TN · 2015. 6. 18. · TN 13 Cultura Spettacoli La presentazione Sottopelle, pagine noir Il romanzo...

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Corriere del Trentino Giovedì 4 Giugno 2015 TN 13 Cultura Spettacoli La presentazione Sottopelle, pagine noir Il romanzo di Graziani L’appuntamento è per stasera. Alle 18.15, negli spazi della libreria «Ubik» di Bolzano, l’autore Matthias Graziani presenterà il thriller dalle tinte noir Sottopelle, edito da La Corte Editore. Presente all’evento sarà anche l’apprezzato scrittore Paolo Crazy Carnevale, che introdurrà il romanzo e accompagnerà l’autore nelle parti salienti del romanzo. Verranno seguiti, infatti, i casi dei due detective presenti nel romanzo, grazie alle mappe delle città in cui è ambientato: Miami e New York. Il romanzo è stato da poco presentato in anteprima al Salone Internazionale del Libro a Torino, e il 17 giugno, a Milano, verrà presentato dal maestro della letteratura noir italiana: Andrea G. Pinketts. Eroi e conflitti , retorica millenaria Memorie di guerra, seminario a Trento. Lectio di Canevaro sul coraggio «M olta filosofia morale nega al coraggio lo status di virtù, descrivendolo come una fa- coltà che può essere appli- cata indifferentemente a qualsiasi fine. Se delin- quenti, criminali, terroristi possono essere co- raggiosi nel perseguire i loro fini, il coraggio, si dice, non può essere una virtù. Tale linea di pen- siero è uscita con prepotenza dalle aule di filoso- fia ed è entrata, per esempio, nel dibattito pub- blico americano in seguito a un famoso articolo di Susan Sontag sul New Yorker, pubblicato nei giorni successivi all’11 settembre. Bush, nel suo discorso dopo gli attentati, aveva definito i terro- risti “codardi senza volto”. Sontag contestò il va- lore di queste etichette». Interverrà sul tema The discourse of courage in Athenian war commemoration Mirko Caneva- ro, giovane professore italiano presso l’universi- tà di Edimburgo nell’ambito di Commemorating war and war dead. Ancient and Modern, il con- vegno che si svolgerà presso il dipartimento di lettere e filosofia dell’università di Trento oggi e domani. L’iniziativa, organizzata dal laboratorio di storia antica dell’ateneo trentino, rappresenta l’atto conclusivo del progetto Memorie di guerra. Forme, modelli e racconti tra antico e moderno e rientra tra le commemorazioni per il centenario della Grande Guerra. Per l’occasione, a Trento convergeranno studiosi provenienti dal Regno Unito, dalla Germania e dal Canada. L’inizio dei lavori è previsto oggi alle 9 con i saluti di Gustavo Corni e di Maurizio Giangiulio, docenti dell’uni- versità di Trento. Al centro del convegno interro- gativi quali: come si ricorda un conflitto? Quali tracce lasciano nel presente i conflitti di un pas- sato più o meno lontano? Come i modelli antichi influenzano la commemorazione dei conflitti recenti? Professor Canevaro, torniamo al suo inci- pit: il coraggio, dunque, non è sempre una vir- tù? «In certo senso, i piloti americani che lancia- no bombe dall’alto sono ancora più “senza volto” dei terroristi sopra citati, e corrono rischi infe- riori. E i terroristi sono convinti di sacrificare la propria vita per un fine nobile, per cui è bizzarro definirli dei codardi. Ma questi dibattiti in realtà riguardano la nostra valutazione di particolari azioni, non la natura stessa del coraggio e il suo status di virtù. Sia Bush sia l’ipotetico terrorista di Al-Qaeda che nega ai piloti americani ogni co- raggio sono in realtà d’accordo sul fatto che il co- raggio richieda la scelta deliberata di correre ri- schi per un obiettivo più alto». Il coraggio in guerra e la commemorazione del conflitto: ci può spiegare come sono con- nessi questi due aspetti? «I caduti di guerra, nelle commemorazioni collettive e pubbliche di ogni tempo, sono sem- pre descritti come eroi, elogiati per il loro corag- gio. Lontani nel tempo e nello spazio, è facile condannare la retorica delle antiche commemo- razioni, il sacrificio inutile. Tuttavia questa reto- rica, nell’antica Atene come oggi, è funzionale alla sopravvivenza della comunità, e la obbliga a riflettere sulla sua identità. Un’azione, per essere coraggiosa, deve essere scelta deliberatamente, in piena coscienza dei rischi, per un fine più al- to. Nel descrivere i suoi caduti come eroi, la co- munità deve dare concreta articolazione a que- sto ideale più alto, ed è obbligata a riflettere sui suoi valori, sulla sua storia ». Come si costruiva il concetto di coraggio in guerra presso gli antichi greci e come si co- struisce oggi? Ci sono delle costanti? «Quando Socrate chiede al generale ateniese Lachete, nell’omonimo dialogo platonico, cosa sia il coraggio, Lachete risponde che è coraggio- so chi mantiene la propria posizione in batta- glia, nella falange oplitica. Così Demostene nel suo discorso per i caduti ateniesi a Cheronea de- scrive il coraggio dei caduti, così si comportano gli Spartani alle Termopili. Questo è il prototipo greco di coraggio, nelle democrazie come nelle oligarchie. E se pare restrittivo, si rifletta sul fat- to che anche noi moderni, nel costruire modelli di coraggio pacifico, civile, utilizziamo conti- nuamente metafore marziali: andare all’attacco, non arretrare, stand your ground. Così il prototi- po oplitico era sfruttato dai Greci per sviluppare altri modelli di coraggio (navali, civici). Ridotto ai suoi elementi essenziali, questo prototipo di coraggio non è così diverso dal nostro, perché necessità di una scelta deliberata di correre ri- schi in difesa di un valore più alto: la polis». © RIPRODUZIONE RISERVATA di Gabriella Brugnara Docente Mirko Canevaro, insegna all’università di Edimburgo I l 12 giugno prenderà il via la quinta edizio- ne del Trentino Book Festival che sarà de- dicata ai disegnatori di Charlie Hebdo sterminati dal fanatismo. Nel fitto calen- dario di appuntamenti ve n’è uno dal titolo suggestivo e in- trigante: Italiani anche noi. Stranieri anche noi . Si terrà alle 10.45 di domenica 14, alla Casa della Cultura di Caldo- nazzo e vedrà dialogare Vin- cenzo Passerini, presidente del Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza (Cnca) del Trentino Alto Adi- ge e lo scrittore Eraldo Affina- ti, moderati da Paolo Ghezzi, direttore editoriale della casa editrice Il Margine che recen- temente ha pubblicato libri di entrambi i «dialoganti». Eraldo Affinati è noto non solo per i suoi romanzi, Com- pagni segreti. Storie di viaggi, bombe e scrittori (Fandango Libri, 2006) o Berlin (Rizzoli 2009), ma anche per aver cu- rato l’edizione completa delle opere di Mario Rigoni Stern Storie dall’Altipiano per i Me- ridiani Mondadori. Ma tra i suo meriti vi è anche quello di essere l’insegnante «etero- dosso» che ha creato, insieme alla moglie Anna Luce Lenzi, le scuole Penny Wirton per ra- gazzi stranieri. Insomma, ha tutto per spie- gare perché «siamo italiani anche noi» e perché «siamo stranieri anche noi»: «Intan- to, Italiani anche noi è il titolo del libro, un corso di lingua italiana per stranieri, che io e mia moglie abbiamo pubbli- cato per il Margine. Un ma- nuale, a cui ha fatto seguito un eserciziario, che utilizzia- mo nella scuola Penny Wirton che abbiamo fondato a Roma. Attualmente è presente in molte regioni italiane e ha al- cune particolarità: non ci so- no classi, il rapporto inse- gnanti studenti è uno a uno, non ha voti e registri e non ha burocrazia. La definirei un la- boratorio antropologico che mette a confronto volontari, insegnanti e ragazzi con per- sone che spesso vediamo nei telegiornali mentre si tengo- no aggrappati a un barcone». Una scuola aperta a giovani e adulti di ogni provenienza e di ogni età che prende il nome dal protagonista del romanzo di Silvio D’Arzo, Penny Wirton e sua madre. Una scuola che è un sogno realizzato, mentre l’altra, quella «normale» si trova troppo spesso ad avere le armi spuntate proprio men- tre il suo ruolo sarebbe fonda- mentale. «È vero, serve rifon- dare il patto educativo, ma farlo mentre sta saltando an- che il patto sociale non è sem- plice. Dobbiamo ricostruire una società del confronto e la grammatica dello stare insie- me. Per farlo occorre ripartire dalla comunità educatrice che non è un’azienda e non va va- lutata come tale. Purtroppo, invece, il dibattito sulla scuola è troppo spesso figlio di uno scontro ideologico e non va al sodo». «Se dovessi indicare un punto di partenza direi che occorre ridisegnare lo spazio scolastico e portare gli stu- denti fuori dalle aule chiuse. Non possono più stare sei ore consecutive ad ascoltare le- zioni frontali. Servono labora- tori e occorre vivere delle esperienze. Per fortuna in al- cune zone queste sperimenta- zioni si fanno e bene, soprat- tutto in Trentino». Per spiegare meglio il con- cetto, Affinati ricorre a una metafora cinematografica: «Oggi l’insegnante in aula è come una controfigura al ci- nema, uno stunt man che si attiva per le scene più perico- lose. Si ritrova ad insegnare agli studenti l’esperienza del limite, a dire i no che non ri- cevono in famiglia. Nel farlo ristabilisce un patto educativo e di conseguenza aiuta a ri- comporre anche il patto so- ciale. La scuola è l’ultima trin- cea etica, non possiamo ab- bandonarla». Non resta che spiegare il senso della locuzione: «stra- nieri anche noi». «Credo vo- glia ricordare che dobbiamo interrogarci tutti sulle nostre ritrosie e sulle nostre difficol- tà, indipendentemente da do- ve siamo nati. Occorre metter- si in gioco come persona ed esporsi, non possiamo limi- tarci ad essere degli esecutori di mansioni tecniche. È facile dire accogliamo, è più diffici- le guardare negli occhi le per- sone e conoscere le loro sto- rie. Ma solo con l’incontro si esce fuori da statistiche e schemi sociologici e ci si chie- de, chi è la persona che ho da- vanti? Chi sono io?». © RIPRODUZIONE RISERVATA di Massimiliano Boschi Scrittore Eraldo Affinati è un autore italiano. Vive nella capitale e insegna letteratura alla Città dei Ragazzi. Ha pubblicato, tra gli altri volumi, « Veglia d’armi. L’uomo di Tolstoj» Il senso dell’integrazione È facile dire accogliamo, è più difficile guardare negli occhi le persone e conoscere le loro storie «Trentino Book Festival», incontro con Eraldo Affinati «Oggi dobbiamo ricostruire una società del confronto»

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  • Corriere del Trentino Giovedì 4 Giugno 2015 TN13

    CulturaSpettacoli

    La presentazioneSottopelle, pagine noirIl romanzo di Graziani

    L’appuntamento è per stasera. Alle 18.15, negli spazi della libreria «Ubik» di Bolzano, l’autore Matthias Graziani

    presenterà il thriller dalle tinte noir Sottopelle, edito da La Corte Editore. Presente all’evento sarà anche l’apprezzato scrittore Paolo Crazy Carnevale, che introdurrà il romanzo e accompagnerà l’autore nelle parti salienti del romanzo. Verranno seguiti, infatti, i casi dei due detective presenti nel

    romanzo, grazie alle mappe delle città in cui è ambientato: Miami e New York.Il romanzo è stato da poco presentato in anteprima al Salone Internazionale del Libro a Torino, e il 17 giugno, a Milano, verrà presentato dal maestro della letteratura noir italiana: Andrea G. Pinketts.

    Eroi e conflitti, retorica millenariaMemorie di guerra, seminario a Trento. Lectio di Canevaro sul coraggio

    «M olta filosofia morale nega alcoraggio lo status di virtù,descrivendolo come una fa-coltà che può essere appli-cata indifferentemente a qualsiasi fine. Se delin-quenti, criminali, terroristi possono essere co-raggiosi nel perseguire i loro fini, il coraggio, sidice, non può essere una virtù. Tale linea di pen-siero è uscita con prepotenza dalle aule di filoso-fia ed è entrata, per esempio, nel dibattito pub-blico americano in seguito a un famoso articolodi Susan Sontag sul New Yorker, pubblicato neigiorni successivi all’11 settembre. Bush, nel suodiscorso dopo gli attentati, aveva definito i terro-risti “codardi senza volto”. Sontag contestò il va-lore di queste etichette».

    Interverrà sul tema The discourse of couragein Athenian war commemoration Mirko Caneva-ro, giovane professore italiano presso l’universi-tà di Edimburgo nell’ambito di Commemoratingwar and war dead. Ancient and Modern, il con-vegno che si svolgerà presso il dipartimento dilettere e filosofia dell’università di Trento oggi edomani. L’iniziativa, organizzata dal laboratoriodi storia antica dell’ateneo trentino, rappresenta

    l’atto conclusivo del progetto Memorie di guerra.Forme, modelli e racconti tra antico e moderno erientra tra le commemorazioni per il centenariodella Grande Guerra. Per l’occasione, a Trento convergeranno studiosi provenienti dal RegnoUnito, dalla Germania e dal Canada. L’inizio deilavori è previsto oggi alle 9 con i saluti di GustavoCorni e di Maurizio Giangiulio, docenti dell’uni-versità di Trento. Al centro del convegno interro-gativi quali: come si ricorda un conflitto? Qualitracce lasciano nel presente i conflitti di un pas-sato più o meno lontano? Come i modelli antichiinfluenzano la commemorazione dei conflittirecenti?

    Professor Canevaro, torniamo al suo inci-pit: il coraggio, dunque, non è sempre una vir-tù?

    «In certo senso, i piloti americani che lancia-no bombe dall’alto sono ancora più “senza volto”dei terroristi sopra citati, e corrono rischi infe-riori. E i terroristi sono convinti di sacrificare lapropria vita per un fine nobile, per cui è bizzarrodefinirli dei codardi. Ma questi dibattiti in realtàriguardano la nostra valutazione di particolari azioni, non la natura stessa del coraggio e il suostatus di virtù. Sia Bush sia l’ipotetico terroristadi Al-Qaeda che nega ai piloti americani ogni co-

    raggio sono in realtà d’accordo sul fatto che il co-raggio richieda la scelta deliberata di correre ri-schi per un obiettivo più alto».

    Il coraggio in guerra e la commemorazionedel conflitto: ci può spiegare come sono con-nessi questi due aspetti?

    «I caduti di guerra, nelle commemorazionicollettive e pubbliche di ogni tempo, sono sem-pre descritti come eroi, elogiati per il loro corag-

    gio. Lontani nel tempo e nello spazio, è facilecondannare la retorica delle antiche commemo-razioni, il sacrificio inutile. Tuttavia questa reto-rica, nell’antica Atene come oggi, è funzionalealla sopravvivenza della comunità, e la obbliga ariflettere sulla sua identità. Un’azione, per esserecoraggiosa, deve essere scelta deliberatamente,in piena coscienza dei rischi, per un fine più al-to. Nel descrivere i suoi caduti come eroi, la co-munità deve dare concreta articolazione a que-sto ideale più alto, ed è obbligata a riflettere suisuoi valori, sulla sua storia ».

    Come si costruiva il concetto di coraggio inguerra presso gli antichi greci e come si co-struisce oggi? Ci sono delle costanti?

    «Quando Socrate chiede al generale atenieseLachete, nell’omonimo dialogo platonico, cosasia il coraggio, Lachete risponde che è coraggio-so chi mantiene la propria posizione in batta-glia, nella falange oplitica. Così Demostene nelsuo discorso per i caduti ateniesi a Cheronea de-scrive il coraggio dei caduti, così si comportanogli Spartani alle Termopili. Questo è il prototipogreco di coraggio, nelle democrazie come nelleoligarchie. E se pare restrittivo, si rifletta sul fat-to che anche noi moderni, nel costruire modellidi coraggio pacifico, civile, utilizziamo conti-nuamente metafore marziali: andare all’attacco,non arretrare, stand your ground. Così il prototi-po oplitico era sfruttato dai Greci per svilupparealtri modelli di coraggio (navali, civici). Ridottoai suoi elementi essenziali, questo prototipo dicoraggio non è così diverso dal nostro, perchénecessità di una scelta deliberata di correre ri-schi in difesa di un valore più alto: la polis».

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    di Gabriella Brugnara

    Docente Mirko Canevaro, insegna all’università di Edimburgo

    Il 12 giugno prenderàil via la quinta edizio-ne del Trentino BookFestival che sarà de-dicata ai disegnatori

    di Charlie Hebdo sterminatidal fanatismo. Nel fitto calen-dario di appuntamenti ve n’èuno dal titolo suggestivo e in-trigante: Italiani anche noi.Stranieri anche noi. Si terràalle 10.45 di domenica 14, allaCasa della Cultura di Caldo-nazzo e vedrà dialogare Vin-cenzo Passerini, presidentedel Coordinamento nazionaledelle comunità di accoglienza(Cnca) del Trentino Alto Adi-ge e lo scrittore Eraldo Affina-ti, moderati da Paolo Ghezzi,direttore editoriale della casaeditrice Il Margine che recen-temente ha pubblicato libri dientrambi i «dialoganti».

    Eraldo Affinati è noto nonsolo per i suoi romanzi, Com-pagni segreti. Storie di viaggi,bombe e scrittori (FandangoLibri, 2006) o Berlin (Rizzoli2009), ma anche per aver cu-rato l’edizione completa delleopere di Mario Rigoni SternStorie dall’Altipiano per i Me-ridiani Mondadori. Ma tra isuo meriti vi è anche quello diessere l’insegnante «etero-dosso» che ha creato, insiemealla moglie Anna Luce Lenzi,le scuole Penny Wirton per ra-gazzi stranieri.

    Insomma, ha tutto per spie-gare perché «siamo italianianche noi» e perché «siamostranieri anche noi»: «Intan-to, Italiani anche noi è il titolodel libro, un corso di linguaitaliana per stranieri, che io emia moglie abbiamo pubbli-cato per il Margine. Un ma-nuale, a cui ha fatto seguitoun eserciziario, che utilizzia-mo nella scuola Penny Wirtonche abbiamo fondato a Roma.Attualmente è presente inmolte regioni italiane e ha al-

    cune particolarità: non ci so-no classi, il rapporto inse-gnanti studenti è uno a uno,non ha voti e registri e non haburocrazia. La definirei un la-boratorio antropologico chemette a confronto volontari,insegnanti e ragazzi con per-sone che spesso vediamo neitelegiornali mentre si tengo-no aggrappati a un barcone».

    Una scuola aperta a giovanie adulti di ogni provenienza edi ogni età che prende il nomedal protagonista del romanzodi Silvio D’Arzo, Penny Wirtone sua madre. Una scuola che èun sogno realizzato, mentrel’altra, quella «normale» sitrova troppo spesso ad avere

    le armi spuntate proprio men-tre il suo ruolo sarebbe fonda-mentale. «È vero, serve rifon-dare il patto educativo, mafarlo mentre sta saltando an-che il patto sociale non è sem-plice. Dobbiamo ricostruireuna società del confronto e lagrammatica dello stare insie-me. Per farlo occorre ripartiredalla comunità educatrice chenon è un’azienda e non va va-lutata come tale. Purtroppo,invece, il dibattito sulla scuolaè troppo spesso figlio di unoscontro ideologico e non va alsodo».

    «Se dovessi indicare unpunto di partenza direi cheoccorre ridisegnare lo spazio

    scolastico e portare gli stu-denti fuori dalle aule chiuse.Non possono più stare sei oreconsecutive ad ascoltare le-zioni frontali. Servono labora-tori e occorre vivere delleesperienze. Per fortuna in al-cune zone queste sperimenta-

    zioni si fanno e bene, soprat-tutto in Trentino».

    Per spiegare meglio il con-cetto, Affinati ricorre a unametafora cinematografica:«Oggi l’insegnante in aula ècome una controfigura al ci-nema, uno stunt man che siattiva per le scene più perico-lose. Si ritrova ad insegnareagli studenti l’esperienza dellimite, a dire i no che non ri-cevono in famiglia. Nel farloristabilisce un patto educativoe di conseguenza aiuta a ri-comporre anche il patto so-ciale. La scuola è l’ultima trin-cea etica, non possiamo ab-bandonarla».

    Non resta che spiegare il

    senso della locuzione: «stra-nieri anche noi». «Credo vo-glia ricordare che dobbiamointerrogarci tutti sulle nostreritrosie e sulle nostre difficol-tà, indipendentemente da do-ve siamo nati. Occorre metter-si in gioco come persona edesporsi, non possiamo limi-tarci ad essere degli esecutoridi mansioni tecniche. È faciledire accogliamo, è più diffici-le guardare negli occhi le per-sone e conoscere le loro sto-rie. Ma solo con l’incontro siesce fuori da statistiche eschemi sociologici e ci si chie-de, chi è la persona che ho da-vanti? Chi sono io?».

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    di Massimiliano Boschi

    Scrittore Eraldo Affinati è un autore italiano. Vive nella capitale e insegna letteratura alla Città dei Ragazzi. Ha pubblicato, tra gli altri volumi, « Veglia d’armi. L’uomo di Tolstoj»

    Il senso dell’integrazioneÈ facile dire accogliamo, è più difficile guardare negli occhi le personee conoscere le loro storie

    «Trentino Book Festival», incontro con Eraldo Affinati«Oggi dobbiamo ricostruire una società del confronto»

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