Toaff secondo Aldo Santini

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Venerdì 7 Ottobre 2005 IL TIRRENO VII Livorno Novanta anni compiuti a aprile, tanto carisma e una vita dedicata all’impegno contro il razzismo La tormentata laurea a Pisa: era ebreo, nessuno voleva dare la tesi con lui. Ma un professore... Toaff, il rabbino col cuore antifascista LIVORNO. Elio Toaff, novanta anni compiuti ad aprile, è stato e rimane una delle figure più autorevoli e cari- smatiche della cultura ebraica e non solo. Amico perso- nale del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciam- pi, legatissimo a Livorno dove continua a venire spesso, Elio Toaff è uno dei personaggi che hanno caratterizzato il Novecento. Il consiglio comunale di Livorno, associan- dosi alla richiesta del sindaco Cosimi, ha chiesto all’una- nimità la sua nomina a senatore a vita. Di Toaff, ecco il profilo che ha tracciato Aldo Santini nel suo libro “Li- vornesi del Novecento”. di Aldo Santini T oaff nasce a Livorno nel 1915. Suo padre Alfredo è il rabbino della città: al- lievo di Pascoli e di Benamoze- gh, insegna latino e greco al li- ceo classico Niccolini, è un grande umanista portato in palmo di mano dalla stessa in- tellighentia cattolica livorne- se. Dirige il Collegio Rabbini- co che da tre secoli forma i più noti rabbini del mondo. «Prima della guerra» dice Elio Toaff, «Livorno era una delle comunità ebraiche più impor- tanti d’Italia. «I Medici, dopo aver fonda- to Livorno, con la legge chia- mata Livornina aprirono le porte della città ai profughi dell’intero bacino mediterra- neo, in particolare agli ebrei perseguitati dalla Tunisia. Erano nuclei familiari con un bagaglio culturale molto eleva- to e di conseguenza Livorno di- venne sede di scuole lumino- se, a partire dalla Scuola supe- riore di studi ebraici». Elio Toaff è l’ultimo a termi- nare gli studi in questa scuo- la. E diviene rabbino nell’au- tunno del 1939, a ventiquattro anni, poco prima che il colle- gio chiuda a causa delle leggi razziali, dell’antisemitismo di- lagante e della guerra. Toaff parla chiaro. «Descrivere qua- le fosse lo stato d’animo degli ebrei livornesi in quel periodo non è facile. Come sempre in certe circostanze ci furono i coraggiosi e i pavidi, gli oppo- sitori e i fascisti. Nel Collegio rabbinico nessuno si era iscrit- to al partito fascista, né mio padre né gli insegnanti, tutti rabbini e aderenti al movimen- to di rinascita ebraica». Quel movimento di rinasci- ta è legato al sionismo. E dal sionismo prende vita, consi- stenza. Abbiamo la chiave per entrare nel personaggio Toaff. «Il ritorno alla Terra dei Padri era considerato un elemento indispensabile, di carattere re- ligioso, con un’altrettanta indi- spensabile componente nazio- nale, che trovava la sua radi- ce nell’insegnamento dei pro- feti d’Israele». Ed è proprio Toaff a denun- ciare che l’adesione al sioni- smo è stato il primo motivo di spaccatura tra gli ebrei, anche a Livorno. «I sionisti, che era- no una minoranza, erano guardati con sospetto e con ti- more dagli ebrei fedeli al regi- me o che volevano, quanto me- no, farsi considerare tali. La politica di Mussolini, ambigua e oscillante fra un cauto soste- gno al sionismo e una opposi- zione basata sulla dichiarata inammissibilità di una doppia lealtà degli ebrei d’Italia alla Palestina, favoriva l’azione contro i sionisti, che venivano presentati come la causa di tutti i mali e di tutte le disgra- zie». Lo sdegno di Toaff ha origi- ni profonde. «Chi come me ha vissuto in prima persona quel periodo sente ancora tutto il disagio, lo sgomento, la vergo- gna, la rabbia impotente ver- so quelli che in Italia dimostra- rono così poca dignità e così scarso amore per l’ebraismo, pubblicando professioni di fe- de fascista e di lealtà al regi- me». Dunque, Toaff cresce con il sionismo. Nel 1939 è un giova- ne aperto, impulsivo, lontanis- simo dalla figura dell’ebreo che si piega, si nasconde, cer- ca di mimetizzarsi, non reagi- sce. E il Toaff che nel 1988, rab- bino capo di Roma, ha reagito con voce accorata, ma anche collerica, alla rinascita di un antisemitismo galvanizzato dalle violenze di Israele, non è cambiato da quello di cinquan- t’anni prima. Ed è quello a chiarirci e a giustificarci que- sto. Anche a giustificarlo, sis- signori. Perché l’Italia antifa- scista ha in Toaff uno dei suoi campioni. Qualche prova? Ce ne sono parecchie. Nel 1939 prima di diventare rabbino, Elio Toaff si laurea all’univer- sità di Pisa, in giurispruden- za. «Essendo ebreo, nessuno dei docenti intendeva darmi la tesi. Poi si fece avanti un uo- mo coraggioso, il professor Mossa, insegnante di diritto commerciale, e feci la tesi con lui. Per ultimo Il giorno dell’esame di lau- rea, il presidente della fa- coltà, Widar Cesarini Sforza, disse: «Toaff è ebreo, non può laurearsi insieme agli altri, deve dare l’esame per ultimo e con un verbale speciale». Mossa s’impuntò: «Toaff è il terzo della lista? Bene, deve laurearsi per terzo». Quando Mossa tornò a casa, dopo la mia laurea, gli spararono due revolverate, ma senza colpir- lo, per fortuna. Poi volevo una seconda laurea. «Per te che sei ebreo è proibito» mi comunicarono. Un mio fratel- lo era ginecologo a Pisa. Lo bloccarono mentre stava ope- rando. «Tu non puoi fare il chirurgo», gli intimarono. Un altro fratello era avvocato a Trieste. Lo avvertirono: «Non puoi difendere chi non è ebreo». Se ne andarono in Israele, anche se là uno stato d’Israele non esisteva anco- ra». Elio Toaff vorrebbe segui- re i fratelli, lasciare l’Italia. Il padre lo trattiene. «Quando la barca affonda non si può abbandonare chi ci sta so- pra». Così diviene rabbino ad Ancona. Appena cominciano le deportazioni nasconde gli ebrei anziani nelle case dei contadini e aiuta i più giova- ni a passare il fronte, sui pe- scherecci che partono da Or- tona a Mare. Sfolla a Fabria- no, con la moglie e il primo dei quattro figli. Infine ripara in Toscana, a Orciano Pisa- no. Ma nemmeno qui è in sal- vo. Raggiunge la famiglia del suocero, alle Focette. Il suoce- ro è un nobile, combattente el- bano, Ezio Luperini. «Era il maggiore latifondista dell’El- ba, ma era anche socialista. Regalò tutte le sue terre ai contadini e fece l’operaio al- l’Ilva, macchinista del treni- no delle miniere di Capolive- ri. Dopo la marcia su Roma fu costretto a emigrare negli Stati Uniti. Tornò poco prima della guerra». Verso i monti Alle Focette dura poco. Toaff prende la strada dei monti. Valdicastello, il paese di Carducci. «Ci sistemammo nel gabinetto chimico delle miniera. Era l’estate del ’44. In Versilia i partigiani opera- vano a ridosso della Linea Go- tica. Io collaboravo con l’av- vocato Salvadori, un sociali- sta versiliese, un capo della resistenza locale. Tenevamo i contatti con i giovani delle formazioni. Ma la notte dell’8 agosto mi presero. Erano SS. Dopo ho saputo che le coman- dava il maggiore Reder, un uf- ficiale della mia età, quello di Marzabotto». Con Toaff ci sono altri dieci prigionieri. Li chiudono in una stalla, a Montramito. Li fanno spogliare. Ogni due ore le SS entrano nella stalle e li feriscono con le baionette e i calci dei fucili. «Ho ancora i segni delle baionette su un braccio. Di questi undici ero l’unico ebreo. Ebreo e rabbi- no. Avevo con me il taled, lo scapolare che si porta noi ebrei, lo zucchetto e persino una foto di mio fratello in Pa- lestina, dietro c’era scritto Tel Aviv. Riuscii a nasconde- re tutto quanto. Le SS non scoprirono chi ero. Ma l’indo- mani sei dei miei compagni vennero fatti uscire dalla stal- la. Ci furono delle grida. Guardai da una fessura della porta. Quei sei sventurati pendevano dagli alberi. Impic- cati con il filo spinato». Al terzo giorno è la volta di Toaff e degli altri prigionieri. Li trascinano in un uliveto. Li obbligano a scavarsi le fos- se. Toaff cessa di scavare e prega. Un capitano delle SS lo interroga. «Hai famiglia?». «Sì, moglie e un bambino». «Anch’io ho moglie e un fi- glio, a Vienna. Sono un pro- fessore di matematica». Il ca- pitano si allontana. Le SS ri- dono, sputano sui cinque pri- gionieri, orinano sui loro cor- pi. Le fosse sono pronte. Il ca- pitano torna e chiede a Toaff: «Sei fascista?». «No, il fasci- smo mi ha perseguitatoo». Al- lora ordina: «Questo lasciate- lo venire fuori». Toaff racconta: «Le SS mi ti- rarono su, poi spararono su- gli altri quattro. I miei compa- gni non erano ancora morti che già le SS li coprivano di terra. Di sotto venivano i loro lamenti. Mi pareva d’impazzi- re. Il capitano mi offrì la pisto- la per dargli il colpo di gra- zia. Non so come ebbi la forza di rifiutare. Una delle SS mi colpì alle spalle con il calcio del mitra e svenni». Altre prove attendono Toaff. «Tu andrai in Germa- nia». Poi, la notte, il capitano lo lascia scappare tra gli uli- vi, sparando in aria. Il rabbi- no torna a Valdicastello. Qua- si non lo riconoscono. Ma i te- deschi gli danno la caccia. Di nuovo in fuga. Raggiunge una formazione partigiana. E passa per Sant’Anna di Staz- zema: la sera del sabato 12 agosto. I tedeschi di Reder hanno appena compiuta l’or- renda strage. «A Sant’Anna non ci sono più voluto andare. Mi invita- no sempre ma non mi regge il cuore. Per anni, ogni anno, il 12 agosto, mi ha preso un tre- mito spaventoso. Quella not- te, in quella piazza. Che ricor- do terribile. C’erano decine e decine di persone, tutte assas- sinate. Sui cadaveri le SS ave- vano gettato paglia, strame, mobili e poi la benzina. Ave- vano dato fuoco. Bruciava an- cora. Se uno non ha visto non può capire. C’erano tante don- ne. Tanti uomini. Tutti ucci- si». Toaff ha rivissuto quel- l’orrore il 9 ottobre 1983, un sabato anche allora, dopo il criminale attentato alla sina- goga di Roma. E mentre cam- minava nel sangue dei feriti, verso il bambino Stefano Ta- ché che moriva, esplose la sua ira, il suo sdegno. Contro chi? gli hanno domandato. Contro tutti «Contro tutti. Contro chi aveva sparato. Contro una certa propaganda. Contro cer- ti politici. Contro certi reso- conti dal Libano». L’abbrac- cio del presidente Pertini ai funerali del bambino, le sue parole («Mio fratello è morto con gli ebrei in un campo di concentramento»), la storica visita nell’aprile 1986 di papa Wojtyla nella sinagoga, il suo abbraccio, le sue parole («Ca- ri amici e fratelli ebrei e cri- stiani»), non hanno mitigato l’ira e lo sdegno al rinnovarsi dell’antisemitismo, del razzi- smo. «Il razzismo non è mai scomparso», accusa Toaff. Possiamo dargli torto? Tra le centinaia di lettere anonime che gli sono giunte piene di minacce ignobili, una reca il titolo di un giornale che, cor- retto a mano, suona così: «Morto Primo Levi per la ver- gogna di essere giudeo». E sul- la foto dello scrittore torinese suicida, una svastica. Toaff, sempre più sdegnato, conclu- de: «È possibile che noi ebrei dobbiamo sentirci dei diversi, in Italia? Siamo italiani da se- coli. E in Italia siamo stati in prima fila in tutti i movimen- ti rivoluzionari, dal Risorgi- mento alla Resistenza. La fa- miglia è approdata in Tosca- na nel 1542. Già nel 1637 un Toaff era rabbino a Livorno. Quando mio padre morì, nel 1963, il suo funerale, a Livor- no, fu accompagnato dal suo- no delle campane di tutte le chiese». 1986: lo storico ingresso di Papa Wojtyla nella sinagoga di Roma Elio Toaff col presidente della Repubblica Ciampi Il rabbino Elio Toaff durante un incontro con Alì Nannipieri, ex sindaco di Livorno, negli anni ’70. Quando nacque nel 1915, suo padre era rabbino della città e insegnava latino e greco al liceo classico Niccolini. Le leggi razziali del 1939 e l’aiuto prestato a tanta gente per sfuggire alle deportazioni I tedeschi che gli davano la caccia, il lungo peregrinare e la cattura. Ma un capitano delle SS lo fece fuggire. Nel 1986 la storica visita di Papa Wojtyla nella sinagoga di Roma. Proposto senatore a vita

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Da livornese a livornese il grande inviato Aldo Santini racconta Elio Toaff

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  • Venerd7 Ottobre 2005IL TIRRENO VIILivorno

    Novanta anni compiuti a aprile,tanto carisma e una vita dedicata

    allimpegno contro il razzismo

    La tormentata laurea a Pisa:era ebreo, nessuno voleva darela tesi con lui. Ma un professore...

    Toaff, il rabbinocol cuoreantifascista

    LIVORNO. Elio Toaff, novanta anni compiuti ad aprile, stato e rimane una delle figure pi autorevoli e cari-smatiche della cultura ebraica e non solo. Amico perso-nale del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciam-pi, legatissimo a Livorno dove continua a venire spesso,Elio Toaff uno dei personaggi che hanno caratterizzatoil Novecento. Il consiglio comunale di Livorno, associan-dosi alla richiesta del sindaco Cosimi, ha chiesto alluna-nimit la sua nomina a senatore a vita. Di Toaff, ecco ilprofilo che ha tracciato Aldo Santini nel suo libro Li-vornesi del Novecento.

    di Aldo Santini

    Toaff nasce a Livorno nel1915. Suo padre Alfredo il rabbino della citt: al-lievo di Pascoli e di Benamoze-gh, insegna latino e greco al li-ceo classico Niccolini, ungrande umanista portato inpalmo di mano dalla stessa in-tellighentia cattolica livorne-se. Dirige il Collegio Rabbini-co che da tre secoli forma ipi noti rabbini del mondo.Prima della guerra dice ElioToaff, Livorno era una dellecomunit ebraiche pi impor-tanti dItalia.

    I Medici, dopo aver fonda-to Livorno, con la legge chia-mata Livornina aprirono leporte della citt ai profughidellintero bacino mediterra-neo, in particolare agli ebreiperseguitati dalla Tunisia.Erano nuclei familiari con unbagaglio culturale molto eleva-to e di conseguenza Livorno di-venne sede di scuole lumino-se, a partire dalla Scuola supe-riore di studi ebraici.

    Elio Toaff lultimo a termi-nare gli studi in questa scuo-la. E diviene rabbino nellau-tunno del 1939, a ventiquattroanni, poco prima che il colle-gio chiuda a causa delle leggirazziali, dellantisemitismo di-lagante e della guerra. Toaffparla chiaro. Descrivere qua-le fosse lo stato danimo degliebrei livornesi in quel periodonon facile. Come sempre incerte circostanze ci furono icoraggiosi e i pavidi, gli oppo-sitori e i fascisti. Nel Collegiorabbinico nessuno si era iscrit-to al partito fascista, n miopadre n gli insegnanti, tuttirabbini e aderenti al movimen-to di rinascita ebraica.

    Quel movimento di rinasci-ta legato al sionismo. E dalsionismo prende vita, consi-stenza. Abbiamo la chiave perentrare nel personaggio Toaff.Il ritorno alla Terra dei Padriera considerato un elementoindispensabile, di carattere re-ligioso, con unaltrettanta indi-spensabile componente nazio-nale, che trovava la sua radi-ce nellinsegnamento dei pro-feti dIsraele.

    Ed proprio Toaff a denun-ciare che ladesione al sioni-smo stato il primo motivo dispaccatura tra gli ebrei, anchea Livorno. I sionisti, che era-no una minoranza, eranoguardati con sospetto e con ti-more dagli ebrei fedeli al regi-me o che volevano, quanto me-no, farsi considerare tali. Lapolitica di Mussolini, ambiguae oscillante fra un cauto soste-gno al sionismo e una opposi-zione basata sulla dichiaratainammissibilit di una doppialealt degli ebrei dItalia alla

    Palestina, favoriva lazionecontro i sionisti, che venivanopresentati come la causa ditutti i mali e di tutte le disgra-zie.

    Lo sdegno di Toaff ha origi-ni profonde. Chi come me havissuto in prima persona quelperiodo sente ancora tutto ildisagio, lo sgomento, la vergo-gna, la rabbia impotente ver-so quelli che in Italia dimostra-rono cos poca dignit e cosscarso amore per lebraismo,pubblicando professioni di fe-de fascista e di lealt al regi-me.

    Dunque, Toaff cresce con ilsionismo. Nel 1939 un giova-ne aperto, impulsivo, lontanis-simo dalla figura dellebreoche si piega, si nasconde, cer-ca di mimetizzarsi, non reagi-sce. E il Toaff che nel 1988, rab-bino capo di Roma, ha reagitocon voce accorata, ma anchecollerica, alla rinascita di unantisemitismo galvanizzatodalle violenze di Israele, non cambiato da quello di cinquan-tanni prima. Ed quello achiarirci e a giustificarci que-sto. Anche a giustificarlo, sis-signori. Perch lItalia antifa-scista ha in Toaff uno dei suoicampioni. Qualche prova? Cene sono parecchie. Nel 1939prima di diventare rabbino,Elio Toaff si laurea alluniver-sit di Pisa, in giurispruden-za. Essendo ebreo, nessunodei docenti intendeva darmila tesi. Poi si fece avanti un uo-mo coraggioso, il professorMossa, insegnante di dirittocommerciale, e feci la tesi conlui.

    Per ultimoIl giorno dellesame di lau-

    rea, il presidente della fa-colt, Widar Cesarini Sforza,disse: Toaff ebreo, non pulaurearsi insieme agli altri,deve dare lesame per ultimoe con un verbale speciale.Mossa simpunt: Toaff ilterzo della lista? Bene, develaurearsi per terzo. QuandoMossa torn a casa, dopo lamia laurea, gli spararono duerevolverate, ma senza colpir-lo, per fortuna. Poi volevouna seconda laurea. Per teche sei ebreo proibito micomunicarono. Un mio fratel-

    lo era ginecologo a Pisa. Lobloccarono mentre stava ope-rando. Tu non puoi fare ilchirurgo, gli intimarono. Unaltro fratello era avvocato aTrieste. Lo avvertirono: Nonpuoi difendere chi non ebreo. Se ne andarono inIsraele, anche se l uno statodIsraele non esisteva anco-ra. Elio Toaff vorrebbe segui-re i fratelli, lasciare lItalia. Ilpadre lo trattiene. Quandola barca affonda non si puabbandonare chi ci sta so-pra. Cos diviene rabbino adAncona. Appena comincianole deportazioni nasconde gliebrei anziani nelle case deicontadini e aiuta i pi giova-ni a passare il fronte, sui pe-scherecci che partono da Or-tona a Mare. Sfolla a Fabria-no, con la moglie e il primodei quattro figli. Infine riparain Toscana, a Orciano Pisa-no. Ma nemmeno qui in sal-vo. Raggiunge la famiglia delsuocero, alle Focette. Il suoce-ro un nobile, combattente el-bano, Ezio Luperini. Era ilmaggiore latifondista dellEl-

    ba, ma era anche socialista.Regal tutte le sue terre aicontadini e fece loperaio al-lIlva, macchinista del treni-no delle miniere di Capolive-ri. Dopo la marcia su Romafu costretto a emigrare negliStati Uniti. Torn poco primadella guerra.

    Verso i montiAlle Focette dura poco.

    Toaff prende la strada deimonti. Valdicastello, il paesedi Carducci. Ci sistemammonel gabinetto chimico delleminiera. Era lestate del 44.In Versilia i partigiani opera-vano a ridosso della Linea Go-tica. Io collaboravo con lav-vocato Salvadori, un sociali-sta versiliese, un capo dellaresistenza locale. Tenevamo icontatti con i giovani delleformazioni. Ma la notte dell8agosto mi presero. Erano SS.Dopo ho saputo che le coman-dava il maggiore Reder, un uf-ficiale della mia et, quello diMarzabotto.

    Con Toaff ci sono altri dieciprigionieri. Li chiudono inuna stalla, a Montramito. Lifanno spogliare. Ogni due orele SS entrano nella stalle e liferiscono con le baionette e icalci dei fucili. Ho ancora isegni delle baionette su unbraccio. Di questi undici erolunico ebreo. Ebreo e rabbi-no. Avevo con me il taled, loscapolare che si porta noiebrei, lo zucchetto e persinouna foto di mio fratello in Pa-lestina, dietro cera scrittoTel Aviv. Riuscii a nasconde-re tutto quanto. Le SS nonscoprirono chi ero. Ma lindo-mani sei dei miei compagnivennero fatti uscire dalla stal-la. Ci furono delle grida.Guardai da una fessura dellaporta. Quei sei sventuratipendevano dagli alberi. Impic-cati con il filo spinato.

    Al terzo giorno la volta diToaff e degli altri prigionieri.Li trascinano in un uliveto.Li obbligano a scavarsi le fos-se. Toaff cessa di scavare eprega. Un capitano delle SS lointerroga. Hai famiglia?.S, moglie e un bambino.Anchio ho moglie e un fi-glio, a Vienna. Sono un pro-fessore di matematica. Il ca-pitano si allontana. Le SS ri-dono, sputano sui cinque pri-gionieri, orinano sui loro cor-pi. Le fosse sono pronte. Il ca-pitano torna e chiede a Toaff:Sei fascista?. No, il fasci-smo mi ha perseguitatoo. Al-lora ordina: Questo lasciate-lo venire fuori.

    Toaff racconta: Le SS mi ti-rarono su, poi spararono su-gli altri quattro. I miei compa-gni non erano ancora mortiche gi le SS li coprivano diterra. Di sotto venivano i lorolamenti. Mi pareva dimpazzi-re. Il capitano mi offr la pisto-la per dargli il colpo di gra-zia. Non so come ebbi la forzadi rifiutare. Una delle SS micolp alle spalle con il calciodel mitra e svenni.

    Altre prove attendonoToaff. Tu andrai in Germa-nia. Poi, la notte, il capitanolo lascia scappare tra gli uli-vi, sparando in aria. Il rabbi-no torna a Valdicastello. Qua-si non lo riconoscono. Ma i te-deschi gli danno la caccia. Dinuovo in fuga. Raggiungeuna formazione partigiana. E

    passa per SantAnna di Staz-zema: la sera del sabato 12agosto. I tedeschi di Rederhanno appena compiuta lor-renda strage.

    A SantAnna non ci sonopi voluto andare. Mi invita-no sempre ma non mi regge ilcuore. Per anni, ogni anno, il12 agosto, mi ha preso un tre-mito spaventoso. Quella not-te, in quella piazza. Che ricor-do terribile. Cerano decine edecine di persone, tutte assas-sinate. Sui cadaveri le SS ave-vano gettato paglia, strame,mobili e poi la benzina. Ave-vano dato fuoco. Bruciava an-cora. Se uno non ha visto nonpu capire. Cerano tante don-ne. Tanti uomini. Tutti ucci-si. Toaff ha rivissuto quel-lorrore il 9 ottobre 1983, unsabato anche allora, dopo ilcriminale attentato alla sina-goga di Roma. E mentre cam-minava nel sangue dei feriti,verso il bambino Stefano Ta-ch che moriva, esplose lasua ira, il suo sdegno. Controchi? gli hanno domandato.

    Contro tuttiContro tutti. Contro chi

    aveva sparato. Contro unacerta propaganda. Contro cer-ti politici. Contro certi reso-conti dal Libano. Labbrac-cio del presidente Pertini aifunerali del bambino, le sueparole (Mio fratello mortocon gli ebrei in un campo diconcentramento), la storicavisita nellaprile 1986 di papaWojtyla nella sinagoga, il suoabbraccio, le sue parole (Ca-ri amici e fratelli ebrei e cri-stiani), non hanno mitigatolira e lo sdegno al rinnovarsidellantisemitismo, del razzi-smo. Il razzismo non maiscomparso, accusa Toaff.Possiamo dargli torto? Tra lecentinaia di lettere anonimeche gli sono giunte piene diminacce ignobili, una reca iltitolo di un giornale che, cor-retto a mano, suona cos:Morto Primo Levi per la ver-gogna di essere giudeo. E sul-la foto dello scrittore torinesesuicida, una svastica. Toaff,sempre pi sdegnato, conclu-de: possibile che noi ebreidobbiamo sentirci dei diversi,in Italia? Siamo italiani da se-coli. E in Italia siamo stati inprima fila in tutti i movimen-ti rivoluzionari, dal Risorgi-mento alla Resistenza. La fa-miglia approdata in Tosca-na nel 1542. Gi nel 1637 unToaff era rabbino a Livorno.Quando mio padre mor, nel1963, il suo funerale, a Livor-no, fu accompagnato dal suo-no delle campane di tutte lechiese.

    1986:lo storicoingressodi PapaWojtylanellasinagogadi Roma

    Elio Toaff col presidente della Repubblica Ciampi

    Il rabbino Elio Toaff durante un incontro con Al Nannipieri, ex sindaco di Livorno, negli anni 70.

    Quando nacque nel 1915, suopadre era rabbino della citt

    e insegnava latino e greco al liceoclassico Niccolini. Le leggi razzialidel 1939 e laiuto prestato a tantagente per sfuggire alle deportazioni

    I tedeschi che gli davano la caccia,il lungo peregrinare e la cattura.Ma un capitano delle SS lo fecefuggire. Nel 1986 la storica visitadi Papa Wojtyla nella sinagoga

    di Roma. Proposto senatore a vita

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