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Comune di Milano - Sportello Agricoltura Via Larga, 12 - Milano [email protected] Servizio Agricoltura: 02 88462181 PERCORSO tra PIEVI e CASCINE VERSO NORD Attività Produttive, Politiche del Lavoro e dell’Occupazione PERCORSO tra PIEVI e CASCINE VERSO NORD

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Comune di Milano - Sportello Agricoltura Via Larga, 12 - Milano [email protected] Servizio Agricoltura: 02 88462181

PERCORSO

tra PIEVI e CASCINE

VERSO NORDAttività Produttive, Politiche del Lavoro e dell’Occupazione

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tra

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VI e CA

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NO

RD

Percorso tra Pievi e Cascine Verso Nord

Il sistema delle acque del Comune di MilanoVolume 2

Pubblicazione realizzata dal Comune di Milano

Assessore Attivit� ProduttivePolitiche del Lavoro e dellÕOccupazione:Giovanni Terzi

Direzione Centrale Attivit� Produttive,Politiche del Lavoro e dellÕOccupazione: Maria Teresa Broggini Moretto

Direzione Settore Imprese, Artigianato, Libere Professioni e Agricoltura: Francesca Feraboli

Simone Acetti, Nicol� Ciccarone, Silvia Gerosa

Tutti i diritti riservati

Finito di Stampare Gennaio 2010

[email protected]

Direzione Centrale Attivit� Produttive, Politiche del Lavoro e dellÕOccupazione

Settore Imprese, Artigianato, Libere Professioni e Agricoltura

Servizio Agricoltura: 02 884 67040

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Troppo spesso nell’immaginario comune si associano le atti-

vità agricole alla sola campagna, dimenticando, ad esempio,

che una città come Milano, vera e propria metropoli urbana

all’avanguardia, è il secondo comune agricolo italiano per

numero di imprese presenti sul territorio: 128 le aziende, di

cui 109 attive nel solo Comune di Milano, e circa 3.000 gli

ettari di terreno coltivabili.

Il primo importante obiettivo caro all’Amministrazione è quel-

lo di far conoscere ai milanesi stessi, ma non solo, il ruolo

che queste aziende svolgono per la conservazione del pa-

esaggio agricolo, dell’ambiente e dei beni culturali presenti.

Un vero e proprio giacimento culturale che rappresenta una

sorta di “Museo aperto e diffuso”: un sistema di luoghi dedi-

cato all’agricoltura, all’alimentazione, all’abitare e alla cura

del territorio. Tutto ciò significa un ripensamento degli spazi

per rendere competitiva con gli altri valori urbani una tradi-

zione così fortemente radicata.

I borghi rurali, infatti, rappresentano la memoria storica di

una città e, vantando un ruolo ambientale, promuovono an-

che una propria funzione socio-educativa, produttiva non-

ché culturale. L’agricoltura perirubana milanese ritrova nel

paesaggio il proprio driver: le marcite, i fontanili, le risaie,

alternate ai profili dei campanili, delle pievi e delle Abbazie

rappresentano, assieme ai palazzi, lo skyline di Milano.

L’obiettivo di questa pubblicazione è quella di far riscoprire

il paesaggio agricolo ai cittadini, attraverso un percorso cul-

turale che leghi la storia delle Chiese a quello delle aziende

agricole presenti e integrate con la città di Milano. I temi af-

PREFAZIONE

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frontati pongono il sistema delle acque e le imprese agricole

quali filo conduttore per coinvolgere i lettori verso uno sguar-

do del territorio complementare alla tradizionale realtà urba-

na, dove i paesaggi della cultura e dell’agricoltura rappre-

sentano un nuovo interesse nel contesto cittadino di Milano.

Giovanni Terzi

Assessore Attività Produttive,

Politiche del Lavoro e dell’Occupazione

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MILANO E IL SUO TERRITORIO:

UN PO’ DI STORIA

Premessa

Nel 2008 il Comune di Milano – Assessorato Attività Pro-

duttive – ha curato la pubblicazione “Percorso tra Pievi e

Cascine verso Sud”.

Quest’anno arriva il secondo volumetto “Percorso tra Pievi

e Cascine verso Nord”.

Al volume dell’anno scorso fu premesso un breve accenno

alla storia di Milano che comprendeva praticamente solo

cenni al periodo dal 300 al 600 d.C., e altri cenni ai Cister-

censi (San Bernardo a Milano nel 1135) e alla distruzione e

ricostruzione di Milano nell’epoca di Federico Barbarossa

(1123-1190).

Adesso conviene invece completare, sia pure in estrema

sintesi, i cenni sulla storia della nostra città.

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Giulio Cesare

(100-44 a.C.)

Busto della

Collezione Farnese

(Museo Archeologico

Nazionale Ð Napoli)

Il villaggio celtico

Nel 500 a.C., quando la Grecia era al suo massimo splen-dore e le più antiche civiltà della Mesopotamia e dell’Egitto avevano già dato i loro migliori frutti; quando Roma esisteva da almeno 200 anni, fu fondata Milano. Un piccolo borgo gallico o celtico (che sono sinonimi; come dice Giulio Cesare “qui ipsorum lingua celtae, nostra galli appellantur”). Aveva una qualche importanza sulle campagne e sui villaggi attorno tant’è che cominciò a battere moneta d’argento. La tribù che lo abitava, si definiva come il popolo degli Insubri; da allora Milano comincia il suo tumultuoso e ininterrotto svi-luppo che la vedrà nel 2015 sede dell’EXPO.La fondazione di Milano (MEDIOLANUM), secondo la leg-genda è opera di un capo celtico di nome Belloveso, che le diede il simbolo della scrofa “mediolanea” cioè “ricoperta di lana”.Fino al 222 a.C., Milano resta solo un borgo gallico di una certa importanza.

Il municipio romano

La conquista romana di Milano è del 222 a.C. e avviene ad opera delle legioni guidate dal Console Marcello dopo la bat-taglia di Casteggio. Milano diventa allora una tranquilla città romana di provincia, e continuerà ad esserlo fino all’89 a.C., quando tutto cam-bierà.Nell’89 a.C. per Milano inizia un periodo di grande sviluppo, a seguito della concessione della cittadinanza latina con la lex Pompeia. Quarant’anni dopo, Giulio Cesare - che durante le guerre galliche passava spesso da Milano - concede invece la pie-

Bassorilievo della

scrofa semilanuta

Palazzo del Broletto

in via Mercanti

Milano

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Terme romane

(sec. III)

Basilica di S. Lorenzo

Milano

Gian Lorenzo Bernini

Ratto di Proserpina

Particolare delle mani

di Plutone

(Roma, Galleria

Borghese,

1621-1622)

na cittadinanza romana a tutti i milanesi.In questo periodo si sviluppano l’artigianato e i commerci; la città viene arricchita di monumenti in pietra e in marmo, si costruisce il primo grande teatro e il primo grande circo (la toponomastica ancora dice “via Circo” e “via San Vittore al Teatro”).

Milano capitale dell’Impero

Nel I° secolo avanti Cristo e nel I° secolo dopo Cristo Milano cresce ancora.Non dimentichiamo che il poeta erotico Catullo (87-54 a.C.) era del Lago di Garda e l’immortale Virgilio, (70-19 a.C.) au-tore dell’Eneide (e guida di Dante nella Divina Commedia) era di Mantova e quindi entrambi furono di certo più volte a Milano. Nel secolo successivo Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) e Pli-nio il Giovane (61-113 d.C.), storici e scienziati, che erano di Como, vennero spessissimo a Milano.

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San Materno

Ciel dÕOro

La città è ricchissima; anche per questo dopo il 250 d.C. vie-ne attaccata due volte da incursioni barbariche di Alemanni. Nel 286 d.C. Milano diventa Capitale dell’Impero Romano: infatti l’Imperatore Diocleziano si associa al trono Massimia-no e stabilisce che l’Impero abbia due capitali, Bisanzio (più tardi Costantinopoli e ora Istanbul) per l’Oriente e Milano per l’Occidente.Milano è Capitale dell’Impero Romano d’Occidente, dal 286 d.C. al 402 d.C. e cioè per 116 anni.La notizia fondamentale di questo periodo, è la grande espansione e il totale rinnovamento edilizio della città, ad opera dell’Imperatore Diocleziano.

Milano cristiana

La leggenda, dice che San Barnaba discepolo di Paolo apo-stolo giungesse a Milano un tredici marzo e vicino all’attuale chiesa di Sant’Eustorgio piantasse in terra un bastone, stan-co del lungo viaggio.Il bastone prodigiosamente fiorì e ancor oggi a Milano il “tre-desin de marz” è la festa dei fiori, presagio di primavera.Con la croce Barnaba fece cadere un idolo e lasciò a Milano un suo compagno di viaggio, il greco Anatalo, che fondò la Chiesa a Milano e a Brescia.E’ per questo che ogni nuovo Arcivescovo di Milano prende possesso della sua città, entrando da Sant’Eustorgio.I dati storici cono il ritrovamento di cimiteri cristiani sia presso la attuale Basilica dei Re Magi (Sant’Eustorgio) sia nell’area della Basilica Ambrosiana (gli orti di Filippo e dei suoi figli Porzio e Fausta) sia in corso di Porta Romana presso la Ba-silica degli Apostoli (S. Nazaro). Dunque alla fine del primo secolo dopo Cristo a Milano viene certamente annunciato il cristianesimo dai primi “mis-sionari” greci, romani e siriaci: la tradizione ricorda i primi

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Statua di Costantino

davanti alla

Basilica di S. Lorenzo

Milano

Basilica

di S. Ambrogio

Cupola del sacello

dÕoro mosaico

vescovi Anatalo, Caio, Calimero e i primi martiri Gervaso, Protaso, Nazaro e Celso.

Nel 300 d.C. durante l’ultima persecuzione che vede i martiri Vittore, Nabore e Felice, tre soldati nordafricani. è vescovo della città San Materno, effigiato in un mosaico stupendo che c’è ancora nella cappella di San Vittore in ciel d’oro in Basili-ca di Sant’Ambrogio. Qui il mosaico ritrae il Vescovo Materno fra Nabore e Felice; Ambrogio tra Gervasio e Protasio (i cui corpi riportò alla luce) e sulla cupola “in ciel d’oro” il martire Vittore, come abbiamo detto un extracomunitario di allora. In quest’epoca viene costruito il palazzo imperiale (ricordia-mo in Via Torino la Chiesa di San Giorgio “al Palazzo”). Nel 313 d.C. Costantino successore di Diocleziano, con il provvedimento noto in tutto il mondo come “Editto di Milano”, dà la libertà di religione ai cristiani. Vengono costruite dai successori di Materno, i vescovi Mirocle, Eustorgio I e Dionigi, le prime basiliche, la Vetus (Sant’Eustorgio o Basilica dei Re Magi), la Porziana (San Lorenzo alle Colonne) e la Nova Major intramurana sotto il Duomo attuale. Nel 355 d.C. si afferma a Milano l’eresia aria-na: viene deportato in Armenia il vescovo cattolico Dionigi e

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viene eletto un ariano, il vescovo Aussenzio di Cappadocia (Turchia attuale) che morirà nel 374 d.C.

Aurelio Ambrogio

Alla morte del Vescovo ariano Aussenzio, era prefetto della Lombardia e della Liguria, con un territorio che andava dalle Alpi a Bologna il trentaquattrenne Aurelio Ambrogio, figlio di una grande, ricca e potente famiglia di Roma, uomo brillante e di grande cultura. Era nato nel 340 d.C. a Treviri in Germania, giacchè suo pa-dre ne era all’epoca, Prefetto.Compì poi tutti i suoi studi a Roma dove studiarono pure suo fratello minore Uranio Satiro e sua sorella maggiore Marcellina.

Colonnato Basilica

di San Lorenzo

Milano

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Mappa di Milano Il padre fù battezzato in punto di morte, la madre era cristia-na, la sorella era monaca, ma i due fratelli Aurelio Ambrogio e Uranio Satiro non avevano neanche ricevuto il battesimo.Il Prefetto Aurelio Ambrogio ritenne suo dovere recarsi a se-dare i tumulti e le liti fra cattolici e ariani; parlò così bene, esortando alla pacificazione e alla concordia che tutti, catto-lici e ariani lo acclamarono unanimemente Vescovo.Contrariato non volle accettare e fuggì (sulla mula bianca

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nella nebbia di ottobre); ma poi spinto anche dall’Imperatore Valentiniano, infine accettò.A fine ottobre iniziò una “full immersion”, diremmo oggi, di ca-techismo con il prete cattolico Simpliciano; superati gli esami (allora si chiamavano scrutini) fu battezzato il 30.11.374 d.C. e consacrato vescovo sette giorni dopo il 7.12.374 da S. Li-menio vescovo di Vercelli.Governò la chiesa di Milano per 23 anni fino alla sua morte nella Pasqua del 397 che quell’anno era il 4 aprile.Non è qui la sede per ricordare l’opera gigantesca di Am-brogio, santo, vescovo, teologo, uomo politico (fu consiglie-re autorevole di quattro imperatori) poeta, musico, scrittore, maestro del grande filosofo Sant’ Agostino. La sua perso-nalità gigantesca illumina tuttora Milano e la sua storia, la chiesa d’oriente e la chiesa cattolica d’occidente.Egli costruì quattro Basiliche: la prima in città: è la Basili-ca degli Apostoli e di San Nazaro Maggiore sulla strada per Roma (oggi Corso di Porta Romana) e le altre tre fuori città, la Basilica dei Martiri (oggi S. Ambrogio) negli orti di Fausta; la Basilica delle Vergini (oggi San Simpliciano) con il mo-nastero retto da sua sorella Marcellina, fuori le mura sulla strada per Como e la Basilica dei Patriarchi e dei Profeti di Israele fuori della porta sulla strada per Brescia e Aquileia (Venezia non c’era ancora).Ambrogio osservava personalmente e raccomandava ai fe-deli i digiuni prescritti e cioè le vigilie delle grandi feste e la quaresima.Però il digiuno di allora, che nella quaresima era di cinque giorni alla settimana, non digiunandosi mai al sabato, per riguardo al popolo ebraico, nè alla domenica, giorno della re-surrezione di Gesù, era diverso da quello che noi pensiamo (e molto simile al Ramadan dei Musulmani di oggi)Infatti secondo l’insegnamento di Ambrogio e di altri Santi Padri, si poteva prendere un pò di cibo prima del sorgere del sole e l’unico pasto completo della giornata, era al tramonto

S. Ambrogio

(1593-1670), 1623

Minneapolis Institute

of Arts

Ritratto Autentico di

S. Ambrogio

Basilica di

S. Ambrogio - Milano

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dopo aver cantato la preghiera del Vespero.Ambrogio fu acerrimo nemico degli usurpatori Eugenio e Massimiano; fu invece vero amico dell’Imperatore Teodo-sio anche se lo scacciò dalla chiesa dopo la strage di Sa-lonicco e lo riammise solo al termine della penitenza che gli aveva imposto.Fu anche un grande viaggiatore: andò a Sirmio nell’odierna Ungheria per presiedervi un sinodo di vescovi; fu a Roma dal Papa, fu a lungo a Firenze e a Bologna dove consacrò nuove basiliche.

Le invasioni barbariche

Morto nel 397 Sant’Ambrogio, Milano fu ancora capitale dell’impero fino al 402 quando, morto anche il successore di Ambrogio, Simpliciano ed eletto Vescovo San Venerio, Stili-cone grande generale barbaro al servizio dell’impero roma-no e tutore del piccolo imperatore Onorio (fratello di Galla Placidia) di fronte ai frequenti attacchi dei barbari non ritenne più sicura Milano per la corte imperiale e preferì trasferire la capitale dell’impero di occidente a Ravenna che appariva più sicura sia per i canali di cui era allora circondata, come Venezia oggi, sia per il porto di Classe che facilitava le co-municazioni con Costantinopoli.Mentre Galla Placidia fu una donna di grande rilevanza po-litica, suo fratello Onorio è ritenuto dagli storici un perso-naggio modestissimo: lasciava infatti la cura della politica alla sua corte, e si occupava unicamente di pollame.Nel 450 d.c. a Milano passa Attila con la sua orda di Unni. Assedia la città che dopo poco si arrende. Così il Re barbaro distrugge la cattedrale (la vecchia Nova Major intramurana) e poco più.

Galla Placidia,

madre di

Moneta AD 425

Aquileia

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e poi si ritira.I milanesi riparano i pochi danni e nel 453 il Vescovo S. Eu-sebio consacra alla terza domenica di ottobre, la nuova cat-tedrale riedificata.Nasce così, e la si celebra ancora oggi, alla terza domenica di ottobre la festa della dedicazione del Duomo.Nel 539 l’orda degli Ostrogoti comandati dal ferocissimo generale Uraia è alle porte: attacca Milano, la conquista e per punire i milanesi dall’eroico tentativo di resistenza, rade praticamente al suolo la città con i suoi palazzi, chiese e monumenti. I milanesi si rifugiano fuori porta, nei villaggi cresciuti vicino ai “Corpi Santi” e da lì ricominciano lentamente a ricostruire la loro amata città.Ci vuole una generazione a ricostruire Milano continuando nel frattempo nell’agricoltura, nell’allevamento, nell’artigia-nato e nei commerci, per vivere.

I longobardi e la commorazione genovese

La ricostruzione è quasi completata quando i messaggeri trafelati arrivano e riferiscono che i Longobardi sono entrati a Cividale del Friuli e stanno dilagando nella pianura padana. Quasi tutti i milanesi si riuniscono in assemblea con l’Arci-vescovo Onorato e disperati, con nel cuore il ricordo della distruzione fatta quarant’anni prima dagli Ostrogoti, decido-no di scappare a Genova, terra allora dominata dai bizantini dell’impero romano d’oriente che avevano una forza militare in grado di fermare i barbari. In città restano i meno abbienti con i sacerdoti così detti “decumani” incaricati dall’Arcivescovo della cura spirituale dei rimasti: ricordando quello che era successo con Ura-ia, i milanesi rimasti aprono le porte ai Longobardi che – non avendo trovato resistenza – si limitano a saccheggiare

Attila

Gallina con sei

pulcini in argento

dorato

Opera longobarda

Monza

Museo del Duomo

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chiese e palazzi senza distruggere la città.Tra l’altro Milano non piace ai Longobardi che fissano infatti la loro capitale a Pavia e - molti decenni dopo all’epoca della Regina Teodolinda - a Monza.Con i matrimoni misti tra Galli e Romani e Longobardi nasce il nuovo popolo: i Lombardi. Intanto a Genova per più di due generazioni i milanesi im-parano il greco, si perfezionano nel commercio e – diremmo oggi – nella finanza: questo li porterà ad essere nei secoli successivi (insieme ai fiorentini) fra i primi banchieri: non per nulla a Londra la prima via delle banche si è chiamata “Lom-bard Street”.Nel 645 viene eletto arcivescovo di Milano un genovese. Gio-vanni di Recco (poi San Giovanni “il Buono”).Costui esorta i milanesi a ritornare nella loro città, ormai i longobardi sono pacifici e i bizantini si sono ritirati da Ge-nova; e così i milanesi nel 650 rientrano ponendo fine alla “commorazione genovese”, durata circa settant’anni.I milanesi riprendono possesso delle loro case e dei loro terreni e dal 650 inizia per la città un vero e proprio boom economico, culturale, artistico che non avrà soste fino al 1162 quando Federico Barbarossa attaccherà Milano e poi la distruggerà.La città si espande, vengono realizzati con grande successo i corsi d’acqua artificiali (i primi navigli) si costruiscono nuove basiliche in città e nelle pievi, si restaurano quelle antiche.

Le pievi

Ricordiamo che il cristianesimo prese piede dapprima in cit-tà, poi nei centri maggiori e molto più tardi nei villaggi (in latino “pagi” da cui “pagani” quelli che, non avendo ancora abbracciato il cristianesimo, seguivano le antiche religioni). All’inizio la liturgia cristiana si celebrava solo in città e con la

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presidenza o la partecipazione del Vescovo: fino all’editto di Milano del 313 nei “Corpi Santi” e cioè gli orti suburbani con le sepolture dei martiri; poi nelle basiliche costruite in città prima di Ambrogio o da Ambrogio.Già però sul finire del IV secolo nascono le prime chiese rurali, Corbetta, Missaglia, Arcisate, Varese. Duecento anni dopo nel 580/600 e cioè sul finire del sesto secolo le “pievi” sono molto più numerose: fra le nuove, Civate, Castelseprio, Arsago e Monza, sono destinate ad avere grande rilievo.

La “Pieve” è una insigne chiesa rurale nella quale convergono per le liturgie e i sacramenti i fedeli dei pa-esi vicini minori che comin-ceranno a diventare sede di “parrocchie” solo verso il mille dopo Cristo.I Longobardi già cristiani ma seguaci della eresia ariana lentamente si con-

Abbazia romanica

di San Pietro

al Monte

Civate (LC)

La Regina

Teodolinda

Ciclo di affreschi

della famiglia

Zavattari

Cappella di Teodolinda

Duomo di Monza

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vertono al cattolicesimo; l’operazione si completerà per meri-to del Papa San Gregorio il grande (540/604) e della Regina Teodolinda a Monza.A cavallo del 700 Milano è governata per quasi cinquant’anni da un grande Arcivescovo, San Benedetto da Milano di cui lo storico longobardo Paolo Diacono tesse grandi lodi; poi nel 740 l’episcopato di San Natale primo Vescovo longobardo segna la piena integrazione fra le diverse comunità.

Il sacro romano impero

La guerra dei Franchi contro i Longobardi che tennero sem-pre la loro capitale a Pavia non crea gravi problemi a Milano e al suo territorio; Carlo Magno è accolto con amicizia.Sotto il Sacro Romano Impero, Milano continua a prospera-re, si sviluppa sempre di più.Ogni tanto ci sono lotte intestine tra i milanesi; ogni tanto dure contrapposizioni tra l’Arcivescovo di Milano, che difende le proprie autonomie non solo rituali ma anche disciplinari, e il Papa di Roma (basti ricordare che fin dopo il 1000 il clero

LÕincoronazione di

Carlo Magno

Raffello Sanzio

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minore a Milano come nelle chiese d’oriente era coniugato e il celibato era riservato ai monaci e facoltativo per i sacer-doti).E che l’Arcivescovo di Milano veniva eletto non più dal popolo (come all’epoca di S. Ambrogio), ma dai “Cardinali di Milano” che erano il così detto “Clero Maggiore dei Canonici ordina-ri della Cattedrale Metropolitana di Milano” e nel loro seno (oggi sono “i monsignori del Duomo”).

Le uniche ostilità fra i milanesi e Carlo Magno hanno per oggetto il rito ambrosiano che Carlo voleva sopprimere per unificare tutto l’occidente con il rito romano e il canto gre-goriano; ma alla fine i milanesi ricorsero al Papa Adriano I e l’ebbero vinta: il rito e il canto ambrosiano sussistono in modo vivacissimo ancora oggi e la chiesa di Milano è ponte tra l’occidente e le chiese di oriente con le quali il rito ambro-siano ha tanto in comune.Recenti studi hanno dimostrato che nel nono secolo a Sant’Ambrogio si celebrava ancora spesso in greco.

Le lotte contro l’Impero

Uno dei più grandi arcivescovi dopo il mille, fu Ariberto da Intimiano, vescovo dal 1018 al 1045 quando morì.Fu oltre che vescovo piissimo, il vero Signore di Milano, il grande costruttore di chiese, il comandante militare che con-solidò la signoria e l’indipendenza di Milano, E’ celebre il carroccio trainato da coppie di buoi bianchi sul quale stava l’arcivescovo al comando delle truppe con il gonfalone di S. Ambrogio: divenne il simbolo della nostra città.I viaggiatori e gli scrittori descrivono stupefatti le meraviglie di arte, di cultura, di vita sociale, di lavoro, di chiese, di mona-steri, di corsi d’acqua, di agricoltura di Milano e dei sobborghi.Nel 1135 a sedare alcune lotte intestine fra milanesi, viene

dellÕArcivescovo

Ariberto da Intimiano

Duomo di Milano

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mandato dal Papa a Milano il monaco Bernardo di Clairvaux (Chiaravalle) in Savoia che nell’abbazia di Citeaux (Cister-cio) aveva avviato la riforma dell’ordine benedettino, detta appunto “cistercense”.Per San Bernardo è un trionfo: i milanesi lo ascoltano, lo seguono, lo venerano, fanno pace tra di loro e con il Papa di Roma, iniziano a costruire l’abbazia di Chiaravalle per i suoi monaci “i cistercensi”.E il dono di Bernardo e dei suoi monaci a Milano non è solo spirituale: è anche la grande riforma agricola con i canali e il razionale sfruttamento dei fontanili, nuovi sistemi di irriga-zione, le “marcite” che consentono la produzione di foraggio anche d’inverno e potenziano l’allevamento bovino, le nuove culture.Mentre i benedettini (tradizionali) il cui principale monaste-ro era presso la Basilica di S. Ambrogio nella sede attua-

San Marchetto

esempio di connubio

tra architettura ed

agricoltura

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le dell’Università Cattolica, curavano oltre alla preghiera, la cultura classica, i riformati (cistercensi) hanno radicalmente rivoluzionato l’agricoltura in un modo che in parte dura ancor oggi.

Il Barbarossa:distruzione e rivincita a Legnano

Milano intanto si consolida anche politicamente, estende la sua autorità sulle città vicine, si dichiara indipendente dall’Impero, tiene finalmente buoni rapporti con il Papato (è abolito il matrimonio del clero e d’ora in poi l’arcivescovo è ordinariamente nominato dal Papa).L’unica città che contrasta Milano è Como, fedele all’impera-

Bozzetto per la

ricostruzione del

Carroccio del 1928,

dipinto da R. Meacci

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tore e feroci sono talvolta le lotte tra Milano e Como (“l’arcive-scovo di Milano Giordano da Clivio nel 1112 entrato con terri-bile esercito in Como la incendiò” dice un antico documento).Ma la potenza e la prosperità di Milano suscitano l’invidia dell’Imperatore Federico I Barbarossa che intima alla città di sottomettersi e di fronte al rifiuto la assedia, la espugna e la distrugge nel 1162.È la seconda grave distruzione di Milano dopo quella dell’ostrogoto Uraia. Nel 1162 dunque Federico Barbarossa vuole ai suoi piedi gli stendardi di Milano, taglia il vessillo del Comune, fa abbattere le torri (ricordate Giosuè Carducci “ad una ad una, crosciar vedemmo le trecento torri: la domenica triste degli ulivi, ahi passion di Cristo e di Milano”).I milanesi vanno in esilio questa volta prendendo alloggio nei sobborghi detti “Corpi Santi” (che verranno poi uniti al Comune di Milano nel 1923).E’ l’epoca di Alberto di Giussano che anima lo spirito di ri-vincita.Il Papa nomina arcivescovo San Galdino.Il Papa era Alessandro III, grande avversario dell’imperatore.Nei dieci anni successivi sotto la guida di San Galdino, Mi-lano risorge e si ricostruisce, rinasce la Lega Lombarda, e il popolo si prepara alla nuova battaglia contro l’imperatore.

Il 29 maggio 1176, (un mese dopo la morte improvvisa di San Galdino) l’esercito della Lega Lombarda sconfigge, di-rei annienta, nella gloriosa battaglia di Legnano, l’esercito imperiale.Questa vittoria, viene dai milanesi attribuita alla protezione dei Santi Sisinio, Martirio e Alessandro, martiri uccisi in Val di Non dai pagani, alla fine del IV secolo. Erano greci, facevano parte del clero di Milano e li aveva inviati Ambrogio come missionari, tra i pagani del Trentino. I loro corpi sono a Milano nella basili-ca delle Vergini – San Simpliciano (Corso Garibaldi).

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Il “rinascimento” di Milano

Milano rifiorisce per le industrie, i commerci e l’agricoltura; e per le lotte intestine, i milanesi decidono di affidare il gover-no ad un Podestà. In pratica il governo della città fu tenuto dagli arcivescovi fino alla vittoria sul Barbarossa, poi per altri cento anni dai Podestà elettivi, e infine dal 1277, dai Visconti divenuti Signori di Milano.Lo scrittore Bonvesin de la Riva descrive Milano come la più grande meraviglia del mondo, per il fervore delle industrie e del commercio, della agricoltura, della cultura e dell’econo-mia: dice anche che Milano aveva 200 chiese, 14 monasteri, 120 avvocati, 150 notai, 28 medici semplici, 150 medici chirurghi, 10 ospedali aperti gra-tuitamente anche a tutti i poveri; 70 maestri, 80 professori “e 14 maestri di canto ambrosiano”.Il governo dei Visconti nella prima metà del 1300 è contra-stato dai Torriani; così fino agli inizi del 1400 abbiamo gover-natori (duchi) e arcivescovi a volte legati ai Visconti, a volte legati ai Torriani.

Il Duomo

Nel 1386 la città era così ricca che il Duca Azzone Visconti, d’intesa con l’arcivescovo Antonio da Saluzzo, decise di co-struire una nuova cattedrale, distruggendo la vecchia.La lapide della prima pietra che ancora si legge in Duomo dice “El principio dil Domo di Milano fu nel anno 1386”.I marmi di Candoglia, vengono dal lago Maggiore trasportati attraverso il lago, il Ticino, il naviglio fino a Via Laghetto dove vengono scaricati. I milanesi dedicarono risorse infinite alla costruzione del Duomo: il suo altar maggiore fu consacrato da Papa Martino V, la terza domenica di ottobre del 1418 e tutto il Duomo fu

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consacrato da San Carlo la terza domenica di ottobre del 1577. Così il Duomo è il simbolo di Milano.La Signoria degli Sforza inizia con Francesco Sforza e fini-sce con Ludovico il Moro e suo figlio.Sono anni di ulteriore prosperità, il Duca fonda il nuovo Ospedale Maggiore, la città prospera sempre di più, Ludovi-co il Moro chiama a Milano Leonardo da Vinci che, tra l’altro implementa la rete dei navigli a partire dal 1482.

Milano spagnolaS. Carlo e Federico Borromeo

Il figlio di Ludovico il Moro l’insignificante Duca Francesco II Sforza, cedette nel 1519 il Ducato all’Imperatore di Spagna Carlo V.Il 7 febbraio 1560, lo zio Papa Pio IV (De Medici), nomina arcivescovo di Milano il giovanissimo nipote Carlo Borromeo appena ventiduenne.Con lui la chiesa milanese e in realtà tutta la chiesa cattolica risorgerà applicando contro la riforma protestante, i decreti del Concilio di Trento e San Carlo Borromeo (1538/1584) illumine-rà la chiesa ambrosiana di nuova santità, lasciando una trac-cia che dura ancor oggi, pur essendo egli morto a soli 46 anni. Fra le gigantesche opere del periodo spagnolo, mi piace ricor-dare le mura spagnole, che il Comune di Milano sta comin-ciando a restaurare.Due volte la peste devasta Milano una all’epoca di San Carlo e la seconda nel 1628 (Promessi Sposi) all’epoca di Federico Borromeo cugino di Carlo e lui pure arcivescovo di Milano.Federico Borromeo fonda anche la Biblioteca Ambrosiana isti-tuzione tuttora vivacissima con un rilievo internazionale.Dagli scritti di Giuseppe Ripamonti e dal romanzo i Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, veniamo a conoscere le gravi carestie che di tanto in tanto colpirono Milano e la Lombardia;

Leonardo

Autoritratto

Codice Atlantico

Biblioteca Ambrosiana

Milano

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in quelle occasioni era difficile per i poveri anche solo soprav-vivere fra un raccolto e l’altro.Il modo di cibarsi dei poveri però, a partire dal 1500, cominciò a mutare per l’introduzione del riso, dei fagioli, delle patate e del granoturco.Infatti è da quest’epoca che soprattutto la bassa milanese e la città di Milano, vedono il riso diventare una delle componenti primarie della propria alimentazione; che il frumento viene de-stinato prevalentemente al pane e alla farina con cui si fanno le prime paste, mentre le polente – dieta quotidiana soprattut-to per i poveri – sono di farina di granoturco.Anzi anche il pane per i poveri è spesso il “pane giallo” fatto con farina di granoturco.Le patate e i fagioli salvarono dalla morte per fame in questi secoli, le popolazioni dell’odierna Germania, e similmente, fu-rono il sostegno delle popolazioni lombarde, sia delle zone alpine e prealpine che della pianura padana.Nel corso del 1500 a seguito del Concilio di Trento, la chiesa ambrosiana si munisce di una più precisa regolamentazione delle parrocchie.Le parrocchie urbane, cioè quelle entro la cinta delle mura spagnole, sono rette da un Prevosto con insegne simili a quel-le dei “senatori” e cioè il rocchetto bianco, la cappamagna vio-lacea e la pelle di ermellino.Il forese viene invece così regolamentato: per ogni zona vi è la parrocchia principale, l’antica Pieve (e per molti secoli l’unica battesimale) che diventa sede del Prevosto Vicario fo-raneo con tutti i privilegi dei Prevosti di Milano e con in più la delega di Vicario del Vescovo per la zona; le altre parrocchie fuori Milano, sono le cosiddette “parrocchie minori” rette dal “Signor Curato” di manzoniana memoria. Questa suddivisione è durata fino a circa 40 anni fa e sarà molto utile per deter-minare l’annessione ecclesiastica di singole parrocchie dei “Corpi Santi” alla città di Milano anche indipendentemente dall’annessione civile.

Federico Borromeo,

Biblioteca

Ambrosiana, Milano

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Milano austriaca: il buon governo

Dal 1706 il Ducato di Milano passa dagli spagnoli all’Impero Austro Ungarico. E’ un’ epoca di grande prosperità che dura quasi un secolo, essendo dapprima Imperatrice Maria Teresa poi il figlio Giu-seppe II°.Maria Teresa fra le altre grandi iniziative, fonda la Cassa di RisparmioGiuseppe II, unifica tutti i comuni della cinta suburbana, che erano autonomi e corrispondevano grossomodo alle circoscri-zioni parrocchiali, in un unico “mega comune circolare” che si chiama appunto “il Comune dei Corpi Santi” e che con mo-dernità sorprendente viene suddiviso (oggi si parlerebbe di decentramento) in zone: “zona dei “Corpi Santi fuori di porta orientale”, “zona dei Corpi Santi fuori di Porta Romana” ecc.Della Chiesa di Milano vale la pena di ricordare in questo secolo due arcivescovi:- il Cardinale Benedetto Erba Odescalchi (vescovo dal

1712 al 1727) grande apostolo della istruzione e cateche si del popolo.

- il grande Cardinale arcivescovo Giuseppe Pozzobonelli (vescovo dal 1743 al 1783) che resse la Diocesi per quasi mezzo secolo (come già l’Arcivescovo San Benedetto circa mille anni prima dell’epoca Longobarda). Fu un grande e santo pastore per il suo popolo.

La invasione francese e poi la restaurazione del buon governo

Dopo le infauste vicende del dominio Francese, cui va attri-buita la spogliazione di Milano da tanti tesori sia artistici che non, in un clima di rapina ben evidenziato da Giuseppe Pari-ni quasi morente e pentitissimo di aver politicamente favorito

Insegne del Prevosto

di rito ambrosiano:

rocchetto di pizzo

cappa magna

con ermellino

ritratto di

Maria Teresa dÕAustria

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la venuta dei Francesi (“predaro i filistei l’arca di Dio”), Milano riprende a respirare con la restaurazione nel 1810.In questo periodo, il grande arcivescovo Cardinale Carlo Ga-etano Gaysruck eleva a prepositure urbane molte parrocchie dei “Corpi Santi”, anticipando di oltre trenta anni la forma-le annessione del Comune dei “Corpi Santi” al Comune di Milano compiuta su un piano civile nell’anno 1873 con Re-gio Decreto di Vittorio Emanuele II di Savoia (Regio Decreto 8.06.1873).Si sviluppano oltre all’agricoltura le prime industrie di tra-sformazione dei prodotti agricoli. Alessandro Manzoni scrive “Fermo e Lucia” che diventerà poi “I Promessi sposi”.La vita stessa di Manzoni è lo specchio di quest’epoca e merita di essere studiata in altra sede: ateismo, conversione al cattolicesimo, idea di patria, poesia, teatro e saggistica, oltre al romanzo.

Immagine a destra

Giuseppe Molteni:

Ritratto di

Alessandro Manzoni

1835

Immagine a sinistra

Cardinale Carlo

Gaetano Gaysruck

(quadreria Arcivesco-

vado di Milano)

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Il periodo “risorgimentale”

Nel 1848, ci sono le cinque giornate a marzo; è la rivolta po-polare contro gli austriaci, al momento appoggiata in pieno anche dall’arcivescovo Romilli che probabilmente non si ren-deva conto della portata dei suoi atteggiamenti. Ma, passata l’euforia delle cinque giornate, il risorgimento fu per Milano nella sostanza assai deludente: la miseria peggiorò, la sco-larità diminuì e si cominciò a dire “si stava meglio quando si stava peggio”.Dieci anni dopo dunque, nel 1859, la Lombardia viene unita al Piemonte e nel 1861 viene proclamata l’unità d’Italia sotto casa Savoia. Nel 1870 Roma viene occupata dalle truppe italiane e torna ad essere definitivamente capitale d’Italia, dopo Firenze e Torino.Al di là della retorica patriottica, di cui in parte sono ancora piene le nostre scuole, va ricordato che nel Regno d’Italia il diritto di voto spettava solo ai ricchi e che il voto a tutti “il suf-fragio universale” fu dato solo da Giolitti nel 1913, consenten-do finalmente ai cattolici e ai socialisti di incidere attivamente nella vita politica italiana, indipendentemente dalla ricchez-za personale “il censo” che solo permetteva – nel cosiddetto glorioso risorgimento – di essere eletti e elettori.Prima durante e dopo il Risorgimento, nelle aree periferiche di Milano segue l’industrializzazione, in precedenza limitata alle sole filande e alle produzioni agro-alimentari.

Nel 1898 le cannonate del governo italiano (Comandante della Piazza il Generale Bava Beccaris) contro i lavoratori, i Frati cappuccini di Monforte (ora Viale Piave) e Don Alber-tario, che erano alla guida degli scioperi (con l’approvazione tacita del Beato Cardinale Andrea Carlo Ferrari) danno la misura dell’incremento della industrializzazione medesima e della gravità della crisi del proletariato urbano e suburbano.Non per nulla, la guida del Comune di Milano nell’Italia unita

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fu sempre appannaggio di socialisti illuminati, sempre in po-lemica col Governo centrale dei Savoia.In questo clima maturò purtroppo anche l’assassinio a Mon-za del Re Umberto I il 29 luglio 1900 ad opera di Gaetano Bresci, esponente anarchico.La pace sociale si ebbe in realtà solo con i Governi Giolitti del 1900, in pratica nel decennio che va dal 1903 al 1913. Solo a Giovanni Giolitti (1842/1928) va riconosciuto il merito di aver fatto l’Italia e gli italiani, non solo per il suffragio universale ma anche per l’opera tesa a favorire lo sviluppo economico, pur difendendo i lavoratori, aprendo a cattolici e socialisti e in genere rilanciando l’immagine dell’Italia. Ma poi contro il parere di Giolitti, venne la prima Guerra mondiale con i lutti, e la miseria conseguente.Dal 1894 al 1922 è arcivescovo di Milano il beato Cardinale Andrea Carlo Ferrari.Dopo la sua morte per breve periodo è arcivescovo Achille Ratti di Desio che diventa Papa Pio XI (dal 1922 al 1939).

Il periodo fascista

Benito Mussolini prese il potere nell’ottobre 1922 e nel 1923 (chiara testimonianza della profonda conoscenza di Milano che Mussolini aveva per esservi vissuto molti anni) il Go-verno prende due provvedimenti che cambieranno la faccia della città.Il primo, è con Regio Decreto 02.09.1923 l’accorpamento al Comune di Milano dei 12 Comuni limitrofi, costituenti in pratica “i Nuovi Corpi Santi” (dopo quelli già uniti a Milano da Vittorio Emanuele II), il secondo è il piano regolatore di Milano.Già nel 1905 era stato unito a Milano il Comune di Greco; nel 1917 Turro; nel 1925 lo sarà Morsenchio. I 12 uniti nel 1923 sono: Affori, Baggio, Chiaravalle, Crescenzago, Gorla, Precot-to, Greco, Lambrate, Musocco, Niguarda, Trenno, Vigentino.

Schuster

consacrato vescovo di

Milano da Pio XI

nel 1929 nella

Cappella Sistina

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Va tenuto presente che, quello che noi oggi chiamiamo il centro di Milano all’interno della cerchia dei navigli, era in gran parte costituito da abitazioni misere e antigieniche, oggi si direbbe peggio che da terzo mondo.Il nuovo piano regolatore prevede la completa riqualificazio-ne sia del centro urbano, che delle zone delle mura spagno-le, che dei “nuovi Corpi Santi” testè uniti alla città.E’ da qui che Milano comincia ad assumere l’aspetto di oggi.Certamente è un peccato la quasi totale copertura dei navi-gli, sempre conseguente a questo piano regolatore.Dopo gli anni del “consenso” verso il fascismo culminati nell’impresa di Abissinia (L’Etiopia) del 1936, la degenera-zione totale del fascismo si evidenzia nelle leggi razziali del 1938 e nell’entrata nella II guerra mondiale al fianco della Germania e del Giappone.Cinque anni di orribili stragi, Milano spesso bombardata, la figura ieratica del Beato Arcivescovo Cardinale Ildefonso Schuster sempre presente nei luoghi del dolore.

Il dopoguerra

L’occupazione tedesca, le formazioni partigiane di resisten-za e infine la libertà con la fine della guerra il 25 aprile 1945. Nasce la nuova Italia che nel 1946 sceglie la Repubblica e nel 1948 adotta la nuova costituzione.Schuster muore nel 1954 e gli succede Giovanni Battista Montini che diventerà poi Papa Paolo VI; il secondo Papa proveniente da Milano nel ventesimo secolo.Il primo era stato, come detto sopra, Achille Ratti di Desio, dottore dell’Ambrosiana e Arcivescovo di Milano per pochi mesi nel 1922.Dopo la II Guerra mondiale, lo sviluppo frenetico fine anni 1950 e anni 1960, cancella gran parte della ruralità tradizio-nalmente rimasta nei Comuni aggregati nel 1923; e questo

Il beato

Card. Ildefonso

Schuster,

Arcivescovo di Milano

S.E. il Card.

Giovanni Battista

Montini

di Brescia

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sia sotto il profilo dell’edilizia residenziale, che sotto il profilo delle zone industriali.Tuttavia ancor oggi in città rimangono numerose aziende agricole che si dedicano sia all’allevamento del bestiame (bovini, suini,pollame) sia all’equitazione; ed anche a una molto estesa cultura del riso, di altri cereali, di ortaggi.Nella periferie nord di Milano permane invece una forte vo-cazione all’attività floro-vivaistica.L’auspicio è che i milanesi abbiano a coscientizzarsi di que-sta realtà e a valorizzarla sempre di più.

Così come, sia con questo volumetto che con il precedente, intendiamo offrire a tutti un po’ di conoscenza della storia della nostra città e delle bellezze e tradizioni delle nostre periferie, gli antichi “Corpi Santi”. Il Card. Montini

in S.Carlo Lazzaretto

06/11/1959

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MILANO E L’ACQUA

L’acqua, ed in particolar modo le vie d’acqua, rappresentano sicuramente una delle risorse più importanti che hanno con-tribuito a rendere Milano unica.Navigli, canali, rogge, fontanili, fiumi e torrenti, molti esisten-ti, parecchi spariti, quasi tutti coperti per far spazio alle stra-de, furono sicuramente fin dall’epoca romana i propulsori di uno sviluppo straordinario raggiunto mediante la genialità milanese.

Sostanzialmente, così come riportato da Giacomo Bascapè nel libro “Il Naviglio di Milano”, la storia del regime delle ac-que lombarde viene divisa in tre periodi.Il primo è il Periodo dell’alto medioevo (VII – X secolo) nel quale si può dire che non vi fosse alcuna regolamentazio-ne delle acque. I fiumi ed i torrenti, per mancanza di argini, straripavano di continuo, rovinando le campagne. L’uso delle acque era considerata una regalia che veniva concessa dal principe ai potenti, laici ed ecclesiastici, senza che nessuno provvedesse a regolare i fiumi secondo criteri d’utilità collet-tiva. I privati, dopo aver preso legalmente od abusivamente quanto soddisfaceva alle proprie necessità, abbandonavano le acque al loro corso inferiore, causando così l’impaludi-mento o l’aridità di fertili zone.

Al primo periodo succedette il Periodo delle grandi aziende

agricole, (XI - XII secolo) per lo più monastiche, tra cui spic-ca quella dei Frati Cistercensi. Essi fecero coltivare estesi territori, bonificandoli ed irrigandoli con sistemi razionali che incanalavano e regolavano gran parte delle acque, usate an-che per muovere mulini ed opifici.L’opera dei monaci Cistercensi, e più tardi degli Umiliati, con-sentì dunque di trasformare quella “terra di acquitrini” in sede di un’agricoltura intensiva e specializzata grazie sia alla cre-azione e allo sfruttamento di una rete di rogge e fontanili per l’irrigazione estesa, sia alla coltura delle marcite, un sistema

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agricolo che, proprio sfruttando l’acqua dei fontanili, permet-teva continui cicli di produzione, senza soste stagionali, ga-rantendo l’ininterrotta produzione di foraggio fresco per gli allevamenti bovini.

Nel Periodo Comunale (XIII - XIV secolo), infine, l’interesse collettivo prevalse su quello particolare ed il Comune attuò opere idrauliche di grande mole, dispose la ripartizione del-le acque ad uso dei privati, costruì canali navigabili per il commercio e sbarramenti idrici per la difesa. Si venne così a costituire quella fitta rete di canali minori e maggiori, roggie di irrigazione, colatori e conche che ancora oggi conosciamo e che ha contribuito, fin dai tempi più risalenti, a trasformare terreni aridi ed aree incolte, brughiere e boscaglie, in una campagna ricca e fertile.

Costruiti in età comunale con scopi difensivi, i due princi-pali fossati erano il Grande Sevese, situato all’interno della cinta muraria e risalente all’epoca Romana, e il Naviglio interno o di S. Gerolamo, delimitato dai Bastioni e di epoca Medioevale.Il Grande Sevese, così denominato perché alimentato dal fiume Seveso, scorreva lungo le attuali vie Montenapoleone, Durini, Verziere, Delle Ore, Pecorari, Da Cernobbio, Madda-lena, Cornacchie, Stampa; dopo aver attraversato via Circo, costeggiava via Cappuccio, via Nirone, corso Magenta, via San Giovanni sul Muro, Largo Cairoli, via Cusani, Dell’Orso, Monte di Pietà, per poi gettarsi nella Vettabbia fra Porta Lo-dovica e Porta Ticinese.Il Naviglio di S. Gerolamo venne costruito nel 1155 e distrutto nel 1158 ad opera del Barbarossa, e successivamente rico-struito per essere ancora distrutto quattro anni dopo sempre dal Barbarossa. Il tracciato del fossato ricostruito nel 1167 corrisponde alle attuali vie Fatebenefratelli, Senato, San Da-miano, Visconti di Modrone, Francesco Sforza, Santa Sofia,

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Molino delle Armi, De Amicis, Carducci, Piazza Castello e via Pontaccio. Questo Naviglio, costruito per delimitare la città che si espandeva, poiché di dimensioni tali da poter essere navigato, prese il nome di Naviglio interno. Le acque che lo alimentavano erano quelle del Seveso e, successivamente, quelle del Naviglio della Martesana.

Grazie al Naviglio della Martesana ed al Naviglio Grande era dunque possibile far confluire in città, rispettivamente, le acque dell’Adda e del Ticino disponendo, in questo modo, di quanto necessario per irrigare i campi, navigare con imbar-cazioni adibite al trasporto merci e sfruttare i salti idraulici per ottenere energia meccanica con la quale venivano azio-nati mulini e torchi.

Purtroppo, al periodo di massimo splendore del sistema dei Navigli, avuto tra il XV ed il XIX secolo, seguì un periodo di decadenza nel quale si decise la copertura della cerchia interna ultimata nel 1929.Il progressivo peggioramento della qualità dell’acqua, l’inca-pacità di sfruttare salti idraulici maggiormente redditizi, l’ab-bandono della navigabilità per trasporti più veloci ed econo-mici ma, soprattutto, la mancata volontà politica di rendere più efficiente la rete, portarono il sistema dei canali cittadini ad uno stato di degrado.

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La questione dell’inefficienza e del degrado del Naviglio, in particolar modo della Fossa Interna, fu sentita dalla Città a tal punto che, nel 1875, il Comune decise di costituire una Commissione allo scopo di analizzare diverse proposte progettuali.

Come si legge nell’estratto del giornale La Perseveranza, “questi piani si possono distinguere in due categorie, e cioè

di quelli coi quali si propone la tombinatura di tutta o di parte

della fossa interna, coll’apertura di altro canale per conser-

vare la navigazione, e di quelli coi quali si limitano le opere

alla tombinatura, sopprimendo senz’altro ogni navigazione”.

Sicuramente, il progetto più curioso è quello dell’architetto Brocca che suggeriva di “(…) tombinare una metà sezione

della fossa, per conservarla quale canale dispensatore delle

esistenti erogazioni d’acqua e di trasformare l’altra metà in

sede ferroviaria a cavalli con doppio binario (…)”.

Sebbene i lavori della Commissione portarono alla conclu-sione che non fosse possibile adottare nessuno dei sopraci-tati progetti, vennero in quella sede comunque proposte al-cune opere per il miglioramento, soprattutto dal punto di viste igienico, delle condizioni del Naviglio, fatta salva la possibilità di “(…) promuovere in seguito, quando tali opere non si rico-

noscessero col fatto sufficienti, e quando le finanze cittadine

lo permettessero, la soppressione della navigazione interna

colla contemporanea copertura del canale” (cfr. la questione del Naviglio nel Piano Regolatore – Ing. Giuseppe Didioni – Milano 1885).

Fu così che di fatto, l’amministrazione Podestarile decretò nel 1928 la copertura della fossa interna con motivazioni che facevano riferimento sia a problemi di igiene pubblica, sia a problemi di viabilità, sollevando in tal modo animati dibattiti

Pag. 38

Il sistema delle acque

della citt� di Milano

nel 1884

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Sezione relativa

al progetto

dellÕarchitetto Brocca

Archiviazione della

pratica relativa

al progetto

dellÕarchitetto Brocca

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Schematizzazione

dellÕascensore

orizzontale

proposto

dallÕing. Magrini

alimentati dalla rilevanza che il corso d’acqua rivestiva ri-spetto alla memoria e all’identità della città.

Oltre ai dibattiti, la privazione di un elemento così fortemente connotante la città di Milano, alimentò ed alimenta ancor oggi proposte provenienti da illustri cittadini che mirano al recupero ed al riutilizzo dei canali urbani.

Il titolo di progetto più fantasioso va sicuramente riconosciuto all’ing. Magrini che propose di riutilizzare il vecchio tracciato del Naviglio interno per il suo “ascensore orizzontale”.Come dice lo stesso Magrini “se la città fosse stata costruita

come un grattacielo, per tutti gli automobilisti sarebbe na-

turale lasciare l’automobile nel parcheggio sotterraneo ed

andare a teatro, a casa o in ufficio con l’ascensore. Poiché

la città è stata costruita come un “grattacielo sdraiato”, quan-

do questo sarà dotato di un parcheggio alla “base” e di un

“ascensore orizzontale”, per tutti sarà naturale comportarsi

come per un grattacielo “in piedi” (Magrini).

Si sarebbe utilizzato, dunque, la Fossa Interna come una sorta di corsia preferenziale per il trasporto urbano.Al di la della realizzabilità del progetto, l’idea di Magrini avrebbe consentito di riempire d’acqua la Fossa Interna ottenendo un by pass per le ondate di piena del Cavo Re-defossi. Inoltre, scavando per recuperare la sezione del canale, gli edifici antistanti il naviglio, avrebbero recuperato l’uso di lo-cali ad oggi declassati a seminterrati.

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Oggi, grazie al lavoro della società Metropolitana Milanese, il Grande Sevese, pur continuando ad essere tombinato, è stato in parte ristrutturato con importanti opere di consoli-damento.Ripristinando un tratto del Canale della Vetra, di collegamen-to con il Canale Vettabbia, il canale più antico di Milano ha ritrovato una sua funzione idraulica collaborando a smaltire sia l’acqua di falda, sia l’acqua delle pompe di calore di gros-si edifici ubicati nel centro storico di Milano, come il Teatro alla Scala.

Ipotesi di riutilizzo

della cerchia interna

dei Navigli

44 PERCORSI

45TRA PIEVI E CASCINE

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