Torino Primo Levi

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Torino Primo Levi: come un chimico può diventare uno "scrittore" Platea, palchi, gallerie gremiti e gente in piedi ieri al Congnano per l'appuntamento con l'ex «fuori legge letterario- Primo Levi che ha tenuto subito a precisare: -Il tema che ho scelto, lo scrittore non scrittore, non vuol essere provocatorio. Non è mia intenzione sostenere che per fare un libro bisogna essere "non scrittore". Voglio dire che a me, chimico militante, è capitato di diventare scrittore perché sono finito in un Lager, come ebreo e come partigiano: Una via anomala e straordinaria. Dal bisogno di raccontare, che tormentava I prigionieri con la stesso primordiale urgenza del bisogno di mangiare, è nato « Se questo è un uomo », scritto a scopo di liberazione interiore e di testimonianza. Un libro dallo strano destino, finito subito e risorto dopo dieci anni per diventare un classico internazionale: tradotto in sette lingue, ridotto per radio e teatro, testo di lettura nelle scuole. Unico orgoglio, questo, del più appartato fra gli scrittori italiani. Perché il -testo- lo ha portato a contatto con I ragazzi, a rispondere alle loro mille domande, a dimostrare — lui, 1), In carne ed ossa — che Auschwitz è cosa di ieri e potrebbe, in mancanza di sentinelle, « solo che si lasci sbonconceliare la libertà », essere cosa di domani. Il clamoroso ritorno di -Se questo è un uomo- suona in Primo Levi come una sveglia. Ed ecco •La Tregua-, il racconto della tortuosa odissea che dalle frontiere della morte lo ha riportato in patria, attraverso lo sgangherato mondo del dopoguerra, ubriaco di libertà. A questo punto Primo Levi da • uno che scrive » è diventato « scrittore »: etichettato, catalogato, con tanto di premi (Campiello, Bagutta, Prato) del quali sembra che non gli Importi gran che. A lui importa comunicare col lettore, parlargli chiaro, farsi capire. Questa è la caratteristica del suo • nuovo strumento » di laboratorio, preciso e agile come gli altri della sua professione di chimico. E la sua legge è: massima comunicativa e minimo Ingombro. Con l'onestà, Il rigore, la linearità — spirituale e formale — di sempre. Il primo incrocio tra il suo lavoro quotidiano e quello domenicale e serale di scrittore, lo attua con I racconti, « Storie naturali » e « Vizio di forma » sfruttando Intuizioni tecniche germinate in fabbrica. Ma il suo debito verso il mestiere non è saldato. • Mi sembrava MI sembrava opportuno sfruttare II rapporto del chimico con la materia, madre e nemica, neghittosa e alleata ». L'approdo è • Il sistema periodico », microstorla di un mestiere, delle sue sconfitte e delle sue vittorie. Ma anche autobiografia e affresco di una generazione: messaggio di un impegno morale e civile, con un rapporto assoluto tra linguaggio e realtà. Per Primo Levi è lo scioglimento di un voto; per 11 lettore una

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Torino Primo Levi: come un chimico può diventare uno "scrittore"

Platea, palchi, gallerie gremiti e gente in piedi ieri al Congnano per l'appuntamento con l'ex «fuori legge letterario- Primo Levi che ha tenuto subito a precisare: -Il tema che ho scelto, lo scrittore non scrittore, non vuol essere provocatorio. Non è mia intenzione sostenere che per fare un libro bisogna essere "non scrittore". Voglio dire che a me, chimico militante, è capitato di diventare scrittore perché sono finito in un Lager, come ebreo e come partigiano: Una via anomala e straordinaria. Dal bisogno di raccontare, che tormentava I prigionieri con la stesso primordiale urgenza del bisogno di mangiare, è nato « Se questo è un uomo », scritto a scopo di liberazione interiore e di testimonianza. Un libro dallo strano destino, finito subito e risorto dopo dieci anni per diventare un classico internazionale: tradotto in sette lingue, ridotto per radio e teatro, testo di lettura nelle scuole. Unico orgoglio, questo, del più appartato fra gli scrittori italiani. Perché il -testo- lo ha portato a contatto con I ragazzi, a rispondere alle loro mille domande, a dimostrare — lui, 1), In carne ed ossa — che Auschwitz è cosa di ieri e potrebbe, in mancanza di sentinelle, « solo che si lasci sbonconceliare la libertà », essere cosa di domani. Il clamoroso ritorno di -Se questo è un uomo- suona in Primo Levi come una sveglia. Ed ecco •La Tregua-, il racconto della tortuosa odissea che dalle frontiere della morte lo ha riportato in patria, attraverso lo sgangherato mondo del dopoguerra, ubriaco di libertà. A questo punto Primo Levi da • uno che scrive » è diventato « scrittore »: etichettato, catalogato, con tanto di premi (Campiello, Bagutta, Prato) del quali sembra che non gli Importi gran che. A lui importa comunicare col lettore, parlargli chiaro, farsi capire. Questa è la caratteristica del suo • nuovo strumento » di laboratorio, preciso e agile come gli altri della sua professione di chimico. E la sua legge è: massima comunicativa e minimo Ingombro. Con l'onestà, Il rigore, la linearità — spirituale e formale — di sempre. Il primo incrocio tra il suo lavoro quotidiano e quello domenicale e serale di scrittore, lo attua con I racconti, « Storie naturali » e « Vizio di forma » sfruttando Intuizioni tecniche germinate in fabbrica. Ma il suo debito verso il mestiere non è saldato. • Mi sembrava MI sembrava opportuno sfruttare II rapporto del chimico con la materia, madre e nemica, neghittosa e alleata ». L'approdo è • Il sistema periodico », microstorla di un mestiere, delle sue sconfitte e delle sue vittorie. Ma anche autobiografia e affresco di una generazione: messaggio di un impegno morale e civile, con un rapporto assoluto tra linguaggio e realtà. Per Primo Levi è lo scioglimento di un voto; per 11 lettore una sintesi felice tra la scienza e le scelte rigorose della vita. Il discorso di Primo Levi col suo lettore Ieri sera è finito qui, pacato e sommesso anche nella conclusione: « MI chiedono: perché tu sei un chimico e scrivi, lo rispondo: scrivo perché sono un chimico ». E' seguito un dibattito. Gli hanno fatto tutte le domande che gli fanno i ragazzi quando va a parlare nelle scuole. Gli hanno chiesto che cosa pensa dei campi di concentramento che costellano il mondo (- Sono un segnale d'allarme che c'invita a non buttar via la libertà scalcagnata e piena di strappi che possediamo »), se odia I tedeschi, se ha fiducia malgrado tutto nell'uomo, se crede alla neutralità della scienza. D'obbligo, naturalmente, la domanda sul caso Kappler. Ha risposto: ■ La sua colpa è talmente smisurata che a mio parere avrebbe dovuto restare In prigione. E non penso solo alle Fosse Ardeatlne, penso alla frode da lui esercitata sul più indifesi, gli ebrei del ghetto di Roma. Voleva 50 chili d'oro In poche ore per promettere l'impunità. L'ha avuto, l'oro, ma gli ebrei del ghetto sono partiti sui vagoni piombati. Tutti. E quasi nessuno è tornato ». Gabriella Poli Gaetano.