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!!! " # NEWS DAI CIRCOLI: Berlino Biella Boussu Charleroi Cinisello Balsamo Gattinara Pavia Vimodrone aprile 2011 numero 340 I CONTRIBUTI SCRITTI DI: Annalisa BERNARDINI, Massimo CARTA, Mariella CORTES, Michele COSSA, Carla FERLTRIN, Mauro MANUNZA, Tonino MULAS, Omar ONNIS, Massimiliano PERLATO, Pier Giorgio PINNA, Piero PINNA, Alexandra PORCU, Cristoforo PUDDU, Paolo PULINA, Maurizio SECHI, Erica ZANELLA MAOLU, Claudia ZEDDA.

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NEWS DAI CIRCOLI: Berlino Biella

Boussu Charleroi

Cinisello Balsamo Gattinara

Pavia Vimodrone

aprile 2011

numero 340

I CONTRIBUTI SCRITTI DI: Annalisa BERNARDINI, Massimo CARTA, Mariella CORTES, Michele COSSA, Carla FERLTRIN, Mauro MANUNZA, Tonino MULAS, Omar ONNIS, Massimiliano PERLATO, Pier Giorgio PINNA, Piero PINNA, Alexandra PORCU,

Cristoforo PUDDU, Paolo PULINA, Maurizio SECHI, Erica ZANELLA MAOLU, Claudia ZEDDA.

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Il contatto con Claudia Zedda si è concretizzato attraverso internet e la reciproca conoscenza dei nostri siti. Il mio sull’emigrazione sarda; i suoi, straordinari, che descrivono l’infinita genialità di un personaggio contemporaneo di grande valore quale è lei. Totalmente rapito, mi sono immerso nel mondo affascinante della sua poliedricità artistica. L’utilizzo proficuo delle parole, l’armonia descrittiva di luoghi, persone e sensazioni, lasciano una percezione netta di essere trasportati in un luogo incantato da lasciare senza respiro. E’ il “pianeta” Claudia Zedda che desidero raccontare e far conoscere. E le sue parole, lo fanno con una spontaneità gradevole. Ho 31 anni e nel 2008 mi sono laureata in lettere moderne all’università di Cagliari con indirizzo socio antropologico, e dato che per conoscere realmente qualcuno sarà necessario sapere di più in merito alla terra che le ha regalato i natali, dirò che sono figlia di Sardegna, nata a Cagliari e cresciuta all’interno di una famiglia nella

quale parola d’ordine è sempre stata “dialogo”. E’ per questo forse che amo tanto le parole, e tanto amo la mia terra, che di parole non ne usa poi tante, ma le utilizza al momento giusto. L’amore per la mia terra è sempre stato in me, eppure per riscoprirlo ho dovuto avere pazienza e costanza, fintanto per lo meno che la Sardegna non s’è decisa a richiamarmi. Lentamente ha iniziato a raccontarmi le sue storie, il suo passato, regalandomi frammenti di ricordi, strascichi di avventurose esperienze. In fondo la Sardegna racconta a tutti, non tutti però le porgono orecchio. Un altro modo per conoscere a fondo una persona, è scoprirne le passioni; le mie sono così tante e tanto numerose, che delle volte ho difficoltà ad elencarle tutte, eppure riesco a ritagliare all’interno delle giornate, piccoli spazi per ciascuna di esse. La scrittura, a braccetto con la lettura sono le principali. Scrivere è raccontarmi, e soprattutto raccontare dei luoghi e delle esperienze che vivo, e di scrivere e leggere non ci si può mai stancare, perché mai si legge e si scrive

qualcosa d’identico. Scrivo per me, per i miei lettori e per il web, che colonizzo gestendo personalmente tre spazi web: www.claudiazedda.it, www.esserefreelance.it, www.bottegakreativa.it. Amo la fotografia per quanto non sia una professionista di quest’arte che se ben praticata consente di fermare il momento, dar vita all’attimo. Cucinare e confezionare dolci è un’altra delle mie passioni; mi rilassa e mi consente di conoscere meglio la mia terra e innamorarmi lentamente delle altre. Di recente ho riscoperto la passione per il giardinaggio, per la generosità della terra che ricevuto un seme, restituirà una pianta, un fiore figlio della fatica e della passione. Mi ha aiutato, il giardinaggio, a riscoprire la ciclicità delle stagioni, l’importanza del trascorrere del tempo che è una ruta in cammino, senza sosta, che ripete sempre i medesimi tragitti pur sempre stupefacenti, anno dopo anno. Non ultima la mia passione per la cestineria sarda che mi ha trasmesso mia nonna. Tanto mi ha affascinato che ho iniziato a intrecciare cestini, scoprendo non solo che fosse cosa per tutti, ma anche espressione artistica particolarmente gratificante.

Raccontaci della tua passione per lo scrivere e quando hai pensato alla realizzazione del primo libro … Scrivo da che mi ricordo. Mi è sempre piaciuto farlo. Da bambina, prima di prendere sonno immaginavo delle storie che scrivevo nella mia mente. Al mattino erano svanite, ma fintanto che vivevano erano meravigliose. I libri per altro, hanno sempre suscitato in me un certo fascino, misteriosi come sono, ricchi, di tutti, per tutti; cassapanche colme di sorprese, ecco come li immagino. Il primo libro “Creature Fantastiche in Sardegna” è nato come tesi universitaria, pubblicata pochi mesi dopo la discussione. Presentarlo, raccontarlo, accompagnarlo in viaggio per l’Italia è soddisfazione che difficilmente potrà essere descritta a parole. Più cosciente è stata la creazione del mio secondo libro “Est Antigoriu”, presentato qualche giorno fa, che ha richiesto fatica e costanza, ma che già restituisce in cambio gratificazioni. Entrambi parlano di Sardegna, l’una fantastica, l’altra reale, vista con i miei occhi e raccontata con le mie parole. Parliamo della tua Sardegna, la terra tanto amata.. come la vedi oggi? Da scoprire. Se penso all’isola è questo che mi viene in mente. E’ una vecchia signora la Sardegna, un po’ in là con gli anni, che siede taciturna e osserva l’orizzonte, gelosa del suo passato e attenta al proprio futuro. Purtroppo sono davvero pochi a domandarle di raccontare, eppure, quando la domanda viene posta nella maniera giusta, lei racconta, e i suoi racconti sono leggende, canzoni, poesia. Piuttosto sono i sardi, delle volte, a preoccuparmi, indecisi sulla strada da seguire, sulle mosse da compiere, sulle scelte da

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fare, che pure tentano con una passione e una testardaggine tutta isolana, di recuperare le proprie tradizioni, la propria cultura, per dirla in una parola, la propria identità. L’isola tanto bistrattata ma dalle mille peculiarità … E’ bella. Questa è la sua prima peculiarità in positivo, ed è bella tutta! Le coste, le campagne, le foreste, le vette. E soprattutto ha un’ottima memoria; tutto quello d’importante che c’è e c’era da sapere lei lo ha messo all’interno di leggende e contusu che ancora oggi si raccontano, si scrivono, si trasmettono, di modo che il passato non si perda e il futuro faccia un po’ meno paura. Di negativo c’è la sua insita capacità di svalutarsi, di considerare quel che cresce oltre mare migliore, più valido. Ma forse a compiere questo errore non è tanto la Sardegna, quanto i suoi abitanti che solo lentamente si stanno rendendo conto del prezioso bottino di cui dispongono, tutto fatto d’arte, di cultura, di paesaggi, di natura, di gastronomia e di tradizioni. Il segreto sta nella conoscenza della propria storia, che darà forma a un futuro più consapevole. E il rapporto con l'emigrazione sarda? Conosci i circoli? Ti piacerebbe presentare il tuo lato artistico presso le associazioni sarde? I circoli sardi sparpagliati sul territorio italiano con me si sono sempre dimostrati generosi. In molti casi sono stata invitata a parlare di Sardegna e del mio libro. Così ho avuto modo di visitare Milano, Parma e Bologna e fra qualche mese Roma, ma soprattutto ho avuto modo di incontrare sardi che pur lontani dalla propria terra continuano ad amarla con un sentimento sincero. Ovviamente sono sempre disponibile a questo genere di esperienze, per altro particolarmente appaganti. Massimiliano Perlato

IL PREMIO DELL’ACCADEMIA DEL CINEMA ITALIANO “DAVID DI DONATELLO” PER I CORTOMETRAGGI, “IO SONO QUI” DI MARIO PIREDDA FRA I FINALISTI

Il film “Io sono qui” di Mario Piredda (nella foto) premiato nel Concorso Storie di Emigrazione organizzato dalla FASI con la collaborazione della Cineteca Sarda e dell’Umanitaria di Cagliari, finanziato nell’ambito dei Progetti Regionali dell’Assessorato al Lavoro della Regione Sarda è entrato nella cinquina dei finalisti del premio Donatello. Il film parla di una moderna storia di emigrazione: un giovane disoccupato sardo che si arruola nell’esercito e va a combattere nel Kosovo e poi muore in conseguenza delle radiazioni provocate dall’uranio arricchito. È un risultato straordinario dell’impegno culturale della FASI e di tutti i circoli sardi in Italia. Tonino Mulas

ALL’ASSOCIAZIONE SARDA “CUNCORDU” DI GATTINARA, LA MOSTRA “FRATELLI D’ITALIA” PER IL 150° COMPLEANNO DEL BELPAESE

L’Italia unita da un sorriso. A Gattinara (Vercelli), la mostra «Fratelli d’Italia, il 150° anniversario dell’Unità d’Italia celebrato per immagini» ha strappato ai suoi tanti visitatori. Dalle scolaresche ai curiosi che hanno passeggiato tra i pannelli con i fumetti, le vignette satiriche e i disegni che hanno aderito al concorso internazionale promosso dalla Fasi, la Federazione associazioni sarde in Italia, di cui fa parte anche l’associazione Cuncordu di Gattinara. Gli artisti in gara sono stati 489 (300 italiani e 189 stranieri in rappresentanza di 53 Paesi), con 1190 opere. Quella che ha vinto rappresenta Garibaldi con le mani nei capelli, costretto ad assistere all’Italia di oggi, imbarazzante in modo bipartisan e non solo per la politica, ma anche per veline e cafonaggine. Tale iniziativa, incentrata su un concorso a premi per la migliore opera

d’illustrazione, grafica e satira, intende fornire anche l’occasione di una riflessione sulla rinnovata capacità evocativa dei concetti di solidarietà, libertà e Patria, che animarono ed ispirarono gli ideali etici e politici del Risorgimento con una più circostanziata attenzione sulla loro attuale pertinenza nella declinazione dei concetti di Nazione e di identità nazionale valutati in relazione alle ricorrenti tensioni autonomistiche, al fenomeno della globalizzazione e della conseguente incidenza del multiculturalismo. L’associazione sarda Cuncordu ha potuto allestire l’esposizione nella sede dell’Associazione Culturale di Gattinara, un edificio storico della città del vino, dato che è la casa natale del Cardinal Mercurino, il cancelliere di Carlo V. Giovedì 17 marzo, giorno di festa nazionale dell’Unità d’Italia è nata una collaborazione tra tre sodalizi: oltre alla Culturale e al Cuncordu, anche l’associazione Amici di Gattinara on line. Tutti insieme per celebrare il 150° compleanno dell’Italia con una giornata dedicata a gastronomia e cultura. Prima il buffet «Buon appetito Italia», con portate ispirate al tricolori e a piatti regionali, poi la conferenza di presentazione della mostra, a cui ha preso parte anche Piera Mazzone, direttrice della biblioteca civica di Varallo, che ha fornito spunti interessanti sulla storia del Paese. A far gli onori di casa la presidente della Culturale, Luisa Cerri, mentre il presidente del Cuncordu Maurizio Sechi ha parlato degli inni, prima quello del Regno Sardo, poi quello scritto da Mameli, «legato alla Sardegna perché suo padre era di Cagliari». Maurizio Sechi

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CON IL CIRCOLO “LA QUERCIA” PER RICORDARE L’UNITA’ D’ITALIA LA MOSTRA “FRATELLI D’ITALIA” ANCHE A VIMODRONE

In occasione dell’anniversario dell’unità d’Italia, allestita dal circolo dei sardi “La Quercia” di Vimodrone si è tenuta dal 23 marzo al 3 aprile la mostra “Fratelli d’Italia , il 150° Anniversario dell’unità d’Italia celebrato per immagini”. La mostra patrocinata dal Comune di Vimodrone e voluta dalla F.A.S.I. attraverso un concorso internazionale a cui hanno partecipato fumettisti, cartonist, e autori satirici di tutto il mondo. E’ una mostra itinerante che verrà esposta nelle varie città italiane e non dai vari circoli. Alla presenza del presidente del circolo “La Quercia” Gianpiero Fenu e del presidente della F:A:S:I Tonino Mulas, il Sindaco di Vimodrone Dario Veneroni con altri componenti la giunta cittadina ha inaugurato questa manifestazione. Con questa mostra gli autori hanno voluto esprimere e commemorare la data della nostra unità nazionale ,attraverso la satira. Ingrediente molto importante dove la fantasia, la creatività, l’ironia contribuiscono in modo deformante alla visione del mondo e della Società in cui viviamo in modo che le varie immagini si commentassero da sole. Oltre 1000 opere caratterizzano questa iniziativa dove le migliori opere sono state selezionate e premiate da una apposita giuria presieduta da Gavino Sanna (noto pubblicitario), Il percorso della mostra parte con la premiazione dei vari artisti, nomi famosi nel variegato mondo della satira da Riccardo Mannelli vincitore del concorso a Benedetto Nicolini “Benny”, Ruth Greg, Agim Sulay, Nicolò Melis, Staino e tanti altri. La figura di Garibaldi e il suo ruolo nell’unità dell’Italia è molto particolare visto anche il rapporto che questo personaggio ha avuto anche con la nostra Sardegna. Attraverso questi pannelli vediamo in che modo il mondo satirico vede la nostra nazione e le sue vicissitudini. La Sardegna vista in modo civile e caratteriale, ritratti di personaggi del mondo politico sin dalla nascita nel 1861 a quello attuale, figure di sportivi e della società. La società italiana dentro la storia, vari simboli dell’Italia e della nostra bandiera e la storia della mostra e del suo percorso con commenti che contribuiscono a rendere l’esposizione molto interessante e gradevole. La mostra rappresenta un momento commemorativo ma è anche espressione della solidarietà che lega il nostro passato remoto col nostro presente leggendo tra le varie figure quell’unione di intenti e di partecipazione da parte di tutti all’unificazione della nostra Italia. La comunità di Vimodrone, ha voluto gratificare nell’arco della settimana con una grande presenza la validità della mostra con commenti positivi , ironici e divertenti. Con la presenza delle autorità cittadine il presidente del circolo Gianpiero Fenu ha ricordato e rimarcato il rapporto che lega la Sardegna attraverso i sardi e il circolo con la cittadina di Vimodrone. Il circolo “La Quercia “ con questa sua iniziativa intende raggiungere tutti i cittadini senza distinzione di appartenenza associativa o di schieramento ed ha voluto contribuire con questa mostra, alla commemorazione di questa importante data nel ricordare l’unità e identità della nostra nazione. Michele Cossa

PARTECIPAZIONE COMMOVENTE E RACCONTI D’EMIGRAZIONE AL CIRCOLO AMIS DI CINISELLO BALSAMO IL LIBRO “IL VIAGGIO DELL’EMIGRANTE” DI PINUCCIO ENA

Confronto davvero particolare, creatosi spontaneamente, al circolo AMIS di Cinisello Balsamo. L’occasione è stata la presentazione dell’ultimo libro di Pinuccio Ena, classe 1952 originario di Benetutti. Con il suo volume “Il viaggio dell’emigrante” ha voluto rastrellare le testimonianze di tantissimi emigrati quando ancora viveva in Sardegna, ad Olbia. Ena, che ora vive a Milano ed è operaio metalmeccanico in un paese della Brianza, è anche socio del sodalizio dell’hinterland milanese guidato da Carla Cividini. La storia raccontata nel breve romanzo, sono le vicissitudini dello zio “Mimmiu”, scomparso di recente, che partito da Benetutti, ha girato mezza Europa prima di approdare a Parma. E sulle sue testimonianze fondamentalmente Ena ha composto il racconto: l’esperienza in miniera in Germania, l’arrivo in continente, le sue poesie che raccontavano la nostalgia della Sardegna, la dura realtà dei sardi degli anni sessanta che nei paesi dell’entroterra facevano i contadini e i pastori. Ena, che è un emigrato atipico, essendo in Lombardia per ragioni di cuore, menziona non senza un pizzico di emozione, del periodo in cui era militare a Piacenza nel 1962 ed era spesso ospite dello zio nel parmense. “Resta con noi, qui c’è il lavoro” osava ripetergli Mimmiu. Ma per Pinuccio il richiamo della Sardegna era

troppo forte. Complice anche la discriminazione psicologica subita nel periodo di leva – “era il periodo dei sequestri di persona in Sardegna e i sardi venivano additati tutti a sequestratori” – racconta con amarezza. Forse anche quel timore e quel senso di nausea razzistica aveva fatto si che l’ipotesi di trattenersi a Parma tramontasse. “Il viaggio dell’emigrante” scritto in italiano e in logudorese, racconta tuttociò: della forte emigrazione, dello spopolamento dei paesi e dalle ingiustizie che si subivano in quegli anni per trovare lavoro se non si era o raccomandati o appoggiati ad un partito politico. E’ la seconda opera letteraria di Ena, che già nel 2007 ha pubblicato il racconto breve “Brusiaroccos” sempre con la doppia interpretazione italiano – logudorese. Bellissima l’intuizione della Presidente Carla Cividini di far interagire gli intervenuti alla presentazione del libro per esporre la loro storia di emigrato. Così, dopo l’imbarazzo iniziale dei soci, ad uno ad uno, buona parte della platea sopraggiungeva al microfono per raccontare la propria storia, i propri sacrifici, la propria sofferenza interiore provata negli anni del distacco dalla terra natale. E si è creato un clima d’intensa complicità, un totale coinvolgimento, nel vedere persone anche di una certa età raccontare lo specifico tragitto esistenziale, vissuto 40 -50 anni fa, con una trasparenza e una concezione razionale degli avvenimenti, ancor viva nelle loro menti e nei loro occhi umidi di commozione. Massimiliano Perlato

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GRANDE SUCCESSO PER I DUE APPUNTAMENTI CON GLI EMIGRATI SARDI DI CHARLEROI E BOUSSU IN BELGIO PER “LE STRADE DEL TEMPO”

La storia della Sardegna, quella più antica e arcaica che tutti i sardi, spesso in maniera inconscia, portano nel cuore e nei gesti della vita quotidiana, si intreccia con quella recente fatta da chi, per necessità o sfida, ha deciso di emigrare. Il 2011 del progetto “Le strade del tempo” parte proprio da uno dei luoghi simbolo dell’emigrazione italiana e sarda, il Belgio delle miniere di carbone e dei terril. Grazie all’impegno congiunto della Federazione dei circoli sardi del Belgio e dei circoli di Charleroi e Boussu (nelle persone di Carlo Murgia- presidente di Federazione e del circolo di Boussu - e Vito Boi, presidente di Charleroi) la storia della Sardegna più antica è tornata ad essere protagonista nei due appuntamenti del 19 e del 20 marzo. Il primo appuntamento, dedicato alla Sardegna Preistorica ha visto un vasto pubblico nonché un’ottima partecipazione nella storica sede di Rue Des Charbonnages. Partendo dall’arrivo dei primi cacciatori che giunsero in Sardegna, attraversando il ponte terrestre con la Corsica durante le

Glaciazioni, lo storico dell’arte Francesco Ledda ha raccontato l’evolversi della società sarda nel corso delle varie epoche. Fili conduttori son stati il commercio dell’ossidiana, oro nero della Preistoria, i culti dedicati alla Dea Madre e gli aspetti funerari. Tutti veri e propri specchi di una società in rapida evoluzione, che ha lasciato chiari segni del suo passaggio negli oltre duemila ipogei del tipo a domus de janas, nei circoli megalitici, nei dolmen e nelle tombe a tumulo e, ancora, nei templi monumentali come quello, unico nel Mediterraneo, di Monte d’Accoddi. L’intero incontro è stato, anche grazie agli interventi successivi e all’interesse suscitato anche dagli imminenti viaggi in Sardegna promossi da Federazione e circoli, un continuo scambio di opinioni e raffronti tra situazioni passate e presenti. Il giorno seguente, il comune di Boussu, a pochi chilometri da Mons, ha ospitato, presso la sede dell’Associazione Sarda del Borinage capitanata da Carlo Murgia, l’incontro sulle chiese e i castelli della Sardegna Medievale. Strutture fortificate imponenti poste a controllo delle principali vie di percorrenza, palazzi signorili che davano via all’istaurarsi di un borgo lungo le sue pendici o castelli inespugnabili che ancora oggi raccontano una storia secolare, son stati coprotagonisti, insieme alle chiese romaniche del giudicato di Torres di una lunga e intensa serata trascorsa nella sede di Rue Demot. Ospite d’onore l’ex europarlamentare e attuale assessore del Comune di Boussu Giovanna Corda che ha portato ancora alto, insieme ai tanti emigrati sardi e non presenti in sala, l’amore per la storia e la cultura della Sardegna e l’importanza del confronto tra culture. Sua infatti l’idea di visitare, nella mattina,insieme ai due presidenti di circolo e ad alcuni soci, il centro minerario del Gran Hornu divenuto oggi un importante luogo di cultura e arte contemporanea. Entrambi gli appuntamenti hanno visto la partecipazione dei presidenti e dei soci degli altri circoli del Belgio (La Louvière e Genk per citarne alcuni) e di emigrati di altre regioni d’Italia e, per entrambi i circoli, son stati donati due orologi, simboli del progetto e, soprattutto del lavoro dei minatori nelle miniere sarde e belghe, realizzati con materiali ferrosi e riportanti, nelle fasi di lavorazione, colori e licheni tipici della geologia sarda. Agli organizzatori del progetto, i presidenti dei circoli hanno fatto dono di diverse pubblicazioni sulla storia dell’emigrazione belga e suoi principali luoghi e le tute ufficiali del circolo “Quattro mori” di Carleroi! Le giornate in Belgio son state un momento di scoperta reciproca e di rivalutazione di un passato, ricco e commovente allo stesso tempo, riscoperto, grazie ai presidenti dei circoli e ai soci nel corso visite nei luoghi dei minatori, nell’importantissima Marcinelle, nel campo di battaglia di Waterloo; ancora nei quartieri dove ancora oggi campeggia lo stemma dei quattro mori nella cassetta delle lettere, in luoghi riqualificati come il Grand Hornu e così via. Se allora non dimenticare è un obbligo, l’occasione non poteva essere migliore! (nella foto da destra: Giovanna Corda, Mariella Cortès, Carlo Murgia, Francesco Ledda). Mariella Cortès

A BERLINO PER TUTTO APRILE IN COLLABORAZIONE CON IL “SARDISCHES KULTURZENTRUM” MONDKUSTE – COSTA DELLA LUNA

La fotografa tedesca, in arte “LARA MELIN”, durante un viaggio in Sardegna si è innamorata dei paesaggi, delle spiagge e della natura innocente e quasi non toccata, della nostra terra. Certamente, essendo fotografa ha voluto riprenderla. La sua prima mostra “I colori di Bosa”, realizzata al locale “Ponte Carlo” (www.pontecarlo.de) in collaborazione con il proprietario sardo, in arte “GAMBEEX”, è stata un vero successo. Adesso, qualche settimana dopo, la seconda mostra, la Sardegna vista con gli occhi di una tedesca, s’intitola: MONDKÜSTE (Costa della Luna). Vista da lontano sembra senz’altro di essere il brutto anatroccolo delle coste della Sardegna: uno spazio grigio, verde e sterile. Sembra quasi che la natura, in un momento d’esaurimento, l’abbia buttata e dimenticata lì. Proprio per questo che è così particolare! Bisogna scrutarla per filo e per segno per vedere e capire i suoi dettagli che ci portano a scoprire il fascino di questo paesaggio lunare. Nella sua spilorceria si sente una forza originaria, creatrice, incredibile e imparagonabile che senza essere brillante, riesce a sorprenderci. L’ombra dell’eternità copre quel posto speciale, ed ogni cambiamento sgocciola, ogni cambiamento si svolge talmente lento che ci regala l’impressione di poter toccare la scaturigine del tempo. Sembra quasi che la natura, infatti, lunatica, arcaica e ferma nel tempo, da qui si è immaginata il resto del mondo. Le fotografie di LARA MELIN, la mostra MONDKÜSTE si può vedere sino al 30 Aprile al Caffé degli Artisti, Fidicinstrasse 44, 10965 Berlino. Alexandra Porcu

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“DOPO TRENT’ANNI PRIMA”, IL CORTOMETRAGGIO DI SILVIO CAMBONI AL “SU NURAGHE” DI BIELLA RECUPERARE ANCHE SOLO UN PICCOLO PEZZO DELLA NOSTRA STORIA

Il cortometraggio di Silvio Camboni è stato prodotto nel 2007 dall’ISRE (l’Istituto Superiore Regionale Etnografico della Sardegna ) ed è tratto dal racconto: “L’apologo dell’uomo bue e dell’uomo cacciavite” di Francesco Masala. Il film si apre con una madre che racconta a suo figlio, il protagonista, una storia che in realtà è la leggenda del boe muliake, una bestia spaventosa che nelle notti invernali di tempesta urla il suo dolore e non si ferma fino al mattino, poi ai primi chiarori dell’alba, torna ad essere quello che era, un pastore in armonia con la natura. Questo bambino vive la sua infanzia contadina insieme al padre. La sua è una vita lenta e felice che scorre al ritmo del susseguirsi delle stagioni. Inizia ad imparare gli antichi gesti della pastorizia tramandati dal padre, aimè alcuni molto crudeli ai suoi occhi, ma che fanno parte del naturale ciclo della vita. La sua esistenza spensierata viene interrotta proprio da uno di questi gesti, l’uccisione di un agnellino. Nella notte scoppia una violenta tempesta ed ecco una visione terrificante: suo padre trasformato nel boe muliake! Il giovane pastorello, forse ancora provato dalla morte dell’agnellino terrorizzato inizia a scappare da questo essere spaventoso che urla e trascinandosi una grossa catena legata al piede, tenta di catturarlo. Il giovane entra in un vortice temporale, inizia un percorso per allontanarsi da quella vita e dimenticare lasciando indietro la paura di quell’ombra oscura, di quell’anima mala. Scappando da un futuro che non vuole diventa adulto, trasferisce la sua vita in una grande città ed inizia a lavorare in una raffineria entrando a far parte di un ciclo di vita diverso: dall’uomo bue all’uomo cacciavite. Così non si accorge che vivendo ogni giorno gli stessi atti ripetuti ed alienanti non fa altro che distruggere la sua personalità, i suoi pensieri, la sua storia, i suoi ricordi rendendolo esattamente uguale a qualunque altro soggetto. Infatti perde totalmente la sua identità buona o cattiva che fosse e diventa un essere insignificante in mezzo a tanti altri esseri insignificanti. Credo che l’intenzione dell’autore del racconto fosse proprio quella di contrapporre la Sardegna rurale e contadina a quella industriale; la vita alienante, all’interno di una grigia città, dettata dallo sferragliare degli ingranaggi di una raffineria ad una vita fatta di gesti sì ripetuti di stagione in stagione ma in armonia con il resto della vita. La Sardegna è una terra ricchissima di tradizioni e culture diverse che la fanno davvero unica. Il processo industriale non sta facendo altro che distruggere in breve tempo tutto ciò che la natura ha impiegato migliaia di anni a creare. Questo vale sia per il territorio sia per le persone, anche noi di questi tempi siamo destinati a diventare tutti uguali, senza pensieri propri perché i mezzi di comunicazione ci inculcano nella testa idee già fatte. Quindi ogni tanto spegniamo la televisione e usciamo a recuperare anche solo un piccolo pezzo della nostra storia che ogni giorno perdiamo. Erica Zanella Maolu

GIANNI MASSA ORIGINARIO DI URAS, VIVE DA NOVE ANNI IN IRLANDA VOLEVO IMPARARE L’INGLESE, OGGI SONO UN MANAGER

Viaggio tra i cervelli fuggiti dall'Italia e hanno trovato rifugio in Irlanda. Gianni Massa, nasce in Sardegna ad Uras un paese di tremila anime in provincia di Oristano quaranta anni fa. Una delle zone della Sardegna ad alto tasso di disoccupazione. Un giorno fa le valige e parte per l'Irlanda. Con biglietto di sola andata. Sono passati nove anni da quel giorno e lui è ancora a Dublino. Perchè hai scelto l'Irlanda? “Desideravo imparare l'inglese e vivere in un paese straniero . Poi ho scoperto di aver fatto anche un'ottima scelta dal punto di vista lavorativo” spiega Gianni Massa che oggi è Operations Account Manager della più grande azienda americana di software. Cosa ti piace dell'Irlanda? “Il fatto che le persone in generale sono easy going, il country side, la possibilità di avere una buona carriera lavorativa senza dover essere raccomandato - continua Gianni Massa - anche se bisogna dimenticarsi i buoni piatti italiani preparati dalla mamma. L'alternativa è mettersi dietro i fornelli. Comunque mi sono adattato bene”. Ti piace andare al Pub? “Adoro i pub come luogo di socializzazione e divertimento sano, il che significa non più di cinque pinte a

serata. Ho qualche amico irlandese ed ho legato molto con una meravigliosa famiglia irlandese”. E la pioggia è un vero problema in Irlanda? “Non piove tanto nella costa est. Il problema è il cielo che è troppo spesso grigio”. La crisi economica irlandese è proprio pesante come la descrivono i media? “Direi proprio di si. Era proprio di ieri la notizia che il tasso di disoccupazione è salito al 14.6%, valore inimmaginabile fino a meno di 3 anni fa - spiega Gianni - anche se bisogna fare alcune riflessioni su come gli irlandesi stanno affrontando tale crisi. Per molti la crisi è stata una opportunità per inventarsi un nuovo business che in molti casi si è rivelato una scelta vincente. Altre persone hanno accettato lavori che non avrebbero mai fatto fino a qualche tempo prima, per esempio molte persone ai check points ora sono irlandesi e non stranieri. Questo e' un trend che si vede in tutti i settori. Altre persone hanno investito nel futuro tornando sui libri dell'università o hanno scelto di fare dei corsi di perfezionamento. Altri sono emigrati”. Come ha reagito l'Irlandese medio alla crisi economica? “Quello che bisogna sottolineare è che l'irlandese medio non è rimasto con le mani in mano ma ha provato ad inventarsi un nuovo lavoro o accettato di fare lavori diversi. Un esempio pratico posso darlo di una persona che lavorava come Account Manager nella mia azienda e che, vedendosi recapitare la lettera di licenziamento, ha aperto una pescheria. Questo è un modo di affrontare la crisi che in Italia certamente non abbiamo. Soffriamo troppo dei modelli culturali basati sul "poco lavoro e molti soldi", modello "veline" per intenderci”. Carla Ferltrin

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INTERVISTA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO REGIONALE SARDO CLAUDIA LOMBARDO IL RAPPORTO TRA I CITTADINI E LA POLITICA

Mettere al centro le persone e la loro dignità costituisce un imperativo di quanti oggi si trovano ad operare, su delega dei cittadini-elettori, in ambito politico. La pubblica Amministrazione deve porsi come servizio verso i cittadini. Di questo si è mostrata fermamente convinta ed impegnata la Presidente del Consiglio regionale on. Claudia Lombardo nel corso di questa intervista. Valori ai quali la Presidente Lombardo non solo non vuole rinunciare, ma vuole che diventino, ogni giorno di più, il fulcro dell’attività politica e in primo luogo dell’Assemblea regionale sarda. On. Lombardo, si avverte sempre più non solo in Sardegna, un distacco e la scarsa fiducia verso la politica e le Istituzioni. Quali sono i sistemi per riconquistare la fiducia dei cittadini? Più che di riconquistare io parlerei di ricostruire un rapporto nel quale la politica e le istituzioni pongano al centro di ogni loro interesse la persona e la sua dignità. Un rapporto in cui sia chiaro che non è il cittadino che si rivolge alle istituzioni per usufruire di un favore, ma la pubblica amministrazione che si pone al suo servizio, recuperando il senso profondo dell’impegno civile per la collettività e lo spirito dell’agire per il bene comune. Nella legislatura in corso, il Consiglio regionale – Parlamento e massima espressione della sovranità dei sardi – sin dal suo primo operare si è mosso nel solco di questa forte consapevolezza, nel voler recuperare un positivo rapporto, sia rafforzando la vicinanza coi cittadini, sia favorendo la massima trasparenza nel rendere pubbliche le sue sedute attraverso il canale di internet e nell’agevolare l’accesso agli atti parlamentari (interventi, assenze dei consiglieri nei lavori dell’Aula, mozioni, interpellanze, interrogazioni e proposte di legge), puntualmente pubblicati nel suo sito. Quanto il disagio sociale dell’Isola viene avvertito nell’Istituzione da Lei presieduta? La convocazione di due Assemblee straordinarie degli stati generali del popolo sardo presso il Consiglio Regionale, per discutere in materia di crisi industriale e di entrate fiscali, che ha visto coinvolti con grande spirito unitario parlamentari, consiglieri regionali, sindacati, rappresentanti del mondo produttivo, dell’associazionismo e della cultura, dà il senso di una grande mobilitazione in difesa dei diritti inalienabili dei sardi. L’eccezionalità degli eventi testimonia come il Parlamento sardo non si sia voluto sottrarre alla responsabilità di sostenere il suo Popolo in un momento di drammatica crisi a causa della recessione economica in corso. Anche la politica di severa morigeratezza delle spese del Consiglio, che sin dal mio insediamento ho preteso e che ha comportato un risparmio di ben 18 milioni di euro negli esercizi dei due anni finanziari trascorsi, costituisce un segnale di attenzione e di allineamento alla realtà che ci circonda, fornendo un esempio nei confronti dei cittadini tutti, chiamati a grossi sacrifici per via della crisi attuale. Si parla tanto di identità Sardegna. Molte volte questa identità viene identificata nel parlare in “limba”. Fino a quanto questo è giusto rispetto al concreto studio e diffusione della storia dell’Isola? I caratteri identitari del Popolo sardo provengono dall’eredità di una grande e originale civiltà che, da quella nuragica in poi, si è affacciata nelle sponde del Mediterraneo sin dai tempi più remoti, costituendo i tratti distintivi del nostro essere uniti dalla comunanza di territorio, lingua, storia, cultura e tradizioni. Ancora oggi i sardi diffondono nel mondo la civiltà del nostro popolo, conosciuto attraverso la gloriosa bandiera dei quattro mori in tutti gli angoli del pianeta. È questa la nostra ricchezza più grande, da custodire e tutelare gelosamente, per diffondere la conoscenza di un popolo e di una cultura all’interno di un’Isola, che è quasi un continente, la quale per le sue bellezze paesaggistiche e costiere non ha eguali nel mondo. La limba rappresenta un aspetto importante dei nostri caratteri identitari, ma non l’unico. Lo studio della nostra storia è un tassello indispensabile per riappropriarci orgogliosamente delle nostre radici, capire chi siamo, da dove veniamo e cosa vogliamo. Un popolo che non conosce se stesso e la propria storia è come un bambino che non diventerà mai adulto, e quindi cosciente del proprio ruolo e dei propri diritti. “Sa die de sa Sardinia” viene sempre identificata con la “cacciata dei Piemontesi”. Siamo certi che certi stereotipi non siano anacronistici e controproducenti? Sa Die de sa Sardinia non rappresenta solo il fatto storico che richiama la cacciata dei piemontesi. Non è rivolta contro qualcuno, ma a noi stessi quale monito per risvegliare le coscienze sopite, rinsaldando l’unità morale e spirituale per rivendicare all’interno della Repubblica un ruolo e una dimensione giuridica che ci conferisca tutti i poteri per governare il nostro domani da sardi per i sardi, essendo padroni e fautori del nostro destino. È dunque una festa dove si rinnova l’essere Popolo e Nazione dei sardi all’interno dell’ordinamento della Repubblica italiana e in Europa. La Presidenza del Consiglio regionale potrebbe mostrarsi più sensibile verso chi diffonde la storia dell’Isola e si tiene legato al mondo dell’emigrazione? La Presidenza del Consiglio, attraverso la propria attività istituzionale, è parte attiva nel promuovere, patrocinare e diffondere le iniziative volte a divulgare la cultura e la storia dell’Isola e per mantenere saldi i legami affettivi e di appartenenza con tutti i sardi non residenti, e con le loro generazioni. Sardi che comunque fanno parte a tutti gli effetti del nostro popolo, della nostra terra e della nostra cultura. La grandezza del nostro Popolo è costituita anche da questi sardi che all’estero si sono fatti onore, affermandosi nei diversi campi e discipline scientifiche e professionali, e dai quali ci aspettiamo un contributo insostituibile per la crescita e lo sviluppo della nostra terra. Cosa devono fare le scuole, almeno quelle superiori, che volessero assistere ad una seduta di Consiglio regionale? Come dicevo, il Consiglio è aperto a tutti, soprattutto al mondo della scuola. Basta che il Preside di un Istituto o un docente, a nome della scolaresca, formulino semplicemente la richiesta alla Presidenza per essere invitati ad assistere ad una seduta dell’Aula. Il Consiglio regionale ha una sua ampia biblioteca: è consultabile e da chi? La Biblioteca del Consiglio è accessibile a tutti i cittadini nelle ore di apertura, con l’unico limite che i testi consultabili non sono trasportabili all’esterno con la formula del prestito. Massimo Carta

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NATO 100 ANNI FA IN OLTREPO’ PAVESE, INSEGNO’ NEL 1955 ANCHE A CAGLIARI IL GLOTTOLOGO LUIGI HEILMANN

Cento anni fa, esattamente il 21 agosto 1911, nacque a Portalbera (paese di 1500 abitanti in provincia di Pavia, nell'Oltrepò) Luigi Heilmann, che tutte le più importanti enciclopedie ricordano come grande linguista e esperto cultore degli studi orientalisti. Heilmann studiò a Pavia sotto la guida di Luigi Suali (Bologna 1881- Pavia 1957; profondo conoscitore della filologia indiana, docente di sanscrito per decenni presso l'Università pavese), e di Gino Bottiglioni (Carrara 1887-1963; specialista di vari campi della glottologia, docente per un decennio presso l’ateneo pavese e, nel 1927, presso quello di Cagliari, autore di importanti opere sulla lingua e sulla cultura della Sardegna elaborate a seguito di un prolungato soggiorno di studio nell'isola, negli anni 1915-1918). Heilmann, laureato in Lettere a Pavia nel 1934, fu dapprima assistente volontario nell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano (1934-37); abilitato all'insegnamento, fu prof. di italiano, storia e latino nelle scuole superiori di Varese, di Pavia e di Roma (1937-

43). Divenuto professore universitario nel 1955, ordinario dal novembre 1959, occupò la cattedra di Glottologia, per un anno (1955), nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Cagliari, successivamente, fino al collocamento fuori ruolo (novembre 1981), nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Bologna (in quella città è morto il 9 ottobre 1988). È scritto nel necrologio che compare nell’annuario 1988 dell’ateneo bolognese: “Profondo conoscitore di molte lingue, antiche, moderne e orientali, anche di ceppo diverso, Luigi Heilmann ha il merito storico di aver rinnovato con acutezza e coraggio la linguistica italiana, introducendo in Italia lo strutturalismo, un orientamento metodologico che avrebbe informato di sé il campo delle scienze umane, espandendosi via via dall'originaria matrice linguistica; un suo libro fondamentale è ‘La parlata di Moena [Trento] nei suoi rapporti con Fiemme e con Fassa: saggio fonetico e fonematico’ (1955), la prima grande opera dello strutturalismo italiano che, così di un balzo, si portava a livello europeo”. Cinque anni prima, nel 1950, Heilmann aveva però pubblicato uno studio che i pavesi e in particolare gli oltrepadani dovrebbero avere molto caro dal titolo “La parlata di Portalbera e la terminologia vinicola nell’Oltrepò pavese”, oltre 100 pagine illustrate che risultano reperibili in provincia di Pavia solo presso la Biblioteca “Petrarca” della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università, e in due altre sole biblioteche (Università di Bologna e di Torino). Una piccola ricerca bibliografica on line testimonia che si tratta di un testo apprezzato da studiosi italiani (“saggio dialettologico esemplare” lo ha definito Angelo Stella in uno scritto del 1976), francesi, tedeschi e spagnoli. Sia Stella sia più recentemente Cierre su “La Provincia Pavese” (17 ottobre 2010) hanno ricordato che Heilmann con Piero Meriggi attuò una revisione sistematica del “Dizionario pavese italiano” di Ettore Galli (1965). Insomma, nel centenario della nascita Heilmann meriterebbe a buon diritto la riedizione del suo studio sulla parlata del paese natale! Paolo Pulina

RACCOLTA POETICA DI LEONARDO IDDAU CANTENDE IN LOGUDORO

La raccolta poetica Cantende in Logudoro, del sacerdote salesiano don Leonardo Iddau di Villanova Monteleone, fa seguito all’opera Fiores de ammentu, stampata nel maggio 2009, e completa la pubblicazione in volume dell’ampia produzione lirica che l’autore, tra il 1975 e il 1979, aveva raccolto in semplici ciclostilati. Le note di apertura del volume sono, rispettivamente, del sac. Stefano Martoglio (Ispettore, Piemonte e Valle d’Aosta) che sottolinea “l’autentico, e raro, dono di Dio” nella poesia del confratello; di Giuseppina ed Enrico, nipoti dell’autore, che regalano la pubblicazione al familiare e lo eleggono a rappresentare “l’anello di congiunzione tra le nostre generazioni e l’antico”; mentre il terzo scritto, di Salvatore Tola, ripercorre il lavorio intercorso per la realizzazione dei due volumi, accomunati dagli stessi contenuti tematici, e che legano indissolubilmente il poeta alla rievocazione di “un mondo che appartiene irrimediabilmente al passato” della nativa Biddanòa. Le liriche di Iddau, artefice consapevole della sua capacità creativa e dell’incanto musicale generato dalla limba del Logudoro, rappresentano un momento dello spirito e suggestiva ispirazione per realizzare, in contenuti e forme, l’identità della memoria. Diverse composizioni sono rivelatrici dell’autentica originaria spiritualità che esalta le attività umane della quotidianità e dove “convergono” gli “uomini e donne, vita e lavoro a Villanova”; dove s’identificano la ricchezza di valori e la cultura di una comunità, di un popolo. Il sacerdote sardo, ultraottantenne ed ancora impegnato nell’attività pastorale e di confessore, vive attualmente presso la “Casa Madre” dei salesiani, nel rione Valdocco di Torino. Entrambi le opere di Leonardo Iddau sono edite dalla Soter, società in nome collettivo sorta nel 1988 e con sede a Villanova Monteleone. L’immagine di copertina del libro, “stampato in Sardegna”, è di S. Ligios. (Cantende in Logudoro, Leonardo Iddau, Soter editrice, Villanova Monteleone, 2011, Euro 10,00) Cristoforo Puddu

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PREMI E RICONOSCIMENTI PER I MIGLIORI VINI SARDI L’ISOLA BRINDA AL VINITALY 2011

Il Vinitaly è la più importante fiera del mondo vitivinicolo italiano e tra le maggiori di tutto il mondo. E anche quest'anno sono state numerose le aziende sarde presenti a Verona. In tutto a rappresentare l'Isola 90 cantine, di cui 73 ospitate nello stand istituzionale allestito anche quest'anno dalla Regione. Le altre 17 aziende, le più grosse della Sardegna, hanno invece scelto di stare all'esterno dello stand, ma sempre nello stesso padiglione, per poter curare personalmente il proprio angolo espositivo, potendo anche contare su spazi maggiori e personalizzati. Dopo le polemiche nate durante l'ultima edizione, infatti, la Regione ha accolto le esigenze degli operatori e ha organizzato spazi espositivi più grandi ma sopratutto più funzionali. Durante il Vinitaly del 2010, per fare posto a un numero maggiore di espositori, era stato ridotto lo stand a disposizione di ciascun operatore. Quest'anno, invece, le cantine avevano anche un'area riservata dove poter contrattare con i clienti, rispondendo così allo spirito che anima la fiera di Verona. E molte sono anche le new entry, ovvero le cantine che per la prima volta esponevano a Verona. Tra queste si segnalano i Nuovi poderi di Senorbì, Tema di Cuglieri e la Cielle di Ghilarza. Alla manifestazione, che anche quest'anno ha ospitato 4 mila espositori provenienti da tutto il mondo con la presenza di circa 153 mila professionisti del settore, ci sono state degustazioni tecniche, panoramiche sulle realtà vitivinicole delle diverse regioni italiane e numerosi convegni a tema oltre che conferenze, forum e seminari per approfondire i temi di attualità del mondo vitivinicolo. La Sardegna, che nel 2011 offre anche un stand dal look rimodernato, apre questa edizione nel migliore dei modi, ovvero aggiudicandosi il “Vinitaly Regione 2011”, ovvero il riconoscimento assegnato al produttore di ogni regione italiana che raggiunge il maggior risultato, in base alla somma dei punteggi più alti riferiti ai tre migliori vini che hanno ottenuto la “Gran Menzione”. In pratica una sorta di “coppa del mondo” del vino. Ad aggiudicarselo è stata l'azienda Carpante Usini srl che con 45 punti ha sbaragliato la concorrenza di 3.720 campioni iscritti al concorso (di cui 196 erano i vini sardi). Tra i premi già assegnati alla Sardegna anche quelli su “Packaging”, andato, per la categoria vini, all'azienda agricola vitivinicola F.lli Pala di Serdiana. Altri riconoscimenti sono andati alle cantine Mesa di S. Anna Arresi e alla Cantina del Vermentino di Monti. In tutto i vini in concorso erano 220, contro i 175 del 2010. Molte le iniziative organizzate per le cantine sarde in programma anche per questa edizione. Oltre alla cena di gala il giorno dell'inaugurazione, le degustazioni nello stand istituzionale, grazie alla collaborazione dell'associazione nazionale dei sommelier. Ma anche altre degustazioni con gli esperti dell'agenzia regionale Agris che hanno previsto tra l'altro l'accostamento dei vini sardi con i prodotti tipici e di qualità della Sardegna. Annalisa Bernardini – Unione Sarda

SOPRALLUOGO DELLA US NAVY PER LA RIAPERTURA DI UN DISTACCAMENTO NAVALE GLI AMERICANI RIVOGLIONO LA MADDALENA

Nell'arcipelago tornano gli americani. Non una forza a sé inquadrata nella Us Navy, come dal 1972 al 2008: gli uomini della Marina statunitense faranno parte di un distaccamento della Nato. Forse con loro ci saranno marinai di altre nazioni che aderiscono al Patto Atlantico. Ma niente più sommergibili a propulsione nucleare armati con missili atomici: almeno così sembra dalle prime indiscrezioni. Solo una nave simile all'Orion e agli altri mezzi-appoggio di un passato a stelle e strisce che si pensava dimenticato. In questo caso, infatti, si parla piuttosto di unità per il supporto logistico e il pronto intervento, da tenere all'àncora sull'isola di Santo Stefano. Non si esclude che gli ufficiali Nato possano venire accolti nell'ex ospedale militare, trasformato in hotel superlusso durante i lavori per il G8 mancato e poi mai aperto in attesa del bando di gara della Regione. Tempi previsti per il via al piano: fine estate, probabilmente settembre. Le novità che da Bruxelles e Roma rimbalzano alla Maddalena sono mozzafiato. Arrivano nel momento in cui il processo di riconversione dell'arcipelago per usi civili appare arenato. E in secche pericolose. Tra la pesantissima eredità lasciata dalla Cricca di Balducci, Bertolaso, Anemone & Company. Tra effetti delle inchieste giudiziarie, bonifiche mai concluse, appalti gonfiati ad arte. Tra le macerie di una ricostruzione in parte fallita. Tra i ritardi accumulati dalla nuova Struttura di missione della Protezione civile. Tra i palleggiamenti di responsabilità per il mancato decollo di mille iniziative che vedono da mesi defilati Regione, ministero dell'Ambiente, presidenza del Consiglio. E pongono naturalmente tanti interrogativi. Che cosa significa in un quadro del genere l'ipotesi di rilancio della presenza militare nell'arcipelago? Come si concilierà tutto questo con i programmi per valorizzare l'industria delle vacanze? Come sarà possibile indirizzare verso un'unica direttrice il turismo e le incognite degli insediamenti bellici? Per il momento è prematuro trovare risposte certe. L'intera operazione è coperta da strettissimo riserbo. Non si sa ancora se i dati raccolti sul campo da alcuni inviati Nato, insieme con l'iniziale screening sulle possibilità concrete d'azione del rischieramento, verranno effettivamente confermate. L'unica sicurezza è che la decisione di esplorare un ritorno a Santo Stefano rappresenta di fatto un'inversione di rotta rispetto agli ultimi anni. Di più: il riallineamento di forze è legato a quel che da mesi succede sulle coste nordafricane. Rivolte delle popolazioni arabe, guerra civile con conseguenti raid alleati in Libia, imponenti flussi migratori, mutamenti negli assetti geopolitici del Mediterraneo: tutto ciò ha indotto governi, analisti e comandi occidentali a preventivare misure alternative nei confronti delle posizioni consolidate assunte finora. Lungo questa linea si colloca, per esempio, la decisione di rafforzare la base americana di Sigonella, in Sicilia. Nella stessa ottica, il potenziamento dell'attività di scali militari vicini all'isola, come l'aeroporto corso di Solenzara, oltre che il ruolo svolto da Decimomannu. E, ancora, il febbrile riavvio delle comunicazioni con i ponti radio collocati sui rilievi dell'isola di Tavolara. Non è dunque casuale che nelle ultime settimane il transito di sommergibili italiani, francesi e americani sia tornato quello dei tempi caldi. Periodi nei quali, come succedeva esattamente 25 anni fa, gli Usa si preparavano a sferrare un attacco contro Tripoli: corsi e ricorsi della Storia. O momenti della Guerra fredda contrassegnati dalla presenza della flotta sovietica nel Mediterraneo. Manovre ad ampio raggio, quindi. Ma, in attesa di riscontri formali per ora difficili da ottenere, alla Maddalena la sola ipotesi di un rientro americano scatena le reazioni più diverse. Se questa possibilità verrà confermata, del resto, i confini del dibattito politico non saranno

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limitati all'arcipelago ma si estenderanno a tutta la Sardegna. E si ripresenterà lo scontro fra coloro che hanno creduto in un'alternativa di pace in questo caso fondata sulla riconversione turistica e tutti quelli che invece hanno pensato solo alle ricadute per gli affari immobiliari e per il commercio. Le ultime notizie sono trapelate proprio tra le pieghe del costante conflitto tra i delusi dalla partenza dell'Us Navy e chi al contrario paventa il blocco totale delle iniziative basate sull'industria delle vacanze. In un contesto del genere non è così passato inosservato l'arrivo di due alti ufficiali statunitensi, pare inquadrati nella Nato. I quali, come raccontano i bene informati che nonostante la lontananza non hanno mai smesso di coltivare rapporti con gli americani passati di qui, hanno spiegato in giro di voler dare un'occhiata ai moli e ai tunnel lasciati tre anni fa a Santo Stefano. «Più per nostalgia che per altri motivi», avrebbero aggiunto. Per poi puntualizzare con autorità militari locali i veri motivi della visita: verificare lo stato dei luoghi per un'eventuale ripresa dell'attività sull'isola. Circostanze in poche ore riprese e rilanciate nelle conversazioni telefoniche tra la Sardegna e Washington. Dove più d'uno degli americani a suo tempo referenti di operatori maddalenini, oggi al Pentagono, avrebbe confermato le tesi allo studio della Nato. Pier Giorgio Pinna – Nuova Sardegna

SARDEGNA, LA PORTAEREI DEL MEDITERRANEO INTERESSE STRATEGICO

Capita spesso di chiedersi come mai la Sardegna, anche nel secondo dopoguerra, nonostante le premesse di un risveglio, si sia invece ritrovata ancora una volta ultima ruota del carro, subalterna e dominata quanto lo era stata prima, in epoca piemontese e italiana, senza apparenti progressi. Le prospettive annunciate erano ben altre, specie se si considera l’uscita prematura dal secondo conflitto mondiale, che aveva dato modo di cominciare a ricostruire e progettare con un certo anticipo, rispetto ad altre aree europee. Invece niente. La montagna delle rivendicazioni di stampo sardista e indipendentista, riemerse prepotentemente sin dal declinare del 1943, aveva partorito un topolino così rachitico (lo statuto “speciale”) che persino Lussu, padre putativo di tutto il movimento nazionale sardo, lo aveva rinnegato nella culla. Non senza aver prima deluso e abbandonato la massa di seguaci che lo attendevano come un liberatore della patria. Nessuna liberazione, per la nazione fallita. Poi, negli anni immediatamente seguenti, succedono un po’ di cose: disinfestazione a base di DDT, finanziata dalla fondazione Rockefeller; dissoluzione della rete di credito cooperativo a favore della concentrazione in un sistema “statale” quasi monopolistico; installazione e imposizione di poligoni e servitù militari; Piano di Rinascita fondato sull’industria pesante, petrolifera e chimica; avvio del turismo d’elite, non collegato col tessuto produttivo e culturale locale. A questo si affiancava, sul fronte interno, l’evidente conformismo della classe politica isolana, che era riuscita a neutralizzare o ad espellere come un corpo estraneo la componente nazionale e tendente all’autodeterminazione; la passività verso le scelte calate dall’alto e l’omertà verso quelle più problematiche e difficilmente accettabili dall’opinione pubblica (servitù militari in primis); l’uso della Sardegna come bacino elettorale per garantirsi una carriera politica in Italia; la sistematica complicità con i tentativi di disarticolazione produttiva e culturale locale, dal consenso alla relazione della commissione parlamentare Medici (sulla criminalità, 1972, lo stesso anno dei sommergibili americani alla Maddalena), alla richiesta di tutela e interventi straordinari, anche militari (contro il banditismo, ovviamente), all’accettazione dell’esclusione della lingua, della storia e della cultura sarde dalle scuole e dalle università. A parte ragioni di tornaconto di classe, di pochezza politica, di mediocrità etica, bisogna considerare anche lo scenario internazionale in cui tutto ciò va inserito. Per quanto piccola, la Sardegna occupa una posizione geografica che solo lo sguardo miope e strabico, oltre che interessato, della pretesa classe dirigente sarda può considerare “periferica”. La Sardegna non è mai stata periferica in nessuna epoca storica e nemmeno preistorica. Questa è una tipica manifestazione di egemonia culturale: farci credere qualcosa che non è né è mai stato vero e farcelo metabolizzare fino a farcelo sentire nostro, a farcelo esprimere “spontaneamente”. Perché noi siamo bassi, siamo incapaci di lavorare, siamo testardi e orgogliosi, siamo di poche parole, ma per fortuna siamo ospitali. E via enumerando cliché. Se poi ti capita di leggere qualcosa come questo pezzo di Piero Mannironi, il quadro si arricchisce di particolari che lo rendono decisamente più intellegibile. Ne riporto solo un estratto: Per arrivare a capire il perché la Sardegna abbia avuto un’importanza strategica di primo piano dopo la Seconda guerra mondiale, è importante andare a rileggere alcuni documenti del Pentagono, desecretati negli ultimi anni. Si ha la prova così che, per quasi mezzo secolo, l’isola è stata un perno strategico nel fronte virtuale di una guerra mai dichiarata. Senza saperlo, infatti, la Sardegna era considerata dal Pentagono, fin dal lontano aprile del 1954, «a pivotal geographic location». Ovvero il cuore, il punto critico, del sistema politico-militare, creato dall’alleanza atlantica nello scenario europeo. Di più: l’accordo di reciproco impegno, firmato il 26 novembre del 1956, tra il Sifar (l’allora servizio segreto militare italiano) e la Cia era basato «da parte statunitense, sul presupposto che i piani dello Stato maggiore della Difesa italiano prevedessero «l’attuazione di tutti gli sforzi per mantenere l’isola di Sardegna». Il grande interesse di Washington è poi confermato anche da una nota della Cia del 7 ottobre del 1957, nella quale si legge: «La Sardegna è considerata nei piani di guerra degli Usa». Insomma, ci sarà da fare i conti anche con questi elementi, nel nostro processo di emancipazione storica e politica. Inutile sperare di no. Niente di sorprendente, intendiamoci, almeno per chi si occupi di storia. I rapporti di forza, i grandi interessi delle classi dirigenti o dominanti delle porzioni più avvantaggiate del pianeta, hanno sempre giocato un ruolo decisivo nella storia umana. Ma renderlo esplicito a un pubblico più vasto può contribuire ad accrescere il senso critico e la consapevolezza diffusa sulle questioni in campo. La stessa declinazione populista, folcloristica, movimentista di certo indipendentismo sardo, sia del passato sia di questi giorni, è del tutto funzionale a un disegno di normalizzazione e dominio che non ha mai smesso di essere attuale. Una terra di suo non abbastanza piccola né abbastanza spopolata per poter essere controllata attraverso semplici strumenti politici e/o di polizia deve essere anche depotenziata nelle sue possibilità economiche, politiche e culturali. Lasciare libero sfogo a testimonianze ideali fini a se stesse, magari alla fin fine dannose per la credibilità dei propri stessi argomenti, fa parte del gioco. Così come ne fa parte a maggior ragione la depressione economica indotta (vertenze aperte in tutti i settori), l’isolamento fisico (questione trasporti), la deprivazione storica (festeggiamenti compulsivi del 17 marzo). Senza indulgere in complottismi sciocchi e improduttivi, semplicemente meditiamoci su. Omar Onnis

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LA SARDEGNA SENZA PASTORI, SENZA TURISMO MA CON LE SERVITU’ MILITARI ITE SARDINIA? SENE PASTORIS, SENE TURISMU, SENE PISCARORIS!

Eusu cumentzau chistionendi de sa partira de pallacanestru (bòcia in canistu) chi sa squadra de Tatari ari giogau inoi in Biella e bintu ,cun prexu nostu mannu mera. Seusu andaus prus de centu cun i bandelas sardas a fai tifu, nosu de su Circulu “Su Nuraghe” si seus postus impari a is tifosus arribaus de Tatari po incoraggiai sa squadra sarda. Cambiaus arrexioni e discuteus de su movimentu de is pastoris sardus chi funti andaus a Roma a si chesciai de su pretziu de su lati si du paganta troppu pagu e non ci da fainti prusu a andai ainnantis, impresas meras nanca funti serrendi, poita cun su chi di si onanta no paganta mancu i s'ispesas e funti acarrexaras de depiru. Du s'anti trataus peus de is clandestinus, e is politicus sardus citius. Sa chescia prus manna deus fatta po acomenti anti aumentau tontesamenti is pretzius de i billetus po andai e torrai de sa Sardinia, si sighinti aici, mancai siausu in Italia, feusu sa fini de is chi funti emigraus in Australia e in America ca, si non funti diventaus arriccus, no torranta prusu poita costara tropu su viagiu. Su chi spantara a nosu emigraus est ca i sardus residentis no si chescianta po nuda, pensanta ca no dusu ariguardara, su fatu ca funti pagus is famiglias chi no teninti a su mancu unu parenti emigrau pariri chi non bastiri a movi sa chescia. De chini guvernara, presente e pasato e cun pagu sperantza fintzas po is tempus chi anta sighiri, melus a no fai tropu cunfiantza; candu anti sartau su mari po pregontai diritus po sa Sardinia, cun su rei o cun is presidentis, sempri cun su capeddu in manus e a conca bascia. A nosu de i circulus sardus in continenti, si nanta in is azentzias, ca funti rinuncendi sardus e

continentalis poita ca su viagiu costara tropu, a sa faci de su rilanciu de su turismu. Is politicus du scinti ca no bastara a andai a Milanu o a Tokio a fai promotzioni, cussu serbiri po si fai i viagetus a turnu. Su chi era serbiri de diaderus est su pretziu de is viagius po is pressonas e sa merce, possibili chi no du cumprendanta narara Baroi. E chi invecisi danti cumprendiu beni de diora? Provai a pensai a sa Sardinia sene pastoris, sene piscaroris, sene turismu, totus foras de is butarigas, cali logu prus belu po cresci i servituris miltaris italianas e internatzionalis, cai logu prus siguru po duas o tresi centralis nuclearis, e no si depinti scimingiai mancu po su stoccagiu de is iscorias cun totus i minieras becias chi di funti. Po si torrai a serenai pigara su fuedhu Biagiu, custa borta si bolu chistionai de sa possidentzia e de su proprietariu a s'antigoriu ma no si penseisi chi siara preistoria ca du s'a conotus ancora aiaiu miu. Funta tempus de famini po chini depiara tirai ainantis fendi calincuna giorronara candu agatara de da fai. Biagiu du scriri sempri melus de mimi, chini boliri tenni sa curiosirari esu prexeri ligiri su chi sighiri scrittu de issu. Po parti mia si saluru a nomini de totus is chi eus partecipau a custa arexionara. Pieru Pinna

Abbiamo incominciato la chiacchierata parlando della partita di pallacanestro che la “Dinamo Sassari” ha giocato e vinto qui in Biella contro l'”Angelico”, una bella soddisfazione; noi del circolo "Su Nuraghe"di Biella eravamo più di cento, con le bandiere sarde e ci siamo uniti ai tifosi arrivati da Sassari per sostenere la squadra sarda. Si introduce un altro argomento e parliamo del Movimento dei Pastori sardi che sono andati a Roma a protestare per il basso prezzo del latte, glielo pagano troppo poco e non ce la fanno più a tirare avanti, tante aziende stanno chiudendo perché con il prezzo attuale non coprono neanche le spese di produzione e sono sommerse dai debiti, appena sbarcati li hanno bloccati nei pullman e scortati di nuovo fino alla nave, trattati peggio dei clandestini, e i politici sardi silenzio totale. Abbiamo in molti palesato il nostro sconcerto per l'aumento scriteriato e ingiustificato che hanno applicato ai biglietti da e per la Sardegna; se continuano questi soprusi, anche se siamo in Italia, facciamo la stessa fine di coloro che sono emigrati in Australia o in America che, se non sono diventati ricchi non sono più tornati perchè il viaggio costa troppo. Quello che dispiace a noi, sardi emigrati, è che la protesta dei sardi residenti è troppo scarsa; pensano che non li riguarda, anche se son poche le famiglie che non hanno un parente emigrato non basta per svegliarli dal torpore politico. Dagli amministratori è meglio non aspettarsi troppo, i governanti sardi del passato, del presente e temo anche del futuro, quando si sono recati dal re o dai presidenti per perorare i diritti della Sardegna si sono sempre presentati con il cappello in mano e la testa china. A noi dei circoli sardi della penisola risulta, lo dicono le agenzie di viaggio, che le rinunce sono sia dei sardi che dei continentali; alla faccia del rilancio del turismo. Andare a presentare la Sardegna in giro per il mondo, senza intervenire sui prezzi dei biglietti serve solo a farsi qualche viaggetto a turno; possibile che non lo capiscano chiede Salvatore. Il dubbio è che l'abbiano capito fin troppo bene, avessero pensato ad una Sardegna senza pastori, senza pescatori, senza turismo, tutti fuori dai “marroni”, pecore e "pecoroni", quale posto più bello per aumentare la servitù militare, italiana e internazionale, quale luogo più sicuro per costruire due o tre centrali nucleari e non dovrebbero ammattirsi troppo per lo stoccaggio delle scorie con tutte le vecchie miniere abbandonate che ci sono. Piero Pinna

Page 12: TIP 340 Aprile 2011win.circolonuovasardegna.it/tottusinpari/TIP 340 Aprile 2011.pdf · E’ il “pianeta” Claudia Zedda che desidero raccontare e far conoscere. E le sue parole,

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LA VOCE DELL’UNESCO: NON E’ POSSIBILE CHE SOLO BARUMINI FIGURI NELL’ELENCO. E GLI ALTRI? TUTTI I NURAGHI PATRIMONIO DELL’UMANITA’

La Sardegna ha circa settemila nuraghi, molti rimasti maestosamente in piedi: come mai uno solo, quello di Barumini, è considerato dall'Unesco monumento da salvaguardare? In altre parole: l'intero complesso nuragico è da dichiarare patrimonio dell'umanità. La proposta parte dall'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura: cioè proprio dall'Unesco. L'ha portata all'attenzione degli studiosi Dario Seglie (nella foto), il rappresentante della Federazione internazionale archeologica nella Direzione generale dell'Unesco a Parigi. Il professor Seglie (archeologo di levatura mondiale) ha parlato in video al pubblico accorso nei giorni scorsi a Palazzo Regio per seguire il convegno sulle problematiche dell'Isola Mito sollevate dal giornalista Sergio Frau con la sua teoria di una civiltà sarda "padrona" del Mediterraneo nel secondo millennio prima di Cristo. La sua presenza virtuale ha aggiunto autorevolezza a quella «idea rivoluzionaria di Frau che, dopo una levata di scudi, trova oggi una convergenza di interessi scientifici». Così egli afferma, sottolineando che, grazie al giornalista, si sta facendo strada l'archeologia del paesaggio, «un concetto che in Italia ha tribolato un po'a prendere piede»: non si studia più il singolo nuraghe o il singolo sito archeologico, ma «si devono studiare le

connessioni territoriali, capire le trasformazioni antiche del territorio», che sono il risultato di ciò che vediamo oggi. Le parole di Seglie, tutto sommato, non sorprendono. Spetta alla Sardegna, ora, darsi da fare perché si realizzi l'idea così formulata: «La Sardegna ha un patrimonio unico al mondo, che è l'insieme nuragico. Eppure, lo dico come rappresentante presso l'Unesco, l'unico "monumento" è Barumini… Non è possibile che sia solo Barumini, quando abbiamo migliaia e migliaia di nuraghi! Va bene… poi mi commuovo… Avete capito qual è il messaggio». Messaggio colto dal pubblico. Così come lascia traccia importante quello di Mounir Bouchenaki, già vicedirettore dell'Unesco per la cultura: «Ho seguito sin dal suo inizio l'affascinante ipotesi dell'amico Sergio Frau che vede spostati più in qua dello stretto di Gibilterra gli antichi confini della "fine del mondo" e l'orizzonte immaginario della mitica isola di Atlante. Tale ipotesi riporta l'antica Ichnusa al centro delle rotte di navigazione del Mediterraneo, come propongono i risultati ad oggi dello studio di Frau nelle antiche fonti e attraverso contributi di geofisici e geologi rendono credibile l'ipotesi del disastro che potrebbe aver colpito la Sardegna in un'alba tragica del XII secolo avanti Cristo». Già: cos'è l'alba tragica della fine del secondo millennio avanti Cristo? Che può essere avvenuto di così catastrofico da cancellare le torri di pietra dell'alto e basso Campidano? Uno tsunami abbattè la civiltà nuragica, secondo l'ipotesi di Frau che non pochi specialisti stanno cautamente avvalorando. La Sardegna non è terra sismica, ma è esposta ai maremoti. A Palazzo Regio Lucia Simone ha illustrato i risultati di rilevamenti che giungono dall'Università di Sassari (Vincenzo Pascucci e Stefano Andreucci): massi di formazione marina scaraventati nell'entroterra settentrionale da onde alte almeno 7 metri. Altri blocchi marini - prove di tsunami - sono stati trovati sulle coste occidentali (Giuseppe Mastronuzzi). Paolo Orrù, geofisico marino dell'Università di Cagliari, ha parlato di frane nei fondali del Golfo degli Angeli. Ma secondo il geofisico Stefano Tinti, la disastrosa inondazione di tremila anni fa fu provocata dalla caduta di un meteorite. Una valanga d'acqua potrebbe avere travolto Campidano e Marmilla. Da qualche mese geologi, geofisici, sedimentologi, esperti di salinizzazione perlustrano le pianure alla ricerca di conferme. E gli tsunamologhi adesso si mostrano molto interessati. Così una battuta del professor Tinti: «C'è una Sardegna prima di Frau e una Sardegna dopo Frau». Mauro Manunza – Unione Sarda

Nel prossimo numero il programma de “Sa die de sa Sardigna” a Monza che si svolgerà

il 7 e l’8 maggio con i circoli degli emigrati sardi della Lombardia