Tipografia delle relazioni logiche / Rappresentazione tipografica della struttura del ragionamento

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Rappresentazione tipografica della struttura del ragionamento Maria Rosaria Digregorio RELAZIONI TIPOGRAFIA DELLE LOGICHE

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Esistono molte rappresentazioni, generalmente chiamate diagrammi, utilizzabili per visualizzare le relazioni logiche presenti all’interno di un ragionamento. Quasi mai però si fa riferimento al testo in sé come ad una di queste rappresentazioni visive: la parola scritta è quasi sempre soltanto il riferimento per la realizzazione di un diagramma, non dissimilmente da come potrebbe essere intesa la parola parlata. Questo perché si è abituati a concepire il testo come una traduzione lineare del discorso orale con cui viene espresso un pensiero, mentre i diagrammi, non lineari, appaiono più adatti ad esprimere direttamente la struttura del ragionamento. In questa visione però convergono tutta una serie di pregiudizi derivati dalle caratteristiche del sistema linguistico occidentale, l’alfabeto, e dai paradigmi tecnologici che hanno caratterizzato la tipografia. L'obiettivo di questa ricerca è dimostrare che il testo è invece una rappresentazione visiva a tutti gli effetti e può essere esso stesso concepito come diagramma in grado di restituire la struttura del ragionamento che veicola.

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Rappresentazione tipografica della struttura del ragionamento

Maria Rosaria Digregorio

relazioni

Tipografia

delle

logiche

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relatoreGiovanni Anceschi

studenteMaria Rosaria Digregorio

Università IUAV di VeneziaFacoltà di Design e ArtiCorso di laurea specialistica in Comunicazioni visive e Multimedialia.a. 2008/2009

carattereConsolas [Luc(as) de Groot, 2007]

carattere geometrico di copertinaispirato a Typographische Mitteilungen (#2, 1927), rivista tedesca in cui fu pubblicato Elementare Typographie di Jan Tschichold (#10, 1925)[Maria Rosaria Digregorio,Paolo Mazzetti, 2010]

stampaTipografia BaldassarreSanteramo in Colle (BA)marzo 2010

Tipografia

delle

relazioni

logiche

Rappresentazione tipografica della struttura del ragionamento

Maria Rosaria Digregorio

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alfabeto [31]forma/contenutotesto/diagrammascrittura/immaginelineare/NON linearepregiudizio alfabeticotirannia dell’alfabetoforma delle paroledisposizione delle lettererappresentare relazioni logichevariabili visiveconvenzionesincretismo

tipografia [37]principio di linearitàvincoli tecnologicitipografia analogicastampa a caratteri mobiliparadigma della pagina stampatatipografia digitalenuove tecnologieipertestocomputer

nuova tipografia [43]storia della tipografianuova tipografiatesto diagrammaticotipografia elementare [allegato]tradizionalismo/modernismo [alleg.]

testo diagrammatico [45]testologicatipografiaretorica

retorica [47]tipografia neutradesign per l’informazionepubblicitàretorica dellla neutralitàforme di rappresentazioneregistri rappresentativi

indice

istruzioni per la lettura [7]

introduzione [8]

ragionamento [11]correttezzalogicasillogismiproposizionistrumenti per visualizzarediagramma

diagramma [17]rende il pensiero analizzabile

dimostrazioni visiverende il pensiero manipolabile

esperimenti mentaliipotesi configurative

rende il pensiero memorabilepalazzo della memoriamappe mentali

forme di rappresentazioneregistri rappresentativi

ragionamento diagrammatico [21]design della comunicazione visivarappresentazionescrittura

scrittura [25]forma/contenutotesto/diagrammascrittura/immaginelineare/NON linearelogicacomunicareforma delle paroledisposizione delle letteresonettoromanzocataloghi/tabelle/manualigenesi dei testi letterariappunti

design dell’informazione [51]information designgraphic designintenzioni di chi comunicabisogni dell’utenteinteraction designaffordancesincretismo

scrittore, tipografo, lettore [55]logiche nuovescrittore tipografotipografo traduttorelettore critico

appunti [57]lettore libroappuntiautocomunicazione

conclusione [61]

bibliografia [62]

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isTruzioni per la leTTura

Le variabili tipografiche, compreso lo spazio bianco, sono significative.

Nella disposizione del testo nella pagina, particolare importanza è stata data alla visualizzazione dei rapporti tra premesse e conclusioni sfruttando l’indentazione:

questo box di testo è una premessa/argomentazione di secondo livelloquesto box di testo è una premessa/argomentazione di primo livello

questo box di testo è una conclusione/tesi

tutto ciò che è più verso destra è premessa di tutto ciò che è più verso sinistra.

In alcuni passaggi ritenuti particolarmente significativigli indicatori di premessaperché, poiché, infatti, in quanto, posto che…e gli indicatori di conclusione quindi, dunque, perciò, ciò significa che… ei connettivi logicie, o, se… allora…, se e solo se…vengono evidenziati con una sottolineatura e isolati nella riga.

i passaggi più importanti sono evidenziati con un box

questo è un argomento principale

queste parole sono importanti

i confronti sono evidenziati con una linea laterale verticale

La pagina di sinistra è diversa da quella di destra.

La pagina di sinistra è destinata agli approfondimenti e alle divagazioni. È lasciata generalmente più libera rispetto a quella di destra per assicure al lettore uno spazio di intervento per i suoi appunti, i suoi approfondimenti, le sue divagazioni.Gli approfondimenti e le divagazioni sono racchiusi in un box che quando necessario si collega al testo principale con una linea.

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8 �

Il secondo su Elementare Typographie di Jan Tschichold,reimpaginato in forma diagrammatica limitando al minimo l’intervento di editing sulla versione originale del testo, privilegiando un approccio filologico.

Il terzo su alcune pagine di Tipografia e oltre di Giovanni Lussu, di cui viene presentata una sintesi diagrammatica riprendendo direttamente solo alcuni passi del testo originale e schematizzandone la maggior parte, preferendo un’approccio pragmatico.

L’obiettivo generale non è stato concepire e presentare un’unica soluzione, un unico sistema per la diagrammatizzazione di testi, ma piuttosto suggerire che ogni testo è un diagramma a sé, e che le soluzioni specifiche di volta in volta adottate dipendono dalle intenzioni di chi comunica e dai bisogni di chi legge.

L’intento non è neanche quello di affermare una qualche superiorità di un registro rappresentativo rispetto agli altri, che pure potrebbe sussistere. Si vuole piuttosto testimoniare che il ricorso a diverse forme di rappresentazione è una risorsa preziosa per la scrittura e la tipografia, e che la tipografia ha tutto da guadagnare nell’ampliare il concetto di scrittura includendo nuove pratiche scrittorie e nuove metodologie provenienti da altre discipline come l’information design e l’interaction design.

Al fine di sperimentare nuove soluzioni per l’espansione delle possibilità della scrittura, di importanza fondamentale è stata la raccolta e lo studio di appunti presi dai lettori sia direttamente sui testi stampati che ex-novo.

inTroduzione

Esistono molte rappresentazioni, generalmente chiamate diagrammi, utilizzabili per visualizzare le relazioni logiche presenti all’interno di un ragionamento. Quasi mai però si fa riferimento al testo in sé come ad una di queste rappresentazioni visive: la parola scritta è sempre soltanto il riferimento per la realizzazione di un diagramma, non dissimilmente da come potrebbe essere intesa la parola parlata. Questo perché si è abituati a concepire il testo come una traduzione lineare del discorso orale con cui viene espresso un pensiero, mentre i diagrammi, non lineari, appaiono più adatti ad esprimere direttamente la struttura del ragionamento. In questa visione però convergono tutta una serie di pregiudizi derivati dalle caratteristiche del sistema linguistico occidentale, l’alfabeto, e dai paradigmi tecnologici che hanno caratterizzato la scrittura e la tipografia.

Ciò che qui ci si ripropone di dimostrare è che il testo è invece una rappresentazione visiva a tutti gli effetti, e può essere esso stesso concepito come diagramma in grado di restituire la struttura del ragionamento che veicola.

La prospettiva della trattazione sarà essenzialmente grafica:l’unico punto di vista approfondito sarà quello del design della comunicazione visiva nonostante, dato l’argomento, ci si troverà a far riferimento a questioni legate alla matematica, alla logica, alla filosofia, alla semiotica, alla linguistica.Le incursioni in altre discipline fungeranno soprattutto da suggestione per sviluppare ulteriori riflessioni sul design.

Si procederà contemporaneamente in due direzioni.

Da un lato saranno analizzati i fondamenti storici e teorici di un approccio diagrammatico al testo e si cercherà di metterene in luce le implicazioni nella tipografia e nella comunicazione.Dall’altro si metterà in pratica tale approccio già nell’impaginazione di quest’opera: sono previsti tre tipi di intervento, su tre diversi testi argomentativi.

Il primo sul testo contenuto nel presente fascicolo, scritto già con la consapevolezza del trattamentno tipografico che avrebbe subito.

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ragionamento

Non ogni pensiero è un ragionamento.

In logica un ragionamento è costituito da enunciati dichiarativi ossia discorsi che possono essere veri o falsi detti premesse e conclusioni

può essere corretto/valido se e solo se NON può darsi il caso che le sue premesse siano tutte vere e la sua conclusione sia falsa

se e solo se la sua conclusione è conseguenza logica delle sue premesse

o scorretto/invalido

può essere deduttivo ossia procede dall’universale al particolare o induttivo ossia procede dal particolare all’universale.�

� Per una trattazione più specifica dell’argomento

si rimanda a �. �erto���. �erto�� Logica da zero a Gödel�� pp. 3-�8.

Per le indicazioni bibliografiche complete si rimanda sempre alla bibliografia.

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La correttezza dei ragionamenti riguarda la relazione logica fra gli enunciati che li compongono, ossia fra l’insieme delle premesse e la conclusione: «quella relazione per cui si dice che la conclusione segue dalle premesse se il ragionamento è corretto».2

La correttezza dei ragionamenti «dipende anzitutto dalla loro forma o struttura logica, e questa può essere studiata indipendentemente dal contenuto degli enunciati che li compongono, ossia indipendentemente da ciò che tali enunciati dicono, dalle cose e dai fatti particolari di cui parlano. Viceversa, la verità degli enunciati che compongono i ragionamenti riguarda soprattutto il contenuto, ciò di cui tali enunciati parlano».3

La logica è la disciplina che studia le condizioni di correttezza dei ragionamenti: «non si interessa tanto della verità o falsità degli enunciati», ossia del contenuto, «quanto delle relazioni logiche che intercorrono fra essi», ossia della forma logica dei ragionamenti; dimostrare la verità o la falsità degli enunciati, verificare il contenuto, è invece compito delle scienze.�

La relazione logica tra premesse e conclusioni, ossia la forma logica dei ragionamenti, rientra nel dominio del visivo, è un’immagine

quindila correttezza dei ragionamenti ha un’attitudine grafica

perciòavere a disposizione degli strumenti per visualizzare la forma logica dei ragionamenti e rappresentare le relazioni logiche tra premesse e conclusioni, è perciò essenziale per studiare le condizioni di correttezza dei ragionamenti.

Per visualizzarne la forma logica e rappresentare le relazioni logiche tra premesse e conclusioni, ossia per studiare le condizioni di correttezza dei ragionamenti, la logica si serve del diagramma.

�  F. Berto, Logica da zero a Gödel, p. 7.

�  F. Berto, Logica da zero a Gödel, p. 1�.

�  F. Berto, Logica da zero a Gödel, p. 16.

la correTTezza dei ragionamenTi dipende dalla sTruTTura

la correTTezza dei ragionamenTi dipende dalla sTruTTura CONTENTUTO

E FORMA

[25, 31]

CONTENTUTO

E FORMA

[25, 31]

SCRITTURA

E IMMAGINE

[25, 31]

SCRITTURA

E IMMAGINE

[25, 31]

Supponiamo di dividere il nostro universo di oggetti in tre modi rispetto a tre differenti attributi. Tra questi tre attributi possiamo formare tre differenti coppie (per esempio se essi sono A, B, C, possiamo formare le coppie AB, AC, BC). Inoltre supponiamo di aver dato due proposizioni contenenti due di queste tre coppie e che da esse possiamo dedurre una terza proposizione contenente la terza coppia. […]In tal caso chiamiamo le proposizioni date premesse, la terza conclusione, ed il tutto lo chiamiamo sillogismo.

Lewis Carrol, Il gioco della logica, p. 31.

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Leonhard Euler, Lettere ad una principessa d’Alemagna

sopra diversi soggetti di fisica e di filosofia,

Ferres, Napoli 1787 (ed. orig. Lettres à une princesse

d’Allemagne, 1772); in G. T. Bagni, Rappresentare

la matematica, pp. 45-49.

La principipessa in questione, di cui Euler

fu tutore, è Johanna Charlotte di Anhalt-Dessau,

nipote di Federico il Grande di Prussia.

Per esprimere sensibilmente la natura di queste […] proposizioni, possiam rappresentarle per mezzo di figure, le quali son di un gran soccorso per ispiegare con somma distinzione qual sia l’esattezza di un raziocinio. E poiché una nozione generale contiene un’infinità di oggetti individuali, si può supporre a guisa di uno spazio, in cui questi oggetti son racchiusi: per esempio si forma uno spazio per la nozione di uomo in cui si suppone che tutti gli uomini sien radunati [A].

Per la nozione di mortale se ne forma un altro dove si suppone che sia compreso quanto vi è di mortale [B].

E quando io pronunzio che tutti gli uomini son mortali, intendo che la prima figura sia contenuta nella seconda.

Questi cerchj o sien questi spazj (imperciocché è indifferente qualunque figura lor si dia) son molto a portata per facilitare le nostre riflessioni sopra questa materia, e per metterci in chiaro quanti misteri la logica si vanta di avere, i quali somma pena han costata per poterli dimostrare, mentre coll’ajuto di tai segni in un istante tutto salta agli occhi. […]

Quanto sin qui si è detto può essere sufficiente a far capire a Vostra Altezza, che tutte le proposizioni possono essere rappresentate con figure; ma il massimo vantaggio si manifesta ne’ raziocinj, i quali qualora si esprimon con parole chiamansi sillogismi, in cui si tratta di tirare una conclusione esatta da alcune date proposizioni. Con tale invenzione noi potremo subito scandagliare le giuste forme di tutti i sillogismi.

Cominciamo da una proposizione affermativa universale ogni A è B. […] Se la nozione C è contenuta interamente nella nozione A, sarà contenuta anche interamente nello spazio B, donde risulta questa forma di sillogismo: Ogni A è B, ma Ogni C è A, dunque Ogni C è B e quest’ultima è la conclusione.

Per esempio. Si disegni la nozione A tutti gli alberi, la nozione B tutto ciò che ha radici, e la nozione C tutti i ciriegi, in tale caso il nostro sillogismo sarà il seguente: Ogni arbore ha radici, ma Ogni ciriegio è un arbore, dunque Ogni ciriegio ha radici.

A

A

B

BC

AB

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diagramma

Il diagramma permette di visualizzare la relazione logica tra premesse e conclusioni, ossia la forma o struttura logica del ragionamento

perciò rende il pensiero analizzabile.

In logica il diagramma può addirittura essere considerato una dimostrazione visiva della correttezza dei ragionamenti, «una vera e propria inferenza, nel senso di un’operazione mediante la quale si elaborano alcuni dati per ottenere un altro dato».1

Charles Sanders Peirce ipotizza un’obiezione che potrebbe plausibilmente essere sollevata in merito all’utilizzo di questo strumento:

«Ma perché costruire un tale diagramma, dato che abbiamo presente direttamente il pensiero stesso?».2

In risposta ai suoi contestatori argomenta che «i diagrammi servono da schema per esperimenti mentali precisi: le variazioni di un singolo punto del diagramma determinano mutamenti complessi nel sistema delle relazioni reciproche delle differenti parti significanti del diagramma; questi mutamenti sono a priori sconosciuti e non perfettamente prevedibili, e vanno dunque attentamente studiati. Tali operazioni sui diagrammi, sia che restino interne alla mente sia che si esternino e vengano fissate in modelli, prendono il luogo degli esperimenti che nelle ricerche chimiche e fisiche si fanno sulle cose concrete».3

Peirce considera il diagramma non solo uno strumento per la scomposizione del ragionamento e la sua analisi logica, ma anche e soprattutto una strategia per la sperimentazione sul pensiero, per il tracciamento di nuovi percorsi speculativi: il diagramma rende il pensiero manipolabile, rende possibile un’azione sul concetto� e si carica di un valore euristico oltre che puramente analitico.

1 G. T. Bagni, Rappresentare la matematica, p. 22.

�  C. S. Peirce, Semiotica, p. 217.

Peirce (Cambridge 1839/Milford 191�) è un filosofo e logico statunitense,

considerato il fondatore della semiotica.

�  Charles S. Peirce, Semiotica, p. 218.

�  G. T. Bagni, Rappresentare la matematica, p. 31.

IL DIAGRAMMA RENDE IL PENSIERO ANALIZZABILE

IL DIAGRAMMA RENDE IL PENSIERO ANALIZZABILE

IL DIAGRAMMA RENDE IL PENSIERO MANIPOLABILE

IL DIAGRAMMA RENDE IL PENSIERO MANIPOLABILE

Il quadrato di un binomio è uguale al quadrato del primo termine, più il doppio prodotto del primo termine per il secondo, più il quadrato del secondo termine.

Secondo il teorema di Pitagora in un triangolo rettangolo la somma delle aree dei due quadrati costruiti sui cateti è equivalente all’area del quadrato costruito sull’ipotenusa.

ba

aba²

b²ab

a

b

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1�

Del resto anche nelle scienze «l’attribuzione di una particolare configurazione al fenomeno indagato rappresenta un esito conoscitivo rilevante»:5 queste «ipotesi configurative» sono equiparabili ad una vera e propria scoperta, come nel caso della struttura esagonale dei composti organici, della doppia elica del DNA, dell’albero rovesciato dell’evoluzione o dei cerchi concentrici del sistema solare.

Sin dall’antichità, inoltre, i diagrammi sono stati utilizzati per potenziare le capacità mnemoniche della mente umana. Gli oratori greci e romani, per esempio, impiegavano la tecnica del palazzo della memoria per ricordare i discorsi: creavano delle corrispondeze tra il posto e l’ordine delle diverse parti di una struttura architettonica e l’organizzazione delle argomentazioni di un discorso, col fine di ricordarlo meglio.6

Il palazzo della memoria fungeva da vera e propria mappa mentale del ragionamento, associata per analogia ad una forma già esistente. Ed è proprio il meccanismo dell’associazione alla forma che rende il pensiero memorabile.

Esistono numerose forme di rappresentazione e diversi registri rappresentativi ognuno con le sue peculiarità:

alcune tipologie di diagramma saranno in grado di dimostrare la correttezza dei ragionamenti comele dimostrazionivisive

in ogni caso però il diagramma assicura, a diversi livelli a seconda della forma di rappresentazione e del registro rappresentativo utilizzato, i vantaggi di rendere il ragionamento più facilmente analizzabile, manipolabile, memorabile.

�  G. Anceschi, L’oggetto della raffigurazione, p. 9.

6 M. Del Valle Ledesma, El diseño de la informatión, p. 12.

IL DIAGRAMMA RENDE IL PENSIERO MEMORABILE

IL DIAGRAMMA RENDE IL PENSIERO MEMORABILE

altre tipologiedi diagrammasi limiteranno più a rappresentare la strutturadel ragionamentocomele ipotesiconfigurative

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ragionamenTo diagrammaTico

Dalle sue considerazioni sui diagrammi Peirce farà discendere la nozione di ragionamento diagrammatico, ben illustrata nel manoscritto Pensiero e scrittura da cui è stato estrapolato il passo riportato di seguito.

«Le due parole logica e ragione hanno origine da due opposte concezioni della natura del pensiero. Logica, da lògos, che significa parola, mentre ragione, incorpora l’idea greca che il ragionamento non possa venir portato avanti senza il linguaggio. Ragione, dal latino ratio, che in origine indica un conto, implica che il ragionamento sia una questione di computazione, che richiede non parole bensì qualche tipo di diagramma, o abaco, o figure. […]

«Le parole, sebbene indubitabilmente necessarie al pensiero già sviluppato, giocano un ruolo solo secondario nel processo; mentre il diagramma, o icona, che può venire manipolato e sul quale si possono fare esperimenti, è importantissimo. I diagrammi sono stati sempre usati in logica, fin dal tempo di Aristotele; e nessun ragionamento complicato può venir eseguito senza di loro. L’algebra ha le sue formule, che sono un tipo di diagramma. E a cosa servono questi diagrammi? Servono per compierci sopra esperimenti. I risultati di questi esperimenti sono spesso assolutamente sorprendenti. Chi avrebbe immaginato prima che il quadrato dell’ipotenusa di un triangolo rettangolo fosse uguale ai quadrati dei cateti? Sebbene implicata negli assiomi della geometria e nella legge della mente, questa proprietà è altrettanto occulta di quella del magnete. […]

«Tutto il ragionamento è sperimentazione, e tutta la sperimentazione è ragionamento. Se le cose stanno così, la conclusione per la filosofia è importantissima, vale a dire che davvero non esiste ragionamento che non abbia la natura del ragionamento diagrammatico, o matematico; e dunque non dobbiamo ammettere alcun concetto che non sia suscettibile di venire rappresentato in forma diagrammatica. Idee troppo pompose per essere espresse in diagrammi non sono altro che spazzatura per gli scopi della filosofia. […]

OGNI RAGIONAMENTO È UN DIAGRAMMA

OGNI RAGIONAMENTO È UN DIAGRAMMA

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«il buon ragionamento ha a che fare con forti immagini visive. Le idee auditive sono la fonte della maggior parte del pensiero scorretto.»1

La posizione di Peirce è, almeno dal punto di vista del design della comunicazione visiva – nonché l’unico qui approfondito – estremamente suggestiva:

seil ragionamento non può prescindere dalla rappresentazione

alloratutto ciò che riguarda la rappresentazione, ossia la scrittura, e la progettazione della rappresentazione, ossia il design della comunicazione visiva, è investito di un ruolo cruciale.

1 C. S. Peirce, Pensiero e scrittura, MS 956.

il design della comunicazione VisiVa È imporTanTe

il design della comunicazione VisiVa È imporTanTe

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scriTTura

La separazione che in logica si fa tra

contenuto e forma

determina di fatto una contrapposizione fra

testo e diagrammache è considerato la traduzione lineare del ragionamento espresso sottoforma di discorso

che a sua volta corrisponde ad un’ulteriore opposizione, più generale e profondamente radicata nella cultura occidentale, ossia quella tra

scrittura e immagine.

In logica queste contrapposizioni possono trovare una loro giustificazione nel fatto che lo scopo della disciplina è studiare le condizioni di correttezza dei ragionamenti analizzandone la forma generale, non il contenuto specifico, e può quindi rivelarsi utile operare una separazione concettuale tra i due aspetti

Invece.

Nell’ambito della scrittura, sia che si tratti di scrittura a mano, sia che si tratti di tipografia, queste contrapposizioni risultano nella pratica completamente infondate e fuorvianti:

contenuto e forma testo e diagrammascrittura e immaginenon possono e non devono essere considerati entità separate.

LOGICA

[13]

LOGICA

[13]

che è considerato la rappresentazionenon lineare o schematicadella strutturalogica di quel ragionamento

Scrittura in senso molto ampio è qualunque sistema di segni grafici (ma talora anche materici) ricorrenti, combinabili e convenzionalmente associabili a informazioni linguistiche.

Antonio Perri, Scritture, p. 19.

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Infatti.

Il termine scrittura richiama etimologicamente «l’atto di graffiare o di far lo schizzo di una forma su una superficie di qualunque tipo»,1 e quindi intesa in un senso molto ampio dovrebbe includere anche il disegno.

La scrittura in tutte le sue forme, compresa quella tipografica, veicola informazioni, e nel concetto di informazione è già implicita l’azione del dare forma.2

Anche la forma delle lettere alfabetiche (tipografiche o non tipografiche) e la loro disposizione (tipografica o non tipografica) sono sempre un’immagine e «tutte queste forme e disposizioni sono intrinseche al testo, componenti ineludibili del testo».3

Il testo non può essere considerato come «qualcosa a prescindere, un quid di natura idealistica (che in realtà non si saprebbe dove collocare), al quale si può dare una forma o un’altra senza che il contenuto ne venga minimamente modificato»�.

Il fatto che la scrittura è un’immagine e che nel testo la forma e il contenuto sono indissolubili è lampante se, come suggerisce Giovanni Lussu, si prende in considerazione un carme figurato barocco o una composizione verbo-visiva futurista, come un calligramma di Apollinaire o la Ursonate di Schwitters.

Ma anche un sonetto e «qualunque poesia che sia stata intenzionalmente scritta e non soltanto trasmessa oralmente, non è definibile senza riferimento alla sua immagine visiva»,5 anzi è proprio sulla base di considerazioni visive – la divisione in righe, il raggruppamento in quartine e terzine – che è posibile distinguere a colpo d’occhio un sonetto da un qualunque altro tipo di componimento, prima ancora di leggerlo.

1 R. Harris, L’origine della scrittura, p.37.

2 L. Perondi, Sinsemie, p. 86.

3 G. Lussu, La lettera uccide, p. 11.

�  G. Lussu, Tipografia e oltre, p. �.

5 G. Lussu, La lettera uccide, p. 21.

DUE LIVELLI

DI CONFIGURAZIONE

DELLA SCRTTTURA

[33]

DUE LIVELLI

DI CONFIGURAZIONE

DELLA SCRTTTURA

[33]

Prima ancora di comunicare qualcosa agli altri, di riferirsi a qualcosa per renderlo noto agli altri, i viventi paiono avere avvertito il bisogno di produrre segni per comunicare se stessi, la loro esistenza e presenza.

La spinta a manifestarsi per segni, a fare segni per dichiararsi simili ad altri della stessa specie e, insieme, diversi da altri, opera, come oggi ci insegna bene l’etologia animale, alle radici stesse di ciò che chiamiamo vita.

Nella scala biologica essa sprofonda fino ai primi e primordiali gradini degli organismi unicellulari.Negli animali superiori, quella spinta si traduce, anzitutto, nei segnali di territorio.

Negli esseri umani la stessa spinta opera anche nel loro tanto più complesso linguaggio.

Tullio De Mauro,

Leggere e scrivere, p. 7.

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2�

E questo vale per qualunque testo: «il romanzo ottocentesco può forse dare l’illusione di una qualche indifferenza della forma rispetto al contenuto del testo», l’illusione che la scrittura sia generalmente lineare, ma «in realtà è esso stesso una specifica forma, la forma romanzo, applicazione del principio di linearità»6 o, per dirla con Burroughs, «una forma altrettanto arbitraria che il sonetto»7.

Il romanzo stesso, inoltre, se analizzato nella sua fase di gestazione, rivela tutta l’artificiosità di questa presunta naturale linearità.

E se poi si prendono in considerazione tabelle, manuali, cataloghi, con l’articolazione non lineare delle informazioni nello spazio della pagina, si troverà che sono molto più vicini al concetto di diagramma che a quello di testo.

Il termine diagramma etimologicamente deriva direttamente da disegno e racchiude l’idea della scrittura, di scrivere attraverso linee.

La scrittura è tendenzialmente non lineare.La scrittura lineare è un caso particolare.

6 G. Lussu, La lettera uccide, p. 21.

7 W. Burroughs, La scrittura creativa, Sugarco, Milano 1978, p.33

Lo studio della genesi dei testi letterari, offre interessanti spunti di riflessione sulla questione della scrittura lineare.

Flaubert scriveva su fogli grandi più o meno come un A3, lasciando un’interlinea larga e ampi margini, aggiungeva le correzioni ovunque fino a quando il foglio non era completamente saturo, allora ricopiava l’ultima versione in bella e ricominciava a variare parole, intere frasi o anche l’ordine in cui i vari fogli si susseguivano.1

Proust scriveva su dei quaderni, lasciava la pagina di sinistra vuota per le correzioni ma questa non bastava quasi mai, perciò a poco a poco cominciava ad aggiungere fogli separati alle pagine, anche lunghissimi, che incollava e ripiegava a fisarmonica; ogni quaderno era un episodio o una scena di un episodio e il loro ordine era variabile; ogni frase era spesso riscritta con innumerevoli variazioni e tutte le possibilità espressive rimanevano sulla pagina.2

Gramsci, dato che in carcere poteva disporre solo di due quaderni per volta, cominciava a sviluppare contemporaneamente su uno stesso quaderno i vari temi che solo successivamente sono stati distribuiti e organizzati definitivamente nei rispettivi Quaderni pubblicati; inizialmente tutti i temi erano mescolati, con rimandi tra i vari quaderni per collegare le parti relative ad uno stesso tema o le parti che erano state riprese e ampliate o modificate.3

Questi esempi mettono in luce un processo di scrittura che è non lineare, anche quando il fine ultimo è un testo lineare; un processo lungo e faticoso, che si sviluppa stratificandosi, portando avanti alcune scelte, abbandonandone altre, lasciando in sospeso sempre più di una possibilità.

Gli appunti resteranno gli unici testimoni di queste possibiltà perché poi la versione scelta, stampata e distribuita, quella ufficale, sarà una sola e lineare, come se fosse stata una sola e lineare sin dall’inizio.

L’impressione però è che la linearità in tutto questo sia proprio una forzatura, un artificio, quando invece è presentata e percepita come il modo più naturale di scrivere.

1 Domenico Scavetta, La metamorfosi della scrittura, p. 69.

2 Domenico Scavetta, La metamorfosi della scrittura, p. 76.

3 Luciano Canfora, Così Gramsci disobbedì a Marx.

APPUNTI

[57]

APPUNTI

[57]

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alfabeTo

Nonostante quanto illustrato sinora

contenuto e forma testo e diagrammascrittura e immaginesono comunemente considerati entità separate

e

la scrittura è comunemente considerata lineare.

All’origine di queste opinioni risiede un pregiudizio dalle radici molto antiche che ha dominato le considerazioni sulla scrittura da Aristotele fino a Saussure:1 quello che Roy Harris definisce «pregiudizio alfabetico»2, a suo avviso degenerato in una vera e propria «tirannia dell’alfabeto»3, e che può essere così riassunto:

la scrittura è la rappresentazione del discorso orale (e tutto ciò che non è rappresentazione del discorso orale è immagine) e

dato che il discorso orale è per forza di cose lineare

allora anche la scrittura è lineare

e

l’alfabeto è il sistema di scrittura più sofisticato perché è la rappresentazione dei suoni della lingua parlatae

dato che la successione dei suoni è per forza di cose lineare

alloraanche l’alfabeto è lineareanche il testo è linearesolo ciò che è non lineare ha una forma(nonostante la linearità stessa sia una forma)

1 G. Lussu, Tipografia e oltre, p. 20.

2 R. Harris, L’origine della scrittura, p. �3.

3 R. Harris, La tirannia dell’alfabeto.

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Invece.

La scrittura NON è la rappresentazione del discorso orale NON deve essere necessariamente linearee

l’alfabeto NON è la rappresentazione dei suoni della lingua parlata�

NON è necessariamente il sistema di scrittura più sofisticato

NON deve essere necessariamente organizzato in forma lineare.

Come fa giustamente notare Harrys, «ritenere la scrittura nient’altro che discorso orale fissato su di una superficie è altrettanto ingenuo del considerare l’oralità come scrittura liberata in modo effimero nell’aria».5

La forma delle lettere – maiuscolo, minuscolo, maiuscoletto, corsivo, grassetto, tipografiche o non tipografiche, con le grazie o senza grazie, a spaziatura variabile o monospaziate, a corpo più grande o a corpo più piccolo – e la disposizione delle lettere – lo spazio bianco – permettono di modificare il significato delle parole, delle frasi, dei paragrafi, di un testo intero, determinano una struttura visiva all’interno della quale è ad esempio possibile distinguere un titolo da una nota, un elemento più importante da uno meno importante, indipendentemente dalla successione lineare delle informazioni, indipendetemente dal fatto che queste informazioni vengano effettivamente lette o semplicemente viste.6

La forma delle lettere e la loro disposizione sono aspetti prettamente visivi, indipendenti dal discorso orale anche quando una relazione tra oralità e scrittura può essere stabilita: una parola importante, se pronunciata, viene magari sottolineata con un tono di voce particolare o con un gesto, così come potrebbe essere letteralmente sottolineata se fosse scritta; non si tratta però di una traduzione, se mai di una similitudine.

� R. Harris, L’origine della scrittura, p. 12�.

5 R. Harris, L’origine della scrittura, p. 59.

6 G. Unger, Typography as (Vehicle of) Science, p. 28.

DUE LIVELLI

DI CONFIGURAZIONE

DELLA SCRTTTURA

[27]

DUE LIVELLI

DI CONFIGURAZIONE

DELLA SCRTTTURA

[27]

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35

Molti aspetti del sistema alfabetico in particolare, e della scrittura in generale, hanno davvero poco a che fare con la lingua parlata – e viceversa – nonostante sia scrittura che lingua parlata siano in relazione perché fanno entrambe riferimento al linguaggio.

La scrittura non è la rappresentazione della lingua parlata,ha una sua «autonoma consistenza linguistica»7 e può a buon diritto ambire a visualizzare il pensiero e il ragionamento, a rappresentare relazioni logiche, oltre che quegli aspetti più epressivi e lirici del pensieroe può farlo a diversi gradi di vicinanza alla lingua parlata, ad un livello più o meno alto di diagrammatizzazione a seconda del sistema di scrittura che si adottae l’alfabeto è solo uno dei sistemi di scrittura a disposizione.

Se non ha senso distinguere tra scrittura e immagine, tra testo e diagramma, tra forma e contenuto allora

qualunque elemento visivo può diventare significante, tutte le variabili visive8 possono entrare a far parte di un sistema di scritturae non c’è nessuna variabile che faccia parte a priori di un sistema di scrittura, né alcun elemento visivo che abbia intrinsecamente un significato: il tutto deve passare attraverso l’istituzione di una convenzione da parte di chi scrive e l’apprendimento di questa convenzione da parte di chi legge.9

Detto questo, qualunque cosa è possibile: il concetto di ciò che è scrittura può ampliarsi all’infinito, spingendosi ben oltre l’alfabeto, sperimentando forme di sincretismo tra diverse pratiche scrittorie, inglobando qualunque cosa sia in grado di significare, da un segno grafico al suo supporto, dalla sfera visiva all’universo materico/tangibile.10

7 T. De Mauro, Leggere e scrivere, in G. Lussu, A. Perri, D. Turchi

(a cura di), Scritture, p. 9.

8 J. Bertin, La sémiologie graphique.

9 G. Lussu, La lettera uccide, p. 33.

10 Per un’accurata rassegna di sistemi di scrittura non solo grafici si

rimanda a G. Lussu, A. Perri, D. Turchi (a cura di), Scritture.

SINCRETISMO

DISCIPLINARE

[53]

SINCRETISMO

DISCIPLINARE

[53]

taglia tono

colore

texture

orientamento forma

due dimensioni nel piano

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37

Tipografia

Nel processo auspicabile di espansione del concetto di ciò che è scrittura al di là della rappresentazione della lingua parlata e dell’alfabeto, la tipografia è spesso più d’ostacolo che d’aiuto

perché la tipografia è l’esaltazione del principio di linearità, del pregiudizio alfabetico, della tirannia dell’alfabeto

infattila tipografia è basata sulla logica di mettere in fila i caratteri come si fa con i suoni.Non a torto Lussu, riprendendo Harrys, parla di «tirannia della tipografia».1

Nonostante l’importanza che questa invenzione riveste nella storia dell’evoluzione umana per il fatto di aver permesso una capillare diffusione del sapere tanto da poterla considerare una vera e propria rivoluzione, da un punto di vista strettamente grafico la tipografia risulta opprimente se paragonata ai gradi di libertà che consente la scrittura a mano.

Si può affermare che «ogni dispositivo [di scrittura], l’insieme cioè di supporto e di strumento, il più antico come il più moderno, funziona sulla base di un gioco di vincoli che provoca conseguenze non marginali sui processi di scrittura e sullo stesso testo prodotto»,2 anzi, diciamo pure che condiziona sensibilmente il risultato finale.

La tipografia analogica, la stampa a carattermi mobili, presenta il vincolo di dover avere a disposizione, per poter poi stampare, un blocco di caratteri di forma regolare: «il compositore – in piedi davanti alla cassa, grande cesellario di legno, molto basso, suddiviso in tanti scomparti, i cassettini, destinato ognuno ad un segno tipografico determinato – prende i caratteri ad uno ad uno e li mette sul compositoio, piccolo recipiente a forma allungata […]; quando una riga è composta, il compositore la colloca nel vantaggio, piccola tavoletta su cui le linee vengono inserite tra due interlinee che le tengono distanziate, poi raggruppa le righe in pagine e riunisce le pagine nella forma [una morsa], dove sono tenute ferme con pezzi di legno e saldamente legate con spago».3

1 G. Lussu, Tipografia e oltre, p. 20.

2 D. Scavetta, La metamorfosi della scrittura, p. 12.

3 L. Febvre, H. Martin, La nascita del libro, p. 62.

PREGIUDIZI

E TIRANNIE

[31]

Per tipografia si intende l’insieme delle procedure che consentono di replicare i segni della scrittura una volta che siano stati definiti. Tipografia, quindi, è sia la realizzazione di caratteri tipografici che la loro successiva disposizione, e tipografo è chi si occupa di tipografia (e NON lo stampatore).

La tipografia, nel bene e nel male, è il fulcro ineludibile del progetto di comunicazione; più in generale, è ciò che oggi consente l’elaborazione e la trasmissione di qualunque tipo di conoscenza. Ne risulta, e non è poco, che le problematiche e le contraddizioni della tipografia sono inestricabilmente legate allo stato e all’auspicabile evoluzione, non certo solo del design, ma dell’intera società umana.

G. Lussu, Tipografia e oltre, p. 20.

Il nocciolo dell’invenzione della stampa [a caratteri mobili] sta nell’ideazione e realizzazione dell’unità minimale grafica, isolata e mobile; nell’aver ricavato da un contesto più ampio, già adottato per la riproduzione seriale (la pagina), una ulteriore segmentazione (la lettera). […]

Grazie all’invenzione dei caratteri mobili fu possibile l’uso iterato di un solo disegno di lettera. […]

Considerando il carattere mobile come il nucleo della stampa, per tutte le sue valenze tecniche, produttive, economiche ed estetiche, esso potrebbe concepirsi addirittura come prototipo metodologico di ogni altra successiva categoria di design. […]

In ordine alla produzione, alla vendita e al consumo, il libro assunto a prototipo della stampa come design, riflette ed anticipa letteralmente il design modernamente inteso, specie ove si consideri che i procedimenti tecnici, industriali e commerciali sono rimasti sostanzialmente identici, per oltre tre secoli.

R. De Fusco, Storia del design, p. �.

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3�

Se i caratteri non fossero legati durante il passaggio dal tavolo di composizione al torchio o durante la fase di inchiostratura e di stampa – in cui i caratteri subiscono sollecitazioni e pressioni – potrebbero spostarsi o addirittura sfilarsi dalla forma, rompendo la composizione e compromettendo il risultato finale. Da notare che caratteri, interlinee e forma fanno qui riferimento a dei veri e propri oggetti concreti, tangibili, manipolabili.

Dato che la forma, per essere stampata, viene posta nel vano portaforma del torchio – che ha dalle dimensioni già stabilite ed è ortogonale

allorail blocco di caratteri legati, per rimanere immobile, deve saturare completamente quella forma – che è sempre una forma ortogonale:

questo significa che anche lo spazio bianco della pagina deve corrispondere ad uno spazio pieno nella forma e che per ottenere delle composizioni non ortogonali bisogna comunque trovare il modo di bloccare i caratteri nella forma.

Quindi.

Con la tipografia analogica la forma di pagina più naturale da ottenere è quella lineare,

perché i caratteri e le interlinee e le forme sono tutti ortogonali,

perciò si può intuire quanto sforzo e quanta forzatura possa essere costata la composizione delle Parole in libertà di Marinetti o di Per la voce di Majakovskij, progettato da Lissitzkij.

Non è un caso che la spinta a forzare il principiodi linearità congenita alla tipografia sia arrivata esternamente, dall’ambiente artistico,

perchéspesso gli artisti non conoscevano a fondo i vincoli di utilizzo dei mezzi tipografici e immaginavano dei risulati che un tipografo avrebbe giudicato innaturali, insensati, e che, adagiato sulle convenzioni del mestiere, avrebbe scartato a priori o non avrebbe mai neanche immaginato.

Il paradigma della pagina stampata si è creato nei secoli in maniera certamente non progressiva né continua. Sulla base di pratiche secolari si sono stabiliti, tra scrittore e lettore, dei patti più o meno espliciti, che regolano la pragmatica della comunicaizone scritta, cioè le regole e le convenzioni relative all’uso del medium stampato.

Leggendo un libro procediamo di solito linearmente, legando «instintivamente» una frase o un paragrafo a quello successivo. Questo avviene sulla base di un contratto silenzioso e implicito: gli autori promettono che la loro opera sarà compresibile se letta in ordine, uan pagina dopo l’altra, e noi lettori affrontiamo da parte nostra un qualsiasi testo riferendoci a quest’ordine sequenziale.

Il nuovo spazio fisico e mentale che il computer mette a disposizione per la scrittura e la lettura rimette in discussione certezze secolari come l’«immaterialità» e la «perfezione» del testo, unita all’«incorporeità» dei suoi processi di creazione.

D. Scavetta, La metamorfosi della scrittura, pp. 21-22.

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41

La tipografia digitalenonostante non sia assolutamente vincolata alla necessità tecnica di dover ottenere un blocco di caratteri di forma regolare

necessità che svanisce nel momento in cui i caratteri, le interlinee, le forme non sono più oggetti tangibili ma diventano dati numerici elaborati elettronicamente

nonostante sarebbe libera di sottrarsi al principio di linearità ed esplorare nuove configurazioni della scrittura

di fatto si è finora limitata a emulare la tipografia analogica, conservando dei vincoli di utilizzo di cui avrebbe potuto tranquillamente disfarsi perché impropri/estranei alle pratiche digitali.

Strumenti che non siano la replica passiva del tavolo di composizione sono indispensabili se si vuole liberare la tipografia dalla linearità e la scrittura dalla tipografia.

Sfruttando al meglio le potenzialità delle nuove tecnologie, nuove tecnologie per la scrittura potranno infatti essere messe a punto, tecnologie in grado di restituire alla scrittura quei gradi di libertà che la tipografia le aveva tolto.

Con ipertesto intendo una scrittura non sequenziale. La scrittura normale è sequenziale per due ragioni. È nata dal linguaggio e dall’oratoria, che devono essere sequenziali; e i libri sono comodi da leggere solo in sequenza. Ma le strutture delle idee non sono sequenziali. Hanno legami in ogni direzione. E quando scriviamo, cerchiamo sempre di creare legami non sequenziali.

Mi sono imbattuto finora in una dozzina di persone, o giù di lì, che hanno capito subito quel che volevo dire, quando ho parlato con loro di queste cose. Quasi tutti però sono perplessi, e pensano che io stia cercando di illustrare qualcosa di tecnico o di inutilmente filosofico. Inutile non lo è affatto: gli scrittori possono fare di meglio, se non sono costretti a scrivere in sequenza; e i lettori si trovano meglio se sono liberi di collegare impressioni, di saltare qua e là e di provare percorsi diversi, finché non trovano quelli che desiderano studiare più attentamente.È un peccato che noi (come quel tizio che in una commedia francese si stupiva nell’apprendere «di aver parlato in prosa per tutta la vita, senza averlo mai saputo») abbiamo parlato per tutta la vita in ipertesto, e non ce ne siamo mai resi conto.

Ora, molti scrittori hanno tentato di liberarsi dalla sequenza. Mi vengono in mente Fuoco Pallido di Nabokov, il Tristram Shandy di Sterne e un bizzarro romanzo di Julio Cortázar, Il gioco del mondo, fatto di sezioni che terminano con numeri, dove i numeri ti dicono dove puoi andare per proseguire.

Io penso, tuttavia, che sia sorgendo una nuova era. La memoria dei computer e lo schermo significano che non siamo più obbligati ad avere le cose in sequenza; sono possibili strutture del tutto arbitrarie, e credo che una volta che noi le avremo provate abbastanza molte persone si accorgeranno di quanto siano auspicabili.

Ted Nelson, Computer Lib/Dream Machines.

L’edizione originale è un’autoproduzione del 197�,

ristampata nel 1987 da Microsoft Press.

Nelson, pioniere dell’informatica,

è l’inventore del termine ipertesto.

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43

nuoVa Tipografia

La storia della tipografia è disseminata di tentativi più o meno intenzionali, più o meno riusciti, di sovvertire le forme consuete della scrittura.

All’inizio del Novecento, nell’Europa continentale, in pieno periodo delle avanguardie, l’universo della tipografia entra in collisione con quello dell’arte ed è proprio allora che la necessità di forzare la linearità del testo, in alcuni casi con intenti espressivi, in altri con intenti analitici, si manifesta sempre più frequentemente.

Il momento in cui questa pratica comincia ad essere riconosciuta, teorizzata e storicizzata può essere fatto coincidere con la pubblicazione, nel 1928, del manuale Die Neue Typographie di Jan Tschichold che, oltre alla parte manualistica vera e propria, raccoglieva anche esempi delle nuove tendenze tipografiche allo scopo di tracciare un inquadramento critico.Nuova tipografia, che riprendeva il titolo dell’introduzione scritta da László Moholy-Nagy per il catalogo della mostra del Bauhaus del 1923, sarà proprio il nome che identificherà tutto il movimento del modernismo tipografico, accogliendo sotto una stessa etichetta gli esperimenti futuristi, costruttivisti, neoplasticisti.

Sempre nel 1923 verrà pubblicato, nel numero � della rivista Merz di Kurt Schwitters, anche Topographie der Typographie di El Lissitskij; come anche Elementare Typographie dello stesso Tschichold, pubblicato nel numero 10 di Typographische Mitteilungen del 1925, tutti questi scritti illustravano più o meno sinteticamente quei principi della nuova tipografia che preannunciano il concetto di testo diagrammatico.

Proprio per approfondire le radici di tali principi sono stati previsti due allegati.

In Tipografia elementare è contenuta una diagrammatizzazione della traduzione italiana di Elementare Typographie di Tschichold, breve articolo che in dieci punti sintetizza le idee chiave della nuova tipografia.

In Tradizionalismo/modernismo sono invece analizzati i due fenomeni contrapposti che hanno caratterizzato la tipografia del Novecento, alla luce delle considerazioni sinora fatte in merito alla scrittura e alla linearità.

TIPOGRAFIA

ELEMENTARE

[allegato]

TIPOGRAFIA

ELEMENTARE

[allegato]

TRADIZIONALISMO

MODERNISMO

[allegato]

TRADIZIONALISMO

MODERNISMO

[allegato]

Typography is a tool of communication. The emphasis must be on absolute clarity.[…]

The printed image corresponds to the contents through its specific optical and psychological laws, demanding their typical form. The essence and the purpose of printing demand an uninhibited use of all linear directions (therefore not only horizontal articulation).[…]

We use all typefaces, type sizes, geometric forms, colors, etc. We want to create a new language of typography whose elasticity, variability, and freshness of typographical composition is exclusively dictated by the inner law of expression and the optical effect.

László Moholy-Nagy, The New Typography.

In Looking Closer 3, p. 21.

(ed. orig. Die neue Typographie,

in Staatliches Bauhaus Weimar 1919-23, 1923)

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45

TesTo diagrammaTico

Un testo organizzato spazialmente può essere considerato un diagramma.

Un testo diagrammatico è un testo in grado di mettere in evidenza la struttura del ragionamento che veicola, le relazioni logiche esistenti tra le parti che lo compongono, ad esempio quelle tra premesse e conclusioni, mettendo insieme il vantaggio del testo alfabetico di avere un pensiero già esplicitato, molto vicino al linguaggio parlato, e i vantaggi del diagramma di rendere il pensiero analizzabile, manipolabile, memorabile.

In logica è estremamente utile avere a disposizione uno stesso sistema di diagrammatizzazione valido per qualunque tipo di contenuto specifico dei ragionamenti

perché lo scopo della logica è analizzarne la forma generale dei ragionamentieforme appartenenti ad uno stesso registro rappresentativo possono essere confrontate e analizzate più facilmente.

Invece.

La tipografia è interessata al contenuto specifico e il suo approccio deve essere specifico.

Abbiamo detto che la forma è componente ineludibile del testo,

perciò per ciascun testo la tipografia dovrà assumere il compito di far emergere quella forma specifica.

Verrebbe così recuperato quel potere evocativo che è estraneo ad un uso esclusivamente lineare dell’alfabeto,1 verrebbe dato più spazio alla rappresentazione della struttura del ragionamento, rendendo il testo visivamente più eloquente.

Avere a disposizione un diagramma di un ragionamento faciliterebbe la possibilità di analizzare, criticare ed eventualmente contestare quel pensiero. La tipografia adoperata in questo modo non farebbe altro che riconfermare il suo ruolo, spesso negato, di strumento di retorica visiva.

1 G. Lussu, A. Perri, D. Turchi (a cura di), Scritture, p. 21.

LA TIPOGRAFIA È UNO STRUMENTO DI RETORICA

LA TIPOGRAFIA È UNO STRUMENTO DI RETORICA

L’etimologia latina del termine testo fa riferimento a un tipo di agire e a un tipo di prodotto (il tessere e il tessuto) nei quali l’idea di intreccio di parti diverse, che si tengono assieme l’una con l’altra, predomina su quella della sequenza ordinata di elementi tipica della notazione lineare.Alle radici dell’idea di testo, piuttosto che l’immagine della linea c’è quella di trama e ordito, e quindi anche di un insieme di procedure grafiche diverse e indipendenti.

La gran quantità di rappresentazioni miste, rimaste sostanzialmente invariate per la loro efficienza (carte geografiche, diagrammi, quadri sinottici, tavole anatomiche) testimonia questa caratteristica di densità semantica del testo scritto.

Antonio Perri, Scritture, p. 38

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47

reTorica

Si è dibattuto a lungo sull’idea di una tipografia neutra, che non dovrebbe in nessun caso «frapporsi tra autore e lettore»1, come promulgava Stanley Morison nel suo First Principles of Typography: la metafora della tipografia trasparente come un «calice di cristallo»2 introdotta successivamente da Beatrice Warde è diventata, nonostante il buon senso che la animava, il dogma del tradizionalismo tipografico in difesa della forma lineare del testo contro qualunque tentativo del modernismo di andare oltre.

La questione non è priva di interesse in uno studio sui testi diagrammmatici che con la loro forte presenza visiva sembrano tutt’altro che neutri, sembrano proprio volersi frappore tra autore e lettore.

ma esiste davvero una artefatto visivo neutro?

L’idea del calice di cristallo implica che la risposta a questa domanda sia affermativa, però come vedremo non lo è.

Generalmente si opera una distinzione tra design per l’informazione e design per la persuasione, che si fa coincidere con la pubblicità.

Però.

Parafrasando ciò che scrive Robin Kinross in un suo saggio eloquentemente intitolato retorica della neutralità, questa distinzione non può essere categorica, anzi, ad una analisi più attenta si rivela debole se non addirittura inconsistente:

persino i tabelloni degli orari, esempio di design dell’informazione preso in considerazione nel saggio, «are designed to say something persuasive about the nature of the organization that publishes them»3 e l’esigenza di riprogettarli nel tempo, soprattutto quando è rivolta ai particolari (un nuovo colore, un nuovo carattere), è ulteriore espressione della natura retorica degli artefatti comunicativi, anche quando il loro intento è principalmente informativo.

1 [S. Morison, First Principles of Typography]

2 B. Warde, Il calice di cristallo.

3 R. Kinross, The rhetoric of neutrality, p. 13�.

TRADIZIONALISMO

MODERNISMO

[allegato]

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4�

Se ciò è vero per i tabelloni degli orari,

alloralo è a maggior ragione per i testi diagrammatici

infattila loro organizzazione tipografica è significante e anche il più piccolo dettaglio del loro aspetto visivo è progettato per trasmettere un’informazione.

A ben guardare tutto ciò vale non solo per i testi diagrammatici, ma anche per tutti quegli esempi di eccelsa tipografia che i tradizionalisti definivano neutra:

anche la scelta di un carattere piuttosto di un’altro in un’impaginazione completamente lineare rientra nel dominio della retorica.

Come fa notare Gui Bonsiepe, «information without rhetoric is a pipe-dream which ends up in the break-down of communication and total silence. “Pure” information exists for the designer only in arid abstraction. As soon as he begins to give it concrete shape, to bring it within the range of experience, the process of rhetorical infiltration begins».�

Gerard Unger va ancora oltre affermando che non lasciare l’utente indifferente è una prerogativa del design, e la tipografia in particolare può essere considerata uno strumento di retorica visiva a tutti gli effetti: «the typographic toolkit, I would argue, offers tools for graphic rhetoric, to be deployed in articulating, structuring, emphasizing, making distinctions, making directions, inserting pauses, and so on. These various options may be viewed as belonging to the system of rhetoric as well. Their reflective qualities turn typography into a fine academic instrument».5

Ampliando il discorso a tutta la scrittura, il ricorso a queste o a quelle forme di rappresentazione non è neutro6, i registri rappresentativi non sono equivalenti7 e l’organizzazione delle informazioni non è mai innocente.8

� G. Bonsiepe, Visual/Verbal Rhetoric, p. 170.

5 G. Unger, Typography as (Vehicle of) Science, p. 30.

6 G. T. Bagni, Rappresentare la matematica, p. 15.

7 G. T. Bagni, Rappresentare la matematica, p. 39

8 M. Del Valle Ledesma, El diseño de la informatión,p. 39.

Ciò che era da rappresentare era presente sul tavolo del disegnatore sotto la forma di una molteplicità di opzioni. Cioè il disegnatore ha a disposizione, in genere, all’inizio del suo lavoro, molte più informazioni di noi, che ci troviamo come lettori alla fine del processo di comunicazione. E quindi ha dovuto selezionare, ridurre, oppure, se le informazioni erano poche, ha dovuto inferire, inventare.«Ha dovuto costruire e manipolare quello che più avanti chiameremo l’oggetto della rappresentazione, e contemporaneamente ha dovuto scegliere fra la molteplicità di opzioni offertagli dalle convenzioni rappresentative.1

La rappresentazione è dunque prima di tutto ridurre e subito poi schematizzare, e cioè, in fondo, trarre partito della ineluttabilità della riduzione. In altre parole, decidere cosa perdere, quale forma o livello di riduzione accettare.2

1 G. Anceschi, L’oggetto della raffigurazione, p. 7.

2 G. Anceschi, L’oggetto della raffigurazione, p. 25.

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51

design dell’informazione

L’information design è una disciplina che raccoglie figure professionali provenienti da diversi ambiti: illustratori, grafici, tipografi, scrittori, editori, informatici, psicologi, linguisti.Ciò che lo distingue dal graphic design come più comunemente viene inteso e praticato è, o per lo meno dovrebbe essere, il fatto di essere incentrato sui bisogni dell’utente più che sulle possibilità espressive personali.1

Dato che l’organizzazione dell’informazione non è innocente,

le intenzioni di chi comunica sono imprescindibili nel determinare il modo in cui le informazioni sono organizzate, il cosa si deve comunicare.

Però.

Dato che l’organizzazione dell’informazione non è neutra,

sono, o per lo meno dovrebbe essere, proprio i bisogni dell’utente a guidare la progettazione,

perché senza considerare l’utente le intenzioni di chi comunica potrebbero non essere comunicate adeguatamente: il messaggio potrebbe non essere recepito o potrebbe essere falsato:

una volta assodate le intenzioni di chi comunica, il cosa si deve comunicare, è nell’interesse di chi comunica partire dai bisogni dell’utente e scegliere, in base a questi, quali forme di rappresentazione e quali registri registri utilizzare, il come si deve comunicare.

Se scrivere è visualizzare informazioni,

allora l’approccio, i metodi e gli strumenti dell’information design alla risoluzione dei problemi di comunicazione devono essere applicati anche alla scrittura e alla tipografia.

Tutto deve essere incentrato sull’utente.Tutto deve essere incentrato sul lettore.

1 R. Kinross, The rhetoric of neutrality, p. 1.

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53

L’obiettivo da raggiungere deve essere esporre con chiarezza le informazioni per dare la possibilità a chi le richiede di trarre più facilmente le proprie conclusioni e di poterle impiegare più facilmente in nuove riflessioni.

Ma non è solo dall’information design che la scrittura può attingere. Lo stesso vale anche per l’interaction design.

La scrittura è qualcosa di molto concreto, non è mai solo testo, oltre gli aspetti visivi, oltre al testo, c’è sempre e comunque un supporto, un oggetto materico, tangibile.Il libro, ad esempio, è prima di tutto un oggetto.

Il concetto di affordance2, ossia la capacità di un oggetto di fornire suggerimenti sul suo funzionamento senza bisogno di ulteriori spiegazioni – le protuberanze invitano a impugnare, le fessure invitano a infilarci dentro qualcosa – può tornare utilissimo sia nella progettazione di un libro, sia del testo stesso.

Progettare l’affordance, progettare quegli aspetti che permettono di fornire suggerimenti sul funzionamento di ciò che si sta progettando, approcciarsi al testo come a qualcosa di cui bisogna progettare l’interazione con l’utente sposta automaticamente il centro sui suoi bisogni.

La scrittura sfuma nell’information design, nell’interaction design, sperimentando forme di sincretismo tra diverse discipline.

2 D. Norman, La caffettiera del masochista, p. 19.

SINCRETISMO

SCRITTORIO

[35]

SINCRETISMO

SCRITTORIO

[35]

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scriTTore, Tipografo e leTTore

Dal punto di vista dello scrittore e del tipografo, un testo diagrammatico diventa uno strumento retorico potentissimo.

Per realizzare un testo diagrammatico però, scrittore e tipografo devono operare secondo logiche nuove.«Il libro nuovo esige uno scrittore nuovo»1 profetizzava Lissitkj in Topografia della tipografia, manifesto del modernismo e della tipografia non lineare.Lo scrittore nuovo potrebbe a ragione coincidere con il tipografo, potrebbe essere tipografo di se stesso, anzi sarebbe auspicabile.

Quando ciò non avviene, il tipografo dovrebbe allora agire come una sorta di traduttore. Dovrebbe analizzare il testo, individuarne la forma ed eplicitarla: non dovrebbe limitarsi alla semplice messa in pagina ma dovrebbe operare una vera e propria traduzione da un registro rappresentativo ad un altro.

E per il lettore invece? Si potrebbe pensare che lo scopo di esplicitare la struttura sia finalizzato solo alla persuasione.In realtà può aumentare il livello di sperimentabilità che il lettore può mettere in atto nei confronti di quel ragionamento, agendo come critico.

Il testo diagrammatico può risultare vantaggioso sia per chi scrive, che può servirsi di più elementi retorici, sia per chi legge, perché ha a disposizione una struttura più esplicitata, delle relezioni logiche più esplicite, più immediatamente manipolabili.

La tipografia deve operare da tramite tra autore e lettore, metterli in collegamento più facilmente, fornendo al primo strumenti retorici per esprimere con più chiarezza il proprio pensiero, prendendo il secondo come referente privilegiato, sulle cui esigenze modellare la progettazione.

1 Robin Kinross, Tipografia moderna, p. 118.

TRADIZIONALISMO

MODERNISMO

[allegato]

TRADIZIONALISMO

MODERNISMO

[allegato]

SCRITTORETIPOGRAFOSCRITTORETIPOGRAFO

TIPOGRAFO TRADUTTORETIPOGRAFO TRADUTTORE

LETTORECRITICOLETTORECRITICO

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appunTi

In un passo molto divertente di Come un romanzo, qui riportato con qualche taglio, Pennac illustra il turbolento rapporto che si instaura tra il lettore e il libro inteso come oggetto.

«Pochi oggetti risvegliano quanto il libro il sentimento di assoluta proprietà. Caduti nelle nostre mani, i libri diventano i nostri schiavi […]. Come tali subiscono i peggiori maltrattamenti, frutto dei più folli amori o di tremendi furori. Eccoti le orecchie alle pagine […] e quei margini scarabocchiati di commenti fortunatamente illeggibili, quei paragrafi aureolati da pennarelli fluorescenti […]. Di tutto, ai libri facciamo subire di tutto. Ma solo il modo in cui gli altri li maltrattano ci ferisce…».1

A parte la grandissima verità contenuta nell’ultima frase, l’aspetto più interessante ai fini di questa ricerca è la pratica diffusa tra i lettori di maltrattare il libro intervenendo sul testo stampato.

Orecchie, commenti a margine, sottolineature, cerchiature, sono tutti aspetti che possono essere interpretati come l’espediente utilizzato dal lettore per forzare la linearità del testo stampato, per mettere in evidenza quelle relazioni logiche del ragionamento di cui qui ci si occupa.

Prendere appunti su un testo lineare è un modo per riorganizzare le informazioni, per ristrutturarle in modo più consono alle proprie esigenze, di rendere non lineare quel testo, di renderlo diagrammatico, con gli stessi vantaggi e le stesse finalità di un diagramma: analizzare il ragionamento per comprendere più a fondo i rapporti di causa/effetto, manipolarlo per tirar fuori nuovi ragionamenti (il valore euristico2), memorizzarlo più facilmente.

Gli appunti presi ex-novo invece spesso sono addirittura già dei perfetti esempi di testo diagrammatico, svincolato dalle tirannie tecnologiche che caratterizzano la tipografia.

1 D. Pennac, Come un romanzo, p. 113.

2 G. Anceschi, L’oggetto della raffigurazione, p. 11.

elementi iconici

indentazione

box + tag

alberi / colori

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5�

Per questo uno studio degli espedienti escogitati dai lettori per prendere appunti sui testi già stampati potrebbe fornire spunti interessanti per l’impaginazione di testi diagrammatici.Gli appunti presi ex-novo fungono invece da esempio di una scrittura non vincolata dai limiti tecnici della tipografia, perché la scrittura a mano, almeno fino ad ora, si presta meglio a piegare la superficie su cui si scrive all’esigenza dello scrittore. Si pensi agli appunti di Leonardo e di Galileo.

E nonostante lo scopo degli appunti sia princilpalmente l’autocomunicazione3, ciò non toglie che le soluzioni rappresentative che li caratterizzano possono essere sistematizzate, codificate, spiegate in modo da renderle accessibili a tutti, in modo da renderle un linguaggio condiviso, più convenzionalmente associati a informazioni linguistiche.

3 G. Anceschi, L’oggetto della raffigurazione, p. 8-12.

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conclusione

Una precisazione.Si può operare una distinzione tra diagrammi in grado di dimostrare direttamente la correttezza del ragionamento, come le inferenze visive, e quelli che si limitano a rappresentare la struttura del ragionamento, che è comunque un passaggio preliminare alla verifica della correttezza del ragionamento.I testi diagrammatici, che cercano di rappresentare la struttura del ragionamento attraverso un uso consapevole delle variabili tipografiche, appartengono più spesso alla seconda categoria.

Nel caso di un testo argomentativo una diagrammatizzazione che riesce a visualizzare i rapporti tra premesse e conclusioni può contribuire a facilitare la comprensione complessiva del ragionamento esposto, questa per lo meno è la congettura alla base di questa ricerca.

I risultati tipografici qui ottenuti sono però verificati solo parzialmente, e sono verificati solo dal punto di vista dello scrittore che vuole cercare di esprimere nel modo più univoco possibile il suo pensiero e si serve della tipografia come strumento retorico: con la diagrammatizzazione effettivamente le potenzialità retoriche del testo risultano amplificate.Resta però da verificare in modo sistematico l’effetto di questi risultati tipografici sul lettore: verificare quanto e in che modo un testo diagrammatico influenza l’attenzione, quanto e in che modo influisce sui processi di apprendimento.Il punto cruciale resta capire quanto ci guadagna il lettore e cosa perde, se davvero il mostrare così tanto la struttura di un ragionamento renda più semplice il metterlo in discussione, il trovarne i punti deboli, le contraddizioni, se insomma può rivelarsi un vantaggio non solo per lo scrittore che vuole persuadere ma anche per il lettore che vuole criticare. Ovviamente l’ipotesi alla base di questa ricerca è che sia proprio così.

In ogni caso nessuna pratica tipografica può prescindere dalla verifica costante delle congetture. Le proposte visive qui avanzate hanno il limite di non essere, per il momento, ancora completamente verificate. Ma proprio per questo potranno costituire un primo nucleo di testi su cui iniziare a condurre ricerche più sistematiche.

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grazie

gio, la signora lucrezia, giovanna, zia, gregopaolo, la vale, albi, kiwi andren, luciano la tipotecale sans serifofficine cargonauta, lalalab, ff3300, torre di nebbialuisa, enzo, gianni, ale, lotti, michele, ninosilvio, antonio, roberto, rossellagli studenti del corso di grafica del poliba casa tagliapietrachiara, enzo, nico, peppe, fabianarobottina, ana, stetamara, abate, annasilvia s, sabrinafederica, sabrina, ritasabino, elio, erasmo, cannelloneil pasadorriccio, ciavaraffa, giuseppegiulietta, laurae tutti coloro che hanno messo i loro appunti a mia disposizione

di sicuro avrò dimenticato qualcuno siate indulgenti

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