Tra dionisio e timoleonte

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Considerazioni sul pagamento del sîtos ai mercenari nella Sicilia tra Dionisio I e Timoleonte Il mercenariato in Sicilia nel V sec. a.C. Nella storia dei conflitti nella Grecia antica la Guerra del Peloponneso rappresentò un vero e proprio punto di svolta. Durante il suo svolgimento fu testata l’utilità dei corpi specializzati di professionisti e si dimostrò l'arretratezza della tradizionale falange di opliti tratti dalle file dei cittadini, così come si era andata evolvendo fin dalla metà dell'VIII secolo a.C. 1 . Fino ad allora la falange oplitica aveva previsto l'impiego di truppe non particolarmente addestrate e, soprattutto, impreparate a lunghe campagne militari lontane dalla polis, ormai indispensabili nelle nuove strategie di controllo delle rotte commerciali e di approvvigionamento. L'uso di contingenti specializzati (hippeis, psiloi, toxotai, sphendoneutai) era in larga parte soddisfatto dai cittadini stessi, ai quali si aggiungeva solo una piccola quota di truppe mercenarie 2 . La trentennale guerra tra Ateniesi, Spartani e loro alleati aveva modificato in modo sensibile tale quadro, soprattutto per la necessità di mantenere eserciti numerosi lontano da casa per molti mesi e di garantire guarnigioni stabili di stanza nei punti strategici 3 . È noto che ciò si ripercosse sulla struttura sociale della polis in modo traumatico, non solo e non tanto per l'aumento dei costi relativi agli eventi bellici, quanto per gli altissimi prezzi sociali legati alla lontananza forzata, per lunghi periodi, di cittadini produttori di reddito. Al fine di evitare questa seconda conseguenza, l'espediente più naturale fu quello di delegare sempre di più l'onere di guarnigioni e campagne belliche a soldati di professione, che, dalla fine del V secolo a.C., videro il loro impiego sempre più generalizzato. A ciò si deve aggiungere la creazione di veri e propri corpi di élite (arcieri cretesi, frombolieri rodii e delle Baleari, peltasti traci) che richiedevano truppe costantemente allenate e specializzate in un tipo specifico di combattimento. In Sicilia, terra di incontro tra diverse culture (greca, sicula, sicana, elima e fenicio-punica), il passaggio ad eserciti composti in larga misura da truppe mercenarie era avvenuto, invece, già agli albori del V sec. a.C., grazie soprattutto all'opera di tiranni quali Ippocrate di Gela, i Dinomenidi a Gela e Siracusa, Terone di Agrigento 4 . Essi, posti di fronte agli eserciti professionali cartaginesi, avevano affiancato alle proprie milizie cittadine contingenti sempre più numerosi di xenoi. I problemi connessi al mantenimento di numerosi 1 Sulla falange oplitica e sulla sua evoluzione vedi il recente saggio di V. Davis Hanson, The Western Way of War, Fresno 1990. 2 Sulla storia e sulle caratteristiche del mercenariato in Grecia rimandiamo alle considerazioni generali espresse da M. Launey, Recherches sur les armées hellénistiques, Paris 1949-50; A. Aymard, Mercenariat et histoire grecque, "Études d'arch. class" 2, 1959, 16-27; G. T. Griffith, The mercenaries of the Hellenistic World, Groningen 1967; H. W. Parke, Greek Mercenary Soldiers, Oxford 1970; Y. Garlan, Guerra e società nel mondo antico, trad. it. Bologna 1985, 96-106; cfr. anche il più recente M. Bettalli, I mercenari nel mondo greco. I: dalle origini alla fine del V secolo a.C., Pisa 1995. 3 Cfr. Griffith, The mercenaries, 84-88, che nota come i peripoloi delle guarnigioni confinarie ad Atene fossero già mercenari stipendiati nel V sec. a.C., ridimensionando il ruolo degli efebi come phylakes dei confini. 4 Cfr. Griffith, The mercenaries, 10-13; Bettalli, I mercenari, 92-99; S. N. Consolo Langher, Siracusa e la Sicilia greca tra età arcaica ad alto ellenismo, Messina 1996, 209-36.

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Le riforme monetarie siracusane tra la fine del V e il IV sec. a.C.

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Considerazioni sul pagamento del sîtos ai mercenari nella Sicilia tra Dionisio I e Timoleonte

Il mercenariato in Sicilia nel V sec. a.C.

Nella storia dei conflitti nella Grecia antica la Guerra del Peloponneso rappresentò un vero e proprio

punto di svolta. Durante il suo svolgimento fu testata l’utilità dei corpi specializzati di professionisti e si

dimostrò l'arretratezza della tradizionale falange di opliti tratti dalle file dei cittadini, così come si era

andata evolvendo fin dalla metà dell'VIII secolo a.C.1. Fino ad allora la falange oplitica aveva previsto

l'impiego di truppe non particolarmente addestrate e, soprattutto, impreparate a lunghe campagne militari

lontane dalla polis, ormai indispensabili nelle nuove strategie di controllo delle rotte commerciali e di

approvvigionamento. L'uso di contingenti specializzati (hippeis, psiloi, toxotai, sphendoneutai) era in larga

parte soddisfatto dai cittadini stessi, ai quali si aggiungeva solo una piccola quota di truppe mercenarie2.

La trentennale guerra tra Ateniesi, Spartani e loro alleati aveva modificato in modo sensibile tale

quadro, soprattutto per la necessità di mantenere eserciti numerosi lontano da casa per molti mesi e di

garantire guarnigioni stabili di stanza nei punti strategici3. È noto che ciò si ripercosse sulla struttura sociale

della polis in modo traumatico, non solo e non tanto per l'aumento dei costi relativi agli eventi bellici,

quanto per gli altissimi prezzi sociali legati alla lontananza forzata, per lunghi periodi, di cittadini produttori

di reddito.

Al fine di evitare questa seconda conseguenza, l'espediente più naturale fu quello di delegare sempre

di più l'onere di guarnigioni e campagne belliche a soldati di professione, che, dalla fine del V secolo a.C.,

videro il loro impiego sempre più generalizzato. A ciò si deve aggiungere la creazione di veri e propri corpi

di élite (arcieri cretesi, frombolieri rodii e delle Baleari, peltasti traci) che richiedevano truppe

costantemente allenate e specializzate in un tipo specifico di combattimento.

In Sicilia, terra di incontro tra diverse culture (greca, sicula, sicana, elima e fenicio-punica), il passaggio

ad eserciti composti in larga misura da truppe mercenarie era avvenuto, invece, già agli albori del V sec.

a.C., grazie soprattutto all'opera di tiranni quali Ippocrate di Gela, i Dinomenidi a Gela e Siracusa, Terone di

Agrigento4. Essi, posti di fronte agli eserciti professionali cartaginesi, avevano affiancato alle proprie milizie

cittadine contingenti sempre più numerosi di xenoi. I problemi connessi al mantenimento di numerosi

1 Sulla falange oplitica e sulla sua evoluzione vedi il recente saggio di V. Davis Hanson, The Western Way of War, Fresno 1990. 2 Sulla storia e sulle caratteristiche del mercenariato in Grecia rimandiamo alle considerazioni generali espresse da M. Launey, Recherches sur les armées hellénistiques, Paris 1949-50; A. Aymard, Mercenariat et histoire grecque, "Études d'arch. class" 2, 1959, 16-27; G. T. Griffith, The mercenaries of the Hellenistic World, Groningen 1967; H. W. Parke, Greek Mercenary Soldiers, Oxford 1970; Y. Garlan, Guerra e società nel mondo antico, trad. it. Bologna 1985, 96-106; cfr. anche il più recente M. Bettalli, I mercenari nel mondo greco. I: dalle origini alla fine del V secolo a.C., Pisa 1995. 3 Cfr. Griffith, The mercenaries, 84-88, che nota come i peripoloi delle guarnigioni confinarie ad Atene fossero già mercenari stipendiati nel V sec. a.C., ridimensionando il ruolo degli efebi come phylakes dei confini. 4 Cfr. Griffith, The mercenaries, 10-13; Bettalli, I mercenari, 92-99; S. N. Consolo Langher, Siracusa e la Sicilia greca tra età arcaica ad alto ellenismo, Messina 1996, 209-36.

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misthophoroi (Gelone ne arrivò ad ingaggiare più di 10.0005; Hiaron, suo fratello e successore, ne arruolò

un numero non inferiore) sono dovuti al pagamento del sîtos6 necessario per il vitto giornaliero dei

guerrieri7 - da effettuare a scadenze fisse - ma soprattutto alla corresponsione, alla fine del servizio8, del

misthòs (o opsònion) 9. Quest'ultimo, soprattutto quando un tiranno era costretto a mantenere presso di sé

un contingente fisso di mercenari per tutelare il proprio potere, si traduceva in un esborso pesantissimo per

le casse dello Stato10.

Per limitare tali spese esorbitanti, i tiranni sicelioti della prima metà del V secolo a.C. adottarono due

strumenti: il mantenimento degli xenoi solo per il tempo strettamente necessario alle contingenze militari;

il pagamento del misthòs mediante la politographia dei mercenari congedati11, ovvero l’iscrizione nelle liste

dei cittadini di una polis, cosa che doveva peraltro corrispondere in qualche misura anche alle attese degli

stessi mercenari12.

Per quanto riguarda, invece, il problema del reclutamento, sappiamo dalle fonti che esso, durante

l'epoca dei Dinomenidi, era avvenuto principalmente all'interno della mesogeia13, attraendo masse di Siculi

che potevano fungere da fanteria sia leggera (psiloi) che pesante (hoplitai). Un tale espediente si era

dimostrato conveniente sotto ogni profilo, permettendo di licenziare con frequenza le bande di mercenari,

al fine di ottenere un risparmio nelle spese relative. I mercenari smobilitati, essendo indigeni, tornavano

5 Cfr. G. Mafodda, La monarchia di Gelone tra pragmatismo ideologia e propaganda, Messina 1996, 154. 6 Sul sîtos (siteresion, sitarchia, sitarkia, sitonia) - una sorta di adaeratio del metrema, distribuzione di viveri e vestiario - fondamentali rimangono le considerazioni di Griffith, The mercenaries, 264-273. L'ammontare del sîtos non è facilmente determinabile, legato com'era alle fluttuazioni del costo della vita ed al progressivo svilimento della professione del soldato di ventura, che portò, nell'ultimo quarantennio del IV secolo a.C. ad una diminuzione della paga per il vitto. Riteniamo, comunque, che tra V secolo e prima metà del IV tale somma si dovesse aggirare sui due oboli al giorno per un oplita, il doppio o il triplo per un cavaliere. Per la bibliografia riguardante tale questione, rimandiamo a G. Tagliamonte, I figli di Marte. Mobilità, mercenari e mercenariato italici in Magna Grecia e Sicilia, Roma 1994, 160-161. 7 Il pagamento puntuale del sîtos - non effettuabile mediante nominali di alto valore che si rivelavano non facilmente spendibili - era vitale, dato che le salmerie non erano assolutamente previste durante le campagne e nemmeno negli accampamenti o nelle guarnigioni. Il mercenario, quindi, era costretto a provvedere personalmente all'acquisto del cibo per sé e per il proprio schiavo. 8 Nelle fonti non è mai chiaro se le cifre che sono fornite siano comprensive del sîtos o meno. Secondo Tagliamonte, I figli di Marte, 161-162, sotto Dionisio I i mercenari percepivano sensibilmente di più rispetto alle truppe cittadine: il misthòs si aggirava sulla dracma giornaliera per un fante - un oplita cittadino riceveva 4 oboli -, mentre un cavaliere guadagnava più di 450 dracme l'anno. 9 Per un periodo storico di poco successivo, ma che certo riflette un uso consolidato, cfr. M. Thompson, Payng the Mercenaries, in Festschrift für Leo Mildenberg, Wetteren 1984, 241-247, che dimostra come la maggior parte delle emissioni di stateri aurei testa di Atena/Nike e di Alexandreioi avvenne al momento della smobilitazione di gran parte del corpo di spedizione di Alessandro il Grande, proprio per permettere il pagamento del misthòs dovuto, relativo a molti anni di servizio. 10 Per comprendere l'onere economico basterà indicare, e. g., il costo di 1000 opliti: 10 mine al giorno, 5 talenti al mese, 60 talenti l'anno. 1000 cavalieri campani costavano invece almeno 75 talenti annui. 11 Cfr. Mafodda, La monarchia di Gelone, 78, con ampia bibliografia: Gelone iscrive tra i cittadini più di 10.000 mercenari. 12 Cfr. Tagliamonte, I figli di Marte, 163-164. 13 Polyaen. 5, 6 ricorda la presenza nell'esercito di Ippocrate di mercenari siculi da Sergetion, gratificati prima con un alto misthòs e con una parte del bottino di guerra, e poi privati della loro città con un espediente. Su questo episodio vedi le considerazioni di Mafodda, La monarchia di Gelone, 36 ss.

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usualmente nei loro borghi di origine14, piuttosto che vagare pericolosamente senza ingaggio, in attesa di

una nuova assunzione.

Il sistema posto in essere dai Dinomenidi crollò con la caduta della loro casata, e fino alle due

spedizioni ateniesi in Sicilia il fenomeno del mercenariato dovette rimanere alquanto marginale. Dopo il

416 a.C., data della seconda offensiva attica contro Siracusa, la situazione cambiò in modo repentino grazie

a tre diversi fattori: l'arrivo di mercenari "campani"; le successive grandi offensive cartaginesi del 410/9 e

407/6 a.C.; il ruolo politico ed economico assunto dalla Siracusa di Dionisio I.

In particolare, si deve sottolineare come l'ascesa al potere di Dionisio il Vecchio15, ex grammateus ed

ex seguace di Ermocrate, si dovette in gran parte alla sua capacità di utilizzare truppe mercenarie a fini

personali16. Indicative, a tale proposito, sono le prime mosse del futuro tiranno, postosi all'attenzione del

demos di Siracusa per le sue accuse agli altri strateghi durante la campagna del 40617: arrivato a Gela alla

testa dell’esercito cittadino siracusano, il suo primo atto fu quello di mettere a morte i più ricchi tra la

popolazione, onde potersi procurare i mezzi economici per pagare la guarnigione della città e promettere

un raddoppiamento del sîtos versato da Siracusa al suo esercito di campagna18. Tornato in patria, dopo

essere stato proclamato strategòs autokràtor, Dionisio riuscì a fare approvare il raddoppiamento del sîtos

per l'esercito, misura gradita tanto ai mercenari quanto ai cittadini opliti19. Notiamo, a questo proposito,

che la testimonianza in questione ci rende certi, almeno in questo caso, del pagamento in denaro del sîtos

agli opliti.

Le tappe successive di Dionisio verso la tirannide sono note: a Leontinoi simulazione di un attentato ai

propri danni, con conseguente permesso di mantenere una guardia personale di 600 doryphoroi, per la

quale, però, furono arruolati 1.000 uomini delle classi più umili; trattative segrete con i mercenari;

imposizione nei posti chiave dell'esercito di uomini fidati; richiamo dei misthophoroi che militavano a Gela;

fortificazione dell'arsenale navale ad Ortigia, che divenne la roccaforte del potere tirannico20. Già durante la

campagna di Gela il nuovo sistema militare messo in piedi dal tiranno si dimostrò operativo. Dionisio, che

evidentemente aveva ragione di credere infidi Sicelioti ed Italioti alleati, durante il fallito attacco ai

Cartaginesi assedianti, tenne per sé il comando dei mercenari21.

14 L'episodio dei Sergetini a tal proposito indicativo di frequenti licenziamenti e riassunzioni di mercenari siculi. 15 Sull'età dionigiana vedi M. Sordi, Il IV e III sec. Da Dionigi a Timoleonte, in Storia della Sicilia, II, Napoli 1979, 207-288; Ead., Storia della Sicilia dal 368/7al 337/6 (Testimonia Siciliae Antiqua, I, 8), Palermo 1983; R. Zoepffel, Le fonti scritte su Dionigi I di Siracusa, in La monetazione dell’età dionigiana. Atti dell’VIII Convegno del Centro Internazionale di Studi Numismatici - Napoli 1983, Roma 1993, 39-56. 16 Il rapporto tra Dionisio ed i mercenari è stato oggetto di puntuale analisi da parte di Parke, Greek Mercenary Soldiers, 67-72; A. Mele, Arché e Basileía: la politica economica di Dionisio I, in La monetazione ... cit., 3-38. 17 Diod. 13, 91. 18 Diod. 13, 93. 19 Diod. 13, 95: nella stessa occasione, in partenza per Leontini con l'esercito, distribuì ai soldati il sîtos per un mese, un anticipo di pagamento non certo usuale. 20 Diod. 13, 95-96. 21 Diod. 13, 109-110. Sul comando esclusivo dei mercenari attuato da Dionisio I, vedi A. Mele, Arché e Basileía, 14-15.

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Dopo l'ignominiosa ritirata da Gela, quando gli aristocratici di Siracusa tentarono di rovesciare la

tirannide, furono ancora i misthophoroi a spalleggiare Dionisio che tornava in città22: da quel momento i

mercenari furono le “adamantine catene” della dynasteia.

Nel 404 a.C., Dionisio, oppresso dai moti siracusani e dalle flotte di Rhegion e Messana, si rivolse come

extrema ratio ai Campani rimasti in Sicilia quale presidio di una piazzaforte punica, i quali erano divenuti

1.20023 in seguito all'accorpamento dei due contingenti giunti nel 415 (800 uomini) e nel 406 a.C. (400

mercenari). Tale scelta non dovette essere casuale: i cavalieri campani si erano fatta una temibile

reputazione durante le precedenti campagne cartaginesi proprio tra gli stessi opliti siracusani che in quel

momento stavano assediando Dionisio. Il loro intervento fu, come previsto, risolutore, anche se il tiranno

licenziò immediatamente con donativi i Campani, che teoricamente mantenevano ancora lo status di

guarnigione punica, forse anche per non fornire un pretesto per la ripresa delle ostilità con i Cartaginesi. I

cavalieri, però, ormai si erano posti contro i dettati del comando punico aiutando un nemico come Dionisio,

perciò, ritornando ad Entella (che, a nostro avviso, doveva essere anche la fortezza nella quale erano stati

insediati), se ne impadronirono con un colpo di mano24.

Subito dopo il soffocamento della ribellione, Dionisio, che aveva mano libera grazie alla pace conclusa

con i Cartaginesi, rafforzò la sua posizione, compiendo alcuni atti decisivi25, tra i quali merita una speciale

sottolineatura la creazione ad Ortigia di una vera e propria cittadella militare, costruita appositamente per

assicurarsi definitivamente il controllo di Siracusa26. Il sistema difensivo prevedeva una fortificazione

realizzata mediante un muraglione turrito, che ponesse l'Isola al riparo dagli assalti provenienti dalla terra e

dal mare. All'interno del muro, oltre all'abitazione del tiranno e della sua famiglia, erano ammesse solo le

case dei philoi e, soprattutto, quelle dei suoi mercenari, stimati in numero di 10.00027, che formavano la

sua imponente "guardia del corpo" (doryphoroi). Il sistema così costituito, che sarà in seguito ulteriormente

perfezionato dopo la pace con Cartagine del 392 a.C., era in grado di mantenersi economicamente solo

grazie a continue azioni militari, che potevano fruttare prezioso bottino. Il potere tirannico si reggeva,

quindi, principalmente su un numero elevatissimo di mercenari, che, per potere essere pagati, non

dovevano rimanere inattivi, creando una spirale di continue guerre e di sempre nuovi territori da

saccheggiare e da annettere28.

22 Diod. 13, 113. 23 Diod. 14, 9, 2. 24 Diod. 14, 9,9. Sulla presa di Entella e la storia del conseguente insediamento campano rimane fondamentale il lavoro di S. Garraffo, Storia e monetazione di Entella nel quarto secolo a.C. Cronologia e significato delle emissioni dei , Annali Istituto Italiano di Numismatica, 25, 1978, 23-44, al quale rimandiamo per la bibliografia relativa. La fedeltà al governo cartaginese, comunque, deve essere stata la base della loro permanenza nella polis. 25 Cfr. Parke, Greek Mercenary Soldiers, 71, che nota come dopo la prima guerra contro Cartagine il sistema dionigiano basato sui mercenari non era ancora completamente realizzato. 26 Diod. 14, 7, 1-5. 27 Su queste cifre, cfr. Parke, Greek Mercenary Soldiers, 114. 28 Anche i contemporanei di Dionisio I dovevano avere chiaro sentore di questa necessità, ad un tempo militare ed economica, come dimostra il lungo discorso diodoreo del membro dell'aristocrazia Theodoros: Diod. 14, 65 - 69.

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Oltre i misthophoroi stanziati ad Ortigia, indispensabili per il mantenimento del potere, il quadro della

forza mercenaria complessiva di Dionisio doveva assommare a circa un terzo dell'esercito che il tiranno

poteva schierare in campo29, ascrivibile, secondo i calcoli degli studiosi, a circa ottantamila fanti e tremila

cavalieri30.

Dal numero di volte in cui è citato nelle fonti, si ricava che il corpo d'élite di questa forza militare

dovette essere rappresentato dai cavalieri campani. Non si tratta più, ovviamente, di quelli di cui abbiamo

seguito puntualmente le vicende dal 415 circa al 404 a.C., insediatisi ormai ad Entella, ma di un altro

contingente, il cui arruolamento deve essere avvenuto prima del 403 a.C., che ne prese il posto e ne ereditò

i compiti. Il loro numero non va, in ogni modo, ingigantito, giacché questi Campani, nelle fonti, sono

menzionati espressamente solo nel 403 a.C., quando tali mercenari ricevettero la città di Katane dal tiranno

quale pagamento dei loro servizi31, e nel 396/395 a.C., anno in cui furono spostati ad Aitna32.

Evidentemente, l'oscizzazione della Sicilia di cui aveva paura Platone non era dovuta solo a queste

aristocrazie militari di cavalieri, ma dovevano esserci altri guerrieri italici, soprattutto opliti, sui quali le

testimonianze letterarie sono relativamente esigue.

Le fonti di reclutamento alle quali attinse Dionisio I furono, in effetti, molte33, ed è proprio grazie a loro

che il tiranno fu in grado di mettere insieme l'esercito più variegato del mondo greco. Erano al suo soldo:

Messeni esuli34; Italioti35; mercenari di varia natura36, per i quali furono persino assoldati artigiani in grado

di fabbricare le loro armi tradizionali37; Iberi e Celti, prima al servizio di Cartagine38; non ultimi, schiavi

liberati39. L'apporto più importante, anche se non dal punto di vista numerico, doveva venire da un accordo

con gli Spartani, in base al quale Dionisio I poté arruolare nel Peloponneso moltissimi misthophoroi40.

Dalle fonti archeologiche possiamo ricavare altri spunti interessanti41, anche se la lacunosità delle

nostre conoscenze riguardo alle datazioni dei reperti non ci permette di cogliere appieno le differenze tra

l’età di Dionisio I e quella di Agatocle. Molto interessante, comunque, si rivela l'analisi degli idoli in bronzo

di fattura italica rinvenuti in Sicilia, che ci parlano di una differenza di culto tra i Campani, che veneravano

29 Diod. 14, 67. 30 Sulle fonti relative all'esercito di Dionisio I ereditato da Dionisio II vedi Plut. Dio 14; Aelian. 6, 12; Nepos, Dion. 10, 5, 3; Diod. 16, 9,2. per quanto riguarda le stime moderne rimandiamo a Parke, Greek Mercenary Soldiers, 68. 31 Diod. 14, 15,3. 32 Diod. 14, 58,2. 33 Cfr. Parke, Greek Mercenary Soldiers, 67-69. 34 Diod. 14, 34,3. 35 Diod. 14, 52,5; 63,4. 36 Diod. 14, 44, 1-2; 15, 14,4. Come acutamente nota il Parke, Greek Mercenary Soldiers, 67-69, l'arruolamento seguì la fabbricazione delle armi, per non pagare inutilmente mercenari inattivi. 37 Diod. 41, 3-5. 38 Diod. 14, 75,9; 15, 70,1; Xen. Hellen., 7, 1,20. 39 Diod. 13, 78. 40 Diod. 14, 44,1-2; 58,1; 75,5. 41 Per una disamina completa dei reperti archeologici "oschi" in Sicilia, vedi Tagliamonte, I figli di Marte, 148-152.

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Mamers, ed i popoli dell'Italia centromeridionale, adoratori di Ercole42, per i quali, siamo maggiormente

sprovvisti di notizie desunte dalle fonti letterarie.

La dislocazione di queste truppe non fu unica, ma rispondeva bene ai vari interessi strategici del

tiranno:

- custodire il nesos di Siracusa43, cuore della dynasteia;

- agire nelle battaglie come corpo d'élite;

- costituire una forza mobile di intervento in favore di alleati44;

- fornire guarnigioni stabili nell'ambito delle conquiste siracusane45.

Il pagamento dei mercenari e il valore del “bronzo pesante” di Dionisio I

Durante il suo lungo governo, Dionisio I si trovò varie volte alle prese con problemi legati al

reperimento dei fondi. La politica economica del tiranno, basata sul pagamento di misthoi, doreai e athla,

necessitava di una costante liquidità, ottenuta facendo ricorso a tutti i sistemi consentiti dal mondo antico:

eisphorai, bottino di guerra, vendita di popolazioni vinte, sopravvalutazione delle monete in corso,

saccheggio dei chremata templari46. Dopo un’attenta disamina dei dati, crediamo di potere affermare che i

problemi di liquidità cui fanno cenno le fonti fossero legati principalmente al sîtos da versare ai mercenari

ed ai marinai della flotta, come apprendiamo da una certa ricorrenza, nelle fonti letterarie ostili al tiranno

siracusano47, del ricorso ad espedienti ed a manovre fiscali onde ottenere euporia chrematon48.

42 Cfr. G. Colonna, La Sicilia e il Tirreno nel V e IV secolo, in Atti del V Congresso internazionale di Studi sulla Sicilia Antica, Kokalos, 26-27, 1980-81, 157-183, 173-174. 43 Diod. 14, 7,5. 44 I più famosi interventi sono quelli narrati da Senofonte nelle Elleniche (7, 1,20; 7, 1,28) in favore di Agesilaos e gli Spartani durante la Guerra di Corinto, durante i quali i mercenari (Per lo più Celti e Iberi poco prima al soldo di Cartagine e passati a Dionisio dopo essere stati sconfitti) ebbero modo di mettersi in evidenza per il loro valore. 45 Nelle fonti antiche i mercenari - alla stessa stregua dei Siculi alleati di Dionisio - appaiono più volte chiamati ad assolvere questo compito: vennero loro affidate Katane (Diod. 14, 15,3), Etna (Diod. 14, 58,2), Tauromenio (14, 96,4), Adrano (14, 37,5), Leontinoi (Diod. 14, 58,1; 78,1), Messana (Diod. 14, 78,5; 87,2), Tindari (Diod. 78,5-6), Mozia (Diod. 14, 53,5), Imera (Aen. Tact. 10, 21,22) e probabilmente anche Menainon, Morgantina, Cefaledio, Solunto ed Enna (Diod. 14, 78,7). Sicuramente affidato ai Siculi fu il territorio appartenuto già a Naxos (Diod. 14, 15,3), anche se nel loro caso Dionisio non fornì piazzeforti occupabili e lottò aspramente in seguito per conquistare il monte Tauro. Anche in Magna Grecia il tiranno dovette affidare ai suoi mercenari le piazzeforti principali cadute sotto il suo dominio, quali Ipponion (Diod. 14, 107,2), Caulonia (Diod. 14, 106,3) - donate ai Locresi - e Crotone (Dionys. Hal. 20, 7,3; Iust. 20, 4; Liv. 24, 3,8). La stessa sorte dovette toccare anche a Rhegion e ad alcuni choria del suo territorio destrutturato, quali Scilla e Taisia: su questo tema e sulla politica di exterminatio dell'etnia calcidese vedi D. Castrizio, Reggio ellenistica, Roma 1995, 25-30. 46 Sulle manovre economiche del lungo regno dionigiano, vedi Mele, Arché e Basileía, passim. 47 Pollux, Onom., 9, 79; Ps. Arist., Oecon., 2, 1349a. 48 Per le manovre fiscali di Dionisio, tese al pagamento del sîtos, vedi Parke, Greek Mercenary Soldiers, 72; Mele Arché e Basileía, 18-26. Seguiamo F. Martino, Evidenze numismatiche e ipotesi interpretative su alcune emissioni bronzee di Sicilia, Archivio Storico Messinese, s. III - 40, 1987, 45-47, per quanto riguarda l'inconsistenza delle prove riguardanti il nómisma kattitérou come una realtà numismatica.

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Il saldo del misthòs, in teoria ben più consistente, a nostro avviso dovette essere risolto, quando

possibile, mediante la cessione ai mercenari non solo di oikoi e kleroi49, ma di intere poleis vinte e di

fortezze strategiche50, come è attestato espressamente nel caso dei diecimila mercenari insediati da

Dionisio I a Leontinoi, in cambio del pagamento dei compensi loro dovuti, che il tiranno non era ovviamente

in grado di corrispondere51. Tale soluzione, oltre ad alleggerire il costo dei mercenari, comportava

l'innegabile vantaggio di garantire il controllo di una parte dell'"impero" senza un costante esborso di

denaro.

Il confine tra le guarnigioni soggette direttamente al tiranno e quelle autonome deve essere stato

comunque netto, giacché le prime necessitavano del costante invio del sîtos, o del metrema in natura, da

corrispondere ai mercenari, mentre le seconde si mantenevano autonomamente, liberando Dionisio da

ogni onere di spesa52.

Per le necessità del mantenimento della sua forza stanziale ci è nota53 la quantità di grano messa da

parte nell'Ortigia dionigiana, sufficiente per il sîtos da distribuire a 140.000 uomini lungo un intero anno: un

milione di medimnoi, pari a 52.500.000 litri di grano54, calcolando in un litro di grano al giorno la razione di

cibo di ciascun soldato, cui, comunque, erano da aggiungere almeno companatico, bevande e vestiario.

Tale sistema di pagamenti, basato sulla corresponsione puntuale e costante del siteresion (o

dell'equivalente metrema) e saldo del misthòs facendo ricorso al bottino, a proscrizioni e confische di beni

anche templari e mediante la politographia55, spiega anche la particolarità delle emissioni siracusane

durante il lungo governo di Dionisio I56. L'evidenza numismatica ci parla di una forte contrazione, se non di

49 Cfr. S. Garraffo, La monetazione dell’età dionigiana: contromarche e riconiazioni, in La monetazione dell’età dionigiana. Atti dell’VIII Convegno del Centro Internazionale di Studi Numismatici - Napoli 1983, Roma 1993, 217. 50 Una situazione di distribuzione dei centri che doveva essere molto simile a quella centroitalica di oppida semi-indipendenti, verificatosi nello stesso arco temporale anche nella Calabria sotto il controllo dionigiano: cfr. Castrizio, op. cit., 26-30. 51 Diod. 14, 78, 2-3. 52 Si osservi, a tal proposito, come Dionisio, secondo Polieno (5, 2,1), proprio poiché era riuscito a pagare il misthòs a 10.000 mercenari, insediandoli a Leontinoi, si affrettò ad effettuare altri arruolamenti di xenoi in sostituzione di quelli che aveva, di fatto, congedati e trasformati in alleati. 53 Ael. 6,12. 54 Cfr. Mele, Arché e Basileía, 6. 55 Cfr. Garraffo, La monetazione dell’età dionigiana, 217. 56 La bibliografia relativa alla numismatica dionigiana è molto abbondante, ricca di contributi specifici e di ricostruzioni d'insieme anche molto diverse tra loro. Per una disamina dello status quaestionis rimandiamo a R. Ross Holloway, La struttura delle emissioni di Siracusa nel periodo dei "Signierende Künstler", Annali Istituto Italiano di Numismatica, 21-22, 1974-75, 41-48; A. Tusa Cutroni, La monetazione di Siracusa sotto Dionisio I, in Miscellanea di studi classici in onore di Eugenio Manni, II, Roma 1979, 633-635. Contributi più recenti in C. Boehringer, Zu Finanzpolitik und Münzprägung des Dionysios von Syrakus, in Greek Numismatics and Archaeology. Essays in Honor of Margaret Thompson, Wetteren 1979, 9-32; R. Ross Holloway, L'inizio della monetazione in bronzo siracusana, in Atti VI Convegno CISN, Roma 1979, 145-176; Martino, Evidenze numismatiche, 41-68; Ch. Boehringer, Die Münzprägung von Syrakus unter Dionysios, in La monetazione dell’età dionigiana. Atti dell’VIII Convegno del Centro Internazionale di Studi Numismatici - Napoli 1983, Roma 1993, 65-89; D. Bérend, Le monnayage d’or de Syracuse sous Denys I, in La monetazione dell’età dionigiana. Atti dell’VIII Convegno del Centro Internazionale di Studi Numismatici - Napoli 1983, Roma 1993, 91-143; Garraffo, La monetazione dell’età dionigiana, 191-239; R. Ross. Holloway, Further Notes on the Early Bronze Coinage of Syracuse, in Italiam fato profugi. Numismatic studies dedicated to Vladimir and Elvira Eliza Clain-Stefanelli, Lovain-la-Neuve 1996, 217-222. Una raccolta di dati di circolazione di numerario dionigiano nei tre metalli in A. Cutroni Tusa, La circolazione

Page 8: Tra dionisio e timoleonte

una completa interruzione, delle emissioni in oro ed argento dopo la fine della I guerra tra Dionisio I e

Cartagine57, cui fa da contraltare la coniazione abbondante di monete di bronzo pesante, con tipologia

Atena/astro e delfini ed Atena/ippocampo58, che sembra soddisfare quasi integralmente l'esigenza di

numerario nell'ambito dell'economia di guerra che attanagliò Siracusa e l'"impero" dionigiano ben oltre

l'arco vitale del tiranno59.

Ne emerge con chiarezza una unificazione del sistema monetario nell'ambito della epicrazia

siracusana60, basata sul "monometallismo" bronzeo61, il cui completamento, dopo una lunga fase di

gestazione ed esperimenti, deve essere stato successivo alle synthekai del 392 a.C.62, quando Dionisio

raggiunse il controllo della mesogeia sicula.

Con l'insediamento dei mercenari, quindi, era venuto a cadere il maggior capitolo di spesa del tesoro

siracusano, mentre il sîtos sarebbe stato corrisposto, quando era indispensabile che ciò avvenisse in

denaro63, mediante i bronzi pesanti, per i quali non si può ipotizzare una sopravvalutazione esorbitante

proprio per la loro destinazione alle truppe, in ogni caso pagate con buona moneta. Per evitare confusione,

il cambiamento dal sistema tradizionale a quello nuovo avvenne per gradi: la prima serie, la cui rarità

testimonia sulla brevità di coniazione, doveva avere chiaramente esplicitato il suo valore nominale64. Il

secondo passo fu quello di creare due nominali, l'hemilitrion65 con i tipi dell’Atena/astro e delfini e l'hexas

con Atena/ippocampo, rispettivamente dal valore di sei e di due once, ma, tenendo come riferimento la

in Sicilia, in La monetazione dell’età dionigiana. Atti dell’VIII Convegno del Centro Internazionale di Studi Numismatici - Napoli 1983, Roma 1993, 245-269. 57 Cfr. M. Caccamo Caltabiano, I decadrammi di Euainetos e Kimon per una spedizione navale in Oriente, in Studi per Laura Breglia, Bollettino di Numismatica, Suppl. al n. 4/1987 (Parte I), 105-123. 58 Una recente ed esauriente classificazione dei nominali Atena/ippocampo in varie serie e sottoserie in Garraffo, La monetazione dell’età dionigiana, 200-201. 59 Cfr. Martino, Evidenze numismatiche, 48. 60 Ibidem, 49. 61 Cfr. S. Garraffo, Zeus Eleuterio - Zeus Olympios. Note di numismatica siciliana, Annali Istituto Italiano di Numismatica 23-24, 1977, 32-33, n. 87; M. Caccamo Caltabiano, La monetazione di Messana. Con le emissioni di Rhegion dell'età della tirannide, AMuGS XXIII, Berlin-New York 1993, 140-142. 62 Cfr. Martino, Evidenze numismatiche, 49. 63 Secondo il sistema dei prezzi ricostruito nella Grecia continentale l'esborso giornaliero doveva essere di circa due oboli. 64 Lungi dall'essere dovuto a contatti con la Sicilia occidentale o per le esperienze premonetali dei Siculi, il peso elevato dei bronzi dionigiani è dovuto, a nostro avviso, esclusivamente a motivi economici. In mancanza di possibilità di conversione delle frazioni di bronzo in valuta pregiata, non era possibile, infatti, che esse fossero sopravvalutate di molto, pena un’impennata incontrollabile dei prezzi. Quanto agli studi pregressi riguardo al valore nominale di queste serie, concordiamo con Martino, Evidenze numismatiche, 50 e Garraffo, La monetazione dell’età dionigiana, 208-218 per quanto concerne la gradualità dell'introduzione del sistema monetale basato sui bronzi pesanti, avvenuto dopo una certa serie di esperimenti. Un’eccessiva sopravvalutazione delle monete énee, quale quella che emerge dalle ipotesi di Ross Holloway, Further notes, secondo cui l’Atena/astro e delfini sarebbe stata un didrammo e l’Atena/ippocampo una litra, si prospetta in ogni caso contraria a basilari principi economici. Rispetto a questo problema metrologico, ci sembra, in ogni caso, di rimarcare come i valori dei nominali nel periodo dell'anarchia militare, come insegna il caso di Mytistratos, con hemilitria contrassegnati da 6 globetti, sono invece perfettamente ricostruibili. 65 Sulla scorta di un passo del commediografo Epicarmo (Pollux, IX, 82; Lorenz, Leben und Schriften des Koers Epicharmos, Berlin I864, p. 221 sgg.), preferiamo denominare hemilitron il peso e hemilitrion la moneta coniata.

Page 9: Tra dionisio e timoleonte

litra di gr. 113 attestata in Sicilia66, sopravvalutate solo di un terzo rispetto al reale valore del metallo del

loro peso. In base a questi calcoli l'hemilitrion sarebbe stato del peso di due once e del valore di sei. Dal

punto di vista pratico l'hemilitrion era la quantità di bronzo che era sufficiente per il vitto di una giornata,

mentre l'hexas permetteva di avere un sottomultiplo facile da conteggiare nei prezzi e nei resti, oltre ad

essere una moneta che non poteva essere confusa con quella di maggior valore, proprio perché di modulo

molto più stretto.

Il sistema monetale dionigiano:

Pagamento del sitos:

hemilitrion di 6 once = 3 hexantes di 2 once

1 hemilitrion = 2 once/peso (36 g)

1 hexas = 2/3 di oncia/peso (12 g)

Pagamento del misthòs

Bottino di guerra

66 Da rinvenimenti archeologici - per i quali rinviamo a G. Manganaro, L’inizio della monetazione bronzea a Lipara, in Atti del VI Convegno CISN, Roma 1979, 110 - sappiamo che il peso dell’hemilìtrion durante il IV sec. a.C. era di gr. 113 circa. Esso, a nostro avviso, si mantenne tale, in quanto peso da mercato, per tutta l’epoca dionigiana ed oltre, contra N. F. Parise (Il sistema della litra nella Sicilia antica tra V e IV secolo a.C., in Atti VI Convegno CISN, Roma 1979, 301-302, Id., Il sistema della litra tra Siracusa e Locri nel IV secolo a. C., in La monetazione ... cit., 271-275), il quale ha ipotizzato che il dimezzamento del talento in Sicilia (testimoniato da Script. Metrol., I, 299-300) abbia interessato anche la litra/peso di bronzo. A tale ipotesi, non suffragata da alcun testo né dall'evidence archeologica, opponiamo la stringente considerazione che il peso della litra d’argento non ricevette, in quell’occasione, alcuna modifica, rimanendo di gr. 0,872, mentre fu interessato solo il nominale maggiore del sistema di conto della polis, che passò dal tetradrammo al didrammo. Non essendo parimenti attestato un cambio della ratio tra argento e bronzo, riteniamo che il peso della litra non possa essersi dimezzato. Il punto cruciale, a nostro avviso, è invece costituito dal completo sganciamento tra litra/peso - che si usava nelle transazioni commerciali - e litra/moneta - nome convenzionale del divisionale che valeva 1/5 di dracma. Ciò permetteva alle autorità di zecca, ritoccando il peso dei nominali énei, di adeguare le monete alla ratio tra argento e rame che il mercato stabiliva nel corso degli anni. Lo stesso dimezzamento del talento siciliano, che interessò solo l'unità base di conto della polis, con il didrammo/statere che occupò il posto del tetradrammo/statere, ci sembra introdotto, in modo più convincente, non già durante la stasi di coniazioni avvenuta durante il governo di Dionisio I, bensì all’epoca del governo del corinzio Timoleonte, durante il quale la zecca di Siracusa iniziò a battere proprio stateri di tipo corinzio. Per le varie fasi della coniazione di "pegasi" a Siracusa, rimandiamo a R. Cantilena, L’emissione dei «pegasi» nelle zecche siciliane, in La monetazione corinzia in Occidente, Atti del IX Convegno del Centro Internazionale di Studi Numismatici Napoli 1986, Roma 1993, 61-85.

Page 10: Tra dionisio e timoleonte

Soppressione dei mercenari in eccesso

Assegnazione di terre.

La funzione pratica di queste coniazioni, indispensabili per mantenere in piedi il sistema di guarnigioni

realizzato da Dionisio I nel suo vasto "impero", è chiaramente testimoniata dalla fortuna delle serie

Atena/astro e delfini ed Atena/ippocampo, che sono presenti nei rinvenimenti di tutti i centri di controllo

militare dell'attuale Calabria e della Sicilia. Fino alla ripresa delle coniazioni in argento ed oro, perciò, il

grosso della circolazione monetaria siciliana e calabrese è stato supportato da tali emissioni énee, per la

prima volta nella storia economica del mondo greco67.

La portata del fenomeno degli insediamenti di mercenari è chiaramente percepibile nelle fonti

letterarie: oltre alle già citate "rifondazioni" di Katane, prima, e di Aitna, poi, Dionisio stabilì 10.000

mercenari a Leontinoi68; un numero imprecisato a Himera69 e sul Monte Tauro70; ricostruì Messana71; fondò

Tindari72. Per quanto riguarda, invece, i centri minori, la cui storia solitamente non è sufficientemente

messa in luce dalle fonti antiche, gli scavi archeologici hanno dimostrato la capillarità della distribuzione di

guarnigioni di xenoi nell'ambito della mesogeia. Riguardo a questi rinvenimenti, il contributo della

numismatica per la comprensione delle dinamiche storiche si è rivelato fondamentale, come per il caso

esemplare di Monte Saraceno, i cui rinvenimenti monetali sono stati editi da M. Caltabiano73. La studiosa,

con stringenti argomentazioni, ha dimostrato che il sito di Monte Saraceno - da identificarsi in Kakyron74,

secondo l'ipotesi di D. Adamesteanu75 - sia stato sede di mercenari dionigiani, basando le sue

interpretazioni sulla corretta cronologia delle monete rinvenute76, che ha permesso di datare all'epoca di

Dionisio I l'insediamento del sito sull'acropoli, e non in connessione con la ripresa timoleontea di molti

67 Cfr. i tesoretti siciliani IGCH 2134 (Siracusa 1912: 1 Atena/astro e delfini, 13 Atena/ippocampo), 2138 (Sicilia 1879: 15 hemilitria di Adrano Apollo/lira, 3 monete Atena/astro e delfini, 3 hexantes KAINON, 31 hemilitria locresi Zeus Eleuterio/aquila), 2140 (Cassibile: 3 Zeus Eleuterio/cavallo, 4 Zeus Eleuterio/fulmine), 2141 (Sicilia: 24 Atena/ippocampo), 2162 (Milocca: 1 Himera; 12 Atena/astro e delfini; 7 Atena/ippocampo). 68 Polyaen. 5, 2,1. 69 Aen. Tact. 10, 21-22. 70 Diod. 14, 96,4. 71 Diod. 14, 78,5. 72 Diod. 14, 78,5-6. Sulla fondazione di Tindari e le successive vicende della polis fino a Timoleonte, vedi Consolo Langher, Siracusa e la Sicilia greca, 577-587. 73 Cfr. M. Caccamo Caltabiano, I rinvenimenti monetali: Monte Saraceno sede di Xenoi?, in A. Calderone - M. Caccamo Caltabiano - E. De Miro - A. Denti (a cura di), Monte Saraceno di Ravanusa (un ventennio di scavi), Messina 1996, 183-193. 74 Notiamo, a proposito della continuità strategica di alcuni centri, come Kakyron, menzionata in Pap. Oxyrh. IV 665, 1-7, sia stata centro, insieme ad Omphake e Krastos, della resistenza dei mercenari dinomenidi contro le poleis greche della costa dopo la caduta della dinastia siracusana. 75 Cfr. D. Adamesteanu, Monte Saraceno ed il problema della penetrazione rodio-cretese nella Sicilia meridionale, Archeologia Classica, 8, 2, 1956, 121-146; Idem, L'opera di Timoleonte, Kokalos, 4, 1958, 31. 76 Cfr. Caccamo Caltabiano, I rinvenimenti ... cit., nn. 20-37: una litra in argento di Gela (o imitazione); hemilitria di Akragas; esemplari siracusani Atena/astro e delfini ed Atena/ippocampo; monete a leggenda KAINON; 2 "pegasi" di Corinto.

Page 11: Tra dionisio e timoleonte

centri sicelioti. É da notare, ancora, che, lette in quest'ottica, le varie facies dell'abitato77 emerse dallo

scavo archeologico con metodo stratigrafico hanno sostanzialmente confermato l'interpretazione storica

offerta dallo studio delle monete.

Oltre a queste testimonianze, il quadro del modus operandi dionigiano diviene più chiaro ove si

consideri lo smembramento della chora di Rhegion dopo la conquista del 386, con la creazione di

guarnigioni autonome presso Taisia (poi conosciuta come Taurianum) e Scilla78.

Completamente oscuro rimane per noi, invece, il sistema di controllo militare sul mondo siculo, quel

centro della Sicilia che, con la pace del 392, divenne dominio del tiranno di Siracusa, dopo che gran parte

delle sue energie erano state spese per assicurarsene il controllo. L'ipotesi più ragionevole, in ogni modo,

rimane quella di uno stanziamento di diversi corpi di guarnigione all'interno delle principali fortezze sicule,

soprattutto lungo il corso dell'Himera settentrionale, nelle Madonie e nei Nebrodi, che erano divenuti la

chiave di volta del complesso difensivo.

Il sistema di spesa militare di Dionisio I - pagamento alle truppe mercenarie del solo siteresion79

mediante una monetazione énea creata ad hoc, mentre il misthòs veniva saldato con assegnazioni di terre -

doveva, alla lunga, forzatamente incrinarsi, per la semplice considerazione che era impossibile continuare

ad insediare mercenari all'infinito in Sicilia e nell'attuale Calabria. La morte, però, raggiunse Dionisio I nel

368/7 a.C., prima del sopraggiungere di tale limite fisiologico.

Non siamo informati con precisione sugli ultimi anni di vita del tiranno, ma sappiamo che alla sua

morte erano in corso scontri contro i Lucani80 nell’attuale Calabria e contro i Cartaginesi in Sicilia81. Essi

furono, però, conclusi entro alcuni anni per espressa volontà di Dionisio II82, che poté così continuare a

rafforzare quell'opera di penetrazione coloniale e commerciale nell'Adriatico - iniziata già dal padre83 -

fondando due colonie in Apulia84.

77 Cfr. Caccamo Caltabiano, I rinvenimenti monetali, 186-189: negli scavi di Ravanusa 22 esemplari provengono dall’acropoli, contro le 19 monete che sono state rinvenute nell’abitato e un’unica dalla necropoli. Mentre gli esemplari dell’abitato sono pertinenti cronologicamente al V sec. a.C., con una spiccata preponderanza di monete di Akragas, quelli dall’acropoli militare sono di epoca dionigiana. La Caccamo Caltabiano, I rinvenimenti monetali, 186, 189, rileva come negli strati le monete a legenda KAINON e quelle dionigiane sono sempre insieme, facendo parte della circolazione monetale di età dionigiana. 78 Cfr. Castrizio, Reggio ellenistica, 25-30; 101-112. Per la questione delle monete a leggenda KAINON, rimandiamo a D. Castrizio, Le serie a leggenda “KAINON” e la monetazione mercenariale in bronzo nella Brettìa tra Dionisio II e Timoleonte, Annali Istituto Italiano di Numismatica, 46, 1999, pp. 155-178. 79 Rimarchiamo ancora come esso poteva essere corrisposto anche - o preferibilmente - con razioni alimentari e vestiario. 80 Diod. 16, 5,2. 81 L'ultima guerra di Dionisio I contro i Cartaginesi è riassunta in Diod. 15, 73. 82 Per le implicazioni militari relative alla pace con i nemici di Siracusa, vedi Parke, Greek Mercenary Soldiers, 114. Se la pace con Cartagine dovette essere siglata presto, Diod. (16, 5,2) ci informa, in modo compendiario, che si ebbero scontri favorevoli a Dionisio II contro i Lucani, e che, dopo una certa stasi nei combattimenti, si arrivò ad una pace. 83 Le fonti relative alle imprese di Dionisio I in Adriatico in Diod. 15, 13. Sulla politica dionigiana in Adriatico, vedi L. Braccesi, Grecità adriatica, Bologna2 1977, 232-237. 84 Diod. 16, 5,3.

Page 12: Tra dionisio e timoleonte

L'opera di deduzione di colonie, a nostro avviso, va letta in relazione anche con una generale politica di

riduzione delle spese militari, attuata con una drastica diminuzione del numero di mercenari - caratteristica

anche degli ultimi anni di Dionisio I85 - e mediante alcuni tentativi di abbassamento dell’ammontare

giornaliero del sîtos. Le due colonie in Apulia potevano consentire a Dionisio II di insediare un certo numero

di misthophoroi, sulla scia della tradizione paterna riguardante la corresponsione del misthòs. Per quanto

attiene a Siracusa, invece, anche se la nostra fonte principale accenna solo ad un rilassamento dei costumi

militari, dovuta alla cessazione dell'addestramento delle truppe86, dal solo Platone veniamo a conoscere di

una rivolta degli xenoi in seguito alla riduzione del soldo87. Il tentativo di diminuire il sîtos dei mercenari, del

resto, si era reso necessario in seguito alla remissione triennale dei tributi con la quale Dionisio II aveva

inaugurato il suo governo88, che deve avere causato grossi problemi di liquidità di cassa.

Le fonti, infine, ci attestano una situazione economica di grande disagio per l'intera popolazione di

Siracusa, con ben tremila cittadini tradotti in carcere per debiti89, mentre, al contrario, philoi e syggeneis

del tiranno avevano aumentato a dismisura il loro patrimonio personale90.

Non siamo a conoscenza della situazione delle fortezze e delle poleis soggette a guarnigione, che

garantivano l'archè dionigiana dalla Sicilia fino alle chorai di Crotone e Hipponion nell’attuale Calabria, ma

proprio l'assenza di testimonianze ci deve fare credere che Dionisio II non abbia modificato nulla nella loro

composizione e funzione, mantenendo ogni banda di mercenari, guidata dal suo xenagòs, nelle postazioni

assegnate da Dionisio I. Probabilmente già questo tiranno aveva fatto in modo di rendere etnicamente

omogenee le guarnigioni che stanziava nel territorio da controllare, al fine di aumentarne lo spirito di

corpo.

Tale situazione stagnante era destinata a modificarsi in modo radicale nel 357/6 a.C. col ritorno di

Dione91, dopo il suo esilio in Grecia. La dynamis che seguiva l'esule - 800/1000 mercenari reclutati e due

navi da trasporto per traghettarli - non era nemmeno lontanamente comparabile con quelle "catene

adamantine" che assicuravano il potere a Dionisio II92: 10.000 doryphoroi nell'Isola, circa 100.000 opliti

reclutabili (un terzo dei quali mercenari), 9.000/10.000 cavalieri e 400 navi da guerra.

85 Diod. 14, 78,1-2. Cfr. Parke, Greek Mercenary Soldiers, 72. 86 Diod. 16, 5,4. 87 Plat. Ep. VII 348 ss. Una eco di questo avvenimento in Xen. Hiero 10. 88 Cfr. H. W. Parke, Greek Mercenary Soldiers, 114. 89 Iust. 20,1,5. Cfr. Mele, Arché e Basileía, 22. 90 Cfr. Mele, Arché e Basileía, 23-35: Dione, Filisto, Polyarchos il Gaudente, legati alla cerchia del tiranno, sono esempi della pleonexía possedere oltre misura. 91 Una disamina sugli avvenimenti dionei in Consolo Langher, op. cit., 81-117. Sui mercenari nel periodo dioneo vedi Parke, Greek Mercenary Soldiers, 114-122. 92 Sulle cifre relative all'esercito dionigiano, vedi Parke, op. cit., 114, con disamina delle fonti.

Page 13: Tra dionisio e timoleonte

Le dinamiche della campagna militare di Dione presero, però, una piega del tutto inaspettata, giacché

duecento cavalieri Akragantini da Ecnomo93, alcuni Geloi, i Camarinesi, una parte dei Siracusani della

chora94 e molte guarnigioni di centri sicani e siculi passarono dalla parte dell'esule, mentre dai domini

dionigiani in Italia e da Messana si preparavano spedizioni di aiuto per rovesciare la tirannide95. Dione

arrivò a mettere insieme un esercito di circa 20.000 uomini96 e nel contempo, con una falsa manovra

d'attacco a Leontinoi, riuscì a fare rientrare nella loro polis i mercenari che presidiavano le Epipole a

Siracusa. In quella azione militare essi erano comandati da un familiare di Dionisio II, Timokrates, ma, come

dice espressamente Plutarco, lo abbandonarono "ed accorsero in aiuto ai compatrioti" di Leontinoi97.

In quel mentre, Dionisio II si trovava probabilmente a Caulonia98, a coordinare la politica di

penetrazione siracusana nell'Adriatico99, e non poté essere presente agli scontri che permisero a Dione di

rientrare a Siracusa e di assediare i mercenari nell'Isola100. Decisivi ai fini della guerra si dimostrarono, in

seguito, sia il passaggio degli xenoi di Leontinoi a Dione101 sia l'arrivo di Eraclide - già capo dei misthophoroi

dionigiani nell'Isola102 - con venti navi da guerra e 1.500 mercenari103. Si era, così, composta quella breve

Symmachia dionea104, destinata a spezzarsi rapidamente a causa della soppressione violenta del leader.

Nonostante le vittorie, le fonti ci informano come la situazione a Siracusa fosse complicata dalla

mancanza di fondi per il pagamento dei mercenari peloponnesiaci al seguito di Dione, tanto che 3.000 di

essi furono fatti insediare a Leontinoi in cambio del misthòs loro dovuto105, accolti dai 10.000 ex dionigiani,

che concessero loro il diritto di cittadinanza106.

Con Dionisio II insediato a Locri107, di fatto, doveva essere in atto una guerra di posizione resa oscura

dallo scarso peso che ebbe nelle fonti letterarie. Alcune notizie, prive purtroppo di contesto di riferimento,

93 Notiamo che Plut. Dio 26 dice espressamente che si trattava di 200 cavalieri di guarnigione ad Ecnomo: probabilmente quindi si tratta di mercenari. Analisi del passo plutarcheo in Consolo Langher, Siracusa e la Sicilia greca, 52-53. 94 Plut. Dio 27. 95 Diod. 16, 9,5-6. 96 Diod. 16, 9,6. 97 Plut. Dio 27. La qualifica di mercenari assegnata dalle fonti a questi soldati si dimostra in un qualche modo imperfetta, giacché in questo caso essi si comportarono come truppe cittadine di Leontinoi. 98 Plut. Dio 27. 99 Diod. 16, 10,1 afferma che il tiranno si trovava in Adriatico. La dinamica e le motivazioni dell'agire di Dionisio II non hanno trovato ancora una risposta soddisfacente. Non è escluso che la reale motivazione della spedizione, fatta, secondo Diodoro, "con ingenti forze", fosse la sistemazione del limes nell’attuale Calabria contro i Lucani. 100 Il racconto dettagliato di questi avvenimenti in Plut. Dio 28-31. La stessa successione degli avvenimenti, con alcune varianti sostanziali, anche in Diod. 16, 10-12. 101 Diod. 16, 16,1. 102 Plat. Ep. VII 348. 103 Diod. 16, 16,2. 104 Cfr. Martino, Evidenze numismatiche, 54. 105 Diod. 16, 17,3. 106 Plut. Dio, 40,1. 107 Diod. 16, 17,2; Plut. Dio, 37, in seguito alla morte di Filisto in battaglia navale.

Page 14: Tra dionisio e timoleonte

ci informano, in ogni caso, di spostamenti di truppe dionigiane dall'Italia verso Siracusa108 e della presenza

del nauarchos siracusano Eraclide e della sua flotta a Messana109: una situazione che lascia intendere una

divisione dell'ex "impero" in due schieramenti110.

Nell'ambito di questa guerra, la morte di Dione nel 354/3 a.C.111 ebbe l'effetto di vanificare il grosso

successo del fronte siracusano della presa della cittadella di Ortigia112, che avrebbe condotto alla fine delle

ostilità. L'assassinio del comandante, invece, ebbe l'effetto di riportare la situazione militare e politica ad un

caos generale, nella mancanza di direttive centrali da parte siracusana, mentre per Dionisio II la perdita di

Ortigia rappresentava la mancanza di un appoggio logistico per un intervento diretto. La colpa di questa

situazione fu certamente responsabilità dell'ateniese Callippo, il mandante dell'assassinio di Dione, che non

riuscì a mantenersi saldo nel controllo di Siracusa, essendone presto estromesso nel corso di una

spedizione contro la guarnigione di Katane, resasi, sottolineamo, indipendente.

La Symmachia dionea appare, quindi, essersi disgregata di colpo e definitivamente, degenerando in

una frammentazione politica che dovette vedere tutti gli xenagoi, padroni di poleis e phrouria, in lotta l'uno

contro l'altro.

Una riprova della mancanza di coordinamento delle azioni militari in questo periodo storico ci sembra

che venga offerta dalle successive vicende di Callippo, il quale - evidentemente alla ricerca di un luogo dove

esercitare, alla stregua degli altri capi mercenari, un governo tirannico - tentò prima di impadronirsi di

Messana113, fallendo, per poi "liberare" Rhegion dalle guarnigioni dionigiane, finendo ucciso dai suoi

principali aiutanti di campo114.

Il gap di fonti letterarie, che vela di mistero tutto il periodo tra la morte di Dione del 354/3 a.C. e

l'arrivo di Timoleonte nel 345/4 a.C.115, ci impedisce di cogliere appieno l'insediarsi dei tiranni nei vari centri

della Sicilia centro/orientale - che ci è riferito come un fatto compiuto quando la narrazione degli eventi

riprende con regolarità - ma non vi è dubbio che il vuoto di potere a Siracusa, causato dalla morte di Dione,

dovette facilitare il governo tirannico di Iceta a Leontinoi, di Leptine ad Apollonia e Engyon, di Marco116 (o

108 Diodoro (16, 16, 1) ci informa del trasporto di 500 hippeis mercenari di rinforzo da una guarnigione nella chora di Rhegion a Siracusa, mentre Plutarco (Dio 41) e lo stesso Diodoro (16, 18, 1-3) narrano dell'arrivo del neopolita Nipsio con rinforzi in viveri e denaro ad Ortigia. 109 Plut. Dio 48: a Messana, dove era di stanza. 110 In questa fase dei combattimenti le tracce nelle fonti sono poche, la più significativa delle quali si riferisce alla nauarchia di Eraclide a Messana (Plut. Dio, 48), che lascia intendere come egli dovesse opporsi alle truppe lealiste in Calabria, quali quelle guidate da Nipsio, che da Locri aveva portato viveri e uomini ad Ortigia (Diod. 16, 18,1-3; ma da Plut. Dio, 41 sappiamo che portava anche denaro per le paghe dei mercenari). 111 Diod. 16, 31,7; il racconto degli avvenimenti in Plut. Dio, 52-57. 112 Plut. Dio, 50. 113 Forse a Messana era già presente Ippone, che in questa occasione deve essersi reso indipendente. 114 Plut. Dio, 58. Callippo, incapace di pagare il sîtos ai mercenari, fu ucciso a Rhegion da Poliperconte e Leptine, i due capi dei suoi misthophoroi. Leptine, in seguito, riuscì a diventare tiranno di Apollonia e Engyon (Diod. 16, 72,5). 115 Diod. 16, 66-67; Plut. Timol., 9-11. 116 L'origine di capo mercenario di Marco/Mamerco é chiarita da Cornelio Nepote, Tim. 2, 4, che ricorda la sua venuta dall'Italia in aiuto dei tiranni: Cepit etiam Mamercum, Italicum ducem, hominem bellicosum et potentem qui tyrannos

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Mamerco117) a Katane, di Andromaco a Tauromenio, di Nicodemo a Centuripe, di Apolloniade ad Agirio e di

Ippone a Messana118, mentre altre comunità, quali i Campani di Aitna e gli Adraniti, si erano nel contempo

rese indipendenti.

Tale condizione, del resto, rispecchia precisamente quello che contemporaneamente sembra essere

avvenuto anche nell'odierna Calabria, dove i Brettii, nel corso di pochi anni subito dopo la caduta di

Dionisio II, riuscirono a crearsi uno Stato federale autonomo, a spese soprattutto dei domini siracusani119.

La situazione generale in Sicilia ci sembra essere compiutamente sintetizzata dalle parole di Plutarco, a

proposito degli anni precedenti l'arrivo di Timoleonte nell'isola120: la maggior parte delle poleis era in mano

a folle di barbari ed a soldati senza paga, che facilmente si adattavano al cambiamento di padroni (enfasi

nostra).

Se da un lato le migades di barbaroi sono senz'altro da identificare con i mercenari italici di cui parla

Platone121, i despotai, ai quali gli stratiotai amisthoi si sarebbero adattati, sono da identificare invece nei

loro xenagoi, che, installati dai Dionisii e da Dione per il controllo dell'"impero", dopo la morte di

quest'ultimo si trovarono a colmare il vuoto di potere in Sicilia.

Tra questi xenagoi il più potente era senz'altro Iceta122, tyrannos di Leontinoi, con un esercito formato

da ben 13.000 ex mercenari123 in una polis che - già dai tempi di Dionisio I, e ancora di più sotto Dione - era

stata organizzata per fungere da piazzaforte di Siracusa124. Solo Iceta, quindi, si trovava nelle condizioni per

tentare l'assalto al potere supremo a Siracusa, mentre, verosimilmente, gli altri capi di mercenari resisi

autonomi avranno tentato, tutt'al più, di mantenere le proprie posizioni acquisite. La situazione siciliana era

destinata a mutare radicalmente solo con l’arrivo da Corinto di Timoleonte125.

adiutum in Siciliam venerat. Tagliamonte, I figli di Marte, 146, crede che Marco fosse giunto in Sicilia su richiesta forse di Ipparino. 117 Manteniamo la forma Marco attestata da Diodoro, tradita, invece, da Plutarco e Cornelio Nepote come Mamerco, sulla scorta dell'epigrafe IG IV2 24,2, una lista di thearodokoi da Epidauro, che ricorda un Alkippos figlio di Markos da Katane, pur dovendosi ricordare una ghianda missile vista a Centuripe, che attesta un Damatrios figlio di Mamarkos, segnalata da G. Manganaro, Per la storia dei culti nella Sicilia greca, in Il tempio greco in Sicilia. Architettura e culti, Atti I Riun. Scient. Sc. Perfez. Arch. Class. Catania, Siracusa 1976, Cronache di Archeologia, 16, 1977, 151, nt. 18. 118 Su Ippone vedi Consolo Langher, Siracusa e la Sicilia greca, 84-85, che ipotizza che il personaggio sia lo stesso presentato in combutta con Eraclide a Siracusa da Plut. Dio, 37. Questa ipotesi è, a nostro avviso, da mantenersi, vista la dinamica degli avvenimenti: il demagogo Ippone sobilla l’assemblea siracusana in accordo con Eraclide; quando Eraclide viene mandato a Messana come navarco è probabile che il suo braccio destro lo abbia seguito, rimanendo, dopo la sua morte, a capo dei mercenari a Messana. 119 Lo Stato brettio, infatti, non interessò solo l'area settentrionale della Calabria, dove il ruolo di metropolis esercitato da Consentia é stato forse sopravvalutato. Persino sullo Stretto esisteva un popolo, quello dei Tauriani, che faceva parte della lega dei XII popoli brettii. Su questi problemi vedi Castrizio, Reggio ellenistica, 25-30. 120 Plut. Timol., 1. 121 Plat. Ep. VIII 353 E. 122 Su Iceta, nuovo capo degli oligarchici dopo la morte di Dione, vedi Consolo Langher, Siracusa e la Sicilia greca, 96. 123 Sull'insediamento di tale dynamis, vedi la nostra ricostruzione supra 21-25. 124 Il ruolo di Leontini come sede di una pronta riserva di uomini in ausilio ai tiranni di Siracusa è dimostrato dalla difesa delle Epipole, durante l'assalto dioneo, affidata proprio al contingente leontino, di cui parla Plut. Dio 27. 125 Sulla figura di Timoleonte vedi M. Sordi, Timoleonte, Palermo 1961.

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Timoleonte

L’arrivo in Sicilia di Timoleonte, voluto fortemente dal partito antitirannico siracusano126, fu aiutato

non poco da alcune poleis italiote, prima fra tutte Rhegion, che vedevano nella ricostituzione di un potere

forte a Siracusa la chiave per un controllo della regione contro i Brettii e la fine del potere dionigiano in

Italia127. Con la caduta della tirannide, crollò anche il sistema monetale dionigiano, causando il graduale

ritorno a prassi economiche e di bilancio statale precedenti128.

Queste le tappe, in estrema sintesi, della spedizione di Timoleonte, funzionali alla nostra ricostruzione

della politica economica del Corinzio:

Nel 344 a.C. il corinzio Timoleonte arriva in Sicilia con pochi mercenari. Presa di Messana, sconfitta di Iketas ad Adranon primo assedio di Leontinoi, trattative segrete con Dionisio II per la resa di Ortigia, conquista di Apollonia e di Engyon. Nel 342/1 creazione di una Symmachia in funzione anti-cartaginese.

Scontro con i Cartaginesi al Crimiso nel 339/8 a.C.

Defezione dei tiranni e loro annientamento nel 338 a.C.: sconfitta di Iketas di Leontinoi al fiume Damiria, sconfitta di Mamerkos di Katane all’Abolo, assedio di Messana e cattura del suo tiranno Ippone e di Mamerkos colà rifugiatosi, capitolazione di Aitna, fuga di Nikodemos di Kentoripai e deposizione di Apolloniades di Agyrion.

Nel 336 cecità di Timoleonte e deposizione delle cariche pubbliche.

Nel 334 a.C. morte ed eroizzazione del Corinzio.

L’intera storia di Timoleonte in Sicilia può essere divisa tenendo come spartiacque la battaglia del

Crimiso. Prima di tale evento, Timoleonte fu costretto a perpetuare il sistema monetale dionigiano. Per

evitare di coniare una nuova moneta, che avrebbe potuto costituirsi come elemento di turbativa rispetto

agli hemilitria e agli hexantes del periodo precedente, il Corinzio decise, perciò, di emettere nominali

diversi, facenti però riferimento al medesimo sistema monetale. La principale innovazione delle emissioni

timoleontee di questo primo periodo fu quella di introdurre nuovamente la coniazione di stateri in argento.

Il Corinzio, come provano le fonti, al momento del suo arrivo a Siracusa si trovava in estrema penuria

finanziaria, al punto che, per potere coniare in bronzo, fu costretto a fondere quasi tutte le statue che si

trovavano nell’agorà della città aretusea. Tale crisi di liquidità dovette essere maggiormente percepita per

l’argento. Per ovviare a questo problema, sfruttando la produzione cerealicola dell’area da lui controllata,

Timoleonte ordinò di battere stateri di tipo corinzio, i cosiddetti “pegasi” che presentavano al diritto il

cavallo alato e al rovescio la testa elmata di Atena Chalinitis.

Tale mossa, finora letta prevalentemente come un tributo culturale che Timoleonte avrebbe reso alla

sua città d’origine, va, invece, inquadrata nell’ambito delle riforme economiche e sociali da lui progettate.

126 Cfr. Consolo Langher, Siracusa e la Sicilia greca, 96. 127 Sugli appoggi a Timoleonte da parte delle poleis italiote vedi Castrizio, Reggio ellenistica, 35-37, con bibliografia precedente. 128 Per le riforme monetarie di Timoleonte rimandiamo a D. Castrizio, La monetazione mercenariale in Sicilia. Strategie economiche e territoriali tra Dionisio I e Timoleonte, Soveria Mannelli 2000, pp. 27-31.

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Non sfugge, infatti, che la coniazione di una quantità non molto rilevante di “pegasi” corinzi a Siracusa ha,

di fatto, “scatenato” una coeva emissione di “pegasi” in numerosissime colonie di Corinto, città che spesso,

né prima né in seguito, avrebbero emesso moneta in tali quantità.

Non si tratta, a nostro avviso, di una mera coincidenza, giacché la possibilità di comprare grano

siciliano da parte delle colonie corinzie, non pagando aggio di cambio, in quanto che non era facilmente

riconoscibile il “pegaso” siracusano dagli altri in circolazione, deve essere stato un eccezionale volano per

l’arrivo in Sicilia di argento straniero. Tale afflusso, dato che il governo timoleonteo, erede del latifondo

dionigiano, doveva essere uno dei principali venditori di grano, dovette ripercuotersi favorevolmente sulle

finanze della città aretusea. Il ritorno dell’argento coniato era uno dei punti principali del programma

timoleonteo, almeno per come riusciamo oggi a ricostruirlo. Per scardinare il sistema economico

dionigiano, che, come abbiamo visto, si fondava principalmente sull’assunto di dovere reperire fondi per

pagare un obbediente e fidato esercito di mercenari, occorreva, dal punto di vista del Corinzio, ritornare a

sistemi di pagamento tradizionali, basati sull’arruolamento di un numero di misthophoroi non molto

elevato.

Per poter arrivare ad ottenere questo risultato, Timoleonte dovette giocare una partita molto difficile.

Nella prima fase della sua azione dovette mantenere in piedi il sistema militare creato dai due Dionisii e

mantenuto da Dione, accettando l’alleanza di coloro che era venuto a distruggere: gli ex capi mercenari

divenuti tiranni dei vari centri siciliani. Questo fu necessario non solo e non tanto perché Timoleonte

doveva rendere sicuro il potere a Siracusa e effettuare le necessarie riforme costituzionali, ma per la

ragione che il vero nemico, in quel momento storico, era Cartagine.

Solo dopo la fine del pericolo cartaginese, Timoleonte poté “gettare la maschera” e rivolgere la propria

azione militare contro i tiranni che avevano frammentato politicamente la Sicilia. Fino a quel momento,

invece, il Corinzio dovette tenere in piedi la scomoda alleanza con gli ex capi mercenari, che è testimoniata

a livello monetale non solo dalle serie con la leggenda che ricorda espressamente la Symmachia, ma anche

dalle tante serie locali in bronzo pesante che utilizzavano come metallo le precedenti emissioni dionigiane

Atena/astro e delfini e Atena/ippocampo, riconiandole. A dimostrazione della vastità del conflitto, sono

conosciute anche alcune serie monetali battute nell’attuale Calabria, come quelle di Scilla, le due emissioni

a leggenda KAINON, fino alle monete di Crotone.

Tutte queste emissioni presentano alcune indicative analogie:

1. l’utilizzo come undertypes delle monete dionigiane Atena/astro e delfini ed Atena/ippocampo;

2. l’assenza quasi totale di coniazioni con metallo “nuovo”;

3. l’uso di un numero molto limitato di conii.

Page 18: Tra dionisio e timoleonte

Come si può ben arguire, tutti questi elementi sembrano attestare un fenomeno di breve durata –

con sostanziali eccezioni, che meriteranno un approfondimento – probabilmente legato alle vicende

particolari di un preciso periodo storico.

La maggior parte di queste serie monetali non offrono la possibilità di agganci cronologici certi. Fanno

eccezione, a nostro avviso, solo Herbessos, Petra ed Aitna, perché, verosimilmente, le loro emissioni sono

posteriori al 344 a.C., sulla base della presenza della tipologia dello Zeus Eleuterio nelle prime due, e della

tariffazione come tetras del nominale maggiore emesso da Aitna, elementi che risentono entrambi della

coniazione a Siracusa, da parte di Timoleonte, del tetras con Zeus Eleuterio.

Da ultimo, rimarchiamo come la zecca che emise monete a leggenda appaia chiaramente

fuori contesto rispetto alle altre emissioni énee siceliote. Ragioni metrologiche e di tecnica di fabbricazione,

infatti, sembrano legare questa serie alla circolazione dell’eparchia cartaginese piuttosto che a quella

dell’ex “impero” dionigiano.

L’importanza della scelta del nuovo statere siracusano operata da Timoleonte è testimoniata dal

cosiddetto dimezzamento del talento siceliota. In verità, il dimezzamento avvenne solo a livello di nomos,

cioè della moneta maggiormente coniata, cardine del sistema monetale. Fino a Timoleonte il talento era

stato costituito da 12 nomoi tetradrammi; il Corinzio portò il nuovo talento a 12 nomadi di didrammi.

Contrariamente a quanto si pensa, questo non implica il dimezzamento “a cascata” di tutti gli altri nominali,

che mantennero, invece, il proprio peso. Riduzioni ponderali in Sicilia si avranno soltanto dopo che Tolemeo

I, basileus d’Egitto, avrà insegnato agli altri diadochi e ad Agatocle come ridurre il debito pubblico

utilizzando simili espedienti monetali.

La politica monetale timoleontea

Non siamo in grado di comprendere con certezza quando la zecca siracusana interruppe la

coniazione delle serie énee Atena/astro e delfino ed Atena/ippocampo, che avevano supportato la

circolazione monetaria dell'epoca del primo Dionisio. Nessun dato esistente, a tal proposito, ci può

soccorrere nel tentativo di ottenere un terminus ad quem riguardante la fine di tali emissioni, lasciando così

campo libero solo a ricostruzioni ipotetiche. Certamente, a parere di chi scrive, la conquista dionea della

polis di Siracusa, come anche la morte di Dione ed il successivo allontanamento di Callippo, potrebbero

essere assunte come verisimili termini ante quem per tali coniazioni, ma, ad onor del vero, dobbiamo

rimarcare come non esista ancora alcuna prova certa che le serie in bronzo siracusane siano state battute

ancora durante il governo di Dionisio II, anche se la logica ed il buon senso lascerebbero intuire un

prosieguo delle emissioni, essendo rimasto immutato, con l'avvento del nuovo dinasta, il sistema di spesa

pubblica siracusano.

Dopo l'avventura dionea e quel periodo che abbiamo definito di «anarchia militare» che dovette

seguire la sua morte, la zecca di Siracusa ricominciò a battere moneta, probabilmente solo con l'arrivo di

Page 19: Tra dionisio e timoleonte

Timoleonte129. Il Corinzio, infatti, fin dal suo arrivo, si trovò nella pressante necessità di dovere fronteggiare

spese militari rilevanti, potendo contare, in un primo momento, solo sul denaro proveniente dalla

madrepatria e sul bottino di guerra130.

É in questo preciso momento che, a nostro avviso, la zecca siracusana dovette riprendere a coniare

in argento, sia pure in condizioni oggettivamente sfavorevoli dal punto di vista dei conti pubblici della polis,

esaurita da più di un decennio di guerre civili.

Ci sembra, allora, che le condizioni di quel preciso momento storico ci aiutino a comprendere

appieno la causa della coniazione e del successivo afflusso di "pegasi" di tipo corinzio nel mercato del

circolante siracusano. La zecca, in quel preciso momento storico, non ci sembra in condizioni di operatività

tali da far fronte da sola al fabbisogno di numerario necessario per le operazioni militari ed i restauri di

mura, templi e fortezze. Molto più conveniente si dovette presentare, allora, la prospettiva di coniare

"pegasi" di tipologia e peso corinzi, autorizzando, di fatto, l'ingresso nella circolazione monetale cittadina di

tale valuta straniera, considerata alla stessa stregua della propria, realizzando così un unicum nell’età

precedente all’ellenismo, su cui nessuno studioso non ha mai richiamato l'attenzione.

A parte ragioni di buon senso e di opportunità, la prova della coniazione di "pegasi" da parte della

zecca siracusana già durante i preparativi per la guerra punica si ha, a nostro avviso, dalla contemporanea

emissione di stateri di tipo corinzio anche a Leontinoi131. Questo dato ci appare di straordinaria importanza

ai fini della cronologia assoluta delle serie, giacché tale emissione può essere stata effettuata solo dal

governo di Iceta, e solo anteriormente alla ripresa della guerra tra il tiranno e Timoleonte, avvenuta

all'indomani della vittoria della Symmachia siceliota al Crimiso. Altre ipotesi di datazione per la serie dei

Leontinoi non ci sembrano praticabili, dato che la polis calcidese venne destrutturata da Timoleonte nel

339/38 a.C. - o poco dopo - per allontanare la costante minaccia di una città con un forte esercito

oplitico132, troppo vicina a Siracusa.

Se la nostra ipotesi coglie nel segno, la ripresa a Siracusa delle coniazioni in metallo nobile sarebbe

da datare anteriormente alla battaglia del Crimiso, per far fronte alle spese della guerra punica.

Tali emissioni furono effettuate battendo uno statere argenteo con tipi Pegaso/testa di Atena con

kyne ed elmo corinzio, di ca. gr. 8,7, nominalmente tridrammo corinzio anche se, di fatto, didrammo attico.

Oltre alla ripresa delle coniazioni in argento, tra l'avventura dionea e la "riforma" monetale operata

sotto Timoleonte133 ci è attestata con certezza soltanto l'emissione di una serie énea emessa dalla zecca

129 Sul problema dell'inizio delle coniazioni in argento a Siracusa dopo la pausa dionigiana, rimandiamo a R. Cantilena, L'emissione dei "pegasi" nelle zecche siciliane, in La monetazione corinzia ... cit., 62, con bibliografia precedente. 130 Vedi supra 32 ss. 131 Sulla serie, vedi R. Calciati, Pegasi, Mortara 1990, II, 621. Secondo R. Cantilena, L'emissione ... cit., 67, la coniazione di Leontinoi andrebbe datata agli anni 339/8, tra la "liberazione" della polis da parte di Timoleonte e la destrutturazione della stessa. 132 Ricordiamo che all'epoca di Iceta Leontini doveva schierare in campo 13.000 opliti, trutti ex-mercenari dionigiani e dionei. 133 Per la discussione di tale "riforma" vedi supra 36 ss.

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siracusana. La successione cronologica, rispetto alle precedenti coniazioni siracusane, e la contiguità

temporale con le altre emissioni della«anarchia militare» ci è data da una riconiazione effettuata su un

esemplare éneo Atena/ippocampo134.

L'emissione appare articola su due nominali, tetras ed onkia. Notiamo come i tetrantes siracusani si

pongano, dal punto di vista dell'analisi dei conii utilizzati, su un piano completamente differente rispetto

alle serie finora esaminate. Se per le altre emissioni dell'epoca dell'anarchia militare le varie zecche non

erano andate oltre l'utilizzo di appena qualche conio, quella siracusana immise sul mercato - in uno spazio

di tempo valutabile in circa tre anni - una massa imponente di numerario, utilizzando, sulla base dei dati in

nostro possesso, ameno 5 conii di D/ e 7 di R/ per la serie 1 a), 13 di D/ e 23 di R/ per la serie 1 b)135 e 20 di

D/ associati a 35 di R/ per la serie 1 g), per un totale di 37 conî di diritto e 65 di rovescio.

Ricapitolando, le caratteristiche del sistema monetale timoleonteo fino alla battaglia del Crimiso sembrano essere:

Permanenza in circolazione di hemilitria e hexantes dionigiani integrati da Timoleonte con

tetrantes e onkiai in bronzo per il pagamento del sitos e l’organizzazione dello Stato

Problema del pagamento ai mercenari del “misthòs entelés” senza ricorrere a distribuzione di

terre ed insediamenti

Prime coniazioni di “pegasi” (terminus ante quem: 338 a.C., conquista della Leontinoi di Iketas,

che risulta avere emesso “pegasi”)

Gli stateri di tipo corinzio divengono il motore dell’economia siracusana: i “pegasi” sicelioti richiamano nell’isola i “pegasi” di Corinto e delle sue colonie, che non pagano aggio di cambio se usati nell’ambito dell’arché siracusana.

Dimezzamento del “talento siceliota” da 12 nomoi tetradrammi a 12 nomoi didrammi.

Questo, invece, è in sintesi il sistema monetale timoleonteo:

“Pegasi” decalitri in argento (a Corinto dal valore di tre dracme, a Siracusa dal valore di due dracme)

Tetrantes in bronzo da 18 g teorici (pesi dionigiani)

134 Si tratta di un esemplare della collezione Cammarata, di cui dà notizia Garraffo, La monetazione ... cit., 225. 135 Il R/ 5, appartenente alla serie b), coniò solo in associazione con il D/ 5, ultimo della serie a).

Page 21: Tra dionisio e timoleonte

Onkiai in bronzo da 6 g teorici

Dopo la battaglia del Crimiso, come abbiamo già detto, Timoleonte, allontanato il pericolo cartaginese,

poté occuparsi del ristabilimento di legittimi governi democratici all'interno dell'ex area di supremazia di

Siracusa. I suoi principali nemici erano, a questo punto, i suoi ex alleati, tra i quali spiccavano Iceta di

Leontinoi, Ma(me)rco di Catania, Ippone di Messana, Nikodemos di Centuripe e Apolloniades di Agyrion. Lo

scontro tra Timoleonte e i tiranni divenne ineludibile e si concluse con la vittoria del Corinzio.

Il progetto politico - militare, messo in atto da Timoleonte con tenacia e per gradi fin dal suo sbarco in

Sicilia, si poteva dire quasi completato nel corso del 339/38 a.C., dopo la sconfitta di tutti gli

xenagoi/tyrannoi, che avevano frantumato l'epikrateia siracusana in Sicilia ed in Magna Grecia.

I Cartaginesi, dopo la disfatta subita al Crimiso, avevano tentato ancora di proseguire la guerra,

facendo perno proprio sui tiranni militari sicelioti136, ma la sconfitta subita dai loro alleati nel 339/38 a.C. li

indusse a chiedere la pace nello stesso anno137, accettando di ridiscutere la linea di confine tra la loro

eparchia e l'epikrateia138 siracusana139, ribadendolo al fiume Halykos.

In apparenza, il ristabilimento di tale area d’influenza non rappresentava un miglioramento per

Siracusa rispetto alla situazione dionigiana, ma esso si configurava, sul piano della Realpolitik, come il

ripristino dello status quo ante140, a riprova anche di come le piccole vittorie cartaginesi successive alla

giornata del Crimiso - a Messana e ad Iaitas141 - avessero avuto la loro importanza per far comprendere a

Timoleonte come la potenza punica non fosse affatto in crisi.

136 Plut. Timol., 30; Diod. 16, 3-4. 137 Plut. Timol., 34. 138 Sulle problematiche storiche riguardanti il trattato del 338 a.C. rimandiamo alla lucida analisi della Consolo Langher, Siracusa ... cit., 319-337, con esaustiva bibliografia precedente: le poleis greche ad oriente dell'Halykos erano da considerarsi eleutherai secondo il trattato, e l'arche di Siracusa era solo sottintesa e non ratificata. 139 Plut. Timol., 34; Diod. 16, 82, 3. I vantaggi ottenuti da Siracusa in base al trattato di pace con Cartagine risultano esagerati in Corn. Nep. Timol., 2, 3. 140 Notiamo, en passant, come tale confine costringeva Timoleonte a restituire alcune fortezze/chiave, quale Entella, che passavano di nuovo sotto il controllo punico. 141 Su queste scaramucce siamo informati solo da Plut. Timol., 30. Il totale delle perdite siracusane deve essere stato comunque ingente, giacché solo a Messana furono sterminati quattrocento mercenari, mentre a Iaitas perì il contingente di Euthimios di Leucas.

Page 22: Tra dionisio e timoleonte

L'estirpazione degli ultimi xenagoi/tiranni - avvenuta nel corso di una campagna militare nel 339/38

a.C.; a cavallo, quindi, della stipulazione delle synthekai con Cartagine142 - permetteva a Timoleonte di

ritenere sotto controllo tutto il mondo della mesogaia isolana ad oriente dell'Halykos143, rendendo di nuovo

disponibile il territorio alla coltivazione estensiva di cereali, indispensabile per le esportazioni siceliote e, di

conseguenza, per garantire un costante afflusso di argento, capace di rianimare le esauste casse statali. Per

evitare ogni ulteriore possibile minaccia da parte della più importante comunità di ex mercenari dionigiani

e dionei, Timoleonte provvide - secondo le fonti nello stesso 339/38 a.C. - ad allontanare da Leontinoi gli

abitanti ex mercenari, che erano stata la riserva militare principale dei due Dionisii e di Iceta144,

incorporandoli quindi nella cittadinanza siracusana.

Sullo stesso piano del recupero dell'ordine e della legalità - e, di più, della sicurezza delle rotte

commerciali - è da inquadrare anche l'episodio dell'arresto e della condanna a morte del tirreno

Postumios145. L'etrusco - si trattava, a nostro avviso, di un capo mercenario dionigiano, che, avendo avuto il

comando di una squadra navale146, si era reso indipendente dopo la morte di Dione147 - esercitava da

qualche tempo la pirateria con una flottiglia di dodici navi, andando così a contrastare con la necessità

siracusana di mantenere sgombri da lestai i mari soggetti al suo controllo. Evidentemente alleato dei

Siracusani fin dall'epoca dionigiana148, egli era sbarcato nel porto della polis durante il corso dell'anno

339/38 a.C., scevro da qualsiasi preoccupazione. Ma Timoleonte, dopo i successi riportati, era in quel

momento in grado di disfarsi di tutti i suoi scomodi e poco presentabili ex alleati, ed in questo caso

specifico l'arresto proditorio lo liberò dalla necessità di un assedio ad un phrourion o, peggio, di una costosa

caccia per mare alle navi pirata.

La riforma monetale timoleontea

Le mutate condizioni politiche e militari dopo la sconfitta dei tiranni permisero a Timoleonte di

completare il suo programma sociale, politico ed economico.

Il programma economico prevedeva, come abbiamo visto, un ritorno ad un sistema generalmente

diffuso nell'intero mondo di cultura greca, basato su emissioni in argento, affiancate da monete

142 Cfr. Consolo Langher, Siracusa ... cit., 333. 143 La supremazia di Siracusa su questo territorio appare evidente al momento del colpo di stato di Agatocle del 316 a.C., con Morgantina, Centuripe, Kamarina, Leontini e Katane, e forse anche Henna ed Herbessos, che riconobbero subito il nuovo governo siracusano, a differenza di Messana, Agrigento, Tauromenion e Gela: cfr. Consolo Langher, Siracusa ... cit., 337. La libertà formale da Siracusa delle poleis dissidenti rappresentava un casus belli per Cartagine, che sottolineò in quell'occasione la violazione del trattato timoleonteo. 144 Vedi supra 21 ss., contra D. Musti, Storia greca, Roma-Bari 1989, 679, che la considera solo "granaio" di Siracusa. 145 L'episodio c’è noto solo da Diod. 16, 82, 3. 146 A nostro avviso Postumios potrebbe essere stato phrourarchos di un sito costiero o piuttosto isolano, come Lipari, con compiti di lotta alla pirateria. 147 Si spiegherebbe, così, il fatto che egli sia sbarcato a Siracusa "come amico": come tutti gli xenagoi/tiranni, infatti, doveva avere concluso un patto con Timoleonte in vista della guerra contro Cartagine. 148 Contra la communis opinio di un arrivo a Siracusa per arruolarsi; cfr. Tagliamonte, op. cit., 156, con bibliografia precedente.

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sopravvalutate in bronzo e, per le grandi spese, da nominali in oro. Queste ultime consistevano in un

hemidrachmon aureo, con tipologia Zeus Eleuterio a capelli lunghi/pegaso149, battuto su un peso di ca. gr. 2.

La conseguente riforma timoleontea previde la stabilizzazione delle coniazioni in argento, cui vennero

affiancate delle monete auree. Per quanto riguarda il bronzo, invece, Timoleonte dovette trovare una

soluzione che, permettendo il mantenimento delle monete di epoca precedente, proponesse una

ritariffazione improntata ad una maggiore sopravvalutazione dei nominali emessi.

La soluzione trovata fu quella di emettere hemilitria del peso di 18 g, uguali quindi ai tetrantes coniati

al momento dell'arrivo in Sicilia: rispetto alle nuove monete, i vecchi tetrantes venivano a valere quanto

hemilitria, mentre le monete dionigiane con Atena/astro e delfini divennero del valore della litra.

Il nuovo sistema fu immediatamente adottato da tutti i centri sicelioti che ricadevano entro l'ambito

della supremazia siracusana.

Ecco, in sintesi, la riforma di Timoleonte dopo la battaglia del Crimiso:

Il ritorno dei metalli preziosi.

Il pagamento del misthòs in denaro (anziché con terra e insediamenti).

Questo è il sistema monetale successivo al Crimiso:

Hemidracme in oro

Piccoli nominali in argento da spendere probabilmente a peso (grandi oscillazioni tra il peso della litra e del dilitron)

Riforma della moneta in bronzo:

1 hemilitrion = 2 tetrantes = 3 hexantes = 6 onkiai

1 hemilitrion = 1 oncia/peso (18 g)

149 SNG Lockett, pl. XIX, n. 995.

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1 tetras = ½ di oncia/peso (9 g)

1 hexas = 1/3 di oncia/peso (6 g)

1 onkia = 1/6 di oncia/peso (3 g)150

Dal punto di vista sociale, Timoleonte promosse la rifondazione delle principali poleis greche, che

avevano subito enormi sconvolgimenti e mutilazioni a causa dell'invasione cartaginese e del lunghissimo

periodo dei due Dionisii e poi durante l'anarchia militare. Come aveva fatto con i "pegasi" per superare la

crisi di liquidità, anche in questo caso la crisi demografica fu risolta mediante l'afflusso di coloni dalla

Grecia, visto che, nel quadro di una rinascita economica della Sicilia, non poteva essere trascurato neanche

il problema dell'oligantropia del territorio, spopolato da quasi un secolo di guerre ininterrotte, e da contese

civili che avevano trasformato in esuli tanti possidenti sicelioti. Connessa alla questione demografica era

anche quella etnica, in una Sicilia che vedeva l'elemento greco minacciato dagli italici oschi, coinvolti in una

diaspora che aveva mutato quasi integralmente il volto dell'attuale Calabria, divenuta Brettia, e che

minacciava di fare altrettanto nell'isola151.

150 A nostro avviso, per la presenza di un monogramma, quella che viene denominata dagli studiosi come onkia deve essere un’emissione di epoca agatoclea. I monogrammi appaiono, infatti, nella monetazione siceliota solo da Agatocle in poi. Anche lo stile della moneta non sembra in linea con quello degli altri nominali. 151 Pl. Ep. VIII 353 E. Da alcuni passi di Plutarco [Timol., 19 e 30] e Diodoro [16, 82,2] conosciamo che la situazione in quella che veniva ormai chiamata Brettia non dovesse essere facile per gli Italioti. I mercenari venuti da Corinto di rinforzo a Timoleonte, infatti, dopo essere rimasti a Thourioi per un certo periodo, furono costretti ad aprirsi la strada lungo tutta l'attuale Calabria, fino a giungere a Rhegion, mentre i 1000 uomini che si erano rifiutati di combattere al

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La risposta timoleontea fu l'organizzazione di una serie di ktiseis152, realizzate nella Sicilia

centromeridionale153 imitando il modello arcaico: Agrigento ebbe, quindi, come ecisti154 Megello e Feristo

di Elea155; Gela, invece, Gorgo di Ceo156.

Anche Siracusa fu interessata ad una vera e propria “rifondazione”. Nella Grecia continentale -

probabilmente a Corinto157 -, venne pubblicato un bando, in base al quale i Siracusani avrebbero assegnato

una porzione di terreno e concessa la cittadinanza a coloro che ne avessero fatto richiesta158. Secondo

Diodoro159 l'appello ebbe successo, tanto che Timoleonte riuscì ad istallare ben quarantamila nuovi coloni

nel territorio di Siracusa160, restituendo ai cittadini esuli le loro proprietà161 e distribuendo162 tutte le terre

incolte ai nuovi arrivati163. Secondo le fonti, ben cinquemila persone giunsero in quel periodo dalla stessa

Corinto164.

Oltre che ad Agrigento, Gela e Siracusa, l'opera di colonizzazione si incentrò anche ad Agyrion, dove

furono stanziati diecimila nuovi proprietari terrieri165, a riprova della particolare posizione strategica del

sito, in tal modo posto sotto il diretto controllo militare e politico siracusano.

Crimiso, allontanati da Timoleonte, dopo essere passati in Italia, conquistarono una polis costiera brettia, che crediamo essere stata Taisia/Taurianum, giusto a ridosso di Rhegion, e furono poi sterminati dai Brettii. 152 Sulle conferme archeologiche del programma di ripopolamento timoleonteo, vedi D. Adamesteanu, Due problemi topografici del retroterra gelese, "Atti Acc. Naz. dei Lincei" 10, 1955, 199-203; Idem, Le fortificazioni nella Sicilia centro-meridionale, "RAL" 11, 1956, 358-372; Idem, Monte Saraceno e il problema della penetrazione rodio-cretese nella Sicilia meridionale, "ArchClass" 8, 1957, 121-146; P. Orlandini, Sabucina, "ArchClass" 15, 1963, 86-96; G. Fiorentini, Ricerche archeologiche nella Sicilia centro-meridionale, "Kokalos" 26-27, 1980-81, II, 1, 583.; Consolo Langher, Siracusa ... cit., 57-60. 153 Gela e Agrigento risultavano spopolate ancora nel 396 (Diod. 14, 68, 2), e probabilmente le due poleis non risorsero fino all'intervento di rifondazione voluto da Timoleonte. Sul problema più in generale vedi Consolo Langher, Siracusa ... cit., 53-57: La Neapolis nella chora di Akragas ricordata da Plutarco a proposito di uno scontro tra lo spartano Pharax e Dione nel 355/54 sarebbe una fondazione militare dionigiana (riconosciuta ora sulla collina di Castellazzo in base ad una ipotesi di G. Castellana, La Neapolis nella chora acragantina e la colonizzazione dionigiana della Sicilia, "PdP" 1984, 375-383); anche i cavalieri geloi durante la marcia dionea verso Siracusa, come quelli akragantini da Eknomos, sarebbero presidi posti da Dionisio I in centri siculi ellenizzati. 154 Secondo Plut. Timol., 35, però, il comportamento di Timoleonte fece sì che tutti abbiano considerato lui come oikistés. 155 Plut. Timol., 35. 156 Plut. Timol., 35. 157 Secondo Corn. Nep. Timol., 3,1, il bando riguardava proprio cittadini di Corinto, talché l'arrivo di nuovi politai sembra assumere l'aspetto di una vera e propria rifondazione corinzia di Siracusa. 158 Diod. 16, 82, 5. 159 Diod. 16, 82, 5. 160 Questo numero, se pure non esagerato dalla fonte, comprende, ovviamente, anche i vecchi cittadini esuli ritornati in patria e, soprattutto, i più di diecimila Leontinoi che Timoleonte trapiantò a Siracusa. 161 Plut, Timol., 23, 4. Sulla restituzione delle proprietà agli esuli politici, vedi Consolo Langher, Siracusa ... cit., 99-100. 162 Cfr. Consolo Langher, Siracusa ... cit., 107, che vede il motivo del gÁj ¢nadasmÒj come strumento politico per acquetare il partito radicale a Siracusa. 163 Corn. Nep. Timol., 3, 2. 164 Diod. 16, 82, 3. 165 Diod. 16, 82, 5. Per il successivo benessere di Agyrion e per le opere pubbliche colà esistenti vedi anche Diod. 16, 83, 3.

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L'opera di ricostruzione delle poleis greche e di quella sicula fu, secondo Diodoro166 e Plutarco167,

opera di coloni greci, esuli sicelioti, magnogreci o dal Peloponneso. Il solo Cornelio Nepote168 ci testimonia

anche un decisivo apporto delle genti sicule169.

La considerazione di un apporto del mondo siculo potrebbe servire a spiegare il fenomeno

numismatico di un elevato numero di emissioni da parte di centri della mesogeia, che non possono essere

più giustificate né dalla presenza di tiranni siculi - quali Agyris e gli altri dell'epoca dionigiana170 - né da

guarnigioni dislocate in territorio siculo proclamatesi autonome171. Tale evento interessò, adesso, oltre

Agyrion - rifondata nel 339/38 a.C. - i centri di Abakainon, Adranon, Henna, Herbessos, Morgantina,

Tauromenion ed un sito di ignota localizzazione.

Notiamo in questa sede come sia evidente in alcuni centri la voluta affinità delle tipologie monetali

selezionate, con la presenza di un animale "positivo" mostrato trionfatore su uno "negativo", trasparente

allusione alla situazione politica nell'isola all'indomani della vittoria contro le tirannidi militari. Ad Agyrion

abbiamo, così, l'immagine del cane che divora la testa di cervo; a Morgantina il leone con un serpente tra

gli artigli sul nominale maggiore e, sul divisionale, l'aquila di Zeus con la testa di serpente nel becco; ad

Herbessos, sempre l'aquila con un serpente nel becco. Tale scelta tipologica, notiamo, trova un

corrispettivo in Magna Grecia, segnatamente a Crotone, dove, nello stesso torno di tempo, la zecca

cittadina emise monete in bronzo, ponderalmente allineate con quelle siracusane, con al verso l'aquila di

Zeus stante sopra la testa di cervo172. Tali emissioni si allinearono ponderalmente a quelle siracusane

posteriori alla riforma timoleontea del bronzo.

La "rinascita" dei centri siculi, sotto il vigile controllo di Siracusa, che ne era divenuta arbitra, anche

se tacitamente, in base al trattato del 339/38 a.C., si esplicava principalmente in un allontanamento delle

guarnigioni ribelli, o nella loro riduzione all'impotenza, secondo il passo in cui Cornelio Nepote dice di

Timoleonte che "in ogni comunità riportò in vigore le leggi della libertà"173.

Si veniva così a completare, sul piano militare, il progetto timoleonteo di rinascita della potenza

siracusana, cui già dalle prime mosse il Corinzio aveva mirato; fin da quando, cioè - arrivati duemila

166 Diod. 16, 82, 5. 167 Plut. Timol., 35: i coloni stranieri superano il mare per arrivare in Sicilia. 168 Corn. Nep. Timol., 3, 1. 169 L'ipotesi, ovviamente, è valida se la parola latina Siculi non è stata utilizzata da Cornelio Nepote col significato di Sicelioti, greci di Sicilia. Il senso del passo in questione é certamente dubbio, potendosi risolvere la traduzione anche con il significato di un invito rivolto da Timoleonte non ai Siculi, bensì ai Sicelioti esuli, ma giova qui ricordare come i tempi di Ducezio fossero ormai tramontati e, di fronte ai barbari italici, gli indigeni siculi ellenizzati dovessero ormai sembrare quasi omoethnoi rispetto ai Greci di Sicilia. 170 Vedi supra 26 ss.: il trattato con Cartagine del 392 a.C. aveva dato tutti i centri siculi in mano a Dionisio I, che, con tutta evidenza, governò senza interposta persona quei centri strategici. 171 Come abbiamo visto supra, le emissioni precedenti di Agyrion, Aitna, Tauromenion, Adranon, Herbessos, Henna, Petra, Kentoripai e Mytistratos, cronologicamente del periodo dell'anarchia militare, sono da connettere con l'istaurarsi delle tirannidi nei centri isolani e con la guerra comune contro i Cartaginesi. 172 Garrucci, tav. 110, 19; Sambon, n. 68. 173 Corn. Nep. Timol., 3, 2.

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mercenari di rinforzo da Corinto nella Brettia -, Timoleonte a Thourioi174 aveva affermato il suo ruolo di

nemico dei barbaroi, sulla scia della tradizione siracusana in Magna Grecia precedente Dionisio I, lasciando i

suoi mercenari di guarnigione nella polis, per permettere all'esercito cittadino di combattere

efficacemente, e con tutte le sue forze, i Brettii175.

La rifondazione delle poleis siceliote e la libertà dei centri siculi furono accompagnate da tutta una

serie di lavori pubblici, tendenti a riportare alla normalità la vita cittadina. Le fonti176 ci informano di

interventi di restauro delle mura urbane, là dove erano andate in rovina, e dei templi e santuari

saccheggiati o abbandonati, in un quadro di ripresa della "normalità" della vita pubblica delle città.

L'ultima parte del programma timoleonteo prevedeva il cambio della costituzione siracusana in

senso aristocratico177. Il corpus delle leggi sulle quali il Corinzio intendeva intervenire era stato codificato da

Diocle, oppositore di Ermocrate alla fine del V secolo a.C.178, e, nonostante la successiva dittatura

dionigiana, era rimasto di chiara ispirazione democratica. Timoleonte incaricò i concittadini Cefalo179 e

Dionisio180 di rivedere la costituzione, lasciando però inalterate tutte le disposizioni in materia di diritto

pubblico. Le uniche modifiche, sostanziali, riguardarono gli organi governativi: l'eponimia era lasciata ad un

sacerdote - l'amphipolos di Zeus Olimpio - mentre agli strateghi erano affidate soltanto mansioni nella sfera

militare; per di più, in caso di guerra, la polis si impegnava a richiedere da Corinto uno stratego. Il potere

effettivo rimaneva, quindi, nelle mani del Sinedrio dei Seicento181, scelti tra i possidenti terrieri, e,

subordinatamente, in quelle dell'ekklesia popolare182.

Gli otto anni di strategato di Timoleonte furono sufficienti per compiere il "miracolo" di liberare la

Sicilia greca dall'oppressione di Cartaginesi e mercenari ribelli, mantenendo, nel contempo, una

preminenza politico/militare nel Bruzio meridionale ed - almeno economica - in area Adriatica. Nel

337/36183, quindi - oppresso dalla cecità seguita ad un glaucoma di cui si era ammalato a Mylai durante la

guerra contro Ippone e Marco/Mamerco184 -, il Corinzio depose ogni potere pubblico, rimanendo, in ogni

174 Plut., Tim., 16, 2. 175 Sulla chiarezza del ripristino del ruolo egemonico di Siracusa anche in Magna Grecia fin dagli albori della spedizione timoleontea, vedi Castrizio, op. cit., 35. Proponiamo in questa sede - ripromettendoci di sviluppare altrove l'argomento, con l'ampiezza che merita - di spiegare la presenza delle due sole serie énee della zecca di Thourioi allineate ponderalmente con quelle siracusane, con la necessità del governo thourino di fornire il sitos ai mercenari timoleontei. Se l'ipotesi coglie nel segno, del resto, avremmo un’ulteriore riprova dell'esistenza ancora in epoca timoleontea del sistema di pagamenti dionigiano. 176 Corn. Nep. Timol., 3, 2. 177 Sulla svolta in senso aristocratico di Timoleonte, vedi M. Sordi, Timoleonte, Palermo 1961, 78 ss.; Consolo Langher, Contributo ... cit., 199 ss. 178 Sulla figura di Diocle vedi Diod. 13, 34, 6-35. 179 Diod. 16, 82, 7. 180 Plut. Timol., 24 nomina entrambi i legislatori, mentre Diodoro parla del solo Cefalo. 181 Accettiamo qui la datazione ad età timoleontea del Sinedrio dei 600, seguendo Consolo Langher, Siracusa ... cit., 257-273, con esaustiva bibliografia precedente.. 182 Si viene a configurare l'immagine di un Timoleonte di ispirazione "moderatamente democratica" piuttosto che "aristocratica", come vista da Musti, op. cit., 677. 183 Diod. 16, 90, 1. Secondo G. Beloch, GG2, III 2, 385, nell'inverno del 337/36. 184 Plut. Timol., 37.

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modo, a Siracusa come privato cittadino, per vegliare sul nuovo assetto costituzionale fino alla morte, che

lo raggiunse di lì a poco nel 334 a.C.185.

Per tentare di dare stabilità politica a Siracusa e alle città che ritenevano di nuovo nella sua orbita,

Timoleonte fece arrivare dei legislatori della madrepatria per elaborare una costituzione di stampo

aristocratico, basata su un nuovo organismo chiamato sinedrio.

Gli onori tributategli dopo il trapasso del Corinzio rimangono a testimonianza dell’eccezionalità dei

risultati conseguiti da Timoleonte in pochi anni. Diodoro186 e Plutarco187 ci riferiscono alcuni particolari sulle

sue esequie188: il feretro fu trasportato a spalla, da giovani scelti in base a voto popolare, fin sul luogo dove

sorgeva la dimora di Dionisio I, seguito da una moltitudine che si comportava come ad una processione

religiosa; quando la bara fu deposta sulla pira funebre, l'araldo della polis, Demetrios, lesse un decreto del

Sinedrio in base al quale non solo i funerali sarebbero stati pagati con duecento mine a carico dello Stato,

ma al defunto veniva anche conferito lo status di eroe, con celebrazioni di agoni musicali, ippici e ginnici in

sua memoria. La tomba di Timoleonte, infine, venne posta nell'agora di Siracusa189, e intorno ad essa

furono edificati i portici e le palestre del ginnasio, chiamato in suo onore Timoleonteion190.

L'esperienza siracusana si completa, secondo una nostra recente proposta191, con la realizzazione

della prima serie monetale "commemorativa"192 che la Storia ricordi, sul cui recto è mostrata una testa

maschile barbuta con aulopide corinzio e kyne193, che probabilmente rappresenta un ritratto di Timoleonte

eroizzato, assimilato con il corinzio Archias, oikistes di Siracusa. La korinthie kyne lo identifica come stratego

fondatore della città, mentre il pegaso evoca la polis di nascita di Timoleonte: Corinto.

185 Plut. Timol., 37, 6; Corn. Nep., Timol., 3, 4. 186 Diod. 16, 90, 1. 187 Plut. Timol., 39. 188 Musti, op. cit., 679, nota come gli onori tributati a Timoleonte morto, e segnatamente una tomba nell'agora riflettono una tradizione frequente nelle città doriche. 189 Notiamo anche come nell'agora di Megara Hyblaea era stata posta la sepoltura monumentalizzata dell'ecista della polis, eroizzato. 190 Notiamo come, negli stessi anni, anche Filippo II di Macedonia, dopo la battaglia di Chaironeia, fece erigere ad Olympia un Philippeion con cui contemporaneamente celebrava il culto eroico di se stesso e rafforzava la dinastia, presentando le statue della sua famiglia e del suo successore designato, Alessandro III. 191 Cfr. D. Castrizio, La KORINQIH KUNH nelle emissioni monetali e nella statuaria di età classica, "Quaderni ticinesi di numismatica e antichità classiche" 1998, (c.d.s.). 192 Per una discussione più esaustiva sulla serie siracusana vedi infra 98 ss. 193 Cfr. Castrizio, La KORINQIH ... cit., passim: la kyne, copricapo di pelle con paranuca e paraorecchie, usato come protezione sotto l'elmo corinzio, rappresenta un sema di distinzione degli strateghi, associato principalmente alle iconografie di Atena e Ares, oltre che alle figure di eroi divinizzati.