Tra memoria e natura: Una splendida inattualità, per un autore di statura europea.

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Tra memoria e natura: Una splendida inattualità, per un autore di statura europea

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Tra memoria e natura:

Una splendida inattualità, per un autore di statura europea

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La biografia ufficiale

Mario Rigoni Stern nasce ad Asiago (Vicenza) nel 1921. Trascorre l'infanzia tra la gente di montagna dell’Altopiano.

Nel 1938, entra alla Scuola Militare d’alpinismo di Aosta e, più tardi, combatte come alpino, nel battaglione Vestone, in Francia, Grecia, Albania, Russia.

Fatto prigioniero dai tedeschi dopo l'8 settembre ,è trasferito in Prussia orientale. Rientra a casa il 5 maggio 1945.

Non si muove più dal paese dove lavora al catasto fino al 1970, quando va in pensione

Poi si dedica totalmente alla scrittura fino alla morte (giugno 2008). Nel 2005 è stato insignito della cittadinanza onoraria da parte del comune di Montebelluna, in nome di una comune patria etica, a fronte del “patrimonio di ricchezza umana che Rigoni Stern ci consegna”.

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Le opere principali 1953 Il sergente nella neve 1962 Il bosco degli urogalli 1971 Quota Albania 1973 Ritorno sul Don 1978 Storia di Tönle (premi Campiello e Bagutta) 1980 Uomini, boschi e api 1991 Arboreto salvatico 1994 Aspettando l'alba e altri racconti 1995 Le stagioni di Giacomo (premio Grinzane Cavour) 1998 Sentieri sotto la neve 2002 L'ultima partita a carte 2006 Stagioni

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I grandi temi

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•La memoria

• La natura:

•L’amicizia

- l’emigrazione;

- la prima guerra mondiale;

- Il fascismo;

- la seconda guerra mondiale;

• animali;

• boschi e piante;

• stagioni;

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  La trama del libro più bello

Tönle Bintarn, contadino, pastore e contrabbandiere, è un uomo vissuto tra fine ‘800 e la Grande guerra, il cui destino si incrocia con drammatici eventi di vasta portata.

Sullo sfondo, la comunità montana, la sua lingua, le feste, i riti, la cultura materiale, colti con un sguardo quasi antropologico..

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L’emigrazione più recente

Sull’emigrazione più recente, anche definitiva, torna in diversi scritti:

Le stagioni di Giacomo: è dedicato esplicitamente ai migranti degli anni ’50.

Nel Bosco degli urogalli, più di un racconto torna sul tema.

Vari riferimenti all’Australia sono disseminati nei suoi scritti (inclusi i due sopra citati) e parlano soprattutto di nostalgia per il paese, la montagna, la caccia.

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La prima guerra mondiale

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E’ stata l'evento più tragico per la storia dell’altopiano di Asiago: per la distruzione totale degli abitati e del patrimonio forestale e per l'esodo della popolazione.

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Le stagioni di Giacomo: il dopoguerra

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E‘ il seguito della Storia di Tönle, ma anche il ponte tra questa e il Sergente.

Non è la classica analisi della crisi del dopoguerra, focalizzata su realtà urbane, od agricole: qui si parla della faticosa ripresa della vita in un ambiente di per sé duro, quello montano, per di più messo a fuoco dalla guerra.

E’ anche il libro con cui R.S. fa i conti con il fascismo.

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Le stagioni di Giacomo e il fascio

Il fascismo, approdando sull’altopiano, trova gli adulti ostili, diffidenti; i giovani sono invece ingenui, e si lasciano sedurre da nuove opportunità di lavoro (v. costruzione del sacrario militare), e da nuovi miti.

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La campagna di Russia

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La rivelazione della guerra: la violenza verso i civili, la prossimità con la morte, il dolore fisico.

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Lo stile del Sergente Incipit: Ho ancora nel naso l'odore che faceva il

grasso sul fucile mitragliatore arroventato. Ho ancora nelle orecchie e sin dentro il cervello il rumore della neve che crocchiava sotto le scarpe, gli starnuti e i colpi di tosse delle vedette russe, il suono delle erbe secche battute dal vento sulle rive del Don.

Il caposaldo: Per Natale volevo mangiarmi un gatto e farmi con la pelle un berretto, Avevo teso una trappola, ma erano furbi e non si lasciavano prendere. Avrei potuto ammazzarne qualcuno con un colpo di moschetto, ma (…) si vede ceri intestardito di volerlo prendere con la trappola, e così non ho mangiato polenta e gatto e non mi sono fatto il berretto con il pelo.

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Un romanzo dal “basso” I due passi evidenziano la prospettiva dal

basso, “attraverso le zampe dei muli” (E. Affinati) o dal punto di vista degli alpini, che fanno la guerra senza disciplina, senza crudeltà, senza odio, ma … con obbedienza, come un lavoro. (F. Camon), ma anche rivolta verso gli aspetti di vita materiale. Ciò risalta specie nella prima parte, “Il caposaldo”.

“C’era un odore forte lì dentro: odore di caffè, di maglie e mutande sporche che bollivano con i pidocchi e di tante altre cose.”

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http://www.youtube.com/watch?v=aCqrKAQHTqQ

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Struttura e lingua

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• Il libro trova la sua unitarietà nell’ ambiente e negli sfondi, più che nell’intreccio.

• Il linguaggio è semplice, ma preciso: compaiono termini del gergo militare (le “pesanti”) e parole russe (isba, mugila, katiuscia).

• La stessa regola di tipo “neorealistico” vale per i dialoghi, che includono intere frasi in russo o nei vari dialetti degli alpini, ottenendo però caratteristici effetti onomatopeici.

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La conclusione

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Nonostante la sofferenza fisica e psicologica per la perdita di tanti amici, libro non si chiude in modo disperante:

Ero in una famiglia di gente semplice: una ragazza che filava la canapa e, sospesa al soffitto, una culla con un bambino. Spesso la ragazza cantava, si sentiva, nel silenzio, il rumore del mulinello a pedale, il sole avvolgeva la scena e tutto sembrava dorato. Se il bambino piangeva, la ragazza lo cullava dolcemente. A volte altre vicine arrivavano e insieme formavano un coro armonico. Questa è stata la mia medicina.

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Un sentimento della guerra tolstoiano

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Non ci sono parole di odio in R.S.: “loro” sono i russi, non i nemici.

Loro hanno le Katiusce e le Maruske e la vodka e i campi di girasole; e noi le Marie e le Terese, vino e boschi d’abeti. Sono giovani e non hanno la faccia cattiva, ma solo seria e pallida, compunta e guardiva.

http://www.youtube.com/watch?v=gLZQ9BcRRqQ

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La prigionia

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Le disavventure di Rigoni non finiscono con il rientro in Italia. Catturato dopo l’8 settembre, è spedito in un campo di prigionia. Al pari del vecchio Tönle Bintarn, attraversa le Alpi, e, dopo varie avventure, incluso un incontro con dei partigiani, torna a casa, magrissimo.

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“Eravamo uomini liberi”

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Nell’ Ultima partita a carte racconta un episodio accaduto nel lager di ribellione verso gli ufficiali della RSI.

L’illuminazione gli viene dal Vangelo, in particolare quando R. legge il discorso della montagna : “Noi lì rinchiusi eravamo uomini liberi”. (p. 107)

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La liberazione

Il Lager avrebbe dovuto restare dietro le spalle, lontano; in una landa della Polonia. Ma non era perché le baracche allineate nei blocchi, i reticolati con sopra, alte come su trampoli, le torrette delle mitragliatrici mi seguivano... Reali, non di impressioni o di aria, e non riuscivo a liberarmene. (“La scure”).

Lo salva il gesto semplice di un boscaiolo che gli offre dell’acqua da bere.

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Il bosco degli Urogalli

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Era anarchico e partigiano nell’anima; si imboscava appena possibile e odiava la pianura perché c’era troppo rumore e troppa luce. (Paolo Rumiz)

Il lessico è ricco e preciso, quasi da manuale di scienze naturali .

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Natura e ambiente

Zanzotto ricorda che R. Fu un “antesignano della conservazione dell'ambiente”, avvilito o distrutto da un ottuso progresso.

Ciò non gli ha impedito di criticare certi compagni di strada dell’ultima ora:

Mi viene da dire che da quando sono state scoperte la “natura” e l’ “ecologia”, sono state divulgate conoscenze superficiali, tutti si sentono “verdi” e sapienti.

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Una montagna etica più che agonistica

Il rapporto con la montagna, di cui è grande conoscitore, è fondamentale.

E’ il teatro non solo di camminate ma anche di imprese sportive e spericolate, specie in gioventù.

Il suo non è stato però un alpinismo solo muscolare: R. vi ha attinto valori per tutta la vita.

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L'11 maggio 1998 l'Università di Padova gli ha conferito la laurea honoris causa in scienze forestali ed ambientali.

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Stagioni Le stagioni scandiscono in tempo in modo

ciclico, in eterno ritorno: così si snoda il libro, con un libero ruotare della memoria attorno ai ricordi suscitati da ciascuna stagione, omologati dal clima, e resi quasi contemporanei tra loro.

A Stagioni, che è stato paragonato allo schema delle Georgiche di Virgilio, non poteva mancare la cifra della neve:

Sono nato alle soglie dell’inverno e la neve ha accompagnato la mia vita.

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L’amicizia

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L'amicizia fa parte della sua moralità di montanaro.

Da un lato ci sono gli amici “di cultura”: Vittorini, Emilio Lussu (R, gli fa incontrare incontrare Tönle durante la guerra); Primo Levi; Nuto Revelli , Andrea Zanzotto … per finire con Marco Paolini e Carlo Mazzacurati.

E poi i malgheri e i coetanei dell’altopiano e amicizie fatte di gesti e silenzi più che di parole.

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La Medusa non ci ha impietriti

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La poesia è scritta da Levi; Rigoni la cita nel testo scritto per la sua morte:

A Mario e a NutoHo due fratelli con molta vita alle spalle,Nati all’ombra delle montagne.Hanno imparato l’indignazioneNelle neve di un paese lontano,Ed hanno scritto libri non inutili.Come me, hanno tollerato la vistaDi Medusa, che non li ha impietriti.Non si sono lasciati impietrireDalla lenta nevicata dei giorni.

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Il capolavoro di Rigoni

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Per concludere si può citare una frase, che condensa l’etica della responsabilità di cui R.S.

fu sempre portatore

Il momento culminante della mia vita non è quando ho vinto premi letterari o scritto

libri, ma quando la notte dal 15 al 16 sono partito sul Don con 70 alpini e ho camminato verso

occidente per arrivare a casa.

Sono riuscito a sganciarmi dal mio caposaldo senza perdere un uomo:

quello è stato il capolavoro della mia vita.

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Link

http://www.youtube.com/watch?v=Mw-10y2kAqQ: intervista di Paolini (1999), 8:49

http://www.youtube.com/watch?v=kltRxrxbrJI&feature=f w (2006), 8:47: si parla di Stagioni a Che tempo che fa

http://www.youtube.com/watch?v=IM4C4WuDLG0&NR=1 incipit dello spettacolo Il Sergente 8:18

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