di tipo fisiologico." (STILL)

La nozione di funzione comprende non soltanto le attività vegetative dell'organismo come la circolazione, la respirazione, la digestione, ma anche attività come il pensare, l'affettività, l'espressione creativa.

L'interdipendenza della Struttura e della funzione è fondamentale.

Qualsiasi funzione subisce l'influenza delle strutture che le sono associate. Gli scritti di STILL, SUTHERLAND e dei loro allievi abbondano d’esempi.

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Probabilmente a causa del suo adattamento incompleto alla posizione eretta, l'organismo umano è predisposto a disturbi anatomici e funzionali delle articolazioni e dei loro supporti, in particolare le articolazioni vertebrali, pelviche ed altre articolazioni che sopportano il peso del corpo.

Queste disfunzioni meccaniche hanno un'influenza negativa sulla struttura e la funzione delle parti vicine e lontane del corpo, provocando o favorendo dei processi patogeni. Quest’insieme di problemi articolari ed altri fenomeni neurovegetativi associati è denominato convenzionalmente "Lesione Osteopatica".

La Fascia è un elemento molto importante del corpo umano.

E' il tessuto connettivo che collega le une alle altre tutte le parti del corpo.

La Fascia è anche la sostanza di base che sostiene le arterie, i vasi linfatici ed i nervi.

Le fibrille tubolari di collagene attraversano il corpo formando una matrice liquida che lo percorre dalla testa ai piedi.

La Fascia costituisce quindi un meccanismo del liquido d'importanza capitale dal punto di vista funzionale.

Inoltre, la Fascia costituisce il crocevia delle funzioni vegetative d'equilibrio interno del corpo, delle attività muscolo-scheletriche, della sua comunicazione esterna così come "delle attività creative della vita spirituale".

Il corpo produce tutte le sostanze che partecipano alla sua costituzione fisica.

E' però sempre più difficile fornire all'organismo le "materie prime naturali" necessarie a mantenerlo in salute.

Still, che fu un contadino, oggigiorno sarebbe certamente alla testa di un movimento di riforme nell'ambito della produzione e preparazione degli alimenti, in questa nostra epoca in cui domina l'agro-alimentare.

Un'alimentazione ideale, s’avvale di prodotti coltivati o nati su un suolo non contaminato da concimi chimici e distribuito il più rapidamente possibile ai consumatori.

"Nella misura in cui il corpo riceve degli alimenti naturali e completi, l'affermazione di Still si rivela esatta." (V. FRYMANN)

Il corpo possiede un potere d’auto-regolazione e d’auto- guarigione.

A.T. STILL ha riconosciuto ed incluso per la prima volta in un sistema pratico, il fatto che l'organismo umano possa resistere e difendersi contro tutte le influenze nocive, che possa resistere o compensare le alterazioni del suo equilibrio interiore e così riprendersi.

L'organismo ha la capacità intrinseca di difendersi, di ristabilirsi e di resistere ai seri sconvolgimenti che turbano il suo equilibrio.

"Non è il terapeuta che guarisce il malato. Il suo ruolo è di regolare una parte o l'insieme del sistema, in modo che le correnti vitali possano riversarvisi ed irrigare le parti affette." (A.T. STILL)

Una tale affermazione definisce una relazione d'associazione e di partecipazione del malato al processo di recupero.

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Aderire a questo principio significa riconoscere l'esistenza di una forza corporea omniscente e ricostituente, che agirà se sono soppressi gli ostacoli al suo agire.

Una volta effettuato l'intervento, l'Osteopatia deve rimettersi al "socio invisibile", cioè alla Natura, affinché avvenga la guarigione.

Il processo non sarà traumatizzante per l'organismo in quanto l'intelligenza tissulare intrinseca stessa assicura il recupero e la guarigione.

Ogni processo patogeno del corpo è espressione di una disfunzione strutturale, muscolo-scheletrica o viscerale, più o meno pronunciata, che contribuisce alla genesi o al mantenimento di questo stesso processo.

Si tratta, dunque, di ragionare, "anatomicamente e fisiologicamente", per risalire alle regioni affette.

Una terapia complementare può aiutare questo processo, ma non bisogna mai dimenticare che la guarigione si compie dall'interno. In relazione alla gravità del fenomeno patologico, si devono cercare ed eliminare le cause delle disfunzioni somatiche nelle strutture ossee, aponevrotiche o viscerali, dare la o le terapie complementari indicate ed infine affidare il paziente all'intelligenza cibernetica naturale che è in lui.

La circolazione di un sangue sano e degli stimoli normali sono condizioni essenziali per la salute del corpo.

"L'arteria ed i suoi nervi devono fornire in ogni momento ed in quantità sufficiente le potenzialità fisiologiche necessarie al corpo. Anche il sistema venoso ed i suoi nervi devono svolgere le loro funzioni ed impedire qualsiasi accumulo. Queste due regole sono assolute." (STILL)

Consideriamo il caso delle vie vascolari che attraversano gli strati di aponeurosi, il muscolo del diaframma o gli orifizi cranici. La restrizione del movimento ritmico del diaframma può essere un fattore determinante nella limitazione del flusso ematico risalente dalle vene e proveniente dalle estremità inferiori o dalla cavità addominale.

Le stasi venose al livello del bacino sono spesso imputabili ad un'insufficienza del pavimento pelvico.

La diminuzione del movimento dell'articolazione sfeno-squamosa, che supera l'arteria meningea media in uno o due punti è, in molti casi, una causa d’emicranie.

L'integrità strutturale del meccanismo articolare presuppone un movimento ritmico libero di ciascuna delle parti, movimento necessario al buon funzionamento del sistema autonomo che regola l'attività vascolare.

L'Osteopata deve conoscere alla perfezione l'anatomia del sistema vascolare e del sistema nervoso involontario, ed essere capace di risalire dalla zona in cui si manifestano i sintomi fino alla struttura del sistema involontario fonte di problemi funzionali, e questo senza trascurare i tessuti che potrebbero contribuire alla disfunzione ed alla perturbazione dell'omeostasi del liquido.

Il liquido cefalo-rachidiano (L.C.R.) e l'interstizio hanno una potenza considerevole.

Descritto da Hilton come "il cuscino liquido del cervello", il L.C.R. circonda il cervello, lo separa dalle sue membrane e riempie il suo sistema ventricolare.

Harvey CUSHING vi vedeva il terzo sistema circolatorio: sistema linfatico e sistema extra-cellulare.

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Ma soltanto con la dimostrazione della natura tubolare del tessuto collageno, di WOOLEY e SHAW nel 1957, è stata accertata la continuità tra il L.C.R. e la linfa.

STILL concluse pertanto, nel 1892, che "il L.C.R. è il più nobile fra gli elementi conosciuti del corpo umano. Per tutto il tempo in cui il cervello non fornirà liquido in abbondanza, il corpo resterà malato."

STILL paragonò anche il cervello ad una specie di dinamo che produce l'energia per tutto il corpo.

La mobilità del cranio è un fattore d'importanza capitale.

Nel 1939 SUTHERLAND formulò il concetto cranico, basato sulla scoperta del meccanismo primario secondo il quale il movimento del meccanismo articolare delle ossa craniche e del sacro fra le iliache è comandato ed influenzato tramite le membrane da tensioni reciproche della dura madre, come reazione alla fluttuazione del L.C.R., dovuta essa stessa alla motilità inerente al Sistema Nervoso Centrale.

Harold MAGOUN, allievo di SUTHERLAND, pubblicò i suoi lavori, un libro nel quale espone la teoria, l'arte e la pratica dell'osteopatia cranica.

"La regola dell'arteria è assoluta, ma è il L.C.R. che comanda." (H. MAGOUN)

La legge di causalità è una necessità per il terapeuta.

La legge di causalità permette di spiegare tanto la malattia quanto la salute.

La malattia è la conseguenza dei cambiamenti patogeni che si producono nel corpo.

STILL affermava che la malattia è tanto naturale in un corpo in disfunzione quanto la salute in un corpo in cui tutte le parti siano in armonia.

Non dobbiamo attenerci ad agire secondo la regola delle cause se vogliamo ottenere un effetto?

La vita dell'uomo è governata dal principio infallibile della relazione fra causa ed effetto.

I sintomi, le disfunzioni, non sono altro che effetti di cui spetta all'osteopata ricercarne la causa.

Una volta trovata e soppressa la causa, le forze auto-curative del malato gli ridaranno la salute.

Questo precetto è semplice e logico, ma la sua applicazione rappresenta una tale fida che diventa facile passare oltre e non curare che l'effetto. Bisogna ricordarsi che le cause non risiedono unicamente nella conformazione muscolo-scheletrica del paziente; esse possono essere d’origine alimentare, ma anche la conseguenza di un abuso dell'organismo umano, come sovraffaticamento, droghe o abuso sessuale.

Queste cause devono essere eliminate e sostituite da abitudini di vita sana, sotto tutti gli aspetti.

L'Uomo possiede un corpo fisico che non è altro che il veicolo che gli serve nel corso del suo viaggio terrestre.

E' inoltre dotato di un corpo vitale che è sorgente d’energia o di stimoli per ogni sistema, ogni cellula del corpo fisico.

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Il corpo affettivo, entità distinta ma parte integrante dello strumento umano, permette all'individuo di sentire, d’amare o odiare, di desiderare o repellere, d'apprezzare i colori, la musica, i profumi ed i sapori, di reagire alla carezza di un amico o all'irritazione di una forza antagonista.

C'è infine il corpo mentale, che è lo strumento del ragionamento logico e della deduzione matematica, quindi il pensiero contrapposto all'emozione.

Tutti questi ambiti sono importanti dal punto di vista della causalità. Tutti contribuiscono alla disfunzione somatica che predispone ai sintomi. Inversamente, la disfunzione somatica può essere la causa sottostante di problemi nella sfera affettiva o mentale.

L'anamnesi può darci informazioni circa dei traumatismi fisici importanti che abbiano potuto prodursi in un certo momento fra il soggiorno intrauterino ed il presente. Il trauma, che sia di natura fisica, affettiva o mentale, sarà stato così intenso da lasciare un'impronta indelebile sui tessuti e l'anima in evoluzione.

Per diagnosticare le cause strutturali che risiedono nel sistema muscolo-scheletrico, bisogna sviluppare un'estrema sensibilità nelle mani ed imparare delle tecniche di palpazione molto spinte.

La diagnostica dei casi negli altri campi dell'esperienza umana esige che il terapeuta possegga strumenti di percezione affettiva, mentale ed intuitiva tutti ben sviluppati. Rimane vero che il sistema muscolo-scheletrico è il luogo di convergenza di tutti gli aspetti della vita e dell'attività umana.

Il terapeuta che rivolge la propria attenzione alle cause accessibili che gli si presentano e chiede al corpo di rivelare il problema più fondamentale, a qualsiasi livello dell'Essere si trovi, otterrà i dati diagnostici di cui ha bisogno come pure le indicazioni terapeutiche da seguire per la sua risoluzione." Dall'insegnamento di Viola FRYMANN D.O., College of Osteopathic Medicine of the Pacific - California - U.S.A.

Le disfunzioni della colonna vertebrale sono lo specchio della "lesione osteopatica".

La "lesione osteopatica" in partenza è associata ad una disfunzione muscolo-scheletrica con:

Una sensibilità o iperestesia dei tessuti paravertebrali e dei tessuti sottostanti le vertebre: pelle, muscoli, legamenti, tessuto connettivo.

Dei cambiamenti muscolari: rigidità, contrazione prolungata, contrattura, soglie riflesse deboli.

Dei cambiamenti autonomi, come i cambiamenti della struttura dei tessuti sopra-spinali, i cambiamenti vaso-motori, le alterazioni nelle funzioni viscerali ed altre funzioni.

Un dolore che, quando compare, è molto vario. E' piuttosto diffuso e può essere irradiante o proiettato.

La "lesione osteopatica deve essere ricercata e valutata attraverso i fenomeni associati che genera a diversi livelli ed in differenti sfere.

Essa può essere presente da molto o poco tempo senza produrre sintomi.

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La "lesione osteopatica" deve essere conosciuta in quanto fattore eziologico estremamente importante, frequente e persistente nella malattia. Essa stabilisce e mantiene un cerchio vizioso del processo d'irritazione, d'infiammazione e dei diversi processi patologici che indeboliscono le capacità di difesa dell'organismo.

La "lesione osteopatica" può essere corretta o migliorata tramite l'applicazione di tecniche correttive appropriate.

Esiste un sistema di terapia efficace che permette di correggere le lesioni a tutti i livelli del corpo.

La correzione della "lesione osteopatica" interrompe il cerchio vizioso ed è seguita da una regressione, un miglioramento o un'abolizione dei processi patologici associati.

L'eliminazione della lesione osteopatica favorisce l'azione dei meccanismi difensivi, riparatori ed omeostasi del corpo.

Il sistema nervoso gioca un ruolo d’organizzatore dominante nel processo della malattia.

Recenti studi effettuati nei laboratori di ricerca di Kirksville (Missouri - U.S.A.) forniscono le seguenti conclusioni:

I diversi effetti locali e generali dei disturbi articolari e dei fenomeni funzionali associati nel "complesso della lesione osteopatica", sono organizzati dal sistema nervoso.

La "lesione osteopatica" si manifesta dapprima attraverso quelle parti del sistema nervoso a cui è associata.

La correzione della "lesione osteopatica" riequilibra questi fattori nervosi.

La malattia è una reazione dell'organismo preso nel suo insieme.

Una struttura o una funzione anormale in una parte del corpo esercita un'influenza anomala sulle altre parti, e conseguentemente sull'economia di tutto il corpo.

Questo concetto osteopatico è lo stesso di quello del dolore proiettato e dei fenomeni associati (lavori di STURGE, ROSS, HEAD, MACKENSIE).

Esiste un elemento somatico per ogni malattia che non è solamente un sintomo o una manifestazione della malattia, ma anche un fattore eziologico importante.

Un trattamento appropriato a questa componente somatica ha un valore terapeutico molto importante in quanto porta immediatamente ad un miglioramento delle altre componenti. Questo concetto è stato sviluppato da A.D. SPERANSKY assieme ai suoi colleghi di Leningrado (U.R.S.S.).

Queste Scuole sono d'accordo sul fatto che la componente somatica di ogni malattia non sia solo un segno o un sintomo della malattia, ma anche un fattore fondamentale che contribuisce alla malattia stessa, potendo questa componente somatica anche essere un fattore eziologico primario.

La storia della Scienza - fisica, biologica o medica – permette di rendersi sempre più conto del crollo degli ostacoli che separano i campi scientifico e tecnico e, man mano che aumenta la nostra conoscenza, ci accorgiamo che le frontiere collocate fra questi campi non sono essenziali: esse, infatti, non esistono che nello Spirito degli Uomini e non nella Natura stessa.

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Ogni ambito comincia a ricevere ed a dare un senso ulteriore ad altri ambiti per infine fondersi. Ognuno ha costruito un insieme di concetti, ha fatto nascere una scuola di pensiero o una scuola, pratica, ma la Conoscenza unisce il tutto.

"Concludiamo, per forza di cose, che l'Uomo è un costruttore al quale la saggezza offre la prova più esauriente, che la Vita è l'essenza della saggezza incarnata nella Natura intera, e che l'Uomo è l'incarnazione della Vita e dello Spirito, senza inizio né fine..."(V. FRYMANN, D.O., F.A.A.O.)

SECONDA PARTE -

DATI CRANICI FONDAMENTALI

CAPITOLO 3

IL MECCANISMO RESPIRATORIO PRIMARIO

I. Il meccanismo respiratorio primario e le sue 5 componenti

Il Meccanismo Respiratorio Primario (M.R.P.) descritto da W.G. SUTHERLAND, si colloca più che naturalmente nel concetto generale della Medicina Osteopatica dell'unità del corpo e delle relazioni permanenti tra la Struttura e la Funzione.

Questo meccanismo è presente in tutto il corpo e deve essere considerato dall'osteopata come una vera unità fisiologica del corpo umano.

Esso presenta al livello del cranio due caratteristiche essenziali: da una parte un movimento interno che sembra essere la vera forza motrice di questo meccanismo e che gli americani chiamano il "Cranial Rythmic Impulse" (C.R.I.), ovvero Impulso Ritmico Cranico dall'altra la flessibilità delle parti ossee craniche, rinforzata dalla mobilità suturale, traduzione esterna e palpabile di questo movimento intrinseco.

Questo Meccanismo Respiratorio Primario è la risultante di cinque componenti principali.

Nei lavori sul cervello di WOOLEY e SHAW, del Rockefeller Institute of Massachusset, vengono constatate delle contrazioni delle cellule oligogliali.

Per altro, LELAND CLARKE del Fels Reserch Institute pensa che questa pulsatilità permanente delle masse cerebrali intervenga perfino nelle strutture cerebrali più sottili e quindi a livello cellulare, essendo, infatti, la pulsatilità cerebrale la somma risultante dall'attività d’ogni cellula costituente il tessuto cerebrale. Egli connota questa motilità come "potente e ritmata" e conferma la frequenza di pulsazione a 9 - 12 cicli al minuto.

Sembrerebbe dunque che la prima componente costituente l'elemento principale di questo Meccanismo Respiratorio Primario sia il Cranial Rythmic Impulse, l'autentico Movimento Respiratorio Primario della massa neurogliale, caratterizzato da quattro onde:

1. Un'onda pulsatile sincronizzata con le pulsazioni cardiache che mette in sintonia le masse cerebrali con l'ambiente sanguino arterio-venoso tramite delle varianze ritmate della pressione arteriosa.

2. Un'onda coincidente con i cambiamenti di pressione respiratoria toraco-addominale, in fase con l'inspirazione e l'espirazione polmonare.

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3. Un'onda pulsatile autonoma, cioè che non è in alcun rapporto né con la frequenza e la pressione ventricolare sistolica né con i cambiamenti della pressione respiratoria toracica che mantiene costantemente il proprio ciclo, indipendentemente dagli altri parametri enunciati, e che potrebbe essere in rapporto con gli scambi biochimici relativi alle fasi alternate di ritrazione ed espansione del tessuto cellulare.

4. Infine, un'onda pulsatile, probabilmente in relazione d'interferenza con le altre tre, la cui origine non ha ancora potuto essere identificata e che potrebbe venire, secondo MAGOUN, dalla cinetica residua di origine embrionale, al livello del ciclo di svolgimento ed avvolgimento degli emisferi cerebrali, ma ciò resta, per il momento, solo un'ipotesi.

La seconda componente di questo meccanismo è quella che SUTHERLAND ha battezzato a suo tempo "la fluttuazione del liquido cefalo-rachidiano".

I lavori di BOWSCHER sul liquido cefalo-rachidiano danno delle variazioni fisiologiche di pressione del liquido da 5 a 15 mbar, in relazione alla circolazione ematica ed alla respirazione toraco-addominale.

SUTHERLAND, che fu uno dei primi a studiare la fisiologia del L.C.R. nel suo ambiente naturale, constata una "fluttuazione fisiologica" di base con due componenti caratteristiche. Da una parte un'energia fisica idrodinamica agente su tutto il corpo, dall'altra, un'energia bio-elettrica agente in fasi positive e negative, propagata dal L.C.R. a tutti i tessuti.

Secondo lui, quest’energia bio-elettrica avrebbe la sua origine al livello dei corni d'Amon, chiamati dagli antichi "corni dell'abbondanza", ed agirebbe come una forza elettromotrice nella misura in cui potenzierebbe il metabolismo cellulare basale favorendo la catalisi cellulare.

E' certo che le cellule nervose hanno un potenziale elettrico. Altrettanto certo è che i fluidi del corpo umano obbediscono, come tutti i fluidi, alle leggi elementari della dinamica dei fluidi.

Ciò non ci permette di affermare che il liquido cefalo-rachidiano sia dotato di “un'attività dinamica" autonoma.

Partendo dal principio elementare della fisica che un corpo può muoversi solo se la forza che gli s’imprime è superiore alla sua massa, il liquido cefalo-rachidiano non può, da solo, avere dinamica.

La sua dinamica, quantificata in pressione, flusso e frequenza, non può quindi dipendere, secondo noi, che da forze attive che possano muoverlo, cioè dalla mobilità delle masse cerebrali, ma anche dai gradienti di pressione collegati alla respirazione toraco-addominale ed alla circolazione arterio-venosa che verranno a modularne la dinamica.

Il termine "fluttuazione", se dovesse essere mantenuto, s'applicherebbe molto più alla varianza della dinamica del L.C.R., determinata dalla fisiologia propria delle Membrane di Tensioni Reciproche (M.T.R.).

Senza minimizzare in alcun modo l'azione del L.C.R., siamo autorizzati dalle leggi più elementari della meccanica dei fluidi, a riconoscergli un ruolo di trasmissione idrodinamica del C.R.I. attraverso il corpo in generale ed alle parti ossee craniche in particolare. Il L.C.R. è quindi per noi, per la sua incompressibilità, un vettore di trasmissione idrodinamica del C.R.I. Questo ruolo ci sembra essere puramente passivo e non attivo come a volte può essere stato scritto. In breve, se il L.C.R. fluttua, non è per colpa sua!

Il ruolo che hanno il C.R.I. e, soprattutto, le M.T.R. in questa "fluttuazione" ci sembra di gran lunga più importante.

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Per contro, è innegabile che il vettore idrodinamico, costituito dal L.C.R. e dal liquido extra-cellulare (L.E.C.) è fondamentale nell'armonizzazione, amplificazione e potenziamento dell'onda originale.

Riguardo alla conduzione di micro-correnti bio-elettriche per l'elemento idrico, le leggi fisico-chimiche, gli ultimi lavori sulla resistività elettrica ed i lavori, a partire dagli isotopi, sui meridiani nella medicina cinese, ci permettono di accettarne il principio.

Il L.C.R. ed il L.E.C. hanno un'azione certa sul tono posturale di base dell'individuo al livello dei circuiti neuronali di trasmissione dello stimolo nervoso.

Inoltre, i lavori del Prof. E.G. WALSH e di G.W. WRIGHT dell'Università di Edimburgo, dal 1984 al 1988, ci permettono di pensare che il L.C.R. e il L.E.C. potrebbero ugualmente avere un'azione non trascurabile al livello dello stato tixotropico della fibra muscolare posturale.

Poiché il coefficiente di rigidità che definisce lo stato tixotropico della fibra muscolare tonico-tonica o tonico-fasica è dato dalla formula f = 1 K, l'equilibrio SOL/GEL (soluzione 2M J gelificazione del citoplasma cellulare) in rapporto con actina e miosina fibrillare, potrebbe essere modulato dalle variazioni idrodinamiche e chimiche del L.C.R. e del L.E.C.

Infine, il L.C.R. è in continuità col liquido cellulare ed extra-cellulare e in linea generale con tutti i sistemi di liquidi del corpo, sistema fondamentale plasmatico e sistema linfatico. Questo continuum del L.C.R. è certamente una delle stranezze del concetto osteopatico che, benché screditato da certi, permette un approccio con l'individuo in un quadro globale, con dei risultati spesso interessanti riguardo alla conservazione della Salute.

La terza componente di questo Meccanismo Respiratorio Primario è costituita dall'unità meccanica formata dalle Membrane di Tensione Reciproca (M.T.R.) costituite dalla falce del cervello, il tentorio del cervelletto, la tenda della ipofisi, la falce del cervelletto ed il manicotto dura-merico intra-spinale.

Questa mobilità adattativa permanente intra-cranica ed intra-rachidiana di tipo goniometrico è probabilmente, sul piano puramente meccanico, l'elemento più importante dell'omeoresi e della statica corporea.

Recenti lavori dell'équipe di ricercatori dell'Associazione Francese di Posturologia dell'Istituto Medico di Posturologia di Parigi, nel 1989 hanno permesso di dimostrare tramite registrazioni stato-kinesimetriche, che il cambiamento di posizione di funzionamento della sinfisi sfeno-basilare, e quindi dei parametri adattativi meccanici correlativi delle M.T.R., modificava in modo molto significativo la postura dei soggetti, con una variazione della superficie e della lunghezza del tracciato del punto d'equilibrio corporeo sugli assi X e Y della base d’appoggio dei soggetti, in posizione occhi aperti ed occhi chiusi.

Oltre al loro ruolo di mantenimento delle masse cerebrale e cerebellare, ammortizzamento degli shock e assorbimento dei traumatismi, le membrane di tensioni reciproche hanno anche una funzione di trasmissione meccanica.

Esse sono il vettore di trasmissione meccanica del C.R.I. alle placche ossee craniche in particolare, di cui inducono e limitano la cinetica, ed alle fascie extra-craniche in generale, tramite le relazioni anatomiche della dura madre al livello dei fori alla base del cranio.

Tramite il braccio di leva che determinano, esse potenziano, amplificano ed armonizzano il ritmo cranico originale.

Inoltre, esse inducono direttamente la dinamica del L.C.R., essa stessa in relazione diretta con le masse cerebrali e le pressioni arterio-venose e polmonari.

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Il Cranial Rythmic Impulse (C.R.I.) appare quindi dotato di due importanti vettori di trasmissione: da una parte un vettore meccanico con le M.T.R. e le fascie corporee e, dall'altra, un vettore idro-dinamico con il L.C.R. ed il L.E.C.

La forza d'amplificazione e di potenziamento dell'attività basale oligogliale sembra quindi essere membrano-fluidica e quindi meccano-idrodinamica.

La quarta componente del meccanismo respiratorio primario è la mobilità delle ossa del cranio al livello delle suture craniche.

Non c'è una sola struttura nel corpo umano che non abbia la sua ragione d'essere sul piano funzionale.

Per sutura cranica s’intende la soluzione di continuità fra le diverse parti ossee craniche. Anche se questa soluzione di continuità deve essere valutata in micron, cioè in millesimi di millimetro, la sua esistenza è un fatto incontestabile.

Se esiste una soluzione di continuità, questa può risultare sia da una frattura, e in questo caso la soluzione di continuità è patologica, sia da un'articolazione, e in questo caso è fisiologica.

Se ammettiamo che una sutura sia fisiologica, ciò implica che vi debba essere articolazione.

Se la struttura è costituita fisiologicamente da un'articolazione fra due parti ossee, possiamo ragionevolmente ammettere che è per rispondere ad una funzione. Quale altra funzione fisiologica oltre ad una funzione cinetica potrebbe aver luogo a livello di un'articolazione? Nel corpo umano non c'è alcun esempio di struttura articolabile che non abbia movimento. Perché mai dovrebbe essere diverso al livello delle parti ossee craniche?

Al contrario, se non vi fosse alcuna funzione cinetica delle parti craniche, al livello suturale, perché il processo d’ossificazione si svilupperebbe secondo un modello cartilaginoso per la base e con un'ossificazione membranosa effettuatesi specificamente placca per placca per la volta? Perché allora quest’ossificazione non si svolgerebbe invece secondo un processo osteoblastico globale e non specifico, calcificando la totalità della palla cranica al solo scopo di proteggere i tessuti nobili dai traumi?

Perché le placche ossee si congiungeranno con una tale diversità nella conformazione dei loro margini? Perché una tale diversità di suture per un'ulteriore rapida saldatura?

Noi pensiamo che quest’ossificazione specifica esista a causa della mobilità delle masse cerebrali e per permettere la cinetica delle future parti ossee totalmente strutturate.

Pensiamo che queste suture esistano per adempiere ad una funzione, ed i lavori istologici ed isto-fisiologici di LEBOURG e SEYDEL nel 1931-32, di PRITCHARD, SCOTT e GIRGIS nel 1956, di PETROVIC nel 1967, di DENSLOW nel 1968 e, più recentemente, di LE DIASCORN nel 1972 c’incoraggiano in quest'analisi.

Questo movimento delle ossa del cranio, così minimo e così difficilmente quantificabile con gli attuali strumenti di ricerca obiettiva, esiste sicuramente ma resta molto difficile oggettivarlo allo stato attuale della tecnologia investigativa.

Questa cinetica delle parti ossee craniche è la traduzione meccanica e palpabile del Cranial rythmic Impulse.

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Il vettore di trasmissione al livello delle parti ossee è essenzialmente meccanico tramite l'intermediario della M.T.R., la componente fluidica al livello del vettore idrodinamico che è il L.C.R. non fa che potenziare ed armonizzare questa trasmissione membranosa. Per questo preferiamo parlare di trasmissione membrano-fluidica, o meglio ancora idro-meccanica, trasmissione estesa a tutto il corpo.

Essendo le parti ossee in collegamento anatomico al livello degli attacchi d'inserzione duramerica sulla loro faccia endocranica, esse si adatteranno quindi permanentemente alle tensioni membranose intra-cranio-spinali.

L'osteopata utilizzerà così questa componente del meccanismo respiratorio primario sia a scopo diagnostico che a scopo terapeutico.

La quinta ed ultima componente di questo meccanismo respiratorio primario fa emergere la nozione di mobilità del sacro fra le ossa iliache.

Nessuno contesta la mobilità meccanica ed adattativa del sacro fra le iliache durante i movimenti meccanici della struttura muscolo-scheletrica, come pure i movimenti detti di nutazione e di contro-nutazione nel corso del parto.

A questa nozione di biomeccanica pura la concezione cranica aggiunge la nozione di mobilità respiratoria primaria, in sincronia con la cinetica della sinfisi sfeno-basilare, e questo tramite l'intermediario del Core Link (o manicotto dura-merico).

Questo ciclo respiratorio primario, involontario, deve quindi essere distinto dalla mobilità adattativa posturale; l'asse di questa mobilità primaria, descritto da Sutherland, è un asse virtuale situato al livello di S2, ma dietro alle superfici articolari, e differente dall'asse virtuale meccanico che passa allo stesso livello ma all'unione del braccio lungo e corto dell'auricola.

In questo contesto di mobilità primaria, il sacro appare quindi come sospeso fra le iliache per mezzo di legamenti sospensori i legamenti sacro-iliaci anteriori e posteriori che permettono e limitano il movimento di "bilanciamento" del sacro indotto da quell'intermediario che è il manicotto dura-merico intra-spinale.

Ognuna delle componenti di questo meccanismo respiratorio primario può essere lesa e divenire un elemento perturbatore della cinetica respiratoria primaria.

Le lesioni di questo meccanismo possono quindi essere primarie, traumatiche d'origine prenatale in utero, perinatale, post-natale, oppure acquisite nel corso della vita dell'individuo.

Ma queste lesioni possono essere secondarie e, in questo caso, molto spesso insidiose. Esse sono allora più sovente compensatrici di un cambiamento della cinetica e della struttura muscolo-scheletrica o cranica, ma possono avere ugualmente un'origine riflessa, in reazione a forti nocicettori esogeni o iatrogeni.

Fin dalla vita intra-uterina ed in tutto il corso della propria vita, un individuo può presentare una disfunzione di questo meccanismo, si possono quindi incontrare tutte le eziologie.

II. OGGETTIVAZIONE RADIOLOGICA DEL MOVIMENTO CRANICO

Dai lavori di ricerca condotti in collaborazione con Francois CORFU D.O. MRO (CH) e l'Ecole Suisse de Médicine Osteopathique di Losanna, Svizzera:

Tutti i risultati sperimentali pubblicati attualmente non solo, non rimettono in alcun modo in discussione il concetto osteopatico, anzi, la maggior parte di essi conferma a posteriori i principi enunciati in modo più o meno empirico dai primi osteopati che, ai loro tempi, avevano pochi strumenti per verificare le loro affermazioni.

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Soprattutto non dimentichiamoci che all'inizio del XIX secolo, quando ci si spostava a cavallo e l'era industriale non aveva ancora realmente iniziato a cambiare la società, la Medicina moderna, scientifica, tecnica e tecnologica non era, che ai suoi primissimi passi. Non esistevano tutti quei medicamenti e quegli strumenti di ricerca scientifica usati dalla medicina moderna ed i terapeuti, medici, chirurghi od osteopati avevano solo quella cultura scientifica che la Facoltà era in grado d’insegnare loro, cioè niente di particolare rispetto al livello di conoscenze di quell'alba del XXI secolo. Furono, quindi, sovente dei tentennamenti, riavvicinamenti, confronti d’idee ed esperienze sul piano della pratica quotidiana che permisero di stabilire i primi principi dell'Osteopatia. Ma anche a quell'epoca la medicina ufficiale funzionava con clisteri, salassi e "pozioni magistrali" che non facevano bene, anzi, sovente facevano del male.

A partire da quest'epoca eroica della medicina Allopatica e dell'Osteopatia, i mezzi tecnologici di ricerca hanno permesso di ottenere enormi progressi nella conoscenza dell'Essere Umano.

L'Osteopatia, benché in parte beneficiasse di queste ricerche per la spiegazione e l'oggettivazione delle proprie teorie, non ha potuto, per il suo isolamento dal mondo medico, creare efficienti unità proprie di ricerche applicate.

Ciò nonostante, ogni nuovo passo compiuto da fisiologi o neurofisiologi illustra o conferma gli antichi precetti osteopatici. Fino ad ora nessuno è stato in grado di contraddire le basi dell'Osteopatia di Still e Sutherland, e ciò è molto confortante per l'Osteopatia che, cosciente dello sforzo che dovrà compiere per oggettivare tutte le sue affermazioni, confida nella sua capacità di migliorare la Salute dell'Essere Umano; i suoi fondamenti, infatti, basati sull'anatomia e la fisiologia, non vengono assolutamente rimessi in discussione dal progresso della Scienza ma al contrario, sono da essa costantemente confermati.

Il movimento cranico esiste e, come Galileo, gli osteopati continuano a dimostrarne l'esistenza praticando quotidianamente la loro arte palpatoria. Ma per quanto sottile e sperimentata sia quest'arte palpatoria, per molti rimane a carattere soggettivo e non scientifico, anche se i risultati ottenuti da parecchi terapeuti portano alla stessa conclusione: l'esistenza di un movimento cranico apprezzabile e quantificabile tramite palpazione nei suoi parametri qualitativi e quantitativi intrinseci di ritmo, ampiezza cinetica e forza induttiva.

Le condizioni tecnologiche della ricerca non sono ancora sufficientemente raffinate, e selettive, da poter provare in modo irrefutabile questo movimento cranico; cominciano però a permettere l'oggettivazione di uno dei principi più importanti da conoscere del concetto osteopatico: il Meccanismo Respiratorio Primario che si estende a tutto il corpo.

L'osteopatia s’interessa all'analisi radiologica per visualizzare le variazioni della densità ossea tramite le reazioni dei processi osteoblastici ed osteoclastici, che tutti ben conosciamo, in funzione delle variazioni della fisiologia e della micro-cinetica della struttura muscolo-scheletrica.

Qualsiasi modificazione di pressione o di trazione produce delle reazioni tricalciche al livello del tessuto osseo; questo processo è conosciuto e provato. Se abbiamo, per esempio, una pressione permanente e costante su un pilastro articolare per un certo numero d’anni, a questo livello si svilupperà una reazione d’addensamento tricalcico di questo tessuto osseo che porterà progressivamente alla formazione di un'osteofitosi reattiva d'adattamento al processo pressorio. Lo stesso avviene per un corpo vertebrale, un acetabolo dell'anca o un calcagno (Fig.1-4).

Si può così, nello stesso modo, analizzare un cranio in funzione di queste concentrazioni in tricalcici di fosfato. Si può dunque considerare che i meccanismi di pressione o di trazione possono determinare, al livello del cranio, delle reazioni d’adattamento che si concretizzano in una variazione dell'attività tricalcica.

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Lo scopo, di questi lavori radio-diagnostici, è quindi stato il tentativo di oggettivare le reazioni ossee possibilmente indotte da uno dei punti più contestati che è il "movimento cranico".

L'ampiezza fisiologica del movimento cranico minimo/massimo al livello suturale va da 12 a 24 micron. Essendo un micron uguale a un millesimo di millimetro e corrispondendo quindi la nitidezza dell'immagine radiologica alla grana, cioè a un decimo di millimetro, ciò significa che si vorrebbe radiografare lo spostamento massimo di una placca ossea di 24 millesimi di millimetro con uno strumento d'indagine in grado di registrare con la massima precisione un'immagine al decimo di millimetro.

Una precisione di un decimo di millimetro è già estremamente accurata per la diagnostica radiologica, ciò significa che saranno visibili 10 lamelle su un millimetro. E' con uno strumento di questo tipo che si vorrebbero valutare delle variazioni inferiori al decimo di millimetro nel caso in cui il massimo del movimento fisiologico suturale sia di 24 millesimi e ciò, allo stato attuale della radiodiagnostica, è impensabile e resta una grande sfida utopica.

Essendo attualmente impossibile visualizzare radiologicamente il movimento vettoriale, c’è sembrato più consono interessarci ai tricalcici di fosfato che sono la frazione minerale dell'osso (30% del tessuto osseo) e valutare la funzione osteoblastica che è proporzionale alla distorsione biomeccanica del tessuto osseo. Ogni parte di tessuto osseo che aumenta la propria funzione biomeccanica accelera la funzione osteoblastica in situ. Da questo processo risulta un aumento, per unità di volume, della concentrazione dei tricalcici di fosfato. Questa concentrazione determinerà un'apprezzabile densità ottica sull'immagine radiologica.

Tutti i punti che conterranno densità ottica in una zona di unione, di sutura o di articolazione testimonieranno una reazione tricalcica relativa ad una sollecitazione meccanica al di fuori dei limiti fisiologici.

Ad esempio, se i tetti acetabolari di un'articolazione coxo-femorale presentano una densità asimmetrica ciò è dovuto ad una sollecitazione meccanica non fisiologica sulla coxo-femorale in cui si osserva l'iperdensità ottica.

Al livello del cranio, se siamo in presenza di un addensamento tricalcico perisuturale, possiamo ragionevolmente pensare che sia la conseguenza di una reazione della funzione osteoblastica della placca ossea. Ma perché vi sarà una reazione osteoblastica? Perché c'è una torsione biomeccanica. Ma allora perché vi sarà torsione biomeccanica su una placca ossea che dovrebbe non muoversi? Primo problema posto al cartesiano.

Al contrario, l'assenza di sollecitazione biomeccanica determina una reazione d’inibizione osteoblastica o osteolisi. Questo è il problema riscontrato fra quegli astronauti che avevano soggiornato a lungo nello spazio: effettivamente l'assenza di sollecitazioni biomeccaniche determina, su di loro, un'osteoclastosi. Gli astronauti arrivano sulla terra demineralizzati in quanto, per il fenomeno della mancanza di gravità, caricano meno la loro funzione biomeccanica caricando quindi meno la stimolazione osteoblastica così che questa funzione osteoblastica diminuisce fortemente.

Tornando alla sutura cranica, se non c'è movimento, non ci può essere in alcun caso una reazione osteoblastica e pertanto, nel nostro esempio, questa reazione esiste.

Si può affermare che se si verifica una reazione osteoblastica c'è una grande stimolazione, e quindi qualcosa si muove? Se prendiamo il termine Movimento nel senso vettoriale, vale a dire in fisica Forza = F quindi per FAB (o F = forza direzionale di spostamento da un punto A ad un punto B) sappiamo che in fisica non vi può essere movimento senza spostamento. Affermare che c'è movimento significa affermare l'esistenza dello spostamento ad esso correlato.

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Riprendendo la teoria classica, poiché le ossa del cranio si saldano già dalla prima infanzia, si può parlare di un movimento cranico senza spostamento che potrebbe spiegare quegli addensamenti ottici perisuturali. Sembra difficile che uno spirito cartesiano parli di un movimento che provochi delle reazioni tricalciche visibili radiologicamente ma che non provochi alcuno spostamento vettoriale.

Siamo quindi giunti al punto in cui sono presenti densità tricalciche perisuturali, ma il cranio non si muove sempre, poiché non vi è spostamento delle placche ossee. Secondo problema posto al cartesiano.Siamo partiti dall'ipotesi che il cranio possa eventualmente muoversi.

Nel profilo del cranio di un soggetto normale l'unione fronto-parietale appare di densità peri-suturale rigorosamente normale. (Fig. 5)

Nel profilo del cranio (Fig. 6) si osserva una densità ottica materializzante una reazione tricalcica perisuturale situata sulla sutura fronto-sfenoidale.

Abbiamo osservato che questa densità apparirà a termine in soggetti con dei precedenti di trauma diretto della faccia, contro un muro, una porta in vetro, uno spigolo di porta, in pugili o contro un parabrezza senza che esso ceda al colpo diretto del cranio. Non avendo il parabrezza assorbito, esplodendo, l'energia relativa al colpo, il frontale si trova così impattato contro i parietali. Questa densità segna un aumento della funzione osteoblastica e sembra quindi essere collegata direttamente ad una sollecitazione biomeccanica. Vi è quindi una riduzione (della frattura) tra il frontale ed i parietali che aumenta il metabolismo dei tricalcici di fosfato. Oppure, se il frontale era saldato ai parietali, non potrà arretrare per impattarsi contro i parietali, salvo fratturarsi a questo livello. Se ora ammettiamo che non vi sia stata frattura e che esso abbia potuto arretrare abbiamo, a questo livello, ampia possibilità di movimento.

Questo studio è stato compiuto su molti casi e nell'anamnesi si ritrovano sempre sia un trauma diretto, con il concetto di resistenza dell'elemento percosso, che degli episodi di cefalee diffuse collegate a tensioni meccaniche non fisiologiche dei M.T.R.

Prendiamo ora un altro tipo di cranio. Nel cranio normale si può valutare l'altezza normale del cranio in rapporto alla faccia. (Fig. 7)

Nella figura 8 ci si accorge che questo cranio presenta dei cumuli di impronte digitiformi. E' irregolare al livello delle sue tavole ossee e di densità luminosa irregolare rispetto all'omogeneità ossea di un cranio normale.

Troviamo questo genere d’immagine sui crani con cranio-stenosi o, per definizione, vi è una saldatura precoce e patologica delle suture craniche e in cui non si può esercitare il concetto della cinetica esterna del meccanismo respiratorio primario. Ma il fatto che le placche ossee non si muovano, non implica che le masse cerebrali restino immobili.

Se quindi le masse cerebrali si muovono al di sotto delle placche ossee per definizione immobili e fissate dalla cranio-stenosi, la differenza d'omogeneità del tessuto osseo sembra dovuta ad una reazione osteoblastica originata dalla pulsatilità delle masse cerebrali che seguono lo stesso processo delle pulsazioni di un aneurisma arterioso contro un tessuto osseo fisso qualsiasi e che determina la distruzione della fibra ossea a favore del tessuto arterioso.

Il segno delle circonvoluzioni cerebrali sulle placche ossee sembra quindi una prova interessante della mobilità delle masse cerebrali e dell'azione di questa mobilità su un tessuto osseo immobile (Fig. 9).

Se la mobilità delle masse cerebrali ha potuto essere oggettivata radiologicamente, non è sempre possibile fare lo stesso per il movimento delle parti ossee craniche.

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Riprendiamo un cranio reputato normale e ci accorgiamo di non vedere alcuna traccia di queste impronte cerebrali.

Ma allora come accade che le circonvoluzioni cerebrali s’imprimano su un cranio immobilizzato da una cranio-stenosi mentre non si trova alcuna traccia di queste circonvoluzioni su un cranio normale o, comunque, non cranio-stenosico? Terzo problema posto al cartesiano.

Se si prende come postulato che il cervello generi un movimento pulsatile d'espansione e di ritrazione, e che anche le placche ossee craniche abbiano una mobilità che determina una cinetica sincrona d'apertura e chiusura della "scatola cranica", trasmesso dalle masse cerebrali tramite l'intermediario dei vettori idrodinamico e meccanico che sono il L.C.R. e le M.T.R (membrane di tensione reciproca), si può allora spiegare il ritrovamento delle circonvoluzioni cerebrali su una scatola cranica immobile e che il sincronismo cinetico della struttura ossea peri-cerebrale impedirà qualsiasi sfregamento delle masse cerebrali contro la tavola interna delle placche ossee e quindi qualsiasi "erosione" del tessuto osseo.

Per quanto ci riguarda, ci sembra che l'assenza d’impronte cerebrali sulla tavola interna della volta cranica propenda in favore di una mobilità di queste placche ed oggettivizzi la loro mobilità, cioè uno spostamento vettoriale indotto da una forza, la forza pulsatile delle masse cerebrali nel caso specifico.

E' stato osservato, che i crani cranio-stenosici aumentano paradossalmente e relativamente l'altezza della loro volta per compensazione per permettere il miglior sviluppo possibile del cervello. La volta cerca di compensare, al meglio delle proprie possibilità osteogenetiche, il deficit genetico della base cartilaginosa. Questo processo, che non ha niente in comune con l’idrocefalia, adatta il cranio in turricefalia. Il trattamento chirurgico, consistente nella ricreazione artificiale delle fontanelle o delle suture, non ha secondo noi lo scopo di ingrandire soltanto il volume cranico che generalmente progredisce autonomamente e per tappe verso la turricefalia, ma piuttosto di ridare a questo tipo di cranio, in modo empirico, una cinetica delle placche ossee, un meccanismo respiratorio primario artificiale di qualche tipo e permettere di nuovo un movimento cerebrale più vicino alla normalità.

Negare la mobilità delle masse cerebrali, quando tutti i neurochirurghi hanno potuto osservare questo fenomeno, porterebbe a chiederci tramite quale processo basato sui principi fisici conosciuti a tutt'oggi, possiamo oggettivare radiologicamente le impronte ossee delle circonvoluzioni cerebrali di un cervello che non si muove su un cranio che pure non si muove.

Se non siamo ancora in grado di essere obiettivamente sicuri della mobilità del cranio, abbiamo almeno potuto oggettivare la mobilità del cervello.

Prendiamo ora l'esempio del processo dell'osteofitosi in cui una tensione meccanica costante ed esagerata su un tendine od un legamento determina una reazione tricalcica al livello della sua inserzione sul periostio (Fig. 4).

Così, al livello della protuberanza occipitale esterna, dove si trova l'inserzione d'origine del legamento nucale che in seguito raggiunge l'atlante, si trova spesso una reazione osteofitica, segno di tensione e di stiramenti meccanici collegati direttamente ad una sollecitazione permanente del cranio tramite la colonna cervicale in particolare ed alla postura globale del corpo in generale (Fig. 10). Le osteofitosi sono quindi la prova tangibile di sollecitazioni meccaniche in pressione oppure in stiramento. Esse sono la prova inconfutabile della presenza di movimento; è, infatti comunemente accettato che non possa comparire alcuna reazione osteofitica senza trazione e, conseguentemente, non vi possa essere trazione senza movimento.

Certamente, ciò è facilmente accettato perché avviene al livello extra-cranico e, al di fuori del cranio, tutto è movimento.

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Per la precisione, ritroviamo queste stesse reazioni osteopatiche all'interno del cranio, in particolare al livello delle apofisi clinoidee anteriori e posteriori, sede degli attacchi d'inserzione della grande e della piccola circonferenza del tentorio del cervelletto, o sul polo anteriore della falce del cervello al livello dell'apofisi cristagalli e pure al livello di certi piccoli legamenti extra-cranici (Fig. da 11 a 16).

Allora come mai tali immagini radiologiche compaiono all'interno del cranio considerato non in movimento, quando si sa che questo genere d'immagine non può comparire senza sollecitazione meccanica in trazione e che quindi non vi può essere trazione senza movimento?

Se vi sono delle osteofitosi intracraniche su un cranio che ancora una volta è considerato immobile, tramite quale meccanismo intracranico si creano queste osteofitosi se in ogni parte del corpo vi è osteofitosi quando vi è movimento?

Terzo problema posto al cartesiano.

Sulla base dei lavori dell’équipe canadesi di Montreal, gli osteopati sono in generale d'accordo nell'ammettere un'ampiezza di mobilità suturale da 12 a 24 micron.

Presentiamo qui (Fig. 17) il cranio di un paziente di 30 anni che presenta un tumore ipofisario con aumento della pressione intracranica e disturbi endocrini, ma senza alcun precedente di frattura del cranio o d’intervento chirurgico intracranico.

Su questa stereotipia notiamo una latitudine di mobilità della sutura occipitale di 2500 micron, cioè 2,5 millimetri, stimabile quindi dall'occhio umano.

Siamo quindi in presenza di una sutura occipitale la cui fusione è stimata in alcuni all'età di 20 anni, in altri molto più presto (dall'età di 18 mesi), e che non ha alcuna ragione per sganciarsi da un cranio completamente unito in questo paziente di 30 anni.

Pertanto, si osserva un'apertura della sutura occipitale con una decoattazione di 2,5 millimetri che sembra mostrare obiettivamente che le ossa del cranio non sono unite. Questo movimento oggettivato è un movimento vettoriale lineare, si ha cioè uno spostamento di 2,5 millimetri all'indietro in rapporto all'osso parietale.

L'ampiezza di mobilità fisiologica suturale è qui ampiamente superata. Si può così passare dall'ipotesi di una mobilità cranica alla tesi seguente: il cranio può muoversi. Sembra, in effetti, averne le capacità anatomiche.

Vi è quindi possibilità di movimento, ma non è ancora stata affrontata la nozione del ritmo sul piano radiologico. Abbiamo detto in precedenza, che i mezzi d'indagine radiologica non sono sufficientemente raffinati ed accurati per studiare una possibilità di cinetica dai 12 ai 24 micron.

Possiamo quindi oggettivare il ritmo del cervello, senza però poterlo quantificare, rifacendoci alle stereotipie precedenti in cui le circonvoluzioni cerebrali sono impresse su una scatola cranica cranio stenosata. Se ne può dedurre che quando il cranio non è unito, queste impronte non appaiono. Se ne può allora dedurre che, se non è unito, il cranio pulsa contemporaneamente al cervello e che le placche ossee craniche hanno una mobilità sincrona al ritmo del movimento cerebrale.

III. OGGETTIVAZIONE GRAFICA DEL M.R.P.

(Tratto dai lavori di Gilles MARIE D.O., M.R.O. (Qc) del Centre d'Etudes Ostéopathiques de Montréal - Québec - CANADA)

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Molte équipe hanno tentato di dimostrare oggettivamente l'esistenza del Movimento Respiratorio Primario, ma i protocolli sperimentali ed i supporti tecnologici di questi protocolli venivano spesso considerati poco attendibili.

I lavori americani di H. MAGOUN, V. FRYMANN, J.E. UPLEDGER, F. GRIGIS, J.L. PRITCHARD, J.H. SCOTT e F. MITCHELL hanno portato risultati interessanti, come pure i lavori di SPERANSKY, RETZLAFF e di SLAVKIN hanno chiarito in modo nuovo il ruolo del L.C.R. e della scatola cranica.

I lavori canadesi con l'équipe ROBITAILLE D.O., M.R.O. (Qc), ed in seguito con Gilles MARIER e la sua équipe hanno permesso nel 1987, a partire dalla messa a punto di una sofisticata apparecchiatura elettronica, la trascrizione di un movimento ritmico delle ossa del cranio e di oggettivare tramite grafo ciò che poteva ben essere il corrispondente del Movimento Respiratorio Primario. Un tracciatore ha permesso di ottenere dei tracciati automatici che ne rendessero più obiettive la lettura, l'analisi e l'interpretazione.

Esso doveva comprendere un minimo di cinque parametri grafici e cioè: il ritmo cardiaco, il ritmo polmonare, il M.R.P. spontaneo, il M.R.P. filtrato, il M.R.P. manuale e soprattutto soddisfare un ultimo parametro: un'estrema precisione. I tracciatori esistenti non rispondevano a quest'ultima esigenza, non essendo la precisione d'ampiezza considerata il requisito qualitativo più importante. Effettivamente ciò che si richiedeva ai tracciati non era che delle forme d’onde e/o delle frequenze brute.

Essendo necessaria una grande precisione d'ampiezza per studiare meglio quest'onda e dedurre matematicamente la terza componente dell'onda risultante, si è dovuto fabbricare questo nuovo tracciatore. Il tracciatore è stato corredato di pennini di fabbricazione tedesca, marca VDO, modello I-403-028, fornite dalla C & M Tachographie Cie (Québec). Si tratta di pennini su aste trasversali anziché su asse verticale, per fornire una rappresentazione più fedele. Questi pennini sono azionati da motori abbinati a cervelli elettronici.

Il pennino 5 ha un'ampiezza massima di 3 cm., i pennini 2 e 3 di 1,2 cm., i pennini 1 e 4 di 0,6 cm. La carta misura 24 cm. di larghezza e funziona a svolgimento continuo ad una velocità di 27,6 cm./minuto. Per maggiore comodità, il tempo è stato segnato ogni 10 secondi. La carta è piegata in pagine di 27,6 cm. in modo che la macchina trascriva in ragione di una pagina al minuto.

Dell’interfacce elettroniche permettono la regolazione del segnale d'uscita (OUT) del transcodificatore elettronico con le richieste d'entrata (IN) di un altro apparecchio elettronico modulato dal primo.

Il secondo ed il quinto segnale provengono dal rivelatore cranico con una frequenza di circa 500 cicli ottenuta per effetto del battere di frequenze di 2 oscillatori al quarzo di 3,58 mgc; essi vengono amplificati dopo l'individuazione ed il filtraggio. Quest’interfaccia raffigura un'onda "semplice" non rettificata. Il primo pennino (tracciato inferiore) è quello del cuore. Il segnale è ottenuto dal pletismografo, un apparecchio all'infrarosso sensibile all'onda dell'emoglobina del sangue.

Questo segnale amplificato aziona un interruttore elettronico il quale comanda direttamente l'elettromagnete del primo pennino. Il terzo pennino è quello del monitor respiratorio. E', innanzitutto, una variazione di continuità che modula un oscillatore rappresentato da un'onda a punta. Questa è modificata per ottenere un'onda quadrata che a sua volta modula una "GATE" elettronica, in questo modo esce finalmente un voltaggio diretto proporzionale alla frequenza di partenza.

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Il quarto tracciato è quello del M.R.P. individuato manualmente da un osteopata che aziona un commutatore con il piede. L'osteopata aziona il commutatore "ON" nella fase inspiratoria primaria cranica e "OFF" nella fase espiratoria primaria cranica. Questo è direttamente collegato all'elettromagnete che aziona il quarto pennino.

Tutti questi circuiti comportano dei controlli d'ampiezza, salvo il primo ed il quarto pennino che non ne hanno veramente bisogno. Un apparecchio di sfasamento variabile, ad amplificatore differenziale, permette di annullare il parassitaggio cardiaco dovuto all'effetto dei capillari sanguini al livello del detector.

Lo studio dei tracciati permette di ritrovare ugualmente un leggero parassitaggio del cuore, che però non è dovuto all'effetto dei capillari, ma al movimento proprio delle parti ossee craniche.

Per quanto riguarda il parassitaggio cranico dovuto alle frequenze respiratorie polmonari, queste frequenze sono effettivamente molto ravvicinate le une alle altre ma le due frequenze, benché ravvicinate, non sono le stesse. Se vi fosse battito di frequenze sul tracciato comune, sarebbe facile valutare sul tracciato l'importanza di questo battito la cui ampiezza è proporzionale all'importanza dell'individuazione respiratoria al livello del cranio. Quest'importanza varia da un individuo all'altro. Si tratta allora di sottrarre semplicemente il ritmo respiratorio da quello al livello del cranio, con un amplificatore differenziale.

Nel caso della respirazione polmonare non c'è un vero sfasamento fra ciò che è sondato dal monitor respiratorio e ciò che viene percepito a livello cranico. Non è quindi necessario un apparecchio di sfasamento variabile. Un detector ottico per la respirazione, che non richiede alcuno sforzo particolare per respirare, evita gli eventuali parassitaggi collegati al monitoraggio respiratorio.

Vengono pure effettuati dei tracciati durante periodi di apnea. Ogni seduta di registrazione è preceduta da una "compressione del quarto ventricolo" per rendere i tracciati più evidenti, e si possono distinguere quattro onde che si sovrappongono (Fig. 18 e 19).

La prima onda è di circa 60-70/minuto. Il "rumore" dei capillari da un suono del tutto particolare e facile da riconoscere quando è rivelato al livello del cranio. Utilizzando l'apparecchio di sfasamento variabile e l'amplificatore differenziale (quello del cuore) si annulla questo parassitaggio e l'onda è diversa: scompare regolarmente per circa un secondo da 9 a 10 volte al minuto.

La seconda onda è quella della respirazione ed è visibile soprattutto sul tracciato 2 che rappresenta il segnale bruto. Nel tracciato 5 l'onda della respirazione è stata invertita ed il segnale restante è amplificato prima di essere riprodotto. Vi ritroviamo quindi lo stesso segnale del tracciato 2, con la respirazione in meno e l'amplificazione in più.

I periodi d'apnea permettono di eliminare completamente, ma per brevi periodi, gli effetti della respirazione, si ritrovano quindi le rimanenti tre onde. Le apnee devono quindi essere di volume aereo medio. Effettivamente delle apnee troppo profonde richiedono delle tensioni muscolari toraciche che restringono il movimento cranico. D'altronde questo fenomeno è facilmente percepibile alla palpazione manuale.

La terza onda è un'onda da 1 a 2 cicli/minuto ed è molto ampia. Attualmente non esistono spiegazioni della natura di quest'onda.

La quarta onda, più evidente dopo una compressione del quarto ventricolo, è un'onda di 9,5 cicli/minuto e d’ampiezza debole.

Il protocollo sperimentale è lo stesso per ogni soggetto.

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Si tratta di individuare il Movimento Respiratorio Primario al livello del cranio tramite l'apparecchiatura elettronica, ed al livello dei peroni manualmente da un osteopata, verificando parallelamente se la diagnostica palpatoria manuale è confermata ed oggettivata dai tracciati.

Il soggetto è disteso sul dorso. L'apparecchiatura di individuazione cranica viene installata al livello dei temporali (tracciati 2 e 5).I monitor respiratori e cardiaci sono in funzione, rispettivamente tracciati 3 e 1.Un osteopata è in ascolto al sacro e poi ai peroni. Dal piede aziona un commutatore ON/OFF. Questo commutatore aziona il tracciato 4: ON alla flessione ed OFF all'estensione cranica. Il tracciato 5 sarà ottenuto tramite filtraggio del tracciato 2.

Per ogni banda vengono effettuate le medie delle frequenze dei tracciati 4 e 5 e correlate fra di loro. Per ogni banda sperimentata sono calcolate le medie dei tempi di questo sfasamento. Per ogni soggetto è misurata la distanza fra il detector cranico ed il sacro o i peroni. Questa distanza è, in seguito, divisa per il tempo calcolato sulla banda, ciò permette di ottenere una velocità di propagazione per soggetto.

La media per le diverse bande calcolate fa apparire una velocità di 110 cm/secondo.

I risultati generalmente ottenuti nelle esperienze sono i seguenti:

La media della frequenza, e quindi il ritmo attribuito al M.R.P. è DI 9,54 CICLI/MINUTO e la media della frequenza dell'onda lenta è d’1,2 CICLI/MINUTO.

Quanto alla velocità di propagazione del M.R.P., i tracciati 4 e 5 sono sfasati l'uno rispetto all'altro e questo sfasamento è più importante se la palpazione viene fatta al perone piuttosto che al sacro; questo ci porta a supporre fortemente che le fasi inspiratorie ed espiratorie primarie craniche non vengano trasmesse simultaneamente nelle diverse parti del corpo.

Effettivamente, se questo movimento è indotto inizialmente dal Cranial Rythmic Impulse del sistema nervoso, sembra logico supporre che sia necessario un tempo di propagazione e che questo non sia molto rapido e lo sfasamento in questione è il riflesso di questo asincronismo.

Dobbiamo notare che, allo stato attuale delle nostre conoscenze anatomiche e fisiologiche e delle attuali possibilità tecnologiche della ricerca scientifica, niente oggi ci permette di affermare, che questo movimento, oggettivato tramite grafici, è un movimento il cui punto di partenza è cranico.

Quindi, se vi fosse un punto di partenza situato più in basso, cervicale o dorsale, la velocità non diminuirebbe così grandemente in quanto lo sfasamento resta lo stesso e la distanza è minore.

Quindi i calcoli comparativi preliminari fra le bande testa/sacro e testa/perone portano a credere che questo movimento abbia un punto di partenza cranico.

Se il M.R.P. venisse dalla nuca o dal dorso, le velocità dei due metodi sarebbero diverse l'una rispetto all'altra.

Se si misura la distanza squama temporale/sacro e si divide questa lunghezza per il tempo di sfasamento, si ottiene una certa velocità V1. Se si misura dalla stessa zona fino alle teste dei peroni e si divide questa nuova distanza per il tempo di sfasamento ottenuto dai tracciati con i peroni, si ottiene una seconda velocità V2. Se le due velocità V e V2 sono diverse, oppure il M.R.P. non si propaga alla stessa velocità ai diversi livelli del corpo umano e/o il punto di partenza non è quello buono. Se si suppone che il M.R.P. si sposti sensibilmente alla stessa velocità ai differenti livelli del corpo umano (cosa logica da pensare in quanto una tale densità dipende dalla densità dell'ambiente nel quale si muove ed il corpo umano è di una densità relativamente omogenea), non vi è che un livello a partire dal quale le due misure (le due velocità) sono identiche e questo livello è la base del cranio.

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IV. ALTRI LAVORI SCIENTIFICI

I recenti lavori dell'équipe del Prof. CABANIS nel 1990 hanno oggettivato per I.R.M. la microdinamica dei ventricoli e del Liquido Cefalo-Rachidiano, avendo una grossa eco nei media sia cartacei che televisivi.

Per altro, gli ultimi lavori dell'équipe del Prof. BILLAUDEL del C.H.R.U. di Reims hanno provato, nel 1991 la micromobilità del cranio. Delle sonde di registrazione molto precise, abbinate a dei computer, hanno registrato secondo modalità diverse l'esistenza di micromovimenti cranici ritmici. La loro frequenza media è di 9,7 cicli e la loro ampiezza è da 20 a 50 micrometri. L'équipe di Reims segnala: "Tutti i sistemi sofisticati arrivano alle stesse conclusioni."

E' quindi una conferma tramite la ricerca, con modalità scientifiche e da parte di uomini che non possono essere tacciati di soggettività, esoterismo o ciarlataneria, di ciò che gli osteopati ripetono con calma e serenità da circa un secolo.

E' interessante sottolineare che la frequenza media dei micro-movimenti, registrata a Reims, conferma in modo indiscutibile la frequenza media di 9,54 cicli/minuto, registrata dall'équipe MARRIER a Montréal nel 1987.

L'équipe di Reims non è stupita di ritrovare questo movimento con le stesse caratteristiche in tutto il corpo, e non soltanto al livello del cranio. Per gli Osteopati è perfettamente normale che questo stesso movimento esista per tutto l'insieme del corpo, traduzione generale del Cranial Rythmic Impulse e del Meccanismo Respiratorio Primario corporeo.

I ricercatori dell'équipe di Reims, in mancanza di una spiegazione logica da dare a questo fenomeno, formulano l'ipotesi di un'origine vaso-motrice arteriosa. D'altronde, poco importa la spiegazione: l'essenziale sta nella conferma che il "cranio si muove". Quanto al resto del corpo, gli Osteopati hanno la loro ipotesi che, in mancanza di prove concrete, ha tanto valore quanto l'ipotesi vaso-motrice arteriosa.

Siamo certi che questo concetto osteopatico di "Movimento Respiratorio Primario Corporeo" sarà verificato integralmente di mano in mano che si svilupperanno il materiale di ricerca ed i protocolli scientifici adeguati all'osteopatia.

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CAPITOLO 4 -

OSTEOGENESI CRANICA

I. OSTEOGENESI CRANIO-FACCIALE

L'osteogenesi cranio-facciale è in stretta relazione con lo sviluppo del cervello.

Il cranio embriologico comprende (Fig. da 24 a 30):

- Il neurocranio, la vera e propria palla ossea che circonda e protegge il cervello.

- Il viscerocranio per lo scheletro della faccia.

Il viscerocranio e la base del neurocranio sono originati dalla placca basale di KOELLIKER che inizia a svilupparsi fin dalla corda a partire dalla 7° settimana di vita intrauterina.

Il neurocranio, sul piano dell'osteogenesi, comprende due parti:

- La volta o desmocranio che è la parte membranosa del cranio che avvolge il cervello;

- La base o condrocranio che è la parte cartilaginea del cranio che sostiene il cervello.

Per la loro origine embriologica, la faccia, la volta e la base avranno un'ossificazione differente.

I diversi elementi ossei che costituiscono lo scheletro cranico nasceranno quindi:

- Sia direttamente dal tessuto connettivo, e questa sarà l'ossificazione d’origine membranosa;

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- Sia da un abbozzo cartilaginoso pre-formato geneticamente, e questa sarà l'ossificazione encondrale;

- Sia, infine, simultaneamente dai due processi d'ossificazione encondrale e membranosa (ossificazione encondro-membranosa) come nel caso dello sfenoide, dell'occipitale e del temporale.

Possiamo quindi stabilire una classificazione degli elementi ossei seguendo la loro origine embriologica:

Origine cartilaginea:

- Osso della base,

- Setto nasale,

- Cornetto inferiore,

- Osso dell'orecchio interno,

- Osso ioide,

Origine membranosa:

- Osso della volta

- Osso della faccia

E' ugualmente utile classificare questi elementi ossei cranici secondo la loro topografia:

La base cartilaginea comprende:

- La parte inferiore dell'occipitale o basso occipite;

- Lo sfenoide salvo la parte verticale delle grandi ali;

- L’etmoide;

- La rocca petrosa.

La volta membranosa comprende:

- La parte superiore dell'occipitale o supra-occipite;

- La branca verticale delle grandi ali dello sfenoide;

- I parietali;

- Il frontale;

- I temporali (salvo la rocca petrosa e l'osso dell'orecchio interno).

La faccia membranosa comprende:

- I malari;

- I mascellari superiori;

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- I palatini;

- Gli unguis;

- Le ossa proprie del naso.

La faccia cartilaginea comprende:

- La mandibola (formata a partire dalla cartilagine di MECKEL);

- Il setto nasale;

- I cornetti inferiori.

II. OSSIFICAZIONE ENCONDRALE

L'ossificazione del condrocranio si sviluppa a partire da una matrice: è l'abbozzo cartilaginoso (Fig: da 26 a 28).

Quest’elemento cartilaginoso iniziale è già preformato con un aspetto di "mascherina di carnevale". Essa è la sede di un'attività osteogenica intensa e le cellule ossee, in via d’ossificazione, si sostituiscono progressivamente all'abbozzo e l'osso assumerà quindi, nella sua forma finale, l'aspetto iniziale di questa matrice. Questa crescita dipenderà dai parametri genetici ereditari ed endocrini dell'individuo ma potrà essere perturbata da fattori meccanici.

Durante la vita intrauterina del feto, i centri d'ossificazione appaiono all'interno di queste parti cartilaginee e gli osteoblasti elaborano progressivamente lo scheletro condrocranico trasformandone il tessuto cartilagineo in tessuto connettivo osseo fortemente vascolarizzato e determinante la formazione di lamelle e d’arcate ossee che formano l'osso spongioso.

Alla nascita tutte le parti saranno ossificate ma costituite da un osso molle e malleabile ad eccezione di 3 sincondrosi:

- La sinfisi sfeno-basilare che resterà cartilaginea tutta la vita.

- La sutura occipito-temporale.

- La sutura sfeno-petrosa.

Le sincondrosi sono zone cartilaginose fertili come l'epifisi delle ossa lunghe ma che, secondo SCOTT, sono delle "epifisi a doppia azione", cioè che hanno la particolarità di favorire la crescita ossea nei due lati. La sinfisi sfeno-basilare è una sincondrosi d'importanza capitale nella crescita sia in lunghezza che in altezza della faccia, e ciò fino all'età adulta, come ha dimostrato L.J. BAUME (Patterns of cefalo-facial growth and development - 1968). La stessa cosa vale per la sincondrosi sfenoidale, (tra pre e post sfenoide) che si fonde a 6-7 mesi d'età per SCOTT, e le sincondrosi fra il corpo sfenoidale e le grandi ali e che hanno un ruolo attivo nella crescita in larghezza della base del cranio e della faccia. Queste sincondrosi possono vedere il loro ruolo attivo perturbato da squilibri meccanici (KOSKI - Some aspects of the growth of the cranial base and the upper face - 1960).

III. OSSIFICAZIONE MEMBRANOSA

L'ossificazione membranosa si riscontra sulle parti ossee fini e piatte (Fig . 28).E' la membrana mesenchimatosa originale che fornisce il tessuto osseo delle ossa della volta con uno strato fibroso superiore ed uno strato fibroso inferiore che formeranno le tavole interne ed esterne dell'osso.

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Le cellule mesenchimatose si differenziano in osteobalsti. Questi osteobalsti, contenuti su una grande estensione della membrana, elaborano una matrice osteoide che costituirà il centro o nucleo d'ossificazione. A partire da questo centro, l'ossificazione si estende a tutta la membrana formando i tavolati interni, esterni ed il Diploe. Questo è un processo d’ossificazione periferica della placca. Oltre all'attività osteogenica d’origine genetica, il movimento meccanico delle placche ossee all'interno della membrana connettiva del periostio è un potente stimolatore dell'ossificazione e quindi della crescita ossea. Il tessuto fibroso superficiale diventerà il tessuto periostiale esterno, tanto che il tessuto periostiale interno si confonderà con la dura-madre. La zona intermedia fra le placche è costituita dal residuo della membrana connettiva originale e porta il nome di sutura membranosa. A partire dal 6° mese intrauterino le placche ossee sono formate e le suture membranose, che sono estremamente lasse, diventano allora la sede di un processo osteogenico molto attivo, responsabile della crescita ossea delle parti craniche e quindi della crescita della base e della faccia e conseguentemente della volta.

IV. OSSIFICAZIONE MISTA ENCONDRO-MEMBRANOSA

Lo sfenoide, il temporale, l'occipitale hanno un'ossificazione rispondente ai due processi. Lo sfenoide con le sue grandi ali e le ali interne dell’apofisi pterigoidee membranose ed il suo corpo cartilagineo, il temporale con la sua squama membranosa e l'apofisi stiloidea e la rocca petrosa cartilaginea, l'occipitale con la squama del supra-occipite membranosa e la base dell'infra-occipite cartilaginea.

Le loro parti d’origine endocondrale partecipano alla costituzione della base mentre le loro parti membranose formano una parte della volta cranica.

V. INDUZIONE RECIPROCA DELLA CRESCITA NEURO-CRANICA

Lo sviluppo del cervello e del midollo spinale vanno di pari passo con lo sviluppo della rachide ossea e del cranio (Fig. 31).

Dalla fase di neurolazione, lo sviluppo del tubo neurale è indotto dalla corda dorsale ed il mesoblasto paracordale (induttori), a partire dall'ectoblasto sottogiacente (competente). Quest’induzione interviene ugualmente nello sviluppo ulteriore dell'asse nervoso. Durante la sua evoluzione, il tubo nervoso indurrà a sua volta la formazione dell'arco posteriore delle vertebre.

L'azione degli induttori si estende ugualmente al livello del cervello dove il cranio osseo induce lo sviluppo del cervello. A sua volta, lo sviluppo del cervello indurrà lo sviluppo della volta cranica e parteciperà alla formazione della faccia.

Le forme lasciate sulla faccia endocranica delle placche ossee confermano l'induzione reciproca. L'osso si conformerà alla forma del cervello che lo modella perfettamente ed il cervello si svilupperà nello spazio che gli viene fatto dall'osso.

Si comprende quindi che ogni anomalia dello sviluppo della struttura ossea di un soggetto avrà delle ripercussioni sullo sviluppo del nevrasse e quindi sulle funzioni del suo organismo.

Oltre alla mobilità relativa delle parti craniche, la costituzione istologica intrinseca di ogni placca ossea giocherà un ruolo importante nella flessibilità adattativa del cranio alle costrizioni meccaniche.

Le placche ossee sono effettivamente costituite da uno strato esterno ed uno strato interno di tessuto osseo compatto. Fra questi due strati si trova un reticolo molto ricco di canali e labirinti in cui circolano il sangue ed il liquido extra- cellulare. Questa conformazione architettonica permetterà, al suo livello, di assicurare alle placche ossee un certo grado di flessibilità adattativa ai parametri meccanici ed idrodinamici (Fig. 32).

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Ci si rende anche meglio conto dell'incidenza che comporterà una frattura cranica, con il suo callo residuo sulla flessibilità del o delle placche ossee coinvolte e la possibile ripercussione sulla fisiologia cinetica del cranio.

Complessivamente, la "palla" ossea cranica divenuta totalmente funzionale tanto sul piano delle suture quanto su quello delle placche ossee, costituirà una vera entità fisiologica protettrice ed adattativa delle condizioni meccaniche dell'ambiente tanto interno quanto esterno.

CAPITOLO 5 -

LE SUTURE CRANICHE

I. ISTOLOGIA DELLE SUTURE

I lavori istologici ed isto-fisiologici sulle suture di LEBOURG e SEYDEL nel 1931-1932, di PRITCHARD, SCOTT e GIRGIS nel 1956 e, più recentemente di PETROVIC nel 1967, di DENSLOW nel 1968 e di LEDIASCORN nel 1972 hanno tutti mostrato l'enorme importanza di queste suture e della loro mobilità sulla crescita delle ossa del cranio e niente può negare oggigiorno questa relazione con la crescita armoniosa e la fisiologia ottimale del cranio umano.

1. Costituzione delle suture

Si distinguono molteplici stadi di sviluppo delle suture:

Lo stadio di sviluppo delle placche ossee: (Fig. 33a e 34)

Le placche formate dagli osteoblasti sono contenute in un tessuto mesenchimatoso del periostio d'aspetto fibroso e rilasciato. Queste placche ossee cresceranno in superficie ed in spessore. A questo stadio di sviluppo si distinguono 3 livelli:

- Uno strato esterno periosteo fibroso che formerà il periostio peri-cranico.

- Uno strato centrale osteogenico di struttura molle che forma la placca ossea stessa.

- Uno strato interno periosteo molto fibroso in continuità con la dura-madre.

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Lo stadio d’incontro delle placche ossee: (fig.33b e 35)

Le placche ossee che si sono incontrate, avviluppate dai loro rivestimenti fibrosi, sono separate l'una dall'altra da un residuo di tessuto connettivo lasso che serve da ponte tra le parti ossee.

A questo stadio di sinfibrosi si distinguono tra le due placche ossee:

- Lo strato osteogeno di una placca.

- Lo strato fibroso della capsula.

- La zona cellulare lassa di congiunzione.

- Lo strato fibroso della capsula dell'altra placca.

- Lo strato osteogeno dell'altra placca.

- Lo stadio di crescita suturale: (Fig.33b e 35)

Le placche ossee continuano a crescere, partendo dalle zone periferiche. Il potenziale d’attività osteogenica è molto importante a questo punto e sarà notevolmente indotto dall'alternarsi dei micro movimenti sottomessi alla zona intermedia, provenienti dal Movimento Respiratorio Primario o dai fattori meccanici dei tessuti molli legati all'attività del bambino.

Lo stadio di ricomposizione suturale: (Fig.33c)

A questo stadio, le placche ossee vanno a ricomporsi nella loro architettura. La crescita di queste placche ed il loro permanente movimento vanno ad avviare la formazione delle suture definitive cosi come la loro differenziazione. Questo sarà lo stadio di sinartrosi che inizia fra i sei ed i sette anni.

La posizione di queste suture è determinata dall'incontro delle ossa e non prima di questa. (PRITCHARD E SCOTT).

La modellatura architettonica delle suture e la differenziazione di queste ultime si faranno in funzione dei movimenti delle placche, ciò significa che i tavolati suturali diventeranno progressivamente dei tavolati interni o esterni al livello delle loro suture, o delle strutture dentellate. Lo spazio interlamellare persiste e si vascolarizza notevolmente.

Lo stadio adulto: (stadio sinatrosico) (Fig. 33c)

Non vi è alcuna crescita attiva tranne nel caso in cui questa si risvegli per la frattura di una placca.

Le capsule fibrose e la zona di unione collagena persistono e si trovano ancora maggiormente vascolarizzate.

2. Evoluzione delle suture:

Lo stadio di sinfibrosi: dalla nascita a 6/7 anni (Fig.33)

Questo è lo stadio iniziale della sutura. Il tessuto interstrutturale è lasso ed estremamente mobile. Il modellaggio architettonico non è ancora finito.

"Tutti i pezzi ossei sono riuniti alla nascita da sinfibrosi" (LEBOURG et SEYDEL - Annali d’Anatomia Patologica Medico- Chirurgica, 1932)

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Lo stadio della sinartrosi: (Fig.33c) dopo 6-7 anni fino a 70 anni

Si tratta dello stadio della sutura totalmente funzionale. Il tessuto inter-suturale è più fibroso quindi meno lasso. La mobilità suturale si è ridotta in rapporto con lo stadio di sinfibrosi. Tutti i movimenti persistono ed assicurano l'adattamento del cranio.

Il DIASCORN nota che le strutture più dentellate rappresentano o indicano le zone di crescita più attive.

Siccome quest’attività è proporzionale al movimento, preciseremo confermando che le suture più dentellate corrispondono alle suture che si prestano a movimenti più ampi e più forti. Uno dei concetti osteopatici è qui ancora una volta confermato, nella misura in cui è la funzione che induce la struttura.

Lo stadio di sinostosi.

Dopo i 70 anni, ma qualche volta mai. E' lo stadio di calcificazione del tessuto intersuturale con la scomparsa della mobilità suturale.

3. Le fontanelle:

S’incontrano fontanelle solo al livello delle ossa di rivestimento, cioè delle ossa secondarie membranose della volta in contrapposizione alle ossa primarie cartilaginose della base.

Poiché l'ossificazione dei frammenti ossei della volta si produce alla periferia del frammento risulta che alla nascita i frammenti della volta non si sono ancora totalmente calcificati durante il periodo di vita prenatale e che gli angoli delle ossa non si sono ancora formati.

Nei punti di futuro congiungimento, di queste placche, sussistono degli spazi che sono ancora membranosi e che corrisponderanno ulteriormente all'articolazione di due o più suture.

La fontanella anteriore, o grande fontanella o fontanella bregmatica.

E' la fontanella più grande, situata sulla linea mediana al livello del Bregma, all'unione del margine posteriore del frontale e dei margini antero-superiori dei parietali; a forma di losanga, misura circa 5 cm. di lunghezza e 4 cm. di larghezza. Essa si salda fra i 12 ed i 18 mesi ma può essere ancora radiologicamente visibile fino all'età di 24 mesi.

La fontanella posteriore, o piccola fontanella o fontanella Lambdoidea.

Di forma triangolare, essa è situata sulla linea mediana, al livello del Lambda, all'unione del margine superiore dell'occipitale e dei margini postero-superiori dei parietali. Essa si salda a 2-3 mesi d’età.

Le fontanelle laterali anteriori, o fontanelle pteriche.

Esse sono situate nella parte antero-laterale della volta, al livello dello Pterion, all'unione del frontale, del parietale, della grande ala dello sfenoide e del temporale. Esse si saldano verso i 6-8 mesi d’età.

Le fontanelle laterali posteriori, o fontanelle asteriche.

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Esse sono situate nella parte postero-laterale della volta al livello dell'asterion, dove si uniscono l'occipitale, i parietali ed i temporali. Anch'esse si saldano verso i 6-8 mesi d'età. Nelle ossificazioni imperfette si ritrovano a volte le fontanelle di Gerdy o false fontanelle. Esse sono situate fra Bregma e Lambda al livello di Obelion. Qualche volta si ritrovano pure al livello di una fontanella, vicino alle suture, delle piccole ossa in soprannumero che vengono chiamate le ossa WORMIENS.

4. Le craniostenosi:

La sinostosi è un termine specifico che definisce la saldatura di una sutura cranica. Le sinostosi craniche appaiono normalmente nell'individuo anziano. Ma possono anche comparire precocemente nel bambino. Quando compaiono prima dei 24 mesi d’età il pronostico di sviluppo cranico può essere sfavorevole e rientrare nel campo della patologia per le conseguenze che portano al livello del cervello. Questo processo di fusione suturale si può incontrare su una o più, vedere la totalità delle suture. La forma che prende allora il cranio, bloccato parzialmente o totalmente nella sua crescita, dipende essenzialmente dalla sede e dal numero di sinostosi. Si è precedentemente trattato del processo d’induzione reciproca fra il cranio ed il cervello durante la crescita del lattante. Problemi nella crescita della scatola cranica avranno quindi immancabilmente delle conseguenze sullo sviluppo del cervello che vedrà la sua espansione rallentata e anche bloccata, incidendo sullo sviluluppo psico-motorio del bambino. Il cervello, non potendosi sviluppare normalmente, avrà a sua volta un'induzione reciproca sulla scatola cranica, creando così un circolo vizioso che si ripercuoterà su tutto lo sviluppo dell'individuo.

Fra i problemi dello sviluppo cranico causati dalle sinostosi distinguiamo soprattutto: (Fig. 39)

La Microcefalia, conseguenza di una craniostenosi totale che comporta un arresto completo dello sviluppo di tutte le placche ossee con arresto dello sviluppo del cervello, è causa di ritardo mentale e di problemi dello sviluppo psico-motorio. La massa cerebrale continua a spingere in volume e tenta di svilupparsi, ciò ha per effetto una pressione costante sul tavolato interno del cranio e delle impronte digitiformi su questo tavolato verificabili radiologicamente.

La Dolicocefalia è la conseguenza della saldatura unicamente della sutura sagittale inter-parietale.

Il diametro antero-posteriore del cranio, per compensazione, si sviluppa smisuratamente in rapporto al diametro laterale.

La Trigonocefalia è dovuta alla sinostosi della sutura metopica determinante un arresto della crescita del frontale ed un sovra- dimensionamento compensatore della parte posteriore del cranio.

La Turricefalia (o OSSICEFALIA) risulta dalla saldatura simultanea delle suture fronto-parietale (coronale), occipito-parietale (lambdoidea) ed inter-parietale (sagittale).

La crescita della volta è bloccata in rapporto allo sviluppo normale della base, determinando così una deformazione a "pane di burro" o a "zolla di zucchero".

L'Acrocefalia è dovuta alla sinostosi della sutura coronale, caratterizzata da uno sviluppo considerevole in altezza della regione occipitale con appiattimento laterale o della sommità della testa, associato ad una deformazione della base.

II. FISIOLOGIA DELLE SUTURE

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La sutura si compone di una sorta di capsula, costituita dai rivestimenti capsulari dei margini delle placche ossee e dai ponti del periostio esocranici ed endocranici che costituiscono i "legamenti suturali". Il tessuto inter-suturale è un tessuto connettivo lasso con un ricco fascio vascolare ed un tessuto nervoso periferico la cui funzione non è ancora nota. Questo tessuto inter-suturale con i suoi vasi sanguigni sinusali, può essere concepito come una cavità sinoviale e svolge quindi il ruolo di una sorta di menisco. Sono quindi presenti tutti gli elementi di un'articolazione di tipo diartrosico (capsula + sinoviale).

Le suture hanno un ruolo molto importante nel cranio:

1. Esse sono il punto d'unione e di movimento delle ossa del cranio:

"La visualizzazione mentale delle superfici articolari delle ossa craniche e della faccia è essenziale per riconoscere l'esistenza della mobilità articolare cranica tanto nella diagnostica delle fissazioni articolari anormali quanto nella valutazione dell'ampiezza normale dei movimenti come pure nel trattamento.

Ugualmente essenziale è la visualizzazione mentale delle superfici sacro-iliache nella mobilità del bacino.

Ora, il campo totale delle superfici articolari craniche è più grande di quello delle articolazioni sacro-iliache.

Inoltre, nel campo cranico vi sono numerose superfici articolari mentre nel campo sacro-iliaco non ve ne sono che due.

Senza questa visualizzazione mentale della struttura articolare cranica, nei dettagli e nel suo insieme, il Terapeuta rischia di rinchiudersi in ciò che gli è solamente familiare." (W.G. SUTHERLAND - THE CRANIAL BOWL)

Per altro, i lavori presentati al congresso americano di ricerche osteopatiche nel 1974 hanno dimostrato la mobilità delle suture e quindi delle placche ossee confermando i lavori di PRITCHARD e SCOTT.

Questi studi istologici sono stati effettuati sulla scimmia scoiattolo (Saimiri Sciureus) e dimostrano che, nella totalità della popolazione delle scimmie adulte esaminate, il tessuto suturale non presentava alcun segno di ossificazione suturale. (F. MITCHELL D.O., D. MICHAEL D.O., E. RETZLAF Ph. D., R. ROPPEL Ph. D. Sezione di Biologia Meccanica dell'Università di Stato del Michigan, College di Medicina Osteopatica - East Lansing - Michigan).

Infine, le prove fotografiche che abbiamo effettuato sull'osso morto, utilizzando una luce infrarossa a spettro elettromagnetico di bassa frequenza, quindi facilmente immobilizzabile a qualsiasi densità di barriera fisica, permettono di mettere in evidenza il superamento di barriera tramite l'irradiazione luminosa al livello delle suture craniche e d'impressionare un film infrasensibile. L'utilizzazione delle leggi fisiche di conduzione rettilinea del raggio luminoso ci permette di verificare senza alcuna possibile contestazione che le placche ossee non sono saldate tra loro.

Esse permettono quindi di mettere in evidenza le reazioni osteoblastiche di densificazione del tessuto osseo nelle zone di tensioni meccaniche, al livello degli attacchi muscolari sulla faccia endocranica, ma soprattutto al livello degli attacchi delle membrane di tensioni reciproche sulla faccia endocranica. Sapendo che non vi può essere tensione meccanica senza un fattore di forza e di movimento, ciò sembra molto interessante, almeno per quanto concerne le membrane di tensioni reciproche (Fig. da 40 a 44).(Lavori di R. CAPOROSSI D.O. presentati all'Associazione di Terapeuti in Osteopatia - Luglio 1987).

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2. Le suture resistono ai fattori meccanici di trazione, taglio, compressione tramite i loro mezzi d'unione capsulari, come ogni articolazione.

3. Esse hanno una funzione accomodativa alle diverse componenti meccaniche del corpo restando flessibili.

4. Esse sono il luogo della crescita ossea ereditaria:

Crescita primaria al livello della base.

Crescita secondaria adattativa al livello della volta e della faccia.

Questa crescita è stimolata permanentemente dai movimenti delle placche ossee dovuti:

- al Movimento Respiratorio Primario

- alle tensioni delle Membrane di Tensioni Reciproche

- ai movimenti dei tessuti molli (movimenti degli occhi, lingua, muscoli masticatori, fasce).

L'azione dei tessuti molli sulle parti ossee è importante sia sul piano della loro conformazione che del loro orientamento.

5. La cartilagine persistente tutta la vita al livello delle sincondrosi sfeno-basilare, petro-giugulare e sfeno-petrosa assicura la protezione dei margini ossei articolari e dimostra il bisogno capitale di mobilità di queste articolazioni.

6. Complessivamente, la crescita ossea cranica dipende, in grandissima parte, dall'integrità e dalla mobilità di queste suture. Effettivamente, una mancanza di mobilità in una sutura potrà determinare un rallentamento dello sviluppo di una placca ossea rispetto alle altre, avendo per effetto la creazione di un'asimmetria strutturale del cranio.

Le sinostosi premature riscontrate nelle cranio-stenosi parziali o totali che danno delle dolicocefalie, trigonocefalie, turricefalie o microcefalie con sofferenza cerebrale e ritardo mentale, ne sono un esempio eminentemente dimostrativo.

III. CLASSIFICAZIONE DELLE SUTURE

1. Le sinartrosi: queste sono delle articolazioni che comprendono una sostanza legante come della cartilagine o del tessuto fibroso.

Si distinguono in:

a) Sinartrosi sincondrosiche (o sincondrosi o sincartrosi) che presentano un'unione cartilaginosa.

Citiamo per esempio le sincondrosi sfeno-basilare, sfeno-petrosa e petro-giugulare che restano catrtilaginose praticamente tutta la vita (Fig. 45).

b) Sinartrosi suturali (o suture):

Esse hanno un'unione fibrosa di cinque strati al livello delle ossa adiacenti e sono classificate in:

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- Suture dentellate: con dei margini articolari irti di dentellature che s'indentano tra di loro. Citiamo come esempio la sutura sagittale, la sutura temporo-zigomatica o la sutura fronto- malare.

- Suture squamose: le cui superfici articolari sono unite a "squama di pesce". Citiamo le suture parieto-squamosa e sfeno-squamosa.

- Suture squamo-dentellate: misto delle due precedenti, come le suture coronale e lambdoidea.

- Suture armoniche: le cui superfici s'articolano semplicemente da margine a margine, come per esempio le suture degli inguis o delle ossa proprie del naso.

- Suture a mortaio: incastrate come la grande ala dello sfenoide in rapporto al corpo.

- Suture sindesmotiche (o sindesmosi): che presentano al livello della loro articolazione dei legamenti differenziati molto nettamente come per esempio la sutura sfeno-petrosa.

- Schindilesi: sono suture armoniche particolari nella misura in cui, lavorando per scorrimento, presentano un margine articolare a forma di cresta che scorre in una doccia. E' il caso delle suture sfeno-vomerica, petro-basilare e sfeno-palatina.

2. Le diartrosi:

Queste sono delle articolazioni che presentano una cavità articolare come per esempio l'articolazione temporo-mandibolare.

IV. LE SUTURE CRANICHE (Fig. 46 e 47)

Tutte le ossa del cranio sono mobili. Questa mobilità ha luogo attorno ad assi propri. Questi assi passano attraverso dei punti perno e le suture articolari saranno foggiate in tavolati interni o esterni in relazione con questi perni ed i movimenti specifici impressi alla placca ossea.

1. SUTURE DELL'OCCIPITALE

Rispetto al parietale:

Fra lambda ed il punto del Perno Occipito-Parietale (P.O.P.) la sutura articolare è a tavolato interno, cioè l'occipitale ricopre il parietale.

Fra il Perno Occipito-Parietale e l'Asterion la sutura è a tavolato esterno, l'occipitale è ricoperto dal parietale.

Rispetto al temporale:

Fra l'Asterion ed il punto Perno Condilo-Squamo-Mastoideo (P.C.S.M.) la sutura occipitale è di nuovo a tavolato esterno essendo l'occipitale ricoperto dal temporale.

Fra il Perno Squamo-Mastoideo e l'apofisi giugulare, la sutura è ritornata a tavolato interno, con l'occipitale che ricopre il temporale.

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Complessivamente: la sutura esterna fra i due punti perno e la sutura interna al di là di questi due punti perno.

2. SUTURE DEL PARIETALE:

Rispetto all'occipitale:

Fra Lambda ed il Perno Occipito-Parietale la sutura è a tavolato esterno, il parietale è ricoperto, a questo livello, dall'occipitale.

Fra il Perno Occipito-Parietale e l'Asterion la sutura è a tavolato interno, con il parietale che ricopre l'occipitale.

Rispetto al frontale:

Fra Bregma ed il punto Perno Fronto-Parietale (P.F.P.) la sutura è a tavolato esterno, essendo il parietale ricoperto dal frontale.

Fra il P.F.P. e Pterion la sutura è a tavolato interno, col parietale che ricopre il frontale.

Rispetto alla squama temporale:

Dall'Asterion a Pterion, la sutura articolare è a tavolato esterno, essendo il parietale ricoperto dalla squama temporale.

Rispetto alla grande ala dello sfenoide:

Al livello dello Pterion la sutura è a tavolato esterno, essendo il parietale ricoperto dalla grande ala dello sfenoide.

Complessivamente:

Solo le due suture interne del parietale sono situate una tra P.O.P. e Asterion e l'altra tra P.F.P. e Pterion. Tutte le altre suture sono a tavolato esterno, ad eccezione della sutura inter- parietale che è dentellata.

3. SUTURE DEL FRONTALE:

Rispetto al parietale:

- Tra Bregma ed il P.F.P. la sutura articolare è a tavolato interno, col frontale che ricopre il parietale.

- Tra il P.F.P. e lo Pterion la sutura è a tavolato esterno, essendo il frontale ricoperto dal parietale.

Rispetto alla grande ala dello sfenoide:

La sutura articolare è a tavolato esterno, giacendo il frontale a questo livello sulla grande ala dello sfenoide.

4. SUTURE DEL TEMPORALE:

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Rispetto all'occipitale:

- Fra l'Asterion ed il P.C.S.M. la sutura è a tavolato interno, col temporale che ricopre l'occipitale a questo livello.

- Fra il P.C.S.M. e l'Apofisi giugulare la ssutura è a tavolato esterno, essendo il temporale ricoperto dall'occipitale.

Rispetto al parietale:

Tra l'Asterion e Pterion la sutura articolare è a tavolato interno, col temporale che ricopre il parietale su tutta l'estensione della sutura parieto-squamosa.

Rispetto allo sfenoide:

Tra lo Pterion ed il punto del Perno Sfeno-Squamoso (P.S.S.) la sutura temporale è ancora a tavolato interno, ricoprendo la parte verticale del margine posteriore della grande ala.

Tra il P.S.S. e la spina dello sfenoide la sutura è a tavolato esterno, essendo il temporale ricoperto dalla parte orizzontale del bordo posteriore della grande ala dello sfenoide.

5. SUTURE DELLO SFENOIDE:

Rispetto al temporale:

Dallo Pterion al P.S.S. la sutura è a tavolato esterno, essendo lo sfenoide ricoperto dal temporale.

Dal P.S.S. alla spina dello sfenoide la sutura è a tavolato interno, con lo sfenoide che ricopre il temporale a questo livello.

Rispetto al parietale:

Al livello dello Pterion, la parte posteriore del margine superiore della grande ala ha una sutura a tavolato interno, con lo sfenoide che ricopre il temporale a questo livello.

Rispetto al frontale:

Il margine superiore della grande ala ha tutta la sua sutura a tavolato interno sostenendo quindi il frontale. Lo sfenoide ricopre il frontale a questo livello.

I repere del cranio sono di grande importanza nella pratica palpatoria, per la rapidità d'esecuzione della diagnostica cinetica e la precisione tecnica dell'atto osteopatico.

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CAPITOLO 6 –

PUNTI DI REPERE PALPATORI DEL CRANIO

I. Punti di repere esterni del cranio di fronte e dall'alto in basso:(Fig. 48 e 49)

A. Il piano superiore o piano frontale con:

1. Le bozze frontali: da una parte e dall'altra della linea mediana.

2. La sutura metopica: cresta verticale leggermente sporgente, sulla linea mediana.

3. La glabella: eminenza mediana, smussata, situata fra le arcate sopracciliari.

4. Il nasion: situato immediatamente al di sotto della glabella, sulla linea mediana, all'unione del frontale e delle ossa proprie del naso.

5. Le arcate orbitali: da una parte e dall'altra del nasion con:

La fessura frontale: a due dita traverse dal nasion, dove passa il nervo frontale interno.

La fessura sotto-orbitale: a due dita traverse dalla precedente, dove passa il nervo frontale esterno.

6. I pilastri esterni del frontale con:

La cresta laterale del frontale

L'ommatidio temporale del frontale.

B. Il piano medio o facciale con:

1. I globi oculari e le orbite.

2. Le ossa proprie del naso: giusto al di sotto del nasion.

3. Le branche ascendenti dei mascellari superiori, giusto dietro alle ossa proprie.

4. Il margine orbitale del mascellare superiore.

5. Il margine orbitale del malare.

6. Il setto nasale mobile e cartilaginoso.

7. La columella che separa gli orifici delle narici.

8. La spina nasale mascellare giusto dietro alla radice della columella.

9. La sinfisi mascellare: sulla linea mediana prolungando verso l'alto la linea medio-incisiva superiore passando tra i due primi incisivi.

10. La bozza canina rispondente alla radice del canino.

11. La fossa canina giusto al di sotto della bozza canina, essa risponde ai due premolari.

12. Il foro sotto-orbitale al di sotto della fossa canina ed alla verticale della rientranza sotto-orbitale da cui esce il nervo mascellare superiore.

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13. Le bozze malari o zigomi.

C. Il piano inferiore o mandibolare con:

1La sinfisi mentoniera: piccola cresta verticale sulla linea mediana, prolunga verso il basso la linea medio-incisiva.

2L'eminenza mentoniera: prolunga in basso la sinfisi mentoniera.

II. PUNTI DI REPERE ESTERNI DEL CRANIO DI PROFILO(Fig. 50 e 51)

1. La sutura sagittale (o sutura inter-parietale): situata al di sopra della volta cranica, fra i due parietali.

2. Il Bregma: all'unione della parte anteriore della sutura sagittale e della sutura coronale.

3. L'Obelion: sopra la sutura sagittale, a circa quattro dita traverse dietro al Bregma.

4. Il Lambda: all'unione della parte posteriore della sutura sagittale con la sutura lambdoidea.

5. La sutura coronale: nella parte anteriore della volta, fra il frontale ed i parietali.

6. La sutura lambdoidea: nella parte posteriore della volta fra l'occipitale ed i parietali.

7. Le bozze parietali: nella parte postero-superiore della volta.

8. La linea curva temporale superiore: all'unione dei 2/3 superiori del 1/3 inferiore del parietale.

9. L'Asterion: superficie piana situata a circa tre dita traverse dietro l'apofisi mastoide, nel punto di unione fra l'occipitale, il parietale e la porzione mastoide del temporale.

10. Lo Pterion: leggero rigonfiamento situato a due dita traverse dietro il pilastro esterno del frontale.

11. L'apofisi mastoide: dietro al padiglione auricolare, al livello dell'inserzione del muscolo S.C.M. (sterno-cleido- mastoideo).

12. La porzione mastoidea del Temporale: sporgenza situata immediatamente dietro e leggermente al di sopra dell'apofisi mastoide.

13. La fossetta del muscolo Digastrico: nella faccia interna dell'apofisi mastoidea.

14. Il canale auditivo esterno ed il timpanico: all'interno del condotto esterno dell'orecchio.

15. L'articolazione temporo-mandibolare: appena davanti al trago dell'orecchio.

16. L'apofisi zigomatica del temporale: situata in avanti, leggermente al di sotto dell'articolazione temporo-mandibolare.

17. La grande ala dello sfenoide: situata due dita traverse dietro e sotto al pilastro esterno del frontale.

18. Il Vertice: piccola sporgenza situata sulla sutura sagittale, a circa due dita traverse dal Bregma: E' anche il punto più alto del corpo.

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19. La sutura fronto-malare: nel margine esterno dell'orbita, appena al di sotto del pilastro esterno del frontale.

20. La sutura temporo-zigomatica (o temporo-malare) situata a circa tre dita traverse davanti al trago.

21. L'apofisi coronoide della mandibola, al di sotto del corpo del malare, palpabile all'apertura della bocca.

III. PUNTI DI REPERE INTRA-BOCCALI

1. La sutura cruciforme: rigonfiamento situato nella parte posteriore della linea inter-mascellare.

2. L'ala esterna dell'apofisi pterigoidea: appena al di sopra e dietro alla parte posteriore dell'arcata dentaria superiore.

IV. PUNTI DI RIFERIMENTO ESTERNI DEL CRANIO POSTERIORE(Fig. 52 e 53)

1. Il Lambda: su un piano all'unione dell'estremità della parte superiore del margine superiore dell'occipitale con i due parietali, al livello della sutura sagittale.

2. Gli Asterion: superfici piane situate a circa tre dita traverse dalle apofisi mastoidi dei temporali.

3. L'Inion (o protuberanza occipitale esterna): sporgenza situata sulla linea mediana ed attaccato al legamento cervicale posteriore nettamente palpabile a questo livello.

4. La linea curva occipitale superiore: cresta sporgente da una parte e dall'altra dell'Inion.

5. I margini infero-laterali dell'occipitale: all'estremità della linea curva occipitale superiore, appena dietro gli Asterion.

PARTE TERZA

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ANATOMIA -FISIOLOGIA CRANICA

CAPITOLO VII

L'OCCIPITALE

I. DESCRIZIONE ANATOMICA (Fig. 54 e 55)

L'occipitale è un osso dispari, piatto e simmetrico, in segmento di sfera, situato nella parte postero-inferiore del cranio.

E' in rapporto con le seguenti ossa:

Lo sfenoide anteriormente

I parietali sopra e anteriormente

I temporali lateralmente

L'atlante inferiormente.

Ha una doppia origine: membranosa e cartilaginea.

Esso appartiene sia alle ossa della volta, per la sua parte squamosa d'origine membranosa, sia alla base per la sua parte inferiore d'origine cartilaginea.

Esso è costituito da:

La squama

Le masse laterali, o parti condiloidee

Il corpo, o base, o apofisi basilare.

1. La squama occipitale:

Si tratta di una lamina ossea piuttosto sferica che comprende:

Una parte superiore: la squama inter-parietale

Una parte inferiore: il sopra-occipite

Essa presenta sul suo lato esocranico:

La tuberosità occipitale esterna o INION

Due linee curve occipitali, la linea superiore più marcata di quella inferiore

La cresta occipitale esterna compresa tra l'INION e il forame occipitale.

Essa presenta sul suo lato endocranico.

La protuberanza occipitale interna corrispondente al Torculare di Erofilo

Una doccia verticale che parte dalla protuberanza occipitale interna

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Due docce occipitali trasverse che partono da ogni lato della protuberanza

Una cresta occipitale interna che scende dalla protuberanza

Questi rilievi sono disegnati dai seni venosi contenuti nelle membrane e formano una croce che delimita due cavità cerebrali in alto e due cavità cerebellari inferiormente.

2. Le masse laterali o parti condiloidee:

Esse limitano lateralmente il forame occipitale e presentano:

Sulla faccia esocranica:

I condili occipitali, convessi, obliqui anteriormente e in dentro, articolari con i gleni concavi dell'atlante

Il canale condiloideo o canale dell'ipoglosso, obliquo anteriormente e dentro e perpendicolare al condilo.

Sul margine esterno: le apofisi giugulari quadrilatere, girate verso l'esterno ed articolari con il temporale.

Sulla faccia endocranica si trova la doccia del seno laterale, una doccia molto profonda situata posteriormente e in dentro rispetto all'apofisi giugulare.

3. Il corpo dell'occipitale o apofisi basilare o Basion:

E' la parte più anteriore dell'osso, che limita la parte anteriore del forame occipitale, quadrilatera e di forma obliqua in alto e in avanti, essa presenta:

Una faccia esterna dove è situato il tubercolo faringeo

Una faccia interna dove passa la doccia basilare

Il Basion: che forma la parte anteriore del forame occipitale

Due margini esterni: articolari con la rocca petrosa.

Un margine anteriore: articolare con lo sfenoide.

II. Articolazioni dell'occipitale:

1. Con il parietale:

Tramite il margine supero-laterale tra Lambda e Asterion:

Attraverso una sutura a tavolato interno: dal Lambda al punto Perno Occipito-parietale, ricoprendo il parietale

Attraverso una sutura a tavolato esterno: dal P.O.P all'Asterion ricoperta dal parietale.

2. Con il temporale:

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Tramite la sutura occipito-mastoidea:

Attraverso una sutura a tavolato esterno da Asterion al punto Pivot Condilo-Squamo-Mastoideo (P.C.S.M), ricoperto dal temporale

Attraverso una sutura a tavolato interno dal P.C.S.M. all'apofisi giugulare, ricoprendo il temporale.

Tramite l'apofisi giugulare: attraverso una superficie quadrilatera obliqua in alto anteriormente e in fuori, articolare con la fossetta giugulare del temporale.

Tramite il margine laterale dell'apofisi basilare: attraverso una articolazione in doccia (sindesmosi) sede del movimento di slittamento della rocca petrosa in rapporto con l'occipitale.

3. Con lo sfenoide:

E' la sinfisi sfeno-basilare, sincondrosi che resta flessibile tutta la vita. Tramite una superficie articolata quadrilatera, situata sulla faccia anteriore dell'apofisi basilare e riunita da una cartilagine alla superficie del corpo dello sfenoide.

4. Con l'atlante:

Tramite i condili occipitali, convessi, rivolti in basso e in fuori, articolati con i gleni concavi dell'atlante rivolti in alto e in dentro. E' un'articolazione di tipo diartrosica (capsula, legamenti, sinoviale).

III. Ossificazione dell'occipitale: (Fig. 56/59)

1. Allo stadio prenatale:

La parte superiore: ha origine membranosa. E' la squama inter-parietale, con due centri di ossificazione.

La parte inferiore: ha origine cartilaginea. E' l'occipite, con sei centri di ossificazione:

La squama del sopra-occipite con due centri

L'infra-occipite con quattro centri:

Le parti condiloidee ed i 2/3 posteriori dei condili occipitali con 1 centro ciascuno

L'ipofisi basilare e 1/3 anteriore dei condili occipitali con 1 centro ciascuno.

Nota: la descrizione classica in quattro parti non corrisponde alla formazione osteogenetica dell'occipitale. In effetti, la squama ha una doppia origine (quindi 2 parti) e le separazioni tra masse laterali e corpo non si producono nello stesso luogo in rapporto ai condili.

2. Alla nascita: l'occipitale è in quattro parti riunite da cartilagine. La separazione, dal punto di vista osteopatico, si produce all'unione del corpo e del 1/3 anteriore dei condili, da cui la possibilità di:

Lesioni intra-ossee a questo livello poiché vi è il passaggio del canale dell'ipoglosso, con incidenze sul nervo Grande Ipoglosso XII (disturbi della suzione, causa di vomiti nel neonato alla nascita)

lesioni del forame occipitale con rischi di ripercussioni sul bulbo.

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3.Dopo la nascita:

A 5 anni si verifica la fusione tra squama del sopra-occipite e parti condiloidee. A sette anni si verifica la fusione delle parti condiloidee e dei 2/3 posteriori dei condili con l'apofisi basilare e il 1/3 anteriore dei condili, al livello del canale dell'ipoglosso.

IV. Rapporti dell'occipitale:

1. Inserzioni legamentose e follicolari: (Fig.55)

Tra occipite-atlante:

I legamenti occipito-atloidiani laterali: dal retro del condilo, alla sommità dell'apofisi trasversa o processo trasverso dell'atlante

La membrana occipito-atloidiana anteriore: dal margine anteriore del forame occipitale, tra i condili, all'arco anteriore dell'atlante.

La membrana occipito-atloidiana posteriore: dal forame occipitale, all'arco posteriore dell'atlante.

La capsula occipite-atlante: attorno ad ogni condilo.

Il legamento cervicale posteriore che continua sulle apofisi spinose di 7 vertebre cervicali.

Tra occipite ed epistrofeo:

Il legamento occipito-odontoideo mediano o legamento apicale: dalla parte anteriore del forame occipitale alla sommità dell'apofisi odontoidea o processo odontoideo

I legamenti occipito-odontoidei laterali o legamenti alari: da ogni lato del forame occipitale alle facce laterali della sommità dell'odontoide

Il legamento occipito-epistrofeo: dalla doccia basilare alla faccia posteriore del corpo dell'epistrofeo.

Il grande legamento comune vertebrale anteriore: esso si inserisce sul tubercolo faringeo dell'apofisi basilare:

Il grande legamento comune vertebrale posteriore: esso si inserisce sulla doccia basilare poi sulla faccia posteriore dei corpi vertebrali per formare la parete anteriore del canale rachidiano.

Il legamento cruciforme.

2. Inserzioni muscolari: (Fig.55)

I muscoli posteriori:

Sulla linea curva occipitale superiore:

Posteriormente e anteriormente l'occipitale ed il trapezio, posteriormente e in fuori il capo cleido-occipitale ed il capo sterno-occipitale del S.C.M. Anteriormente e in dentro, il grande complesso, il piccolo complesso. Anteriormente e in fuori: lo splenio, il piccolo obliquo.

Sulla linea curva occipitale inferiore troviamo:

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il retto superiore (o piccolo retto posteriore), il retto inferiore ( o grande retto posteriore), l'obliquo superiore (o piccolo obliquo)

I muscoli anteriori:

Lateralmente al condilo: il retto laterale. Vicino al tubercolo faringeo: il piccolo retto anteriore e il grande retto anteriore.

3. Inserzioni aponevrotiche:

L'aponeurosi superficiale s’inserisce:

Sulla linea curva occipitale superiore

Sulla porzione mastoide del temporale (che continua sull'apofisi zigomatica e sul mascellare inferiore)

L'aponeurosi profonda s’inserisce: sull'apofisi basilare, tapezzando il grande legamento comune vertebrale anteriore o legamento longitudinale anteriore.

4. Membrane intra-craniche

Il tentorio del cervelletto: sulle labbra della doccia occipitale trasversa (E' " il pavimento del cervello ed il tetto del cervelletto").

La falce del cervello: sulla doccia superiore

La falce del cervelletto: sulla cresta occipitale interna.

La dura-madre cranico-spinale:

Sulla faccia endocranica

La circonferenza del forame occipitale

Prosegue le sue inserzioni ossee fino a C2.

5. Rapporti cerebrali:

La fossa cerebrale posteriore: per mezzo della faccia endocranica della squama interparietale che è in rapporto con il lobo occipitale

La fossa cerebellare: per mezzo dell'occipite che è in rapporto con la faccia posteriore del cervelletto.

La fossa cerebrale centrale: per mezzo delle masse laterali, del corpo dell'occipite e del forame occipitale in rapporto con la protuberanza anulare il bulbo e il IV ventricolo.

Lesioni intra-ossee dell'occipitale potranno causare la sintomatologia di:

Sindromi piramidali

Sindromi extra-piramidali

Sidromi cerebellari spastiche o cinetiche

Sindromi occipitali (disturbi della vista, agnosie allucinatorie)

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Disturbi motori dei nervi cranici (bulbo)

Disturbi dei centri fisiologici del IV ventricolo

6. Rapporti nervosi: (Fig.60)

I IX, X e XI nervi cranici: in rapporto con il Forame Lacero Posteriore (F.L.P)

Il Grande Ipoglosso XII: in rapporto con il canale dell’ipoglosso, al livello delle parti condiloidee.

La radice spinale dello Spinale XI: in rapporto con il forame occipitale.

Il bulbo ed il midollo spinale al livello del forame occipitale.

7. Rapporti circolatori: (Fig.60)

Con il sistema venoso:

Il Torculare d'Erofilo, al livello della protuberanza occipitale interna, confluente dei punti d’incontro dei seni laterali, longitudinale, occipitale inferiore.

Il seno occipitale inferiore con la cresta occipitale interna

Il seno longitudinale superiore con la doccia occipitale superiore

I seni laterali con le docce occipitali trasverse e il letto giugulare sul margine anteriore dell'occipite

La vena giugulare interna, dove passa il 95% del sangue venoso, con il Forame Lacero posteriore

Il seno petroso inferiore nella doccia basilare situata tra la rocca petrosa e la massa laterale.

Con il sistema arterioso:

L'arteria carotide interna: in rapporto con il Forame Lacero anteriore (F.L.A.)

L'arteria vertebrale: al livello del forame occipitale

Le arterie meningee:

L'arteria meningea posteriore (branca della carotide esterna) con la dura-madre del corpo dell'occipitale

Le arterie meningee (branche dell'arteria vertebrale) con la dura-madre cerebellare.

V. Punti di repere palpatori nell'adulto:

1. Il Lambda: sopra una parte piana all'intersezione della parte tutta superiore del margine superiore dell'occipitale con i due parietali, al livello della sutura sagittale.

2. Gli Asterion: superfici in piano situate a circa tre dita traverse dalle apofisi mastoidee dei temporali.

3. L'Inion (o protuberanza occipitale esterna): sporgenza situata sulla linea mediana e che funge da inserzione al legamento cervicale posteriore nettamente palpabile a questo livello.

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4. La linea curva occipitale superiore: cresta sporgente situata da una parte all'altra dell'Inion

5. I margini infero-laterali dell'occipitale: all'estremità della linea curva occipitale superiore, appena dietro gli asterion.

VI. Fisiologia dell'occipitale:

1. Asse fisiologico dei movimenti: (Fig.61)

E' con quello dello sfenoide e del sacro l'asse principale del M.R.P..

E' un asse trasverso orizzontale, che passa perpendicolare alle apofisi giugulari ed è situato su un piano che passa per la parte superiore del corpo dell'occipitale.

Esso permette un movimento di bascula antero-posteriore in un piano sagittale che caratterizza il movimento di flessione-estensione delle placche ossee della linea centrale.

2. Fisiologia dei movimenti: (Fig.62)

L'occipitale è un osso dispari della linea centrale che effettua dei movimenti di flessione-estensione.

La flessione:

La risalita del Basion definisce la flessione dell'occipitale.

Nel corso della fase d’inspirazione primaria cranica, l'occipitale bascula antero-posteriormente attorno al suo asse.

La squama occipitale scende e bascula indietro.

Gli angoli inferiori-laterali scendono.

L'apofisi basilare risale, guidata nei binari dell'articolazione petro-basilare.

Il forame occipitale tende anch'esso a risalire.

L'estensione:

Il ritorno alla posizione neutrale del basion definisce l'estensione dell'occipitale.

Durante la fase espiratoria primaria, l'occipitale bascula sagittalmente avanti intorno al suo asse trasverso.

La squama risale e bascula in avanti

Gli angoli inferiori-laterali risalgono

L'apofisi basilare riscende, sempre guidata dal binario petro-basilare

Il forame occipitale ha, anch'esso, tendenza a scendere.

CAPITOLO VIII

LO SFENOIDE 58

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I. Descrizione anatomica:

Lo sfenoide è un osso dispari e simmetrico.

Esso si trova tra:

L'etmoide e il frontale anteriormente

L’occipitale posteriormente

I parietali ed i temporali lateralmente.

Esso fa parte:

Delle orbite

Delle fosse nasali (fondo delle fosse)

Della fossa temporale

Della fossa infra-temporale

Esso è costituito da:

Un corpo

Tre espansioni: le grandi e le piccole ali e le apofisi pterigoidee

1. Il corpo dello sfenoide:

Di forma cubica, contiene i due seni sfenoidali e presenta la seguente descrizione:

La faccia superiore, endocranica, che comprende: (Fig.63)

Nella parte anteriore:

Lo Jugum o processo sfenoidale

Le docce ottiche

Nel mezzo:

la sella turcica (o fossa ipofisiaca o fossa pituitaria)

Nella parte posteriore:

la lamina quadrilatera ( o clivio), obliqua, più o meno verticale, che sostiene le due apofisi clinoidee o processi clinoidei posteriori dove si inserisce la grande circonferenza del tentorio del cervelletto.

La faccia anteriore, etmoido-nasale comprende: (Fig.64)

- L'orifizio delle fosse nasali

- La cresta sfenoidale anteriore, con da una parte e dall'altra di questa cresta, gli orifizi dei seni sfenoidali

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- Le mezze cellule sfenoidali che corrispondono alla faccia posteriore delle masse laterali dell'etmoide.

La faccia inferiore, faringea comprende: (Fig.65)

La cresta sfenoidale inferiore di cui l'estremità anteriore molto sporgente forma il becco o rostro sfenoidale.

La faccia posteriore articolare.(Fig.66)

A forma di quadrilatero, si unisce alla faccia anteriore dell'apofisi basilare per mezzo di cartilagine e forma cosi' la sincondrosi sfeno-basilare.

Le facce laterali comprendono: (Fig.67)

Le grandi e piccole ali

La doccia carotidea o doccia cavernosa

2. Le piccole ali: (Fig. 67 e 68)

- Prendono origine sulla parte laterale ed anteriore del Jugum, la regione alare, attraverso due radici: la radice superiore e la radice inferiore che delimitano il foro ottico dove passa il nervo ottico.

- Si dirigono verso i lati, subito larghe ed affilandosi progressivamente.

- La parte posteriore della piccola ala forma l'apofisi clinoidea anteriore dove si inserisce la piccola circonferenza del tentorio del cervelletto.

- Fra la piccola e la grande ala si trova la fessura sfenoidale o fessura orbitale.

- Esse formano il tetto della parte posteriore dell'orbita.

3. Le grandi ali: (Fig. 68/71)

Esse presentano tre facce:

La faccia endocranica: (Fig.68)

Molto concava in dentro, essa presenta dal davanti al dietro e dal dentro al fuori:

- Il grande foro rotondo e Forame Rotondo, dove passa il nervo mascellare superiore (V2)

- Il forame ovale, dove passano il nervo mascellare inferiore (V3) e l'arteria meningea piccola

- Il foro piccolo rotondo o Forame Spinoso, dove passano l'arteria meningea media e le sue vene.

La parte superiore interna della grande ala limita la fessura sfenoidale.

La faccia orbitale: (Fig.69)

Essa forma la parete esterna dell'orbita e limita la fessura sfenoidale nella sua parte superiore.

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La faccia temporale, laterale presenta la cresta infra-temporale, ad angolo retto che separa:

Una porzione verticale temporale

Una porzione orizzontale infra-temporale.

4. Le apofisi pterigoidee: (Fig.72/75)

Sono situate sulla faccia inferiore e sono attaccate da due radici che delimitano il foro vidiano alla loro origine, poi si riuniscono per formare una sola ala che si separerà in seguito in due lamine:

- La lamina interna o mediale, lunga, finisce con un uncino appuntito, puleggia di riflesso del muscolo peristafilino esterno o muscolo tensore del velo del palato.

- La lamina esterna o laterale , più larga, delimita in fuori la fossa pteridoidea.

II. Articolazioni dello sfenoide:

1. Con l'occipitale:

La sinfisi sfeno-basilare, sincondrosi fino all'età di 25 anni, prende in seguito un aspetto reticolare permettendo una flessibilità che consente una leggera angolazione nella Respirazione Primaria.

2. Con i temporali:

Tramite la grande ala:

- A livello del margine posteriore, per mezzo di una sutura squamo-dentellata (squamosa in alto, dentellata in basso):

Tra il Pterion e il punto Pivot Sfeno-Squamoso (P.S.S.) che si trova al livello della cresta infra-temporale dello sfenoide:

La parte verticale, concava della grande ala, con il margine anteriore della squama temporale, per mezzo di una sutura a tavolato interno ricoperta dal temporale.

Tra il P.S.S. e la spina dello sfenoide: la parte orizzontale, con il margine antero-inferiore del temporale per mezzo di una sutura a tavolato interno che ricopre il temporale.

- Al livello della punta posteriore interna della grande ala con il margine anteriore della rocca petrosa. Per mezzo di una sincondrosi flessibile tutta la vita: la sutura sfeno-petrosa.

Tramite la lamina quadrilatera: con la punta della rocca petrosa, in una sindesmosi con il legamento sfeno-petroso di Gruber.

3. Con i parietali:

Al livello dello Pterion, tramite la parte posteriore del margine superiore della grande ala, con l'angolo anteriore inferiore del parietale, tramite una sutura squamosa a tavolato interno che ricopre il parietale.

4. Con il frontale:

Tramite la grande ala: sulla parte anteriore del margine superiore, sopra una superficie a forma di L rovesciata, a tavolato interno, articolare con il frontale e che lo sorregge.

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Tramite la piccola ala: di cui il margine anteriore si articola, da una parte e dall'altra del processo etmoidale, con il margine posteriore della lamina orbitale del frontale.

5. Con l'etmoide:

Tramite il margine anteriore del processo sfenoidale: articolare con il margine posteriore della lamina orizzontale dell'etmoide

Tramite la cresta sfenoidale: articolare con il margine posteriore della lamina verticale dell'etmoide.

Tramite le mezze celle sfenoidali: articolari con le mezze cellule etmoidali, in una sutura armoniosa.

6. Con i palatini:

Sul corpo: tramite due piccole suture armoniose situate lateralmente:

- una sulla faccia anteriore: articolare con l'apofisi orbitale del palatino.

- l'altra sulla faccia inferiore: articolare con l'apofisi sfenoidale del palatino.

Tramite l'ala interna dell'apofisi pterigoidea: di cui il margine anteriore è articolare con il margine posteriore della lamina verticale del palatino.

Al livello della scanalatura pterigoidea: l'apofisi piramidale del palatino è articolare con la fessura pterigoidea in una sorta di linguetta in un solco che realizza dei movimenti di "navetta".

7. Con il vomere:

La cresta sfenoidale inferiore si articola con il margine superiore del vomere, in forma di doccia. Si tratta di una schindelesi che permette i movimenti di slittamento.

8. Con i malari:

Tramite il margine anteriore della grande ala, al livello della parte anteriore esterna della fossa orbitale, che si articola con il margine posteriore del malare tramite una sutura a dente di sega.

III. Ossificazione dello sfenoide: (Fig.76)

Essa è cartilaginea per la parte di mezzo:

- Corpo

- Parte inferiore delle grandi ali

- Piccole ali

E' membranosa per le espansioni:

- Parte superiore delle grandi ali

- Apofisi pterigoidee.

1. Prima della nascita:

4 centri d’ossificazione

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Il corpo: è in due parti delimitate dalle apofisi clinoidee mediane (Fig.77).

- Il pre-sfenoide possiede 2 centri

- Il post-sfenoide possiede 2 centri

La fusione fra pre e post-sfenoide avviene verso l'ottavo mese di gestazione.

Le grandi ali: hanno un centro ciascuna

Le apofisi pterigoidee: hanno un centro per ogni lamina.

2. Alla nascita:

Lo sfenoide è diviso in tre parti:

- La prima parte comprende:

il corpo con 4 centri

le piccole ali con un centro ciascuna

- Le altre due parti comprendono:

le grandi ali con un centro ciascuna

le apofisi pterigoidee con due centri ciascuna (un centro per ogni lamina).

Le sincondrosi tra il corpo dello sfenoide e le grandi ali da una parte, e tra il corpo e le apofisi pterigoidee d'altra parte, esistono dunque alla nascita, da cui le possibili lesioni a questo livello, con rischio di strabismo.

La fusione completa dello sfenoide si realizza verso il settimo mese.

IV Rapporti dello sfenoide:

1. Inserzioni muscolari:

I muscoli masticatori:

- Il Temporale sulla faccia laterale della grande ala

- Il Pterigoideo esterno:

Il fascio pterigoideo sulla faccia esterna dell'apofisi pterigoidea.

Il fascio sfenoidale sulla faccia infra-temporale della grande ala.

- Il muscolo Pterigoideo interno sulla faccia interna dell'ala esterna dell’ala pterigoidea.

- Il Peristaffilino esterno sulla fossetta scafoide, appena indietro al pterigoideo interno.

I muscoli dell'occhio:

- I quattro muscoli retti: tramite l'anello di Zinn

Retto interno

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Retto esterno

Retto superiore

Retto inferiore

- I due muscoli obliqui: sull'orbita

Grande obliquo: ubicazione posteriore interna

Piccolo obliquo: ubicazione inferiore esterna

- Il Sollevatore della palpebra: posteriormente e in dentro.

2. Inserzioni legamentose:

Il legamento sfeno-petroso di Gruber: dall'apofisi clinoidea posteriore, alla sommità della rocca petrosa.

Il legamento sfeno-mandibolare: dalla spina dello sfenoide alla base della spina di Spyx, sulla faccia interna della branca ascendente della mandibola. Questo legamento molto corto è responsabile del blocco dello sfenoide in seguito ad alcuni interventi odontoiatrici e può provocare emicranie, a volte a un mese o due dall'intervento .

Il legamento pterigoido-mandibolare: dalla punta dell'ala esterna della pterigoide alla faccia interna della mandibola, anteriormente al legamento sfenoido-mandibolare.

3. Inserzioni aponevrotiche:

L'aponeurosi inter-pterigoidea: tesa fra le apofisi pterigoidee, va a raggiungere la faringe. Essa congiunge quindi lo sfenoide alla faringe.

L'aponeurosi orbitale: (o capsula di Tenon). Essa è collegata con l'anello di Zinn, il quale prolunga la dura madre cranica.

4. Rapporti membranosi:

Il tentorio del cervelletto: teso tra le apofisi clinoidee anteriori e le apofisi clinoidee posteriori.

La dura madre: riveste la parte endocranica dello sfenoide ed aderisce ad ogni orifizio.

5. Rapporti cerebrali:

L'ipofisi: al livello della sella turgica. Si nota che l'ipofisi può essere stimolata aumentando la circolazione del L.C.R. e la circolazione sanguina, e questo può condurre a dei risultati nel caso di disturbi ipofisari leggeri.

Il centro di Broca: situato vicinissimo all'estremità della piccola ala e la cui disfunzione può generare disturbi del linguaggio.

I centri corticali del gusto: situati vicini alla grande ala

La fossa cerebrale mediana: con l'ipotalamo e il III ventricolo, in rapporto con la S.S.B.

6. Rapporti nervosi:

Il nervo ottico II: al livello dell'anello di Zinn e nel foro ottico

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Il III, IV, VI e V1: al livello della fessura sfenoidale.

7. Rapporti circolatori:

Con le arterie:

- L'arteria carotide interna: nella doccia cavernosa, a forma di S, sul lato del corpo dello sfenoide.

- L'arteria meningea mediana: tramite il solco dell'arteria meningea mediana e dal foro piccolo rotondo (causa n.1 di emicranie).

- L'arteria oftalmica: al livello del foro ottico.

Con le vene:

E' il seno cavernoso, situato da una parte e dall'altra del corpo dello sfenoide. Si tratta di una riserva di sangue ed il punto di passaggio del sangue di ritorno orbitale.

V. Punti di repere palpatori nell'adulto:

7. La grande ala dello sfenoide: situata due dita trasverse posteriormente e inferiormente del pilastro esterno del frontale. Altro riferimento: nel prolungamento inferiore del sopracciglio e perpendicolarmente alla fessura palpebrale.

8. Pterion: leggero rigonfiamento situato a due dita traverse dietro al pilastro esterno del frontale.

9. L'ala esterna dell'apofisi pterigoidea: subito in alto e posteriormente rispetto alla parte tutta posteriore dell'arcata dentale superiore.

VI. Fisiologia dello sfenoide:

1. Asse fisiologico di movimento:(Fig.78)

E' un asse trasverso che passa per il corpo, anteriormente alla sella turgica e al livello del piano orizzontale che passa dal pavimento della sella turgica.

"Esteriormente, possiamo situarlo approssimativamente in mezzo alle apofisi zigomatiche del temporale" H.MAGOUN.

Certi osteopati considerano un asse che passa nella sella turgica, al livello del margine superiore della lamina quadrilatera, altri infine considerano quest’asse come passante nel corpo ma sotto la sella turgica. Queste piccole differenze d’ubicazione dell'asse non mettono per questo in discussione la fisiologia dello sfenoide al momento del Movimento Primario.

2. Fisiologia dei movimenti: (Fig.79)

Lo sfenoide è un osso dispari della linea centrale che effettua dei movimenti di flesso-estensione

La flessione:

La fase d'ascesa del corpo sfenoidale definisce la flessione di questo osso.

Nel corso della fase d’inspirazione primaria cranica:

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- Le grandi ali partono in basso, in avanti e in fuori

- Il corpo risale

- Le apofisi pterigoidee si abbassano e si allargano

L'estensione:

Il ritorno alla posizione neutra del corpo definisce l'estensione dello sfenoide.

Nel corso della fase d’espirazione primaria cranica:

- - Le grandi ali risalgono in alto, posteriormente e in dentro

- - Il corpo scende

- - Le apofisi pterigoidee risalgono e si restringono.

CAPITOLO IX

ORIFIZI DELLA BASE DEL CRANIO

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La base del cranio è divisa in tre logge. La loggia anteriore o fronto-etmoidale è limitata posteriormente dal margine posteriore delle piccole ali dello sfenoide.

La loggia mediana o temporo-sfenoidale è situata posteriormente e sotto la loggia anteriore. E' limitata posteriormente dal margine superiore della lamina quadrilatera dello sfenoide e dal margine superiore delle due rocche petrose.

La loggia posteriore o temporo-occipitale è situata posteriormente e sotto la loggia mediana.

Tutti i fori della base del cranio sono tapezzati da prolungamenti dura-mericiche vi aderiscono fortemente.

I. Gli orifizi della loggia anteriore:

1. I fori della lamina cribrosa dell'etmoide mettono in comunicazione il piano anteriore e le fosse nasali e comprendono:

I filetti (frenuli) nervosi del nervo olfattivo,

Le branche dell'arteria etmoidale anteriore.

2. La fessura etmoidale:

Scavata nella lamina cribrosa dell'etmoide, in fuori dall'apofisi cristagalli, contiene un prolungamento della dura madre.

3. Il forame etmoidale:

Situato fuori dalla fessura etmoidale, esso contiene il nervo nasale interno, ramo del nervo oftalmico, e l'arteria etmoidale anteriore.

4. Il canale etmoido-frontale anteriore:

Compreso tra le masse laterali dell'etmoide ed il frontale, consente la comunicazione fra il piano anteriore e l'orbita. Esso contiene il nervo nasale interno e l'arteria etmoidea anteriore.

5. Il canale etmoido-frontale posteriore:

Parallelo e dietro al precedente, esso contiene il nervo sfeno-etmoidale di Luschka e l'arteria etmoidale posteriore.

6. Il canale ottico:

Compreso tra le due radici della piccola ala dello sfenoide, consente la comunicazione tra il piano anteriore e l'orbita. E' delimitato in alto dalla radice superiore della piccola ala, inferiormente dalla radice inferiore della piccola ala, in dentro dal corpo dello sfenoide ed in fuori dall'unione delle due radici.

Esso contiene il nervo ottico (II), l'arteria oftalmica ed il plesso simpatico peri-arterioso.

7. Il forame cieco

Compreso tra la cresta del frontale e l'apofisi cristagalli dell'etmoide sulla quale si aggancia la falce del cervello, esso contiene:

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Il reticolo venoso del forame cieco ed a volte la vena etmoido-frontale o vena del forame cieco.

Un prolungamento della dura madre.

II. Gli orifizi della loggia mediana:

1. La fessura sfenoidale è compresa tra la piccola ala e la grande ala dello sfenoide e mette in comunicazione il piano mediano con l'orbita (Fig.81).

E' delimitata in alto dalla faccia posteriore della piccola ala dello sfenoide, inferiormente dal margine anteriore della grande ala, in dentro dalla faccia laterale del corpo dello sfenoide, in fuori dall'unione della piccola ala e della grande ala dello sfenoide.

Essa è stretta, chiusa dalla dura madre, attraversata da alcuni rami dell'arteria meningea mediana nella sua parte esterna, mentre è larga ed in parte divisa da tramezzi dall'anello di Zinn nella sua parte interna.

Nell'anello passano:

- I rami del nervo oculomotore comune (III).

- Il nervo oculomotore esterno (IV).

- Il nasale, ramo del nervo oftalmico.

- La radice simpatica del ganglio oftalmico.

Fuori dall'anello passano:

- La vena oftalmica.

- I nervi lacrimale, frontale e patetico.

- A volte la vena oftalmica accessoria.

2. Il grande foro rotondo o Forame Rotondo si trova tra le radici mediana e anteriore della grande ala dello sfenoide e mette in comunicazione il piano mediano della base con la fossa pterigo-mascellare.

Esso è delimitato: in alto dal margine inferiore della radice anteriore, inferiormente dal margine anteriore della radice mediana, in fuori dall'unione delle due radici, in dentro dal corpo dello sfenoide. Esso contiene il nervo mascellare superiore, il suo ramo ricorrente meningeo e le vene di Nuhn che uniscono il plesso pteridoideo al seno cavernoso.

3. Il forame ovale si trova tra le radici mediana e posteriore della grande ala e mette in comunicazione il piano mediano con la regione infra-pterigoidea. Esso contiene il nervo mascellare inferiore, l'arteria piccola meningea e sul versante esocranico del suo margine interno s’inserisce l'aponeurosi inter-pterigoidea.

4. Il piccolo foro rotondo o forame spinoso, scavato nello spessore della grande ala dello sfenoide, posteriormente e in fuori rispetto al forame ovale, mette in comunicazione il piano mediano con la regione inter-pterigoidea. Esso può essere incompleto e scavare allora il margine posteriore della grande ala. Esso contiene l'arteria meningea mediana, le vene meningee mediane ed il ramo meningeo del nervo mascellare inferiore.

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5. Il foro innominato d'Arnold si trova in dentro e posteriormente rispetto al forame ovale, quando esiste. Esso contiene i nervi piccoli petrosi superficiali e profondi che passano dalla incisura sfeno-temporale quando quest’orifizio non esiste.

6. Il Forame Lacero anteriore si trova anteriormente e in dentro rispetto alla punta della rocca petrosa (Fig.82). E' delimitato: anteriormente ed in dentro dal margine inferiore del segmento ascendente della doccia carotidea scavata sul corpo dello sfenoide, anteriormente dal margine posteriore della grande ala dello sfenoide, posteriormente e in dentro da un breve segmento del corpo dell'occipitale ed in fuori dal labbro inferiore dell'orifizio di uscita del canale carotideo.

E' diviso in due comparti dalla lingula staccata del margine posteriore della grande ala:

- Il comparto interno è otturato, allo stadio recente, da una lamina fibro-cartilaginea sulla quale riposa l'arteria carotide interna che penetra nel seno cavernoso.

- Il comparto esterno è aperto e contiene il nervo vidiano, costituito dal grande petroso superficiale, dal grande petroso profondo e dal un filetto frenulo simpatico nato dal plesso peri-carotideo, un ramo anastomotico della carotide interna all'arteria vidiana, un ramo dell'arteria faringea ascendente e le vene del Forame Lacero anteriore.

7. Il canale carotideo, esocranico, è scavato nello spessore della rocca petrosa e consente la comunicazione fra lo spazio infra-parotideo posteriore con il piano mediano. Il suo orifizio esocranico si trova sulla faccia posteriore della rocca petrosa, anteriormente e in dentro rispetto alla fossa giugulare da cui è separato tramite la cresta giugulare.

Il suo tragitto intra-petroso è sinuoso.

Il suo orifizio endocranico si trova sulla somma della rocca petrosa.

Esso contiene l'arteria carotide interna, il suo plesso simpatico, il suo plesso venoso (seno di Rektorzik).

8. Lo Hiatus di Fallopio si trova sulla faccia anteriore della rocca petrosa, posteriormente ed esternamente rispetto alla fossetta del ganglio di Gasser. Esso contiene il nervo grande petroso superficiale, a volte il grande petroso profondo.

9. Gli Hiatus accessori, situati esternamente rispetto al precedente, contengono i nervi piccoli petrosi superficiale e profondo, a volte il grande petroso profondo.

III. Gli orifizi della loggia posteriore:

1. Il foro mastoideo, situato nell'apofisi mastoide del temporale, il suo orifizio interno si apre nella doccia del seno laterale mentre il suo orifizio esocranico si trova sulla faccia esterna della mastoide. Esso contiene:

- La vena emissaria mastoidea

- A volte una arteriola meningea, branca dell'occipitale.

2. Il foro stilo-mastoideo, situato esternamente ed indietro rispetto all'apofisi stiloide, sulla faccia esocranica della rocca petrosa. Esso costituisce l'orifizio inferiore dell'Acquedotto di Fallopio.

Esso contiene l'arteria stilo-mastoidea ed il nervo facciale (VII).

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3. Il Forame Lacero posteriore (Fig.83), scavato nella parte mediana dell’incisura petro-occipitale, mette in comunicazione il piano posteriore della base con lo spazio sotto-parotideo posteriore.

- Esso è limitato: anteriormente e posteriormente dal margine posteriore della rocca petrosa, posteriormente e anteriormente dal margine laterale della massa laterale dell'occipitale. La sua estremità antero-interna, affilata, è formata dall'unione della rocca petrosa con l'occipitale mentre la sua estremità postero-esterna, larga, è formata dall'unione dell'apofisi giugulare dell'occipitale e dall'ommatidio giugulare del temporale.

- Esso è diviso in due parti dal legamento petro-occipitale teso dalla spina giugulare dell'occipitale alla spina giugulare del temporale.

- Nel comparto anteriore, esso contiene il nervo glosso-faringeo (IX) che scava il margine posteriore della rocca petrosa ed il seno petroso inferiore.

- Nel comparto mediano, esso contiene il nervo pneumogastrico (X), il nervo spinale (XI) e l'arteria meningea posteriore, branca dell’arteria faringea ascendente.

- Nel comparto posteriore passa il seno laterale che continua attraverso la vena giugulare interna.

4. Il foro condiloideo anteriore, scavato nello spessore delle masse laterali dell'occipitale permette la comunicazione fra il piano posteriore della base con lo spazio sotto-parotideo posteriore.

Il suo orifizio interno si apre sulla faccia endocranica delle masse laterali, sotto e dentro rispetto al tubercolo occipitale, mentre il suo orifizio esterno si apre nella fossa condiloidea anteriore, fuori dal segmento anteriore dei condili.

Esso contiene il nervo grande ipoglosso (XII), il suo ramo ricorrente meningeo che nasce nel canale, due vene condilee anteriori e un ramo dell'arteria faringea ascendente.

5. Il foro condiloideo posteriore, incostante, situato indietro al precedente, sbuca nella fossa condiloidea posteriore, dietro i condili e contiene le vene condiloidee posteriori.

6. Il forame occipitale, scavato nell'occipitale mette in comunicazione il canale rachidiano con il piano posteriore della base (Fig.84). Esso si trova in un piano obliquo inferiormente e posteriormente. Ovaleggiante a grossa estremità posteriore, lungo da 3,5 cm, largo da 3 cm, si restringe nella sua metà anteriore a causa della sporgenza dei condili articolari.

E' delimitato: anteriormente dal margine posteriore del corpo, lateralmente dal margine interno delle masse laterali e posteriormente dal margine anteriore della squama. Esso contiene: il bulbo rachideo e le sue guaine meningee di cui la dura madre che aderisce alla circonferenza del foro.

La prima digitazione del legamento dentellato che attraversa a volte il forame occipitale.

Le due arterie vertebrali.

Le arterie spinali anteriori ed a volte posteriori.

La radice midollare di ogni nervo spinale (XI).

Dei plessi venosi.

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7. Il condotto acustico interno (C.A.I.) si apre all'unione del terzo interno e dei due terzi esterni della faccia endocranica posteriore della rocca petrosa (Fig.84 bis).

Lungo da 7 a 8 mm, obliquo fuori e dietro, si chiude in fondo con una lamella ossea divisa in 4 fossette.

Esso contiene:

- Il nervo facciale (VII)

- Il nervo intermediario di Wrisberg (VII bis)

- Il nervo acustico (VIII) che si divide in nervo cocleare, nervo sacculare, nervo vestibolare, nervo ampollare.

- L'arteria acustica interna.

8. Il condotto del vestibolo si apre alla parte superiore della fossetta ungueale situata ad un cm dietro ed in fuori rispetto all'orifizio del condotto auditivo interno. Esso contiene il canale endo-linfatico, i vasi vestibolari ed un prolungamento della dura madre.

9. Il canale vidiano, esocranico, scavato alla base dell'apofisi pterigoidea, compreso tra le due radici dell'apofisi pterigoidea, sagittale, obliquo anteriormente e in dentro, lungo da 1 cm, è più largo anteriormente che indietro. Il suo orifizio anteriore sbuca nel retrofondo della fossa pterigo-mascellare. Esso contiene il nervo vidiano e l'arteria vidiana.

10. Il canale pterigo-palatino, esocranico, compreso tra l'apofisi sfenoidale del palatino e l'apofisi vaginale della pterigoide, contiene l'arteria pterigo-palatina ed il nervo faringeo di Bock.

11. Il canale timpanico, esocranico, si apre sulla cresta giugulare compresa tra la fossa giugulare e l'orifizio carotideo e contiene il nervo di Jacobson, ramo collaterale del nervo glosso-faringeo.

12. Il canale carotido-timpanico si apre nel canale carotideo, vicino al suo orifizio di ingresso e contiene il nervo e l'arteria carotido-timpanica.

13. L'ostium Introitus si apre sulla parete esterna della fossa giugulare, sulla faccia esocranica posteriore della rocca petrosa. Esso contiene il ramo acustico del pneumogastrico (o ramo della fossa giugulare)

14. La incisura di Glaser lascia passare l'arteria timpanica e la corda del timpano.

15. Il condotto acustico esterno (C.A.E.) è in rapporto con la cartilagine acustica.

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CAPITOLO X

LA SINCONDROSI SFENO-BASILARE

La sinfisi sfeno-basilare è l'articolazione fra lo sfenoide e l'occipitale. E' una sincondrosi poichè esiste un vero e proprio disco fra le due ossa. Questo disco perde elasticità con l'invecchiamento ma conserverà sempre una flessibilità che consente i movimenti di Fessione-Estensione del Meccanismo Respiratorio Primario.

I. Richiamo anatomico:

1. Articolazioni dell'occipitale:

Con lo sfenoide:

Tramite una superficie articolare quadrilatera, situata sulla faccia anteriore dell'apofisi basilare, riunita da una cartilagine alla superficie del corpo dello sfenoide.

Con il temporale:

- -Tramite la sutura occipito-mastoidea:

Per mezzo di un'ugnatura a tavolato interno: dall'Asterion al punto Perno Condilo-Squamo-Mastoideo (P.C.S.M.), ricoperto dal temporale.

Per mezzo di un'ugnatura a tavolato interno: dal P.C.S.M. all'apofisi giugulare, ricoprendo il temporale.

- -Tramite l'apofisi giugulare: attraverso una superficie quadrilatera obliqua in alto, anteriormente e esternamente, articolare con la fossetta giugulare del temporale.

- -Tramite il margine laterale dell'apofisi basilare: attraverso un'articolazione in doccia (sindesmosi), sede del movimento di slittamento della rocca petrosa in rapporto all'occipitale.

Con il parietale:

Tramite il margine supero-laterale coronario, fra Lambda ed Asterion.

Tramite un'ugnatura a tavolato interno: dal Lambda al punto Perno Occipito-Parietale, ricoprendo il parietale.

Tramite un'ugnatura a tavolato interno: dal P.O.P. all'Asterion ricoperto dal parietale.

Con l'atlante:

Tramite i condili occipitali, convessi, rivolti inferiormente e esternamente, articolari con la glena concava dell'atlante che è rivolta in alto e in dentro. Si tratta di un’articolazione di tipo diartrosica (capsula, legamenti, sinoviale).

II. Articolazioni dello sfenoide:

1. Con l'occipitale:

Tramite la faccia posteriore del corpo con la faccia anteriore dell'apofisi basilare.72

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2. Con i temporali:

Tramite la grande ala:

- al livello del margine posteriore, per mezzo di una sutura squamo-dentellata ( squamosa in alto, dentellata inferiormente):

Tra lo Pterion ed il punto Perno Sfeno-Squamoso (P.S.S.) , quest'ultimo situato al livello della cresta infra-temporale dello sfenoide:

La parte verticale, concava della grande ala, con il margine anteriore della squama temporale, tramite un'ugnatura a tavolato interno ricoperta dal temporale.

Tra il P.S.S. e la spina dello sfenoide: la parte orizzontale con il margine anteriore-inferiore del temporale, tramite un'ugnatura a tavolato interno che ricopre il temporale.

- Al livello della punta posteriore-interna della grande ala con il margine anteriore della rocca petrosa: tramite una sincondrosi flessibile tutta la vita.

Tramite la lamina quadrilatera: con la punta della rocca petrosa, in una sindesmosi con il legamento petro-sfenoidale di Gruber.

3. Con i parietali:

Al livello dello Pterion, tramite la parte posteriore del margine superiore della grande ala, con l'angolo anteriore-inferiore del parietale per mezzo di una sutura squamosa ad ugnatura interna che ricopre il parietale.

4. Con il frontale:

Tramite la grande ala: sulla parte anteriore del margine superiore, sopra una superficie a forma di L rovesciata, ad ugnatura interna, articolare con il frontale e che lo sorregge.

Tramite la piccola ala: di cui il margine anteriore si articola, da una parte e dall'altra del processo etmoidale, con il margine posteriore della lamina orbitale del frontale.

5. Con l'etmoide:

Tramite il margine anteriore del processo sfenoidale : articolare con il margine posteriore della lamina orizzontale dell'etmoide.

Tramite la cresta sfenoidale: articolare con il margine posteriore della lamina verticale dell'etmoide.

Tramite le semi-cellule sfenoidee: articolari con le mezze cellule etmoidali in una sutura armoniosa.

6. Con i palatini:

Sul corpo, tramite due piccole suture armoniose situate lateralmente:

- Una sulla faccia anteriore: articolare con l'apofisi orbitale del palatino.

- L'altra sulla faccia inferiore: articolare con l'apofisi sfenoidale del palatino

Tramite l'ala interna dell'apofisi pterigoidea: il cui margine anteriore è articolato con il margine anteriore della lamina verticale del palatino.

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Al livello del solco pterigoideo: l'apofisi piramidale del palatino è articolare con il solco pterigoideo in una specie di linguetta dentro un solco che effettua dei movimenti di "navetta".

7. Con il vomere:

La cresta sfenoidale inferiore si articola con il margine superiore del vomere, in forma di doccia. Si tratta di una sutura di tipo schindiselico che permette dei movimenti di slittamento.

8. Con i malari:

Tramite il margine anteriore della grande ala, al livello della parte anteriore-esterna della fossa orbitale, che si articola con il margine posteriore del malare tramite una sutura a dente di sega.

III. Assi fisiologici della sfeno-basilare:

1. Asse fisiologico dell'occipitale: si tratta di un’asse trasverso orizzontale che passa perpendicolare alle apofisi giugulari ed è situato in un piano che passa per la parte superiore del corpo dell'occipitale.

Esso consente un movimento di bascula antero-posteriore, su un piano che caratterizza il movimento di flessione-estensione, delle placche ossee della linea centrale.

2. Asse fisiologico dello sfenoide:

"E' un asse trasverso che passa per il corpo, in avanti ed al livello del pavimento della sella turcica. Esteriormente, si può situarlo, approssimativamente in mezzo all'apofisi zigomatica del temporale" (H.MAGOUN).

IV. Movimenti fisiologici della sfeno-basilare: (Fig. 85 e 88)

La flessione-estensione è il movimento che bisogna ripristinare nel migliore dei modi per i seguenti motivi:

- essa induce i movimenti di tutto il corpo (dall'alto verso il basso) e quindi ad un trauma periferico può conseguire un disturbo di questo movimento Primario.

- Essa è il vettore della trasmissione meccanica dei parametri di fluttuazione del L.C.R. per l'intermediario delle M.T.R.

A. La flessione respiratoria primaria:

1. Definizione:

La flessione della S.S.B. si definisce attraverso la posizione alta del corpo dello sfenoide e dell'occipitale.

2. Meccanica della flessione:

Durante la fase d’Inspirazione Primaria cranica:

Si verifica una contrazione della massa cerebrale da davanti indietro ed un’espansione lateralmente:

- Il diametro antero-posteriore diminuisce: di conseguenza i ventricoli aumenteranno.

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- Il diametro laterale si allarga poichè la massa cerebrale ed il liquido che la circonda conservano il medesimo volume. I lobi parietali tendono ad aprirsi e ad allargarsi lateralmente.

- Il diametro verticale diminuisce: si produce una risalita del terzo ventricolo, risalita della S.S.B. ed abbassamento della falce del cervello.

- Anche il cervelletto vede diminuire il suo diametro antero-posteriore ed aumentare il suo diametro laterale.

Al livello dello sfenoide:

- Le grandi ali si spostano in basso, in avanti e in fuori,

- Il corpo risale,

- Le apofisi pterigoidee si abbassano e si allargano.

Al livello dell'occipitale:

- L'occipitale bascula antero-posteriormente attorno al suo asse,

- La squama occipitale scende e bascula indietro,

- Gli angoli inferiori-laterali scendono,

- L'apofisi basilare risale, guidata nei binari dell'articolazione petro-basilare,

- Anche il forame occipitale tende a risalire.

Al livello delle altre ossa del cranio: (Fig.87 e 88)

- Lo sfenoide induce le ossa della sfera anteriore:

Le ossa dispari della linea centrale vanno in flessione (etmoide, vomere) come in un meccanismo di ruote dentate (Fig.86).

Le ossa pari della periferia che formano i quadranti anteriori si adattano in rotazione esterna.

- L'occipitale induce le ossa della sfera posteriore:

L'occipitale, osso dispari della linea centrale parte in flessione, mentre le ossa pari che formano i quadranti posteriori si adattano in rotazione esterna (temporali, parietali). La volta si abbassa in flessione.

Al livello del sacro: (Fig.90)

Il sacro, osso dispari della linea centrale, bascula in flessione tra le iliache, sul suo asse respiratorio S2, "come una navicella che segue il suo pallone". La punta del sacro si porta anteriormente e la base parte posteriormente.

B. L'estensione respiratoria primaria:

1. Definizione:

L'estensione della S.S.B. si definisce con la posizione bassa del corpo dello sfenoide e la posizione bassa del corpo dell'occipitale.

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2. Meccanica dell'estensione

Nel corso della fase di Espirazione Primaria cranica:

Si verifica un rilasciamento della massa cerebrale da davanti indietro ed una retrazione lateralmente:

- Il diametro antero-posteriore aumenta: i ventricoli quindi diminuiranno.

- Il diametro laterale diminuisce poiché la massa cerebrale ed il liquido che la circonda conservano il medesimo volume. I lobi parietali tendono a chiudersi ed a restringersi lateralmente.

- Il diametro verticale aumenta: si produce una discesa del terzo ventricolo, della S.S.B. e risalita della falce del cervello.

- Anche il cervelletto vede aumentare il suo diametro antero-posteriore e diminuire il suo diametro laterale.

Al livello dello sfenoide:

- Le grandi ali risalgono in alto, indietro e in dentro,

- Il corpo scende,

Le apofisi pterigoidee risalgono e si restringono.

Al livello dell'occipitale:

- La squama occipitale risale e bascula in avanti,

- Gli angoli inferiori-laterali risalgono,

- L'apofisi basilare riscende, guidata nei binari dell'articolazione petro-basilare,

- Il forame occipitale ha anch'esso tendenza a scendere.

Al livello delle altre ossa del cranio:

- Lo sfenoide induce le ossa della sfera anteriore:

Le ossa dispari della linea centrale partono in estensione (etmoide, vomere) tramite lo stesso meccanismo di ruote dentellate.

Le ossa pari della periferia che formano i quadranti anteriori si adattano in rotazione interna.

- L'occipitale induce le ossa della sfera posteriore:

L'occipitale, osso dispari della linea centrale, parte in estensione mentre le ossa pari che formano i quadranti posteriori si adattano in rotazione interna (temporali, parietali). La volta si solleva in estensione.

Al livello del sacro:

Il sacro, osso dispari della linea centrale, bascula in estensione tra le iliache, sul suo asse respiratorio S2.La punta del sacro si porta indietro e la base parte in avanti.

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CAPITOLO XI

IL FRONTALE

I. Descrizione anatomica:

Secondo la descrizione classica, il frontale è un osso dispari e simmetrico della linea mediana.

Secondo il concetto osteopatico, il frontale è un osso pari. In effetti il concetto osteopatico considera l'osteogenesi di questo osso, separato in partenza in due frontali dalla sutura metopica. Un certo numero di crani rimangono d'altronde con una sutura metopica non saldata.

I lavori di F.MITCHELL, D.MICHAEL, E.RETZLAF e R.ROPPEL del Dipartimento di Biologia Meccanica dell'Università di Stato del Michigan, effettuati su una popolazione di Saimiri Sciuridi, confermano la presenza di due frontali con una sutura metopica mobile e funzionale sulla scimmia adulta.

Il frontale è in rapporto osseo con i parietali dietro, lo sfenoide e l'etmoide anteriormente. Esso è costituito da una parte verticale o frontale e da una parte orizzontale o orbito-nasale.

1. La faccia esterna esocranica: (Fig.91/93)

Si tratta di una faccia emisferica, convessa che presenta:

La cresta orbito-nasale che separa il segmento verticale dal segmento orizzontale e che comprende:

- Il solco nasale, nella parte mediana, a forma di V aperta inferiormente.

- Le arcate orbitali, da una parte e dall'altra della solco ed ognuna che termina con:

Il pilastro esterno o apofisi orbitale esterna

Il pilastro interno o apofisi orbitale interna

- Ogni arcata orbitale è scavata da:

La cavità sopra-orbitale, dove passa il nervo sopra-orbitale, ramo del nervo oftalmico.

Il solco frontale, dove passa il nervo frontale, ramo del nervo oftalmico.

Il segmento frontale presenta:

- Il Bregma sulla linea mediana, nel punto più alto del frontale.

- La sutura metopica: sulla linea mediana che riunisce i due frontali.

- La glabella: appena sotto alla sutura metopica.

- Le bozze frontali lateralmente alla sutura metopica.

- Le arcate sopraciliari.

- Le faccette temporali del frontale, situate indietro alle creste laterali del frontale che sono un riferimento osteopatico importante.

Il segmento orbito-nasale presenta:77

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- Nella parte mediana:

Il solco etmoidale

La superficie etmoidale, scavata di semi-cellule

La spina nasale del frontale

- Lateralmente le fosse orbitali con:

Le fosse lacrimali

La fossetta trocleare: puleggia di riflesso del muscolo grande obliquo dell'occhio.

2. La faccia interna endocranica: (Fig.94 - 95)

Si tratta di una faccia concava che modella il lobo frontale e comprende:

Il segmento verticale, concavo, il quale presenta:

- -La cresta frontale: essa si biforca nella sua parte superiore per creare le due labbra della doccia del seno longitudinale superiore.

- -Le fosse frontali lateralmente: scavate da depressioni centrali e solchi vascolari. Esse presentano anche le granulazioni di Pacchioni, da una parte e dall'altra delle labbra della doccia del seno longitudinale superiore. Queste granulazioni esistono solo a questo livello e questo fatto è importante da conoscere al momento della lettura di radiografie del cranio.

Il segmento orizzontale presenta:

- Il solco etmoidale

- Le bozze orbitali: scavate da depressioni cirvonvolubili frontali.

3. Il seno frontale: (Fig. 96)

Da ogni lato della linea mediana, nella regione del nasion e delle arcate sopraciliari, esso si forma a partire dall'età di 6-7 anni.

II. Articolazioni del frontale:

1. Con i parietali:

Tramite la sutura coronaria tra il Bregma e Pterion.

Tra il Bregma ed il punto Pivot Fronto-Parietale (P.F.P.) tramite una sutura a tavolato interno che ricopre la sutura del parietale.

Tra il P.F.P. e Pterion tramite una sutura a tavolato interno (esterno), ricoperta dal parietale.

2. Con lo sfenoide:

Tramite la superficie sfenoidale del frontale: per mezzo di una sutura a tavolato interno articolare con la parte anteriore del margine superiore della grande ala, sopra una superficie a forma di L rovesciata che supporta e ricopre il frontale.

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Si tratta di una sutura rugosa che permette i movimenti d’ingranaggio sincronizzati tra sfenoide e frontale. Essa ha una forma auricolare come l'articolazione sacro-iliaca.

Tramite il margine posteriore della lamina orbitale del frontale: articolare con il margine anteriore della piccola ala, da una parte e dall'altra del processo etmoidale.

3. Con l'etmoide:

Tramite la superficie etmoidale (1/2 cellule): articolare con la faccia superiore delle masse laterali dell'etmoide.

Tramite i margini mediani delle lamine orbitali: articolati con la lamina cribrosa dell'etmoide, per mezzo di una sutura armoniosa.

Tramite la cresta della spina nasale: articolare con la lamina perpendicolare dell'etmoide.

4. Con le ossa proprie del naso: tramite le facce posteriori-laterali della spina nasale.

5. Con il malare: tramite il pilastro esterno del frontale, articolare con l'angolo superiore (frontale) del malare.

6. Con il mascellare superiore: tramite il margine laterale del solco nasale: con la sommità della branca ascendente del mascellare superiore per mezzo di una sutura dentellata. I mascellari sono appesi al frontale a questo livello.

7. Con l'unguis o osso lacrimale:

Sulla parte anteriore del solco etmoidale.

III. Ossificazione del frontale:

Ad eccezione della spina nasale che è di formazione cartilaginea, il frontale è di origine membranosa con due centri di ossificazione, uno per ogni mezzo-frontale (Fig. 97). Esso è dunque formato da due pezzi laterali, indipendenti all'origine, separati dalla sutura metopica e in alto dall'angolo inferiore della fontanella bregmatica (a forma di losange). La fontanella bregmatica, alla nascita, deborda largamente sulle placche ossee frontali.

La spina nasale del frontale si sviluppa attraverso due centri di ossificazione che si formano nella parte anteriore-superiore della cartilagine della spina che è anche all'origine della lamina perpendicolare dell'etmoide.

IV. Rapporti del frontale:

1. Inserzioni muscolari:

Il muscolo temporale: sulla faccetta temporale del frontale.

Il muscolo grande obliquo dell'occhio: tramite la puleggia di riflessione sulla fossetta trocleare.

2. Inserzioni aponevrotiche:

L'aponeurosi temporale: sulla cresta laterale del frontale che è il punto di riunione delle linee curve parietali superiore ed inferiore.

3. Rapporti cerebrali e nervosi:

a) Rapporti con il cervello: i lobi frontali, sedi di:

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- La motricità volontaria

- La zona dell'intelletto, della coscienza, dell'espressione

- Il centro del carattere

- Il centro primario dell'olfatto

- La corteccia fronto-orbitale neurovegetativa.

b) Rapporti con i nervi del cranio:

- Il nervo olfattivo I: il bulbo olfattivo nel solco etmoidale.

- Il nervo sopra-orbitale: ramo del nervo frontale, proveniente dal nervo oftalmico V1.

- Il nervo nasale interno: ramo del V1, il quale passa per il condotto etmoidale anteriore prima di entrare nelle fosse nasali attraverso il forame etmoidale anteriore, accompagnato dall'arteria etmoidale anteriore.

- Il nervo lacrimale: ramo del V1, il quale segue la parte esterna della lamina orbitale.

4. Rapporti circolatori:

Con le arterie:

- L'arteria sopra-orbitale: con il nervo sopra-orbitale, al livello della cavità sopra-orbitale.

- Le arterie etmoidali anteriore e posteriore: al livello del solco etmoidale.

Con le vene:

Il seno longitudinale superiore: lungo la sutura metopica.

5. Rapporti membranosi:

Si tratta dell'importante rapporto del frontale con la falce del cervello, al livello del forame cieco, sulla cresta e sulla doccia del seno longitudinale superiore.

6. I seni ossei:

Vi sono due seni frontali da ogni parte della linea mediana:

- Il piccolo seno in dentro

- Il grande seno esternamente

Essi sono costituiti da cellule ossee ingrandite, di dimensione variabile.

Essi si aprono nelle cellule etmoidali attraverso la base.

V. Punti di repere palpatori nell'adulto:

1. Le bozze frontali: da una parte e dall'altra della linea mediana

2. La sutura metopica: cresta verticale leggermente sporgente, sulla linea mediana

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3. La glabella: eminenza ossea mediana, arrotondata, situata tra le arcate sopraciliari

4. Il nasion (o solco nasale): situato immediatamente al di sotto della glabella, all'unione del frontale e delle ossa proprie del naso

5. Le arcate orbitali: da una parte e dall'altra del nasion con:

- Il solco frontale: a due dita traverse dal nasion, dove passa il nervo frontale interno.

- la cavità sopra-orbitale: a due dita traverse dal precedente, dove passa il nervo frontale esterno.

6. I pilastri esterni del frontale con:

La cresta laterale del frontale

La faccetta temporale del frontale.

VI. Fisiologia del frontale:

1. Assi fisiologici di movimenti:

Due assi verticali (uno per metà-frontale), che passano al centro delle bozze frontali ed al centro delle bozze orbitali. Questi assi permettono dei movimenti di apertura in rotazione esterna e di chiusura in rotazione interna degli emi-frontali.

2. Fisiologia dei movimenti:

Gli emi-frontali sono ossa pari che effettuano dei movimenti di rotazione esterna ed interna. Il frontale, nel suo insieme è un osso dispari della linea centrale che effettua dei movimenti di flessione-estensione.

La rotazione esterna:

Nella fase d’inspirazione primaria cranica si produce un movimento dei due emi-frontali, sincrono con il movimento di flessione della S.S.B.

Gli angoli inferiori fronto-malari si muovono anteriormente e leggermente verso il basso

La sutura metopica si scava ed indietreggia leggermente

La glabella si stira indietro e leggermente verso l'alto, tirata dalla falce del cervello al livello della cresta frontale

La sutura coronaria si deprime al livello del Bregma

I margini posteriori delle lamine orbitali si muovono lateralmente lungo le ugnature delle piccole ali

Il solco etmoidale si allarga dunque posteriormente

La superficie a L del frontale si muove verso il basso, anteriormente e esternamente, come lo sfenoide.

La rotazione interna:

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Nella fase di espirazione primaria cranica, si verifica un movimento di chiusura dei due emi-frontali, sincrono con il movimento di estensione della S.S.B.

Gli angoli inferiori fronto-malari si muovono posteriormente e leggermente in alto

La sutura metopica sporge ed avanza leggermente

La glabella ritorna anteriormente e leggermente in basso, riportata dalla falce del cervello

La sutura coronaria sporge al livello del Bregma

I margini posteriori delle lamine orbitali ritornano in maniera mediale lungo le ugnature delle piccole ali

Il solco etmoidale si restringe dunque posteriormente

La superficie ad L del frontale ritorna in alto, posteriormente e in dentro, come lo sfenoide

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CAPITOLO XII

I PARIETALI

I. Descrizione anatomica:

Il parietale è un osso pari, non simmetrico, quadrilatero che fa parte della volta cranica.

Esso è in rapporto osseo tra:

L'occipitale posteriormente

Il frontale in avanti

Il temporale inferiormente

D'origine membranosa, esso presenta due facce:

1. La faccia esterna esocranica: (Fig.101)

Si tratta di una lamina ossea spugnosa, convessa nei due sensi, che presenta:

Quasi al centro della placca: la bozza parietale

Nella parte inferiore:

La linea curva temporale superiore

La linea curva temporale inferiore

L'inserzione dell'aponeurosi temporale, fra le due linee curve temporali

Il solco dell'arteria temporale profonda media

Vicino al margine superiore: dietro alla bozza, il forame parietale dove passa la vena di Santorini.

2. La faccia interna endocranica: (Fig.102)

Essa è fortemente concava e presenta:

La fossa parietale, nella parte mediana, che corrisponde con la bozza parietale

La cresta silviana inferiormente e in avanti

I solchi delle branche anteriori e posteriori dell'arteria meningea mediana e delle sue vene

L’emi-doccia del seno longitudinale superiore, sul margine superiore

lL solco del seno sfeno-parietale di Bréchet sul margine anteriore

La doccia del seno laterale, vicino all'angolo posteriore-inferiore

Le impronte cerebrali, soprattutto nella parte inferiore

II. Articolazioni del parietale:

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1. Con il parietale opposto:

Tramite il margine superiore rettilineo, per mezzo della sutura sagittale, attraverso una sutura di tipo fortemente dentellato.

2. Con l'occipitale:

Tramite il margine posteriore fra Lambda ed Asterion.

Da Lambda al punto Perno Occipito-Parietale, tramite una sutura a tavolato interno, (eseterno) ricoperta dall'occipitale.

Dal P.O.P. ad Asterion tramite un'ugnatura a tavolato interno che ricopre l'occipitale.

3. Con il temporale:

Tramite il suo margine inferiore, tra Asterion e Pterion, per mezzo di un'ugnatura larga a tavolato interno (esterno), ricoperta dal temporale.

4. Con il frontale:

Tramite una sutura coronaria tra il Bregma e Pterion.

Tra il Bregma e il punto Perno Fronto-Parietale (P.F.P) per mezzo di un'ugnatura a tavolato interno (esterno) ricoperta della sutura frontale.

Tra il P.F.P. e Pterion per mezzo di un'ugnatura a tavolato interno che ricopre la sutura frontale.

5. Con lo sfenoide:

Al livello dello Pterion, tramite un'ugnatura a tavolato interno (esterno), ricoperta dall'ugnatura interna della parte posteriore del margine superiore della grande ala.

III. Ossificazione del parietale: (Fig.103)

Si tratta di un’ossificazione esclusivamente membranosa con un centro di ossificazione nel mezzo, a partire dal secondo mese fetale.

IV. Rapporti del parietale:

1. Inserzioni muscolari:

Il muscolo Temporale, tra la linea curva temporale inferiore ed il margine inferiore del parietale.

2. Inserzioni aponevrotiche:

L'aponeurosi temporale tra le due linee curve temporali che deborda sulla linea curva superiore.

3. Inserzioni membranose:

La falce del cervello, sul labbro della doccia del seno longitudinale superiore.

4. Rapporti cerebrali:

I lobi parietali e il frontale ascendente.

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Nel bambino, i parietali ricoprono una grande parte dei lobi cerebrali mentre nell'adulto la copertura è minima ma i parietali ricoprono, ciononostante, dei centri nervosi e sensoriali importanti che coordinano la stimolazione periferica ed innescano la risposta muscolare.

5. Rapporti circolatori:

Con le arterie:

- L'arteria meningea mediana: proveniente dal foro piccolo rotondo e le cui branche anteriore e posteriore costeggiano la faccia endocranica del parietale.

Dei distrubi di emicranie o ipertensivi intracranici sono spesso legati a questa arteria.

Con le vene:

Il seno longitudinale superiore è vulnerabile a una riduzione della sutura sagittale e possono allora intervenire disturbi del drenaggio cranico.

Il seno sfeno-parietale al margine anteriore dell'osso.

Le vene meningee mediane sulla faccia endocranica.

V. Punti di repere del parietale:

1. La sutura sagittale ( o sutura inter-parietale): situata in alto della volta cranica, tra i due parietali.

2. Il Bregma: all'unione della parte anteriore della sutura sagittale e della sutura coronaria.

3. L'Obelion: sulla sutura sagittale, a circa quattro dita traverse dietro al Bregma.

4. Il Lambda: all'unione della parte posteriore della sutura sagittale con la sutura lambdoidale.

5. La sutura coronaria: nella parte anteriore della volta, tra il frontale ed i parietali.

6. La sutura lambdoidale: nella parte posteriore della volta tra l'occipitale ed i parietali.

7. Le bozze parietali: nella parte posteriore-superiore della volta.

8. La linea curva temporale superiore: all'unione dei 2/3 superiori e del 1/3 inferiore del parietale.

9. L'Asterion: superficie appiattita situata a circa tre dita traverse dietro all'apofisi mastoidea, nel punto d’incontro tra l'occipitale, il parietale e la porzione mastoidea del temporale.

10. Pterion: leggero rigonfiamento situato a due dita traverse dietro al pilastro esterno del frontale.

11. Il Vertice: piccola sporgenza situata sulla sutura sagittale, a circa due dita traverse dal Bregma. E' anche il punto più alto del corpo.

VI. Fisiologia dei parietali:

I parietali sono ossa pari periferiche che effettuano dunque dei movimenti di rotazione esterna ed interna.

1. Assi fisiologici di movimento: (Fig.104)

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Si tratta di assi anteriori posteriori, obliqui in avanti, inferiormente e leggermente in dentro. Questi assi passano per le bozze parietali ed i punti Perno anteriori e posteriori.

2. Fisiologia dei movimenti:

La rotazione esterna:

Nel corso della fase inpiratoria primaria cranica:

- L'angolo anteriore-inferiore (o sfenoide) del parietale si muove anteriormente e esternamente al livello dello Pterion.

- L'angolo posteriore-inferiore (o mastoide) del parietale si muove anteriormente ma soprattutto esternamente al livello dell'Asterion.

La sutura sagittale: scende leggermente, diminuendo il diametro verticale del cranio, si rilascia leggermente nella sua parte anteriore e si allarga nella sua parte posteriore.

Le bozze parietali si allargano e si abbassano.

La sutura sagittale è una sutura dentellata e ristretta ma mobile nella sua parte anteriore ancora di più nella sua parte posteriore. Le dentellature numerose e profonde della parte posteriore spiegano l'adattamento della sutura ai movimenti del M.R.P.

Questa mobilità, in particolare posteriormente, assicura ugualmente una parte del drenaggio del seno longitudinale superiore.

La sutura parietale-squamosa è notevolmente adattata, per mezzo delle sue larghe ugnature esterne, ai movimenti del temporale.

La rotazione interna:

Nel corso della fase espiratoria primaria cranica:

- l'angolo anteriore-inferiore del parietale si muove posteriormente ed in dentro al livello dello Pterion.

- L'angolo posteriore-inferiore del parietale si muove posteriormente ma soprattutto in dentro, al livello dell'Asterion.

- La sutura sagittale:

Risale leggermente, aumentando il diametro verticale del cranio,

Si restringe leggermente nella sua parte anteriore, si richiude un pò di più nella sua parte posteriore.

- Le bozze parietali si riavvicinano e si raddrizzano.

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CAPITOLO XIII

I TEMPORALI

1. Descrizione anatomica:

Il temporale è un osso pari, situato nella parte latero-inferiore del cranio.

Esso è in rapporto osseo con:

Lo sfenoide anteriormente

L'occipitale posteriormente

Il parietale in alto

Esso ha una doppia origine membranosa e cartilaginea. Esso fa parte sia delle ossa della volta per la sua parte squamosa d'origine membranosa, sia delle ossa della base per la rocca petrosa d’origine cartilaginea.

Esso è costituito:

Dalla squama e dalla mastoide

Dalla rocca petrosa

Dal timpanico

1. La squama del temporale:

Si tratta di una lamina ossea, schiacciata, di forma sferica, che occupa la parte antero-superiore dell'osso che presenta la seguente descrizione:

Una faccia esterna liscia e convessa che comprende: (Fig.105)

L'apofisi zigomatica, situata sulla parte inferiore, diretta in avanti, appiattita da dentro a fuori, essa nasce sulla faccia esterna tramite due radici:

La radice longitudinale che si porta posteriormente nel prolungamento dell'apofisi, continua in alto con la cresta sopra-mastoidea e finisce inferiormente con il "Battacchio di Farabeuf" o tubercolo zigomatico posteriore.

La radice trasversale forma il condilo del temporale anteriormente alla cavità glenoidea, nel campo basilare. Essa è ricoperta di cartilagine. (Fig.112).

L'apofisi zigomatica separa questa faccia esterna in due campi:

- Il campo temporale, superiore, convesso, che dà inserzione sù tutta la sua superficie al muscolo temporale. Esso presenta nel suo terzo posteriore il solco dell'arteria temporale profonda posteriore.

- Il campo basilare, orizzontale sostiene la cavità glenoideaa, profonda depressione situata dietro al condilo temporale, a grande asse obliquo anteriormente e in dentro ed attraversata dall’Incisura di Glaser.

Una faccia interna liscia e concava che presenta: (Fig.106)

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Delle depressioni che corrispondono alle circonvoluzioni cerebrali. Dei solchi vascolari scavati dalle branche dell'arteria meningea mediana.

Essa è delimitata inferiormente dall’incisura petro-squamosa interna (articolazione tra la squama e la rocca petrosa)

2. La mastoide o processo mastoideo:

Essa è situata nella parte postero-inferiore del temporale, triangolare a sommità inferiore, essa sostiene:

La porzione mastoide di cui:

- La faccia esocranica, irregolare e rugosa, è percorsa, su tutta la sua superficie, da una incisura petro-squamosa posteriore, frontiera fra l'ossificazione membranosa e l'ossificazione cartilaginea, che delimita la porzione petrosa dalla porzione squamosa del temporale (Fig.105).

- La faccia endocranica si confonde anteriormente con la base della piramide petrosa (rocca petrosa) ma resta libera posteriormente dove è percorsa dalla doccia del seno laterale. Essa presenta a questo livello l'apertura del foro stilo-mastoideo (Fig.106).

L'apofisi mastoidea: prolungamento esocranico della porzione mastoidea, convessa, diretta inferiormente, anteriormente e leggermente in dentro contiene la maggior parte delle cellule mastoidee. Essa è assente alla nascita. Essa presenta, lungo la sua faccia interna, la doccia del Digastrico, luogo di insezione di questo muscolo (Fig.106).

3. La rocca petrosa: (Fig.106/109)

Piramide quadrilatera a base postero-esterna ed a sommità antero-interna, ad asse maggiore obliquo anteriormente, come l'asse dei condili occipitali, essa presenta:

Due facce endocraniche:

Una faccia antero-superiore, che corrisponde al lobo cerebrale temporale e che presenta:

- La fossetta del ganglio di Gasser, vicino alla sommità

- Lo Iatus di Fallopio, a un cm dietro alla fossetta, insieme di piccoli fori obliqui che consentono il passaggio:

Ai nervi Petrosi superficiali grande e piccolo che sono collaterali del nervo facciale.

Ai nervi Petrosi profondi grande e piccolo che sono collaterali del nervo Glosso-faringeo.

Una faccia posteriore, che corrisponde al cervelletto e che presenta:

- Il solco del VI Oculo-Motore Esterno o Abducente(O.M.E.)

- L'orifizio d’ingresso del Condotto acustico Interno (C.A.I.) dove passano:

Il VII Facciale

Il VII bis nervo Accessorio di Wrisberg

L'VIII Acustico

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L'arteria acustica interna e le sue vene

L'acquedotto del Vestibolo dietro e esternamente dal C.A.I. (Condotto acustico Interno) dove passano il canale endolinfatico, i vasi vestibolari (arterie e vene) e un prolungamento della dura-madre.

Due facce esocraniche:

La faccia postero-inferiore ( o faccia occipitale) sostiene dall'esterno all'interno e da dietro in avanti: (Fig.107)

- Il foro stilo-mastoideo anteriormente e internamente alla della scanalatura del Digastrico e posteriormente e esternamente dell'apofisi stiloide, per il passaggio del VII Facciale e dell'arteria stilo-mastoidea.

- L'apofisi stiloide inguainata dall'osso timpanico.

- La fossa giugulare: inizio del Forame Lacero posteriore per il passaggio della vena giugulare

- La faccetta giugulare: articolare con l'apofisi giugulare dell'occipitale

- L'orifizio d’ingresso del canale carotideo

- Il solco della rocca petrosa

La faccia antero-inferiore ( o faccia timpanica) è ricoperta dal timpanico e forma: (Fig.110)

- Il Condotto acustico Esterno (C.A.E.).

- Il segmento osseo della tromba d’Eustachio.

Quattro margini:

Il margine postero-inferiore:

- Corrisponde alla punta dell'apofisi giugulare occipitale ed alla fossetta giugulare esternamente.

- Esso limita esternamente il Forame Lacero Posteriore e presenta la spina giugulare dove si inserisce il legamento petro-occipitale.

- Esso corrisponde in dentro al corpo dell'occipitale al livello del solco della rocca petrosa.

- Esso limita la doccia del seno petroso inferiore.

Il margine superiore sostiene:

- La grande circonferenza del tentorio del cervelletto

- La doccia del seno petroso superiore

- L'inserzione del legamento petro-sfenoidale di Gruber

Il margine antero-inferiore:

- E' articolare con la grande ala dello sfenoide in dentro.

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- Limita in alto il canale carotideo e il Forame Lacero Anteriore

Il margine inferiore corrisponde al timpanico.

La sommità: è articolare con il corpo dello sfenoide ed il corpo dell'occipitale. Esso delimita il Forame Lacero anteriore.

II. Articolazioni del temporale:

1. Con l'occipitale:

Tramite il solco della rocca petrosa: (lungo il margine inferiore della rocca), con il margine laterale della base dell'occipitale in una schindilesi che permette dei movimenti di slittamento antero-posteriore e di rotazione assiale.

Tramite la superficie giugulare della rocca petrosa: con l'apofisi giugulare dietro al Foro Lacero Posteriore, attraverso una sincondrosi che rimane cartilaginea e mobile per tutta la vita.

Tramite il margine posteriore convesso di tutta la porzione mastoidea: con la porzione concava del sopra-occipite sotto l'Asterion:

Dall'Asterion al P.C.S.M. tramite un'ugnatura a tavolato interno

Il P.C.S.M. corrispondente al livello della linea curva occipitale superiore

Dal P.C.S.M. all'apofisi giugulare tramite un'ugnatura esterna.

2. Con il parietale:

Tramite il margine superiore della squama: con il margine inferiore del parietale, attraverso una sutura squamosa largamente giustapposta internamente, che permette dei movimenti di slittamento delle due ossa l'una sopra l'altra e di apertura in rotazione anteriore e chiusura in rotazione posteriore del temporale.

Tramite il margine superiore della porzione mastoidea: con il margine inferiore e posteriore del parietale, in una sorta di tacca a forma di V, irregolare, a sutura temporale interna fino all'Asterion.

3. Con lo sfenoide:

Tramite il margine anteriore ed inferiore della squama: con il bordo latero-posteriore squamoso della grande ala dello sfenoide, attraverso una sutura squamo-dentellata.

- In alto, da Pterion al Pivot Sfeno-Squamoso: (corrispondente alla cresta che prolunga il margine anteriore della radice trasversa dell'apofisi zigomatica o Processo Zigomatico), attraverso una sutura a tavolato interno

- Inferiormente tra il P.S.S. e la spina della grande ala tramite una sutura a tavolato esterno.

- Per mezzo di una sutura dentellata che permette i movimenti di rotazione interna ed esterna.

Tramite il margine anteriore della rocca petrosa: con la parte posteriore del margine posteriore della spina sfenoidale che viene ad incastrarsi nel solco sfenoidale situato tra la squama e la rocca-petrosa. Si tratta della sincondrosi sfeno-petrosa che rimane anch'essa cartilaginea e mobile per tutta la vita. Rileviamo che il blocco dei movimenti fisiologici di questa sutura genera emicranie.

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Tramite la sommità della rocca petrosa: con la lamina quadrilatera dello sfenoide, collegata dal legamento petro-sfenoidale di Gruber. Quest’articolazione è una sindesmosi che permette dei movimenti molto liberi "come i movimenti di un rimorchio collegato ad una macchina", ciò spiega la presenza del legamento petro-sfenoidale.

4. Con il malare o zigomo:

Tramite il margine anteriore dell'apofisi zigomatica del temporale: con l'angolo posteriore del malare, per mezzo di un’articolazione stretta, obliqua inferiormente e posteriormente. La sutura articolare del temporale è situata sulla sutura articolare del malare.

5. Con la mandibola:

Tramite il condilo temporale: ricoperto di cartilagine.

Tramite la cavità glenoidea: per mezzo di un'articolazione di tipo diartrosico che mette in rapporto il condilo mandibolare e permette dei movimenti di rotolamento e di slittamento antero-posteriore del condilo mandibolare con dei potenti mezzi di congiunzione:

- Menisco molto fibroso attaccato alla capsula

- Capsula rinforzata dai freni temporo-meniscali

- Legamenti laterali: tesi dal condilo temporale al condilo mandibolare

- Legamenti interni: temporo-mandibolare, sfeno-mandibolare e stilo-mandibolare.

III. Ossificazione del temporale: (Fig.113)

1. Ossificazione membranosa:

Per la squama temporale: 2 centri di ossificazione

- Un centro squamo-zigomatico

- Un centro post squamo-mastoideo

Per il timpanico: 3 centri di ossificazione.

2. Ossificazione cartilaginea:

Per la rocca petrosa con: 3 o 4 centri di ossificazione

- Un centro cocleo-canalicolare per la chiocciola, il vestibolo ed i canali semi circolari

- Due centri canalicolari, anteriore e posteriore, per il resto della rocca petrosa.

3. Note:

Alla nascita, squama ed osso timpanico sono già uniti ma l’incisura petro-squamosa può essere lesa.

L'apofisi mastoidea non è palpabile nel neonato, ma si ossifica all'età di un anno. Essa si sviluppa in funzione delle trazioni esercitate dai muscoli che s’inseriscono a questo livello.

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IV. Rapporti del temporale:

1. Rapporti ossei:

Esso è situato tra lo sfenoide e l'occipitale: perciò si trova ad essere la frontiera tra la faccia e la base del cranio. Esso è la cerniera tra i quadranti anteriori e posteriori. E' d'altronde in relazione diretta con la mandibola, elemento di perturbazione permanente a causa delle incidenze delle inserzioni muscolari ed aponeurotiche e dell'occlusione dentale a questo livello.

Il temporale è dunque sensibile ai traumatismi trasmessi dalla mandibola, dalla volta e dalla base del cranio, come alle tensioni trasmesse dalle fasce.

2. Inserzioni muscolari:

I muscoli cervicali (dalla superficie alla profondità) che si inseriscono sulla mastoide e sulla sua apofisi sono:

1. Il capo sterno-mastoideo del S.C.M.

2. Lo Splenio

3. Il piccolo Complesso

4. Il capo cleido-mastoideo del S.C.M.

5. Il Digastrico

I muscoli masticatori:

- Il Temporale e la sua aponeurosi sulla squama e sul margine superiore dell'apofisi zigomatica.

- Il Massetere in tre fasci:

Il fascio mediano sul margine inferiore dell'apofisi zigomatica

Il fascio profondo sulla faccia interna dell'apofisi zigomatica

Il fascio superficiale sul margine inferiore del malare.

I muscoli dell'orecchio e della gola:

Il Bouquet de Riolan sull'apofisi stiloidea:

- Stilo-glosso

- Stilo-ioideo

- Stilo-faringeo

- Legamento stilo-mandibolare

- Legamento stilo-ioideo

Il Peristafilino esterno (tensore del velo pendulo del palato) sulla faccia interna della rocca petrosa

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Page 93: Trattato paratico di Osteopatia Cranica.doc

Il Peristafilino interno (elevatore del velo pendulo del palato) sulla faccia inferiore della rocca petrosa che deborda sulla parte superiore della faccia inferiore dell'ala interna della grande ala.

I muscoli del martello

3. Inserzioni legamentose:

Legamento stilo-ioideo sull'apofisi stiloidea

Legamento stilo-mandibolare sull'apofisi stiloidea

Legamento laterale dell'A.T.M.

4. Inserzioni aponevrotiche:

L'aponeurosi del temporale: sul margine superiore dell'apofisi zigomatica. Questa potente aponeurosi è essa stessa in rapporto con le aponeurosi cervicali e dunque con tutto il resto del corpo e con i tre diaframmi.

La fascia superficialis in provenienza dall'occipitale

5. Rapporti cerebrali:

La cavità cerebrale mediana: tramite l'intermediario del lobo temporale in rapporto con la faccia endocranica della squama.

Il cervelletto: tramite la faccia posteriore della Rocca Petrosa. Vi si trovano i centri della coordinazione.

6. Rapporti membranosi:

Il tentorio del cervelletto: esso si inserisce, tramite le sue inserzioni laterali, sul margine superiore della porzione petrosa.

La Dura-madre: che tapezza la fossa cranica e dei prolungamenti dura-mericisi inseriscono al livello dell'Acquedotto del Vestibolo.

7. Rapporti nervosi:

Il M.O.C. III ed il Patetico IV: passano al margine superiore della rocca petrosa, in inserzioni della dura-madre:

Il Trigemino V: di cui il Ganglio di Gasser è contenuto nel cavum di Meckel, sacco durale situato sulla fossetta di Gasser sulla faccia antero-superiore della rocca petrosa.

Il M.O.E. VI: che passa alla sommità della Rocca tra il margine della lamina quadrilatera dello sfenoide ed il legamento petro-sfenoidale di Gruber dove può essere compresso.

Il Facciale VII e l'Accessorio di Wrisberg VIIbis: essi penetrano nel C.A.I., nella porzione petrosa e il VII esce in seguito dal foro stilo-mastoideo.

L'Acustico VIII: esso pure passa nel C.A.I. al livello della coclea e del vestibolo poi nel C.A.E.

I Glosso-faringei (IX), Pneumogastrico o Vago (X) e Spinale o Accessorio (XI): che escono dal cranio al livello del Forame Lacero Posteriore.

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8. Rapporti arterio-venosi:

La carotide interna: questa porta i 2/3 del sangue alla cavità cranica e passa nel canale carotideo sulla faccia postero-inferiore della Rocca Petrosa.

L ' arteria meningea mediana: proveniente dall'arteria mascellare interna e responsabile di emicranie, essa passa contro la faccia interna della squama.

La vena giugulare: dove circola il 95% del sangue proveniente dal cranio, essa esce dal cranio attraverso il forame giugulare o Forame Lacero Posteriore.

Il seno laterale passa con la faccia interna della porzione mastoidea.

I seni petrosi, superiori ed inferiori, passano contro il margine postero-inferiore della Rocca Petrosa.

9. La Tromba d’Eustachio:

La parte ossea: essa è costituita dal timpanico posteriormente e dal margine antero-inferiore della Rocca Petrosa in avanti.

La parte fibrosa: essa collega l'orecchio alla cavità orale e passa contro il margine antero-inferiore della Rocca Petrosa e la parte interna della faccia inferiore della grande ala.

V. Punti di repere palpatori nell'adulto:

1. Pterion: leggero rigonfiamento situato a due dita traverse dietro al pilastro esterno del frontale.

2. La sutura temporo-zigomatica: situata a tre dita traverse circa inferiormente e posteriormente al pilastro esterno del frontale e a circa due dita traverse davanti al trago.

3. L'apofisi zigomatica: comincia immediatamente nel prolungamento anteriore del trago.

4. Il condilo mandibolare: appena sotto e davanti al trago. La palpazione è chiara all'apertura della bocca.

5. Il Timpanico: nel C.A.E. nella parte antero-superiore

6. L'apofisi mastoidea: posteriormente al padiglione acustico, punto palpabile al livello nelle inserzioni muscolari del S.C.M.

7. La porzione mastoidea: leggera sporgenza arrotondata dietro e sopra all'apofisi mastoidea

8. L'inizio del solco del Digastrico: immediatamente in dentro rispetto al margine posteriore dell'apofisi mastoidea.

9. L'Asterion: parte piana palpabile a circa tre dita traverse dietro all'apofisi mastoidea.

VI. Fisiologia del temporale:

1. Asse fisiologico di movimento: si tratta di un asse che passa per la faccetta giugulare e l'apice petroso. Esso è pertanto obliquo in avanti, in dentro e leggermente in alto ed autorizza dei movimenti di bascula come quelli di una ruota deformata:

In avanti e in fuori

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Dietro e in dentro

2. Fisiologia dei movimenti:

I temporali sono ossa pari della periferia che effettuano pertanto dei movimenti di rotazione esterna ed interna.

La rotazione esterna: (Fig.114)

Definizione: si chiama rotazione esterna del temporale il movimento bascula in apertura dove il margine superiore della rocca petrosa si allarga esternamente ed in avanti. Si tratta dunque di un movimento antero-laterale del margine superiore della rocca.

Analisi del movimento:

- Il margine superiore della rocca parte anteriormente e esternamente.

- La squama temporale si muove ugualmente anteriormente e esternamente.

- L'angolo formato dai margini superiori delle rocche petrose aumenta.

- L'apofisi zigomatica si muove in fuori e la sua estremità anteriore si abbassa.

- L'apofisi mastoidea va indietro e leggermente in dentro e diventa dunque postero-mediana.

- La cavità glenoidea si muove pure indietro e in dentro.

Nota: la cavità glenoidea e l'apofisi mastoidea diventano postero-mediane perchè entrambe sono situate dietro e sotto l'asse di movimento. La squama diventa antero-laterale poichè si trova sotto quest'asse.

La rotazione interna:

Definizione: si chiama rotazione interna del temporale il movimento di bascula in chiusura dove il margine superiore della rocca si porta in dentro e posteriormente. Si tratta dunque di un movimento postero-mediano del margine superiore della rocca.

Analisi del movimento:

- Il margine superiore della rocca ritorna posteriormente e in dentro

- La squama ritorna posteriormente e in dentro

- L'angolo formato dai margini superiori delle rocche diminuisce

- L'apofisi zigomatica ritorna in dentro e la sua estremità anteriore risale

- L'apofisi mastoidea ritorna anteriormente e leggermente esternamente

- La cavità glenoidea si muove ugualmente anteriormente e esternamente.

Studio del movimento:

Questi movimenti sono una delle componenti del M.R.P. La mobilità della massa cerebrale induce la fluttuazione del L.C.R. ed un movimento delle M.T.R. che attiva la meccanica articolare. Quest'ultima è trattenuta e guidata dalle M.T.R. associate ai movimenti del sacro.

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Nel corso del movimento di flessione, la massa cerebrale, per conservare costante il suo volume, aumenta il suo diametro laterale mentre il suo diametro antero-posteriore diminuisce.

La squama occipitale scende mentre il Basion si porta in alto ed in avanti. Questa avanzata del Basion apre l'angolo intra-petroso e fa basculare i temporali antero-lateralmente.

Parallelamente, Il tentorio del cervelletto avanza e si appiattisce, fatto che comporta il suo distendersi e fornisce del "molle" ai margini petrosi.

Il rilasciamento del tentorio del cervelletto associato alla spinta anteriore "in angolo" del Basion occipitale tra le due rocche petrose, fa in modo che i due temporali possano "rotolare" anteriormente e esternamente sui punti perni del movimento che sono le apofisi giugulari.

Le M.T.R. guidano, dunque il movimento, e la sutura petro-basilare a forma di scanalatura va ad accomodare il movimento permettendo slittamento e rotazione assiale delle ossa attorno alla scanalatura stessa.

Per permettere al movimento dei temporali di svolgersi normalmente, vi è parallelamente, al livello della sutura occipito-mastoidea, uno slittamento delle ugnature occipitali e temporali l'una sull'altra ma in senso inverso, "paragonabile al movimento di apertura del coperchio di un vaso di marmellata", ci dice MAGOUN.

I due punti strategici della mobilità temporale:

La sutura occipito-mastoidea:

Sappiamo che l'occipitale induce la volta e dunque il temporale.

In flessione, il margine dell'occipitale va verso l'avanti mentre la mastoidea parte posteriormente. Ne consegue un movimento fisiologico opposto con slittamento opposto delle ugnature articolari come precedentemente descritto.

Appena si verifica una compressione delle suture a questo livello, per una qualsiasi causa, il movimento fisiologico opposto non avverrà. Vi sarà un blocco e dunque una disfunzione cinetica.Durante la flessione, per esempio, l'occipitale trascinerà allora il temporale nel suo stesso senso e l'apofisi mastoidea andrà anteriormente ed esternamente descrivendo cosi' una rotazione interna.

La sutura temporo-zigomatica:

Sappiamo che lo sfenoide induce la faccia e dunque il malare quando l'occipitale induce la volta e pertanto il temporale.In flessione, la sutura temporale del malare, o zigomo, slitta esternamente, e leggermente in basso e in avanti, mentre l'apofisi zigomatica slitta in fuori ma leggermente in basso e in dietro.

Questi movimenti non si producono nello stesso senso, ne' sugli stessi piani. Questo dipende dal fatto che i movimenti dei quadranti della faccia non si producono nello stesso senso.

Questa separazione di sfere d’influenza dei quadranti anteriori e posteriori si produce al livello dell'articolazione temporo-malare.Se appare un blocco della sutura temporo-malare, questo movimento di slittamento fra i due pezzi non potrà effettuarsi.

Nella flessione, per esempio, il malare bloccato non si aprirà in rotazione esterna e non permetterà quindi all'apofisi zigomatica di scendere in basso e in dietro e manterrà cosi' il temporale in una posizione di rotazione interna relativa nei confronti dell'occipitale. Questa cinetica posizionale post-traumatica è naturalmente non fisiologica.

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CAPITOLO XIV

I MALARI

I. Descrizione anatomica:

Il malare o zigomo è un osso pari e non simmetrico situato nella regione laterale della faccia e corrispondente alla gota. Si tratta di una lamina ossea, situata tra il mascellare superiore ed il temporale. Esso è parte dell'orbita e presenta:

1. Quattro angoli: (Fig. 115-116)

L'angolo superiore (o apofisi fronto-sfenoidale del malare) si articola:

- Nella sua parte superiore con il pilastro esterno del frontale

- Nella sua parte infero-interna con il margine anteriore della grande ala dello sfenoide.

L'angolo antero-superiore (o angolo mascellare superiore del malare), affilato, corrisponde al margine superiore del mascellare inferiore.

L'angolo antero-inferiore (o angolo mascellare inferiore del malare), spesso ed arrotondato, corrisponde al margine superiore del mascellare superiore.

L'angolo posteriore (o apofisi temporale del malare), in giustapposizione obliqua in basso ed indietro, corrisponde all'estremità anteriore dell'apofisi zigomatica del temporale.

2. Quattro margini: (Fig.115-116)

Il margine antero-superiore (od orbitale), concavo, forma la parte infero-esterna della circonferenza orbitale.

Il margine postero-superiore (o temporale), a forma di S italica, delimita esternamente la fossa temporale.

Il margine antero-inferiore (o mascellare), fortemente obliquo in basso, in fuori ed indietro, corrisponde al margine superiore dell'apofisi piramidale del mascellare superiore.

Il margine postero-inferiore (o masseterino) convesso da inserzione al muscolo massetere.

II. Articolazioni del malare:

1. Con il mascellare: tramite il margine antero-inferiore, articolare con il margine superiore dell'apofisi piramidale del mascellare per mezzo di una sutura dentellata fortemente incastrata (imbricata).

2. Con il frontale: tramite la sommità dell'angolo superiore articolare con la sommità del pilastro esterno del frontale per mezzo di una sutura dentellata flessibile.

3. Con il temporale: tramite l'angolo posteriore, articolare con l'estremità anteriore dell'apofisi zigomatica del temporale per mezzo di una sutura dentellata obliqua inferiormente e posteriormente, il temporale ricopre il malare.

4. Con lo sfenoide: tramite la parte infero-interna dell'angolo superiore, articolare con la parte inferiore del margine anteriore della grande ala dello sfenoide per mezzo di un'ugnatura a tavolato interno, ricoperta dall'ugnatura interna della grande ala.

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III. Ossificazione del malare:

Si tratta di un'ossificazione di origine membranosa. Vi è un centro di ossificazione. L'ossificazione inizia al quinto mese fetale.

IV. Rapporti del malare:

1. Inserzioni muscolari:

Il massetere: sul margine masseterino

Lo zigomatico grande: sulla faccia esterna, sopra al margine masseterino.

Lo zigomatico piccolo: sulla faccia esterna, in dentro rispetto al precedente, sopra il margine mascellare.

2. Inserzioni aponevrotiche:

L'aponeurosi temporale: sul margine temporale a forma di S italica del temporale.

V. Punti di repere palpatori nell'adulto:

2. La sutura fronto-malare: al margine esterno dell'orbita, appena sotto il pilastro esterno del frontale.

3. La sutura temporo-zigomatica (o temporo-malare) situata a circa tre dita traverse davanti al trago.

4. La sutura maxillo-malare: esternamente della verticale passante per la pupilla, obliqua in basso e in fuori.

VI. Fisiologia del malare: (Fig.117)

1. Assi fisiologici di movimento:

I malari sono ossa pari periferiche. Esse effettuano quindi dei movimenti di rotazione esterna e interna.

Asse obliquo: obliquo in avanti, in dentro e leggermente in alto. Esso permette i movimenti di eversione e di inversione del malare.

Asse verticale: molto leggermente obliquo inferiormente, anteriormente e in dentro, esso consente i movimenti di rotazione esterna ed interna del malare.

2. Fisiologia dei movimenti:

I movimenti del malare sono sincroni con quelli dello sfenoide tramite la grande ala di cui la metà inferiore del margine anteriore si articola con la parte infero-interna del margine superiore del malare. Ma i movimenti del malare sono ugualmente sincroni con il mascellare superiore ed il temporale.

La rotazione esterna:

Nel corso della fase di inspirazione primaria cranica, il malare esegue un movimento che è il risultato dei due componenti di movimento sui due assi:

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- Il malare rotola anteriormente ed esternamente evertendosi e compiendo una rotazione esterna.La gota si ritrae.

- L'apofisi fronto-sfenoidale viene avanti e in fuori, sincrona con la grande ala ed il pilastro del frontale.

- L'angolo mascellare superiore del malare si porta in avanti, in fuori e leggermente in alto, sincrono con il mascellare superiore.

- Il margine orbitale si everte.

- Il diametro obliquo supero-interno, infero-esterno dell'orbita si allarga

- La faccia esterna si ritrae

- L'apofisi temporale si porta verso il basso, anteriormente ed esternamente, sincrona con il temporale.

La rotazione interna:

Nel corso della fase di espirazione primaria cranica, il malare fa un movimento che è il risultato dei due componenti di movimenti sui due assi:

- Il malare rotola posteriormente ed in dentro invertendosi e compiendo una rotazione interna.

- La gota diventa prominente.

- L'apofisi fronto-sfenoidale si porta posteriormente ed in dentro, sincrona con la grande ala ed il pilastro del frontale.

- L'angolo mascellare superiore del malare si porta in dietro, in dentro e leggermente in basso, sincrono con il mascellare superiore.

- Il margine orbitale s’inverte.

- Il diametro obliquo supero-interno, infero-esterno dell'orbita si restringe.

- La faccia esterna è prominente.

- L'apofisi temporale risale, posteriormente e in dentro, sincrona con il temporale.

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CAPITOLO XV

L'ETMOIDE

I. Descrizione anatomica:

L'etmoide è un osso dispari, mediano, di origine cartilaginea. Esso fa dunque parte della base, ma è in rapporto con la faccia. Esso comprende il seno etmoidale.

E' situato tra:

- Il frontale superiormente

- Il mascellare inferiormente

- Lo sfenoide dietro

Esso partecipa dunque alla fisiologia:

- Delle fosse nasali

- Delle fosse orbitali

- Della fossa cranica anteriore

Esso è costituito:

- Da una lamina verticale

- Da una lamina orizzontale

- Da due masse laterali appese alla lamina orizzontale

1. La lamina orizzontale o lamina cribrosa: (Fig.118)

- Si tratta di un osso piatto rettangolare, diviso in due dall'apofisi crista galli e crivellato da una ventina di piccoli fori per il passaggio delle cellule olfattive.

- Essa presenta due fori più grossi:

Il forame etmoidale anteriore, per il passaggio dell'arteria etmoidale anteriore e del nervo nasale interno;

Il forame etmoidale posteriore, per il passaggio dell'arteria etmoidale posteriore.

- Essa presenta le due docce etmoidali o docce olfattive dove si posano le benderelle olfattive.

2. La lamina verticale comprende: (Fig. 119/121)

Una parte superiore:

Si tratta dell'apofisi crista galli dove si attacca la falce del cervello, sulla parte alta ed anteriore dell'apofisi. Essa termina, nella sua parte anteriore, con il processo alare, articolare con il forame cieco.

Una parte inferiore:100

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Si tratta della lamina perpendicolare, che forma la parte antero-superiore del setto delle fosse nasali, la parte posteriore di queste fosse nasali è invece occupata dallo sfenoide.

3. Le masse laterali:

- Appese ai margini laterali della lamina orizzontale e situate fra le fosse nasali e l'orbita, esse comprendono:

- Una faccia orbitale od osso planum (Fig.118/120)

- Una faccia mediana che supporta i cornetti superiori e mediani (Fig.124-125)

- Le masse laterali sono formate da cellule etmoidali di cui la mucosa che le tappezza è continua con quella delle fosse nasali.

II. Articolazioni dell'etmoide: (Fig.121/125)

1. Con il frontale:

Tramite la lamina cribrosa e il margine superiore delle masse laterali che sono articolate con i margini del solco etmoidale per mezzo di semi-cellule in una sutura armoniosa che permette la mobilità.

Tramite il margine anteriore della lamina perpendicolare: che è articolare con la spina nasale del frontale.

Tramite il processo alare (processus alares), articolare con il forame cieco del frontale (Fig.122).

2. Con lo sfenoide:

Tramite il margine posteriore della lamina cribrosa: articolare con la spina etmoidale dello sfenoide in una sutura a perno che assicura una grande flessibilità.

Tramite il margine posteriore della lamina perpendicolare: articolare con la cresta sfenoidale per mezzo di una sutura armoniosa.

Tramite il margine posteriore delle masse laterali: che sono articolari con le superfici antero-laterali del corpo dello sfenoide per mezzo di una sutura armoniosa.

3. Con il palatino:

Tramite il margine inferiore delle masse laterali, al livello del trigono palatino per mezzo di una sutura armoniosa.

4. Con le ossa proprie del naso:

Tramite il margine anteriore della lamina perpendicolare: che è articolare con i bordi mediani delle ossa proprie del naso per mezzo di una sutura armoniosa.

5. Con il vomere:

Tramite il margine postero-inferiore della lamina perpendicolare con la parte superiore del margine anteriore del vomere, per mezzo di una sutura armoniosa.

6. Con il cornetto inferiore: tramite l'apofisi unciforme.

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7. Con il mascellare superiore:

Tramite il margine laterale della massa laterale dell'etmoide che è articolare con il margine posteriore della faccia interna della branca ascendente del mascellare, per mezzo di una sutura armoniosa.

Tramite il margine inferiore e laterale dell'etmoide che è articolare con la parte posteriore del margine interno della faccia orbitale del mascellare, per mezzo di una sutura armoniosa.

8. Con l'unguis o osso lacrimale:

Tramite la faccia esterna della massa laterale, tra il margine anteriore della massa laterale ed il margine posteriore della branca ascendente.

9. Con la cartilagine del setto nasale:

Tramite il margine antero-inferiore della lamina perpendicolare che si articola con il margine posteriore della cartilagine del setto nasale.

III. Ossificazione dell'etmoide:

Si tratta di un'ossificazione cartilaginea con quattro centri:

- Due centri per le masse laterali (uno ciascuna)

- Un centro per l'apofisi crista galli

- Un centro per la lamina perpendicolare.

IV. Rapporti dell'etmoide:

1. Rapporti ossei:

I rapporti ossei dell'etmoide con lo sfenoide, i mascellari ed il solco etmoidale del frontale ne fanno un osso estremamente importante. Infatti, qualsiasi limitazione del movimento di questo osso avrà delle ripercussioni sulla sfera O.R.L.

2. Rapporti nervosi:

Con il nervo olfattivo (I): la benderella olfattiva riposa sulla lamina cribrosa e riceve, per mezzo dei suoi fori, i filetti olfattivi che risalgono dalla mucosa nasale.

Con il Trigemino (V): il nervo nasale interno, branca terminale del nervo oftalmico (VI) passa attraverso il canale etmoidale anteriore ed il foro sfeno-palatino.

3. Rapporti membranosi:

La falce del cervello s’inserisce in avanti, sull'apofisi crista galli.

4. Rapporti circolatori:

L'arteria etmoidale assicura la vascolarizzazione della mucosa delle fosse nasali.

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V. Punti di repere palpatori:

L'etmoide è un osso che non può essere palpato direttamente. Il test dell'etmoide è un test indiretto al livello del palato, tramite il vomere.

VI. Fisiologia dell'etmoide: (Fig.126)

1. Asse fisiologico di movimento:

Si tratta di un asse orizzontale, trasverso passante per il corpo dell'osso, perpendicolarmente alla parte antero-inferiore dell'apofisi crista galli, e che consente i movimenti di flessione-estensione.

2. Fisiologia dei movimenti:

L'etmoide è un osso dispari della linea centrale che effettua dei movimenti di flessione-estensione accoppiati a quelli dello sfenoide. Ciononostante, le masse laterali, pezzi pari dell'etmoide, obbediscono simultaneamente a delle componenti di rotazione esterna ed interna.

La flessione:

Nel corso della fase d’inspirazione primaria cranica:

- L'apofisi crista galli è trascinata posteriormente dalla falce del cervello

- La parte posteriore del corpo e della lamina cribrosa si abbassa

- La parte posteriore della lamina perpendicolare si abbassa ugualmente, sincrona con il corpo dello sfenoide

- La parte anteriore della lamina perpendicolare si ritrae posteriormente

- Le masse laterali si divaricano lateralmente verso il dietro in una specie di rotazione esterna influenzata dai frontali e dai mascellari superiori.

Si produce dunque apertura del solco etmoidale e dilatazione delle fosse nasali. Da questo movimento consegue un pompaggio delle cellule etmoidali ed uno svolgimento dei cornetti.

L'estensione:

Nel corso della fase d’espirazione primaria cranica:

- L'apofisi crista galli è trascinata anteriormente dal rilasciamento della falce del cervello

- La parte posteriore del corpo e della lamina cribrosa risale

- La parte posteriore della lamina perpendicolare risale ugualmente, sincrona con il corpo dello sfenoide

- La parte anteriore della lamina perpendicolare punta in avanti

- Le masse laterali si restringono medialmente verso il dietro in una specie di rotazione interna influenzata dai frontali e dai mascellari superiori

Si produce quindi una chiusura del solco etmoidale ed una retrazione delle fosse nasali. Da questo movimento consegue una sosta del pompaggio delle cellule etmoidali ed un avvolgimento dei cornetti.

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CAPITOLO XVI

IL VOMERE104

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I. Descrizione anatomica: (Fig.127)

Il vomere è un osso dispari della linea centrale. Si tratta di una lamina verticale che forma la parete posteriore del setto delle fosse nasali. Esso comprende:

1. Il margine superiore:

Spesso, obliquo inferiormente e posteriormente, esso presenta:

- Una doccia antero-poteriore articolare con la cresta inferiore dello sfenoide.

- Le ali del vomere di cui la faccia superiore è in rapporto con la faccia inferiore del corpo dello sfenoide.

2. Il margine anteriore:

Molto obliquo in basso ed in avanti e scavato da una scanalatura logitudinale articolare con:

- Nei 4/5 superiori: la lamina perpendicolare dell'etmoide

- Nel 1/5 inferirore: la cartilagine del setto nasale.

3. Il margine inferiore:

Orizzontale, è articolare con la cresta mediana inter-palatino-mascellare.

4. Il margine posteriore:

Libero, ugualmente obliquo inferiormente ed in avanti, esso separa gli orifizi posteriori delle fosse nasali.

II. Articolazioni del vomere: (Fig.128-129)

1. Con lo sfenoide:

- Tramite la doccia del margine superiore del vomere: articolare con la cresta sfenoidale inferiore per mezzo di una schindilesi.

- Tramite le ali del vomere: articolari con la faccia inferiore del corpo dello sfenoide.

2. Con l'etmoide:

- Tramite i 4/5 superiori del margine anteriore: articolari con il margine posteriore della lamina verticale dell'etmoide per mezzo di una sutura armoniosa.

3. Con il mascellare superiore:

- Tramite il margine inferiore, al livello della cresta mediana: articolare anteriormente con la cresta inter-mascellare per mezzo di una sutura armoniosa.

4. Con il palatino:

- Tramite il margine inferiore, al livello della cresta mediana: articolare con la cresta inter-palatina in dietro per mezzo di una sutura armoniosa

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- Tramite il margine posteriore dell'ala del vomere: articolare con il margine anteriore dell'apofisi sfenoidale del palatino per mezzo di una sutura armoniosa.

5. Con la cartilagine del setto nasale:

- tramite il 1/5 inferiore del margine anteriore: articolare con il margine posteriore della cartilagine settale per mezzo di una sutura armoniosa.

III. Ossificazione del vomere:

Si tratta di un'ossificazione membranosa con due centri di ossificazione che appaiono dalla fine del secondo mese fetale. Si formano cosi' due lamine ossee separate inizialmente da cartilagine e che si uniscono al livello del margine inferiore. Queste due lamine si riuniscono completamente in seguito, nel corso dello sviluppo. Si nota tuttavia la persistenza della cartilagine, nell'adulto, al livello del margine superiore e del margine anteriore.

IV. Punti di repere palpatori:

Il vomere non può essere palpato.

V. Fisiologia del vomere: (Fig.130)

1. Asse fisiologico di movimento:

Si tratta di un asse orizzontale, trasverso, che passa per il centro del vomere.

2. Fisiologia dei movimenti:

Il vomere è un osso dispari della linea centrale che effettua dei movimenti di flessione-estensione.

MAGOUN lo denomina "il palombaro che contribuisce al rinnovamento dell'aria nei seni". Il vomere è dunque una sorta di "putrella" di trasmissione delle forze di movimento tra lo sfenoide ed il palato osseo.

I movimenti sono direttamente influenzati dallo sfenoide e dall'etmoide e sono essenziali per la buona fisiologia delle fosse nasali, tanto per la dinamica ventilatoria che per la vascolarizzazione della mucosa nasale.

La flessione:

Durante la fase d’inspirazione primaria cranica, il vomere scende e respinge la volta palatina verso il basso:

- Il margine superiore è respinto dal rostro sfenoidale, e parte in basso e leggermente in dietro

- Il corpo della lamina scende e gira sul suo asse trasverso.

- Il margine inferiore segue il movimento al livello della cresta inter-maxillo-palatina, risalendo leggermente.

L'estensione

Durante la fase di espirazione primaria cranica, il vomere risale:

- Il margine superiore risale sotto il rostro sfenoidale e ritorna leggermente in avanti

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- Il corpo della lamina risale e gira sul suo asse trasverso

- Il margine inferiore segue il movimento al livello della cresta inter-maxillo-palatina, scendendo leggermente.

CAPITOLO XVII

I MASCELLARI SUPERIORI

I. Anatomia descrittiva:

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Il mascellare è un osso pari, non simmetrico. Esso sostiene i denti e contiene una vasta cavità: il seno mascellare.

Esso è articolare con tutte le ossa della faccia.

Esso è situato sotto l'orbita:

- Esternamente dalle fosse nasali

- Sopra la cavità orale

Esso partecipa quindi alla fisiologia:

- Delle fosse nasali

- Della cavità orale

- Della cavità orbitale

Esso è costituito da un corpo e tre apofisi.

1. Il corpo: (Fig.131-132)

A forma di piramide a base interna ed a sommità esterna, esso comprende:

Una faccia antero-laterale (o zigomatica):

- Che corrisponde alla guancia

- Dove s’inseriscono i muscoli della faccia

- Che è scavata dal foro infra-orbitale: dove passa il nervo infra-orbitale in provenienza del nervo mascellare superiore (V2).

Una faccia posteriore (o pterigo-mascellare):

- Il cui margine superiore forma il limite inferiore della incisura orbitale inferiore (sotto la incisura sfenoidale)

Una faccia superiore (o orbitale):

- Triangolare

- Percorsa dalla doccia infra-orbitale

Una faccia mediale (o base):

- Che forma la parete esterna delle fosse nasali

- Che presenta:

Lo hiatus del seno mascellare che occupa il 1/3 inferiore di questa faccia

La cresta turbinale inferiore, anteriormente rispetto allo hiatus, sulla branca ascendente, dove si articola la testa del cornetto inferiore.

La doccia lacrimale, verticale, situata anteriormente ed in alto rispetto allo hiatus.

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2. Le apofisi: (Fig.131/134)

L'apofisi palatina:

Si tratta di una lamina ossea appiattita dall'alto in basso, orizzontale, che separa con la sua opposa, la cavità orale dalla cavità nasale. Essa è dunque più spessa anteriormente che posteriormente:

La parte posteriore si articola con il palatino per mezzo della sutura cruciforme

La parte anteriore presenta la spina nasale anteriore e la cresta nasale.

L'apofisi piramidale:

Essa corrisponde alla sommità del corpo mascellare. Essa si articola con il malare

L'apofisi ascendente ( o branca ascendente):

Piatta dall'esterno all'interno, si porta in alto, posteriormente e in dentro e si stacca dal corpo nell'angolo formato dalle tre facce (antero-laterale, superiore e mediale).

L'estremità superiore si unisce al frontale e forma il nasion.

Il margine posteriore si articola con:

- L'unguis o osso lacrimale: che delimita l'orifizio esterno dalla doccia lacrimale.

- Il margine esterno della faccia anteriore dell'etmoide.

3. L'arcata alveolare: (Fig.135)

Essa si trova nella parte inferiore del corpo e dell'apofisi palatina. Sostiene l'arcata dentale.

II. Articolazioni del mascellare:

1. Con il frontale:

tramite il margine superiore della branca ascendente che è articolare con la metà laterale del solco nasale, per mezzo di una sutura fortemente dentellata, ad ugnatura interna ed esterna. Il mascellare è appeso al frontale a questo livello

2. Con l'osso proprio del naso:

tramite il margine anteriore della branca ascendente, articolare con il margine posteriore dell'osso nasale per mezzo di una sutura armoniosa.

3. Con l'unguis:

- Tramite il margine posteriore della branca ascendente, articolare con il margine anteriore dell'unguis per mezzo di una sutura armoniosa.

- Tramite la parte anteriore del margine interno della faccia orbitale, articolare con il margine inferiore dell'unguis per mezzo di una sutura armoniosa.

4. Con l'etmoide:

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- La faccia interna della branca ascendente est articolare, tramite il suo margine posteriore, con il margine laterale della massa laterale dell'etmoide per mezzo di una sutura armoniosa.

- Il margine interno della faccia orbitale è articolato, tramite la sua parte posteriore, con il margine inferiore e laterale dell'etmoide per mezzo di una sutura armoniosa.

5. Con il palatino:

Il margine posteriore dell'apofisi palatina del mascellare è articolare con il margine anteriore della branca orizzontale del palatino per mezzo di una sutura giustapposta di cui l'ugnatura mascellare è a tavolato interno ricoperta dal palatino.

La faccia interna del corpo: è articolata per mezzo di una sutura armoniosa con la faccia esterna della branca verticale del palatino che colma parzialmente lo hiatus mascellare a questo livello.

Il margine posteriore della faccia orbitale del mascellare è articolare, per mezzo di una sutura armoniosa, con il trigono palatino.

6. Con il vomere:

La cresta nasale dell'apofisi palatina del mascellare è articolare con il margine inferiore del vomere, per mezzo di una sutura armoniosa.

7. Con il malare:

La sommità del corpo del mascellare è articolare con l'apofisi mascellare del malare per mezzo di una sutura rugosa ed irregolare.

8. Con il cornetto inferiore:

La cresta turbinale inferiore è articolare con la parte anteriore del cornetto inferiore per mezzo di una sutura armoniosa.

9. Con il mascellare opposto:

Tramite una sutura dentellata, obliqua, che permette i movimenti di salita e di discesa della volta palatina.

III. Ossificazione del mascellare:

Si tratta di un'ossificazione di origine membranosa. Il mascellare è il primo osso ad apparire nel cranio.

1. Inizialmente in due parti: con un centro ciascuna

Il pre-mascellare che comprende:

- La circonferenza dell'orifizio nasale

- La parte anteriore dell'apofisi palatina

- La cresta incisiva

Il post-mascellare che comprende:

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- La parte posteriore dell'apofisi palatina

- Il processo orbitale

La linea di separazione fra pre e post-mascellare:

E' situata circa perpendicolarmente alla branca ascendente.

Corrisponde inferiormente alla linea incisiva, visibile fino verso i dodici anni.

2. Permanenza di queste due parti fino ai 12 anni:

Il mascellare fetale si caratterizza per il suo debole sviluppo in altezza. Vi è dunque poca distanza tra la faccia orbitale del frontale ed il palato.E' la crescita del mascellare che consentirà la crescita in altezza della faccia.Le suture incisivo-canine che riuniscono il pre ed il post-mascellare, come le altre inter-palatine, hanno un ruolo determinante nella crescita della faccia, soprattutto fino all'età di 7 anni, ma anche fino all'età adulta.

IV. Rapporti del mascellare:

1. Inserzioni muscolari:

- I muscoli della palpebra

- I muscoli della guancia

- I muscoli delle labbra.

2. Rapporti nervosi:

Il nervo infra-orbitale (sensitivo), proveniente dal nervo mascellare superiore (V2), che passa nel foro infra-orbitale.Il nervo dentale, proveniente dal nervo mascellare superiore, che si ramifica nei nervi dentali anteriore, mediano e posteriore e passa negli alveoli.

V. Punti di repere palpatori:

1. La columella: che separa gli orifizi delle narici

2. La spina nasale mascellare appena dietro alla radice della columella.

3. La sinfisi mascellare: sulla linea mediana che prolunga verso l'alto la linea medio-incisiva superiore che passa tra i due primi incisivi.

4. La bozza canina che corrisponde alla radice del canino

5. La fossa canina appena sotto alla bozza canina, essa corrisponde ai due premolari

6. Il foro infra-orbitale sopra alla fossa canina e sulla verticale del solco sopra-orbitale, da dove esce il nervo mascellare superiore.

VI. Fisiologia del mascellare:

1. Asse fisiologico di movimento: (Fig.136)

Si tratta di un asse verticale che passa al livello delle branche ascendenti e della linea incisivo-canina.

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2. Fisiologia dei movimenti: (Fig.136-137)

I mascellari sono ossa pari periferiche che effettueranno quindi dei movimenti di rotazione esterna ed interna.

La rotazione esterna:

Durante la fase inspiratoria primaria cranica:

- La branca verticale, sospesa al frontale, tende a frontalizzarsi

- La parte superiore di questa branca verticale si porta leggermente indietro e esternamente, scendento lungo la linea centrale

- L'arcata alveolare si allarga nella sua parte posteriore

- La linea medio-incisiva si restringe e subisce una leggera retrazione

- Gli incisivi si allargano leggermente

- La parte posteriore della sutura inter-mascellare scende ed indietreggia

- La parte anteriore di questa sutura inter-mascellare risale leggermente

- La volta palatina si allarga e si appiattisce nella sua parte posteriore

- L'arcata dentale s’inclina seguendo una linea obliqua inferiormente e esternamente.

La rotazione interna:

Durante la fase espiratoria primaria cranica:

- La branca verticale diventa sagittale

- La parte superiore della branca verticale si porta leggermente in alto e in dentro, lungo la linea centrale seguendo il frontale

- L'arcata alveolare, dietro, si restringe

- La linea medio-incisiva avanza e si allarga leggermente

- Gli incisivi si restringono leggermente

- La parte posteriore della sutura inter-mascellare risale ed avanza

- La parte anteriore di questa sutura inter-mascellare scende leggermente

- La volta palatina si restringe e si scava nella sua parte posteriore

- L'arcata dentale s’inclina seguendo una linea obliqua inferiormente ed in dentro.

CAPITOLO XVIII

I PALATINI

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I Anatomia descrittiva: (Fig. 138/142)

Il palatino è un osso pari, non simmetrico. E' il più posteriore delle ossa della faccia.

E' situato fra:

- Il mascellare anteriormente

- Lo sfenoide posteriormente

Esso forma con il suo opposto la parte posteriore del palato osseo e presenta:

1. Una lamina verticale di cui:

La faccia esterna è articolare con il mascellare, colmando in parte lo hiatus del seno mascellare.

La faccia interna forma il limite esterno delle fosse nasali e comprende:

- -La cresta turbinale inferiore: articolare con la coda del cornetto inferiore

- -La cresta turbinale superiore: in rapporto con la coda del cornetto mediano.

2. Una lamina orizzontale:

- Che forma il 1/3 posteriore della volta palatina

- Di cui il margine anteriore si articola con il margine posteriore della lamina orizzontale del mascellare.

3. L'apofisi orbitale:

Situata nella parte anteriore della sommità della lamina verticale, essa presenta:

La sommità: articolare con la parte antero-inferiore del corpo dello sfenoide.

La faccia interna: articolare con l'estremità posteriore della faccia inferiore delle masse laterali.

La faccia infero-interna: che forma il trigono palatino, articolare con il mascellare al livello del margine superiore della faccia posteriore del corpo e del margine posteriore della faccia orbitale.

4. L'apofisi sfenoidale

- Situata nella parte posteriore della sommità della lamina verticale, essa delimita posteriormente il foro sfeno-palatino.Essa è articolare con la faccia inferiore del corpo dello sfenoide, davanti all'apofisi vaginale della pterigoide sfenoidale.

5. L'apofisi piramidale:

Il suo margine posteriore è articolare con l'apofisi pterigoidea (fra le due ali).

II. Articolazioni del palatino:

1. Con il mascellare:

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La faccia esterna della lamina verticale del palatino: è articolare, per mezzo di una sutura armoniosa, con la faccia interna del corpo e colma parzialmente lo hiatus mascellare a questo livello.

Il margine anteriore della lamina orizzontale del palatino è articolare con il margine posteriore dell'apofisi palatina del mascellare per mezzo di una sutura giustapposta la cui giustapposizione si presenta a tavolato esterno ricoprendo l'ugnatura mascellare.

Il trigono palatino: è articolare con il margine posteriore della faccia orbitale del mascellare per mezzo di una sutura armoniosa.

2. Con lo sfenoide:

L'apofisi sfenoidale: è articolare con la faccia inferiore del corpo dello sfenoide, anteriormente rispetto all'apofisi vaginale, per mezzo di una sutura armoniosa.

L'apofisi orbitale: è articolare con il margine antero-inferiore del corpo dello sfenoide per mezzo di una sutura armoniosa.

L'apofisi piramidale: tramite la sua doccia posteriore, è articolare con la cresta formata dalle ali dell'apofisi pterigoidea dello sfenoide, per mezzo di una sutura che permette dei movimenti di slittamento " a navetta".

3. Con l'etmoide in via accessoria:

L'apofisi orbitale del palatino è articolare con l'estremità posteriore della massa laterale dell'etmoide, per mezzo di una sutura armoniosa.

4. Con il vomere:

Al livello della cresta inter-palatina, per mezzo di una sutura armoniosa

5. Con il palatino opposto:

Al livello della cresta inter-palatina, per formare il 1/3 posteriore del palato osseo.

III. Ossificazione del palatino:

Si tratta in un’ossificazione di origine membranosa con due centri:

- Uno per la lamina verticale

- Uno per la lamina orizzontale.

Alla nascita, la lamina orizzontale è piccolissima, come nel caso della branca ascendente del mascellare, e la crescita in altezza di questa lamina parteciperà alla crescita in altezza della faccia.

IV. Rapporti del palatino:

1. Inserzioni muscolari:

Il muscolo pterigoideo esterno: si inserisce sull'ala interna della pterigoide e sulla faccia esterna dell'apofisi piramidale del palatino.

Il muscolo pterigoideo interno: si inserisce sulla faccia interna dell'ala esterna della pterigoide, la doccia ed il margine posteriore dell'apofisi piramidale del palatino.

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Il muscolo peristafilino esterno: sulla faccia inferiore della lamina orizzontale del palatino.

2. Rapporti nervosi:

Il nervo sfeno-palatino ed il ganglio sfeno-palatino, al foro sfeno-palatino.

V. Punti di repere palpatori:

1. La sutura cruciforme: rigonfiamento situato nella parte posteriore della linea inter-mascellare

2. La lamina orizzontale del palatino: immediatamente dietro alla sutura cruciforme e da una parte e dall'altra della sutura inter-palatina.

VI. Fisiologia del palatino: (Fig.143)

1. Asse fisiologico di movimento:

Si tratta di un asse verticale che passa per la lamina verticale del palatino e permette dei movimenti di rotazione esterna ed interna.

2. Fisiologia dei movimenti:

I palatini sono ossa pari della periferia. Essi compiono dei movimenti di rotazione esterna ed interna.

Si tratta di un movimento sincrono al movimento dello sfenoide attivato dal corpo e dalle apofisi pterigoidee dello sfenoide.

Il movimento di slittamento a navetta, al livello dell'apofisi piramidale del palatino, permette il ruolo di riduttore della velocità del movimento tra lo sfenoide ed il mascellare.

La rotazione esterna:

Durante la fase d’inspirazione primaria cranica:

- Le apofisi piramidali si muovono esternamente, inferiormente e posteriormente, come le apofisi pterigoidee, ma scivolano sotto di esse riducendo cosi' la velocità del movimento ed equilibrando il movimento tra lo sfenoide ed il mascellare.

- Le apofisi orbitale e sfenoidale del palatino si dirigono verso il basso, seguendo cosi' il corpo dello sfenoide.

- La sutura inter-palatina scende in basso e in dietro seguendo il vomere

- La parte posteriore del palato osseo quindi si abbassa e la sutura inter-palatina si muove posteriormente.

La rotazione interna:

Durante la fase d’espirazione primaria cranica:

- Le apofisi piramidali si muovo in dentro, in alto ed in avanti, come le apofisi pterigoidee

- Le apofisi orbitale e sfenoidale del palatino si portano verso l'alto, seguendo così il corpo dello sfenoide

- La sutura inter-palatina risale in alto ed in avanti, seguendo il vomere

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- La parte posteriore del palato osseo si solleva e la sutura inter-palatina si muove anteriormente.

CAPITOLO XIX

GLI UNGUIS E LE OSSA PROPRIE DEL NASO

I. GLI UNGUIS

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1. Descrizione anatomica: (Fig.144)

L'unguis od osso lacrimale, è un osso pari, grossolanamente quadrilatero, situato dietro la branca ascendente del mascellare superiore.

Esso partecipa:

- Alla parete interna dell'orbita

- Alla parete esterna delle fosse nasali

Esso presenta:

Una faccia esterna con la cresta lacrimale posteriore, verticale, che limita posteriormente la doccia lacrimale e che separa la faccia esterna in due settori;

Il settore anteriore:

- Nei suoi 2/3 superiori: esso limita in dentro la doccia lacrimale, con la branca acendente del mascellare

- Nel suo 1/3 inferiore: forma con il mascellare il canale lacrimo-nasale il cui ingresso si apre nel meato mediano.

- Il settore posteriore: liscio, si prolunga attraverso l'osso piano (os planum) dell'etmoide e partecipa alla parete interna dell'orbita.

Una faccia interna, che corrisponde alla parte antero-superiore dell'etmoide in alto ed al meato mediano in basso.

2. Articolazioni dell'unguis:

Con il mascellare:

- Tramite il margine anteriore, articolare con il margine posteriore della branca ascendente del mascellare

- Tramite la parte posteriore del margine inferiore articolare con la faccia interna del mascellare superiore.

Con il frontale:

Tramite il margine superiore che si articola con il margine inferiore del pilastro interno del frontale.

Con l'etmoide:

Tramite il margine posteriore articolare con il margine anteriore dell'osso piano (os planum).

Con il cornetto inferiore:

Tramite la parte anteriore del margine inferiore, articolare con l'apofisi lacrimale del cornetto inferiore.

3. Ossificazione dell'unguis:

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Si tratta di un'ossificazione membranosa con un centro di ossificazione che appare al terzo mese fetale.

4. Fisiologia dell'unguis:

Asse fisiologico di movimento:

Si tratta di un asse verticale che passa per il centro della lamina e consente dei movimenti di rotazione assiale

Fisiologia dei movimenti:

L'unguis è un osso pari che effettua dei movimenti di rotazione esterna ed interna. Il canale lacrimale tende ad aprirsi durante la rotazione esterna ed a chiudersi durante la rotazione interna.

II. Le ossa proprie del naso od ossa nasali:

1. Anatomia descrittiva: (Fig.145)

L'osso nasale è un osso pari, di forma quadrilatera, situato lungo la linea mediana, il quale presenta:

a) una faccia esterna: convessa che corrisponde alla pelle

b) una faccia interna: concava, che forma la parte anteriore della parete superiore delle fosse nasali e di cui il 1/4 superiore corrisponde alla spina nasale del frontale.

2. Articolazioni dell'osso nasale:

Con il frontale:

Tramite il margine superiore articolare con il solco nasale del frontale

Con il mascellare:

Tramite il margine esterno articolare con il margine anteriore della branca ascendente del mascellare

Con l'osso nasale opposto:

Tramite il margine interno, lungo la linea mediana, formando la cresta nasale

Con la cartilagine alare:

Tramite il margine inferiore articolare con il margine posteriore della parte superiore della cartilagine dell'ala nasale.

3. Ossificazione dell'osso nasale:

Si tratta di un’ossificazione membranosa che inizia al terzo mese fetale, con un centro di ossificazione per osso.

4. Punti di repere palpatori:

1. Il margine posteriore: circa un dito traverso dietro alla linea mediana

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2. Il margine inferiore: alla radice della cartilagine del setto nasale, ad una distanza di circa 1 cm, in basso e dietro

3. La cresta nasale: sulla linea mediana, sotto al nasion.

5. Fisiologia dell'osso nasale:

Asse fisiologico di movimento:

Si tratta di un asse sagittale obliquo inferiormente ed anteriormente che consente dei movimenti di rotazione assiale.

Fisiologia dei movimenti:

L'osso nasale è un osso pari che effettua dei movimenti di rotazione esterna ed interna. Questi movimenti sono guidati dal frontale e dal mascellare superiore.

La rotazione esterna:

- Durante la fase d’inspirazione primaria cranica, il margine posteriore si porta esternamente e la cresta inter-nasale si scava.

La rotazione interna:

- Durante la fase d’espirazione primaria cranica, il margine posteriore ritorna i dentro e la cresta inter-nasale sporge in avanti.

CAPITOLO XX

LA MANDIBOLA

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I. Anatomia descrittiva: (Fig. 146/148)

Osso dispari, mediano e simmetrico, che costituisce lo scheletro della mascella inferiore, la mandibola è convessa in avanti, a forma di ferro di cavallo e sostiene i denti inferiori.

Essa presenta:

Un corpo formato dalle due branche orizzontali.

Due branche ascendenti formate dalle parti laterali che si piegano a gomito ad angolo acuto sul corpo.

1. Il corpo:

Sulla sua faccia esterna (o cutanea) esso presenta:

- -La sinfisi del mento, traccia dei due pezzi che formavano primitivamente la mandibola.

- -L'eminenza del mento: che prolunga inferiormente la sinfisi del mento, triangolare a base inferiore che termina con i tubercoli del mento da ogni parte.

- -La fossetta del mento dove si inserisce il fiocco del mento.

- -Il foro del mento, dietro alla fossetta, per il passaggio da ogni parte del nervo del mento e dei suoi vasi.

- -La linea obliqua esterna che inizia dal tubercolo del mento e continua in alto e posteriormente con il labbro esterno del margine anteriore della branca ascendente.

- -La linea alveolare sul margine superiore del corpo per l'impianto dell'arcata dentale inferiore.

Sulla sua faccia interna (od orale) esso presenta:

- Le apofisi geni superiori per i muscoli genio-glossi e inferiori per i muscoli genio-ioidiani.

- La linea obliqua interna (o milo-ioidiana) che comincia dalle apofisi geni e termina in alto ed indietro con il labbro interno della branca ascendente e dove si inserisce il muscolo milo-ioidiano.

- La fossetta sublinguale, sopra la linea obliqua e perpendicolarmente al primo canino, per la ghiandola sublinguale.

- La fossetta infra-mascellare, sotto la linea obliqua, perpendicolarmente ai molari, per la ghiandola infra-mascellare.

- La fossetta digastrica, sul margine inferiore, anteriormente e al di sotto della fossetta infra-mascellare, per l'inserzione del muscolo digastrico

- La superficie pterigoidea interna: sulla faccia interna del Gonion, superficie larga e rugosa per l'inserzione del muscolo pterigoideo interno.

2. Le branche ascendenti:

Quadrilatere ed appiattite trasversalmente, esse terminano in alto ed indietro con il condilo e in alto ed anteriormente con l'apofisi coronoide, separata dal condilo tramite il solco sigmoide.

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La faccia esterna presenta:

- L'inserzione del fascio profondo del massetere in alto.

- L'inserzione del fascio superficiale del massetere inferiormente.

La faccia interna presenta:

- La spina di Spyx ( o lingula mandibula) alla base della quale si inserisce il legamento sfeno-mandibolare

- L'orifizio del canale dentale inferiore per il passaggio del nervo dentale inferiore

- La cresta pterigoidea dove si attacca, sù tutta la larghezza della faccia interna, l'aponeurosi inter-pterigoidea

- La superficie pterigoidea interna alla faccia interna del Gonion, superficie larga e rugosa per l'inserzione del muscolo pterigoideo interno

Il margine anteriore:

A forma di S, esso si conclude in basso con due labbra, punti di partenza delle linee oblique e in alto con l'apofisi coronoide

Il muscolo temporale si inserisce sù tutta l'altezza di questo margine anteriore, straripando sulla faccia interna e sul versante esterno della sommità della coronoide.

Il margine posteriore:

Forma il Gonion, nell'angolo di unione del corpo con la branca ascendente, dove si inserisce il legamento stilo-mandibolare.

Il margine superiore presenta:

L'apofisi coronoide nell'angolo antero-superiore

Il solco sigmoide, concavo in alto

Il condilo nell'angolo postero-superiore che partecipa alla costituzione dell'articolazione temporo-mandibolare. Si tratta di un'eminenza oblunga, orizzontale, a grande asse obliquo posteriormente ed in dentro, unita alla branca ascendente dal collo. La sua faccia superiore convessa, a dosso d'asino, comprende:

- Un versante anteriore: convesso, rivolto anteriormente ed in alto, articolare con la superficie temporale tramite un menisco

- Un versante posteriore, rivolto posteriormente ed in alto, non articolare

Il collo del condilo, appiattito trasversalmente sostiene il condilo e presenta l'inserzione:

- Dei legamenti laterali dell'A.T.M.

- Del muscolo pterigoideo esterno

- Della capsula dell'A.T.M.

II. Ossificazione della mandibola: (Fig.149)

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Si tratta di un'ossificazione membranosa un po' particolare. Vi sono 9 centri di ossificazione:

- 2 centri cartilaginei di pre-ossificazione: la mandibola è preceduta nella sua formazione, da ogni parte della linea mediana, da un gambo cartilagineo, la cartilagine di Meckel.

- 2 centri principali di ossificazione membranosa, per il corpo (1 per ogni emimandibola):

A partire dalla faccia esterna di questa cartilagine, il centro di ossificazione principale inizia a svilupparsi a partire del secondo mese di vita fetale e ad ossificare il tessuto connettivo del corpo.

- 1 centro d'ossificazione secondario del mento per l'eminenza del mento

- 1 centro d'ossificazione principale per il condilo ed il collo

- 1 centro d'ossificazione secondario per l'apofisi coronoide

La mandibola è totalmente consolidata alla fine del secondo anno di vita, ma la sinfisi del mento conserva la sua flessibilità come la sutura metopica al livello del frontale.

III. Rapporti della mandibola:

1. Rapporti ossei:

Con il temporale tramite il condilo mandibolare, articolare con la cavità glenoidea ed il condilo del temporale al livello dell'articolazione temporo-mandibolare.

2. Inserzioni aponevrotiche:

L'aponeurosi profonda: sulla faccia interna della mandibola

L'aponeurosi inter-pterigoidea: sulla cresta pterigoidea, sulla faccia interna delle branche ascendenti.

L' aponeurosi superficiale cervicale anteriore: sul margine inferiore della mandibola.

3. Rapporti nervosi:

Il nervo dentale inferiore, terminale del nervo mascellare inferiore, esso stesso terminale del nervo trigemino, nel canale dentale inferiore.

4. Inserzioni muscolari:

Il temporale, sulla sommità della coronoide, il margine anteriore e la faccia interna della branca ascendente.

Il massetere sulla faccia esterna della branca ascendente, in alto per il fascio profondo ed in basso per il fascio superficiale

I Pterigoidei:

Pterigoideo esterno sulla faccia anteriore del collo del condilo

Pterigoideo interno sulla faccia interna dell'angolo della mandibola

Genio-glosso sull'apofisi geni superiore

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I muscoli ioidiani:

Milo-ioidiano sulla cresta obliqua interna

Genio-ioidiano sull'apofisi geni inferiore

Digastrico: sulla faccia interna del corpo mandibolare al livello delle fossette del digastrico.

5. Inserzioni legamentose e follicolari:

Legamenti laterali dell'A.T.M. sulle facce interna ed esterna del collo,

Capsula dell'A.T.M. sulla circonferenza del collo

Legamento stilo-mandibolare sul margine superiore del Gonion

Legamento sfeno-mandibolare alla base della spina di Spyx

Legamento pterigo-mandibolare sulla parte inferiore del margine anteriore della branca ascendente.

6. Rapporti viscerali:

La lingua: la punta ed i margini laterali della lingua con la faccia interna del corpo della mandibola.

Le ghiandole sublinguali e infra-mascellari al livello delle fossette di stesso nome con la faccia interna del corpo, da una parte e dall'altra della sinfisi del mento.

7. Rapporti con i denti e le occlusioni o suture:

Con l'arcata dentale inferiore tramite l'arcata alveolare

Con l'equilibrio delle occlusioni tramite il contatto delle cuspidi con l'arcata dentale superiore.

8. Rapporto indiretto e a distanza:

L'osso ioide tramite i muscoli ioidiani e le aponeurosi

L'osso ioide è un collegamento tra i muscoli sopra ed infra-ioidiani. La mandibola riveste dunque una importanza capitale nei disturbi funzionali del collo e della gola.

IV. Punti di repere palpatori:

1. La sinfisi del mento: piccola cresta verticale sulla linea mediana che prolunga verso il basso la linea medio-incisiva

2. L'eminenza del mento: che prolunga inferiormente la sinfisi del mento

3. L'articolazione temporo-mandibolare: appena anteriormente al trago dell'orecchio

4. L'apofisi coronoide della mandibola, al di sotto del corpo del malare, palpabile all'apertura della bocca.

V. Fisiologia dei movimenti: (Fig.150)

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Bisogna distinguere per la mandibola due tipi di movimenti. Il movimento respiratorio legato al meccanismo respiratorio primario ed i movimenti della bio-meccanica articolare dell'articolazione temporo-mandibolare in relazione con l'apertura e la chiusura della bocca e con la masticazione.La biomeccanica articolare essendo studiata con l'A.T.M., ci limiteremo in questa sede a sviluppare il movimento respiratorio primario della mandibola.

1. Assi fisiologici di movimento:

Si tratta di assi verticali, leggermente obliqui in dentro, che passano per il secondo canino e permettono dei movimenti di rotazione interna ed esterna. Infatti la mandibola è un osso dispari ma, come il frontale, era inizialmente composta da due emi-mandibole con una sutura mediana. Si producono dunque dei movimenti di rotazione che effettuerà la mandibola.

2. Fisiologia dei movimenti:

La fisiologia della mandibola è indotta dal movimento dei temporali.

La rotazione esterna:

Nel corso della fase di inspirazione primaria cranica:

essendo situata sotto all'asse fisiologico del temporale, quando questo effettua una rotazione esterna, la cavità glenoidea si porta posteriormente e molto leggermente in dentro. I condili mamdibolari seguono questo movimento, sincroni al temporale ed alla S.S.B., indietreggiando e rientrando leggermente, trascinando così il rientro mandibolare.

Parallelamente e sempre in maniera sincrona, i gonion si allargano e scendono. In conseguenza, l'arcata dentale inferiore si allarga e si abbassa nella sua parte posteriore, mentre la parte anteriore, al livello della sinfisi, rientra ed indietreggia.

Questo movimento della mandibola sincrono a quello dei mascellari superiori, permette il movimento sincrono delle arcate dentali superiore ed inferiore e preserva così l'articolato dentale e la permanenza dell'occlusione.

La rotazione interna:

Durante la fase espiratoria primaria cranica: essendo situata sotto all'asse fisiologico del temporale, quando questo effettua una rotazione interna, la cavità glenoidea si porta anteriormente e molto leggermente in fuori. I condili mandibolari seguono questo movimento, sincroni al temporale ed alla S.S.B., venendo avanti e uscendo leggermente, determinando così l'avanzata mandibolare.

Parallelamente e sempre in maniera sincrona, i gonion si restringono e risalgono. Di conseguenza, l'arcata dentale inferiore si scava e risale nella sua parte posteriore mentre la parte anteriore, al livello della sinfisi, sporge ed avanza.

CAPITOLO XXI124

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L'OSSO IOIDE

Pur non essendo un osso del cranio, l'osso ioide è importante per via delle sue relazioni con la mandibola tramite dei muscoli sopra-ioidei e delle aponeurosi .

D'altra parte esso è un elemento dell'apparato ioideo, equilibratore temporo-ioidiano, costituito dall'apofisi stiloide del temporale, il legamento stilo-ioideo e il piccolo corno dell'osso ioide. Questo apparato ioideo è il residuo della cartilagine di Reichert dell'embrione umano (Fig.151).

I. Descrizione anatomica: (Fig.152-153)

Si tratta di un osso dispari e simmetrico, a forma di ferro di cavallo concavo posteriormente o di epsilon (da cui il suo nome), situato nella parte anteriore del collo, sotto la mandibola, all'altezza dell IV cervicale, davanti alla laringe.

Esso è in relazione con il resto dello scheletro tramite i muscoli ed i legamenti sopra-ioidei in alto ed infra-ioidei inferiormente. Esso presenta un corpo nella parte mediana e due apofisi lateralmente.

1. Il corpo:

Appiattito dall'avanti al dietro e leggermente concavo posteriormente, esso presenta:

Una faccia anteriore divisa in quatto campi da due creste:

Una cresta verticale mediana

Una cresta orizzontale che determina un campo superiore rivolto in alto e anteriormente ed un campo inferiore rivolto in avanti

Il tubercolo ioideo, alla congiunzione delle due creste.

Il corpo presenta le seguenti inserzioni:

Sulla cresta mediana: il setto linguale, sopra il tubercolo ioideo

Sui due campi superiore ed inferiore: il genio-ioideo

Sul campo inferiore:

il milo-ioideo

lo stilo-ioideo.

Una faccia posteriore rivolta posteriormente, concava nei due sensi e libera da ogni inserzione.

Un margine superiore dove si inseriscono:

Il genio-glosso

Le membrane: io-tiroidea, io-glossea ed io-epiglottidea.

Un margine inferiori dove si inseriscono:

Lo sterno-ioideo

L'omo-ioideo125

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Il tiro-ioideo.

2. Le grandi corna:

Appiattite trasversalmente, a grande asse obliquo in alto, posteriormente ed esternamente, esse nascono sui margini laterali del corpo, separate dal corpo da una sottile incisura.

Esse terminano con il tubercolo del grande corno.

Vi si distinguono le seguenti inserzioni:

L'io-glosso

Il tendine intermediario del digastrico

Il legamento tiro-ioideo laterale (sul tubercolo)

Le membrane: io-tiroidea, io-glossea, ed io-epiglottidea.

3. Le piccole corna:

Piccole ossa ovoidali, da 3 a 5 mm, impiantate sulla congiunzione del corpo e delle grandi corna, esse sono oblique in alto e posteriormente.

Vi si inseriscono:

Il legamento stilo-ioideo sulla sommità

I legamenti superiore ed inferiore della lingua.

II. Ossificazione dell'osso ioide:

Si tratta di un'ossificazione mista, membranosa e cartilaginea.

Le grandi corna presentano una ossificazione membranosa con un centro di ossificazione ciascuna. Il corpo ha origine cartilaginea con due centri di ossificazione.

La frontiera fra i due processi d'ossificazione si situa al livello della incisura tra il corpo e il grande corno.

Le piccole corna hanno origine cartilaginea poichè esse sono il residuo della cartilagine di Reichert, cartilagine che comprende allo stato embrionale ciò che diventerà l'apofisi stiloide del temporale, il legamento stilo-ioideo e il piccolo corno e che costituisce l'apparato ioideo.

III. Rapporti dell'osso ioide: (Fig.154/157)

1. Rapporti con gli organi:

La laringe posteriormente

2. Inserzioni muscolari:

L'io-glosso della base della lingua sulla faccia esterna del grande corno

Il genio-glosso: dall'apofisi geni superiore della mandibola e la lingua al margine superiore del corpo dell'osso ioide

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Il genio-ioideo: dall'apofisi geni inferiore della mandibola alla faccia anteriore del corpo dell'osso ioide

Il milo-iodeo: dalla faccia interna della branca orizzontale della mandibola alla faccia anteriore del corpo dell'osso ioide

Il tiro-ioideo: dal margine inferiore del grande corno alla tiroide

Io stilo-ioideo: dall'apofisi stiloidea del temporale all'angolo infero-laterale del corpo dell'osso ioide

Il digastrico: tramite il tendine intermediario, sulla faccia esterna del grande corno

L'omo-ioideo: dal margine inferiore del corpo dell'osso ioide alla spina della scapola

Lo sterno-ioideo: dall'angolo inferiore del corpo dell'osso ioide alla faccia posteriore del manubrio dello sterno.

3. Inserzioni legamentose:

Legamento stilo-ioideo: dall'apofisi stiloidea del temporale alla sommità del piccolo corno dell'osso ioide

Legamento tiro-ioideo laterale: dal tubercolo del grande corno alla faccia laterale della tiroide

Le membrane io-tiroidea, io-glossea ed io-epiglottidea.

4. Inserzioni aponevrotiche:

L'aponeurosi cervicale superficiale anteriore

L'aponeurosi cervicale mediana

L'aponeurosi sopra-ioidea da un margine all'altro della mandibola al margine superiore dell'osso ioide.

IV. Fisiologia respiratoria primaria: (Fig.158)

1. La rotazione esterna:

Durante la fase inspiratoria primaria cranica:

Le estremità posteriori delle grandi corna si allargano inferiormente, anteriormente e esternamente, realizzando un movimento di apertura in rotazione esterna dell'osso ioide, sincrono ai movimenti dei temporali e della S.S.B.

Il corpo scende, bascula leggermente indietro.

2. La rotazione interna:

Durante la fase espiratoria primaria cranica:

Le estremità posteriori delle grandi corna si restringono in alto, posteriormente e in dentro realizzando un movimento di chiusura in rotazione interna dell'osso ioide, sincrono ai movimenti dei temporali e della S.S.B.

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Il corpo risale, bascula leggermente in avanti.

3. La conseguenza di questi movimenti respiratori primari:

Si verifica un drenaggio della tiroide tramite i legamenti io-tiroidei laterali e le membrane io-tiroidee.

CAPITOLO XXII

IL SACRO ED IL COCCIGE

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I. Il sacro:

Osso dispari mediano e simmetrico, esso è situato:

al di sotto della colonna lombare con la quale forma un angolo ottuso, da 90° a 130°, sporgendo anteriormente formando il promontorio. Quest'angolo è tuttavia leggermente più piccolo nella donna.

- Sopra il coccige.

- Tra le due ossa iliache con le quali forma il bacino.

A forma di piramide quadrangolare, appiattito dal davanti al dietro, esso è incurvato, concavo anteriormente e inferiormente e questa concavità è maggiormente accentuata nella donna che nell'uomo.

1. La faccia anteriore: (Fig.159):

Concava nei due sensi, essa è triangolare a base antero-superiore ed è rivolta in basso ed in avanti. Essa presenta:

- Un campo mediano: costituito dalla faccia anteriore dei corpi vertebrali sacrali.

- I fori sacrali anteriori, nel numero di quattro, situati alle estremità delle creste trasversali e disposti gli uni sopra gli altri seguendo una linea un pò obliqua in basso ed in dentro; essi hanno una forma ovale e sono attraversati dai rami anteriori dei nervi sacrali.

- Le docce sacrali anteriori prolungano i fori esternamente e convergono verso il grande solco sciatico.

- Il piramidale si inserisce sui ponti ossei separando i fori sacrali, tra il primo ed il quarto foro, e le docce prolungano il secondo ed il terzo foro.

2. La faccia posteriore: (Fig.160)

Convessa, triangolare a base superiore, essa è rivolta in alto e posteriormente e presenta:

- La cresta sacrale, sulla linea mediana. Formata da 3 o 4 tubercoli sporgenti, essendo il risultato della saldatura delle apofisi spinali, essa si biforca in basso in due sporgenze laterali: le corna del sacro, delimitando il solco sacrale ( o hiatus sacralis) che rappresenta l'orifizio inferiore del canale sacrale. Su tutta l'altezza di questa cresta si inserisce l'aponeurosi lombo-sacrale, lamina d'origine del gran dorsale, e per suo tramite il grande gluteo.

- La doccia sacrale, formata dalla saldatura delle lamine verticali, che costeggia lateralmente la cresta sacrale.

- I 4 tubercoli sacrali postero-interni, risultanti dalla fusione delle apofisi articolari che si trovano appena in dentro dei fori sacrali posteriori. Il primo è il più voluminoso e il quarto continua con le corna del sacro. La linea dei tubercoli è prolungata in alto dall'apofisi articolare superiore della prima sacrale.

- I 4 fori sacrali posteriori, più piccoli e più esterni degli anteriori, sono disposti su una linea obliqua in basso ed in dentro e consentono il passaggio dei rami posteriori dei nervi sacrali.

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- I 5 tubercoli sacrali postero-esterni o coniugati, formati dalla saldatura delle apofisi trasverse, sono più voluminosi dei tubercoli sacrali postero-interni. Sul primo si inserisce il legamento assile che termina sulla tuberosità iliaca (piramide). Sul secondo, si inserisce il secondo legamento iliaco-coniugato (o legamento di Zaglas) che termina sulla faccia interna della spina iliaca postero-superiore. Sui terzo e quarto si inseriscono il terzo e quarto legamento iliaco-coniugato che terminano sulla sommità della spina iliaca postero-superiore. Sui quattro tubercoli si inserisce il grande gluteo mentre la massa sacro-lombare si inserisce su quasi tutta la faccia posteriore

- Tra i tubercoli e in fuori di essi, si trovano le depressioni perforate da fori vascolari, cioè le fosse cribrose, di cui la prima è più estesa e dove si inseriscono le fibre del legamento sacro-iliaco posteriore.

3. Le facce laterali: (Fig.161)

Esse sono triangolari a base superiore e presentano due segmenti:

- Un segmento superiore, largo, che corrisponde alle due prime vertebre e che presenta la superficie auricolare, a forma di "croissant" a concavità postero-superiore avente per centro il primo tubercolo coniugato, conformata in "rotaia scavata" rivolta esternamente e un poco indietro. Essa è circondata da una scanalatura dove si inserisce la capsula dell'articolare sacro-iliaco e si articola con la superficie auricolare dell'osso iliaco. Nella concavità del "croissant" deborda la prima fossa cribrosa.

- Un segmento posteriore che è un margine spesso e smussato e corrisponde alle tre ultime vertebre sacrali. Vi si inseriscono il grande legamento sacro-sciatico con davanti il piccolo legamento sacro-sciatico, il grande gluteo dietro al grande legamento ed il muscolo ischio-coccigeo al livello delle ultime due vertebre.

4. La base: (Fig.162)

Essa è formata dalla faccia superiore della prima vertebra sacrale ed è rivolta in alto ed in avanti.

La parte mediana presenta la faccia superiore del corpo della prima vertebra sacrale e l'orifizio superiore del canale sacrale, triangolare.

Le parti laterali presentano:

- L'ala sacrale, situato da ogni parte del corpo, triangolare a base esterna, convesso dal davanti al dietro e concavo trasversalmente; una doccia, obliqua inferiormente e esternamente che corrisponde al passaggio del tronco lombo-sacrale. Il suo margine antero-inferiore continua la linea innominata dell'osso iliaco e partecipa in questo modo alla costituzione dello stretto superiore. Nella sua parte esterna, si inserisce l'iliaco.

- Le apofisi articolari superiori della prima vertebra sacrale sono situate dietro le ali e da ogni parte del canale sacrale. La loro faccia postero-interna è rivolta posteriormente ed in dentro, articolandosi con l'apofisi articolare inferiore della V lombare.

5. La sommità:

Essa presenta sulla linea mediana una superficie convessa, elittica, articolare con il coccige.

6. Il canale sacrale:

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Prismatico triangolare in alto, esso forma la parte inferiore del canale rachidiano e si restringe appiattendosi inferiormente. Da ogni lato partono quattro canali che si biforcano e si aprono al livello dei fori sacrali posteriori ed anteriori.

Esso contiene i nervi della cauda equina, , l'infundibolo meningeo che scende fino alla seconda vertebra sacrale ed il filum terminale al di sotto di lui.

II. Il coccige (Fig.10)

Si tratta di un piccolo osso triangolare a sommità inferiore, appiattito, articolare con il sacro sotto del quale esso si trova. Esso è formato dall'unione di 3/5 vertebre coccigee atrofizzate e si presenta spesso in due parti articolate.

1. Le facce anteriore e posteriore:

Esse presentano dei solchi trasversali, traccia delle vertebre primitive. Vi si inseriscono dei legamenti sacro-coccigei anteriore e posteriore.

2. I margini laterali:

Irregolari, essi sono obliqui inferiormente ed in dentro. Vi si inseriscono il piccolo ed il grande legamento sacro-sciatico, i muscoli ischio-coccigei ed il grande gluteo.

3. La base:

Essa presenta una superficie articolare con il sacro, e si prolunga lateralmente e da ogni parte con due apofisi: le corna laterali che si portano anteriormente ed esternamente e le corna superiori che si portano in alto ed in dentro. Esse sono collegate alle corna del sacro tramite i legamenti sacro-coccigei laterali.

III. Fisiologia del sacro: (Fig.163)

Il sacro è una parte essenziale nella biomeccanica del sistema muscolo-schelettrico. Oltre ai movimenti conosciuti di nutazione e di contro-nutazione notoriamento durante il parto, si riconoscono al sacro movimenti d'inclinazione alternativa o torsioni che sono adattativi e fisiologici nel corso dei movimenti della colonna vertebrale in generale e della deambulazione in particolare.

FARABEUF, BONNAIRE ET WELS, riconoscono al sacro degli assi meccanici durante i movimenti antero-posteriori di questa parte ossea. Questi movimenti fisiologici si sviluppano infatti su degli assi virtuali obliqui destro e sinistro.

H.ROUVIERE ET A.DELMAS sono d'accordo nel riconoscere al sacro, nel corso della deambulazione, delle ampiezze che vanno da 3 m/mm per i sacri molto poco mobili con articolazioni sacro-iliache di tipo sinartrosico, a 15 m/mm per i sacri con articolazioni sacro-iliache di tipo diartro-anfiartrosico. Diremo, per quanto ci riguarda, che sul piano osteopatico, l'ampiezza cinetica media e di circa da 5 a 6 m/mm, poiché la restrizione di questa cinetica unilateralmente genera il fenomeno delle false gambe corte, spesso malauguratamente compensato da un sopratacco (talonette).

Poiché la biomeccanica del sacro non è argomento di questo capitolo, non svilupperemo oltre questo punto della meccanica sacrale ed il lettore che desidera approfondire le sue conoscenze dovrà rivolgersi alle diverse opere d’osteopatia dedicate a questo argomento.

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Oltre ai suoi movimenti biomeccanici, il sacro è dotato di una mobilità totalmente differente e su dei parametri assolutamente distinti dalla biomeccanica pura. Questa mobilità sacrale è inerente al "Cranial Rythmic Impulse" della respirazione primaria cranica. L'asse di mobilità respiratoria primaria sacrale è l'asse "respiratorio primario" di Sutherland che passa per S2, quindi al medesimo livello dell'asse biomeccanico che passa all'unione del corto e del lungo braccio dell'auricola sacrale, ma posteriormente, al livello del legamento axile. Si tratta di un asse trasverso che consentirà una cinetica respiratoria primaria che si effettua su un piano sagittale.

La dura-madre spinale, inserendosi nel canale sacrale su S2 ed anteriormente all'asse, sarà il vettore di trasmissione fisica del Cranial Rythmic Impulse al sacro.

Nel corso della fase inspiratoria primaria dove la sinfisi sfeno-basilare si posiziona in flessione respiratoria cranica, il basion occipitale ed il forame occipitale si trovano in posizione alta e quindi inducono una tensione ascendente sulla dura-madre spinale.

Questa tensione sul sacro, osso dispari della linea centrale, trascina una posizione in flessione respiratoria e quindi una bascula tale che l'apice sacrale si anteriorizza leggermente mentre la base si sposta posteriormente. Il sacro avrà dunque tendenza a verticalizzarsi durante la fase inspiratoria primaria cranica.

Nel corso della fase espiratoria primaria, la sinfisi torna nella sua posizione neutra fisiologica ed il basion ed il forame occipitale si troveranno così in posizione bassa, liberando la dura-madre spinale dalla sua tensione ascendente. Il sacro tornerà allora nella sua posizione anteriore, cioè l'apice si porterà posteriormente e la base anteriormente. Il sacro avrà tendenza ad orizzontalizarsi durante la fase espiratoria primaria.

Noteremo che la flessione respiratoria primaria è convenzionalmente definita dalla tendenza alla verticalizzazione sacrale mentre l'estensione respiratoria primaria è definita dalla tendenza all'orizzontalizzazione.

Questa terminologia convenzionale è qualche volta sorgente di confusione con il movimento puramente meccanico del sacro in flessione anteriore o in estensione posteriore.

D'altronde, se i movimenti meccanici del sacro possono raggiungere delle ampiezze dell'ordine del centimentro nel corso della fisiologia biomeccanica muscolo-schelettrica, i movimenti respiratori primari del sacro si possono apprezzare solo in scala di micron. Il loro ritmo è di circa da 10 a 12 cicli al minuto. Essi non possono in nessun caso essere confusi con i primi.

Poiché il sacro è un agente importante di restrizione della cinetica cranica, è importante preoccuparsi sempre della sua buona fisiologia.

IV. Fisiologia del coccige: (Fig.164)

Durante la fase inspiratoria primaria, il coccige descrive un leggerissimo movimento di verticalizzazione mentre la sua punta si sposta posteriormente. Nel corso della fase espiratoria primaria il coccige descrive un leggero movimento di orizzontalizzazione e la sua punta si sposta anteriormente.

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CAPITOLO XXIII

LE MENINGI E LE MEMBRANE DI TENSIONI RECIPROCHE

Le meningi rappresentano degli involucri che proteggono e nutrono il sistema nervoso centrale (meningi = madri). Esse circondano il cervello ed il midollo spinale nel canale rachidiano.

Si possono distinguere due tipi di membrane dal fuori al dentro:

- La meninge dura (pachimeninge): è la dura-madre, fibrosa e protettiva

- Le leptomeningi o meningi molli che sono:

L'aracnoide: sierosa a due foglietti

la pia-madre: (pia=delicata), vascolare e che nutre il nevrasse

Questi tre strati membranosi determinano tre spazi tra la parete ossea ed il nevrasse: (Fig.165)

- Lo spazio extra-durale: tra la parete ossea e la dura-madre

- Lo spazio infra-durale: tra la dura-madre e l'aracnoide

- Lo spazio infra-aracnoideo: tra l'aracnoide e la pia-madre, dove circola il liquido cefalo-rachidiano

Quanto alla pia-madre, essa aderisce al tessuto nervoso.

I rapporti delle meningi con i nervi cranici e rachidei sono particolari (Fig.166 e 166bis).

In effetti, ad eccezione dei nervi ottico ed olfattivo, tutti gli altri nervi hanno rapporti stretti con le meningi.

La dura-madre circonda le radici nervose al livello di tutti gli orifizi di uscita dal cranio come dalla rachide, aderendo al periosto dell'orifizio osseo, poi si prolunga fuori dal nevrasse formando l'epineure dei nervi.

La pia-madre inguaina pure lei le radici al livello degli orifizi e si prolunga fuori dal nevrasse formando il nevrilemma dei nervi.

Quanto al nervo ottico, egli è totalmente attorniato da una guaina dura-merica.

- La Dura-madre: (Dura Mater Encephali)

1. La Dura-madre cranica:

Membrana fibrosa, spessa, di aspetto bluastro, essa ricopre la faccia interna della scatola cranica, unendosi strettamente al periosto endocranico.

Essa è formata da due foglietti:

- Il foglietto esterno aderisce all'osso ma questa aderenza è differente al livello della base e della volta cranica.

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Al livello della volta, la dura-madre tapezza tutta la faccia interna delle placche ma con un'aderenza relativa mentre aderisce in maniera stretta lungo le suture craniche.

Al livello della base invece, essa aderisce molto strettamente alla parete ossea e la sua unione è particolarmente forte al livello delle sporgenze ossee interne e degli orifizi che lasciano passare i nervi ed i vasi del cranio.

Questo foglietto esterno aderisce strettamente al livello del forame occipitale e questa aderenza prosegue fuori dal cranio fino a C2-C3.

- Il foglietto interno produce dei prolungamenti e dei ripiegamenti che suddividono la cavità cranica e circondano i seni venosi. Si tratta delle membrane di tensioni reciproche.

La dura-madre contiene nel suo spessore:

Le arterie e le vene meningee

I laghi sanguini

I seni venosi

2. Le membrane di tensioni reciproche craniche: (Fig.167/172)

Si tratta di espansioni dura-mericiche prendono origine dal suo foglietto interno. Esse suddividono la cavità cranica e si sdoppiano al livello delle loro inserzioni ossee circondando, a questo livello, i seni venosi.

Si possono distinguere quattro membrane di tensioni reciproche:

La falce del cervello

Il tentorio del cervelletto

La falce del cervelletto

La tenda dell'ipofisi.

La falce del cervello (Falx Cerebri o grande falce): (Fig.167 e 170)

- Si tratta di un prolungamento mediano della dura-madre, verticale ed antero-posteriore, a forma di falce, che separa i due emisferi cerebrali e presenta:

- Le facce laterali che rispondono alle facce interne dei due emisferi cerebrali

- Un margine superiore convesso in alto, che si inserisce per mezzo di uno sdoppiamento sulla linea mediana al livello della sutura sagittale, sui bordi della doccia del seno longitudinale superiore che esso ingloba.

Esso è teso dal forame cieco del frontale alla protuberanza occipitale interna dell'occipitale.

- Una sommità anteriore che si inserisce sui due margini e sulla sommità dell'apofisi crista galli dell'etmoide e sul forame cieco.

- Una base posteriore, obliqua inferiormente e posteriormente, aderente al tentorio del cervelletto sulla linea medianae che ingloba il seno retto.

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Nota: questa zona, punto dove la falce del cervello si attacca sul tentorio del cervelletto, è di estrema importanza poiché raccoglie tutto il sangue venoso dei territori corripondenti tramite il seno retto ma è ugualmente la zona dove si equilibrano le tensioni meccaniche di provenienza della rachide. Si tratta della zona del FULCRUM DI SUTHERLAND.

La zona del seno retto ha dunque una importanza capitale sul piano dell'emodinamica e della cibernetica corporea.

- Un margine inferiore, concavo inferiormente, libero e sottile, rispondente alla faccia superiore convessa del corpo calloso. Teso dall'apofisi crista galli al seno retto, esso contiene, in uno sdoppiamento, il seno longitudinale inferiore.

La falce del cervelletto (Falx cerebelli o piccola falce): (Fig.167 e 170)

Ugualmente sagittale, mediana ed antero-posteriore, essa separa i due emisferi cerebellari e presenta:

- Una base superiore che aderisce alla faccia inferiore del tentorio del cervelletto, al livello del seno retto

- Un margine posteriore, teso dalla protuberanza occipitale interna al forame occipitale, di cui lo sdoppiamento si inserisce sui bordi della cresta occipitale inferiore, inglobando l'origine del seno occipitale inferiore.

- Una sommità antero-inferiore che si inserisce al livello del forame occipitale

- Un margine anteriore libero, in rapporto con il vermis cerebellare.

Il tentorio del cervelletto (Tentorium Cerebelli): (Fig.167 e 169)

Si tratta di una lamina fibrosa situata nella parte posteriore della scatola cranica che separa il cervello dal cervelletto.

Essa si estende trasversalmente e forma un tetto a due versanti inclinati, sopra alla fossa cerebellosa e presenta:

- Una faccia superiore che sostiene i lobi occipitali e che aderisce, sulla linea mediana, alla base posteriore della falce del cervello, al livello del seno retto.

- Una faccia inferiore che ricopre il cervelletto e che aderisce sulla linea mediana alla falce del cervelletto.

- Un margine anteriore o piccola circonferenza di Vicq D'Azyr: libera, concava anteriormente e fortemente incavata, essa limita, con la lamina quadrilatera dello sfenoide e la doccia basilare dell'occipitale, il forame ovale di Pacchioni, "orifizio fibroso inestensibile" (BOUCHET), per il passaggio del tronco cerebrale.

A ciascuna delle sue estremità, la piccola circonferenza incrocia la grande circonferenza passandovi sopra e va ad inserirsi sulle apofisi clinoidee anteriori.

- Un margine posteriore o grande circonferenza dei Vicq D'Azyr: convessa posteriormente, strettamente aderente alla scatola cranica, si tratta di un elemento molto importante della cinetica della base cranica.

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Essa si inserisce: nella sua parte posteriore sulla protuberanza occipitale interna e sulle due labbra delle docce dei seni laterali destro e sinistro, inglobando questi seni nei suoi sdoppiamenti. Sulle sue parti laterali, un poco sul parietale poi sul margine superiore della rocca petrosa circondando il seno petroso superiore, essa passa poi a ponte sull'incisura del nervo trigemino che trasforma in orifizio osteo-fibroso e si conclude infine sulle apofisi clinoidee posteriori.

Le espansioni circonferenziali (Fig.171-172): le estremità anteriori della piccola e della grande circonferenza formano, dopo essersi incrociate, delle espansioni della dura-madre triangolari che si prolungano anteriormente per formare le pareti interna ed esterna del seno cavernoso.

Nella parete esterna si trovano:

Il nervo oculomotore comune (III)

Il nervo patetico (IV)

Il nervo oftalmico (V1)

Tra la parete esterna e la parete interna si situa il seno cavernoso propriamente detto che permette il passaggio di:

L'arteria carotide interna

Il nervo oculomotore esterno (VI).

La tenda dell'ipofisi (Diaphragma Sellae): (Fig.167, 171-172)

Si tratta ugualmente di un prolungamento della dura-madre. E' una lamina fibrosa che si estende al disopra della fossa pituitaria, di forma quadrilatera. E' tesa dalle apofisi clinoidee posteriori indietro ai tubercoli della sella turcica o apofisi clinoidee mediane. Lateralmente essa è unita al tetto del seno cavernoso.

Essa è forata nel suo centro da un orifizio circolare per il passaggio del gambo pituitario e contiene nel suo sdoppiamento il seno coronario.

Note:

Le quattro membrane sono continue fra di loro e con tutti i prolungamenti dura-mericicranica e spinale. Prima della nascita sono loro a mantenere la stabilità della base e delle placche ossee della volta. Nell'adulto, esse mantengono l'equilibrio di tensione fra le differenti componenti ossee del cranio ed in rapporto con il resto dell'apparato scheletrico. Il punto risultante di queste tensioni meccaniche si situa al livello del fulcro di Sutherland: punto risultante dell'omeoresi del corpo.

I prolungamenti dura-mericipartecipano pure alla formazione del cavum di Meckel, inglobando il ganglio di Gasser così come il sacco endolinfatico (acquedotto vestibolare sulla faccia posteriore della rocca petrosa).

3. La dura-madre spinale (Dura Mater Spinalis o corda spinale o core link): (Fig.173-174)

Essa forma un manicotto cilindrico situato all'interno del canale rachidiano. Essa occupa la quasi totalità dell'altezza del canale rachidiano e si estende dal forame occipitale a S2 mentre il midollo spinale non oltrepassa L2. Essa si inserisce solidamente in alto sul perimetro del forame occipitale, prolungando la sua inserzione sulla faccia posteriore del corpo di C2 ed in basso sulla faccia posteriore del corpo di S2. Essa rimane libera da qualsiasi inserzione ossea tra queste due zone, separata dal canale osseo dallo spazio epidurale.

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Esiste dunque nella parte inferiore del sacco dura-merico, tra L2 e S2, un infundibolo che contiene solamente che gli elementi radicolari che costituiscono la cauda equina. (Fig.175).

L'estremità inferiore di questo infundibolo durale forma il Filum Terminale del midollo spinale, su una lunghezza di 15 cm, poi scende a fissarsi sulla parte posteriore del coccige chiamata legamento coccigeo su una lunghezza di 10 cm.

Ad ogni piano vertebrale, la dura-madre produce due espansioni cilindriche che circondano le radici nervose prima della loro fusione in nervo periferico.

Lo spazio peridurale:

Situato tra il manicotto dura-merico ed il canale rachidiano, esso si estende dal forame occipitale in alto fino all'estremità inferiore del canale vertebrale in basso. Molto stretto sul davanti ma largo posteriormente, riempito da un grasso molto fluido, esso è attraversato dalle voluminose vene dei plessi venosi intra-rachidei e dalle arterie destinate al midollo e ai suoi involucri.

II. L'aracnoide:

1. L'aracnoide cranica (Arachnoidea Encephali): (Fig.165)

Si tratta di una membrana congiuntiva sierosa, sottile, aerata come garza e piena di L.C.R.. Essa si trova tra la pia-madre e la dura-madre.

Da una parte e dall'altra dell'aracnoide possiamo distinguere:

Lo spazio sopra-aracnoideo: situato tra la dura-madre e l'aracnoide, è una cavità linfatica quasi virtuale che consente il passaggio alle vene ed ai nervi del nevrasse e ad alcune arterie cerebrali.

Lo spazio infra-aracnoideo: situato tra l'aracnoide e la pia madre, molto sinuoso, esso contiene l'L.C.R.

In alcune zone lo spazio infra-aracnoideo si allarga sotto forma di falda o di canali che portano nomi differenti:

Rivulus (o piccolo ruscello): per l'irrorazione di un piccolo solco cerebrale

Rivus (ruscello): per l'irrorazione di un grande solco

Flumen (fiume): per l'irrorazione di una incisura.

Canale, confluente, lago o cisterna.

Si distingue:

Il confluente antero-superiore od opto-chiasmatico, dal chiasma ottico alla protuberanza anulare.

Il confluente antero-inferiore o cisterna basale, in continuità con il confluente opto-chiasmatico, dal bulbo alla protuberanza anulare.

Il confluente antero-laterale o silviano, al livello del segmento inferiore della incisura di Sylvius.

Il confluente postero-inferiore o cerebello-midollare o grande cisterna, tra il bulbo ed il cervelletto.

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Il confluente postero-superiore o lago cerebellare, sopra al cervelletto.

Il confluente postero-laterale o ponto-cerebellare, tra la protuberanza anulare ed il cervelletto.

Il confluente midollare che circonda il midollo, dal bulbo all'infundibolo dura-merico

2. L'aracnoide spinale: (Fig.176)

Essa prolunga la grande cisterna cranica. E' spessa al livello rachidiano poichè il diametro del midollo è nettamente inferiore a quello del canale rachideo.

Lo spazio aracnoideo colmo di L.C.R. bagna le radici nervose e la cauda equina e si prolunga fino al fondo dell'infundibolo dura-merico. Esso è suddiviso dal legamento denticolato che è un'espansione trasversale della pia-madre.

Si segnala che al livello dei fori di coniugazione, l'aracnoide invia un prolungametno che accompagna le radici nervose (nevrilema).

III. La pia-madre (Pia Mater): (Fig.165)

1. La pia madre cranica (Pia Mater Encephali):

Sottile, trasparente, molto vascolarizzata, essa ricopre interamente ed intimamente l'encefalo fino ad ogni suo minimo solco ma non aderisce ai tessuti nervosi. Essa da' origine , al livello della fessura di Bichat, ai plessi coroidei per la produzione dell'L.C.R.

2. La pia madre spinale: (Fig.176)

Essa forma una guaina cilindrica aderente al tessuto nervoso e tapezza i diversi solchi del midollo. Lateralmente, al livello delle radici nervose, essa è in contatto con il nevrilema dei nervi. Tra l'emergenza delle radici anteriori e posteriori, essa emette trasversalmente un prolungamento dentellato: il legamento denticolato che separa le due radici e termina sulla faccia interna del manicotto dura-merico.

IV. Vascolarizzazione delle meningi:

1. Meningi craniche (Vedere anche il capitolo sulla vascolarizzazione del cranio).

Le arterie meningee:

La dura-madre è irrorata dalle arterie meningee di cui le sottili ramificazioni si insinuano nel suo spessore.

Si può distinguere:

- le arterie meningee anteriori, branche delle arterie etmoidali.

- le arterie mediane e piccole meningee, branche dell'arteria mascellare interna.

- le arterie meningee posteriori, branche dell'arteria vertebrale.

Le vene meningee:

Le vene di ritorno dalle meningi della dura-madre sono satelliti delle arterie e si riversano fuori dal cranio:

- Nelle vene oftalmiche anteriormente

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- Nei plessi pterigoidei e nelle vene mascellari interne, esternamente

- Nei seni laterali, petrosi superiori e longitudinale superiore, per le vene meningee mediane che offrono così una doppia via di ritorno intra ed extra-cranica.

L'Aracnoide e la pia-madre sono irrorate da sottili ramificazioni in connessione con il reticolo arterio-venoso che irrora i centri cerebrali

2. Meningi rachidee: (Fig.177/179)

L'arteria vertebrale (A.Vertebralis):

Nata dall'arteria succlavia, essa sale nel canale trasversale, fuori dal canale rachidiano, poi contorna le masse laterali dell'atlante per, in seguito, perforare la dura-madre e penetrare nel cranio dal forame occipitale.

Essa forma, allora, le arterie spinali anteriori e posteriori e continua con un tronco comune: il tronco basilare.

Oltre alla parte posteriore del cranio, irrora le meningi ed il midollo cervicale tramite le arterie del rigonfiamento cervicale in C2-C3, C4-C5, C7-D1.

Le arterie spinali:

- l'arteria radicolare dorsale in D7-D8 per il midollo e le meningi dorsali

- l'arteria radicolare lombare o arteria del rigonfiamento lombare per il midollo e le meningi lombo-sacrali.

I plessi venosi rachidei:

I plessi intra-rachidei drenano il midollo e le meningi spinali.

V. Innervazioni delle meningi:

1. Meningi craniche:

Per la fossa cranica anteriore:

Per la dura-madre e Il tentorio del cervelletto:

- Fibre sensitive uscite dal nervo oftalmico, mediante rami dei filamenti etmoidali di provenienza dal nervo nasale, e il nervo ricorrente di Arnold per Il tentorio del cervelletto.

- Fibre ortosimpatiche di provenienza dal reticolo simpatico peri-arterioso carotideo uscito dal ganglio cervicale superiore.

Per la fossa cranica mediana:

- Il nervo mascellare superiore per la loggia mediana.

- Il nervo mascellare inferiore per la regione della grande ala dello sfenoide e le cellule mastoidee temporali.

Per la fossa cranica posteriore:

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Le fibre sensitive dei nervi parasimpatici pneumogastrico o vago, glosso-faringeo e grande ipoglosso per la dura-madre posteriore.

L'aracnoide e la pia-madre cranica sono innervate tramite filamenti ortosimpatici che accompagnano i vasi.

2. Meningi spinali:

Le meningi rachidee sono innervate dai nervi seno-vertebrali o nervi di Lushka: ogni nervo penetra nel canale rachidiano dal foro di coniugazione corrispondente e possiede un ramo ortosimpatico di provenienza dalla catena latero-vertebrale ed un ramo sensitivo di provenienza dalla radice posteriore del nervo rachideo.

VI. Fisiologia delle Membrane di Tensioni Reciproche:

Per la loro forma, la loro disposizione, i loro legami, le membrane di tensioni reciproche hanno un ruolo equilibratore all'interno del cranio. Questo ruolo di equilibratori si estende al sacro e a tutto il corpo.

Nel momento in cui il L.C.R. permette la trasmissione fluidica dell'M.R.P., le M.T.R. sono un vettore di trasmissione meccanica di questo M.R.P. alle ossa craniche e sacrali, come agli elementi di sostegno meccanico che sono le fasce.

Durante la fase di inspirazione primaria della S.S.B.:

- La falce del cervello descrive un leggero movimento su un piano antero-posteriore (Fig.180). La parte interamente anteriore del suo polo di congiunzione anteriore, situata tra il Forame cieco e l'inizio della cresta frontale, parte anteriormente e inferiormente, trascinando la glabella nella stessa direzione. La parte posteriore di questo stesso polo di congiunzione anteriore, situata sull'apofisi crista galli andrà posteriormente ed in alto. L'etmoide bascula posteriormente ed il nasion s'incava.

Il polo di congiunzione posteriore, situato al livello della protuberanza occipitale interna, scende inferiormente e posteriormente come la squama occipitale. Il margine superiore al livello della sutura metopica parte indietro e trascina posteriormente i margini di questa sutura. La retrocessione della sutura metopica servirà da contrappunto al movimento di rotazione esterna degli emi-frontali.

Il margine inferiore libero della falce parte indietro e inferiormente. Il margine d'inserzione con il tentorio del cervelletto scende.

Conseguenze del movimento dei tre margini:

- La falce del cervello scende, trascinando verso il basso i margini della sutura inter-parietale e permettendo per mezzo della contro-forza il movimento di apertura in rotazione esterna dei parietali.

- La volta si abbassa

Biomeccanica della falce del cervello:

La falce del cervello è costituita da quattro tipi di fibre (Fig.180-181).

Le fibre cerebrali antero-inferiori, quasi orizzontali, tese dalla regione del forame cieco al margine anteriore dell'apofisi crista galli

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Le fibre cerebrali antero-superiori, quasi verticali, tese dal bregma al polo inferiore della sutura metopica

Le fibre cerebrali superiori, tese dalla parte superiore della sutura metopica alla doccia occipitale superiore

Le fibre della volta, tese dalle suture metopica ed inter-parietale, fino al seno retto e la cui direzione continua con quella delle fibre della tenda.

Da un punto di vista biomeccanico, questi fasci di fibre sono molto importanti (Fig.182). Al momento della flessione della S.S.B. che porta in flessione l'etmoide, tramite lo sfenoide, l'apofisi crista galli si porta posteriormente ed in alto seguendo la coppia F A1/F A2. Le fibre cerebrali antero-inferiori della falce entrano in contro-forza limitando il movimento e permettendo la formazione della coppia F A2/F A3 con il punto di appoggio della coppia al livello del margine anteriore del solco etmoidale.

Il margine antero-inferiore della falce del cervello si porta anteriormente ed inferiormente e permette la discesa della glabella seguendo la coppia F A2/F A3.

Parallelamente ed in maniera sincrona, sotto l'azione della squama occipitale, le fibre cerebrali superiori trascinano la parte superiore frontale della sutura sagittale, posteriormente e inferiormente.

La coppia F O1/F O2 così formata, porta avanti la glabella.

La risultante delle forze F O2/F A3 trascina il vero movimento della glabella soprattutto inferiormente e leggermente in avanti. E così come, parallelamente l'etmoide rotola posteriormente, il nasion s'incava.

- Per quanto riguarda il tentorio del cervelletto, il cui tetto è disteso dal scendere del margine inferiore della falce e le cui inserzioni occipitali scenderanno con la squama occipitale, esso si accascia e si appiattisce.

Esso è costituito da due tipi di fibre (Fig.181):

Delle fibre oblique quasi trasversali e delle fibre oblique quasi longitudinali. Queste fibre guideranno i movimenti di rotazione e di apertura/chiusura del temporale.

I suoi poli di inserzione clinoidei, sotto l'impulso dello sfenoide, partiranno anteriormente ed in alto, aumentando l'accasciarsi del tentorio.

I suoi poli di inserzione laterali si dirigeranno in dentro ma soprattutto lateralmente, regolando così l'apertura in rotazione esterna dei temporali sui perni petro-giugulari e sui binari petro-basilari.

- La tenda dell'ipofisi sale tramite il movimento di risalita della sella turcica.

Si formano così delle strutture totalmente funzionali e sincrone. (Fig.183, 184, 185).

Un arco superiore membranoso costituito dalla falce del cervello e dal tentorio del cervelletto.

Un arco inferiore osseo costituito dall'occipitale, le rocche petrose, lo sfenoide e l'etmoide, cioè la base.

L'arco membranoso adatta permanentemente le tensioni della base tramite il variare delle proprie tensioni e le placche ossee della volta seguono, con i loro movimenti adattativi, le tensioni reciproche craniche.

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Ma un'altra struttura viene a completare questo sistema di tensioni meccaniche craniche: il sacro e la dura-madre spinale o corda spinale o core link (Fig.187-188).

Il core link, inestensibile, che si attacca solidamente al forame occipitale ed alla faccia posteriore di S2-S3, sarà il vettore di trasmissione meccanica del M.R.P. al sacro.

In effetti, il movimento di risalita del forame occipitale, durante l'inspirazione primaria cranica, provocherà la risalita della dura-madre che trascina essa stessa un movimento di flessione respiratorio primario sul sacro, attorno all'asse respiratorio di Sutherland, passando per S2, in alto e posteriormente rispetto all'inserzione dura-merica. Questo significa che l'apice del sacro si sposterà anteriormente mentre, al contrario, la base posteriormente. In sintesi, il sacro avrà tendenza a verticalizzarsi nel corso dell'inspirazione primaria.

Le componenti di tensioni meccaniche membranose craniche del M.R.P. sono dunque trasmesse direttamente al sacro e, vice-versa, il sacro trasmette le sue tensioni meccaniche alle membrane craniche.

Le tensioni reciproche inter-membranose saranno quindi risultanti da tutti i parametri meccanici del cranio e del sacro. Siccome sappiamo che il sacro si adatta da una parte al bacino ed alle membra inferiori e d'altra parte alla colonna vertebrale e che, peraltro, il cranio si adatta al sacro ma anche alla colonna vertebrale ed alle membra superiori e che infine cranio, colonna vertebrale e sacro sono in relazione con le catene fasciali, vediamo allora che le tensioni reciproche di queste membrane sono la risultante di tutti i parametri di tensioni meccaniche del corpo.

Il punto di equilibrio di queste tensioni si trova situato sulla linea d'inserzione del margine inferiore della falce del cervello con il tentorio del cervelletto, al livello dell'estremità anteriore del seno diritto.

Questo punto di equilibrio cambia di posizione su questa linea in funzione delle tensioni meccaniche del corpo. Si tratta del "Fulcro di Sutherland". Il punto fulcro ideale è il punto che risulta dall'omeoresi o equilibrio perfetto della struttura meccanica.

Le catene fasciali profonde hanno esse stesse un movimento ascensionale durante la fase inspiratoria primaria, cioè esse risalgono verso il cranio e favoriscono cosi la risalita della S.S.B. (Fig.189).

Le catene fasciali superficiali, al contrario, effettuano un movimento sincrono nel senso caudale nel corso di questa stessa fase inspiratoria.

Per concludere, qualsiasi squilibrio di tensioni reciproche di queste membrane dura-meriche sarà segno di un disturbo dell'omeoresi e dovrà indurre a ricercare una disfunzione nella struttura muscolo-scheletro-fasciale e di conseguenza qualsiasi correzione di disfunzioni muscolo-scheletro-fasciali concorrerà a ristabilire l'armonia delle tensioni di queste membrane ed a ristabilire l'omeoresi, elemento essenziale dell'omeostasia.

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CAPITOLO XXIV

VASCOLARIZZAZIONE DEL CRANIO

Vascolarizzazione arteriosa del cranio

L'encefalo è irrorato da due sistemi:

- Un sistema arterioso carotideo

- Un sistema arterioso vertebrale

Questi due sistemi sono in comunicazione tra loro per mezzo del poligono di Willis.

I. Le arterie principali (sorgenti): (Fig.190)

1. L'arteria carotide comune:

nasce dal tronco brachicefalico a destra e direttamente dall'arco aortico a sinistra. Essa si suddivide in seguito in carotide interna e cartotide esterna al livello del margine superiore della cartilagine tiroidea.

L'arteria carotide esterna:

essa si suddivide, a 4 o 5 cm sopra all'angolo della mascella, in:

Branche terminali: (Fig.191)

- Arteria temporale superficiale

- Arteria mascellare interna

Branche collaterali: (Fig.192)

- Arteria occipitale

- Arteria acustico posteriore

- Arteria facciale

- Arteria linguale

- Arteria tiroidea superiore.

L'arteria carotide interna:

Essa sale verticalmente fino al forame carotideo, percorre il canale carotideo nel quale forma due gomiti, poi penetra nel cranio dal Forame Lacero Anteriore (Fig.193).

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Essa passa successivamente all'interno del seno cavernoso formando il sifone carotideo per mezzo dei due gomiti che forma in questo punto. Essa perfora la dura-madre e l'aracnoide al livello della clinoide anteriore e fornisce (Fig.195-195)

- L'arteria cerebrale anteriore

- L'arteria cerebrale mediana

- L'arteria oftalmica

- L'arteria coroidea anteriore

- L'arteria comunicante posteriore

L'arteria vertebrale: (Fig.190 e 196)

essa nasce dall'arteria succlavia, essa stessa proveniente dal tronco brachicefalico a destra o dall'arco dell'aorta a sinistra. Essa risale nel canale trasversario, fuori dal canale rachidiano, poi circonda le masse laterali dell'atlante per perforare in seguito la dura-madre e penetrare nel cranio attraverso il forame occipitale. Essa da origine alle due arterie spinali anteriori e posteriori e l'arteria cerebellare inferiore poi continua in un tronco comune con il suo omologo: il tronco basilare.

Il tronco basilare da origine:

- Alle arterie cerebellari mediane

- Alle arterie cerebellari superiori

- Alle arterie cerebrali posteriori

II. Le arterie del cervello: (Fig.198/201)

L'arteria cerebrale anteriore: esce dalla carotide interna, all'uscita del seno cavernoso, e comunica con il suo omologo tramite l'arteria comunicante anteriore.

L'arteria cerebrale mediana o arteria silviana: esce dalla carotide interna e percorre in maniera molto sinuosa l'incisura di Sylvius.

L'arteria cerebrale posteriore: esce dal tronco basilare e comunica con l'arteria carotidea interna tramite l'arteria comunicante posteriore.

L'arteria oftalmica: nasce dalla carotide interna, al livello della clinoide anteriore, passa in seguito nel canale ottico, da origine alle arterie etmoidali anteriore e posteriore e all'arteria nasale per la mucosa delle fosse nasali e si distribuisce in seguito all'occhio.

L'arteria coroidea: uscita dalla carotide interna, si incammina fino alla fessura di Bichat dove si distribuisce ai plessi coroidei.

II. Il poligono di Willis: (Fig.203a e 203b)

Situato nella fossa mediana, al livello del corpo dello sfenoide e della sinfisi sfeno-basilare, è un mezzo di comunicazione del sangue arterioso carotideo con il sangue arterioso vertebrale. Può così assicurare delle supplenze in caso di occlusione arteriosa cerebrale.

Esso è costituito da:

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- Le due arterie cerebrali anteriori

- Le due arterie cerebrali posteriori

- L'arteria comunicante anteriore

- Le arterie comunicanti posteriori.

III. Le arterie del cervelletto:

L'arteria cerebellare inferiore: nasce dall'arteria vertebrale, contorna la faccia laterale del bulbo e si distribuisce nella parte postero-inferiore del cervelletto.

L'arteria cerebellare mediana: nasce dal tronco basilare e si ramifica sulla parte mediana del cervelletto

L'arteria cerebellare superiore: esce dal tronco basilare, contorna i peduncoli cerebrali e si distribuisce sulla faccia superiore del cervelletto.

IV. Nota:

Si distingue così una irrorazione corticale ed una irrorazione centrale. Queste irrorazioni sono all'origine di due grandi correnti sanguine, centrale e periferica, che convergono verso le cavità ventricolari (Fig.204).

Vascolarizzazione venosa del cranio:

Il reticolo venoso del cranio è costituito da un ricco reticolo di vene superficiali e profonde che si drenano TUTTE nei seni venosi della dura-madre.

Questi seni sono canali compresi dentro a degli sdoppiamenti della dura-madre, che ricevono le vene dagli organi della cavità cranica e della cavità orbitale. Essi terminano nella vena giugulare interna.

Il resto della circolazione venosa cranica, di provenienza dalle vene superficiali esocraniche, si immette nella vena giugulare esterna (Fig.205).

Descrizione

I. I seni della volta:

Sono i seni mediani (Fig.206/208)

1. Il seno longitudinale superiore

(S.L.S.) o seno sagittale superiore: egli decorre sulla faccia profonda delle suture metopica e sagittale, nell'inserzione del margine convesso della falce del cervello, nel suo sdoppiamento. Il suo diametro aumenta dal davanti all'indietro, dal forame cieco alla protuberanza occipitale interna dove il suo diametro è di 1 cm. Esso ha la forma di un prisma con la base superiore che corrisponde alla doccia ossea e di cui la sommità inferiore ed i lati che corrispondono allo sdoppiamento della falce del cervello. Esso sfocia al livello del Torculare di Herophilo nel seno laterale generalmente sinistro.

2. Il seno longitudinale inferiore:

(S.L.I.) o seno sagittale inferiore:

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Più sottile, esso occupa i 2/3 posteriori del margine libero della falce del cervello. Esso si getta indietro nell'estremità anteriore del seno retto.

3. Il seno retto:

Esso si estende su tutta la lunghezza dello sdoppiamento della base della falce del cervello. Triangolare a base inferiore rispondente al tentorio del cervelletto, esso è obliquo posteriormente ed inferiormente.

4. L'ampolla di Galieno:

o grande vena cerebrale di Galieno. Del diametro di 0,5 cm, essa sfocia nel seno retto.

5. Il Torculare d'Erofilo

dove confluiscono diversi seni:

Esso è formato, al livello della protuberanza occipitale interna, dalla confluenza:

- Del seno longitudinale superiore

- Del seno retto

- Del seno occipitale posteriore.

Egli da origine ai due seni laterali, per lo più in modo asimmetrico: il seno laterale destro che prolunga il S.L.S. ed il seno laterale sinistro che prolunga il seno retto.

II. I seni della base:

Sono seni simmetrici. (Fig.208-209)

1. I seni laterali destro e sinistro: (S.L.D e S.L.S.)

Ogni seno nasce dal Torculare di Erofilo con all'inizio un tragitto orizzontale nello sdoppiamento dell'inserzione del tentorio del cervelletto. Poi passa sul parietale ed infine nella doccia sigmoide della mastoide. Si dirige anteriormente per formare il golfo della giugulare interna appena prima di arrivare al forame giugulare dove si forma la giugulare interna.

2. I seni occipitali posteriori: (S.O.P.)

Il seno occipitale posteriore che nasce dal Torculare e prosegue nello sdoppiamento dell'inserzione della falce del cervelletto, si sdoppia in due seni occipitali posteriori destro e sinistro che girano attorno al forame occipitale e confluiscono nel golfo giugulare, appena anteriormente al forame giugulare.

3. I seni sfeno-parietali di Breschet: (S.S.P.)

Essi sono attaccati ai seni della base per mezzo del loro abboccamento al seno cavernoso. Ogni S.S.P. inizia dal seno longitudinale superiore, prosegue nella parte antero-laterale della volta cranica, segue poi il margine posteriore della piccola ala dello sfenoide e confluisce infine all'estremità anteriore del seno cavernoso.

4. Il seno cavernoso: (S.C.) (Fig.210-211 e 213)

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Voluminoso ed esteso, il seno cavernoso si trova, a destra come a sinistra, sul fianco della sella turcica e del corpo dello sfenoide e quindi dall'estremità anteriore della rocca petrosa alla fessura sfenoidale . E' di fatto diviso in due spazi da un prolungamento del tentorio del cervelletto (Fig.209-210).

Lo spazio interno o corrente mediale o seno cavernoso propriamente detto è il più importante. E' costituito da un insieme di vene che circondano la carotide che è, a questo livello, intra-cavernosa. Qui troviamo ugualmente il VI nervo cranico (O.M.E.). Esso comunica con il corrente mediale opposto tramite il seno coronario. Esso limita lateralmente la fossa pituitaria.

Lo spazio esterno, o corrente laterale, è situato nella parete esterna del seno cavernoso e consente la comunicazione dei seni sfeno-parietale e petroso superiore.

Nel foglietto profondo dell'espansione del tentorio del cervelletto si trovano i nervi cranici III, IV e V1.

5. Il seno coronario: o seno inter-cavernoso.

Situato nello sdoppiamento della tenda dell'ipofisi, è formato da due archi anteriore e posteriore che mettono in comunicazione i due lati del seno cavernoso.

6. I seni petrosi:

Permettono l'evacuazione posteriore del seno cavernoso.

- I seni petrosi superiori destro e sinistro: (S.P.S.)

L'S.P.S segue il margine superiore della rocca petrosa nella doccia dell'S.P.S. e nello sdoppiamento d'inserzione della grande circonferenza del tentorio del cervelletto. Esso consente la comunicazione tra l'orifizio posteriore del seno cavernoso e la porzione sigmoide del seno laterale.

- I seni petrosi inferiori: (S.P.I.)

L'S.P.I. segue il margine inferiore della faccia posteriore della rocca petrosa, al livello della sutura petro-giugulare, esce dal forame lacero posteriore e consente la comunicazione diretta tra il seno cavernoso e la giugulare interna.

7. Il seno occipitale trasverso: (S.O.T)

o plesso basilare:

Esso segue la faccia posteriore della lamina quadrilatera e consente la comunicazione tra il corrente mediale dei due lati del seno cavernoso e dei seni petrosi inferiori, poi confluisce nei seni occipitali posteriori.

Circolazione ed affluenze

Si può distinguere sul piano funzionale:

- Una circolazione superiore e posteriore per la volta

- Una circolazione anteriore ed inferiore: anteriore per l'orbita, inferiore per la base.

I. La circolazione superiore e posteriore: comprende (Fig.212)

1. Il seno longitudinale superiore che riceve le seguenti affluenze:

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Vene cerebrali superiori superficiali:

- Frontali anteriori e posteriori

- Rolandiche

- Parietali

- Occipitali

Vene meningee superiori e mediane.

2. Il seno longitudinale inferiore che riceve le vene della falce del cervello

3. Il seno sfeno-parietale che riceve le vene cerebrale mediane superficiali

4. Il seno retto e la vena di Galieno che drenano il sistema venoso profondo:

- Vene cerebrali profonde

- Vene basilari

- Vene cerebellari superiori.

5. Il Torculare di Erofilo che drena:

- L' S.L.S.

- L'S.L.I.

- La vena di Galieno

- Il seno retto

6. I seni laterali: che conducono il sangue venoso al torculare e che drenano:

- Le vene cerebrali posteriori superficiali

- Le vene temporali superficiali e profonde (ippocampiche)

- Le vene mastoidee

- Le vene cerebellari posteriori.

II. La circolazione anteriore ed inferiore:

Essa comprende (Fig.212)

1. Il seno cavernoso che riceve le seguenti affluenze:

- Le vene oftalmiche superiori e inferiori

- Le vene centrali della retina

- Il seno sfeno-parietale che drena il sangue di provenienza dalla regione dello Pterion

- Il plesso coronario

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- Il plesso basilare

2. I seni petrosi superiori e inferiori che drenano:

- Il seno cavernoso

- Le vene cerebellari

- Le vene della protuberanza anulare

- Le vene del timpano

3. Il seno occipitale posteriore che drena le vene del bulbo.

III. La vena giugulare interna:

Essa prosegue i seni laterali al livello del Forame Lacero Posteriore. Essa scende in seguito verticalmente all'estremità interna della clavicola dove si unisce alla vena succlavia per formare il tronco brachicefalico.

Essa drena i due sistemi circolatori. Si tratta della grande via del ritorno venoso cranico poichè il 95% del sangue venoso esce attraverso questa via.

IV. Fisiologia dei seni venosi:

Le pareti dei seni non sono ne contrattili ne elastiche. Di conseguenza sono facilmente depressibili ed il diametro di apertura dei seni è quindi notevolmente dipendente dalla tensione della dura-madre e dei suoi prolungamenti. D'altronde non vi sono valvole come per le vene.

In posizione eretta, la circolazione del flusso venoso dipenderà:

- Dalla pressione arterio-venosa

- Dalla forza peso

- Dal M.R.P

In posizione coricata il flusso venoso dipenderà soprattutto dal M.R.P e dalle tensioni membranose.

Dobbiamo ugualmente notare che lo scorrere del flusso venoso di provenienza dalle vene cerebrali e dalle vene della falce avviene in controcorrente rispetto al flusso dei seni considerati e questa particolarità diventa importante in decubito. Le cefalee al risveglio hanno in effetti molto spesso origine venosa.

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CAPITOLO XXV

I NERVI DEL CRANIO

Le dodici paia di nervi cranici hanno una distribuzione essenzialmente cefalica. Contrariamente alle trentuno paia di nervi rachidei che presentano tutti delle fibre motrici, sensitive ed ortosimpatiche, i nervi cranici sono sia sensoriali come i nervi oftalmico, ottico ed acustico, sia motori come i nervi oculomotori e grande ipoglosso o infine misti come il trigemino, il facciale, il glosso faringeo o il pneumogastrico (Fig.214-215).

Essi hanno un'origine apparente al livello del tronco cerebrale, ma la loro origine reale si situa al livello dei loro nuclei, situati in profondità nel tronco cerebrale (Fig.216-217). Dalla loro origine apparente, essi si dirigono rispettivamente verso le strutture interessate (Fig.217bis).

I. Il nervo olfattivo (I): (Fig.217 ter)

Esso si estende dalla mucosa pituitaria delle fosse nasali, a partire dalla macula lutea dove si concentrano le cellule ciliate olfattive di Schultze. Attraversando la lamina cribrosa dell'etmoide, le cellule olfattive giungono al bulbo olfattivo ed alla benderella olfattiva che termina al livello dell'uncus sull'area temporale T5. Si tratta del nervo dell'olfatto. In caso di lesione, si verifica una anosmia.

II. Il nervo ottico (II): (Fig.218)

Non si tratta di un vero e proprio nervo poichè le sue fibre non appartengono al primo neurone. Esso forma, con il suo omologo, il chiasma ottico nella parte anteriore della sella turcica. Esso ha attraversato prima la cavità orbitale ed il canale ottico dello sfenoide. Fino al canale ottico esso decorre nello spazio infra-aracnoideo.

Esso è formato da due tipi di fibre:

- Le une, appartenenti all'arco riflesso, la cui origine è la pupilla, che terminano nel tubercolo quadrigemino anteriore

- Le altre, molto voluminose, appartengono alle vie della vista e terminano nei corpi genicolati e nelle aree ottiche corticali occipitali (area 17 di Broadman).

Si possono distinguere 3 fasci:

- Il fascio esterno: o temporale diretto

- Il fascio centrale: bilaterale

- Il fascio interno: o nasale crociato.

Al danno periferico di un nervo ottico consegue una emianopsia ipsi-laterale mentre, qualsiasi danno bilaterale al campo visivo ha una origine centrale, vascolare o espansiva.

III. Il nervo oculomotore comune (III):

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Il nucleo motore cranico ha origine al livello della sostanza grigia nel peduncolo cerebrale, al livello del tubercolo quadrigemino anteriore facendo seguito al fascio cortico-nucleare.

Le fibre parasimpatiche del fascio pupillare partono dal nucleo di Edinger-Westphal (Fig.216-217).

Il nervo si dirige in basso ed in avanti per raggiungere il margine superiore della rocca petrosa, passando in una piccola doccia, ed attraversa la dura-madre fuori dall'inserzione clinoidea del tentorio del cervelletto, in dentro del lobo temporale. Il nervo decorre poi anteriormente nella parete esterna del rivestimento dura-merico del seno cavernoso, penetra nell'orbita attraverso la fessura sfenoidale , nell'anello di Zinn e si divide in due rami (Fig.218 e 221).

Le fibre parasimpatiche penetrano nel ganglio oftalmico poi vanno ad innervare i muscoli ciliari dell'iride e saranno responsabili della dilatazione dell'iride o midriasi e dell'accomodazione.

Sul piano motorio, esso innerva i muscoli oculari: (Fig.219)

- Retto superiore

- Retto inferiore

- Retto interno

- Piccolo obliquo

- Elevatore della palpebra superiore.

In caso di lesione, si può osservare:

- Ptosis

- Strabismo esterno o diplopia se la lesione è parziale

- Midriasi causata da danneggiamento delle fibre parasimpatiche.

IV. Il nervo patetico (IV) :

Il nucleo motore ha origine nel peduncolo cerebrale, appena indietro al III (Fig.216-217). Esso gira attorno al peduncolo cerebrale, in dentro rispetto alla piccola circonferenza del tentorio del cervelletto e segue il tragitto del III, appena esternamente da esso. Egli approda al foglietto esterno del seno cavernoso appena sotto al III e giunge nell'orbita attraverso la fessura sfenoidale , sopra ed esternamente dall'anello di Zinn.

Esso innerva il muscolo oculare grande obliquo, aduttore e depressore dell'occhio (Fig.218-219).

In caso di lesione, appare una diplopia verticale o obliqua.

V. Il trigemino (V): (Fig.216-217)

Si tratta di un nervo misto motorio, sensitivo ed ortosimpatico. Esso prende origine nella protuberanza anulare, si espande in seguito formando il ganglio di Gasser, al livello del margine superiore della rocca petrosa, nella fossetta di Gasser.

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Il ganglio si trova a questo livello, in un'evaginazione della dura-madre chiamata cavo di Meckel (Fig.220). Il nervo passa, a questo punto, in un orifizio osteo-fibroso formato dalla dura-madre e da un'espansione della grande circonferenza del tentorio del cervelletto che porta a strabiombo il nervo nelle vicinanze immediate del seno cavernoso.

Esso si divide allora in tre rami che, oltre alle fibre motrici e soprattutto sensitive, trasportano:

- Delle fibre ortosimpatiche proprie provenienti dal simpatico arterioso cervicale tramite il primo ganglio cervicale ed i cui centri midollari si trovano in D2-D3.

- Delle fibre parasimpatiche provenienti dal VII e dal IX:

Fibre muco-lacrimo-nasali del VII tramite il nervo oftalmico

Fibre salivali superiori del VII bis dal nervo mascellare superiore

Fibre salivali inferiori del IX dal nervo mascellare inferiore.

Il nervo oftalmico (V1) presenta: (Fig.221-222)

Il nervo Nasale che si suddivide in:

- nervo nasale interno: di cui un ramo va ad innervare la mucosa delle fosse nasali

- nervo nasale esterno: di cui un ramo va ad innervare la ghiandola lacrimale.

Nervo Lacrimale: rami collaterali che vanno ad anastomizzarsi al livello del ganglio oftalmico con:

- Il plesso arterioso carotideo

- Le fibre parasimpatiche del III (fascio pupillare)

Il nervo Frontale: per la sensibilità :

- della parte anteriore del cuoio capelluto

- della fronte, della palpebra superiore, della radice e del dosso del naso.

Il nervo Oftalmico raccoglie anche la sensibilità:

- del globo oculare e del contenuto dell'orbita

- delle fosse nasali, dei seni frontale, sfenoidale ed etmoidale

- delle meningi del piano fronto-orbitale

- della faccia superiore del tentorio del cervelletto (tramite il nervo ricorrente d'Arnold).

Il nervo mascellare superiore (V2): (Fig.224 e 222)

Esso si anastomizza al livello del ganglio sfeno-palatino con:

- Le fibre ortosimpatiche del primo ganglio cervicale, tramite il nervo vidiano che le trasporta

- Le fibre parasimpatiche del fascio muco-lacrimo-nasale de VII che assicurano il regolare funzionamento della ghiandola lacrimale e della mucosa nasale.

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Esso passa nel gran forame rotondo, decorre nella fossa sfeno-mascellare, poi pterigo-mascellare, passa nel canale della doccia infra-orbitale ed esce dal foro infra-orbitale.

Esso raccoglie la sensibilità:

- Della palpebra inferiore, della gota e dell'ala del naso

- Del labbro superiore

- Di una parte delle mucose: iugale, gengivale, nasale

- Dei 3/4 della volta palatina e del velo del palato

- Della rinofaringe

- Delle meningi sfeno-temporali.

Il nervo mascellare inferiore (V3): (Fig.222-225-226)

Esso si anastomizza al livello dei gangli infra-mascellari e sub-linguali con le fibre parasimpatiche del fascio salivare superiore del VII bis.

Esso esce dal cranio dal forame ovale, decorre nella fossa pterigo-mascellare e penetra nella mandibola nel canale dentale, sulla faccia interna della mandibola al livello della spina di Spyx.

Esso si suddivide in:

Nervo dentale inferiore, per la sensibilità:

- della gengiva inferiore, del labbro inferiore, del mento

- dei denti e degli alveoli mandibolari.

Nervo linguale, per la sensibilità:

- della lingua e della mucosa del pavimento orale

Nervo auricolo-temporale, per la sensibilità:

- della regione temporale

- dell'A.T.M.

- del C.A.E. e di una parte dell'orecchio

Sul piano motorio, il V innerva i muscoli seguenti: (Fig.227-228)

- temporale

- pterigoidei esterno ed interno

- massetere

- peristafilino esterno

- milo-ioideo

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- digastrico (parte anteriore)

In caso di disfunzioni legate al trigemino potranno manifestarsi:

- disturbi della sensibilità (iper o ipoestesia) della faccia, della parte antero-laterale del cuoio capelluto, della cornea e della mucosa delle fosse nasali.

- disturbi della masticazione

- disturbi della lacrimazione.

VI. Il nervo oculomotore esterno (VI):

Il nucleo ha la sua origine nel pavimento del IV ventricolo (Fig.216-217). Il nervo si dirige anteriormente nello spazio aracnoideo. Esso attraversa in seguito la dura-madre nei pressi della rocca petrosa poi, nel suo tragitto extra-durale a partire dalla sutura petro-basilare, incrocia il margine superiore della rocca petrosa e penetra nel seno cavernoso, contro la carotide interna. Esso passa poi nell'orbita tramite la fessura sfenoidale e la parte esterna dell'anello di Zinn.

Esso innerva il muscolo oculare retto interno adduttore dell'occhio (Fig.218-219).

Alla lesione del VI consegue strabismo interno o diplopia orizzontale.

VII. Il facciale (VII) e l'intermediario di Wrisberg (VII bis):

Il nervo facciale è un nervo misto. Esso è motorio dei muscoli della faccia, sensitivo e sensoriale, esso trasporta il contingente di fibre parasimpatiche di provenienza dal nucleo muco-lacrimo-nasale e dal nucleo salivare superiore.

Il nucleo del VII è situato nel pavimento del 4° ventricolo. Il nervo esce in seguito sulla parte laterale del solco bulbo-protuberenziale e forma una radice motrice, il VII propriamente detto, ed una radice sensitiva, il VII bis o accessorio di Wrisberg (Fig.216-217).

Il nervo si dirige anteriormente e si biforca per penetrare, dal canale acustico interno, nell'acquedotto di Fallopio.

Nell'acquedotto, il Facciale si piega a gomito al livello del ganglio genicolato e genera due collaterali: i nervi petrosi superficiali. Esso abbandona il VII bis nel canale di Fallopio e prosegue infine il suo cammino extra-cranico uscendo dal foro stilo-mastoideo (Fig.229).

Le fibre parasimpatiche del VII partono dal nucleo muco-lacrimo-nasale situato nella protuberanza anulare, nella parte alta del pavimento del 4° ventricolo ed accompagnano in seguito il VII bis nel condotto acustico interno e raggiungono il ganglio sfeno-palatino tramite il gran nervo petroso superficiale creando il nervo vidiano.

Da lì, esse imboccano il nervo mascellare superiore per raggiungere le ghiandole lacrimali, ed i nervi nasali per arrivare alla mucosa delle fosse nasali.

Il simpatico arterioso si congiunge ugualmente con le sue fibre.

Le fibre parasimpatiche del VII bis partono dal nucleo salivare superiore situato nel pavimento del 4° ventricolo, sopra al nucleo del IX. Esse seguono lo stesso percorso ma imboccano in seguito la corda del timpano e vanno a raggiungere il nervo linguale (V3) dove esse decorrono accanto alle fibre simpatiche del V3 per arrivare ad innervare le ghiandole salivari infra-mascellari e sublinguali. (Fig.230).

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Le fibre motrici del VII che escono dal foro stilo-mastoideo innervano i seguenti muscoli:

- Della staffa

- Stilo-ioidei

- Digastrico (parte posteriore)

- Della fronte, delle palpebre, delle guance

- Delle labbra superiori, del mento e pellicciai del collo.

Le fibre sensitive e sensoriali sono costituite dalle fibre del VII bis per la sensibilità:

- Del canale acustico esterno

- Della conca del padiglione

- Della pelle retro-acustico

- Della sensibilità gustativa dei due terzi anteriori della lingua.

In caso di lesioni potranno prodursi:

- Paralisi facciale

- Ipoestesia e diestesie facciali

- Ipoacusia

- Disturbi della sensibilità gustativa (ageusia)

- Disturbi della salivazione.

VIII. Il nervo acustico (VIII):

Il nervo acustico o stato-acustico nasce dal tronco cerebrale, da due nuclei distinti che sono i nuclei cocleare e vestibolare (Fig.216-217). Esso si dirige trasversalmente verso l'orifizio del canale acustico interno e decorre nel canale per distribuirsi nell'orecchio interno (Fig.231). Le fibre cocleari formano il nervo cocleare per l'udito ed il nervo vestibolare per l'equilibrio.

Il nervo vestibolare si suddivide in nervo utricolare e nervo ampollare per i canali semi-circolari, l'utricolo e l'ampolla.

Il nervo vestibolare è in relazione fisiologica posturale con i muscoli infra-occipitali.

I disturbi legati al VIII vanno dall'ipoacusia alla sordità totale per la parte cocleare, mentre la parte vestibolare può causare sindromi vertiginose e nistagmo a causa delle loro relazioni con i muscoli oculomotori.

IX. Il glosso-faringeo (IX):

Si tratta di un nervo misto, sia motorio che sensoriale e parasimpatico. Il nucleo del nervo è situato nel pavimento del 4° ventricolo, sopra al nucleo del nervo vago. Il nervo si dirige in seguito anteriormente e esternamente per uscire dal cranio, dal forame lacero posteriore dove perfora la dura-madre. Subito dopo la dura-madre esso forma il ganglio di Andersch.

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Dal ganglio di Andersch nasce il nervo di Jacobson o nervo timpanico che penetra subito nel cranio tra la fossa giugulare e l'orifizio del canale carotideo per raggiungere la cassa del timpano e formare diversi rami (Fig.232):

- Due rami posteriori per le finestre

- Due rami anteriori, uno per la tromba di Eustachio e l'altro, carotido-timpanico, che dopo aver perforato la cassa del timpano va ad anastomizzarsi al plesso simpatico peri-carotideo.

- Due rami superiori che formano i nervi petrosi profondi. Il nervo grande petroso profondo raggiunge il nervo grande petroso superficiale per formare il nervo vidiano mentre il nervo piccolo petroso profondo va a raggiungere il nervo piccolo petroso superficiale per formare una sola radice che raggiunge il ganglio ottico del nervo mascellare inferiore.

Le fibre parasimpatiche partono dal nucleo salivare inferiore situato nella parte bassa del pavimento del 4° ventricolo, appena sopra al nucleo del X. Da lì le fibre seguono il nervo ed escono dal cranio dal forame lacero posteriore poi imboccano il nervo di Jacobson, costituiscono in seguito il nervo piccolo petroso profondo che si conclude nel ganglio ottico. Esse incontrano a questo livello le fibre simpatiche di provenienza dal 1° ganglio cervicale e decorrono con esse fino alla ghiangola parotide.

Il nervo glossofaringeo forma anche dei rami collaterali o nervi carotidei che si dirigono verso la forca carotidea per anastomizzarsi con i nervi di Hering, collaterali parasimpatici del X, e formare il plesso neuro-vegetativo inter-carotideo con le fibre omologhe controlaterali.

Le fibre motrici e sensitive decorrono tra la carotide interna e la vena giugulare. Esse innervano:

- I muscoli stafilo-faringei

- Il velo del palato

- I muscoli della faringe

Esse raccolgono la sensibilità :

- Della naso-faringe, delle tonsille

- Della tromba di Eustachio, dell'orecchio mediano

- La sensibilità gustativa del terzo posteriore della lingua.

La lesione unilaterale del IX non da alcun segnale clinico motorio al livello dalla faringe e del velo del palato.

La lesione bilaterale provoca una modificazione del tono della voce ed attenua il riflesso della nausea.

Le lesioni del IX sono per lo più associate a lesioni del X.

X. Il pneumogastrico o nervo vago (X):

Il pneumogastrico è un nervo misto, sia motorio che sensitivo e parasimpatico. E' il grande nervo parasimpatico del corpo umano ed innerva, sul piano neuro-vegetativo tutti gli organi del torace e dell'addome.

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Le fibre nascono dal nucleo cardio-pneumo-enterico del X, profondamente situato nella parte mediana del pavimento del 4° ventricolo (Fig.216-217). Le fibre sensitive arrivano al nucleo dorsale del X, situato nello stesso piano.

Il pneumogastrico emerge in seguito lateralmente, attraverso 6-8 radici, dal solco bulbo- protuberenziale.

Il nervo si dirige lateralmente ed esce dal cranio dal forame lacero posteriore, perforando a questo livello la dura-madre, poi attraversa immediatamente il ganglio giugulare, decorre contro la vena giugulare e nello spazio infra-parotideo posteriore attraversa il ganglio plessiforme dove si anastomizza con l'XI bulbare (ramo bulbare del nervo spinale). Esso penetra in seguito nel torace al livello del confluente venoso giugulo-succlavio. A partire da questo punto il X destro si trova nella parte posteriore dell'esofago mentre il X sinistro è incollato contro la sua parte anteriore. Il X sinistro avrà sempre una collocazione più anteriore del destro. Egli si anastomizza, al livello dei gangli giugulare e plessiforme, con le fibre simpatiche dei gangli cervicali per formare in seguito il plesso cardiaco con i nervi cardiaci superiore, mediano ed inferiore. Egli si unisce poi con il simpatico proveniente dal 3° ganglio cervicale (nervo frenico) ed i nervi toracici che provengono dal centro polmonare da D1 a D5 per formare il plesso polmonare. Esso forma in seguito il plesso solare per le viscere addominali con i nervi simpatici splancnici piccolo e grande(Fig.233).

Le fibre motrici innervano i seguenti muscoli:

- Il velo del palato

- La faringe

- La laringe

Le fibre sensitive raccolgono la sensibilità:

- Della dura-madre posteriore

- Delle diverse viscere

In caso di lesione potranno prodursi:

- Disturbi della fonazione:

- Rinolalia aperta

- Afonia.

- Voce bitonale

- Disturbi della deglutizione:

- False rotte

- Ingombri faringei.

XI. Il nervo spinale (XI):

Il nervo spinale si suddivide in un nervo spinale midollare unicamente motorio ed un nervo spinale bulbare parasimpatico.

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Le fibre parasimpatiche del ramo bulbare del nervo spinale nascono da un nucleo situato nella parte inferiore del bulbo, sopra il forame occipitale e passano in seguito nel forame lacero posteriore (Fig.216-217).

Esse si uniscono:

- al livello del ganglio giugulare: con le fibre simpatiche di provenienza del 1° ganglio cervicale

- al livello del ganglio plessiforme: con le fibre del pneumogastrico (Fig.234)

Le fibre dell'XI midollare emergono dal cordone laterale del midollo da C5 fino al bulbo. Esse formano un nervo che risale nel cranio attraverso il forame occipitale per uscire subito dal forame lacero posteriore con la radice bulbare. Queste fibre midollari sono motrici ed innervano SCM e trapezio superiore (Fig. 235).

XII. Il nervo grande ipoglosso (XII):

Si tratta di un nervo unicamente motorio le cui fibre nascono da un nucleo situato nel bulbo (Fig.216-217).

Le fibre si dirigono in avanti, passano nel canale dell'ipoglosso al livello delle parti condilari, poi decorrono tra la giugulare e la carotide, passando sotto alla parotide e si dirigono verso la lingua innervando i muscoli della lingua (Fig.236).

In caso di danneggiamento del XII si verificheranno disturbi della deglutizione.

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CAPITOLO XXVI

I VENTRICOLI ED IL LIQUIDO CEFALO-RACHIDIANO

Le cavità ventricolari

Le cavità ventricolari sono quattro (Fig.237):

- due ventricoli laterali

- un ventricolo mediano: il 3° ventricolo

- un ventricolo inferiore: il 4° ventricolo.

Questi ventricoli, come il canale ependimale che fa seguito al 4° ventricolo, sono ricoperti da una membrana ependimale embriologicamente generata dall'ectoblasto.

Al livello dei tetti di questi ventricoli si trovano i plessi coroidei contenuti nel congiungimento dei due foglietti della pia-madre (essa stessa generata dall'ectoblasto). Questi plessi sono responsabili della produzione dell'L.C.R.

I. I ventricoli laterali:

Pari e simmetrici, sono scavati nello spessore degli emisferi. Essi descrivono una curva a ferro di cavallo con concavità anteriore.

Ogni ventricolo comprende: (Fig.238)

- una branca superiore o corno frontale (lungo 7 cm)

- una branca inferiore o corno temporale (lungo 4 cm) che comporta al livello del suo pavimento il corno d'Amon o ippocampo che rappresenta l'avvolgimento dell'archeocortex.

- una branca posteriore o corno occipitale (lungo 2 cm)

- un segmento intermediario o incrocio ventricolare che riunisce i tre corni.

- I ventricoli laterali non sono in un piano rigorosamente sagittale e non sono dunque paralleli. Sono situati in un piano obliquo posteriormente ed esternamente cosicchè i corni frontali sono molto vicini distanti di soli pochi millimetri dalla linea mediana mentre ogni corno temporale ne dista di 3 cm.

Ogni ventricolo laterale comunica con il 3° ventricolo tramite il foro di Monro, largo da 2 a 3 mm. I margini interni presentano i plessi coroidei laterali che rimangono extra-ventricolari. La capacità media di ogni ventricolo laterale è di 10 cm3 di L.C.R.

II. Il terzo ventricolo: (Fig.239)

1. Descrizione:

Si tratta di una cavità dispari e mediana, situata fra i due talami e sopra all'ipofisi.

A forma d'imbuto appiattito trasversalmente, esso è a base superiore ed a sommità inferiore o infundibolo. Le sue faccie laterali sono in rapporto con il talamo in alto e ipotalamo in basso. In sommità esse sono bucate dai fori di Monro che mettono in comunicazione i ventricoli laterali con il 3° ventricolo. La sua faccia superiore o tetto del 3° ventricolo, triangolare a base posteriore, presenta la membrana ependimale che comprende (Fig.244):

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- la membrana tectoria

- la tela coroidea superiore, lamina a due foglietti dove sono situati i plessi coroidei mediani.

La sua sommità inferiore o pavimento del 3° ventricolo contiene i nuclei dell'ipotalamo e continua nel gambo pituitario.

Il suo margine posteriore si prolunga in alto con l'epifisi ed in basso con l'acquedotto di Silvio che mette in comunicazione il 3° ventricolo con il 4°.

Il 3° ventricolo è di taglia e volume molto ridotti (3cm in altezza e larghezza; 0,5 di spessore, 5 cm3 di capacità di L.C.R.).

2. Rapporti del 3° ventricolo: (Fig.239)

Il terzo ventricolo è in rapporto con:

- l'ipofisi tramite il gambo pituitario

- l'epifisi nella parte posteriore

- la commessura bianca posteriore anteriormente all'epifisi ed appena sotto al becco del corpo calloso

- la commessura bianca anteriore in avanti

- la commessura grigia che attraversa il ventricolo

- il corpo calloso ed il trigono cerebrale al livello del tetto

- il talamo e l'ipotalamo al livello delle sue facce laterali

- il chiasma ottico sopra l'ipofisi

- i ventricoli laterali attraverso il foro di Monro

- il 4° ventricolo attraverso l'Acquedotto di Silvio.

III. Il quarto ventricolo: (Fig.240)

Si tratta di una dilatazione del canale ependimale compresa tra il bulbo e la protuberanza anteriormente ed il cervelletto posteriormente.

1. Importanza del 4° ventricolo:

Questa cavità ventricolare possiede un interesse fondamentale per due ragioni:

- Da una parte , essa appartiene al sistema idraulico encefalico assicurando la comunicazione tra le parti ventricolari e periferiche dell'L.C.R. In effetti essa comunica con il 3° ventricolo tramite l'Acquedotto di Silvio che rappresenta il solo passaggio possibile del flusso delll'L.C.R. di provenienza dai ventricoli laterali e dal 3° ventricolo. Un ostacolo meccanico o infiammatorio al livello dell'Acquedotto o del 4° ventricolo può avere conseguenze importanti sulla pressione ed il volume dell'L.C.R. e delle ripercussioni patologiche sul tessuto corticale e infra-corticale (idrocefalea). D'altra parte essa mette in comunicazione l'L.C.R. ventricolare con l'L.C.R. delle cisterne delle formazioni aracnoidee. Infine essa partecipa alla produzione dell'L.C.R. tramite il plesso coroideo al livello del suo tetto.

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- D'altra parte essa è in rapporto, al livello del suo pavimento, con i principali nuclei motori, sensitivi e neurovegetativi dei nervi cranici ( a partire dal quarto paio).

2. Descrizione: (Fig.241)

Si tratta di una cavità unica, dispari e mediana situata nella fossa posteriore tra il cervelletto posteriormente, il bulbo e la protuberanza anulare anteriormente ed i peduncoli cerebrali lateralmente. A forma di losange, appiattita dal davanti all'indietro, essa misura 4 cm in altezza, 2 cm in larghezza e tra 0,5 e 1 cm di spessore.

Essa comprende:

- una faccia anteriore o pavimento

- una faccia posteriore di cui la parte superiore si chiama il tetto e di cui la parte inferiore si apre sulla grande cisterna

- i recessi laterali da una parte e dall'altra.

3. Rapporti del 4° ventricolo:

- Il suo margine superiore è in rapporto con il 3° ventricolo tramite l'Aquedotto di Silvio

- il suo margine inferiore è in rapporto con il canale ependimale.

- la sua faccia anteriore o pavimento del 4° ventricolo è in rapporto con la faccia posteriore del tronco cerebrale e presenta nel suo spessore i nuclei delle V, VI, VII, VII bis, VIII, IX, X, XI paia nervose craniche.

- la sua faccia posteriore (Fig.242) presenta la membrana del tetto, una lamina tectoria scavata nella sua parte inferiore dai fori di Luschka e Magendie che mettono in comunicazione il 4° ventricolo con la grande cisterna della base. Essa presenta pure la tela coroidea formata dalla pia-madre che si invagina tra cervelletto e bulbo e contiene i plessi coroidei formando i corni d'abbondanza.

" Essa è in rapporto dal dietro al davanti con i seguenti elementi:

I piani superficiali ed i muscoli della nuca:

- trapezio

- splenio

- complesso

- muscoli infra-occipitali: grande retto posteriore

- grande nervo occipitale di Arnold

- La barriera osteo-durale:

- squama occipitale

- membrana occipito-atloidea posteriore

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- spazio epidurale

- dura-madre

Piano profondo:

la grande cisterna in basso, verme cerebellare in alto." PERLEMUTER (1980)

IV. I plessi coroidei:

Come tutte le cavità del tubo neurologico, i ventricoli sono tapezzati dalle cellule ependimali.

I plessi coroidei dei ventricoli laterali e del 3° ventricolo sono concentrati nella fessura di Bichat, depressione a forma di ferro di cavallo nella quale si insinua la pia-madre per formare la tela coroidea ed i plessi coroidei superiori (Fig-243-244)

I plessi coroidei del 4° ventricolo sono concentrati sulla faccia posteriore di questo ventricolo. Essi formano un cordone rosso e granuloso il cui tragitto segue le cavità ventricolari. Essi sono costituiti da villosità vascolari e secernono il liquido cefalo-rachidiano.

La vascolarizzazione dei plessi coroidei è assicurata da (Fig.245-245b):

Per la sorgente arteriosa:

- l'arteria coroidea anteriore, branca della cartotide interna

- l'arteria coroidea posteriore, branca della cerebrale posteriore, essa stessa branca della vertebrale

Per il ritorno venoso:

- le vene coroidee anteriori e posteriori.

- le vene dell'ippocampo o corno d'Amon. Queste vene confluiscono nella vena di Galieno.

V. Fisiologia dei ventricoli:

Durante la fase di espansione primaria cranica delle masse cerebrali che è accompagnata da un aumento del diametro trasversale del cranio, si verifica una leggera divaricazione posteriore ed un rilasciamento dei ventricoli laterali con variazione della pressione intra-ventricolare che favorisce "l'aspirazione" dell'essudazione dell'L.C.R. al livello dei plessi coroidei.

Durante la fase di retrazione primaria, il restringersi dei ventricoli induce il senso di circolazione del L.C.R. verso il 3° ventricolo così come accade al livello di quest'ultimo la cui forma anatomica è appiattita trasversalmente.

Per il 4° ventricolo, anatomicamente appiattito dal davanti al dietro, la riduzione del diametro antero-posteriore del cranio associata alla bascula posteriore della squama occipitale nel corso dell'inspirazione primaria, rilasserà il ventricolo e favorirà il richiamo del flusso di provenienza dal tratto a monte, mentre la bascula anteriore della squama associata all'aumento del diametro antero-posteriore restringerà il ventricolo e stimolerà il flusso verso il tratto a valle nel corso dell'espirazione primaria.

Il liquido cefalo-rachidiano

I. Definizioni:

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1. La definizione classica considera il liquido cefalo-rachidiano come il liquido che bagna il nevrasse ed è contenuto nel tessuto aracnoideo, all'interno dell'asse osseo cranico-rachidiano.

Ciononostante, alcuni anatomisti e fisiologi ammettono ora che l'L.C. R. circola nelle guaine peri-vascolari e nei gangli juxta-vertebrali cervicali, toracici e lombari.

2. La definizione osteopatica esprime un concetto più esteso del liquido cefalo-rachidiano. Infatti, oltre al liquido che bagna il nevrasse ed è contenuto nel tessuto aracnoideo, il concetto osteopatico riconosce il liquido che circola attraverso le guaine nervose e le fibre collagene del tessuto connettivo ed, in maniera globale, tutto il liquido interstiziale plasmatico e linfatico circolante come generato dall'L.C.R. La loro composizione è infatti praticamente identica. Esso forma con il sangue le due componenti dell'Ambiente Interiore (interno?).

II. Composizione:

1. Composizione fisica:

Si tratta di un liquido trasparente e giallastro. Possiede la capacità di alcune gocce alla nascita e di 100-150cc nell'adulto, per l'L.C.R. del nevrasse.

L'L.C.R. si rinnova ogni 6 ore, ossia 3 o 4 volte al giorno in condizioni di normalità fisiologica dell'omeostasia corporea.

2. Composizione chimica:

Si tratta di un ultra-filtrato di plasma che comprende:

Proteine: da 0,20 a 0,30 g/litro

Cloruri: da 7,20 a 7,40 g/litro

Glucidi: da 0,40 a 0,60 g/litro

Praticamente nessun elemento figurato:<1 elemento/mm3.

3. Composizione ionica dell'L.C.R. e del plasma:

ioni plasma L.C.R.

Na+ 145 150

K+ 4,5 2,8

Ca+ 3 2

M 1,5 2

H+ 40x10-650x10-6 (pH=7,3)

C 115 120

HCO3- 26 22

4. Composizione neuro-ormonale dell'L.C.R.:

Recenti lavori hanno dimostrato il ruolo di vettore dell'L.C.R. per i neuro-ormoni come la serotonina e le endorfine.

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III. Pressione:

La pressione normale dipende dall'equilibrio tra gettata di secrezione e gettata di riassorbimento. In un soggetto in latero-cubito , essa è normalmente da 15 a 20 cm d'acqua, mentre in un soggetto in posizione seduta è in 20 cm d'acqua più alta che in posizione coricata, ossia da 35 a 40 cm d'acqua.

La pressione dell'L.C.R. dipende dalla pressione venosa e dalla respirazione toraco-addominale. Le grida, la tosse, la compressione delle vene giugulari in caso di puntura esplorativa lombare portano ad un rapido aumento della pressione dell'L.C.R. che può raggiungere fino 80 cm d'acqua. Il ritorno alla normalità si verifica altrettanto rapidamente in seguito a decompressione.

Questa variabilità della pressione dell'L.C.R., in funzione della pressione venosa, può essere vantaggiosamente utilizzata per confermare la presenza di un'ernia al disco. Infatti, alla compressione delle vene giugulari contro le S.C.M., associata ad un'apnea respiratoria, consegue nel giro di 30-40 secondi una recrudescenza del dolore nel territorio sensitivo dell'ernia al disco. Questo segno è patognomonico di ernia al disco quando esiste, ma la sua assenza non esclude l'ernia.

La compressione del 4° ventricolo, modificando le pressioni ed il ritmo di fluttuazione dell'L.C.R., esercita un'azione sulle cellule ependimali e sulla circolazione del liquido extra-cellulare (L.E.C.)

IV. La barriera emato-meningea: (Fig.246)

Non esistono elementi dell'L.C.R. che non siano contenuti nel sangue. Gli scambi tra questi ambienti non sono regolati da un semplice filtro. Infatti esiste un sistema selettore chiamato barriera emato-meningea.Una sostanza iniettata negli spazi infra-aracnoidei passerà nella circolazione sanguina ma una sostanza iniettata per via sanguina non passerà obbligatoriamente nell'L.C.R.Questa nozione di barriera richiama le relazioni fra il sangue, l'L.C.R. ed il sistema nervoso centrale.

Si può quindi distinguere:

- la barriera emato-meningea la cui permeabilità cambia a seconda della direzione degli scambi. Nel senso emo-liquido (centripeto), essa è relativamente poco permeabile mentre nel senso liquido-sanguino (centrifugo) essa è molto permeabile.

- la barriera emato-encefalica dove lo spazio extra-cellulare cerebrale molto ridotto permette una penetrazione unicamente modulata dal flusso sanguino.

- la barriera meningo-encefalica, anch'essa con uno spazio extra-cellulare molto ridotto, permette degli scambi estremamente rapidi con il tessuto nervoso.

Notiamo nel contempo che le cellule gliali e soprattutto le astrociti con i loro piedi perivascolari fanno parte integrante di questo sistema sia di barriera che di scambi.

V. Formazione dell'L.C.R.:

L'L.C.R. è secreto dai plessi coroidei situati sul tetto dei ventricoli.

I Plessi coroidei sono tessuti estremamente densi e ripiegati a fisarmonica. Essi si adattano così ai cambiamenti di forma dei ventricoli nel corso della respirazione primaria cranica.

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Questi plessi coroidei sono abbondantemente irrigati dal tessuto arterioso. Essi presentano una colorazione rossa dovuta alle numerosissime villosità arteriose. Questo tessuto arterioso meningo-encefalico lascia filtrare, tramite fini vasi sanguini, per dialisi, il plasma che diventa L.C.R.

L'importanza dell'arteria, citata da A.T.STILL è qui ancora una volta evidenziata.

Troviamo questi plessi coroidei:

- sul 3° ventricolo

- sul 4° ventricolo

- sui ventricoli laterali

- sul seno retto.

VI. Circolazione dell'L.C.R.:

I ventricoli laterali ricevono l'L.C.R. dai plessi coroidei laterali. L'L.C.R. raccolto in questi ventricoli arriva al 3° ventricolo tramite il foro di Monro e si mescola all'L.C.R. del 3° ventricolo prodotto dai plessi coroidei mediani.

L'L.C.R. circola in seguito tramite l'Acquedotto di Silvio (al livello della S.S.B.) dove raggiunge l'L.C.R. prodotto nel 4° ventricolo. Dal 4° ventricolo, l'L.C.R. passa da una parte dai fori di Luschka e di Magendie, nel compartimento periferico costituito dagli spazi infra-aracnoidei di stoccaggio e, da un'altra parte, tramite l'ano del 4° ventricolo , nel canale ependimale, all'interno del midollo spinale.

I luoghi di stoccaggio dell'L.C.R. sono: (Fig.247)

- il confluente antero-superiore od opto-chiasmatico: dal chiasma ottico alla protuberanza anulare

- il confluente antero-inferiore o cisterna basale, in continuità con il confluente opto-chiasmatico, dal bulbo alla protuberanza anulare

- il confluente antero-laterale o silviano, al livello del segmento inferiore della incisura di silvio.

- il confluente postero-inferiore o bulbo cerebellare o grande cisterna, tra il bulbo ed il cervelletto

- il confluente postero-superiore o lago cerebellare, sopra al cervelletto

- il confluente postero-laterale o ponto-cerebellare, tra la protuberanza anulare ed il cervelletto

- il confluente midollare che circonda il midollo, dal bulbo all'infundibolo dura-merico.

Al livello degli spazi infra-aracnoidei l'L.C.R. giunge:

- al livello del cervello: nelle cellule cerebrali al livello della neuroglia tramite delle arteriole cerebrali, negli spazi peri-vascolari (spazi di VIRSCHOW-ROBIN) (Fig.248).

- al livello del corpo nel suo insieme tramite:

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dei nervi periferici (attraverso il nevrilema) (Fig. 249/251).

delle pareti arteriose e degli spazi peri-vascolari (Fig.248)

delle fibre collagene del tessuto conettivo: tessuto fasciale (Fig.252) ma anche tessuto osseo dove la costituzione architettonica labirintica della trama ossea genera una circolazione molto ricca che va a partecipare all'elasticità ossea (Fig.253a-253b)

Del tessuto linfatico.

- al livello del corpo, forma allora il liquido interstiziale od intertitium.

Si crea così una completa continuità tra l'L.C.R. ed il liquido extra-cellulare (Fig.254).

VII. Riassorbimento dell'L.C.R.:

Si verifica riassorbimento quando la pressione dell'L.C.R. è superiore alla pressione venosa con un gradiente di pressione superiore a 7 m/m di Hg.

Il riassorbimento avviene per le vie venose e linfatiche nel seguente modo:

- dal liquido interstiziale verso il sangue venoso

- dal liquido interstiziale verso le vie linfatiche, il canale toracico e la vena succlavia sinistra.

- dal liquido interstiziale verso i seni cranici, in particolare il seno longitudinale superiore e le granulazioni di Pacchioni formando delle gemme aracnoidee che sporgono nei seni venosi. (Fig.255)

VIII. Fluttuazione dell'L.C.R.: (Fig.256)

Le variazioni di forma della massa cerebrale risultanti dalle fasi d'espansione-rettrazione, svolgimento-avvolgimento degli emisferi sono uno dei fattori della fluttuazione dell'L.C.R..

L'idrodinamica dell'L.C.R., basata sui fenomeni di pressione, si svolge in un circuito idrostatico semi-chiuso, realizzato dalla dura-madre cranico-spinale.

D'altra parte, il lavori di WOOLEY e SHAW del Rockfeller Institute confermano l'esistenza di contrazioni delle cellule neurogliali.

Inoltre, i lavori di LELAND-CLARKE fanno presente l'esistenza di "pulsazioni continue che intervengono nelle più sottili strutture del cervello e sono caratterizzate da onde cicliche, da 10 a 14 cicli al minuto, indipendenti dai movimenti cardiaci respiratori polmonari e costituenti un possente movimento".

I lavori di BOSWHER confermano l'esistenza di variazioni di pressione dell'L.C.R. da 5 a 15 mbars in rapporto con la pressione circolatoria e la respirazione diaframmatica.

SUTHERLAND notava anche l'esistenza di una fluttuazione caratterizzata da:

- un potenziale fisico idrodinamico

- un potenziale bio-elettrico di cui le due fasi positiva e negativa sembravano, a suo avviso, corrispondere allo svolgimento-avvolgimento degli emisferi nel senso dei corni di Amon (Fig.257).

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Questi differenti parametri, oltre l'induzione diretta della fluttuazione dell'L.C.R., indurrano a loro volta le membrane di tensioni reciproche che saranno la seconda componente della fluttuazione dell'L.C.R. per mezzo delle fluttuazioni longitudinali e trasversali che andranno a generare sulla massa fluidica in relazione con l'attività della struttura muscolo-scheletrica.

IX. Ruolo dell'L.C.R.:

1. Sospensione idraulica del nevrasse:

l'L.C.R. gioca in effetti un ruolo di ammortizzatore di choc.

2. Scambi metabolici:

Si tratta di un ultra-filtrato che riceve le scorie cellulari ed assicura il trasporto dei nutrimenti. E' l'intermediario obbligatorio tra il sangue e la cellula.

Si verifica uno scambio di rinnovamento di 600 ml al giorno rinnovato da 3 a 4 volte al giorno ossia ogni 6 ore circa.

3. Ruolo biochimico ed immunologico:

Per il suo scambio ed il suo regolare rinnovamento, esso assicura il trasporto:

- degli ormoni

- dei neuro-trasmettitori (serotonina)

- delle endorfine (dolore)

- delle proteine: albumine e globuline specifiche

- degli anticorpi: immunoglobuline, anticorpi virali, nucleici.

Esso ha dunque un ruolo immunologico importante nelle patologie batteriologiche virali e parassitarie.

4.Ruolo idrodinamico:

Le fluttuazioni dell'L.C.R. tramite le differenze di pressione che causano (5 a 15 mbars), associate alle modulazioni provocate dalla pressione arteriosa e venosa e dalla respirazione toraco-addominale agiscono:

- al livello del tessuto connettivo dell'insieme del corpo, tramite dei fibrilli tubolari dove circola l'L.C.R.

- al livello del tessuto nervoso, attraverso la neuroglia ed il nevrilema.

5. Ruolo bioelettrico:

Le differenze di potenziale elettrico delle onde micro-elettriche prodotte dalle variazioni della massa cerebrale durante la respirazione primaria cranica sono diffuse e trasmesse dalle fluttuazioni longitudinali e trasversali dell'L.C.R. all'insieme del tessuto cellulare, assicurando così la regolazione energetica necessaria al metabolismo cellulare.

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CAPITOLO XXVII

FISIOLOGIA GLOBALE DELLA RESPIRAZIONE PRIMARIA CRANICA

Il movimento Respiratorio Primario interessa tutto il corpo e costituisce una vera e propria unità fisiologica. Al livello del cranio, esso è caratterizzato da una forza interna, il "cranial rythmic impulse", traduzione energetica del battito neurogliale e da un movimento esterno al livello delle placche ossee e delle suture, risultante della trasmissione idraulica dell'L.C.R. e meccanica delle membrane di tensioni reciproche.

Per la loro forma, la loro disposizione e i loro collegamenti, le membrane di tensioni reciproche hanno un ruolo equilibratore all'interno del cranio, ruolo che si estende al sacro e a tutto il corpo.

Mentre l'L.C.R. permette la trasmissione fluidica del M.R.P., le M.T.R. sono vettore di trasmissione meccanica di questo M.R.P. alle parti ossee del cranio e del sacro così come alle fasce, elementi di sostegno meccanico, ed hanno pure il ruolo di modulatrici della fluttuazione dell'L.C.R.

L'idrodinamica dell'L.C.R. e del liquido interstiziale, modulata da una parte dalla cinetica propria delle M.T.R. e delle fasce e dall'altra dalla cibernetica membrano-fasciale, trasmette questa forza iniziale primaria al resto del corpo ad un ritmo idro-meccanico di 10 a 12 cicli al minuto.

Questo meccanismo comprende una fase di inspirazione primaria cranica, corrispondente alla fase d'espansione delle masse cerebrali e quindi della "palla cranica" ed una fase chiamata d'espirazione primaria cranica che corrisponde alla retrazione delle masse cerebrali e della sfera cranica.

Questa sistemizzazione vale per tutto il resto del corpo dove le M.T.P sono ugualmente palpabili.

La fase d’inspirazione primaria cranica

I. Al livello della massa cerebrale:

Si verifica una contrazione attiva della massa cerebrale dal davanti all'indietro ed un'espansione lateralmente

- il diametro antero-posteriore diminuisce

- il diametro laterale si allarga poichè la massa cerebrale ed il liquido che la circonda conservano il medesimo volume. I lobi parietali tendono ad aprirsi e ad allargarsi lateralmente.

I ventricoli aumentano di diametro

- il diametro verticale diminuisce: si verifica la risalita del 3° ventricolo e del gambo pituitario, e correlativamente, risalita della S.S.B. ed abbassamento della falce del cervello.

- il cervelletto vede il suo diametro antero-posteriore diminuire ed aumentare il suo diametro laterale.

II. Al livello delle M.T.R.: (vedere il capitolo riguardante le M.T.R.)168

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1. La falce del cervello descrive un leggero movimento su un piano antero-posteriore

Per quanto riguarda il suo polo d'inserzione anteriore:

- la parte anteriore di questo polo, situata tra il forame cieco e l'inizio della cresta frontale, parte anteriormente e verso il basso, trascinando la glabella nella medesima direzione.

- la parte posteriore di questo stesso polo, situata sull'apofisi crista galli, andrà posteriormente e verso l'alto.

L'etmoide bascula posteriormente ed il nasion s'incava.

Al livello del polo d'inserzione posteriore:

Il polo d'inserzione posteriore, situato al livello della protuberanza occipitale interna, scende inferiormente e posteriormente come la squama occipitale.

Il margine superiore al livello della sutura metopica si sposta posteriormente e trascina posteriormente i margini di questa sutura. L'indietreggiare della sutura metopica serve da contrappunto al movimento di rotazione esterna degli emi-frontali.

Il margine inferiore libero della falce parte posteriormente e verso il basso. Il margine d'inserzione con il tentorio del cervelletto scende.

Conseguenze del movimento dei tre margini:

La falce del cervello scende, trascinando verso il basso i bordi della sutura inter-parietale e permette per contro-forza il movimento di apertura in rotazione esterna dei parietali. La volta si abbassa.

2. Il tentorio del cervelletto, il cui tetto è disteso dalla discesa del margine inferiore della falce e di cui le inserzioni occipitali scendono con la squama occipitale, va ad appiattirsi.

La sua costituzione in due tipi di fibre (fibre oblique quasi trasversali e fibre oblique quasi longitudinali) permette la guida dei movimenti di rotazione e di apertura/chiusura del temporale.

I suoi poli d'inserzione clinoidei, sotto l'impulso dello sfenoide, si spostano anteriormente e verso l'alto, aumentando l'abbassamento della tenda.

I suoi poli d'inserzione laterali si spostano di conseguenza anteriormente ma soprattutto lateralmente, regolando così l'apertura in rotazione esterna dei temporali sui perni petro-giugulari e sui binari petro-basilari.

3. La tenda dell'ipofisi, tirata verso l'alto, partecipa al movimento di risalita della sella turcica e quindi della S.S.B.

III. Al livello dei ventricoli:

Durante la fase di espansione primaria cranica delle masse cerebrali che è accompagnata da un aumento del diametro trasversale del cranio, si verifica una leggera divaricazione posteriore ed un rilasciamento dei ventricoli laterali con variazione della pressione intra-ventricolare che favorisce "l'aspirazione" dell'essudazione dell'L.C.R. al livello dei plessi coroidei.

Durante la fase di retrazione primaria, il restringersi dei ventricoli induce il senso di circolazione dell'L.C.R. verso il 3° ventricolo come accade al livello di ques'ultimo la cui forma anatomica è appiattita trasversalmente.

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Per il 4° ventricolo, anatomicamente appiattito dal davanti al dietro, la riduzione del diametro antero-posteriore del cranio, associata al movimento di bascula posteriore della squama occipitale nel corso dell'inspirazione primaria rilasserà il ventricolo e favorirà il richiamo del flusso di provenienza dal tratto a monte, mentre il movimento di bascula anteriore della squama associata all'aumento del diametro antero-posteriore restringerà il ventricolo e stimolerà il flusso verso il tratto a valle .

IV. Al livello della sinfisi sfeno-basilare:

1. Al livello dello sfenoide:

le grandi ali partono verso il basso, anteriormente ed esternamente.

Il corpo risale attorno al suo asse trasverso.

Le apofisi pterigoidee si abbassano e si divaricano.

2. Al livello dell'occipitale:

L'occipitale bascula antero-posteriormente attorno al suo asse.

La squama occipitale discende e bascula posteriormente

Gli angoli infero-laterali scendono

L'apofisi basilare risale, guidata nei binari dell'articolazione petro-basilare

Anche il forame occipitale tende a risalire.

3. Al livello delle altre ossa del cranio:

- Lo sfenoide induce le ossa della sfera anteriore:

Le ossa dispari della linea centrale partono in flessione (etmoide, vomere)

Le ossa pari della periferia si adattano in rotazione esterna.

- L'occipitale induce le ossa della sfera posteriore:

L'occipitale, osso dispari della linea centrale, parte in flessione mentre le ossa pari si adattano in rotazione esterna (temporali, parietali) e la volta si abbassa.

V. Al livello del frontale:

Si verifica un movimento dei due emi-frontali, sincrono con il movimento di flessione della S.S.B.

Gli angoli inferiori fronto-malari si muovono anteriormente e leggermente verso il basso

La sutura metopica si scava ed indietreggia leggermente

La glabella si stira posteriormente e leggermente verso l'alto, tirata dalla falce del cervello al livello della cresta frontale, ma la sua punta parte anteriormente e leggermente verso il basso

La sutura coronaria si deprime al livello del Bregma

I bordi margini delle lamine orbitali si muovono lateralmente lungo le suture delle piccole ali

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Il solco etmoidale si allarga dunque posteriormente

La superficie a L del frontale si muove verso il basso, anteriormente e esternamente, come lo sfenoide.

VI. Al livello dei parietali:

l'angolo anteriore-inferiore (o sfenoide) del parietale si muove anteriormente e esternamente al livello dello Pterion.

L'angolo posteriore-inferiore (o mastoide) del parietale si muove anteriormente ma soprattutto esternamente al livello dell'Asterion.

La sutura sagittale scende leggermente, diminuendo il diametro verticale del cranio, si divarica leggermente nella sua parte anteriore e si allarga un pò di più nella sua parte posteriore.

Le bozze parietali si divaricano e si abbassano.

La sutura sagittale è una sutura molto mobile nella sua parte anterioree ancora di più nella sua parte posteriore. Le dentellature numerose e profonde della parte posteriore spiegano l'adattamento della sutura ai movimenti del M.R.P.

Questa mobilità, in particolare posteriormente, assicura ugualmente una parte del drenaggio del seno longitudinale superiore.

VII. Al livello del temporale:

Si tratta di un movimento antero-laterale del margine superiore della rocca petrosa

Analisi del movimento

Il margine superiore della rocca parte anteriormente e esternamente

La squama temporale si muove anch'essa anteriormente e esternamente

L'angolo formato dai margini superiori delle rocche petrose aumenta.

L'apofisi zigomatica si muove esternamente e la sua estremità anteriore diventa maggiormente inferiore

L'apofisi mastoidea va indietro e leggermente in dentro e diventa dunque postero-mediana

La cavità glenoidea si muove pure indietro e in dentro.

Nota: La cavità glenoidea e l'apofisi mastoidea diventano postero-mediane perchè entrambe sono situate dietro e sotto l'asse di movimento. La squama diventa antero-laterale poichè si trova sopra quest'asse.

Studio dei movimenti:

Questi movimenti sono una delle componenti del M.R.P. La mobilità della massa cerebrale induce la fluttuazione del L.C.R. ed un movimento delle M.T.R. che mette in gioco la meccanica articolare. Quest'ultima è trattenuta e guidata dalle M.T.R. associate ai movimenti del sacro.

Nel corso del movimento di flessione, la massa cerebrale, per conservare costante il suo volume, aumenta il suo diametro laterale mentre il suo diametro antero-posteriore diminuisce.

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La squama occipitale scende mentre il Basion si porta in alto ed in avanti. Questa avanzata del Basion apre l'angolo inter-petroso e fa basculare i temporali antero-lateralmente.

Parallelamente, Il tentorio del cervelletto avanza e si appiattisce, fatto che comporta il suo distendersi e da' cosi' del "molle" ai margini petrosi.

Il rilasciamento del tentorio del cervelletto associato alla spinta anteriore "in angolo" del Basion occipitale tra le due rocche petrose, fa in modo che i due temporali possano "rotolare" anteriormente e esternamente sui punti perni del movimento che sono le apofisi giugulari.

Le M.T.R. guidano dunque il movimento e la sutura petro-basilare conformata in scanalatura va ad accomodare il movimento permettendo slittamento e rotazione assiale delle ossa attorno alla scanalatura.

Per consentire al movimento dei temporali di svolgersi normalmente, vi è parallelamente, al livello della sutura occipito-mastoidea, uno slittamento delle suture occipitali e temporali l'una sull'altra ma in senso inverso, "paragonabile al movimento di apertura del coperchio di un vaso di marmellata", ci dice MAGOUN.

VIII. Al livello del malare:

I movimenti del malare sono sincroni con quelli dello sfenoide tramite la grande ala di cui la metà inferiore del margine anteriore si articola con la parte infero-interna del margine superiore del malare. Ma i movimenti del malare sono ugualmente sincroni con il mascellare superiore ed il temporale.

Il malare esegue un movimento che è il risultato delle due componenti del movimento sui due assi e dunque rotola anteriormente ed esternamente evertendosi e compiendo una rotazione esterna.

L'apofisi fronto-sfenoidale viene avanti e in fuori, sincrona con la grande ala ed il pilastro del frontale.

L'angolo mascellare superiore del malare si porta in avanti, in fuori e leggermente in alto, sincrono con il mascellare superiore.

Il margine orbitale si everte.

Il diametro obliquo supero-interno, infero-esterno dell'orbita si allarga

La faccia esterna si ritrae

L'apofisi temporale si porta verso il basso, anteriormente ed esternamente, sincrona con il temporale.

IX. Al livello dell'etmoide:

L'apofisi cristagalli è trascinata indietro dalla falce del cervello

La parte posteriore del corpo e della lamina cribrosa si abbassa

La parte posteriore della lamina perpendicolare si abbassa ugualmente, sincrona con il corpo dello sfenoide

La parte anteriore della lamina perpendicolare si ritrae posteriormente

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Le masse laterali si divaricano lateralmente all'indietro in una specie di rotazione esterna influenzata dai frontali e dai mascellari superiori.

Si produce dunque un'apertura del solco etmoidale e la dilatazione delle fosse nasali. Da questo movimento consegue un pompaggio delle cellule etmoidali ed uno svolgimento dei cornetti.

X. Al livello del vomere:

il vomere scende e respinge la volta palatina verso il basso:

Il margine superiore è respinto dal rostro sfenoidale e parte inferiormente e leggermente indietro

Il corpo della lamina scende e gira sul suo asse trasverso.

Il margine inferiore segue il movimento al livello della cresta inter-maxillo-palatina, risalendo leggermente.

XI. Al livello del mascellare:

La branca verticale tende a frontalizzarsi

La parte superiore di questa branca verticale si porta leggermente in alto ed indietro seguendo il frontale

L'arcata alveolare si allarga nella sua parte posteriore

La linea medio-incisiva indietreggia e subisce una leggera retrazione

La parte posteriore della sutura inter-mascellare scende ed indietreggia

La parte anteriore di questa sutura inter-mascellare risale leggermente

La volta palatina si allarga e si appiattisce nella sua parte posteriore

L'arcata dentale si inclina seguendo una linea obliqua inferiormente e esternamente.

XII. Al livello del palatino:

Si tratta di un movimento sincrono al movimento dello sfenoide attivato dal corpo e dalle apofisi pterigoidee dello sfenoide

Il movimento di slittamento a navetta, al livello dell'apofisi piramidale del palatino, permette il ruolo di riduttore del movimento

Le apofisi piramidali si muovono esternamente, inferiormente ed indietro, come le apofisi pterigoidee, ma scivolano sotto di esse riducendo cosi' la velocità del movimento ed equilibrando il movimento tra lo sfenoide ed il mascellare.

Le apofisi orbitale e sfenoidale del palatino si portano verso il basso, seguendo cosi' il corpo dello sfenoide.

La sutura inter-palatina scende inferiormente e posteriormente, seguendo il vomere

La parte posteriore del palato osseo quindi si abbassa e la sutura inter-palatina si muove posteriormente.

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XIII. Al livello dell'unguis:

Il canale lacrimale tende ad aprirsi durante la rotazione esterna

XIV. Al livello delle ossa proprie del naso:

Questi movimenti sono guidati dal frontale e dal mascellare superiore. Il margine posteriore si porta esternamente e la cresta inter-nasale s'incava.

XV. Al livello della mandibola:

Il movimento della mandibola è indotto dal movimento dei temporali.

Essendo situata sotto l'asse fisiologico del temporale, quando questo effettua una rotazione esterna, la cavità glenoidea si porta posteriormente e molto leggermente in dentro. I condili mandibolari seguono questo movimento, sincroni al temporale ed alla S.S.B., indietreggiando e rientrando leggermente, trascinando così il rientro mandibolare.

Parallelamente e sempre in maniera sincrona, i gonioni? si allargano e scendono. In conseguenza, l'arcata dentale inferiore si allarga e si abbassa nella sua parte posteriore, mentre la parte anteriore, al livello della sinfisi, rientra ed indietreggia.

Questo movimento della mandibola sincrono a quello dei mascellari superiori, permette il movimento sincrono delle arcate dentali superiore ed inferiore e preserva così l'articolato dentale e la permanenza dell'occlusione.

XVI. Al livello del sacro:

Il core link inestensibile che è solidamente attaccato al forame occipitale e sulla faccia posteriore del corpo di S2-S3 sarà il vettore di trasmisione meccanica del M.P.R. al sacro.

Il movimento di risalita del forame occipitale va a provocare la risalita della dura-madre, che trascina un movimento di flessione respiratoria primaria sul sacro attorno all'asse respiratorio di Sutherland che passa da S2, in alto e indietro all'inserzione dura-merica.

Questo significa che l'apice sacrale si porterà anteriormente e la base al contrario posteriormente. In breve il sacro tenderà a verticalizzarsi come pure il coccige.

XVII. Al livello della rachide: (Fig.258)

Durante la fase inspiratoria primaria, si nota una tendenza all'eclissarsi delle curvature, mentre durante la fase espiratoria primaria si verifica la tendenza all'accentuarsi delle curvature.

XVIII. Al livello delle fasce: (Fig 259)

Durante la fase inspiratoria primaria, le fasce profonde risalgono, mentre le fasce superficiali scendono.

La fase di espirazione primaria cranica

I. Al livello delle masse cerebrali:

Si verifica un rilasciamento passivo della massa cerebrale dal davanti al dietro ed una retrazione lateralmente.

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Il diametro antero-posteriore aumenta.

Il diametro laterale diminuisce.

I lobi parietali tendono a chiudersi e a restringersi lateralmente.

Il diametro dei ventricoli diminuisce di conseguenza.

Il diametro verticale aumenta: si produce un rilassamento della tensione delle M.T.R ed una discesa del 3° ventricolo e del gambo pituitario e correlativamente una discesa passiva della S.S.B. e la risalita della falce del cervello.

Il diametro antero-posteriore del cervelletto aumenta mentre il suo diametro laterale diminuisce.

II. Al livello delle M.T.R.:

1. la falce del cervello descrive un leggero movimento su un piano antero-posteriore .

Per quanto riguarda il suo polo di congiunzione anteriore:

La parte completamente anteriore di questo polo di congiunzione, situata tra il Forame cieco e l'inizio della cresta frontale, torna passivamente indietro e verso l'alto, trascinando la glabella nella stessa direzione. La parte posteriore di questo stesso polo di congiunzione anteriore, ritorna anteriormente ed inferiormente. L'etmoide bascula anteriormente ed il nasion si colma.

Al livello del polo di congiunzione posteriore:

Il polo di congiunzione posteriore, ritorna in alto ed anteriormente come la squama occipitale.

Il margine superiore al livello della sutura metopica torna anteriormente portando in avanti i bordi di questa sutura. L'avanzare della sutura metopica servirà da contrappunto al movimento di rotazione interna degli emi-frontali.

Il margine inferiore libero della falce ritorna anteriormente ed in alto. Il margine d'inserzione con il tentorio del cervelletto risale.

Conseguenze del movimento dei tre margini:

La falce del cervello risale, trascinando verso l'alto i bordi della sutura inter-parietale e inducendo il movimento di chiusura in rotazione esterna dei parietali.

- la volta si rialza.

2. - Per quanto riguarda Il tentorio del cervelletto, il cui tetto è teso dal risalire del margine inferiore della falce e di cui i collegamenti occipitali risalgono con la squama occipitale, esso si raddrizza e s'incava.

Esso è costituito da due tipi di fibre ( fibre oblique quasi trasversali e delle fibre oblique quasi longitudinali) che indurranno i movimenti di rotazione interna e di chiusura del temporale.

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I suoi poli di inserzione clinoidei, sotto l'impulso dello sfenoide, si spostano posteriormente ed inferiormente , aiutando il raddrizzarsi del tentorio.

I suoi poli d’inserzione laterali si dirigeranno in dietro ma soprattutto si medializzano, regolando così la chiusura in rotazione interna dei temporali sui perni petro-giugulari e sui binari petro-basilari.

3. La tenda dell'ipofisi rilasciando la sua trazione verso l'alto, scende e partecipa al movimento di discesa della sella turcica e quindi della S.S.B.

III. Al livello dei ventricoli:

Durante la fase di retrazione delle masse cerebrali, che si accompagna ad una diminuzione del diametro trasversale cranico, si verifica una restrizione dei ventricoli laterali con variazione della pressione intra-ventricolare che favorisce il transito del L.C.R. verso valle.

Al momento della fase di retrazione primaria, il restringersi dei ventricoli induce il senso di circolazione dell'L.C.R. verso il 3° ventricolo. Ugualmente avviene al livello di quest'ultimo la cui forma anatomica è appiattita trasversalmente.

Per il 4° ventricolo, anatomicamente appiattito dal davanti al dietro, si verifica un aumento del diametro antero-posteriore cranico associato al movimento di bascula in estensione della squama occipitale, nel corso dell'espirazione primaria e questo provoca il restringersi del ventricolo e favorisce il transito del flusso verso l'ependima e le cisterne a valle.

IV. Al livello della sinfisi sfeno-basilare:

Si verifica un rilassamento della massa cerebrale dal davanti al dietro ed una retrazione lateralmente:

- il diametro antero-posteriore aumenta: i ventricoli quindi diminuiranno.

- il diametro laterale diminuisce poichè la massa cerebrale ed il liquido che la circonda conservano il medesimo volume. I lobi parietali tendono a chiudersi ed a restringersi lateralmente.

- il diametro verticale aumenta: si produce una discesa del terzo ventricolo, della S.S.B. e risalita della falce del cervello.

- anche il cervelletto vede aumentare il suo diametro antero-posteriore e diminuire il suo diametro laterale.

Al livello dello sfenoide:

- le grandi ali risalgono in alto, posteriormente e in dentro,

- il corpo scende passivamente,

- le apofisi pterigoidee risalgono e si restringono.

Al livello dell'occipitale:

- la squama occipitale risale passivamente e bascula in avanti,

- gli angoli infero-laterali risalgono,

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- l'apofisi basilare riscende, guidata nei binari dell'articolazione petro-basilare,

- -il forame occipitale ha anch'esso tendenza a scendere.

Al livello delle altre ossa del cranio:

- lo sfenoide induce le ossa della sfera anteriore:

Le ossa dispari della linea centrale partono in estensione (etmoide, vomere) tramite lo stesso meccanismo di ruote seghettate.

Le ossa pari della periferia che formano i quadranti anteriori si adattano in rotazione interna.

- l'occipitale induce le ossa della sfera posteriore:

L'occipitale, osso dispari della linea centrale, parte in estensione mentre le ossa pari che formano i quadranti posteriori si adattano in rotazione interna (temporali, parietali). La volta si solleva in estensione.

V. Al livello del frontale:

Si verifica un movimento di chiusura dei due emi-frontali, sincrono con il movimento di estensione della S.S.B.

Gli angoli inferiori fronto-malari si muovono posteriormente e leggermente in alto

La sutura metopica sporge ed avanza leggermente

La glabella sporge anteriormente e leggermente inferiormente, riportata dalla falce del cervello

La sutura coronaria sporge al livello del Bregma

I margini posteriori delle lamine orbitali ritornano in maniera mediale lungo le suture delle piccole ali

Il solco etmoidale si restringe posteriormente

La superficie ad L del frontale ritorna in alto, posteriormente e in dentro, come lo sfenoide.

VI. Al livello dei parietali:

L'angolo antero-inferiore ( o sfenoide) del parietale si muove posteriormente ed in dentro al livello dello Pterion.

L'angolo postero-inferiore ( o mastoide) del parietale si muove posteriormente ma soprattutto in dentro, al livello dell'Asterion.

La sutura sagittale:

risale leggermente, aumentando il diametro verticale del cranio,

si restringe leggermente nella sua parte anteriore, si richiude un pò di più nella sua parte posteriore.

Le bozze parietali si riavvicinano e si verticalizzano.

VII. Al livello del temporale:

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Si tratta di un movimento postero-mediano del margine superiore della rocca.

Il margine superiore della rocca ritorna indietro e in dentro

La squama ritorna indietro e in dentro

L'angolo formato dai margini superiori delle rocche diminuisce

L'apofisi zigomatica ritorna in dentro e la sua estremità anteriore risale

L'apofisi mastoidea ritorna anteriormente e leggermente esternamente

La cavità glenoidea si muove ugualmente anteriormente e esternamente.

VIII. Al livello del malare:

Il malare compie un movimento che è il risultato dei due componenti di movimenti sui due assi:

Il malare rotola posteriormente ed in dentro invertendosi e compiendo una rotazione interna.

L'apofisi fronto-sfenoidale si porta posteriormente ed in dentro, sincrona con la grande ala ed il pilastro del frontale.

L'angolo mascellare superiore del malare si porta posteriormente, in dentro e leggermente in basso, sincrono con il mascellare superiore.

Il margine orbitale si inverte.

Il diametro obliquo supero-interno, infero-esterno dell'orbita si restringe

La faccia esterna è prominente

L'apofisi temporale risale, posteriormente e in dentro, sincrona con il temporale.

IX. Al livello dell'etmoide:

L'apofisi crista galli è trascinata anteriormente dal rilasciamento della falce del cervello

La parte posteriore del corpo e della lamina cribrosa risale

La parte posteriore della lamina perpendicolare risale ugualmente, sincrona con il corpo dello sfenoide

La parte anteriore della lamina perpendicolare punta in avanti

Le masse laterali si restringono medialmente verso il dietro in una specie di rotazione interna influenzata dai frontali e dai mascellari superiori

Si produce quindi una chiusura del solco etmoidale ed una retrazione delle fosse nasali. Da questo movimento consegue una sosta del pompaggio delle cellule etmoidali ed un avvolgimento dei cornetti.

X. Al livello del vomere:

Il margine superiore risale sotto il rostro sfenoidale e ritorna leggermente in avanti

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Il corpo della lamina risale e gira sul suo asse trasverso

Il margine inferiore segue il movimento al livello della cresta inter-maxillo-palatina, scendendo leggermente.

XI. Al livello del mascellare:

La branca verticale diventa sagittale

La parte superiore della branca verticale si porta leggermente in basso e in avanti, seguendo il frontale

L'arcata alveolare, dietro, si restringe

La linea medio-incisiva avanza

Gli incisivi si restringono leggermente

La parte posteriore della sutura inter-mascellare risale ed avanza

La parte anteriore di questa sutura inter-mascellare scende leggermente

La volta palatina si restringe e si scava nella sua parte posteriore

L'arcata dentale si inclina seguendo una linea obliqua in basso ed in dentro.

XII. Al livello del palatino:

Le apofisi piramidali si muovono in dentro, in alto ed in avanti, come le apofisi pterigoidee

Le apofisi orbitale e sfenoidale del palatino si portano verso l'alto, seguendo così il corpo dello sfenoide

La sutura inter-palatina risale in alto ed in avanti, seguendo il vomere

La parte posteriore del palato osseo si solleva e la sutura inter-palatina si muove anteriormente.

XIII. Al livello dell'unguis:

Il canale lacrimale tende a chiudersi durante la rotazione interna.

XIV. Al livello dell'osso nasale:

Durante della fase espiratoria, il margine posteriore ritorna in dentro e la cresta inter-nasale sporge in avanti.

XV. Al livello della mandibola:

Essendo situata sotto l'asse fisiologico del temporale, quando questo effettua una rotazione interna, la cavità glenoidea si porta anteriormente e molto leggermente esternamente. I condili mandibolari seguono questo movimento, sincroni al temporale ed alla S.S.B., venendo avanti e uscendo leggermente, determinando così l'avanzata mandibolare.

Parallelamente e sempre in maniera sincrona, i gonioni si restringono e risalgono. Di conseguenza, l'arcata dentale inferiore si scava e risale nella sua parte posteriore, mentre la parte anteriore, al livello della sinfisi, sporge ed avanza.

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XVI. Al livello del sacro:

Il sacro, osso dispari della linea centrale, bascula in estensione fra le iliache, sul suo asse respiratorio S2.

La punta del sacro si porta posteriormente e la base si muove in avanti.

Ugualmente accade al coccige che tende a portarsi orizzontalmente.

XVII. Al livello della rachide:

Durante la fase espiratoria primaria, si nota una tendenza all'accentuazione delle curvature.

XVIII. Al livello delle fasce:

Durante la fase espiratoria primaria, le fasce profonde scendono mentre quelle superficiali risalgono.

QUARTA PARTE

CAPITOLO XXVIII

FISIOPATOLOGIA CRANICA

TESTS E CORREZIONI SPECIFICHE

L'approccio al cranio

Condizioni di approccio al cranio

Per un buon approccio al cranio , è molto importante che il terapeuta rispetti i seguenti criteri di palpazione:

Praticare in un luogo calmo.180

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Sistemare confortevolmente il paziente.

Adottare una posizione di palpazione confortevole.

Rilassarsi al massimo.

Posizionare lentamente le mani.

Rispettare il cranio.

Localizzare con precisione i riferimenti anatomici.

Concentrarsi chiudendo gli occhi.

Visualizzare mentalmente le strutture testate.

Palpare passivamente il movimento.

Non avere mai fretta.

Amplificare mentalmente il movimento.

Interpretare il movimento.

Questi criteri devono infatti fare parte dell'automatismo che il Terapeuta deve acquisire per praticare la palpazione cranica.

Tecniche di approccio al cranio

1. Approccio tramite la volta di W.G.SUTHERLAND (Foto260a-260b)

Posizione del paziente:

- in decubito,

- confortevolmente sistemato e disteso,

- in un luogo calmo al riparo da luci troppo violente,

- con un piccolo cuscino sotto la testa.

Posizione del terapeuta:

- alla testa del paziente,

- sopra un tavolo ad altezza adeguata,

- i gomiti appoggiati sul tavolo,

- seduto sugli ischi,

- Le ginocchia flesse a 90°,

- i due talloni appoggiati al suolo,

- dita, mani, avambracci, braccia e spalle rilassate.

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Posizione delle mani:

- il polpastrello degli indici sulle grandi ali dello sfenoide,

- i medi davanti alle orecchie,

- gli anulari dietro alle orecchie,

- i mignoli sulla squama occipitale, sugli angoli infero-laterali al livello degli Asterions,

- i pollici uno sopra l'altro o uno contro l'altro, sopra la volta ma senza toccarla.

Nota: medi e anulari non sono in diretto contatto con la struttura ossea cranica e quindi non partecipano alla percezione del movimento.

2. Approccio fronto-occipitale di W.G. SUTHERLAND (Fig. 261 e 261b)

Posizione del paziente:

-in decubito,

- confortevolmente sistemato e disteso,

- in un luogo calmo al riparo da luci troppo violente,

- con un piccolo cuscino sotto la testa.

Posizione del terapeuta:

- alla testa del paziente,

- leggermente alla sua destra o alla sua sinistra,

- sopra un tavolo ad altezza adeguata,

- i gomiti appoggiati sul tavolo,

- seduto sugli ischi,

- le ginocchia flesse a 90°,

- i due talloni appoggiati al suolo,

- dita, mani, avambracci, braccia e spalle rilassate.

Posizione delle mani:

Approccio fronto-occipitale longitudinale:

La mano inferiore (o occipitale)

- il palmo a coppa, aderente alla squama occipitale,

- in dentro rispetto agli Asterions, per poter controllare la squama,

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Page 183: Trattato paratico di Osteopatia Cranica.doc

- le dita, leggermente divaricate, dirette caudalmente,

- il più vicino possibile alle parti condiloidee.

La mano superiore ( o frontale ):

- il palmo aderente al frontale,

- le dita dirette caudalmente e leggermente divaricate,

- il medio sulla sutura metopica,

- le altre dita ripartite sui due lati.

. Approccio fronto-occipitale trasversale:

La mano inferiore ( o occipitale ):

- il palmo a coppa, aderente alla squama occipitale,

- in dentro rispetto agli Asterions, per poter controllare la squama,

- le dita, leggermente divaricate, dirette caudalmente,

- il più vicino possibile alle parti condiloidee.

La mano superiore ( o frontale)

- il palmo aderente al frontale, trasversalmente, il braccio ripiegato, il gomito appoggiato sul tavolo,

- L'anulare al livello della glabella, il mignolo ed il medio ristretti.

Note: secondo i crani, evitare il contatto dell'indice sulla sutura coronaria. Il pollice pure rimane leggermente sollevato.

3. Approccio sfeno-occipitale di H.MAGOUN (Fig.262)

Posizione del paziente:

-in decubito,

- confortevolmente sistemato e disteso,

- in un luogo calmo al riparo da luci troppo violente,

- con un piccolo cuscino sotto la testa.

Posizione del terapeuta

- alla testa del paziente, di 3/4 laterale,

- sopra un tavolo ad altezza adeguata,

- seduto sugli ischi,

- le ginocchia flesse a 90°,

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Page 184: Trattato paratico di Osteopatia Cranica.doc

- i due talloni appoggiati al suolo,

- dita, mani, avambracci, braccia e spalle rilassate.

Posizione delle mani:

La mano inferiore (o occipitale): afferra , con il palmo, la squama occipitale per il traverso.

La mano superiore (o sfenoidale):

- la pinza pollice-indice è posizionata a ponte sopra il frontale, senza toccarlo,

- tocca leggermente le grandi ali dello sfenoide con il polpastrello delle falangi distali,

- senza stringere il cranio.

4. Approccio occipito-sfenoidale di V.FRYMANN (Fig. 263)

Posizione del paziente:

-in decubito,

- confortevolmente sistemato e disteso,

- in un luogo calmo al riparo da luci troppo violente,

- con un piccolo cuscino sotto la testa.

Posizione del terapeuta:

- alla testa del paziente,

- sopra un tavolo ad altezza adeguata,

- i gomiti appoggiati sul tavolo,

- seduto sugli ischi,

- Le ginocchia flesse a 90°,

- i due talloni appoggiati al suolo,

- dita, mani, avambracci, braccia e spalle rilassate.

Posizione delle mani:

- anulari sull'occipite, ma dietro alle suture occipito-mastoidee,

- mignoli in contatto con la squama occipitale, contro gli anulari,

- medi dietro l'orecchio, sulle porzioni mastoidee dei temporali,

- indici dietro l'orecchio, in contatto con l'apofisi mastoidea del temporale,

- pollici a contatto con le grandi ali dello sfenoide.

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Nota: Per praticare efficacemente questo approccio, è necessario avere mani grandi ed essere sicuri di non accavallare le suture occipito-mastoidee con anulari e mignoli.

5. Approccio volta-base: (V FRYMANN) (Fig.264)

Posizione del paziente:

-in decubito,

- confortevolmente sistemato e disteso,

- in un luogo calmo al riparo da luci troppo violente,

- con un piccolo cuscino sotto la testa.

Posizione del terapeuta:

- alla testa del paziente,

- sopra un tavolo ad altezza adeguata,

- i gomiti appoggiati sul tavolo,

- seduto sugli ischi,

- Le ginocchia flesse a 90°,

- i due talloni appoggiati al suolo,

- dita, mani, avambracci, braccia e spalle rilassate.

Posizione delle mani:

- polpastrelli delle falangi distali degli indici davanti all'orecchio, in contatto con le apofisi zigomatiche dei temporali.

- polpastrello delle falangi mediali dei medi, dietro all'orecchio, in contatto con la porzione mastoidea, il polpastrello delle falangi distali sulla sommità dell'apofisi mastoidea dei temporali.

- polpastrello delle falangi distali degli anulari in contatto con l'occipite sulla linea curva superiore dietro alla sutura occipito-mastoidea.

- polpastrello delle falangi distali dei mignoli sull'inion.

- palmo della mano aderente, tramite le eminenze tenar e ipotenar, alle bozze parietali.

Nota: Il pollice può anche toccare i pilastri esterni del frontale o le grandi ali dello sfenoide. Questa tecnica di approccio permette di palpare simultaneamente i movimenti della volta e della base e la loro sinergia cinetica, di apprezzare il grado di libertà del tentorio del cervelletto ed infine di praticare, in certi casi, un ascolto comparativo fra emisferi cranici destro e sinistro.

Utilità delle tecniche di approccio al cranio:

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1. Esse permettono di valutare i parametri qualitativi e quantitativi del M.R.P. cranico:

Ritmo

Ampiezza

Forza

e dunque di valutare le capacità di recupero del corpo

2. Esse permettono di testare la mobilità funzionale:

Della base

Della volta

Delle M.T.R.

3. Esse permettono di trattare globalmente alcune disfunzioni cinetiche:

Della base

Della volta

Delle M.T.R.

CAPITOLO XXIX

IL V SPREAD

Dall'inglese "to spread" che significa diffondere, propagare ma anche e soprattutto stendere, dispiegare, srotolare (un tessuto, una tovaglia un tappetto perchè non dura-merico), questa tecnica efficace, scoperta in maniera fortuita da W.G.SUTHERLAND, non ha ancora spiegazione razionale per quanto riguarda il suo meccanismo d'azione.

I. Principio:

Si tratta di posizionare il polpastrello di due dita da una parte e dall'altra di un'articolazione in restrizione di micro-movimento, posizionando una forza direttrice all'opposto alla restrizione di mobilità. Questo posizionamento dei punti di contatto permette la liberazione della restrizione cinetica. Nel suo principio questa tecnica utilizza la pulsatilità ritmica generata dall'M.R.P. e su questo argomento ci troviamo perfettamente consenzienti.

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II. Meccanismo di azione:

1. Teoria classica:

Secondo i tentativi di spiegazione classici e precisamente la spiegazione data da Harold MAGOUN D.O., l'azione di questa tecnica è generata dalla fluttuazione, diretta dalle dita del terapeuta, dell'onda dell'LC.R. verso la zona sottoposta a restrizione di mobilità. Quest’onda, venendo ad urtare, "come le onde dell'oceano", la struttura in restrizione di mobilità, riesce a provocare la sua liberazione e il ripristino dell'armonia del movimento.

La percezione di rimbalzo e di ritorno dell'onda conferma la restrizione di mobilità mentre la percezione "di un'onda che si espande lungamente su una spiaggia in discesa e senza limite" conferma la liberazione dalla restrizione ed il ritorno alla mobilità.

La descrizione data finora è quindi puramente attinente ai fluidi, tanto al livello della spiegazione del suo meccanismo di azione quanto a quello di valutazione palpatoria di questo meccanismo.

2. Teoria meccanica: (secondo R.CAPOROSSI)

Questo approccio fluidico del meccanismo di azione del V spread ci soddisfa solo in minima parte. Tenderemmo a pensare, per quanto ci riguarda, che l'L.C.R. non è l'agente correttivo principale.

In primo luogo, per la ragione che la tecnica del V spread è attiva per qualsiasi restrizione di micro-mobilità su tutta la superficie articolare strutturale o viscerale dell'organismo dove il fluido si confonde con il sangue ed il liquido interstiziale. In secondo luogo, secondo le leggi più elementari della fisica e dell'idrodinamica dei fluidi, l'L.C.R. in quanto tale, è solamente un fluido passivo e la mobilità di qualsiasi fluido dipende dalla forza di pressione o depressione motrice che gli viene impressa.

Inoltre, l'L.C.R., come ogni fluido, possiede una soglia di incompressibilità e questa si trova ad essere essenzialmente il vettore di accomodamento e di trasmissione fisica delle forze. Il L.C.R. si trova quindi ad essere, nel quadro che ci interessa, solamente un agente di trasmissione idraulica di forze meccaniche.

L'origine di queste forze va a situarsi, a nostro parere, innanzitutto al livello delle masse cerebrali che, durante le loro fasi di contrazione ed espansione, imprimono il movimento iniziale del meccanismo respiratorio primario.

Questo movimento è trasmesso da due componenti: una componente idraulica attraverso il L.C.R. ed il liquido interstiziale ed una componente meccanica tramite le membrane di tensione reciproche e le fasce del corpo.

La componente meccanica, tramite le sue leve, va ad amplificare la forza iniziale e a modulare la fluttuazione idraulica e quindi la trasmissione idraulica della forza iniziale.

La respirazione toraco-addominale è un'ulteriore sorgente di modulazione delle forze iniziali tanto di origine idrodinamica causata dal modificarsi ritmico delle pressioni fisiologiche intra-cranio-spinali, quanto di origine fisica per mezzo delle tensioni meccaniche fisiologiche impresse alle M.T.R. ed alle fasce.

Al livello del cranio, il movimento impresso alle parti ossee e conseguentemente alle suture, è dunque un movimento meccanico membranoso, sincrono al movimento delle masse cerebrali e sinergico con il movimento fluidico.

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Il movimento meccanico membranoso e fasciale è, a nostro parere, il parametro principale e specifico del meccanismo di azione principale del V spread, le componenti fluide dell'L.C.R. e l'effetto della respirazione toraco-addominale non fanno che completarne l'effetto globale.

La posizione delle dita da una parte e dall'altra degli elementi ossei in restrizione di mobilità ed il contro-appoggio di un dito in pressione dosata all'opposto, che va a creare un vero fulcro, sono gli induttori di nuovi parametri di tensione meccanica.

Le M.T.R. o le fasce integrano questi nuovi parametri di tensione meccanica nella loro cinetica e, per reazione a quest’azione induttrice, vanno a creare le condizioni meccaniche di liberazione della restrizione di micro-mobilità.

La trasmissione sinergica delle forze idrodinamiche, sempre modulata dai parametri meccanici specifici, viene a potenziare e completare la liberazione.

Infine l'apnea toraco-addominale forzata ed a lungo trattenuta, tramite la modulazione della pressione venosa e intra-cranio-spinale da una parte e tramite il parametro meccanico specifico membranoso o fasciale dall'altra, può fornire ulteriore potenza alle forze correttive.

Se la direzione dei fluidi invocata in generale ci pare molto improbabile per mezzo del solo contatto delle dita del terapeuta, la reazione membranosa o fasciale tramite questo contatto, con l'intermediario delle strutture ossee, ci appare invece del tutto logico. La dura-madre interna ed esterna, a partire dalla quale le placche ossee si sono formate, è effettivamente estremamente reattiva a qualsiasi cambiamento dei parametri cinetici suturali.

La fluttuazione del L.C.R., secondaria al movimento delle masse cerebrali, in relazione con i cicli respiratori toraco-addominali, ma soprattutto in relazione con questi nuovi parametri meccanici delle M.T.R. o delle fasce, può essere allora considerata come vettore idrodinamico di correzione sinergica, poichè si trova ad essere parte integrante del Meccanismo Respiratorio Primario.

Le dita del terapeuta sono "direttrici" dei fluidi solamente in maniera molto relativa ed indiretta ed unicamente tramite l'intermediario dei vettori meccanici.

III. Interesse del V spread:

L'interesse del V spread è duplice. Esso è in effetti utilizzato a scopo diagnostico per tastare la mobilità articolare e respiratoria primaria ed a scopo terapeutico per correggere un'eventuale

restrizione di questa mobilità.

1. Scopo diagnostico:

Il fatto di posizionare le due dita induttrici/ricettrici ed il dito induttore/fulcro sulla zona articolare da testare permette, in fase palpatoria, di sentire lo stato di mobilità o di restrizione di mobilità della zona interessata, in rapporto all'M.R.P. in generale. Si può in questo modo realizzare una diagnosi rapida di tutte le parti articolari in restrizione di mobilità respiratoria primaria.

2. Scopo terapeutico:

In caso di restrizione cinetica, il V spread consente, dopo il test palpatorio, di passare alla correzione specifica immediata inducendo la correzione ed utilizzando il meccanismo di Respirazione Primaria come agente correttivo.

IV. Test diagnostico:

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1. Prima fase: posizione delle dita

Una mano: il polpastrello dell'indice e del medio, a V, in contatto sulle parti ossee, da una parte e dall'altra della sutura da testare, a circa 5 10 mm massimo dalla sutura.

L'altra mano: palmo in contatto dalla parte opposta della sutura da testare.

2. Seconda fase: test diagnostico

In un primo momento, sincronizzarsi al ritmo generale del M.R.P. Focalizzare la sua percezione sui due poli dell'asse così creato.

In seguito apprezzare:

- la presenza di movimento respiratorio primario al livello della sutura testata.

- il ritmo del M.R.P. al livello delle due dita, poi del palmo della mano opposta

- la consistenza dei tessuti para-suturali.

Risultati:

- In condizioni fisiologiche si verifica:

al livello del palmo opposto alla sutura: un ritmo ed un'ampiezza del M.R.P. soddisfacenti.

al livello delle dita para-suturali: un ritmo ed un'ampiezza di pulsazione del M.R.P. sincroni ed uguali qualitativamente nel ritmo e nell'ampiezza.

Una tessitura mobile e flessibile dei tessuti para-suturali.

- In condizioni non fisiologiche, si può presentare:

al livello delle dita para-suturali: una netta restrizione o una totale assenza di mobilità. Una tessitura dura e rigida dei tessuti para-suturali.

Al livello del palmo opposto alla sutura: un battito (o un indurimento) caratteristico asincrono al M.R.P., all'opposto della sutura in restrizione, che materializza un disturbo della fluttuazione dell'L.C.R., secondario ad un disturbo della cibernetica delle M.T.R. in relazione con questa restrizione specifica di mobilità suturale.

Il grado di restrizione suturale sarà inoltre obiettivato dai due parametri qualitativo e quantitativo del battito.

Parametro qualitativo: si tratta della velocità di risposta alla restrizione.

Prima ritorna la convessità nel palmo, maggiore è la tensione meccanica e maggiore sarà la restrizione della sutura.

Parametro quantitativo: si tratta dell'intensità della risposta alla restrizione.

Più il battito è potente nella sua intensità e nella sua localizzazione, maggiore sarà la restrizione.

V. Tecnica correttiva:

1. Localizzazione dei parametri correttivi:

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Localizzare con molta precisione con il palmo della mano opposta (o le dita opposte) alla sutura in restrizione, il luogo del palmo dove si percepisce il battito e la sua corrispondenza esatta sul pezzo osseo.

Posizionare in seguito il polpastrello di uno o di due dita nel luogo preciso della parte ossea dove arrivano questi battiti. Fissare un contatto osseo e dolce al livello para-suturale.

2. Correzione:

Indurre un leggerissimo disimpegno dei bordi della sutura od una leggera coaptazione secondo i casi. Il disimpegno è in generale più efficace per via della maggiore modificazione dei parametri meccanici, ma ciò dipende dalla causa della restrizione e dall'età del soggetto trattato.

Focalizzare in seguito la sua percezione sui due poli dell'asse così creato. Mantenendo l'induzione in fase di disimpegno, adeguarsi al ritmo del M.R.P. e, con il dito o le dita opposte alla sutura, indurre una leggerissima contro-forza alla forza di battito che giunge sotto alle dita, senza inibire il meccanismo respiratorio primario.

Questo rinvio di forza è ritmico e si effettua ad ogni ciclo strettamente in direzione della sutura in restrizione.

Dopo un certo tempo, le dita para-suturali cominciano a percepire un inizio di movimento delle parti ossee. Questo movimento andrà accentuandosi nel suo ritmo e nella sua ampiezza man mano che il battito opposto sparirà. Parallelamente il terapeuta andrà a percepire calore e miglioramento della tessitura suturale e para-suturale. Poi il movimento suturale andrà a riequilibrarsi e riprenderà una mobilità meno ampia.

Quando la qualità della pulsatilità e della mobilità respiratoria primaria della sutura sarà soddisfacente e sincrona al M.R.P. generale, la correzione sarà effettuata ed il movimento rimarrà appena percettibile al livello della sutura.

VI. Test di verifica(variante utilizzata da R.CAPOROSSI):

Si tratta di indurre, in direzione della sutura corretta ed a partire dal punto dove si attua il battito reattivo, una leggera pressione nel corso della fase d'espansione, per percepire un aumento dell'ampiezza respiratoria primaria al livello della sutura corretta, indice di libertà totale.

VII. Percezione e valutazione:

Questa tecnica del V spread è attiva soprattutto al livello del cranio. Ma essa può essere utilizzata per qualsiasi zona strutturale o viscerale dove la micro-mobilità respiratoria primaria si trova in restrizione, con dei parametri di localizzazione delle forze correttive chiaramente diversi.

Nell'approccio diagnostico come in quello correttivo, il terapeuta deve permanentemente integrare la percezione strutturale delle parti ossee e della loro tessitura, la percezione membranosa o fasciale delle forze meccaniche e la percezione idrodinamica di fluttuazione del L.C.R. o del liquido interstiziale del meccanismo del V spread.

VIII. Differenti tecniche del V spread cranico:

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SUTURA V RICETTORE PUNTO INDUTTORE

Parieto-occipitale Parieto-occipitale Pterion

Parieto-mastoidea Parieto-mastoidea Pterion

Parieto-frontale Parieto-frontale Bozza occipitale

Parieto-squamosa Parieto-squamoso Parieto-squamoso

Sfeno-squamosa Sfeno-squamosa Bozza parietale

Sfeno-petrosa Sfeno-petrosa Bozza frontale

Pterion Pterion Asterion

PCSM Asterion Pterion

Occipito-mastoidea Occipito-mastoideo Eminenza frontale

Petro-giugulare Petro-giugulare Vertice laterale

Petro-basilare Petro-basilare Bozza parietale

Temporo-zigomatica Temporo-zigomatica Pterion

Inter-incisiva Inter-incisiva Lambda

Inter-mascellare Inter-mascellare Bregma

Inter-palatina Inter-palatino Bregma

Maxillo palatina inf. Maxillo-palatino inf. Bregma laterale

Fronto-malare Fronto-malare Occipito-mastoideo

Maxillo-malare Maxillo-malere Bozza parietale

Fronto-sfenoidale Fronto-sfenoidale Pterion

Metopica Metopico Inion

Ossa proprie del naso Ossa proprie del naso Inion

Orbitale Orbitale Occipito-mastoideo

Fronto-mascellare Fronto-mascellare Bozza occipitale

Fronto-sfenoidale Fronto-sfenoidale Bozza occipitale

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CAPITOLO XXX

TECNICHE GENERALI E CIRCOLATORIE

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Le tecniche generali, che regolarizzano il flusso del fluido cranico, consentono una migliore fisiologia del tessuto cerebrale. L'equilibrio dell'irrorazione sanguina permette effettivamente un miglioramento degli scambi gassosi al livello del comparto neuronale, mentre la regolarizzazione del flusso del liquido cefalo-rachidiano migliora sensibilmente gli scambi metabolici al livello dell'interstizio e del comparto peri-neuronale. Poichè le tonicità orto e para-simpatiche si riequilibrano mutualmente, le funzioni viscerali ed immunitarie si rinforzano. L'omeostasi generale del corpo ed il comportamento dell'individuo migliorano di conseguenza.

I. Tecniche vascolari:

1. Tecniche di drenaggio dei seni del cranio

SCOPO: drenare il sangue venoso del cranio

TECNICA:

Posizione del paziente: decubito, testa e collo in posizione neutra.

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, con i gomiti appoggiati sul tavolo.

Drenaggio dall'inion al forame occipitale (seno occipitale) (Fig.288):

Posizione delle dita: medi, uno contro l'altro orizzontalmente, a contatto con l'inion.

Manovra:

Rimanere in questa posizione inducendo una leggera tensione dei polpastrelli dei medi ed aspettare fino a percepire un riscaldarsi, un ramollirsi, un rilasciarsi dei tessuti, l'inizio di un movimento interno regolare, vedere una leggere sudorazione cutanea (reazione neurogena). In seguito spostare i medi verso il forame occipitale e ricominciare la stessa manovra, con gli stessi parametri, inducendo il movimento in un angolo di 45° rispetto alla verticale. Spostare un'ultima volta i medi in direzione del forame occipitale e ricominciare la manovra.

Mantenere la pressione poi decomprimere l'occipite dell'atlante per rilasciare le parti condiloidee occipitali. Aspettare il rilasciamento del tessuto e la percezione di libertà di movimento della zona.

Drenaggio del Torculare di Erofilo: (Fig.289)

Posizione delle dita: polpastrelli dei medi uno contro l'altro a contatto con l'inion.

Manovra:

Indurre una leggere tensione dei polpastrelli ed attendere osservando i medesimi parametri di rilassamento dei tessuti.

Drenaggio dei seni laterali: (Fig.290)

Posizione delle dita: tornare all'Inion e posizionare i mignoli uniti sull'inion e le tre dita successive di ogni mano da una parte e dall'altra dell'inion, sulla linea curva occipitale superiore. Ci si trova, in questo caso al livello dei seni laterali.

Manovra:

Indurre una leggera tensione dei polpastrelli ed attendere osservando gli stessi parametri di rilasciamento tessutale.

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Drenaggio del seno destro: (Fig.291)

Posizione delle dita: i mignoli uniti con i polpastrelli a contatto con l'inion. Le altre dita sono a contatto con la linea curva occipitale superiore. I pollici sono uno sopra l'altro, con il polpastrello a contatto della sutura sagittale, al livello del lambda.

Manovra:

Visualizzare un asse partendo dai pollici e diretto al centro del cranio, al livello dell'estremità anteriore del seno destro. Indurre una leggerissima tensione dei polpastrelli ed attendere osservando i medesimi parametri di rilasciamento tessutale.

Drenaggio del seno longitudinale superiore: (dall'inion alla sutura metopica)

Dall'inion al lambda:

Posizione delle dita: tornare all'inion, inglobare il cranio con i palmi delle mani e posizionare i pollici incrociati, a cavallo della linea mediana, permettendo così il trattamento del S.L.S: dall'inion al lambda.

Manovra:

Esercitare una leggera tensione con i polpastrelli dei pollici. Attendere il rilassamento tessutale e la percezione di movimenti seguendo i parametri abituali

Dal lambda al bregma:(Fig.292)

Posizione delle dita: pollici incrociati, a cavallo sulla sutura sagittale. Le altre quattro dita di ogni mano che afferrano il cranio.

Manovra:

Esercitare un leggero stiramento della sutura sagittale. Attendere il rilassamento seguendo i parametri abituali.

. Dal bregma alla glabella: (Fig.293)

Posizione delle dita: Le ultime quattro dita le cui estremità si toccano, da una parte e dall'altra della sutura metopica. Gli indici sono davanti al bregma mentre i mignoli si trovano a contatto con il nasion.

Manovra:

Esercitare una leggera separazione della sutura metopica tramite una pressione dolce associata ad una leggerissima componente di trazione al suo livello. Mantenere questi componenti fino alla percezione del rilasciamento seguendo i parametri abituali.

Per i crani duri con movimento molto ristretto o inesistente, è necessario avere la pazienza di attendere e di ottenere il rilasciamento completo che sopravviene molto lentamente.

NOTA:

Cominciare sempre da valle e proseguire verso monte al fine di liberare la parte a valle ed evitare le stasi.

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Il drenaggio è maggiormente efficace quando è stata, in via preliminare, effettuata una manovra della base, quando il confluente di Pirogoff è stato normalizzato come le disfunzioni cinetiche della prima costola.

E' importante ricordare che l'orbita e le zone contigue della faccia sono drenate dai seni cavernoso e petroso verso il Forame Lacero Posteriore. Le vene cerebellari dipendono dal Forame Lacero Posteriore.

INDICAZIONI:

Cranio duro alla palpazione osteopatica.

Compressione sfeno-basilare parziale o totale.

Drenaggio circolatorio del cranio.

Ipertensione intra-cranica.

Cefalee congestive causate da stasi venosa.

Dolori retro-oculari (seno cavernoso).

Emicranie di origine oftalmologica.

Vertice doloroso.

Ritardo nello sviluppo psico-motorio.

I.M.C.

Disturbi comportamentali nel bambino.

Astenia nel bambino e nell'adulto.

Sindromi depressive nell'adulto.

2. La tecnica "Pan-Dura"

(V.FRYMANN)

Si tratta di una tecnica di normalizzazione e di riequilibrio delle tensioni meccaniche dura-meriche la cui azione si ripercuote sulle tensioni meccaniche al livello dei seni venosi. E' dunque un'eccellente tecnica di drenaggio generale del cranio tramite la liberazione delle tensioni meccaniche dalle inserzioni ossee delle M.T.R. al contatto dei seni venosi.

Il principio di questa tecnica è di utilizzare la componente orizzontale del tentorio del cervelletto sull'occipite cartilagineo e quella verticale della falce del cervello sull'occipite membranoso. I due vettori ossei , cartilagineo da una parte e membranoso dall'altra, vengono utilizzati per esercitare l'induzione riequilibratrice delle tensioni meccaniche delle M.T.R. al livello della loro inserzione occipitale ma anche, correlativamente, per provocare il riequilibrio meccanico globale della totalità delle M.T.R., da cui l'appellativo "Tecnica Pan-Dura".

Scopo: riequilibrare le tensioni globali delle M.T.R. armonizzando le tensioni meccaniche fra la parte cartilaginea (tentorio del cervelletto) e la parte membranosa (falce del cervello) dell'occipitale per consentire una regolarizzazione delle tensioni degli sdoppiamenti delle M.T.R. al livello dei seni venosi ed assicurare di conseguenza un drenaggio migliore.

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Tecnica occipito-occipitale: (Fig.294)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: in piedi alla testa del paziente

Posizione delle mani:

mano caudale sinistra: afferrando con il palmo della mano la parte cartilaginea del cranio al livello della linea curva occipitale superiore, le dita posizionate caudalmente, il più possibile vicine al forame occipitale.

mano cefalica destra: a contatto con la parte membranosa dell'occipitale, appena sopra l'inion e la linea curva occipitale superiore, indice e medio sopra il supra-occipite, pollice e mignolo a contatto dei parietali. L'avambraccio cefalico si limita a sfiorare il frontale.

Manovra:

Indurre una leggera tensione sull'occipite cartilagineo. Indurre una leggere tensione separativa separatrice sulla squama occipitale. Cercare il punto neutro della cinetica delle M.T.R.. Mantenere un punto fulcro al livello di questo punto neutro. Da questo punto fulcro, le membrane inizieranno a modificare la loro cinetica all'interno del cranio. Seguire i movimenti delle M.T.R., conservando il punto fulcro e la leggera tensione di disimpegno tra le due parti dell'occipite ed assicurare delicatamente l'equilibrio progressivo delle tensioni membranose adattandosi al ritmo cranico e senza bloccarlo. Indurre il movimento e seguire i tessuti fino a percepire l'arresto del disequilibrio delle tensioni ed il ripristino della regolare cinetica in flessione-estensione delle M.T.R., "sensazione paragonabile ad una nave che dondola regolarmente su un mare calmo" (V.Frymann).

Tecnica fronto-occipito-occipitale:

Si tratta di una variante della tecnica precedente.

Una volta raggiunto l'equilibrio delle M.T.R. tramite la tecnica precedente, si puÚ utilizzare questa presa del cranio essenzialmente con lo scopo di migliorarne la circolazione.

E' necessario sincronizzarsi con il ritmo del M.R.P. ed accentuarlo con le mani caudale e cefalica e con l'avambraccio cefalico che si appoggia al frontale partecipando al pompaggio del cranio.

Tecnica sfeno-occipitale:(Fig.295)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: in piedi alla testa del paziente

Posizione delle mani:

La mano caudale è a contatto intra-buccale con le apofisi pterigoidee tramite l'indice ed il medio. La mano cefalica è a contatto con l'occipite, medio ed annulare a contatto con le parti

condiloidee.

Manovra:

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Sollevare dolcemente le apofisi pterigoidee e mantenere questo punto fulcro fino alla percezione del disavvolgimento delle M.T.R. partendo da questo punto fulcro ed il ripristino del meccanismo al livello della S.S.B.

Seguire il movimento delle M.T.R. al livello dell'occipite seguendo i parametri precedentemente citati, mantenendo l'elevazione delle apofisi pterigoidee. Concludere con un'induzione cinetica della S.S.B. in flessione-estensione per alcuni cicli.

INDICAZIONI:

Tecnica indicata essenzialmente per l'adulto ed il bambino grande.

Le indicazioni sono le medesime che per la tecnica dei seni venosi:

Cranio duro alla palpazione osteopatica.

Compressione sfeno-basilare parziale o totale.

Drenaggio circolatorio del cranio.

Ipertensione intra-cranica.

Cefalee congestive causate da stasi venosa.

Dolori retro-oculari (seni cavernosi).

Emicranie di origine oftalmologica.

Vertice doloroso.

Ritardo nello sviluppo psico-motorio.

I.M.C.

Disturbi comportamentali nel bambino.

Astenia nel bambino e nell'adulto.

Sindromi depressive nell'adulto.

II. Tecniche che influenzano l'L.C.R.

1. Compressione del 4° ventricolo (tecnica passiva): (Fig.296)

Si tratta di una tecnica che rallenta la fluttuazione longitudinale del L.C.R. e favorisce la sua fluttuazione trasversale.

Scopi:

Regolarizzare gli scambi tessutali.

Riequilibrare il metabolismo cellulare.

Stimolare la vitalità generale dell'organismo.

INDICAZIONI:

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Infezioni acute.

Stati di tossiemia

Disturbi trofici

Ritardo nella cicatrizzazione

Astenie intellettuali e fisiche

Astenie post-infettive

Stati orto-simpaticotonici

Ipereccitabilità, ipercinesia

Disturbi comportamentali nel bambino

Compressione dalla S.S.B.

Cranio duro nel bambino

Inerzia uterina o insufficienza qualitativa e quantitativa delle contrazioni nella partoriente

Dermatosi e eczemi

Stasi epato-colecistiche

Ipertensione

CONTRINDICAZIONI:

Epilessia

Esiti di encefalite (nel periodo di iperestesia o di sensibilità esacerbata)

Rischi emorragici

Fratture

Traumi cranici

Incidenti vascolari cerebrali recenti

Paraplegie

Asma cardiaca

Ipotensione

Bradicardia

Traumi cranico-cervicali e wiplash recenti

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Page 199: Trattato paratico di Osteopatia Cranica.doc

Stati para-simpaticotonici e vagotonie

Stati depressivi e depressioni nervose

Asma in crisi acuta

Gravidanza (3°, 5° ed 8/9° mese)

Tecnica:

Scopo: portare dolcemente l'occipite in estensione tramite una pressione delicata, bilaterale al livello ma internamente agli asterion (mai sulle suture occipito-mastoidee). Per effettuare correttamente questa tecnica, è necessario visualizzare permanentemente l'asse ed il meccanismo di estensione dell'occipite.

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, gomiti sul tavolo.

Posizione delle mani: individuare le bozze occipitali chiedendo al paziente di sollevare la testa.

Posizionare le mani incrociate una sopra l'altra, pollici ed eminenze tenar parallele e distanziate di circa 1-2 cm per le teste oblunghe e 2-3 cm per le teste rotonde o quadrate.

Posizionare in seguito le eminenze tenar al livello delle bozze occipitali e chiedere al paziente di lasciare cadere progressivamente la sua testa sulle mani del terapeuta.

Approffittare di questa progressività per regolare con molta precisione le eminenze tenar sulle bozze occipitali.

Movimento:

. Mantenere un leggero grado di tensione al livello dei flessori comuni delle dita. Attendere senza muovere le dita e le mani, opponendosi al ritorno dell'occipite in flessione.

. Si può aumentare l'efficacia della compressione aiutandosi con le forze interne del corpo, vale a dire con la respirazione toraco-addominale che, modificando la pressione intra-ventricolare, va a potenziare la compressione. A questo scopo richiedere al paziente un ciclo di apnee inspiratorie ed espiratorie lungamente trattenute.

. Durante la ritirata ventricolare si percepisce:

- una sensazione di "va e vieni" interna

- inizialmente un'aumento progressivamente crescente della frequenza del movimento dell'occipite

- successivamente un netto rallentamento del ritmo cinetico dell'occipite ed infine un arresto totale del movimento che significa la fine della ritirata ventricolare.

. Quando la ritirata ventricolare è terminata si avverte:

- l'immobilità dell'occipite

- una sensazione di "rammollimento" (aumento della malleabilità)

- un leggero aumento localizzato del calore

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- a volte una leggera perspirazione frontale di origine neurogena

- infine la ripresa della cinetica dell'occipite, verso la flessione

. A questo stadio della manovra:

- non appena si verifica la ripresa della mobilità occipitale, rilasciare la tensione nei flessori delle dita e lasciare andare l'occipite

- non indurre alcun movimento di flessione-estensione della S.S.B.

Note:

- Non fare alzare immediatamente il paziente per evitare rischi di lipotimia. Il paziente dovrà alzarsi in due tempi: prima seduto con le gambe ciondolanti sul bordo del tavolo, poi lentamente in piedi.

Il terapeuta dovrà costantemente sorvegliare il paziente mentre si alza e coricarlo nuovamente al minimo segnale di vertigine.

2. Compressione del 4° ventricolo (tecnica attiva):

Si tratta esattamente della medesima tecnica, ma il terapeuta aggiunge al posizionamento dell'occipite in estensione, una compressione attiva costante e mantenuta sulla squama al livello degli angoli infero-laterali che induce in dentro ed indietro in direzione dell'inion, opponendosi all'apertura in rotazione esterna della squama.Questa compressione supplementare, indotta dalle eminenze tenar, aumenta l'efficacia della tecnica.

3. Mobilizzazione dei temporali

Rotolamento simmetrico dei temporali: (Fig.297)

Si tratta di una mobilizzazione simmetrica bilaterale e sincrona che corrisponde al rotolamento bilaterale di H.Magoun.

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, gomiti appoggiati sul tavolo

Posizione delle mani: le dita sono intrecciate sotto la squama occipitale, le eminenze tenar a contatto delle porzioni mastoidee dei temporali, i pollici paralleli e a contatto con il margine anteriore delle apofisi mastoidee fino alla punta delle apofisi mastoidee che toccano con il polpastrello.

Manovra:

Innanzitutto sincronizzarsi con il ritmo del M.R.P.. Durante la fase inspiratoria primaria cranica, i pollici inducono una pressione postero-mediana sulla sommità delle apofisi mastoidee, vale a dire in dentro e indietro, per maggiorare l'apertura dei temporali in rotazione esterna.

Durante la fase espiratoria primaria cranica che segue, le eminenze tenar inducono una

pressione postero-mediana sulle porzioni mastoidee dei temporali per maggiorare la chiusura in rotazione interna dei temporali.

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Questa induzione all'apertura ed alla chiusura si produce, secondo H.Magoun, unicamente tramite la contrazione dei muscoli flessori profondi delle dita.

Nota:

Questa tecnica accelera la fluttuazione longitudinale del L.C.R.

Praticata in accelerazione, essa è simpatomimetica o parasimpatolitica.

Praticata in rallentamento del ritmo respiratorio, essa è simpatolitica o parasimpatomimetica.

Quando la mobilizzazione dei temporali non è accettata dal neonato o dal bambino con antecedenti otalgici, questa tecnica può essere sostituita, ma con efficacia minima, dal rotolamento dei parietali o dal bilanciamento del sacro visto che quest'ultima tecnica è indicata quando l'approccio al cranio non è possibile a causa di un trauma cranico-cervicale recente.

Rotolamento asimmetrico dei temporali: (Fig.298)

Si tratta di una mobilizzazione alternata bilaterale e asincrona che corrisponde al rotolamento in "Pussy Foot" di H.Magoun.

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, gomiti appoggiati sul tavolo

Posizione delle mani: le mani sono una sopra l'altra, a coppa sotto la squama occipitale, i medi l'uno sopra l'altro, le eminenze tenar a contatto con le porzioni mastoidee dei temporali, i pollici paralleli ed a contatto con il margine anteriore delle apofisi mastoidee fino alla punta delle apofisi mastoidee che toccano con il polpastrello.

Manovra:

Sincronizzarsi inanzittutto al ritmo del M.R.P.. Il pollice da una parte induce il temporale in rotazione esterna tramite una pressione postero-mediana sulla sommità dell'apofisi mastoidea mentre dall'altra parte l'eminenza tenar induce l'altro temporale in rotazione interna esercitando una pressione postero-mediana sulla porzione mastoidea.

Sul punto neutro di rotolamento, la pressione è rilasciata ed il movimento è indotto nell'altro senso in ritmo. Sono i medi tesi uno sopra l'altro a servire d'asse a questo movimento di "ruota deformata" dei temporali.

Nella tecnica di rallentamento progressivo, ad ogni oscillazione, l'ampiezza del movimento va diminuendo fino a fermarsi totalmente dopo 5 o 6 cicli completi. Si potrà allora apprezzzare una sensazione di rilasciamento e di ramollimento tessutale.

Dopo alcuni secondi di immobilità al punto Still, il movimento dei temporali riprenderà di per sè stesso.

Nota: Questa tecnica favorisce la fluttuazione trasversale del L.C.R.. Praticata in accelerazione del ritmo respiratorio primario è parasimpatomimetica o simpatolitica. Praticata in rallentamento, è parasimpatolitica o simpatomimetica.

4. Tecnica "Father Tom" di W.G.SUTHERLAND

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Si tratta di una tecnica di rianimazione che può essere praticata in casi critici di anestesia, annegamento, idrocuzione, in casi di ammalati comatosi, neonati con difficoltà respiratorie sotto anestesia, lipotomie e vagotonie estreme.

Durante questo tipo di incidenti, la rigidità reattiva delle membrane di tensione reciproca posiziona la S.S.B. in estensione forzata e le ossa periferiche in rotazione interna, realizzando così una fase espiratoria primaria forzata.

Lo scopo della manovra è dunque di "obbligare" il meccanismo respiratorio primario a rimettersi in fase inspiratoria per cercare di rilanciare il "C.R.I." e il ritorno alla fisiologia corporea, notoriamente cardio-respiratoria.

Poichè la manovra porta i temporali in rotazione esterna e l'occipite in flessione, i poli di inserzione laterali e posteriori delle M.T.R. si riposizionano di conseguenza in inspirazione ed stimolano quindi la fluttuazione longitudinale e la ripresa dell'onda cerebro-spinale

Tecnica:

Si tratta di una mobilizzazione alternata bilaterale e asincrona che corrisponde al rotolamento in "Pussy Foot" di H.Magoun.

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, gomiti appoggiati sul tavolo

Posizione delle mani: le mani sono una sopra l'altra, a coppa sotto la squama occipitali, i medi l'uno sopra l'altro, le eminenze tenar a contatto con le porzioni mastoidee dei temporali, i pollici paralleli ed a contatto con il margine anteriore delle apofisi mastoidee fino alla punta delle apofisi mastoidee che toccano con il polpastrello.

Manovra:

Sincronizzarsi inanzittutto al ritmo del M.R.P.. Il pollice da una parte induce il temporale in rotazione esterna tramite una pressione postero-mediana sulla sommità dell'apofisi mastoidea mentre dall'altra parte l'eminenza tenar induce l'altro temporale in rotazione interna esercitando una pressione postero-mediana sulla porzione mastoidea.

Sul punto neutro di rotolamento, la pressione è rilasciata ed il movimento è indotto nell'altro senso in ritmo. Sono i medi tesi uno sopra l'altro a servire d'asse a questo movimento di "ruota deformata" dei temporali.

Nella tecnica di rallentamento progressivo, ad ogni, oscillazione, l'ampiezza del movimento va diminuendo fino a fermarsi totalmente dopo 5 o 6 cicli completi. Si potrà allora apprezzzare una sensazione di rilasciamento e di ramollimento tessutale.

Dopo alcuni secondi di immobilità al punto Still, il movimento dei temporali riprenderà di per sè stesso.

Nota:

Questa tecnica favorisce la fluttuazione trasversale del L.C.R.. Praticata in accelerazione del ritmo respiratorio primario è parasimpatomimetica o simpatolitica. Praticata in rallentamento, è parasimpatolitica o simpatomimetica.

CAPITOLO XXXI202

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DISFUNZIONI CINETICHE DELLA SINCONDROSI SFENO-BASILARE

La sinfisi sfeno-basilare è di gran lunga l'articolazione più importante del corpo umano. E', in effetti, grazie all'integrità della sua cinetica che può essere trasmessa la totalità del "cranial rythmic impulse" alle parti ossee del cranio e del sacro e quindi l'intero funzionamento del Meccanismo Respiratorio Primario. Si tratta dell'articolazione che deve essere verificata per prima per apprezzare lo stato del M.R.P. nonchè la capacità di reazione dell'organismo alle manovre correttive che si svolgeranno durante il trattamento. Qualsiasi disfunzione non fisiologica della S.S.B. dovrà essere curata prioritariamente.

Introduzione

I. Richiamo artrologico della S.S.B.:

1. Superficie articolare dell'occipitale:

Una superficie articolare quadrilatera, situata sulla faccia anteriore dell'apofisi basilare, riunita da una cartilagine alla superficie del corpo dello sfenoide in una sincondrosi flessibile per tutta la vita.

2. Superficie articolare dello sfenoide:

Sulla faccia posteriore del corpo, una superficie quadrilatera articolata con la faccia anteriore dell'apofisi basilare tramite cartilagine.

II. Richiamo fisiologico della S.S.B.: (Fig.299-300)

1. Assi fisiologici di flessione-estensione:

Per lo sfenoide:

Si tratta di un asse trasverso che passa per il corpo, anteriormente alla sella turcica ed al livello del piano orizzontale che passa per il margine superiore della lamina quadrilatera.

Esso consente un movimento di bascula antero-posteriore dell'osso in un piano sagittale che caratterizza il movimento di flessione-estensione delle placche ossee della linea centrale.

Per l'occipitale:

Si tratta di un asse trasverso orizzontale che passa perpendicolarmente alle apofisi giugulari e collocato in un piano che passa dalla parte superiore del corpo dell'occipitale. Esso consente un movimento di bascula antero-posteriore dell'osso in un piano sagittale.

2. Ill movimento fisiologico respiratorio primario:

La flessione respiratoria primaria:

La flessione della S.S.B. è definita dalla posizione alta del corpo dello sfenoide e di quello dell'occipitale. La posizione neutra della S.S.B. è una posizione in leggera flessione.

Al livello dello sfenoide:

Le grandi ali partono verso il basso, in avanti ed in fuori. Il corpo risale. Le apofisi pterigoidee si abbassano e si divaricano.

Al livello dell'occipitale:

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L'occipitale bascula antero-posteriormente attorno al suo asse. La squama occipitale scende e bascula indietro. Gli angoli infero-laterali scendono. L'apofisi basilare risale, guidata nei binari dell'articolazione petro-basilare.

Il forame occipitale, tende pure lui a risalire.

L'estensione respiratoria primaria:

L'estensione della S.S.B. è definita dalla posizione bassa del corpo dello sfenoide e del corpo dell'occipitale. L'estensione rappresenta il ritorno alla posizione neutra di partenza.

Al livello dello sfenoide:

Le grandi ali risalgono in alto, indietro ed in dentro. Il corpo scende. Le apofisi pterigoidee risalgono e si restringono.

Al livello dell'occipitale:

La squama occipitale risale e bascula in avanti. Gli angoli infero-laterali risalgono. L'apofisi basilare riscende, guidata nei binari dell'articolazione petro-basilare. Il forame occipitale ha pure lui tendenza a scendere.

Movimenti sincroni delle ossa periferiche alla S.S.B.:

PER QUANTO RIGUARDA IL MECCANISMO DI RESPIRAZIONE PRIMARIA:

FLESSIONE = INSPIRAZIONE = R.E.

ESTENSIONE = ESPIRAZIONE = R.I.

Relativamente alle ossa dispari della linea mediana: (Fig.301). Esse effettuano una flessione sincrona in fase inspiratoria primaria ed una estensione sincrona in fase espiratoria primaria.

Relativamente alle ossa pari della periferia, vale a dire la faccia e la volta, che siamo abituati a definire come quadranti anteriori e quadranti posteriori, esse compiono una rotazione esterna sincrona durante la fase inspiratoria primaria ed una rotazione interna sincrona durante la fase espiratoria primaria (Fig.302).

3. Caratteristiche cliniche dei quadranti cranici:

R.E R.I

Quadranti anteriori

Angolo laterale del frontale: anteriorizzato posteriorizzato

Margine orbito-malare : anteriorizzato posteriorizzato

Gota: ritratta prominente

Orbita: allargata ristretta

Globo oculare: prominente affossato

Branca mascellare ascendente : frontalizzata sagittalizzata

Ap. palatina del mascellare: bassa risalita

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Quadranti posteriori

Squama temporale: antero-esterna postero-mediana

Ap. zigomatica temporale: antero-esterna postero-mediana

Porzione mastoide : antero-esterna postero-mediana

Punta dell'apofisi mastoi postero-mediana antero-esterna

Orecchio: scollato incollato

III. Tecniche di approccio alla S.S.B.:

1. Test di approccio tramite la volta secondo W.G.SUTHERLAND (Fig.303)

Posizione del paziente:

- in decubito,

- confortevolmente sistemato e disteso,

- in un luogo calmo al riparo da luci troppo violente,

- con un piccolo cuscino sotto la testa. (La colonna cervicale deve trovarsi in posizione neutra in funzione della morfologia del paziente, senza alcun grado di flessione o estensione)

Posizione del terapeuta:

- alla testa del paziente,

- sopra un tavolo ad altezza adeguata,

- i gomiti appoggiati sul tavolo,

- seduto sugli ischi

- Le ginocchia flesse a 90°,

- i due talloni appoggiati al suolo,

- dita, mani, avambracci, braccia e spalle rilassate.

Posizione delle mani:

- il polpastrello degli indici sulle grandi ali dello sfenoide,

- i medi davanti alle orecchie,

- gli anulari dietro alle orecchie,

- i mignoli sulla squama occipitale, sugli angoli infero-laterali al livello degli Asterions,

- i pollici uno sopra l'altro o uno contro l'altro, sopra la volta ma senza toccarla.

Nota: medi e anulari non sono a diretto contatto della struttura ossea cranica e non partecipano quindi al test di movimento.

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Page 206: Trattato paratico di Osteopatia Cranica.doc

Palpazione del movimento:

- In flessione: i polpastrelli degli indici e dei mignoli scendono e si divaricano. Normalmente, i 4 punti si muovono simmetricamente.

- In estensione: le dita risalgono e si restringono. I quattro punti di ascolto devono muoversi simmetricamente.

2. Test di approccio fronto-occipitale secondo W.G.SUTHERLAND (Fig.304)

Posizione del paziente:

- in decubito,

- confortevolmente sistemato e disteso,

- in un luogo calmo al riparo da luci troppo violente,

- con un piccolo cuscino sotto la testa. (conservando i criteri precedentemente adottati per quanto riguarda la posizione neutra delle vertebre cervicali )

Posizione del terapeuta:

- alla testa del paziente,

- leggermente alla sua destra o alla sua sinistra

- sopra un tavolo ad altezza adeguata,

- i gomiti appoggiati sul tavolo,

- seduto sugli ischi

- Le ginocchia flesse a 90°,

- i due talloni appoggiati al suolo,

- dita, mani, avambracci, braccia e spalle rilassate.

Posizione delle mani:

. Approccio fronto-occipitale longitudinale:

La mano inferiore (o occipitale)

- il palmo a coppa, aderente alla squama occipitale,

- in dentro rispetto agli Asterions, per poter controllare la squama,

- le dita, leggermente divaricate, dirette caudalmente,

- il più vicino possibile alle parti condiloidee.

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Page 207: Trattato paratico di Osteopatia Cranica.doc

La mano superiore ( o frontale ):

- il palmo aderente al frontale,

- le dita dirette caudalmente e leggermente divaricate,

- il medio sulla sutura metopica,

- le altre dita ripartite sui due lati.

Approccio fronto-occipitale trasversale:

La mano inferiore ( o occipitale ):

- il palmo a coppa, aderente alla squama occipitale,

- in dentro rispetto agli Asterions, per poter controllare la squama,

- le dita, leggermente divaricate, dirette caudalmente,

- il più vicino possibile alle parti condiloidee.

La mano superiore ( o frontale)

- il palmo aderente al frontale, trasversalmente, il braccio ripiegato, il gomito appoggiato sul tavolo,

- L'anulare al livello della glabella, il mignolo ed il medio ravvicinati.

3. Test ed approccio sfeno-occipitale secondo H.MAGOUN (Fig.305)

Posizione del paziente:

-in decubito,

- confortevolmente sistemato e disteso,

- in un luogo calmo al riparo da luci troppo violente,

- con un piccolo cuscino sotto la testa.

Posizione del terapeuta:

- alla testa del paziente, di 3/4 laterale,

- sopra un tavolo ad altezza adeguata,

- seduto sugli ischi

- le ginocchia flesse a 90°,

- i due talloni appoggiati al suolo,

- dita, mani, avambracci, braccia e spalle rilassate.

Posizione delle mani:

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Page 208: Trattato paratico di Osteopatia Cranica.doc

La mano inferiore (o occipitale): afferra a coppa la squama occipitale per traverso, senza stringerla.

La mano superiore (o sfenoidale):

- la pinza pollice-indice è posizionata a ponte sopra il frontale, senza toccarlo,

- tocca leggermente le grandi ali dello sfenoide con i polpastrelli delle falangi distali,

- senza stringere il cranio.

Disfunzioni fisiologiche della S.S.B.

I. Disfunzioni cinetiche in flessione ed estensione:

Le disfunzioni fisiologiche della cinetica della S.S.B. in flessione o in estensione si formano in un piano specificatamente sagittale, attorno agli assi trasversi propri dello sfenoide e dell'occipite. Si nota in generale un'ampiezza eccessiva di movimento in un senso, più spesso in quello dell'estensione, in seguito ad una restrizione cinetica della flessione.

1. Test cinetico della S.S.B.:

Tecnica: indurre il movimento di flessione. Percepire la posizione del punto neutro di equilibrio. Attendere il movimento di ritorno in estensione che deve essere testato senza essere indotto.

Risultati:

- Normalmente: l'ampiezza della flessione è pari all'ampiezza dell'estenzione.

- Si verifica una disfunzione cinetica: se l'ampiezza in estensione è superiore all'ampiezza in flessione, trattasi di una disfunzione cinetica in estensione causata da una restrizione della flessione. Se l'ampiezza in flessione è superiore all'ampiezza in estensione, trattasi allora di una disfunzione cinetica in flessione causata da una restrizione dell'estensione.

2. Caratteristiche cliniche dei quadranti nelle disfunzioni in flessione-estensione (Fig.306 bis)

In flessone In estensione

Quadranti anteriori

Angolo laterale del frontale: anteriorizzato posteriorizzato

Margine orbito-malare : anteriorizzato posteriorizzato

Gota: ritratta prominente

Orbita: allargata ristretta

Globo oculare: prominente affossato

Branca mascellare ascendente : frontalizzata sagittalizzata

Ap. palatina del mascellare: bassa risalita

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Page 209: Trattato paratico di Osteopatia Cranica.doc

Quadranti posteriori

Squama temporale: antero-esterna postero-mediana

Ap. zigomatica temporale: antero-esterna postero-mediana

Porzione mastoide : antero-esterna postero-mediana

Punta dell'apofisi mastoi postero-mediana antero-esterna

Orecchio: scollato incollato

3. Correzione tramite l'accentuazione della disfunzione:

Esempio per una disfunzione in Estenzione (Approccio tramite la volta):

- In primo luogo praticare una palpazione del M.R.P. e sincronizzarsi al suo ritmo.

- Indurre in seguito il movimento di estensione all'inizio della fase espiratoria primaria.

- Seguire questo movimento fino al punto dove può arrivare.

- Poi tornare molto leggermente indietro, per trovare il punto di equilibrio, al fine di consentire l'autocorrezione tramite le M.T.R..

- Chiedere al paziente un' apnea espiratoria trattenuta il più a lungo possibile mantenendo il meccanismo nonostante la sua volontà di ritorno.

- E' possibile accentuare ulteriormente le forze di autocorrezione chiedendo al paziente una dorsi-estensione bilaterale dei piedi.

- Dopo alcuni istanti, generalmente nel momento in cui il paziente lascia l'apnea espiratoria, si percepisce il rilasciamento delle tensioni membranose.

- Rilasciare allora il meccanismo membranoso e lasciarlo andare liberamente.

- Attendere alcuni secondi poi ritestare per apprezzare l'efficacia della correzione.

Note:

- Se la correzione non si è verificata, prima di ricominciare, andare a apprezzare il sacro che può fungere da inibitore del movimento.

- Le tecniche correttive tramite accentuazione della disfunzione si impiegano in generale nei casi cronici.

- Nel bambino di meno di 2 anni, non si impiega la tecnica di accentuazione della disfunzione, si impiegano invece tecniche correttive dirette.

4. Correzione diretta della disfunzione cinetica:

Esempio per una disfunzione in estenzione (approccio tramite la volta):

- In primo luogo praticare una palpazione del M.R.P. e sincronizzarsi al suo ritmo.

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- Indurre in seguito il movimento di flessione all'inizio della fase inspiratoria primaria.

- Seguire questo movimento fino al punto in cui puÚ arrivare.

- Ritornare in seguito molto leggermente indietro, al fine di consentire l'autocorrezione tramite le M.T.R..

- Chiedere al paziente un'apnea inspiratoria trattenuta il più a lungo possibile mantenendo il meccanismo nonostante la sua volontà di ritorno. Guadagnare progressivamente in flessione ma non lasciare mai ritornare in estensione, avendo cura di non bloccare mai il Meccanismo Respiratorio Primario.

- E' possibile accentuare le forze di autocorrezione chiedendo al paziente una dorsi-flessione bilaterale dei piedi.

- Dopo alcuni istanti, generalmente nel momento in cui il paziente lascia l'apnea inspiratoria, si percepisce il rilasciamento delle tensioni membranose ed un guadagno sensibile in flessione.

- Rilasciare allora il meccanismo membranoso e lasciarlo andare liberamente.

- Attendere alcuni secondi poi ritestare per apprezzare l'efficacia della correzione.

II. Disfunzioni cinetiche in torsione (Fig.307)

La cinetica ideale in flessione-estensione praticamente non esiste. Vi si associano infatti dei movimenti di adattamento alle costrizioni meccaniche intra ed extra-craniche che vanno ad inficiare il movimento iniziale generando delle dominanti di rotazione più accentuate da una parte che dall'altra.

Le torsioni disturbano il meccanismo fisiologico di flessione-estensione, tramite il cambiamento di asse introdotto dalla disfunzione cinetica che influenza l'asse trasverso fisiologico, ma non impedisce il movimento fisiologico che continua a prodursi, anche distorto.

1. Asse e movimenti:

L'asse: si tratta di un asse obliquo, antero-posteriore nasion-opistion che passa per il corpo dello sfenoide. Questo asse consente dei movimenti di rotazione dello sfenoide e dell'occipitale in un piano frontale.

Meccanismo della torsione destra:

- Al livello dello sfenoide:

Il corpo sale a destra.

La grande ala è alta a destra

L'apofisi pterigoidea si divarica a destra.

- Al livello dell'occipitale:

La squama occipitale scende a destra.

La parte destra dell'apofisi basilare si inclina verso destra.

- Al livello delle ossa periferiche:

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Tutte le ossa che dipendono dallo sfenoide si mettono in rotazione esterna a destra dalla parte della grande ala alta, mentre le ossa che dipendono dall'occipitale si mettono in rotazione esterna a destra, dalla parte della squama bassa.

L'equilibrio cinetico tra i quadranti anteriori e quelli posteriori viene rispettato, a destra come a sinisra.

L'equilibrio occlusale è quindi perfettamente rispettato nelle torsioni e questo è un fattore di grande importanza poichè, non esistendo cranio che non abbia la sua torsione compensatrice seppur minima, la più piccola torsione fisiologica che soppravenisse, a causa dell'asimmetria di funzionamento cinetico che andrebbe a creare tra gli anteriori ed i posteriori, rimetterebbe permanentemente in discussione l'equilibrio occlusale.

Meccanismo della torsione sinistra:

- Al livello dello sfenoide:

Il corpo sale a sinistra.

La grande ala è alta a sinistra

L'apofisi pterigoidea si divarica a sinistra.

- Al livello dell'occipitale:

La squama occipitale scende a sinistra.

La parte sinistra dell'apofisi basilare si inclina verso sinistra.

- Al livello delle ossa periferiche:

Tutte le ossa che dipendono dallo sfenoide si mettono in rotazione esterna a sinistra dalla parte della grande ala alta mentre le ossa che dipendono dall'occipitale si mettono in rotazione esterna a sinistra, dalla parte della squama bassa.

2. Precisazioni fisiologiche e fisiopatologiche:

La torsione è convenzionalmente considerata dal lato della grande ala alta. Si verifica spesso confusione tra la grande ala e il corpo dello sfenoide.

Infatti, il corpo dello sfenoide bascula sull'asse antero-posteriore nasion-opistion mentre la grande ala non fa che seguirne il processo. Ma il meccanismo di flessione-estensione sull'asse trasverso continua a verificarsi nonostante tutto.

In una torsione destra, secondo la fase del ciclo respiratorio primario, la posizione alta dell'emi-corpo destro dello sfenoide è una posizione in flessione accentuata oppure relativa del corpo sfenoidale, nonostante la posizione alta della grande ala si trovi tale solo sull'asse antero-posteriore. Questa posizione alta non sta pertanto ad indicare una posizione in estensione del corpo sfenoidale e non potrebbe essere considerata tale. La posizione della grande ala o dell'apofisi pterigoidea è il solo elemento che consente di visualizzare la posizione del corpo sfenoidale al momento dei test palpatori. Per la torsione sinistra, la spiegazione è identica ma invertita.

Nella torsione destra si verifica una rotazione esterna apparente dei quadranti destri ed una rotazione interna apparente dei quadranti sinistri, mentre nella torsione sinistra si verifica una rotazione esterna apparente dei quadranti sinistri ed una rotazione interna apparente dei quadranti destri.

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Relativamente alle osservazioni di MAGOUN, SCHOOLEY et FRYMANN, alcuni autori forniscono interpretazioni differenti delle aperture e chiusure per i quadranti cranici.

Se sul piano fisiopatologico il loro ragionamento è ammissibile, sul piano fisiologico pare esservi confusione. Infatti, su un piano strettamente anatomico e fisiologico, prendendo come esempio la torsione destra, la grande ala dello sfenoide è alta a destra. Si tratta della conseguenza del movimento di bascula del corpo sull'asse antero-posteriore nasion-opistion, e la grande ala non fa che seguirne il processo su questo asse. Ma il meccanismo di flessione-estensione fisiologico continua a prodursi nonostante tutto sull'asse trasverso.

Quando l'emi-corpo è alto a destra sull'asse antero-posteriore, esso va ad aumentare la posizione di flessione dello sfenoide sul suo asse trasverso ipsilateralmente mentre la posizione bassa a sinistra va a diminuire questa posizione di flessione a sinistra. Al contrario, l'emi-corpo alto sopra l'asse antero-posteriore diminuirà la posizione d'estensione dello sfenoide sopra al suo asse trasverso a destra e l'andrà ad aumentare a sinistra.

D'alta parte sappiamo che il corpo dello sfenoide è il motore dell'etmoide, osso cartilagineo della base e, tramite questo intermediario, di tutte le ossa della faccia che sono membranose ed addattative.

Nel nostro esempio di torsione destra, la parte destra dell'etmoide scende e la massa laterale destra si apre in rotazione esterna provocando l'apertura della parte alta della fossa nasale destra, a seguito dell'induzione della parte semi-cellulare destra del corpo dello sfenoide. Dall'altra parte, al contrario, l'emi-corpo sfenoidale induce una chiusura della metà sinistra dell'etmoide e della fossa nasale sinistra.

Ne consegue una rotazione esterna apparente della faccia a destra ed una rotazione interna apparente della faccia a sinistra. Infatti, il mascellare superiore, indotto dal margine anteriore della faccia laterale dell'etmoide e dal malare destro, quest'ultimo indotto dal temporale destro che si trova in rotazione esterna a causa della squama occipitale destra abbassata, non può che scendere e vedre la sua branca ascendente frontalizzarsi aprendosi in rotazione esterna.

Il quadrante anteriore destro si posiziona in rotazione esterna interna e correlativamente il quadrante anteriore sinistro in rotazione interna senza che le grandi ali siano responsabili dell'induzione poichè il corpo sfenoidale ed il suo intermediario, l'etmoide, sono gli unici motori.

Nel corso della flessione della S.S.B., si verifica un ampliamento della rotazione esterna sul quadrante anteriore destro ed una diminuzione di quest'ultima sul quadrante anteriore sinistro.

Nel corso dell'estensione della S.S.B., si verifica invece un ampliamento della rotazione interna sul quadrante anteriore sinistro ed una diminuzione della rotazione esterna sul quadrante anteriore destro.

Complessivamente, avremo dunque un'apparenza di rotazione esterna del quadrante anteriore a destra ed un'apparenza di rotazione interna del quadrante anteriore a sinistra nel corso del ciclo respiratorio primario completo della S.S.B.

Per quanto riguarda i quadranti posteriori, l'anatomia e la fisiologia chiariscono perfettamente il meccanismo d'apertura e di chiusura di questi quadranti.

La squama occipitale, basculando sull'asse antero-posteriore, scende a destra. Questa discesa della squama a destra provoca una inclinazione del basion a destra ma anche un leggero ampliamento a destra della flessione della S.S.B., in conseguenza della forma dell'occipitale.

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Il lato destro del basion affonda più a destra nell'angolo inter-sfenoidale. Il perno petro-giugulare destro subisce una leggera inclinazione verso l'esterno ed il binario petro-basilare si apre un pò di più.

Il tentorio del cervelletto è più basso e maggiormente appiattito e rilascia la sua tensione a destra.

La posizione avanzata del basion a destra, associata alla distensione del tentorio del cervelletto a destra, alla leggera inclinazione del perno petro-giugulare ed all'apertura del binario petro-basilare, non possono che provocare un movimento di bascula ed un' apertura del temporale destro in rotazione esterna.

Fisiologicamente parlando, i quadranti anteriore destro e posteriore destro non possono quindi che trovarsi in rotazione esterna. Queste precisazioni erano necessarie per poter sviluppare il nostro discorso.

Infatti, se il ragionamento di cui sopra ci sembra perfettamente logico ed in perfetto accordo con quanto asseriscono gli Autori classici ed in particolare Magoun, esso ciononostante suppone che l'adattamento della S.S.B. in torsione avvenga su delle suture totalmente libere nella loro cinetica, fatto che non corrisponde sempre alla realtà.

E' perfettamente possibile trovare un quadrante posteriore destro in rotazione interna durante una torsione destra della S.S.B., conseguente ad una restrizione della mobilità di una sutura occipito-matoidea o di un perno petro-giugulare.

Così come può accadere di incontrare un quadrante anteriore destro in rotazione interna in una torsione destra in conseguenza ad una riduzione, per esempio, della piccola o della grande ala, che impedisce l'adattamento del quadrante alla posizione del corpo dello sfenoide.Ma in questo caso si è lasciato il campo della fisiologia pura per entrare in quello della fisiopatologia. Questa fisiologia pura, che ci consente di definire la normalità a cui riferirsi in rapporto all'anomalia, permette di evidenziare una causa anomala quando i quadranti non funzionano secondo la normale fisiologia.

3. Test cinetico:

Approccio tramite la volta: (Fig.308)

Posizione delle mani:

Il polpastrello degli indici al livello delle grandi ali

I medi davanti alle orecchie

Gli anulari dietro alle orecchie, lungo le apofisi mastoidee

I mignoli sugli angoli infero-laterali dell'occipitale al livello degli Asterion.

Test:

Sincronizzarsi al ritmo dell'M.R.P.

Visualizzare con cura l'asse nasion-opistion

Indurre innanzitutto il movimento in torsione che sembra il più ampio nel corso della fase inspiratoria primaria.

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Per ottenere questo, indurre in primis simultaneamente il movimento sulla grande ala con l'indice e sull'angolo infero-laterale dell'occipitale opposto con il mignolo opposto nel senso verticale e non cefalico.

I movimenti sono percepiti soprattutto al livello dell'occipite.

Indurre in seguito l'altro senso di torsione nel corso della fase inspiratoria primaria.

Comparare le ampiezze dei due movimenti. La maggiore ampiezza in torsione segnala la lesione ed il lato dell'ala alta denomina il lato di questa torsione.

Approccio sfeno-occipitale: (Fig.309)

Posizione delle mani:

Mano sfenoidale in presa pollice-indice sulle ali dello sfenoide. Mano occipitale a coppa, posizionata trasversalmente al contatto dell'occipite.

Test: durante la fase inspiratoria primaria.

La mano sfenoidale induce la grande ala verso l'alto. La mano occipitale induce la squama contro-laterale verso l'alto.

4. Caratteristiche cliniche dei quadranti nelle disfunzioni in torsione destra: (Fig.310)

5. Correzione delle disfunzioni in torsione:

Al di fuori da qualsiasi restrizione suturale, si tratta di una correzione essenzialmente membranosa.

Quadrante anteriore

DESTRO IN SINISTRO IN

R.E R.I

Angolo laterale del frontale: anteriorizzato posteriorizzato

Margine orbito-malare : anteriorizzato posteriorizzato

Gota: ritratta prominente

Orbita: allargata ristretta

Globo oculare: prominente affossato

Branca mascellare ascendente : frontalizzata sagittalizzata

Ap. palatina del mascellare: bassa risalita

Quadrante posteriore

Squama temporale: postero-mediana antero esterna

Ap. zigomatica temporale: postero-mediana antero esterna

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Porzione mastoide : postero-mediana antero esterna

Punta dell'apofisi mastoidea antero-esterna postero-mediana

Orecchio: incollato scollato

Al momento della fase inspiratoria primaria, indurre un movimento di flessione della S.S.B. portando nel contempo lo sfenoide e l'occipitale in torsione e mantenerlo chiedendo al paziente un'apnea inspiratoria trattenuta il più a lungo possibile. Si tratta di una manovra da praticare in più cicli respiratori toracici e senza mai bloccare il meccanismo primario.

III. Disfunzioni cinetiche in "side bending-rotation" (Fig.310)

La disfunzione in side bending rotation (o latero-flessione rotazione) è una disfunzione di accomodamento e di adattamento ad una restrizione della cinetica di una regione del cranio.

1. Assi e movimenti:

I movimenti:

La side bending rotation (o S.B.R.) è la risultante di due movimenti:

un movimento di bascula dallo stesso lato dello sfenoide e dell'occipitale, che chiameremo latero-versione per evitare rischi di confusione. Un movimento di rotazione assiale in senso inverso dello sfenoide e dell'occipitale.

Gli assi

L'asse obliquo antero-posteriore nasion-opistion, lo stesso che per la torsione, è l'asse di bascula nello stesso senso delle due ossa e consente loro dei movimenti di latero-versione in un piano frontale.

Gli assi di rotazione sono assi verticali propri di ciascun osso che consentono dei movimenti di rotazione e contro-rotazione in un piano orizzontale relativo.

Per lo sfenoide, si tratta di un asse verticale che passa per il corpo. Per l'occipitale, si tratta di un asse verticale che passa per il forame occipitale.

Definizione e denominazione della disfunzione:

Alla latero-versione consegue una discesa delle due ossa ipsi-lateralmente e alle rotazioni assiali inverse delle due ossa consegue una convessità (bombarsi cranico) ipsi-laterale alla latero-versione, mentre esse portano una falsa concavità o meglio un appiattimento dalla parte opposta.

Si denomina convenzionalmente la disfunzione in S.B.R., dal lato della latero-versione, quindi dal lato basso delle due ossa come dal lato della convessità e quindi dal lato del bombarsi cranico.

2. Meccanismo del side bending-rotation destro:

Movimento di latero-versione sull'asse nasion-opistion:

Per lo sfenoide:

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Il corpo dello sfenoide scende a destra.

La grande ala scende a destra.

Per l'occipitale:

La squama scende a destra.

La parte destra dell'apofisi basilare scende a destra.

Movimenti di rotazioni assiali sui rispettivi assi verticali:

Lo sfenoide effettua una rotazione da destra verso sinistra, ciò significa che effettua una rotazione in senso anti-orario tale che la grande ala si porta anteriormente rispetto alla sinistra.

L'occipitale, per quanto lo riguarda, effettua una contro-rotazione da destra verso sinistra, cioè una rotazione in senso orario tale che l'angolo infero-laterale della squama si porta posteriormente in rapporto a quello sinistro.

Tali movimenti hanno rispettivamente per conseguenza:

Al livello della sinfisi sfeno-basilare, un'apertura a destra ed una riduzione a sinistra.

Al livello della periferia cranica, a destra una zona bombata ed abbassata, a sinistra una zona appiattita e più alta.

La latero-versione e le rotazioni assiali invertite dei componenti della base, provocano un movimento di adattamento del cranio che si caratterizza clinicamente con una convessità.

Si può dire che il cranio si latero-flette controlateralmente alla latero-versione sul piano frontale, ma si latero-flette pure in un piano orizzontale a causa delle rotazioni assiali dello sfenoide e dell'occipite.

Posizionamento dei quadranti:

Le disfunzioni in side bending-rotation sono meccanismi di adattamento cinetico e, come le torsioni, alterano certamente la cinetica in flessione-estensione della S.S.B., ma non le impediscono di verificarsi.

E' quindi importante ragionare in rapporto al movimento persistente sull'asse trasverso nella S.S.B. ed ancora una volta evitare di confondere la posizione del corpo dello sfenoide su asse antero-posteriore. Precisiamo di nuovo che stiamo descrivendo un processo di adattamento fisiologico, in assenza di lesioni suturali post-traumatiche o della cerniera occipito-atlantoidea che potrebbe venire ad interferire nel meccanismo.

Sappiamo che lo sfenoide è il motore dei quadranti anteriori.

L'emi-corpo sfenoidale destro essendo più basso del sinistro, si trova in posizione di relativa estensione a destra e di conseguenza in posizione di flessione a sinistra. Lo sfenoide funziona

quindi in posizione di estensione a destra e di flessione a sinistra. Ne consegue che il quadrante anteriore destro funzionerà meglio in rotazione interna mentre il quadrante anteriore sinistro in rotazione esterna .

Sappiamo anche che l'occipitale è il motore dei quadranti posteriori.

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Poiché la squama destra è più bassa della sinistra, essa si trova quindi in relativa posizione di flessione e di conseguenza in posizione di estensione a sinistra. L'occipitale funziona quindi in posizione di flessione a destra ed in posizione di estensione a sinistra. Ne consegue che il quadrante posteriore destro funziona maggiormente in rotazione esterna ed il quadrante posteriore sinistro in rotazione interna.

Accomodamento al movimento delle parti ossee del lato destro:

Al livello dello sfenoide:

La parte destra del corpo è più bassa e si porta anteriormente in modo che la spina etmoidale giri verso la concavità sinistra. La grande ala è più bassa ed in conseguenza della sua falsa posizione in flessione sull'asse antero-posteriore, essa resiste relativamente, per la sua flessibilità, all'anteriorizzarsi dell'emi-corpo destro, esso stesso in estensione.

La piccola ala gira verso la concavità sinistra. La fessura sfenoidale non può che chiudersi, in conseguenza alla rotazione verso la concavità della piccola ala ed alla resistenza relativa della grande ala a questa spinta.

La fessura sfeno-mascellare si restringe per la resistenza in pseudo-flessione della grande ala e del mascellare che funziona in rotazione interna.

L'apofisi pterigoidea destra diventa piuttosto infero-mediana e leggermente anteriorizzata.

Al livello del frontale:

Esso funziona in rotazione interna, nonostante la sua posizione anteriorizzata. Da questi due fattori dipende un aumento del diametro antero-posteriore del cranio dalla parte della convessità destra.

Il solco etmoidale gira verso la concavità spinto dal corpo dello sfenoide.

L'angolo laterale del frontale si porta posteriormente.

L'angolo fronto-malare diminuisce, di conseguenza alla rotazione interna del malare sotto l'impulso del mascellare.

La sutura metopica sporge anteriormente.

Al livello dell'etmoide:

Sotto l'impulso della spina etmoidale, la lamina perpendicolare gira verso la concavità. L'associazione con il frontale destro che si posiziona in rotazione interna porta la lamina cribrosa ad essere compressa a destra e la fossa nasale a chiudersi a destra.

Al livello del malare:

Esso funziona in rotazione interna sotto l'impulso del mascellare e del frontale, essi pure in rotazione interna. Il suo margine orbitale è invertito, e la gota sporge maggiormente. L'orbita si restringe ed il globo oculare si affossa.

Al livello del mascellare:

Esso funziona in rotazione interna sotto l'impulso dell'emi-etmoide e del frontale. L'apofisi ascendente diventa più sagittale. L'apofisi palatina è meno orizzontale e più obliqua. La lamina alveolare si verticalizza e scende in avanti. A questi due ultimi fattori consegue un incavarsi del palato a destra. Infine, la linea medio-incisiva si gira verso la concavità sinistra.

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Al livello del palatino:

La lamina orizzontale si scava, come l'apofisi piramidale. La lamina verticale diventa infero-mediana come l'apofisi pterigoidea dello sfenoide, anch'essa partecipando allo scavarsi del palato destro.

Al livello del vomere:

Sotto l'impulso del corpo dello sfenoide, la lamina del vomere si gira verso la concavità, come la lamina perpendicolare dell'etmoide ed il solco etmoidale del frontale.

Al livello dell'occipitale:

L'apofisi basilare è bassa dalla parte destra e gira verso la convessità. La sutura lambdoidale destra diventa convessa. La sutura occipito-mastoidea diventa postero-inferiore e sporgente.

Al livello del temporale:

L'apofisi mastoidea si muove indietro e in dentro. La squama temporale si muove in fuori ed in basso. L'orecchio è scollato. La sutura petro-basilare è aperta in conseguenza della latero-flessione rotazione dell'occipitale e favorisce la rotazione esterna del temporale. Il perno petro-giugulare è maggiormente inclinato in fuori ed accentua la rotazione esterna del temporale oltre la sua normalità fisiologica. La cavità glenoide diventa postero-mediana e la sinfisi minerva gessata (sottogola?) della mandibola si gira quindi verso la convessità.

Al livello del parietale:

L'angolo potero-inferiore destro, al livello dell'asterion, è maggiormente prominente come pure la sutura parieto-squamosa. La sutura inter-parietale, in particolare nella sua parte posteriore, si muove verso la convessità.

Al livello della mandibola:

Essa appartiene al quadrante posteriore poiché indotta dal temporale. Essendo quest'ultimo in rotazione esterna, la branca destra della mandibola si porta in basso e posteriormente, in modo che la sinfisi mentoniera giri verso la destra, effettuando una latero-versione destra che le farà oltrepassare la linea mediana a sinistra. Si produce così un paradosso posturale e cinetico tra il mascellare destro, che funziona in rotazione interna, e l'emi-mandibola destra che va a funzionare in rotazione esterna. Tale posizione può generare dei disturbi occlusivi quando il menisco dell'articolazione temporo-mandibolare non compensa sufficientemente il paradosso cinetico.

Al livello delle membrane di tensioni reciproche:

La falce del cervello si ritroverà convessa a destra ed andrà ad inclinarsi verso la convessità dovuta al movimento di bascula sfeno-occipitale. Il tentorio del cervelletto sarà anch'esso basso a destra e favorirà la rotazione esterna del temporale.

- Ciò che caratterizza quindi, al momento di un esame, una disfunzione in S.B.R., è l'occhio più piccolo dalla stessa parte di un orecchio scollato ed una linea medio-incisiva deviata contro-lateralmente in presenza di una cattiva occlusione dentale. La presenza, al momento della palpazione, di una convessità ipsi-laterale all'occhio ristretto ed all'orecchio scollato conferma l'impressione visiva.

3. Test delle disfunzioni in side bending-rotation:

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Test in approccio tramite la volta:

Esempio S.B.R. destro (fig.311)

Posizione delle dita:

La mani da una parte e dall'altra del cranio, indici e mignoli rispettivamente sulle grandi ali dello sfenoide e sugli angoli infero-laterali dell'occipitale.

Tecnica:

Sincronizzarsi al ritmo del M.R.P.. Indurre il movimento ravvicinando, da una parte solamente, l'indice al mignolo, riportando queste dita verso di sé in induzione cefalica.

Una volta avviata l'induzione cinetica, fermare l'induzione pur seguendo il movimento iniziato, ed apprezzare, dalla parte opposta, la risposta all'induzione.

Indurre in seguito, nello stesso modo, il movimento dall'altra parte del cranio ed apprezzare di nuovo la risposta contro-laterale.

La risposta all'induzione è una sensazione di rigonfiamento, dalla parte della convessità, che perviene alla mano ricettrice.

Risultati:

Se a sinistra l'induzione è facile (ciò significa che le dita si avvicinano con facilità mentre salgono cefalicamente), se l'ampiezza del movimento conseguente è larga e controlateralmente il "bombarsi" è facilmente percettibile dal palmo ricettore, mentre a destra l'induzione è difficile, i tessuti resistono alla pressione delle dita, e controlateralmente la convessità è poco percettibile, si può diagnosticare una disfunzione cinetica in S.B.R. destro.

Se a destra l'induzione è facile e l'ampiezza del movimento conseguente è larga e se controlateralmente il "bombarsi" è facilmente percettibile dal palmo, mentre a sinistra l'induzione è difficile, i tessuti resistono alla induzione delle dita, e controlateralmente la convessità è poco percettibile, si può diagnosticare una disfunzione cinetica in S.B.R. sinistro.

Test in approccio occipito-sfenoidale:

Esempio S.B.R. destro (Fig.312)

Posizione delle dita:

Mano sfenoidale: pollice e mignolo sulle grandi ali.

Mano occipitale: a coppa sotto l'occipite, pollice e mignolo sugli angoli infero-laterali dell'occipitale.

Tecnica:

Sincronizzarsi al ritmo del M.R.P.

Indurre il movimento avvicinando i pollici l'uno all'altro e riportandoli verso di sè. Apprezzare la risposta all'induzione contro-laterale con i mignoli. Indurre in seguito il movimento con i mignoli ed apprezzare la risposta contro-laterale con i pollici.

Risultati:

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Comparare le ampiezze cinetiche incontrate.

4. Correzioni delle disfunzioni cinetiche in S.B.R.:

Correzione in approccio tramite la volta:

. Correzione per accentuazione cinetica: (esempio S.B.R. destro).

Sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. e trovare il punto neutro fisiologico del bilanciamento cinetico.

Partendo da questo punto neutro, indurre il movimento sulla concavità sinistra avvicinando e riportando indice e mignolo sinistri verso di sé e simultaneamente sulla convessità destra, divaricando e facendo scendere indice e mignolo destri, in modo da portare il movimento di latero-flessione destra fino al massimo della sua ampiezza.

Una volta acquisito il massimo movimento, tornare leggermente indietro in modo da raggiungere un grado di libertà che non blocchi il Meccanismo Primario e permetta ai tessuti una efficace azione di autocorrezione.

Chiedere in seguito una inspirazione toraco-addominale forzata seguita da un'apnea inspiratoria trattenuta il più a lungo possibile. Aggiungere eventualmente una dorsi-flessione dei piedi.

Mantenere la tensione ottenuta nonostante la tendenza al ritorno dei tessuti all'antico fulcro.

La correzione si verifica con l'apparire dello "Still point" quando le tensioni espresse hanno cessato totalmente, un istante prima della ripresa della respirazione polmonare da parte del paziente. Ritestare in seguito il movimento.

In caso di insuccesso, ricominciare la manovra una sola volta.

In linea di principio, una buona correzione consente di recuperare il 50% dell'ampiezza in restrizione. Sono a volte necessarie diverse sedute.

Se la correzione non si è verificata al secondo tentativo, significa che una ragione importante impedisce la correzione. In questo caso, è necessario apprezzare con priorità il sacro.

. Correzione diretta: (esempio S.B.R. destro)

Sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. e trovare il punto neutro fisiologico del bilanciamento cinetico.

Partendo da questo punto neutro, indurre il movimento sulla concavità sinistra divaricando e portando in giù indice e mignolo sinistri e simultaneamente sulla convessità destra, riavvicinando e facendo salire verso di sé indice e mignolo destri, in modo da portare il movimento di latero-flessione sinistro fino al massimo della sua ampiezza.

Una volta acquisito il massimo movimento, tornare leggermente indietro in modo da

raggiungere un grado di libertà che non blocchi in Meccanismo Primario e permettere ai tessuti una efficace azione di autocorrezione.

Chiedere in seguito una inspirazione toraco-addominale forzata seguita da un'apnea inspiratoria trattenuta il più a lungo possibile. Mantenere la tensione ottenuta nonostante la tendenza al ritorno dei tessuti all'antico fulcro.

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La correzione si verifica con il rilassamento delle tensioni caratterizzata da un guadagno in ampiezza e con l'apparire del "Still point" generalmente un istante prima della ripresa della respirazione polmonare da parte del paziente. Ritestare in seguito il movimento.

Correzione in approccio fronto-occipitale:

In caso di correzione diretta o indiretta seguire le stesse modalità che per il test e gli stessi principi che per l'approccio tramite la volta.

Disfunzioni non fisiologiche

I. Disfunzioni cinetiche in "Vertical Strain":

Il termine inglese "strain" significa tensione, trazione e nell'accezione medica storta, slogatura, stiramento (strained muscle=stiramento muscolare). Gli strains sono effettivamente vere e proprie storte della S.S.B. che portano come conseguenza immediata la restrizione parziale o totale della cinetica della S.S.B. con notevole diminuzione o completo arresto del Meccanismo Respiratorio Primario a quel livello. Sono vere e proprie lesioni patologiche che è necessario combattere prioritariamente.

La mobilità della S.S.B. deve essere ripristinata a tutti i costi, anche se in seguito la tendenza cinetica residua in strain rimane acquisita dai tessuti.

1. Assi e denominazione:

Gli assi:

Sono assi trasversi propri allo sfenoide ed all'occipitale che consentono dei movimenti di bascula antero-posteriore in un piano sagittale.

Denominazione:

Il vertical strain è convenzionalmente definito dalla posizione alta o bassa della base del corpo sfenoidale in rapporto all'apofisi basilare dell'occipitale.

Il cesellamento post-traumatico della S.S.B. porta come conseguenza una posizione residua alta del corpo sfenoidale in rapporto al basion occipitale che si potrà definire un vertical strain sfenoidale alto, oppure una posizione residua alta del corpo sfenoidale in rapporto al basion occipitale che si chiamerà un vertical strain sfenoidale basso.

2. Fisio-patologia del vertical strain: (Fig.313)

La forza primaria traumatica può essere verticale oppure orizzontale. Il vertical strain non sarà lo stesso poiché il vettore meccanico di questa forza può venire dall'alto o dal basso, dall'avanti o dal dietro e può passare sia in avanti o indietro, sia sopra o sotto gli assi della S.S.B.

- Se la forza traumatica verticale è trasmessa in avanti rispetto alla S.S.B. e anteriormente all'asse di movimento dello sfenoide, si possono configurare due casi.

In un primo caso la forza traumatica ha una direzione cefalo-caudale e produce una coppia meccanica che va a produrre una lesione della posizione del corpo sfenoidale verso l'alto . Esso rimarrà in lesione diretta alta di vertical strain alto, in rapporto con il basion occipitale che resterà posizionato basso a causa del cesellamento cartilagineo.

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Nel secondo caso la forza traumatica ha una direzione podo-cefalica e produce una coppia meccanica che va ad produrre una lesione della posizione del corpo sfenoidale verso il basso . Esso rimarrà in lesione diretta bassa di vertical strain basso in rapporto con il basion occipitale che resterà posizionato alto.

- Se la forza traumatica verticale è trasmessa in avanti rispetto alla S.S.B. ma posteriormente all'asse di movimento dello sfenoide, si possono configurare altri due casi.

In un primo caso la forza traumatica ha una direzione cefalo-caudale e produce una lesione diretta della posizione del corpo sfenoidale verso il basso, mentre quest'ultimo rimane in lesione alta in rapporto al basion occipitale.

Nel secondo caso la forza traumatica ha una direzione podo-cefalica e produce una lesione diretta della posizione del corpo sfenoidale verso il basso . Quest'ultimo rimarrà in lesione bassa in rapporto con il basion occipitale.

- Se la forza traumatica verticale di direzione cefalo-caudale è trasmessa indietro rispetto alla S.S.B. ma anteriormente all'asse dell'occipitale si verifica una discesa diretta del basion e quindi vertical strain alto indiretto dello sfenoide, mentre se la stessa forza è trasmessa dietro all'asse dell'occipitale, si verifica vertical strain basso indiretto dello sfenoide,tramite risalita del basion.

Nello stesso modo, se la forza verticale è podo-cefalica, lo strain verticale sarà differente secondo che la forza passi in avanti o indietro rispetto all'asse di movimento dell'occipitale.

- Nel caso in cui la forza traumatica è orizzontale, se è antero-posteriore si verificano un vertical strain basso diretto, se la forza è superiore all'asse dello sfenoide ed un vertical strain alto se la forza è inferiore al suo asse.

Se la forza è postero-anteriore, il passaggio sopra l'asse dell'occipitale porta come conseguenza un vertical strain alto indiretto per discesa del basion mentre il passaggio sotto l'asse porterà un vertical strain basso indiretto per risalita del basion.

- In conclusione, un vertical strain sfenoidale basso potrà essere la conseguenza di una caduta sul sacro o di un trauma diretto sul frontale o dietro al vertice, mentre un vertical strain sfenoidale alto potrà essere provocato da una caduta sulla nuca o da un trauma sulla squama occipitale o sul mento.

3. Meccanismo della disfunzione:

Nel vertical strain sfenoidale alto: (Fig.314)

Al livello dello sfenoide, il corpo rimane alto e le grandi ali sono basse. Esso adotta di conseguenza una posizione in flessione,

Al livello dell'occipitale, il basion è basso e la squama risale. Esso si adatta di conseguenza in una posizione in estensione.

Al livello del sacro, sotto l'influenza dell'occipite, la base si anteriorizza e l'apice si posteriorizza, posizionandolo in estensione.

Nel vertical strain sfenoidale basso: (Fig.315)

Al livello dello sfenoide, il corpo rimane basso e le grandi ali sono alte. Esso adotta di conseguenza una posizione in estensione.

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Al livello dell'occipitale, il basion è alto e la squama scende. Esso si adatta di conseguenza in una posizione in flessione.

Al livello del sacro, sotto l'influenza dell'occipite, la base si posteriorizza e l'apice si anteriorizza, posizionandolo in flessione.

Infine:

Le due ossa avranno quindi un'apparente cinetica rotativa che si effettua nello stesso senso. Infatti, nel vertical strain sfenoidale alto, poiché lo sfenoide funziona in flessione e l'occipitale in estensione, le grandi ali effettueranno una rotazione dall'alto verso il basso mentre gli angoli infero-laterali effettueranno una rotazione dal basso verso l'alto. La rotazione delle due parti ossee si verifica nello stesso senso. L'apparenza di cinetica è la stessa, ma invertita, per il vertical strain sfenoidale basso.

Adattamento dei quadranti: (Fig.313 e 315)

L'adattamento dei quadranti cranici di fatto non è che apparente.

Nel vertical strain sfenoidale alto quando lo sfenoide si trova in posizione di flessione e l'occipitale in posizione di estensione, i quadranti anteriori funzioneranno in flessione ed i quadranti posteriori in estensione.

Nel vertical strain sfenoidale basso, invece, lo sfenoide si trova in estensione e l'occipitale in flessione. I quadranti anteriori funzioneranno piuttosto in estensione ed i quadranti posteriori piuttosto in flessione.

Presentazione dei crani in disfuzione per vertical strain: (Fig.313 e 315)

I bambini che presentano un vertical strain hanno un cranio dalla forma caratteristica, tuttavia desideriamo precisare che non importa tanto la forma della struttura quanto la mobilità funzionale di questa.

- Il bambino con un vertical strain sfenoidale basso presenta una faccia che sembra essere in estensione sul cranio che invece appare in flessione. La sfera anteriore è stretta con una faccia piatta, una fronte prominente mentre il mento è sfuggente. Il naso è piccolo e stretto, gli occhi sono stretti e rientranti con una tendenza all'ipermetropia. La sfera posteriore è larga con una squama bassa ed arrotondata. Le orecchie sono piuttosto scollate. Si nota una cesura parietale sulla sommità della volta.

- Il bambino con un vertical strain sfenoidale alto presenta una faccia che sembra essere in flessione con un cranio che sembra invece in estensione. La sfera anteriore è larga con una faccia arrotondata, una fronte sfuggente mentre il mento è prominente. Il naso è largo, aperto e piuttosto appiattito, gli occhi sono grandi ed in fuori con tendenza alla miopia. La sfera posteriore è stretta e con una squama rialzata e stretta. Le orecchie sono ben incollate.

4. Diagnosi delle disfunzioni per vertical strain:

Test di approccio tramite la volta: (Fig.316)

Posizione delle dita:

Mani da una parte e dall'altra del cranio, indici e mignoli rispettivamente sulle grandi ali dello sfenoide e sugli angoli infero-laterali dell'occipitale.

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Tecnica:

Sincronizzati al ritmo del M.R.P., se esiste. Indurre il movimento girando gli indici ed i mignoli nel medesimo senso, in modo da provocare una flessione dello sfenoide ed un'estensione dell'occipitale. Quindi le grandi ali scendono mentre la squama risale. Indurre in seguito, nello stesso modo, il movimento inverso, vale a dire un estensione dello sfenoide simultanea ad una flessione dell'occipitale. Le grandi ali risalgono quindi mentre la squama scende.

Poiché le dita seguono esattamente la rotazione delle due ossa sui loro assi trasversi, le due mani si muovono sempre nello stesso senso antero-posteriore e devono rimanere parallele durante l'induzione.

Risultati:

Se l'induzione risulta facile nel senso orario, cioè in flessione sfenoidale ed estensione occipitale, mentre risulta difficile o impossibile nel senso anti-orario, cioè in flessione occipitale ed estensione sfenoidale, ci troveremo in presenza di un vertical strain sfenoidale alto.

Se l'induzione risulta facile nel senso anti-orario, cioè in flessione occipitale ed estensione sfenoidale, mentre risulta difficile o impossibile nel senso orario, cioè in flessione sfenoidale ed estensione occipitale, ci troveremo in presenza di un vertical strain sfenoidale basso.

Precisazioni sui risultati:

Lo strain è generalmente di origine traumatica e primaria, ma può qualche volta essere adattativo e conseguente ad una restrizione cinetica generalmente di origine sacrale.

Quando lo strain è primario traumatico, la lesione si situa al livello della S.S.B., il M.R.P. è generalmente assente o poco percettibile al livello della S.S.B., a causa della lesione. In questo caso i risultati mostrano una certa ampiezza di movimento in un senso e pochissima o nessuna ampiezza nel senso opposto.

Quando lo strain è conseguente all'adattamento ad una disfunzione cinetica primaria del sacro, non si presenta una vera e propria lesione al livello della S.S.B. ma piuttosto una notevole somma di tensioni che fa in modo che il M.R.P. sussista al livello della S.S.B. ma si trovi ristretto in un senso del movimento. In questo caso, l'induzione ed i risultati palpatori saranno differenti. L'induzione sarà facilitata nei due sensi ed i risultati mostreranno un'ampiezza di movimento nei due sensi, con tuttavia un movimento più ampio in un senso che designerà la restrizione di ampiezza cinetica opposta.

Test in approccio fronto-occipitale: (Fig.317)

Posizione delle mani:

Una mano sul frontale e l'altra a coppa sotto l'occipitale.

Tecnica:

La mano frontale induce il frontale e la mano occipitale induce la squama in un movimento nello stesso senso orario per il vertical strain sfenoidale alto ed anti-orario per il vertical strain

sfenoidale basso.

Come in precedenza, apprezzare e confrontare le ampiezze cinetiche, qualitativamente e quantitativamente.

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5. Correzione delle lesioni per vertical strain:

Correzione in approccio tramite la volta:

. Correzione in accentuazione cinetica:

(esempio vertical strain sfenoidale alto)

Indurre il vertical strain al massimo, con gli indici verso il basso ed i mignoli verso l'alto. Raggiungere il massimo dell'ampiezza e tornare molto leggermente indietro.

Chiedere, quando è possibile, una inspirazione toraco-addominale profonda seguita da un'apnea inspiratoria trattenuta il più a lungo possibile. Associare eventualmente una dorsi-flessione bilaterale dei piedi. Mantenere la tensione nonostante la tendenza al ritorno dei tessuti all'antico fulcro. La correzione si verifica all'apparire del "Still point", quando le tensioni espresse sono totalmente cessate. Effettuata la correzione, ritestare senza mai indurre completamente la disfunzione iniziale. Cercare soprattutto la ripresa eventuale del M.R.P. al livello della S.S.B.. Apprezzare senza indurre, le nuove ampiezze, qualitativamente e quantitativamente.

. Correzione semi-diretta: (esempio vertical strain sfenoidale alto)

In una prima fase, si provoca un'accentuazione cinetica come precedentemente descritto. Dopo questa fase funzionale ed al termine dell'apnea inspiratoria toraco-addominale, indurre direttamente il movimento inverso nel corso dell'espirazione toraco-addominale portando gli indici verso l'alto ed i mignoli verso il basso al massimo dell'ampiezza consentita dai tessuti. Mantenere questo nuovo punto di tensione diretta per alcuni cicli respiratori fino al comparire del "Still point". Si può anche chiedere un'apnea espiratoria trattenuta il più a lungo possibile e una dorsi-estensione dei piedi.

Correzione in approccio fronto-occipitale:

Nel caso di correzione indiretta, semi diretta o diretta, seguendo le medesime modalità di quelle del test e gli stessi principi che per la correzione in approccio tramite la volta.

II. Disfunzioni cinetiche per "lateral strain":

1. Assi e denominazione:

Gli assi:

Sono assi verticali propri allo sfenoide ed all'occipitale che passano rispettivamente per il corpo dello sfenoide e dal forame Magno per l'occipitale. Questi assi consentono dei movimenti di rotazione delle parti ossee in un piano orizzontale.

Denominazione:

Il "lateral strain" è convenzionalmente definito dalla direzione che prende il corpo dello sfenoide, questa direzione è naturalmente dedotta dalla posizione delle grandi ali.

Il cesellamento post-traumatico della S.S.B. porta come conseguenza una posizione residua lateralizzata ed anteriorizzata del lato destro del corpo sfenoidale in rapporto al basion occipitale che si potrà definire un "lateral strain" sfenoidale destro, oppure una posizione residua lateralizzata ed anteriorizzata del lato sinistro del corpo sfenoidale in rapporto al basion occipitale che si chiamerà un lateral strain sfenoidale sinistro.

2. Fisio-patologia del "lateral strain": (Fig.318)

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La forza primaria traumatica può essere antero-posteriore o decisamente trasversale. Il "lateral strain" non sarà lo stesso poiché il vettore meccanico di questa forza può venire da una parte dal davanti, dal dietro o trasversalmente e d'altra parte può passare sia in avanti o indietro, sia a destra o a sinistra rispetto agli assi verticali di ogni parte ossea.

- Se la forza traumatica è trasmessa in un piano sagittale e antero-posteriormente , si possono configurare due casi.

In un primo caso la forza traumatica è trasmessa a sinistra dell'asse verticale dello sfenoide e produce, tramite la coppia così creata, una lesione della posizione del corpo sfenoidale in lesione diretta di lateralizzazione destra e quindi di "lateral strain" destro, in rapporto con il basion occipitale che resterà posizionato medialmente a causa del cesellamento cartilagineo.

Nel secondo caso la forza traumatica viene trasmessa a destra dell'asse verticale dello sfenoide e va a produrre, con la coppia così creata, una lesione della posizione del corpo sfenoidale in lesione diretta di lateralizzazione sinistra e quindi di "lateral strain" sinistro, in rapporto con il basion occipitale che resterà posizionato medialmente a causa del cesellamento cartilagineo

- Se la forza traumatica è trasmessa su un piano sagittale. ma postero-anteriormente, si possono configurare altri due casi.

In un primo caso la forza traumatica è trasmessa a sinistra dell'asse verticale dell'occipitale e va a produrre, tramite la coppia così creata, una lesione diretta della posizione del basion in lateralità destra ed una lesione di lateralizzazione indiretta sinistra dello sfenoide, quindi in "lateral strain" sinistro in rapporto al basion occipitale.

Nel secondo caso la forza è trasmessa a destra dell'asse verticale dell'occipitale e va a produrre, per la coppia così creata, una lesione della posizione diretta del basion in lateralità sinistra e una lesione di lateralizzazione indiretta destra dello sfenoide, quindi in "lateral strain" destro in rapporto al basion occipitale.

- Se la forza traumatica è trasversale ed anteriore all'asse dello sfenoide si verifica un "lateral strain" diretto destro o sinistro secondo il lato del punto di applicazione di questa forza, mentre se essa è posteriore all'asse dell'occipitale si verifica un "lateral strain" indiretto destro o sinistro in virtù dei medesimi principi.

- In conclusione, un "lateral strain" sfenoidale destro potrà essere la conseguenza sia di un trauma antero-posteriore sul frontale sinistro o laterale sul frontale destro, sia di un trauma postero-anteriore sulla squama destra o laterale sulla squama sinistra. Ugualmente un "lateral strain" sfenoidale sinistro potrà essere la conseguenza sia di un trauma antero-posteriore sul frontale destro o laterale sul frontale sinistro, sia di un trauma postero-anteriore sulla squama sinistra o laterale sulla squama destra.

Facciamo subito notare che al momento del parto, l'utero o il distretto del bacino della madre sono eziologie primarie di traumi peri-natali sui quadranti del cranio fetale. In questo caso, gli strains laterali possono portare lesioni nello sviluppo del sistema nervoso centrale.

3. Meccanismo della disfunzione:(Fig.319)

Nel "lateral strain" sfenoidale destro:

Il corpo dello sfenoide parte a destra ed in avanti

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L'ala destra dello sfenoide si muove in avanti e a destra

L'ala sinistra dello sfenoide parte indietro

La parte destra della squama occipitale si anteriorizza

La parte sinistra della squama occipitale è posteriorizzata.

Nel "lateral strain" sfenoidale sinistro:

Il corpo dello sfenoide parte a sinistra ed in avanti

L'ala sinistra dello sfenoide si muove in avanti e a sinistra

L'ala destra dello sfenoide parte indietro

La parte sinistra della squama occipitale si anteriorizza

La parte destra della squama occipitale è posteriorizzata.

Note:

- Nel "lateral strain", il frontale esegue il medesimo movimento dello sfenoide, poiché è parte delle ossa della faccia, è indotto dallo sfenoide e correlativamente un frontale traumatico può indurre lo sfenoide.

- Al "lateral strain" possono venire ad aggiungersi delle disfunzioni cinetiche in torsione o in sidebending-rotation.

- Il "lateral strain" è la causa principale delle scoliosi discendenti di origine cranica che rientrano attualmente, per la medicina classica, nelle scoliosi dette idiopatiche. Il "lateral strain" induce nel neonato uno squilibrio permanente delle membrane di tensioni reciproche che si ripercuote sul bacino e su tutte le fasce del corpo. Ogni componente del corpo subirà una crescita adattativa imposta da questo squilibrio originario.

Questa scoliosi membranosa, chiamata "scoliosi del neonato" dagli osteopati, passerà inosservata per lungo tempo, rimanendo in uno stato di latenza dalla nascita fino all'età prepuberale.

Nella fase prepuberale e della pubertà, soprattutto nella bambina, i fattori ormonali, responsabili di un rilasciamento fisiologico dei legamenti, liberano di colpo le tensioni membranose sotto-giacenti e portano di conseguenza l'aumento rapido delle curvature e delle deformazioni con rotazione dei corpi vertebrali, che erano rimaste latenti fino a quel momento (Fig.320).

4. Diagnosi delle disfunzioni per "lateral strain":

Test di approccio tramite la volta: (Fig.321a)

Posizione delle dita:

Mani da una parte e dall'altra del cranio, indici e mignoli rispettivamente sulle grandi ali dello sfenoide e sugli angoli infero-laterali dell'occipitale.

Tecnica:

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Sincronizzarsi al ritmo del M.R.P., se esiste. Indurre l'indice ed il mignolo di una mano in un senso, antero-posteriormente, e l'indice ed il mignolo dell'altra mano nel senso opposto, cioè postero-anteriormente, in maniera da ricreare la cinetica del "lateral strain". Attendere la risposta. Il movimento proseguirà e si tradurrà in una tendenza rotatoria tra le due mani.

Tornare al punto neutro ed indurre in seguito nello stesso modo il movimento inverso.

Il test è sempre simmetrico e comparativo.

Risultati:

Se l'induzione risulta facile a destra nel senso postero-anteriore e simultaneamente a sinistra nel senso antero-posteriore con una risposta all'induzione ma questa induzione risulta difficile o impossibile a destra nel senso antero-posteriore e simultaneamente a sinistra nel senso postero-anteriore senza alcuna risposta in ritorno, ci troveremo in presenza di un "lateral strain" destro.

Se l'induzione risulta facile a sinistra nel senso postero-anteriore e simultaneamente a destra nel senso antero-posteriore con una risposta all'induzione ma questa induzione risulta difficile o impossibile a sinistra nel senso antero-posteriore e simultaneamente a destra nel senso postero-anteriore senza alcuna risposta in ritorno , ci troveremo in presenza di un "lateral strain" sinistro.

Precisazione sui risultati:

Nel caso di "lateral strain" traumatico, i risultati mostrano un'ampiezza di risposta cinetica in un senso e veramente poca o nessuna ampiezza nel senso opposto. Nel caso in cui l'induzione è facilitata nei due sensi, i risultati mostreranno un'ampiezza di risposta cinetica bilaterale, tuttavia con un movimento più ampio in un senso, che sta a significare una restrizione d'ampiezza cinetica opposta. Lo strain è allora solamente adattativo ad una disfunzione cinetica primaria sacrale o altro. In questo caso, il M.R.P. si percepisce in maniera chiara.

Test in approccio fronto-occipitale: (Fig.321b)

Posizione delle mani:

Una mano sul frontale e l'altra a coppa sotto l'occipitale.

Tecnica:

La mano frontale induce il frontale e la mano occipitale induce la squama in un movimento di rotazione assiale nello stesso senso orario per le due parti ossee poi nello stesso modo nel senso anti-orario previo ritorno al punto neutro.

Risultati:

Se l'induzione in rotazione oraria delle due parti ossee è possibile con risposta cinetica oraria ma l'induzione anti-oraria è impossibile e senza risposta, ci troviamo in presenza di un "lateral strain" sinistro.

Se l'induzione in rotazione anti-oraria delle due parti ossee è possibile con risposta cinetica anti-oraria ma l'induzione oraria è impossibile e senza risposta, ci troviamo in presenza di un "lateral strain" destro.

Come prima, apprezzare e confrontare le ampiezze cinetiche, qualitativamente e quantitativamente per trovare la differenza tra strain traumatico e strain adattativo.

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5. Correzione delle lesioni per "lateral strain":

Correzione in approccio tramite la volta:

. Correzione in accentuazione cinetica:

(esempio "lateral strain" destro)

La mano destra induce la base postero-anteriormente mentre la mano sinistra induce la base antero-posteriormente. Arrivare fino al massimo dell'ampiezza di risposta cinetica della base. Ritornare in seguito molto leggermente indietro al punto di equilibrio consentendo un gioco membranoso. Chiedere un'apnea inspiratoria trattenuta il più a lungo possibile associata ad una dorsi-flessione bilaterale dei piedi per aumentare le forze auto-correttive membranose. Alla fine dell'apnea, si può percepire il rilassamento delle tensioni delle membrane di tensioni reciproche ed a volte anche della base ossea.

Correzione per accentuazione cinetica in approccio fronto-occipitale:

(esempio per un "lateral strain" destro)

La mano destra induce la base nel senso anti-orario mentre la mano sinistra induce simultaneamente la volta nel medesimo senso anti-orario.

Arrivare fino alla massima ampiezza di risposta cinetica della base. Ritornare in seguito molto leggermente indietro al punto di equilibrio che permetta il gioco membranoso.

Chiedere un'apnea inspiratoria trattenuta il più a lungo possibile associata ad una dorsi-flessione bilaterale dei piedi per aumentare le forze di auto-correzione membranose.

Attendere la fine dell'apnea ed il rilasciamento dei tessuti e ricominciare se necessario.

Note:

Sono spesso necessari diversi tentativi prima di ottenere un risultato. D'altra parte uno strain traumatico non si libera mai totalmente con una sola seduta. Un recupero dal 40 al 50% della cinetica della S.S.B. con percezione del M.R.P., nel corso di una sola seduta, deve essere considerato un eccellente risultato. Le altre sedute miglioreranno questi primi risultati.

D'altronde vi sono grossi rischi, per il terapeuta alle prime armi, di confondere una disfunzione cinetica in flessione associata ad un occipite in restrizione di mobilità con un "lateral strain" sfenoidale alto o ancora una disfunzione cinetica in "side-bending" destro con un "lateral strain" sinistro.

Infatti, la disfunzione in "lateral strain" può essere confusa con la disfunzione in side bending-rotation e le disfunzioni in vertical strain possono essere confuse con delle disfunzioni in flessione o estensione.

Infine, una volta praticata la correzione di uno strain, non bisogna mai ritestare nel senso cinetico lesionale anteriore per evitare qualsiasi rischio di ricreare la lesione iniziale.

Per accertare se la tecnica correttiva è stata efficace, il terapeuta si deve sincronizzare al ritmo del M.R.P., ricomparso e apprezzare l'ampiezza generale della S.S.B., poi in caso di necessità, a partire dal punto neutro, può indurre la S.S.B. nel senso del movimento ristretto prima della correzione e sentirà in seguito se all'induzione consegue una risposta cinetica oppure no.

III. Disfunzioni per compressione sfeno-basilare:

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1. Definizione:

Si tratta dell'avvicinamento o della riduzione delle due superifici articolari della sinfisi sfeno-basilare che comporta una compressione ed un addensamento della lamina articolare cartilaginea intra-ossea, responsabile di una notevole riduzione o dell'arresto del M.R.P. cranico secondo il grado di lesione che si è prodotto.

2. Eziologia:

Di tipo antero-posteriore o laterale, le compressioni sfeno-basilari sono dovute a:

- cause micro-traumatiche, come un cappello o una fascia troppo stretti

- cause psicogene: endogene o esogene, psicastenia

- cause traumatiche: ad esempio uno choc diretto sul frontale, sul sacro ecc... oppure il portare apparecchi o protesi dentarie

- cause prenatali o perinatali, ad esempio contrazioni uterine potenti associate ad una resistenza anomala del distretto inferiore del bacino.

- Si possono diagnosticare 3 possibilità di compressione sfeno-basilare:

La compressione antero-posteriore, con faccia ed occipitale appiattiti.

La compressione laterale, con un cranio schiacciato lateralmente soprattutto al livello dei temporali

La compressione obliqua del "lateral strain".

3. Diagnosi di compressione sfeno-basilare:

La diagnosi è essenzialmente palpatoria in approccio tramite la volta o in approccio fronto-occipitale. La sensazione di cranio duro, addensato, "pietroso", non vivo, è facilmente percettibile per la mano allenata. Si verifica una notevole diminuzione delle caratteristiche del M.R.P. Questo appare nettamente diminuito nella sua ampiezza che è infinitesimale, mentre il ritmo rimane normale o appena ridotto.

Nel caso di notevole compressione, il M.R.P. è totalmente inesistente e la palpazione del movimento appare impossibile. Nelle compressioni di origine strutturale (ossea, membranosa o fasciale), quanto il M.R.P. è presente, non è alterato nel suo ritmo ma solamente nella sua forza e nella sua ampiezza.

Nelle compressioni di origine psicogene, il M.R.P. è alterato non soltanto nella sua forza e nella sua ampiezza, ma anche e soprattutto nel suo ritmo. Si può trovare questa sensazione di cranio duro anche nel depresso e nella persona affaticata.

4. Correzione delle compressioni sfeno-basilari:

Perché una decompressione sfeno-basilare possa essere totalmente efficace e soprattutto duratura, bisogna inizialmente assicurarsi della totale libertà della colonna cervicale e del sacro poiché, se uno o l'altro, o entrambi si trovano in posizione di restrizione cinetica, possono essere origine di tensioni fasciali o membranose generatrici di compressione della sinfisi sfeno-basilare.

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In questo caso, il cranio offrirà la medesima sensazione palpatoria di densità e di durezza che nella vera e propria compressione causata da lesione della lamina cartilaginea. Non si trova però alcuna lesione a questo livello, per lo meno all'inizio. Infatti, se queste tensioni dovessero durare, potrebbero, con il tempo. portare all'inizio di una vera e propria compressione sfeno-basilare di origine psicogena, il cui punto di partenza si va a situare al livello fasciale.

Tecnica di decompressione sfeno-basilare per sollevamento del frontale: (Fig.322)

Posizione del paziente: in decubito

Posizione del terapeuta:

- alla testa del paziente

- le dita intrecciate, sopra alla sutura metopica

- le eminenze ipotenar a contatto degli angoli laterali del frontale.

Tecnica:

- Esercitare una pressione decisa ma dolce al livello degli angoli laterali del frontale, con le eminenze ipotenar.

- Al momento della fase di espansione cranica, (se questa espansione si può percepire), anteriorizzare il frontale sollevandolo verso il soffitto.

- Mantenere l'anteriorizzazione del frontale durante la fase di retrazione cranica.

- Tentare di guadagnare sulla barriera anteriorizzando un pò’ di più il frontale ad ogni fase inspiratoria primaria cranica fino a percepire la liberazione tessutale ed il guadagno in ampiezza della respirazione primaria al livello della sinfisi.

La percezione dell'inizio della ripresa della cinetica sfeno-basilare è un segnale di successo della manovra, nel caso di compressione completa senza percezione del M.R.P.

Tecnica di decompressione sfeno-basilare in approccio tramite la volta: (Fig.323)

Posizione del paziente: in decubito

Posizione del terapeuta:

- alla testa del paziente

- indici a contatto con i pilastri del frontale

- mignoli a contatto con l'occipite, al livello degli angoli infero-laterali, in dentro rispetto agli asterion.

Tecnica:

- Al momento della fase di espansione cranica, gli indici sollevano i pilastri del frontale per anteriorizzare la parte ossea, mentre i mignoli mantengono la squama occipitale posteriormente contro il tavolo.

- Questa induzione decompressiva deve essere tenuta nel corso della fase espiratoria primaria cranica e deve essere aumentata ad ogni nuova fase inspiratoria primaria.

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- Se la tecnica decompressiva è efficace, bisogna, dopo un certo tempo, apprezzare la cinetica della S.S.B. apparire progressivamente ed acquistare sempre maggior forza ed ampiezza.

Note:

- In caso di difficoltà nel recuperare la cinetica della S.S.B., nelle compressioni totali e di vecchia data, un assistente oppure il paziente stesso possono aiutare sollevando gli indici del terapeuta, permettendo a quest'ultimo di concentrarsi maggiormente sulla percezione del ripristino della mobilità (Fig.324).

- Si può anche facilitare la decompressione dello sfenoide in rapporto all'occipite sollevando dolcemente, con i medi, le grandi ali dello sfenoide, inducendole intanto in flessione, mentre si procede all'anteriorizzazione dei pilastri del frontale con gli indici (Fig.325).

Tecnica di decompressione sfeno-basilare in approccio fronto-occipitale: (Fig.326)

Posizione del paziente: in decubito

Posizione del terapeuta:

- Alla testa del paziente

- La pinza pollice-indice della mano superiore a contatto con i pilastri esterni del frontale

- La mano inferiore trasversalmente a contatto con l'occipitale.

Tecnica:

- Nel corso della fase inspiratoria primaria cranica, indurre, con la mano superiore, una trazione di anteriorizzazione frontale, verso il soffitto, posteriorizzando nel contempo l'occipitale con la mano inferiore.

- Mantenere la decompressione durante la fase di rilasciamento cranico ed accentuare l'induzione ad ogni nuova fase di espansione cranica fino a percepire il rilassamento delle tensioni compressive e la ripresa del movimento al livello della S.S.B.

- In caso di difficoltà , è anche possibile, con questa tecnica, sollevare lo sfenoide inducendolo nel contempo in flessione ad ogni fase inspiratoria primaria.

Tecnica di decompressione sfeno-basilare per sollevamento dei mascellari o "Grasping Technique": (Fig.327)

Posizione del paziente: in decubito

Posizione del terapeuta:

- In piedi alla testa del paziente.

- La pinza pollice-indice della mano superiore a contatto con gli angoli laterali del frontale

- L'indice ed il medio della mano inferiore, in posizione intra-buccale, a contatto dei mascellari, uncinando gli ultimi molari ma evitando accuratamente le apofisi pterigoidee.

Tecnica:

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- Durante la fase inspiratoria primaria, indurre con la mano inferiore una trazione in direzione del soffitto e del nasion del paziente, per sollevare i mascellari e portarli in rotazione esterna.

- Indurre simultaneamente, con la mano superiore, una trazione nella medesima direzione ed un movimento di flessione.

- Mantenere l'induzione nel corso delle fasi di retrazione cranica ed accentuarla ad ogni inspirazione primaria fino a apprezzare il rilassamento tessutale e la ripresa della cinetica della S.S.B.

Nota:

Questa tecnica deve essere adoperata con dolcezza ed in modo strettamente simmetrico per evitare di provocare un "lateral strain" al livello della S.S.B.

Si tratta di una tecnica molto efficace ed indicata nell'adulto ma che deve essere praticata con estrema precauzione nel bambino ed è totalmente sconsigliata nel neonato.

La precauzione elementare consiste, beninteso, nel fare togliere al paziente qualsiasi apparecchio dentale mobile.

Tecnica di decompressione sfeno-basilare per accentuazione della compressione: (Fig.328)

Posizione del paziente: in decubito

Posizione del terapeuta:

- Seduto alla testa del paziente

- A contatto con il cranio in approccio fronto-occipitale.

Tecnica:

Nel corso della fase espiratoria primaria cranica, restringere le due mani per provocare un'accentuazione della compressione sfeno-basilare e mantenere questa compressione nel corso delle fasi inspiratorie primarie successive, fino a percepire un reale cambiamento nella densità tessutale ed una potente tendenza dei tessuti a ritornare in espansione.

Nota:

Questa tecnica molto delicata è totalmente controindicata per il neonato a causa del rischio di accavallamento delle suture.

Tecnica di decompressione sfeno-basilare per sollevamento fronto-malare: (Fig.329)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: in piedi alla testa del paziente

Posizione delle mani:

La mano cefalica tocca i pilastri esterni del frontale tramite la pinza pollice-indice. La mano caudale è a contatto dei malari.

Tecnica:

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Page 234: Trattato paratico di Osteopatia Cranica.doc

- Nel corso della fase inspiratoria primaria, indurre con la mano inferiore una trazione in direzione del soffitto per sollevare i malari e portarli in rotazione esterna.

- Indurre, nel medesimo tempo, con la mano superiore, una trazione nella stessa direzione ed un movimento di flessione sul frontale.

- Mantenere l'induzione nel corso delle fasi di retrazione cranica e accentuarla ad ogni fase inspiratoria primaria fino a percepire il rilassamento tessutale ed il ripristino della cinetica della S.S.B.

CAPITOLO XXXII

DISFUNZIONI CINETICHE DELL'OCCIPITALE

I. Tecniche correttive delle compressioni membranose sfeno-basilari234

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Lo scopo di queste tecniche decompressive è di normalizzare ed ampliare il meccanismo respiratorio primario sia al livello osseo che al livello membranoso e fluidico.

Per potenziare l'effetto decompressivo di queste tecniche, il terapeuta potrà sollecitare la cooperazione respiratoria del paziente e le forze meccaniche delle membrane di tensioni reciproche con la dorsi-flessione e la dorsi-estensione dei piedi.

1. Tecnica di decompressione tramite la volta (Fig.330)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, con i gomiti appoggiati al tavolo

Posizione delle dita:

Il polpastrello degli indici sono a contatto con le faccette temporali del frontale, al livello della spina dei pilastri esterni. I mignoli sono a contatto degli angoli infero-laterali dell'occipitale.

Tecnica:

Effettuare con gli indici una leggera supinazione per fissare un contatto osseo saldo della spina dei pilastri del frontale. In seguito, prendendo per appoggio osseo l'occipitale e fissandovi un punto fisso, indurre un disimpegno del frontale verso il soffitto per ridurre l'impattamento della zona condrale sfeno-basilare.

Mantenere il disimpegno. Dopo un certo tempo, variabile in base al grado di compressione sfeno-basilare, la cinetica sfeno-basilare riappare. A partire da questo momento, indurre la S.S.B. in flessione sincrona al M.R.P. ricomparso, conservando il disimpegno ed amplificandolo alla fine di ogni ampiezza di flessione.

Dei movimenti annessi, sia al livello del frontale, sia al livello dell'occipitale, sia delle due parti ossee contemporaneamente, possono apparire durante la manovra di decompressione.

Seguire allora questi movimenti, senza lasciare il disimpegno sfeno-basilare, mantenendo il sincronismo cinetico respiratorio primario nuovamente apparso.

Continuare questa tecnica per alcuni cicli respiratori, fino ad ottenere un'ampiezza soddisfacente, poi rilasciare la compressione e concludere ritestando il guadagno in ampiezza della flessione-estensione.

Note:

Nell'adulto, visto il peso della testa, il contatto occipitale non è obbligatorio. Ciononostante esso consente una maggiore precisione palpatoria della ripresa globale della cinetica sfeno-basilare.

. Tecnica con partecipazione del paziente

Si tratta esattamente della medesima tecnica ma il paziente può aiutare il terapeuta sollevando egli stesso verso il soffitto gli indici del terapeuta. Questo aiuto permette al terapeuta una maggiore concentrazione sulla ripresa della cinetica sfeno-basilare ed i movimenti annessi che ne conseguono.

2. Tecnica di decompressione tramite approccio fronto-occipitale: (Fig.331)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, i gomiti appoggiati sul tavolo

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Posizione delle mani:

Una mano a coppa, che afferra trasversalmente l'occipitale. Una mano che afferra con il palmo il frontale, il pollice e l'indice a contatto con le faccette temporali del frontale e con la spina dei pilastri esterni.

Tecnica:

La mano inferiore trattiene l'occipitale contro il tavolo. La mano superiore fissa un contatto osseo saldo sulla spina dei pilastri del frontale tra il pollice e l'indice. In seguito, sempre fissando un punto fisso sull'occipite, indurre un disimpegno del frontale verso il soffitto per ridurre l'impattamento della zona condrale sfeno-basilare. Mantenere il disimpegno. Dopo un certo tempo, variabile secondo il grado di compressione sfeno-basilare, riappare la cinetica sfeno-basilare. Da questo momento, indurre la S.S.B. in flessione sincrona al M.R.P. ricomparso, conservando il disimpegno ed amplificandolo alla fine di ogni ampiezza di flessione.

Possono comparire nel corso della manovra di decompressione movimenti annessi sia al livello del frontale, sia al livello dell'occipitale, sia al livello di entrambe le ossa. Seguire allora questi movimenti, senza lasciare il disimpegno sfeno-basilare mantenendo tuttavia il sincronismo cinetico respiratorio primario nuovamente comparso.

Continuare con questa tecnica per alcuni cicli respiratori, fino ad ottenere un'ampiezza soddisfacente poi rilassare la compressione e concludere tornando a testare il guadagno di ampiezza in flessione-estensione.

3. Tecnica frontale: (Fig.332)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, i gomiti appoggiati sul tavolo

PosizIone delle mani:

Le mani sono in supinazione e le dita intrecciate. Le eminenze ipotenar e soprattutto le pisiformi del terapeuta sono a contatto con le faccette temporali del frontale e con i pilastri esterni.

Tecnica:

Indurre un disimpegno del frontale verso il soffitto per ridurre l'impattamento della zona condrale sfeno-basilare. Mantenere il disimpegno. Dopo un certo tempo, variabile secondo il grado di compressione sfeno-basilare, riappare la cinetica sfeno-basilare. Da questo momento, indurre lo sfenoide in flessione sincrona al M.R.P. ricomparso, con l'intermediario del frontale, sempre conservando il disimpegno ed amplificandolo alla fine di ogni ampiezza di flessione.

Possono comparire nel corso della manovra di decompressione movimenti annessi al livello di una o più parti ossee. Seguire allora questi movimenti, senza lasciare il disimpegno sfeno-

basilare mantenendo tuttavia il sincronismo cinetico respiratorio primario nuovamente comparso.

Continuare con questa tecnica per alcuni cicli respiratori, fino ad ottenere un'ampiezza soddisfacente poi rilasciare la compressione e concludere tornando a testare il guadagno di ampiezza in flessione-estensione.

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Page 237: Trattato paratico di Osteopatia Cranica.doc

4. Tecnica fronto-sfeno-occipitale: (Fig.333)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, i gomiti appoggiati sul tavolo

PosizIone delle mani:

Il polpastrello degli indici sono a contatto con le faccette temporali del frontale, appena al livello della spina dei pilastri esterni. Il polpastrello dei medi sono in contatto con le grandi ali dello sfenoide. I mignoli sono a contatto con gli angoli infero-laterali dell'occipitale.

Tecnica:

Effettuare con gli indici una leggera supinazione per fissare un contatto saldo con la spina dei pilastri del frontale. Poi, prendendo appoggio osseo sull'occipitale ed fissandovi un punto fisso indurre un disimpegno del frontale verso il soffitto dello sfenoide caudalmente per ridurre l'impattamento della zona condrale sfeno-basilare. Mantenere il disimpegno. Dopo un certo tempo, variabile secondo il grado di compressione sfeno-basilare, riappare la cinetica sfeno-basilare. Da questo momento, indurre la S.S.B. con i medi e i mignoli sempre conservando il disimpegno ed amplificandolo alla fine di ogni ampiezza di flessione.

Possono comparire nel corso della manovra di decompressione movimenti annessi . Seguire allora questi movimenti, senza lasciare il disimpegno sfeno-basilare mantenendo tuttavia il sincronismo cinetico respiratorio primario nuovamente comparso.

Continuare con questa tecnica per alcuni cicli respiratori, fino ad ottenere un'ampiezza soddisfacente poi rilasciare la compressione e concludere tornando a testare il guadagno di ampiezza in flessione-estensione.

5. Tecnica del "Grasping": (Fig.334)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: in piedi alla testa del paziente.

Posizone delle mani:

La pinza pollice-indice della mano superiore tocca le faccette temporali ed i pilastri esterni del frontale. L'indice ed il medio della mano inferiore, in posizione intra-buccale, a contatto dei mascellari, uncinando le arcate dentali superiori dietro agli ultimi molari ma evitando accuratamente le apofisi pterigoidee.

Tecnica:

Durante la fase inspiratoria primaria, se questa è percettibile, indurre con la mano inferiore una trazione in direzione del soffitto e del nasion del paziente per sollevare i mascellari e portarli in rotazione esterna.

Indurre simultaneamente con la mano superiore una trazione nella medesima direzione ed un movimento di flessione. Mantenere la trazione durante le fasi di retrazione cranica ed aumentarla ad ogni fase inspiratoria primaria fino a percepire il rilasciamento tessutale ed il ripristino della cinetica della S.S.B.

Nota:

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Questa tecnica deve essere praticata dolcemente ed in maniera strettamente simmetrica per evitare di provocare un "lateral strain" al livello della S.S.B.. Si tratta di una tecnica molto efficace ed indicata per l'adulto ma deve essere adoperata con estrema precauzione nel bambino ed è totalmente sconsigliata per il neonato.

II. Piano occipito-atloideo:

1. Test posizionale:

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizione delle mani:

Il polpastrello degli indici e dei medi sono bilateralmente a contatto dell'occipite, il più vicino possibile alle masse laterali.

Risultati:

Valutare la posizione dell'occipite dalla parte destra in rapporto alla parte sinistra. Un lato potrà essere basso ed anteriore rispetto al suo omologo.

2. Test cinetico:

Per questo test, le posizioni del paziente, del terapeuta e delle dita sono le stesse che per il test precedente.

Test: indurre una leggera trazione bilaterale al ritmo del M.R.P.

Risultati:

Dalla parte dell'occipite basso, il terapeuta percepirà una sensazione di resistenza all'induzione così come un'impressione di densità e di rigidità che si può paragonare una "palla da bigliardo". Dalla parte dell'occipite alto, il terapeuta non noterà alcuna resistenza all'induzione ma, al contrario, un'impressione tattile di elasticità simile a quella che si prova premendo una "palla da tennis".

3. Tecnica di decoaptazione occipito-atloidea (Fig.335)

Posizione del paziente : decubito

Posizione de terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizione delle dita:

La mano caudale è a contatto con l'apofisi spinosa dell'epistrofeo con il polpastrello del medio e a contatto con l'occipite con il polpastrello dell'indice e del mignolo, da una parte e dall'altra

dell'inion, al livello della linea curva occipitale superiore. La mano cefalica tiene il frontale.

Tecnica:

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A partire dal punto fisso situato sull'apofisi spinosa dell'epistrofeo, l'indice ed il medio della mano caudale inducono una trazione di disimpegno dell'occipite in rapporto all'epistrofeo e quindi in rapporto all'atlante. La mano cefalica può ugualmente aiutare il disimpegno dell'occipite esercitando una leggera pressione al livello della glabella. Mantenere il disimpegno ed accumulare le tensioni sull'occipite fino ad ottenere la decoaptazione dell'atlante sotto l'occipite.

4. Tecnica di equilibrio occipito-atloideo (Fig.335 bis)

Posizione del paziente: decubito

Posizione de terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizione delle dita:

Il polpastrello degli indici sono a contatto con l'apofisi spinosa dell'epistrofeo. Il polpastrello dei medi sono a contatto degli archi posteriori dell'atlante. Il polpastrello dei mignoli e degli anulari toccano la linea curva occipitale superiore da una parte e dall'altra dell'inion.

Tecnica:

Accumulare le tensioni tessutali sull'epistrofeo in parametri di libertà. Liberare in seguito l'occipite dall'atlante, partendo dal punto fulcro posizionato sull'epistrofeo. Seguire in seguito lo svolgimento dei tessuti al livello dell'atlante e dell'occipite, accumulando le tensioni fra queste due parti ossee, fino ad ottenere lo "Still point".

5. Tecnica correttiva funzionale occipito-atloidea: (Fig.336)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizione delle dita:

La mano cefalica afferra con il palmo a coppa l'occipitale, da Lambda all'inion, pollice e mignolo sono a contatto con gli angoli infero-laterali dell'occipitale, indice e medio con la linea curva occipitale superiore, da una parte e dall'altra dell'inion, Il polpastrello dell'indice e del pollice della mano caudale toccano gli archi posteriori dell'atlante.

Tecnica:

Sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. al livello dell'occipitale. Accumulare le tensioni tessutali dell'atlante in tutti i suoi parametri di libertà ed accentuazione cinetica funzionale secondo il metodo di SUTHERLAND. Liberare in seguito l'occipite dall'atlante, partendo dal punto fulcro posizionato sull'atlante. Seguire in seguito lo svolgimento dei tessuti al livello dell'occipite, accumulando le tensioni fra queste due parti ossee, fino ad ottenere lo "Still point".

Nota: la medesima tecnica può essere adoperata a partire da un punto fulcro occipitale.

III. Tecniche della base:

1. Tecnica di espansione della base: (Fig.337)

Lo scopo è di normalizzare i rapporti tra occipite ed atlante da una parte e tra occipite e temporali dall'altra. Si tratta di una tecnica che deve essere adoperata dopo le tecniche occipitali, ed, in generale, dopo qualsiasi trattamento del cranio.

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Posizione del paziente: in decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizione delle mani: le mani a coppa sotto l'occipite. Gli anulari ed i mignoli sull'occipite da una parte e dall'altra dell'inion. I medi sui trasversi dell'atlante. Gli indici sulle apofisi mastoidee.

Tecnica:

Innanzitutto la cinetica tessutale occipitale. In seguito seguire i movimenti dell'occipite nella posizione di lesione senza bloccare il ritmo cranico. Mentre si seguono i movimenti tessutali, effettuare con gli anulari ed i mignoli, dei movimenti di pompaggio dell'occipite, sincroni al M.R.P., apprezzando la risposta in rapporto ai medi posizionati su C1.

Nel contempo, seguire, con gli indici, il movimento dei temporali nella loro posizione di lesione inducendo anche in questo caso un pompaggio temporale. L'insieme dei movimenti delle dita provoca un'espansione laterale della base.

Note:

E' fondamentale realizzare l'espansione nella posizione di lesione dell'occipite rispettando la posizione del cranio (senza trainarlo posteriormente) e la posizione del paziente in generale che (soprattutto per il bambino) può adottare delle posizioni diverse di equilibrio come la lateroflessione cervicale, la risalita di una spalla, la rotazione del bacino o la flessione di un arto.

I pollici possono essere appoggiati sulle grandi ali per effettuare una normalizzazione sincrona della S.S.B.

Indicazioni:

Distonie neuro-vegetative di origine ortosimpaticotoniche o neurotoniche.

Stasi circolatorie venose.

Disturbi funzionali legati ai IX, X, XI e XII nervi cranici.

Tensioni e disfunzioni delle M.T.R. intra-craniche ed intra-spinali.

Disturbi della statica posturale.

2. Tecnica di equilibrio del forame occipitale e delle parti condiloidee:

(Thomas SCHOOLEY) (Fig.338)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, gomiti appoggiati sul tavolo.

Posizione delle mani:

Gli indici ed i medi sono posizionati al livello dell'inserzione dei muscoli posteriori della nuca

sulla linea curva occipitale ed il più vicino possibile alle parti condiloidee occipitale ed al forame occipitale.

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Tecnica:

Comprimere leggermente la parte posteriore dell'infra-occipite medialmente con i medi. Soprattutto non bisogna divaricare i medi per non accentuare la compressione delle parti condiloidee.

Nel medesimo tempo, con gli indici, indurre una divaricazione della parte anteriore dell'infra-occipite creando una coppia di forze a partire dai medi e senza abbandonare la compressione dei medi stessi sulla parte posteriore dell'infra-occipite. Infine, a partire dagli anulari posizionati sulla squama occipitale, imprimere un movimento di rotazione in un senso o in un altro, secondo il senso dei tessuti ed il tipo di correzione desiderato.

3. Tecnica di decompressione delle parti condiloidee

A. Nel neonato: (Fig.339)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizione delle mani:

Una mano sotto l'occipite: indice e medio il più vicino possibile alla parte posteriore delle masse laterali. Pollice ed anulare ripiegati al contatto della squama.

L'altra mano:

Medio sulla sutura metopica, indice ed anulare da una parte e dall'altra della sutura metopica, sui frontali.

Test di compressione:

Posizionare la testa del bambino in flessione anteriore per liberare al massimo i condili occipitali. Indurre una leggera trazione bilaterale delle parti condiloidee e reperire il lato in restrizione. Indurre alternativamente una leggera trazione con l'indice poi una leggera trazione con i medio e comparare la qualità della resistenza tessutale per confermare la diagnosi di compressione condilare uni o bi-laterale.

Tecnica correttiva:

La mano frontale fissa una leggera pressione sulla sutura metopica per creare un punto di appoggio (fulcro) al livello del polo anteriore della falce del cervello.

La mano occipitale: indice e medio inducono una leggera tensione posteriorizzante così come una leggera divaricazione diretta sulle masse laterali. Anulare e mignolo dirottano la squama occipitale. Parallelamente, e senza bloccare il ritmo cranico, le quattro dita seguono il movimento elicoidale di svolgimento tessutale, risultato della compensazione della parte membranosa rispetto alla parte cartilaginea.

Note:

Se la compressione è notevole, oltre al punto di appoggio metopico, si può aggiungere una decompressione del frontale e/o dello sfenoide. Se il bambino grida, piange o si agita, non bisogna tenerne conto. Egli mette in tensione le sue proprie forze correttive. In caso di compressione unilaterale la tecnica è identica, ma solo il medio oppure l'indice è attivo, poiché l'altro dito rimane neutro e serve da punto di appoggio al dito correttivo.

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B. Nell'adulto o nel bambino: (Fig.340)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, i gomiti appoggiati sul tavolo

Posizione delle mani:Mani a coppa che sostengono l'occipite, gli indici ed i medi il più vicino possibile ai condili. Anulari e mignoli ripiegati al contatto della squama.

Test di compressione:

Posizionare la testa del paziente in flessione anteriore per liberare al massimo i condili occipitali. Indurre una leggera trazione bilaterale delle parti condiloidee e reperire il lato in restrizione. Indurre alternativamente una leggera trazione con l'indice poi una leggera trazione con il medio e comparare la qualità della resistenza tessutale per confermare la diagnosi di compressione condilare uni o bi-laterale.

Tecnica correttiva:

Indici e medi seguono il movimento tessutale nella sua lesione, ciò vale a dire che inducono il movimento tramite l'accentuazione della disfunzione associata ad una leggera divaricazione diretta sulle masse laterali. Questa tensione divaricatrice si effettua avvicinando l'una con l'altra le eminenze ipotenar per il bambino ed avvicinando i gomiti, con i polsi che restano fermi, per l'adulto. Gli anulari ed i mignoli derotano la squama occipitale. Parallelamente, e senza bloccare il ritmo cranico, le dita seguono il movimento elicoidale tessutale della squama. E' possibile anche toccare con i pollici le apofisi mastoidee ed indurre un'apertura dei temporali in parallelo.

C. Indicazioni:

Disturbi funzionali legati al nervo grande ipoglosso.

Compressione della S.S.B.

Disfunzioni neuro-vegetative in relazione al forame occipitale.

Disturbi neurologici psico-motori e ritardi dello sviluppo psico-motorio.

Disfunzioni cinetiche occipito-atloidee.

Disfunzioni neuro-vegetative legate al ganglio cervicale superiore.

Squilibrio delle tensioni membranose intra-craniche.

IV. Tecnica di modellatura:

1. Modellatura della base: (Fig.341)

Posizione del paziente: in decubito o, per il bambino, nella posizione che egli accetterà (in braccio alla madre, sulle ginocchia del terapeuta ecc)

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizione delle mani: Una mano trasversalmente sotto l'occipite, l'altra eventualmente appoggiata sul frontale.

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Test:

Apprezzare la mobilità dell'occipite in rapporto all'atlante, nel medesimo tempo apprezzare il M.R.P. al livello della base.

In seguito accertare la consistenza ed il grado di malleabilità dell'occipite e le zone di iperdensità ossea.

Tecnica:

Sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. Con il palmo della mano, effettuare leggerissime induzioni di espansione laterale della base sulla o sulle bozze occipitali iperdense, per liberare le fibre intra-ossee e migliorare la circolazione fluidica intra-ossea. Cessare questa manovra quando l'osso appare più caldo, più vivo e mobile, più malleabile.

Nota:

Il movimento della base in rapporto all'atlante non deve in nessun caso essere bloccato al fine di consentire il riequilibrio parallelo in rapporto all'atlante

2. Modellatura della squama: Tecnica del rastrello (variante R.CAPOROSSI) (Fig.342)

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizione delle mani: Una mano sotto la squama, con le dita in direzione caudale, il polpastrello delle falangi distali sulla linea curva occipitale posteriore, l'altra eventualmente appoggiata sul frontale.

Test:

Apprezzare la mobilità dell'occipite e della squama, nel medesimo tempo apprezzare il M.R.P. al livello della base.

In seguito accertare la consistenza ed il grado di malleabilità dell'occipite e della squama e le zone di iperdensità ossea.

Tecnica:

Sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. Concentrando l'attenzione sulla zona iperdensa, effettuare, con il palmo della mano e con le dita, leggerissime induzioni in "rastrellatura" centripeta verso il centro della zona di iperdensità alternandole con leggerissime induzioni centrifughe sulla periferia.

Nota:

Questa modellatura deve essere effettuata sempre al ritmo del M.R.P. Il rispetto dei tessuti ossei è di primaria importanza e non deve essere impiegata alcuna induzione forzata.

V. Tecniche di equilibrio membranoso dell'occipitale:

1. Derotazione della squama: (Fig.343)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente

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Posizione delle mani: Gli indici sono a contatto delle bozze parietali. I pollici incrociati sono a contatto degli angoli postero-superiori dei parietali, da una parte e dall'altra del lambda. I medi sono a contatto con le apofisi mastoidee dei temporali. Gli anulari ed i mignoli sono a contatto della linea curva occipitale da una parte e dall'altra dell'inion.

Tecnica:

Fissare innanzitutto un leggero disimpegno della squama e dei parietali al livello del lambda, inducendo una leggera trazione verso il soffitto e nel medesimo tempo un disimpegno dei due parietali l'uno dall'altro. In seguito, mantenendo la leggera tensione dura-merica, agire con un tocco molto leggero degli anulari e dei mignoli al livello della squama per consentirle il ritorno alla posizione normale, con l'opistion che riparte indietro, verso il centro.

2. Tecniche sfera anteriore-sfera posteriore

a) Equilibrio fronto-occipitale: (Fig. 344a e 344b)

Lo scopo di questa tecnica è di riequilibrare l'occipitale in rapporto al blocco fronto-sfenoidale.

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizione delle mani: Il palmo della mano inferiore afferra a coppa l'occipitale. Il palmo della mano superiore afferra trasversalmente il frontale, le articolazioni metacarpo-falangiche sono a contatto con la sutura metopica.

Tecnica:

Innanzitutto sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. Seguire poi il frontale nei parametri cinetici più liberi. Da questo punto fulcro frontale, seguire l'occipitale in accumulo di tensioni, senza mai bloccare il M.R.P. e fino al rilassamento completo dei tessuti ed alla sensazione palpatoria di maggiore malleabilità dell'occipitale.

b) Equilibrio occipito-frontale:

Lo scopo di questa tecnica è di riequilibrare il blocco fronto-sfenoidale in rapporto all'occipitale.

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizione delle mani: il palmo della mano inferiore afferra a coppa l'occipitale. Il palmo della mano superiore afferra trasversalmente il frontale, le articolazioni metacarpo-falangiche sono a contatto con la sutura metopica.

Tecnica:

Innanzitutto sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. Seguire poi l'occipite nei parametri cinetici più liberi. Da questo punto fulcro occipitale, seguire il frontale in accumulo di tensioni, senza mai bloccare il M.R.P. e fino al rilassamento completo dei tessuti ed alla sensazione palpatoria di

maggiore malleabilità del frontale.

c) Equilibrio sfeno-occipitale: (Fig. 345)

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Lo scopo di questa tecnica è di riequilibrare l'occipitale in rapporto allo sfenoide.

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, da un lato

Posizione delle mani: il palmo della mano inferiore afferra a coppa l'occipitale, dal lambda all'inion, con il pollice ed il mignolo a contatto con gli angoli infero-laterali dell'occipitale. La mano superiore è a contatto dello sfenoide al livello delle grandi ali tramite la pinza pollice-indice e l'apofisi pterigoidea tramite contatto intra-buccale con il mignolo.

Tecnica:

Innanzitutto sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. Durante la fase inspiratoria primaria cranica, seguire ed indurre lo sfenoide nei suoi parametri cinetici , attorno a tutti i suoi assi, nel corso del suo movimento di flessione . Da questo punto fulcro sfenoidale, seguire l'occipitale in accumulo di tensioni, attorno a tutti i suoi assi, senza mai bloccare il M.R.P. e fino al rilassamento completo dei tessuti ed alla sensazione palpatoria di maggiore malleabilità dell'occipitale.

d) Equilibrio occipito-sfenoidale:

Lo scopo di questa tecnica è di riequilibrare lo sfenoide in rapporto all'occipitale.

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, sul lato.

Posizione delle mani: il palmo della mano inferiore afferra a coppa l'occipitale, dal lambda all'inion, pollice e mignolo a contatto con gli angoli infero-laterali dell'occipitale . La mano superiore è a contatto con lo sfenoide al livello delle grandi ali tramite la pinza pollice-indice e con l'apofisi pterigoidea in maniera intra-buccale tramite il mignolo.

Tecnica:

Innanzitutto sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. Nel corso della fase inspiratoria primaria cranica, seguire ed indurre l'occipitale nei suoi parametri cinetici, attorno a tutti i suoi assi, nel corso del suo movimento di flessione.

Partendo da questo punto fulcro occipitale, seguire lo sfenoide in accumulo di tensioni, attorno a tutti i suoi assi, senza mai bloccare il meccanismo respiratorio primario e fino al rilassamento completo dei tessuti ed alla sensazione palpatoria di una cinetica più armoniosa dello sfenoide.

3. Tecniche di equilibrio occipito-sacrale

A. tecnica per un solo terapeuta: (Fig.346)

. In decubito:

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: di fianco al paziente

Posizione delle mani: il palmo della mano caudale afferra il sacro, il medio è a contatto con l'apofisi spinosa di L5, l'indice e l'anulare a contatto da una parte e dall'altra del piatto sacrale. Il palmo della mano cefalica afferra trasversalmente l'occipite.

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Test palpatorio:

Sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. e apprezzare il movimento tessutale. La mano sacrale testa il movimento tessutale del sacro. La mano occipitale testa il movimento dell'occipite.

Tecnica di equilibrio:

La mano sacrale segue il movimento più libero del sacro. La mano occipitale segue il movimento più libero dell'occipitale. Seguire simultaneamente i movimenti delle due parti ossee accumulando le tensioni e facendosi aiutare in caso di bisogno dalla partecipazione respiratoria toraco-addominale del paziente. Cessare la manovra di induzione allo "Still point" ed in seguito apprezzare con cura che i movimenti del sacro e dell'occipite siano liberi e sincroni.

Nota:

Con questa tecnica si può equilibrare l'occipite in rapporto al sacro od il sacro in rapporto all'occipite. Si può anche aiutarsi usando le forze autocorrettive interne sollecitando la cooperazione respiratoria toraco-addominale del paziente o la dorsi flessione/estensione plantare.

. In latero-cubito:

Posizione del paziente: in latero-cubito

Posizione del terapeuta: seduto, di fianco al paziente

Posizione delle mani: il palmo della mano caudale afferra il sacro, le eminenze tenar e ipotenar sono sui solchi, le altre dita sono dirette podalicamente a contatto con il coccige. Il palmo della mano cefalica afferra l'occipite, le eminenze tenar ed ipotenar sono sulla base dell'occipite, le altre dita a contatto della squama occipitale.

Test palpatorio:

Sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. e apprezzare il movimento tessutale. La mano sacrale testa il movimento tessutale del sacro. La mano occipitale testa il movimento dell'occipite.

Tecnica di equilibrio:

La mano sacrale segue il movimento il più libero del sacro. La mano occipitale segue il movimento più libero dell'occipitale. Seguire simultaneamente i movimenti delle due parti ossee accumulando le tensioni e facendosi aiutare in caso di bisogno dalla partecipazione respiratoria toraco-addominale del paziente. Cessare la manovra di induzione allo "Still point" ed in seguito verificare con cura che i movimenti del sacro e dell'occipite siano liberi e sincroni.

Nota:

Con questa tecnica si può equilibrare l'occipite in rapporto al sacro od il sacro in rapporto all'occipite.

B. Tecnica per due terapeuti (Tecnica a quattro mani) (Fig.347):

Posizione del paziente: decubito

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Posizione degli operatori: un terapeuta seduto alla testa del paziente, gomiti sul tavolo, mani a coppa sotto l'occipite. L'atro terapeuta in piedi, di fianco al paziente, all'altezza del bacino, che afferra con il palmo della mano il sacro, con il medio a contatto dell'apofisi spinosa di L5 e l'indice e l'anulare da una parte e dall'altra del piatto sacrale.

Test palpatorio e tecnica di equilibrio:

Ognuno dei terapeuti apprezza la cinetica della parte ossea sotto la sua mano. L'equilibrio può consistere nel seguire ed indurre insieme le due parti ossee procedendo nel senso della lesione. Oppure, da una parte, un terapeuta induce un punto fisso in accumulo di tensioni nel senso che provoca lesione a partire dal quale l'altro terapeuta indurrà la sua correzione seguendo gli stessi parametri di accumulo delle tensioni.

Nota:

Con questa tecnica si può equilibrare l'occipite in rapporto al sacro od il sacro in rapporto all'occipite o entrambi insieme. Si può anche aiutarsi usando le forze autocorrettive interne sollecitando la cooperazione respiratoria toraco-addominale del paziente o la dorsi flessione/estensione plantare.

VI. Tecniche di equilibrio delle fasce dell'occipitale:

1. Tecnica di equilibrio cervico-dura-merico: (Fig.348)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: alla testa del paziente

Posizione delle mani: una mano a coppa sostiene l'occipite, l'indice e l'anulare sono sopra l'occipite da una parte e dall'altra dell'inion. Il medio è a contatto dell'apofisi spinosa dell'epistrofeo. L'altra mano è in contro-appoggio sul frontale.

Tecnica di equilibrio fasciale:

Prima di tutto effettuare un test palpatorio dell'occipite poi del piano occipito-atloideo. Indurre successivamente, nel senso che provoca lesione, l'occipite, il piano occipito-atloideo ed infine il rimanente delle fasce cervicali. Seguire infine lo svolgimento tessutale fasciale fino al suo completo svolgimento e l'incontro dello "Still point". Ripraticare un test palpatorio delle differenti strutture per apprezzare il risultato ottenuto.

2. Tecnica di correzione ed equilibrio simultaneo cervico-fasciale: variante chiamata "a collo d'uccello" di F.PEYRALADE (Fig.349)

Questa tecnica consente di diagnosticare le disfunzioni cinetiche vertebrali e fasciali del piano occipite-atlante epistrofeo e le disfunzioni cinetiche respiratorie primarie dell'occipite e di intervenire simultaneamente sulla totalità delle componenti che provocano lesione.

Posizione del paziente: in decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizioni delle mani: i palmi delle mani afferrano bilateralmente la base del cranio e la nuca del paziente. I pollici sono a contatto delle branche temporo-zigomatiche dei temporali. Il polpastrello degli indici toccano le apofisi trasverse dell'atlante, le falangi prossimali e mediali sono a contatto dei mastoidi. I medi sono a contatto con i pilastri articolari al livello di C2-C3.Gli anulari toccano i pilastri articolari al livello di C3-C4. I mignoli sono a contatto della squama occipitale.

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Tecnica:

Posizionare la colonna cervicale nella posizione neutra fisiologica specifica del paziente. Dapprima testare la posizione e la cinetica respiratoria primaria dell'occipite. Testare in seguito le eventuali disfunzioni cinetiche delle cervicali superiori. Indurre poi, in tecnica funzionale, i differenti livelli vertebrali tramite "l'accatastamento" delle disfunzioni. Indurre successivamente le disfunzioni respiratorie primarie occipitali in accumulo di tensioni. Accumulare infine le tensioni fasciali. Non rilasciare nessuno dei parametri strutturali, cranici o fasciali ed attendere seguendo i tessuti per accumulo progressivo delle tensioni, in tutti i parametri sopracitati, che si verifichi la liberazione tessutale in ognuno dei tre parametri da liberare.

3. Tecnica di equilibrio per occipitale posteriore con nuca rigida: (Fig.350)

I condili occipitali sono bloccati indietro sulla faccetta dell'atlante. A questa restrizione di mobilità consegue una disfunzione cinetica respiratoria primaria dell'occipitale in estensione con, come corollario circolatorio, una alterazione del drenaggio linfatico ed una limitazione del flusso sanguino cranico e con, come corollario strutturale, una restrizione della cinetica cervicale con difficoltà cronica del movimento e squilibrio delle tensioni dei muscoli tonico-tonici e tonico-fasici della parte con la possibilità che il disturbo possa ripercuotersi a distanza.

Posizione del paziente: in decubito, mani sul cranio, dita intrecciate.

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, gomiti appoggiati sul tavolo

Posizione delle mani: gli indici ed i medi di ogni mano sono a contatto delle apofisi trasverse dell'atlante e gli anulari ed i mignoli appoggiano sull'occipite, sulla linea curva occipitale, da una parte e dall'altra dell'inion.

Tecnica:

Chiedere al paziente di premere caudalmente sul cranio con le mani per compattare la zona occipito-atloidea. Tenere fermamente e portare indietro la testa con un movimento di bascula per rilassare i tessuti molli. Imprimere una pressione anteriore e cefalica per aiutare il movimento di anteriorizzazione dei condili sui gleni dell'atlante. Tenere per alcuni istanti il fulcro, per consentire lo svolgimento tessutale. Ripetere la manovra diverse volte.

4. Tecnica di equilibrio occipito-sternale di V.FRYMANN (Fig.351)

Posizione del paziente: in decubito.

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente.

Posizione delle mani: mano caudale: a contatto con lo sterno

Mano cefalica: con il palmo che afferra l'occipite.

Test palpatorio:

Sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. e apprezzare il movimento tessutale. La mano occipitale testa

il movimento tessutale dell'occipite. La mano sternale testa il movimento dello sterno.

Tecnica di equilibrio:

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La mano occipitale segue il movimento più libero dell'occipite. La mano sternale segue il movimento più libero dello sterno. Seguire simultaneamente i movimenti delle due parti ossee accumulando le tensioni aiutandosi, in caso di necessità, con la partecipazione respiratoria toraco-addominale del paziente. Cessare la manovra allo "Still point".

VII. Tecniche specifiche suturali:

1. Correzione occipito-mastoidea: (Fig.352)

Lo scopo è di liberare il P.C.S.M. e la sutura occipito-mastoidea ridotta, generalmente esito di un trauma e che porta come conseguenza un movimento paradossale tra l'occipite ed il temporale. Prima di questa manovra, è importante correggere le eventuali lesioni occipito-atloidee che possono mantenere l'occipite in falsa posizione e quindi tenere "grippata" la sutura occipito-mastoidea. Le correzioni dell'atlante guariscono abbastanza spesso le lesioni occipito-mastoidee.

1. Tecnica di accentuazione della disfunzione:

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, i gomiti sul tavolo.

Posizione delle mani: una mano sotto l'occipite.

L'altra mano testa il temporale con le cinque dita:

Il pollice sull'apofisi zigomatica

L'indice sotto l'apofisi zigomatica

Il medio nel C.A.E. (canale acustico esterno)

L'anulare sulla parte anteriore dell'apofisi mastoidea

Il mignolo sulla parte posteriore dell'apofisi mastoidea.

Tecnica:

Durante la fase espiratoria cranica, la mano occipitale porta l'occipite in estensione e cerca il punto di bilanciamento. La mano occipitale posiziona il temporale in rotazione interna. Mantenere la posizione aumentando il potenziale auto-correttivo delle M.T.R., chiedendo un'apnea espiratoria trattenuta il più a lungo possibile poichè la liberazione si sente in generale alla fine dell'apnea. Per aumentare ulteriormente le forze auto-correttive, si può chiedere al paziente di effettuare una estensione contro-laterale della caviglia. Si può inoltre aggiungere, con la mano occipitale, una componente di fluttuazione del L.C.R. in direzione della sutura.

2. Tecnica di movimento fisiologico opposto: (secondo MAGOUN)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, i gomiti sul tavolo.

Posizione delle mani: una mano sotto l'occipite.

L'altra mano testa il temporale con le cinque dita:

Il pollice sull'apofisi zigomatica

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L'indice sotto l'apofisi zigomatica

Il medio nel C.A.E. (canale acustico esterno)

L'anulare sulla parte anteriore dell'apofisi mastoidea

Il mignolo sulla parte posteriore dell'apofisi mastoidea.

Tecnica per un temporale in rotazione interna:

Durante la fase espiratoria cranica, una mano porta l'occipite in estensione e cerca di trattenerla nel suo punto di bilanciamento. L'altra mano posiziona il temporale in rotazione esterna seguendo l'asse fisiologico di mobilità, durante la fase inspiratoria primaria successiva. Mantenere questa posizione chiedendo un'inspirazione toraco-addominale profonda seguita da un'apnea inspiratoria trattenuta il più a lungo possibile poiché la liberazione si sente in generale alla fine dell'apnea.

3. Tecniche di correzione diretta:

Le due tecniche precedenti possono essere utilizzate in correzione diretta. Basta invertire i parametri e posizionare le placche ossee all'inverso rispetto alla disfunzione incontrata.

In una disfunzione temporale in rotazione interna, sarà necessario quindi portare l'occipite in flessione ed il temporale in rotazione esterna nel corso della fase inspiratoria cranica e chiedere al paziente un'apnea inspiratoria trattenuta.

. Correzione della sutura petro-basilare:

1. Liberazione bilaterale petro-basilare: (Tecnica della tromba di Eustachio) (Fig.353)

Lo scopo è di ripristinare l'integrità funzionale della tromba di Eustachio responsabile di disturbi funzionali come ronzii, male di altitudine, ingorgo orbitale, catarri tubarici, otiti. La manovra migliora anche il drenaggio della vena oftalmica, dei seni cavernosi e petrosi come anche della vena giugulare.

Posizione del paziente: in decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, i gomiti sopra la tavola

Posizione delle mani: i palmi sono sotto la squama occipitale, le dita intrecciate, le eminenze tenar sulle porzioni mastoidee e le falangi distali dei pollici sulle apofisi mastoidee.

Tecnica:

Senza fare nulla, apprezzare l'ampiezza ed il senso generale dei movimenti, visualizzando perfettamente l'asse fisiologico dei temporali. Sincronizzarsi in seguito al ritmo dei movimenti. Esercitare poi una pressione in basso ed indietro sulle apofisi mastoidee per aprire i temporali in rotazione esterna, portandoli nel frattempo leggermente indietro. Mantenere questa posizione chiedendo nel contempo al paziente dei cicli di 4 o 5 inspirazioni veloci seguite da 4 o 5 espirazioni veloci. Parallelamente ed in sincronia con la spalla o il petto ( o la fronte nel bambino) effettuare pressioni leggere alternate a rilasciamenti al livello della glabella.

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Continuare in questo modo per alcuni cicli respiratori del paziente, poi lasciarlo respirare normalmente. Ricominciare il ciclo fino ad ottenere il rilassamento generale dei tessuti. Dopo questa manovra, badare a ripristinare la mobilità normale dei temporali tirandoli leggermente verso l'alto e inducendoli bilateralmente in rotazione interna mentre il paziente effettua alcuni cicli respiratori.

2. Correzione unilaterale petro-basilare: (Fig.354)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, i gomiti sul tavolo.

Posizione delle mani: una mano sotto l'occipite.

L'altra mano testa il temporale con le cinque dita:

Il pollice sull'apofisi zigomatica

L'indice sotto l'apofisi zigomatica

Il medio nel C.A.E. (canale acustico esterno)

L'anulare sulla parte anteriore dell'apofisi mastoidea

Il mignolo sulla parte posteriore dell'apofisi mastoidea.

Tecnica del movimento fisiologico opposto: (MAGOUN)

Durante la fase espiratoria cranica, portare l'occipite in estensione con la mano occipitale . Posizionare il temporale in rotazione esterna premento l'apofisi zigomatica in basso ed in fuori e l'apofisi mastoidea indietro ed in dentro durante la fase inspiratoria primaria cranica . Mantenere la posizione delle placche ossee fino a percepire il rilassamento dei tessuti.

3. Correzione petro-giugulare: (Fig.355)

Lo scopo è di ristabilire l'integrità del movimento di questa sutura provata dalle estrazioni dentali e di consentire un miglioramento del drenaggio giugulare a volte responsabile di cefalee posteriori.

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, i gomiti sul tavolo.

Posizione delle mani: una mano sotto l'occipite.

L'altra mano testa il temporale con tre dita:

L'indice sotto l'apofisi zigomatica

Il medio nel C.A.E. (canale acustico esterno)

L'anulare sulla parte anteriore del solco digastrico dell'apofisi mastoidea

Tecnica:

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Durante la fase inspiratoria cranica, la mano temporale solleva leggermente il temporale verso l'alto, al livello dell'apofisi zigomatica, poi posiziona il temporale in rotazione esterna ed infine lo trascina in fuori. La mano occipitale porta l'occipite in flessione e gli imprime una trazione inversa a quella del temporale. Mantenere la posizione fino a percepire il rilassamento dei tessuti.

Nota:

Questa manovra può essere effettuata con lo scopo di drenare il sistema venoso cranico. Bisogna allora procedere con dei movimenti ritmati in relazione al ritmo cranico.

4. Tecnica di correzione parieto-occipitale: (Fig.350)

Posizione del paziente: in decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, i gomiti sul tavolo

Posizione delle mani: la mano superiore, parietale, afferra il parietale con il palmo. I medio è situato a contatto della linea curva parietale superiore al livello dell'asse di mobilità del parietale, l'indice e l'anulare toccano il parietale, da una parte e dall'altra del medio. La mano inferiore, occipitale, afferra con il palmo la squama occipitale in modo che le estremità dell'indice, del medio e dell'anulare si trovino posteriormente rispetto alla sutura lambdoidale ed a fronte dell'indice, del medio e dell'anulare parietali.

Tecnica:

Nel corso della fase inspiratoria primaria cranica, indurre l'occipitale in flessione e mantenervelo. Fissare in seguito la decoaptazione della sutura parietale, sotto l'occipitale, inducendo una leggera pressione mediale, sul parietale a tavolato esterno, sopra il perno parietale così come la decoaptazione della sutura occipitale a tavolato esterno, con una leggera pressione mediale sull'occipitale, sotto al perno occipitale.

Infine indurre il disimpegno suturale esercitando una leggera trazione opposta delle due parti ossee, con le due mani e senza bloccare il meccanismo respiratorio primario, fino al rilassamento tessutale.

5. Tecnica di disimpegno lambdoidale: (Fig.357)

Lo scopo è di ristabilire la libertà funzionale del lambda.

Posizione del paziente e del terapeuta: il paziente in decubito, il terapeuta per effettuare questa manovra dovrà trovarsi in posizione molto bassa con la testa del paziente praticamente in alto della tavola.

Posizione delle dita:

Presa tramite la volta parietale.

I mignoli sulla squama occipitale al livello degli angoli infero-laterali

I pollici incrociati a cavallo della sutura inter-parietale al livello del lambda.

Le altre dita sui parietali.

Tecnica:

Durante la fase espiratoria primaria cranica: liberare gli angoli postero-superiori dei parietali,

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schiacciando medialmente le suture esterne. In seguito, durante la fase inspiratoria primaria: i pollici si divaricano e liberano i parietali dall'occipitale spingendo gli angoli postero-superiori dei parietali verso l'alto. I mignoli spingono l'occipite, in flessione, inferiormente.

Le altre dita aumentano la rotazione esterna dei parietali.

VIII. Tecniche circolatorie:

1. "Pump Technique" (Fig.358)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizione delle mani: gli indici, i medi e gli anulari sono a contatto della base del cranio da una parte e dall'altra della linea mediana. I pollici sono sulle apofisi mastoidee dei temporali.

Tecnica:

Sincronizzarsi innanzitutto al meccanismo respiratorio primario. Nel corso della fase inspiratoria primaria, indurre in rotazione esterna la base temporale e partendo da questo punto fisso, indurre una pressione sulla base occipitale in avanti ed in fuori. Lasciare libera l'induzione alla fine della fase inspiratoria senza abbandonare il contatto con le parti ossee.

Questa manovra deve essere ripetuta ad ogni fase inspiratoria e sincrona al M.R.P. Continuare la manovra fino a percepire una sensazione di calore sulle mani del terapeuta o sulla base della nuca del paziente.

2. "Pan-dura technique" V.FRYMANN (Fig.359)

Si tratta di una tecnica di ripristino e riequilibrio globale delle tensioni meccaniche dura-meriche con un'azione correlativa sulle tensioni meccaniche al livello dei seni venosi. E' quindi un'eccellente tecnica di drenaggio generale del cranio.

Lo scopo è di riequilibrare le tensioni globali delle M.T.R., rendendo armoniose le tensioni meccaniche tra la parte cartilaginea (tentorio del cervelletto) e la parte membranosa (falce del cervello) dell'occipitale e consentendo in questo modo un riequilibrio del fulcro di Sutherland al livello delle M.T.R e conseguentemente un riequilibrio dell'omeoresi muscolo-scheletrica così come una regolarizzazione del flusso venoso che partecipa al miglioramento dell'omeostasi cranica e generale. Secondo lo spirito con cui la si adopera, questa tecnica può avere uno scopo meccanico di riequilibrio delle tensioni o uno scopo fluidico di riequilibrio metabolico.

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: in piedi alla testa del paziente

Posizione delle mani: la mano caudale sinistra afferra con il palmo la parte cartilaginea del cranio, al livello della linea curva occipitale, con le dita posizionate caudalmente sul collo. La mano cefalica destra, a contatto con la parte membranosa dell'occipitale, sopra l'inion, con indice e medio sul supra-occipite, e con pollice e mignolo a contatto dei parietali. L'avambraccio cefalico non fa che sfiorare il frontale.

Tecnica:

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Indurre una leggera tensione sull'occipite cartilagineo. Indurre una leggere tensione separativa sulla squama occipitale. Seguire i movimenti delle M.T.R. ed assicurare delicatamente l'equilibrio progressivo delle tensioni membranose adattandosi al ritmo cranico e senza bloccarlo.

Indurre il movimento e seguire i tessuti fino a non percepire più tensioni.

Variante alla tecnica:

Una volta raggiunto l'equilibrio delle M.T.R., si può usare questa presa del cranio con uno scopo essenzialmente mirato al sistema circolatorio. Bisogna allora sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. ed accentuarlo con le mani caudale e cefalica e con l'avambraccio cefalico che si appoggia sul frontale partecipando al pompaggio del cranio.

Indicazioni:

Tecnica essenzialmente indicata per l'adulto ed il bambino grande. Medesime indicazioni che per la tecnica dei seni:

Riequilibrio del punto fulcro di Sutherland

Consolidazione dell'omeoresi muscolo-scheletrica

Drenaggio circolatorio del cranio

Ipertensione intra-cranica

Cefalee dovute a stasi venosa

Cefalee di origine muscolo-scheletrica

Dolori retro-oculari (seno cavernoso)

Emicranie di origine oftalmica

Compressione della S.S.B.

Ritardo nello sviluppo psico-motorio

Patologie cerebro-motorie

Disturbi del comportamento nel bambino

Astenia del bambino e dell'adulto

Stati depressivi dell'adulto.

3. Tecnica di drenaggio dei seni occipitali (Vedere anche il capitolo sulle tecniche di drenaggio del cranio)

Posizione del paziente: decubito, testa in posizione neutra

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente con i gomiti appoggiati sul tavoloDrenaggio dall'inion al forame occipitale:

Posizione delle dita: i medi uno contro l'altro che toccano l'inion.

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Manovra:

Rimanere in questa posizione inducendo una leggera tensione dei polpastrelli dei medi ed aspettare fino a sentire un riscaldarsi, un ammorbidimento, un distendersi dei tessuti, una leggera sudorazione cutanea (reazione neurogena). Spostare quindi i medi verso il forame occipitale e ricominciare la manovra, con gli stessi parametri. Spostare un'ultima volta i medi in direzione del forame occipitale e ricominciare la manovra.

Drenaggio dei seni laterali:

Posizione delle dita: tornare sull'inion e appoggiare i mignoli uno contro l'altro sull'inion e le tre dita successive di ogni mano da una parte e dall'altra dell'inion, sulla linea curva occipitale superiore. Ci si trova allora al livello dei seni laterali.

Manovra:

Indurre una leggerissima tensione dei polpastrelli delle dita ed attendere mantenendo i medesimi parametri di rilassamento tessutale.

Drenaggio del seno longitudinale superiore dall'inion al lambda:

Posizione delle dita: ritornare all'inion e posizionare gli indici da parte a parte sull'inion e le ultime tre dita di ogni mano , da parte a parte, potendo così trattare la S.L.S dall'inion al lambda.

Manovra: Esercitare una leggera tensione con il polpastrello delle dita ed i flessori comuni delle dita. Attendere il rilassamento tessutale secondo i parametri abituali.

IX. Tecniche per le lesioni intra-ossee dell'occipitale:

fare riferimento al capitolo specifico sulle lesioni intra-ossee.

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CAPITOLO XXXIII

DISFUNZIONI CINETICHE DELLO SFENOIDE

I. Tecniche di correzione delle compressioni membranose sfeno-basilari:

Lo scopo di queste tecniche decompressive è di normalizzare e di ampliare il meccanismo respiratorio primario sia al livello osseo che al livello membranoso e fluidico.

Per potenziare l'effetto decompressivo di queste tecniche, il terapeuta può sollecitare la collaborazione respiratoria del paziente e le forze meccaniche delle membrane di tensioni reciproche tramite la dorsi-flessione e la dorsi-estensione dei piedi.

1. Tecnica di decompressione tramite la volta: (Fig.360)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, i gomiti appoggiati sul tavolo.

Posizione delle dita: i polpastrelli degli indici toccano le faccette temporali del frontale, al livello della spina dei pilastri esterni. I mignoli sono a contatto degli angoli infero-laterali dell'occipitale.

Tecnica:

Praticare con gli indici una leggera supinazione per fissare un contatto osseo saldo con la spina dei pilastri del frontale. In seguito, appoggiando sull'occipitale e assicurandovi un punto fisso, indurre un disimpegno del frontale verso il soffitto per ridurre l'impattamento della zona condrale sfeno-basilare. Mantenere questo disimpegno. Dopo un tempo variabile secondo il grado di compressione sfeno-basilare, la cinetica sfeno-basilare ricompare.

Da questo momento, indurre la S.S.B. in flessione sincrona al M.R.P. ricomparso, conservando il disimpegno ed ampliandolo alla fine di ogni flessione. Durante la manovra di decompressione possono comparire movimenti annessi sia al livello del frontale, sia al livello dell'occipitale, sia al livello di entrambe le parti ossee: seguire allora questi movimenti, senza lasciare il disimpegno sfeno-basilare e mantenendo il sincronismo cinetico respiratorio primario nuovamente apparso. Continuare la tecnica per alcuni cicli respiratori, fino ad ottenere un'ampiezza soddisfacente, poi lasciare la compressione e concludere ritestando il guadagno di ampiezza in flessione-estensione.

Note:

Nell'adulto, visto il peso della testa, il contatto occipitale non è obbligatorio. Esso consente ciononostante una maggiore precisione palpatoria del ripristino globale della cinetica sfeno-basilare.

2. Tecnica con collaborazione del paziente:

Si tratta esattamente della medesima tecnica ma il paziente può aiutare il terapeuta sollevando egli stesso gli indici del terapeuta verso il soffitto. Questo aiuto consente al terapeuta una maggiore concentrazione sul ripristino della cinetica sfeno-basilare e sui movimenti che ne conseguono.

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3. Tecnica di decompressione in approccio fronto-occipitale: (Fig.361)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, con i gomiti appoggiati sul tavolo

Posizione delle mani: una mano a coppa, che afferra trasversalmente l'occipitale. Una mano afferra con il palmo il frontale, il pollice e l'indice toccano le faccette temporali del frontale e la spina dei pilastri esterni.

Tecnica:

La mano inferiore trattiene l'occipitale contro il tavolo. La mano superiore fissa un contatto osseo saldo della spina dei pilastri del frontale tra pollice e indice. In seguito, sempre assicurando un punto fisso sull'occipite, indurre un disimpegno del frontale verso il soffitto per limitare la riduzione della zona condrale sfeno-basilare. Mantenere questo disimpegno.

Dopo un tempo variabile secondo il grado di compressione sfeno-basilare, la cinetica sfeno-basilare ricompare.

Da questo momento, indurre la S.S.B. in flessione sincrona al M.R.P. ricomparso, conservando il disimpegno ed ampliandolo alla fine di ogni flessione. Durante la manovra di decompressione possono comparire movimenti annessi sia al livello del frontale, sia al livello dell'occipitale, sia al livello di entrambe le parti ossee: seguire allora questi movimenti, senza lasciare il disimpegno sfeno-basilare e mantenendo il sincronismo cinetico respiratorio primario nuovamente apparso. Continuare la tecnica per alcuni cicli respiratori, fino ad ottenere un'ampiezza soddisfacente, poi lasciare la compressione e concludere ritestando il guadagno di ampiezza in flessione-estensione.

4. Tecnica frontale: (Fig.362)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, con i gomiti appoggiati sul tavolo

Posizione delle mani: le mani sono in pronazione e le dita intrecciate. Le eminenze ipotenar e soprattutto le pisiformi del terapeuta sono a contatto delle faccette temporali del frontale e dei pilastri esterni.

Tecnica:

Indurre un disimpegno del frontale verso il soffitto per limitare la riduzione della zona condrale sfeno-basilare. Mantenere questo disimpegno. Dopo un tempo variabile secondo il grado di compressione sfeno-basilare, la cinetica sfeno-basilare ricompare.

Da questo momento, indurre lo sfenoide in flessione sincrona al M.R.P. ricomparso, con l'intermediario del frontale, pur conservando il disimpegno ed ampliandolo alla fine di ogni flessione. Durante la manovra di decompressione possono comparire movimenti annessi al livello del frontale: seguire allora questi movimenti, senza lasciare il disimpegno sfeno-basilare e mantenendo il sincronismo cinetico respiratorio primario nuovamente apparso. Continuare la tecnica per alcuni cicli respiratori, fino ad ottenere un'ampiezza soddisfacente, poi lasciare la compressione e concludere ritestando il guadagno di ampiezza in flessione-estensione.

5. Tecnica fronto-sfeno-occipitale: (Fig.363)

Posizione del paziente: decubito

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Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, con i gomiti appoggiati sul tavolo

Posizione delle mani: i polpastrelli degli indici sono a contatto con le faccette temporali del frontale, fino al livello della spina dei pilastri esterni. I mignoli sono a contatto degli angoli infero-laterali dell'occipitale. I polpastrelli dei medi toccano le grandi ali dello sfenoide.

Tecnica:

Effettuare con gli indici una leggera supinazione per fissare un contatto osseo saldo della spina dei pilastri del frontale. In seguito, prendendo per appoggio osseo l'occipitale e assicurandovi un punto fisso, indurre un disimpegno del frontale verso il soffitto e dello sfenoide caudalmente per ridurre l'impattamento della zona condrale sfeno-basilare.

Mantenere il disimpegno. Dopo un certo tempo, variabile in base al grado di compressione sfeno-basilare, la cinetica sfeno-basilare riappare. A partire da questo momento, indurre la S.S.B. con i medi ed i mignoli , conservando il disimpegno ed amplificandolo alla fine di ogni ampiezza di flessione.

Dei movimenti annessi, al livello di una o più parti ossee , possono apparire durante la manovra di decompressione.

Seguire allora questi movimenti, senza lasciare il disimpegno sfeno-basilare, mantenendo il sincronismo cinetico respiratorio primario nuovamente apparso.

Continuare questa tecnica per alcuni cicli respiratori, fino ad ottenere un'ampiezza soddisfacente, poi rilasciare la compressione e concludere ritestando il guadagno in ampiezza della flessione-estensione.

6. Tecnica del "Grasping" (Fig.364)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: in piedi alla testa del paziente.

Posizione delle mani: la pinza pollice-indice della mano superiore tocca le faccette temporali ed i pilastri esterni del frontale. L'indice ed il medio della mano inferiore, in posizione intra-buccale, a contatto dei mascellari, uncinando le arcate dentali superiori dietro agli ultimi molari ma evitando accuratamente le apofisi pterigoidee.

Tecnica:

Durante la fase inspiratoria primaria, se questa è percettibile, indurre con la mano inferiore una trazione in direzione del soffitto e del nasion del paziente per sollevare i mascellari e portarli in rotazione esterna.

Indurre simultaneamente, con la mano superiore, una trazione nella medesima direzione ed un movimento di flessione. Mantenere la trazione durante le fasi di retrazione cranica ed aumentarla ad ogni fase inspiratoria primaria fino a percepire il rilasciamento tessutale ed il ripristino della cinetica della S.S.B.

Nota:

Questa tecnica deve essere praticata dolcemente ed in maniera strettamente simmetrica per evitare di provocare un "lateral strain" al livello della S.S.B.. Si tratta di una tecnica molto efficace ed indicata per l'adulto ma deve essere adoperata con estrema precauzione nel

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bambino ed è totalmente sconsigliata per il neonato.

II. Tecniche di equilibrio membranoso dello sfenoide

1. Equilibrio fronto-occipitale: (Fig.365)

Lo scopo di questa tecnica è di riequilibrare l'occipitale in rapporto al blocco fronto-sfenoidale.

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizione delle mani: il palmo della mano inferiore afferra a coppa l'occipitale. Il palmo della mano superiore afferra trasversalmente il frontale, le articolazioni metacarpo-falangiche sono a contatto con la sutura metopica.

Tecnica:

Innanzitutto sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. Seguire poi il frontale nei parametri cinetici più liberi. Da questo punto fulcro frontale, seguire l'occipitale in accumulo di tensioni, senza mai bloccare il M.R.P. e fino al rilassamento completo dei tessuti ed alla sensazione palpatoria di maggiore malleabilità dell'occipitale.

2. Equilibrio occipito-frontale:(Fig.365)

Lo scopo di questa tecnica è di riequilibrare il blocco fronto-sfenoidale in rapporto all'occipitale.

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizione delle mani: il palmo della mano inferiore afferra a coppa l'occipitale. Il palmo della mano superiore afferra trasversalmente il frontale, le articolazioni metacarpo-falangiche sono a contatto con la sutura metopica.

Tecnica: innanzitutto sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. Seguire poi l'occipite nei parametri cinetici più liberi. Da questo punto fulcro occipitale, seguire il frontale in accumulo di tensioni, senza mai bloccare il M.R.P. e fino al rilassamento completo dei tessuti ed alla sensazione palpatoria di maggiore malleabilità del frontale.

3. Equilibrio sfeno-occipitale: (Fig. 366)

Lo scopo di questa tecnica è di riequilibrare l'occipitale in rapporto allo sfenoide.

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, da un lato

Posizione delle mani: il palmo della mano inferiore afferra a coppa l'occipitale, dal lambda all'inion, con il pollice ed il mignolo a contatto con gli angoli infero-laterali dell'occipitale . La mano superiore è a contatto dello sfenoide al livello delle grandi ali tramite la pinza pollice-indice.

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Tecnica: innanzitutto sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. Durante la fase inspiratoria primaria cranica, seguire ed indurre lo sfenoide nei suoi parametri cinetici , attorno a tutti i suoi assi, nel corso del suo movimento di flessione . Da questo punto fulcro sfenoidale, seguire l'occipitale in accumulo di tensioni attorno a tutti i suoi assi, senza mai bloccare il M.R.P. e fino al rilassamento completo dei tessuti ed alla sensazione palpatoria di maggiore malleabilità dell'occipitale.

4. Equilibrio occipito-sfenoidale:(Fig.366)

Lo scopo di questa tecnica è di riequilibrare lo sfenoide in raporto all'occipitale.

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, sul lato.

Posizione delle mani: il palmo della mano inferiore afferra a coppa l'occipitale, dal lambda all'inion, pollice e mignolo a contatto con gli angoli infero-laterali dell'occipitale . La mano superiore è a contatto con lo sfenoide al livello delle grandi ali tramite la pinza pollice-indice.

Tecnica:

Innanzitutto sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. Nel corso della fase inspiratoria primaria cranica, seguire ed indurre l'occipitale nei suoi parametri cinetici, attorno a tutti i suoi assi, nel corso del suo movimento di flessione.

Partendo da questo punto fulcro occipitale, seguire lo sfenoide in accumulo di tensioni, attorno a tutti i suoi assi, senza mai bloccare il meccanismo respiratorio primario e fino al rilassamento completo dei tessuti ed alla sensazione palpatoria di una cinetica più armoniosa dello sfenoide.

III. Tecniche specifiche suturali:

1. Correzione della sutura fronto-sfenoidale: (Fig.367)

Lo scopo è di liberare la superficie ad L dopo le riduzioni abbastanza frequenti di questa zona.

Terapeuta: seduto alla testa del paziente, dalla parte opposta alla lesione.

Posizione delle dita: la mano caudale sfenoidale afferra lo sfenoide, il mignolo intra-buccale tocca la superficie esterna dell'apofisi pterigoidea e l'indice è sulla faccia esterna della grande ala, dalla parte della lesione e stabilizza lo sfenoide. La mano cefalica frontale tocca la squama del frontale, con presa pollice-indice o pollice-medio. Il pollice fa da contro-appoggio sulla bozza frontale opposta alla sutura lesa ed è sopra lo pterion.

Tecnica:

. Per la sutura della grande ala:

Durante la fase inspiratoria primaria cranica, indurre un disimpegno del frontale con la mano frontale ed un movimento verso l'alto (anteriore e superiore). Questo disimpegno si effettua solo al livello del frontale mentre ci si limita a controllare lo sfenoide al livello della grande ala e dell'apofisi pterigoidea a causa della sutura interna dello sfenoide e quindi del rischio di compressione della sutura in quel punto.

Mantenendo sempre il disimpegno ed a partire dal punto ottenuto, seguire i movimenti della grande ala, per liberarla ed equilibrarla, tramite l'accumulo delle tensioni, fino al completo

rilassamento dei tessuti.

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. Per la piccola ala: dopo aver liberato la grande ala, fare scivolare il frontale sullo sfenoide in un piano postero-anteriore o antero-supero-inferiore che dipende dalla direzione della sutura indicata dalla libertà di direzione (in linea di principio, i frontali si sovrappongono leggermente sulle piccole ali ma a volte questo non si verifica), per liberare il frontale dalla piccola ala.

Conservando il disimpegno, indurre in seguito il frontale lateralmente e medialmente in rotazione esterna, per indurre la liberazione della piccola ala.

Seguire poi i movimenti dell'ala sfenoidale in accumulo di tensioni, fino al completo rilassamento dei tessuti e l'equilibrio completo dell'ala dello sfenoide che si rivela raggiungendo lo "Still point".

Tecnica in approccio tramite la volta: (variante)

Terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizione delle dita: Presa tramite la volta.

Gli indici toccano i pilastri del frontale.

I medi sono sulle grandi ali dello sfenoide

I mignoli sono sugli angoli infero-laterali dell'occipitale.

Tecnica:

Durante la fase inspiratoria primaria:

Con i mignoli, indurre l'occipite posteriormente in flessione per mantenere le piccole ali indietro, tramite il tentorio del cervelletto, e creare così un fulcro. Con gli indici, sollevare gli angoli infero-laterali dei frontali anteriormente (cioè verso il soffitto) fino al punto di tensione equilibrata. Una volta equilibrata la tensione fra frontale ed occipitale, con i medi, portare posteriormente le grandi ali e mantenerle fino al rilassamento completo tessutale.

2. Correzione della sutura sfeno-squamosa: (Fig.368)

Lo scopo è la decompressione del P.S.S.

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, dal lato opposto alla lesione.

Posizione delle mani: la mano temporale lo afferra con le cinque dita:

Il pollice sull'apofisi zigomatica

L'indice sotto l'apofisi zigomatica

Il medio nel C.A.E. (canale acustico esterno)

L'anulare sulla parte anteriore dell'apofisi mastoidea

Il mignolo sulla parte posteriore dell'apofisi mastoidea.

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L'altra mano sfenoidale: il mignolo intra-buccale è posizionato sull'ala esterna dell'apofisi pterigoidea dello sfenoide (questo dito è totalmente inattivo e serve solamente a testare le fasi di respirazione cranica), il medio è sulla grande ala dello sfenoide, l'indice sulla spina del frontale.

Tecnica:

Primo tempo - posizionamento temporale:

Durante la fase inspiratoria cranica, la mano temporale porta il temporale in rotazione esterna e mantiene fermamente la posizione con indice e medio

Secondo tempo - disimpegno:

Il medio sfenoidale libera la sutura esterna della grande ala esercitando una pressione mediale sulla grande ala.

Terzo tempo - separazione:

Il medio sfenoidale trascina in maniera dolce e costante la grande ala:

- in avanti (per separare la parte verticale del margine posteriore della grande ala dal margine anteriore della squama temporale).

- in basso (per separare la parte orizzontale del margine posteriore della grande ala dal margine anteriore della rocca).

- in dentro (in rapporto all'asse verticale per liberare con cura tutta l'ala dal temporale).

3. Correzione della sutura sfeno-petrosa (Fig.369)

Lo scopo è di liberare la sutura sfeno-petrosa spesso coinvolta nelle estrazioni dentali. Infatti, l'estrazione di un dente dell'arcata superiore puÚ portare come conseguenza una lesione sfeno-petrosa omo-lateralmente ed un'estrazione dentale dell'arcata inferiore puÚ provocare una lesione sfeno-petrosa contro-lateralmente.

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, dal lato opposto alla lesione.

Posizione delle mani: la mano temporale lo afferra con le cinque dita:

Il pollice sull'apofisi zigomatica

L'indice sotto l'apofisi zigomatica

Il medio nel C.A.E. (canale acustico esterno)

L'anulare sulla parte anteriore dell'apofisi mastoidea

Il mignolo sulla porzione mastoidea.

L'altra mano sfenoidale: il mignolo intra-buccale è posizionato sull'ala esterna dell'apofisi pterigoidea dello sfenoide (questo dito è totalmente inattivo e serve solamente a testare le fasi

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di respirazione cranica), il medio è sulla grande ala dello sfenoide, l'indice sul frontale.

Tecnica:

Primo tempo - disimpegno:

Il medio sfenoidale libera l'ugnatura esterna della grande ala esercitando una pressione mediale sulla grande ala.

Secondo tempo - separazione:

Il medio sfenoidale trascina in maniera dolce e costante la grande ala:

- in avanti (per separare la parte verticale del margine posteriore della grande ala dal margine anteriore della squama temporale).

- in basso (per separare la parte orizzontale del margine posteriore della grande ala dal margine anteriore della rocca).

- a questo stadio della separazione, si deve mantenere lo sfenoide nel suo punto di equilibrio tra i suoi tre assi (trasverso, antero-posteriore e verticale).

Terzo tempo - posizionamento temporale

Durante la fase inspiratoria cranica, la mano temporale porta il temporale in rotazione esterna e lo tiene fermo con il pollice sempre assicurando una trazione opposta a quella dello sfenoide con l'indice.

Trattenere il temporale fino a percepire il rilassamento dei tessuti.

4. Correzione della sutura sfeno-parietale:

A. Disimpegno unilaterale: (Fig.370)

Posizione delle dita: il palmo della mano cefalica parietale afferra il parietale, l'indice è sullo pterion. Il pollice si trova lungo la sutura coronaria. La mano caudale fronto-sfenoidale è a contatto con lo sfenoide tramite il medio sulla grande ala ed il mignolo intra-buccale sull'apofisi pterigoidea. L'indice è sul frontale.

Tecnica:

Durante la fase espiratoria primaria cranica: la mano parietale libera la sutura esterna parietale con pressione mediale dell'indice sopra lo pterion.

Durante la fase inspiratoria primaria: La mano parietale tira il parietale verso l'alto e indietro.

Partendo da questo punto fulcro, la mano sfenoidale equilibra lo sfenoide in accumulo di tensioni fino ad ottenere il completo rilassamento tessutale.

B. Disimpegno bilaterale (Fig.371)

Lo scopo è di ristabilire la cinetica della sutura parieto-sfenoidale, spesso ridotta a seguito di traumi della parte antero-superiore dei parietali.

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente

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Posizione delle dita: le eminenze tenar sono sugli angoli antero-inferiori dei parietali. Le altre dita sono intrecciate sotto il cranio.

Tecnica:

Durante la fase espiratoria primaria cranica: effettuare una compressione degli angoli sfenoidali e parietali con i flessori delle dita.

In seguito durante la fase inspiratoria primaria pur mantenendo la compressione, sollevare i parietali in direzione del vertice.

5. Correzione della sutura sfeno-malare (pag. 372)

Posizione delle mani: la mano cefalica ingloba il frontale con la pinza pollice-indice, con l'indice sulla grande ala dello sfenoide per tenerlo fermo.

La mano caudale tocca la branca ascendente del malare con pollice e indice.

Correzione diretta in una disfunzione in rotazione interna:

Durante la fase di inspirazione primaria, mantenere fissa la grande ala. Liberare in seguito il malare tirando la branca ascendente verso il basso. Mantenere la posizione, senza bloccare il meccanismo respiratorio primario ed accumulando le tensioni fino a raggiungere lo "Still point".

6. Correzione della sutura sfeno-etmoidale: (Fig.373)

Lo scopo è di liberare la lamina perpendicolare e restituirle la sua mobilità fisiologica.

Posizione delle dita: la mano cefalica fronto-sfenoidale contatta il frontale e lo sfenoide tramite la pinza pollice-indice sia sulle apofisi orbitali esterne del frontale che sulle grandi ali dello sfenoide. La mano caudale mascellare ha l'indice a contatto con la faccia antero-interna del mascellare ed il medio a contatto con la faccia antero-interna dell'altro mascellare.

Tecnica:

Durante la fase inspiratoria primaria cranica e senza bloccare il meccanismo respiratorio primario: la mano fronto-sfenoidale porta sfenoide e frontale in flessione. La mano mascellare trascina i due mascellari in rotazione esterna.

A partire dal punto fulcro mascellare, seguire in movimenti dello sfenoide su tutti gli assi in accumulo di tensioni fino ad ottenere un completo rilassamento tessutale.

7. Correzione della sutura sfeno-palatina (sutura palatina superiore) (Fig.374)

Posizione delle dita: la mano cefalica contatta le grandi con la pinza pollice-indice. Il polpastrello dell'indice della mano caudale, in contatto intra-buccale sulla lamina orizzontale del palatino in disfunzione, la seconda falange appoggiata sul primo molare.

Correzione:

Usando da punto di appoggio il primo molare e senza perdere il contatto con il palatino, girare l'indice verso la guancia omo-laterale trainandola antero-lateralmente e liberandola così dalla pterigoide.

Durante la fase inspiratoria primaria successiva, indurre una flessione dello sfenoide poi

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equilibrare lo sfenoide sul suo asse trasverso seguendo i moviementi di flessione-estensione, e sull'asse obliquo antero-posteriore per seguire i movimenti di torsione. Accumulare le tensioni a questo livello fino a trovare il punto di equilibrio cinetico tra sfenoide e palatino.

8. Correzione della sutura sfeno-vomerina: (Fig.375)

Posizione delle dita: prendere contatto con le grandi ali con la pinza pollice-indice della mano cefalica. Contattare la sutura cruciforme con l'indice intra-buccale della mano caudale.

Correzione diretta di una disfunzione in estensione del vomere:

Durante la fase inspiratoria primaria, l'indice intra-buccale posizionato dietro gli incisivi spinge il palato verso l'alto, per indurlo in flessione mentre la mano cefalica sfenoidale induce lo sfenoide in flessione ed accumula le tensioni cinetiche su tutti gli assi dello sfenoide. Chiedere al paziente una inspirazione toraco-addominale seguita da un'apnea inspiratoria trattenuta il più a lungo possibile. Mantenere la posizione delle parti ossee accumulando le tensioni fino all'apparire dello "Still point".

Correzione per accentuazione di una disfunzione in estensione del vomere:

Durante la fase inspiratoria primaria, l'indice intra-buccale respinge la sutura cruciforme in alto per indurre il palato in flessione mentre la mano cefalica sfenoidale induce lo sfenoide in flessione ed accumula le tensioni cinetiche su tutti gli assi dello sfenoide. Chiedere al paziente una espirazione toraco-addominale seguita da un'apnea espiratoria trattenuta il più a lungo possibile. Mantenere la posizione delle parti ossee accumulando le tensioni fino all'apparire dello "Still point".

IV. Tecnica di drenaggio dei seni sfenoidali (Fig.376)

Questa tecnica è molto efficace per ripulire i seni sfenoidali ingombrati da secrezioni muco purulente nei casi di sinusite acuta o cronica.

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizione delle mani: la mano cefalica è a contatto dello sfenoide al livello delle grandi ali con il polpastrello dell'indice e del pollice, il palmo della mano ingloba il frontale. La mano caudale è a contatto del palato al livello della sutura cruciforme con l'indice intra-buccale.

Tecnica: Sincronizzarsi innanzitutto con il meccanismo respiratorio primario. Durante la fase inspiratoria primaria, indurre lo sfenoide in flessione esercitando nel frattempo una contro-spinta dolce ma decisa sulla sutura cruciforme, in direzione del corpo dello sfenoide, per opporsi al movimento di discesa del vomere.

Rilassare la pressione nel corso della fase espiratoria primaria e ricominciare in seguito durante la fase inspiratoria successiva. Questa manovra deve essere ripetuta diverse volte in maniera ritmica per indurre una vera e propria "mobilità strutturale" del corpo sfenoidale.

Nota: esercitando una contro-pressione, il terapeuta crea un punto di appoggio sul corpo dello sfenoide, al livello della cresta inferiore del corpo dello sfenoide. Questo punto di appoggio consente la mobilizzazione dei seni sfenoidali ed il loro drenaggio.

V. Tecniche per le lesioni intra-ossee dello sfenoide: fare riferimento al capitolo specifico sulle lesioni intra-ossee.

CAPITOLO XXXIV265

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DISFUNZIONI CINETICHE DEI TEMPORALI

Il temporale è stato appropriatamente denominato " colui che combina dei guai". Infatti, le sue relazioni con le diverse componenti del corpo sono molteplici. Esso è peraltro responsabile di un lungo elenco di disturbi funzionali che fa di lui l'osso più importante dopo lo sfenoide.

I. punti strategici del temporale:

Tutto ciò che è a diretto contatto con il temporale può subire lesioni.

1. I punti perni delle articolazioni:

Sfeno-squamoso (P.S.S.)

Parieto-squamo-mastoideo (P.C.S.M.)

2. Le suture:

Occipito-mastoidea

Sfeno-petrosa

Sfeno-squamosa

Parieto-squamosa

Petro-giugulare

Petro-basilare (solco della rocca petrosa)

Temporo-zigomatica.

3. I legamenti:

Petro-sfenoidale di Gruber (presenza a questo livello del seno cavernoso)

Petro-occipitale (al livello del Forame Lacero Posteriore)

Stilo-mandibolare

Stilo-ioideo

Laterali dell'articolazione temporo-mandibolare.

4. Il tentorio del cervelletto

5. I nervi cranici:

L’O.M.C. (III) ed il Patetico (IV), al livello del seno cavernoso, nelle inserzioni della dura-madre.

Il Trigemino (V), tramite il ganglio di Gasser sul margine superiore della rocca petrosa.

L’O.M.E (VI) (abd.) che può essere compresso dal legamento petro-sfenoidale, nella doccia del

O.M.E.

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Il Facciale (VII), l'Accessorio di Wrisberg (VII bis) e l'Acustico (VIII) al livello del C.A.I. e del foro stilo-mastoideo per il Facciale. Certe vertigini possono essere causate dal nervo cocleare del VIII o dal sacco endo-linfatico che può aumentare la fluttuazione nell'orecchio interno.

Il Glosso-Faringeo (IX), il Pneumogastrico (X) e lo Spinale (XI) nei disturbi del Forame Lacero Posteriore (F.L.P.)

6. Le arterie e le vene:

La carotide interna, sull'apice della rocca, nel forame lacero anteriore.

L'arteria meningea mediana, al livello del perno squamoso e del forame piccolo rotondo.

Il seno laterale, al livello del forame lacero posteriore.

Il seno cavernoso, con il legamento petro-sfenoidale e le inserzioni dura-meriche.

7. I canali endo-linfatici:

Collegati ai prolungamenti dura-merici ed al liquido cefalo-rachidiano.

8. La tromba di Eustachio e l'orecchio interno.

9. I muscoli:

Cervicali

Masticatori

Della gola e del palato.

II. Disturbi funzionali legati alle disfunzioni temporali:

1. Disturbi ossei:

. Blocchi dei perni sfeno-squamosi possono verificarsi, in relazione con lo sfenoide e l'occipito-mastoide, in relazione con l'occipitale e che produrranno disfunzioni cinetiche a carico della S.S.B. e correlativamente dei disturbi del ritmo e dell'ampiezza del M.R.P. con conseguenze sull'omeostasi generale del corpo.

. Alle disfunzioni dell'articolazione temporo-mandibolare conseguiranno:

Malocclusione dentale se la lesione è unilaterale, protrusione o arretramento mandibolare se la lesione è bilaterale.

Disturbi della crescita dentale (malposizioni)

Bruxismo

Scricchiolio meniscale

"Popping" (tichettio)

Disturbi oculari, auditivi (acufeni), dell'equilibrio e del gusto.

. Restringimenti della fessura sfeno-pterigoidea hanno incidenza sul ganglio sfeno-palatino e porteranno quindi:

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Disturbi della lacrimazione

Disturbi pupillari (miosi, midriasi)

Disturbi alla mucosa nasale: riniti, corizze allergiche, ecc.

. Disturbi al livello della tromba di Eustachio: un temporale in lesione di chiusura potrà avere per conseguenza dei fischi mentre un temporale in lesione di apertura porterà dei fenomeni di pulsazioni o di "muggiti".

2. Disturbi nervosi:

. Delle lesioni in rotazione interna del temporale associate ad una torsione del tentorio del cervelletto possono avere ripercussioni sul cervello posteriore (lobo temporale e cervelletto) a cui conseguono disturbi dell'integrazione o della coordinazione.

. La vicinanza del bulbo rachideo e del IV ventricolo può provocare una leggera compressione a questo livello ed essere causa di squilibri neuro-vegetativi della sfera digestiva, respiratoria o circolatoria.

. I nervi cranici sono particolarmente interessati dalle disfunzioni del temporale:

- Il III° ed il IV°, a seguito di una torsione del foglietto esterno dell'espansione dura-merica del tentorio del cervelletto, al livello del seno cavernoso, possono generare disturbi ai muscoli oculomotori e pupillari con:

Per il III, possibilità di diplopia, strabismo divergente, ptosis o midriasi per inibizione delle fibre che escono dal nucleo pupillare del III parasimpatico in relazione con il V1, ortosimpatico.

Per il IV, possibile diplopia verticale o obliqua.

- Il V può essere disturbato in vari modi:

Una torsione del tentorio del cervelletto al livello del cavum di Meckel dove si trova il ganglio di Gasser o una malposizione temporale (rocca) può provocare nevralgie del trigemino.

Tensioni o stenosi al livello del foglietto esterno del seno cavernoso possono irritare il nervo oftalmico V1 nel suo insieme portando neuriti oftalmiche ed uno scolamento (ecoulement) dell'occhio.

Abbiamo visto che il restringersi della fessura sfeno-pterigoidea può ripercuotersi sul nervo mascellare superiore e sul ganglio sfeno palatino ma anche sui nervi petrosi grande e piccolo portando come conseguenze disturbi ciliari o pupillari di tipo miosi o disturbi lacrimo-nasali o ancora nevralgie dentali superiori.

- Il VI può essere leso da una compressione del legamento petro-sfenoidale o da una torsione del tentorio del cervelletto sul margine superiore della rocca petrosa, sulla doccia del O.M.E. e portare diplopia orizzontale o strabismo interno.

- Il VII ed il VII bis sono vulnerabili al livello del C.A.I. ed al livello del foro stilo-mastoideo per il VII e causano:

Disturbi sensoriali gustativi al livello dei 2/3 anteriori della lingua.

Disturbi della salivazione per le fibre uscite dal nucleo salivare del VII bis parasimpatico in relazione con il V3 ortosimpatico.

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Disturbi lacrimo-nasali per le fibre uscite dal nucleo muco-lacrimo-nasale del VII parasimpatico in relazione con il V2 ortosimpatico.

Disturbi dei muscoli motori della faccia, al livello delle palpebre, delle guance e delle labbra.

- l'VIII è interessato dalle compressioni dell'articolazione petro-giugulare, dalle tensioni dura-meriche e dalla loro incidenza a livello del C.A.I. e può causare:

Ronzii, provocati dal ramo della chiocciola in rapporto con l'udito.

Vertigini o nistagmo, provocati dal ramo vestibolare in rapporto con l'equilibrio.

- Il IX°, X,° XI° risentono delle tensioni dura-meriche posteriori e delle malposizioni della rocca in rapporto con l'occipitale al livello del Forame Lacero Posteriore.

- Il Pneumogastrico ad esempio, essendo un nervo parasimpatico, può subire un aumento della propria attività a seguito di un'irritazione e provocare una para-simpaticotonia locale oppure subire una diminuzione della sua attività dovuta a una compressione e provocare di conseguenza una simpaticotonia locale per parasimpaticolisi (diminuzione degli influssi parasimpatici), generando secondo i casi:

Disturbi di stomaco: come problemi digestivi (diminuzione della secrezione dei succhi gastrici) o ulcere neurogeniche (eccesso di secrezione di succhi gastrici).

Disturbi dell'intestino: costipazione per atonia dei muscoli lisci.

Disturbi epato-colecistici (pigrizia colicistica, difficoltà digestive).

Disturbi del ritmo cardiaco (diminuzione della cardio-moderazione, aritmie, tachicardie).

Disturbi respiratori (diminuzione della costrizione bronchiale).

Disturbi a livello del palato (assimetria del velo, deviazione dell'ugola) o della faringe (rinolalia aperta, voce uni o bitonale, deviazione della deglutizione).

- Il IX, se inibito, provocherà secchezza della bocca dovuta alle fibre uscite dal nucleo salivale inferiore del IX.

3. Disturbi vascolari:

. La carotide interna può essere danneggiata, al livello della sommità petrosa e del Forame Lacero Anteriore, dalle malposizioni della rocca o dalle torsioni dura-meriche al livello del seno cavernoso e può procurare disturbi neuro-vegetativi del plesso simpatico carotideo con incidenza strettamente omolaterale fino al poligono di Willis.

. L'arteria meningea mediana reagisce con forza alle tensioni e torsioni dura-meriche ed alle restrizioni di movimento al livello del Perno sfeno-squamoso a cui conseguono emicranie.

. I seni laterali e petroso superiore possono essere influenzati dalle torsioni del tentorio del cervelletto o dalle malposizioni delle rocca petrosa al livello del Forame Lacero Posteriore e provare una stasi nel solco longitudinale superiore e nel seno longitudinale inferiore situati a monte così come le vene cerebrali che qui si scaricano, stasi che genera cefalee al risveglio.

3. Disturbi endolinfatici:

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Le tensioni dura-meriche al livello dell'acquedotto vestibolare sul sacco endolinfatico e sul condotto endolinfatico comportano un aumento della frequenza delle onde fluidiche nell'orecchio interno e quindi un aumento degli stimoli dei sacculi e degi utriculi, fattore che genera vertigini.

III. Eziologia delle disfunzioni temporali:

Diverse eziologie possono portare disfunzioni temporali.

1. Lesioni primarie intra-ossee prenatali:

Poiché questo osso presenta un'ossificazione mista (cartilaginea per la rocca petrosa, membranosa per la squama) ed il limite fra queste due diverse ossificazioni si trova al livello della sutura petro-squamosa, possono verificarsi malposizioni fra le due parti del temporale oppure anomalie nello sviluppo di una o di entrambe le parti dell'osso. Ad esempio, puÚ verificarsi un'angolazione della squama in rapporto alla rocca. A queste lesioni primarie del temporale consegue un adattamento automatico delle altre placche ossee.

2. Disfunzioni secondarie adattative fisiologiche:

Si tratta di lesioni adattative alle lesioni dell'occipite. (Fig. 377a)

. Nella torsione della S.S.B.:

Da una parte, l'occipite è inferiore e si trova quindi in posizione di flessione o rotazione esterna da quella parte. Il temporale scivolerà sulle sue suture in rapporto a l'occipitale e si troverà quindi in posizione di flessione o rotazione esterna relativa ed adattativa. Il temporale avrà una grande ampiezza di movimento in rotazione esterna ma una decisa restrizione di ampiezza nella rotazione interna.

. Nella Side Bending Rotation:

Da una parte, l'occipite è inferiore come nella torsione e si trova quindi in posizione di flessione dalla parte bassa. Il temporale andrà a posizionarsi quindi in rotazione esterna relativa ma questa posizione sarà maggiormente accentuata

a causa della rotazione assiale dell'occipite che andrà a maggiorare il processo e si verificherà una notevole restrizione od assenza di ampiezza in rotazione temporale interna.

. Questo genere di lesioni viene generalmente trattata con accentuazione della disfunzione, meno che per il neonato.

3. Disfunzioni primarie traumatiche patologiche: (Fig.377 b e 377c)

. In questo tipo di disfunzioni, si verifica un asincronismo dei movimenti fisiologici tra temporale ed occipite. La causa di restrizione si situa allora su uno o più dei perni del temporale: Perno Condilo-Squamo-mastoideo (P.C.S.M.) al livello della sutura occipito-mastoidea, Perno Sfeno-Squamoso (P.S.S.) al livello della sutura sfeno-squamosa, Perno della sutura petro-giugulare interessato dagli interventi di estrazione dentale che possono procurare un disimpegno della sutura petro-giugulare.

. Il blocco di uno di questi perni porta come conseguenza una interdipendenza del temporale in rapporto all'occipite. Quando l'occipite scende in flessione, porta con sé il temporale in rotazione interna oppure quando risale in estensione lo porta con sé in rotazione esterna, creando un paradosso nella cinetica occipito-temporale.

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. Questo genere di lesioni deve essere curato con priorità considerando i disturbi funzionali che ne derivano.

IV. Test diagnostici della cinetica temporale:

1. Test di mobilità globale dei temporali: (Fig.378)

Posizione del paziente: in decubito

Posizone del terapeuta: seduto alla testa del paziente, gomiti appoggiati sul tavolo

Posizione delle mani: palmi sotto la squama occipitale

- dita intrecciate

- eminenze tenar sulle porzioni mastoidee

- falangi distali dei pollici sulle apofisi mastoidee.

Test palpatorio passivo:

Tecnica: senza muovere nulla apprezzare l'ampiezza ed il senso generale dei movimenti, visualizzando con cura l'asse fisiologico dei temporali.

Risultati:

Normalmente i due temporali devono aprirsi in rotazione esterna mentre l'occipite si muove in flessione e chiudersi in rotazione interna mentre l'occipite ritorna in estensione. Se ciÚ non si verifica, ci troviamo in presenza di una disfunzione temporale da entrambe le parti.

. Test di induzione cinetica:

Per la rotazione esterna, sincronizzarsi al ritmo di rotazione esterna/interna dei temporali ed all'inizio della rotazione esterna indurre leggermente, con i due pollici (ma "utilizzando solamente i flessori profondi delle dita" MAGOUN), il movimento di rotazione esterno bilateralmente sulle apofisi mastoidee in dentro ed in dietro, poi attendere e apprezzare la cinetica.

Per la rotazione interna: stesso procedimento, ma all'inizio della rotazione interna, indurre una rotazione interna dei temporali con una pressione in dentro ed indietro sulle porzioni mastoidee con le eminenze tenar.

Risultati:

Normalmente: il movimento prosegue in rotazione esterna o interna secondo il movimento testato e l'ampiezza è larga e simmetrica nei due sensi.

Anomalie:

Disfunzione bilaterale in flessione : rara

Disfunzione bilaterale in estensione: comune con una S.S.B. in estensione

Disfunzione unilaterale: asimmetria di ampiezza tra i due temporali che giustifica i test specifici dei temporali per trovare il lato leso e il tipo di disfunzione.

2. Test Specifici di disfunzione unilaterale (Fig.379)

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Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, gomiti sul tavolo

Posizione delle mani: una mano sotto l'occipite.

L'altra mano testa il temporale con le cinque dita:

Il pollice sull'apofisi zigomatica

L'indice sotto l'apofisi zigomatica

Il medio nel C.A.E.

L'anulare sulla parte anteriore dell'apofisi mastoidea

Il mignolo sulla parte posteriore dell'apofisi mastoidea.

Test: il temporale deve essere testato in R.E. poi in R.I.

. Induzione in rotazione esterna:

Il pollice induce sull'apofisi zigomatica una leggerissima pressione verso il basso ed in fuori.

L'indice non fa che seguirlo

Il medio compie una rotazione anteriore nel C.A.E.

L'anulare induce una leggera pressione posteriorizzante sull'apofisi mastoidea

Il mignolo si limita a seguire.

. Induzione in rotazione interna:

Il pollice: è inattivo

L'indice induce una leggera trazione dell'apofisi zigomatica verso l'alto e in dentro

Il medio compie una rotazione posteriore all'interno del C.A.E

L'anulare è inattivo

Il mignolo induce una leggera pressione mediale ed anteriorizzante sulla porzione mastoidea.

. Risultati:

Per determinare il lato che procura lesione, apprezzare l'ampiezza in R.E. in rapporto all'ampiezza in R.I. per ognuno dei temporali.

Se un temporale effettua una rotazione interna liberamente ma resiste alla rotazione esterna si

tratta di una disfunzione cinetica del temporale in rotazione interna.

Comparare anche le restrizioni di mobilità con la posizione dell'occipite per chiarire se la disfunzione cinetica è secondaria e fisiologica oppure patologica.

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V. Correzione delle disfunzioni in rotazione esterna ed interna:

La correzione si effettua tramite la tecnica dell'accentuazione della disfunzione.

1. Correzione per accentuazione della rotazione interna: (fig. 380a)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizione delle mani: il palmo di una mano afferra l'occipite

L'altra mano prende con le cinque dita il temporale leso

Tecnica:

Durante la fase espiratoria cranica, portare l'occipite in estensione.

Parallelamente, indurre con l'altra mano sul temporale leso, un principio di movimento in rotazione interna.

Lasciare andare il movimento fino al massimo della sua ampiezza poi tornare leggermente indietro avendo determinato un punto di bilanciamento, perché le forze auto-correttive delle M.T.R. possano esprimersi.

Mantenere questa posizione delle placche ossee aumentando nel contempo il potenziale di auto-correzione delle M.T.R. chiedendo al paziente una apnea espiratoria trattenuta il più a lungo possibile.

Si percepisce generalmente il rilassamento appena prima che il paziente cessi la sua apnea.

Si può inoltre chiedere al paziente di voltare leggermente la testa dalla parte del temporale leso e si possono aumentare ulteriormente queste forze auto-correttive chiedendo una estensione plantare simultanea del piede contro-laterale al temporale in corso di correzione.

Si può ottimizzare questa correzione con una componente fluidica, dirigendo con la mano occipitale la fluttuazione del L.C.R. verso il temporale leso.

2. Correzione per accentuazione della rotazione esterna: (Fig.380b)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, gomiti appoggiati sul tavolo

Posizione delle mani:

Il palmo di una mano afferra l'occipite

L'altra mano prende con le cinque dita il temporale leso

Tecnica: Durante la fase inspiratoria cranica, portare l'occipite in flessione.

Parallelamente, indurre con l'altra mano sul temporale leso, un principio di movimento in rotazione esterna.

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Seguire il movimento, accompagnandolo fino al massimo della sua ampiezza poi tornare leggermente indietro avendo determinato un punto di bilanciamento, perché le forze auto-correttive delle M.T.R. possano esprimersi.

Mantenere questa posizione delle placche ossee aumentando nel contempo il potenziale di auto-correzione delle M.T.R. chiedendo al paziente una apnea inspiratoria trattenuta il più a lungo possibile.

Si percepisce generalmente il rilassamento appena prima che il paziente cessi la sua apnea.

Si può inoltre chiedere al paziente di voltare leggermente la testa dalla parte opposta al temporale leso e si possono aumentare ulteriormente queste forze auto-correttive chiedendo una flessione plantare simultanea del piede contro-laterale al temporale in corso di correzione.

Si può ottimizzare questa correzione con una componente fluidica, dirigendo con la mano occipitale la fluttuazione del L.C.R. verso il temporale leso.

3. Correzioni dirette delle disfunzioni in rotazione:

Le due tecniche viste sopra possono essere praticate in correzione diretta e sono indicate per il neonato ed il bambino piccolo.

A. Correzione diretta della rotazione interna:

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, gomiti sul tavolo

Posizione delle mani: il palmo di una mano afferra l'occipite

L'altra mano prende con le cinque dita il temporale leso

Tecnica:

Durante la fase inspiratoria cranica, portare l'occipite in flessione.

Parallelamente, indurre con l'altra mano sul temporale leso, un principio di movimento in rotazione esterna.

Lasciare andare il movimento fino al massimo della sua ampiezza poi tornare leggermente indietro avendo determinato un punto di bilanciamento, perché le forze auto-correttive delle M.T.R. possano esprimersi.

Nonostante la tendenza al ritorno delle placche ossee in rotazione interna, mantenere la loro posizione rispettiva fino a percepire il rilassamento delle tensioni.

B. Correzione diretta della rotazione esterna:

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, gomiti sul tavolo

Posizione delle mani: il palmo di una mano afferra l'occipite

L'altra mano prende con le cinque dita il temporale leso

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Tecnica:

Durante la fase espiratoria cranica, portare l'occipite in estensione.

Parallelamente, indurre con l'altra mano sul temporale leso, un principio di movimento in rotazione interna.

Lasciare andare il movimento fino al massimo della sua ampiezza poi tornare leggermente indietro avendo determinato un punto di bilanciamento, perchè le forze auto-correttive delle M.T,R. possano esprimersi.

Mantenere la posizione delle placche ossee fino a percepire il rilassamento delle tensioni.

VI. Correzione delle disfunzioni temporo-occipitali:

A. Correzione della sutura petro-basilare:

1. Liberazione bilaterale petro-basilare: (Tecnica della Tromba di Eustachio) (Fig.381a e 381b)

Lo scopo è di ripristinare l'integrità funzionale della Tromba di Eustachio, responsabile di disturbi funzionali come ronzii, male di altitudine, ingorgo orbitale, catarri tubarici, otiti.

La manovra migliora anche il drenaggio della vena oftalmica, dei seni cavernoso e petroso e della vena giugulare.

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, gomiti sul tavolo

Posizione delle mani: palmi sotto la squama occipitale

Dita intrecciate

Eminenze tenar sulle prozioni mastoidee

Falangi distali dei pollici sulle apofisi mastoidee.

Tecnica:

Senza muovere nulla, apprezzare l'ampiezza ed il senso generale dei movimenti visualizzando con cura l'asse fisiologico dei temporali.

Sincronizzarsi successivamente al ritmo dei movimenti.

Esercitare quindi una pressione in basso e indietro sulle apofisi mastoidee per aprire i temporali in rotazione esterna, portandoli nel contempo leggermente indietro.

Mantenere questa posizione chiedendo al paziente dei cicli di 4 o 5 inspirazioni brevi ed a scatto seguite da 4 a 5 espirazioni a scatti.

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Eseguire parallelamente e in maniera sincronizzata, con la spalla o il petto ( o la fronte nel bambino) un'alternarsi di pressioni dolci e di rilassamenti al livello della glabella. Continuare in questo modo per alcuni cicli respiratori, poi far tornare il paziente ad una respirazione normale. Ricominciare fino ad ottenere il rilassamento generale dei tessuti. Dopo questa manovra è necessario badare a ripristinare la mobilità normale dei temporali tirandoli leggermente verso l'alto ed inducendoli bilateralmente in rotazione interna chiedendo al paziente alcuni cicli respiratori.

2. Correzione unilaterale petro-basilare; (fig.382 a-b)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, gomiti sul tavolo

Posizione delle mani: una mano sotto l'occipite

L'altra mano testa il temporale a cinque dita:

Il pollice sull'apofisi zigomatica

L'indice sotto l'apofisi zigomatica

Il medio nel C.A.E.

L'anulare sulla parte anteriore dell'apofisi mastoidea

Il mignolo sulla parte posteriore dell'apofisi mastoidea.

Tecnica del movimento fisiologico opposto: (MAGOUN)

Durante la fase espiratoria cranica, portare l'occipite in estensione con la mano occipitale . Posizionare il temporale in rotazione esterna premendo l'apofisi zigomatica in basso ed in fuori e l'apofisi mastoidea indietro ed in dentro durante la fase inspiratoria primaria cranica . Mantenere la posizione delle placche ossee fino a percepire il rilassamento dei tessuti.

B. Correzione petro-giugulare: (Fig.383 a-b)

Lo scopo è di ristabilire l'integrità del movimento di questa sutura provata dalle estrazioni dentali e di consentire un miglioramento del drenaggio giugulare a volte responsabile di cefalee posteriori.

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, i gomiti sul tavolo.

Posizione delle mani: una mano sotto l'occipite.

L'altra mano testa il temporale con tre dita:

L'indice sotto l'apofisi zigomatica

Il medio nel C.A.E. (canale acustico esterno)

L'anulare sulla parte anteriore del solco digastrico dell'apofisi mastoidea

Tecnica:

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Durante la fase inspiratoria cranica, la mano temporale solleva leggermente il temporale cefalicamente, al livello dell'apofisi zigomatica, poi posiziona il temporale in rotazione esterna ed infine lo trascina indietro, tramite il contatto nel C.A.E.. La mano occipitale porta l'occipite in flessione e gli imprime una trazione inversa a quella del temporale. Mantenere la posizione fino a percepire il rilassamento dei tessuti.

Nota:

Questa manovra può essere effettuata con lo scopo di drenare il sistema venoso cranico. Bisogna allora procedere con dei movimenti ritmati in relazione al ritmo cranico.

C. Correzione occipito-mastoidea: (Fig.384)

Lo scopo è di liberare il P.C.S.M. e la della sutura occipito-mastoidea impattata, generalmente esito di un trauma e che porta come conseguenza un movimento paradossale tra l'occipite ed il temporale. Prima di questa manovra, è importante correggere le eventuali lesioni occipito-atloidee che possono mantenere l'occipite in falsa posizione e quindi tenere "grippata" la sutura occipito-mastoidea. Le correzioni dell'atlante guariscono abbastanza spesso le lesioni occipito-mastoidee.

1. Tecnica di accentuazione della disfunzione:

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, i gomiti sul tavolo.

Posizione delle mani: una mano sotto l'occipite.

L'altra mano testa il temporale con le cinque dita:

Il pollice sull'apofisi zigomatica

L'indice sotto l'apofisi zigomatica

Il medio nel C.A.E. (canale acustico esterno)

L'anulare sulla parte anteriore dell'apofisi mastoidea

Il mignolo sulla parte posteriore dell'apofisi mastoidea.

Tecnica:

Durante la fase espiratoria cranica, la mano occipitale porta l'occipite in estensione e cerca il punto di bilanciamento. La mano occipitale posiziona il temporale in rotazione interna. Mantenere la posizione aumentando il potenziale auto-correttivo delle M.T.R., chiedendo un'apnea espiratoria trattenuta il più a lungo possibile poiché la liberazione si sente in generale alla fine dell'apnea. Per aumentare ulteriormente le forze auto-correttive, si può chiedere al paziente di effettuare una estensione contro-laterale della caviglia. Si può inoltre aggiungere, con la mano occipitale, una componente di fluttuazione del L.C.R.. in direzione della sutura.

2. Tecnica di movimento fisiologico opposto: (secondo MAGOUN)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, i gomiti sul tavolo.

Posizione delle mani: una mano sotto l'occipite.

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L'altra mano testa il temporale con le cinque dita:

Il pollice sull'apofisi zigomatica

L'indice sotto l'apofisi zigomatica

Il medio nel C.A.E. (canale acustico esterno)

L'anulare sulla parte anteriore dell'apofisi mastoidea

Il mignolo sulla parte posteriore dell'apofisi mastoidea.

Tecnica per un temporale in rotazione interna:

Durante la fase espiratoria cranica, una mano porta l'occipite in estensione e cerca di trattenerlo nel suo punto di bilanciamento. L'altra mano posiziona il temporale in rotazione esterna seguendo l'asse fisiologico di mobilità, durante la fase inspiratoria primaria successiva . Mantenere questa posizione chiedendo un'inspirazione toraco-addominale profonda seguita da un'apnea inspiratoria trattenuta il più a lungo possibile poiché la liberazione si sente in generale alla fine dell'apnea.

3. Tecniche di correzione diretta:

Le due tecniche precedenti possono essere utilizzate in correzione diretta. Basta, per questo, invertire i parametri e posizionare le placche ossee all'inverso rispetto alla disfunzione incontrata.

In una disfunzione temporale in rotazione interna, sarà necessario quindi portare l'occipite in flessione ed il temporale in rotazione esterna nel corso della fase inspiratoria cranica e chiedere al paziente un'apnea inspiratoria trattenuta come consiglia MAGOUN, nella sua descrizione della correzione tramite il movimento fisiologico opposto.

4.Tecnica parieto-occipito-mastoidea:

. Disimpegno preliminare del parietale, delle apofisi mastoidee:

La mano caudale contatta il temporale con presa a cinque dita.

La mano cefalica contatta il parietale con il pollice, al di sopra della sutura parieto-mastoidea.

Indurre in seguito una trazione nell'asse postero-superiore, disimpegnare verso l'alto con il pollice che trascina il parietale mentre l'altra mano mantiene in posizione il temporale e l'apofisi mastoidea.

. Correzione occipito-mastoidea:

La mano cefalica rimane a coppa sotto l'occipitale, per sentire estensione e flessione. La mano caudale tiene sempre il temporale con la presa a cinque dita.

Innanzitutto mantenere in posizione il temporale e testare l'occipite in flessione ed estensione poi mantenere fermo l'occipite e testare il temporale. Correggere secondo la disfunzione trovata e la parte ossea interessata.

5. Nota sulla correzione occipito-mastoidea:

Prima di qualsivoglia correzione, è innanzitutto necessario testare la flessione dell'occipite e portarlo in posizione di accentuazione del movimento più libero. In seguito testare il temporale

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in rotazione esterna poi in rotazione interna e portarlo in posizione di accentuazione del movimento più libero.

Se non si riscontra risposta in questo test occipito-mastoideo, significa che è presente un'altra lesione e nella maggior parte dei casi si tratta di una disfunzione della sutura sfeno-petrosa. E' quindi molto importante verificare se una disfunzione sfeno-petrosa è presente nei casi di blocco della sutura occipito-mastoidea.

VII. Correzioni delle disfunzioni temporo-parietali:

1. Correzione parieto-mastoidea: (Fig.385)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, gomiti sul tavolo

Posizione delle mani: il palmo della mano temporale afferra la mastoide, il pollice parallelo alla sutura parieto-mastoidea. Il pollice sull'apofisi mastoidea e l'eminenza tenar sulla porzione mastoidea.

Il palmo dell'altra mano, parietale, afferra la volta cranica, il suo pollice è posizionato sul prolungamento del pollice temporale ed il polpastrello del pollice parietale sulla piccola superficie piana del parietale, al livello dell'Asterion.

Tecnica di correzione diretta:

- Durante la fase di espirazione cranica, il pollice parietale imprime un disimpegno delle suture tramite una pressione interna ed una trazione verso il parietale in alto ed indietro e mantiene questo disimpegno.

- Durante la fase di inspirazione cranica successiva, il pollice temporale esercita una trazione opposta in basso ed in avanti per fare rotolare il temporale in rotazione esterna.

- La posizione delle placche ossee è mantenuta fino a percepire il rilassamento tessutale.

Tecnica di correzione semi-diretta:

- Il primo tempo della tecnica consiste in un'accentuazione dell'impattamento suturale e della disfunzione cinetica.

- Durante la fase di espirazione cranica, il pollice parietale spinge il parietale ad effettuare una rotazione interna e nel medesimo tempo aggrava l'impattamento suturale portando il parietale in basso ed in avanti e mantiene ferma questa posizione.

- Il pollice temporale imprime al temporale un movimento di rotazione interna

- Viene chiesto al paziente una apnea espiratoria trattenuta

- Alla fine dell'apnea e all'inizio della fase inspiratoria cranica, si passa alla correzione diretta seguendo i criteri precedentemente descritti.

2. Correzione parieto-squamosa: (Fig.386)

Posizione del paziente: decubito

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Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, gomiti sul tavolo

Posizione delle mani: una mano temporale: afferra con il palmo la squama temporale, il più vicino possibile alla sutura parieto-squamosa e l'indice sull'apofisi mastoidea.

L'altra mano parietale: afferra con il palmo il parietale. Il pollice di questa mano parietale è posizionato vicino alla sutura parieto-squamosa e parallelamente al pollice temporale.

Tecnica di correzione diretta:

- Durante la fase di espirazione cranica, la mano parietale libera il parietale sotto la squama temporale, premendo medialmente con il pollice parietale.

- Testare le rotazioni interna ed esterna del temporale con la mano temporale.

- In caso di restrizione della rotazione esterna, durante la fase inspiratoria, il pollice parietale continua a premere in dentro ma spinge anche in alto ed in avanti.

- La mano temporale induce una rotazione esterna del temporale effettuando una pressione verso il basso, indietro e in dentro, con l'indice sull'apofisi mastoidea, e nel contempo induce, con il pollice temporale sulla squama, una leggera forza di divaricazione suturale verso il basso.

Tecnica di accentuazione della disfunzione:

- Durante la fase di espirazione cranica, la mano parietale induce il parietale in rotazione interna ed accentua l'impattamento suturale in basso e indietro.

- Sempre durante l'espirazione cranica, la mano temporale induce il temporale in rotazione interna, premendo la squama medialmente ed inducendo l'apofisi mastoidea in avanti con l'indice.

- Chiedere al paziente una apnea espiratoria trattenuta e percepire il rilassamento dei tessuti al termine dell'apnea.

Tecnica di correzione semi-diretta:

Primo tempo: accentuazione dell'impattamento e della disfunzione cinetica in apnea espiratoria come descritto sopra

Secondo tempo: all'inizio dell'inspirazione correzione diretta come prima descritta.

Tecnica Diretta : (F.Peyralade) (Fig.387)

Posizione delle dita:

Una mano contatta il temporale con presa a cinque dita. Le ultime quattro dita dell'altra mano, strette, sono a contatto del parietale, verticalmente al di sopra della sutura, pollice ed eminenza tenar a contatto con la bozza parietale.

Tecnica;

Durante la fase espiratoria primaria cranica, portare il parietale in rotazione interna e mantenerlo in tale posizione.

Durante la fase inspiratoria primaria cranica successiva, portare il temporale in rotazione

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esterna e mantenervelo fino a percepire il rilasciamento suturale.

VIII. Correzione delle disfunzioni sfeno-temporali

1. Correzione sfeno-squamosa:

Lo scopo è la decompressione del P.S.S.

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, dal lato opposto alla lesione.

Posizione delle mani: la mano temporale lo afferra con le cinque dita:

Il pollice sull'apofisi zigomatica

L'indice sotto l'apofisi zigomatica

Il medio nel C.A.E. (canale acustico esterno)

L'anulare sulla parte anteriore dell'apofisi mastoidea

Il mignolo sulla parte posteriore dell'apofisi mastoidea.

L'altra mano sfenoidale: il mignolo intra-buccale è posizionato sull'ala esterna dell'apofisi pterigoidea dello sfenoide (questo dito è totalmente inattivo e serve solamente a testare le fasi di respirazione cranica), il medio è sulla grande ala dello sfenoide, l'indice sulla spina del frontale.

Tecnica di correzione diretta:

Primo tempo - posizionamento temporale:

Durante la fase inspiratoria cranica, la mano temporale porta il temporale in rotazione esterna e mantiene fermamente la posizione con indice e medio

Secondo tempo - disimpegno:

Il medio sfenoidale libera la sutura esterna della grande ala esercitando una pressione mediale sulla grande ala.

Terzo tempo - separazione:

Il medio sfenoidale trascina in maniera dolce e costante la grande ala:

- in avanti (per separare la parte verticale del margine posteriore della grande ala dal margine anteriore della squama temporale).

- in basso (per separare la parte orizzontale del margine posteriore della grande ala dal margine anteriore della rocca).

- in dentro (in rapporto all'asse verticale per liberare con cura tutta l'ala dal temporale).

2. Correzione sfeno-petrosa (Fig.389)

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Lo scopo è di liberare la sutura sfeno-petrosa spesso coinvolta nelle estrazioni dentali. Infatti, l'estrazione di un dente dell'arcata superiore può portare come conseguenza una lesione sfeno-petrosa omo-lateralmente ed un'estrazione dentale dell'arcata inferiore può provocare una lesione sfeno-petrosa contro-lateralmente.

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, dal lato opposto alla lesione.

Posizione delle mani: la mano temporale lo afferra con le cinque dita:

Il pollice sull'apofisi zigomatica

L'indice sotto l'apofisi zigomatica

Il medio nel C.A.E. (canale acustico esterno)

L'anulare sulla parte anteriore dell'apofisi mastoidea

Il mignolo sulla parte posteriore dell'apofisi mastoidea.

L'altra mano sfenoidale: il mignolo intra-buccale è posizionato sull'ala esterna dell'apofisi pterigoidea dello sfenoide (questo dito è totalmente inattivo e serve solamente a testare le fasi di respirazione cranica), il medio è sulla grande ala dello sfenoide, l'indice sul frontale

Tecnica:

Primo tempo - disimpegno:

Il medio sfenoidale libera la sutura esterna della grande ala esercitando una pressione mediale sulla grande ala.

Secondo tempo - separazione:

Il medio sfenoidale trascina in maniera dolce e costante la grande ala:

- in avanti (per separare la parte verticale del margine posteriore della grande ala dal margine anteriore della squama temporale).

- in basso (per separare la parte orizzontale del margine posteriore della grande ala dal margine anteriore della rocca).

- a questo stadio della separazione, si deve mantenere lo sfenoide nel suo punto di equilibrio tra i suoi tre assi (trasverso, antero-posteriore e verticale).

Terzo tempo - posizionamento temporale

Durante la fase inspiratoria cranica, la mano temporale porta il temporale in rotazione esterna e lo tiene fermo con il pollice sempre assicurando una trazione opposta a quella dello sfenoide con l'indice.

Trattenere il temporale fino a percepire il rilassamento dei tessuti.

3. Tecnica di correzione sfeno-petrosa: (Edna LAY) (Fig.390)

La mano cefalica è a contatto del temporale con le cinque dita e lo induce in rotazione interna.

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L'indice della mano caudale è a contatto dei molari superiori tramite le falangi e l'apofisi pterigoidea tramite la sua estremità.

Chiedere al paziente di mordere, dolcemente e leggermente, il dito del terapeuta.

Intanto spingere l'apofisi pterigoidea verso l'alto.

Chiedere in seguito al paziente di riaprire i denti.

In questo momento il temporale testato e mantenuto in rotazione interna si pone in rotazione esterna.

Accompagnare il movimento dirigendo in dentro l'apofisi pterigoidea (linea mediana della sutura cruciforme)

Si fa rotolare il dito per accompagnare il movimento.

IX. Correzione delle disfunzioni temporo-malari:

Correzione temporo-zigomatica: (Fig.391)

Posizione del paziente: decubito dorsale

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, dal lato opposto alla lesione da correggere.

Posizione delle mani:

- La mano temporale afferra il temporale con le cinque dita:

Il pollice sull'apofisi zigomatica

L'indice sotto l'apofisi zigomatica

Il medio nel C.A.E. (canale acustico esterno)

L'anulare sulla parte anteriore dell'apofisi mastoidea

Il mignolo sulla parte posteriore dell'apofisi mastoidea.

L'altra mano è a contatto con la faccia interna del malare con l'indrice intra-buccale e con la faccia esterna con il pollice esterno.

Tecnica di correzione diretta:

Innanzitutto esercitare una trazione sicura e prolungata del malare, nell'asse dell'apofisi zigomatica, per liberare le suture e mantenere il disimpegno. In seguito, durante la fase espiratoria cranica, portare il temporale in rotazione interna sollevando l'apofisi zigomatica in alto, indietro ed in dentro, aiutandosi con l'anulare sulla porzione mastoidea e mantenendo il bilanciamento delle tensioni.

Mantenere il malare nel punto di equilibrio, nei tre piani dello spazio (dal davanti all'indietro, dal fuori in dentro, dall'alto al basso) fino a percepire il rilassamento dei tessuti.

X. Correzione delle disfunzioni degli ossicini dell'orecchio: (Fig.392)

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Come la tecnica della Tromba di Eustachio, questa manovra offre molti vantaggi nella cura della sordità, dei catarri tubarici, delle orecchie otturate e del male di altitudine.

Posizione del paziente: decubito, bocca leggermente aperta per divaricare l'apofisi coronoidea della mandibola.

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizione delle mani: i polpastrelli degli indici sono posizionati sui traghi.

Tecnica:

- Imprimere una pressione salda sui traghi verso il C.A.E.

- Girare in seguito le mani in rotazione assiale opposta per trovare il punto di equilibrio dei tessuti.

- Partendo da questo punto di equilibrio, si può attendere il rilassamento tessutale oppure seguire il movimento dei tessuti senza precederli in "lunghi archi di cerchio paralleli alla superficie delle guance" (MAGOUN).

XI. "Ear pull Tecnique" di J.E. UPLEDGER (Fig.393)

Si tratta di una tecnica di decoaptazione bilaterale delle superfici articolari dei temporali.

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizione delle mani: a contatto dei lobi delle orecchie tra pollice ed indice.

Tecnica:

- Applicare una trazione dolce e costante rispettando l'asse del condotto auditivo, vale a dire una trazione postero-esterna

- Aumentare in seguito progressivemente questa trazione fino a percepire il movimento dei tessuti.

- In quel momento, non fare alto che mantenere la trazione e lasciare fare i temporali

- Se i temporali sono mobili, non si verifica restrizione; nel caso contrario mantenere la trazione fino al rilassamento dei tessuti.

Nota:

Questa tecnica non presenta alcun pericolo, è però generalmente mal tollerata dal bambino piccolo.

XII. Tecniche di mobilizzazione bilaterale dei temporali: (Fig. 394)

1. Bilanciamento dei temporali: (o rotolamento alternato di H.MAGOUN - Tecnica del "Pussy foot")

Posizione del paziente: decubito

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Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, gomiti appoggiati sul tavolo

Posizione delle mani: le mani sono una sopra l'altra, i medi l'uno sopra l'altro che servono da asse al movimento di bilanciamento delle mani, le eminenze tenar a contatto con le squame temporali, i pollici a contatto con le apofisi mastoidee, la falange distale sulla sommità dell'apofisi mastoidea.

Manovra:

Sincronizzarsi innanzitutto al ritmo cranico poi con i muscoli degli avambracci (muscoli flessori propri dei pollici e flessori profondi delle dita) indurre il movimento:

- Una mano imprime un movimento di R.E. ad un temporale effettuando una leggera pressione guidata sulla sommità dell'apofisi mastoidea.

- L'altra mano, simultaneamente, imprime un movimento di R.I. all'altro temporale effettuando una leggera pressione sulla squama temporale.

- Raggiunto il punto neutro di bilanciamento, rilasciare la spinta e la pressione opposta.

- Indurre in seguito il movimento alternato opposto

- Il movimento è prodotto dallo spostamento del peso del corpo del terapeuta da un ischio sull'altro.

Note:

Come indicato dal nome stesso, questa tecnica deve essere lenta e dolce. Un ciclo andata e ritorno dura circa 15 secondi (5 secondi l'andata, 5 secondi il punto neutro, 5 secondi il ritorno). Questa tecnica favorisce la fluttuazione longitudinale del L.C.R.. ed il riequilibrio del tentorio del cervelletto. Secondo se si desidera un effetto sul L.C.R. con le sue conseguenze neuro-vegetative oppure un effetto meccanico sul tentorio del cervelletto, la tecnica deve essere differentemente applicata.

Normalmente, il movimento rallenta da solo fino a fermarsi completamente, in generale dopo 5 o 6 cicli completi, quindi riparte dopo alcuni istanti.

Rallentata, questa tecnica produce un effetto parasimpaticolitico, mentre accelerata, produce un'azione parasimpaticotonica.

Si tratta di una terapia eccellente per curare i disturbi cervicali, gli aumenti di tono nervoso, le ipertensioni.

2. Rotolamento dei temporali: ( o rotolamento simultaneo di H.MAGOUN)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, gomiti appoggiati sul tavolo.

Posizione delle mani: le mani sono sotto il cranio con le dita intrecciate, le eminenze tenar a contatto con le squame temporali, i pollici a contatto delle apofisi mastoidee , la falange distale sulla sommità dell'apofisi mastoidea.

Tecnica:

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Sincronizzarsi al ritmo cranico poi con i muscoli degli avambracci (FPDD e LFDP), indurre il movimento,

- Le due mani imprimono simultaneamente un movimento di R.E. ai temporali effettuando una leggera pressione dei pollici sulla sommità delle apofisi mastoidee ed accompagnano il movimento fino al punto neutro.

- Le due mani imprimono simultaneamente un movimento di R.I. ai temporali effettuando una leggera pressione delle eminenze tenar sulle squame occipitali.

Nota:

- Questa tecnica favorisce la fluttuazione trasversale del L.C.R.. Rallentata, essa ha un effetto simpaticolitico mentre accelerata, fornisce un'azione simpaticotonica. L'induzione non deve andare in contro-ritmo del C.R.I.

3. Induzione bilaterale forzata dei temporali: (Tecnica del "Father Tom" di H.MAGOUN)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizione delle mani: le mani sono sotto il cranio con le dita intrecciate, le eminenze tenar a contatto con le squame temporali, i pollici a contatto delle apofisi mastoidee , la falange distale sulla sommità dell'apofisi mastoidea.

Tecnica:

- applicare con i pollici, una forte pressione progressiva per "forzare" i temporali in R.E..

- Tenere in dentro la sommità delle apofisi mastoidee, malgrado la resistenza dei tessuti (la forza da impiegare è proporzionale alla resistenza tessutale)

- "Dopo un momento si sente che l'osso torna ad essere elastico e vivo" (H:MAGOUN)

- Lasciare allora la pressione

- Ripetere la pressione subito dopo il rilassamento e continuare queste manovre fino alla regolarizzazione completa della respirazione polmonare.

Nota:

- Questa tecnica è considerata una tecnica di rianimazione che può essere impiegata:

Per il neonato con difficoltà respiratorie in anestesia generale, per l'ammalato comatoso che non respira più, nei casi di grave scossa elettrica o annegamento per congestione. Questa è la sola manovra cranica che richiede l'uso di una certa forza.

CAPITOLO XXXV

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DISFUNZIONI CINETICHE DEL FRONTALE

I. Anatomia:

Fare riferimento al capitolo sul frontale

II. Richiamo fisiologico

Gli assi sono verticali e passano per le bozze frontali e bozze orbitali. I movimenti in rotazione esterna e rotazione interna dei due frontali sono consentiti dalla flessibilità della sutura metopica che funge da cerniera relativa.

Durante la fase inspiratoria primaria cranica:

- gli angoli laterali si muovono anteriormente e leggermente verso il basso, girati dallo sfenoide (superficie delle grandi ali)

- i margini posteriori delle lamine orbitali si muovono lateralmente lungo le ugnature delle piccole ali, allontanando la parte posteriore del solco etmoidale

- la glabella parte posteriormente e leggermente in alto, trascinata dalla falce del cervello sulla cresta frontale mentre la sua punta inferiore tende a partire verso il basso e leggermente in avanti.

Durante la fase espiratoria primaria il movimento è inverso.

III. Effetti sull'ambiente circostante

1. Al livello delle ossa:

La restrizione dell'articolazione fronto-etmoidale può limitare l'azione della falce del cervello. D'altra parte , lo pterion è un punto strategico poiché è sede dell'accavallamento di 4 ossa. Le suture vengono ricoperte nel senso F.P.S.T. (Frontale, Parietale, Sfenoidale, Temporale) ed un trauma a questo livello può causare una restrizione dell'articolazione ad L fronto-sfenoidale, con conseguenze sulla cinetica della S.S.B.

2. Al livello delle vene:

Possono verificarsi dei rallentamenti della circolazione sul seno longitudinale superiore, lungo la sutura metopica nel punto di inserzione della falce del cervello. Vi è una zona abbastanza vulnerabile al livello del Forame Cieco in rapporto con le vene del naso nel solco nasale.

3. Al livello dei muscoli:

Traumi della prima infanzia possono procurare dei disturbi funzionali legati ai nervi motori dell'occhio e causare uno squilibrio muscolare per iper o ipo-attività di un nervo motorio.

4. Al livello dei nervi cranici:

Il nervo olfattivo è molto vulnerabile al livello della lamina cribrosa e del solco etmoidale con possibile iposmia o anche anosmia.

.5. Al livello del sistema nervoso centrale:

I lobi frontali sono in diretto rapporto con il frontale e contengono:287

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I centri dei movimenti volontari

I centri dell'espressione, della coscienza e dell'intelligenza

Il centro del carattere: nei bambini agitati, instabili o che soffrono d'insonnia, verificare la cinetica dei frontali ed in particolare la posizione del frontale sinistro (centro del carattere).

6. Al livello delle Membrane di Tensioni Reciproche:

La falce del cervello può essere interessata da una disfunzione del frontale, al livello del forame cieco o della cresta metopica.

IV. Disfunzioni del frontale:

1. Disfunzioni fisiologiche:

Si tratta di disfunzioni cinetiche in rotazione interna o rotazione esterna.

Esse possono essere uni o bi-laterali

Esse sono a volte primarie: perinatali o dello sviluppo.

Esse sono per lo più secondarie alla posizione dello sfenoide.

2. Disfunzioni patologiche:

Esse sono primarie e post-traumatiche. Hanno sede su una o più suture:

- fronto-sfenoidale

- fronto-malare

- fronto-mascellare

- fronto-etmoidale

- fronto-parietale.

V. Test diagnostico della cinetica frontale in rotazione interna ed esterna: (Fig.395)

Posizione delle dita:

I pollici uniti al livello del bregma.

Gli indici sulla glabella, leggermente laterali alla linea centrale.

Gli anulari lateralmente, al livello delle apofisi zigomatiche.

Risultati:

Testare la rotazione interna e la rotazione esterna. I due frontali possono essere in rotazione interna o in rotazione esterna. Un frontale può trovarsi in disfunzione in rotazione interna in rapporto all'altro frontale che si troverà in rotazione esterna.

VI. Correzione delle disfunzioni in rotazione interna ed esterna:

1. Correzione con la tecnica del "frontal lift": (Fig.396)

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Lo scopo è di consentire al frontale di ritrovare il suo movimento fisiologico durante la respirazione primaria ed anche di disimpegnare la sutura coronaria.

Tecnica:

Paziente: in decubito

Terapeuta: alla testa del paziente

Posizione delle mani: dita intrecciate sopra la sutura metopica. Eminenze ipotenar a contatto con gli angoli laterali dei frontali.

Movimento:

Durante la fase espiratoria primaria, indurre una pressione dolce in rotazione interna con i palmi e nel medesimo tempo sollevare il frontale anteriormente per decoaptare la sutura coronaria. Dopo aver effettuato il sollevamento, seguire i movimenti del M.R.P. inducendo flessione ed estensione del frontale. Mantenere la posizione fino al completo rilassamento tessutale.

Nota:

La manovra può essere effettuata bilateralmente ma anche unilateralmente, se la lesione in rotazione interna si trova da una sola parte. Questa manovra deve essere preceduta dalla riduzione di qualsiasi lesione al livello della sutura fronto-sfenoidale (superficie ad L).

2. Correzione tramite lo spiegamento dei frontali (Frontal spread Technique): (Fig.397)

L'induzione in rotazione esterna provoca un allargamento del solco etmoidale ed un aumento della rotazione esterna fisiologica.

Paziente: in decubito

Terapeuta: alla testa del paziente

Posizione delle mani: i pollici incrociati sulla sutura metopica ( o paralleli ad essa) servono da punto di appoggio. Le falangi degli indici sono dietro le apofisi orbitali esterne dei frontali.

Tecnica:

Durante la fase inspiratoria primaria, trainare le apofisi orbitali in rotazione esterna con gli indici, inducendo una leggera supinazione con gli indici. Nel frattempo, deprimere postero-superiormente la glabella inducendo una leggera pressione con i pollici.

1. Correzione della sutura fronto-sfenoidale: (Fig.398)

Lo scopo è di liberare la superficie ad L dopo gli impattamenti abbastanza frequenti di questa zona.

Terapeuta: seduto alla testa del paziente, dalla parte opposta alla lesione.

Posizione delle dita: la mano caudale sfenoidale afferra lo sfenoide, il mignolo intra-buccale tocca la superficie esterna dell'apofisi pterigoidea e l'indice è sulla faccia esterna della grande ala, dalla parte della lesione e stabilizza lo sfenoide. La mano cefalica frontale tocca la squama del frontale, con presa pollice-indice o pollice-medio. Il pollice fa da contro-appoggio sulla bozza frontale opposta alla sutura lesa ed è sopra lo pterion.

Tecnica per una disfunzione in rotazione interna in approccio tramite la volta:

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. Tecnica diretta:

- . Sutura tra il frontale e la grande ala:

Durante la fase inspiratoria primaria cranica, indurre un disimpegno del frontale con la mano frontale ed un movimento verso l'alto (anteriore e superiore). Questo disimpegno si effettua solo al livello del frontale mentre ci si limita a controllare lo sfenoide al livello della grande ala e dell'apofisi pterigoidea a causa dell'ugnatura interna dello sfenoide e quindi del rischio di compressione della sutura in quel punto.

Mantenendo sempre il disimpegn, indurre una rotazione esterna del frontale ed a partire dal punto ottenuto, seguire i movimenti del frontale, per liberarlo ed equilibrarlo, tramite l'accumulo delle tensioni, fino al completo rilassamento dei tessuti.

- . Sutura tra il frontale e la piccola ala:

Dopo aver liberato la grande ala, fare scivolare il frontale sullo sfenoide in un piano postero-anteriore o antero-supero-inferiore che dipende dalla direzione dell'ugnatura indicata dalla libertà di direzione (in linea di principio, i frontali si sovrappongono leggermente sulle piccole ali ma a volte questo non si verifica). per liberare il frontale dalla piccola ala.

Conservando il disimpegno, indurre in seguito il frontale lateralmente e medialmente per liberarlo ed equilibrarlo, fino al completo rilassamento dei tessuti

Tecnica per accentuazione della disfunzione:

Durante la fase espiratoria primaria cranica, indurre innanzitutto una compressione suturale tramite pressione dell'indice al livello della grande ala. Indurre in seguito un'accentuazione della rotazione interna del frontale e partendo dal punto ottenuto, seguire il movimento del frontale per accumulo di tensioni, fino al completo rilassamento tessutale. In questa tecnica non si presenta alcun parametro di disimpegno.

Tecnica di correzione fronto-sfenoidale in approccio tramite la volta: (Fig.399)

Terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizione delle dita: Presa tramite la volta.

Gli indici toccano i pilastri del frontale.

I medi sono sulle grandi ali dello sfenoide

I mignoli sono sugli angoli infero-laterali dell'occipitale.

Movimento: Durante la fase inspiratoria primaria:

Con i mignoli, indurre l'occipite posteriormente in flessione per mantenere le piccole ali indietro, tramite il tentorio del cervelletto, e creare cosÏ un fulcro. Con gli indici, sollevare gli angoli infero-laterali dei frontali anteriormente (cioè verso il soffitto) fino al punto di tensione equilibrata. Una volta equilibrata la tensione fra frontale ed occipitale, con i medi, portare posteriormente le grandi ali e mantenerle fino al rilassamento completo tessutale.

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VIII. Correzione della sutura fronto-parietale: (Fig.400)

Lo scopo è di ottenere una separazione fronto-parietale al livello della sutura coronaria.

A questo livello, dal Bregma al punto perno, il frontale ricopre il parietale e possiede quindi un'ugnatura interna, mentre dal punto perno allo pterion, il frontale è ricoperto dal parietale e possiede quindi un'ugnatura esterna.

Posizione delle dita: la mano cefalica parietale ingloba nel suo palmo la bozza parietale: l'indice è posizionato sull'angolo parietale antero-inferiore, verso lo Pterion. Il medio si trova verso la branca zigomatica del temporale. L'anulare è posizionato sull'angolo parietale postero-inferiore, verso l'Asterion. Le articolazioni inter-falangiche prossimali della mano parietale sono situate al livello dell'asse di movimento parietale.

La mano caudale frontale avviluppa il frontale, appena dietro alla sutura coronaria, il medio è situato nel prolungamento dell'asse di movimento parietale.

Tecnica di correzione diretta di una disfunzione in rotazione interna:

Secondo il livello che si vuole disimpegnare e durante la fase respiratoria primaria cranica adeguata:

Indurre una leggera pressione interna sull'ugnatura parietale superiore.

Indurre una leggera pressione interna sull'ugnatura frontale inferiore.

In seguito, durante la fase inspiratoria primaria cranica, mantenere il parietale, imprimendogli nel contempo una rotazione esterna attorno ad un asse verticale virtuale. Simultaneamente, indurre un disimpegno del frontale, tirandolo eventualmente in avanti con una piccola rotazione esterna. Senza bloccare il meccanismo respiratorio primario, mantenere la manovra fino al rilassamento tessutale.

Nota:

Questa sutura reagisce molto bene alla correzione per mezzo del V spread con il V da una parte e dall'altra della sutura, dallo Pterion al Bregma, e la mano induttrice sulla bozza occipitale opposta.

IX. Mobilizzazione fronto-frontale: (Fig.401)

Lo scopo è di "mobilizzare" la sutura metopica ristretta a seguito di trauma od anomalia.

Posizione delle dita: pollici a croce da una parte e dall'altra della sutura metopica. Indice sugli angoli laterali del frontale. Medi a contatto degli indici.

Tecnica:

Durante la fase inspiratoria primaria cranica, senza bloccare il meccanismo respiratorio primario:

I polsi inducono la rotazione esterna dei frontali. I pollici inducono la sutura metopica tramite una pressione ed un appianamento. Gli indici sollevano i margini laterali del frontale. Questa tecnica di mobilizzazione deve essere ripetuta su diversi cicli respiratori primari fino ad ottenere un miglioramento dell'elasticità del frontale.

X. Modellatura dei frontali: (Fig. 402,403,404)

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(vedere il capitolo sulle lesioni intra-ossee)

Posizione delle mani: palmi sui centri di ossificazione delle eminenze frontali.

Movimento:

Bilanciare le 2 parti del frontale, al ritmo del M.R.P., su un piano sagittale, mai un piano trasversale o orizzontale.

Se il centro di ossificazione dell'eminenza frontale è prominente, modellare la parte ossea al ritmo del M.R.P., appiattendola, sollevando nel contempo l'angolo infero-laterale del frontale ed inducendo un divaricamento delle parti ossee adiacenti. Se il centro di ossificazione dell'eminenza frontale è appiattito, modellare la parte ossea, al ritmo del M.R.P., premendo verso il centro.

Nota:

In tutte le lesioni intra-ossee, i risultati sono lunghi a verificarsi e dipendono dalla regolarità delle manovre e dalla crescita della scatola cranica.

XI. Correzione della sutura fronto-malare: (Fig.405, 406,407)

Posizione delle dita: la mano cefalica contatta il frontale, con il palmo al livello delle eminenze frontali ed il pollice e l'indice al livello delle apofisi orbitali esterne del frontale. La mano caudale è a contatto del malare fra indice e medio.

Correzione diretta di una disfunzione in rotazione interna:

Durante la fase inspiratoria primaria, indurre il malare in rotazione esterna e mantenervelo. In seguito, liberare il frontale verso l'alto (verso di sè). Infine, mantenendo il disimpegno, indurre il frontale in flessione chiedendo al paziente una inspirazione toraco-addominale seguita da un'apnea inspiratoria tenuta il più a lungo possibile. Mantenere la posizione antero-esterna dell'apofisi orbitale esterna del frontale in disfunzione acccumulando le tensioni fino al raggiungimento dello "Still Point".

Nota:

Una variante a questa tecnica consiste nel contattare il malare con presa intra-buccale con l'indice e presa extra-buccale con il pollice.

XII. Correzione della sutura fronto-mascellare: (Fig.408)

Posizione delle dita: la mano cefalica contatta il frontale al livello dei pilastri esterni con la pinza pollice-indice. L'indice della mano caudale è a contatto con la branca verticale del mascellare.

Tecnica:

Liberare il mascellare dal frontale. Seguire il senso della lesione in accumulo di tensioni senza lasciare il disimpegno, sollecitando intanto la collaborazione respiratoria toraco-addominale del paziente.

XIII. Correzione della sutura fronto-mascellare (Variante di R.CAPOROSSI) : (Fig.409)

Posizione delle dita: L'anulare della mano caudale tocca il mascellare, per via intra-buccale, mentre il medio e l'indice sono a contatto della branca verticale del mascellare, per via esterna.

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La mano cefalica è a contatto del frontale, tra il pollice ed il medio, al livello delle apofisi orbitali esterne. L'articolazione metacarpofalangica di questa mano è sulla glabella.

Tecnica di correzione:

Durante la fase inspiratoria primaria, indurre il mascellare in rotazione interna e mantenervelo senza bloccare il M.R.P. Disimpegnare in seguito il frontale cefalicamente, poi indurlo in flessione globale favorendo nel contempo la rotazione esterna dell'emi-frontale in restrizione. Mantenere la posizione fino al completo rilassamento tessutale.

Nota:

Una variante a questa tecnica consiste nel prendere, con il polpastrello dell'indice cefalico, un appoggio sulla branca verticale del mascellare appena sotto la sutura maxillo-frontale, assicurando cosÏ un migliore disimpegno fronto-mascellare ed un punto di appoggio, oltre alla glabella, per l'induzione in rotazione esterna dell'emi-frontale ipsi-laterale.

XIV. Correzione della sutura fronto-nasale: (Fig.410)

Posizione delle dita: la mano cefalica è a contatto del frontale, tra il pollice ed il medio, al livello delle apofisi orbitali esterne. L'articolazione metacarpofalangica di questa mano è sulla glabella. La mano caudale tiene le ossa proprie del naso tra pollice ed indice.

Tecnica di correzione diretta:

Durante la fase inspiratoria primaria cranica, indurre il frontale in flessione e mantenervelo senza bloccare il M.R.P. Con la mano caudale assicurare il disimpegno delle ossa del naso ed indurle in rotazione esterna. Con la mano cefalica indurre gli emi-frontali in rotazione esterna. Mantenere la posizione fino ad ottenere lo "Still Point".

XV. Tecnica di equilibrio simultaneo fronto-maxillo-malare: (Variante di R.CAPOROSSI) (Fig.411)

Posizione delle dita:

La mano caudale, con il mignolo intra-buccale, contatta il mascellare al livello dell'arcata dentale, sotto il malare. Con il medio e l'indice fa presa sul mascellare al livello della branca ascendente. Con l'anulare è a contatto della faccia esterna del malare.

La mano cefalica tocca le faccette temporali del frontale ed i suoi pilastri esterni con il pollice e il medio. L'indice può essere a contatto con la parte superiore della branca ascendente del mascellare per disimpegnre la sutura fronto-mascellare.

Tecnica:

Sincronizzarsi al ritmo del M.R.P., disimpegnare le diverse suture. Seguire il movimento delle differenti componenti ossee accumulando le tensioni e sollecitando la collaborazione respiratoria toraco-addominale del paziente. Mantenere l'accumulo di tensioni, senza abbandonare il disimpegno fino a raggiungere lo "Still Point".

XVI. Tecnica di equilibrio del frontale: (Fig.412)

Posizione delle dita: gli indici sono sulla glabella, da una parte e dall'altra della sutura metopica. I pollici sono a contatto della sutura metopica davanti al bregma. I medi toccano i pilastri esterni del frontale.

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Tecnica:

Sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. Sollevare ed allargare i frontali appoggiando al livello della glabella e della parte superiore della sutura metopica, a contatto della falce del cervello. Senza lasciare la tensione tessutale creata, seguire i movimenti del frontale, in accumulo di tensioni fino al raggiungimento dello "Still Point", sollecitando intanto la collaborazione respiratoria toraco-addominale del paziente.

CAPITOLO XXXVI

DISFUNZIONI CINETICHE DEI PARIETALI

I. Anatomia: Fare riferimento al capitolo sui parietali.

II. Richiamo fisiologico:

Gli assi di movimento dei parietali sono assi obliqui in basso, in avanti ed in dentro che passano per i punti perno e le bozze parietali.

I movimenti consentiti da questi assi sono movimenti di rotazione interna ed esterna sincroni a quelli della S.S.B.

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Durante la fase inspiratoria primaria cranica:

L'angolo antero-inferiore (angolo sfenoidale) parte in avanti e in fuori.

L'angolo postero-inferiore (angolo mastoideo) parte in avanti ma soprattutto in fuori.

La sutura sagittale scende leggermente, si divarica leggermente in avanti e un po' di più indietro.

Le bozze parietali si divaricano e si abbassano.

La sutura interparietale è una sutura poco mobile in avanti ma molto mobile e tendente a divaricarsi più indietro dove le dentellature delle suture sono sinuose, profonde e numerose, e spiegano l'adattamento della sutura ai movimenti del meccanismo respiratorio primario. Essa assicura inoltre una parte del drenaggio del seno longitudinale superiore per via della sua mobilità in particolare posteriormente.

La sutura parieto-squamosa, è, per quanto la riguarda, notevolmente adattata ai movimenti di slittamento del temporale per mezzo delle sue ugnature esterne e larghe.

III. Effetti sull'ambiente circostante:

1. Al livello delle ossa:

Le restrizioni della cinetica del parietale sono soprattutto dovute a rallentamenti o blocchi suturali. Il trattamento del parietale è quindi un trattamento correttivo delle suture più che un trattamento di riequilibrio globale delle rotazioni interna o esterna.

Le situazioni di fissazione della sutura sagittale riguardano soprattutto il seno longitudinale superiore, portando come conseguenza un cattivo drenaggio e correlativamente un cattivo funzionamento del sistema nervoso centrale nelle zone interessate.

La restrizione cinetica della sutura sagittale è una lesione frequente nei bambini asmatici o enuretici oppure nei bambini agitati o nei problemi di insonnia durante l'infanzia. Le situazioni di fissazione della sutura coronaria sono, invece, all'origine di restrizioni cinetiche della S.S.B., in particolare nel bambino.

2. Al livello delle arterie:

L'arteria meningea mediana penetra nel cranio dal forame piccolo rotondo può essere irritata da una disfunzione delle parti ossee e generare mal di testa o ipertensione cranica.

3. Al livello delle vene:

Una disfunzione cinetica del parietale può originare tensioni sulle membrane meningee e può così ledere il drenaggio del seno longitudinale superiore e dei seni laterali. L'angolo postero-inferiore del parietale, al livello dell'asterion, è quindi un luogo molto vulnerabile.

4. Al livello del sistema nervoso centrale:

Nel bambino, i parietali ricoprono una buona parte dei lobi cerebrali e sono quindi in rapporto con la maggior parte dei centri d'integrazione e di comando.

Nell'adulto, la copertura è meno estesa ma i parietali ricoprono ugualmente centri motori e sensoriali importanti che coordinano la stimolazione periferica ed innescano la risposta muscolare.

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IV. Disfunzioni dei parietali:

1. Disfunzioni primarie:

Esse sono dovute a lesioni intra-uterine o a lesioni perinatali come le distorsioni delle fibre ossee o l'eccessiva modellatura delle placche membranose.

2. Disfunzioni secondarie:

Esse sono generalmente conseguenti a disfunzioni temporali o occipitali:

Possono infatti verificarsi:

Disfunzioni in rotazione esterna ma soprattutto in rotazione interna.

Disfunzioni in torsione, responsabili del restringimento e dell'impattamento della sutura sagittale nella sua parte posteriore, essa stessa in posizione di flessione.

Disfunzioni in rotazione-inclinazione come ad esempio nel "side bending-rotation" dove la sutura sagittale devia verso la convessità del basso occipite, ed il parietale ipsi-laterale si trova in posizione di rotazione esterna relativa, contrastando di conseguenza con la rotazione interna del parietale opposto.

3. Disfunzioni primarie post-natali:

Queste disfunzioni cinetiche sono essenzialmente di origine traumatica. Possono essere uni o bi-laterali. Possono provenire da traumi diretti del parietale. Possono essere causate da traumi indiretti dovuti a cadute sui piedi o sui glutei. Un trauma a livello del Bregma può portare una compressione della sutura sagittale situata anteriormente, con una divaricazione degli angoli antero-inferiori al livello degli pterions ed una posteriorizzazione dei condili occipitali uni o bilateralmente. Un trauma a livello del vertice può causare una compressione della sutura sagittale nella sua parte mediana, con un'accentuazione forzata della posizione in rotazione esterna di uno o di entrambi i temporali e una flessione della S.S.B. Nel caso di accentuazione forzata unilaterale della posizione di un temporale in rotazione esterna, l'altro temporale si troverà in rotazione interna.

Un trauma al livello del lambda può generare una compressione della parte posteriore della sutura sagittale con accentuazione forzata della posizione dei condili occipitali sull'atlante, con discesa della squama e correlativamente lesione in flessione dell'occipite, lesione in flessione

della S.S.B., lesione in rotazione esterna dei temporali.

Nel caso di accentuazione forzata unilaterale della posizione di un condilo, avremo un condilo anteriorizzato mentre l'altro sarà posteriorizzato. un temporale si troverà quindi in rotazione esterna e l'altro in rotazione interna.

III. Diagnosi delle disfunzioni cinetiche parietali:

1. L'interrogatorio rivela:

Mal di testa.

Dolore locale.

Conoscenza di traumi alla nascita oppure in seguito.

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2. Osservazione e palpazione:

- . Apprezzare le modellature eccessive, l'elevazione o la depressione delle suture.

- . Test del meccanismo respiratorio primario, in approccio tramite la volta cercando di contattare solamente i parietali.

Testare le rotazioni interna ed esterna comparando i movimenti apprezzando l'ampiezza di un parietale rispetto all'altro. (Fig.413).

- . Test suturali parietali per localizzare la o le restrizioni:

Test globale in rotazione interna ed in rotazione esterna per reperire le suture interessate. Test cinetici specifici sulle ossa periferiche. Test per V spread individualmente sulle suture collegate. Test delle bozze parietali, l'una in rapporto con l'altra, apprezzando le anteriorizzazioni o posteriorizzazioni, le traslazioni destra o sinistra, le superiorità o inferiorità.

IV. Correlazioni delle disfunzioni in rotazione interna e rotazione esterna: (Fig.414)

Posizione delle dita:

In approccio modificato tramite la volta (contatto unicamente con i parietali).

I pollici da una parte e dall'altra della sutura sagittale al livello del Bregma (inducono il movimento).

Gli indici al livello dello Pterion.

I medi appena sopra alla radice dell'apofisi zigomatica del temporale.

Gli anulari sugli asterions

I mignoli scollati, non testano.

Le eminenze tenar ed ipoternar sulle bozze parietali.

Testano le falangi prossimali e mediane.

Correzione diretta di una disfunzione bilaterale in rotazione interna:

Durante la fase inspiratoria primaria cranica e senza bloccare il meccanismo respiratorio primario: divaricare e premere leggermente sulla sutura con i pollici. Simultaneamente indurre le placche ossee in rotazione esterna con le dita, al livello degli angoli antero-inferiori (sfenoidali) e postero-inferiori (mastoidei), come per la flessione della S.S.B. Il rimanente delle mani segue il movimento.

Chiedere una inspirazione toraco-addominale profonda seguita da un'apnea inspiratoria trattenuta il più a lungo possibile e mantenere la posizione senza bloccare il M.R.P., equilibrando le parti ossee fino a raggiungere lo "Still Point" .

Nota:

Nelle disfunzioni in rotazione interna, la sutura inter-parietale si trova coinvolta ed è consigliabile la correzione diretta. Nelle disfunzioni in rotazione esterna, si può consigliare la correzione per accentuazione cinetica poichè non si presentano rischi di accavallamento suturale. La tecnica può essere praticata bilateralmente o unilateralmente secondo il caso.

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V. Tecnica di elevazione del parietale o "parietal lift technique": (Fig.415)

Si tratta di una manovra essenzialmente mirata al sistema circolatorio ma che incide anche sulla falce del cervello e quindi su tutte le membrane di tensioni reciproche.

Posizione delle dita:

Presa parietale modificata tramite la volta.

Tecnica:

Durante la fase espiratoria primaria cranica:

Innanzitutto disimpegnare il parietale al livello delle sue ugnature esterne articolari con il temporale, al livello dello pterion sullo sfenoide ed al livello della squama del temporale, inducendo una pressione mediale sull'ugnatura esterna.

Disimpegnare nel medesimo tempo il parietale dall'occipitale sollevandolo leggermente verso il soffitto.

In seguito, durante la fase inspiratoria primaria, disimpegnare la sutura sagittale inducendo le parti ossee in rotazione esterna. Conservare i parametri di disimpegno e sollevare cefalicamente i parietali in rotazione esterna attirandoli verso di sè, praticando un leggero contro-appoggio con i pollici incrociati sulla sutura sagittale che possono aumentare il movimento divaricando leggermente la sutura. Ripetere la manovra per diversi cicli respiratori primari fino ad ottenere il rilassamento tessutale.

VI. Tecnica di spiegamento del parietale o "Parietal spread Technique": (Fig.416)

Lo scopo è di regolarizzare la circolazione venosa al livello del seno longitudinale superiore ma anche l'equilibrio cinetico della sutura inter-parietale,della falce del cervello e del tentorio del cervelletto.

Posizione delle dita:

In approccio tramite la volta.

I pollici incrociati a cavallo da una parte e dall'altra della sutura inter-parietale.

Tecnica:

Il movimento segue il ritmo di ogni fase di espansione respiratoria primaria cranica. La manovra inizia al lambda per concludersi al bregma.

Per il lambda:

Divaricare la sutura con i pollici incrociati, premendo dolcemente, al livello del lambda sugli angoli parietali postero-superiori. I mignoli possono indurre in flessione l'occipite. Le altre dita aiutano la rotazione esterna verso l'avanti per aumentare la rotazione esterna delle placche ossee. Più ci si porta in avanti, meno le altre dita inducono la divaricazione.

Per il Bregma:

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I pollici divaricano la sutura associandovi una pressione caudale sugli angoli parietali potero-superiori per disimpegnarli dall'occipite che, a questo livello, li ricopre. In seguito indurre saldamente i parietali in rotazione esterna. Gli indici possono aiutare il movimento sollevando i pilastri esterni del frontale, per aumentare la flessione.

Nota: prima di sperimentare questa tecnica, è utile provvedere al rilassamento del forame occipitale, dell'inion e delle linee curve occipitali superiori.

VII. Tecnica di disimpegno del lambda: (Fig.417)

Lo scopo è di ristabilire la libertà funzionale del lambda.

Posizione del paziente e del terapeuta: il paziente in decubito, il terapeuta per effettuare questa manovra dovrà trovarsi in posizione molto bassa con la testa del paziente praticamente in alto della tavola.

Posizione delle dita:

Presa tramite la volta parietale.

I mignoli sulla squama occipitale al livello degli angoli infero-laterali

I pollici incrociati a cavallo della sutura inter-parietale al livello del lambda.

Le altre dita sui parietali.

Tecnica:

Durante la fase espiratoria primaria cranica: liberare gli angoli postero-superiori dei parietali, deprimendo medialmente le ugnature esterne. In seguito, durante la fase inspiratoria primaria: i pollici si divaricano e liberano i parietali dall'occipitale spingendo gli angoli postero-superiori dei parietali verso l'alto. I mignoli spingono l'occipite, in flessione, inferiormente.

Le altre dita aumentano la rotazione esterna dei parietali.

VIII. Tecnica di disimpegno del bregma: (Fig.418)

Posizione delle dita:

Presa tramite la volta parietale.

I pollici incrociati a cavallo della sutura inter-parietale al livello del bregma.

Gli indici al livello dei pilastri esterni del frontale. Gli anulari a contatto dei parietali.

Tecnica:

Durante la fase espiratoria primaria cranica, effettuare con i pollici una pressione dolce sugli angoli antero-superiori per disimpegnare le ugnature esterne parietali. In seguito, durante la fase di inspirazione primaria, indurre con i pollici una divaricazione degli angoli antero-superiori associata ad una leggera trazione posteriore per liberare la sutura coronaria. Parallelamente, gli indici inducono i pilastri esterni del frontale in flessione mentre gli anulari aumentano la rotazione esterna dei parietali.

IX. Tecnica di correzione parieto-sfenoidale:

1. Disimpegno unilaterale parieto-sfenoidale: (Fig.419)

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Posizione delle dita:

Il palmo della mano cefalica parietale afferra il parietale, l'indice è sullo pterion. Il pollice si trova lungo la sutura coronaria. La mano caudale fronto-sfenoidale immobilizza lo sfenoide con il medio sulla grande ala ed il mignolo intra-buccale sull'apofisi pterigoidea. L'indice è sul frontale.

Tecnica:

Durante la fase espiratoria primaria cranica: la mano sfenoidale immobilizza lo sfenoide. La mano parietale libera l'ugnatura esterna parietale con pressione mediale dell'indice sopra lo pterion.

Durante la fase inspiratoria primaria: La mano parietale tira il parietale verso l'alto e indietro.

2. Disimpegno bilaterale parieto sfenoidale: (Fig.420)

Lo scopo è di ristabilire la cinetica della sutura parieto-sfenoidale spesso impattata a seguito di traumi della parte antero-superiore dei parietali.

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: in piedi di fronte al paziente

Posizione delle dita: le eminenze ipotenar sono sugli angoli antero-inferiori dei parietali. Le altre dita sono intrecciate sotto il cranio.

Tecnica:

Durante la fase espiratoria primaria cranica: effettuare una compressione degli angoli sfenoidali e parietali con i flessori delle dita.

In seguito durante la fase inspiratoria primaria pur mantenendo la compressione, sollevare i parietali in direzione del vertice.

X. Tecnica di correzione parieto-occipitale:

1. Tecnica di disimpegno bilaterale parieto-occipitale (Fig.421)

Paziente: in decubito

Terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizione delle mani: Le mani afferrano la volta parietale con il palmo, le dita intrecciate. Le eminenze tenar sono a contatto degli angoli postero-inferiori (mastoidei) dei parietali.

Tecnica:

Primo tempo: Durante la fase espiratoria primaria, disimpegnare gli angoli parietali postero-inferiori inducendo una pressione mediale con le eminenze tenar. Durante la fase inspiratoria primaria seguente, sollevare questi angoli parietali in direzione del vertice, conservando il parametro di disimpegno e mantenere questa posizione alta, senza bloccare il M.R.P. fino al raggiungimento dello "Still Point".

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Secondo tempo: In seguito, con le dita intrecciate, i medi al livello delle suture lambdoidali ed i pollici sul supra-occipite, fare basculare l'occipite sul suo asse trasverso portandolo in estensione con i pollici. Attendere il rilassamento delle tensioni.

Terzo tempo: Infine. appoggiare le eminenze tenar sulle porzioni mastoidee dei temporali, i pollici lungo le apofisi ed indurre i temporali in rotazione esterna.

2. Tecnica di disimpegno unilaterale parieto-occipitale: (Fig.422)

In caso di lesione unilaterale, il terapeuta potrà esercitare la stessa tecnica da una sola parte. L'altra mano sarà in questo caso totalmente neutra e servirà da punto di appoggio.

Un'altra tecnica, più specifica, consiste nell'afferrare con il palmo della mano caudale l'occipite longitudinalmente e nell'afferrare il parietale in disfunzione con il palmo della mano cefalica in modo che il medio sia perpendicolare all'asse cinetico del parietale e l'indice e l'anulare siano da una parte e dall'altra. Al ritmo del M.R.P. decoaptare le ugnature collegate, poi disimpegnare la sutura e correggere in seguito l'osso parietale in rapporto all'occipitale.

XI. Tecnica di correzione parieto-squamosa:

1. Tecnica di correzione diretta (H.MAGOUN) (Fig.423)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, gomiti sul tavolo

Posizione delle mani: una mano temporale: afferra con il palmo la squama temporale, il più vicino possibile alla sutura parieto-squamosa e l'indice sull'aposifisi mastoidea.

L'altra mano parietale: afferra con il palmo il parietale. Il pollice di questa mano parietale è posizionato vicino alla sutura parieto-squamosa e parallelamente al pollice temporale.

Tecnica :

- Durante la fase di espirazione cranica, la mano parietale libera il parietale sotto la squama temporale, premendo medialmente con il pollice parietale.

- Testare le rotazioni interna ed esterna del temporale con la mano temporale.

- In caso di restrizione della rotazione esterna, durante la fase inspiratoria, il pollice parietale continua a premere in dentro ma spinge anche in alto ed in avanti.

La mano temporale induce una rotazione esterna del temporale effettuando una pressione verso il basso, indietro e in dentro, con l'indice, sull'apofisi mastoidea e nel contempo induce, sulla squama una leggera forza di divaricazione suturale verso il basso, con il pollice temporale.

2.Tecnica di correzione diretta parieto-squamosa : (F.Peyralade) (Fig.424)

Posizione del paziente:decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, gomiti sul tavolo

Posizione delle dita: una mano contatta il temporale con presa a cinque dita. Le ultime quattro dita dell'altra mano, strette, sono a contatto del parietale, verticalmente al di sopra della sutura, pollice ed eminenza tenar a contatto con la bozza parietale.

Tecnica:

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Durante la fase espiratoria primaria cranica, portare il parietale in rotazione interna e mantenerlo in tale posizione.

Durante la fase inspiratoria primaria successiva, portare il temporale in rotazione esterna e mantenervelo fino a percepire il rilasciamento suturale.

XII. Tecnica di correzione parieto-mastoidea: (Fig.425)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, gomiti sul tavolo

Posizione delle mani: il palmo della mano temporale afferra la mastoide, il pollice parallelo alla sutura parieto-mastoidea. Il pollice sull'apofisi mastoidea e l'eminenza tenar sulla porzione mastoidea.

Il palmo dell'altra mano, parietale, afferra la volta cranica, il suo pollice è posizionato sul prolungamento del pollice temporale ed il polpastrello del pollice parietale sulla piccola superificie piana, al livello dell'Asterion.

Tecnica di correzione diretta:

- Durante la fase di espirazione cranica, il pollice parietale imprime un disimpegno delle suture tramite una pressione interna ed una trazione del parietale verso l'alto ed indietro, e mantiene questo disimpegno.

- Durante la fase di inspirazione cranica successiva, il pollice temporale esercita una trazione opposta in basso ed in avanti per fare rotolare il temporale in rotazione esterna.

- La posizione delle placche ossee è mantenuta fino a percepire il rilassamento tessutale.

XIII. Tecnica di correzione parieto-frontale: (Fig.426)

Lo scopo è di ottenere una separazione parieto-frontale al livello della sutura coronaria.

A questo livello, dal Bregma al punto perno, il parietale è ricoperto dal frontale e possiede quindi un'ugnatura esterna, mentre dal punto perno allo pterion, il parietale ricopre il frontale e possiede quindi un'ugnatura interna.

Posizione delle dita

La mano cefalica parietale ingloba nel suo palmo la bozza parietale: l'indice è posizionato verso lo Pterion. Il medio si trova verso la branca zigomatica del temporale. L'anulare è posizionato verso l'Asterion. La mano caudale frontale avviluppa il frontale, appena dietro alla sutura coronaria, con una pinza pollice-medio.

Tecnica di correzione diretta di una disfunzione in rotazione interna:

Secondo il livello che si vuole disimpegnare e durante la fase respiratoria primaria cranica adeguata:

Indurre una leggera pressione interna sull'ugnatura parietale superiore.

Indurre una leggera pressione interna sull'ugnatura frontale inferiore.

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In seguito, durante la fase inspiratoria primaria cranica, disimpegnare il parietale, imprimendogli una rotazione esterna attorno ad un asse verticale virtuale. Simultaneamente, indurre un disimpegno del frontale, tirandolo eventualmente in avanti con una piccola rotazione esterna. Senza bloccare il meccanismo respiratorio primario, mantenere la manovra fino al rilassamento tessutale.

Nota:

Questa sutura reagisce molto bene alla correzione per mezzo del V spread con il V da una parte e dall'altra della sutura, dallo Pterion al Bregma, e la mano induttrice sulla bozza occipitale opposta.

XIV. Tecnica di equilibrio delle bozze parietali in caso di torcicollo: (Fig. 427)

Afferrare le bozze parietali con le ultime quattro dita, da ogni lato. Testare i movimenti bilateralmente e unilateralmente nelle direzioni Nord/Sud, Est/Ovest ed antero-posteriore.

Tecnica: accentuare tutti i movimenti liberi mano a mano, in accumulo delle tensioni fino a raggiungere lo "Still Point".

XV. Tecnica di disimpegno della sutura inter-parietale: (Fig.428a-428b)

Le mani sono a contatto dei parietali, i pollici sono situati da una parte e dall'altra della sutura inter-parietale od incrociati uno sopra l'altro, cavalcandola. Durante la fase inspiratoria primaria cranica, indurre un disimpegno deprimendo e stirando lateralmente la sutura. Conservando questo disimpegno, mobilizzare i parietali in rotazione esterna al ritmo del M.R.P.

CAPITOLO XXXVII

DISFUNZIONI CINETICHE DELL'ETMOIDE

I. Anatomia:

Vedere il capitolo sull'etmoide.

II. Richiamo fisiologico:

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L'asse di movimento è un asse orizzontale trasverso che passa per il corpo dell'etmoide. I movimenti consentiti dall'asse sono movimenti di flessione-estensione, poichè l'etmoide fa parte della linea centrale, e sono coordinati a quelli dello sfenoide. Durante la fase inspiratoria primaria cranica: il margine posteriore del corpo si muove leggermente verso il basso. L'apofisi crista galli si muove in alto e indietro, in relazione con la falce del cervello. Le masse laterali si aprono leggermente in rotazione esterna come i frontali. Nel complesso, si produce una dilatazione delle fosse nasali e dei cornetti inferiori cosÏ come un pompaggio delle cellule etmoidali. E' necessario notare che una disfunzione cinetica al livello della lamina trasversale porta in generale come conseguenza, secondariamente, una deviazione del setto nasale durante la crescita.

III. Effetti sull'ambiente circostante:

1. Al livello delle ossa:

I punti strategici e vulnerabili sono:

Il solco etmoidale nei suoi rapporti con il frontale. Le articolazioni con i mascellari. Le articolazioni con lo sfenoide. In via accessoria, tramite le articolazioni con i palatini. E' necessario notare che i disturbi funzionali della sfera ORL causati dall'etmoide sono dovuti ad una restrizione della cinetica di questa parte ossea piuttosto che alla mancanza di posto per il passaggio dell'aria nelle fosse nasali. Di questo fatto si dovrebbe tenere conto per l'indicazione di interventi chirurgici nelle fosse nasali. Le parti frontale, sfenoidale e mascellare possono causare restrizione cinetica etmoidale. Le disfunzioni del palatino possono avere una grande importanza sul ganglio sfeno-palatino la cui fisiologia disturbata può causare disturbi funzionali come raffreddore, asma, rinite, sinusite ecc.

2. Al livello dei nervi:

Il nervo nasale, ramo del trigemino, è in rapporto stretto con la lamina cribrosa dell'etmoide, con il ganglio sfeno-palatino e, per suo tramite, tutte le fibre connettive entrano in rapporto con l'etmoide.

3. Al livello delle M.T.R.:

La restrizione di mobilità al livello del solco etmoidale o al livello dell'apofisi crista galli ha un'incidenza restrittiva immediata sulla cinetica della falce del cervello e quindi sulla qualità delle M.R.P.

4. Al livello delle arterie e delle vene:

Le arterie e le vene etmoidali che assicurano l'integrità della vascolarizzazione delle fosse nasali possono essere vulnerabili al livello del solco etmoidale e della lamina cribrosa.

IV. Disfunzioni dell'etmoide:

1. Disfunzioni primarie:

Il solco etmoidale può essere ristretto da una parte o bilateralmente, portando dei disturbi della cinetica dell'apofisi crista galli e della falce del cervello.

Lesioni intra-ossee dovute a distorsioni pre e post-sfenoidali durante la vita intra-uterina possono ugualmente essere causa di disturbi della cinetica etmoidale. Possono infine verificarsi delle disfunzioni fisiologiche in flessione ed estensione, dovute alla cinetica generale del cranio.

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2. Disfunzioni secondarie:

Esse sono generalmente secondarie ad una o più restrizioni a livello dei frontali, dei mascellari superiori o dello sfenoide. Esse causano disturbi funzionali della sfera O.R.L. come disturbi dell'odorato dipendenti dalla lamina cribrosa, rinite cronica, raffreddore da fieno, asma o sinusite.

Ad esempio, una disfunzione in side bending-rotation della S.S.B. potrà influenzare il corpo dell'etmoide tramite il corpo dello sfenoide ma anche il frontale tramite la grande ala al livello della superficie ad L e quindi causare un restringimento, da una parte, del solco etmoidale. La traslazione etmoidale con deviazione della lamina perpendicolare sarà spesso origine di una deviazione del setto nasale. Gli interventi chirurgici della faccia o della sfera dentale possono portare lesioni e restrizioni del movimento dell'etmoide.

V. Diagnosi della disfunzione etmoidale:

1. Note preliminari:

Le sinusiti con dolori frontali, lacrimazione, arrossamento degli occhi, secrezione dal naso, sensazione di compressione oculare (al livello dell'osso planum) hanno per lo più origine etmoidale. Bisogna pure sottolineare l'importanza dei gangli sfeno-palatini che regolarizzano tutte le secrezioni delle vie aeree superiori.

2. Test cinetico dell'etmoide: (Fig. 429)

Posizione delle dita:

Il medio sulla glabella e l'indice sulla sutura inter-nasale, al livello del nasion. L'indice della mano caudale, in contatto intra-buccale sulla sutura cruciforme.

Induzione del movimento:

Innanzi tutto premere leggermente in alto e indietro sulla glabella con il medio e apprezzare la risposta in flessione con l'indice. Premere in seguito leggermente sul nasion e apprezzare la risposta al livello della glabella, durante il ritorno in estensione.

Risultati:

Apprezzare la totale assenza di movimento o il grado di restrizione. Comparare l'ampiezza dei movimenti in flessione ed in estensione ed il grado di pressione induttrice necessario al ripristino del movimento.

VI. Correzione delle disfunzioni dell'etmoide:

lo scopo è di liberare il solco etmoidale e restituirgli la sua mobilità fisiologica.

1. Correzione del solco etmoidale: lo scopo è di liberare il solco etmoidale tramite la tecnica del frontal lift (Fig.430a)

Primo tempo: accentuazione del processo restrittivo:

Paziente: in decubito

Terapeuta: alla testa del paziente

Posizione delle mani: dita intrecciate sopra la sutura metopica. Eminenze ipotenar a contatto con gli angoli laterali dei frontali.

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Movimento:

Durante la fase espiratoria primaria, indurre una pressione dolce in rotazione interna dei frontali con i palmi e nel medesimo tempo sollevare il frontale anteriormente e superiormente per decoaptare l'etmoide. Dopo aver effettuato il sollevamento, seguire i movimenti del M.R.P. inducendo flessione ed estensione del frontale. Mantenere la posizione fino al completo rilassamento tessutale.

Nota:

La manovra può essere effettuata bilateralmente ma anche unilateralmente, se la lesione si trova da una sola parte. Questa manovra deve essere preceduta dalla riduzione di qualsiasi lesione al livello della sutura fronto-sfenoidale (superficie ad L).

Secondo tempo: correzione diretta della restrizione:

Si tratta della tecnica di allargamento dei frontali (Fig.430b). L'induzione in rotazione esterna causa un'allargamento del solco etmoidale ed un aumento della rotazione esterna fisiologica.

Paziente: in decubito

Terapeuta: alla testa del paziente

Posizione delle mani: pollici incrociati sopra la sutura metopica o parallele ad essa secondo il punto di appoggio. Le falangi degli indici dietro le apofisi orbitali esterne dei frontali.

Tecnica:

Durante la fase inspiratoria primaria, trainare le apofisi orbitali in rotazione esterna con gli indici, inducendo una leggera supinazione degli indici verso l'avanti e l'esterno. Nel medesimo tempo deprimere la glabella postero-superiormente inducendo una leggera pressione con i pollici.

Nota:

La focalizzazione dell'induzione deve avvenire al livello delle lamine orbitali del frontale.

2. Correzione unilaterale dell'etmoide: (Fig.431)

Posizione delle dita:

La mano cefalica frontale ingloba il frontale con la pinza pollice-indice a contatto delle apofisi orbitali esterne del frontale.

Per la mano caudale: L'anulare sul malare, il medio sulla faccia antero-esterna del mascellare,

l'indice sulla branca ascendente del mascellare.

Correzione diretta di una disfunzione unilaterale in rotazione interna:

Durante la fase inspiratoria primaria cranica:

La mano frontale accentua la flessione del frontale deprimendo la glabella e tirando , verso l'alto ed indietro, la sutura metopica con il palmo, spingendo i pilastri esterni del frontale in alto, in avanti e in fuori con pollice-indice.

La mano caudale trascina malare e mascellare, dalla parte lesa, in rotazione esterna. Le mani mantengono questa posizione in accumulazione di tensioni fino ad ottenere lo "Still Point".

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3. Correzione della lamina perpendicolare: (Fig. 432)

Lo scopo è di liberare la lamina perpendicolare e restituirle la sua mobilità fisiologica.

Posizione delle dita:

La mano cefalica fronto-sfenoidale contatta il frontale e lo sfenoide tramite la presa pollice-indice sia sulle apofisi orbitali esterne del frontale che sulle grandi ali dello sfenoide. La mano caudale mascellare ha l'indice a contatto con la faccia antero-interna del mascellare ed il medio a contatto con la faccia antero-interna dell'altro mascellare.

Correzione diretta di una disfunzione in rotazione interna:

Durante la fase inspiratoria primaria cranica e senza bloccare il meccanismo respiratorio primario: la mano fronto-sfenoidale solleva e induce sfenoide e frontale in flessione. La mano mascellare libera caudalmente i due mascellari in rapporto al frontale e li induce in rotazione esterna.

Questa manovra deve essere ripetuta diverse volte nel corso del ciclo respiratorio primario.

4. Liberazione delle masse laterali: (Fig.433)

Posizione delle dita:

La mano cefalica frontale contatta le apofisi orbitali del frontale tramite la pinza pollice-indice ed il frontale con il palmo sulla glabella e la sutura metopica. La mano caudale mascellare contatta la sutura inter-mascellare in avanti rispetto alla sutura cruciforme tramite l'indice intra-buccale.

Correzione diretta di una disfunzione in rotazione interna:

Durante la fase inspiratoria primaria cranica e senza bloccare il M.R.P.:

La mano frontale trascina leggermente il frontale in flessione e rotazione esterna.

L'indice intra-buccale spinge leggermente in alto verso la radice del naso.

Associare simultaneamente una profonda inspirazione seguita da un'apnea inspiratoria trattenuta dal paziente il più a lungo possibile. Ripetere la manovra diverse volte nel corso del ciclo respiratorio primario.

5. Tecnica di pompaggio dell'etmoide: (Fig.434a-434b)

Lo scopo è il drenaggio dei seni tramite il vomere.

Posizione delle dita:

La mano cefalica frontale contatta la glabella con il medio ed il nasion con l'indice.

La mano caudale mascellare contatta la sutura cruciforme con l'indice intra-buccale.

Correzione diretta di una disfunzione in rotazione interna:

Durante la fase inspiratoria primaria cranica e senza bloccare il M.R.P.:

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La mano frontale induce leggermente la glabella in alto e indietro e l'indice mascellare intra-buccale apprezza l'abbassamento del palato. In seguito, durante la fase espiratoria primaria, l'indice intra-buccale spinge leggermente verso l'alto in direzione della radice del naso per indurre una elevazione del palato mentre la mano frontale apprezzerà il movimento di rilassamento al livello della glabella.

Ripetere il movimento diverse volte per ottenere un buon drenaggio. La manovra puÚ essere effettuata prendendo il frontale nella pinza pollice-indice con la mano frontale (vedere la tecnica di liberazione delle masse laterali).

Nota:

In caso di sinusite, mantenere l'appoggio sulla sutura cruciforme associando una inspirazione profonda seguita da un'apnea inspiratoria trattenuta dal paziente il più a lungo possibile, fino alla percezione del rilassamento e dello "Still Point".

In tutte le patologie funzionali di tipo sinusite, favorire preliminarmente:

Il drenaggio del liquido cefalo-rachidiano tramite compressione del 4° ventricolo.

Il rilancio della S.S.B. tramite l'avvolgimento dei temporali.

Il drenaggio veno-linfatico con la correzione della prima costola e della clavicola.

L'integrità cinetica occipito-atloidiana.

Il drenaggio dei seni venosi.

Il riequilibrio del ganglio sfeno-palatino.

L'equilibrio cinetico dei malari.

In seguito, dopo pompaggio dell'etmoide, liberare il frontale, il mascellare e l'etmoide.

6. Drenaggio unilaterale del seno etmoidale: (Fig.435)

Posizione delle dita:

Per la mano cefalica facciale:

Il pollice sull'apofisi orbitale esterna del frontale.

L'indice sulla branca ascendente del mascellare.

Il medio sulla faccia antero-esterna dei mascellari.

L'anulare ed il mignolo sul malare.

Per la mano caudale mascellare: l'indice intra-buccale sulla sutura cruciforme.

Tecnica:

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Durante la fase inspiratoria primaria cranica e facciale, indurre il frontale in flessione, il malare ed il mascellare in rotazione esterna.

L'indice intra-buccale appoggia sulla sutura cruciforme in direzione della radice del naso. Durante l'espirazione primaria le due mani eseguono il movimento inverso.

Questa manovra deve essere ripetuta diverse volte nel corso di più cicli respiratori primari.

7. Auto-drenaggio dei seni etmoidali: (Fig.436)

Posizione del paziente: seduto su una sedia, i gomiti flessi appoggiati sul tavolo.

Posizione delle mani: il pollice intra-buccale sulla sutura cruciforme in direzione della radice del naso.

Tecnica:

Lasciare cadere il peso della testa sul pollice intra-buccale. Eseguire 3 o 4 inspirazioni toraco-addominali profonde e trattenute il più a lungo possibile. Ripetere diverse volte.

8. Liberazione dell'etmoide: (Fig.437)

Tramite la mobilizzazione dell'articolazione fronto-mascellare (radice del naso dietro alle ossa proprie del naso).

Posizione delle dita:

La mano cefalica frontale, a contatto delle apofisi orbitali esterne del frontale tramite la pinza pollice-indice. Il pollice-indice della mano caudale nasale, al livello delle ossa proprie del naso e delle branche ascendenti dei mascellari.

Tecnica:

Durante la fase inspiratoria primaria cranica e senza bloccare il M.R.P., indurre l'etmoide leggermente in flessione mentre la mano nasale stira la radice del naso verso il basso.

9. Tecnica di inibizione del ganglio sfeno-palatino (Fig.438a-438b)

Posizione del terapeuta: dalla parte opposta al ganglio da trattare.

Posizione delle dita:

Il palmo della mano cefalica afferra il frontale e lo sfenoide con la pinza pollice-indice. Il mignolo intra-buccale della mano caudale scivola lungo l'arcata alveolare fino al contatto con l'apofisi pterigoidea poi risale dolcemente, poichè la zona è sensibile nonchè dolorosa, in direzione della sommità della fossa pterigoidea e contatta la massa connettiva attorno al ganglio.

Tecnica: mantenere un contatto morbido con il fondo della fossa pterigo-mascellare, a contatto del sacco cellulo-adiposo del ganglio sfeno-palatino.

Chiedere in seguito al paziente di inclinare in avanti la fronte, dalla parte del ganglio da trattare, e di fare rientrare il mento, dosando egli stesso la pressione al livello del ganglio.

Il peso della testa sull'indice del paziente opera da solo la decongestione della zona e l'inibizione ganglionare.

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Indurre poi lo sfenoide in flessione ritmata sul M.R.P. per provocare un'apertura ritmica della fossa pterigo-mascellare ed un pompaggio locale associato al punto fisso del dito su cui la pressione è indotta dal paziente.

Risultati: nel corso di questa compressione si percepisce un movimento dei liquidi della massa connettiva congestionata ed un ramollimento che traduce la conseguenza dell'inibizione. Il paziente può lacrimare, sintomo di un rimbalzo neuro-vegetativo del circuito.

Note:

Questa tecnica può effettuarsi con il paziente seduto. In questo caso, la mano libera si posiziona a contatto dell'occipite per guidare con maggiore precisione la manovra ed indurre lo sfenoide in flessione tramite la S.S.B. (Fig.439). Questa manovra è da effettuare in tutte le patologie funzionali del tipo sinusite ed in altri quadri clinici dentali, avendo preliminarmente preso la precauzione di liberare tutte le vie veno-linfatiche per evitare il rischio di recrudescenza dei dolori. Questa manovra non è da effettuarsi nei casi di nevralgie del V per evitare il rischio di rilevanti aumenti delle nevralgie stesse.

CAPITOLO XXXVIII

DISFUNZIONI CINETICHE DEL VOMERE

I.Anatomia:

(fare riferimento al capitolo sul vomere)

II. Richiamo fisiologico:310

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L'asse di movimento è un asse trasversale che passa per il centro della lamina e consente dei movimenti di "tuffo" o di "risalita" in flessione-estensione.

Durante la fase inspiratoria primaria cranica, il margine superiore del vomere, spinto dal rostro sfenoideo, parte verso il basso e leggermente indietro, sincrono al movimento dello sfenoide. Il margine inferiore segue il movimento al livello delle creste nasali che scendono, mentre l'estremità anteriore si eleva molto leggermente.

III. Disfunzioni del vomere:

Esse sono sia primarie, di origine intra-uterine o perinatali, sia secondarie alla posizione dello sfenoide o a volte di origine traumatica. E' necessario sapere che qualsiasi squilibrio cinetico del palato comporta automaticamente una deviazione del vomere e del setto delle fosse nasali.

IV. Diagnosi della disfunzione del vomere: (Fig.440)

Il test cinetico si esegue tramite l'etmoide.

Posizione delle dita:

La mano cefalica contatta la glabella con l'anulare ed il solco nasale con il medio, l'indice è sulla cartilagine nasale. La mano caudale contatta la sutura cruciforme con l'indice intra-buccale.

Risultati:

Apprezzare la mobilità del vomere tramite il palato ed il solco nasale.

Durante la fase inspiratoria primaria, il palato scende ed il nasion si posteriorizza, mentre la parte superiore della glabella risale leggermente verso l'alto e indietro.

Durante la fase espiratoria primaria, il palato risale ed il nasion si anteriorizza, mentre la parte superiore della glabella scende leggermente in basso ed in avanti.

L'induzione del movimento si pratica durante la fase espiratoria primaria, applicando innanzitutto una leggera pressione sulla sutura cruciforme ed apprezzando la risposta in estensione al livello del nasion e della glabella.

Poi, durante la fase inspiratoria primaria, applicando una leggera pressione sul nasion e sulla glabella ed apprezzando la risposta in flessione al livello della sutura cruciforme.

Apprezzare la totale assenza di movimento o il grado di restrizione.

Comparare l'ampiezza dei movimenti in flessione ed estensione Qualsiasi limitazione cinetica del vomere può essere dovuta al frontale, all'etmoide, allo sfenoide, ai mascellari o ai palatini.

Questo test diagnostico può essere praticato con la pinza pollice-indice a contatto delle grandi ali dello sfenoide e l'indice intra-buccale sempre posizionato a contatto della sutura cruciforme. La mobilità del vomere viene allora testata tramite lo sfenoide.

V. Correzione delle disfunzioni cinetiche del vomere:

1. Tecnica globale fronto-sfeno-vomeriana: (Fig 441)

Posizione delle dita:

Prendere contatto con le grandi ali con la pinza pollice-indice della mano cefalica. Contattare la sutura cruciforme con l'indice intra-buccale della mano caudale.

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Correzione diretta di una disfunzione in estensione del vomere:

Durante la fase inspiratoria primaria, l'indice intra-buccale spinge il palato verso l'alto, per indurlo in flessione a questo livello mentre la mano cefalica sfenoidale induce lo sfenoide in flessione . Chiedere al paziente una inspirazione toraco-addominale seguita da un'apnea inspiratoria trattenuta il più a lungo possibile. Mantenere la posizione delle parti ossee accumulando le tensioni fino all'apparire dello "Still point".

Correzione per accentuazione di una disfunzione in estensione del vomere:

Durante la fase espiratoria primaria, l'indice intra-buccale respinge la sutura cruciforme in alto per indurre il palato in estensione mentre la mano cefalica sfenoidale induce lo sfenoide in estensione . Chiedere al paziente una espirazione toraco-addominale seguita da un'apnea espiratoria trattenuta il più a lungo possibile. Mantenere la posizione delle parti ossee accumulando le tensioni fino all'apparire dello "Still point".

2. "WAGON TONGHE technique" per il vomere:

Questa tecnica consente la mobilizzazione dell'asse sfeno-vomeriano (leva sfeno-vomeriana) (Fig.442)

Posizione delle dita:

La mano cefalica è a contatto con lo sfenoide tramite la pinza pollice-indice.

La mano caudale contatta la sutura inter-mascellare con l'indice intra-buccale.

Tecnica:

Durante la fase espiratoria primaria cranica, con l'indice intra-buccale della mano caudale, indurre una pressione del dito sulla sutura cruciforme per ottenere una estensione dello sfenoide tramite il vomere e seguire il movimento al livello dello sfenoide con la pinza pollice-indice della mano cefalica.

Durante la fase inspiratoria primaria cranica successiva, con l'indice intra-buccale della mano caudale, indurre una pressione del dito sulla parte anteriore della sutura inter-mascellare per ottenere una flessione dello sfenoide e seguire il movimento al livello dello sfenoide in flessione con la pinza pollice-indice.

3. Tecnica maxillo-vomeriana: (Fig.443a)

In caso di trauma, il vomere può ledersi.

Posizione delle dita:

La mano cefalica è a contatto con le grandi ali dello sfenoide tramite la pinza pollice-indice.

La mano caudale contatta i mascellari con l'indice ed il medio sulle arcate dentali.

Tecnica:

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Sincronizzarsi al ritmo del meccanismo respiratorio primario. Durante la fase inspiratoria primaria cranica, indurre lo sfenoide in flessione ed aprire i mascellari in rotazione esterna. Mantenere la posizione dei mascellari. Mobilizzare lo sfenoide in flessione ed estensione.

Nota:

Questa tecnica può essere praticata per via esterna nel bambino e per via interna nell'adulto (Fig.443b).

CAPITOLO XXXIX

DISFUNZIONI CINETICHE DEI MASCELLARI

I. Anatomia:

(fare riferimento al capitolo sui mascellari)

II. Richiamo fisiologico:

Gli assi dei movimenti dei mascellari sono assi verticali che passano per le branche ascendenti ed il 2° canino. Essi consentono quindi una cinetica in rotazione esterna e rotazione interna.

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Durante la fase inspiratoria primaria cranica, il mascellare compie una rotazione esterna con:

Un allargamento della volta palatina.

Un abbassamento della parte posteriore del palato, che induce un "palato romanico".

Una leggera risalita della parte anteriore del palato.

I denti posteriori si divaricano e si inclinano seguendo una linea obliqua in basso ed in fuori.

La linea medio-incisiva si anteriorizza.

I denti anteriori tendono ad anteriorizzarsi, a divaricarsi ed a diventare obliqui in avanti.

Nella lesione in flessione, essi assumono l'aspetto a "denti di daino".

La branca verticale si frontalizza e la sua estremità superiore parte leggermente verso l'alto ed indietro.

Durante la fase espiratoria primaria cranica, il mascellare compie una rotazione interna con:

Un restringimento della volta palatina.

Una risalita della volta palatina nella sua parte posteriore che diventa scavata e stretta, inducendo un "palato gotico".

I denti anteriori tendono a posteriorizzarsi ed a restringersi ed inoltre si verticalizzano cosÏ come i denti posteriori.

La linea medio-incisiva si posteriorizza.

III. Effetti sull'ambiente circostante:

Le disfunzioni dei mascellari superiori hanno diretta incidenza sull'etmoide ( vedere il capitolo sulle disfunzioni di questo osso).

D'altra parte esse hanno ugualmente una notevole importanza nei disturbi occlusali e nelle malposizioni dentarie (fare riferimento al capitolo sulla cavità buccale).

IV. Disfunzioni dei mascellari:

Si tratta di lesioni in rotazione esterna o rotazione interna bilaterali od unilaterali.

Queste lesioni possono essere primarie o formarsi durante lo sviluppo accompagnate da lesioni intra-ossee. Possono anche essere traumatiche, legate a cattive abitudini nella masticazione o nell'appoggiarsi sul mento sotto la faccia, alle estrazioni dentarie, ai traumi subiti dall'arcata dentale superiore ecc. Esse possono essere secondarie alle disfunzioni dello sfenoide e della S.S.B.

Ad esempio, nella torsione destra della S.S.B., il palato destro è piatto e basso, i molari esterni e gli incisivi anteriori, mentre il palato sinistro è scavato ed alto, i molari sono interni e gli incisivi verticalizzati.

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Nella disfunzione della S.S.B. in flessione, gli incisivi saranno obliqui e divaricati mentre saranno verticali e stretti nella disfunzione in estensione.

Nelle disfunzioni dei mascellari, le suture interessate sono le suture maxillo-frontale, maxillo-etmoidale, inter-mascellare, maxillo-palatine superiore ed inferiore e maxillo-malare.

V. Diagnosi di disfunzione mascellare:

1. Test posizionali visivi: (Fig.444)

- Verificare l'allineamento delle linee inter-incisive superiore ed inferiore che devono essere normalmente allineate.

- Verificare la forma generale del palato. I due emi-palati possono essere simmetrici in arco romanico o in arco gotico ed essere rispettivamente in rotazione esterna e rotazione interna.

Un emi-palato può presentarsi risalito e l'altro posizionato normalmente. Un emi-palato puÚ essere scavato mentre l'altro sarà piatto.

- Verificare l'asse dei denti. Questi assi possono essere normali da una parte ed essere troppo verticali o troppo obliqui in fuori dall'altra, rivelando rispettivamente una rotazione interna o una rotazione esterna mascellare omolaterale. Questo è particolarmente visibile a livello degli incisivi.

2. Test cinetici in rotazione interna, rotazione esterna: (Fig.445)

Posizione delle dita:

Le dita esterne sulla pelle a fronte dei mascellari superiori.

Pollice e indice, in contatto intra-buccale su ogni mascellare.

Risultati:

Verificare innanzitutto, con un test di ascolto passivo, l'ampiezza in rotazione esterna ed interna di ogni mascellare. Indurre in seguito i movimenti e comparare con il mascellare opposto.

Il test può effettuarsi bi o uni-lateralmente, per via esterna o per via interna (Fig.446).

VI. Correzione delle disfunzioni cinetiche in rotazione interna o esterna:

1. Correzione delle disfunzioni bilaterali: (Fig.447)

Lo scopo è di ristabilire la cinetica rotatoria dei mascellari.

- . Test cinetico:

Paziente: in decubito

Terapeuta: seduto alla testa del paziente, gomiti sul tavolo.

Posizione delle dita: i pollici extra-orali, sulla faccia anteriore dei mascellari, da una parte e dall'altra della sinfisi inter-mascellare.

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Gli indici intra-orali, a uncino, sotto le apofisi palatine e mascellari.

Risultati:

Apprezzare le ampiezze di rotazione interna ed esterna e paragonarle su ogni osso ed in rapporto all'osso opposto.

I due mascellari possono essere in disfunzione rotatoria esterna o disfunzione rotatoria interna. Nel caso della disfunzione unilaterale, si può osservare un mascellare in disfunzione rotatoria interna e l'altro in funzione rotatoria normale o in disfunzione rotatoria esterna.

- . Correzione diretta di una disfunzione bilaterale:

Posizione delle dita:

I pollici ed i medi ripiegati extra-orali, sulla faccia anteriore dei mascellari, da una parte e dall'altra della sinfisi inter-mascellare.

Gli indici intra-orali, a uncino, sotto le apofisi palatine e mascellari.

Tecnica per una disfunzione in rotazione esterna:

Durante la fase espiratoria primaria cranica assicurare in via preliminare il disimpegno inter-mascellare. Portare i due mascellari in rotazione interna. Per ottenere ciò, gli indici inducono una leggera trazione lateralmente in fuori e respingono il palato verso l'alto mentre i medi ripiegati forniscono un contro-appoggio sulla branca orizzontale dei mascellari per respingerli internamente nella loro parte posteriore. Mantenere questa posizione senza bloccare il meccanismo respiratorio primario fino al raggiungimento dello "Still Point".

Tecnica per una disfunzione in rotazione interna:

Durante la fase inspiratoria primaria cranica assicurare in via preliminare il disimpegno inter-mascellare. Portare i due mascellari in rotazione esterna. Per ottenere ciò, gli indici inducono una trazione lateralmente in fuori sulla parte posteriore dei mascellari mentre i pollici aiutano il palato ad orizzontalizzarsi ed abbassarsi.

- . Correzione per accentuazione di una disfunzione in rotazione interna:

Durante la fase espiratoria primaria cranica assicurare in via preliminare il disimpegno inter-mascellare. Portare i due mascellari in rotazione interna. Per ottenere ciò, gli indici inducono

una leggera trazione lateralmente in fuori e respingono il palato verso l'alto mentre i medi, ripiegati, forniscono un contro-appoggio sulla branca orizzontale dei mascellari per respingerli internamente nella loro parte posteriore. Chiedere al paziente una espirazione toraco-addominale seguita da un'apnea espiratoria trattenuta il più a lungo possibile. Mantenere questa posizione senza bloccare il meccanismo respiratorio primario fino al raggiungimento dello "Still Point".

2. Correzioni delle disfunzioni unilaterali (Fig.448)

Posizione delle dita:

Mano cefalica sfenoidale: il pollice ed il medio a contatto delle grandi ali dello sfenoide.

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Page 317: Trattato paratico di Osteopatia Cranica.doc

Mano caudale: l'indice intra-buccale a contatto con la branca orizzontale del mascellare sopra l'arcata alveolare fino a inoltrarsi sotto il malare.

Correzione diretta di una disfunzione in rotazione interna:

Durante la fase inspiratoria primaria cranica far rotolare l'indice intra-buccale in rotazione esterna attorno al suo asse longitudinale, mentre la mano sfenoidale trascina lo sfenoide in flessione. Senza bloccare il meccanismo respiratorio primario, mantenere il mascellare in rotazione esterna fino al raggiungimento dello "Still Point".

VII. Correzione delle suture palatine:

(Vedere il capitolo sulle disfunzioni palatine)

La correzione distingue le due suture: maxillo-palatina inferiore o sutura cruciforme e maxillo-palatina inferiore (tra la branca verticale del palatino e la faccia del corpo del mascellare)

1. Correzione della sutura maxillo palatina inferiore: (Fig.449)

Scopo: disingranare l'ugnatura maxillo-palatina

- Correzione di una disfunzione in rotazione interna per accentuazione direttamente sul palatino:

Posizione delle dita:

Mano caudale, maxillo-palatina: dita a contatto intra-buccale: Un dito sul palatino dietro alla sutura cruciforme, che imprime una pressione diretta cefalica. Un dito sulla parte anteriore del palato, appena dietro agli incisivi che induce anch'esso una pressione verticale cefalica.

Mano cefalica, sfenoidale: l'indice ed il pollice sono sulle grandi ali dello sfenoide.

Tecnica:

Durante la fase espiratoria primaria cranica: indurre lo sfenoide in estensione con la mano sfenoidale (per aiutare la risalita del palatino) e mantenervelo. Con le due dita intra-orali della mano maxillo-palatina, indurre una spinta cefalica da una parte e dall'altra della sutura cruciforme per disimpegnare l'ugnatura maxillo-palatina. Mantenere la posizione senza bloccare il meccanismo respiratorio primario fino al raggiungimento dello Still Point sul palatino, mobilizzando nel contempo lo sfenoide sul suo asse trasverso e sul suo asse antero-posteriore.

- Correzione di una disfunzione in rotazione interna con azione indiretta sul palatino:

Posione delle dita:

Il medio intra-buccale sul palatino, dietro alla sutura cruciforme.

L'indice intra-buccale appoggiato sul primo molare con la seconda falange, mentre la prima falange contatta il palato mascellare.

Test: indurre una rotazione esterna massimale e vedere se il mascellare ritorna da solo in rotazione interna. Poi indurre la rotazione interna, spingere verso l'alto sul palatino per ottenere lo scavarsi del palato.

Tecnica:

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Page 318: Trattato paratico di Osteopatia Cranica.doc

Durante la fase espiratoria primaria cranica: mantenere il palatino in rotazione interna. Durante la fase inspiratoria primaria successiva, indurre il mascellare in rotazione esterna. Mantenere la posizione senza bloccare il meccanismo respiratorio primario fino al raggiungimento dello Still Point sul palatino, mobilizzando nel contempo lo sfenoide sul suo asse trasverso e sul suo asse antero-posteriore.

Per potenziare la correzione, si può associare una inspirazione toraco-addominale, un'apnea inspiratoria ed una dorsi-flessione del piede contro-laterale.

Nota: La correzione maxillo-palatina puÚ effettuarsi anche con tecnica semi-diretta.

2. Correzione della sutura maxillo-palatina superiore: (Fig.450)

Si tratta di una tecnica diretta unicamente per il disimpegno

Posizione delle dita:

Per la mano caudale maxillo-palatina, l'indice intra-buccale è sulla parte orizzontale del palatino il più vicino possibile alla sutura cruciforme. Per il medio intra-buccale, la seconda falange è sul primo molare e la falange distale sulla parte posteriore dell'arcata alveolare del mascellare. Per la mano cefalica sfenoidale, il pollice e l'indice sono a contatto delle grandi ali.

Tecnica:

Durante la fase espiratoria primaria successiva, indurre una flessione dello sfenoide e mantenere il palatino in rotazione interna, spingendolo verso l'alto con l'indice. Durante la fase inspiratoria primaria successiva, indurre il mascellare in rotazione esterna tirandolo dolcemente in fuori per ottenere un disimpegno verticale.Mantenere la posizione senza bloccare il meccanismo respiratorio primario fino al raggiungimento dello Still Point sul palatino.

VII. Correzione della sutura maxillo-malare:

Si tratta di una sutura posta tra l'apofisi piramidale del malare ed il margine mascellare del malare. L'articolazione è forte e larga. La sua parte verticale corrisponde grosso modo al pilastro esterno del frontale e la porzione orizzontale inizia a metà dell'orbita. Questa sutura si impatta frequentemente a seguito di choc o pressioni troppo forti. E' spesso interessata nei disturbi funzionali dell'orbita.

1. Tecnica per via intra-buccale: (Fig.451a e 451b)

Posizione delle dita: (esempio per un malare sinistro)

L'indice intra-buccale sinistro, sotto al labbro superiore, anteriore ai denti, scivola fino ad agganciare il margine inferiore del malare. Il polpastrello dell'indice girato verso l'alto e l'indice leggermente ripiegato per poter uncinare il malare. Il pollice della stessa mano è in posizione extra-buccale al contatto del malare tramite la faccia esterna.

L'indice destro è situato lungo la branca verticale del mascellare ipsi-laterale parallelamente al cavo nasale.

Test cinetico:

Testare le rotazioni interna ed esterna dei malari inducendo in via preliminare un disimpegno suturale.

- Correzione per accentuazione di una disfunzione in rotazione interna:

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Page 319: Trattato paratico di Osteopatia Cranica.doc

Durante la fase espiratoria primaria cranica:

Indurre il mascellare in rotazione interna e mantenervelo. Disimpegnare la sutura maxillo-malare. Indurre il malare in rotazione interna.

Sollecitare una espirazione toraco-addominale al paziente, seguita da una apnea espiratoria trattenuta il più a lungo possibile, associando eventualmente una dorsi-estensione del piede contro-laterale per potenziare la correzione. Mantenere la posizione senza bloccare il meccanismo respiratorio primario fino a raggiungere lo "Still Point" sul malare.

2. Tecnica per via esterna: (Fig.452)

Posizione delle dita: (esempio per un malare sinistro)

L'indice destro è situato lungo la branca verticale del mascellare ipsi-laterale parallelamente al cavo nasale.

L'indice sinistro è sul margine superiore del malare ed il medio sinistro sul margine inferiore.

- Correzione per accentuazione di una disfunzione in rotazione interna:

Durante la fase espiratoria primaria cranica:

Indurre il mascellare in rotazione interna e mantenervelo. Disimpegnare la sutura maxillo-malare, esercitando una trazione con l'indice ed il medio sinistri. Indurre il malare in rotazione interna.

Sollecitare una espirazione toraco-addominale al paziente, seguita da una apnea espiratoira trattenuta il più a lungo possibile ed associare eventualmente una dorsi-estensione del piede contro-laterale per potenziare la correzione. Mantenere la posizione senza bloccare il meccanismo respiratorio primario fino a raggiungere lo "Still Point" sul malare.

IX. Correzione della sutura maxillo-etmoidale:

L'etmoide può essere manovrato tramite il frontale. La coppia mascellare-etmoide è di estrema importanza in ORL.

1. Tecnica per via esterna: (Fig.453)

Posizione delle dita: (esempio per la sutura maxillo-etmoidale sinistra)

Il pollice e l'indice sinistri sui pilastri esterni del frontale, l'articolazione metacarpo-falangea dell'indice sinistro è sulla glabella.

L'indice destro mantiene il mascellare lungo la branca ascendente. Il medio e l'anulare destri sono a contatto del malare.

- Correzione diretta di una disfunzione in rotazione interna:

Durante la fase di inspirazione primaria cranica: indurre innanzitutto una flessione del frontale respingendo la glabella indietro e verso l'alto e respingendo i pilastri esterni in alto ed in avanti con pollice ed indice. In seguito indurre il mascellare in rotazione esterna con l'indice destro ed il malare con medio e anulare destri, assicurando nel contempo il disimpegno maxillo-malare. Mantenere la posizione senza bloccare il meccanismo respiratorio primario fino a raggiungere lo "Still Point". Ripetere la manovra diverse volte cercando di guadagnare un massimo di libertà e per attivare un pompaggio della zona.

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Page 320: Trattato paratico di Osteopatia Cranica.doc

Note:

Durante il movimento del frontale in flessione, la parte anteriore dell'etmoide risale leggermente e si posteriorizza mentre la sua parte posteriore scende leggermente. Le masse laterali si abbassano e si incurvano in fuori verso il globo oculare, fatto che provoca un pompaggio dell'orbita e del nervo ottico. Il frontale e l'etmoide possono essere responsabili di un blocco del nasion. Per verificare se la manovra è riuscita, testare le parti che devono avere ritrovato la loro mobilità, se questa liberazione non si è verificata trattare il frontale o l'etmoide, secondo i casi.

2. Tecnica per via intra-buccale: (Fig.454)

Posizione delle dita:

Il pollice e l'indice della mano cefalica sui pilastri esterni del frontale, l'articolazione metacarpo-falangica dell'indice sinistro è sulla glabella.

L'indice ed il medio della mano caudale, intra-orali, a contatto del palato.

Correzione:

Con la mano cefalica, indurre il frontale in flessione od in estensione, secondo la disfunzione cinetica ed il tipo di correzione desiderato.

Con le dita intra-orali, indurre sia una divaricazione dei denti per causare una rotazione esterna, sia un'elevazione del palato che porta come conseguenza una rotazione interna, sempre secondo la disfunzione cinetica ed il tipo di correzione desiderato.

CAPITOLO 40

DISFUNZIONI CINETICHE DEI PALATINI

I. Anatomia:

(fare riferimento al capitolo sui palatini)

II. Richiamo fisiologico:

Gli assi di movimento dei palatini sono verticali, passanti per la lamina verticale e consentono dei movimenti di rotazione esterna ed interna.

Durante la fase inspiratoria primaria cranica, i palatini hanno una mobilità sincrona ed indotta direttamente dallo sfenoide.

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Page 321: Trattato paratico di Osteopatia Cranica.doc

Le apofisi piramidali si muovono in fuori, in basso ed indietro, come le apofisi pterigoidee, ma scivolano sotto di esse, con un movimento a navetta, consentendo così di ridurre la velocità di movimento e di equilibrare il movimento fra lo sfenoide ed il mascellare. Le apofisi orbitali e sfenoidali si dirigono verso il basso, seguendo il corpo dello sfenoide. La sutura inter-palatina scende in basso ed indietro con il vomere. La parte posteriore del palato osseo quindi si abbassa.

III. Disfunzioni del palatino:

PuÚ trattarsi di una limitazione del movimento in rapporto alle pterigoidee. Durante la flessione della S.S.B., le superfici articolari "rimangono nei binari", ma la limitazione del movimento del palatino non consente più l'equilibrio cinetico del mascellare.

PuÚ anche trattarsi di un "deragliamento" parziale in rapporto alla pterigoidea che si muove allora troppo lontano durante delle disfunzioni in torsione o in side-bending-rotation, ed il palatino perde la sua funzione di equilibratore.

IV. Diagnosi di disfunzione palatina:

1. Diagnosi cinetica bilaterale: (Fig.456)

Posizione delle dita:

La mano cefalica è a contatto con le grandi ali dello sfenoide con la pinza pollice-indice. L'indice ed il medio della mano caudale, a contatto intra-buccale sulle lamine orizzontali dei palatini, il rimanente delle falangi a contatto dei denti per apprezzare la flessione-estensione della S.S.B. al livello dei mascellari.

Tecnica:

Testare la cinetica dei palatini, in risalita ed in discesa, durante le fasi inspiratoria ed espiratoria craniche.

Risultati:

Apprezzare la cinetica palatina nel suo insieme, poi comparativamente, quella di un palatino rispetto all'altro. Un palatino che rimane alto, che non scende o scende poco oppure un palatino che resta basso e non risale oppure risale poco, sono i sintomi di una disfunzione cinetica di questa parte ossea.

2. Diagnosi cinetica unilaterale: (Fig.457)

Posizione delle dita:

La mano cefalica è a contatto con le grandi ali dello sfenoide con la pinza pollice-indice. L'indice della mano caudale, a contatto intra-buccale sulla lamina orizzontale del palatino che deve essere testato, il medio. immediatamente dietro, a contatto con la branca orizzontale del mascellare omo-laterale.

Tecnica:

Testare la cinetica dei palatini, in risalita ed in discesa, durante le fasi inspiratoria ed espiratoria craniche.

Risultati:

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Page 322: Trattato paratico di Osteopatia Cranica.doc

Un palatino che rimane alto, che non scende o scende poco oppure un palatino che resta basso e non risale oppure risale poco, sono i sintomi di una disfunzione cinetica di questa parte ossea rispettivamente in rotazione interna o in rotazione esterna.

V. Correzione delle disfunzioni cinetiche palatine:

1. Tecnica di liberazione inter-palatina di Edna LAY (fig.458):

Posizione delle dita:

La mano cefalica è a contatto delle grandi ali con la pinza pollice-indice.

L'indice ed il medio della mano caudale, uno contro l'altro, il medio è sul palatino opposto (pasando sull'indice ed incrociandolo).

Medio ed indice sono quindi a contatto intra-buccale sulle lamine orizzontali dei palatini da una parte e dall'altra della sutura inter-palatina. L'indice è a contatto con il primo molare, con la seconda falange.

Tecnica:

Usando da punto di appoggio il primo molare e senza perdere i contatti con il palato, per disimpegnare la sutura, girare il polpastrello della prima falange dell'indice versp la guancia omo-laterale e spingere nel contempo con il medio verso l'altra guancia per indurre un disimpegno della sutura inter-palatina.

Mantenere questa posizione, senza rilasciare il disimpegno. Durante la fase inspiratoria primaria cranica, con la mano cefalica, mobilizzare lo sfenoide sull'asse trasverso, seguendo i movimenti di flessione-estensione, e sull'asse obliquo antero-posteriore per seguire i movimenti di torsione. Accumulare le tensioni a questo livello fino a trovare il punto di equilibrio cinetico tra sfenoide e palatini.

2. Tecnica di liberazione maxillo-palatina inferiore ( o sutura palatina inferiore) di Edna LAY: (Fig.459)

Lo scopo è di correggere la sutura tra la lamina orizzontale del palatino e la lamina orizzontale del mascellare.

Posizione delle dita:

La mano cefalica è a contatto delle grandi ali con la pinza pollice-indice.

Il polpastrello dell'indice della mano caudale,in contatto intra-buccale sulla lamina orizzontale mascellare, la seconda falange è appoggiata sul primo molare ed il polpastrello del medio è sulla lamina orizzontale del palatino in disfunzione, dalla medesima parte.

Tecnica:

Durante la fase inspiratoria primaria cranica, indurre lo sfenoide in flessione.

Usando da punto di appoggio il primo molare e senza perdere i contatti con il palato, per disimpegnare la sutura, girare il polpastrello dell'indice versp la guancia omo-laterale per indurre il mascellare in rotazione esterna.

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Page 323: Trattato paratico di Osteopatia Cranica.doc

Durante la fase espiratoria primaria successiva, indurre una spinta sulla lamina orizzontale del palatino omo-laterale per disimpegnare la sutura maxillo-palatina inferiore

Mantenere le parti osse in questa posizione, senza rilasciare il disimpegno e senza bloccare il meccanismo respiratorio primario, fino al rilassamento tessutale.

Con la mano cefalica, è possibile mobilizzare lo sfenoide sull'asse trasverso, seguendo i movimenti di flessione-estensione, e sull'asse obliquo antero-posteriore per seguire i movimenti di torsione. Accumulare le tensioni a questo livello fino a trovare il punto di equilibrio cinetico tra sfenoide e palatini.

3. Tecnica di liberazione maxillo-palatina superiore ( o sutura palatina superiore) di Edna LAY: (Fig.460)

Lo scopo è di correggere l'articolazione tra la lamina verticale del palatino e la faccia interna del mascellare ( al livello del trigono palatino).

Posizione delle dita:

La mano cefalica è a contatto delle grandi ali con la pinza pollice-indice.

Il polpastrello dell'indice della mano caudale,in contatto intra-buccale sulla lamina orizzontale mascellare, la seconda falange è appoggiata sul primo molare ed il polpastrello del medio è sulla lamina orizzontale del palatino in disfunzione, dalla medesima parte.

Il pollice della mano caudale contatta le grandi ali con la pinza pollice-indice.

Correzione:

Durante la fase inspiratoria primaria cranica, indurre lo sfenoide in flessione.

Usando da punto di appoggio il primo molare, c con il pollice, senza perdere i contatti con il palatino, indurre il mascellare in rotazione esterna per disimpegnare il mascellare dalla lamina verticale del palatino.

Durante la fase espiratoria primaria successiva poi durante la nuova fase inspiratoria primaria, indurre la flessione sfenoidale equilibrando nel contempo lo sfenoide sul suo asse trasverso seguendo i movimenti di flessione-estensione e sull'asse obliquo antero-posteriore per seguire i movimenti di torsione. Accumulare le tensioni a questo livello fino a trovare il punto di equilibrio cinetico tra sfenoide e palatini. Dopo la correzione, rilanciare la cinetica fisiologica tra sfenoide, mascellare e palatino inducendo alcuni cicli di flessione-estensione della S.S.B.

4. Tecnica di liberazione pterigoido-palatina di Edna LAY: (Fig. 461)

Posizione delle dita:

La mano cefalica è a contatto delle grandi ali con la pinza pollice-indice.

Il polpastrello dell'indice della mano caudale,in contatto intra-buccale sulla lamina orizzontale mascellare, la seconda falange è appoggiata sul primo molare ed il polpastrello del medio è sulla lamina orizzontale del palatino in disfunzione, dalla medesima parte.

La mano cefalica contatta le grandi ali con la pinza pollice-indice.

Correzione:

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Page 324: Trattato paratico di Osteopatia Cranica.doc

Durante la fase inspiratoria primaria cranica, indurre lo sfenoide in flessione.

Usando da punto di appoggio il primo molare, c senza perdere i contatti con il palatino, girare l'indice verso la guancia omo-laterale indurre una pressione omo-lateralmente, disimpegnando il blocco maxillo-palatino dall'apofisi pterigoidea.

In caso di resistenza del blocco maxillo-palatino, disimpegnare il palatino dall'apofisi pterigoidea, tirandolo leggermente in avanti. Mantenere questa posizione durante la fase espiratoria primaria successiva, poi durante la nuova fase inspiratoria primaria, indurre la flessione sfenoidale equilibrando nel contempo lo sfenoide sul suo asse trasverso seguendo i movimenti di flessione-estensione e sull'asse obliquo antero-posteriore per seguire i movimenti di torsione. Accumulare le tensioni a questo livello fino a trovare il punto di equilibrio cinetico tra sfenoide e palatino.

CAPITOLO 41

DISFUNZIONI CINETICHE DEI MALARI

I.Anatomia:

(fare riferimento al capitolo sui malari)

II. Richiamo fisiologico:

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Gli assi di mobilità dei malari sono composti da un asse obliquo in alto, anteriormente ed esternamente, consentendo dei movimenti di eversione-inversione e da un asse verticale, leggermente obliquo inferiormente, in avanti ed in dentro, consentendo dei movimenti di rotazione esterna ed interna. Si tratta di movimenti di rotazione esterna e di rotazione interna sincroni con quelli dello sfenoide tramite le grandi ali. Esse sono infatti articolari, per mezzo del quarto inferiore del loro margine anteriore, con il margine posteriore dell'apofisi ascendente del malare a sutura esterna.

Durante la fase inspiratoria primaria:

Il malare rotola in avanti ed in fuori

Il margine orbitale si everte

Il diametro orbitale aumenta

L'apofisi frontale (branca ascendente) si muove in avanti ed in fuori

L'apofisi temporale dei malari si muove verso il basso, in avanti ed in fuori.

Il margine mascellare va in dentro e in alto, con un leggero arretramento

I movimenti sono sincroni con il mascellare superiore e le fosse nasali.

III. Disfunzioni del malare:

Esse sono primarie: dirette e traumatiche, oppure secondarie a disfunzioni cinetiche sfenoidali, frontali, temporali o del mascellare superiore.

D'altra parte, essendo il malare in rapporto con le aponeurosi anteriori del corpo, disfunzioni viscerali, costali anteriori o fasciali anteriori possono portare come conseguenza dei disturbi della cinetica della coppia temporale-malare.

IV. Diagnosi delle disfunzioni zigomatche:

I test diagnostici sono uni o bilaterali.

1. Test cinetico bilaterale: (Fig.462)

Posizione delle dita:

I pollici e le eminenze tenar a contatto dei frontali, le dita si allargano fino al margine infero-laterale dei malari.

Risultato:

Percepire il movimento sincrono di rotazione esterna-rotazione interna dei malari normalmente sincroni ai movimenti della S.S.B.

2. Test globale di compressione in rotazione interna: (Fig. 463)

Questo test si può effettuare sia uni che bilateralmente. La compressione comporta una diminuzione dei diametri delle fosse nasali ed una diminuzione della respirazione toracica.

Risultati:

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Page 326: Trattato paratico di Osteopatia Cranica.doc

Durante la fase espiratoria primaria cranica, comprimere i malari in rotazione interna e mantenerveli.

Rilasciare in seguito la compressione.

Normalmente, si verifica un miglioramente reattivo della respirazione. Nei casi di disfunzione di uno o di entrambi i malari, non si ottiene alcun miglioramento della respirazione.

3. Test cinetico unilaterale delle suture del malare tramite il V spread:

Verificare la libertà delle suture temporo-malare, maxillo-malare e fronto-malare in V spread posizionando le dita di ascolto da una parte e dall'altra della sutura testata e la mano induttrice sulla bozza parietale opposta.

4. Test unilaterale in approccio intra-buccale: (Fig.464)

Posizione delle dita:

La mano cefalica ingloba il frontale, il pollice sul margine orbitale del malare leso. La mano caudale è a contatto con il malare tramite la faccia interna con l'indice o il mignolo intra-buccale e tramite la faccia esterna con il pollice.

Risultati:

Testare la cinetica del malare in rotazione esterna ed in rotazione interna, inducendo nel contempo un disimpegno. Apprezzare le ampiezze, prima per ogni osso poi paragonarle a quelle dell'osso contro-laterale.

5. Test cinetico malare unilaterale per via esterna: (R.CAPOROSSI) (Fig. 465)

Questo test consente di apprezzare specificatamente la cinetica del malare in rapporto alternativamente con il mascellare, il frontale ed il temporale ed in modo più generale con la cinetica dell'orbita.

Posizione delle dita:

La mano cefalica afferra con il palmo il frontale, l'indice viene a contattare la branca verticale del mascellare, il medio è a contatto con il pilastro frontale e l'anulare con l'apofisi zigomatica del temporale.

Tecnica:

Sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. ed apprezzare successivamente la cinetica del malare in rapporto al frontale, al temporale ed al mascellare.

V. Correzioni delle disfunzioni cinetiche del malare:

Tutte le tecniche mirano soprattutto a disimpegnare il malare.

1. Correzione della sutura temporo-malare:(Fig.466)

Posizione delle dita:

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La mano cefalica afferra il temporale con le cinque dita. L'indice o l'anulare della mano caudale scivola, per presa intra-buccale, fino al margine masseterino del malare, il pollice a contatto con il malare esternamente con la pinza pollice-indice.

Correzione diretta di una disfunzione in rotazione interna:

Durante la fase inspiratoria primaria cranica, tenere il temporale in posizione neutra, senza indurre movimenti di rotazione esterna o interna su questo osso. Inseguito, disimpegnare il malare tirando in avanti ed in basso. Infine, indurre una rotazione esterna del malare. Mantenere la posizione fino al raggiungimetno dello Still Point.

2. Correzione della sutura fronto-malare: (Fig.467)

Posizione delle dita:

La mano cefalica mantiene il frontale con la pinza pollice-indice contattando i pilastri esterni del frontale. L'indice o l'anulare della mano caudale scivola in presa intra-buccale fino al margine masseterino del malare, il pollice a contatto con il malare dall'esterno formando una pinza pollice-indice.

Correzione per accentuazione di una disfunzione in rotazione interna:

Durante la fase espiratoria primaria, indurre il malare in estensione e mantenervelo. In seguito, disimpegnare il frontale verso il basso. Infine, mantenendo il disimpegno, indurre il malare in rotazione interna chiedendo al paziente una espirazione toraco-addominale seguita da un'apnea inspiratoria tenuta il più a lungo possibile. Mantenere la posizione , acccumulando le tensioni fino al raggiungimento dello "Still Point".

3. Correzione della sutura maxillo-malare:( Fig. 467)

Si tratta di una sutura posta tra l'apofisi piramidale del malare ed il margine mascellare del malare. L'articolazione è forte e larga. La sua parte verticale corresponde grosso modo al pilastro esterno del frontale e la porzione orizzontale inizia a metà dell'orbita. Questa sutura si riduce frequentemente a seguito di choc o pressioni troppo forti. E' spesso interessata nei disturbi funzionali dell'orbita.

. Tecnica per via intra-buccale:

Posizione delle dita: (esempio per un malare destro)

L'indice intra-buccale sinistro, sotto al labro superiore, anteriore ai denti, scivola fino ad agganciare il margine inferiore del malare. Il polpastrello dell'indice girato verso l'alto e l'indice leggermente ripiegato per poter agganciare il malare. Il pollice della stessa mano è in posizione extra-buccale al contatto del malare tramite la faccia esterna.

L'indice destro è situato lungo la branca verticale del mascellare ipsi-laterale parallelamente al cavo nasale.

Test cinetico:

Testare le rotazioni interna ed esterna dei malari inducendo in via preliminare un disimpegno suturale.

Correzione per accentuazione di una disfunzione in rotazione interna:

Durante la fase espiratoria primaria cranica:

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Indurre il mascellare in rotazione interna e mantenervelo. Disimpegnare la sutura maxillo-malare. Indurre il malare in rotazione interna.

Sollecitare una espirazione toraco-addominale al paziente, seguita da una apnea espiratoira trattenuta il più a lungo possibile ed associare eventualmente una dorsi-estensione del piede contro-laterale per potenziare la correzione. Mantenere la posizione senza bloccare il meccanismo respiratorio primario fino a raggiungere lo "Still Point" sul malare.

2. Tecnica per via esterna: (Fig.469)

Posizione delle dita: (esempio per un malare sinistro)

L'indice destro è situato lungo la branca verticale del mascellare ipsi-laterale parallelamente al cavo nasale.

L'indice sinistro è sul margine superiore del malare ed il medio sinistro sul margine inferiore.

Correzione per accentuazione di una disfunzione in rotazione interna:

Durante la fase espiratoria primaria cranica:

Indurre il mascellare in rotazione interna e mantenervelo. Disimpegnare la sutura maxillo-malare, esercitando una trazione con l'indice ed il medio sinistri. Indurre il malare in rotazione interna e mantenervelo.

Sollecitare una espirazione toraco-addominale al paziente, seguita da una apnea espiratoira trattenuta il più a lungo possibile ed associare eventualmente una dorsi-estensione del piede contro-laterale per potenziare la correzione. Mantenere la posizione senza bloccare il meccanismo respiratorio primario fino a raggiungere lo "Still Point" sul malare.

4. Correzione della sutura sfeno-malare (pag. 470)

Posizione delle dita:

La mano cefalica ingloba il frontale con la pinza pollice-indice, il medio sulla grande ala dello sfenoide per tenerlo fermo.

La mano caudale tocca la branca ascendente del malare con pollice e indice.

Correzione diretta in una disfunzione in rotazione interna:

Durante la fase di inspirazione primaria, mantenere fissa la grande ala. Disimpegnare in seguito il malare tirando la branca ascendente verso il basso. Mantenere la posizione, senza bloccare il meccanismo respiratorio primario ed accumulando le tensioni fino a raggiungere lo "Still point".

5. Correzione delle disfunzioni in rotazione interna e rotazione esterna dei malari:

. Per via esterna (Fig.471)

Posizione delle dita:

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La mano cefalica contatta il frontale con la pinza pollice-indice. La mano caudale posiziona l'indice sul margine superiore del malare ed il medio sul margine inferiore.

Correzione per accentuazione cinetica di una disfunzione in rotazione esterna:

Durante la fase inspiratoria primaria, la mano cefalica induce in flessione il frontale. La mano caudale esercita il disimpegno suturale maxillo-malare ed induce il margine orbitale in eversione con l'indice ed il margine inferiore in basso ed in dentro con il medio.

. Per via inter-buccale: (Fig.472)

Posizione delle dita:

La mano cefalica ingloba il frontale, il pollice sul margine orbitale del malare in disfunzione. La mano caudale contatta il malare con una pinza tra indice intra-buccale e pollice esterno.

Correzione:

Durante la fase inspiratoria primaria cranica, il pollice everte il margine superiore del malare e l'indice intra-buccale gli impone una rotazione esterna.

Durante la fase espiratoria primaria cranica, il pollice everte il margine superiore del malare e l'indice intra-buccale aiuta il movimento inducendo una rotazione interna.

CAPITOLO 42

DISFUNZIONI CINETICHE DELLE OSSA DEL NASO

I. Anatomia:329

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Fare riferimento al capitolo sulle ossa proprie del naso

II. Richiamo fisiologico:

L'asse di mobilità è un asse sagittale obliquo in basso ed in avanti che consente dei movimenti di rotazione assiale.

L'osso nasale è un osso pari che effettua dei movimenti di rotazione esterna ed interna. Questi movimenti sono indotti dal frontale e dal mascellare superiore.

Durante la fase inspiratoria primaria cranica, l'osso del naso compie una rotazione esterna tale che il margine posteriore si porta in fuori e la cresta inter-nasale si incava. Durante la fase espiratoria primaria cranica, il margine posteriore torna in dentro e la cresta inter-nasale sporge in avanti, in una rotazione interna.

III. Eziologia delle disfunzioni delle ossa del naso:

Le disfunzioni delle ossa nasali sono generalmente secondarie a disfunzioni del frontale o dei mascellari. Possono anche essere di origine traumatica per uno choc diretto sul naso o micro-traumatiche (causate dal bordo di una lente o da occhiali mal adattati alla forma del naso).

IV. Fisiopatologia delle disfunzioni delle ossa nasali:

Queste disfunzioni comportano in generale disturbi funzionali della lacrimazione o della secrezione nasale. Sono spesso causa prima di difficoltà di inalazione uni o bilaterali spesso associate ad una disfunzione mascellare.

V. Diagnosi della disfunzione delle ossa nasali: (Fig.473)

Il test cinetico delle ossa del naso è molto leggero, privo di trazione.

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto accanto al paziente

Posizione delle dita:

La mano cefalica contatta il frontale.

La mano caudale contatta leggermente le ossa proprie del naso tra pollice ed indice.

Test:

Durante i movimenti respiratori primari, testare la cinetica in rotazione interna ed esterna delle ossa nasali.

VI. Correzioni delle disfunzioni cinetiche nasali:

1. Tecnica di correzione della sutura fronto-nasale di H. MAGOUN: (Fig.474)

Posizione del paziente: in decubito, colonna cervicale in posizione neutra fisiologica

Posizione del terapeuta: seduto accanto al paziente

Posizione delle dita: la mano cefalica è a contatto del frontale,con il medio al livello della glabella, l'indice e l'anulare da una parte e dall'altra della sutura metopica. La mano caudale tiene le ossa proprie del naso tra pollice ed indice.

330

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Tecnica :

Indurre sul frontale una leggerissima trazione cefalica. Conservare il disimpegno fronto-nasale e disimpegnare le ossa del naso. Indurre leggermente le ossa nasali accumulando le tensioni fino a non percepirle più.

2. Tecnica di correzione della sutura inter-nasale di H:MAGOUN (Fig.475):

Posizione del paziente: in decubito, colonna cervicale in posizione neutra fisiologica

Posizione del terapeuta: seduto accanto al paziente

Tecnica :

Indurre sul frontale una leggerissima trazione cefalica. Conservare il disimpegno fronto-nasale e disimpegnare le ossa del naso. Accumulare leggermente e direttamente le tensioni fino a non percepirle più . Non tirare mai caudalmente sulle ossa nasali

3. Tecnica d'equilibrio globale delle ossa del naso di H.MAGOUN: (Fig.476)

Posizione del paziente:in decubito, colonna cervicale in posizione neutra fisiologica

Posizione del terapeuta: seduto accanto al paziente

Posizione delle dita: il palmo della mano cefalica è a contatto del frontale, con il medio a contatto della sutura metopica, l'indice e l'anulare a contatto dei pilastri esterni del frontale, le altre dita da una parte e dall'altra sul frontale. La mano caudale tiene le ossa proprie del naso tra pollice ed indice.

Tecnica :

Sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. poi accentuare le cinetica incontrata senza mai bloccare il meccanismo respiratorio primario e mobilizzando le parti ossee, globalmente ed in maniera ritmata, accumulando le tensioni dura-meriche e miofasciali incontrate e continuando il pompaggio fino al raggiungimento dello "Still Point".

4. Tecnica del V Spread della sutura fronto-nasale: (Fig.477)

V recettore con indice e medio, da una parte e dall'altra della sutura fronto-nasale. Punto induttore con l'altra mano al livello dell'inion.

5. Tecnica del V Spread della sutura inter-nasale: (Fig.478)

V ricettore con indice e medio sulle ossa proprie del naso, da una parte e dall'altra della sutura inter-nasale. Punto induttore con l'altra mano al livello dell'inion.

QUINTA - PARTE –

TRATTAMENTI OSTEOPATICI

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CAPITOLO 43

IL PARTO FISIOLOGICO

"Il parto è un atto funzionale tramite il quale il prodotto del concepimento si separa dall'organismo materno" (ARNIER E CHANTREUIL).

Il bacino materno

Per uscire dal corpo dell'utero, il feto deve attraversare un lungo canale costituito in parte da una struttura ossea, in parte da una struttura molle composta da tessuti muscolari ed elastici.

La struttura ossea è formata da quattro ossa, sacro e coccige posteriormente e le due ossa iliache sui lati ed anteriormente. Queste parti ossee sono riunite dalle sinfisi pubica e sacro-iliaca da una parte, e dall'articolazione sacro-coccigea dall'altra. L'interno è tappezzato dai muscoli sacro-iliaci e dalle loro aponeurosi.

La struttura molle dell'orifizio inferiore è chiusa dal muscolo elevatore dell'ano e dai diversi muscoli del perineo, l'insieme che costituisce il pavimento pelvico. Quest'ultimo è attraversato dal canale vagino-vulvare.

L'insieme della struttura del parto prende il nome di canale pelvi-genitale e si scompone in due parti: una parte pelvica o canale pelvico che comprende il distretto osseo superiore, il canale pelvi-perineale e il distretto inferiore, una parte genitale o filiera vagino-perineo-vulvare.

I. Il canale pelvico o bacino osseo:

La linea innominata delimita il bacino in due parti: il bacino grande ed il bacino piccolo.

1) Il grande bacino:

E' formato dalle ali iliache.

2) Il piccolo bacino:

Si tratta di un canale irregolare la cui altezza varia secondo i punti (anteriormente 4 cm., lateralmente 10 cm., posteriormente da 12 a 15 cm.) e che comprende tre zone: (Fig. 479).

Il distretto superiore:

Esso corrisponde al primo tempo del parto (impegno del feto). E' formato da due parti simmetriche che partono dall'angolo sacro-vertebrale. L'angolo sacro-vertebrale, importante in ostetricia, è stato soprannominato il "promontorio degli ostetrici" e si situa nel piano superiore a quello delle linee innominate.

- Esso è quindi limitato dall'angolo sacro-vertebrale, la linea innominata, la parte superiore della sinfisi pubica, le branche orizzontali del pube ed il margine anteriore delle ali sacrali.

- Gli si distinguono quattro diametri: (Fig. 480-481).

I diametri corrispondono al diametro del cranio del feto (Fig; 482):

Due diametri trasversi:

L'uno, passante per le spine sciatiche, divide il distretto superiore in una parte anteriore ed una parte posteriore.

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L'altro diametro è puramente anatomico.

Due diametri obliqui:

L'uno, passante dalla sacro iliaca all'eminenza ileo-pettinea opposta, misura 12 cm.

L'altro, passante dal promontorio all'eminenza ileo-pettinea, misura 9 cm.

Il distretto mediano o scavo pelvico:

Esso corrisponde al secondo tempo del parto (la discesa del feto). Si tratta del canale pelvi-perineale.

Esso è formato:

Anteriormente dalla faccia posteriore della sinfisi pubica e dal corpo del pube.

Sotto al margine superiore della sinfisi pubica sporge la faccia posteriore: si tratta del "punto retropubico".

Fig. 479 Il bacino materno

Fig. 480 Il diametro del bacino materno

Fig. 481 Le vie d’evacuazione in posizione ostetrica (secondo Faraboeuf)

Posteriormente, dalla superficie anteriore, concava del sacro.

Lateralmente, dal piano osseo che corrisponde alle concavità cotiloidee, dalla faccia interna della spina sciatica e dal corpo dell'ischio.

- Lo scavo è diviso in due piani da un restringimento che corrisponde:

Posteriormente, alla parte del sacro e delle apofisi trasverse di L5;

Lateralmente, alle spine ischiatiche ed ai tubercoli ischio-pubici;

Anteriormente, ai punti d’inserzione anteriore del muscolo elevatore dell'ano.

Il distretto inferiore:

- Esso corrisponde al terzo tempo del parto (l'espulsione del bambino). Si tratta dell'orifizio inferiore d’uscita dal bacino osseo, quindi di passaggio tra bacino osseo e bacino molle.

- Esso è di forma irregolare ed è limitato:

Lateralmente, dal margine inferiore dei legamenti sacro-ischiatici e dalle tuberosità ischiatiche.

Anteriormente, dal margine inferiore dei due pubi e dal margine inferiore della sinfisi pubica.

Posteriormente, dai piccoli e grandi legamenti sacro-ischiatici, dalla tuberosità ischiatica, dalla punta e dai margini del coccige.

- Il margine di movimento a questo livello è minimo, eccetto che per il rilasciamento della sinfisi.

- Il distretto inferiore comprende due diametri:

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un diametro antero-posteriore che va dal pube al coccige e misura 9,5 cm. Durante il parto, la nutazione comporta, a questo livello, un aumento del diametro che passa a 12 cm.

un diametro trasversale, linea bi-ischiatica che varia durante la nutazione.

Fig.482 Il diametro del cranio fetale.

II. Le articolazioni pelviche:

Esse si rammolliscono e si rilassano durante la gravidanza, il fenomeno raggiunge il suo massimo al momento del parto.

La sinfisi pubica possiede allora una mobilità che permette alle due parti di aver gioco l'una sull'altra.

Le articolazioni sacro-iliache hanno un movimento di bascula attorno ad un asse che passa al livello della seconda vertebra sacrale.

Quando il promontorio si sposta in avanti, riavvicinandosi al pube, il coccige se ne allontana: si tratta del movimento di nutazione di DUNCAN.

Quando il movimento di bascula si produce in senso inverso ed il promontorio si allontana dal pube, il coccige si avvicina e si verifica il movimento di "contro-nutazione".

Questi movimenti alternati sono importanti per i distretti superiore ed inferiore. L'articolazione sacro-coccigea accresce la sua mobilità durante la gravidanza.

III. Filiera vagino-perineo-vulvare: (Fig. 483)

Il quadro dei tessuti molli è costituito dal perineo: perineo anteriore o urogenitale e perineo posteriore o ano-rettale.

Il piano profondo, situato più in alto, sostiene gli organi del piccolo bacino e comprende:

Il muscolo elevatore dell'ano nella parte anteriore.

Il muscolo ischio-coccigeo nella parte posteriore.

L'aponeurosi profonda del perineo.

Il piano superficiale, situato più in basso, comprende:

Il muscolo trasverso profondo del perineo.

Lo sfintere esterno dell'uretere.

L'aponeurosi mediana del perineo.

Il piano superficiale, situato più in basso, comprende:

Lo sfintere esterno dell'ano.

Il muscolo trasverso superficiale del perineo.

I muscoli bulbo-cavernosi.

Il muscolo costrittore della vulva.

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L'aponeurosi superficiale del perineo.

Sul perineo osseo che costituisce il distretto inferiore s’inseriscono quindi l'elevatore dell'ano e l'ischio coccigeo, il cui insieme forma l'elevatore coccigeo-perineale di Farabeuf.

Le fibre muscolari si portano indietro ed in basso verso il margine e la punta del coccige ed il rafe perineale ano-coccigeo. Ne risulta un diaframma concavo verso l'alto, che ostacola l'uscita del feto che spinge verso di lui il muscolo uterino.

Il pavimento pelvico è però aperto da una larga fessura antero-posteriore (fessura vagino-vulvare). La testa del feto tende ad insinuarsi in quest’apertura ad ogni contrazione uterina. FInalmente riesce a passare dopo aver forzato la tonicità dell'elevatore coccigeo-perineale.

Durante il travaglio, il perineo si allarga innanzitutto nella sua posizione retro-anale, poi nella sua porzione ano-vulvare, quest'ultima arriva a misurare da 12 a 15 cm. di lunghezza invece di 2,5 cm. La lunghezza totale del perineo raggiunge da 18 a 23 cm. I tessuti del perineo sono preparati a questa funzione: la vascolarizzazione aumenta, come l'elasticità dei tessuti, da cui deriva l'agilità che gli consentirà di distendersi al momento del parto.

Il feto

I. Il feto a termine:

1) Conformazione generale: (Fig. 484)

Il peso oscilla tra i 3.200 ed i 3.500 grammi e la lunghezza media è di 50 cm. La pelle è ricoperta da una secrezione sebacea abbondante (vernix caseosa). Le unghie sorpassano l'estremità delle dita, ma non nei piedi. La lunghezza dei capelli è di 2 - 3 cm.

Si può vedere un punto d’ossificazione al livello dell'epifisi superiore della tibia ed un altro nel mezzo dell'epifisi inferiore del femore.

Fig. 483 La filiera perineo-vaginale

2) La testa del feto:

Si tratta di un ovoide di cui il grande asse va dal mento ad un punto situato un po' sopra all'occipite (diametro sopra-occipito-mentoniero) (Fig. 482).

- La volta è costituita dalle due metà della squama del frontale, dai due parietali, dalla squama dei temporali e da quella dell'occipitale. Essa presenta, tra queste diverse parti, degli spazi lineari chiamati "suture" che non sono ancora funzionali sul piano della loro cinetica specifica. E' molto importante conoscere la disposizione delle fontanelle e delle suture (vedere il capitolo sulle suture e fontanelle).

- La base del cranio è costituita da bande di tessuto cartilagineo che separa i massicci ossei. Esse formano, con la loro unione, una stella a cinque rami:

I due rami laterali sono posizionati trasversalmente fra queste stesse volte e le grandi ali dello sfenoide.

I due rami posteriori separano le rocche dall'occipitale. Esse sono unite nella loro estremità da una banda cartilaginea che consente alla squama dell'occipitale di muoversi come una persiana attorno alla porzione basilare dell'osso stesso: si tratta della cerniera occipitale di Budin.

Quest’architettura è alla base delle condizioni di resistenza del cranio del feto.335

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- La base è più solida della volta, poiché il corpo dello sfenoide rappresenta il centro di resistenza. La volta è più elastica, le sue parti meno ossificate alla periferia che al centro, possono raddrizzarsi leggermente: in più esse possono accavallarsi le une sulle altre, riducendo in tal modo la superficie del cranio.

- La faccia presenta la particolarità della divisione del frontale tramite la sutura medio-frontale. Essa possiede una notevole resistenza per merito dei mascellari superiori e dei malari. Per quanto riguarda la mandibola, essa si frattura con una trazione media di 20 Kg.

3) Il collo del feto:

Le trazioni esercitate sulle spalle di un feto, mentre la testa è trattenuta nelle parti genitali, devono raggiungere 54 Kg per ottenere una decapitazione per "sradicamento" (per quanto rigurda la colonna vertebrale, essa cede partendo da una forza di trazione di 50 Kg). Questo esprime la forza di resistenza alla trazione delle struttura vertebrale fetale.

"La torsione del collo può essere portata a 180° senza causare lesioni sensibili, poiché il movimento avviene su tutta l'altezza della colonna cervicale e su una parte della colonna dorsale" (Tarnier).

Fig. 485 - Schema della circolazione feto-placentaria (le frecce indicano il flusso ematico).

Fig. 485 b - Schema della circolazione del neonato (comparare con lo schema precedente).

Fig. 486 - Sezione sagittale dell'utero gravido

Fig. 486 b - Utero durante il travaglio a completa dilatazione figurante le sua divisione in tre parti di cui il collo incorporatosi al segmento inferiore.

4) Le principali viscere:

L'encefalo a termine pesa 350 grammi.

Il fegato, in relazione enorme, pesa 125 grammi.

La milza pesa 9 grammi.

Lo stomaco possiede una capacità di 35 - 45 cc.

L'intestino tenue è lungo 2 metri ed il colon 50 cm.

I polmoni pesano rispettivamente 21-28 grammi il sinistro e 26-33 grammi il destro.

Attelettasiato nel feto che non ha respirato, esso non galleggia (importanza medico legale).

Il cuore pesa da 15 a 20 grammi.

Il timo pesa 8 grammi.

I reni pesano 12 grammi ciascuno e presentano una forma lobulata.

Le capsule surrenali, molto voluminose, raggiungono le dimensioni della metà del rene.

II. Fisiologia del feto:

1) Funzionamento organico: (Fig. 485a-485b)

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La circolazione è assicurata, in un primo tempo da vasi onfalo-mesenterici (prima circolazione), e in seguito dal sistema atlantoido-placentare od ombelicale (seconda circolazione). Il sangue dell'aàorta guadagna la placenta, tramite le arterie ombelicali dove esso si ematizza. La vena ombelicale riporta il sangue (diventato arterioso) al cuore, tramite la vena cava. Dall'orecchietta destra, esso passa in parte in quella sinistra, dal foro di Botallo, ed in parte nel ventricolo destro che lo lancia nell'arteria polmonare. Questa lo riporta all'aorta per mezzo del canale arterioso. E' facile comprendere che la vena ombelicale è l'unico vaso che contenga sangue arterioso puro.

L'apparato respiratorio non funziona.

L'apparato digestivo è a riposo. Nella su parte inferiore si accumula il "meconio", sostanza semiliquida formata in gran parte dalla bile.

L'apparato urinario funziona (origine principale del liquido amniotico).

Il sistema nervoso ha un sensibilità molto minima ma le funzioni motorie si risvegliano molto presto (movimenti attivi del feto).

2) Posizione del feto nell'utero:

Sul piano della posizione, esso è generalmente raggomitolato, con la testa flessa, il mento sul petto, la schiena incurvata, gli arti superiori incrociati sul petto, gli arti inferiori ripiegati ed incrociati sull'addome.

Il feto presenta la forma di un ovoide la cui estremità più piccola è occupata dalla testa, e quella più grossa dal sedere e dalle membra inferiori.

Sul piano del movimento, durante la gravidanza, i movimenti appartengono al bambino, mentre in fase di travaglio, essi appartengono alle contrazioni uterine (tarnier).

III. Il parto (travaglio)

1) Definizione:

Il travaglio è l'insieme dei fenomeni che si osservano alla fine di una gravidanza, sia per la madre, si apre il feto ed i suoi involucri e termina con l'espulsione del prodotto del concepimento.

2) Segnali precursori del travaglio: (Fig. 486a-486b)

Il fondo dell'utero si abbassa e si ritrae, in relazione alla discesa della testa del feto nella cavità pelvica. La madre respira meglio, ma avverte un disturbo accentuato sugli organo pelvici. Questo segnale è significativo solamente per le multipare. Per la primipara, la discesa della testa si compie circa due mesi prima del termine. Alcuni filamenti di sangue indicano lo scollamento del polo inferiore dell'uovo. Le contrazioni possono farsi più forti e più vicine. Questo "falso allarme" può ripetersi prima del travaglio.

3) Il travaglio

Si uniscono due forze meccaniche: la contrazione uterina e la contrazione addominale. La discesa del feto è facilitata dalla lubrificazione delle pareti del canale vagino-vulvare;. Il feto deve superare due ostacoli, uno al livello del canale cervice-segmentario uterino, l'altro al livello dell'orifizio perineo-vulvare. Ad ogni tappa entrano in gioco meccanismi attivi o passivi.

Passaggio del diaframma cervice-segmentario:

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Meccanismi attivi:

Appaiono contrazioni uterine, con restringimento intermittente delle fibre muscolari della matrice sul contenuto dell'organo. Esse sono involontarie, dolorose ed intermittenti.

Esse sono involontarie perchè l'utero è un muscolo liscio, innervato in parte dal sistema cerebro-spinale ed in parte dal sistema neuro-vegetativo (plesso ovarico e uterino) ed inoltre da un centro intrinseco specifico: il ganglio di Frankerhauser. Benché involontarie, le contrazioni sono influenzate dalle emozioni. Queste contrazioni sono meno forti al livello del segmento inferiore.

Esse sono dolorose, per la compressione dei filamenti nervosi contenuti nel parenchima uterino. L'intensità varia per ogni donna e nel corso del travaglio. All'inizio si tratta di piccoli dolori che sembrano fitte simili a quelle dei dolori mestruali. Al momento della dilatazione del collo, essi si fanno più acuti, mal sopportati. Durante l'espulsione, il dolore è accompagnato dal desiderio di spingere. Infine, quando la testa oltrepassa l'anello vulvare, i dolori sono fortissimi. La durata d’ogni contrazione varia secondo le fasi. Dai 25 secondi, all'inizio, la contrazione può raggiungere i 30-35 secondi alla fine del travaglio.

Meccanismi passivi:

Essenziali a questo studio del travaglio, essi comprendono l'ampliamento e l'apertura del canale cervico-segmentario. Verranno ad aggiungersi il flusso del muco sanguignolento e la rottura del sacco delle acque.

Dal punto di vista cronologico si verifica quindi:

Il ritrarsi del collo ed il suo incorporarsi al segmento inferiore.

La dilatazione del collo.

L'ampliamento del segmento inferiore.

Fenomeni connessi all'ampliamento cervico-segmentario dell'utero:

Le modifiche delle condizioni del collo dell'utero e del segmento inferiore comportano il verificarsi delle perdite sanguignolente e la rottura del sacco delle acque.

Il flusso del muco: Il tappo gelatinoso che conteneva la cavità cervicale cola, al momento del ritrarsi del collo, sotto forma di un liquido spesso bianco-giallastro, che viene a bagnare la vulva. Questa lubrificazione del canale vaginale si produce attraverso una certa quantità di liquido che trasuda attraverso le membrane. Nel momento in cui il feto penetra nella vagina, la madre prova il bisogno di spingere. Alla contrazione uterina si aggiunge allora la contrazione addominale.

Il sacco delle acque: sotto l'influenza delle contrazioni uterine e della spinta del feto, il collo si dilata, mettendo a nudo una parte più larga delle membrane dell'uovo. Queste membrane ed il liquido amniotico vengono comunemente chiamati "sacco delle acque".

La rottura del sacco delle acque si dice:

- Prematura: quando si produce durante il travaglio, ma prima della completa dilatazione.- Tempestiva: quando arriva a dilatazione completa.

- Tardiva: quando si produce dopo la completa dilatazione.

Passaggio del diaframma perineo-vulvare:

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Meccanismi attivi:

Le contrazioni uterine si accentuano sempre più e si fanno sempre più lunghe. Esse possono bastare a spingere il feto.

A questo stadio del travaglio, la donna prova il bisogno di spingere con contrazioni addominali (sforzo volontario) per aiutare le contrazioni involontarie dell'utero. Questo sforzo sarà controllato dall'ostetrico.

Meccanismi passivi:

L'ampliamento del diaframma perineo-vulvare consente il passaggio del feto. L'ovoide fetale, che scende seguendo l'asse del distretto superiore, cade a picco sul coccige che ha una direzione antero-posteriore. Durante la presentazione, perchè il feto possa uscire correttamente, il coccige dovrà essere retropulso.

Rimarrà allora solamente l'ostacolo muscolare principale che è il muscolo elevatore dell'ano. Ma esso si lascia forzare abbastanza facilmente dalla spinta fetale ripetuta.

Infine la vulva, cioè il perineo superficiale, deve anch'essa ampliarsi per consentire il passaggio del feto.

4) Fase e durata del travaglio:

La prima fase è chiamata "fase di dilatazione", il fenomeno principale è la progressiva apertura dell'orifizio cervicale. Questa fase comincia con il ritrarsi del collo e finisce a dilatazione completa. In questo momento, se tutto è normale, si rompe il sacco delle acque.

La seconda fase è chiamata fase d’espulsione, essa è caratterizzata dall'uscita del feto spinto dalle contrazioni involontarie della parete addominale.

Il travaglio dura normalmente tra le 8 e le 10 ore per una primipara e le 6 e le 8 ore per una multipara. La fase d’espulsione dura circa 1-2 ore per la primipara e 10-15 minuti per la multipara.

IV. Presentazione del feto:

A termine, la presentazione più frequente è tramite la sommità ed essa s’incontra quando tutto è normale per la mamma e per il bambino (95 % dei casi).

Si devono considerare diversi tipi di presentazione tramite la sommità:

- La presentazione in O.I..AS. (occipito-iliaca-anteriore-sinistra) che si verifica nel 60 % dei casi.

- La presentazione in O.I..P.D. (occipito-iliaca posteriore-destra) che avviene nel 30 % dei casi.

- La presentazione in O.I.P.S. (occipito-iliaca posteriore-sinistra) che si verifica nel 9 % dei casi.

- La presentazione in O.I.A.D. (occipito-iliaca anteriore-destra) che si verifica nel 1 % dei casi solamente.

V. Palpazione del feto:

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Caratteristiche del polo fetale situato in basso:

Le due mani circoscrivono il contorno osseo del distretto superiore del bacino e deprimono l'addome per sentire una forma arrotondata, regolare e resistente che è la testa. Questo segno conferma la presentazione cefalica. Per una sommità, bisogna trovare il segno che traduca la flessione della testa: si tratta della differenza d’altezza tra fronte ed occipite. Dalla parte dell'occipite, le dita scendono; dall'altra parte, invece, sono fermate dalla superficie arrotondata della fronte.

Caratteristiche del polo fetale situato in alto:

La palpazione del fondo dell'utero consente di riconoscere una massa irregolare, più voluminosa della testa, ma nettamente meno resistente. Si tratta del sedere e degli arti inferiori.

Caratteristiche laterali:

Se si esercitano pressioni morbide con i polpastrelli delle dita sulle parti laterali della porzione mediana del corpo uterino, si può percepire un piano resistente, liscio, regolare, che sembra in superficie: si tratta della schiena.

VI. Parto del feto in O.I.S.A.

In caso di presentazione per la sommità, il parto si effettua senza difficoltà. Nei casi di presentazione in O.I.S.A. il travaglio è facile, regolare, rapido. Nei casi di presentazione in O.I.S.P. il travaglio si trascina un poco di più e può in alcuni casi presentare delle difficoltà.

1) Prima fase, l'impegno fetale:

Durante la fase si verifica la contronutazione del bacino (Fig. 487a) e l'accomodazione del feto nel distretto osseo superiore consiste nella riduzione della presentazione e nel suo orientamento.

La riduzione della presentazione si effettua tramite flessione (Fig;. 488). Le prime contrazioni flettono la testa, l'occipite si abbassa, il mento si solleva e la testa non presenta più il suo diametro occipito-frontale, ma il diametro infra-occipito-bregmatico, più piccolo di 2 cm. In più, questo movimento trasforma il feto in una massa solida ed omogenea sulla quale agiranno potentemente le contrazioni uterine. Nel corso di questa fase si verifica la contronutazione del bacino.

2) Seconda fase, la discesa del feto:

L'impegno si completa con la discesa fino al distretto inferiore. Il passaggio della testa può avvenire secondo tre assi:

La testa rimane perpendicolare rispetto al rachide e si verifica in questo caso sinclitismo oppure essa si inclina su una delle due spalle e si verifica un asinclitismo anteriore o posteriore. Il caso d’asinclitismo posteriore è di gran lunga il più frequente.

Fig. 487a - La contronutazione consente l'allargamento del distretto superiore nel senso antero-posteriore e trasversale.

Fig. 487b - La nutazione consente l'allargamento del distretto inferiore nel senso antero-posteriore e trasversale.

Fig. 488 - Meccanismo di flessione della testa durante l'impegno nel distretto superiore.

Fig. 489 - Impegno e presentazione in OISA

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Fig. 490 - Le componenti delle forze meccaniche di espulsione.

Fig. 491 - Un parietale anteriore o più inferiore dell'altro può determinare un meccanismo in lateral strain.

3 Terza fase, il disimpegno fetale:

Durante questa fase, il bacino effettua una nutazione (Fig. 487b) e l'accomodazione fetale nel distretto osseo inferiore consiste in un’iperflessione della testa. L'orientamento della testa consegue alla rotazione di disimpegno. Questa fase è denominata rotazione interna o intra-pelvica della testa e si tratta di una fase molto importante.

La rotazione porta il diametro infra-occipito-bregmatico nel senso del diametro materno antero-posteriore, l'occipite è sotto la sinfisi pubica, la testa in posizione diretta. La testa deve allora girarsi per poter uscire. La rotazione è di 45° nelle tipologie anteriori.

Durante la fase di disimpegno vero e proprio, le contrazioni uterine spingono la testa flessa verso l'occhiello muscolare limitato dai muscoli pubico-coccigei. L'occipite scivola sotto la faccia posteriore della sinfisi pubica, poi nell'arcata infra-pubica, mentre l'infra-occipite si trova sotto il margine inferiore della sinfisi. Si crea in questo modo un punto fisso infra-pubico che consente alla testa il suo movimento di flessione.

Poiché l'infra-occipite rimane immobile, la fronte che era alzata scende e viene a sollecitare la cinghia ischio-coccigea. Questa la respinge in alto, poi in alto ed in avanti. Quando il mento ha oltrepassato la forchetta, il parto della testa è concluso. L'uscita della testa è seguita da quella del tronco, le differenti parti sono correlate. Una volta uscite le spalle, il tronco è facilmente espulso ed il sedere passa.

4 Ultima fase, la liberazione materna:

Dopo l'espulsione del bambino, la madre prova una sensazione di benessere. L'utero ritorna in se stesso, il suo fondo si trova 2 o 3 cm. sotto l'ombelico. La sua forma è quella di un grosso globulo regolare e duro: si tratta del "globo che rassicura gli ostetrici" poiché questa condizione consente di non temere emorragie. Dopo 10 - 30 minuti, i dolori ricompaiono. Queste contrazioni uterine, chiamate retro-dolori, producono lo scollamento della placenta che si traduce in piccole emorragie. Evacuata la placenta, seguono le membrane e i dolori cessano. Spesso la madre, affaticata, si addormenta.

Parto e lesioni osteopatiche craniche

La dinamica del parto non è l'unica causa di lesioni craniche. La gravidanza, infatti, può avere conseguenze per disturbi nervosi o ormonali della madre (che possono portare conseguenze al feto) oppure cause meccaniche.

I. Presentazione in O.I.S.A.: (Fig. 489)

1 Durante la fase d’impegno fetale:

Il problema maggiore incontrato dal feto durante la discesa è il rapporto fra il diametro del bacino della madre (contenitore) ed il diametro della testa fetale (contenuto), che obbliga una notevole modellatura del cranio fetale.

- Nella normalità fisiologica, il contenitore pelvico ha un diametro di 12 cm. ed il contenuto, cioè il feto, ha un diametro cranico di 12 cm. Da qui la ricerca costante di un orientamento favorevole della testa del feto, dalla fase dell'impegno e per tutta la durata della discesa, al fine di posizionare sempre il diametro più piccolo della testa sul diametro pelvico più largo, tramite la flessione e la rotazione della testa.

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Il feto si posiziona quindi, fin dalla fase dell'impegno, in un asse obliquo per poter incontrare un diametro più grande al livello del pube della madre.

- La progressione dal distretto osseo superiore si compie sotto l'impulso di due forze reciproche:

(Fig. 490a):

La spinta uterina che determina una pressione in un dato senso.

La resistenza correlativa dei tessuti ossei e delle parti molli.

Quest’azione reciproca tra tessuti ossei e tessuti molli è alla base della forma del cranio.

Le componenti di forza direzionali del feto sotto l'impulso uterino, associate alle componenti di contro-resistenza dei tessuti molli uterini e perineali e di tessuti ossei, sono la causa fondamentale del posizionamento della testa del feto durante il tragitto e della sua modellatura;

- Se si verifica uno squilibrio tra queste due componenti, si corre il rischio di lesione cranio-sacrale ossea o membranosa o di entrambe. Per una resistenza costante, il rischio di lesione si fa più grande se le spinte sono deboli e di lunga durata oppure violente e brevi. In effetti la sacca delle acque assicura la deformazione (dilatazione) dell'utero al posto della testa e protegge così il movimento fetale.

- La presentazione O.I.S.A. è quella maggiormente favorevole nell'asse uterino materno. La testa del feto si posiziona su un asse obliquo che passa dalla sacro-iliaca destra all'eminenza pettinata sinistra.

L'occipite si trova quindi di fronte all'iliaco sinistro anteriormente (O.I.S.A.)

Al livello del distretto osseo superiore: (Fig. 490b e 490c)

- Il contatto con la sinfisi pubica va a creare il movimento di flessione e di rotazione della testa.

- Questa differenza fra gli assi è importante poiché la forza impressa dall'utero dall'alto verso il basso, sull'asse del feto, incontra una resistenza al livello del pube che obbliga la testa del feto a scivolare verso l'asse perpendicolare al distretto osseo superiore e quindi a flettersi per penetrare nell'incavo e ruotare.

A questo livello del passaggio, più il sacro materno si trova in posizione di post-flessione meccanica, vale a dire in contronutazione, maggiormente allargato è il diametro del distretto, più agevole sarà l'impegno del feto e migliore la sua flessione-rotazione.

Si può verificare a questo livello un’eccessiva spinta contro il pube con un sacro troppo antero-flesso ed una stagnazione del movimento di passaggio malgrado le spinte uterine (rallentamento del passaggio a questo livello se il quadro osseo non è sufficientemente funzionale). La spinta potrà avere conseguenze sulle parti condiloidee, sulla squama occipitale e sull'atlante, ma anche sulla sinfisi sfeno-basilare con rischio di vertical strain.

Il parietale più anteriore, in rapporto al bacino materno, si presenta per primo nello spazio libero del distretto osseo superiore, trovandosi così in posizione più bassa. Esso diventa maggiormente prominente mentre l'altro parietale, subendo le pressioni del sacro, si trova relativamente appiattito. L'osso che subisce una maggiore pressione scivola sotto al vicino creando un accavallamento.

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In questo modo, nella presentazione cefalica in O.I.S.A. come in O.I.S.P., presentandosi sul diametro obliquo sinistro, il parietale ricopre il frontale e l'occipite è sempre appoggiato alla circonferenza pelvica.

Invece, per quanto riguarda le presentazioni O.I.D.A.e O.I.D.P. (presentazione sul diametro obliquo destro), il parietale destro è ricoperto dal sinistro.

Il parietale più alto (sinistro in O.I.S.A.) è spinto verso il frontale. L'insieme produce un'asimmetria del cranio che realizza una convessità destra.

Il frontale, situato posteriormente, posto verso il sacro, è ricoperto dalle ossa vicine e leggermente appiattito dalla pressione del promontorio.

La testa, spinta all'interno del canale pelvico, dalle contrazioni intrauterine, prende la forma di un cono la cui sommità sarà la porzione cranica più bassa e la cui base sarà il piano del distretto osseo superiore:

Di conseguenza, in posizione O.I.S.A., la sommità del cono è rappresentata dalla bozza parietale destra e la base da un piano che passa per il diametro infra-occipito-bregmatico. La regione cranica corrispondente alla sommità del cranio non subisce più la pressione delle ossa pelviche.

Questa improvvisa differenza di pressione spiega la frequenza delle infiltrazioni sierose infra-cutanee (caput succedaneum), più spesso sui parietali e a destra. Inversamente una pressione troppo forte provoca ematomi dell'infra-periosto.

Il feto subisce una spinta a direzione caudale, la testa un "ingranamento" delle ossa della base, accompagnato dalla chiusura dei loro orifizi. I differenti elementi vasculo-nervosi della zona possono essere lesi durante il processo fisiologico del parto.

Nei parti troppo lunghi, questa fase d’impegno può portare come conseguenza una verticalizzazione della squama occipitale con rischio di vertical strain (Fig. 490c e 490d).

La discesa nella cavità pelvica deve obbligatoriamente essere accompagnata da una torsione del feto, che si posiziona nella direzione di minima resistenza.

Se i due parietali non trovano resistenza anomala ed il diametro è sufficiente per consentire una buona discesa ed una modellatura simmetrica della testa da parte dell'utero, si verifica un sinclitismo, vale a dire che il diametro biparietale rimane parallelo al piano del distretto osseo superiore ed ai differenti piani dell'incavo che va ad attraversare in seguito e che la sutura sagittale si mantiene ad uguale distanza dal pube e dal sacro. Questo però avviene molto raramente.

Quando il diametro biparietale si presenta leggermente superiore al diametro del bacino, si verifica uno sfregamento contro le pareti ed, automaticamente, un asinclitismo (Fig. 491).

Un parietale si ritrae in rapporto all'altro per consentire un restringimento del diametro del cranio fetale.

Sotto la spinta uterina, il cranio si deforma in una compressione diagonale ed un parietale passa un poco avanti all'altro e sopra l'altro, consentendo così un restringimento del diametro del cranio.

Se il meccanismo e le forze sono troppo potenti, si rischia un eccessivo accavallarsi delle placche ossee, una compressione sfeno-basilare, un lateral strain per compressione diagonale.

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Questo rischio non è dovuto alla posizione del sacro materno, ma alla sua forma congenita. Più il sacro sarà concavo, più il feto avrà facilità di passaggio. Da qui l'utilità delle tecniche sacrali intra-ossee nella partoriente per guadagnare in elasticità ossea e quindi sulla possibile modellatura funzionale.

In partenza, tutta la discesa nell'incavo pelvico-perineale ha luogo a partire dal pube.

La componente delle forze superiori porta, con il cambiamento progressivo dell'asse di discesa a partire dal pube, una flessione della testa ed una rotazione.

L'insieme subisce una rotazione verso destra mentre il lato sinistro e l'occipite continuano la loro discesa.

Si creano così le due componenti che possono provocare una lesione in side-bending rotation. Tutti i tessuti del cranio, in particolare le membrane dura-meriche e le fibre dei nuclei intra-ossei, sono portati in questo schema di lesione, lasciando l'impronta di queste forze nei tessuti.

Le tensioni che si applicano sulle membrane dura-meriche e sulle fasce si ripercuotono più o meno, secondo la loro importanza, su tutto il corpo, e possono produrre scompensi della colonna vertebrale, del bacino, degli arti superiori ed inferiori. Le trazioni e le pressioni non vengono applicate uniformemente sul cranio. Ne conseguono squilibri delle tensioni su certe posizioni dura-meriche.

A questo livello del passaggio, notevoli sono i rischi di lesioni strutturali craniche come la compressione sfeno-basilare antero-posteriore, la compressione delle parti condiloidee, le lesioni intra-ossee della squama occipitale al livello della cerniera di Budin (Fig. 492), la compressione del piano occipito-atloido-axoideo (che tocca torcicolli detti congeniti).

La squama dell'occipite subisce due forze:

Inizialmente la resistenza della branca pubica al movimento di rotazione dell'insieme del cranio verso destra. In seguito, le contrazioni uterine che spingono la testa verso il basso.

Generalmente, a questo stadio, la parte destra è già più bassa, la parte sinistra deve effettuare un movimento più ampio, inducendo una rotazione della squama occipitale attorno ad un asse antero-posteriore. Se il movimento è notevole, può verificarsi una lesione in torsione cranica destra.

La rotazione della squama occipitale può inoltre produrre delle lesioni intra-ossee dell'occipite con uno spostamento della squama in rapporto alle masse laterali ed al corpo dell'occipite, non saldati alla nascita.

Se la rotazione della testa del feto è insufficiente, l'occipite rimane posizionato a sinistra e si verifica una presentazione in O.I.S.A., appoggiando sul parietale sinistro. Il parietale destro può subire maggiori pressioni al momento dell'espulsione e trovarsi in tal modo appiattito.

La parte anteriore e posteriore del cranio è condizionata da due forze trasversali di direzioni opposte, che possono causare una lesione in lateral strain.

In generale, le torsioni craniche spariscono rapidamente da sole, mentre le lesioni strutturali sfeno-basilari di tipo compressivo o strain sussistono (Lavori di V. FRYMANN su 1250 bambini).

Note:

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- Le piccole teste dei prematuri, non avendo contatto con la sinfisi pubica, spesso non vedono assicurata la loro flessione-rotazione ed hanno più probabilità di presentarsi tramite le faccia e di subire un arresto trasverso nella progressione.

- Per le multipare, si verificano a volte ammanchi di flessione e rotazione con arresto della progressione a causa dell'allargamento del bacino e del rilasciamento dei tessuti molli. In questi casi può essere necessario flettere la testa del feto con una ventosa perchè la progressione possa riprendere.

Fig. 492 - Cerniera occipitale di Budin

Fig. 493 - La rotazione del modulo fetale durante il parto

Fig. 494 - Le differenti rotazioni della testa secondo le varie posizioni

Fig. 495 - Ultima fase del parto: l'estensione cervico-cefalica

Fig. 496 - Impegno e presentazione in O.I.D.P.

Fig. 497 - Impegno e presentazione in O.I.G.P.

Al livello del distretto inferiore

Si verifica un disimpegno ed una deflessione della testa. Questo movimento si verifica dopo il passaggio dalla sinfisi pubica, per merito della distensione delle fibre circolari terminali dell'utero.

La rotazione della testa ha posto l'occipite contro la sinfisi pubica (Fig. 493-494).

La deflessione della testa consente l'espulsione del feto dalla filiera perineo-vagino-vulvare. In caso di forte resistenza al livello del distretto inferiore, i rischi di lesioni craniche persistono, come accavallamenti delle placche ossee e compressioni sfeno-basilari laterali o antero-posteriori, strains laterali o verticali.

Al momento dell'espulsione:

Nella presentazione in OISA il feto rimane coricato a sinistra. La sua testa è in rotazione sinistra. Appena passata la sinfisi, la testa compie la sua deflessione (estensione cervicale) così come una rotazione di 90°, appena prima dell'espulsione, in modo che il feto guarda la coscia destra di sua madre al momento della nascita.

L'appoggio sull'occipite avvicina la squama alle parti condiloidee. Quest’appoggio è importante perchè può provocare delle lesioni intra-ossee che vanno a restringere il forame occipitale con disturbo al bulbo, ai fasci piramidali ecc.

Esso può essere asimmetrico, modificando la forma del forame occipitale e quindi delle zone d'inserzione di tutte le fasce ed i muscoli infra-occipitali (lesioni intra-ossee). Quest’eziologia è sempre presente nel caso di scoliosi del neonato e di torcicollo congenito.

Ricordiamo che i condili occipitali sono formati da due parti: le loro metà anteriori sono situate sulle masse laterali, le loro metà posteriori sulla squama. Le pressioni asimmetriche dell'espulsione modificano la loro forma, le loro convessità, rendendo impossibile la simmetria di movimento dell'articolazione occipito-atloidea.

I fori della base sono ugualmente raggiungibili. Si possono così spiegare diverse patologie funzionali del neonato.

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Il frontale è in rapporto con il sacro della partoriente e in questa fase, egli si affossa verso la base per merito della fontanella anteriore, fatto che può comportare delle disfunzioni nei rapporti con l'etmoide e lo sfenoide, oppure disfunzioni dell'osso stesso.

Al momento dell'apparire della testa, in caso d’OIAS, l'ostetrico afferra con il palmo la testa ed aiuta la spalla destra superiore ad uscire, tirando la testa verso il basso, poi fa uscire il braccio inferiore tirando la testa verso l'alto. Anche in questa fase si ripropongono rischi di lesioni osteopatiche craniche, cervicali e clavicolari se la spalla è incastrata al livello del pube e l'ostetrica è costretta a tirare con più forza la testa per liberare le spalle.

Note:

- Nel caso di cesarei non programmati in partenza ed effettuati in via d'urgenza, le lesioni craniche sono costanti poiché l'impegno è iniziato e l'arresto del cranio fetale contro il pube con arresto trasverso della progressione, porta una sofferenza del cranio fino alla liberazione artificiale.

Si produce quindi una lesione causata da sofferenza cranica contro il pube, con demodellatura del cranio poiché l'utero non ha concluso il suo lavoro di modellatura fino alla fine dell'espulsione e si è verificato un passaggio brutale da una pressione addominale negativa ad una pressione atmosferica positiva.

Nei casi di cesarei programmati non si verifica alcuna modellatura cranica, è presente una tensione generale del cranio che ha lottato con il cambiamento brutale di pressione (da negativa a positiva) e si verifica anche il rischio di compressione cranica.

Le lesioni da coggice possono causare una ipertonicità permanente del perineo e quindi una diminuzione della possibilità della dilatazione dei tessuti perineali, aggravando il rischio di compressione sfeno-basilare.

2. Presentazione in O.I.P.D.: (Fig. 496-497)

Nel corso di questa presentazione, meno frequente, la testa del feto si posiziona sul medesimo asse obliquo che per la presentazione in OIAS, ma il feto si corica sul lato destro.

L'occipite si trova quindi di fronte all'iliaco destro posteriormente.

- La rotazione si effettuerà per passare sotto al pube, ma dovrà avere un'ampiezza di 135°.

Se la discesa è troppo lunga, si rischia la rotazione della squama occipitale, la compressione sfeno-basilare e la compressione delle parti condiloidee per rotazione dell'occipite.

3. Presentazione O.S.: (Fig. 498)

La rotazione della testa può, a volte, avvenire in maniera opposta con un’ampiezza di 45° di rotazione in modo da portare l'occipite posteriormente contro il sacro e non più sotto la sinfisi. Si tratta della posizione occipito-sacrale (O.S.).

I rischi di lesione craniche sono allora legati alla compressione ed all'accavallamento dei parietali, per il fatto che l'ampiezza del cranio del feto faticherà a passare fra le spine sciatiche e gli ischi. Sono grandi, anche i rischi di lesione della M.T.R. poiché il frontale entra in contatto con la sinfisi pubica e l'occipite con il sacro.

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Le lesioni dei parietali sono lesioni classiche nelle presentazioni in O.S., presentazioni poco apprezzate dagli osteopati visto il rischio d’accavallamento delle placche ossee.Per altro, la flessione rischia d’essere insufficiente, poiché al livello della sinfisi pubica si trova il punto bregma al posto del lambda. Si vedono arrivare simultaneamente bregma e lambda poiché si produce un inizio d’estensione della testa. Il rischio di parto di faccia o di mento porta spesso a consigliare un cesareo.

Sul piano osteopatico si presentano il rischio d’arresto trasverso, importanti lesioni cervicali, lesioni sfeno-basilari, lesioni delle parti condiloidee, lesioni della faccia e della fronte.

Fig. 498 - Parto in O.S.

Fig. 499 - Parto podalico

Fig. 500 - Tecnica di liberazione nel parto con presentazione podalica

Fig. 501 - Presentazione di faccia (schema a, b, c, d, e)

Fig 502 - Liberazione con forcipe

4. Presentazione podalica in S.I.G.A. - S.I.O.P. (Fig. 499-500)

Le presentazioni podaliche possono essere completate in SIGA o non completate in SIDP (con le gambe alzate).

Nei parti podalici, si presenta il medesimo meccanismo di forze e contro-forze:

Si verifica quindi latero-flessione e rotazione del bacino al posto della testa. La testa, parte più grossa, dovrà passare per ultima, fatto che causa una difficoltà d’estensione della testa all'ultimo momento e sarà quindi necessario guidarla nel suo movimento di passaggio.

Questo genere di presentazione procura:

Dorsi latero-flessione ed a vite, restrizioni fasciali al livello della colonna vertebrale e del bacino.

Al livello della testa che non è stata modellata, si presentano due possibilità per quanto riguarda la sua forma: sia una testa rotonda associata ad una leggera compressione sfeno-basilare, sia una testa diliococefala di forma molto appuntita sia nel senso frontale che sagittale.

Si possono verificare lesioni intra-ossee mascellari, mandibolari e dei temporali, poiché l'ostetrico aiuta il passaggio della testa trainandola con le dita in bocca. Ne conseguono importanti disarmonie occlusive.

5. Presentazione di faccia in M.I.S.A. - M.I.D.A. (mandibola iliaca sinistra o destra anteriori): (Fig. 501)

Queste parti sono molto rari (1/1000). Essi causano per lo più vertical strain sfenoidali o compressioni sfeno-basilari antero-posteriori.

6. Liberazione tramite forcipe e ventosa: (Fig. 502-503)

La ventosa è utilizzata soprattutto per flettere la testa.

Le lesioni osteopatiche secondarie si trovano soprattutto al livello delle M.T.R. dove si ritrova sempre una distorsione, tra la falce del cervello ed il tentorio del cervelletto.

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Il seno retto ed il seno cavernoso risultano meno drenati. Dato ché il seno retto drena normalmente le masse cerebrali, si trovano spesso stasi del seno retto negli insufficienti cerebro-motori (la maggioranza degli ICM è nata con ventosa o forcipe). Si incontrano ugualmente molto spesso accavallamenti delle placche ossee e compressioni craniche.

7. Parto gemellare: (Fig. 504)

Molto spesso, uno dei gemelli presenta dei disturbi, a volte entrambi quando non si presentano testa-piede (presentazione cefalica o podalica).

8. Nota:

In tutti i casi, se esperta e ben dosata, un'assistenza manuale all'espulsione limita i rischi del feto alla nascita. (Fig. 505).

Fig. 503 - Libaerazione con ventosa.

Fig. 504 - Gravidanza gemellare.

Fig. 505 - Assistenza manuale all'espulsione.

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CAPITOLO 44

CORREZIONI OSPEOPATICHE DELLE LESIONI INTRA-OSSEE CRANICHE

Lesioni intra-ossee dell'occipitale

Il cranio del feto, benché resistente, può reagire alle costrizioni meccaniche in utero o perinatali (Fig. 506). Il 99 % dei disturbi funzionali nel neonato implicano delle lesioni dell'occipite.

Il tubercolo faringeo dell'apofisi basilare dell'occipitale è il punto di partenza delle fasce faringea, mediastinale e pericardica, in relazione con il diaframma toracico e l'addome. Tutte le fasce profonde sono quindi sospese alla base dell'occipite per mezzo del tubercolo faringeo e delle spine dello sfenoide.

Le lesioni ossee dell'occipite interessano le parti condiloidee o le masse laterali. Esse possono venire compresse nelle superfici convergenti dell'atlante delle forze meccaniche del travaglio uterino al momento del parto. In questo caso, parte basilare e squama possono essere lese così come altri elementi pre-ossei. La conseguenza è rappresentata da un danno allo sviluppo ed al meccanismo cranico nella sua totalità.

I. Osteogenesi:

L'occipite ha due origini.

1. Allo stadio prenatale: (Fig. 507)

La parte superiore: ha origine membranosa. E' la squama inter-parietale, con due centri d’ossificazione.La parte inferiore: ha origine cartilaginea. E' l'occipite, con sei centri d’ossificazione:

la squama del sopra-occipite con due centri

l'infra-occipite con quattro centri: le parti condiloidee ed i 2/3 posteriori dei condili occipitali con 1 centro ciascuno.

Nota: la descrizioni classica in quattro parti non corrisponde alla formazione osteogenetica dell'occipitale. In effetti la squama ha una doppia origine (quindi 2 parti) e le separazioni tra masse laterali e corpo non si producono nello stesso luogo in rapporto ai condili.

2. Alla nascita: (Fig. 508)

L'occipitale è in quattro parti riunite da cartilagine. La separazione, dal punto di vista osteopatico, si produce all'unione del corpo e del 1/3 anteriore dei condili, da cui la possibilità di:

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- lesioni intra-ossee a questo livello poiché vi è il passaggio del canale dell'ipoglosso, con incidenze sul nervo Grande Ipoglosso XII (causa di vomiti nel neonato alla nascita).

3. Dopo la nascita

A 5 anni si verifica la fusione tra squama del sopra-occipite e parti condiloidee. A sette anni si verifica la fusione delle parti condiloidee e dei 2/3 posteriori dei condili con l'apofisi basilare e 1/3 anteriore dei condili, al livello del canale dell'ipoglosso.

4. Alla nascita e dipendenza dell'occipite:

L'atlante è in tre parti (tenute insieme dai legamenti dell'atlante) che si fondono totalmente verso i sette anni. Anche il sacro è diviso in più parti che si uniscono verso i 6-7 anni.

Complessivamente, all'età di 7 anni si ossificano:

S1 e S2, l'Atlante, le parti condiloidee: tutte sono interessate dal meccanismo cranico-sacrale.

Fino a 5-6 anni, solo l'articolazione condilo-atloidea è totalmente ossificata; è quest'ultima a produrre la patologia.

Nota: Nel periodo pre-natale ed alla nascita, i 4 elementi dell'occipite sono tenuti insieme dall'involucro duro e fibroso del periosto esterno ed interno che rappresenta il solo mezzo per mantenerli in allineamento corretto, evitando lussazioni visto che le unioni intra-ossee non sono ancora stabili in quel momento. Qualsiasi lussazione può originare disturbi del sistema nervoso centrale. A volte, queste lussazioni toccano la fessura tra occipite membranoso intra-parietale e la parte cartilaginea della squama dell'occipite.

Foto 506 - Il feto a 15 settimane.

Fig. 507 - Sviluppo dell'occipitale

Fig. 508 a e b - Cranio alla nascita.

III. Effetti sull'ambiente circostante

1 Sulle ossa:

Nessuna parte del meccanismo articolare vi sfugge, causando la deformazione caratteristica a "ramoscello ricurvo".

Sull'occipite stesso:

Il comparire di disturbi funzionali, può essere legato alla deformazione del forame occipitale o delle parti condiloidee.

Sul vicino sfenoide:

Dei punti deboli, si situano all'unione della parte superiore del corpo e delle piccole ali e possono causare disturbi costituzionali della cavità orbitale e strabismi.

Punti deboli si situano anche al livello dell'unione della parte inferiore del corpo e delle grandi ali come al livello dell'unione del corpo con le apofisi pterigoidee. Possono allora verificarsi deformazioni pterigo-palatine con conseguenze come l'irritazione del ganglio sfeno-palatino, anomalie dei mascellari o patologie funzionali dei seni para-nasali in relazione all'alterazione malare-mascellare.

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Lo spostamento dello sfenoide rispetto al frontale causa un errato allineamento della cavità orbitale che si ritrova frequentemente in soggetti mongoloidi o strabici.

Sui temporali, che sono spesso interessati:

Si possono trovare deformazioni della squama o della rocca petrosa che originano patologie funzionali timpaniche accompagnandosi a volte da ipo-acusia o sordità causate da lesioni intra-ossee al livello petro-mastoideo e squamo-timpanico.

Sulla volta generale:

La volta si adatta alle deformazioni della base e della grande ala. I disturbi funzionali incontrati sono generalmente in stretta relazione con il sistema nervoso centrale. Il sacro e le Membrane di Tensione Reciproca. "bloccano" le deformazioni.

Sul sacro:

Il meccanismo cranico-sacrale e tutto l'asse rachideo sono interessati sul piano della statica posturale e notoriamente nella genesi d’alcune scoliosi chiamate idiopatiche.

2 Sulla circolazione intra-cranica:

Il tronco basilare ricongiunge le arterie vertebrali tramite il forame occipitale, le arterie carotidee interne penetrano nel cranio tramite gli orifizi carotidei, le vene giugulari che drenano il 95 % del sangue venoso in stretta relazione con le quattro parti dell'occipite. Importanti restrizioni degli orifizi circolatori possono causare ritardi circolatori con rischi d’anossia, ischemia o emoraggia nei casi gravi.

3 Sulle membrane di tensioni reciproche (M.T.R.)

Le inter-relazioni meccaniche permanenti tra occipite, sfenoide e temporale fanno si che una deformazione dell'occipite abbia immancabilmente incidenze posizionali e cinetiche sulle altre parti ossee con disturbi e squilibri delle M.T.R. craniche.

Per altro, le costanti relazioni tra cranio e sacro tramite le M.T.R. spinali saranno all'origine della trasmissione del disequilibrio verso la periferia e del mantenimento di questo disequilibrio tramite le aponeurosi profonde.

L'importanza del buon funzionamento delle M.T.R. è fondamentale per il normale sviluppo del bambino. Ora se soltanto il polo posteriore di inserzione del tentorio del cervelletto e della falce del cervello è intaccato, ne risente tutto il meccanismo cranico, fino al polo inferiore dell'inserzione sul sacro che va a fissare la compressione delle parti condiloidee.

4) Sul forame occipitale:

La deformazione del forame occipitale può causare un'alterazione del drenaggio sanguineo ma anche dei disturbi funzionali legati al sistema nervoso: patologie funzionali, tonico-posturale, tonico-fasica del collo e delle spalle, patologia funzionale bulbare, oculo-motoria, oro-faringea, viscerale toracica o addominale ed a volte motoria (arti inferiori) a causa di lesione del fascio piramidale.

5 Sul sistema nervoso centrale e neuro-vegetativo:

I nervi cranici sono molto vulnerabili alla tensione durale ed alla distorsione ossea, in particolare il VII ed il XII.

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Il midollo spinale ed il ponte sono situati sulla base dello sfenoide e sulla doccia basilare dell'occipitale. Questa doccia può ledere il cervelletto tra occipite e tentorio, al livello della fossa cranica posteriore o del lobo occipitale del cervello. Il cervelletto può essere interessato dalla deformazione dell'occipite ed originare emicranie sub-occipitalmi, disturbi dell'equilibrio e spasticità muscolare reattiva.

Il cervello del neonato è a volte modificato, nel contenuto dei tessuti intrinseci, dalle lesioni intra-ossee.

Studi psichiatrici confermano che le tendenze schizofreniche possono essere determinate nel primo anno di vita da disturbi dello sviluppo delle differenti parti del cervello, che causano differenti relazioni fra una regione all'altra. In pratica, il rilassamento immediato delle tensioni articolari membranose minimizza o elimina le lesioni subite durante il periodo perinatale.

6 Sull'omeostasi generale:

Fino al completamento dell'ossificazione, la vulnerabilità è grande. Sull'omeoresi: tensioni non equilibrate delle membrane di tensioni reciproche possono avere serie incidenze sulla crescita ossea dello scheletro in generale e del bacino in particolare ed originare deformazioni scheletriche.

Sull'omeostasi fluidica: disturbi circolatori possono causare alterazioni degli scambi tessutali e cellulari.

IV. Eziologia

Si tratta generalmente d’incidenti traumatici perinatali.

1 Prima della nascita:

Mal posizioni o pressioni nell'utero

Malformazioni del bacino materno

Pressioni laterali nel caso di gemelli

Tumore, caduta o altro trauma subito dalla madre.

2 Alla nascita: (Fig. 509)

Lesioni delle parti condiloidee:

Quando passa nel canale della nascita (distretto inferiore del bacino), la testa sopporta importanti pressioni.

In una presentazione cefalica, la testa incontra la resistenza del collo e del perineo. Il corpo del feto e la colonna vertebrale sono compressi verso il basso dal fondo dell'utero.

La colonna vertebrale tende quindi, tramite l'atlante, a rientrare "ad angolo" nel cranio, al livello dei condili, causando in tal modo lesioni delle parti condiloidee che cedono alla spinta. Poiché i legamenti dell'atlante sono sufficientemente forti per resistere al meccanismo che procura lesione ed evitare la frattura, che è estremamente rara, sono i condili dell'occipite a cedere.

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Si evidenziano livelli alterati di tensione, ad ogni cambiamento di posizione della testa che scende, soprattutto nei diametri obliqui, essendo una parte condiloidea più caudale rispetto al grado d’asinclinismo. L'obliquità delle M.T.R. accompagna automaticamente questi cambiamenti.

La compressione proveniente dalla volta, dalla squama occipitale, dal frontale o dall'atlante converge sempre sulle parti condiloidee. Nel caso di una compressione proveniente dal vertice o posteriore ad esso, la testa del feto si flette e le parti condiloidee occipitali sono portate in avanti sulle faccette dell'atlante e contro l'arco anteriore. Nel caso di una compressione proveniente dal vertice o anteriore ad esso i condili occipitali, nella loro parte posteriore, si dirigono inferiormente o medialmente, verso le faccette dell'atlante, facendo muovere una o due condili verso il centro e restringendo così il forame occipitale.

Per una compressione laterale, verso la linea mediana, il condilo dal lato della compressione si dirige inferiormente ed in mezzo, deformando il forame occipitale. Il suo diametro obliquo sarà più lungo del suo diamatro antero-posteriore.

Lesioni della sinfisi sfeno-basilare:

Tutto può accadere. L'estremità anteriore della base dell'occipite, infatti, stretta contro la sinfisi, può presentare lesioni in flessione, estensione, torsione o side-bending-rotation, strain o compressione.

Lesioni della squama:

La compressione postero-anteriore deforma la squama in maniera diversa secondo se si verifica uni o bilateralmente.

La compressione mediana può portare una forma appiattita, a duomo, ad angolo o farla girare attorno ad una varietà di assi. Queste lesioni intra-ossee della squama vanno ad incrementare i problemi di compressione condiloidea aumentando i movimenti di rotazione delle componenti ossee dell'occipite, indipendentemente dai movimenti di flessione-estensione o rotazione della testa. Esse hanno automaticamente conseguenze al livello dell'atlante e delle parti condiloidee.

Lesioni della volta per accomodazione:

Si possono verificare lesioni primarie simultanee o lesioni primarie della volta che causano delle deformazioni e delle lesioni intra-ossee della squama poi alla base occipitale.

V. Fisiopatologia:

A Meccanismo della lesione:

Alla nascita, la squama è normalmente stretta antero-posteriormente. Ma durante il parto, le forze di compressione possono essere tali da causare uno sfregamento lungo le pelvi ed una rotazione della squama che provoca, di conseguenza, dei movimenti di rotazione patologici su tutti i componenti dell'occipite ed una compressione delle parti condiloidee nelle faccette dell'atlante o una combinazione dei due fenomeni. Per queste forze rotatorie patologiche della squama, si possono distinguere tre assi e la deformazione dell'occipite è la risultante di queste forze rotatorie in tre differenti piani.

1) Su un asse postero-anteriore passante per l'inion:

La posizione della squama è la risultante di tre movimenti coniugati: (Fig. 510a)

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Una spinta postero-anteriore sul corpo del feto.

Un'anteriorizzazione di un temporale.

Un'inibizione contro-laterale del movimento che causa una posteriorizzazione relativa dell'altro temporale.

Il parietale anteriore (in rapporto alla posizione della testa durante il parto) scende più in fretta ed il parietale posteriore risulta frenato (Vedere Fig. 491).

Questo primo parametro provoca un aumento della rotazione della squama.

Ad esempio, l'opistion che si dirigerà verso le h.7 mentre il lamba partirà verso le 1h, porteranno le parte posteriore della massa laterale sinistra in fuori a sinistra, con restrizione al livello del basion. questo secondo parametro realizza una compressione medio-laterale (del centro verso l'esterno).

La parte destra della squama, articolata con la parte posteriore della massa laterale destra, spinge la massa laterale destra leggermente in avanti. Questo terzo parametro realizza una compressione postero-anteriore (dal dietro verso l'avanti).

Complessivamente, in una rotazione oraria della squama sull'asse antero-posteriore passante per l'inion:

lambda parte verso destra (1h), l'opistion parte verso sinistra (7h), la parte condiloidea sinistra si muove in fuori e leggermente indietro con una compressione medio-laterale. La parte condiloidea destra si muove in avanti e leggermente indietro con una compressione postero-anteriore. Lo spazio, cartilagineo-condiloideo, è aperto a sinistra (aperto in fuori e schiacciato in dentro) e ristretto a destra (pinzato in fuori e aperto in dentro).

La deformazione del forame lacero posteriore e del forame occipitale con iperpressione nella fossa cranica inter-condiloidea, nel canale dell'ipoglosso e nelle linee della nuca dalla stessa parte. Non può verificarsi alcuna correzione spontanea con il primo respiro del neonato. Spesso questo è difficoltoso e si presenta cianosi. Le conseguenze cliniche di una rotazione oraria sono quindi le seguenti: il lambda devia verso destra, la massa laterale destra è anteriore, inferiore e leggermente mediana. La massa laterale sinistra è esterna, superiore e leggermente posteriore.

Il canale dell'ipoglosso è compresso a sinistra dalla contro-spinta dell'atlante e si allarga a destra. La sutura occipito-mastoidea è più orizzontale a destra (lato della compressione postero-anteriore) e più verticale a sinistra (lato della compressione medio-laterale).

2. Su un asse trasverso passante per Inion:

La posizione della squama è la conseguenza di una forza che si esercita dal davanti all'indietro (Fig. 510 b7. Sulla squama viene esercitata una compressione antero-posteriore. Il lambda si muove quindi posteriormente e il margine anteriore della squama, situato sotto l'asse meccanico, si anteriorizza provocando una compressione postero-anteriore bilaterale delle parti condiloidee.

Questa compressione condiloidea postero-anteriore va ad aggiungersi alle compressioni sull'asse sagittale e, benché bilaterale, conserva una predominante da un lato a causa della rotazione associata della squama sull'asse sagittale.

3. Su un asse verticale posteriore ad inion (Fig. 510c):

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Si tratta di un asse virtuale che passa un po' indietro ad inion, conseguentemente alla deformazione dell'occipite. Questo meccanismo di torsione intra-osseo della squama è la conseguenza di una forza postero-anteriori che, ad esempio, anteriorizza il parietale ed il temporale normalmente destri causando una relativa posteriorizzazione del parietale sinistro.

A destra si presenta quindi: una compressione postero-anteriore, uno spostamento anteriore della parte condiloidea destra nella faccetta destra dell'atlante, una squama destra anteriore e piatta, causata dalla forza.

A sinistra si presenta: una squama sinistra posteriorizzata, l'unione condilo-squamosa è stirata nella sua periferia, i muscoli infra-occipitali sinistri stirati e fragili, una compressione medio-laterale a sinistra della massa laterale sinistra.

Nota: questa lesione pura è molto rara. Si verifica piuttosto una combinazione dei movimenti su asse verticale e su asse trasverso associata a lesioni uni o bi-laterali delle parti condiloidee.

B. Influenza sulle componenti ossee a distanza:

Tutte queste componenti di stiramento e di compressione influiscono sul corpo dell'occipitale e quindi su tutte le ossa in rapporto articolare con esso.

La compressione tra corpo dell'occipite e parte petrosa del temporale causa un blocco cinetico in rotazione interna.

La spinta antero-posteriore sulla parte alta della squama può portare una compressione al livello delle masse laterali (a volte anche un accavallamento) che può incastrare la base dell'occipite contro le cavità glenoidee dell'atlante e provocare delle impattazioni faccettali e delle lesioni dei condili.

La base dell'occipite può essere forzata in qualunque direzione, fatto che può provocare delle compensazioni a catena sulle differenti componenti ossee del neonato con disturbi funzionali risultato di un'anomalia della cinetica della struttura della o delle parti ossee interessate.

Per il frontale, asimmetrie e disfunzioni cinetiche orbitali con rischi di strabismo dovuto a distorsione delle componenti ossee in rapporto ai nervi ed ai muscoli dell'orbita.

Per lo sfenoide, asimmetrie delle grandi ali o delle apofisi pterigoidee con rischi di disturbi oculomotori, O.R.L., in particolare del naso e della faringe.

Per i temporali, possono subire lesioni le unità funzionali petro-mastoidee e squamo-timpaniche.

Per le M.T.R., le tensioni della dura-madre e delle sue espansioni possono causare compressioni d’alcuni seni venosi e quindi rischi di stasi venosa con, nei gravi casi, emorragie dovute alla rottura della vena grande di Galeno.

Per il forame occipitale, distorsioni della forma del forame magno possono generare disfunzioni nervose al livello del bulbo, del cervello posteriore e della faringe così come tensioni e disfunzioni di origine fasciale o viscerale tramite le guaine fasciali faringo-basilari.

Per il sistema nervoso autonomo, i nervi cranici possono essere disturbati nell'equilibrio tensionale della loro struttura e quindi nelle loro funzioni, sia a livello del nucleo nel pavimento del 4° ventricolo, sia nel loro punto d’emergenza ossea.

Per la volta, nella sua funzione adattiva, essa può adattarsi fisiologicamente o non fisiologicamente alla base ma non esiste regola fissa, poiché l'adattamento è determinato dalla tensione delle membrane crano-spinali.

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Per il meccanismo cranio-sacrale, le relazioni dell'occipite al livello della sinfisi sfeno-basilare, del temporale al livello del perno petro-giugulare, dell'atlante al livello delle superfici articolari occipito-atloidee e dell'asse dell'apofisi odontoide possono causare disfunzioni cinetiche sotto e lontano, a distanza. Si può verificare un aumento della tensione sul legamento trasverso dell'atlante. L'arco posteriore può avvicinarsi all'apofisi odontoide, ed un’importante tensione sulla membrana cranio-sacrale può restringere la colonna vertebrale e provocare una restrizione di mobilità primaria di quest'ultima e del midollo spinale.

VI. Sintomi clinici:

Possono mostrarsi sintomi molteplici e svariati afferenti alle diverse sfere funzionali. Questi sintomi possono essere direttamente collegati alle lesioni delle componenti ossee o indiretti in rapporto a queste lesioni ma secondari agli elementi ossei cranici periferici che compensano la causa primaria. Sul piano meccanico e fluidico, una mal posizione e una deformazione della squama incideranno sulle altri parti ossee del cranio, ma, a causa della restrizione che causano al livello del polo membranoso posteriore, avranno anche ripercussioni sulle M.T.R. craniche e spinali e quindi sul sacro con ripercussioni sulla fluttuazione e la circolazione del L.C.R. a causa dell'alterazione dell'ampiezza e della forza e del ritmo del M.T.R. ed infine una incidenza sul drenaggio venoso.

Sul piano del sistema nervoso, una mal posizione ed una deformazione della squama incideranno sui fasci piramidali con possibili disturbi funzionali come spasticità reattiva dei flessori ed estensori degli arti e notoriamente certi casi come piedi cavi, chiamati neurologici, piedi torti e metatarso varo: in questi casi un esame osteopatico del cranio deve essere preso in considerazione.

Ritardi dello sviluppo psico-motorio o disturbi della coordinazione motoria sono spesso in relazione con questo tipo di lesione ossea dell'occipite.

Sul piano neuro-vegetativo, possono verificarsi difficoltà o impossibilità nella deglutizione in rapporto con il XII, ammiccamenti delle palpebre, miosi o midriasi con il III, iper salivazione in rapporto con il VII bis ed il IX, spasmi del piloro o vomiti legati al X, difficoltà di suzione (che possono raggiungere la paralisi della lingua) conseguenti ad una compressione del XII. L'osteopata dovrà cimentarsi con le disfunzioni del o dei nervi cranici in causa, al livello dei loro contatti ossei o del loro nocciolo originario nel quarto ventricolo la cui fisiologia può essere enormemente disturbata da una lesione intra-ossea dell'occipite se questo comprime il ventricolo.

VII. Esame osteopatico del neonato:

1 L'ispezione

Essa consente di apprezzare l'aspetto generale del bambino:

Ipercinesi

Atonia muscolare

Ipernervosismo

Linea binoculare

Convergenza dello sguardo

Contorno dell'occipitale e delle eminenze frontali.

2 Esame palpatorio del cranio

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Il cranio normale di un bambino da un'impressione di morbidezza, gli elementi pre-ossei flessibili e le giunture membranose non portano alcun incastro alle suture.

La "mal posizione cranica" e la disfunzione cinetica globale che ne conseguono sono determinate dalla tensione delle membrane che agiscono a partire dal fulcro di inserzione.

Nel cranio leso, le parti condiloidee sono più o meno rigide. Si verifica sensibilità di pressione.

Non si percepisce la normale elasticità e si verifica una ripercussione del fluido quando è diretto verso la lesione.

Si tratta di un esame tattile, posizionale e cinetico:

Del cranio nel suo insieme dapprima.

Delle bozze: occipitali, parietale e frontali.

Delle parti condiloidee.

Della posizione della squama poco o molto deviata, della sua forma armoniosa o a punta, del suo tessuto flessibile oppure molto denso e molto compresso.

Dell'angolo condilo-squamoso e del suo grado di perpendicolarità (notoriamente nei disturbi del drenaggio delle sinusiti).

Dei punti di repere occipito-mastoidei che informano sulla lesione:

l'articolazione occipito-mastoidea è più verticale dalla parte della compressione medio-laterale e più orizzontale dalla parte della compressione antero-posteriore.

Considerare sistematicamente i contorni dell'occipite, la posizione delle parti condiloidee, la squama bombata od appiattita, il grado dell'angolo formato dalle due giunture membrano-cartilaginee e l'unione condilo-squamosa.

La squama sarà anteriore ed appiattita dalla parte della compressione postero-anteriore, sarà invece bombata e posteriore dalla parte della compressione medio-laterale. L'opistion sarà girato verso la parte bombata, la tensione muscolare cervicale e la sensibilità saranno più pronunciate su questo lato.

La posizione del temporale segna con precisione la posizione dell'occipitale.

La sutura occipito-mastoidea può fornire preziose indicazioni, per via del cambiamento "in sbieco" della giuntura condilo-squamosa.

L'aggiustamento della volta sarà visibile al livello delle corna parietali o tramite la deformazione quadrilatera che a volte ne risulta.

La palpazione del cranio del neonato non è la stessa che per l'adulto.

Bisogna tenere in cranio molto dolcemente tenendo conto della sua tessitura: calda, morbida ed elastica. Infatti in caso di lesione intra-ossee, si può percepire una rigidità dell'osso e dei tessuti circostanti così come un certo grado di sensibilità di queste zone.

E' necessario apprezzare la squama per vedere se una parte è più bombata dell'altra ed una parte è più rigida e più densa al livello delle parti condiloidee.

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Bisogna inoltre apprezzare, con indice o medio, la posizione di ogni parte condiloidea, una in rapporto con l'altra: più anteriore o più posteriore, più laterale o più mediana.

Nel complesso, per una squama lesa si verifica:

Dalla parte della squama bombata, una squama girata, sollevata e con compressione medio-laterale, mentre dalla parte opposta, una squama piatta, inferiore ed anteriore, con compressione postero-anteriore.

Fig. 509 - Le lesioni perinatali dell'occipitale

Fig; 510 a - Meccanismo di rotazione su asse postero-anteriore

Fig. 510 b - Meccanismo di compressione e di stiramento su asse trasverso (veduta laterale)

Fig. 510 a-b-c - Le differenti componenti delle forze lesive dell'occipite. Esempio di compressione su una risultante di forza a destra.

VIII Trattamento:

Per in neonato, il trattamento si effettua sempre con tecniche dirette.

Alla nascita, la squama gira sul suo perno fisiologicamente. Si verifica una patologia quando sopravvengono lesioni intra-ossee dell'occipite, in particolare al livello delle zone condilo-squamose e condilo-basilari. Trattando queste parti, la squama diventa accessibile al controllo diretto.

Le parti condiloidee possono essere ravvicinate nelle loro parti posteriori. Ciononostante la parte basilare deve essere influenzata indirettamente sia dal rilassamento della pressione al livello delle estremità anteriori delle parti condiloidee del bambino, sia tramite lo sfenoide ed il temporale dell'adulto.

1. Il disimpegno preliminare del distretto toracico superiore: è sempre molto utile.

2. Il riequilibrio preliminare della congiunzione lombo-sacrale ed ileo-sacrale è consigliato per rilassare le tensioni sacro-craniche e pelviche.

Posizione delle mani:

I pollici sugli EIAS

Gli indici ed i medi da ogni lato, sulla congiunzione lombo-sacrale.

Gli anulari ed i mignoli da una parte e dall'altra sul sacro.

Movimento:

Sincronizzarsi al ritmo e testare il M.R.P. Apprezzare i movimenti più liberi del bacino in ascolto globale. Successivamente, andare direttamente contro la barriera tessutale incontrata. Ripetere l'operazione al livello del sacro.

Seguire in seguito i movimenti che possono verificarsi fino a sentire il rilassamento parziale o generale.

3. Disimpegno occipito-atloideo:

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Per rilassare e riequilibrare i tessuti molli infra-occipitali e le tensioni dura-meriche tra occipite-atlante-epistrofeo.

- “Occipito-atlantal technique"(H.MAGOUN)

Per il bambino capace di collaborare e per l'adulto. Polpastrelli dei medi contro l'arco posteriore dell'atlante, mantenendolo in posizione caudale.

Il paziente effettua un movimento di bascula della testa sull'atlante senza flessione della nuca. Questo movimento stira la nuca (legamenti e muscoli del triangolo sub-occipitale). Mantenere la posizione mentre il paziente effettua una o più inspirazioni toraco-addominali profonde fino al limite delle sue capacità polmonari. Dirigere l'induzione membrano-fluidica a partire dal vertice.

- Tecnica per occipitale posteriore con nuca rigida: (Fig. 350)

Si tratta di una disfunzione consecutiva ad una flessione cronica del collo (occhiali usati, lettura a letto, lavoro di ufficio) in relazione ad un’incurvatura delle spalle.

I condili occipitali sono bloccati indietro sulle faccette dell'atlante. Ne consegue un'alterazione del drenaggio linfatico e vascolare della testa, dolori dei globi oculari, stanchezza, affezioni delle vie respiratorie superiori, indolenzimenti delle braccia e disturbo cronico alla regione cervicale.

Tecnica:

Paziente in decubito o latero-cubito, mani sul cranio, dita sopra la testa per spingerla caudalmente sul collo. Tenere fermamente e portare indietro la testa con un movimento di bascula per rilassare i tessuti molli. Il terapeuta appoggia le dita sulle apofisi trasverse dell'atlante, premendo posteriormente e verso l'alto ed aiutando il paziente a tendere i condili in avanti nelle faccette dell'atlante. Ripetere la manovra diverse volte.

4. Correzione per V Spread con disimpegno preliminare diretto:

Al livello delle suture occipito-mastoidee.

Al livello condilo-squamoso sulla giuntura squama-masse laterali.

Disimpegnando la squama tirando dolcemente verso di sé e leggermente verso l'alto (disimpegno occipite-atlante).

Disimpegnando ,nel contempo, la frontiera cartilaginea non ancora riunita tra squama e masse laterali.

5. Tecniche correttive delle lesioni intra-ossee:

Derotazione della squama: (Fig. 511)

Una mano sotto l'occipite, il medio e l'indice sono a contatto delle parti condiloidee mentre l'anulare ed il pollice sono ripiegati a contatto con la squama.

L'altra mano è a contatto con il frontale al livello della sutura metopica. Disimpegnare la squama interparietale in rapporto al supra-occipite. Seguire poi lo svolgimento tessutale in accumulo di tensioni derotando la squama occipitale con i quattro contatti sulla parte bassa della squama. La derotazione della squama si effettua tenendo le parti condiloidee. La correzione si è verificata quando si percepisce il girare della squama sul suo perno verso la posizione normale, con l'opistion che riparte indietro verso il centro.

Decompressione delle masse laterali: (Fig. 512)

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Il punto di compressione più importante delle parti condiloidee si trova sulla parte anteriore dei condili che non è possibile raggiungere.

Posizione della testa del neonato:

E' necessario posizionare la testa del neonato in flessione massimale per liberare al massimo i condili occipitali.

Posizione delle mani del terapeuta:

Con la mano occipitale, posizionare l'indice ed il medio sulla parte posteriore delle masse laterali conservando il pollice e l'anulare ripiegati sulla squama. La mano frontale posiziona il medio sulla sutura metopica e l'indice e l'anulare da ogni parte della sutura metopica, sui frontali.

Movimento:

La mano superiore "frontale" assicura un fulcro esercitando una leggera pressione sull'inserzione anteriore della falce del cervello per creare un punto d’equilibrio sulla falce. La mano inferiore "occipitale" effettua la derotazione diretta della squama con pollice e anulare ripiegati.

La manovra consiste nell'esercitare con indice e medio una leggera trazione posteriorizzata così come una leggera divaricazione diretta sulle masse laterali. Poi conservando la tensione al livello delle masse laterali indurre un movimento elicoidale diretto con pollice e anulare per correggere il movimento elicoidale che lede la squama risultante dalle componenti di forze della lesione. In caso di difficoltà di correzione, la mano frontale, conservando il punto d'appoggio sulla sutura metopica, assicura la decompressione del frontale e dello sfenoide.

Nota:

Se il bambino grida, piange o si agita, non bisogna tenerne conto. egli mette in tensione le sue proprie forze correttive.

La decompressione delle parti condiloidee richiede tre azioni:

1- Controllare il movimento delle estremità posteriori per influenzare le estremità anteriori.

2- Utilizzare lo sforzo di tensione della spina dorsale per stabilizzare la base.

3- Consentire alla tensione delle membrane craniche ed alla fluttuazione del liquido cefalo-rachidiano di esercitare la correzione.

La prossimità di parti nervose e circolatorie vitali impone una correzione dolce ed intelligente per evitare reazioni secondarie come nervosismo, nausea, stordimento, mal di testa, fischio delle orecchie.

E' pericoloso correggere una compressione condiloidea attraverso la naso-faringe con o senza anestesia, poiché uno sforzo eccessivo sulle membrane di tensioni reciproche può provocare una rottura della vena di Galieno.

Foto 511 - Tecnica di derotazione della squama occipitale.

Foto 512- Tecnica di decompressione delle masse laterali.

Tecnica di liberazione delle parti condiloidee per compressione:

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"Con l'indice o il medio, premere anteriormente lungo i muscoli della nuca verso il forame occipitale. Nei bambini, l'inserzione ricopre la parte posteriore dell'occipitale. e' in questa zona che si preleva il liquido cefalo-rachidiano. Fare scivolare le dita, non dimenticare che questa zona è compressa. Non allargare la parte posteriore, questo aggraverebbe la situazione, ma comprimere leggermente la parte posteriore delle parti condiloidee medialmente con il medio. Nel medesimo tempo, girare le dita per obbligare la parte anteriore a divaricarsi e con l'anulare sulla squama, imprimere una rotazione, sia in un senso, sia nell'altro. (Thomas SCHOOLEY).

6. Riequilibrio delle masse laterali nell'adulto o nel bambino:

Test posizionale:

Per apprezzare la posizione di un condilo occipitale anteriore o posteriore, effettuare una leggera trazione bilaterale con i medi posizionati su ogni condilo. Durante la trazione, il condilo anteriorizzato rimarrà anteriore mentre il condilo posteriorizzato rimarrà posteriore.

Tecnica correttiva:

il principio correttivo è il medesimo, ma cambia la posizione delle dita.

I due indici ed i medi sono posizionati da una parte e dall'altra, sui condili.

Associare la tensione e la divaricazione dei condili restringendo i gomiti.

Nell'adulto, assicurare la correzione per accentuazione dell'anteriorizzazione e della posteriorizzazione associandovi tensione e divaricazione con i gomiti.

Nota:

Si può correggere una parte condiloidea alla volta. L'indice, stabilizza la parte posteriore della regione trattata mentre l'altra mano sostiene il lato opposto della squama e l'indice posteriormente e verso l'alto associando eventualmente l'azione membranosa del sacro, oppure l'indice spinge sul lato la parte condiloidea antero-posteriormente per decomprimerla mentre il medio gira l'opistion verso la linea mediana, un'induzione membrano-fluidica.

Foto 513 - Tecnica d’equilibrio supra e basi-occipitale.

Foto 514 - Tecnica di potenziamento delle M.T.R.

Foto 515 - Il pre ed il post-sfenoide al sesto mese fetale.

7. Tecnica correttiva supra ed infra-occipitale: (Fig. 513)

La mano caudale contatta l'infra-occipite cartilagineo con indice e medio da una parte e dall'altra della linea mediana. La mano cefalica contatta il supra-occipite cartilagineo con l'indice ed il medio sempre situati da una parte e dall'altra della linea mediana.

Correzione infra-occipitale:

Sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. e dei tessuti ossei. Tenere il supra-occipite ed indurre una trazione caudale sull'infra-occipite. Seguire i movimenti dell'infra-occipite senza rilasciare il disimpegno. Cessare la manovra d’equilibrio sotto-occipitale al raggiungimento dello Still Point.

Correzione sopra-occipitale

Sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. e dei tessuti ossei. Tenere il sotto-occipite ed indurre una trazione cefalica sul sopra-occipite.

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Seguire i movimenti del sopra-occipite senza rilasciare il disimpegno. Cessare la manovra d’equilibrio supra-occipitale al raggiungimento dello Still Point

8. Tecniche della base:

"Platybasia technique" (tecnica della base piatta)

Questa tecnica è da utilizzarsi per le parti condiloidee riportate verso la base e relativamente bloccate. Un assistente contatta il sacro per tendere le membrane ed assicurare un fulcro sul prolungamento dell'asse che passa per il centro delle parti condiloidee. Il terapeuta effettua in seguito, a partire da questo fulcro, una separazione fronto-occipitale in approccio tramite la volta, che produce una tensione correttiva in tre parti sulla zona condiloidea.

"Base spread technique" (tecnica d’appianamento di base)

Per spianare la base, tenere i frontali in rotazione esterna. Un assistente tiene il sacro in flessione respiratoria. Il terapeuta sostiene la testa con il polpastrello dei mignoli posti sull'inion. Gli anulari toccano la squama il più possibile vicino all'opistion e lo fanno girare nel senso più libero. I medi guidano le parti condiloidee e gli indici sollevano i temporali a partire dalle apofisi giugulari.

9. Riequilibrio della volta e della base per mezzo della "Pan Dura Technique" che porta un'azione di riequilibrio simultaneo della parte membranosa che dipende dalla volta in rapporto alla cartilaginea che dipende dalla base.

10. Modellatura delle bozze occipitali, frontali e parietali: (Fig. 514)

tramite pressioni e stiramenti circolari diretti attorno alle bozze, nel neonato e nel bambino.

11. Tecnica di potenziamento cranico-sacrale delle M.T.R (Fig. 514): questa tecnica consente un punto fisso membranoso sacrale e fasciale e può quindi essere utilizzata come complemento d’efficacia sinergica di una correzione cranica funzionale nell'adulto o nel bambino grande. Vi si può associare la collaborazione respiratoria toraco-addominale del paziente.

Paziente in decubito.

Per un'azione cranica bilaterale, posizionare gli arti inferiori da ogni lato del tavolo. Per un'azione cranica unilaterale posizionare l'arto inferiore contro-laterale fuori dalla tavola.

Associare V spread o qualsiasi tecnica cranica contro lateralmente all'arto inferiore che si trova fuori dalla tavola.

Lesioni intra-ossee dello sfenoide

Esse sono principalmente perinatali e possono essere conseguenza di una potente pressione intra-uterina, di un forcipe mal posizionato, di una mal posizione del neonato, tutte cause di deformazione degli elementi pre-ossei. Lo sfenoide e l'occipite sono, infatti, particolarmente vulnerabili al momento della nascita. Lo sfenoide, fino all'ottavo mese fetale, è composto dal pre-sfenoide o parte anteriore del corpo con le piccole e del post-sfenoide o parte posteriore del corpo con unità grandi ali-apofisi pterigoidee (Fig. 515). Pre e post-sfenoide si fondono generalmente un mese o più prima della nascita, di sorta che al momento critico, lo sfenoide risulta composto da tre parti: il corpo e le piccole ali, le grandi ali e le apofisi pterigoidee.

Foto 516 - Tecnica d’equilibrio etmoido-pre-sfenoidale362

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Foto 517 - Tecnica d’equilibrio pre e post-sfenoidale

Foto 518 - Tecnica d’equilibrio pterigo-alare

Foto 519 - Tecnica d’equilibrio petro-squamosa e squamo-petrosa

Foto 520 - Tecnica d’equilibrio squamo-timpanica e timpano-squamosa

I. Fisiopatologia:

Con la modellatura troppo potente del cranio al momento del parto, si verifica spesso una distorsione:

sia tra l'etmoide e il pre-sfenoide a cui consegue una lesione pre-sfenoidale,

sia tra pre e post-sfenoide che causa una vasta gamma di lesioni possibili al livello della sinfisi sfeno-basilare.

Queste lesioni possono provenire da una pressione esterna trasmessa dal frontale e dalle piccole ali, fino al pre-sfenoide o tramite i fronatli, i malari, i temporali o l'occipitale fino al post-sfenoide.

Un lateral strain che procura lesione può essere provocato dallo squilibrio delle tensioni sulle membrane intra-craniche, risultante da una rotazione della testa del feto durante la discesa nel bacino materno. Esso può avvenire anche quando l'occipite passa sotto l'arco pubico materno. Un viso di neonato con "orbite mongoloidi" sembra essere il risultato di alterazioni delle relazioni anatomiche e cinetiche tra grandi e piccoli ali.

Sia tra il post-sfenoide e l'unità grandi ali - apofisi pterigoidee.

L'unità osteogenetica perno d'inserzione foro del corpo sfenoide, lateralmente alla lingula, consente la rotazione assiale delle parti chiamate in causa, prima della fusione ossea, poiché in seguito permane solamente una certa flessibilità.

Tra la grande ala e apofisi pterigoidea: la grande ala può muoversi in dentro e l'apofisi pterigoidea in fuori, o viceversa, unilateralmente oppure bilateralmente. Questo in conseguenza ad una pressione sulla regione fronto-sfenoidale.

II. Trattamento delle lesioni intra-ossee dello sfenoide:

1. Concetto della correzione:

In primo luogo è necessario correggere qualsiasi lesione periferica primaria: innanzitutto trattare ed equilibrare la cinetica della sinfisi sfeno-basilare. Successivamente si procede al trattamento della lesione intra-ossea.

Nei bambini, bisogna trattare le lesioni intra-ossee con tecniche dirette di decompressione e tecniche di modellatura. Nell'adulto si può trattare con una leggere accentuazione della disfunzione e con la modellatura.

Quali che siano le tecniche impiegate, è importante tenere saldamente una delle componenti ossee, poi trovare il punto di equilibrio della seconda componente ossea in rapporto alla prima ed attendere infine il rilassamento utilizzando l'assistenza delle forze interne del corpo se questo è possibile e necessario.

2. Tecniche di correzione:

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Tra etmoide e pre-sfenoide (Fig. 516)

Queste parti sono controllate dal frontale (glabella, spina nasale, solco etmoidale, lamina cribosa e spina etmoidale dello sfenoide). Il margine orbitale posteriore del frontale controlla anche la parte interna del margine anteriore della piccola ala.

La tecnica consiste nel tenere l'etmoide in flessione muovendo la glabella leggermente indietro e verso l'alto. Questa manovra abbassa l'articolazione etmoido-pre-sfenoidale e consente l'equilibrio dello sfenoide in rapporto con l'etmoide e la correzione della lesione intra-ossea.

Tra pre e post-sfenoide (Fig. 517)

Controllare il pre-sfenoide tramite il frontale come sopra descritto.

Controllare il post-sfenoide tramite l'occipite e la S.S.B.

Equilibrare l'uno con l'altro.

Spostamento verticale o storta: tenere posteriormente occipite e pre-sfenoide per assicurare il disimpegno. Equilibrare in seguito il pre-sfenoide con l'indice sulla gabella ed il medio sulla sutura inter-nasale. Attendere il rilassamento tessutale.

Spostamento laterale o storta: tenere posteriormente occipite e post-sfenoide per assicurare il disimpegno.

Equilibrare il pre-sfenoide con l'indice su un lato della gabella ed il medio sull'altro. Questo sposterà alternativamente una lamina orbitale, ed un'ala posteriormente, poi l'altra. Mantenere fino al rilassamento tessutale.

Tra grande ala e apofisi pterigoidea (Fig. 518)

Controllare la faccia laterale della grande ala e l'apofisi pterigoidea con una mano, l'indice sulla grande ala e l'anulare intra-buccale a contatto del margine esterno dell'apofisi pterigoidea. Controllare il post-sfenoide con l'altra mano tramite l'occipite. Equilibrare e mantenere fino a correzione avvenuta.

Nota: questa pratica non è praticabile per il neonato.

Lesioni intra-ossee del temporale

I. Fisiopatologia:

Alla nascita, il temporale si presenta in due parti: la squama membranosa e la rocca cartilaginea. L'unione tra la parte membranosa e parte cartilaginea si produce al livello della incisura petro-squamosa. Ora questa si riunisce verso l'età di 18 mesi.

I temporali sono quindi spesso interessati dai meccanismi lesivi del parto difficile o distocico. Se il temporale può essere leso direttamente nell'utero o durante il parto, le interrelazioni meccaniche permanenti tra occipite, sfenoide e temporale fanno sì che una deformazione dell'occipite abbia immancabilmente incidenza su un temporale non ancora riunito, con disturbo e squilibrio delle M.T.R. craniche e possibile lesione intra-ossea.

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Si possono incontrare deformazioni della porzione squamosa o della porzione petrosa aventi come causa delle lesioni intra-ossee al livello occipito-mastoideo, petro-squamoso, petro-mastoideo o squamo-timpanico. Queste lesioni possono essere all'origine di patologie funzionale timpaniche o degli ossicini delle orecchie, accompagnati da ipoacusia o sordità. La tromba d'Eustachio, i nervi del VII e VII bis possono, anch'essi, essere interessati dal processo lesivo. Molti disturbi come otiti sierose, otiti iterattive, disturbi del linguaggio legati a ipoacusia di trasmissione o di percezione hanno spesso origine da lesioni intra-ossee del temporale che causa perdita di mobilità respiratoria primaria della parte interessata e deficit del drenaggio fisiologico dell'orecchio.

II. Trattamento delle lesioni intra-ossee del temporale::

1. Correzione occipito-mastoidea: essa deve sempre precedere la correzione vera e propria del temporale. Fino all'età di 18 mesi, la correzione tramite V spread è sufficiente poiché la squama temporale è elastica e la sutura petro-squamosa non ancora riunita. Dopo i 18 mesi utilizzare le tecniche suturali dirette.

2. Tecnica d’equilibrio petro-squamoso (Fig. 519)

Questa tecnica ha lo scopo di equilibrare la porzione petrosa in rapporto alla porzione squamosa del temporale.

Posizione delle dita:

Il palmo di una mano afferra l'occipite, l'indice, il medio e l'anulare debordano sulla porzione petrosa del temporale. L'indice ed il medio dell'altra mano sono posizionati a V sulla squama temporale.

Movimento:

Mantenere la squama temporale per assicurare un punto fulcro fisso a quel livello.

Disimpegnare la porzione petrosa, in rapporto alla squama temporale, al livello della sutura petro-squamosa. Valutare il movimento più ristretto inducendo dei movimenti di rotazione esterna ed interna della squama (senso orario ed antiorario).

In seguito, mantenendo il punto fisso sulla porzione petrosa ed il disimpegno squamo-petroso, correggere la squama temporale, direttamente contro la restrizione prima dei 6 anni e per accentuazione cinetica dopo i 6 anni, fino alla percezione del rilassamento tessutale.

4. Tecnica d’equilibrio petro-timpanico (Fig. 520)

Questa tecnica ha per scopo l'equilibrio dell'osso timpanico in rapporto alla porzione petrosa.

Posizione delle dita:

Il palmo di una mano afferra l'occipite, l'indice, il medio e l'anulare debordano sulla porzione petrosa del temporale da trattare, al livello della sutura occipito-mastoidea. Il mignolo dell'altra mano è introdotto nel canale acustico esterno.

Movimento:

Mantenere l'occipite e la porzione petrosa del temporale per assicurare un punto fulcro fisso a quel livello. Disimpegnare l'osso timpanico in rapporto alla porzione petrosa, al livello del canale acustico esterno. Valutare il movimento più ristretto inducendo dei movimenti di rotazione esterna ed interna del timpanico e dei tessuti circostanti (senso orario ed antiorario).

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In seguito, mantenendo il punto fisso sulla porzione petrosa ed il disimpegno petro-timpanico, correggere il timpanico, direttamente contro la restrizione prima dei 6 anni e per accentuazione cinetica dopo i 6 anni, fino alla percezione del rilassamento tessutale.

Nota: questa tecnica, ripetuta ad ogni seduta, può avere un'azione terapeutica sull'otite seriosa.

5. Tecnica d’equilibrio squamo-timpanico (Fig. 520)

Questa tecnica ha per scopo l'equilibrio dell'osso timpanico in rapporto alla porzione squamosa.

Posizione del paziente: Il paziente ha la testa leggermente girata dalla parte opposta per consentire una posizione confortevole delle mani del terapeuta.

Posizione delle dita:

Una mano contatta la squama temporale con il pollice, l'indice ed il medio posizionati in tripode. Il mignolo dell'altra mano è introdotto nel canale acustico esterno.

Movimento:

Mantenere l'osso del timpano ed il canale acustico esterno, per assicurare un punto fulcro fisso a questo livello. Disimpegnare la squama temporale, in rapporto all'osso timpanico, al livello del canale acustico esterno. Valutare il movimento più ristretto inducendo dei movimenti di rotazione esterna ed interna della squama temporale (senso orario ed antiorario).

In seguito, mantenendo il punto fisso sul timpanico ed il disimpegno squamo-timpanico, correggere la squama, direttamente contro la restrizione prima dei 6 anni e per accentuazione cinetica dopo i 6 anni, fino alla percezione del rilassamento tessutale.

6. Tecnica d’equilibrio timpano-squamosa (Fig. 520)

Questa tecnica ha per scopo l'equilibrio dell'osso timpanico in rapporto alla porzione squamosa del temporale.

Posizione del paziente:

Il paziente ha la testa leggermente girata dalla parte opposta per consentire una posizione confortevole delle mani del terapeuta.

Posizione delle dita:

Una mano contatta la squama temporale con il pollice, l'indice ed il medio, posizionati in tripode. Il mignolo dell'altra mano è introdotto nel canale acustico esterno.

Movimento:

Mantenere la squama temporale in rapporto con l'osso timpanico, per assicurare un punto fulcro fisso a questo livello. Disimpegnare l'osso timpanico in rapporto alla squama temporale, al livello del canale acustico esterno. Valutare il movimento più ristretto inducendo dei movimenti di rotazione esterna ed interna dell'osso timpanico (senso orario ed antiorario).

In seguito, mantenendo il punto fisso sulla squama temporale ed il disimpegno timpano-squamoso, correggere il timpanico, direttamente contro la restrizione prima dei 6 anni e per accentuazione cinetica dopo i 6 anni, fino alla percezione del rilassamento tessutale.

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Note: Questa tecnica può anche essere utilizzata in equilibrio simultaneo della squama e dell'osso timpanico. E' quindi possibile innanzitutto equilibrare una parte ossea in rapporto all'altra, quindi affinare la correzione praticando un doppio equilibrio simulaneo. Questa tecnica è estremamente interessante nelle patologie funzionali del tipo dell'orecchio tappato per compressione tubarica, acufeni, piccole ipoacusie d’origine tubarica.

Lesioni intra-ossee delle ossa della volta:

I. Fisiopatologia:

Esse interessano le fibre di tessuto osseo d’origine membranosa (Fig. 521). Qualsiasi squilibrio traumatico della base causa uno squilibrio correlativo di tensione delle membrane intra-craniche. Il tessuto osseo membranoso può quindi presentare di conseguenza delle alterazioni dei suoi centri d’ossificazione, nell'estensione della produzione osteoblastica e su un piano topografico.

Per altro, traumi prenatali o perinatali possono ugualmente alterare in maniera diretta i centri di ossificazione.

Le eminenze frontali, occipitali, parietali, possono quindi avere una crescita imposta da lesioni intra-ossee della base, ma anche da una modificazione diretta della volta nelle regioni strategiche come le zone dei centri d’ossificazione. Ora questi centri sono situati nei punti più prominenti del cranio del feto, fatto che spiega in parte la frequenza di lesioni intra-ossee sulle ossa della volta.

La produzione osteoblastica avverrà secondo le tensioni patologiche della dura-madre che, nel feto e nel neonato, forma le lamine periostiche interna ed esterna della futura scatola cranica.

Le modificazioni delle tensioni al livello delle fibre ossee della matrice imporranno una ossificazione squilibrata con aumento della produzione osteoblastica nelle zone di tensione accentuata e rallentata nelle zone di tensione minima. La zona iperattiva della placca ossea giungerà alla sutura più velocemente rispetto alla zona ipoattiva, fatto che va ad aumentare ulteriormente il suo potenziale osteoblastico.

Dall'altra parte, se la matrice osteoblastica è deformata, la parte ossea sarà deformata di conseguenza e questa deformazione comparirà prima dalla parte osteoblastica iperattiva. E' quindi importante togliere le tensioni anomale sulla dura-madre cominciando dalla base ma senza per questo dimenticare la volta.

Ciononostante, poiché la volta è adattiva alle forme ed alla cinetica della base, quando quest'ultima ritrova la sua normalità fisiologica dopo il parto, la volta riprende a funzionare normalmente per quanto riguarda la sua cinetica e le eventuali disfunzioni dei centri di ossificazione si autoregolarizzano.

Non si verifica la stessa cosa se le disfunzioni dei centri d’ossificazione sono secondarie a disturbi posizionali o cinetici della base d’origine intra-ossea. S’impone allora la regolarizzazione di queste zone con tecniche manuali ripetute dopo tutte le manovre correttive intra-ossee della base.

E' anche molto importante verificare, in via preliminare, che le suture inter-parietale, coronaria e lambdoidea siano esenti da restrizioni cinetiche che, a causa dell'assenza del movimento fondamentale per la crescita armoniosa delle placche ossee, potrebbero rendere vane le tecniche di modellatura dei centri d’ossificazione.

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Questi centri di ossificazione possono essere compressi, densi, a forma di duomo o al contrario stirati ed appiattiti. Essi possono anche subire costrizioni da torsioni sopraggiunte. Sia che si trovino a livello degli emi-frontali, dei parietali o delle bozze occipitali, le lesioni intra-ossee possono essere uni o bilaterali.

II. Correzione delle lesioni intra-ossee delle ossa della volta:

Foto 521 - La volta alla nascita.

Il riequilibrio del tessuto osseo si ottiene tramite le tecniche di modellatura. I risultati sono più o meno lunghi a comparire perchè dipendono dalla crescita ossea e dalla normalizzazione della cinetica della base e della volta.

1. Lesioni intra-ossee frontali:

Tecnica del frontal spread: (Fig. 522)

Si tratta di una tecnica d’appianamento diretta che consente di regolarizzare le bozze frontali addensate, prominenti.

Posizione delle dita:

I polpastrelli delle 5 dita di una mano circondano la bozza frontale che deve essere trattata.

L'altra mano è posizionata diametralmente sul cranio.

Movimento:

Sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. e modellare la bozza frontale con un movimento d’appianamento divergente dal centro d’ossificazione e sincrono al ritmo del M.R.P.

Nel contempo, esercitare con la mano opposta, un’induzione membrano-fluidica in direzione della bozza frontale trattata. Continuare la modellatura fino alla percezione palpatoria di un cambiamento qualitativo del tessuto osseo trattato. In caso di costrizioni da torsioni sopraggiunte, riequilibrare in seguito direttamente nel senso della costrizione, accumulando le tensioni ed usando i medesimi parametri che per la prima parte della manovra.

Note:

Nel caso di lesioni frontali o parietali sincrone, si può praticare questa tecnica bilateralmente e simultaneamente con due mani attive sulle eminenze frontali ma senza il complemento membrano-fluidico.

Per le tecniche di modellatura delle bozze o delle depressioni frontali o parietali non usare mai movimenti di "va e vieni" antero-posteriori. Secondo la lesione spianare o "arricchire" con le 5 dita.

Tecnica del frontal pull: (Fig. 523)

Si tratta di una tecnica diretta di riavvicinamento e di aspirazione che consente di regolarizzare le bozze frontali stirate ed appiattite.

Posizione delle dita:

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Page 369: Trattato paratico di Osteopatia Cranica.doc

I polpastrelli delle 5 dita di una mano circondano la bozza frontale che deve essere trattata.

L'altra mano è posizionata diametralmente sul cranio.

Movimento:

Sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. e modellare la bozza frontale con un movimento di stiramento convergente del tessuto osseo verso il punto centrale del centro di ossificazione e con la volontà del polpastrello delle dita di "aspirare" il tessuto verso di sè in maniera sincrona al ritmo del M.R.P.

Nel contempo, esercitare, con la mano opposta, una induzione membrano fluidica in direzione della bozza frontale trattata. Comunque la modellatura fino alla percezione palpatoria di un cambiamento qualitativo del tessuto osseo trattato. In caso di costrizioni da torsioni sopraggiunte, riequilibrare in seguito direttamente nel senso della costrizione, accumulando le tensioni e usando i medesimi parametri che per la prima parte della manovra.

Tecnica del “Metodic spread”: (Fig. 524)

Si tratta di un'altra tecnica diretta che consente la modellatura per appianamento della sutura metopica.

Posizione delle dita:

I pollici sono incrociati uno sopra l'altro, i polpastrelli riposano da una parte e dall'altra della sutura metopica, gli indici sono a contatto dei pilastri esterni del frontale e le altre dita sono sul frontale vicine agli indici.

Movimento:

Sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. poi esercitare un disimpegno della sutura metopica. Indurre in seguito un movimento di stiramento divergente del tessuto osseo verso l'esterno, in maniera sincrona al ritmo del M.R.P.

Simultaneamente all'appianamento della sutura metopica, esercitare con gli indici e le altre dita una rotazione esterna degli emi-frontali. Proseguire la modellatura fino a percepire un cambiamento qualitativo del tessuto osseo trattato.

2. Lesioni intra-ossee parietali ed occipitali:

Si tratta delle medesime tecniche dirette che per il frontale, con la medesima azione membrano-fluidica nelle tecniche unilaterali. Esse possono pure essere praticate bilateralmente quando le lesioni intra-ossee sono sincrone.

Lesioni intra-ossee dello sterno

Poiché lo sterno non fa parte del cranio, non ci dilungheremo oltre misura su questa parte ossea. Approfondiremo solamente di questo capitolo sulle lesioni intra-ossee per evocare quelle dello sterno e sottolineare tutta l'importanza che quest'osso riveste nell'economia della fisiologia respiratoria e nell'omeostasi generale del corpo e le sue relazioni particolari con il timo e quindi con le forze immunolgiche del corpo, in particolare nel bambino.

1. Fisiopatologia:369

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Le lesioni intra-ossee dello sterno provengono dalle medesime cause pre o perinatali che per il cranio. Le lesioni delle fibre intrinseche possono toccare il manubrio sternale, il corpo dello sterno o l'unione del manubrio e del corpo al livello dell'angolo di Louis e portare disfunzioni della cinetica primaria e disturbi della mobilità del timo.

2. Correzioni delle lesioni intra-ossee dello sterno:

Test delle lesioni intra-ossee dello sterno:

Posizionare la mano, longitudinalmente e ben piatta sullo sterno, la punta delle dita a contatto con il manubrio sternale. Le dita dell'altra mano sono piatte, trasversalmente sul manubrio. Testare il movimento del corpo dello sterno e del manubrio. Nel neonato, questo test si esegue con indice e medio solamente.

Tecnica d’equilibrio manubrio-sternale: (Fig. 525)

Si tratta di una tecnica diretta, con lo scopo di equilibrare il manubrio in rapporto con il corpo dello sterno.

Posizione delle dita:

Il palmo di una mano contatta il corpo dello sterno. L'indice ed il medio in punta dell'altra mano sono a V sul manubrio.

Movimento:

Mantenere lo sterno per assicurare un punto, fulcro fisso a questo livello. Disimpegnare il manubrio in rapporto al corpo dello sterno al livello della sutura manubrio-sternale.

Valutare il movimento più ristretto inducendo dei movimenti di flessione-estensione respiratoria primaria. In seguito, mantenendo il punto fisso, il corpo dello sterno ed il disimpegno manubrio-sternale, correggere ed equilibrare il manubrio, direttamente contro la restrizione fino a parcepire il rilassamento tessutale.

Tecnica d’equilibrio sterno-manubriale: (Fig. 525)

Si tratta di una tecnica diretta, con lo scopo di equilibrare il corpo dello sterno in rapporto con il manubrio.

Posizione delle dita:

Per il neonato, si contatta il manubrio con l'indice ed il medio in punta ed il corpo sternale con le 3-4 prime dita dell'altra mano. Nel bambino il palmo della mano contatta il corpo dello sterno mentre le eminenze tenar ed ipotenar dell'altra mano sono a contatto del manubrio.

Movimento:

Mantenere il manubrio per assicurare un punto fulcro fisso a questo livello. Disimpegnare il corpo dello sterno, in rapporto al manubrio, al livello della sutura manubrio-sternale. Valutare il movimento più ristretto inducendo dei movimenti di flessione-estensione respiratoria primaria. In seguito, mantenendo il punto fisso, il disimpegno sterno-manubriale, correggere ed equilibrare il corpo dello sterno, direttamente contro la restrizione fino a percepire il rilassamento tessutale.

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Note: Lo sterno può essere corretto con la tecnica del doppio equilibrio simultaneo come visto in precedenza per le lesioni intra-ossee del temporale. E' possibile anche effettuare questo tipo d’equilibrio con la mano caudale che contatta trasversalmente il manubrio sternale con indice e medio.

Tecnica d’equilibrio globale dell'angolo di Louis: (Fig. 526)

Si tratta di una tecnica diretta, con lo scopo di equilibrare il corpo dello sterno nel suo insieme.

Posizione delle dita:

Per il neonato, si contatta il corpo dello sterno con l'indice ed il medio in punta ed il manubrio con il pollice e l'anulare della stessa mano. Nel bambino le eminenze tenar ed ipotenar sono a contatto del manubrio. Le dita della stessa mano sono posizionate sul corpo sternale.

Movimento:

Sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. Valutare il movimento più ristretto inducendo dei movimenti di flessione-estensione respiratoria primaria come la cinetica respiratoria primaria al livello dell'angolo di Louis. Valutare anche le torsioni obbligate.

In seguito correggere ed equilibrare lo sterno, direttamente contro la restrizione fino alla percezione palpatoria di un cambiamento qualitativo del tessuto osseo trattato.

3. Tecnica di modellatura dello sterno:

Queste tecniche seguono i medesimi criteri ed i medesimi parametri che per le tecniche di modellatura delle ossa della volta, descritte sopra.

Foto 526 - Tecnica d’equilibrio sternale globale.

Foto 522 - "Frontal Spread Technique" su bozze frontali.

Foto 523 - "Frontal Pull Technique" su bozze frontali.

Foto 524 - "Metopic Spread Technique"

Foto 525 - Tecnica d’equilibrio manubrio-sternale e sterno-manubriale.

CAPITOLO 45

CORREZIONI OSTEPATICHE DELLA VOLTA E DELLA BASE

I. Tecniche correttive delle compressioni membranose sfeno-basilari:

Lo scopo di queste tecniche decompressive è di normalizzare ed amplificare il M.R.P. tanto al livello osseo quanto membranoso e fluidico.

Per potenziare l'effetto decompressivo di queste tecniche, il terapeuta potrà sollecitare la cooperazione respiratoria del paziente e le forze meccaniche delle M.R.P. tramite la dorsi-flessione e la dorsi estensione dei piedi.

1. Tecnica di decompressione tramite la volta (Fig. 527)371

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Posizione del paziente: decubito.

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, con gomiti appoggiati al tavolo;.

Posizione delle dita: I polpastrelli sono a contatto con le faccette temporali del frontale, al livello della spina dei pilastri esterni. I mignoli sono a contatto degli angolo infero-laterali dell'occipitale.

Tecnica: effettuare con gli indici una leggera supinazione per fissare un contatto osseo saldo della spina dei pilastri del frontale. In seguito, prendendo per appoggio osseo l'occipitale e fissandovi un punto fisso indurre un disimpegno del frontale verso il soffitto per ridurre l'impattamento della zona condrale sfeno-basilare.

Mantenere il disimpegno. Dopo un certo tempo, variabile in base al grado di compressione sfeno-basilare, la cinetica sfeno-basilare riappare. A partirte da questo momento, indurre la S.S.B. in flessione sincrona al M.R.P. ricomparso, conservando il disimpegno ed amplificandolo alla fine d’ogni ampiezza di flessione.

Dei movimenti annessi, sia al livello del frontale, sia a livello dell'occipitale, sia delle due parti ossee contemporaneamente, possono apparire durante la manovra di decompressione.

Seguire allora questi movimenti, senza lasciare il disimpegno sfeno-basilare, mantenendo il sincronismo cinetico respiratorio primario nuovamente apparso.

Continuare questa tecnica per alcuni cicli respiratori, fino ad ottenere un'ampiezza soddisfacente, poi rilasciare la compressione e concludere ritestando il guadagno in ampiezza della flessione-estensione.

Note: Nell'adulto, visto il peso della testa, il contatto occipitale non è obbligatorio. Ciononostante esso consente una maggiore precisione palpatoria della ripresa globale della cinetica sfeno-basilare.

Tecnica con partecipazione del paziente: si tratta esattamente della medesima tecnica ma il paziente può aiutare il terapeuta sollevando egli stesso verso il soffitto gli indici del terapeuta. Questo aiuto permette al terapeuta una maggiore concentrazione sulla ripresa della cinetica sfeno-basilare ed i movimenti annessi che ne conseguono.

2. Tecnica di decompressione tramite approccio fronto-occipitale: (Fig. 528)

Posizione del paziente: decubito.

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, i gomiti appoggiati sul tavolo.

Posizione delle mani: una mano a coppa, che afferra trasversalmente l'occipitale. Una mano che afferra il frontale, il pollice e l'indice a contatto con le faccette temporali del frontale e con la spina dei pilastri esterni.

Tecnica: la mano inferiore trattiene l'occipitale contro il tavolo. La mano superiore fissa un contatto osseo saldo sulla spina dei pilastri del frontale tra il pollice e l'indice. In seguito, sempre assicurando un punto fisso sull'occipite, indurre un disimpegno del frontale verso il soffitto per ridurre l'impattamento della zona condrale sfeno-basilare.

Mantenere il disimpegno. Dopo un certo tempo, variabile secondo il grado di compressione sfeno-basilare, riappare la cinetica sfeno-basilare. Da questo momento, indurre la S.S.B. in flessione sincrona al M.R.P. ricomparso, conservando il disimpegno ed amplificandolo alla fine d’ogni ampiezza di flessione.

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Possono comparire nel corso della manovra di decompressione movimenti annessi sia al livello del frontale sia al livello dell'occipitale sia al livello di entrambe le ossa. Seguire allora questi movimenti, senza lasciare il disimpegno sfeno-basilare mantenendo tuttavia il sincronismo cinetico respiratorio primario nuovamente comparso.

Continuare con questa tecnica per alcuni cicli respiratori, fino ad ottenere un'ampiezza soddisfacente poi rilassare la compressione e concludere tornando a testare il guadagno di ampiezza in flessione-estensione.

3. Tecnica frontale: (Fig. 529)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, i gomiti appoggiati sul tavolo.

Posizione delle mani: le mani sono in supinazione e le dita intrecciate. Le eminenze ipotenar e soprattutto le pisiformi del terapeuta sono a contatto con le faccette temporali del frontale e con i pilastri esterni.

Tecnica: indurre un disimpegno del frontale verso il soffitto per indurre l'impattamento della zona condrale sfeno-basilare. Mantenere il disimpegno. Dopo un certo tempo, variabile secondo il grado di compressione sfeno-basilare, riappare la cinetica sfeno-basilare.

Da questo momento indurre lo sfenoide in flessione sincrona al M.R.P. ricomparso, con l'intermediario del frontale, sempre conservando il disimpegno ed amplificandolo alla fine di ogni ampiezza di flessione.

Possono comparire nel corso della manovra di decompressione movimenti annessi al livello del frontale. Seguire allora questi movimenti, senza lasciare il disimpegno sfeno-basilare mantenendo tuttavia il sincronismo cinetico respiratorio primario nuovamente comparso.

Continuare con questa tecnica per alcuni cicli respiratori, fino ad ottenere un'ampiezza soddisfacente poi rilasciare la compressione e concludere tornando a testare il guadagno di ampiezza in flessione-estensione;

4. Tecnica fronto-sfeno-occipitale: (Fig. 530)

Posizione del paziente: decubito.

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, i gomiti appoggiati sul tavolo.

Posizione delle mani: effettuare con gli indici una leggera supinazione per fissare un contatto saldo con la spina dei pilastri del frontale. Poi, prendendo appoggio osseo sull'occipitale ed assicurandovi un punto fisso indurre disimpegno del frontale verso il soffitto e dello sfenoide caudalmente per ridurre l'impattamento della zona condrale sfeno-basilare. Mantenere il disimpegno.

Dopo un certo tempo, variabile secondo il grado di compressione sfeno-basilare, riappare la cinetica sfeno-basilare. Da questo momento, indurre la S.S.B. con i medi e i mignoli sempre conservando il disimpegno e amplificandolo alla fine d’ogni ampiezza di flessione.

Possono comparire nel corso della manovra di decompressione movimenti annessi al livello di una o più parti ossee.

Seguire allora questi movimenti, senza lasciare il disimpegno sfeno-basilare mantenendo tuttavia il sincronismo cinetico respiratorio primario nuovamente comparso.

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Continuare con questa tecnica per alcuni cicli respiratori, fino ad ottenere un'ampiezza soddisfacente poi rilasciare la compressione e concludere tornando a testare il guadagno di ampiezza in flessione-estensione.

5. Tecnica del "Grasping": (Fig. 531)

Posizione del paziente: decubito.

Posizione del terapeuta: in piedi alla testa del paziente.

Posizione delle mani: la pinza pollice-indice della mano superiore tocca le faccette temporali ed i pilastri esterni del frontale. L'indice ed il medio della mano inferiore, in posizione intra-buccale, a contatto dei mascellari, uncinando le arcate dentali superiori dietro agli ultimi molari ma evitando accuratamente le apofisi pterigoidee.

Tecnica: Durante la fase inspiratoria primaria, se questa è percettibile, indurre con la mano inferiore una trazione in direzione del soffitto e del nasion del paziente per sollevare i mascellari e portarli in rotazione esterna.

Indurre simultaneamente con la mano superiore una trazione nella medesima direzione ed un movimento di flessione. Mantenere la trazione durante le fasi di retrazione cranica ed aumentarla ad ogni fase inspiratoria primaria fino a percepire il rilasciamento tessutale ed il ripristino della cinetica della S.S.B.

Nota: Questa tecnica deve essere praticata dolcemente ed in maniera strettamente simmetrica per evitare di provocare un "lateral strain" al livello della S.S.B. Si tratta di una tecnica molto efficace ed indicata per l'adulto ma deve essere adoperata con estrema precauzione nel bambino ed è totalmente sconsigliata per il neonato.

II. Tecniche membranose intra-craniche globali.

1. "Pan-dura technique": (Fig. 532)

Si tratta di una tecnica di ripristino ed equilibrio globale delle tensioni meccaniche dura-meriche con un'azione correlativa sulle tensioni meccaniche al livello dei seni venosi. E' quindi un'eccellente tecnica di drenaggio generale del cranio.

Scopo: Riequilibrare le tensioni globali delle M.T.R., rendendo armoniose le tensioni meccaniche tra le parte cartilaginea (tentorio del cervelletto) e la parte membranosa (falce del cervello) dell'occipitale e consentendo in questo modo un riequilibrio del fulcro di Sutherland al livello delle M.T.R. e conseguentemente un riequilibrio dell'omeoresi muscolo-scheletrica così come una regolarizzazione del flusso venoso che partecipa al miglioramento dell'omeostasi cranica e generale. Secondo lo spirito con cui si adopera, questa tecnica può avere uno scopo meccanico di riequilibrio delle tensioni o uno scopo fluidico di riequilibrio metabolico.

Tecnica:

Posizione del paziente: decubito.

Posizione del terapeuta: in piedi alla testa del paziente.

Posizione delle mani: la mano caudale sinistra afferra con il palmo la parte cartilaginea del cranio, al livello della linea curva occipitale, con le dita posizionate caudalmente sul collo. La mano cefalica destra, a contatto con la parte membranosa dell'occipitale, sopra l'inion, con l'indice e medio sul sopra-occipite e con il pollice e mignolo a contatto con i parietali. L'avambraccio cefalico non fa che sfiorare il frontale.

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Manovra: indurre una leggera tensione sull'occipite cartilagineo. Indurre una leggera tensione separatrice sulla squama occipitale. Seguire i movimenti delle M.T.R. ed assicurare delicatamente l'equilibrio progressivo delle tensioni membranose adattandosi al ritmo cranico e senza bloccarlo.

Indurre il movimento e seguire i tessuti fino a non percepire più tensioni.

Si s’incronizza il ritmo del MRP e si accentua con la mano caudale e cefalica e l’avambraccio cefalico che prende

Foto 527 - Tecnica di decompressione tramite la volta.

Foto 528 - Tecnica di decompressione in approccio fronto-occipitale

Foto 529 - Tecnica frontale

Foto 530 - Tecnica fronto-sfeno-occipitale

gravità della disfunzione, senza mai bloccare il M.R.P. per consentire alle forze auto-correttive membrano-fluidiche di esprimersi.

Supponiamo, ad esempio, che ad una cranio sia stato diagnosticato un funzionamento cinetico in estensione, torsione destra, side bending destro e lateral strain sfenoidale sinistro. Per la correzione in "stracking", il terapeuta indurrà innanzitutto un lateral strain membranoso sfenoidale sinistro, apprezzando il punto limite della sua ampiezza in lateral strain e tornerà molto leggermente indietro per non bloccare il meccanismo. Partendo da questo primo punto fulcro, egli andrà ad "accatastare" la seconda disfunzione cinetica sopra alla prima, sempre in ordine di gravità, cioè il side bending destro sui suoi due assi patologici, inducendo il side bending destro senza lasciare il punto risultante dal lateral strain ed apprezzando il punto limite di questa ampiezza cinetica in S.B.R. destro. Egli tornerà molto

leggermente indietro sempre per non toccare il meccanismo. Partendo da questo nuovo punto fulcro, il terapeuta andrà ad "accatastare" la terza disfunzione cinetica, ossia la torsione destra, inducendo la torsione nella sua massima ampiezza e tornando leggermente indietro. Egli concluderà con lo stesso metodo per la disfunzione in estensione.

Partendo dal punto di tensione risultante, le M.T.R. si distendono e ritrivano un nuovo punto fulcro più vicino al punto di normalità meccanica. Non è mai consentito di lasciare ai tessuti la possibilità di percorrere il cammino inverso durante la correzione. Il terapeuta deve limitarsi a seguire i tessuti in accentuazione cinetica, se i tessuti stessi manifestano questa intenzione, ma sempre evitando di bloccare il M.R.P. La correzione sarà effettuata quando il rilassamento membranoso sarà evidenziato dall'apparire dello Still Point. Per accertarsi che questo Still Point sia il punto fulcro definitivo e non un falso Still Point intermediario, il terapeuta potrà sollecitare la respirazione toraco-addominale del paziente per due o tre cicli respiratori. Se il movimento tessutale non riprende, il punto fulcro ottenuto è quello definitivo, evidenziano dalla sua immobilità malgrado la sollecitazione respiratoria.

Per potenziare l'effetto della tecnica, sollecitare la collaborazione respiratoria toraco-addominale del paziente ed aggiungere l'apporto del "core link" a partire dal punto fulcro sacrale causato dalla dorsiflessione o dalla dorsi-estensione plantare.

Infine, alla manovra di stacking, si può aggiungere una manovra di decompressione sfeno-basilare.

Tecnica di stacking diretta con punto di appoggio:

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Viene adoperata la medesima metodologia, con il principio correttivo diretto contro la barriera membranosa.

Dopo il test diagnostico delle disfunzioni cinetiche, il terapeuta andrà ad "accatastare" le disfunzioni direttamente, accumulando le tensioni sui punti di appoggio successivi, senza mai rilasciare le tensioni ma lasciando un po' di gioco alle membrane per permettere la loro risposta.

Tecnica di stacking simultaneamente diagnostica e correttiva

Il terapeuta diagnostica una prima disfunzione cinetica della base poi accumula le tensioni per accentuazione di questa disfunzione, tornando molto leggermente indietro per assicurare la risposta tessutale del M.R.P. Partendo dal punto ottenuto, egli diagnostica un'altra disfunzione cinetica che accatasta sulla prima seguendo il medesimo principio e senza rilasciare il primo punto ottenuto. Partendo da questo secondo punto egli diagnostica una terza disfunzione ed opera nello stesso modo fino ad aver completato l'inventario di tutte le possibili disfunzioni.

La tecnica è quindi simile alle precedenti. basta cominciare dalla disfunzione cinetica in flessione o estensione ed accumularvi le altre disfunzioni, si atramite la tecnica di accentuazione cinetica, sia tramite la tecnica correttiva diretta.

Commenti: Queste tecniche correttive globali tramite stacking consentono, come abbiamo visto, di raggiungere rapidamente l'equilibrio membranoso ed il punto fulcro più vicino all'equilibrio corporeo del paziente. Esse consentono di distendere le M.T.R. in tutti i sensi e seguendo tutti gli assi. Si tratta del solo modo veramente efficace per trattare la totalità dell'adattamento e l'accomodazione dei tessuti membranosi. Correzione specifica di una disfunzione cinetica o correzione globale ? Tutto dipende, di fatto, dall'indicazione della correzione in rapporto alla sua eziologia. La correzione specifica consente di agire, come indica il suo nome, specificatamente su una lesione sfeno-basilare di origine primaria ed in generale a componente condrale come gli stains o la compressione sfeno-basilare. La correzione globale, invece, consente di agire con efficacia sull'adattamento globale delle M.T.R. adattando uno stato posturale muscolo-scheletrico senza vera e propria lesione o disfunzione cinetica cranica definita, effettuando una specie di "pulizia" del cranio.

Foto 533 - "Stacking Technique" in approccio fronto-occipitale

Foto 533 b - "Stacking Technique" in approccio tramite la volta.

III.Tecniche di equilibrio delle sfere craniche:

1.Derotazione della squama (Fig. 534)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta:: seduto alla testa del paziente

Posizione delle mani: Gli indici sono a contatto delle bozze parietali. I pollici sono a contatto degli angoli postero-superiori dei parietali, da una parte e dall'altra del lambda. I medi sono a contatto con le apofisi mastoidee dei temporali. Gli anulari ed i mignoli sono a contatto della linea curva occipitale da una parte e dall'altra dell'inion.

Tecnica: Assicurare innanzitutto un leggero disimpegno della squama e dei parietali al livello del lambda, inducendo una leggera trazione verso il soffitto e nel medesimo tempo un disimpegno dei due parietali l'uno dall'altro. In seguito, mantenendo la leggera tensione dura-merica, agire con un tocco molto leggero degli anulari e dei mignoli al livello della squama per derotarla in induzione diretta e la correzione si può considerare avvenuta quando si sente la squama girare verso la posizione normale, con l'opistion che riparte indietro, verso il centro.

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Nota: Se esiste una compressione molto importante al livello della squama, effettuare in via preliminare un sollevamento dei frontali per disimpegnare la S.S.B. poi praticare la derotazione della squama come descritto sopra. Per aumentarne l'efficacia, chiedere ad un assistente di tenere in equilibrio il sacro oppure utilizzare un V spread sulla giuntura condilo-squamosa (opistion posizionato sulla linea mediana), dirigere l'induzione membrano-fluidica dal sacro o dal frontale contro-laterale verso la parte condiloidea compressa opposta, mantenendo una leggera trazione posteriore per assicurare la tensione delle membrane della base.

Nel neonato, il movimento rimane libero e le componenti dell'occipite esigono un tocco molto leggero per essere guidate nell'involucro dura-merico verso la posizione di bilanciamento. La cooperazione respiratoria è data dalle grida.

2.Equilibrio frontale (Fig.535)

Poiché tutte le ossa della faccia sono appese all'etmoide ma anche al frontale, il riequilibrio di questa parte ossea è fondamentale per consentire un buon riequilibrio cinetico delle altre parti della faccia.

Questa tecnica, oltre alla sua azione diretta sulla falce del cervello e sull'etmoide ed alle sue relazioni con diversi seni e globi oculari, è eccellente anche per facilitare il tono neuro-vegetativo generale, a partire dalla corteccia prefrontale. Questa tecnica possiede anche un'azione positiva sui disturbi del comportamento, in particolare nel bambino.

Posizione del paziente: in decubito, con la colonna vertebrale in posizione neutra fisiologica

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizione delle dita: le mani sono situate da una parte e dall'altra della linea mediana del cranio.

Gli indici sono sulla struttura metopica. Le terze, quarte e quinte dita sono, da una parte e dall'altra, a contatto con la parte esterna delle arcate sopraciliari ed a contatto con i pilastri esterni del frontale.

Tecnica: Sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. Accentuare la cinetica incontrata senza mai bloccare il M.R.P. e mobilizzare il frontale, globalmente ed in maniera ritmata, accumulando le tensioni dura-meriche incontrate.

Note: una variante consiste nel posizionare gli anulari sulle grandi ali e nel praticare simultaneamente un riequilibrio fronto-sfenoidale. Una seconda variante consiste nel contattare la sutura metopica con i pollici, i pilastri del frontale con gli indici e le ali dello sfenoide con i medi.

Foto 534 - Tecnica di derotazione della squama occipitale

Foto 535 - Tecnica di equilibrio frontale

3.Tecniche sfera anteriore - sfera posteriore (Fig. 536)

Equilibrio fronto-occipitale:

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente

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Posizione delle mani: Il palmo della mano superiore afferra trasversalmente il frontale, le articolazioni metacarpo-falangiche sono a contatto con la sutura metopica.

Tecnica: Innanzitutto sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. Seguire poi il frontale nei parametri cinetici più liberi. Da questo punto fulcro frontale, seguire l'occipitale in accumulo di tensioni, senza mai bloccare il M.R.P. e fino al rilassamento completo dei tessuti ed alla sensazione palpatoria di maggiore melleabilità dell'occipitale.

Equilibrio occipito-frontale:

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizione delle mani: il palmo della mano inferiore afferra a coppo l'occipitale. Il palmo della mano superiore afferra trasversalmente il frontale, le articolazioni metacarpo-falangiche sono a contatto con la sutura metopica.

Tecnica: Innanzitutto sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. Seguire poi l'occipite nei parametri cinetici più liberi. Da questo punto fulcro occipitale, seguire ilfrontale in accumulo di tensioni, senza mai bloccare il M.R.P. e fino al rilasamento completo dei tessuti ed alla sensazione palpatoria di maggiore malleabilità del frontale.

4.Tecnica di valutazione ed equilibrio globale e simultaneo volta-base (V.FRYMANN) (Fig. 537)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, gomiti appoggiati sul tavolo

Posizione delle mani: in approccio tramite la volta, i pollici da una parte e dall'altra della linea sagittale a contatto del frontale. Le eminenze tenar da una parte e dall'altra della linea sagittale, a contatto dei parietali. Gli indici a contatto delle grandi ali dello sfenoide. I medi a contatto delle apofisi zigomatiche dei temporali. Gli anulari a contatto delle apofisi mastoidee dei temporali, i mignoli sugli angoli infero-laterali dell'occipitale.

Manovra: Sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. Accentuare la cinetica delle differenti componenti osee della base in accumulo di tensioni. Conservare il risultato funzionale in accumulo progressivo di tensioni fino ad ottenerne il riequilibrio tessutale e l'apparire dello Still Point.

Nota: Per potenziare l'effetto della tecnica, il terapeuta potrà sollecitare la cooperazione respiratoria toraco-addominale del paziente e l'apporto di tensione del core link partendo dal punto fulcro sacrale causato dalla dorsi-flessione plantare.

Foto 536 - Tecnica di equilibrio fronto-occipitale e ociipito-frontale

Foto 537 - Tecnica di equilibrio globale e simulaneo della volta e della base (V.FRYMANN)

IV. tecniche del core link

1.Tecniche di sacro-decompressione (L5-S1)

Sacro bloccato in estensione con compressione di L5

Posizione del paziente: decubito

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Posizione del terapeuta: in piedi di fianco al paziente

Posizione delle dita: una mano dotto il sacro, le eminenze tenar ed ipotenar a contatto degli angoli inferop-laterali del sacro. L'indice ed il mignolo sono a contatto della base sacrale. Il medio è a contatto dell'ipofisi spinosa di L5.

Test: quando si deve testare la cinetica del sacro, si nota che esso presenta una disfunzione in estensione. La base tende a risalire e ad anteriorizzarsi. Quando si attira il sacro verso il basso, si percepisce una resistenza all'induzione cinetica in flessione respiratoria primaria.

Correzione diretta:

durante la fase inspiratoria primaria, indurre una trazione del sacro in flessione. Mantenere questa trazione durante la fase espiratoria primaria successiva e cercare di riguadagnare in flessione nel corso della nuova fase inspiratoria primaria e così per diversi cicli del M.R.P. fino ad ottenere un rilassamento tessutale. La partecipazione respiratoria non deve mai essere sollecitata.

Correzione per accentuazione della disfunzione:

Durante la fase espiratoria primaria, indurre una trazione del sacro in estensione e simultaneamente comprimere il piano L5-S1. Mantenere questa posizione fino al rilassamento tessutale e la tendenza al ritorno in flessione del sacro.

Sacro bloccato bilateralmente a sinistra:

Posizione del paziente: latero-decubito sinistro, ginocchia piegate ad angolo retto, spalle schiena e bacino allineati, senza alcuna torsione del tronco.

Posizione del terapeuta: seduto dietro la schiena del paziente, leggermente spostato verso la testa.

Posizione delle mani: eminenze tenar ed ipotenar della mano caudale, sul sacro. Mano cefalica sulla volta cranica, pollice e medio a contatto delle bozze parietali per dirigere l'induzione membrano-fluidica.

Test: durante l'inspirazione, il sacro si mobilizza in senso postero-esterno e durante l'espirazione, esso si mobilizza in senso antero-interno.

Correzione: sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. cranico e sacrale. Durante la fase inspiratoria primaria cranica, seguire la cinetica sacrale in accumulazione di tensioni e continuare ad accumulare nel corso dei cicli respiratori successivi. Parallelamente e simultaneamente, esercitare una leggerissima contro-pressione sulle bozze parietali ad ogni ciclo inspiratorio cranico. Proseguire la correzione membrano-fluidica fino al rilassamento tessutale ed al raggiungimento dello Still Point.

Nota: In caso di lesione traumatica, questa tecnica non è sufficiente ad assicurare una correzione. Saranno quindi maggiormente indicate, in un primo tempo, tecniche specifiche di energia muscolare. La verifica della cinetica respiratoria primaria sacrale si effettuerà in secondo tempo.

2.Tecniche di equilibrio occipito-sacrale

A.Tecnica per un solo terapeuta (Fig. 538):

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In decubito:

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: di fianco al paziente

Posizione delle mani: il palmo della mano caudale afferra il sacro, il medio è a contatto con l'apofisi spinosa di L5, l'indice e l'anulare a contatto da una parte e dall'altra del piatto sacrale. Il palmo della mano cefalica afferra trasversalmente l'occipite.

Test palpatorio: sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. ed apprezzare il movimento tessutale. La mano sacrale testa il movimento tessutale del sacro. La mano occipitale testa il movimento dell'occipite.

Tecnica di equilibrio: la mano sacrale segue il movimento più libero del sacro. La mano occipitale segue il movimento più libero dell'occipitale. Seguire simultaneamente i movimenti delle due parti ossee accumulando le tensioni e facendosi aiutare in caso di bisogno dalla partecipazione respiratoria toraco-addominale del paziente. Cessare la manovra di induzione allo "Still Point" ed in seguito apprezzare con cura che i movimenti del sacro e dell'occipite siano liberi e sincroni.

Nota: Con questa tecnica si può equilibrare l'occipite in rapporto al sacro od il sacro in rapporto all'occipite. si può anche farsi aiutare dalle forze autocorrettive interne sollecitando la collaborazione del paziente con la respirazione toraco-addominale o dal dorsi flessione/estensione plantare.

In latero-cubito:

Posizione del paziente: in latero-cubito

Posizione del terapeuta: seduto, di fianco al paziente

Posizione delle mani: il palmo della mano caudale afferra il sacro, le eminenze tenar ed ipotenar sono suio sulcus, le altre dita sono dirette podalicamente a contatto con il coccige. Il palmo della mano cefalica afferra l'occipite, le eminenze tenar ed ipotenar sono sulla base dell'occipite, le altre dita a contatto della squama occipitale.

Test palpatorio: Sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. ed apprezzare il movimento tessutale. La mano sacrale testa il movimento tessutale del sacro. La mano occipitale testa il movimento dell'occipite.

Test di equilibrio: La mano sacrale segue il movimento il più libero del sacro. La mano occipitale segue il movimento più libero dell'occipitale. Seguire simultaneamente i movimenti delle due parti ossee accumulando le tensioni e facendosi aiutare in caso di bisogno dalla partecipazione respiratoria toraco-addominale del paziente. Cessare la manovra di induzione allo "Still Point" ed in seguito verificare con cura che i movimenti del sacro e dell'occipite sinao liberi e sincroni.

Nota: Con questa tecnica si può equilibrare l'occipite in rapporto al sacro od il sacro in apporto all'occipite.

B.Tecnica per due terapeuti (Fig. 539)

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Posizione del paziente: decubito

Posizione degli operatori: un terapeuta seduto alla testa del paziente, gomiti sul tavolo, mani a coppa sotto l'occipite. L'altro terapeuta in piedi, di fianco al paziente, all'altezza del bacino, che afferra con il palmo della mano il sacro, con il medio a contatto dell'ipofisi spinosa di L5 e l'indice e l'anulare da una parte e dall'altra del piatto sacrale.

Test palpatorio e tecnica di equilibrio: Ognuno dei terapeuti apprezza la cinetica della parte ossea sotto la sua mano. L'equilibrio può consistere nel seguire ed indurre insieme le due parti ossee procedendo nel senso della lesione. Oppure, da una parte, un terapeuta induce un punto fisso in accumulo di tensioni nel senso che provoca lesione a partire dal quale l'altro terapeuta indurrà la sua correzione seguendo gli stessi parametri di accumulo delle tensioni.

Nota: Con questa tecnica si può equilibrare l'occipite in rapporto al sacro od il sacro in rapporto all'occipite o entrambi insieme. Si può anche aiutarsi usando le forze autocorrettive interne sollecitando la cooperazione respiratoria toraco-addominale del paziente o la dorsi flessione/estensione plantare.

V.Tecniche di equilibrio cranico-fasciali

1. Tecnica di equilibrio cervico-dura-merico (Fig. 540)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: in piedi alla testa del paziente

Posizione delle mani: le due mani a coppa sostengono l'occipite, mignoli e anulari sono sopra l'occipite da una parte e dall'altra dell'inion. Gli indici sono a contatto delle trasverse dell'atlante. I medi sono a contatto delle trasverse dell'epistrofeo. Le falangi prossimali dei pollici sono eventualmente a contatto delle apofisi mastoidee.

Foto 539 - Tecnica di equilibrio occipito-sacrale effettuata da due terapeuti

Foto 540 - Tecnica di equilibrio cervico dura-merico

Tecnica di equilibrio fasciale:

Prima di tutto effettuare un test palpatorio dell'occipite poi del piano occipito-atloideo e dei temporali. Indurre successivamente, nel senso che provoca lesione, l'occipite, i temporali, il piano occipito-atloideo ed infine il rimanente delle fasce cervicali. Seguire infine lo svolgimento tessutale fasciale fino al suo completo svolgimento e l'incontro dello "Still point". Ripraticare un test palpatorio delle differenti strutture per apprezzare il risultato ottenuto.

2.Tecnica di equilibrio occipito-sternale (Fig. 541)

Posizione del paziente: in decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizione delle mani:

Mano caudale: a contatto con lo sterno

Mano cefalica: con il palmo che afferra l'occipite

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Test palpatorio: sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. e apprezzare il movimento tessutale. La mano occipitale testa il movimento tessutale dell'occipite. La mano sternale testa il movimento dello sterno.

Tecnica di equilibrio: la mano occipitale segue il movimento più libero dell'occipite. La mano sternale segue il movimento più libero dello sterno. Seguire simultaneamente i movimenti delle due parti ossee accumulando le tensioni aiutandosi, in caso di necessità, con la partecipazione respiratoria toraco-addominale del paziente. Cessare la manovra allo "Still point".

3. Tecnica di equilibrio sacro-sternale (Fig. 542)

Posizione del paziente: in decubito

Posizione del terapueta: accanto al paziente, all'altezza del bacino

Posizione delle mani:

Mano caudale: a contatto con il sacro

Mano cefalica: a contatto con lo sterno

Test palpatorio: sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. e apprezzare il movimento tessutale. La mano sacrale testa il movimento tesutale del sacro. La mano sternale testa il movimento dello sterno.

Tecnica di equilibrio: la mano sacrale segue il movimento più libero del sacro. La mano sternale segue il movimento più libero dello sterno. Seguire simultaneamente i movimenti delle due parti ossee accumulando le tensioni ed aiutandosi, in caso di necessità, con la partecipazione respiratoria toraco-addominale del paziente. Cessare la manovra allo "Still point".

Nota: I riequilibri occipito-sternale e sacro-sternale partecipano al riequilibrio dei tre diaframmi.

Foto 541 - Tecnica di equilibrio occipito-sternale.

Foto 542 - Tecnica di equilibrio sterno-occipitale.

CAPITOLO 46

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TRATTAMENTO OSTEOPATICO DELL' ORBITA

Le cavità orbitali racchiudono i globi oculari e sono il luogo di inserzione della struttura muscolare oculo-motoria.

La linea bi-oculare e l'oculo-motoria sono in relazione permanente con i muscoli profondi della nuca ed i muscoli (vermier) del vermis, essi stessi in inter-relazione posturale con i sensori dei piedi, dei tendini d'Achille, della regione lombare, dell'addome e dei vestiboli.

Esiste infine una via peri-neurale in connessione diretta con L.C.R., attorno al nervo ottico, fino alla sclerotica.

Anatomia

I. Il contenitore osseo (Fig. 543-544)

Ogni orbita è una cavità piramidale flessibile, rivestita dal periosto, esso stesso in continuità con la dura-madre e la cui sommità si dirige indietro e a destra. E' formata da sette ossa: il frontale, lo sfenoide, l'etmoide, il malare, il mascellare, il palatino, l'unguis.

1. La sommità dell'orbita

Essa è costituita dalla fessura sfenoidale e dal forame ottico, che si trova tra le due radici della piccola ala dello sfenoide. Nel forame ottico passano il nervo ottico e l'arteria oftalmica. Esiste una via perineurale diretta per il liquido cefalo-rachidiano attorno al nervo ottico che raggiunge la sclerotica.

2. La parete superiore o tetto:

Essa è costituita dalla lamina orbitale del frontale e dalla piccola ala dello sfenoide.

3. La parete inferiore o pavimento:

E' composta da:

La faccia orbitale del mascellare, la faccia orbitale del malare, tutta la piccola apofisi orbitale del palatino (trigono).

4. La parete esterna:

E' costituita da:

La faccia orbitale della grande ala dello sfenoide, l'apofisi orbitale del malare, l'apofisi orbitale esterna o pilastro esterno del frontale.

5. La parete interna:

E' costituita da:

L'apofisi ascendente del mascellare, l'unguis, l'osso piatto dell'etmoide (planum). Il corpo dello sfenoide. Il canale lacrimale si trova nell'angolo-interno.

6.La base o apertura esterna orbitale forma il bordo orbitale:

Il 1/3 superiore è costituito dall'apofisi orbitale e dall'arcata orbitale del frontale.

Il 1/3 infero-interno è costituito dall'apofisi ascendente del mascellare.383

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Il 1/3 infero-esterno è costituito dal malare.

7. Sul piano osteopatico sono importanti quattro orifizi:

Il forame ottico alla sommità dell'orbita, delimitato dalle due radici della piccola ala, dove passano il nervo ottico e l'arteria oftalmica.

Il canale lacrimale nella parte antero-interna dell'orbita.

La fessura orbitale superiore o fessura sfenoidale dove passano:

Il nervo oculo-motore comune (III)

Il nervo patetico (IV)

Il nervo oculo-motore esterno (VI)

Il nervo oftalmico di Willis con i suoi terminali (nervi nasale, frontale, lacrimale).

La vena oftalmica.

Le branche del plesso cavernoso.

Alcune piccole arterie ed alcuni vasi linfatici.

La fessura orbitale inferiore o fessura sfeno-mascellare, situata tra la parte esterna dell'orbita ed il pavimento, consente il passaggio del ramo orbitale del nervo mascellare superiore e dell'arteria e della vena infra-orbitali.

II.Il contenuto viscerale:

1. Il globo oculare: (Fig. 545)

Contenuto nella cavità orbitale, esso rappresenta l'elemento più importante dell'orbita. I muscoli motori, le palpebre e la ghiandola lacrimale ne sono gli annessi.

L'occhio è composto di tre strati:

La sclerotica e la corne

La retina

Il tratto uveale.

L'occhio contiene un ambiente trasparente formato da:

Il cristallino

Il corpo vitreo

L'umor acqueo.

Le pareti dell'occhio sono formate da tre strati:

Lo strato superficiale è costituito da una membrana fibrosa formata dalla sclerotica posteriormente e dalla cornea anteriormente.

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- La sclerotica dà forma all'occhio di cui rappresenta i 5/6 posteriori. La sua faccia esterna, resistente, fornisce l'inserzione ai muscoli oculo-motori e presenta gli orifizi vascolari e nervosi per il nervo ottico, i nervi ed i vasi ciliari, le vene coroidee. La sua faccia interna, di colore bruno, è a contatto con la zona ciliare.

- La cornea costituisce il 1/6 anteriore e sporge sul globo oculare. Essa è perfettamente trasparente.

Lo strato mediano è costituito da una membrana muscolo-vascolare che tappezza la faccia profonda della sclerotica e si divide in tre parti:

- la coroide: vascolare, essa occupa i 2/3 dell'occhio.

- La sua faccia esterna, di colore bruno, aderisce alla sclerotica e la sua faccia interna, nera, è tappezzata dalla retina. Il suo orifizio posteriore consente il passaggio del nervo ottico.

- la zona ciliare, o corpo ciliare, è un anello che occupa il 1/3 anteriore, la cui parte anteriore forma la corona ciliare e la parte posteriore l'orbicolo ciliare. il corpo ciliare è costituito dal muscolo di Rouget e dal processo ciliare.

- l'iride è un diaframma circolare piazzato verticalmente davanti al cristallino. Il suo orifizio centrale è rappresentato dalla pupilla.

- Questo strato mediano è vascolarizzato da arteriole e venule ciliari ed innervato dalle fibre neuro-vegetative ciliari di provenienza dal nervo nasale tramite il ganglio oftalmico.

Lo strato profondo è costituito da una membrana nervosa formata dalla retina. Essa tappezza tutta la faccia profonda della membrana muscolo-vascolare e presenta una faccia esterna, non aderente, in rapporto con lo strato muscolo-vascolare tramite il tratto verticale ed uno strato interno che corrisponde al corpo vitreo.

Essa presenta:

La papilla, macchia circolare corrispondente al nervo ottico

La macchia gialla o polo posteriore dell'occhio

L'arteria centrale della retina che emerge dal centro della pupilla.

2. Gli ambienti trasparenti: (Fig. 545)

Essi consentono la trasmissione dei fotoni luminosi alla retina. Sono formati dal cristallino, dall'umor acqueo e dal corpo vitreo.

Il cristallino è una lente elastica biconvessa, situata posteriormente rispetto all'iride e davanti al corpo vitreo. Misura 4 mm. di spessore e 10 mm. di diametro. Esso è unito alla faccia anteriore del corpo ciliare da fibre trasparenti cilio-cristalline, cilio-vitree e cilio-ciliari che costituiscono il ligamento sospensore o zonula di Zinn.

L'umor acqueo o camera dell'occhio è contenuto nello spazio compreso tra il cristallino e la cornea.

Questo spazio è diviso dall'iride in due"camere" comunicanti tramite la pupilla.

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La camera anteriore è compresa tra la faccia posteriore della cornea da una parte e dalla faccia anteriore dell'iride e la porzione intra pupillare del cristallino dall'altra.

La camera posteriore è compresa tra la faccia posteriore dell'iride e la faccia anteriore del corpo vitreo. essa contiene nel suo centro il cristallino.

Il corpo è un liquido vischioso e trasparente avviluppato dalla membrana ialoidea. La faccia anteriore è scavata dall'impronta del cristallino o fossa patellaris.

Il corpo vitreo è attraversato nel suo centro dal canale di Cloquet.

3. I muscoli dell'orbita: (Fig. 546/549)

L'elevatore della palpebra:

- Esso ha per origine il periosto orbitale delle radici della piccola ala dello sfenoide, al livello del forame ottico.

- Il suo corpo si apre a ventaglio

- Esso si conclude con tre fasci:

Un fascio cutaneo sopra la palpebra

Un fascio orbitale esterno che si inserisce sulla sutura fronto-malare.

Un fascio orbitale interno che si inserisce sulla cresta lacrimale dell'unguis.

- fibroso dell'elevatore.

Esso è innervato dal ramo superiore del nervo oculo-motore comune (III).

La sua funzione è di elevare la palpebra superiore.

I muscoli retti dell'occhio:

Si tratta di muscoli retti superiore, inferiore, interno ed esterno che sono tesi dalla sommità dell'orbita all'emisfero anteriore del globo oculare.

- L'inserzione orbitale avviene tramite un tendine comune, il tendine di Zinn che si inserisce sul tubercolo infra-ottico della fessura sfenoidale e si divide in quattro linguette che separano gli orifizi dei quattro muscoli.

Inoltre, due linguette si sdoppiano:

La linguetta supero-interna circoscrive un orifizio dove passano il nervo ottico e l'arteria oftalmica. La linguetta supero-esterna circoscrive un orifizio dove passano i nervi nasale, oculo-motore comune, oculo-motore esterno e la radice ortosimpatica del ganglio oftalmico.

- I corpi muscolari, lunghi 4 cm., divergono allargandosi, poi si arrotolano sull'emisfero anteriore dell'orbita, disegnando un cono muscolare che avviluppa la parte posteriore dell'occhio.

- Questi muscoli terminano al livello della sclerotica.

- L'innervazione avviene tramite il ramo superiore del III per il retto superiore, tramite il ramo inferiore del III per il retto inferiore ed il retto interno e tramite il VI per il retto esterno.

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- La loro funzione è la seguente:

Il retto superiore porta la cornea in alto e leggermente in dentro.

Il retto inferiore porta la cornea inferiormente e leggermente in dentro.

Il retto interno porta la cornea in dentro.

Il retto esterno porta la cornea in fuori.

I muscoli obliqui dell'occhio:

Il muscolo grande obliquo o obliquo superiore:

- Esso ha origine alla sommità dell'orbita dell'orbita, sopra e in dentro rispetto al forame ottico.

- Il suo corpo muscolare ha origine ad un piccolo tendine che si incurva lateralmente all'indietro nella puleggia cartilaginea, detta troclea, inserita nella fossetta trocleare del frontale. Esso si flette ad angolo retto e si porta esternamente per arrotolarsi attorno al globo oculare.

- Esso si conclude sulla parte supero-interna della sclerotica.

- Esso è innervato dal nervo patetico (IV)

- La sua funzione è di portare la cornea in basso ed in fuori.

Il muscolo piccolo obliquo o obliquo inferiore:

- Esso si inserisce sul pavimento dell'orbita, vale a dire sul mascellare superiore, subito fuori dall'orifizio superiore del canale lacrimo-nasale.

- Esso di conclude sulla parte infero-esterna della sclerotica.

- La sua funzione è di portare la cornea in basso ed in fuori.

Fig. 543 - L'orbita ossea

Fig. 544 - L'apice orbitale

Fig. 545 - Il globo oculare

Fig. 546 - I muscoli oculo-motori

Fig. 547 - Origine e termine dei muscoli oculo-motori

Fig. 548 - Orientamento dei muscoli oculo-motori

Fig. 549 - Campo d'azione dei muscoli oculo-motori

Fig. 550 - L'aponeurosi orbitale del Tenone

Fig. 551 - Le vie lacrimali

Ruolo dell'oculo-motricità:

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Oltre alla loro propria funzione di mobilizzazione del globo oculare per dirigere lo sguardo, i muscoli oculo-motori svolgono un ruolo attivo nella visione binoculare e nella convergenza dello sguardo.

Per altro, essi svolgono un ruolo essenziale per la dinamica cervicale, la statica dell'individuo e l'equilibrio posturale (Lavori di Baron, Gagey, Marucchi D.M., Guillaume, Caporossi D.O.)

4.L'Aponeurosi orbitale del Tenone (Fig. 550)

Si tratta di un sistema aponeurotico che comporta tre parti: la capsula del Tenone, le guaine muscolari e le espansioni aponeurotiche.

La capsula del Tenone:

Si tratta di una membrana fibrosa che ricopre la parte scleroticale dell'occhio. Si assottiglia avvicinandosi alla cornea. La sua faccia esterna comprende una parte anteriore o capsula anteriore che corrisponde alla congiuntiva e una parte posteriore o capsula posteriore che è separata dal cono muscolare da tessuto adiposo diviso da tramezzi. La sua faccia interna è separata dalla slerotica dallo spazio di Tenone. Il suo orifizio posteriore si unisce alla sclerotica sul perimetro dell'orifizio di passaggio del nervo ottico. Il suo orifizio anteriore si ferma sul perimetro della cornea.

Le guaine muscolari:

Esse circondano ogni muscolo dell'occhio e si sviluppano dal dietro verso l'avanti dove si fondono nella capsula del Tenone, vicino alle inserzioni scleroticali.

Le membrane intermuscolari: sono quattro lamine che riempiono i vuoti del cono muscolare dei muscoli retti. Esse sono fissate anteriormente alla capsula del Tenone.

Le espansioni aponeurotiche: Le espansioni congiuntivali vanno dalle guaine muscolari alla faccia profonda della congiuntiva che impediscono di arricciarsi nella rotazione dell'occhio.

Le espansioni orbitali uniscono i muscoli retto e piccolo obliquo al bordo orbitale, le più importanti sono le ali interna ed esterna.

Il loro ruolo è innanzitutto di limitare l'azione dei muscoli, poi impedire la compressione del globo oculare al contrarsi del muscolo. Inoltre, l'espansione del retto superiore assicura la sinergia tra muscolo retto superiore e muscolo elevatore della palpebra, assicurando così un sollevamento della palpebra sincrono all'ascensione della cornea.

5. La ghiandola lacrimale (Fig. 551)

Essa comprende una porzione orbitale ed una porzione palpebrale separate dal piano fibro-tendineo dell'ala esterna.

La porzione orbitale corrisponde alla fossetta lacrimale della lamina orbitale del frontale in alto, tramite la sua faccia superiore ed all'elevatore della palpebra in basso tramite la sua faccia inferiore. Essa possiede da 3 a 5 piccoli canali esecretori che sbucano nellinfundibolo della congiuntiva.

La porzione palpebrale è l'ammasso di una trentina di lobuli situato nella parte esterna infra-palpebrale con i condotti esecretori di cui alcuni si riversano nella porzione orbitale e altri sono indipendenti. Le ghiandole lacrimali sono vascolarizzate dai vasi lacrimali ed innervate dal nervo lacrimale, terminale del nervo oftalmico.

Fisiologia388

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Da un punto di vista intrinseco, il globo oculare è concepito per far convergere una quantità controllata di luce sugli elementi neuro-sensoriali della retina.

Muscoli dentro l'iride comandano il diametro pupillare, quelli dei corpi ciliari determinano lo spessore del cristallino che permette all'occhio normale di accomodarsi successivamente su oggetti vicini o lontani. Il polo posteriore della superficie della retina presenta una leggera depressione, la fovea centralis, che segna il punto di vista controllata ed attorno presenta la macula. Il nervo ottico con i vasi della retina raggiunge l'occhio un po' in dentro rispetto a questo punto.

Dal punto di vista estrinseco, il movimento dei globi oculari è dovuto ai muscoli oculo-motori: si tratta dell'oculogiro. Il movimento dei globi oculari è in relazione anche ai movimenti della testa: si tratta dell'oculo-cefalo-giro. Il movimento dei globi oculari è infine in relazione con la statica posturale.

Fig. 552 - Le vie ottiche

I. Fisiologia intrinseca:

1. Vie ottiche (Fig. 552)

La luce riflessa sopra un oggetto attraversa la cornea ed il cristallini per impressionare la retina. Le immagini formate sono rovesciate dal basso verso l'alto e da destra a sinistra.

Un oggetto nel campo visivo temporale superiore raggiungerà quindi il quadrante nasale inferiore della retina. In risposta agli stimoli luminosi, gli influssi nervosi sono condotti attraverso la retina, il nervo ottico, le benderelle ottiche fino alla corteccia visiva dei lobi occipitali.

Al livello del chiasma ottico, le fibre interne ed esterne si incrociano. Infatti si distinguono tre fasci per ogni lato:

Il fascio esterno o temporale, che corrisponde al campo temporale della retina ed è un fascio diretto.

Il fascio interno o nasale, che corrisponde al campo nasale della retina ed è fascio incrociato.

Il fascio centrale, che è fascio bilaterale, sia diretto che incrociato, corrisponde al campo centrale della retina.

2. Riflessi visivi:

La luce stimola un'attività riflessa di due tipi:

Riflessi fotomotori:

Una sorgente luminosa diretta sulla retina provoca una costrizione pupillare riflessa di quest'occhio: è il riflesso fotomotorio diretto, ma provoca anche una costrizione pupillare dell'altro occhio: si tratta del riflesso fotomotorio consensuale.

Le vie sensoriali iniziali divergono nel mesencefalo e con una serie di sinapsi, gli influssi sono trasmessi dal III ai muscoli costrittori dell'iride, da ogni lato.

Fig. 553 - Schema d'innervazione intrinseca dell'occhio.

Accomodazione:

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Si tratta del processo tramite cui un'immagine visiva netta viene conservata mentre lo sguardo si sposta da un luogo lontano ad un luogo ravvicinato.

Questa reazione è il risultato di tre componenti:

- convergenza degli occhi per contrazione dei muscoli retti interni

- costrizione pupillare

- ispessimento del cristallino per contrazione dei muscoli ciliari con aumento del suo diametro sagittale.

Solo le due prime componenti sono osservabili ad occhio nudo.

Le vie sensitive dell'accomodazione sono simili a quelle della visione cosciente. Gli influssi nervosi passano in seguito dalla corteccia occipitale alla corteccia frontale poi al mesencefalo e tornano all'occhio tramite il III.

Irido-dilatazione o midriasi

Essa dipende dalla rete ortosimpatica peri-carotidea di provenienza dal ganglio stellare e dal centro di Budges (C8-D1-D2-D3) prendendo a prestito ilnervo oftalmico al livello dell'anastomosi carotido-gasseriana di F. Franck.

3. Innervazione autonoma degli occhi: (Fig. 553)

Le fibre procedono nel nervo oculo-motore comune (III) e nel nervo oftalmico, ramo terminale del nervo trigemino (V). Si tratta di fibre neurovegetative e para-simpatiche che regolano la viscero-motricità oculare, vale a dire il movimento dell'iride. Le fibre ortosimpatiche stimolate causano una dilatazione della pupilla o midriasi ed una certa elevazione della palpebra mentre le fibre parasimpatiche provocano una irido costrizione o miasi con rilassamento del tono muscolare dell'elevatore della palpebra e quindi un certo grado di ptosi palpebrale riflesso. Le fibre ortosimpatiche provengono dal centro cilio-spinale di Budges (D2-D3) e dal genglio cervicale superiore tramite il plesso nervoso peri-carotideo mentre le fibre parasimpatiche provengono dal nuscleo ,di Edinger-Wesphall del III, nel peduncolo cerebrale.

Fig. 554 - Le vie dell'oculo-cefalogiro.

III Fisiologia estrinseca: (Fig. 554)

L'oculogiro:

- Esso assicura i movimenti coniugati dei due lobi oculari grazie all'azione dei nervi cranici.

- L'oculo-motore comune (III) causa:

Elevazione del globo oculare tramite il retto superiore

Abbassamento del globo tramite il retto inferiore

Adduzione del globo e convergenza per la vista avvicinata tramite il retto interno

Rotazione esterna del globo tramite il piccolo obliquo.

- Il nervo patetico (IV) causa:

Rotazione interna del globo tramite il retto esterno.

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- L'oculogiro assicura il movimento sincrono dei globi:

Lo sguardo laterale produce una contrazione del retto esterno ipsi-laterale e del retto interno contro-laterale.

Lo sguardo mediale mette produce una contrazione dei due retti interni per assicurare la convergenza.

Lo sguardo alto produce una contrazione del retto superiore (associato all'elevatore della palpebra) ed il piccolo obliquo.

Lo sguardo basso produce una contrazione del retto inferiore ed il grande obliquo.

Il cefalogiro:

Esso assicura i movimenti della testa in relazione ai movimenti oculari nello stesso senso, per merito del nervo spinale (XI) che innerva i due muscoli trapezio e sterno-cleido-mastoideo.

Lo sguardo laterale verso sinistra causa la contrazione unilaterale e dei S.C.M. destri e la rotazione della testa verso sinistra.

Lo sguardo verso l'alto causa la contrazione bilaterale dei muscoli trapezi e l'estensione della testa. Lo sguardo verso il basso porta ad una contrazione bilaterale dei S.C.M. e la flessione della testa.

Le vie della motricità estrinseca:

Una via principale, volontaria, proviene dall'area frontale mentre una via riflessa proviene dall'area occipitale (sulla giuntura occipito-parietale). Il legame anatomico dell'oculo-cefalogiro avviene al livello della benderella longitudinale posteriore. La coordinazione dello sguardo si verifica tramite le fibre del corpo calloso che riuniscono i due centro emisferici e consentono al centro destro di comandare il levogiro ed al centro sinistro di comandare il dextrogiro. Le fibre materializzate dirigono quindi verso i nuclei cranici oculo-motori e del nervo spinale.

IV. Fisiopatologia respiratoria primaria dell'orbita:

I dodici componenti ossei dell'orbita devono essere liberamente mobili perchè il contenuto funzioni normalmente (in particolare i muscoli estrinseci).

Durante la fase inspiratoria primaria:

La grande ala dello sfenoide parte in avanti.

I globi oculari sono leggermente prominenti.

I malari si evertono in basso ed in fuori.

Il diametro supero-interno/infero-esterno aumente e l'orbita si allarga.

I punti di origine dei muscoli estrinseci si muovono in avanti.

Durante la fase espiratoria primaria:

La grande ala dello sfenoide torna indietro

I globi oculari sono leggermente rientrati.

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I malari si invertono in alto ed indietro.

Il diametro supero-interno/infero-esterno diminuisce e l'orbita si restringe.

I punti di origine dei muscoli estrinsechi si muovono posteriormente.

Questi movimenti alternati al ritmo di 10-14 cicli al minuto consentono un pompaggio ed un drenaggio della cavità orbitale ed una dinamica fluidica nel seno delle componenti intra-orbitali

Per quanto riguarda l'occhio, esso possiede il suo movimento respiratorio primario proprio, sincrono a quello del cranio. Durante la fase inspiratoria primaria cranica, il diametro trasversale tende ad aumentare e quindi ad arrotondare l'occhio, con un'accomodazione sincrona del cristallino che reagisce aumentando la sua convessità. Questo diametro tende invece a diminuire a profitto del diametro antero-posteriore e quindi a dare una forma più ovale durante la fase espiratoria con adattamento sincrono del cristallino che diminuisce la sua accomodazione rilassando la sua convessità.

Ne consegue che modifiche funzionali dell'orbita possono, in certo modo, causare delle tendenze a disturbi visivi quando il cristallino si trova portato ai suoi limiti fisiologici di accomodazione o quando un cristallino è deficitario da un punto di vista funzionale e non riesce ad accomodare le medifiche della micro-cinetica orbitale.

Si possono a volte osservare disturbi oculari funzionali di tipo miopia o ipermetria in certi "verticale strain" sfenoidali e di tipo astigmatismo in certe disfunzioni in side bending rotation, molto raramente in certe torsioni croniche.

Fisiopatologia

I. Effetti sull'ambiente circostante:

1. Sulle parti ossee:

- I blocchi delle componenti ossee della volta sono significativi nell'economia delle disfunzioni funzionali dell'orbita e dell'occhio, per la stasi venosa che determinano.

- Il restringersi delle fessure è la causa principale dei ritardi circolatori.

- Nelle torsioni craniche si trovano, nella parte bassa, una fessura sfenoidale ed una fessura sfeno-mascellare ristrette. Questa condizione di "chiusura" è mantenuta dall'aumento di tensione per la torsione della dura madre e causa una stasi ed uno stato di congestione di un emicranio.

- Nella side bending rotation, dalla parte della grande ala bassa, un margine laterale sfenoidale parte in avanti ed uno in basso ed un bordo mascellare parte indietro. A questi movimenti consegue:

Una restrizione della fessura sfeno-mascellare con rischi di disturbi funzionali legati al nervo trigemino.

Una restrizione della fessura sfenoidale che può causare disturbi funzionali al livello dell'occhio.

- Le lesioni del frantale, dello sfenoide (tendine di Zinn) o dei mascellari possono avere conseguenze sulle inserzioni dei nervi oculomotori e rischi di squilibrio muscolare del globo oculare.

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- Le lesioni dell'occipite possono ripercuotersi sul forame lacero-posteriore e provocare una stasi venosa a monte al livello del seno cavernoso con aumento di pressione circolatoria posteriormente all'orbita.

- Le lesioni delle parti condiloidee possono causare lesioni del nucleo del VI situato nel pavimento del 4° ventricolo.

- Lesioni dello sfenoide possono incidere direttamente sui III, IV e VI nervi cranici al livello della fessura sfenoidale e delle pieghe dura-meriche del tentorio del cervelletto. Se un globo oculare è più prominente dell'altro, è necessario controllare la posizione delle grandi ali, soprattutto nelle torsioni o side bending rotation post traumatiche peri-natali o derivanti da choc.

2. Sui nervi:

I, III, IV e VI nervi cranici sono vulnerabili al livello della fessura sfenoidale, delle pieghe dura-meriche e dell'espansione circonferenziale del tentorio del cervelletto che costituisce la parete esterna del seno cavernoso.

I nervi etmoidale anteriore e posteriore, di provenienza dal nervo oftalmico, sono vulnerabili al livello della lamina orbitale del frontale e della lamina cribrosa.

Il nervo infra-orbitale, di provenienza dal trigemino, può essere disturbato al livello del canale infra-orbitale.

Foto 555 - Test statico dei diametri orbitali

Foto 556 - Test dinamico dell'apertura delle orbite.

3. Sulle vene:

Tensioni o stenosi dura-meriche, restringimenti delle fessure o del forame lacero posteriore possono causare la diminuzione del flusso di ritorno e quindi un ritardi circolatorio al livello della vena oftalmica, del seno petroso, del seno cavernoso.

4. Sul contenuto dell'orbita:

Le inserzioni muscolari sono in relazione diretta con eventuali lesioni ossee che provocano squilibri delle funzioni muscolari.

Peraltro, una lesione delle sfenoide (ad esempio la torsione o la S.B.R.) porta come conseguenza un globo oculare in posizione prominente o un globo oculare affossato. Sappiamo che un globo oculare prominente tende a diventare predominante sul piano visivo mentre un globo ritratto tende a perdere le sue funzioni e ad atrofizzarsi.

5. Sui muscoli oculari

La statica posturale dipende dall'integrità degli assi orizzontali in rapporto all'asse verticale mediano:

Asse bipupillare: in relazione con i muscoli oculo-motori e cervicali

Asse delle spalle: in rapporto con i muscoli tonico-tonici cervicali e dorsali.

Asse del bacino: in relazione con i muscoli tonico-tonici dorso-lombari ed estensori delle coscie.

Asse plantere: in relazione con i muscoli tonico-tonici dei piedi e delle gambe.

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Quando gli occhi si spostano contemporaneamente, essi possono spostarsi solo sulla linea orizzontale bi-pupillare. Dallo spostamento della testa deriva una deviazione dell'asse dei canali semicircolari che provoca un aumento di tono degli estensori dell'arto inferiore contro-laterale (opposto alla deviazione del globo oculare). Se la deviazione è irreversibile, si stabilisce un equilibrio instabile dello stato statico attivo e passivo, dovuto ad una correzione oculare e cervicale instabile che compensa permanentemente questa deviazione.

Nei momenti di stanchezza, la compensazione scompare e lo squilibrio meccanico è evidente e si manifesta con l'inclinazione della testa, il sollevamento della spalla, un apparente allungamento dell'arto inferiore.

Trattamento osteopatico

I. Esame dei movimenti dei globi oculari:

1. Coordinazione oculare:

I movimenti di ogni occhio sono coordinati dall'azione simultanea di 6 muscoli: 4 retti e 2 obliqui.

La funzione di ogni muscolo con quella dei suoi nervi si valuta chiedendo al paziente di muovere gli occhi nella direzione controllata dal muscolo.

Vi sono sei direzioni o punti cardinali.

Ad esempio: se il paziente guarda a destra e verso il basso, il muscolo retto inferiore è principalmente responsabile dello spostamento dell'occhio destro (nervo oculo-motore destro), mentre il muscolo grande obliquo sinistro (nervo patetico sinistro) è responsabile del movimento dell'occhio sinistro, questo si verifica durante il medesimo movimento dei globi oculari.

Se uno dei muscoli è paralizzato o insufficiente fisiologicamente, si evidenziano in questa direzione una deviazione coniugata o parallela degli occhi.

2.Esame della cinetica oculare:

Valutare innanzitutto l'ampiezza dei movimenti nei 6 punti cardinali dello sguardo, chiedendo al paziente di seguire il dito del terapeuta o una matita che si spostano nelle 6 direzioni;.

1. Verso la destra del paziente

2. Verso l'alto e a destra della linea mediana

3. Dritto verso il basso

4. Verso sinistra

5. Verso l'alto ed a sinistra della linea mediana

6. Da questa posizione direttamente in basso.

Spostare il dito o la matita alla distanza adatta per il paziente (per la persona di mezz'età o anziana è difficile l'accomodazione di oggetti vicini, caratteristica dei presbiti). Fermarsi quando il paziente guarda in alto e lateralmente per ricreare un nistagmo. Nell'osservazione laterale, mantenere lo sguardo del paziente nel campo visivo binoculare ed evitare i punti di fissazione laterali estremi.

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Esaminare:

- I movimenti normali coniugati o paralleli degli occhio in ogni direzione e qualsiasi deviazione dalla normalità.

- I movimenti anomali degli occhi come quelli del nistagmo, movimento oscillatorio ritmico degli occhi di piccola ampiezza. Alcuni battiti di nistagmo nello sguardo laterale estremo sono nel limite della normalità fisiologica.

- I battiti fra la palpebra superiore ed il globo oculare, gli occhi spostati dall'alto verso il basso. Normalmente la palpebra ricopre leggermente l'iride nel corso di questo movimento.

Esaminare la convergenza oculare:

Chiedere al paziente di seguire dito o matita che si sposta verso la radice del naso. Prendere nota della convergenza degli occhi che è normalmente sostenuta fino alla distanza di 5 _ 8 cm.

II. Diagnosi cinetica di disfunzione orbitale:

1. Test statico dei diametri orbitali (Fig. 555)

Pollici sui punti orbitali supero-interni ed indici sui punti orbitali infero-esterni. Visualizzare la differenza eventuale di dimensione dei diametri orbitali.

2. Test dinamico di apertura delle orbite (Fig. 556)

Lo scopo è di testare l'apertura in rotazione esterna o la chiusura in rotazione interna dell'orbita.

Si tratta di un test simultaneo e comparativo.

Posizione delle dita: indici, da ogni lato, sul margine orbitale del malare. Anulari e mignoli da ogni lato, al livello dell'estremità esterna del malare.

Risultati: apprezzare, con gli anulari ed i mignoli, lo spostamento del margine esterno delle orbite in rotazione interna ed esterna.

Nota: Uno spasmo del muscolo massetere può restringere la cinetica di un malare e falsare in questo modo il test tramite la restrizione cinetica dell'orbita testata. E' quindi necessario assicurarsi della normalità funzionale dei masseteri e se necessario inibirli prima del test.

Foto 557 - Test di tonicità dei muscoli oculo-motori.

3. Test delle differenti componenti ossee dell'orbita:

Fare riferimento ai capitoli inerenti specificatamente ad ogni osso.

4. Test di tonicità dei muscoli oculo-motori (Fig. 557)

Si può testare, con gli occhi del paziente chiusi per evitare il contatto con la cornea, la tonicità ed i movimenti dei muscoli estrinseci dell'occhio apprezzando rispettivamente l'elasticità dei globi oculari ed i movimenti dinamici in tutte le direzioni. E' importante chiedere preliminarmente al paziente se porta lenti a contatto.

III. Trattamento orbitale:

1. Controllo della circolazione di ritorno:

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Armonizzazione della linea occipitale

Pompaggio linfatico del collo

Liberazione sterno-clavicolare

Liberazione delle costole superiori

2. Modellatura orbitale (Fig. 558 a - 558 b)

Tecnica di accentuazione cinetica degli angoli fronto-malari:

Eminenze ipotenar a contatto degli angoli fronto-malari, palmi delle mani paralleli. Sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. Accentuare il senso più libero e seguire il movimento in accumulo di tensioni.Tecnica circolare globale delle orbite:

Posizione delle dita: i polpastrelli delle dita sono a contatto di ogni componente dell'orbita.

I pollici sulle ossa proprie del naso.

I medi sui margini orbitali dei mascellari.

I medi sui margini orbitali dei pilastri del frontale.

I mignoli sulle grandi ali dello sfenoide.

Movimento: Sincronizzarsi innanzitutto al ritmo del M.R.P. Testare la cinetica globale delle orbite. Accentuare il senso più libero e seguire il movimento in accumulo di tensioni.

3. Normalizzazione delle componenti delle pareti orbitali:

Equilibrio cinetico del sacro

Normalizzazione del M.R.P.

Equilibrio cinetico dei frontali

Equilibrio cinetico dello sfenoide

Equilibrio cinetico dell'etmoide

Equilibrio cinetico dei mascellari

Equilibrio cinetico dei malari.

4. Disimpegno delle ossa proprie del naso:

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Disimpegnare verso il basso per liberare la lamina perpendicolare dell'etmoide ed il resto del meccanismo, per consentire un allargamento della fessura sfenoidale e quindi un miglioramento del drenaggio venoso a questo livello.

5. Normalizzazione volta/base:

Equilibrio cinetico dei temporali.

Equilibrio delle tensioni volta/base.

Equilibrio sfera anteriore/ sfera posteriore.

6. Mobilizzazione dei globi oculari (Fig; 559 a - 559 b)

Paziente: in decubito ad occhi chiusi

Terapeuta: in piedi alla testa del paziente

Tecnica: Mobilizzare molto dolcemente i globi oculari con il polpastrello degli indici in dentro ed i medi in fuori ( o tra pollice ed indice). La mobilizzazione è lenta ed accurata in tutte sei le direzioni del movimento oculare. Essa può essere uni o bilaterale.

Portare i globi oculari nel senso del piano più libero e mantenerli mentre il paziente inspira profondamente. Effettuare prima la manovra nelle quattro direzioni principali seguendo la mobilità riscontrata poi nelle sei direzioni.

Nota: Questa tecnica è efficace in tutti i casi di congestione dell'occhio e nei casi di glaucoma dove si possono verificare risultati spettacolari per la sensazione di conferto provata dal paziente dopo la manovra.

7. Inibizione neuro-vegetativa:

Del ganglio ortosimpatico cervicale superiore: indice al livello delle apofisi trasverse di C1, anteriormente ai muscoli sterno-cleido-mastoidei.

Della catena collaterale profonda ortosimpatica: con pressioni lente, dolci e ritmate al livello delle linee occipitali e della nuca. Questa tecnica ha anche un'azione stimolante sui X e XI nervi cranici e sulla circolazione generale del corpo. Si tratta di un'eccellente tecnica sinergica della compressione del 4° ventricolo, da effettuare prima della tecnica ventricolare.

8. Compressione del 4° ventricolo:

Aumento della circolazione del liquido cefalo-rachidiano. Azione simpaticolitica e parasimpaticotonica. Questa manovra può essere praticata all'inizio di una seduta.

III. Esempio di piano di trattamento:

Prima seduta:

Esame cranico e cervicale

Trattamento circolatorio di ritorno

Compressione del 4° ventricolo

Modellatura dell'orbita (angolo malare, anglo frontale)

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Seconda seduta:

Trattamento dei temporali (movimenti fisiologici)

Equilibrio della volta cranica

Riequilibrio di tutte le componenti dell'orbita:

- etmoide

- malari

- ossa proprie del naso

- sfenoide ecc.

Terza seduta:

Mobilizzazione di tutte le componenti dell'orbita

Mobilizzazione dei globi oculari.

Foto 558 a - Tecnica di modellatura dell'orbita

Foto 558 b - Tecnica di modellatura dell'orbita

Foto 559 a - Tecnica di mobilizzazione dei globi oculari

Foto 559 b - Tecnica di mobilizzazione dei globi oculari (variante).

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Page 399: Trattato paratico di Osteopatia Cranica.doc

CAPITOLO 47

TRATTAMENTI OSTEOPATICI DELLE FOSSE NASALI

Anatomia:

I. Le componenti ossee (Fig. 560 - 564)

Situate sotto le orbite e le cavità cranica e sopra la cavità buccale, le fosse nasali presentano:

Un pavimento

Un tetto

Una parete esterna ed una parete interna

Tutti questi elementi sono tappezzati dalla mucosa nasale

1. la parete esterna è formata da sei ossa:

La faccia interna della branca ascendente del mascellare

La faccia interna dell'unguis

Lo iatus mascellare

La faccia interna della branca verticale del palatino

La faccia interna della massa laterale dell'apofisi pterigoidea dello sfenoide

La faccia interna della massa laterale dell'etmoide che sostiene i cornetti medio e superiore

Il cornetto inferiore.

2. La parete interna è ricoperta da tre cornetti:

Il cornetto inferiore399

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- Si tratta di un osso indipendente, lungo da 4 a 5 cm, con un ruolo all'interno del meccanismo di termo-regolazione dell'aria inspirata. esso si inserisce sulla cresta turbinata inferiore della branca ascendente del mascellare e sulla cresta turbinata inferiore della branca verticale del palatino. Il suo margine superiore comprende tre apofisi:

L'apofisi lacrimale che sale verso il margine inferiore dell'unguis e limita internamente il 1/3 inferiore della doccia lacrimale del mascellare.

L'apofisi mascellare che s'incurva verso il basso: trinagolare a sommità inferiore, essa riempie tutta la parte dello iatus mascellare situato sotto il margine superiore del cornetto.

L'apofisi etmoidale incostante che è articolare con l'apofisi unciforme dell'etmoide.

Il cornetto medio è un'espansione della laterale dell'etmoide. Lungo da 3 a 5 cm, esso si inserisce:

sulla cresta turbinata superiore del mascellare, sulla faccia interna della massa laterale dell'etmoide, sulla cresta turbinata superiore del palatino. Anteriormente al cornetto medio si trova un rigonfimanto: l'Agger Nasi.

Il cornetto superiore o cornetto Morgani, è formato anch'esso dalla massa laterale dell'etmoide: lungo 2 cm, esso è situato a 8 mm dalla lamina cribrosa dell'etmoide.

I tre cornetti determinano meati:

Il meato inferiore dove emerge la doccia lacrimale; il meato mediano dove sfociano gli orifizi dei seni fronatle, mascellare, etmoidale anteriore e posteriore; il meato superiore, posteriormente, dove si trova l'orifizio del seno sfenoidale ed il foro sfeno-palatino.

3. Il tetto è costituito:

- anteriormente, al livello del segmento fronto-nasale: dalla spina nasale del frontale internamente, dalla parte posteriore della faccia interna delle ossa proprie del naso esternamente.

- in centro, al livello del segmento etmoidale, dalla lamina cribrosa.

- posteriormente, al livello del segmento sfenoidale: dal processo sfenoidale e dal corpo dello sfenoide, dall'ala del vomere, dall'apofisi vaginale dell'apofisi pterigoidea dello sfenoide, dall'apofisi sfenoidale del palatino.

4; Il pavimento è costituito:

nei suoi 2/3 anteriori, dall'apofisi palatina del mascellare

nel suo 1/3 posteriore, dalla lamina orizzontale del palatino.

Fig. 560 - Costituzione esterna delle fosse nasali

Fig. 561 - parete esterna delle fosse nasali

Fig. 562 - Parete interna delle fosse nasali

Fig. 563 - Orifizi delle fosse nasali

Fig. 564 - Le fosse nasali ed i seni della faccia

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5. La parete interna o setto delle fosse nasali è costituito:

dal setto nasale anteriormente ed inferiormente, dalla lamina perpendicolare dell'etmoide in alto e posteriormente, dal vomere in basso ed indietro. Notare che la parte inferiore del setto nasale presenta la zona molto vascolarizzata a macchia rossa vascolare di Kisselbach, punto emuntorio nelle epitassie.

II. La mucosa delle fosse nasali

Essa ricopre tutte le parti ossee e comprende (Fig. 565)

Una zona vestibolare: zona di transizione tra epidermide e mucosa respiratoria. Si tratta della zona pre-turbinata. A questo livello, l'epidermide ha perso il suo strato corneo ma le ghiandole a muco fanno ancora difetto.

Una zona respiratoria: rossa, molto vascolarizzata, si tratta della zona turbinata che è costituita:

in profondità da un epitelio con cellule cigliate e mucipare ed in superficie dal corion con le sue ghiandole mucose.

Una zona olfattiva: liscia e gialla. Si tratta della zona sopra-turbinata o zona di Shultze e da un corion formato dalle cellule ghiandolari gialle.

III. Vascolarizzazione delle fosse nasali (Fig. 566 - 567)

1. L'irrigazione arteriosa avviene:

tramite le arterie etmoidali anteriore e posteriore: provenienti dall'arteria carotide interna, esse attraversano la lamina cribrosa per i fori etmoidali anteriore e posteriore e irrigano la macchia rossa internamente ed il meato inferiore esternamente;tramite l'arteria naso-palatina: proveniente dall'arteria carotide esterna, essa attraversa il foro sfeno-palatino e si distribuisce nei meati medio e superiore.

2. Il drenaggio venoso avviene tramite il plesso venoso pterigoideo ed il plesso cavernoso.

IV. Innervazioni delle fosse nasali (Fig. 568 - 569)

1. la sensibilità generale è veicolata dal trigemino:

Il nervo oftalmico forma il nervo nasale che si suddivide in

- nervo nasale esterno tramite i tegumenti della radice del naso e la parte superiore della piramide nasale

- nervo nasale interno o etmoidale anteriore per la zona vestibolare pre-turbinata, i cornetti medio e inferiore e la parte inferiore della piramide nasale.

Il nervo mascellare superiore innerva la maggior parte delle fosse nasali tramite uno dei suoi rami terminali, il nervo sfeno-palatino che si anastomizza con il ganglio sfeno-palatino e forma:

- il nervo nasale-superiore

- il nervo naso-palatino

- il nervo nasale-inferiore.

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2. L'innervazione sensoriale è assicurata dal nervo olfattivo tramite le cellule di Shultze e del bulbo olfattivo.

3. L'innervazione neuro-vegetativa proviene dalla catena intermedio-lateralis del midollo fra C6 e D2/D3 tramite il ganglio stellato (Fig. 569). Il corpo cellulare di questa catena si trova nel ganglio cervicale superiore, sono interessate ugualmente C1 _ C2.

Il plesso carotideo si anastomizza con il nervo vidiano e forma:

Il nervo grande petroso superficiale anastomizzato con il VII

Il nervo grande petroso profondo anastomizzato con il IX tramite il

nervo di Jacobson.

.Il nervo vidiano, che per quanto lo riguarda, si anastomizza con il ganglio sfeno-palatino ricevendo le fibre ortosimpatiche peri-carotidee e ritrova, al assaggio, il nervo mascellare superiore.

Il ganglio sfeno-palatino ha un ruolo molto importante per le mucose delle fosse nasali (trofismo, secrezioni, peristalsi), per l'occhio (sindrome sfeno-palatina) e per la rino-faringe.

Esso si trova sulla parete posteriore della parte più profonda della fossa pterigo-mascellare, in una fossetta a forma di imbuto a cono posteriore che fa seguito al canale vidiano e fuori dal palatino, contro il corpo e la parte inferiore della grande ala dello sfenoide, a fronte del foro sfeno-palatino dove passa il pacchetto vascolare e neuro-vegetativo destinato alle mucose delle fosse nasali.

Esso presenta la forma di una pera di circa 5 mm di lunghezza e 3 mm di spessore la cui coda posteriore è formata dal nervo vidiano, nel canale vidiano che sbuca nella parte più alta dell'apofisi pterigoidea dello sfenoide.

Come tutti gli organi fondamentali del corpo umano esso ha sede in un tessuto adiposo abbondante e fluido che colma gli spazi liberi della parte più profonda della fossa pterigo-mascellare che ne assicura la protezione ossea. Così il ganglio sfeno-palatino viene a trovarsi chiuso in una sorta di scrigno osseo e protetto da un "bozzolo" di tessuto connettivo lasso e adiposo che assorbe, da una parte, le modifiche di volume della fossa pterigo-mascellare durante i movimenti di flessione-estensione cranica e dall'altra parte gli eventuali traumi o micro-traumi.

Il ganglio sfeno palatino rappresenta il centro funzionale pre-viscerale dell'apparato lacrimale e delle mucose della cavità buccale, nasale e faringea superiore" (Delmas - 1952).

Esso si anastomizza con:

Il nervo vidiano formato dall'unione:

del grande nervo petroso superficiale (ramo parasimpatico muco-lacrimo-nasale del VII vi si trova trasportato)

del nervo grande petroso profondo (ramo parasimpatico salivare superiore del VII bis ed inferiore del IX)

di un ramo simpatico proveniente dal plesso della carotide interna tramite l'arteria vidiana e di un ramo simpatico proveniente dalla carotide esterna tramite l'arteria mascellare interna.

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Il nervo mascellare superiore: da questo punto, le fibre neuro-vegetative prendono la strada del nervo mascellare superiore e raggiungono l'occhio, per mezzo del nervo lacrimale (ramo del nervo oftalmico) per la ghiandola lacrimale e la mucosa della palpebra.

I nervi sfeno-palatino e pterigo-palatino, destinati alle mucose buccale, nasale, faringea ed alle mucose dei seni ossei che sono loro annessi (seni sfenoidale, etmoidale, frontale e mascellare).

Le fibre ortosimpatiche efferenti ipofisarie che consentono la relazione diretta con l'apofisi passando dal forame grande rotondo per venire sulla faccia esterna del lobo anteriore dell'ipofisi.

Il ganglio di Meckel riceve anch'esso le afferenze sensitive del trigemino.

Nel complesso, la coppia ganglio sfeno-palatino/trigemino è "l'incrocio" fondamentale della riflessoterapia neuro-vegetativa.

Fig. 567 - Vascolarizzazione delle fosse nasali.

Equilibrio cinetico

I. Piano di trattamento:

In tutte le disfunzioni delle fosse nasali, sarà necessario effettuare:

Un equilibrio delle fasce:

fasce cervicali superiori (relazione occipite-naso)

fasce cervicali inferiori (C6 - C7)

fasce dorsali superiori (C7 - D3)

Un trattamento delle zone cervicali alta (CO - C1 - C2) e cervico dorsale (C7 - D3)

Una inibizione del ganglio sfeno-palatino: i tessuti molli attorno a questo ganglio possono essere contattati nella fossa pterigo-mascellare.

Una correzione delle disfunzioni cinetiche delle componenti ossee delle fosse nasali e della S.S.B. per recuperare la normalità fisiologica del M.R.P.

Una verifica meticolosa della cinetica etmoide-vomere per l'azione di pompaggio dei seni frontali ed etmoidali e di quella del malare per un'azione di pompaggio del mascellare superiore e quindi del seno mascellare.

II.Test cinetici:

1.Test globale della faccia (Fig. 570)

Scopo: reperire una zona in restrizione, se essa esiste. I test specifici verranno in seguito per reperire la parte ossea induttrice della disfunzione globale.

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Posizione delle mani: pollici da una parte e dall'altra della sutura metopica. Indici su malari e mascellari.

Risultati: apprezzare il seno della lesione della mobilità globale in rotazione esterna. Apprezzare globalmente, per zone, la densità della tessitura e la rigidità delle strutture ossee. Se si incontra un lato in restrizione cinetica di rotazione esterna, passare ai test specifici per reperire la disfunzione che la causa.

2. Test specifici:

Test del malare:

Esempio per un malare in disfunzione cinetica in rapporto all'osso con il quale si articola, ad esempio al livello della sutura fronto-malare. bisogna testare il comportamento del malare in rapporto al frontale nel corso delle diverse fasi del M.R.P.

Bloccare il frontale, disimpegnare il malare visualizzando con cura l'orientamento della sutura, poi testare il malare in rotazione interna-rotazione esterna.

Risultati: se il malare possiede un'ampiezza maggiore in rotazione interna, ci si trova in presenza di una disfunzione cinetica del malare in rotazione interna.

Nota: se, in generale, il malare è in rotazione interna, bisogna testare il malare in tutti i suoi rapporti articolari con le ossa che lo circondano, vale a dire al livello temporo-malare, maxillo-malare, fronto-malare e sfeno-malare.

Test del mascellare in rapporto:

a malare ed etmoide

all'altro mascellare

al frontale

allo sfenoide

al vomere ed al palatino

Test delle ossa proprie del naso in rapporto:

al frontale

al mascellare

Test del vomere in rapporto:

ai mascellari

allo sfenoide (cinetica della glabella)

Fig. 565 - La mucosa delle fosse nasali

Fig. 566 - Vascolarizzazione delle fosse nasali

Fig. 568 - Innervazione delle fosse nasali

Fig. 569 - Innervazione delle fosse nasali

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Test dei tessuti molli del ganglio sfeno-palatino

Questo test deve essere effettuato in modo bilaterale e comparativo su dei criteri di dolore e rigonfiamento.

Test in V spread delle differenti articolazioni delle componenti ossee.

III. Correzione delle fosse nasali

1. Disimpegno della lamina perpendicolare e della lamina cribrosa:

Durante la fase espiratoria primaria, praticare una accentuazione della rotazione interna dei frontali associata ad una espirazione toraco-addominale e ad una apnea espiratoria trattenuta il più a lungo possibile. Durante l'apnea, rilasciare leggermente la rotazione interna ed indurre una risalita del frontale per consentire il disimpegno del solco etmoidale del frontale in rapporto all'etmoide.

In fine di apnea ed all'inizio dell'inspirazione toraco-addominale, indurre direttamente i frontali in rotazione esterna associandovi in caso di bisogno un "frontal lift" ed una apnea inspiratoria del paziente. ritestare comparativamente.

2. Mobilizzazione del piano medio che comprende:

Palato

Vomere

Etmoide

Sfenoide

Test e correzione:

Indurre una leggera spinta sul palato appena dietro agli incisivi per procurare una flessione della S.S.B. Normalmente si ottiene così una risposta in flessione al livello della glabella, caratterizzata da un'incavarsi del nasion e da un leggero movimento in flessione della glabella.

Indurre in seguito una leggere spinta cefalica sulla sutura cruciforme per procurare un'estensione della S.S.B. Si ottiene di norma una risposta in estensione al livello del nasion che si colma e della gabella che si muove in estensione.

Nel caso di grossa disfunzione cinetica in estensione con palato duro:

Indurre un'accentuazione in rotazione interna sulla sutura cruciforme. Immediatamente dopo, esercitare un'induzione in flessione sulla glabella fino a sentire il movimento di discesa del palato.

Cercare in seguito di mobilizzare in flessione-estensione diverse volte per mobilizzare l'asse centrale e procurare un movimento di pompaggio.

3. Disimpegno della branca ascendente del mascellare:

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Tenere le ossa proprie del naso tra pollice ed indice della mano cefalica. In seguito disimpegnare i mascellari verso il basso con la mano caudale. La mano cefalica contatta anche i frontali, li testa simultaneamente nella manovra in rotazione interna ed esterna e ne accentua la cinetica in caso di necessità.

4. Mobilizzazione delle articolazioni maxillo-palatine superiori ed inferiori:

- Si può ad esempio riscontrare, nella torsione della S.S.B. dalla parte dell'ala alta, una restrizione cinetica tra l'apofisi piramidale del palatino e l'ala pterigoidea.

- La correzione dovrà essere precisa e meticolosa: durante la fase espiratoria primaria, la mano cefalica induce una trazione cefalica dello sfenoide in estensione tramite le grandi ali, associata ad una accentuazione della torsione verificata dalla S.S.B. L'indice della mano caudale, posizionato sulla parte posteriore della lamina orizzontale del palatino, induce in seguito una leggera trazione sul margine posteriore del palatino associata ad una rotazione interna al livello dell'arcata alveolare. Aggiungere alla manovra una espirazione toraco-addominale ed una apnea respiratoria trattenuta il più a lungo possibile dal paziente. Alla fine dell'apnea espiratoria ed all'inizio dell'inspirazione toraco-addominale, indurre, con la mano cefalica, lo sfenoide direttamente in torsione opposta, riportando in flessione S.S.B. durante l'inspirazione.

5. Correzione del V spread

V spread dei malari:

aggravamento del malare per presa extra-buccale con 2 dita da una parte e dall'altra della sutura.

Direzione di forze sul frontale opposto

Apnea espiratoria associata se la disfunzione si presenta in rotazione interna

Associare una dorsi-estensione del piede contro-laterale

Apprezzare la ripresa cinetica del malare, indice di avvenuta correzione. Ritestare.

V spread sulle ossa proprie del naso:

praticare un leggero disimpegno verso il basso delle ossa associato ad un divaricamento laterale di queste stesse parti ossee. Applicare la direzione delle forze sull'occipite.

V spread tra ossa proprie e branca ascendente del mascellare

V spread tra ossa proprie e frontale

V spread al livello della sutura metopica.

6. Equilibrio del cornetto inferiore.

Durante la fase inspiratoria primaria cranica, i cornetti inferiori compiono un leggero svolgimento in rotazione esterna e forniscono in questo modo una maggiore libertà alle fosse nasali per il passaggio dell'aria inspirata.

Durante la fase espiratoria primaria cranica, essi si avvolgono leggermente in rotazione interna e consentono all'aria espirata di uscire per lo più dal meato medio dove si trovano gli orifizi di drenaggio dei seni.

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Lesioni posturali o disfunzioni cinetiche possono causare una mancanza di libertà respiratoria da una narice. Gli interventi chirurgici a questo livello hanno la stessa conseguenza sulla cinetica dei cornetti e non risolvono in alcun modo i disturbi funzionali legati alla cinetica dei cornetti.

L'equilibrio della cinetica dei cornetti si effettua principalmente ed innanzitutto con la correzione delle disfunzioni dei mascellari superiori, dell'etmoide, dei palatini o della S.S.B. poi con la mobilizzazione accentuata, ritmata e sincrona al M.R.P. delle ossa della faccia.

7. Correzione specifica dei diversi componenti delle fosse nasali in relazione articolare con le ossa che le circondano.

Il lettore farà riferimento ai diversi capitoli che trattano delle correzioni specifiche per ogni osso.

Foto 570 - Test cinetico globale della faccia.

CAPITOLO 48

TRATTAMENTO OSTEOPATICO DELLA CAVITA' BUCCALE

La volta palatina

Di fatto l'osso della base, l'etmoide, per il suo rapporto con l'orbita e le cavità nasali, deve essere preso in considerazione in questo capitolo.

Le lesioni di questa zona raggiungono l'articolazione dei malari, dei mascellari e dei palatini e possono estendersi alle ossa della base. L'asimmetria cranico-facciale può provenire da un disturbo della crescita o dello sviluppo o essere secondaria a modifiche posturali dovute ad esempio ad una scoliosi. Una scoliosi di origine cefalica si accompagna spesso con una scoliosi settale e con disturbi dentali, nasali, auditivi.

Richiamo anatomico

Il pavimento della cavità buccale è formato da un segmento osseo: la mandibola e da un pavimento molle: la lingua.

Il soffitto della cavità buccale è costituito dal palato, formato dalle branche orizzontali dei mascellari anteriormente, dalle apofisi pterigoidee e dai palatini posteriormente, per quanto riguarda la sua parte ossea e dal velo del palato per la sua parte molle. La cavità buccale è delimitata lateralmente dalle branche verticali delle mandibole nella parte posteriore e dalle guance nella parte anteriore. Essa si conclude anteriormente con l'orifizio buccale, contornato dalle labbra. La cavità buccale comunica lateralmente con le fosse pterigo-mascellari e posteriormente con la naso-faringe o l'oro-faringe.

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Richiamo fisiologico

Durante la fase inspiratoria primaria cranica, l'occipitale si posiziona in flessione ed induce i temporali in rotazione esterna. La cavità glenoidea del temporale si porta quindi leggermente indietro ed in dentro. I condili mandibolari indietreggiano leggermente e causano quindi una leggera ritrazione mandibolare. Le branche orizzontali mandibolari si divaricano lateralmente nella parte posteriore, aprendo l'angolo inter-mandibolare e consentendo la continuità di una corretta occlusione con le arcate dentali superiori. Parallelamente ed in modo sincrono, lo sfenoide si porta in flessione, inducendo una flessione etmoidale ed una rotazione esterna bilaterale delle ossa periferiche della faccia. Il frontale, i malari, i mascellari ed i palatini si portano in rotazione esterna. La volta palatina scende e si orizzontalizza. Le arcate dentali diventano più oblique in basso ed in fuori ed i denti si divaricano leggermente. La lingua si allarga lateralmente e si accorcia antero-posteriormente seguendo la cinetica generale della cavità buccale.

Fisiopatologia

I. Effetti sull'ambiente circostante:

1. Sulle parti ossee;

La restrizione del movimento può estendersi a distanza, come nel caso di un malare o di un mascellare superiore in disfunzione che causa restrizione della S.S.B. e quindi di tutta la cinetica del M.R.P.

Le deviazioni del setto nasale sono legate a disturbi dello sviluppo afferenti alla cartilagine o alla lamina perpendicolare dell'etmoide piuttosto che dal vomere.

Se lo spazio tra il tetto delle fosse nasali ed il palato è insufficiente, il setto può essere flesso o il vomere, spinto in basso tra i mascellari, può formare una convessità mediana del palato che caratterizza il Torus palatinus. Le lesioni dei mascellari superiori sono comuni quando i denti sono mal impiantati. Le dentellature delle suture inter-mascellari ed inter-palatine consentono ad un lato del palato duro di essere più basso dell'altro. Quando uno si trova in rotazione esterna e l'altro in rotazione interna, lo sfenoide si è girato su un asse antero-posteriore. Questo è evidente al livello dei contorni posteriori della dentatura posteriore.

Un trauma troppo forte dopo un'estrazione dentaria può creare notevoli problemi agli occhi, alle orecchie, al naso ed alla gola. In questo caso, le apofisi girano l'una verso l'altra. Si verifica un restringimento dei cornetti e della fessura orbitale inferiore, una restrizione dell'espansione delle fosse nasali, una riduzione del movimento dei palatini ed una interferenza immediata sulla funzione del ganglio sfeno-palatino che è di primaria importanza per la circolazione e il trofismo delle mucose della bocca, del naso e della naso-faringe. Con la loro influenza sul ganglio sfeno-palatino le disfunzioni dei palatini sono un'eziologia frequente ed importante in quadri clinici come raffreddori da fieno, rinite, sinusite ecc.

e' stata spesso usata una pratica chirurgica, spesso inutile, al livello delle suture inter-nasali mentre è di gran lunga preferibile, quando possibile, il rilassamento della fissazione della cinetica primaria.

2. Sui nervi:

Le radici del nervo trigemino sono motrici dei muscoli pterigoidei, massetere e temporali e sensitive per gran parte della faccia e della testa. I rami motori passano dal forame ovale e la più gran parte del nervo si estende sopra il forame lacero anteriore, da cui le conseguenze di una disfunzione petro-sfenoidale.

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La prima branca del trigemino, il nervo oftalmico di Willis, può essere affetta da tensioni membranose o da una stasi congestiva al livello del seno cavernoso che attraversa. Un restringersi del solco etmoidale può ledere il nervo nasale.

La seconda branca del nervo trigemino, il nervo mascellare superiore, può soffrire di tensioni durali al livello del forame grande rotondo. Il ganglio sfeno-palatino appeso nella fossa pterigo-mascellare e sottomesso alle pressioni dei tessuti molli nei casi di lesione dello sfenoide. La sua appendice infra orbitale è interessata da eventuali disfunzioni dei palatini e del mascellare superiore.

La terza branca del trigemino, il nervo mascellare inferiore, lascia la fossa cranica mediana in uno sdoppiamento della dura-madre. Tensioni durali al livello del forame ovale, situato vicino alla spina angolare dello sfenoide, che è il braccio di leva più importante, nel corso del movimento fisiologico o patologico, possono essere origine di disturbi funzionali nel territorio di questa terminazione nervosa. Il trigemino in generale, nella sua distribuzione sensitiva, è all'origine di un importante numero di dolori, perdite di sensazione, disestesie riflessive, trisma, disturbi trofici e secretori al livello delle zone dove si distribuisce. Esso fornisce pure i 3/4 delle fibre sensitive delle meningi. E' coinvolto in molti casi di emicrania, in particolare lungo le linee suturali.

Egli ha origine, bilateralmente, nel Ponte ed in basso fino a C3, in prossimità dei rami del plesso cervicale e delle radici del VI. Così, gli stimoli sensitivi al livello del naso, dei seni, dei denti, degli occhi o delle orecchie possono originare fenomeni dolorosi sulla fronten sulla tempia o nella regione occipitale. Queste anastomosi, tramite i gangli ciliari, sfeno-palatini, ottici ed infra-mascellari, così come il plesso carotideo, allargano la sfera di influenza possibile.

II. Fenomeni provocati da lesioni:

- Un palato il cui arco è alto significa testa in estensione, fosse nasali ristrette, setto nasale flesso, interferenza sulla circolazione: sangue, linfa, aria ed altre possibili conseguenze.

- Le posizioni della volta e le sue disfunzioni cinetiche, sono molto spesso conseguenti alla posizione dello sfenoide. Benché esso non si articoli direttamente con la volta palatina, esso è in rapporto cinetico con essa tramite i palatini. Di fatto, sul piano dell'osservazione, lo studio dei contorni del palato duro costituisce il modo migliore di osservare la posizione dello sfenoide.

Quando le grandi ali sono divaricate in avanti e quindi sopra uno sfenoide in posizione di flessione, il palato è duro, largo e basso. L'abbassamento e l'allargamento sono accentuati dalla posizione delle apofisi pterigoidee.

Quando le grandi ali sono alte e strette sopra uno sfenoide in posizione di estensione, la volta palatina è conformata ad ogive ed il paziente è spesso costretto a respirare con la bocca poiché anche le fosse nasali sono ristrette.

- L'aspetto della volta può derivare anche da un trauma o da micro traumi costanti e ripetuti: nascita difficile, choc, interventi dentari, errata masticazione ecc.

III. Posizione della lingua in rapporto agli strain verticali (secondo V. FRYMANN)

La lingua è appesa sotto la base del cranio tramite i legamenti ed i muscoli stiloidei dal temporale alla mandibola. Anteriormente ed inferiormente, la parte interna della mandibola, l'osso ioide e la cartilagine cricoide assicurano l'equilibrio delle tensioni della lingua. La mandibola serve alla lingua da punto di fulcro tra osso ioide e base del cranio.

La lingua segue il M.R.P. ed esegue movimenti di rotazione interna ed esterna. Durante l'espirazione si restringe dal davanti al dietro. Durante l'inspirazione si allarga lateralmente ed è meno spessa.

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Durante la fase inspiratoria primaria, la bocca si allarga lateralmente e si accorcia antero-posteriormente. La rotazione esterna dei temporali fa si che la mandibola si posteriorizzi. Durante la rotazione esterna dei mascellari superiori, la lingua si restringe dal davanti al dietro e si allarga lateralmente. Durante la respirazione primaria, l'osso ioide può muoversi anteriormente e posteriormente quando tutto è normale.

Nei casi di strain verticali, la tensione delle fasce del collo genera una rigidità delle stesse fasce a cui consegue una restrizione della mobilità dell'osso ioide. I movimenti della lingua ne risultano allora diminuiti.

Nel caso di strain sfenoidale verticale superiore, lo sfenoide è in flessione con rotazione esterna dei mascellari superiori. Si verifica congiuntamente una estensione dell'occipite ed una rotazione interna dei temporali. Questo meccanismo dei mascellari superiori allarga la volta ma "accorcia" il diametro antero-posteriore della cavità buccale. Di fatto, la lingua è spinta in avanti.

Nel caso di strain verticale sfenoidale inferiore, lo sfenoide si trova in estensione. Il palato risale, i mascellari superiori si trovano in rotazione interna. Si verifica un restringersi laterale della cavità buccale con avvicinamento dei denti. L'occipite si trova in flessione ed i temporali in rotazione esterna. Per questo, la lingua deborda su un lato e spinge i denti.

La posizione della lingua dipende soprattutto dalla posizione occipite-temporale. Ad ogni movimento di deglutizione, la lingua è spinta in avanti.

Nella torsione, si verifica il contatto della lingua da una parte e non dall'altra. Il contatto avviene dalla parte del temporale in rotazione esterna. Bisogna qui ricordare che la torsione sfeno-basiliare ha effetti più importanti per i legamenti sfeno-mandibolari che non il side bending rotation.

Trattamento osteopatico

I. Esame della volta palatina:

1. esame palpatorio della posizione:

Questo esame ha lo scopo di apprezzare la posizione di un mascellare rispetto all'altro o di un palatino rispetto all'altro. Ha anche lo scopo di apprezzare la sensazione di elesticità o rigidità della volta nel suo insieme o di una emi-volta in rapporto all'altra. Infine esso consente di apprezzare la densità ossea della sutura intermascellare e di scoprire un eventuale torus palatinus.

2. Test cinetici dei mascellari:

Test unilaterale (Fig. 571)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto dalla parte opposta al mascellare da testare.

Posizione delle mani: inserire l'indice munito di un dito di gomma, lungo la faccia esterna del mascellare superiore all'interno della guancia il più lontano possibile senza disturbare il paziente. Il pollice e l'indice dell'altra mano stringono le branche ascendenti dei mascellari, per apprezzare il movimento a questo livello.

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Movimento: innanzitutto sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. Poi effettuare una palpazione passiva della cinetica della parte ossea. Indurre in seguito la rotazione esterna girando il dito intra-buccale in pronazione, per ottenere un leggero sollevamento dell'apofisi malare lateralmente in dentro e verso l'alto. Indurre in seguito la rotazione interna e girare l'indice intra-buccale in supinazione in basso ed in dentro.

Risultati: il mascellare girerà con più facilità e con maggiore ampiezza nella sua posizione di disfunzione.

Nota: questo test può essere effettuato anche bilateralmente per via esterna (Fig. 572).

II. Correzione dei mascellari: (vedere capitolo sulle disfunzioni mascellari)

1. Nel bambino: per correggere gli archi alveolari, il terapeuta appoggia i gomiti sul tavolo, pugni stretti, la base dei palmi delle mani ravvicinate. Per la parte superiore, i pollici soni introdotti all'interno degli archi, poi si stendono lateralmente girando sul mignolo stretto e sulle eminenze ipotenar. Con una leva identica ma con gli indici tesi, si possono allargare gli archi alveolari inferiori.

2. Nell'adulto: si può spesso osservare una ineguaglianza dei lati del palato duro. Uno è in rotazione esterna, mentre l'altro si trova in rotazione interna. Oltre alla correzione sfeno-basilare e dei mascellari superiori, sarà necessario modellare le apofisi palatine. Per questo, contattare a V la volta palatina con il polpastrello dell'indice e del medio. Un dito immobilizza la faccia inferiore dell'apofisi orizzontale che si trova in posizione bassa e piatta. posizionare in seguito il polpastrello dell'altro dito sulla faccia interna dell'apofisi alveolare opposta per portarla lateralmente, ed abbassare così la concavità dell'apofisi palatina orizzontale rialzata. Nei casi di cattiva occlusione, la correzione del mascellare superiore può disturbare i rapporti occlusivi risultanti da una protesi. Si consiglia di informare il paziente e di consigliargli un nuovo esame dell'occlusione presso uno specialista.

3. Correzione delle disfunzioni in rotazione interna ed esterna dei mascellari:

Posizione del paziente: in decubito

Posizione del terapeuta: seduto dal lato opposto alla disfunzione da trattare

Posizione delle dita:indice intra-buccale all'interno della guancia sulla faccia esterna del mascellare, sotto l'apofisi malare. Pollice e medio dell'altra mano sulle grandi ali per controllare l'unità pterigo-palatina.

Movimento: se la disfunzione è in rotazione interna, per ottenere una correzione per accentuazione della disfunzione, far rotolare il dito in dentro ed in alto e mantenere la posizione senza bloccare il M.R.P. fino ad ottenere lo Still point. Ritestare il nuovo punto di bilanciamento.

Sollecitare la collaborazione del paziente chiedendo una espirazione toraco-addominale profonda seguita da una apnea espiratoria. Per una correzione diretta, l'indice dovrà indurre il mascellare verso il basso in rotazione esterna fino al punto di rilassamento che si raggiunge generalmente negli ultimi minuti dell'apnea inspiratoria del paziente.

4.Correzione maxillo frontale:

Correzione bilaterale:

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Fissare il frontale con una pressione postero-superiore sulla glabella mentre il pollice e l'indice dell'altra mano portano le branche verticali dei mascellari superiori verso il basso e nel frattempo riconducono le branche verticali verso l'altra.

Correzione unilaterale:

Fissare con una pressione postero-superiore sulla glabella mentre l'indice intra-buccale dell'altra mano induce il mascellare fino al raggiungimento dello Still point. Si può effettuare una direzione del fluido partendo dalla squama dell'occipitale opposto (V spread)

Equilibrio bilaterale:

Per equilibrare i due mascellari per via esterna, basta posizionare pollice ed indice che racchiudono esternamente il labbro superiore e la guancia al livello dei denti superiori mentre l'altra mano contatta le grandi ali per controllare l'unità pterigo-palatina.

5 Correzione inter mascellare:

Prima di tutto , testare la sutura per apprezzare la mobilità delle strutture. In caso di restrizione intermascellare, alzare e stendere le due apofisi palatine dei mascellari superiori per ottenere il movimento di rotazione esterna ed interna. Poi, mobilizzare questa sutura con indice e medio di una sola mano o con due indici mentre le altre dita ed il palmo appoggiano leggermente sulla faccia.

6.Correzione maxillo-palatina:

Abbassare il margine posteriore delle apofisi palatine dei mascellari ed aprire la sutura palatina portando i mascellari in rotazione esterna, inducendo una flessione del palato con le dita a contatto degli incisivi superiori. Simultaneamente, il pollice e l'indice dell'altra mano portano lo sfenoide in estensione per mezzo delle grandi ali. E' possibile bilanciare lo sfenoide sul suo asse antero-posteriore, mentre si portano i mascellari in direzione opposta per ottenere un rilassamento membranoso a partire dall'inion.

7. Correzione delle lesioni intra-ossee:

Le lesioni intra-ossee hanno origine prenatale. Esse si situano tra un pre ed un post mascellare, ossia tra incisivi e canini a causano delle deformazioni dell'arco alveolare a "denti di daino" (incisivi che avanzano). Esse si prestano alla modellatura del mascellare se questa è intrapresa precocemente.

Foto 571 - Test cinetico dei mascellari per via interna (test unilaterale)

Foto 572 - Test cinetico dei mascellari per via esterna (test bilaterale).

III Correzione dei palatini:

(Vedere il capitolo sulle disfunzioni palatine)

Le lamine orizzontali dei palatini costituiscono una piccola parte dell'estremità posteriore del palato duro. Le disfunzioni dei palatini hanno incidenza sulla funzione del ganglio di Meckel e nella sintomatologia oculare.

1. Test posizionale e cinetico.

Posizione del paziente: decubito

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Posizione del terapeuta: seduto dal lato da testare

Posizione delle mani: l'indice ed il medio della mano caudale sono inseriti lungo la faccia inferiore dei denti superiori, poi spostati internamente per contattare la lamina orizzontale del mascellare e del palatino e determinare la sua posizione e la sua cinetica in rapporto all'apofisi ptegoidea dello sfenoide ed in rapporto alla lamina orizzontale del mascellare. La mano cefalica induce lo sfenoide in flessione, estensione e torsione, con presa fronto-sfenoidale.

Risultati:

L'indice intra-buccale che palpa, registra il movimento tra l'apofisi del palatino e l'apofisi pterigoidea, il tutto in rapporto con l'apofisi orizzontale del mascellare.

Bisogna apprezzare la posizione del palatino in rapporto con le altre ossa durante le induzioni dello sfenoide ma anche la cinetica del palatino in rapporto alla cinetica delle altre ossa durante i medesimi movimenti di induzione delle sfenoide. Il medesimo dito testa i due lati.

Foto 573 - Tecnica correttiva della sutura inter-mascellare.

2. Correzione delle lesioni: tecnica correttiva pterigo-palatina di Edna Lay

Posizione delle mani: la medesima che per il test

Movimento: l'indice scivola sul primo molare usato da leva, il polpastrello girato verso l'alto e posizionato piatto sulla lamina orizzontale del palatino. Mantenere dolcemente, girare il polpastrello verso la guancia sul dente usato da punto di appoggio e portare il palatino in avanti ed in fuori per disimpegnarlo dall'apofisi pterigoidea. Mantenere questa posizione ed indurre lo sfenoide in flessione mobilizzando sul suo asse trasversale e sul suo asse antero-posteriore fino a trovare il punto di bilanciamento.

Tecnica correttiva palatina di Thomas SCHOOLEY

Questa tecnica si pratica unilateralmente. Il contatto intra-buccale si verifica sulla branca orizzontale del palatino. con la pinza pollice-indice, indurre lo sfenoide in estensione da quello stesso lato. Tenere il senso più libero. Correggere e mantenere fino ad ottenere il punto di bilanciamento.

IV. Correzione del vomere

(Vedere capitolo sulle disfunzioni del vomere)

Durante la fase inspiratoria primaria, il vomere si muove con lo sfenoide ed i mascellari superiori. Esso viene implicato solo se il setto nasale è flesso. Le disfunzioni sono generalmente secondarie alla posizione sfenoide, benché i traumi della faccia possano essere un fattore diretto di disfunzione. Una asimmetria facciale, un torus palatinus, una deviazione del palato duro suggeriscono la disfunzione del vomere.

1. Test cinetico:

Il polpastrello dell'indice è a contatto della sutura cruciforme per apprezzare il movimento trasmesso dallo sfenoide.

La mano cefalica in presa fronto-sfenoidale controlla lo sfenoide. Indurre lo sfenoide sul suo asse trasverso in flessione ed in estensione e mantenere la posizione in cui lo sfenoide va con più facilità senza tuttavia bloccare il M.R.P.

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Indurre in seguito lo sfenoide sul suo asse antero-posteriore per sollevare la grande ala da un lato o dall'altro. Notare il grado di libertà durante questo movimento comparando l'ampiezza di movimento di un lato in rapporto all'altro. Per esempio, una maggiore ampiezza in versione a destra indica un vomere che tende a partire verso sinistra.

2. Correzione:

Posizione del paziente: seduto o in decubito

Posizione delle mani: come per il test cinetico.

Movimento: innanzitutto cercare e mantenere il bilanciamento sui due assi dello sfenoide senza bloccare il M.R.P.

L'esagerazione della flessione o dell'estensione della sinfisi sfeno-basilare tramite il vomere è una tecnica corrente per molti stati congestizi.

In seguito, per correggere una disfunzione in estensione tramite accentuazione cinetica: appoggiare il polpastrello dell'indice sulla sutura cruciforme. Il paziente effettua un movimento di bascula della testa e, se si trova seduto, la appoggia contro l'indice. La pressione trasmessa al rostro farà girare lo sfenoide in estensione tramite il sollevamento sfeno-vomerino.

Infine, per correggere una disfunzione in flessione tramite accentuazione cinetica: la prima fase sfenoidale con la mano cefalica è la medesima. Per indurre l'accentuazione della flessione, muovere il dito punto di appoggio, spostandolo verso l'estremità anteriore della sutura intermascellare, per ottenere la posizione inversa. si può anche aggiungere una componente di V spread a partire dalla linea mediana in direzione del vomere.

Malocclusioni dentali

Bisogna notare che portare apparecchi dentali causa spesso una restrizione dei pre-mascellari. La linea medio-incisiva che separe pre e post mascellare al livello del primo canino e la sutura inter-mascellare sono due zone che richiedono particolare attenzione da parte dell'osteopata.

Sul piano dell'ossificazione esiste, tra pre e post mascellare, una sutura che si situa al livello della linea medio incisiva, cioè immediatamente davanti al primo canino. Questa sutura medio-incisiva si salda quando il bambino ha circa 12-18 mesi. Lesioni intra-ossee o disfunzioni cinetiche possono quindi prodursi a questo livello.

Sul piano fisiologico della cinetica respiratoria primaria, il post mascellare è correlato alla branca ascendente e si muove con lei mentre il pre mascellare conserva un certo grado di autonomia rispetto al post mascellare per merito della sutura medio-incisiva.

Il primo canino è quindi il perno dei movimenti di rotazione interna ed esterna del pre e del post mascellare, l'uno in rapporto all'altro ed in maniera sincrona al movimento globale del mascellare in rapporto con l'altro mascellare, al livello della sutura inter-mascellare.

L'arcata dentale completa possiede quindi una cinetica generale in rotazione esterna e rotazione interna a partire dalla sutura inter-mascellare, con una cinetica secondaria sincrona al livello della sutura medio-incisiva. La rotazione esterna del pre-mascellare si produce sempre in rapporto alla sutura medio-incisiva e la rotazione esterna del post-mascellare si compie sempre in rapporto alla sutura inter-mascellare poichè il post-mascellare si comporta come il corpo e la branca ascendente del mascellare. Per questa ragione, possono prodursi delle variazioni di movimento al livello del pre o del post mascellare.

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Sul piano fisiopatologico di questa cinetica respiratoria primaria, quando un mascellare presenta una disfunzione cinetica, il primo canino rimane in posizione neutra, vale a dire che esso non è né prominente né ritratto nell'arcata dentale mascellare, poiché le disfunzioni pre e post mascellari saranno nel medesimo senso. Il primo canino risente invece delle lesioni tra pre e post mascellare. Infatti, in caso di disfunzione in rotazione esterna del pre-mascellare associata ad una disfunzione in rotazione interna del post mascellare, il primo canino è nettamente prominente mentre nel caso di disfunzione in rotazione interna del pre mascellare associata ad una disfunzione in rotazione esterna del post mascellare, il primo canino è nettamente ritratto.

Dall'altra parte, sappiamo che la cinetica mascellare è indotta al piano superiore dall'etmoide, dal frontale e dai malari, e la livello della cavità orale, dai palatini e dalle apofisi pterigoidee. Un notevole numero di forze cinetiche motrici inducono quindi il mascellare. Se il pre-mascellare è bloccato nella sua propria cinetica, il movimento indotto dalle componenti cinetiche citate prima continua a prodursi al livello del mascellare e le disfunzioni appariranno al livello del primo canino.

1. Correzione della sutura intermascellare: (Fig. 573)

lo scopo è di equilibrare la cinetica del pre-mascellare in rapporto al suo omologo contro-laterale. Togliere preliminarmente qualsiasi apparecchio dentale. Per mobilizzare la sutura inter-mascellare, bisogna mobilizzare il pre-mascellare a partire dal suo asse verticale che passa per la linea medio-incisiva, quindi dal primo canino. Per questo è sufficiente focalizzarsi sul movimento del pre-mascellare in rotazione interna e rotazione esterna come per il mascellare nel suo insieme.

Metodo di approccio

Disimpegnare la sutura inter-mascellare. Testare la cinetica in rotazione esterna ed in rotazione interna. Correggere per accentuazione cinetica dell'ampiezza maggiore incontrata.

Test dei pre-mascellari al livello della sutura inter-mascellare

Contattare da ogni lato della sutura inter-mascellare il segmento pre-mascellare al livello delle gengive, tra pollice ed indice (mai direttamente sui denti) uno in dentro e l'altro in fuori, nella parte posteriore del pre-mascellare e quindi al livello del secondo incisivo ed anteriormente al primo canino. Nei bambini, il pollice è esterno alle labbra, mentre nell'adulto esso è a diretto contatto con il segmento pre-mascellare al livello della gengiva. Mantenere nello stesso modoi il segmento pre-mascellare dall'altra parte.

Tecnica correttiva

Bloccare il pre-mascellare opposto. Mantenere tra pollice ed indice la parte posteriore del pre-mascellare, quindi dietro al secondo incisivo ma anteriormente al primo canino. Disimpegnare in seguito il pre-mascellare rispetto al suo opposto. Testare il segmento pre-mascellare in rotazione esterna anteriorizzando il secondo incisivo e posteriorizzando il primo incisivo . Testare in seguito il segmento pre-mascellare in rotazione interna posteriorizzando il secondo incisivo ed anteriorizzando il primo. Questi test devono essere effettuati nell'economia del movimento globale di rotazione esterna e rotazione interna del mascellare.

Nei bambini, correggere infine per accentuazione del movimento. Ritestare dopo la correzione.

2. Correzione della sutura medio-incisiva (tra pre e post mascellare)

(Fig. 574)

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si tratta di una sutura spesso incastrata soprattutto a causa di traumi. Lo scopo è quello di equilibrare la cinetica del pre-mascellare in rapporto con il post mascellare e l'inverso.

Foto 574 - Tecnica correttiva della sutura medio-incisiva

Foto 575 - Tecnica di armonizzazione della matrice dentale

Tecnica correttiva del pre-mascellare in rapporto al post-mascellare

Mantenere il segmento post mascellare tra pollice ed indice, sulle gengive, dietro al secondo canino, al livello dei molari. Bloccare il post mascellare.

Mantenere il segmento pre-mascellare, contattando la gengiva al livello del secondo incisivo. Disimpegnare il pre-mascellare dal post-mascellare. Testare il segmento pre-mascellare in rotazione interna, poi in rotazione esterna, conservando il disimpegno. Correggere per accentuazione del moviemtno più libero conservando il disimpegno. Infine riequilibrare bilateralmente i due post-mascellari.

Tecnica correttiva del post-mascellare in rapporto al pre-mascellare

Bloccare il pre-mascellare tra pollice ed indice, sulle gengive, al livello del secondo canino.

Mantenere il segmento post-mascellare, contattando la gengiva tra pollice ed indice dietro al secondo canino, al livello dei molari. Disimpegnare il post-mascellare dal pre-mascellare. Testare il segmento post-mascellare in rotazione interna, poi in rotazione esterna, conservando il disimpegno. Correggere per accentuazione del movimento più libero conservando il disimpegno. infine riequilibrare bilateralmente i due post-mascellari nel loro insieme.

Sincronismo dei test.

I test devono effettuarsi all'interno del movimento globale di rotazione esterna e di rotazione interna del mascellare.

Verificare quindi se si produce una rotazione esterna del segmento pre-mascellare durante la rotazione esterna del post-mascellare oppure se è presente una restrizione della rotazione esterna di questo segmento pre-mascellare durante la rotazione esterna del segmento post-mascellare.

Verificare inversamente se si produce una rotazione interna del segmento pre-mascellare durante la rotazione interna del segmento post-mascellare oppure se è presente una restrzione della rotazione interna di questo segmento pre-mascellare durante la rotazione interna del segmento post mascellare.

Apprezzamento della correzione

Quando la cinetica al livello della sutura medio-incisiva è stata opportunamente corretta, il pre-mascellare deve normalmente aver ritrovato la sua mobilità nel medesimo senso e nel medesimo tempo del mascellare.

Foto 576 - Tecnica di equilibrio inter-mandibolare

Fig. 578 - I legamenti dell'articolazione temporo-mandibolare

Fig. 579 - Muscoli masticatori

Fig. 580 - Muscoli sopra-ioidei

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3. Tecnica di armonizzazione della matrice dentale (Fig. 575)

Si può lavorare ed equilibrare il dente stesso e la sua radice nel suo alveolo. Basta per questo testare la cinetica del dente in rotazione esterna ed in rotazione interna ed equilibrare in seguito per accentuazione della maggiore ampiezza incontrata seguendo il movimento tessutale in accumulo di tensioni fino al completo rilasciamento delle tensioni. In questo modo si ottiene la correzione e l'equilibrio della matrice dentale.

4. Tecnica di equilibrio inter-mandibolare (Fig. 576)

Testare la cinetica delle emi-mandibole l'una in rapporto all'altra. Indurre un disimpegno inter-mandibolare al livello della sinfisi menti. Conservando il disimpegno, correggere il disequilibrio cinetico per accentuazione del movimento seguendo il movimento dei tessuti in accumulo di tensioni fino ad ottenere lo "Still Point".

5. Tecnica di equilibrio sfeno-basilare

Qualsiasi trattamento della faccia o della cavità buccale deve concludersi con un riequilibrio membranoso della S.S.B. e quindi della base e della volta. Le tecniche membranose per stacking hanno la nostra approvazione poichè consentono un riequilibrio globale rapido ed immediato.

Articolazione temporo-malare

L'articolazione temporo-malare (A.T.M.) o "temporale mandibulare joint) (T.M.J.) è una diartrosi formata dal condilo mandibolare, dalla cavità glenoide del temporale e dal condilo temporale, circondato da una capsula di legamenti e provvista di un menisco.

I.Anatomia dell'articolazione temporo-mandibolare

1.Descrizione

Il condilo mandibolare

Si tratta di un'eminenza oblunga, orizzontale a grande asse obliquo posteriormente ed internamente, unita alla branca ascendente dal collo.

La sua faccia superiore, convessa, a dosso di asino, comprende:

un versante anteriore convesso, rivolto in avanti e verso l'alto, articolare con la superficie temporale tramite un menisco,

un versante posteriore, rivolto in dietro ed in alto, e non articolare. Il collo del condilo, appiattito trasversalmente, sostiene il condilo e presenta l'inserzione dei legamenti laterali dell'ATM del muscolo pterigoideo esterno, della capsula dell'ATM.

Il menisco

Esso si trova tra il condilo e la cavità glenoide del temporale. Essenzialmente fibroso, esso segue il movimento del condilo.

La cavità glenoide del temporale ed il condilo temporale

Il condilo temporale corrisponde alla radice trasversa dell'apofisi zigomatica. Molto convesso, a grande asse obliquo posteriormente ed internamente, esso è ricoperto da una cartilagine articolare con il condilo mandibolare tramite il menisco. Lungo il margine anteriore si inserisce la capsula articolare dell'ATM

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La cavità glenoide è situata appena dietro al condilo temporale. Triangolare a base esterna, essa presenta un campo anteriore articolare ma non ricoperto da cartilagine ed un campo posteriore extra-articolare e non articolare.

2. Mezzi di unione (Fig. 577-578)

-La capsula temporo-mandibolare

-Il menisco: lente biconcava fibrosa

- I legamenti intrinseci che si possono distinguere in:

Freni laterali: i legamenti laterali interni ed esterni

Freni antero-posteriori: che sono degli spessori capsulari

-I legamenti estrinseci:

legamento stilo-mandibolare teso dalla punta dell'apofisi stiloide del temporale, al margine superiore del gonion.

Legamento sfeno-palatino teso dalla spina dello sfenoide alla base della spina di Spyx.

Legamento pterigo-mandibolare teso dall'ala esterna dell'apofisi pterigoidea dello sfenoide, sulla parte inferiore del margine anteriore della branca ascendente.

Fig. 581 - Fisiologia dell'articolazione temporo-mandibolare.

3. Muscoli motori della mandibola

Muscoli masticatori (Fig. 579)

Il temporale

Esso si inserisce alla sua origine in tre fasci, sulla squama del temporale, al livello della linea curva inferiore del parietale e la sua parte inferiore, sulla parte inferiore del frontale, sulla grande ala dello sfenoide e sul margine temporale del malare tramite l'aponeurosi temporale. Esso si apre a ventaglio. Ciò significa che il fascio anteriore è verticale, il fascio medio è obliquo inferiormente ed anteriormente ed il fascio posteriore è orizzontale. esso si conclude sul margine anteriore ed il versante interno della branca ascendente, debordando sul versante esterno della sommità dell'apofisi coronoide. Il suo ruolo è di assicurare il tono ed il mantenimento dell'equilibrio mandibolare. Si tratta di un muscolo di postura della mandibola. Esso è elevatore della mandibola per mezzo delle sue fibre anteriori e mediane mentre è retropulsore della mandibola mediante le sue fibre posteriori.

Fig. 582 - Fisiologia dell'articolazione temporo-mandibolare:

1- Temporale (postura)

2- Pterigoidei esterni (protrusione)

3- Massetere-pterigoidei interni (chiusura)

4 e 5 - Infra-ioidei (apertura)

Il massetere

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Esso ha origine il tre fasci sull'apofisi zigomatica del temporale e sul margine masseterino del malare. Si conclude in due fasci sulla branca ascendente: il fascio profondo nella parte antero-superiore ed il fascio superficiale nella parte postero-inferiore al livello del gonion. La sua azione è di elevare con potenza la mandibola. Si tratta del muscolo masticatore vero e proprio.

Lo pterigoideo esterno

Esso ha origine sulla faccia esterna dell'ala esterna dell'apofisi pterigoidea dello sfenoide, debordando sulla faccia inferiore orizzontale della grande ala. esso si dirige orizzontalmente in dietro ed in fuori per terminare sulla faccia anteriore del collo del condilo mandibolare. La sua contrazione bilaterale detrmina la propulsione in avanti della mandibola. La contrazione unilaterale determina un movimento di spostamento contro-laterale.

Lo pterigoideo interno

Esso ha origine sulla faccia interna dell'ala esterna della pterigoide e nella doccia tra le due ali pterigoidee. Si dirige in basso ed in fuori per terminare sulla faccia interna della branca verticale, all'altezza del gonion. Quando si contrae insieme al suo omologo, il suo ruolo è equivalente a quello del massetere nella masticazione. Quando si contrae unilateralmente esso ha un ruolo dello spostamento contro-laterale in sinergi con il pterigoideo ipsi-laterale e si trova ad essere antagonista del pterigoideo esterno contro-laterale.

Muscoli abbassatori della mandibola (Fig. 580)

L'apertura della bocca è di norma un movimento passivo, l'apertura attiva della bocca si verifica tramite l'azione dei muscoli sopra-ioidei. Il muscolo principale è il digastrico che ha origine nella doccia del digastrico, sul processo mastoideo del temporale, sulla faccia interna dell'origine dell'apofisi mastoidea. Da qui si forma un primo corpo muscolare che si dirige in basso ed in avanti per formare un tendine di riflesso al livello dell'osso ioide, poi forma in seguito un secondo corpo muscolare che si dirige in alto ed in avanti per finire sulla parte mediana del corpo della mandibola, nella fossetta digastrica, sul margine inferiore del corpo. Gli altri muscoli sono il genio-ioideo ed il milo-ioideo. Il genio-ioideo ha origine sull'apofisi geni inferiore per finire sulla faccia anteriore del corpo dell'osso ioide. Il milo-ioideo ha origine sulla cresta milo-ioidea sulla faccia interna della branca orizzontale della mandibola e finisce sulla faccia anteriore del corpo dell'osso ioide, sotto l'inserzione terminale del genio-ioideo.

II. Fisiologia dell'articolazione temporo-mandibolare (Fig. 581-582)

Se, per l'anatomia classica, esporre il funzionamento consiste nel descrivere gli elementi elevatori, propulsori ed abbassatori sulla mobilità condiloidea, in fisiologia, i lavori recenti sono basati sullo studio del sistema neuro-muscolare, motore e controllore dell'apparato masticatorio ed ai nusclei di origine, alle terminazioni, connessioni, archi riflessi dei nervi interessati. Bisogna aggiungere a questi dati la cinetica respiratoria primaria propria della mandibola e dell'ATM che è fattore da non sottovalutare per un buon funzionamento temporo-mandibolare, meniscale e per la qualità dell'occlusione.

1. Movimenti dell'ATM durante il meccanismo respiratorio primario

Durante la flessione, si verifica un movimento sincrono della mandibola con il mascellare superiore per consentire ai denti superiori di cadere dritti sui denti inferiori. Nel corso della flessione si nota un ritrarsi della sinfisi del mento ed una leggera discesa del mascellare divuta alla rotazione esterna del temporale. Si nota inoltre un allagamento degli angoli della mascella, lateralmente.

2. Movimenti dell'ATM durante la masticazione:

L'analisi elettromiografica ha rivelato tre tipi di movimenti di cui l'ATM è sede:

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Apertura-chiusura

Propulsione-retropulsione

Lateralità.

La fase di apertura della masticazione:

L'apertura è dovuta alla contrazione dei pterigoidei esterni, poi dei digastrici. Si svolge in due tempi:

Il primo tempo (13 mm di apertura circa) è una rotazione anteriore del condilo attorno al suo asse trasverso mentre il menisco articolare rimane al suo posto.

Il secondo tempo è caratterizzato dall'esagerazione di questo movimento, mentre il menisco stesso,

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attaccato al temporale dai suoi freni meniscali, subisce uno slittamento in avanti: la mandibola gira sul suo perno attorno alla spina di Spyx mentre il legamento pterigo-mascellare è teso.

La fase di chiusura della masticazione: flessione MRP

La chiusura è dovuta alla contrazione del pterigoideo interno, del massetere e del temporale. Essa si svolge in due tempi: il primo è uno scivolamento posteriore dei condili. Il secondo tempo di questo movimento, a partire dalla posizione di riposo mandibolare fino all’occlusione completa si chiama “strada di chiusura mandibolare”. Si tratta normalmente, come per l’inizio dell’apertura, di una rotazione posteriore attorno ai condili.

Indipendentemente dai movimenti di apertura-chiusura:

Esistono dei movimenti di propulsione a bocca chiusa, l’importanza di questi dipende dell’inclinazione dei condili e degli incisivi.

La propulsione è dovuta ai pterigoidei esterni ed interni, a volte alle fibre superficiali del massetere, le fibre anteriori del temporale vi partecipano raramente.

La retropulsione è l’effetto della contrazione del ventre anteriore del digastrico e delle fibre mediane e posteriori del temporale. Le sue fibre anteriori possono collaborarvi se il movimento parte dalla propulsione.

Dobbiamo peraltro notare dei movimenti di spostamenti:

Questi movimenti di lateralità, che corrispondono ad una propulsione unilaterale, sono dovuti ai due pterigoidei e ad una leggera contrazione dei muscoli sopra-ioidei e del massetere, mentre le fibre posteriori e mediane del temporale opposto immobilizzano l’altro condilo. Quando si mastica da una parte sola, il lato che mastica è denominato “il lato che lavora” ed il lato stirato è denominate “il lato che bilancia”

Nota: l’asse di questi movimenti di lateralità è un asse verticale che passa per i condili.

Infine, mentre la mandibola è a riposo: i condili occupano normalmente la posizione più distale possibile (SICHER) e possono indietreggiare, forzando, solo per meno di un millimetro (SAIZAR): si dice che sono in relazione centrata. Essi non sono nella stessa posizione in occlusione completa nel caso di anomalia della “strada di chiusura”, da cui l’interesse per l’analisi della “strada chiusa”.

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3.Anomalie della strada di chiusura:

Quando le due arcate dentale si equilibrano nella forma e nella dimensione, la strada di chiusura, dalla posizione di riposo all'occlusione completa crea un movimento di rotazione attorno ai condili. Se le due arcate non corrispondono del tutto, nella forma e nella dimensione, per ottenere la posizione di occlusione completa e comoda, il paziente deve spostare la mandibola in fine di chiusura:

Talvolta in avanti: è il movimento di “proslittamento mandibolare” (prognazia funzionale)

talvolta lateralmente, propulsando un solo condilo e al bisogno mandando leggeremente indietro l’altro (latero-deviazione mandibolare funzionale

talvolta indietro: si tratta della retrognazia funzionale.

Questa definizione è causa di errori poiché la “retrognazia funzionale” non è l’equivalente indietro di un “proslittamento” o di una latero-deviazione funzionale. In questi ultimi due casi, la mandibola normale si trova solamente in stato di malposizione della chiusura.

Nella “retrognazia funzionale” la strada di chiusura comprende un arretramento condiloideo da 1 a 4 mm (secondo RICKETTS), il condilo è in una posizione avanzata abituale: simultaneamente in una posizione di riposo, la branca orizzontale e la sinfisi possono essere in posizione normale.

Così la mandibola è realmente più corta del normale tra condili e sinfisi, si tratta di una brachignazia anatomica (e non funzionale) con condilo in avanti in posizione di riposo e strada di chiusura anomala in retroslitamento.

La forma delle cavità glenoidee e dei condili temporali dipende parzialmente dal funzionamento dell’articolazione.

4.Equilibrio fisiologico dento-facciale: (Fig. 583-584)

Vi sono quattro tipi di equilibri:

Elementi muscolari

Elementi dentali

Elementi ossei

Elementi elastici

L’elemento muscolare è di primaria importanza. Esso condiziona l’equilibrio dentale vestibulo-linguale. L’arcate è trattenuta tra la “pressione linguale” e la pressione dei muscoli vestibolari (buccinatori lateralmente, orbicolari delle labbra in avanti). La posizione degli incisivi è condizionata dall’equilibrio tra la lingua, che li spinge in avanti e l’orbicolare che li tira indietro.

Così si definisce una zona di equilibrio tra lingua e parti molli vestibolari descritte nel 1957 sotto il nome di “corridoio dentale” da CHATEAU.

Si tratta della scatola dove i denti possono migrare verticalmente, medialmente e distalmente fino al limite posteriore costituito dal legamento sfeno-mandibolare e dalle inserzioni del buccinatore. La pressione della lingua, tramite i buccinatori e l’orbicolare in postura abituale di riposo, non è l’unico elemento. Agiscono anche le funzioni di deglutizione e di articolazione del linguaggio.

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Fino ad adesso il volume, la pressione della lingua erano considerati in maniera statica, fissa mentre recenti studi in osteopatia provano che non è così (Lavori di PLANAS, Sig.a PIERRE-TUAL e A. BIOURGE ) E’ soprattutto l’equilibrio neuro-muscolare a condizionare la “Posizione di Riposo della mandibola” (P.R.M.).

Sul piano occlusale la mandibola è attratta simultaneamente in avanti dai propulsori (digastrici, genio-ioidei), lateralmente dai diduttori (mielo-ioidei, pterigoidei interni).

Nel senso verticale, bisogna sapere che allo stato di riposo le arcate dentali non sono in occlusione completa. Esiste una apertura fisiologica di circa 1,8 mm. La mandibola è una parte mobile attratta in alto dal tono dei muscoli elevatori (masseteri, temporali, pterigoidei interni) e trattenuta in basso dal suo peso e soprattutto dal tono degli abbassatori (digastrici, genio-ioidei). Questo equilibrio di tono dipende dai centri nervosi (nuclei grigi centrali).

III.La sindrome cranico-mandibolare

“Le algie della faccia e dell’articolazione temporo-mandibolare così come le disfunzioni di questa articolazione si verificano di rado, ma esse sono un caso molto interessante per il dentista. Egli è effettivamente l’unico terapeuta che possiede le basi necessarie per trattare il caso” (U.POSSET Chirurgo dentista).

Innanzitutto, queste disgiunzioni sono molto frequenti ed un terapeuta che non possieda basi anatomiche ed osteopatiche appropriate non può trattare completamente e con efficacia una sindrome cranico-mandibolare di origine cranico-cervicale.

Se la totalità dei terapeuti possiedono una veduta puramente locale di questa sindrome che diagnosticano generalmente in seguito ad una sintomatologia che presenta dolori temporali o periauricolari associati a disfunzioni dell’ATM con limitazione dell’apertura, scricchiolii meniscali o lussazione condiloidea in associazione alla conoscenza di un trauma o di una malocclusione dentale, l’osteopata considera questa sindrome nel contesto globale e generale dell’individuo che sta esaminando, cosa che gli consente di collegare una disfunzione temporo-mandibolare ad una sintomatologia funzionale più ricca e quindi di diagnosticare delle disfunzioni dell’ATM molto più spesso di quanto sembri.

1.Concezione osteopatica cranico-mandibolare

Poiché la mandibola è in rapporto diretto con il temporale, molti segnali funzionali legati al temporale possono rivelare una disfunzione dell’articolazione temporo-mandibolare.

L’articolazione temporo-mandibolare può essere interessata in diversi modi:

Dal punto di vista clinico:

Si tratta di una sintomatologia in rapporto con i nervi trigemino e glosso-faringeo, a volte facciale.

Dolori: della faccia, della fronte, della testa (cefalee occipitali, emicranie), degli occhi, delle orecchie, delle mucose nasale e buccale.

Contratture dolorose del collo, delle spalle e delle braccia.

Disturbi funzionali sensoriali: della vista, dell’udito (acufeni), dell’equilibrio o del gusto.

Nevralgie: del trigemino, a volte glosso-faringee.

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Disturbi funzionali legati al ganglio sfeno-palatino e al glosso faringeo: disturbi della lacrimazione e della secrezione nasale, secchezza o irritazione del palato, della lingua o della gola.

Disturbi funzionali laringo-faringei: disturbi di elocuzione, disturbi di deglutizione.

Paresi o eventualmente paralisi facciali.

Disturbi funzionali generali: affaticamento generale, ipetensione arteriosa, disturbi cardio-respiratori e gastro-intestinali.

Disturbi funzionali meccanici: bruxismo (in rapporto con una compressione sfeno-basilare), rumori articolari (scricchiolii meniscali), malposizioni dentali.

Fig. 583 - La dentatura normale

Fig. 584 - Contatti occlusali fisiologici secondo RAMFJORD

Dal punto di vista eziologico, si distinguono 3 origini:

Origini primarie:

Si tratta di anomalie dello sviluppo delle strutture: lesioni in rotazione interna-rotazione esterna in utero, perinatali (eccessiva modellatura durante il parto) o post-natali; lesioni intra-ossee: poiché la mandibola è originariamente suddivisa in due parti ed il temporale ha due tipi di ossificazione separati dall’incisura petro-squamosa, lesioni sfeno-basilari: strain, compressione ecc.

Le conseguenze fisiologiche di queste lesioni sono:

disturbo del MRP

disfunzioni cinetiche temporali

disturbi dell’occlusione

Le conseguenze estetiche sono:

Se la lesione si produce in estensione della SSB, le cavità glenoidee partono anteriormente ed esternamente per la rotazione interna dei temporali. I condili si muovono in avanti, provocando una protrusione mandibolare.

Origini secondarie: Si tratta di disfunzioni temporali legate alla restrizione della mobilità o della posizione ossea, disturbi della cinetica delle ossa del cranio, di restrizioni di mobilità del sacro, di squilibri delle tensioni delle MTR, di disturbi del tono dei muscoli cervicali.

Origini traumatiche:

Traumi diretti o indiretti.

Trauma laterale sulla mascella che determina una disfunzione cinetica post-traumatica temporale in rotazione interna ed un temporale in rotazione esterna.

Trauma antero-posteriore sulla mascella che determina una disfunzione temporale. Se la disfunzione cinetica temporale in rotazione interna è unilaterale, la mascella sarà “scricchiolante”, con rumori condiloidei (popping). Se la disfunzione cinetica è bilaterale, determina un fenomeno di “overbite” con i denti superiori posti dietro ai denti inferiori.

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Deviazione laterale di una delle pterigoidee che determina la compressione di una apofisi coronoide.

Trazioni vertebrali tramite la sinfisi mentoniera

Caduta delle natiche

estrazioni dentali

Sbadiglio che produce un notevole blocco condiloideo.

Microtraumi

Apparecchio ortodontico

Anestesia dentale

Sonno in procubito

Postura professionale

Dal punto di vista fisiopatologico:

L’aspetto fisiopatologico è concepito ed esposto in modi diversi secondo le specialità che trattano questa articolazione. L’aspetto osteopatico della cavità buccale considera la complessità del soggetto.

GELB, nel “Critical management of head, neck and T.M.J. pains and disfunctions” dimostra che i fenomeni dolorosi inglobano non soltanto l’ATM ed i muscoli masticatori ma anche la testa nel suo insieme, la gola e la colonna cervicale.

La triade: terreno irritativo (genetico o acquisito) che predispone l’alterazione dei tessuti e le modifiche della componente fisiologica del cranio e fa si che se lo stress è sufficiente a determinare bruxismo e denti stretti, si avvii un meccanismo disfunzionale.

Per LIEB, stomatologo, l’anomalia del tono muscolare è il principale fattore di dolori cranico-cervicali con ripercussione generale sul sistema tonico neuro-muscolare nel suo insieme.

Vale a dire, per noi osteopati, tonico-tonico e tonico-fasico, spiegando il numero notevole di dolori causati da reazione al livello dei tendini di inserzione dei muscoli fasici locomotori responsabili dei grandi movimenti di comunicazione del corpo.

Queste reazioni sono infatti di notevole importanza. Poiché l’analisi geometrica e cibernetica del corpo determina, tra l’altro, le reazioni dinamiche di un lato in rapporto all’altro lato, i parametri della cinetica cranica e del cardano cervicale devono essere ripristinati in via prioritaria.

Qualsiasi disturbo della meccanica cranica, di origine temporo-mandibolare o occlusale, deve quindi essere corretto.

Per i radiologi, l’articolazione temporo-mandibolare è difficile da visualizzare con la radiografia classica a causa delle sovraimpressioni delle strutture. Inoltre, le ricerche hanno evidenziato che si presentano numerose variazioni anatomiche secondo i tipi di cranio.

La tomografia classifica i casi complessi al livello di questa articolazione ma numerosi casi sono di difficile soluzione perché legamenti, muscoli e menischi sono difficili da visualizzare a meno che non siano classificati.

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Gli ortodontisti si preoccupano, per la maggior parte, di correggere malocclusioni e modifiche dei rapporti tra i mascellari, nel bambino. Essi considerano di poca importanza le disfunzioni craniche e cervicali e le sindromi temporo-mandibolari.

La chirurgia crea i problemi più grossi per le disfunzioni dell’articolazione temporo-mandibolare. Essa interviene per lo più sull’effetto e non sulla causa. In seguito, è molto difficile se non impossibile rimediare allo squilibrio della cinetica cranico-cervicale determinato dall’intervento.

Bisogna quindi prendere nota del fatto che la maggior parte dei lavori specialistici si soffermano sui sintomi e poco sulle cause della sintomatologia. Lo spasmo muscolare anomalo dei masticatori è troppo spesso considerato il fattore principale delle disfunzioni dell’ATM. Bruxismo e denti stretti non sono la causa ma la conseguenza ad un altro fattore patologico.

SEARS, stomatologo e Galb si sono espressi su questo argomento, nel seguente modo:

“E’ nostro compito sistemare nella maniera più delicata possibile l’occlusione, ma la correzione osteopatica delle ossa del cranio ed in particolare del temporale, compiuta in via preliminare, consente un equilibrio di gran lunga migliore”.

Le disfunzioni temporo-mandibolari sono certo conseguenze di disturbi strutturali e prima di tutto è necessario effettuare la correzione della struttura. Bisogna anche appurare perché si sono verificati questi disturbi ed a seguito di che. Qui l’osteopata rivela tutta la sua importanza. Il ripristino del movimento fisiologico è essenziale ed il trattamento osteopatico è prioritario nel quadro di un approccio multidisciplinare.

Per gli osteopati, la sindrome temporo-mandibolare è regolarmente associata alla sindrome del temporale. L’articolazione temporo-mandibolare è quindi affrontata in tutta la sua complessità.

I disturbi ossei funzionali sono di tipi diversi:

Da una parte, disfunzioni della cinetica sfeno-basilare, con diminuzione del MRP, determinano una stanchezza generale, collegata ai perni occipito-mastoideo o alla sutura sfeno-petrosa. Dall’altra parte possono verificarsi reazioni specifiche dell’articolazione temporo-mandibolare come disarmonia dell’occlusione, bruxismo, scricchiolii meniscali, protrusione o mandibola rientrante. Peraltro si notano spesso disfunzioni cinetiche cervicali, in particolare al livello dell’atlante e dell’epistrofeo. La restrizione della tromba di Eustachio può determinare acufeni. Dolori articolari dislocati a distanza possono anch’essi derivare da una disfunzione temporo-mandibolare tramite le interrelazioni toniche posturali e fasciali del temporale e della mandibola con il resto del corpo.

Disturbi funzionali correlati allo squilibrio delle MTR possono causare cefalee:

Cefalee occipitali in relazione con la dura madre posteriore

Dolori fronto-oculari in relazione con il tentorio del cervelletto o con il seno cavernoso.

Emicranie causate dall’arteria meningea mediana al livello del forame piccolo rotondo, in relazione con i perni sfeno-squamoso o petro-giugulare.

Possono verificarsi disturbi funzionali accompagnati da un’esacerbazione della sensibilità dolorosa: sia dolori intra-cranici in relazione con i nervi trigemino, pneumogastrico e glosso-faringeo, sia dolori extra-cranici in relazione con il trigemino, il facciale e le radici posteriori di C1-C2.

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Possono infine prodursi disturbi funzionali nervosi o distonie neuro-vegetative in relazione con il cervelletto, i nervi cranici o il 4° ventricolo. Possono apparire anche vertigini, ronzii, disturbi oculo-motori e posturali, disturbi gastro-intestinali ed a volte cardio-respiratori collegati direttamente all’articolazione temporo-mandibolare.

La sindrome temporo-mandibolare sorpassa quindi di gran lunga il semplice quadro strutturale dell’articolazione a causa di quanto può potenzialmente comportare, in fatto di disturbi funzionali, la disfunzione associata del temporale.

III.Diagnosi delle lesioni

1.Interrogatorio:

Esso dovrà consentire un inventario il più possibile esteso dei sintomi che portano il paziente a consultare un osteopata, e dovrà precisare l’inizio di questi sintomi e possibilmente evidenziarne la causa. Esso dovrà anche rivelare gli antecedenti di nascita nel bambino e di interventi dentali sia per il bambino che per l’adulto e prendere nota di qualsiasi eventuale trauma.

2.Osservazione:

Posizione della sinfisi mentoniera: essa è sempre spostata dalla parte del temporale in rotazione esterna.

Posizione delle mascelle: osservare la centratura della linea medio-incisiva in rapporto con quella del mascellare superiore (Fig.585-586)

3.Palpazione:

Apprezzare la quantità e la qualità del MRP

Test di mobilità cranico sacrale

Test occipito-atloido-axoidei

Apprezzare la qualità dei muscoli cervicali

Test delle fasce cranico-cervicali

Test posizionali e cinetici dell’ATM

Posizionare le dita (indice e medio) sull’ATM e sulla branca ascendente della mandibola. Chiedere al paziente di aprire e chiudere la bocca senza muovere la testa (poiché in caso di disfunzione cervicale, il movimento della testa potrebbe determinare una rotazione da un lato). Chiedere in seguito dei movimenti di propulsione, arretramento, lateralità destra e sinistra. Notare ciò che accade visivamente e sotto le dita.

Apprezzare innanzitutto l’asse dei denti superiori in rapporto ai denti inferiori. Se è presente una deviazione degli assi, due cause sono da prendere in considerazione.

Il mascellare superiore è causa primaria su una mandibola normale: si tratta di una disgiunzione cranica di origine suturale o delle tensioni delle MTR

- La mandibola è causa primaria su un mascellare normale: si tratta di una disgiunzione di uno o di entrambi i temporali, di uno squilibrio delle tensioni del massetere, faringo-basilare o dei muscoli ioidei.

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- Per una diagnosi delle lesioni è quindi necessario apprezzare il movimento:

il movimento più largo indica il senso della lesione e quindi il blocco contro-laterale che la causa. Il movimento deve essere apprezzato in rapporto alla direzione che prende il mento all’apertura della bocca.

L’anteriorizzazione di una emi-mandibola con dolore omolaterale nel senso della lesione indica un blocco restrittivo contro-laterale dell’ATM. Si evidenzia dalla parte del blocco, ad esempio a sinistra, un dolore che si irradia nel SCM sinistro, simulando un dolore della spalla sinistra ed una disfunzione del temporale ipsi-laterale, in rotazione interna sinistra. Qualche volta un dolore della spalla destra compensa il movimento ristretto a sinistra, con ipotonia e cattivi riflessi in C3 a destra. Il dolore della spalla, quando è secondario dal lato dell’ATM, è anteriore ed associato ad una ipotonia della radice C3 e con un’ipertonia del massetere opposto all’anteriorità.

Se non si riscontrano movimenti asimmetrici al momento dell’apertura della bocca, ma una asimmetria dell’asse dei denti, la causa va ricercata al livello dei mascellari superiori.

Le disfunzioni temporo-mandibolari sono spesso dovute a :

- ipetonicità del massetere causata dalle catene toniche in relazione con la postura antigravitazionale o a causa di simpaticotonia d’origine generalmente esogena.

- dente incluso

- infezione

- protesi dentaria

- squilibrio dei muscoli ioidei

La lesione meniscale sopravviene nel tempo, a causa dell’aumento della pressione sullo stesso menisco.

III.Correzione delle lesioni:

1.Lavoro sui tessuti molli prima di una correzione specifica:

Con una mano che tiene l’occipite dalla parte opposta alla lesione e porta una trazione dolce, effettuare un massaggio neuro-muscolare:

sul massetere che in genere è contratto

sui tratti orizzontali con il pollice lungo l’apofisi zigomatica ed il margine inferiore del malare

sul tratto verticale alla terminazione del massetere, all’angolo della mandibola

sui muscoli sopra-ioidei: dall’angolo della mascella al livello del canale auditivo esterno fino alla sinfisi mentoniera

sulle inserzioni clavicolari: lungo tutto il margine superiore della clavicola

sullo sterno-cleido-mastoideo: tratti verticali sui punti di tensione

sul trapezio: lavoro sui punti specifici (in pieno corpo)

sulla linea infra occipitale.

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2.Tecnica di correzione dei condili mandibolari (A.T. Still): (Fig. 587)

Posizione del paziente: decubito

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizioni delle mani: la mano cefalica si trova dalla parte del condilo in restrizione, con una presa salda posteriormente e sull’angolo della mandibola. La mano caudale assicura una presa salda, con pollice ed indice sul mento, per tirare il mento verso il basso ed indurre il movimento correttivo di lateralità. Il pollice intrabuccale è a contatto degli ultimi molari.

Tecnica diretta:

Primo tempo: con la mano caudale, portare il mento in avanti ed in basso. Con la mano cefalica aiutare la discesa della branca verticale e la sua delateralizzazione.

Secondo tempo: Fare aprire la bocca ed inserire il pollice della mano caudale, il più lontano possibile dietro ai molari (per avvicinare al massimo la branca verticale ed assicurare la miglior trazione possibili). Appoggiare per indurre una trazione verso il basso della branca verticale. La mano cefalica segue il movimento di discesa della branca verticale ed in funzione del movimento percepito, induce un piccolo movimento di traslazione per concludere la correzione. Seguire il movimento dei tessuti ed attendere il rilassamento. Poi riposizionare.

Nota: E’ possibile inoltre, arrotolando un fazzoletto attorno al pollice, e conservando la posizione di decoaptazione del condilo mandibolare, chiedere al paziente di mordere il pollice per praticare uno stiramento dei tessuti molli peri-articolari.

Complemento tecnico da aggiungere alla manovra di Still:

Terzo tempo: decoaptare il condilo associato alla rotazione interna del temporale, in caso di lesione contattando il temporale con la presa a cinque dita di H.MAGOUN.

Quarto tempo: effettuare la correzione dei temporali se necessaria.

Quinto tempo: effettuare un riequilibrio dei temporali con la tecnica di avvolgimento dei temporali di H.MAGOUN. E’ fondamentale riequilibrare i temporali dopo un trattamento mandibolare.

3.Tecnica corretiva di una disfunzione meniscale Fig. 588)

Esempio per una disfunzione cinetica mandibolare con anteriorizzazione destra e restrizione-compressione sinistra.

Chiedere al paziente di aprire la bocca. Posizionare le dita sul lato esterno delle arcate dentali inferiori. Accentuare la disfunzione decoaptando ed anteriorizzando i due menischi. Decoaptare in seguito a destra, esercitando nel contempo una trazione cefalica a sinistra, per indurre la compressione sinistra. Mantenere i parametri e fare chiudere la bocca effettuando una decoaptazione ed una anteriorizzazione a sinistra ed una trazione cefalica a destra.

4.Tecnica di rilassamento del massetere:

I pollici sono a contatto delle arcate dentali, sui molari. Far scendere la branca orizzontale della mandibola per decoaptare l’articolazione temporo-mandibolare. In seguito portare anteriormente la mandibola. Stirare infine il massetere contratto, direttamente, tirando la mandibola dalla parte opposta al muscolo contratto.

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5.Tecnica miotensiva di rilassamento del massetere:

questa manovra può essere effettuata con la tecnica di energia muscolare di MITCHELL, chiedendo al paziente di stringere leggermente la mandibola e guadagnando sulla barriera muscolare dopo ogni contrazione e dopo ogni tempo di riposo su 3-5 cicli secondo i casi.

6.Tecnica di rotolamento della mandibola: (V.FRYMANN)

Questa tecnica si esegue secondo il principio dell’equilibrio dei frontali. L’equilibrio si produce al livello della sinfisi mentoniera, con punti di appoggio da ogni lato. Tenere ogni branca della mandibola tra pollice ed indice, da ogni lato della sinfisi. Testare in tutte le direzioni, seguire il senso più libero, accumulare le tensioni fino a raggiungere il punto di bilanciamento..

7.Tecnica del legamento sfeno-mandibolare (V. FRYMANN)

Questa tecnica è valida per l’ insieme dei legamenti. V Spread al livello del SCM all’intersezione superiore dell’intersezione muscolare e dell’apofisi mastoidea.

8.Tecnica del legamento sfeno-mandibolare (V.FRYMANN)

Testare la lesione, scendere verticalmente, dolcemente verso il basso con un appoggio dolce dei cuscinetti dei III e IV sulla mandibola. L’indice è sulla grande ala dello sfenoide, dalla stessa parte. Prendere appoggio sulla mandibola, i pollici sui molari inferiori, le altre dita sulla branca ascendente del mascellare. Testare nel medesimo tempo la grande ala dello sfenoide, dallo stesso lato con il II. Se si verifica una resistenza, mantenere la tensione tra la grande ala dello sfenoide e la mandibola. Incoraggiare la flessione dello sfenoide mantenendolo dalle due parti.

9.Tecnica per il legamento stilo-mandibolare (V.FRYMANN)

Contattare la mandibola come nella tecnica sfeno-mandibolare. Prendere appoggio sulla mandibola, con i pollici sulla superficie occlusale dei molari inferiori e le altre dita sulla branca ascendente del mascellare. Tenere globalmente il temporale con la presa a 5 dita.

Se sono presenti restrizione e fibrosi, disimpegnare la mandibola dal temporale, praticando una pressione costante sulla superficie occlusale dei denti, al livello dei molari posteriori, le altre dita sono in appoggio sull’angolo della branca ascendente della mandibola. Nel caso di fibrosi appare un punto di tensione doloroso nel punto di inserzione stiloidea del legamento.

10.Tecnica semi-diretta di correzione temporo-mandibolare (V.FRYMANN) (Fig. 589)

Un trauma diretto sul temporale o sulla mandibola può determinare un blocco della cinetica respiratoria primaria temporo-mandibolare. Una volta verificati ed eventualmente corretti i punti strategici di conflitto dei temporali, questa tecnica assicura il riequilibrio della cinetica fisiologica tra temporale e mandibola.

Posizione del paziente: in decubito, con la testa girata dalla parte opposta alla lesione in trattamento.

Posizione delle dita: la mano cefalica temporale controlla il temporale con la presa a 5 dita. La mano caudale mandibolare contatta la branca verticale della mandibola. L’indice si trova alla base dell’apofisi coronoide della mandibola, il medio è a contatto del condilo, l’anulare ed il mignolo sono a contatto del gonion.

Tecnica su un temporale in disfunzione cinetica in rotazione interna:

Durante la fase espiratoria primaria cranica, disimpegnare ed indurre la madibola in rotazione interna.

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Durante la fase espiratoria successiva, mantenendo il disimpegno mandibolare, indurre il temporale in rotazione interna seguendo i movimenti temporali in accumulo di tensioni.

Si può potenziare l’effetto della manovra con la collaborazione respiratoria toraco addominale del paziente ed aggiungendo la componente delle MTR.

Dopo l’accumulo delle tensioni in accentuazione, quando si inizia a percepire la tendenza del temporale al ritorno in rotazione esterna, invertire il senso della correzione inducendo il temporale decisamente in rotazione esterna e mantenere i parametri di tensioni tessutali sollecitando la collaborazione respiratoria toraco-addominale del paziente con una inspirazione profonda, seguita da un’apnea inspiratoria trattenuta il più a lungo possibile. Mantenere questa posizione fino al completo rilassamento delle tensioni. Si può, durante questa fase, potenziare ulteriormente la manovra con la contrazione del muscolo stilo-glosso, chiedendo al paziente di tirare la lingua dalla parte opposta alla disfunzione e di deglutire due o tre volte con la lingua bloccata in questa posizione.

Foto 585 - Spostamento della linea inter-incisiva

Foto 586 - Malocclusione dentale in seguito a parto distocico e trazione intra-buccale liberatoria.

Foto 587 - Tecnica correttiva condiloidea mandibolare (A.T. STILL)

Foto 588 - Tecnica correttiva meniscale mandibolare.

Foto 589 - Tecnica correttiva semi-diretta temporo mandibolare (V.FRYMANN)

CAPITOLO 49

TRATTAMENTO OSTEOPATICO DELLA FACCIA

Correzioni della faccia

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La faccia comprende la faccia propriamente detta e la cavità buccale. Ci limitiamo, in questo capitolo, a descrivere l’approccio osteopatico specificatamente della faccia poiché la cavità buccale è stata sviluppata in un capitolo a parte.

I. Test diagnostici:

1.Test di valutazione globale: (Fig.590)

I palmi delle mani sono a contatto globalmente con la faccia, da una parte all’altra della linea mediana. Apprezzare i movimenti globali della faccia in apertura e chiusura inducendo la flessione sulla sutura sagittale con i pollici.

2.Test cinetici specifici delle parti ossee:

Fare riferimento ai diversi capitoli dedicati alle ossa della faccia.

II. Disimpegno preliminare:

Prima della correzione il disimpegno è un imperativo per molteplici motivi. Esso consente, infatti, di localizzare con molta precisione e di centrare il punto esatto da trattare, la manovra correttiva da effettuarsi in accentuazione cinetica o azione diretta. Esso consente di evitare l’aggravarsi di sintomi acuti. Infatti, invece di comprimere, e quindi di aggravare, si decomprime e si libera. E’ una sorta di primo stadio di correzione diretta. L’accentuazione dell’impattamento della sutura potrebbe essere concepita nei casi cronici.

Il disimpegno deve essere seguito obbligatoriamente dalla tecnica di accentuazione o dalla tecnica diretta. Essa consente, infine, di dare inizio ad un processo correttivo al livello dell’articolazione compressa e ristretta.

Note: La compressione funziona meglio sulle articolazioni con pochi contatti, come ad esempio l’articolazione temporo-mandibolare. La trazione funziona meglio per le articolazioni con molti contatti come le suture dentellate che si presentano a strati. Il disimpegno può essere unilaterale o bilaterale.

Fig. 590 - Test di valutazione globale della cinetica facciale.

III. Correzione delle ossa della faccia:

1.Correzione della sutura fronto-sfenoidale: (Fig. 591)

La tecnica è identica per la grande ala e per la piccola ala dello sfenoide. Si modificano solamente i parametri di correzione.

La mano cefalica “frontale” assicura il contatto del frontale con la presa pollice-indice ed induce un pre-disimpegno del frontale. La mano caudale “sfenoidale” contatta l’apofisi pterigoidea con il mignolo intra-buccale e la grande ala con il medio per contatto esterno.

Tecnica per la grande ala dello sfenoide: calarsi al ritmo del M.R.P. in ascolto tramite il frontale ed il mignolo intra-buccale sull’apofisi pterigoidea. Mantenere la grande ala con il medio della mano sfenoidale. Praticare una trazione di disimpegno preliminare del frontale unilateralmente e cefalicamente con la mano frontale. Attendere il rilassamento della sutura in rotazione interna o rotazione esterna.

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Disimpegnare la grande ala sulla sua sutura in rapporto al frontale ed in funzione del P.S.S. Seguire poi il movimento nel senso in cui vuole andare in caso di applicazione della tecnica per accentuazione della disfunzione oppure correggere direttamente. Secondo i casi, focalizzare la correzione sulla porzione verticale o su quella orizzontale. Attendere il rilasciamento della grande ala e ritestarla di nuovo in seguito.

Il contro-appoggio si esegue con il o i pollici sulla bozza frontale opposta alla sutura da correggere e consente la precisione nell’accumulo delle tensioni in accentuazione o in correzione diretta.

Foto 591 - Tecnica correttiva fronto-sfenoidale.

Tecnica per la piccola ala dello sfenoide:

Si tratta dell’articolazione del margine anteriore della piccola ala con il margine posteriore della lamina orbitale del frontale. La posizione delle mani è identica, ma la presa è totalmente extra-buccale.

La tecnica della piccola ala deve essere sempre effettuata in due tempi. Innanzitutto iniziare con il disimpegno della grande ala seguendo la tecnica sua propria. In seguito, mantenendo il disimpegno della grande ala, procedere alla correzione della piccola ala.

La tecnica della piccola ala si svolge dunque nel seguente modo:

1.Fissare la grande ala

2.Disimpegnare unilateralmente e cefalicamente il frontale mantenendo lo sfenoide.

3.Disimpegnare la grande ala in rapporto al frontale ed in funzione del P.S.S.

4.Apprezzare, con il medio, il movimento della grande ala sia verso l’alto sia verso il basso poiché esso dipende dall’ugnatura che può essere sopra o sotto il P.S.S. Seguire il movimento più libero fino al rilassamento della grande ala.

5.Mantenere la nuova posizione della grande ala e, partendo da questo punto fisso, senza rilasciare il disimpegno cefalico unilaterale del frontale, iniziare il disimpegno unilaterale anteriore del frontale per liberare la piccola ala. Seguire il movimento della piccola ala fino al suo rilassamento.

2.Correzione della sutura fronto-malare: (Fig.592)

Posizione delle mani:

Una mano è a contatto del malare: presa del malare con il mignolo intra-buccale, a contatto della faccia interna del malare ed il pollice della stessa mano, extra-buccale, sulla faccia del malare. L’altra mano tiene il frontale e lo fissa al livello del pilastro esterno.

Tecnica:

Durante la fase inspiratoria primaria, mantenere il frontale in flessione. Assicurare il disimpegno del malare inducendo una leggera trazione caudale sulla parte ossea. In seguito, mantenendo il disimpegno, testare il malare in rotazione interna e in rotazione esterna. Effettuare infine la correzione, secondo i casi, con tecnica diretta e per accentuazione del movimento più libero.

Nota:

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E’ necessario mantenere a lungo il disimpegno perché l’articolazione fronto-malare è generalmente un’articolazione a molti strati. Essa è una delle cause più frequenti della restrizione della S.S.B. ed è spesso presente nei quadri clinici funzionali delle riniti.

3.Correzione della sutura fronto-etmoidale: (Fig.593)

Si tratta di una sutura che deve essere sistematicamente trattata in caso di choc frontale poiché il solco etmoidale si trova spesso ad essere responsabile della lamina cribrosa dell’etmoide.

Si tratta inoltre di una sutura da trattare sistematicamente in tutti i quadri clinici funzionali di rinite, sinusite, disturbi dell’olfatto. Prima di trattare questa sutura, è necessario assicurarsi in via preliminare dell’integrità funzionale della sutura coronaria. Correggerla eventualmente quarto per quarto, in funzione dell’orientamento delle suture ed al disimpegno corrispondente.

Tecnica:

In un primo tempo, indurre una compressione fronto-etmoidale accentuando la rotazione interna dei frontali. In un secondo tempo, dopo aver percepito un rilassamento tessutale, cessare l’aggravamento ed associare una trazione molto leggera nel senso cefalico. In un terzo tempo, cambiare la posizione delle mani ed indurre un sollevamento dei frontali per allargare il solco etmoidale direttamente con i pollici che indurranno l’allargamento del frontale a partire dalla sutura metopica.

Nel complesso si è praticato una accentuazione, poi un sollevamento ed infine un allargamento dei frontali.

4.Correzione dell’etmoide:

La correzione dell’etmoide è fondamentale per tutta le patologie funzionali di tipo sinusite, rinite, asma, naso permanentemente chiuso senza raffreddore, paziente che respira con la bocca. La correzione dell’etmoide consiste nel disimpegnarlo dalle ossa che lo circondano:

dal frontale al livello del solco etmoidale

dai mascellari al livello delle branche ascendenti

dallo sfenoide al livello del corpo e delle semi-cellule

dal vomere, inducendo una divaricazione dei mascellari, al livello della sutura cruciforme, per consentire il rilasciamento di tensione sulla lamina del vomere.

Nel bambino, si può usare con successo il V spread direttivo sull’asse etmoide-sutura cruciforme. Per ottenere ciò, si dirige l’induzione verso il punto che si vuole attivo e quindi, secondo i casi, sull’etmoide, sul vomere, sulla sutura cruciforme.

Per effettuare questa tecnica, basta posizionare un dito direttivo sulla sutura cruciforma e due dita ricettrici da una parte e dall’altra della sutura sagittale e focalizzare con cura la direzione dell’asse sulla zona che si vuole indurre (più o meno dietro o davanti sulla sutura sagittale)

5.Correzione dei mascellari:

E’ importante normalizzare i mascellari, da una parte in rapporto alle ossa che li circondano e dall’altra parte al livello mascellare stesso, tra pre e post mascellare.

6.Correzione delle ossa proprie (ossa nasali):

Essa può avvenire:

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sia tramite disimpegno seguito da correzione diretta o accentuazione di movimento

sia tramite V spread fra branca ascendente del mascellare ed ossa proprie associando un disimpegno preliminare.

Posizione delle dita:

Mano caudale: indice sulla branca ascendente del mascellare e due dita sul margine superiore dell’orbita, da una parte e dall’altra del foro sopra orbitale.

Mano cefalica: le due dita direttrici sono sull’occipite controlateralmente vicino ad inion

Tecnica:

Indurre in via preliminare una leggerissima trazione di disimpegno caudale associata ad un divaricamento dell’osso proprio rispetto al mascellare. Indurre poi un V spread su questa sutura.

Nota

Evitare di mettere il dito sul foro orbitale dove passa il nervo orbitale generalmente molto doloroso.

IV.Tecniche di equilibrio globale:

Le tecniche globali consentono di apprezzare la mobilità dei quadranti e di individuare i piani in restrizione cinetica all’interno di questi quadranti. Esse consentono anche di mobilizzare e di riequilibrare tutto o parte di questi quadranti.

1.Tecnica di equilibrio globale dei quadranti anteriori (Fig. 594)

Posizione del paziente: decubito, colonna cervicale in posizione neutra fisiologica

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizione delle mani: le mani si trovano da una parte e dall’altra della linea mediana del cranio.

I palmi sono a contatto dei frontali, i pollici da una parte e dall’altra della sutura metopica. Gli indici sono a contatto delle branche ascendenti dei mascellari, i medi a contatto delle branche orizzontali dei mascellari, al di fuori delle bozze canine.

Movimento: Sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. poi accentuare la cinetica riscontrata senza mai bloccare il M.R.P. e mobilizzando la faccia globalmente in modo ritmato accumulando le tensioni dura-meriche e miofasciali incontrate.

2.Tecnica di equilibrio facciale a piani:

Tecnica frontale (fig. 595):

Poiché tutte le ossa della faccia sono sospese all’etmoide ma anche al frontale il riequilibrio di questa parte ossea è di primaria importanza per consentire un buon riequilibrio cinetico delle altre componenti della faccia.

Questa tecnica, oltre alla sua azione diretta sulla falce del cervello e sull’etmoide e sulle sue relazioni con i differenti seni e globi oculari, è estremamente efficace per facilitare il tono neuro-vegetativo in generale fin dalla corteccia pre-frontale. Essa è anche efficace per la cura dei disturbi comportamentali in particolare del bambino.

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Posizione del paziente: decubito, colonna cervicale in posizione neutra fisiologica

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizione delle mani: Le mani si trovano da una parte e dall’altra della linea mediana del cranio.

Gli indici sono a contatto della sutura metopica e le terze, quarte, quinte dita sono, da una parte e dall’altra, a contatto con la parte esterna delle arcate sopraciliari e dei pilastri esterni del frontale.

Movimento: Sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. poi accentuare la cinetica riscontrata senza mai bloccare il M.R.P. e mobilizzando il frontale, globalmente ed in modo ritmato, accumulando le tensioni dura.meriche e miofasciali incontrate.

Nota: Una variante consiste nel posizionare gli anulari sulle grandi ali e nel praticare simultaneamente un riequilibrio fronto-sfenoidale.

Una seconda variante consiste nel contattare la sutura metopica con i pollici, i pilastri del frontale con gli indici e le ali delle sfenoide con i medi.

Tecnica di riequilibrio simultaneo fronto-maxillo-malare (Fig. 596):

Questa tecnica ha per scopo di equilibrare la parte superiore frontale dei quadranti anteriori in rapporto al piano medio maxillo-malare.

Questa tecnica ha per scopo di equilibrare la parte superiore frontale dei quadranti anteriori in rapporto al piano medio maxillo-malare.

Posizione del paziente: in decubito, colonna cervicale in posizione neutra fisiologica

Posizione del terapeuta: seduto di fianco al paziente

Posizione delle mani: il palmo della mano cefalica afferra il frontale, pollice ed indice al livello dei pilastri del frontale,.La mano caudale è a contatto con la branca ascendente del mascellare con l’indice, con il malare tramite medio ed anulare e con la branca orizzontale del mascellare tramite il mignolo intra-buccale.

Movimento: sincronizzarsi al ritmo del M.R.P. poi accentuare la cinetica riscontrata senza mai bloccare il M.R.P. e mobilizzando i due piani della faccia, globalmente ed in modo ritmato, accumulando le tensioni dura-meriche e mio-fasciali riscontrate.

Tecnica fronto-malare a piani (Fig. 597)

Questa tecnica è utile per mobilizzare le componenti ossee dell’orbita.

Posizione del paziente: in decubito, colonna cervicale in posizione neutra fisiologica.

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente.

Posizione delle mani: le mani si trovano da una parte e dall’altra della linea mediana del cranio. I palmi sono a contatto con i frontali, i pollici da una parte e dall’altra della sutura metopica. Gli indici sono a contatto del frontale con le falangi prossimali ed a contatto dei mascellari con le falangi distali. I medi e gli anulari sono a contatto con i malari mentre i mignoli contattano le apofisi zigomatiche dei temporali.

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Movimento: sincronizzarsi al ritmo del M.R.P., poi accentuare la cinetica riscontrata senza mai bloccare il M.R.P. e mobilizzando le parti ossee fronto-malari, globalmente ed in modo ritmato, accumulando le tensioni dura-meriche e mio-fasciali incontrate.

Nota: la posizione delle quarte e quinte dita sul temporale consente l’equilibrio dei malari in rapporto ai temporali.

Tecnica mascellare a piani (Fig. 598)

Posizione del paziente: in decubito, colonna cervicale in posizione neutra fisiologica.

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizione delle mani: le mani si trovano da una parte e dall’altra della linea mediana del cranio. I palmi sono a contatto con i frontali, i pollici da una parte e dall’altra della sutura metopica. Gli indici, i medi e gli anulari sono a contatto dell’arcata dentale superiore.

Movimento: sincronizzarsi al ritmo del M.R.P., poi accentuare la cinetica riscontrata senza mai bloccare il M.R.P. e mobilizzando le parti mascellari, globalmente ed in modo ritmato, accumulando le tensioni dura-meriche e mio-fasciali incontrate.

Foto 592 - Tecnica correttiva fronto-malare

Foto 593 - Tecnica correttiva fronto-etmoidale

Foto 594 - Tecnica di equilibrio globale dei quadranti anteriori

Foto 595 - Tecnica di equilibrio frontale dei piani

Tecnica di equilibrio globale dei malari: (Fig. 599)

Posizione del paziente: in decubito, colonna cervicale in posizione neutra fisiologica

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizione delle mani: pollici sul frontale. Indici a contatto con i margini orbitali dei malari e medi a contatto con i margini masseterini dei malari.

Movimento: sincronizzarsi al ritmo del M.R.P., poi accentuare la cinetica riscontrata senza mai bloccare il M.R.P. e mobilizzando la parte malare, globalmente ed in modo ritmato, accumulando le tensioni dura-meriche e miofasciali incontrate.

Tecnica di equilibrio fronto-sfenoido-malare (Fig. 600)

Posizione del paziente: in decubito, colonna cervicale in posizione neutra fisiologica

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente, dalla parte opposta alla regione da equilibrare.

Posizione delle mani: la mano caudale contatta il malare con il pollice sul margine orbitale e l’indice sul margine masseterino mentre il mignolo intra-buccale contatta la faccia interna del malare. La mano cefalica contatta il frontale e lo sfenoide con presa pollice-indice.

Movimento: sincronizzarsi al ritmo del M.R:P., poi accentuare la cinetica riscontrata senza mai bloccare il M.R.P: e mobilizzando le parti ossee, globalmente ed in modo ritmato, accumulando le tensioni dura.meriche e miofasciali incontrate.

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Nota: una variante di questa tecnica consiste nel controllare l’apofisi pterigoide ipsi-laterale sulla zona trattata con il mignolo della mano caudale per contatto intra-buccale. In questo caso, l’indice, il medio e l’anulare contattano assieme il malare, dal margine masseterino fino all’apofisi orbitale.

Tecnica di equilibrio globale delle ossa del naso (Fig 601)

Posizione del paziente: in decubito, colonna cervicale in posizione neutra fisiologica

Posizione del terapeuta: seduto a lato del paziente

Posizione delle mani: il palmo della mano cefalica afferra il frontale, con il medio a contatto della sutura metopica, l’indice e l’anulare a contatto dei pilastri esterni del frontale, le altre dita da una parte e dall’altra sul frontale. La mano caudale tiene le ossa proprie del naso tra pollice ed indice.

Tecnica: sincronizzarsi al ritmo del M.R.P., poi accentuare la cinetica incontrata senza mai bloccare il meccanismo respiratorio primario e mobilizzando le parti ossee, globalmente ed in maniera ritmata accumulando le tensioni dura-meriche e miofasciali e continuando il pompaggio fino al raggiungimento dello “Still Point”.

Tecnica di equilibrio globale della faccia (Fig. 602)

Posizione del paziente: in decubito, colonna cervicale in posizione neutra fisiologica.

Posizione del terapeuta: seduto alla testa del paziente

Posizione delle mani: i pollici e le eminenze tenar sono a contatto con i frontali. Gli indici ed i medi sono a contatto con i mascellari ed i malari. Gli anulari ed i mignoli contattano la mandibola, da una parte e dall’altra del gonion.

Foto 596 - Tecnica di equilibrio simultaneo fronto maxillo malare

Foto 597 - Tecnica di equilibrio fronto malare a piani.

Tecnica: sincronizarsi al ritmo del M.R.P. poi accentuare la cinetica incontrata senza mai bloccare il meccanismo respiratorio primario e mobilizzando le parti ossee, globalmente ed in maniera ritmata, accumulando le tensioni dura.meriche e miofasciali incontrate e continuando il pompaggio fino al raggiungimento dello “Still Point”.

Correzione della cavità buccale in rapporto con la faccia

E’ da notare che i mascellari sono spesso in restrizione di mobilità

1. Correzione della sutura intermascellare

Togliere in via preliminare qualsiasi apparecchio dentario

Per mobilizzare la sutura inter-mascellare, bisogna mobilizzare il pre.mascellare a partire dal suo asse verticale che passa per la linea medio-incisiva, quindi dal primo canino. Per questo, è sufficiente focalizzarsi sul movimento del pre-mascellare in rotazione esterna come per il mascellare nel suo insieme.

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Tecnica: bloccare il pre-mascellare opposto. Mantenere tra pollice ed indice la parte posteriore del pre-mascellare, quindi dietro al secondo incisivo ma anteriormente al primo canino. Disimpegnare in seguito il pre-mascellare rispetto al suo opposto. Testare il segmento in rotazione interna poi in rotazione esterna. Nei bambini, correggere infine per accentuazione del movimento. Ritestare dopo la correzione.

Correzione della sutura medio-incisiva (tra pre e post mascellare)

Si tratta di una sutura spesso indicata soprattutto a causa di traumi

Tecnica: bloccare il pre-mascellare. Mantenere il post-mascellare tra pollice ed indice dietro al secondo canino, al livello dei molari. Disimpegnare il post-mascellare dal pre-mascellare. Testare il segmento post-mascellare in rotazione interna, poi in rotazione esterna. Correggere per accentuazione del movimento più libero conservando il disimpegno. Infine riequilibrare bilateralmente i due post-mascellari nel loro insieme.

Equilibrio della S.S.B.

Qualsiasi trattamento della faccia deve concludersi con un riequilibrio membranoso della S.S.B. e quindi della base e della volata (vedi capitolo 45). Le tecniche membranose di “stacking” hanno la nostra preferenza perché consentono un riequilibrio globale rapido ed immediato.

Fot 598 - Tecnica di equilibrio mascellare a piani.

Foto 599 - Tecnica di equilibrio globale dei malari

Foto 600 - Tecnica di equilibrio fronto sfeno malare.

Algie della faccia

Gli obiettivi basilari dell’azione osteopatica consistono nel normalizzare le funzioni fisiologiche in rapporto con la circolazione arteriosa, venosa e linfatica generale, il sistema nervoso centrale ed il sistema ortosimpatico e nell’esaminare e correggere la o le strutture lese.

Lo schema del trattamento sarà guidato dalla ricerca della causa e non del semplice trattamento sull’effetto algico. Esso comprenderà le correzioni craniche specifiche, il trattamento dello schema generale osteopatico della lesione, il riequilibrio del meccanismo cranico-sacrale e della cinetica fasciale, l’attivazione della pompa toraco-addominale.

In tutte le forme di algie facciali non praticare mai correzioni senza controllo radiologico. Praticare sempre una mobilizzazione dei tessuti molli prima di qualsiasi tecnica diretta a questo livello. Apprezzare in seguito il riflesso cranico-sacrale e nel caso in cui esso non si manifesti, trattare atlante-epistrofeo.

I.Cefalee

(vedere anche capitolo 51 su emicranie e cefalee)

1.Cefalee di eziologia generale

Esse si presentano di forma globale ( a casco) o localizzate al livello dell’occipite, del vertice o del frontale. Esse hanno origine principalmente da:

Infezioni (dalla semplice influenza al tifo)

Intossicazioni (ossido di carbonio, saturnismo, alcolismo)

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Stati toxemici (costipazione, iperazotemia, tassi di uricemia superiori allo 0.50)

Ipertensioni (catameniali, endocrine, psico-somatiche, psichiatriche)

Stati depressivi o isterici (sono spesso croniche, di antica data, ben tollerate e descritte con abbondanza di particolari significatici)

2.Cefalee di causa locale

Se in base alle domande rivolte al paziente rimane spazio per buddi sull’origine infettiva, gli esami complementari devono essere mirati a invalidare qualsiasi processo infettivo grave come la meningite con il suo famoso “teppiedi meningeo”: cefalee, vomiti, rigidità della nuca ai quali si aggiunge una forma di costipazione.

Nei casi di infezione cerebro-spinale l’osteopata deve astenersi da qualsiasi intervento.

Nella sindrome di ipertensione intra-cranica con cefalee, vomiti, vertigini e stasi capillare, l’osteopata deve valutare la possibilità di una sindrome post-commotiva ed interrogare il paziente su eventuali perdite di conoscenza. Dpo tre mesi, la sindrome soggettiva dei traumatizzati del cranio rivela cefalee (assenti durante la notte), angoscia, irritabilità, astenia generale e sessuale. Dopo qualsiasi choc dovuto ad incidente automobilistico, è consigliabile aspettare almeno tre giorni prima di toccare il cranio ed almeno 72 ore a 8 giorni nel caso whiplash injury.

Le affezioni neurologiche (encefalite, tumori, ascesso cerebrale, epilessia, emorragia cerebrale) o le affezioni ossee (osteiti, malattia di Khaler, di Paget, metastasi) possono originare cefalee su cui l’osteopata deve astenersi dall’intervenire, vista la causa organica.

II. Algie cranico-facciali.

Le algie cranico facciali sono spesso causate da disturbi della struttura neuro-muscolo-scheletro-fasciale o da difficoltà di adattamento all’ambiente (professione, nutrizione, inquinamento, stress...).

Effettuare un’anamnesi precisa, risalendo lontano all’origine dei disturbi, non fidarsi di disturbi recenti in pazienti di 50 anni ed in caso di dubbi o incertezze, richiedere esami biologici, radiologici e scanner.

Esaminare e palpare attentamente il cranio, la colonna cervicale e dorsale (con particolare attenzione per D1-D4), l’addome ed il sacro.

Nei casi di crisi acuta, agire a distanza, drenando ed eliminando le tensioni di qualsiasi origine. Passata la crisi, trattare in maniera specifica, evitando le tecniche violente anche al di fuori dell’iperalgia.

III.Nevralgia del trigemino o nevralgia facciale

La nevralgia del trigemino o “tic doloroso del viso” è una nevralgia primaria frequente e costituisce un’entità perfettamente definita nel quadro dei dolori cranico-facciali.

1.Quadro clinico:

Essa si manifesta generalmente nella seconda parte della vita, dopo i 50 anni, ma può presentarsi anche più tardi verso i 65-70 anni, anche se meno frequentemente. Bisogna avvicinare con molta circospezione le nevralgie precoci e prima di classificarle come essenziali, si consiglia di pensare ad una nevralgia sintomatica da sclerosi in placche.

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Il dolore si presenta in maniera molto caratteristica: si tratta di un dolore discontinuo, avvertito generalmente come una scarica elettrica, una sensazione parossistica folgorante, un lampo che si ripete con scariche successive, separate da periodi di assenza totale del dolore stesso. L’intensità di queste scariche dolorose è molto forte ed il paziente vive nell’ansia per il sopravvenire di una nuova crisi. Il dolore è unilaterale, localizzato al territorio del trigemino e più in particolare ad uno dei suoi rami.

Tre topografie dolorose devono essere presenti:

Il nervo oftalmico per l’emifrontale, l’occhio e la palpebra superiore.

Il nervo mascellare superiore per la regione infra-orbitale, la palpebra inferiore, l’ala del naso, il labbro superiore, la mascella superiore, il palato e la gengiva superiore.

Il nervo mascellare inferiore per il mento, il labbro inferiore, la mascella inferiore, la gengiva inferiore e la parte anteriore dell’emi-lingua.

La nevralgia che si presenta con più frequenza è quella che interessa il mascellare superiore mentre quella del nervo oftalmico è piuttosto rara. Sono possibili nevralgie di origine topografica mista mentre solo in casi eccezionali si trova coinvolto tutto il territorio del trigemino.

Per il malato si verifica una notevole fissità topografica: sempre lo stesso lato, sempre lo stesso ramo del trigemino. Le nevralgie bilaterali simultanee non esistono: un’ulteriore infiammazione controlaterale è rarissima e si presta sempre al sospetto di una diversa eziologia da ricercare (S.E.P.).

Le cause che provocano il dolore perfezionano la definizione della nevralgia del trigemino. Il dolore è provocato dalla masticazione, dal gesto di lavarsi, dalla mimica, cioè dai movimenti minimi della faccia. Ma anche un leggero contatto su una certa zona del viso può scatenare il dolore: contatto con una stoffa, soffio di vento.

Dall’altra parte la possibilità di provocare il dolore con il contatto con questa “zona gachette (scatenante) o trigger zone” è il segnale obiettivo principale: è impressionante constatare che lo stimolo termico o una pressione forte non sono efficaci mentre il semplice sfioramento, che determina una sensazione puramente tattile, può scatenare la nevralgia.

Questa zona gachette o “grilletto” è di estensione limitata, cutanea o mucosa. Essa si trova generalmente nel territorio dell’algia, ma non si verifica obbligatoriamente la sovrapposizione della “trigger zone” con la parte indolenzita del paziente.

Infine, una delle ultime caratteristiche importanti di questo disturbo è la presenza di un periodo refrattario che segue l’attacco doloroso e durante il quale anche lo stimolo della zona “grilletto” non consentirà il prodursi della sensazione dolorosa. La durata di questo periodo è più o meno lunga, senza oltrepassare i due o tre minuti e l’ammalato può approfittarne per lavarsi ed alimentarsi.

L’esame, possibile solamente al di fuori delle crisi, non rivela alcuna anomalia: non si presenta alcuna ipoestesia oggettiva.

La nevralgia essenziale del trigemino evolve in maniera discontinua: i periodi dolorosi si presentano a distanza di mesi o anni. Gli attacchi possono sopravvenire improvvisamente, ripetersi tutti i giorni in numero variabile, poi di nuovo scomparire per un tempo più o meno lungo. In alcuni casi, con il tempo, l’affezione può tendere ad assumere un carattere permanente.

2.Fisiopatologia:

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Nella maggioranza dei casi, la nevralgia del trigemino non può essere collegata ad alcuna eziologia, così la si considera primaria o essenziale. Ciononostante, alla luce di alcune nevralgie sintomatiche legate ad un’aggressione diretta sul nervo ed in ragione della grande frequenza delle manifestazioni in tarda età, nella seconda parte della vita, si è pensato ad aggressioni meccaniche legate all’età ed in grado di scatenare una nevralgia.

Si è pensato anche di prendere in considerazione le modificazioni della rocca petrosa, sulla quale si appoggiano il ganglio di Gasser e le radici del trigemino, come il sopraelevarsi della piramide petrosa con il passare degli anni. Sono state pure segnalate nevralgie del trigemino legate alla risalita della rocca in seguito a malattia di Paget. Si sono incriminate inoltre modificazioni (ossificazioni parziale, calcificazione) della loggia fibrosa, il cavum di Meckel, che avviluppa il ganglio di Gasser.

Si può quindi ragionevolmente pensare che aggressioni meccaniche possono provocare alterazioni anatomiche moderate e questa ipotesi è confermata da constatazioni pre-operatorie neuro-chirurgiche ed esami istologici di parti anatomiche. Esistono effettivamente lesioni minime ma disseminate delle guaine di mielina a carattere patologico.

Queste constatazioni sono state all’origine di una teoria periferica della nevralgia facciale. Si è pensato che in ragione delle alterazioni delle guaine di mielina, poteva crearsi un congiungimento o delle false sinapsi tra le fibre nervose, determinando un vero e proprio cortocircuito dell’accomodamento tra le fibre sensitive che conducono il tatto e quelle che conducono il dolore. Così il messaggio tattile nato dalla periferia cutanea verrebbe condotto verso i centri nervosi utilizzando le fibre che normalmente veicolano il dolore e verrebbe recepito quindi come sensazione dolorosa. Ma questa teoria non spiega il carattere intermittente della nevralgia facciale. Per analogia con l’epilessia, è stata chiamata in causa una teoria della nevralgia facciale di origine centrale. Sappiamo che la scarica dolorosa acuta è seguita da un periodo refrattario durante il quale qualsiasi stimolo della trigger zone è inefficace. L’ineccitabilità totale poi relativa dopo la scarica dolorosa, i fenomeni di sommazione temporale e spaziale degli stimoli afferenti, non possono che spiegarsi con un’attività parossistica di un gruppo di neuroni che si innesca quando il loro livello di eccitazione raggiunge una determinata soglia.

Per il trigemino, i neuroni che costituiscono il nucleo bulbare possono avere questo ruolo. Ma il meccanismo rimane oscuro.

Sappiamo che il nucleo bulbare subisce normalmente l’influenza inibitoria del nucleo protuberenziale sopra-giacente. L’effetto inibitorio di questo può, in certi casi, non avvenire più per ragioni anatomiche o fisiopatologiche. Così, la demielinizzazione delle fibre afferenti che veicolano, ad esempio, il tatto può determinare un rallentamento del messaggio trasportato da queste fibre dalla periferie verso il nucleo protuberenziale. Questo, non informato, non potrà inibire il nucleo bulbare sotto-giacente. Ne consegue uno stato di ipereccitazione dei neuroni del nucleo bulbare che divengono capaci di scaricarsi spontaneamente o sotto l’influenza di stimoli periferici non specifici e minimi.

Sul piano osteopatico, la disfunzione cinetica cranica più frequentemente incriminata si trova al livello della sutura sfeno-petrosa. Lesioni traumatiche del temporale bloccato in rotazione interna o dello sfenoide, conseguenti ad un intervento di estrazione dentaria, possono originare una patologia funzionale.

Tensioni membranose che determinano uno strain verticale, disfunzioni della cerniera occipite-atlante- epistrofeo o disfunzioni sacrali sono eziologie ugualmente frequenti.

Sono pure da considerare possibili eziologie la sindrome cranico-mandibolare, le disfunzioni fronto-sfenoidali o delle ossa della faccia.

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Infine, nel caso di dolori infra-orbitali, l’osteopata dovrà prendere in considerazione un’eventuale disfunzione cinetica del palatino, che blocca l’apofisi pterigoidea dello sfenoide o il mascellare superiore al livello della sutura inter-mascellare.

Il trattamento consisterà soprattutto nell’equilibrare le tensioni membranose cranico-sacrali, nel correggere le disfunzioni occipite-atlante-epistrofeo così come le disfunzioni petro-sfenoidale, temporo-mandibolare, pterigo-palatina ecc.

IV.Nevralgia del glosso-faringeo:

Essa è caratterizzata da un dolore unilaterale, come una coltellata o la puntura di uno spillo, alla base della lingua, sotto l’angolo della mascella, che si irradia verso la gola e l’orecchio. Essa è scatenata dalla tosse, da sbadigli, deglutizione o da trigger zones che stimolano il dolore sotto la base della lingua. Il trattamento dovrà insistere sull’equilibrio delle tensioni del forame lacero-posteriore, della cinetica della sutura occipito-mastoidea, della cerniera occipito-atlante-epistrofeo e dell’A.T.M.

V.Nevralgia occipitale:

Il nervo di Arnold che ha la sua origine in C1-C2-C3 è coinvolto in primo luogo.

I dolori alla nuca di provenienza delle branche C1-C2-C3 sono in relazione con il ganglio cervicale superiore ortosimpatico, da cui i possibili rischi di disturbi vaso-motori delle arterie meningee, disturbi al livello del ganglio sfeno-palatino, segni a distanza nel territorio del plesso brachiale. Nel caso di muscoli occipitali o di trapezi iperalgici, gli aggiustamenti specifici di primo acchito sono sconsigliati, si preferiscono invece tecniche fasciali o inibitorie dei muscoli occipitali e dei gangli cervicali (c!-C2 e C7-D1).

Normalizzare la sutura occipito-mastoidea. Praticare la tecnica del rotolamento dei temporali o una compressione del IV ventricolo. Trattare le tensioni membranose cranico-sacrali, le fasce cervicali e toraciche e le zone di tensioni vertebrali. Equilibrare diaframmi toracici, pelvici e cranici. Infine correggere al bisogno la zona occipite-atlante-epistrofeo con tecnica diretta.

VI.Algie vascolari della faccia:

Esse evolvono tramite attacchi della durata di diversi giorni con manifestazioni parossistiche. I dolori crescono progressivamente fino a manifestazioni parossistiche poi il dolore regredisce progressivamente. Gli attacchi sopravvengono diverse volte al giorno, ad orari fissi e durano una o diverse ore. Questo tipo di patologia si incontra spesso nei pazienti psicopatici. Essa coinvolge l’emifaccia, con arrossamento e dolore pulsatile, accompagnato da lacrimazione, rinorrea, a volte sindrome di Claude Bernard Horner (ptosi, miosi, enofalmia).

Il trattamento consiste in un drenaggio venoso preliminare, nella correzione della cerniera occipite-atlante-epistrofeo e delle altre disfunzioni cervicali, nella normalizzazione della prima costola, delle clavicole, delle fasce cervicali, nell’equilibrio neuro-vegetativo dei gangli ortosimpatici cervicali a destinazione cranica, nell’inibizione di qualsiasi contrattura dei muscoli cervicali e dell’articolazione e nel lavoro sui tessuti molli della zona da D1 a D4 (zona di vaso-motricità orto-simpatica).

Al livello della struttura cranica, sarà saggio esaminare e normalizzare temporale, frontale, ossa della faccia ecc. e di concludere con una armonizzazione cinetico-sacrale e della sfera anteriore in rapporto alla sfera posteriore.

Foto 601 - Tecnica di equilibrio globale delle ossa nasali.

Foto 602 - Tecnica di equilibrio globale della faccia.

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CAPITOLO 50

TRATTAMENTO OSTEOPATICO DELLA SFERA ORL

La patologia funzionale della sfera ORL è in gran parte legata alla sfera digestiva ed ai suoi disturbi funzionali. La cavità orale è parte integrante dell’apparato digestivo quindi qualsiasi flusso determina una deglutizione permanente di tossine, pus e germi patogeni che coinvolgono il tratto gastro intestinale e le vie epato-biliari.

Ma la patologia funzionale è legata ugualmente a tutti i traumi diretti o indiretti del cranio, perinatali, neonatali o acquisiti nel corso della vita. D’altra parte bisogna notare che il bambino, prima dei due anni d’età, possiede solamente i seni etmoidali. I seni sfenoidali si formano dopo i due anni per essere completamente funzionali verso i 4 anni. La stessa cosa avviene per i seni mascellari: questi ultimi sono ricoperti dalle apofisi palatine. I seni frontali non esistono fino all’età di 7 anni. Si può quindi concludere che i seni sono funzionali a partire dall’età di 7 anni.

Rino-faringe e sinusite

Una persona colpita da sinusite cronica non può respirare correttamente. L’ossigenazione e di conseguenza la nutrizione sono compromesse. In seguito, si forma piofagia permanente, con flusso di pus non soffiato dal naso che penetra nella faringe, poi deglutizione posteriore. Ne consegue uno stato relativo di intossicazione permanente accompagnato spesso da affaticamento, nervosismo, apatia.

I.Eziologia:

1.Teoria della “focal infection” di BILLING (1912):

“L’infezione focale è una zona circoscritta di tessuto infettato da microorganismi patogeni”. L’infezione focale può essere primaria o secondaria. I focolai primari sono localizzati nei tessuti in comunicazione con la superficie mucosa o cutanea. I focolai secondari provengono direttamente da altri focolai perché contigui, o a distanza per via ematogenea o linfogena (per mezzo di fenomeni setticemici). Questi focolai primari possono collocarsi in qualsiasi punto dell’organismo.

2.teoria piofagica di LIBEDINSKY:

La deglutizione produrrebbe alla lunga alterazioni funzionali ed organiche in diversi settori del tubo digerente. Si possono osservare disturbi infettivi e funzionali al livello dello stomaco, dell’intestino tenue, dell’appendice, del colon, del pancreas e delle vie biliari. Il passaggio dei microbi per le vie digestive sarebbe responsabile dei disturbi osservati.

3.Teoria toxemica:443

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Secondo questa teoria non sono i microbi, ma le loro tossine, ad essere responsabili dei disturbi osservati. Questa intossicazione agirebbe sull’allergia, l’anafilassi, le vie nervose.

4.Teoria nervosa

I lavori di Leriche come le ricerche di Reilly fanno riferimento alla “focal infection” e consentono di enunciare che ad aggressioni varie, l’organismo risponderà in modo non specifico per via neuro-endocrina e surrenale.

5.Teoria di H.SELYE

Uno stress fisico, chimico, nervoso, umorale determina delle difese organiche non specifiche. Il meccanismo comporta una reazione di allarme, seguita da una fase di resistenza e da una fase di spossamento. Le lesioni non sono causate dall’agente aggressore, ma dal sistema protettivo. Si verifica una difesa eccessiva dei tessuti di fronte ad una aggressione minima. Si tratta di un meccanismo di adattamento del meccanismo ad un’aggressione per mezzo di reazioni non specifiche con, secondo la sua anzianità, un fattore di irreversibilità.

6.Fattore dietetico

Il fattore dietetico è molto importante nel caso di sinusiti, in particolare per i bambini. Le cause principali sono il latte zuccherato ed i suoi derivati (yogurt, gelati, creme ecc.). Non è possibile trattare correttamente un seno se non si risolve in contemporanea l’equazione abuso di latte e dolciumi.

II.Forme cliniche:

1. La sinusite frontale è caratterizzata da dolori medio-frontali, da rinorree con o senza febbre. In questi casi è sempre presente un blocco cinetico delle ossa che interessano il seno infettato

2. - La sinusite sfenoidale si presenta con dolori frontali posteriori che si allargano e si estendono a tutta la testa, con rinorree posteriori e producono una sensibilità della retrobocca a livello della faringe e dei raschiamenti di gola dovuti alla rinorree posteriori.

3. - La sinusite etmoidale è caratterizzata da un aumento della pressione oculare e da una congestione oculare con lacrimazione e, in taluni casi, congiuntivite. Il paziente sente il frequente desiderio di comprimersi gli occhi. Le rinorree sono posteriori e possono determinare tracheite e tosse notturna. Questo tipo di sinusite ha spesso origine parasimpatica. Nella sua fase iniziale può simulare dolori di tipo oftalmologico.

4. - La sinusite mascellare si caratterizza con dolori che partono generalmente dalla squama parietale per propagarsi al mascellare superiore, con a volte edema della gota. Il dolore sul malare rivela la parte interessate. Le rinorree sono posteriori. I dolori parietali possono inizialmente sembrare sintomo di una nevralgia di Arnold. In presenza di sinusite è opportuno preoccuparsi delle condizioni dei denti del paziente e con maggiore attenzione per i casi di sinusite mascellare.

III.Esame osteopatico

1.E’ importante controllare i circuiti fluidici

Controllo del MRP :al livello del sacro e del cranio.

Controllo delle vie di ritorno veno-linfatiche: apprezzare la cinetica ed il sincronismo dei tre diaframmi.

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Controllo della libertà dell’orifizio toracico superiore: 1° e 2° costola, clavicole, C7-D1, duomo pleurico.

2.E’ importante controllare anche le parti ossee del cranio: frontale, mascellari superiori, palatini, malari, etmoide, sfenoide.

IV.Trattamento osteopatico

1.Regolarizzazione delle vie di ritorno veno-linfatiche:

Il diaframma pelvico che si trova spesso disturbato

-Il diaframma toracico inferiore e la cisterna di Pecquet

- Il diaframma toracico superiore e l’incrocio di Pirogoff dove passano le vene succlavie, le vene giugulari interne e, a sinistra, il canale toracico. Si ottiene una regolarizzazione praticando un pompaggio dell’incrocio veno-linfatico di Pirogoff:

Paziente in decubito, il terapeuta alla testa del paziente effettua, con il tallone della mano, rapide e corte pressioni sulle clavicole e sulla parte superiore del manubrio sternale oppure esegue pressioni più lunghe, seguendo l’espirazione del paziente, e rilasciando subito con un tempo di ritardo dopo l’inizio dell’inspirazione, per provocare una aspirazione fluidica (la stessa tecnica si può praticare con il paziente in procubito).

- La catena linfatica del collo, i gangli infra-mascellari e le ghiandole parotidi.

2.Apertura, disimpegno, drenaggio della testa e del collo:

Correzione occipite-C1-C2 in relazione con il ganglio cervicale superiore.

Liberazione della base del cranio.

Armonizzazione dei muscoli sterno-cleido-mastoidei e delle loro guaine aponeurotiche

Correzione globale della SSB e del diaframma cranico

Drenaggio dei seni venosi cranici

Drenaggio dei seni ossei danneggiati

Correzione delle disfunzioni cinetiche delle ossa della faccia

Verificare e trattare al bisogno frontale, mascellari superiori, palatini, malare, etmoide e sfenoide. E’ cosa saggia verificare con particolare attenzione la relazione cinetica tra la lamina verticale del palatino e lo hiatus mascellare che è spesso causa misconosciuta dei disturbi funzionali della rino-faringe. La cinetica, a questo livello, dipende dall’integrità del movimento tra l’apofisi pterigoidea dello sfenoide ed il margine posteriore della lamina verticale del palatino. Lo scopo di questa tecnica è di mobilizzare la parte verticale del palatino a contatto con il mascellare superiore al livello della sua fascia interna e dello hiatus.

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Il paziente è in decubito ed il terapeuta, in piedi alla testa del paziente. Il mignolo intra-buccale della mano caudale contatta l’apofisi pterigoidea, l’indice intra-buccale della mano cefalica appoggia la seconda falange al livello pre-malare dei denti superiori mentre il polpastrello contatta la parte inferiore dell’ultimo molare. Mantenere l’apofisi pterigoide con il mignolo e seguire il mascellare adeguandosi al suo ritmo, disimpegnare il mascellare in rapporto all’apofisi pterifoidea ed al palatino, portare quindi in rotazione esterna durante la fase inspiratoria e mantenerla senza bloccare il meccanismo respiratorio primario fino ad ottenere il rilassamento delle tensioni. Mobilizzare successivamente lo sfenoide ed i due mascellari per via extra-buccale seguendo le tecniche conosciute.

Mobilizzazione generale e ritmate della faccia

Equilibrio delle tensioni tra sfera anteriore e sfera posteriore.

3.Equilibrio neuro-vegetativo

- Del ganglio cervicale superiore in relazione ortosimpatica con il cranio e la rino-faringe

- Del ganglio sfeno-palatino in relazione parasimpatica con le mucose sinusali, nasali e le vie aeree superiori. I rami del ganglio sfeno-palatino passano atraverso il foro sfeno-palatino per il naso, la faringe, i denti e gli occhi. Le rami destinati all’orbita passano tra l’etmoide e frontale. E’ quindi fondamentale verificare le articolazioni sfeno-palatine e maxillo-malari nei casi di disfunzioni del ganglio di Meckel.

Della catena latero-vertebrale cervicale

Compressione del quarto ventricolo o rotolamento sincrono dei temporali seguendo il tono neuro-vegetativo del paziente.

4.Equilibrio dei sistemi emuntori: intestino, reni, polmoni e fegato.

5.Equilibrio dietetico: sopprimere latticini e dolci.

V.Note sul trattamento osteopatico:

Le cellule frontali ed etmoidali sono in relazione di continuità tramite le loro rispettive emi-cellule. Il lavoro sul frontale non può quindi dissociarsi dal trattamento dell’etmoide. La mobilità in flessione-estensione della SSB e quella in rotazione esterna ed interna del mascellare superiore sono indispensabili per una buona cinetica della faccia in generale e dell’etmoide in particolare.

I nervi della mucosa nasale e sinusale provengono dal ganglio di Meckel, quest’ultimo in relazione anatomica e cinetica con le apofisi pterigoidee, i palatini ed i mascellari nella parte alta della fossa pterigo-mascellare.

Nei casi di sinusite acuta, il dolore localizzato, il seno infettato, il naso tappato uni o bilateralmente sono segni di un drenaggio inesistente. Si impone quindi un approccio prudente per liberare dolcemente il seno otturato.

La tecnica sfeno-vomerina e la “wagon tongue technique” sono eccellenti metodi di avvicinamento ad un quadro clinico acuto.

Infatti il palato è inizialmente duro come legno per la restrizione cinetica dei mascellari, dei palatini e dell’etmoide. Si tratta innanzitutto di praticare una pressione dolce ma sicura e prolungata, di direzione cefalica, fino a percepire una risposta sul pollice a contatto con la sutura metopica. Avendo percepito una risposta, rilasciare dolcemente l’indice sul palato duro e mantenere la pressione sulla sutura metopica.

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Continuare la mobilizzazione fino ad ottenere un movimento più libero e spontaneo delle due ossa.

Le tecniche di V spread, utilizzando la componente fluidico del LCR, consentono anch’esse, come la tecnica precedente, una decongestione indolore del seno.

Nelle sinusiti mascellari infettate, il malare è spesso bloccato e la sua liberazione aiuta la ripresa del drenaggio del seno: Per ottenere questo, disimpegnare il malare, indurlo con fermezza verso il suo punto più libero e mantenervelo, fino a percepire il rilassamento tessutale. Mobilizzare in seguito frontale e malare ed infine mascellare e malare.

Nei casi di sinusite cronica e di antica data, tutte le ossa del cranio sono implicate come il corpo nel suo insieme. Il recupero della cinetica e delle proprietà delle mucose è spesso lunga e difficile. E’ necessaria molta perseveranza. Si troverà spesso anche una compressione sfeno-basilare che dovrà essere trattata:

Le dita della mano caudale, intra-buccali, a V, dietro ai denti superiori. Il pollice e l’indice o il medio della mano cefalica, sugli angoli laterali del frontale: Tirare i denti verso l’alto. In generale si riscontra una notevole resistenza. Comprimere allora, molto dolcemente, la SSB fino a sentire il movimento ascendente. Continuare a sollevare. Dopo di questo, le ossa della faccia si muovono.

Nei seni infetti, si nota sempre la presenza di una ipersensibilità e di una congestione dei tessuti attorno al ganglio sfeno-palatino.

Nei casi di affezioni dentali, alcuni dolori simulano una sinusite. Qualsiasi dolore di un seno deve fare pensare ad una possibile affezione dentale e di comunicazione al seno mascellare. Se la zona del ganglio di Meckel non è congestionata ne’ iperdolorosa, l’affezione dentale è la sola in causa, l’ipotesi che si tratti di sinusite deve essere scartata.

Orecchie interne ed otiti:

Esse possono presentarsi da infezione o sierose e si caratterizzano con una ipersecrezione della tromba di Eustachio con sacca di pus dietro al timpano che determina una ipoacusia.

In Francia si installano circa 200.000 aeratori all’anno. Si tratta di una soluzione palliativa che crea una aerazione artificiale delle cavità dell’orecchio medio e rimedia alle conseguenze dall’infezione in attesa della sua spontanea guarigione.

La cassa del timpano è una cavità piena d’aria. La mucosa che la tappezza assorbe permanentemente una parte di questa aria. Il volume di gas nelle cavità dell’orecchio medio è costante per via dell’aria che proviene dal cavum tramite la tromba di Eustachio. Non appena il gradiente di pressione tra l’orecchio medio ed il cavum raggiunge una certa soglia, la tromba si apre passivamente, rinnovando l’aria delle cavità oto-mastoidee (la tromba di Eustachio si apre anche con la deglutizione, lo sbadiglio o le manovre di Vasalva.

La mucosa che ricopre la cassa del timpano è ricoperta da un muco secreto dalle cellule caliciformi. I cigli vibratili delle cellule ciliate propulsano, con un movimento costante, questo tappeto mobile verso l’orifizio tubarico.

In caso di disturbi, si verifica un aumento della secrezione di muco che diventa più spesso e stagnante; da cui i movimenti del timpano ammortizzati ed un disturbo della trasmissione dei suoni.

Inoltre, questo liquido può infettarsi in caso di rino-faringiti da cui ripetute otiti medie acute purulente.

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I.Eziologia:

Il parto, con la compressione cranica che determina al momento del passaggio del feto, può originare una ipomobilità di uno o di entrambi i temporali in relazione con una restrizione cinetica tra la base dell’occipite ed il temporale oppure tra la mandibola ed il temporale, secondo la presa, da parte dell’ostetrico della testa del bambino. Questa ipomobilità determina una insufficienza del drenaggio di tutto l’orecchio.

II.Forme cliniche:

1.Forma da infezione:

Si tratta dell’otite purulenta. L’ammasso di pus raccolto dietro al timpano, legato alla mancanza di drenaggio al livello dell’orecchio interno, determina otalgie intense e ipoacusia.

2.Forme allergiche:

Il gonfiarsi e la congestione delle adenoidi determina una migrazione delle secrezioni nel condotto acustico interno ed il formarsi di una sacca di pus dietro al timpano.

3. Forme traumatiche:

Conseguenti ad una trauma cranico o mandibolare peri o neonatale.

4. Forme secche o otiti sierose:

L’otite sierose o siero-mucosa colpisce dal 20 al 30 % dei bambini fra i 3 e i 7 anni. Essa è caratterizzata da un travaso di muco variabile, generalmente minimo, nell’orecchio medio, dietro ad una membrana timpanica intatta.

Essa è insidiosa e può determinare ipoacusia e sordità progressiva.

Le affezioni che predispongono all’otite sierosa sono:

Per il bambino:

Trombe di Eustachio aperte del neonato, labbro leporino ed altre malformazioni cranico-facciali (90 % delle otiti sero-mucose)

Infezioni virali o batteriche.

Ostruzione tubarica per una massa che procura lesione al livello del tetto del naso-faringe. In caso di otite siero-mucosa è buona regola cercare un tumore naso-faringeo. Adenoidi spesso ipertrofiche.

E’ sconsigliato il posizionamento di un aeratore ad un bambino che non è stato operato di adenoidi.

Nell’adulto, l’otite sierosa, propone il sospetto, fino a prova contraria, di carcinoma naso-faringeo.

Sintomi di un’otite sierosa: il sintomo clinico principale è l’ipoacusia.

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Nel neonato e nel bambino:La scoperta avviene generalmente a seguito di una infezione o di disturbi comportamentali preoccupanti: il bambino collerico, di carattere chiuso con ritardo del linguaggio e poco reattivo nei confronti dei rumori.

Nel bambino in età scolare: difficoltà di applicazione agli studi, errori ortografici e del linguaggio.

Il bambino lamenta raramente di sentirci male. Questo stato può rimanere latente e sconosciuto per molti mesi se l’ipoacusia è unilaterale (16 % dei casi). Prima che il bambino sia stato sottoposto ad esame audiometrico ed a timpanometria si sconsiglia la rieducazione ortofonica.

Nell’adulto:una sensazione di disturbo auditivo e di orecchio intasato porta a richiedere una consulenza medica. L’ipoacusia è variabile, modificata dalla deglutizione, dagli sbadigli, dal cambiamento di posizione della testa e si ripresenta in seguito in modo duraturo.

Evoluzione dell’otite sierosa: la guarigione avviene nel giro di 10-20 giorni, con recupero rapido dell’udito, oppure l’otite è recidiva, malgrado la paracentesi e le aspirazioni che arrecano sollievo, il travaso continua. Questo stato evolve verso danni gravi all’apparato auditivo. Nel caso di infezione: l’otite sierosa può infettarsi e la paracentesi lascia uscire una otorrea muco-purulenta che migliora l’udito. Se il timpano si richiude, l’ipoacusia riappare. Nel caso di stati adesivi della cassa: complicazione grave caratterizzata al suo ultimo stadio da un residuo (reliquiato) fuso sulla parete interna della cassa e sulla porzione atriale degli ossicini.

Nel caso di timpanosclerosi: aspetto cicatriziale del timpano con infiltrati biancastri dello strato connettivo infra-epiteliale della membrana e dello strato mucoso della cassa. Nel caso di colesteatoma: dovuto ad un’incomunicabilità delle cavità postero-superiori della cassa nella quale s’invagina la Pars Flaccida. La sua desquamazione è origine del tumore.

III.Trattamento classico dell’otite:

1.Trattamento medico:

Antibioticoterapia - Anti-infiammatori-Antiedematosi mucolitici-Vaccinoterapia-Trattamento del terreno.

2.Trattamento chirurgico:

La paracentesi dovrebbe essere sempre praticata in anestesia generale o sotto microscopio al fine di completarla con una aspirazione sottile e breve delle mucosità, per evitare qualsiasi trauma sonoro.

L’adenoidoctomia, effettuata alcune settimane prima del posizionamento degli areatori: deve essere conclusa schiacciando le formazioni linfoidi delle regioni tubari con il dito ricoperto da una garza.

Gli areatori trans-timpanici sono scelti come trattamento di casi di flussi sierosi recidivi, quando altri tipi di cura non hanno provocato alcun risultato. Esistono numerosi modelli di drenaggi ed il loro posizionamento si effettua in anestesia generale. Il posizionamento di areatori si giustifica nei seguenti casi:

Se la sordità bilaterale, grave e prolungata, viene a complicare una sordità percettiva pre-esistente.

Nel bambino che presenta una malformazione al livello del velo del palato e del palato osseo. Se l’evoluzione progressiva si avvia verso l’atelectasia della cassa del timpano o verso la formazione di sacche di ritrazione.

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Se le infezioni necessitano di trattamenti antibiotici e paracentesi multiple, è il caso di prendere in considerazione la possibilità di tentare un trattamento osteopatico del cranio con scopo riequilibratore prima di inserire un aeratore transtipanico.

IV.Trattamento osteopatico

Fuori dalle crisi acute, il trattamento osteopatico sarà ripreso prima di un’eventuale posizionamento di drenaggio o dopo un trattamento medico, per aiutare la spontanea guarigione ed evitare ricadute.

1.In caso di crisi acuta

Equilibrio del MRP

- Drenaggio del collo e della rete veno-linfatica

- Armonizzazione della tromba di Eustachio

Tecnica fasciale: posizionare gli indici nei condotti auditivi esterni. Testare la cinetica tessutale nella direzione dei 4 punti cardinali e muovendosi sempre verso la direzione più libera. Accumulate le tensioni in un punto, aspettare il rilassamento tessutale facendosi aiutare, al bisogno, dalla collaborazione respiratoria toraco-addominale del paziente. Ritestare in seguito la cinetica dei tessuti per apprezzarne il cambiamento.

Tecnica sfeno-petrosa con partecipazione tubarica

Paziente in decubito, terapeuta seduto alla testa del paziente. Posizionare il temporale in rotazione esterna inducendo una pressione salda in dentro e posteriormente sulla punta dell’apofisi mastoidea per produrre lo slittamento del binario basilare ed il tendersi del legamento sfeno-petroso. Esercitare un contro-appoggio ritmato, sulla gabella, tramite la spalla o il mento, per indurre una coppia di tensione-rilassamento ritmata che determini il pompaggio della tromba di Eustachio. Questa tecnica può essere praticata uni o bilateralmente secondo i casi.

Correzione e mobilizzazione del o dei temporali

2.Fuori dalla crisi:

Equilibrio del diaframma toracico

Equilibrio dei tre diaframmi

Correzione occipite-C1-C2

Equilibrio della base occipitale

Correzione della cinetica temporale

V Spread sulle suture occipito-mastoidee

Mobilizzazione della tromba di Eustachio

Drenaggio delle vie venose e linfatiche

Equilibrio generale del cranio

Equilibrio generale cranio-sacro.

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Oro-faringe ed angine

L’angina è caratterizzata dall’infiammazione delle tonsille. Le angine possono essere di origine virale o da streptococco. Sono spesso accompagnate da febbre molto alta. E’ importante avvicinare una angina con prudenza. Infatti è necessario attendere i risultati di un tampone. Non si possono ignorare i rischi di mononucleosi, scarlattina, problemi renali, R.A.A. e si impone la somministrazione preventiva di antibiotici.

Il trattamento consiste nello stimolare le difese immunologiche dell’organismo, di regolarizzare le vie fluidiche di ritorno e correggere le strutture coinvolte per ottenere una migliore cinetica e quindi una migliore funzionalità.

Stimolazione delle difese dell’organismo tramite pompaggio della cisterna di Pecquet e la messa in funzione del pompaggio toraco-addominale.

Equilibrio diaframmatico e mobilizzazione D11-D12 e delle 12esime costole per stimolare le surrenali, liberare i pilastri posteriori del diaframma, le inserzioni delle costole e migliorare la cinetica renale.

Correzione occipito-C1-C2 e delle cervicali basse.

Equilibrio fasciale del collo, delle ghiandole parotidi e mascellari e della nuca.

Mobilizzazione ed equilibrio fasciale dell’osso ioide in particolare in senso laterale, del manubrio sternale, per stimolare il timo (soprattutto per il bambino) e la regione dell’arco aortico.

Correzione delle prime e seconde costole e delle clavicole.

Liberazione del diaframma toracico superiore.

Equilibrio neuro-vegetativo dei gangli cervicali superiori e di tutte le catene cervicali.

Compressione del 4° ventricolo per stimolare le difese dell’organismo, a partire però dalla seconda seduta per evitare rischi di possibile aumento dei sintomi in prima seduta

Esecuzione di movimenti attivi della lingua nella direzione dei quattro punti cardinali per mobilizzare i tessuti dell’oro-faringe e determinare una migliore vascolarizzazione del retro-gola.

Bisogna tenere presente che una febbre molto alta (40°) dopo un trattamento è sintomo della reazione delle difese immunologiche all’agente virale aggressore.

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CAPITOLO 51

TRATTAMENTO OSTEOPATICO DELLE CEFALEE

L'elenco delle diverse varietà di cefalee è lunga e va dal semplice mal di testa alle emicranie accompagnate, passando per le nevralgie del trigemino, i dolori dei seni, le disfunzioni temporo-mandibolari ecc.

E' quindi molto importante insistere nel porre domande al paziente:

Sul tipo di dolore

Sulle condizioni in cui si verifica

Sulla sua modalità di evoluzione

Sui segni che l'accompagnano:

Il comportamento da tenere di fronte ad una cefalea presuppone la conoscenza delle strutture sensibili al dolore della testa, la conoscenza dei meccanismi algogeni possibili, infine la conoscenza dei quadri clinici corrispondenti a questi meccanismi ed a queste strutture.

L'esame clinico osteopatico sarà il complemento indispensabile all'interrogatorio del paziente e fornirà al terapeuta osteopata le direttive per iniziare un trattamento.

I. Eziologia e frequenza relativa alle cefalee: (dai lavori di NICK e BAKOUCHE)

1 Cefalee ed algie cranico-facciali primarie:

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Nevralgie primarie 4,2 %

Algie arteriose primarie (emicranie ecc.) 15 %

Cefalee nervose primarie (cefalee da sforzo) 0,5 %

Cefalee ed algie cranico-facciali sintomatiche:

D’una affezione neurologica

Tumori cerebrali 3,4 %

Cause meningee 1 %

Affezioni ischemiche dell'encefalo 2 %

Di altre affezioni neurologiche

(siringomielia, herpes zoster, torcicolli spasmodici) 1 %

D’una affezione cervicale atraumatica da 0,5 % a 2 %

D’una affezione psichica 52 %

D’un trauma cranico cervicale 11 %

D’una malattia generale

Ipertensione arteriosa 3 %

Anossia, etilismo, intossicazione, febbre 1 %

Malattia di Paget, affezione collagene 0,5 %

Cefalee dello specialista

(OPH, ORL, stomatologo) da 1 a 2 %

3. Cefalee non classificabili, di eziologia non determinata da 1 a 2 %

II Strutture anatomiche sensibili dell'estremità cefalica:

Il dolore percepito al livello della testa corrisponde ad uno stimolo anomalo delle funzioni sensitive dell'estremità cefalica.

I lavori di RAY e WOLFF hanno consentito di costruire una vera e propria cartografia di queste, e per ognuna di loro, di precisare la zona di proiezione del dolore.

1: La scatola cranica: essa è insensibile ad eccezione del periosto.

All'interno della scatola cranica:

Numerose strutture sono insensibili e quelle sensibili lo sono solo al dolore.

Le meningi

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La dura-madre è sensibile al dolore solo nel rivestimento del pavimento della base del cranio ed al contatto dei grossi vasi, arterie o seni venosi. Essa è poco o niente sensibile a distanza di queste formazioni, in particolare alla convessità.

La dura-madre della fossa posteriore è sensibile solamente al livello del pavimento ed il dolore si proietta nella regione occipitale.

La falce del cervello è insensibile salvo che alla sua inserzione al seno longitudinale superiore.

Il tentorio del cervelletto è sensibile sulle sue due facce: la pressione meccanica della faccia superiore determina un dolore fronto-oculare.

I grossi vasi

Essi sono particolarmente sensibili.

Fra le vene, citiamo i grossi seni dura-merici. Ad esempio, una pressione sulla parete del seno longitudinale superiore provocherà un dolore fronto-orbitale.

La stessa cosa avviene per il seno trasverso ed il seno retto. Per il seno cavernoso, il dolore si proietta dalla stessa parte nella regione oculare.

Per quanto riguarda le arterie, quelle meningee (durali) sono sensibili. La loro distensione meccanica determina un dolore mentre la loro costrizione (per mezzo farmacologico) non ne produce. Secondo l'arteria stimolata, meningea anteriore, mediana o posteriore, il dolore sarà fronto-oculare, fronto-parietale od occipitale.

Fra le arterie che nutrono l'encefalo, sono sensibili solamente i grossi tronchi arteriosi: la ramificazione carotidea, le arterie vertebrali ed il tronco basilare, il poligono di Willis ed i primi segmenti delle grosse branche (cerebrali anteriori, mediane e posteriori). Praticamente, i piccoli vasi, le piccole arterie e le vene della convessità sono insensibili.

L'encefalo

Esso è insensibile, comprese le formazioni che giocano un ruolo nell'integrazione del dolore, che si tratti del talamo o del fascio spino-talamico. Sono ugualmente insensibili le meningi molli, per lo meno se sono sane ed indenni da qualsiasi processo infiammatorio, infettivo e non alterate da invasione neoplasica.

I nervi sensitivi

Essi sono invece molto sensibili, che si tratti del trigemino, dell'intermediario di Wrisberg, del contingente sensitivo dei nervi misti. Ricordiamo infine che la stimolazione della prima radice posteriore cervicale determina un dolore del vertice, quella delle seconda e terza radici posteriori provoca un dolore della parte posteriore della testa e del collo.

All’esterno della scatola cranica:

La sensibilità dei tessuti è la stessa che per il resto del corpo.

I tegumenti e le mucose sono sensibili al caldo, al tatto ed al dolore.

Si pensava che la cornea fossa sensibile solamente al dolore. In realtà pare che essa possieda anche una sensibilità tattile. Queste recenti conoscenze consentono di comprendere la persistenza del riflesso corneo dopo una tractomia che interrompe la via dolorosa periferica nella radice discendente del trigemino (CROSBY e COLL).

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E’ pure sensibile il contenuto delle cavità orbitali, sinusali, nasali e buccali.

Ma più di tutto sono sensibili i muscoli, le arterie e le vene.

I muscoli sono: anteriormente i masticatori, i masseteri ed i temporali; posteriormente lo splenio, il complesso ed il trapezio che hanno un ruolo essenziale nella statica della testa e nella genesi di alcune cefalee.

Se le vene possono essere causa di dolore, di fatto, nel meccanismo delle cefalee, il ruolo più importante spetta alle arterie. Le arterie del cuoio capelluto, in particolare la temporale superficiale, sono estremamente sensibili. La stimolazione dell’arteria occipitale determina un dolore della nuca e retro-auricolare. Quella dell’arteria temporale determina un dolore parietale e quella delle arterie frontali interne provoca un dolore della regione orbitale.

III. Le vie conduttrici e le radici rachidiane veicolano la sensibilità dolorosa:

1.I nervi cranici e le radici rachidiane veicolano la sensibilità dolorosa:(Fig. 603 e 603b)

La via principale di conduzione della sensibilità dolorosa cefalica è la via cerebrospinale, vale a dire il trigemino ed i nervi sensitivi tributari degli ultimi nervi cranici e dei primi nervi rachidei. I nervi tributari sono differenti per i piani sopra ed infra-sensoriali del cranio.

Il nervo sensitivo della cavità cranica supra-sensoriale è il trigemino.(V)

La sensibilità della fossa posteriore è regolata dai tre nervi cranici misti e dalle tre prime radici cervicali (IX, X, XI et C1, C2, C3).

Infine tutte le formazioni anatomiche che ricoprono la scatola cranica ricevono la loro innervazione sensitiva dalla seconda e dalla terza radice posteriore cervicale posteriormente e dal trigemino anteriormente. Senza approfondimento sistematico, ricordiamo che i tre rami di divisione del trigemino raccolgono quasi tutte le afferenze sensitive della faccia. Per questa ragione, gli interventi chirurgici sui rami periferici del V e del ganglio di Gasser sono seguiti da una anestesia del territorio cutaneo corrispondente.

Ricordiamo inoltre che la conca dell’orecchio corrisponde al territorio del ganglio genicolato, che solamente l’intaccatura masseterina della faccia dipende dal ramo C3 del plesso cervicale e che la sensibilità dei territori endo-cavitari della faccia dipende dal trigemino e dal glosso-faringeo.

2. Le fibre nervose delle pareti arteriose sono conduttrici del dolore cefalico:

Per quanto riguarda la sensibilità dolorosa, non si deve ignorare il ruolo vettore delle informazioni vegetative peri-arteriose ortosimpatiche. L’avventizia delle arterie contiene delle strutture nervose particolarmente numerose nella parte prossimale dei vasi mentre esse sono poche se non assenti nella parte distale dei vasi stessi. Alcune di queste fibre nervose avventiziali veicolano il dolore verso i rami sensitivi del trigemino, del glosso-faringeo e del pneumogastrico.

Accanto a queste fibre nervose dell’avventizia dei vasi che dipendono dai nervi cranici, esistono anche afferenze avventiziali sensitive che percorrono la strada del simpatico cervicale. Sappiamo, ad esempio, da FOESTER e LERICHE, che l’eccitazione del ganglio superiore può determinare violenti dolori cefalici.

Le fibre ortosimpatiche che appartengono al sistema nervoso autonomo percorrono il plesso carotideo, attraversano senza sostare il ganglio cervicale superiore, poi giungono al corno superiore del midollo per raggiungere la via spino-talamica conduttrice del dolore verso gli strati ottici.

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IV.I meccanismi del dolore:

Tutte le informazioni sensibili eso o endocraniche possono generare dolore se stimolate da irritazione, infiammazione, neoplasia, compressione, trazione e, in particolare per i vasi, distensione.

Se le causa dei dolori di testa sono estremamente numerose, i meccanismi messi in gioco sono limitati nel numero. Essi possono, clinicamente, presentarsi come isolati, realizzando sindromi algiche complesse. Conviene quindi dissociarne le diverse componenti, poiché ognuna di queste abbisogna di una terapia appropriata.

A. I meccanismi algogeni elementari:

Questi meccanismi algogeni elementari corrispondono spesso, dal punto di vista clinico, ad archetipi o patterns facilmente identificabili.

1. Ilmeccanismo arterioso

Il dolore arterioso è conseguente alla distensione del vaso ed è sperimentalmente altrettanto dolorosa quanto la vasocostrizione è indolore. L’eccitazione delle strutture sensibili dell’avventizia dei vasi dilatati è responsabile quindi del dolore e l’intensità del dolore è proporzionale al grado di dilatazione.

Il dolore può presentarsi in maniera parossistica: si tratta essenzialmente del caso di emicrania in cui il dolore è pulsatile e procede per crisi di alcune ore o alcuni giorni, sia che si tratti di emicrania comune, di emicrania oftalmica o di emicrania accompagnata. Può trattarsi anche dell’algia vascolare della faccia, della sindrome di BING-SLUDER-HORTON.

Si tratta senza dubbio di sindromi più o meno complesse che coinvolgono, secondo i casi, la corteccia cerebrale, le strutture secretorie ecc... ma per quanto riguarda il dolore, esso è solamente provocato dalla vasodilatazione critica delle branche di divisione profonde e superficiali della carotide esterna e migliora generalmente con l’uso di derivati dell’ergotamina.

Le cefalee arteriose critiche sono per lo più primarie, ma non vi è dubbio in ogni caso, che si possano incontrare algie di questo tipo sintomatiche di una lesione traumatica superficiale o duratura.

Il dolore arterioso per distensione può essere continuo, non critico e non pulsatile. Esso è abitualmente sintomo di una causa generale che andrà ricercata, determinando sia una distensione delle arterie cefaliche, questo è il caso dell’ipertensione arteriosa permanente o parossistica, sia una vaso-dilatazione arteriosa eccessiva dovuta a febbre, intossicazione (CO, etilismo), choc allergico, ipossia, ipo-glicemia, assorbimento di nitroderivati...In questa categoria va collocata la cefalea istaminica vera sperimentale, provocata da iniezione endovenosa di istamina.

Come tutte le strutture cefaliche sensibili, le pareti arteriose possono diventare sorgenti di dolore, se sottomesse ad una compressione o ad una trazione estrinseca. Così, la compressione esercitata dai tunori sui grossi tronchi arteriosi della base del cranio sono causa di dolore nei casi di tumori cerebrali. Esse sono causa di dolore anche quando si trovano ad essere la sede di una infiammazione (ad esempio l’arterite temporale).

2.Il meccanismo venoso

Il dolore venoso è anch’esso in rapporto con la distensione dei grossi seni dura-merici ed è provocato dall’ipertensione venosa. Lo si può riprodurre o aggravare con la compressione giugulare.

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Esso può essere parossistico. Si tratta della cefalea da sforzo do TINEL, per lo più apparentemente primaria. Essa può però prodursi che in casi di traumi cranici e tumori cerebrali.

Continuo, esso va annoverato fra le anossie severe in rapporto con le grandi insufficienze respiratorie cardiache.

Azioni estrinseche (trazione, compressione) sulla parete venosa possono anch’esse generare dolore.

3.Il meccanismo nevralgico

Il dolore nevralgico presenta due aspetti:

La nevralgia parossitica si riconosce per la sua brevità folgorante, il suo carattere riflesso provocato dallo stimolo di una “trigger zone” o “zona grilletto”, la sua soppressione tramite la sezione dell’arco riflesso o con l’anestesia della zona “grilletto”.

Essa può coinvolgere tutti i nervi sensitivi cranici, soprattutto il trigemino, accessoriamente il glosso-faringeo e molto più raramente il grande nervo occipitale di Arnold, ma non coinvolge praticamente mai l’intermediario di Wrisberg.

Questi due tipi di nevralgia sono per lo più casi clinicamente primari. Possono esistere nevralgie secondarie con le medesime caratteristiche, ma sono molto rare.

La nevralgia continua: in questo caso il dolore non è più folgorante, ma al contrario continuo e può essere provocato da una sofferenza meccanica (compressione), dall’inglobamento di una cicatrice, da una neoplasia o da una infiammazione.

Queste nevralgie hanno ancora caratteristiche specifiche:

La loro topografia (ad esempio tronculare): esse saranno spesso accompagnate da una ipoestesia nel medesimo territorio, mentre le nevralgie primarie comportano un esame strettamente normale. Esse sono, sul piano eziologico, abitualmente secondarie e sintomatiche di una lesione da ricercare e più o meno difficile da identificare.

- All’interno del cranio: compressione, trazione sui nervi sensitivi da parte di tumore, aneurisma o infiammazione o processo meningitico.

- - Al livello del cranio: neoplasia all’emergere dei nervi dai loro orifizi rispettivi.

- - All’esterno della scatola cranica: alterazioni varie, cicatrici, infiammazioni ecc.

4. Il meccanismo mialgico

E’ importante insistere sul ruolo del fattore mialgico nelle cefalee, le algie cervico-craniche e cranico-facciali. Non bisogna dimenticare che esistono due gruppi muscolari importanti: posteriormente, i muscoli posteriori del collo che hanno un ruolo fondamentale sulla statica del portamento della testa; anteriormente, i muscoli masticatori di cui il muscolo temporale che possiede una larghissima inserzione cranica. L’eccessiva e prolungata tensione di questi muscoli è dolorosa come per tutti i muscoli dell’economia fisiologica del corpo. Per questo motivo le contratture del tetano e delle meningiti sono dolorose, e la rigidità della nuca rientra nelle competenze della cefalea da meningite.

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A volte, la mialgia è collegata da una contrattura muscolare satellite di una lesione traumatica (storta discale, frattura del mascellare). Più spesso, si tratta di una mialgia da spostamento che si ripercuote sulla nuca, di origine posturale, aggravata dalla stanchezza e che cede con il decubito e con infiltrazioni anestetiche dei muscoli. Questo genere di cefalee mialgiche sono di origine professionale per sarti, dattilografi, persone che passano molte ore al microscopio e sono conseguenza di una alterazione della statica rachidiana (cifosi, scoliosi, cervicale). Infine e soprattutto essa è presente nei depressi ansiosi ed astenici come dimostrato nel 1949 da NICK e Th.ALAJOUANINE.

Fig. 603 a - Territori sensitivi interni al cranio

Fig. 603 b - Territori sensitivi esterni al cranio

5.Gli altri meccanismi alogeni

Fra gli altri patterns dolorosi, vi sono i dolori di origine articolare o discale (temporo-mascellare, rachide): il dolore è provocato elettivamente dal movimento che mette in gioco l’articolazione ammalata. Vi si associa abitualmente una contrattura muscolare satellite, essa stessa dolorosa.

Oltre alle strutture nervose, vascolari, muscolari, articolari intra o extra-craniche, tutte le altre formazioni sensibili della testa possono originare emicrania.

All’interno del cranio, parti sensibili della dura-madre e del tentorio del cervelletto possono essere sottoposte a pressioni o trazioni dovute ad una neo-formazione.

All’esterno del cranio, la pelle, il tessuto cellulare sotto-cutaneo, il periosteo, gli annessi sensoriali oculari ed auditivi, le cavità orbitali, nasali e buccali possono causare dolori cefalici o facciali a seguito di una lesione infiammatoria, neoplastica ecc.

6.La necessità di un meccanismo di conversione

Fino ad ora, abbiamo saputo dire quale era la struttura anatomica responsabile del dolore (nervi sensitivi, vasi, muscoli ecc.).

Esiste una frequente di casi, sul piano pratico, di cui non si riesce a risalire alla causa. Clinicamente, il disturbo è di tipo parestesico piuttosto che decisamente doloroso e spesso bizzarro: può prodursi in qualsiasi parte della testa con predilezione per il vertice e la faccia, ma ha, nello stesso paziente una notevole varietà topografica che non corrisponde ad alcuna struttura anatomica in particolare. Questo tipo di cefalee si osserva praticamente solo in occasione di un disordine psichico e l’algia senza fare intervenire un processo di conversione analogo a quello che si produce sul piano motorio per le paralisi o le contratture isteriche.

B. Associazione dei meccanismi algogeni

L’associarsi, il mischiarsi, l’alternarsi, in uno stesso paziente, di diversi fattori algogeni elementari, creano sindromi algiche complesse. Questa eventualità si realizza spesso.

In questo modo, le cefalee dovute a tumori cerebrali producono una sofferenza meccanica da pressione o trazione delle formazioni intra-craniche sensibili (grossi tronchi arteriosi e venosi, dura-madre, nervi sensitivi) e, nel caso di impegno, una componente muscolare al livello dei muscoli del collo.

La cefalea delle meningiti coinvolge l’infiammazione delle medesime strutture sensibili intra-craniche e la componente muscolare legata alla contrattura dei muscoli del collo.

Le cefalee psichiche coinvolgono quasi tutti i meccanismi conosciuti: nevralgie vascolari, muscolari, articolari, di conversione ecc.

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Sul piano pratico, parallelamente ad un trattamento eziologico, un trattamento fisiopatologico dovrà combinare i trattamenti fisiopatologici di ognuno dei meccanismi in causa nel medesimo paziente.

V.L’emicrania

L’emicrania è la più frequente cefalea di origine arteriosa. Questa affezione è conosciuta da millenni poich se ne ritrova traccia nei papiri dell’antico Egitto. I primi lavori scientifici nacquero però in Grecia ed Areteo di Cappadocia ne dava già una descrizione estremamente precisa: “l’eterocrania si distingue dalle altre cefalee per la sua sede e la sua intermittenza. Essa torna ad intervalli più o meno lunghi e si limita ad interessare la metà del cranio. In certi individui, essa compare la mattina e scompare verso mezzogiorno. Può interessare la fronte, l’occipite, irradiarsi alle tempie ed al fondo delle orbite”.

Galieno, più tardi, non parlava più di eterocrania, ma di emicrania da cui deriva l’attuale nome di questo tipo di cefalea.

L’emicrania rappresenta circa il 15 % delle cause di cefalea. Essa colpisce l’adulto con una netta predominanza femminile, ma anche il bambino e tutti gli autori sono concordi nel riconoscere il carattere ereditario di questa affezione.

La frequenza di questa malattia sull’insieme della popolazione è stata valutata attorno al 10 % da statistiche differenti.

L’emicrania presenta diversi tipi di crisi:

Emicrania comune, la più frequente

Emicrania oftalmica, la più tipica

Emicrania accompagnata, la più allarmante.

1. I differenti tipi di crisi

A.Emicrania comune

Si tratta della varietà più frequente (2/3 delle emicranie)

- La crisi di emicrania è a volte preceduta da prodromi più o meno diluiti nel tempo, ma che si riproducono, nel paziente, in maniera stereotipata e sopravvengono alcune ore o il giorno prima della crisi.

Può trattarsi di una modificazione dell’appetito, di rifiuto del cibo o al contrario di attacco di bulimia, può trattarsi di disturbi gastro-intestinali come gonfiore all’addome, barra epigastrica, disturbi del transiti intestinale. Può pure trattarsi di cambiamento dell’umore con tendenza alla depressione o all’euforia o anche disturbi del sonno, insonnia o sonnolenza.

- La crisi di emicrania comune è caratterizzata da una cefalea che inizia spesso al mattino ed a volte sveglia l’ammalato. Si tratta di una cefalea caratteristica: emicrania destra o sinistra, fronto-orbitale o temporale che si irradia a volte nella regione occipitale.

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Fra una crisi e l’altra, l’emicrania può cambiare lato ed a volte la cefalea non è esattamente unilaterale; del resto in certi casi è bi-temporale e si irradia verso la nuca e le spalle. Può anche accadere che il dolore, inizialmente localizzato da una parte, si diffonda durante l’attacco per tornare alla fine della crisi al punto di partenza. Frequentemente, benché alternata, l’emicrania si localizza in via preferenziale a destra o a sinistra, dove è più forte. E’ possibile che autentiche emicranie colpiscano sempre la stessa parte, per lo meno per un certo periodo. Non è comunque possibile stabilire vere e proprie regole.

L’emicrania comune è una cefalea fastidiosa, pulsatile, sincrona ai battiti cardiaci percepiti in modo estremamente doloroso nel cranio. L’evoluzione del dolore avviene per onde e si protrae per diverse ore, da circa 24 a 48.

- Questa forma di mal di testa è caratterizzata anche da altre particolarità:

La fotofobia, la fonofobia sono sintomi di ipereccitazione sensoriale ed obbligano spesso il paziente ad isolarsi al riparo da luce e rumore.

Questa irritabilità sensoriale eccessiva può determinare anche distorsioni del gusto e dell’olfatto. Gli odori percepiti come sgradevoli, infastidiscono spesso le persone colpite da crisi di emicrania. Queste modificazioni sensoriali sopravvengono generalmente all’inizio della crisi e possono precederla, accompagnandola per tutto il tempo della sua durata. Questi fenomeni sono stati catalogati come allucinazioni ma il termine è eccessivo ed è più giusto pensare che si tratti di illusioni legate all’esaltazione dei sensi.

Disturbi digestivi accompagnano abitualmente la cefalea. Essi possono anche essere in primo piano e si è parlato, a torto, di “emicrania digestiva” o della tradizionale colica epatica. Questi disturbi digestivi portano anoressia, nausea, vomito e si verificano spesso, ma non obbligatoriamente, verso la fine della crisi. A volte il disturbo digestivo si traduce semplicemente con un senso di pesantezza gastrica o la sensazione di avere lo stomaco rivoltato.

Infine, durante la crisi, l’ammalato è spesso soggetto a vertigini con impressione di mancanza di equilibrio.

Da un punto di vista oggettivo, l’esame può riscontrare la seguente sintomatologia:

Un colorito del viso che tende al grigio cenere con a volte un leggero gonfiore del volto e soprattutto delle palpebre.

Un turgore delle arterie superficiali del cuoio capelluto spesso pulsatili. La compressione di queste arterie, in particolare della temporale superficiale, diminuisce la sensazione dolorosa così come la compressione della carotide esterna e l’applicazione di freddo sulla testa.

E’ comunque bene ricordare la normalità dell’esame neurologico.

La durata della crisi è molto variabile, da alcune ore ad una mezza giornata, da una giornata intera a due giorni, raramente tre. La fine della crisi si annuncia con una scarica urinaria o diarroica.

L’azione sedativa dell’ergotamina somministrata all’inizio della crisi finisce di caratterizzare questo tipo di cefalea.

- Gli esami complementari come radiografia del cranio, fundo oculis, sono assolutamente normali. L’elettroencefalogramma è spesso normale, ma va segnalata la possibilità di anomalie a focolaio durante o dopo la crisi che corrisponderebbero alle piccole ma diffuse perturbazioni vascolari che persistono tra le crisi con immagini a punta.

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L’arteriografia non è un esame da praticarsi durante un attacco di emicrania, salvo casi eccezionali, poiché rischia di essere mal tollerata da un ammalato la cui labilità vasomotoria è eccessiva.

- Per quanto riguarda l’evoluzione dell’emicrania, essa varia da soggetto a soggetto. Alcune persone ne soffrono in maniera episodica, per altre le crisi si ripetono con frequenza. In alcuni rari casi le crisi diventano subentranti. E’ quindi possibile parlare di “stato di emicrania”? Dopo aver creduto all’esistenza di questo tipo di patologia, siamo attualmente più circospetti. Il più delle volte, interrogando il paziente, si scopre che se in una settimana egli soffre per 5-6 giorni, il che è molto, egli ha però di tanto in tanto una giornata libera dal dolore. E se a volte non riesce a trovare questo “taglio” si può scoprire che l’emicrania è associata ad un elemento psicalgico, semiologicamente differente, che imbastardisce l’emicrania sembrando prolungarla.

Secondo gli studi di CHARCOT, lo stato del male ha potuto prolungarsi per un periodo di 1-4 settimane. Questo stato dell’emicrania può essere associato a certe sindromi neurologiche della durata di 4-8 giorni, che associano cefalee, fosfeni, scotomi, parestesie che evolvono in vari modi, accompagnate da onde lente mal focalizzate dall’EEG, dirigendosi verso una completa risoluzione. Ma di fatto questi casi rimangono eccezionali e sospetti.

In generale, l’emicrania evolve con parossismi ricorrenti di periodicità variabile. Le variazioni di frequenza e di ritmo non sono rare e sfidano qualsiasi sistematizzazione. Se è legittimo ricercarne le cause in fattori esterni (psichici, endocrini, digestivi), questa ricerca non darà sempre risultati positivi.

L’emicrania inizia spesso nell’adolescenza, a volte nell’infanzia e si propone spesso al momento delle mestruazioni, scompare durante le gravidanze e, in linea di massima, sparisce totalmente con la menopausa.

Si tratta di un’affermazione primaria per cui qualsiasi ricerca di una causa locale è vana, è spesso a carattere familiare e si presenta tre volte su quattro nelle donne.

Esistono diverse varianti di questa forma comune e si possono fare entrare senza difficoltà nel quadro dell’emicrania. Esse si distinguono per aspetti meno precisi della cefalea, meno nettamente pulsatile e più contusiva, meno unilaterale e più diffusa. I fenomeni digestivi sono in primo piano senza per questo che si possa legittimare una “emicrania digestiva”. Altre forme di emicranie sono invece accompagnate da vertigini.

B. L’emicrania accompagnata

I sintomi si presentano in generale nei 15-30 minuti che precedono l’attacco di emicrania. I segnali premonitori più frequenti sono generalmente visivi, del tipo scotomi scintillanti o fosfeni luminosi, oppure sensoriali come formicolii che partono dalle labbra o dalle mani e possono estendersi all’emifaccia o addirittura all’emicorpo. A volte si insedia un quadro psicogeno parallelamente ad uno stato di confusione mentale e maniaco-depressivo con disturbi del linguaggio.

La crisi di emicrania che segue l’apparire di questi sintomi è in generale rapida nel prodursi ed altrettanto nello scomparire. La caratteristica principale è la qualità sorda, profonda e pulsatile del dolore.

Fenomeni come senso di bruciore, pizzicori all’interno del cranio, sensazione di avere degli aghi piantati negli occhi o scosse elettriche evocano generalmente disturbi pscichiatrici che vanno dall’ipocondria alla schizofrenia.

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VI.Approccio osteopatico

I risultati delle esperienze di WOLFF sulle relazioni tra tumori cerebrali e cefalee sono di notevole interesse per i terapeuti osteopati. Il meccanismo della cefalea dovuta a tumori cerebrali è complesso. La lesione in sé non è dolorosa poiché si sviluppa in seno all’encefalo insensibile.

La cefalea è quindi il risultato delle ripercussioni del tumore sulle formazioni intra-craniche sensibili oppure dell’ipertensione intra-cranica.

WOLFF ha dimostrato che iniettare siero isotonico negli spazi infra-aracnoidei, determinando pressioni 4 o 5 volte superiori al normale, non genera dolori poiché si tratta di una ipertensione intracranica equilibrata. Invece, secondo esperienze post-operatorie a seguito di interventi neuro-chirurgici su pazienti svegli, WOLFF ha potuto dimostrare che un palloncino piazzato nel 3° ventricolo ed in seguito gonfiato, è causa di dolori e lo stesso avviene se posizionato nel ventricolo laterale. Questo fatto fa intervenire sia una pressione sul grosso vaso della base (poligono di Willis soprattutto nel primo caso) sia una trazione asimmetrica sugli agganci dura-merici dell’emisfero ammalato, soprattutto nel secondo caso.

Così, pressione e trazione sono i due fattori della cefalea. Wolff spiegava i suoi risultati considerando la scatola cranica come un elemento chiuso. La medicina allopatica è abbastanza smarrita di fronte alle cafalee ed alle emicranie e quando non si riscontrano cause evidenti come tumori, neurinomi ecc. l’eziologia diventa incerta ed i trattamenti problematici.

L’osteopatia, con i suoi presupposti anatomo-fisiologici e la continuità dei tessuti miofasciali, allarga il campo di investigazione. Il movimento dei tessuti e dei fluidi, la continuità fasciale fra la dura madre intra-cranica e le fasce cervico-toraciche, il meccanismo respiratorio primario forniscono un’altra ottica nell’approccio delle cefalee.

All’interno della scatola cranica, la dura-madre con i suoi prolungamenti della falce e del tentorio del cervelletto fa da supporto al cervello. Al livello dei differenti fori della base del cranio, la dura-madre continua con le fasce extra-craniche e può subire tensioni esterne al cranio stesso. Trazioni della dura-madre possono essere procurate da tensioni sulle guaine che circondano i vasi ed i nervi allorché escono ed entrano nel cranio. Un altro tipo di tensione può essere prodotto da una trazione anomala dei muscoli attaccati alla base del cranio. Si verifica una continuità diretta della fascia della sommità del diaframma con la base del cranio. Questa continuità si estende non solamente alle facce esterne dello sfenoide, dell’occipite e dei temporali, ma si prolunga più in profondità tramite i fori della base del cranio, fino alla dura madre.

Si è osservato che trazioni sulle strutture intra-craniche possono essere influenzate dalla posizione della testa in flessione o estensione. I traumi in queste regioni sono molto frequenti:

il “whiplash injury”, le posture sbagliate, la costante flessione o estensione del collo dovuta a occhiali a doppio fuoco, i colpi di testa e qualsiasi altra causa.

Il percorso dei nervi occipitali attraverso il triangolo infra-occipitale ed i muscoli associati li rende vulnerabili a contratture, che possono causare la tensione banale del mal di testa.

Ma anche la continuità della fascia può essere sorgente di stress dei vasi e dei nervi intra-cranici.

Il cambiamento patologico potrebbe essere paragonato ad un collare che stringe il collo, provocando un mal di testa da congestione.

La trazione muscolare, dovuta alle abitudini posturali ed alle posture professionali può essere continua.

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Si manifesta quindi una tensione durevole che provoca una trazione ed una distorsione dei seni venosi con pressione e congestione. Ora, il 95 % del sangue venoso viene drenato dal cranio dalle sue giugulari, attraverso i forami lacero posteriori. Questi ultimi sono soggetti ad edema, a contrazione muscolare e tensione fasciale. Le stasi linfatiche aggravano la situazione aumentando la pressione del liquido cefalo-rachidiano intra-cranico. E’ impossibile attribuire la patologia che ne risulta ad una sola causa, conoscendo l’unitarietà di funzionamento di tutto il corpo.

Le lesioni osteopatiche nella regione cervicale con la contrazione dei muscoli cervicali possono produrre una modificazione patologica secondaria nella scatola cranica. Un trauma con perturbazione della struttura è di primaria importanza.

I nervi del cranio sono assai vulnerabili alle stasi del liquido, alle pressioni venose posteriori, alle trazioni ed altre cause di disturbo.

Un ambiente fluido normale è di primaria importanza per l’omeostasia. Un rallentamento circolatorio determina obbligatoriamente cambiamenti biochimici e bioelettrici.

I cambiamenti chimici provocano un ritenzione degli scarti metabolici, un abbassamento dell’alcalinità, un’elevazione della tossicità. La stasi venosa può determinare a poco a poco una cattiva conduzione del cilindresse ed una cattiva trasmissione della sinapsi.

Peraltro, la fossa cranica e la dura-madre sono innervate da un notevole contingente di fibre sensitive orto e parasimpatiche. Le fibre ortosimpatiche di provenienza dai gangli cervicali innervano il tentorio del cervelletto. Le ortosimpatiche di provenienza dai gangli cervicali innervano il tentorio del cervelletto. Le ortosimpatiche di provenienza del primo nervo cervicale tra C0 e C1 (Arnold) e le fibre sensitive parasimpatiche del Pneumogastrico e del Glosso-faringeo innervano la fossa cranica posteriore ed in particolare la dura-madre posteriore.

La fossa cranica mediana è innervata dalle fibre ortosimpatiche del nervo mascellare superiore e per la sua parte sfeno-parietale dalle fibre ortosimpatiche del nervo mascellare inferiore.

La fossa cranica anteriore è innervata dalle fibre ortosimpatiche di provenienza dal nervo oftalmico. Le membrane intra-craniche dipendono quindi, per quanto riguarda la loro sensibilità, dai metameri vertebrali da C0 e D3 e dal nervo trigemino per il contingente ortosimpatico e sono alle dipendenze del pneumogastrico e del glosso-faringeo per il contingente parasimpatico. Conoscendo le anastomosi tra questi diversi contingenti, tra il trigemino ed il pneumogastrico al livello del fascio di Gudden e del fascio di Schultse, si possono facilmente immaginare le relazioni agogene possibili tra i disturbi funzionali viscerali ed alcune cefalee definite “essenziali”.

Questa irregolarità meccanica o strutturale, vascolare e nervosa, tale da realizzare una lesione osteopatica e con conseguenze chimiche, rende vulnerabili i centri nervosi. Se i centri sono sensibili, il dolore appare. Questo elenco di casi clinici differenti dall’emicrania non devono lasciare che si dimentichi che un ammalato può, secondo i periodi, soffrire di attacchi di emicrania comune o di emicrania oftalmica oppure anche emicranie accompagnate.

VII. Esame osteopatico

1.L’interrogatorio

Esso sarà concentrato sulla ricerca di un trauma diretto recente o di vecchia data con o senza perdita di conoscenza.

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Sarà necessario precisare la data di inizio delle cefalee. Poiché questa nozione è di importanza capitale, qualsiasi recente comparsa di cefalea senza causa apparente dovrà richiedere una visita neurologica preliminare. Bisogna anche precisare il tipo di cefalea, la zona interessata, i fattori scatenanti (alimentazione, sforzo, decubito, testa in anteflessione, lettura, rapporto sessuale ecc.) e la frequenza delle crisi.

E’ necessario infine prendere atto di eventuali cure o interventi dentari recenti o di vecchia data.

2. L’esame generale

Esso consente di apprezzare lo stato della cinetica delle fasce cervico-dorsali e della base del cranio e dell’equilibrio cinetico dei diversi diaframmi. Esso consente inoltre di apprezzare la qualità del meccanismo respiratorio primario cranico-sacrale e la cinetica generale della base e della volta cranica.

3.L’esame analitico

Esso consente di testare la regione cervico-dorsale, in particolare il piano C0-C1-C2-C3, ma anche C6-C7-D1, la clavicola e le costole superiori per il ritorno venoso e D1-D4, zona vasomotoria del cranio ed infine D6-D9, zona di emergenza degli spancnici dell’addome. Esso apprezza le tensioni miofasciali tra i temporali e la periferia.

Esso consente anche di testare le differenti suture craniche possibili responsabili di emicrania. Esso apprezza inoltre lo stato della micro-cinetica delle grosse articolazioni periferiche del cranio come la fisiologia del sacro e del coccige in relazione con il piccolo bacino, in particolare per la donna.

VII.Trattamento osteopatico

1. In caso di dolori congestizi intensi

Un trattamento del cranio non è raccomandabile. Conviene piuttosto equilibrare il piano fasciale dell’addome per aprire il ricettacolo dell’aorta addominale e della vena cava inferiore.

Praticare in seguito il disimpegno dell’orifizio toracico superiore (o distretto superiore) ed attivare l’effetto circolatorio del pompaggio toraco-addominale.

Verificare l’integrità cinetica delle costole superiori e delle clavicole come l’equilibrio tonico dei muscoli scaleni (scaleni grandi e piccoli). Equilibrare le tensioni ed il sincronismo cinetico dei diaframmi toracico e pelvico, in particolare per la donna dove il sacro ed il coccige saranno stati preliminarmente normalizzati.

Rilassare le tensioni muscolari cervicali soprattutto al piano C0-C1.

Equilibrare la fisiologia dei gangli cervicali latero-vertebrali. Praticare la correzione strutturale delle dorsali alte (D1-D6) per liberare gli splancnici. Correggere, al bisogno, il piano C6-D1 per liberare la circolazione veno-linfatica. Correggere infine C0-C1 e C1-C2 con tecniche funzionali in accentuazione cinetica.

E’ possibile, in alcuni casi, alla fine del trattamento, normalizzare il temporale unicamente con tecniche dirette o tecniche di V spread associate a disimpegni suturali. Si può anche, in alcuni casi di intossicazione di origine viscerale, praticare una compressione del 4° ventricolo, ma questa deve avvenire con estrema precisione.

2.In caso di dolori deboli e non durante una crisi congestizia acuta

- E’ importante correggere innanzitutto la struttura vertebrale:

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Correzione strutturale del bacino, in particolare per la donna.

Correzione strutturale D1-D6 e D3-D4-D5 nei casi di disfunzioni cinetico-strutturali in C3-C5 spesso in interrelazione ed associate a disfunzioni delle costole superiori, in particolare di R2 ed R3.

Correzione strutturale di C6-D1.

Correzione strutturale di C3-C4 o C4-C5 in relazione con C2-C3.

Verifica ed eventuale trattamento di C0-C1.

Correzione delle strutture viscerali eventualmente coinvolte /squilibri viscero-somatici)

- Segue la correzione dell’asse cranico-sacrale:

Ripristino della normale respirazione primaria del sacro.

Normalizzazione della base cranica in rapporto a C1.

Ripristino delle condizioni normali specifiche del temporale e dello sfenoide (perno sfeno-squamoso, perno occipito-mastoideo, suture sfeno-petrosa e petro-basilare) Il temporale deve essere libero al livello di tutte le sue suture nei suoi rapporti con le ossa circostanti. Per quanto riguarda lo sfenoide, la grande ala è spesso in rotazione sull’asse antero-posteriore e diventa prominente dal lato del dolore con una disfunzione petro-sfenoidale secondaria ad una disfunzione cinetica sfeno-basilare.

- Il riequilibrio della funzione deve concludere il trattamento.

Normalizzazione ed equilibrio funzionale delle viscere eventualmente coinvolte (squilibri somatoviscerali).

Sincronizzazione dei tre diaframmi con la tecnica Frymann.

Riequilibrio del territorio neuro-vegetativo del paziente (riequilibrio neuro-vegetativo latero-verticale e cervico-cefalico).

Riequilibrio dell’influenza psicogena inter-emisferica (cervello destro - cervello sinistro).

Normalizzazione dei parametri qualitativi del M:R:P:

CAPITOLO 52

APPROCCIO OSTEOPATICO AL LATTANTE ED LA BAMBINO

(Secondo l’insegnamento di Viola FRYMANN)

1.ANATOMIA DEL CRANIO DEL NEONATO

La volta ha una struttura membranosa. Le lamine ossee sono ricoperte da due strati di membrane unite alle fontanelle anteriore e posteriore, in alcuni casi allo pterion ed all’asterion.

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Le lamine sono adattate, esse scorrono le une sulle altre sovrapponendosi leggermente allorquando il cranio passa per il bacino.

Il parietale ricopre il frontale al livello della sutura coronale e l’occipite al livello della sutura lambdoidea.

Questo rivestimento è limitato e controllato dalle membrane durali.

Le ossa della base si sviluppano a partire da nuclei cartilaginei; alla nascita il loro sviluppo è incompleto.

L’occipite è in tre parti, il temporale in due parti, il mascellare superiore in due parti ed il frontale spesso in due parti.

II.MECCANISMO RESPIRATORIO PRIMARIO E FORZE DEL LAVORO

Appena prima della nascita il bambino si posiziona nell’utero per il parto presentando il diametro più piccolo al bacino naturale: è la posizione di flessione completa del feto.

Tramite le contrazioni uterine il bebè segue l’inclinazione del pavimento pelvico al suo centro. Il parto al livello della sinfisi pubica avviene tramite la messa in estensione del cranio.

Questa flessione completa seguita dalla messa in estensione della testa è molto importante per l’avvio della respirazione polmonare. L’attività respiratoria associata all’attività vocale serve all’espansione del meccanismo cranico-sacrale e reinstaura le relazioni normali delle ossa e delle membrane. Lo sviluppo del sistema nervoso centrale ne è pertanto facilitato.

Ma è raro che questo processo ideale si sviluppi completamente. Alcuni fattori come la cattiva alimentazione della madre, degli squilibri strutturali prima e durante la gravidanza, una carente preparazione al parto, l’accelerazione meccanica o artificiale, i parti distonici, fanno sì che pochi bambini nascano senza strain o trauma cranico.

Un difetto strutturale del bacino può, per esempio, imporre al feto un’estensione o lateroflessione cervicale superiore al normale, portando ad una presentazione del cranio ad un diametro più grande del diametro ideale occipito-bregmatico.

Per esempio, l’estensione moderata del basso occipite, in caso di presentazione frontale, a volte porta la faccia a presentarsi per prima, rendendo spesso necessario un parto artificiale tramite cesareo.

Anche un sacro anteriore prominente può ostacolare la discesa della testa da un lato, determinando un’asimmetria con distorsione del meccanismo cranico.

III:IMPORTANZA ED EFFETTI DEGLI STRAIN MEMBRANOSI E CARTILAGINEI

1.L’occipite è la parte che si presenta più spesso al parto.

E’ anche quella parte che subirà più traumi.

I quattro nuclei d’ossificazione circondano il forame occipitale.

La base si articola anteriormente con lo sfenoide e postero-lateralmente con le masse laterali dell’atlante.

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Il nervo ipoglosso (XII), che innerva i muscoli della lingua, ha la sua origine fra la base e le masse laterali attraverso la cartilagine inter-ossea che diventerà il canale condiloideo anteriore.

Il condilo occipitale scavalca la cartilagine interossea. Il terzo antero-mediale appartiene alla base ed i due terzi postero-laterali alla massa laterale o parte condiloidea dell’occipite.

Anteriormente e lateralmente alla massa laterale si trova il forame giugulare o forame lacero posteriore per il passaggio della vana giugulare e dei IX, X, XI nervi cranici, il X va ad innervare tutto il sistema gastro-intestinale e cardio-respiratorio.

Il supra-occipite è formato di cartilagine e si fonde con la zona inter-parietale membranosa per formare la squama occipipitale.

Ora, una compressione importante del cranio, trasmessa attraverso la squama verso la parte condiloidea di un lato, può incastrare il condilo sull’atlante, ma anche provocare una compressione delle componenti del forame lacero posteriore e del canale dell’ipoglosso, perturbando così la funzione del pneumogastrico o dell’ipoglosso, provocando quindi il vomito, respirazione irregolare e difficoltà a poppare.

Se la compressione è trasmessa verso la base, la relazione sfenoide-occipite può produrre uno strian latrale della sinfisi sfeno-basilare e dare al cranio una forma di parallelogramma.

Se la compressione condilare è bilaterale la disfunzione cinetica sinfisaria si farà in strain verticale.

Disfunzioni di questo tipo possono essere associate a problemi funzionali nel territorio del nervo pneumogastrico, ma anche a sintomi neurologici centrali di tensioni, spasticità, spasmi oftalmici, disturbi del sonno, pianto ininterrotto, in relazione con il sistema piramidale compresso al livello del forame occipitale.

Questi sintomi possono essere considerati gli elementi clinici principali della paralisi cerebrale di tipo spastico.

2.Lo sfenoide è in tre parti al momento della nascita.

Il corpo, a cui sono appese le piccole e grandi ali con le loro apofisi pterigoidee, è esso stesso articolato con l’occipitale.

L’unità grande ala-pterigoidea avviene tramite una cartilagine inter-ossea situata giusto al di sotto del seno cavernoso, dove passano il III, IV e VI nervi cranici che innervano i muscoli estrinseci dell’occhio.

Il corpo dello sfenoide, articolandosi con l’apofisi basilare dell’occipitale, può quindi venire leso da uno strain verticale in seguito ad una compressione condilare.

Anteriormente allo sfenoide, l’integrità anatomica dell’orbita dipende dal rapporto posizionale grande ala - piccola ala, dal rapporto posizionale grande ala - apofisi pterigoide nella sua unione con il corpo.

In caso di strain laterale per compressione unilaterale dell’occipite, la modificazione dell’orbita per rotazione della base dello sfenoide, porterà la piccola ala in avanti da un lato ed indietro dall’altro lato.

In caso di strain laterale per compressione laterale, la grande ala compresa medialmente sarà in avanti su un lato ed all’indietro dall’altro lato.

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In questi casi due meccanismi lesionali, il disequilibrio dei muscoli dell’occhio andrà dal semplice disturbo dell’asse binoculare (divergenza o convergenza) allo strabismo grave.

3.Il temporale è in due parti al momento della nascita.

La porzione petro-mastoidea del temporale, cartilaginea, si proietta in obliquo, in avanti ed indietro tra l’occipite e la grande ala dello sfenoide e si articola alla sua sommità con il corpo dello sfenoide.

La porzione squamosa, membranosa, forma la parte più grande della parete inferiore e laterale del cranio.

La porzione timpanica non è ancora che un gomito situato nella parte postero-inferiore della squama.

Ora, queste due parti membranosa e cartilaginea si uniscono appena prima della nascita al livello della sutura petro-squamosa.

La porzione petro-mastoidea contiene l’apparato uditivo e vestibolare; l’apparato uditivo è composto anche dalla troma d’Eustachio situata tra le parti squamosa e petrosa del temporale.

In caso di lateral strain, la compressione della porzione squamosa deformerà la tromba d’Eustachio con possibilità di disturbi dell’udito.

Nell’orecchio medio, il meccanismo degli ossicini trasmette la vibrazione acustica del timpano. Situato nell’orecchio interno, l’apparato vestibolare contiene i canali semi-circolari collegati tra di loro e geometricamente equilibrati con quelli del lato opposto.

Anche una deformazione nell’asse della porzione petrosa può quindi perturbare l’udito ed il meccanismo dell’equilibrio.

Foto 604 - Esame globale in approccio tramite la volta.

Foto 605 - Esame globale durante l’allattamento.

Foto 606 - Valutazione della cinetica temporale.

Foto 607 - Esame occipito-atloideo.

4.Il mascellare superiore è in due parti al momento della nascita.

Il pre-mascellare porterà gli incisivi, mentre il corpo porterà i canini e gli altri denti superiori.

Un’angolazione fra le due parti di sviluppo sarà fonte di cattivo allineamento o cattiva inclusione dentale nel futuro.

Alcuni di questi cambiamenti strutturali sono visibili e sempre palpabili.

Ricerche radiologiche giustificano queste osservazioni e confermano la loro persistenza nei problemi dell’infanzia.

IV.ESAME DEL NEONATO SECONDO VIOLA FRYMANN

Il meccanismo cranico-sacrale del neonato dovrebbe essere sempre esaminato fin dai primi giorni di vita.

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La mobilità del meccanismo è maggiore a quest’età che nell’adulto benchè l’ampiezza di movimento sia inferiore.

Nel corso dell’esame o del trattamento non si devono mai bloccare i movimenti del bambino. Interrompere l’esame, se necessario, per riprenderlo in seguito.

L’osteopata dovrà sempre ricordarsi che nel neonato sono le disfunzioni membranose non corrette che comportano delle lesioni accomodative membranose.

Nel corso dell’esame si devono apprezzare i contorni delle placche ossee e le suture craniche passando dolcemente le dita sopra le superfici.

In ogni esame cranico l’ispezione deve essere confermata dalla palpazione.

Bisogna apprezzare vivamente e tramite il tatto la forma delle eminenze frontali e parietali.

Bisogna ricercare la presenza eventuale di solchi sulla sommità del cranio o di sovrapposizioni di un osso sull’altro al livello delle suture coronale e lambdoidale, come pure la presenza di prominenze o rientranze al livello delle suture sagittale e metopica, oppure una depressione uni o bilaterale della regione dello pterion.

Bisogna anche, lasciando riposare l’occipite nel palmo di una mano, notare la presenza di una prominenza anomala al livello dell’occipite inter-parietale o di un appiattimento importante del supra-occipite.

Bisogna anche studiare la dimensione e la posizione degli occhi e delle narici, l’inclinazione della bocca ed apprezzare la mobilità globale della faccia.

Si può anche consigliare una metodologia di controllo globale ed analitico che potrà aiutare il terapeuta nel suo esame osteopatico pediatrico:

Foto 608 - Esame del pube.

Prima parte dell’esame: esame globale

1.Porre le mani sulla volta, gli indici sulla grande ala, i mignoli sugli angoli infero-laterali dell’occipite, le altre dita riposano sul cranio.

Se al momento dell’esame del neonato o del bebè, il bambino si muove molto o è agitato, il terapeuta farà il suo esame nella posizione di testa imposta dal bambino o, meglio, al momento dell’allattamento al seno o dal biberon che rende automaticamente il bambino più calmo. (Foto 604 e 605).

2.L’indice di un lato è più alto o cefalico rispetto all’altro ed il mignolo opposto a questo indice è più alto o cefalico rispetto al suo omologo.

3.L’indice ed il mignolo di una mano sono bassi o caudali rispetto a quelli dell’altra mano. Con l’impressione palpatoria di pienezza nel palmo della mano inferiore come nella disfunzione in side bending rotation (rotazione assiale in due direzioni opposte attorno a due assi verticali parallele e latero-versione inferiore nella convessità così creata).

4.Gli indici sulla grande ala sono portati da una parte mentre i mignoli sopra l’occipite sono portati dall’altra come lo strain laterale prodotto da una forza laterale dove lo sfenoide e l’occipite girano nella stessa direzione attorno ai propri assi verticali paralleli determinando un cesellamento della S.S.B.

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5.Gli indici sulla grande ala vanno in avanti ed in basso, caudalmente, ed i mignoli sugli angoli laterali dell’occipite vanno verso l’alto oppure al contrario gli indici sono superiori (cefalici) mentre i mignoli sono inferiori (caudali) come negli strain verticali.

6.Come si percepisce la struttura generale della scatola cranica? Si ha una sensazione generale di durezza e di tensione sotto le mani come nel legno ? Il meccanismo respiratorio primario è realmente presente ? Allora può trattarsi di una compressione della S.S.B

7.Come si percepiscono quantitativamente il M.R.P. ed i suoi parametri qualitativi ?

Le osservazioni palpatorie ossee sono gli indici di disfunzione del meccanismo cranico, ma natura del “cranial rythmic impulse”, la sua simmetria, il suo ritmo, la sua ampiezza, la forza di quest’ampiezza e la costanza del movimento permetteranno di distinguere tra disfunzione cinetica di origine membranosa, come per esempio nello strain membranoso, e la disfunzione intrinseca della S.S.B.

Seconda parte dell’esame: esame analitico

7. Mani nella posizione neutra (Foto 604), restare passivi ed in ascolto attento e concentrato e lasciare che il meccanismo cranico esprima il movimento del “cranial rythmic impulse”. Vi sono espansione e ritrazione ritmiche ? La tendenza direzionale del movimento suggerisce torsione, side bending rotation, strain laterale o verticale ?

8.Occipite nella mano, punta degli indici sulle zone apofisarie mastoidee (apofisi non presenti alla nascita) dei temporali e bilateralmente.

Vi è simmetria oppure un dito è postero-mediano o antero-laterale in rapporto all’altro ?

9.Con un temporale in rotazione interna, vi è elevazione o discesa dell’angolo laterale dell’occipite ?

10.Un temporale è più anteriore dell’altro, il suo movimento mediale o laterale suggerisce uno strain della S.S.B. confermando una testa a parallelogramma ?

11.Come si comportano i due temporali ? Sono mobili, di uguale ampiezza cinetica, un temporale è immobile ? Questa valutazione della cinetica temporale si effettua nel quadro della percezione globale del cranio tramite la volta ed insistendo sulla percezione di questa mobilità al livello degli anulari in rapporto al movimento globale della S.S.B. o all’aspetto posizionale del o dei temporali nel corso del movimento cranico-sacrale (Foto 606).

Foto 609 - Correzione tramite il sacro

Foto 610 - Equilibrio cranico-sacrale

Foto 611 - “Vault lift techinque”

12.Consolidare la mano con un dito sul frontale, far scivolare l’altra sotto la curvature dell’occipite (foto 607)

Notate la tensione dei muscoli sotto-occipitali e comparare i due lati della linea mediana.

Una delle due dita entra in contatto con l’arco posteriore dell’atlante prima dell’altra ? Se è così, quello è il lato della compressione condilare in quanto l’occipite è girato anteriormente da quel lato.

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Restare in ascolto passivo ed osservare la mobilità di quel lato valutando attentamente la struttura del tessuto osseo ed il comportamento di questo tessuto osseo nel corso del meccanismo respiratorio primario. La mobilità perturbata di uno o dei due lati suggerisce una compressione uni o bilaterale spesso associata ad una densificazione e ad un’immobilità respiratoria primaria del tessuto osseo a questo livello.

13.Esaminare globalmente la pelvis (Foto 608)

-Prendere la pelvis in una mano e nel frattempo porre due dita dell’altra mano sotto al sacro.

I due lati del corpo sono simmetrici ? Il sacro punta nelle mano al livello del coccige ?

Valutare anche il movimento del sacro in rapporto alle iliache.

-Porre la mano sotto la colonna lombare. Se notate la presenza di una flessione laterale che provoca una concavità da un lato, comparate i risultati al movimento laterale della pelvi. (Sommariamente, il trattamento consiste nel trovare il punto d’equilibrio di tensione membranosa del meccanismo e mantenerlo, permettendo in questo modo alle forze inerenti auto-correttive di normalizzare il corpo).

Foto 612 - Bilanciamento trasversale della S.S.B.

V.TECNICHE FRYMANN IN OSTEOPATIA PEDIATRICA

1. Correzione tramite il sacro (foto 609)

Lattante sul dorso.

Porre gli indici al di sotto delle spine iliache antero-posteriori e lasciare che le dita si riuniscano dietro sul sacro. Le iliache possono essre tenute lateralmente con l’anulare ed il mignolo per liberare la sacro-iliaca mentre l’indice ed il medio liberano la cerniera lombo-sacrale con un V spread associato.

2.Equilibrio cranico-sacrale: Variante F: Peyralade (foto 616)

Bebè in braccio al terapeuta.

Una mano sotto il sacro, l’eminenza tenar in contatto con la superficie sacrale. L’altra mano sotto l’occipite, eminenze tenar ed ipotenar in contatto con la linea curva occipitale superiore. Tecnica di correzione simultanea cranico-sacrale.

3.Decompressione della S.S.B. tramite “Vault lift technizue” (foto 611)

Sollevamento della volta per correggere le restrizioni membranose e le compressioni sfeno-basilari a partire dallo sfenoide.

In questo approccio i frontali sono alzati con gli indici contro la resistenza del peso della testa. L’occipite può essere eventualmente mantenuto sulla tavola con i mignoli posizionati bilateralmente.

I medi sono a contatto con l’angolo parietale antero-inferiore e gli anulari a contatto dell’angolo parietale postero-inferiore.

4.Decompressione delle parti condilari tramite tecnica di bilanciamento in traverso della S.S.B. (foto 612)

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Con una mano far scivolare le dita lungo l’occipite il più lontano possibile e tirare indietro la parte condilare con l’indice ed il medio all’equilibratura delle membrane intra-craniche.

Con l’altra mano sul frontale, indurre un movimento di decompressione circolare, se la compressione è superiore da una parte, oopure indurre un movimento di decompressione diritta posteriore, se la compressione è bilaterale.

Contemporaneamente allargare leggermente le dita per allargare le masse condilari.

La mano frontale compie un’induzione membrano-fluidica verso l’occipite.

Continuare fino a sentire il calore e la malleabilità del tessuto osseo.

Note: sul lattante di 4 -5 giorni è sufficiente un trattamento, ma se la lesione esiste da molto tempo, a seconda del grado di fibrosi o di sclerosi, saranno necessari più trattamenti.

Per un bebè, la posizione delle mani nel senso antero-posteriore è migliore che nel senso laterale.

5.Disimpegno della sutura fronto-sfenoidale tramite la “Frontal lift technique” (foto 614)

Questa tecnica permette il disimpegno dell’angolo laterale del frantale (superficie a L tra frontale e grande ala dello sfenoide)

Pollice ed indice di una mano sul malare e l’articolazione fronto-zigomatica.

Il medio è libero, senza alcun contatto.

L’anulare è a contatto dell’inserzione temporale del muscolo sterno-cleido-mastoideo, futura apofisi mastoide.

Il mignolo è posizionato sull’angolo infero-laterale dell’occipite.

L’altra mano è posizionata a coppa sul frontale e nel corso della fase inspiratoria primaria cranica solleva l’angolo laterale esterno del frontale con l’indice ed il medio uniti.

Foto 613 - “Frontal lift technique”

Foto 614 - Controllo di tensione membranosa equilibrata

Foto 615 - Disimpegno delle grandi ali dello sfenoide

Foto 616 - Tensione membranosa equilibrata attorno alle orbite

Foto 617 - V spread orbito-asterico.

6.Controllo di tensione membranosa equilibrata (foto 614)

Questa tecnica permette di terminare e controllare i risultati di ogni manovra correttiva specifica verificando l’equilibrio cinetico tra la falce del cervello ed il tentorio del cervelletto.

I pollici sono posizionati bilateralemente davanti alla sutura coronale, al livello dei perni di cambiamento delle ugnature fronto-parietali. Gli indici sono a contatto delle grandi ali dello sfenoide.

I medi sono a contatto del temporale davanti all’orecchio.

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Gli anulari sono situati dietro all’orecchio lungo l’inserzione dello sterno-cleido-mastoideo.

I mignoli sono a contatto degli angoli infero-laterali dell’occipitale.

Visualizzare e percepire con cura la cinetica membranosa pressoria a tre vie del tentorio del cervelletto e della falce del cervello, il punto risultante da questa cinetica pressoria al livello del “Fulcrum di Sutherland”, all’unione del seno sagittale e del seno retto, poi equilibrare le tensioni.

7.Disimpegno delle grandi ali dello sfenoide (Foto 615)

Questa tecnica d’induzione in rotazione esterna dei frontali elimina la tensione del nervo ottico tramite il disimpegno delle grandi ali dello sfenoide che determina.

I pollici sono a contatto dei frontali, da una parte e dall’altra della sutura metopica, anteriormente alla sutura coronale.

Gli indici sono posizionati lungo il margine esterno dell’orbita, al livello delle apofisi orbitarie del malare.

I medi e gli anulari sono neutri. I mignoli sono a contatto degli angoli laterali dei frontali. Nel corso della fase inspiratoria primaria cranica, portare le componenti ossee verso la linea centrale del viso mediante un movimento di circonduzione esterna in senso antiorario.

Note: più si fanno scendere i pollici verso la glabella, da una parte e dall’altra della sutura metopica, e più la tecnica sarà specifica per disimpegnare le superfici a L.

8.Tensione membranosa equilibrata attorno alle orbite (foto 616)

I pollici sono a contatto dei frontali, da una parte e dall’altra della sutura metopica, al livello dell’apofisi crista galli. Gli indici sono posizionati sulle grandi ali dello sfenoide e sul margineo esterno delle orbite.

I mignoli sono a contatto degli angoli infero-laterali dell’occipite.

Le altre dita restano neutre e senza contatto.

Testare il movimento delle componenti dell’orbita ed equilibrare per accumulo di tensioni.

9.Tecnica di V spread orbito asterico (Foto 617)

Dita a V spread sui margini superiori ed inferiori dell’orbita.

Palmo della mano o indice e medio al livello dell’asterion opposto all’orbita trattat, all’interno dell’asterion per la circonferenza interna dell’orbita, ed esternamente all’asterion per la sua circonferenza esterna.

Indurre una tensione membrano-fluidica ritmata al M.R.P., in direzione della parte orbitaria da trattare, disimpegnando le componenti dell’orbita.

Nota:Questa manovra serve sia da test diagnostico per le tensioni e restrizioni dell’orbita, come pure da tecnica correttiva per le componenti ossee interessate.

VI:CONCLUSIONE

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W.G. Sutherland ricordava ai propri allievi:

“Come il ramo è curvo, così il tronco è inclinato. Prestate attenzione ai piccoli rami, fate ciò che serve perché le future generazioni crescano sane e felici”.

FIGURE E FOTOGRAFIE

Foto 260a - Approccio tramite la volta (W.G.SUTHERLAND)

Foto 260b - Approccio tramite la volta (W.G.SUTHERLAND)

Foto 261a - Approccio fronto-occipitale (W.G.SUTHERLAND)

Foto 261b - Approccio fronto-occipitale (W.G.SUTHERLAND)

Foto 262 - Approccio sfeno-occipitale (H:MAGOUN)

Foto 263 - Approccio occipito-sfenoidale (V.FRYMANN)

Foto 264 - Approccio volta-base (V.FRYMANN)

Foto 265 - V Spread parieto-occipitale

Foto 266 - V Spread parieto-mastoideo

Foto 267 - V Spread parieto-squamoso

Foto 268 - V Spread parieto-frontale

Foto 269 - V Spread sfeno-squamoso

Foto 270 - V Spread sfeno-petroso

Foto 271 - V Spread dI Pterion

Foto 272 - V Spread del PCSM

Foto 273 - V Spread occipito-mastoideo

Foto 274 - V Spread petro-giugulare o del forame lacero posteriore

Foto 275 - V Spread petro-basilare

Foto 276 - V Spread temporo-zigomatico

Foto 277 - V Spread inter-incisivi

Foto 278 - V Spread inter-mascellare

Foto 279 - V Spread inter-palatino

Foto 280 - V Spread maxillo-palatino inferiore

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Foto 281 - V Spread fronto-malare

Foto 282 - V Spread maxillo-malare

Foto 283 - V Spread metopico

Foto 284 - V Spread inter-nasale (ossa nasali)

Foto 285 - V Spread orbitale

Foto 286 - V Spread fronto-mascellare

Foto 287 - V Spread fronto-sfenoidale

Foto 288 - Drenaggio del seno occipitale

Foto 289 - Drenaggio del Torculare d'Erofilo

Foto 290 - Drenaggio dei seni laterali

Foto 291 - Drenaggio del seno retto

Foto 292 - Drenaggio del seno longitudinale superiore, dal lambda al bregma

Foto 293 - Drenaggio del seno longitudinale superiore, dal bregma alla glabella

Foto 294 - "Pan Dura Technique" (tecnica occipito-occipitale)

Foto 295 - "Pan Dura Technique" (tecnica sfeno-occipitale)

Fig. 296 - Tecnica di compressione del quarto vetricolo

Posizione delle mani (veduta superiore)

Posizione delle mani (veduta laterale)

Fig. 297 - Tecnica di rotolamento simmetrico dei temporali

Fig. 298 - Tecnica di rotolamento asimmetrico dei temporali

Fig. 299 - Cinetica sfeno-basilare in fase inspiratoria primaria

Fig. 300 - Cinetica delle M.T.R. in fase inspiratoria primaria

Fig. 301 - Meccanismo di ingranaggio delle ossa della base in fase inspiratoria primaria

Fig. 302 - Quadranti e sfere nelle disfunzioni cinetiche sfeno-basilari in flessione ed in estensione

In flessione - In estensione

Fig. 303 - Test cinetico in approccio tramite la volta

Fig. 304 - Test cinetico in approccio fronto-occipitale

Fig. 305 - Test cinetico in approccio sfeno-occipitale

475

Page 476: Trattato paratico di Osteopatia Cranica.doc

Fig. 306 - Schema della disfunzione cinetica sfeno-basilare

Fig. 306bis - Le disfunzioni sfeno-basilari in flessione-estensione

Fig. 307 - Disfunzione cinetica sfeno-basilare in torsione destra

Veduta posteriore - Veduta superiore e posteriore

Torsione destra - Veduta superiore ed anteriore

Fig. 308 - Test cinetico in approccio tramite la volta

Fig. 309 - Test cinetico in approccio sfeno-occipitale

Fig. 310 - Disfunzione cinetica sfeno-basilare in side bending rotation destra

Veduta superiore - Veduta superiore schematica dei quadranti

Veduta posteriore - La latero versione della base trascina una latero-flessione compensatrice controlaterale della volta.

Occhio destro più piccolo e più basso - orecchio destro scollato

Deviazione del mento a sinistra della linea mediana

Fig. 311 - Test della SBR destra in approccio tramite la volta

Fig. 312 - Test della SBR destra in approccio sfeno-occipitale

Fig. 313 - Fisiopatologia del vertical strain sfenoidale

Corpo alto - vertical strain corpo alto

Corpo basso - vertical strain corpo basso

Fig. 314 - Lesione sfeno-basilare in vertical strain sfenoidale alto

Fig. 315 - Lesione sfeno-basilare in vertical strain sfenoidale basso

Fig. 316 - Test di vertical strain in approccio tramite la volta

Test del vertical strain alto - Test del vertical strain basso

Fig. 317 - Test di vertical strain in approccio fronto-occipitale

Test del vertical strain alto - Test del vertical strain basso

Fig. 318 - Fisiopatologia del lateral strain

Fig. 319 - Lesione sfeno-basilare in lateral strain destro

Foto 320 - Lo sviluppo della base cranica e le sue conseguenza a distanza

Sviluppo osseo cranico risultante da strain laterale sinistro

Sviluppo osseo cranico risultante da strain laterale destro

476

Page 477: Trattato paratico di Osteopatia Cranica.doc

Sviluppo osseo cranico risultante da side bending rotation destra.

Fig. 321 - Diagnosi del lateral strain sfenoidale destro

a) in approccio tramite la volta

b) in approccio fronto-occipitale

Foto 322 - Tecnica di decompressione sfeno-basilare per sollevamento del frontale

Foto 323 - Tecnica di decompressione sfeno-basilare in approccio tramite la volta

Foto 324 - Tecnica di decompressione sfeno-basilare con collaborazione del paziente

Foto 325 - Tecnica di decompressione fronto-sfeno-occipitale

Foto 326 - Tecnica di decompressione sfeno-basilare in approccio fronto-occipitale

Foto 327 - Tecnica di decompressione sfeno-basilare per sollevamento dei mascellari

Foto 328 - Tecnica di decompressione sfeno-basilare per accentuazione della compressione

Foto 329 - Tecnica di decompressione sfeno-basilare per sollevamento fronto-malare

Foto 330 - Tecnica di decompressione tramite la volta

Foto 331 - Tecnica di decompressione in approccio fronto-occipitale

Foto 332 - Tecnica di decompressione tramite il frontale

Foto 333 - Tecnica di decompressione fronto-sfeno-occipitale

Foto 334 - Tecnica del "grasping"

Foto 335 - Tecnica di decoaptazione occipito-atloidea

Foto 335 bis - Tecnica di equilibrio occipito-atloidea

Foto 336 - Tecnica funzionale occipito-atloidea

Foto 337 - Tecnica di espansione della base cranica

Foto 338 - Tecnica del forame occipitale e delle parti condiloidee (Th.SCHOOLEY)

Foto 339 - Tecnica di decompressione delle parti condiloidee nel neonato

Foto 340 - Tecnica di decompressione delle parti condiloidee nell'adulto

Foto 341 - Tecnica di modellatura della base nel bambino

Foto 342 - Tecnica di modellatura della squama nel bambino (variante di R.CAPOROSSI)

Foto 343 - Tecnica di derotazione della squama

Foto 344a - Tecnica di equilibrio fronto-occipitale in approccio longitudinale

Foto 344b - Tecnica di equilibrio fronto-occipitale in approccio trasversale

477

Page 478: Trattato paratico di Osteopatia Cranica.doc

Foto 345 - Tecnica di equilibrio sfeno-occipitale

Foto 346 - Tecnica di equilibrio occipito-sacrale con un operatore

Foto 347 - Tecnica di equilibrio occipito-sacrale con due operatori

Foto 348 - Tecnica di equilibrio cervico-dura-merico

Foto 349b - Tecnica di correzione e di equilibrio simultaneo cervico-fasciale (F.PEYLARADE)

Foto 349a - Tecnica di correzione e di equilibrio simultaneo cervico-fasciale (F.PEYLARADE)

Foto 350 - Tecnica di equilibrio per occipite posteriore con nuca rigida

Foto 351 - Tecnica di equilibrio occipito sternale (V.FRYMANN)

Foto 352 - Tecnica di correzione occipito-mastoidea

Foto 353 - Tecnica di equilibrio della Tromba di Eustachio

Foto 354 - Tecnica di correzione unilaterale petro-basilare

Foto 355 - Tecnica di correzione petro-giugulare

Foto 356 - Tecnica di correzione parieto-occipitale

Foto 357 - Tecnica di disimpegno lambdoidale

Foto 358 - "Pump Technique"

Foto 359 - "Pan-dura Technique"

Foto 360 - Tecnica di decompressione tramite la volta

Foto 361 - Tecnica di decompressione in approccio fronto-occipitale

Foto 362 - Tecnica di decompressione tramite il frontale

Foto 363 - Tecnica fronto-sfeno-occipitale

Foto 364 - "Grasping Technique"

Foto 365 - Tecnica di equilibrio fronto-occipitale

Foto 366 - Tecnica di equilibrio sfeno-occipitale

Foto 367 - Tecnica di correzione fronto-sfenoidale

Foto 368 - Tecnica di correzione sfeno-squamosa

Foto 369 - Tecnica sfeno-petrosa

Foto 370 - Tecnica di disimpegno unilaterale sfeno-parietale

Foto 371 - Tecnica di disimpegno bilaterale sfeno-parietale

Foto 372 - Tecnica di correzione sfeno-malare

478

Page 479: Trattato paratico di Osteopatia Cranica.doc

Foto 373 - Tecnica di correzione sfeno-etmoidale

Foto 374 - Tecnica di correzione pterigo-palatina (E.LAY)

Foto 375 - Tecnica di correzione sfeno-vomeriana

Foto 376 - Tecnica di drenaggio dei seni sfenoidali

Fig. 377 - Meccanismo schematico delle disfunzioni della cinetica temporale

a - disfunzioni secondarie adattative fisiologiche

b e c - disfunzioni non fisiologiche primarie traumatiche

Foto 378 - Diagnosi della mobilità globale dei temporali

Foto 379 - Test specifico di disfunzione temporale unilaterale

Fig. 380a - Induzione mirata alla correzione delle disfunzioni temporali in R.I.

Fig. 380b - Induzione mirata alla correzione delle disfunzioni temporali in R.E

Foto 381a - Tecnica di correzione bilaterale petro-basilare per la Tromba di Eustachio (prima fase)

Foto 381b - Tecnica di correzione bilaterale petro-basilare per la Tromba di Eustachio (seconda fase)

Foto 382a - Tecnica di correzione unilaterale petro-basilare

Fig. 382b - Tecnica di correzione unilaterale petro-basilare

Foto 383a - Tecnica di correzione petro-giugulare

Fig. 383b - Tecnica di correzione petro-giugulare

Foto 384 - Tecnica di correzione occipito-mastoidea

Foto 385 - Tecnica di correzione parieto-mastoidea

Foto 386 - Tecnica di correzione parieto-squamosa

Foto 387 - Tecnica di correzione diretta parieto-squamosa (F.PEYLARADE)

Foto 388 - Tecnica di correzione sfeno-squamosa

Foto 389 - Tecnica di correzione sfeno-petrosa

Foto 390 - Tecnica di correzione sfeno-petrosa (E.LAY)

Foto 391 - Tecnica di correzione temporo-zigomatica

Foto 392 - Tecnica di equilibrio degli ossicini dell'orecchio

Foto 393 - "Earl pull Technique" (J.E.UPLEDGER)

Foto 394 - Tecnica di rotolamento dei temporali (H.MAGOUN)

479

Page 480: Trattato paratico di Osteopatia Cranica.doc

Foto 395 - Test cinetico del frontale

Foto 396 - "Frontal lift Technique"

Foto 397- "Frontal spread Technique"

Foto 398 - Tecnica di correzione fronto-sfenoidale in approccio tramite la faccia

Foto 399 - Tecnica di correzione fronto-sfenoidale in approccio tramite la volta

Foto 400 - Tecnica di correzione fronto-parietale

Foto 401 - Tecnica di mobilizzazione fronto-frontale

Foto 402 - Tecnica di modellatura delle bozze frontali

Foto 403 - Tecnica di modellatura delle bozze frontali

Foto 404 - Tecnica di modellatura unilaterale di una bozza frontale associata ad un V spread

Foto 405 - Tecnica di correzione fronto-malare

Foto 406 - Correzione fronto-malare (tecnica inter-apofisaria)

Foto 407 - Correzione fronto-malare (tecnica intra-buccale)

Foto 408 - Tecnica di correzione fronto-mascellare

Foto 409 - Tecnica di correzione fronto-mascellare (variante di R.CAPOROSSI)

Foto 410 - Tecnica di correzione fronto-nasale

Foto 411 - Tecnica d’equilibrio simultaneo fronto-maxillo-malare (variante di R.CAPOROSSI)

Foto 412 - Tecnica d’equilibrio frontale

Foto 413 - Test cinetico dei parietali

Foto 414 - Tecnica di correzione parietale in R.I. e R.E.

Foto 415 - "Parietal lift Technique"

Foto 416 - "Parietal spread Technique"

Foto 417 - Tecnica di disimpegno del lambda

Foto 418 - Tecnica di disimpegno del bregma

Foto 419 - Tecnica di disimpegno unilaterale parieto-sfenoidale

Foto 420 - Tecnica di disimpegno bilaterale parieto-sfenoidale

Foto 421 - Tecnica di disimpegno bilaterale parieto-occipitale (primo tempo)

Foto 422 - Tecnica di disimpegno unilaterale parieto-occipitale

Foto 423 - Tecnica di correzione parieto-squamosa (H.MAGOUN)

480

Page 481: Trattato paratico di Osteopatia Cranica.doc

Foto 424 - Tecnica di correzione diretta parieto-squamosa (F.PEYLARADE)

Foto 425 - Tecnica di correzione parieto-mastoidea

Foto 426 - Tecnica di correzione parieto-frontale

Foto 427 - Tecnica d’equilibrio delle bozze parietali

Foto 428a - Tecnica di disimpegno inter-parietale

Foto 428b - Tecnica di disimpegno inter-parietale (variante)

Foto 429 - Test cinetico dell'etmoide

Foto 430a - Tecnica di disimpegno del solco etmoidale (primo tempo)

Foto 430b - Tecnica di disimpegno del solco etmoidale (secondo tempo)

Foto 431 - Tecnica di correzione unilaterale dell'etmoide

Foto 432 - Tecnica di correzione della lamina perpendicolare dell'etmoide

Foto 433 - Tecnica di liberazione delle masse laterali

Foto 434a - Tecnica di pompaggio dell'etmoide

Foto 434b - Tecnica di pompaggio dell'etmoide (variante)

Foto 435 - Tecnica di drenaggio unilaterale del seno etmoidale

Foto 436 - Tecnica di autodrenaggio dei seni etmoidali

Foto 437 - Tecnica di liberazione etmoidale

Foto 438a - Tecnica di equilibrio del ganglio sfeno-palatino in decubito (primo tempo)

Foto 438b - Tecnica di equilibrio del ganglio sfeno-palatino in decubito (secondo tempo)

Foto 439 - Tecnica di equilibrio del ganglio sfeno-palatino in posizione seduta

Foto 440 - Test cinetico del vomere

Foto 441 - Correzione del vomere (tecnica fronto-sfeno-vomeriana)

Foto 442 - "Wagon tongue Technique" (leva sfeno-vomeriana)

Foto 443a - Tecnica di correzione maxillo-vomeriana per via esterna

Foto 443b - Tecnica di correzione maxillo-vomeriana per via interna

Foto 444 - Test visuale della posizione della linea inter-incisiva

Cattivo allineamento inter-incisivo

Buon allineamento inter-incisivo

Foto. 445 - Test cinetico dei mascellari per via esterna

481

Page 482: Trattato paratico di Osteopatia Cranica.doc

Foto 446 - Test cinetico dei mascellari per via interna

Foto 447 - Tecnica di correzione mascellare bilaterale

Foto 448 - Tecnica di correzione mascellare unilaterale

Foto 449 - Tecnica di correzione maxillo-palatina inferiore

Foto 450 - Tecnica di correzione maxillo-palatina superiore

Foto 451a - Tecnica di correzione maxillo-malare per via interna

Foto 451b - Tecnica di correzione maxillo-malare per via interna (variante)

Foto 452 - Tecnica di correzione maxillo-malare per via esterna

Foto 453 - Tecnica di correzione maxillo-etmoidale per via esterna

Foto 454 - Tecnica di correzione maxillo-etmoidale per via interna

manca 455

Foto 456 - Test cinetico bilaterale dei palatini

Fig. 457 - Test cinetico unilaterale palatino

Foto 458 - Test di correzione inter-palatina (E.LAY)

Foto 459 - Tecnica di correzione maxillo-palatina inferiore (E.LAY)

Foto 460 - Tecnica di correzione maxillo-palatina superiore (E.LAY)

Foto 461 - Tecnica di liberazione pterigo-palatina (E.LAY)

Foto 462 - Test cinetico malare bilaterale per via esterna

Foto 463 - Test globale di compressione malare in rotazione interna

Foto 464 - Test cinetico malare unilaterale per via esterna

Foto 465 - Test cinetico malare unilaterale per via esterna (R.CAPOROSSI)

Foto 466 - Tecnica di correzione temporo-zigomatica

Foto 467 - Tecnica di correzione fronto-malare

Foto 468 - Tecnica di correzione maxillo-malare per via interna

Foto 469 - Tecnica di correzione maxillo-malare per via esterna

Foto 470 - Tecnica di correzione sfeno-malare

Foto 471 - Tecnica di correzione malare in R.I. e R.E. per via esterna

Foto 472 - Tecnica di correzione malare in R.I. e R.E. per via interna

Foto 473 - Test cinetico delle ossa del naso

482

Page 483: Trattato paratico di Osteopatia Cranica.doc

Foto 474 - Tecnica di correzione della sutura fronto-nasale

Foto 475 - Tecnica di correzione della sutura inter-nasale

Foto 476 - Tecnica d’equilibrio globale delle ossa del naso

Foto 477 - Tecnica del V spread fronto-nasale

Foto 478 - Tecnica del V spread inter-nasale.

483