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GAS le nuove vie africane 4 ALLEVI ritratto di un artista 28 TEN i dieci anni di Toscana Energia 24 economiaterritorioarte Toscana Energia Box n. 6 - Marzo 2015 - Rivista inviata in omaggio

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GAS le nuove

vie africane

4ALLEVI ritratto

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i dieci annidi Toscana Energia

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Toscana Energia Box n. 6 - Marzo 2015Periodico di Toscana Energia

Registrazione del Tribunale di Firenze n. 5855 del 15/11/2011

Direttore responsabile: Angela Feo

A cura dell’Ufficio Comunicazione e Gestione del Brand di Toscana Energia

Hanno collaborato: Marco Boscolo, Rosella Fantoni,

Alessandro Farruggia, Marco Hagge, Giovanni Nardi, Margherita Paolini,

Elisabetta Quattrini, Donato Ramani, Michela Signorini, Davide Tabarelli

Si ringraziano: Paolo Belardinelli, Luca Cappelli,

Laura Genga, Claudia Gabrielli

La rivista Toscana Energia Box, per garantire al massimo l’obiettività dell’informazione,

lascia ampia libertà di trattazione ai suoi collaboratori, anche se non sempre

ne può condividere le opinioni.

Direzione, redazione, amministrazione:Via dei Neri 25 - 50122 Firenze

Progetto grafico e impaginazione:Sesamo Comunicazione Visiva sas

www.sesamo.net - [email protected] www.toscanaenergia.eu

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Focus • Punti di VistaMercato • World Report

4Le vie del gas non sono finitedi Margherita Paolini

8FOCUS IDROCARBURI ITALIA1. Le risorse del sottosuolo per fermare il declino di Davide Tabarelli

2. "Ma l’Italia non è un piccolo Qatar" di Angela Feo

14Allarme clima, tempo (quasi) scadutodi Alessandro Farruggia

16Expo 2015: nutrire il pianeta, energia per la vitadi Marco Boscolo

Arte • Cultura • MusicaSport • Rubriche

28L'enfant terrible delle sette note di Donato Ramani

32I mille volti di Greve in Chiantidi Mario Hagge

34Pillole di energiaa cura di Rosella Fantoni e Elisabetta Quattrini

36A Toscana Energia la gestione della rete di Pratodi Angela Feo

37Il più bel fiore ne cogliedi Giovanni Nardi

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ENERGIETOSCANEPRIMOPIANO

TERZAPAGINA

Tendenze • NovitàDecisioni • Progetti

20Un premio per Barbara De Annadi Michela Signorini

22Dipingiamo l’energiadi Michela Signorini

24TEN, i dieci annidi Toscana Energiadi Angela Feo

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PER IL DOMANI

Una particolarità di Toscana Energia è il suo stretto rapporto con il territorio e con i comuni soci. Questa modalità, pensata e praticata fin dall’origine della società, è stata via via messa a punto e perfezionata. Oggi rappresenta un modello originale ed efficace di vita aziendale.

Fanno parte di questo schema anche gli incontri annuali “Di Comune in Comune”, attraverso i quali noi amministratori ci confrontiamo con i sindaci per illustrare gli aspetti strategici della società, ma soprattutto per ascoltare esigenze, richieste, proposte.

Questo desiderio di fornire servizi ai comuni, al di là della distribuzione del gas che rappresenta il nostro core business, ha fatto nascere un nuovo progetto sull’efficienza energetica dei comuni, messo a punto dalla nostra controllata Toscana Energia Green, in collaborazione con la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. I primi risultati si stanno cogliendo con i project financing, che alcuni sindaci hanno promosso e che noi ci siamo aggiudicati tramite gara.

I risultati di bilancio per il 2014 sono per Toscana Energia i più importanti di sempre, in termini di utili netti (oltre 46 milioni) e di investimenti sul territorio (oltre 50 milioni), segno che l’idea originaria di unire realtà aziendali operanti in Toscana era logica e andava perseguita superando inutili campani-lismi. C’è da augurarsi che questo processo di crescita possa ancora svilupparsi, alla luce anche di una nostra recente e importante conquista rappresentata dalla gara nella distribuzione del gas a Prato.

A fine aprile ci sarà il rinnovo del Consiglio di Amministrazione e del Collegio Sindacale dell’a-zienda, venuto a compimento il triennio 2012-2015. Sarà per me il momento di lasciare la guida di Toscana Energia dopo otto anni di presidenza, avendo assunto nel frattempo la carica di Parla-mentare alla Camera dei Deputati.

È stata una bellissima esperienza e anche al-tamente formativa. Ringrazio i soci che più volte mi hanno confermato in questa responsabilità per dare continuità al lavoro impostato, ringrazio inoltre i dipendenti della società che con il loro apporto si sono sentiti partecipi di questo pro-getto e i tanti Consiglieri di Amministrazione e componenti del Collegio Sindacale che mi hanno accompagnato nel cammino.

Auguro ai nuovi amministratori buon lavoro e tanti successi per le importanti scadenze che at-tendono Toscana Energia.

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DI MARGHERITA PAOLINI

Secondo l’Aie l’europA deve puntAre Sul Gnl per ridurre lA dipendenzA enerGeticA dA MoScA. in queStA pArtitA l’AfricA Giocherà un ruolo cruciAle

Sono all’orizzonte nuovi scenari di diversificazione delle importazioni europee di metano,

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Le vie del gas non sono finite

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L’Africa Sub-Sahariana diventerà un global player del mercato del gas naturale, e "produrrà più gas della Russia". Ha sostenuto con enfasi l'Agen-zia Internazionale dell'Energia (Aie) nel rapporto "Africa Energy Outlook" dedi-cato allo sviluppo energetico del Subcon-tinente. Gli approvvigionamenti da quella regione permetteranno di diversificare in maniera sostanziale il mix di importazioni europee di gas naturale, eccessivamente dipendente dalle forniture russe.

Nel documento annuale "World Ener-gy Outlook 2013" uscito nel novembre 2014, l'Aie è passata poi dalla terapia alla ricetta: l'Europa deve investire tem-pestivamente in progetti di gas naturale liquefatto. Poiché questa è la soluzione che potrà garantire approvvigionamenti sicuri a fronte di possibili interruzioni che si verifichino a livello globale o in situazio-ni specifiche.

Certezze alimentate da proiezioni su un orizzonte lontano: il 2040. A quella data, il volume di GNL commercializzato dovrebbe triplicarsi, permettendo a quote crescenti di essere reindirizzate a coprire sia fabbisogni di breve termine che la domanda di mercati regionali maggiormente interconnessi.

Il deterioramento dei rapporti Bruxelles-Mosca contribuisce a rendere credibili sce-nari che propongono una diversificazione radicale degli approvvigionamenti di gas russo: corrispondono infatti a ciò che sa-rebbe auspicabile, a fronte della "mission impossible" che la realtà di numeri eviden-zia in un futuro a breve-medio termine . A meno che non si voglia stravolgere il mix dei consumi energetici europei tornando al car-bone e al nucleare per produrre elettricità.

Le raccomandazioni di puntare sul jolly GNL che ci arrivano dall'Aie, sotto forma di direttiva "tecnica", intendono rafforzare le pressioni politiche d'oltreatlantico sulle politiche energetiche comunitarie. Wa-shington ha esortato con insistenza i part-ner europei a considerare la dipendenza energetica da Mosca come una "vulnera-bilità strategica" a cui si può sfuggire solo convertendosi dalla politica dei gasdotti a quella delle metaniere. Il settore dell'indu-stria nordamericana sembrava puntare ad un boom delle esportazioni di GNL da gas di shale, indirizzate soprattutto al mercato asiatico, ancora sei mesi fa molto più re-

eccessivamente dipendenti dalle forniture russe

L’Italia guarda al Mozambico,

ma dovrà competere con gli acquirenti asiatici

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Nel contesto dell'esercizio stress test l'Italia non compare nella lista dei paesi vulnerabili: poiché non dipende percen-tualmente dal gas russo oltre il 70% delle sue importazioni (come i paesi dell'est e sud est), perché è ben connessa alla filiera nord-sud comunitaria e soprattutto perché la sua posizione geografica le consentireb-be possibilità di forniture aggiuntive via Mediterraneo. Per queste caratteristiche, Bruxelles ci attribuisce piuttosto un ruolo di transit market comunitario sud-nord reso possibile dalla operazioni di reverse flow sui gasdotti transfrontalieri: le infra-strutture di ricezione aggiuntive e la rete di trasporto nazionale dovrebbero per-mettere rifornimenti a paesi "vulnerabili", come ad esempio l'Austria e l'Ungheria, del settore continentale centro orientale.

Poiché non si può prescindere dalla priorità di mettere in sicurezza la copertu-ra dei fabbisogni nazionali, agli operatori del settore del gas e delle utilities ad esso collegate, si richiede la messa in atto di una strategia accurata di approvvigiona-

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munerativo di quello europeo. L'impatto del calo consistente delle quotazioni del greggio, su quelle del GNL (in gran parte ancorate ad un paniere di prodotti petro-liferi) ha però provocato un ribasso da 16 dollari ad 11 dollari per MMBtu (milioni di unità termiche britanniche) del prezzo contrattato sulle forniture a lungo termi-ne nei contratti in trattativa sulla piazza giapponese, la più consistente del mercato asiatico. Lo spot ha addirittura toccato i 6 dollari, sfiorando i livelli di quello europeo. Tenuto conto dei costi di liquefazione e tra-sporto via mare, gli esportatori americani potrebbero vedere fortemente ridimensio-nate le loro aspettative di guadagno. Resta in piedi comunque l'obiettivo geopolitico dell'Amministrazione Usa di indirizzare in-tanto i consumatori europei alla ricezione di GNL africano e del Qatar per ridurre pro-gressivamente la loro dipendenza dalle im-portazione di gas naturale russo. Ma qua-lunque diversificazione da Mosca richiede di risolvere anzitutto gli scompensi interni alla logistica infrastrutturale delle reti di gas sul territorio comunitario.

La partnership con Algeria e Libia,

che hanno riserve di gas ben superiori a quelle ufficiali,

sono strategiche

Nello "stress test" elaborato nei mesi scorsi dall'Ue per misurare la capacità dei vari paesi comunitari di sopravvivere senza il gas russo, si è riconfermato palesemen-te quanto già si sapeva: la vulnerabilità del quadrante centro est ed est, sconta l'as-senza di quel sistema di interconnessioni strutturali ovest-est, reti di gasdotti e di stoccaggi, di cui fin dal 2000 si va predi-cando la necessità di urgente realizzazione.

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ziani con gas israeliano e di Cipro prodotti nel Bacino del Levante. Il progetto sarebbe facilitato dalla condotta sottomarina che già esiste tra Israele e l'Egitto.

Fatte salve particolari opportunità di approvvigionamenti di GNL, i rischi di mar-keting che comporta consigliano di man-tenere la strategia che privilegia, nel mix delle importazioni italiane di gas, quelle via gasdotti europei e mediterranei.

Soprattutto è per noi fondamentale valorizzare le partnership e le infrastruttu-re importanti che condividiamo attraverso il Mediterraneo. Come quella con l'Algeria che al 2020 conta di rilanciare una extra-produzione di gas ricorrendo, per forza di cose, alla tecnologia del fracking. Così come è indispensabile concentrarci sul ca-pitolo Libia dal cui magma politico potreb-bero emergere schemi di lento riassetto. Le riserve di gas del paese sono di gran lunga superiori a quelle ufficiali e c'è una infrastruttura importante da recuperare alla piena capacità, il Greenstream, le cui interruzioni di flusso, teniamone conto, sono state coperte da forniture aggiuntive di gas russo.

Occorre peraltro tenere presente che nel 2019 scade il contratto pluriennale di transito di gas russo tra Mosca e Kiev che Putin ha dichiarato di non volere rin-novare. Mentre appare ancora piuttosto incerto il tentativo di riciclare entro il 2018 con un progetto russo-turco (Turkish Stre-am) il gasdotto South Stream bocciato da Bruxelles. Quest'ultima piuttosto sponso-rizza, anche finanziariamente, il gasdotto Tap rifornito da gas azero, avanguardia nel 2020 di un Southern Corridor di ispirazio-ne comunitaria ancora in cerca di ulteriori contributi di gas: si profilano possibilità a medio termine dal Kurdistan iracheno e dal Turkmenistan e, sullo sfondo, dall'Iran. Ma questa è un'altra storia.

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menti e capacità ricettive. Basata su pre-visioni più che attendibili sulla evoluzione della domanda di gas nazionale ed euro-pea. Per evitare, come in passato, di ritro-varsi con sovracapacità inutilizzate.

Nel menu delle possibili diversificazio-ni che contemplano approvvigionamenti di GNL (vedi cartina pagina 7), c'è il Mo-zambico che nel 2025 potrebbe entrare nel Gotha dei primi esportatori mondiali. L'Italia aspira ad assicurarsi quote di gas mozambicano, puntando sul fatto che l'Eni è l'operatore del consorzio che ge-stisce le riserve più cospicue. La posizione logistica favorevole del Paese ed il prezzo competitivo che si prospetta per le prime forniture di GNL (2019-2020), hanno fatto scattare contrattazioni importanti con ac-quirenti asiatici. Nel consorzio Eni figura-no infatti partner cinesi e coreani (Cnooc e Kogas) che coinvestono per realizzare in primis impianti di liquefazione galleggianti e non a terra, per accelerare le esporta-zioni e battere sul tempo, ma soprattutto sul prezzo, la nutrita concorrenza. Il 2015

sarà un anno cruciale per decidere della vitalità del progetto nel nuovo contesto di mercato del GNL.

In compenso, in uno scenario di prezzi che si profila al ribasso rispetto al passato, approvvigionamenti aggiuntivi potrebbero arrivare in Italia anche dall'Africa Subsa-hariana Occidentale: poiché gli Stati Uniti non importano più GNL africano si libe-rano quote più consistenti per il mercato europeo. Nella cartina sono schematizzati i flussi di GNL che potranno arrivare dalla Nigeria e dall'Angola (l'Eni vi è presente) dove sono in corso programmi che valo-rizzano gas associato al petrolio che finora veniva bruciato.

Una produzione significativa di GNL può ripartire anche dagli impianti egiziani di Idku e Damietta sul delta del Nilo, fermi o quasi, per mancanza di gas e di investi-menti. La soluzione viene da una serie di contatti tra Il Cairo, Cipro e Tel Aviv, spon-sorizzati da operatori americani e inglesi, che prevedono di rifornire gli impianti egi-

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La decisione deLLa croazia di riLasciare concessioni per La triveLLazione di pozzi di petroLio neL Mar adriatico, a pochi chiLoMetri daLLe nostre coste, riaccende iL dibattito in itaLia suLL’opportunità di perseguire una siMiLe poLitica. ospitiaMo in queste pagine due voci autorevoLi: queLLa di davide tabareLLi, presidente di noMisMa energia e queLLa di erMete reaLacci, presidente deLLa coMMissione aMbiente deLLa caMera dei deputati.

Le risorse del sottosuolo per fermare il declino

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focus idrocarburi italia

DI DAVIDE TABARELLI (Presidente di Nomisma Energia)

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L’Italia nel 2014 ha importato

oltre il 90% dei suoi bisogni

di gas e petrolio

Il declino industriale dell’Italia, prima ragione dell’impoveri-mento del paese, ha molteplici spiegazio-ni, ma una delle più evidenti è l’ostilità che molte attività manifatturiere soffrono su tutto il territorio, nonostante la loro im-portanza economica avvalorata dal presti-gio guadagnato all’estero. Nell’estrazione di idrocarburi, gas e petrolio, questa con-traddizione raggiunge picchi assoluti. È il settore che solleva la maggiore opposizio-ne e che impedisce di sfruttare le enormi risorse di cui ancora disponiamo. Di que-sto se n’è accorto anche l’ex presidente del consiglio Romano Prodi, che lo scorso maggio, con un articolo sul Messaggero, ha ricordato come siano ancora enormi le riserve italiane e che, per una ragione o per l’altra, non vengono sfruttate. Il caso più eclatante riguarda le riserve di gas del Nord Adriatico che, scoperte dall’ENI da oltre 20 anni, non possono essere sfrut-tate per supposti problemi di subsidenza, ipotesi difficile da provare visto le distanze dalla costa. Il paradosso è che dall’altra parte dell’Adriatico, invece, la Croazia da ormai 10 anni ha iniziato ad estrarre, da quelli stessi giacimenti che noi non pos-siamo sfruttare. Oltre alla subsidenza, gli oppositori sostengono che di gas e di pe-trolio presto non ce ne sarà più bisogno.

L’Italia è il paese che ha un po’ inven-tato la motorizzazione, prima sotto il pro-filo tecnico con Barsanti e Matteucci a Fi-renze a metà ’800, poi con quella di massa grazie alle utilitarie prodotte a partire dagli anni ’50. Assieme alla passione diffusa per il motore, è per questo che l’Italia è il paese al mondo con il più alto numero di veicoli a motore. È bizzarro constatare l’ostilità nei confronti degli impianti che producono petrolio in Italia.

Il gas metano nel mondo continua a crescere sia in termini assoluti che come quota sul totale, avendo raggiunto i 3 miliardi di tonnellate equivalenti petrolio (tep), pari al 24% del totale. È la fonte fossile più pulita, quella che nella produ-zione elettrica consente oltre la metà delle

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•dAvide tAbArelli

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attuale permetterebbe di raddoppiare le entrate dello Stato in termini di royalties e di maggiore tassazione delle imprese che fanno profitti in Italia. Nel complesso si può stimare che le maggiori entrate sa-rebbero dell’ordine di 1,5 miliardi di euro all’anno. Questo è anche il danno econo-mico da mancato guadagno che deriva dal non sfruttare delle risorse che, prima il buon senso e poi la teoria economica, ob-bligano a utilizzare. La gravità delle condi-zioni del bilancio statale e l’inconsistenza delle motivazioni contro lo sfruttamento delle riserve, rendono necessario chiamare a rispondere del danno causato da parte degli oppositori. L’Italia nel 2014 ha im-portato oltre il 90% dei suoi bisogni di gas e petrolio pagando a paesi produttori e loro compagnie oltre 50 miliardi di euro; è come se avessimo all’estero qualcosa come almeno 2000 pozzi che lavorano per i nostri consumi, mentre noi in Italia non ne riusciamo a fare un centinaio per raddoppiare la nostra produzione.

Sul supposto rischio di danno ambien-tale derivante dalle perforazioni, argomen-to sul quale la svilita politica italiana cerca e trova facili consensi, le evidenze sono al-trettanto solide. In Italia di pozzi perforati e censiti dalla fine del 1800 ce ne sono oltre 7mila e attualmente quelli produtti-vi sono circa 200, sia a terra che a mare. Nel mondo sono oltre 3 milioni e mezzo, per produttore sempre quel gas e petrolio che tutti in Italia non vogliamo smettere di comprare. Sono impianti complessi, certa-mente difficili e per questo realizzati con tecnologie fra le più sofisticate al mondo, proprio per evitare incidenti prima di tutto pericolosi per chi ci lavora e poi dannosi per l’ambiente. Proprio le imprese italiane, cresciute nel settore in Italia, hanno una ri-conosciuta eccellenza tecnologica in tutto il mondo e l’ostilità contro queste attività in Italia le sta danneggiando. Fra queste spicca la General Electric sede italiana, la vecchia Pignone di Firenze, la prima so-cietà al mondo per turbine e compressori usati per spingere gas e petrolio dai giaci-menti agli stoccaggi e ai tubi di trasporto. La società nacque a metà dell’800 per fare componenti meccanici, proprio mentre Barsanti e Matteucci sperimentavano il motore a scoppio. Un paese con un simile patrimonio culturale non può arrendersi a tale deriva anti-industriale.

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focus idrocarburi italia

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•iMpiAnti di eStrAzione del petrolio A pozzAllo (rAGuSA)

emissioni in meno di CO2 rispetto al carbo-ne. Quasi la metà dell’elettricità prodotta in Italia viene da gas naturale che è per la gran parte importato. Anche UK e Olanda hanno quote alte di produzione elettrica da gas, ma questo viene dai giacimenti che hanno sotto casa, non da paesi quali Russia, Libia o Algeria come da noi.

La produzione di gas e petrolio in Italia scende da anni e nel 2014 è stata di 11 milioni di tep, di cui 6 petrolio e gli altri 5 gas. I nostri consumi di gas e petrolio quest’anno raggiungeranno i 110 milioni tep, 40 in meno in 10 anni, per effetto della crisi economica e della crescita delle fonti rinnovabili nella produzione elettrica.

I benefici da una maggiore produzione nazionale sono prima di tutto economici. Una produzione doppia rispetto a quella

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"Ma l'Italia non è un piccolo Qatar"

DI ANGELA FEO

petrolio, econoMiA e AMbiente: interviStA All’on. erMete reAlAcci

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“È giusto sfruttare le risorse del nostro territorio laddove ciò si può fare in sicurezza, senza danneggiare ambiente e futuro, ma non è verosimile pensare che le risorse petrolifere italiane possano dare un contributo significativo alla nostra economia”. L’onorevole Erme-te Realacci, presidente della Commissione ambiente della Camera e presidente ono-rario di Legambiente, è uno dei maggiori esponenti dell’ambientalismo italiano.

Romano Prodi ha preso pubblicamen-te posizione in favore della possibilità di trivellare pozzi in Adriatico, soste-nendo che la Croazia mira ad accapar-rarsene i vantaggi scaricando i rischi ambientali sull'Italia. Qual è la sua opinione in merito?

Prodi coglie un punto importante. Stiamo parlando di due Paesi, Italia e Croazia, che appartengono alla stessa comunità interna-zionale e si affacciano su un mare con uno scarso ricambio, perciò molto delicato: le regole devono essere le stesse per entram-bi. Per questo sarebbe opportuno che ci fosse un accordo con la Croazia sullo sfrut-tamento delle risorse dell’Adriatico. D’altro canto bisogna ricordare che l’Italia ha molti interessi economici nel turismo e nelle pro-duzioni di qualità e che le attività estrattive possono danneggiarli. Nel decreto “Sbloc-ca Italia” in Parlamento abbiamo, ad esem-pio, eliminato la norma che riapriva la pos-sibilità di trivellare nel golfo di Venezia, nel golfo di Salerno, nel golfo di Napoli e nelle Egadi. Sono convinto che non sarebbe sta-to un buon marketing per il Paese.

foto:•croAziA,rivierA AdriAticA

••erMete reAlAcci

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Nel 2014 l'Italia ha importato gas e pe-trolio per il 90% del fabbisogno. No-nostante questo lei afferma che aprire a una politica di trivellazioni non fa-rebbe la differenza per l’economia del nostro Paese. Può spiegare perché?Assomineraria (l’associazione degli indu-striali minerari e petroliferi, ndr) ha stimato che dall’estrazione di combustibili fossili in Italia si potrebbero creare 100.000 posti di lavoro. Si tratta di una cifra ridicola. Come ha ricordato anche Leonardo Maugeri su Il Sole 24 ore, la Saudi Aramco, compagnia che oltre a gestire tutte le risorse minera-rie dell’Arabia Saudita fa anche azioni di sostegno all’occupazione locale, conta 50.000 occupati. E l’Arabia Saudita estrae, nella migliore delle ipotesi, almeno 100 volte il petrolio che si può estrarre in Italia.

Questo fa capire come sia illusorio pensa-re che nel nostro Paese sarebbe possibile avere 100.000 posti di lavoro dalle trivella-zioni. Ricordo che, non molti anni fa, alcu-ni “esperti” ritenevano che le rinnovabili avrebbero portato un contributo irrilevan-te alla produzione di energia elettrica. Oggi oltre un terzo dell’ energia elettrica italiana proviene dalle fonti pulite.

Esiste un'eccellenza tecnologica delle imprese italiane nel campo delle atti-vità estrattive. La politica di limitazio-ne delle trivellazioni danneggia que-ste aziende?È vero che in Italia abbiamo aziende d'ec-cellenza sia sul fronte tecnologico sia sul fronte estrattivo. Basti pensare alla Sai-pem, che vince appalti in tutto il mondo, e questo certamente è un bene per l’Italia. Ma un’attività estrattiva sul nostro territo-rio deve essere condotta solo dove ciò ha un senso. Ci sono aree dove questo si può fare con tutte le garanzie necessarie. Al-

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tre in cui il bilancio costi/benefici sarebbe negativo. Penso che sia necessario rende-re più rigorose le norme che riguardano l’utilizzo di alcune pratiche estrattive. Nel decreto “Sblocca Italia”, abbiamo vietato, primi in Europa, la pratica del fracking nel nostro territorio e abbiamo imposto che chi chiede permessi di esplorazione deb-ba essere solvibile per il massimo danno che si può produrre con queste estrazioni. Io penso che in questo tipo di scelte vada esercitato anche il buonsenso. Sicuramen-te l’Italia non ha un futuro nelle estrazio-ni. È un immaginario miope quello di chi pensa al nostro Paese come a un piccolo Qatar. Siamo molto di più, dal mio punto di vista: siamo un grande Paese industriale che ha un export manifatturiero tra i pri-mi cinque al mondo. Pensare che il nostro futuro sia legato a risorse petrolifere, pe-trolio o gas che siano, che sono obiettiva-mente ridotte, significa avere una visione non all’altezza della forza delle nostre im-prese, della nostra tecnologia.

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Oggi oltre un terzo dell’energia elettrica italiana proviene

dalle fonti pulite

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Oggettivamente non è un bel clima. Le concentrazioni in at-mosfera di gas serra eccedono quelle degli ultimi 800 mila anni, con un tasso di cre-scita senza precedenti negli ultimi 22 mila anni. Si misurano oggi 391 ppm di CO2

(+41% rispetto all’epoca preindustriale), 1803 ppb di metano (+150%) e 323 ppb di Nox (+20%). E ciò che è peggio è che, nonostante la crisi economica degli ultimi anni, il tasso di crescita delle emissioni è, se si considerano le medie decennali, in aumento. Tra il 2000 e il 2010 infatti il tasso di crescita è stato di 1 gigatonnel-lata all’anno (+2.2%) a fronte di 0.4 gi-gatonnellate all’anno tra il 1970 e il 2000. L’aumento delle emissioni, di cui il 78% è

costituito da CO2, è imbarazzante per chi si è impegnato in questi decenni nella lun-ga trattativa climatica. Le emissioni di gas serra (in gigatonnellate CO2 equivalenti) erano di 33 gigatonnellate nel 1980, 38 nel 1990, 40 nel 2000, 49 nel 2010. Una crescita inarrestabile alla quale va aggiun-to un altro dato: ben la metà della CO2 cumulata è stata emessa negli ultimi 40 anni. Tra il 1750 e il 2011 sono state infatti prodotte 555 gigatonnellate di gas serra, di queste 240 si sono accumulate in atmo-sfera, 155 sono state assorbite dagli ocea-ni e 160 dagli ecosistemi terrestri. Il quinto rapporto dell’Ipcc stima che nel 2011 for-zante radiativo è del 43% più alto rispetto a quello stimato dal quarto rapporto per il 2005: questo a causa dell’aumento delle

Il tasso delle emissioni di gas serra continua ad aumentare nonostante Kyoto

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DI ALESSANDRO FARRUGGIA

Allarme clima, tempo (quasi) scaduto

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SolAMente un Accordo vincolAnte AllA conferenzA di pAriGi nel diceMbre 2015 potrà liMitAre i dAnni

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emissioni e per una valutazione al ribas-so dell’effetto raffreddante prodotto dagli aerosol. Se non si riuscirà a concretizzare un accordo globale ben più comprensivo di Kyoto le emissioni “business as usual” sono destinate a crescere. Le stime parla-no di aumento del 50-150% per industria e abitazioni, un raddoppio per i trasporti, e un raddoppio (o secondo alcuni studi anche di più) per la produzione di energia. Eppure una strategia “business as usual” non è inevitabile. Il rispetto degli accordi di Kyoto da parte dell’Europa sta a dimostra-re che economie avanzate possono ridurre le loro emissioni con impatti economici ac-cettabili. Il problema è la volontà politica, soprattutto quella di paesi come la Cina e l’India, che mettono le loro necessità di sviluppo sopra ogni altra considerazione e non hanno alcuna intenzione di ridur-re le loro emissioni per i prossimi decenni. Il recente accordo tra Cina e Stati Uniti è un segnale positivo, ma è ancora poco rispetto a quello che ci vorrebbe, perché consente alla Cina, oggi il maggiore emet-titore mondiale di CO2, di continuare ad aumentare le proprie emissioni.

Le conferenze sul cambiamento clima-tico si sono poste l’obiettivo di mantenere il riscaldamento entro i due gradi rispetto all’epoca preindustriale. Per riuscirci con il 66% di probabilità bisognerebbe restare sotto le 1000 gtc di CO2, 790 se si con-sidera anche il forzante radiativo degli al-tri gas. Considerando che 515/555 sono già state emesse il margine non è molto. Con una concentrazione di 450 ppm al 2100 (oggi, come abbiamo detto, siamo a quota 391) avremmo un cumulo tra 630 e 1180, e un aumento di temperatura tra 1.5 e 1.7 gradi. Ma la soglia di 450 ppm (e ancor meglio 350, come proposto da un vasto movimento ambientalista) è tanto opportuna quanto assolutamente impro-babile che si possa raggiungere. Uno sfor-zo internazionale davvero comprensivo potrebbe stabilizzare la concentrazione a quota 500 (che significa tra 960 e 1430 di emissioni cumulate), con un aumento tra 1.7 e 2 gradi. Una stabilizzazione a 450 comporterebbe la necessità di tagli assoluti tra il 40 e il 70% delle emissioni nel 2050, rispetto al 2010. Una stabiliz-zazione a 500 sarebbe invece ottenibile con tagli tra il 25 e il 55%. Più realistico, specialmente viste le comprensibili neces-sità di sviluppo cinesi, indiane e del resto dei paesi in via di sviluppo. Attualmente gli impegni (volontari) di Cancun non ga-rantiscono il mantenimento di quota 500, anche se probabilmente lo avvicinano. Ma di impegni volontari è piena la storia delle trattative climatiche e la realtà è che lascia-no il tempo che trovano. La loro utilità è

solo politica a breve: aiutano chi non vuo-le impegnarsi in tagli veri ad avere alme-no qualche titolo favorevole sui giornali. Quello che serve, e che si sta cercando di ottenere alla prossima CoP (Conference of Parties) di Parigi del dicembre 2015, è un accordo comprensivo e flessibile che coin-volga tutte le maggiori economie (e quindi i maggiori emettitori) e che sia legalmente vincolante. Questa è la “condicio sine qua non” di un accordo efficace, ma raggiun-gerla sarà molto difficile. A complicare ulteriormente la situazione è la conquista della maggioranza da parte dei repub-blicani sia al Senato che alla Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti. Se anche Barack Obama (il cui mandato scade nel 2016) mantenesse fede alle promesse e un accordo fosse firmato dalla delegazio-ne americana, poi avrebbe enormi difficol-tà ad essere ratificato. Anche un successo a Parigi lascia quindi molte incertezze, re-lativamente alla ratifica dell’accordo negli Stati Uniti e alla effettiva partecipazione di paesi come l’India e, in misura minore, la Cina. O meglio, la loro partecipazione è

possibile, ma consentendo la crescita delle loro emissioni ancora per alcuni decenni. Senza Cina e India (che complessivamente emettono il 35-36% della CO2 e supere-ranno il 40% entro il decennio) un accor-do sarebbe inefficace. Ma anche dare loro 20 anni per stabilizzare lo sarebbe, obbli-gando a ripiegare su un obiettivo di 550 ppm per fine secolo, con un aumento del-la temperatura tra 2 e 2.2 gradi. Il tutto, naturalmente se non interverranno i co-siddetti “feedback”, le retroazioni positive che potrebbero innescarsi per effetto del cambiamento climatico: rilascio di idrati di metano dai fondali oceanici; scioglimento del permafrost artico con conseguente rilascio di metano; scioglimento di parte della criosfera (in particolare i ghiacciai della Groenlandia); estese deforestazioni; cambiamento della circolazione termoali-na dell’Atlantico (la cosiddetta “Corrente del Golfo”).

Molte incertezze, una sola certezza: serve un accordo vero. I cambiamenti cli-matici non si accontentano di chiacchiere.

L’Europa ha dimostrato che è possibile

ridurre le emissioni con impatti economici accettabili

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nutrire il pianeta, energia per la vita

Expo 2015:

DI MARCO BOSCOLO

il GrAnde evento di MilAno SArà un’occASione per riflettere Sul noStro rApporto con il cibo, dAllA produzione Al conSuMo

A maggio apre i battenti l’Esposizione Universale. Ecco una panoramica

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Il titolo di un suo tratta-tello pubblicato nel 1862 lo ha reso ce-lebre come l’autore dello slogan “siamo quello che mangiamo”. Più precisamente, il titolo era Il mistero del sacrificio o l’uo-mo è ciò che mangia e il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach vi affermava che il nu-trimento di un popolo è alla base anche di ciò che quel popolo riesce a pensare, in un rapporto stretto tra mente e corpo. In altre parole, Feuerbach aveva capito qual-cosa di semplice ma fondamentale: quello che mangiamo influenza le nostre attività intellettuali. Un secolo e mezzo fa, per il filosofo era quasi esclusivamente una que-stione di qualità della dieta e non poteva sapere che oggi il problema della nutri-zione non riguarda primariamente quello che mettiamo in tavola, ma per una fetta consistente della popolazione mondiale è proprio di mettere qualcosa nel piatto. È su questo tema che ha deciso di riflettere e organizzarsi l’Expo italiano intitolando la kermesse che apre i battenti a Milano il 1° maggio 2015 “Nutrire il pianeta, energia per la vita”.

Le conferme che l’accesso a una suf-ficiente quantità di calorie su base quoti-diana è negato ad una larga fascia della popolazione del pianeta arrivano da più

parti. Lo scorso settembre la FAO, l’agen-zia delle Nazioni Unite che si occupa di combattere la fame nel mondo, ha pub-blicato un rapporto intitolato The State of Food Insecurity in the World nel quale ha fatto il punto della situazione sugli obiet-tivi di debellamento della fame raggiun-ti a livello globale. Nonostante la buona notizia che rispetto alla rilevazione prece-dente c’è stato un calo delle persone che soffrono la fame, oggi ci sono ancora più di 800 milioni di esseri umani (sui 6 miliar-di totali) che sono ritenuti “cronicamen-te sottonutriti”. Secondo Shivaji Pandey, scienziato indiano tra i più grandi esperti di genetica delle piante agricole, si tratta di un “risultato importante, ma il lavoro da fare è ancora enorme”. Il successo di vedere 63 paesi del mondo che sono ri-usciti a raggiungere i cosiddetti Obiettivi del Millennio fissati dalle Nazioni Unite è incoraggiante, soprattutto perché ha dimostrato che “se ci sono la volontà e l’impegno politico si può fare”. Il futuro all’orizzonte è ancora più grigio per le previsioni sull’aumento della popolazione mondiale che ci vedono raggiungere la ci-fra di 9 miliardi di abitanti per il 2050. Se il tasso di sottonutriti rimanesse lo stesso di oggi, vorrebbe dire avere 1 miliardo e mezzo o due miliardi di affamati cronici: più dell’attuale popolazione della Cina.

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Ancora oggipiù di 800 milioni di esseri umani

sui 6 miliardi totali sonocronicamente sottonutriti

di quello che si potrà vedere

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Attesi 130 mila visitatori al giorno

Lo chiamiamo semplicemente Expo, ma è a tutti gli effetti un’Esposi-zione Universale coordinata dal Bureau International des Expositions che ha sede a Parigi. Iniziate nel 1851 con l’Esposizione Universale di Londra, oggi hanno una frequenza variabile e in Europa l’ultima è stata quella di Saragozza, in Spagna, nel 2008. Alcune hanno lasciato opere architettoniche di grande impatto nelle città che le hanno ospitate, come per esempio la Tour Eiffel di Parigi (costruita per l’Esposizione del 1889) e la Biosphère di Montreal (Expo 67).A Milano gli organizzatori si aspettano 130 mila visitatori al gior-no, con picchi di 250 mila, per i sei mesi di apertura. Ogni giorno, secondo le previsioni, verranno prodotte 257 tonnellate di cibo e 37 tonnellate di rifiuti. Una particolarità di Expo è che per la prima volta verrà allestito un centro operativo che raccoglierà in tempo reale i dati generati dalla struttura stessa e dai 144 paesi espositori.

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Il comitato organizzatore internazio-nale ha premiato la scelta italiana di im-maginare l’Expo come l’occasione per una riflessione sul nostro rapporto con il cibo, inteso sia come consumo, sia come produ-zione. Un tema che si declina nelle 9 aree espositive tematiche che sono state bat-tezzate cluster. Tre di essi sono incentrati sulle sfide che derivano dallo sfruttamento di diverse aree del pianeta per la produzio-ne di cibo. Non v’è dubbio che se si vuole provare a nutrire i futuri nove miliardi di abitanti sia necessario ricorrere a tutte le risorse possibili e sfruttare al meglio ciò che già sfruttiamo, senza dimenticare il contemporaneo effetto che i cambiamenti climatici possono avere sulla produzione. Ecco, quindi, i padiglioni dedicati alle sfi-de dell’agricoltura nelle zone aride e semi-aride, dove la scarsità d’acqua e la deser-

tificazione sono elementi determinanti. Accanto si trova anche il cluster dedicato alle isole, ecosistemi particolari dove la pe-sca ha un’enorme importanza, ma anche dove gli effetti dell’innalzamento delle ac-que marine, unite all’isolamento, possono produrre alcuni degli effetti più devastanti dovuti al cambiamento climatico. Non po-teva, ovviamente, mancare un cluster sul Mediterraneo, di cui l’Italia con la sua dieta è uno dei centri. Altri sei padiglioni/cluster saranno invece dedicati al riso, al cacao, al caffè, al mondo delle spezie, a frutta e legumi, oltre a un confronto su cereali e tuberi tradizionali e di nuova concezione.

In tutto questo percorso, che è in realtà già cominciato con una serie di iniziative, soprattutto milanesi, attorno al cibo come cultura e come pratica, non mancano gli

Nove areeespositive

per raccontarele sfide

dell'alimentazione

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chef e i cuochi. Sono personaggi chiave che hanno oramai raggiunto in popolarità i più tradizionali volti della tv e dello sport. A Expo, quindi, non si lasciano da parte le eccellenze del Made in Italy enogastro-nomico e, anzi, ognuno dei paesi parteci-panti avrà l’occasione di mettere in mostra il meglio della propria cultura della tavola. Senza dimenticare che, moda o meno che sia, l’idea di una produzione sostenibile e un consumo responsabile sono un tema centrale. In occasione della presentazione del Living Planet Report 2014 del WWF, una delle analisi più accurate dello stato di salute della Terra, il presidente della sezio-ne italiana, Donatella Bianchi, e il direttore scientifico, Gianfranco Bologna, hanno sottolineato come i numeri siano impieto-si: per mantenere il livello di consumo at-tuale, al netto dell’incremento demogra-fico, dovremmo avere a disposizione due pianeti e mezzo.

Se consumare di meno è un imperati-vo per garantire a tutti il minimo indispen-sabile, Expo ha deciso di puntare su di una esposizione il più possibile sostenibile. Innanzitutto, del milione di metri quadra-ti che costituisce l’area espositiva, il 20% sarà coperto da aree verdi. Ci saranno un giardino acquatico, degli orti che verranno attivamente coltivati durante i sei mesi di Expo e giardini in diversi punti. Per la loro realizzazione, i cinque vivai italiani selezio-nati hanno cominciato già quasi tre anni fa a selezionare le piante, che in alcuni casi hanno già la ragguardevole età di 50 anni. Anche sul piano dell’energia, come su quello del cibo, le risorse non sono di-stribuite in modo equo all’interno del pia-neta, con grandi divergenze tra i paesi più ricchi, che consumano la maggior parte delle risorse, e i paesi più poveri, che fati-cano a raggiungere standard minimi.

Per esempio, il programma delle Na-zioni Unite “Sustainable Energy for All” (“Energia sostenibile per tutti”) pone l’ac-cento sul miliardo di persone che oggi vive senza elettricità e sui due miliardi e mezzo che cucinano e si riscaldano senza fonti di energia pulita, facendo quindi ricorso soprattutto a legna, carbone, carbonella e feci animali. Oltre a essere un indicatore di povertà, secondo le stime dell’ONU, due milioni di persone muoiono ogni anno per complicazioni polmonari dovute a questa pratica. All’interno di Expo, che oltre che vetrina espositiva vuole essere un pro-gramma di ricerca di soluzioni, è inserito anche un programma di selezione per i migliori progetti per rendere più accessi-bile l’energia.

Energia sostenibileper tutti, una selezione

dei migliori progetti

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Assegnate le borse di studio sostenute da Toscana Energia

Un premio per non dimenticare Barbara De Anna, funzionario delle Nazioni Unite, scomparsa nel 2013 a causa di un attentato terroristico in Af-ganistan dove stava prestando servizio. Toscana Energia, in collaborazione con la Scuola di Scienze Politiche “Cesare Alfie-ri”, l’Associazione Alumni “Cesare Alfieri” e il Comune di Reggello, ha deciso di ono-rarne la memoria istituendo questo premio che prevede l’assegnazione di due borse di studio di mobilità internazionale rivolto a studenti e laureandi iscritti alla Cesare Al-fieri dove la De Anna si era laureata.

Le borse di studio, da 2.000 euro cia-scuna, sono finalizzate a sostenere attività di ricerca all’estero su uno o più dei se-guenti temi: energia e sicurezza energetica, geopolitica e cooperazione internazionale.

La prima edizione del Premio Barba-ra De Anna ha visto come vincitori Ivana Palomba di Scandicci e Sebastiano Mori di Greve in Chianti. La cerimonia di pre-miazione si è tenuta ad ottobre in Palazzo Vecchio alla presenza del vicesindaco di Firenze, dei sindaci di Reggello e di Gre-ve in Chianti, del Preside della Scuola di

DI MICHELA SIGNORINI

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Un premio per Barbara De Anna

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Scienze Politiche "Cesare Alfieri", del Vi-cepresidente dell’Associazione Alumni e dei vertici di Toscana Energia.

Ivana Palomba si è aggiudicata la bor-sa di studio per il suo Rapporto Europa - Azerbaijan in materia di Sicurezza Ener-getica mentre Sebastiano Mori per il suo studio sulla Sicurezza energetica cinese.

“Questa borsa di studio - dichiara Iva-na Palomba - mi ha dato l'opportunità unica di trascorrere un periodo di tempo in Azerbaijan, per fare ricerca per la tesi di laurea magistrale in Relazioni Interna-zionali e Studi Europei sul tema da me scelto. Grazie a quest’occasione ho potu-to recarmi a Baku e visitare personalmente uno dei paesi che nell'ultimo decennio ha conosciuto uno sviluppo economico ve-ramente importante. La grande sfida di questa esperienza è stata quella di crearmi una rete di contatti sul posto che mi ha portato, tra l’altro, ad intervistare l'esper-ta a livello mondiale Gulmira Rzayeva che collabora anche con l'Oxford Institute for

Energy Studies. Un ringraziamento va To-scana Energia che mi ha permesso di re-alizzare uno tra i più grandi desideri per uno studente di Relazioni Internazionali: visitare e studiare un Paese che sta viven-do un periodo di profonda transizione”.

“La mia ricerca - dichiara Sebastiano Mori - ha riguardato la sicurezza energe-tica cinese, con particolare attenzione alle relazioni tra Repubblica Popolare Cinese e paesi dell’Asia Centrale. L’intento è stato quello di individuare i fattori principali che stanno influenzando la politica energetica cinese e in che modo questo si ripercuote sulle relazioni tra la Cina e le cinque re-pubbliche. Grazie al Premio Barbara De Anna ho avuto la possibilità di visitare al-cune delle biblioteche di istituti molto ri-nomati in Gran Bretagna tra cui la London School of Economics e la British Library. Qui ho potuto accedere a materiale fon-damentale per la stesura della mia tesi di laurea specialistica in Relazioni Interna-zionali e Studi Europei. Il Premio Barbara De Anna mi ha permesso di intraprende-

re una bellissima esperienza, che ritengo sia stata una possibilità molto importante e formativa, non solamente dal punto di vista accademico ma anche per la mia fu-tura carriera professionale.”

per progetti di ricerca all’estero

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O l t re 700 i ragazz i co invo l t i ne l l a quar ta ed iz ione de l concorso

DI MICHELA SIGNORINI

L'Aula Cenacolo dell’Acca-demia di Belle Arti di Firenze è stato il te-atro in cui si è svolta la premiazione della quarta edizione del concorso Energia in Toscana. Un’iniziativa, legata al percor-so di educazione sul gas e l’energia, che Toscana Energia ha promosso, con il sup-porto organizzativo dell’Associazione Cul-turAmbiente, nelle scuole secondarie di primo grado della Toscana. Tra i presenti all’evento i vertici della società e il Diretto-re dell’Accademia Giuseppe Andreani.

Oltre 700 studenti delle classi terze, a cui è stato consegnato il libro inedito Den-tro l’energia - Il gas metano si racconta, sono stati protagonisti di un percorso di-dattico per parlare di energia, fonti ener-getiche rinnovabili e non, con particolare attenzione al gas naturale. L’iniziativa si è

conclusa dando spazio alla creatività dei ragazzi attraverso la pittura, che ha per-messo loro di esprimere liberamente il con-cetto di energia legata al territorio toscano.

Una giuria di esperti (composta da due artisti toscani di grande valore Giampaolo Talani e Alessandro Reggioli) ha individua-to i primi tre classificati, ai quali sono stati assegnati buoni acquisto spendibili in ma-teriale artistico.

Ad aggiudicarsi la vetta più alta Una speranza luminosa, realizzato da Jessi-ca Battisti e Silvia Tognazzi della Scuola "Dante Alighieri" di Cavriglia (Arezzo), un disegno che esprime immediatamente il senso di energia e la sinergia di un lavoro di squadra fatto a più mani, in modo puli-to e perfettamente contornato.

Dipingiamo l'energia

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per l e scuo le p romosso da Toscana Energ ia

Il secondo classificato con Dinami-smo energetico è Mattia Milaneschi della Scuola Mazzini - succursale "Ex Pirelli" di Livorno, un lavoro pittoricamente d’im-patto che trasmette in modo originale il concetto di territorialità. Una tecnica mi-sta: pastello e matite. Un’ottima miscela di colori freddi che restituiscono un effetto caldo. Semplice, non macchinoso che pro-duce un effetto cromatico che funziona da qualsiasi parte lo si guardi.

Al terzo posto Teresa Falchini della Scuola "Giovanni Papini" Istituto Com-prensivo Galluzzo di Firenze con Energia della natura, un disegno composto bene, piacevole, pulito e positivo. Un’idea svilup-pata in modo semplice, il cui effetto visivo “apre l’animo” attraverso una chiave so-lare. Il lavoro finale lancia un messaggio positivo di speranza.

Questa iniziativa ha permesso a To-scana Energia di contribuire alla diffusio-ne della cultura dell’energia nella scuola in modo ancora più vasto, coinvolgendo 30 scuole toscane. Un’edizione in cui la creatività come ogni anno ha avuto un ruolo fondamentale, dopo fotografia, poesia e musica, è stata la volta del dise-gno come strumento per dare forma alla propria idea di energia.

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I premi speciali della giuriaAnche in questa edizione la molteplicità e la qualità dei lavori presenta-ti hanno portato la giuria di esperti ad assegnare due menzioni speciali.

Il PREMIO SIMPATIA (1) è stato assegnato a Il rinnovabile per la quotidiani-tà realizzato dalla classe III D dell’Istituto Comprensivo Toniolo di Pisa. Un lavoro di cui è stato apprezzato lo sforzo di “sporcare” nel colore come l’o-riginale "Urlo di Munch" e l’idea di riattualizzare con ironia il famoso “urlo della disperazione” con un tema legato alla quotidianità... energetica.

Il PREMIO DELLA CRITICA (2) è invece andato ad Amiamo il nostro mare... della classe III B dell’Istituto Comprensivo di Loro Ciuffenna (Arezzo). Di questo disegno è stata letta e premiata l’idea vera e since-ra. Un disegno che esprime un’ironia inconsapevole frutto della spon-taneità e fantasia puramente “fanciullesca”.

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L’autunno scorso l’azienda ha celebrato la propria storia con un evento

TEN, i dieci annidi Toscana Energia

DI ANGELA FEO

il 14 ottobre 2004 venivAno poSte le bASi per lA nAScitA dellA più GrAnde AziendA di diStribuzione del GAS dellA noStrA reGione. e oGGi, Ancor più coMpetitivA, Si prepArA A nuove Sfide

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al Nuovo Teatro dell'Opera di Firenze

Era il 14 ottobre del 2004quando i comuni di Firenze, Pisa, Pisto-ia e Empoli insieme a Italgas, siglarono il Memorandum of Understanding, il documento che avviava il processo per la creazione della più grande azienda di distribuzione del gas della regione: Tosca-na Energia. Da allora sono passati dieci anni e, il 14 ottobre scorso, l’azienda ha voluto celebrare questo anniversario im-portante al Nuovo Teatro dell'Opera di Firenze per ringraziare tutti coloro che, lavorando con dedizione e competenza,

hanno contribuito allo sviluppo e al con-solidamento della società. All’iniziativa, di nome TEN, oltre a tutti i dipendenti di Toscana Energia e di Toscana Energia Gre-en, hanno partecipato i vertici aziendali, il presidente Lorenzo Becattini e l’ammini-stratore delegato Eduardo Di Benedetto, il partner industriale Snam, nella persona dell’amministratore delegato Carlo Ma-lacarne, i sindaci di Firenze e Pisa, Dario Nardella e Marco Filippeschi. TEN è anche il titolo del libro che l’azienda ha realizza-to per il decennale.

L'evento e il libro sono stati l’occasione per ripercorrere la storia della società, proprio a partire dall’autunno 2004 quando, con il Memorandum of Understanding, furono poste le basi economiche e giuridiche per la fusione tra le due principali società to-scane del settore energetico: Toscana Gas e Fiorentina Gas.

Sia Toscana Gas che Fiorentina Gas erano società miste con un azionariato in parte pubblico (i comuni), in parte privato (Ital-gas/Eni). Questo ne favorì l’integrazione

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e lo stesso modello societario fu adottato per Toscana Energia, con le responsabilità di gestione assegnate al partner industria-le e un presidente, espressione dei soci pubblici, incaricato delle funzioni di indi-rizzo e controllo.

Un modello di governance che, sostiene l’amministratore delegato di Snam, Carlo Malacarne, “si è rivelato vincente, essen-do il frutto di un’integrazione virtuosa fra soggetti istituzionali e mondo dell’impren-ditoria. Ed è questo che ha consentito all’a-zienda di ricoprire un ruolo da protagonista nello sviluppo economico e industriale della regione, forte della condivisione delle scelte e dell’appoggio di oltre 90 enti locali”.

La società nasceva per rispondere alla sfi-

da di un contesto di mercato totalmente nuovo: quello della liberalizzazione del settore della distribuzione del gas, attuata dal decreto Letta del 2000. Proprio que-sto scenario spinse le società esistenti ad unire le forze per accrescere la propria competitività.

E anche dopo la fusione che il 26 gennaio 2006 ne ha sancito la nascita formale, To-scana Energia ha dato il via ad una politi-ca di acquisizioni e ulteriori fusioni mirate ad accrescerne la presenza nel territorio regionale.

Un passaggio cruciale c’è stato nel 2009, anno in cui l’azienda ha preso una deci-sione strategica importante: l’uscita dal settore della vendita (dov’era presente

Malacarne:“Un modello di governance

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Crescendo,Toscana Energia ha potuto realizzare economie di scala

e si è rafforzata patrimonialmente e finanziariamente

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con il 20% di Toscana Energia Clienti, ceduto ad Eni) e l’ingresso contestuale nella green economy. È nata così Toscana Energia Green, risposta dell’azienda ad un tema che si faceva rapidamente strada nel Paese e che anche la Regione Toscana aveva disciplinato con il PIER (Piano di In-dirizzo Energetico Regionale). La società si è così posizionata su due settori: quello tradizionale della distribuzione del gas e quello delle fonti rinnovabili.

Le scelte di questo decennio si sono di-mostrate lungimiranti. “Sono stati anni di grande trasformazione per il settore ener-getico - ha affermato Dario Nardella, sin-daco di Firenze - che hanno visto crescere a livello regionale una realtà con standard di qualità elevati e visione del futuro nelle

scelte aziendali. Toscana Energia ha sapu-to incrociare soggetti istituzionali e privati mettendoli a sistema per fare impresa”.

Crescendo, Toscana Energia ha potuto re-alizzare economie di scala e si è rafforza-ta patrimonialmente e finanziariamente: oggi ha indici di bilancio più solidi rispet-to a quelli delle società preesistenti: tra il 2007 e il 2013 il fatturato e gli investimen-ti sono pressoché raddoppiati, gli utili più che triplicati.

Ma Toscana Energia, oltre ad essere un’a-zienda con un’ottima redditività, è anche profondamente legata al territorio in cui opera. Sostiene, infatti, iniziative promos-se dalle Amministrazioni che valorizzano il patrimonio artistico, culturale e sociale.

“I dieci anni di Toscana Energia - secondo Marco Filippeschi, sindaco di Pisa - sono anni in cui le parole ambiente, energia, sostenibilità, efficienza, innovazione sono state declinate nei fatti. Non solo idee, ma possibilità concrete e percorribili.”

Gran parte della storia di Toscana Energia è tuttavia ancora da scrivere. Nell’imme-diato futuro c’è la partecipazione alle gare per la distribuzione previste dal processo di liberalizzazione del settore. La società vi si sta preparando da tempo.

L’obiettivo dichiarato è ambizioso: vincerle in tutti gli 11 ambiti toscani per diventare il gestore dell’intera rete regionale. Perché ogni traguardo raggiunto oggi rappre-senta sempre un punto di partenza per le nuove sfide del domani.

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•lorenzo becAttini,preSidente di toScAnA enerGiA

MArco filippeSchi,SindAco di piSA

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di toScAnA enerGiA

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Inconfondibili capelli esplosi in un groviglio di ricci. Le T-shirt, le felpe e l’aria da eterno ragaz-zo, lui che è nato il 9 aprile del 1969, portate con incredibile nonchalance. Le battute a effetto, pronte a far impazzire i media di delizia polemica: «A Beetho-ven manca il ritmo. Quello lo possiede Jovanotti» ha detto una volta. E, ovvia-mente, la musica. Suonata, creata, te-orizzata, raccontata, scritta, dibattuta. Tutto questo, e parecchio altro, è Gio-vanni Allevi, da Ascoli, pianista, diret-tore d’orchestra, compositore, “enfant terrible” delle sette note. La definizione è quella che si legge sul suo sito, ma basta dare un’occhiata al suo percorso, guardare ai successi e al clamore che li circonda, leggere qualche intervista, per rendersi conto che la descrizione è cal-zante. Compresa qualche puntuta pole-mica con quell’accademia, quei musicisti e quella certa critica con cui i rapporti non sono mai stati cordiali. Croci e de-lizie di chi ha deciso di agguantare il successo e, con indiscussa destrezza, c’è riuscito. Potrebbe essere diversamente? Probabilmente no. Non con una carriera come la sua, che ha la delicatezza di una deflagrazione innescata da uno sfiorar di

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Ama le battute ad effetto, come: “A Beethoven manca il ritmo.

Quello lo possiede Jovanotti”

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Diplomato in pianoforte e composi-zione al Conservatorio, laureato in filoso-fia, Giovanni Allevi negli ultimi dieci anni ha inanellato incisioni, composizioni, libri, premi, esibizioni nei massimi teatri e tournée internazionali: dalla Carnagie Hall di New York a Pechino, per le Olim-piadi 2008, con la “China Philharmonic Orchestra”, fino a Londra, Olimpiadi 2012, con un concerto alla Queen Eliza-beth Hall, solo per citarne alcuni. Senza contare la produzione discografica, inve-ro piuttosto imponente. Ecco così le re-gistrazioni per pianoforte solo come “No concept” e “Joy”, quelle eseguite con l’orchestra sinfonica come “Evolution”, oltre a quelle dal vivo, come “Allevi & All Stars Orchestra - Arena di Verona” fino agli ultimi “Alien” del 2010, “Sunrise” del 2012 e “Christmas for you”. Incisioni che, assieme alle raccolte dei suoi suc-cessi, hanno venduto tantissimo e per questo sono state omaggiate di dischi d’oro e di platino.

Tutto qui? Niente affatto. Ci sono le onorificenze, è Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana, nominato da Giorgio Napolitano “per benemerenze acquisite verso il Paese in ambito cultu-rale, economico, sociale, umanitario”. Ci sono i riconoscimenti in campo musicale ed editoriale. E ci sono le esibizioni per le massime autorità: come quella a piaz-za San Pietro, davanti Papa Francesco I nell’ottobre 2013, per la Giornata Mon-diale della Famiglia.

A elencare tutto, e molto è stato tralasciato, insomma, si rischia la vertigi-ne. Anche perché poi a tanta ricchezza, a tanta abbondanza di appuntamenti, produzioni, esibizioni, alla bulimia crea-tiva che pare non conoscere requie, c’è da affiancare un personaggio, il suo, che sembra fare a pugni con tanta esposizio-ne. Perché Allevi ama descriversi come timido, insicuro, tormentato anche nei confronti della sua massima passione, sorpreso per primo dal proprio succes-so. In occasione del concerto toscano ha dichiarato: «Il pianoforte rappresen-ta l’incontro con i miei limiti, con le mie paure, con il mio lato oscuro, ma grazie alla musica scopro un elemento lumino-so che diventa la via d’accesso alle emo-zioni delle persone. Scopro l’altro come elemento che sublima e che completa la mia musica».

Insomma, difficilissimo raccapezzarsi nel labirinto delle cinque righe di cui Al-levi è arguto ingegnere. Di certo c’è un concetto assai interessante che emerge

dita. Non con l’approccio che ha adotta-to, frutto di autentico talento innovativo secondo alcuni, di una attenta e saga-ce strategia commerciale secondo altri, che causa singhiozzi ai colleghi e sussulti agli esperti ma gli fa riempire le sale e le piazze di moltitudini adoranti come fosse una popstar. Così è stato anche a Ponsacco, il 12 aprile scorso, nella tappa toscana del suo “Piano solo tour”, tra gli sponsor dell’appuntamento anche To-scana Energia, dove, come è stato scritto «è riuscito a creare un rapporto fortissi-mo con un pubblico di tutte le età».

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In un mondo tradizionalmente austero,

lui esibisce volentieri la sua emotività

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cristallino e, al di là dei giudizi sulla sua arte, contribuisce a spiegare il fenome-no che è. In un mondo tradizionalmente altero e austero, severo e disciplinato, in cui le emozioni sono vissute in modo intenso ma rigorosamente composto, Allevi si è posto come un artista pronto a condividere con il pubblico sentimenti e turbamenti, delineando una figura di musicista desideroso di unirsi all’uditorio in maniera esplicita, attraverso un’emo-tività volentieri esibita. Con fare empati-co, Allevi sa come avvicinarsi all’audien-ce nella melodia, e nelle parole usate

per descriverla, tra accenni di musica colta, armonie meno complesse e guizzi anticonformisti. E il solo titolo della sua composizione per organo a canne, “Toc-cata, canzone e fuga in Re Maggiore”, presentata in anteprima il 16 novembre 2014 presso la Alte Kirche di Krefeld, Germania, ne è un buon esempio.

È vera innovazione, la sua? È una ri-voluzione dalle fondamenta robuste? Lui non ha dubbi. In un’intervista a “L’Huf-fington Post”, parlando del suo impe-gno artistico, si è posto come portatore

di cambiamento in un mondo distante dalla gente, attaccato ai privilegi «che gli permette di detenere il primato del-la cultura con la C maiuscola». Lui che, fuori dal personaggio che racconta, ha probabilmente una fibra non banale, è convinto di ciò che fa: «Io so già di aver ragione» ha dichiarato. Perché? «Perché non si può fermare il cambiamento, non si può bloccare la ricerca della bellezza in nome del passato. Lo spirito del tempo è in continuo movimento». Che lui lo sap-pia cavalcare da vero maestro, non c’è dubbio alcuno.

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Ha detto:"Il pianoforte rappresenta l'incontro

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Nel luglio del 1773 Pietro Leopoldo decide di mettersi in viaggio da Firenze a Siena. Imboccando la via maestra verso il sud della Toscana, l’attuale via Chiantigiana, il granduca raggiunge dopo po-chi chilometri un paese che lo colpisce, come ri-porta nei suoi appunti di viaggio, perché “grande e pulito, con una bella piazza, dove ogni sabato si svolge un grosso mercato di bestiami e generi ali-mentari”. E anche i “terreni di quelle colline - scrive ancora il granduca di Toscana - ed il piano lungo il fiume sono ottimi e fertili”.

Il paese in questione è Greve in Chianti, adagiato nel fondovalle dove scorre il fiume dal quale prende il nome: se Pietro Leopoldo arrivasse oggi nella piaz-za del mercato, in un giorno di sabato, troverebbe ancora i banchi con le merci esposte (ad eccezione del bestiame) e tutt’intorno le caratteristiche logge in muratura dove il commercio continua all’interno dei negozi. Fin dal Medioevo la storia di Greve è lega-ta al suo nucleo principale, la piazza del Mercatale, oggi piazza Matteotti, punto di incontro dei castelli che sovrastano la vallata: Montefioralle, Montegon-zi, Uzzano, Panzano, Lamole, Vignamaggio.

Ma la fortuna di Greve come centro commer-ciale deriva anche dalla sua posizione geografica. Trovandosi nel mezzo tra Firenze e Siena, ha sem-pre rappresentato un importante crocevia stradale: da qui si raggiungeva facilmente il Valdarno supe-riore e l’aretino, la Val di Pesa e la Val d’Elsa, a poca distanza da un’altra direttrice di fondamentale im-portanza come la via Cassia.

La piazza ha la caratteristica forma a triangolo, o “a baccalà”, come preferiscono definirla gli abitanti di Greve. Ai due vertici si trovano il palazzo comu-nale e la Chiesa di Santa Croce, di forme neoclassi-che, risalente al XIX secolo. Nel mezzo della piazza è stata posta la statua di Giovanni da Verrazzano, il navigatore che nel 1524 scopri la baia di Hudson, dove sarebbe sorta New York, e che proprio qui, nel vicino Castello di Verrazzano, ebbe i natali nel 1485. New York ha reso omaggio al grande navigatore grevigiano intitolandogli il Verrazano Bridge (con una sola zeta), inaugurato nel 1964: all’ingresso del viadotto del ponte sono state murate tre pietre estratte dalle fondamenta del Castello di Verrazza-no, mentre tre pietre provenienti dalle fondamenta del ponte si trovano sulla facciata del Castello.

Greve è uno dei comuni del Chianti Classico, i cui confini sono definiti da un disciplinare che sta-bilisce le caratteristiche del vino prodotto in questo territorio. Il disciplinare si rifà agli antichi documen-ti della Lega del Chianti, il cui simbolo - un gallo nero in campo dorato - è divenuto l’emblema del Consorzio che tutela il vino che qui si produce: il Chianti Classico, con i suoi 70.000 ettari di superfi-cie, è la Docg (Denominazione di origine controlla-ta e garantita) più estesa d’Italia, la cui vera anima è rappresentata dal vitigno di Sangiovese, presente con una percentuale che da un minimo dell’80% può giungere fino al 100%.

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Un crocevia della Toscana, dal mercato del Granducato al turismo di qualità

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I comuni del Chianti Classico sono otto, parte in provincia senese e parte in quella fiorentina, ma solo quattro vi ricadono per intero: di questi Greve è il più grande, rappresentando non solo il baricentro geografico, ma anche produttivo, con il maggior nu-mero di aziende viticole che da qui esportano il loro prodotto nei principali mercati internazionali.

Del resto proprio a Greve, territorio agricolo pre-giato in posizione intermedia tra Firenze e Siena, le principali famiglie fiorentine hanno spesso stabilito la loro residenza di campagna e prodotto un vino di qualità che allietava le loro mense. Il lavoro nei cam-pi era garantito dai contadini, grazie al sistema della mezzadria (divisione a metà con il proprietario dei prodotti agricoli), nata qui nel Medioevo e termina-ta molti secoli dopo, negli anni Sessanta del secolo scorso, quando il boom economico svuotò le cam-pagne e portò i mezzadri nelle fabbriche delle città.

In un periodo di sviluppo economico vertigino-so e di infrastrutture che mettevano in collegamen-to i territori produttivi del nostro Paese, Greve e il Chianti rimangono tagliati fuori. Ma l’isolamento dura poco e viene anzi vissuto come una fortuna dai tanti stranieri (inglesi e tedeschi in netta preva-lenza, ma anche olandesi e francesi) che trovano qui un territorio vergine, modellato nei secoli dal lavoro dell’uomo, ricco di vigneti e oliveti, di boschi e di luoghi lontani anni luce dallo stress della vita moderna. Un numero crescente di cittadini stranieri acquista e restaura le case coloniche abbandonate dai contadini, dando una spinta decisiva alla ripresa dell’economia chiantigiana.

Nel 1970 a Greve i produttori del Chianti Clas-sico organizzano una mostra-mercato che nel giro di pochi anni contribuisce ad accrescere in tutto il mondo la fama del vino e del territorio dove vie-ne prodotto: i visitatori stranieri aumentano ogni anno, le colline vengono scelte dalle produzioni internazionali come set per pubblicità e film. Una notorietà crescente che ha modificato in manie-ra decisiva il tessuto economico di Greve, dove le attività sono sempre più orientate sull’accoglienza turistica, a partire dagli agriturismi che contano qui il maggior numero di posti letto di tutto il Chianti, con oltre un milione di presenze all’anno.

Accanto al vino, a Greve in Chianti si produce un eccellente olio extravergine d’oliva, anch’esso esportato in tutto il mondo. Uscendo dal settore agricolo, il territorio è famoso anche per la produ-zione del cotto e per l’estrazione dell’arenaria. Le cave di argilla del Ferrone, quelle di pietra serena e di pietra forte hanno fornito nei secoli i materiali con i quali sono stati costruiti alcuni tra i più famosi monumenti di Firenze.

Oggi Greve in Chianti dedica la massima at-tenzione alla cura del paesaggio e dell’ambiente e ispirandosi alla filosofia dello Slow Food ha dato vita, nel 1999, al movimento delle Città Slow, che conta oltre 150 comuni aderenti in ogni parte del mondo, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita dei cittadini e dei visitatori, all’insegna di ritmi più umani ed ecosostenibili. Con un appuntamento da cui non si può prescindere: in piazza, ogni fine settimana, per il mercato del sabato.

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Pillole di energiaA CURA DI ROSELLA FANTONI E ELISABETTA QUATTRINIPillole di energiaA CURA DI ROSELLA FANTONI E ELISABETTA QUATTRINI

DALLA PLASTICA NEI MARI L’ECOPACKAGING PER BIODETERSIVI

Si chiama “Ocean Bottle” ed è la prima botti-glia per detersivo da lavatrice realizzata riciclando i rifiuti plastici presenti in mare. A lanciarla è la società belga Ecover. Questo ecopackaging è frut-to di una combinazione di rifiuti polimerici marini con una bioplastica prodotta mescolando canna da zucchero e plastica riciclata. I primi esempla-ri conterranno solo un 10% di rifiuti marini, ma l’obiettivo del progetto è quello di riuscire ad au-mentare gradualmente questa percentuale.

UN ANNO PER CURARE IL GIGLIOSaranno curate le ferite dell’isola del Giglio. Ac-

canto al progetto della Costa Crociere ci sarà anche quello della Regione per il rilancio ambientale e tu-ristico dell’Isola. Il piano è articolato in quattro fasi: prima di tutto la rimozione dei materiali depositati nei fondali; poi il recupero dei 1396 sacchi di cemento utilizzati per realizzare il falso fondale di appoggio del relitto; seguirà la rimozione delle piattaforme metalli-che. Infine l’intervento sarà completato con la pulizia dai sedimenti depositati sul fondale. I lavori saranno affidati al più presto e si concluderanno nel giro di circa un anno e mezzo. “Sarebbe significativo - ha affermato il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi - fare del Giglio un’isola carbon-free, sostituen-do l’attuale centrale elettrica a gasolio con la produ-zione di energia rinnovabile”.

IN GERMANIA LA STAZIONE A IMPATTO ZERONella città di Horrem, in Germania, nasce la prima stazione

ferroviaria europea ad impatto zero. La stazione funziona gra-zie all’energia solare e geotermica: 440 mq di pannelli fotovol-taici sul tetto producono annualmente 35 Kwh, un impianto solare termico produce acqua calda, ed un altro, geotermico, è utilizzato per il processo di raffreddamento e riscaldamento dell’edificio. Per l’illuminazione degli interni si sfrutta al me-glio la luce solare e si usano luci LED. Inoltre, per le toilette si utilizza l’acqua piovana raccolta sul tetto. Questo gioiellino tecnologico ed ambientale è costato 4,3 milioni di euro.

STOP ALL’ESTRAZIONE DI CO2 IN TOSCANA Come già annunciato nel Piano Ambientale ed Energetico Regionale (PEAR), saranno interrotte le conces-

sioni alle aziende per estrarre anidride carbonica dal sottosuolo. “È una posizione di responsabilità nei con-fronti dell’ambiente - spiega il presidente Enrico Rossi - ma anche delle esigenze del sistema produttivo. Valo-rizzeremo così un primato della Toscana, l’unica regione in Italia dove viene svolta attività geotermoelettrica e dove esiste un accordo con Enel che permette di raccogliere la CO2 dai camini delle centrali gratuitamente”. Infatti sono stati stipulati accordi con Enel Green Power - unica titolare delle concessioni geotermoelettriche sul territorio - per il recupero e il riutilizzo gratuito della CO2 emessa dagli impianti geotermici ad alta entalpia.

LA SARDEGNA DICE NO ALLE TRIVELLE

La Regione Sardegna ha deciso di rinunciare allo sfruttamento del metano presente nel sotto-suolo dell’isola e a royalty consistenti. Lo scorso autunno infatti il servizio Sostenibilità ambienta-le e valutazione degli impatti (Savi) ha respinto la richiesta della compagnia petrolifera Saras di scavare un pozzo esplorativo non lontano dallo stagno di S’Ena Arrubia, oasi di protezione fau-nistica. La Sardegna non usa metano perché non ha alcun collegamento con i gasdotti nazionali. Le imprese e le famiglie bruciano derivati del pe-trolio importati via nave, come Gpl in bombola o aria propanata.

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EFFICIENZA ENERGETICA: ITALIA SECONDA AL MONDO

Uno studio realizzato dall’American Council for Energy Efficiency Economy posiziona il nostro Paese al top della classifica dell’efficienza energetica. Il rapporto analizza e classifica le 16 principali economie del mondo e prende in considerazione diversi parametri tra cui gli obiettivi nazionali di risparmio annuo di energia, la re-golamentazione per i veicoli a combustibile e i consumi medi per chilometro del parco veicoli, gli standard di ef-ficienza energetica per gli elettrodomestici, il fabbisogno energetico degli edifici. L’Italia è al secondo posto, dietro la Germania. Nelle graduatorie per settore l’Italia è pri-ma nella categoria trasporti, la Germania per l’industria. La Cina, che nella classifica generale è al quarto posto, è prima nella categoria edifici ed è stata elogiata per i progressi fatti nel campo dell’efficienza energetica. Tra i Paesi meno virtuosi ci sono Australia e Stati Uniti.

LA SARDEGNA DICE NO ALLE TRIVELLELa Regione Sardegna ha deciso di rinunciare allo

sfruttamento del metano presente nel sottosuolo dell’i-sola e a royalty consistenti. Lo scorso autunno infatti il servizio Sostenibilità ambientale e valutazione degli im-patti (Savi) ha respinto la richiesta della compagnia pe-trolifera Saras di scavare un pozzo esplorativo non lon-tano dallo stagno di S’Ena Arrubia, oasi di protezione faunistica. La Sardegna non usa metano perché non ha alcun collegamento con i gasdotti nazionali. Le imprese e le famiglie bruciano derivati del petrolio importati via nave, come Gpl in bombola o aria propanata.

GLI EREDI ROCKEFELLER: ADDIO AL PETROLIO

La Rockefeller Brothers Fund, il colosso della filan-tropia degli eredi Rockefeller ha deciso di uscire dagli investimenti nei carburanti fossili, settore nel quale ha asset per 860 milioni di dollari. La fortuna dei Rocke-feller è stata costruita proprio sull’energia tradiziona-le, quella del petrolio e della sua estrazione, e questa decisione ha un valore simbolico e politico, oltre che finanziario. “Il Rockefeller Brothers Fund - ha fatto sa-pere l’organizzazione sul proprio sito web - ha iniziato un processo per disinvestire i suoi capitali dal setto-re dei carburanti fossili. L’immediato focus del fondo sarà rivolto a limitare la sua esposizione al carbone e alle sabbie bituminose, due tra le maggiori fonti di emissioni di anidride carbonica, con l’obiettivo di ri-durre i propri investimenti a meno dell’1% del totale del portafoglio entro la fine del 2014”.

LA MACCHINA ITALIANA PER DECONTAMINARE L’ACQUA

È italiana l’invenzione di un dispositivo capace di decontaminare l’acqua radioattiva. Si chiama WoW (Wonderful Water) e potrebbe vedere le sue prime ap-plicazioni nel trattamento delle acque di Fukushima. La sperimentazione ha dimostrato inoltre l’efficacia del Wow anche nella purificazione di tutte le acque spor-che, fognarie o prodotte dalle lavorazioni industriali. Il primo test di questo macchinario è stato realizzato a Saluggia, in provincia di Vercelli, nell’area in cui si trova il deposito di scorie nucleari Avogadro.

UNA RUOTA SOLARE PER PULIRE IL MAREPulire il mare dalla plastica: è l’obiettivo della

“ruota solare”. Installata a Baltimora, nel Maryland, nella baia di Chesapeake, alla foce di uno dei più grossi fiumi della zona, ne ripulisce l’acqua prima che questa confluisca nell’oceano. I rifiuti del fiume e della baia sono catturati da grandi bracci di contenimento galleggianti e indirizzati ad un nastro trasportatore in-clinato, che li solleva dall’acqua e li convoglia in una vasca di raccolta. L’energia necessaria a muovere il nastro arriva dalla rotazione di una ruota a pale come quelle dei mulini ad acqua e da pannelli solari.

LA SARDEGNA DICE NO ALLE TRIVELLE

La Regione Sardegna ha deciso di rinunciare allo sfruttamento del metano presente nel sotto-suolo dell’isola e a royalty consistenti. Lo scorso autunno infatti il servizio Sostenibilità ambienta-le e valutazione degli impatti (Savi) ha respinto la richiesta della compagnia petrolifera Saras di scavare un pozzo esplorativo non lontano dallo stagno di S’Ena Arrubia, oasi di protezione fau-nistica. La Sardegna non usa metano perché non ha alcun collegamento con i gasdotti nazionali. Le imprese e le famiglie bruciano derivati del pe-trolio importati via nave, come Gpl in bombola o aria propanata.

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della rete di PratoDI ANGELA FEO

lA SentenzA del conSiGlio di StAto conferMA l’eSito dellA GArA del 2012

Toscana Energia sarà il nuovo gestore della rete del metano nel Comune di Prato. Lo ha stabilito la sentenza del Consiglio di Stato, arrivata nel gen-naio 2015, che consente al Comune di procedere con l’aggiudicazione della gara conclusa nell’esta-te 2012.

La sentenza di secondo grado conferma quella emessa dal Tar della Toscana nel settembre scorso, quando il tribunale aveva respinto il ricorso presen-tato dal gruppo Estra (il precedente gestore della rete del gas) ribadendo che Toscana Energia aveva i

requisiti per partecipare alla gara d'appalto, indetta dal Comune di Prato nel 2011.

Per Toscana Energia, che da tempo si sta prepa-rando a partecipare alle gare negli 11 ambiti toscani, si tratta di un’importante conferma.

Già dalla seconda metà dell’anno Toscana Ener-gia potrà essere attiva sul territorio. Allacciamenti, sostituzioni e subentri saranno gratuiti. Saranno dunque effettuati investimenti per portare il gas nel-le zone in cui ancora non c’è. Infine, come previsto dalla clausola sociale, i dipendenti di Estra che lavo-rano alla rete saranno riassorbiti dalla società.

In base al bando Toscana Energia dovrà pagare 18 milioni di euro all’amministrazione e versarne al-tri 90 nelle casse di Estra per il riscatto delle reti. È previsto il pagamento di un canone annuo al Comu-ne di 13,2 milioni in 12 anni. I pagamenti saranno fatti contestualmente alla consegna degli impianti e all'avvio della gestione da parte della società.

Estra continuerà per il momento ad operare in tutti i comuni limitrofi, in particolare quelli della provincia di Prato, oltre ad Agliana, Montale, Se-sto Fiorentino, Calenzano, Scandicci, Signa, Campi Bisenzio. Ma la situazione è in rapido cambiamen-to: entro il 2015 si prevede che in molti comuni la gestione della rete sarà messa a gara. E Toscana Energia, che è già presente a Firenze, Pistoia e Pra-to, vi concorrerà così come farà in altri ambiti del territorio toscano.

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lA priMA AccAdeMiA linGuiSticA del Mondo, nAtA nel 1585 A firenze, coStituì un eSeMpio leSSicoGrAfico per diverSi idioMi europei. dAl priMo vocAbolArio Alle biblioteche diGitAli, lA cruScA Si dedicA dA oltre quAttro Secoli AllA vAlorizzAzione dellA linGuA itAliAnA

Il più bel fiore ne coglie

DI GIOVANNI NARDI

Si chiamavano Giovan Battista Deti, Anton Francesco Grazzini, Bernardo Canigiani, Bernardo Zanchini, Bastiano de’ Rossi, Leonardo Salviati; era-no un gruppetto di onesti fiorentini a cui piaceva divertirsi, e si trovavano a scherzare soprattutto con le parole: una brigata di ‘crusconi’ le cui ‘cru-scate’ si contrapponevano alla pedanteria di altri amici, ma soci dell’Accademia fiorentina. D’altron-de Firenze, verso la fine del Cinquecento, era una città tranquilla e prospera, e aveva ancora molto da insegnare. I nostri amici, attorno agli anni Ottanta del secolo, pensarono di organizzarsi in associazio-ne, e nell’adunanza del 25 gennaio 1583 comincia-

rono a stabilire delle regole, poi fissate ufficialmen-te quasi due anni dopo, il 25 marzo 1585, quando decisero di costituirsi ufficialmente nell’Accademia della Crusca. Ma questo nome era già apparso il 10 marzo del 1583, data di pubblicazione del Cicala-mento (Lezione o vero cicalamento di maestro Ber-tolino dal canto de’ Bischeri, letta nell’Accademia della Crusca, sopra ‘l Sonetto Passere, e Beccafichi magri arrosto) pubblicato a Firenze nel 1583 per Domenico Manzani. Scopo dichiarato, quello di mantenere pura e incontaminata la lingua italiana delle origini, attorno a quella nata e praticata nel Trecento dagli illustri concittadini Dante, Petrarca e

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Foto: Accademia della Crusca

Boccaccio. Tra le caratteristiche dell’Accademia, il riferimento al grano e al pane, per cui per simbolo fu scelto il frullone, strumento che veniva adope-rato per separare il fior di farina della crusca. Le sedie erano realizzate con una cesta del pane ro-vesciata e una pala da forno per schienale. I primi accademici (e con loro, sia pure con nomi diversi, i successori fino a oggi) si chiamarono Sollo il Deti (perché il pane aveva da essere soffice), Gramola-to il Canigiani, dallo strumento, la gramola, usato per amalgamare e rassodare la pasta, Macerato lo Zanchini perché la farina doveva macerarsi nell’ac-qua prima di essere usata, De Rossi l’Inferigno (per il pane molto scuro, fatto di grano e cruschello), Salviati l’Infarinato. Unica eccezione il Grazzini, che aveva conservato il soprannome, Lasca, di quando aveva fatto parte dell’Accademia degli Umidi; ma lui si giustificò dicendo che la lasca - nome di un pesce di fiume - prima di essere fritto va infarinato. Infine il motto, preso modificando leggermente un emistichio del Petrarca (Canzoniere, LXXIII, 36): ‘Il più bel fior ne coglie’. Nasce così la prima accade-mia linguistica del mondo, che costituì poi anche un esempio lessicografico per le lingue francese, spagnola, tedesca e inglese. La Crusca pubblicò il primo vocabolario nel 1612, un dizionario voluta-mente legato al fiorentino puro, naturale, popo-lare, e quasi senza interesse per la terminologia tecnico-scientifica.

Pare che Galileo - socio dal 1602 - abbia colla-borato alla stesura di alcune voci (momento, stel-la), per la seconda edizione del vocabolario, quella del 1623, che presenta poche variazioni, ma un maggior numero di voci rispetto alla prima.

Una svolta con la terza edizione, nel 1691, in tre volumi e dedicata a Cosimo III de’ Medici; gli esempi sono presi anche da autori ‘moderni’ come il Tasso, il Machiavelli, il Guicciardini, il Della Casa, il Varchi e da non toscani come il Sannazaro, il Castiglione e il Chiabrera, mentre la sigla VA indica trattarsi di voce antica, spiegata ma non inclusa nelle parole da usare; compaiono anche le voci scientifiche. Se-guirono la quarta edizione, datata 1729-1738, e la quinta, del 1863. Nel frattempo, l’istituzione aveva subito variazioni e interruzioni, fino alla rifondazio-ne napoleonica. L’ultimo vocabolario risale al 1923 ed è incompiuto, fermo alla lettera O di ozono. Ma da quell’anno la funzione dell’Accademia non fu quella della compilazione del vocabolario, bensì di occuparsi di testi filologici. Negli anni Cinquanta del secolo scorso si ricominciò a parlare del dizionario, progetto poi affidato per legge (nel 1983) a un isti-tuto del CNR, il TLIO (Tesoro della lingua italiana delle origini) sia pure in accordo con la Crusca. Si tratta di un vocabolario storico basato su tutta la documentazione disponibile a partire dal primo do-cumento italiano fino alla fine del Trecento.

Le finalità attualmente perseguite dall’Accade-mia sono quelle di sostenere, attraverso i suoi centri specializzati e in collaborazione con le Università, l’attività scientifica e la formazione di ricercatori nel campo della linguistica e della filologia italiana; di acquisire e diffondere, nella società e nella scuola, la conoscenza storica della lingua e la coscienza critica della sua evoluzione; di collaborare per la politica a favore del plurilinguismo del continente europeo.

C’è infine da dire che, grazie anche all’impulso del nuovo presidente dell’Accademia, il professor Carlo Marazzini - ordinario di storia della lingua ita-liana nell’Università del Piemonte Orientale - l’isti-tuzione si orienta di nuovo all’originaria vocazione lessicografica. Naturalmente, la lessicografia mo-derna è cosa ben diversa da quella artigianale del passato, avendo bisogno di corpora di riferimento, ossia di gigantesche basi di dati elettronici. Un cor-pus (singolare di corpora) è una collezione di testi - scritti ma anche orali - organizzati in una base dati informatizzata per facilitarne l’analisi lingui-stica, quantitativa e statistica. Prima disponibilità, il corpus di autori tardo-latini, chiamato DigilibLT (Biblioteca digitale di testi latini tardo antichi), da poco realizzato. Il confronto col latino serve per-ché costituisce un ponte tra il mondo classico e la modernità: il latino è una lingua ‘morta’, ma di fondamentale importanza per la cultura europea e mondiale, e la lessicografia latina è stata sem-pre un punto di riferimento per quella moderna. I compilatori del vocabolario del 1612, per esempio, si servivano abitualmente del Calepino, dizionario latino plurilingue nato all’inizio del Cinquecento e continuamente ripubblicato e aggiornato.

foto:

•pAlA di bAStiAno Antinori, il GrattuGiato (1524-1592)

••SAlA delle pAle dell’AccAdeMiA dellA cruScA, cAtAloGo Storico dellA bibliotecA

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Una consulenza linguistica per tutti È corretta l’espressione "progetto sfi-dante"? "Climax" è maschile o femmi-nile? Si dice "starnuto" o "sternuto"? Sono alcuni dei quesiti linguistici che quotidianamente chiunque può porre all’Accademia con un semplice click sul suo sito. L’Accademia infatti offre un servizio di consulenza a tutti coloro che cercano informazioni e chiarimen-ti grammaticali e lessicali, spiegazioni di fenomeni linguistici, origine e storia delle parole. Rispondendo ai quesiti si affrontano anche temi di rilevanza generale, con l’intento di sollecitare la riflessione su alcuni tratti salienti dell’italiano attuale. L’archivio delle risposte accumulate in oltre 10 anni di attività è diventato uno strumento prezioso per orientarsi in modo critico nell’affrontare problemi e fenomeni che coinvolgono allo stesso tempo l’e-voluzione linguistica e culturale.

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