Tradizioni - Il Progetto Integrato Cultura · lini sui giochi di carte, il ciabattare...

2
Tradizioni Progetto Integrato Cultura del Medio Friuli Da un cortile all’altro, nel richiamo dei borghi, si snoda il paese, coi suoi fabbricati, spiazzi, siti più propriamente destinati alla socialità. Al pozzo, dove si va coi secchi di rame (cjaldîrs) appesi all’arconcello di legno (buinç) portato a spalle ad attingere l’acqua per gli usi domestici, si deve girare la ruota per pompare l’acqua lag- giù dalla falda e chi è più in forze sa che deve girare anche per chi è più traballante. Così, men- tre si gira la ruota, girano all’aria anche i saluti, con domande, risposte e qualche immancabile battuta sul tempo. Al pozzo con il buinç e cjaldîrs di ram ci vanno ri- gorosamente le donne. Si raccolgono, così come poi si sparpagliano, tutti i pettegolezzi (peteçs) del paese. Gli uomini attempati attendono sedu- ti sul clap il passaggio delle ragazze e chiedono da bere, nella siccitosa estate, immergendo nel secchio i fluttuanti mustacchi in un pulviscolo di frammenti del tabacco che essi abitualmente masticano (cjicâ) nelle loro lunghe giornate, così che l’acqua restante la berranno per questa volta le bestie della stalla e per i familiari bisognerà tornare, passo passo, al pozzo. Ma andare a poç è per le giovani quasi l’unico modo per evadere dalla segregazione della casa e del lavoro. In casa, per bere, si prende l’acqua dal secchio con il cop, anch’esso di rame. Lungo il paese scorrono i roielli, dove i bambi- ni e spesso le anatre sguazzano allegramente. Non ci si pone troppi problemi a bere da lì: “Ac- qua di fonte/la beve il serpente/la beve Dio/ e la bevo anch’io”, basta questa giaculatoria e non fa male... Almeno così si dice, finchè va. È diverso e più lungo il tempo trascorso ai lavatoi (sui lavadôrs), predisposti qua e là, marginali al paese, perché le donne vi risciacquino i panni di casa e, fra un tonfo e l’altro dei panni sul lava- toio o nell’acqua corrente, spruzzano via assieme ai zampilli e alle gocce anche confidenze, parole bisbigliate sul gorgoglio dell’acqua, da non rife- rire a nessuno, e perfino autentici pettegolezzi rigirati nell’aria e nell’acqua fra scoppi di risate improvvise che si alternano e disperdono per la campagna. La socialità maschile si rinnova e so- stiene invece nelle osterie, coi crocchi dei tavo- lini sui giochi di carte, il ciabattare dell’ostessa e qualche facezia dell’oste a ravvivare il chiacchie- riccio della clientela, un suono di fisarmonica nei giorni di festa ad accompagnare o a richiamare i sogni di gioventù e, nel Ventennio, il primo grac- chiare di una grande radio lassù a riversare nel- la penombra su tutta la compagnia la baldanza oratoria del duce. In osteria vanno gli uomini. Se la moglie va a prelevare il consorte, per l’ora tar- da e qualche bicchiere (tai) in eccedenza, il fatto viene rimarcato finchè campa. La piazza è il cuore del borgo. Lì si fa la sagra e lì si ferma la mietitrebbia (il bocjon), quan- La strada, la piazza, il pozzo, le osterie, il lavatoio a cura di Ivano Urli do si battono i grani. La piazza è per tutti. Con la chiesa nel mezzo. Socialità anche con Dio e coi Santi, presenti nei focolari di ognuno, ma che lì sono proprio di casa e affiancano il cam- mino della gente, quando si nasce e quando si muore. Sono segnate a dito e risapute per nome, cognome e soprannome di famiglia le persone che non vanno in chiesa a santificare le domeni- che e ogni altra festa comandata. La campana chiama, più volte al giorno: per la messa mattutina, per la dottrina (prima di anda- re a scuola), le confessioni, per le varie funzioni, vesperi, rosario il mese di maggio, primi venerdì del mese, novene, quarant’ore. La canonica e l’asilo richiamano a loro volta al dovere dell’istruzione religiosa per ogni età. La canonica e l’asilo richiamano a loro volta al do- vere dell’istruzione religiosa per ogni età: inse- Scheda n° 5. 1. 4 Fig. 1 - L’osteria è il luogo dove si scambiano le notizie, si svolgo- no gli affari, si fa politica. La strada, la piazza, il pozzo, le osterie, il lavatoio Fig. 2 - Andare al pozzo o ai lavatoi sui roielli era per la donna una delle poche occasioni di socialità.

Transcript of Tradizioni - Il Progetto Integrato Cultura · lini sui giochi di carte, il ciabattare...

Trad

izio

ni

Progetto Integrato Cultura del Medio Friuli

Trad

izio

ni

Da un cortile all’altro, nel richiamo dei borghi, si snoda il paese, coi suoi fabbricati, spiazzi, siti più propriamente destinati alla socialità. Al pozzo, dove si va coi secchi di rame (cjaldîrs) appesi all’arconcello di legno (buinç) portato a spalle ad attingere l’acqua per gli usi domestici, si deve girare la ruota per pompare l’acqua lag-giù dalla falda e chi è più in forze sa che deve girare anche per chi è più traballante. Così, men-tre si gira la ruota, girano all’aria anche i saluti, con domande, risposte e qualche immancabile battuta sul tempo. Al pozzo con il buinç e cjaldîrs di ram ci vanno ri-gorosamente le donne. Si raccolgono, così come poi si sparpagliano, tutti i pettegolezzi (peteçs) del paese. Gli uomini attempati attendono sedu-ti sul clap il passaggio delle ragazze e chiedono da bere, nella siccitosa estate, immergendo nel secchio i fluttuanti mustacchi in un pulviscolo di frammenti del tabacco che essi abitualmente masticano (cjicâ) nelle loro lunghe giornate, così che l’acqua restante la berranno per questa volta le bestie della stalla e per i familiari bisognerà tornare, passo passo, al pozzo. Ma andare a poç è per le giovani quasi l’unico modo per evadere dalla segregazione della casa e del lavoro. In casa, per bere, si prende l’acqua dal secchio con il cop, anch’esso di rame. Lungo il paese scorrono i roielli, dove i bambi-ni e spesso le anatre sguazzano allegramente. Non ci si pone troppi problemi a bere da lì: “Ac-qua di fonte/la beve il serpente/la beve Dio/ e la bevo anch’io”, basta questa giaculatoria e non fa male... Almeno così si dice, finchè va. È diverso e più lungo il tempo trascorso ai lavatoi (sui lavadôrs), predisposti qua e là, marginali al paese, perché le donne vi risciacquino i panni di casa e, fra un tonfo e l’altro dei panni sul lava-toio o nell’acqua corrente, spruzzano via assieme ai zampilli e alle gocce anche confidenze, parole bisbigliate sul gorgoglio dell’acqua, da non rife-rire a nessuno, e perfino autentici pettegolezzi rigirati nell’aria e nell’acqua fra scoppi di risate improvvise che si alternano e disperdono per la campagna. La socialità maschile si rinnova e so-stiene invece nelle osterie, coi crocchi dei tavo-lini sui giochi di carte, il ciabattare dell’ostessa e qualche facezia dell’oste a ravvivare il chiacchie-riccio della clientela, un suono di fisarmonica nei giorni di festa ad accompagnare o a richiamare i sogni di gioventù e, nel Ventennio, il primo grac-chiare di una grande radio lassù a riversare nel-la penombra su tutta la compagnia la baldanza oratoria del duce. In osteria vanno gli uomini. Se la moglie va a prelevare il consorte, per l’ora tar-da e qualche bicchiere (tai) in eccedenza, il fatto viene rimarcato finchè campa. La piazza è il cuore del borgo. Lì si fa la sagra e lì si ferma la mietitrebbia (il bocjon), quan-

La strada, la piazza, il pozzo, le osterie, il lavatoio a cura di Ivano Urli

do si battono i grani. La piazza è per tutti. Con la chiesa nel mezzo. Socialità anche con Dio e coi Santi, presenti nei focolari di ognuno, ma che lì sono proprio di casa e affiancano il cam-mino della gente, quando si nasce e quando si muore. Sono segnate a dito e risapute per nome, cognome e soprannome di famiglia le persone che non vanno in chiesa a santificare le domeni-che e ogni altra festa comandata. La campana chiama, più volte al giorno: per la messa mattutina, per la dottrina (prima di anda-re a scuola), le confessioni, per le varie funzioni, vesperi, rosario il mese di maggio, primi venerdì del mese, novene, quarant’ore. La canonica e l’asilo richiamano a loro volta al dovere dell’istruzione religiosa per ogni età. La canonica e l’asilo richiamano a loro volta al do-vere dell’istruzione religiosa per ogni età: inse-

Scheda n° 5. 1. 4

Fig. 1 - L’osteria è il luogo dove si scambiano le notizie, si svolgo-no gli affari, si fa politica.

La s

trad

a, la

pia

zza,

il p

ozzo

, le

oste

rie, i

l lav

atoi

o

Fig. 2 - Andare al pozzo o ai lavatoi sui roielli era per la donna una delle poche occasioni di socialità.

Trad

izio

niTr

adiz

ioni

Progetto Integrato Cultura del Medio Friuli

Bibliografia• A. Nicoloso Ciceri, Tradizioni popolari in Friuli, (terza ed.) Udine: Chiandetti, 1992• A. Covazzi, Chei di simpri, Udine, Ribis, 1999• E. Marano, Memorie di un contadino friulano (trad. di Guido Sut e Doris D’Antoni), Pordenone, Biblioteca dell’immagine, 1999• I. Bortolotto, Ritais, ed. Comune di Castions di Strada, Giemme, 2001• G. P. Gri, Intorno al Friuli contadino, Montereale Valcellina: Circolo culturale Il Menocchio, 2002• R. Tirelli, 2002, Medio Friuli, Tricesimo, Vattori. • G. Marpillero, Essere di paese, Pordenone, Biblioteca dell’immagine, 2003• N. Martinuz, Il lavadôr di une volte, a Sclaunic, Las Rives, Tavagnacco, Arti Grafiche Friulane, 2003

Scheda n° 5. 1. 4

gnare il timor di Dio, secondo la traccia secolare del Concilio tridentino da mandare a memoria, è il pievano (siôr santul, siôr plevan), a anche il sagre-stano (muini), o più spesso il cappellano (con tutte le vocazioni religiose di quegli anni di fede e di miseria), aiutandosi, per gli allievi più giovani e re-calciranti, con qualche ceffone e anche vergata.

L’angolo della lingua friulana

• Il suono che troviamo in “sedia”, “sale”, “sole” (sibilante sordo) si scrive in friulano s, come in italiano. esempi: sivilot, sisile, seglot, lûs, bas, ros, capìs, stazion, paste, pueste, baston

• Questo suono sibilante sordo si scrive ss tra vocali: Esempi: pussibil, bussul, cosse, massarie, passon, passût, tasse, musse, pessut, messe, stesse

• Il suono sibilante sonoro (“rosa”, “mese”, “cosa”) si scrive s tra vocali e ‘s in principio di parola (sono pochi i casi). Esempi: 1. pesâ, muse, tasê, preseât, rose, adasi, cusî, asin, oresin, resint2. ‘Sese, ‘Sef, ‘seminari, ‘save

(OLF, Grafie uficiâl de lenghe furlane, 2002)

Per ricercare e approfondire• Informati su dove si trovavano i sueis (o sfueis) del tuo paese.• Localizza i pozzi storici del tuo territorio.• Informati sulla posizione dei lavatoi e sulla provenienza delle loro acque.• Disegna schematicaente una carta storica del tuo paese, localizzando i sueis, i pozzi e i lavatoi.• Informati su come sono cambiati negli anni i locali pubblici del tuo paese, quali erano le osterie storiche, quale insegna avevano, chi le gestiva.• La socialità delle osterie, la frequenza solo maschile, la separazione tra maschi e femmine anche in chiesa si verificano ancora o è un fatto del tutto superato? Come giudichi il cambiamento? Perché si è verificato, secondo te?

La s

trad

a, la

pia

zza,

il p

ozzo

, le

oste

rie, i

l lav

atoi

o

Fig. 3 - La piazza è utilizzata in epoca fascista per i saggi ginnici.

Fig. 4 - L’inaugurazione di una cooperativa nel primo Novecento.