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[Traduzione non ufficiale dall’originale francese] QUINTA SEZIONE CAUSA ASSOCIAZIONE TESTIMONI DI GEOVA c. FRANCIA (Ricorso n. 8916/05) SENTENZA (Merito) STRASBURGO 30 giugno 2011 Questa sentenza diventerà definitiva alle condizioni definite nell’articolo 44 § 2 della Convenzione. Potrà subire alcune modifiche formali.

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[Traduzione non ufficiale dall’originale francese]

QUINTA SEZIONE

CAUSA ASSOCIAZIONE TESTIMONI DI GEOVA c. FRANCIA

(Ricorso n. 8916/05)

SENTENZA (Merito)

STRASBURGO

30 giugno 2011

Questa sentenza diventerà definitiva alle condizioni definite nell’articolo 44 § 2 della Convenzione. Potrà subire alcune modifiche formali.

SENTENZA (MERITO) ASSOCIAZIONE TESTIMONI DI GEOVA C. FRANCIA 1

Nella causa Associazione Testimoni di Geova c. Francia, La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (quinta sezione), riunita in una

camera composta da: Dean Spielmann, Presidente, Elisabet Fura, Jean-Paul Costa, Karel Jungwiert, Mark Villiger, Isabelle Berro-Lefèvre, Ganna Yudkivska, giudici, e da Claudia Westerdiek, cancelliere di sezione,

Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 24 maggio 2011, Pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:

PROCEDURA

1. All’origine della causa vi è un ricorso (n. 8916/05) proposto contro la Repubblica Francese da un’associazione francese, l’associazione Testimoni di Geova (“la ricorrente”) che ha adito la Corte il 24 febbraio 2005 ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali (“la Convenzione”).

2. La ricorrente è stata rappresentata dall’avvocato P. Goni, di Parigi. Il governo francese (“il Governo”) è stato rappresentato dalla sua agente E. Belliard, direttrice degli affari giuridici presso il Ministero degli Affari Esteri.

3. La ricorrente sosteneva, in particolare, che l’imposizione fiscale sulle donazioni manuali a cui era stata assoggettata violava il suo diritto a manifestare ed esercitare la propria religione garantito dall’articolo 9 della Convenzione.

4. Con due decisioni del 17 giugno 2008 e del 21 settembre 2010, la Corte ha dichiarato il ricorso parzialmente irricevibile.

5. Sia la ricorrente che il Governo hanno depositato osservazioni scritte sul merito della causa (articolo 59 § 1 del Regolamento). Sono state ugualmente ricevute le osservazioni della “European association of Jehovah’s christian witnesses”, ammessa dal Presidente ad intervenire nella procedura scritta (articoli 36 § 2 della Convenzione e 44 § 2 del Regolamento).

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IN FATTO

I. LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE

A. Dati relativi alla causa

6. La ricorrente, l’associazione “I Testimoni di Geova”, è un’associazione francese con sede a Boulogne-Billancourt. Rappresenta uno degli organi nazionali del movimento dei Testimoni di Geova di cui fanno parte anche alcune associazioni locali. 7. La ricorrente è soggetta al regime previsto dalla legge del 1901. È stata registrata il 16 settembre 1947 dal Ministro dell’Interno. Ai sensi dell’articolo 2 del suo Statuto,

“l’Associazione ha lo scopo di portare il proprio contributo al mantenimento e all’esercizio del culto dei Testimoni di Geova. Essa è tesa soprattutto ad assicurare l’edizione, la stampa e la diffusione dei suoi insegnamenti tramite pubblicazioni, riviste, conferenze e qualsiasi altro prodotto stampato o audiovisivo. Essa provvederà alle spese e al mantenimento dei ministri, dei proclamatori e dei missionari. Essa potrà inoltre fornire aiuto e assistenza a ogni associazione che persegue il medesimo obiettivo in Francia o all’estero. Essa ha facoltà di acquistare, prendere in affitto o costruire immobili o terreni che possano servire a conseguire gli obiettivi fissati e, in linea generale, concludere qualsiasi operazione di beni mobili o immobili collegata al suo oggetto. Il funzionamento dell’associazione sarà regolato dal presente Statuto; esso dovrà inoltre continuare ad essere in armonia con i precetti del culto dei Testimoni di Geova”.

Affermando di contare più di diciassette milioni di praticanti a livello mondiale, di cui più di duecentocinquantamila in Francia, i Testimoni di Geova si definiscono una religione cristiana la cui fede è interamente basata sulla Bibbia.

8. La ricorrente sostiene di aver acquisito, nel corso di decenni e conformemente al suo scopo, gli immobili necessari al suo funzionamento. Questi edifici costituiscono la “Betel” dei Testimoni di Geova in Francia (dal termine ebraico che significa “casa di Dio”). Situata in principio a Parigi, la “Betel” si trova attualmente a Louviers e costituisce la sede delle attività religiose. Si tratta di diversi edifici e terreni. Il finanziamento del culto si basa, come tutte le attività dei Testimoni di Geova, sulla partecipazione volontaria, sulla base della quale ognuno determina personalmente la quantità e la frequenza delle proprie “offerte” religiose. Queste, essendo parte del culto come lo è la preghiera, hanno un carattere sacro.

9. Nel rapporto parlamentare dal titolo “Le sette in Francia”, reso pubblico il 22 dicembre 1995 e ampiamente diffuso, i Testimoni di Geova furono indicati come movimento settario. A tale rapporto avrebbe fatto

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seguito, secondo la ricorrente, una serie di misure eccezionali contro i movimenti definiti “sette” finalizzata principalmente all’emarginazione dei Testimoni di Geova in tutti gli ambiti della società.

10. In questo contesto, la ricorrente fu oggetto di un’ispezione fiscale che iniziò il 28 novembre 1995 e durò fino al 18 febbraio 1999. Al termine di tale verifica, la natura non lucrativa delle attività della ricorrente fu confermata. Al momento della discussione sul rapporto della Commissione di Indagine sulle Sette all’Assemblea Nazionale, l’8 febbraio 1996 ( Journal Officiel del 9 febbraio 1996), il Ministro del Bilancio si espresse come segue:

“(…) Ringrazio innanzi tutto il relatore di aver, con il suo eccellente rapporto, reso omaggio ai servizi fiscali la cui azione ha permesso più volte una certa repressione delle attività delle sette. (…). Al di là del controllo fiscale, le conseguenze possono essere ancora più serie. Il controllo può, in effetti, portare a procedure di regolamentazione giuridica o a delle azioni penali contro i responsabili di una setta, azioni che possono destabilizzare il funzionamento dell’associazione, se non addirittura obbligarla a cessare le proprie attività sul nostro territorio. Il controllo fiscale può quindi costituire la prima tappa di un processo che porta alla disorganizzazione profonda di una setta o alla sua dissoluzione (…)”.

B. Procedura fiscale

11. Dal 24 gennaio al 18 marzo 1997, i rappresentanti dell’amministrazione fiscale procedettero all’acquisizione informatica dei dati riguardanti le “contribuzioni” ricevute dalla ricorrente dal 1993 al 1996. Il 24 gennaio 1997, la Direzione dei servizi fiscali degli Hauts-de-Seine Sud notificava alla ricorrente un’intimazione a dichiarare le donazioni manuali contabilizzate nel periodo 1993-1996 nei libri contabili alla voce “contribuzioni”. Questa notifica precisava che le “donazioni manuali rivelate all’amministrazione fiscale dovevano essere soggette all’imposta sui trasferimenti a titolo gratuito alle stesse condizioni delle altre donazioni (articolo 757 comma 2 del Codice Generale delle Imposte (CGI)). Avrete a disposizione un periodo di un mese a partire dalla data di ricezione della presente comunicazione per dichiarare tali donazioni e procedere alla registrazione presso l’Ufficio delle Imposte mediante la dichiarazione 2735 (articolo 635 a del CGI)” (paragrafo 29 infra). Con una lettera del 18 febbraio 1997, la ricorrente contestava la fondatezza di tale richiesta e rifiutava di ottemperarvi.

12. Il 26 giugno 1997, la ricorrente riceveva quattro ingiunzioni a presentare le dichiarazioni relative alle donazioni manuali ricevute negli anni 1993-1996. A queste ingiunzioni venivano allegate le specifiche risultanze dell’accertamento effettuato dai servizi fiscali indicanti tutte le somme percepite dalla ricorrente nel corso di quegli anni a titolo di “contribuzioni” (ossia 1.092 pagine), nella somma di 182.650.833 franchi

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francesi (FRF) (27.844.939 euro (EUR)) per gli anni 1993-1995 e 67.929.027,71 FRF (10.355.713 EUR) per gli anni 1995-1997. Secondo il Governo, il totale delle risorse dell’associazione ricorrente nel periodo che va dal 1° gennaio 1993 al 31 dicembre 1996 ammontava a 42.490.374 EUR, di cui 38.200.653 EUR provenienti dalle donazioni.

13. In seguito al ricorso della ricorrente in cui veniva chiesta l’applicazione dell’esenzione prevista dall’articolo 795-10° del CGI in base al quale sono esenti dall’imposta sui trasferimenti a titolo gratuito le donazioni e i lasciti fatti alle associazioni di culto, alle unioni di associazioni di culto e alle congregazioni autorizzate (paragrafo 29 infra), il 13 marzo 1998 l’amministrazione fiscale rispondeva quanto segue:

“(…) non avendo a tutt’oggi ricevuto alcuna autorizzazione prefettizia o ministeriale a ricevere donazioni o lasciti in franchigia di imposta sui trasferimenti a titolo gratuito, non può beneficiare delle disposizioni dell’articolo 795-10°”.

14. Il 14 marzo 1998, alla ricorrente fu notificato l’avvio, per mancata dichiarazione, di una procedura d’imposizione fiscale d’ufficio sulle donazioni manuali di cui aveva beneficiato e “che sono state rivelate all’amministrazione fiscale durante l’ispezione contabile di cui è stata oggetto” ai sensi dell’articolo 757 comma 2 del CGI. Le veniva notificato un accertamento per omessa dichiarazione per un importo pari a 22.920.392 EUR a titolo principale e a 22.418.848,84 EUR a titolo di sanzioni e di interessi di mora. In conformità all’articolo 777 del CGI (paragrafo 29 infra), l’aliquota di imposta sui trasferimenti a titolo gratuito tra soggetti non parenti veniva fissata al tasso del 60% sul netto imponibile. Per di più, in applicazione dell’articolo 1728 del CGI, la maggiorazione dovuta alla mancata presentazione della dichiarazione era dell’80%. La notifica precisava infine che “l’esenzione dall’imposta sui trasferimenti a titolo gratuito prevista dall’articolo 795-10° del CGI relativa alle donazioni manuali e ai lasciti fatti alle associazioni di culto, alle unioni di associazioni di culto e alle congregazioni autorizzate non è applicabile nel vostro caso. La vostra associazione, infatti, non ha ottenuto alcuna autorizzazione ministeriale o prefettizia a ricevere donazioni o lasciti esenti da imposta poiché non è stata ritenuta, dalle autorità, un’associazione di culto ai sensi della legge del 9 dicembre 1905. L’esenzione prevista dall’articolo 795-10° riguarda solo le associazioni riconosciute come associazioni di culto”.

15. Con un’ordinanza del 5 giugno 1998, il giudice dell’esecuzione del tribunale di Nanterre autorizzò “il Tesoriere di Boulogne-Billancourt a procedere al sequestro conservativo dei beni mobili di proprietà [della ricorrente] a Louviers”, fissò la somma di 175.000.000 FRF (26.678.578 EUR) per la quale “verranno prese le misure destinate a recuperare il credito dell’amministrazione” e autorizzò l’iscrizione di un’ipoteca giudiziale provvisoria su beni situati in vari luoghi.

16. Il 18 gennaio 1999 l’Ufficio delle Imposte notificava alla ricorrente un avviso di riscossione per un importo totale di 297.403.534 FRF

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(45.338.875 EUR secondo la seguente specifica: imposte 22.920.392 EUR, sanzioni (maggiorazione dell’80%) e interessi di mora: 22.418.483 EUR).

17. Il 28 gennaio 1999, la ricorrente presentò un reclamo ufficiale ai servizi fiscali. Asseriva che l’accertamento per omessa dichiarazione violava l’articolo 757 del CGI “poiché nel corso delle operazioni di controllo della nostra contabilità non abbiamo mai rivelato, volontariamente e unilateralmente, donazioni manuali in modo spontaneo”. Essa sosteneva a titolo sussidiario di aver diritto all’esenzione dall’imposta sui trasferimenti così come previsto dall’articolo 795-10° del CGI.

18. In data 29 settembre 1999 il direttore dei servizi fiscali degli Hauts-de-Seine Sud respinse tale ricorso. A suo avviso le donazioni manuali erano state rivelate in occasione della verifica contabile e pertanto l’imposizione fiscale era conforme all’articolo 757. Per quanto riguarda la natura di culto della ricorrente, il direttore sostenne che “l’applicazione della suddetta esenzione è subordinata al riconoscimento dell’associazione da parte dell’autorità amministrativa competente come associazione il cui unico scopo è il culto o come congregazione religiosa. Il fatto che l’associazione ‘I Testimoni di Geova’ faccia riferimento nel suo Statuto alla legge del 9 dicembre 1905 relativa alla separazione tra Chiesa e Stato attribuendosi la definizione di associazione religiosa è privo di rilevanza rispetto all’applicazione dell’imposta sui trasferimenti a titolo gratuito dal momento che il Ministro dell’Interno non le ha concesso alcun riconoscimento, né come congregazione religiosa né come associazione avente scopo di culto. Di conseguenza, le donazioni e i lasciti a favore dell’associazione non possono beneficiare dell’esenzione prevista dall’articolo 795-10o del CGI (...)”.

19. La ricorrente citò in giudizio il direttore dei servizi fiscali degli Hauts-de-Seine Sud davanti al tribunale di primo grado di Nanterre.

20. Con sentenza pronunciata il 4 luglio 2000, il tribunale rigettò tutte le richieste della ricorrente. Ritenne che, presentando la propria contabilità all’amministrazione fiscale per l’ispezione di cui era stata oggetto, la ricorrente avesse rivelato le donazioni manuali ricevute ai sensi dell’articolo 757 comma 2 del CGI ed era quindi tenuta a farne dichiarazione nel termine di un mese. In mancanza di tale dichiarazione, la ricorrente si era resa soggetta alla procedura d’imposizione fiscale d’ufficio che era stata intrapresa. Il tribunale stabilì in seguito che non vi erano le basi perché la ricorrente beneficiasse delle esenzioni previste dall’articolo 795-10° del CGI. La ricorrente ricorse in appello.

21. Con una sentenza emessa il 28 febbraio 2002, la Corte d’Appello di Versailles confermò la precedente sentenza in tutti suoi capi e respinse ogni ulteriore istanza della ricorrente.

Sull’applicabilità dell’articolo 757 del CGI, la Corte d’Appello si pronunciava come segue:

“Considerato [che esso] si applica indiscutibilmente ad ogni persona, fisica o giuridica e che, in assenza di limitazioni contemplate dal legislatore, non sarebbe

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possibile applicarlo alle sole persone fisiche, escludendo le persone giuridiche tra cui le associazioni, senza violare l’uguaglianza di tutti di fronte all’imposta e operare in tal caso una discriminazione tra i contribuenti non auspicata dal legislatore;

Considerato che è consentito all’autorità amministrativa di utilizzare le informazioni raccolte nel corso di un’ispezione contabile al fine di procedere a degli accertamenti sull’imposta di registro;

Considerato che le somme contabilizzate dall’associazione sono, ai sensi dell’articolo 757 del CGI, donazioni manuali e non possono assumere altra qualifica, non essendoci affatto antinomia con quella di contribuzioni o questue dal momento che si tratta di trasferimenti di mano in mano di beni mobili suscettibili di essere acquisiti tramite semplice consegna; considerato che l’esercizio di un culto per il quale i donanti hanno voluto contribuire non può essere motivo sufficiente a determinare l’onere che grava su una donazione ed eliminare lo spirito liberale che anima in modo evidente i benefattori; che, infine, la modicità della donazione non è sufficiente a escludere la qualifica di liberalità;

Considerato che, con l’introduzione dell’articolo 15 nella Legge Finanziaria del 30 dicembre 1991, il legislatore intendeva rendere soggette ad imposta sui trasferimenti le donazioni manuali rivelate e modificava così il regime fiscale applicabile alle donazioni manuali aggiungendo un nuovo caso di imposta ai precedenti indicati nel comma 1 dell’articolo 757 del CGI;

Considerato che nello stato di diritto positivo le donazioni manuali sono soggette a imposizione fiscale solamente qualora: il donatario o i suoi rappresentanti producano un documento che attesti l’esistenza della donazione manuale; la donazione sia oggetto di un riconoscimento giudiziario e, infine, qualora il donatario riveli all’amministrazione le donazioni manuali;

Considerato che (…) non vi è alcun obbligo di rivelare le donazioni manuali, e che quindi il fatto generatore dell’imposizione fiscale non è la donazione in se stessa ma la rivelazione che ne fa il donatario; (…)

Considerato che l’unica domanda che può sorgere è se, presentando la propria contabilità all’autorità amministrativa che ne faccia richiesta, il contribuente rivela le donazioni ricevute, ai sensi dell’articolo 757 comma 2, e si sottopone pertanto all’obbligo di dichiararle nel termine di un mese dalla suddetta presentazione; se, in altri termini, ci possa essere rivelazione diversa da quella mossa da una manifestazione spontanea del contribuente di rivelare le donazioni ricevute;

Considerato che, chiaramente, l’autorità amministrativa non può produrre altro documento scritto se non quello contenente gli elementi rilevati dalla contabilità prodotta dal donatario e che racchiude tale rivelazione;

Considerato che se l’assenza di obbligo legale di rivelare e dichiarare la donazione potrebbe contraddire la previsione di una rivelazione diversa da quella volontaria, l’articolo 757 non presenta nessuna indicazione sulle modalità o sulle circostanze di tale rivelazione;

Che, in ogni caso, la rivelazione deve essere contenuta in un documento scritto dal donatario, e risultare da un atto positivo, considerato che la ricevuta di donazione rilasciata al donante non è idonea al fine dichiarativo;

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Considerato che l’articolo 757 non opera alcuna distinzione tra le dichiarazioni e i riconoscimenti giudiziari, i quali non sempre implicano l’ammissione spontanea della donazione da parte del donatario, previsti al comma 1, e la rivelazione del donatario prevista al comma 2;

Che, dal momento in cui, in conformità all’obbligo legale a cui deve sottostare, l’associazione presenta la propria contabilità nell’ambito di un’ispezione regolarmente condotta dall’amministrazione fiscale (documentazione che, anche se la sua tenuta fosse obbligatoria, costituisce attestazione scritta prodotta dal donatario) questa assume valore di rivelazione ai sensi dell’articolo 757 comma 2. Tale documento, infatti, indica la qualifica attribuita dal donatore alle somme contabilizzate, elemento determinante, provata la realtà della donazione, per il regime fiscale applicabile all’operazione; che un tale approccio non è contrario al contenuto della circolare del 5 aprile 1993 nella quale si precisa che la rivelazione è materialmente costituita dalla menzione della donazione nelle risultanze scritte del donatario nell’ambito di una verifica della sua situazione fiscale, essendo il motivo contemplato quello di dare risposta a un’indagine dell’autorità amministrativa sull’origine dei fondi che il contribuente può non aver qualificato come donazioni manuali; che, nella fattispecie, il silenzio dell’associazione in risposta alle notifiche non è sufficiente ad annullare la rivelazione delle donazioni come espressa nella contabilità fornita all’amministrazione, ma rappresenta unicamente il rifiuto di ottemperare all’obbligo di dichiarazione;

Considerato che è irrilevante che la rivelazione sia spontanea, fortuita o indotta; che la rivelazione della donazione deve avere come unica origine la volontà del donatario; che è sufficiente che risulti da un atto del donatario nel quale venga fatta menzione della donazione manuale per costituire il fatto generatore che rende quindi obbligatoria la dichiarazione, in mancanza della quale il donatario è soggetto alla imposizione fiscale d’ufficio;

Considerato infine che è poco realistico presumere che il legislatore abbia voluto lasciare al donatario che rivela una donazione manuale tramite documento scritto la scelta di sottoporsi o meno all’imposizione fiscale una volta rivelata la donazione, nella fattispecie all’amministrazione fiscale;

Considerato che, benché non si neghino le conseguenze della riforma introdotta dal legislatore per le associazioni le cui risorse derivano principalmente dalla generosità dei propri sostenitori, aderenti o simpatizzanti, non compete al giudice cambiare o correggere la legge, per quanto essa sia inadeguata”.

Quanto all’esenzione prevista all’articolo 795-10° del CGI, la Corte d’Appello considera quanto segue:

“Considerato da una parte che l’associazione appellante non ha esibito alcuna autorizzazione ministeriale o prefettizia all’epoca del fatto generatore dell’imposizione fiscale, e che quelle esibite all’udienza e rilasciate dalle prefetture degli Hauts-de-Seine, Cher e Yvelines sono datate 2001, tali autorizzazioni, fossero anche state necessarie trattandosi in questo caso di donazioni manuali considerate non sottoposte a regime d’autorizzazione, sono ad ogni modo inoperanti, in particolare, quella rilasciata dal prefetto degli Hauts-de-Seine in quanto non riguarda l’associazione appellante; (…)

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Considerato che la natura dello scopo di culto deve essere assodata al momento del fatto generatore per richiedere di beneficiare dell’esenzione; che oltre al fatto che l’appellante non abbia dimostrato all’epoca di essere riconosciuta come associazione di culto, essa non produce comunque alcun elemento utile alla Corte per verificare la fondatezza della sua domanda di veder riconosciuta tale natura, non avendo neppure prodotto in udienza l’insieme delle norme interne che regolano la sua attività necessarie ad accertare che il suo scopo e le sue attività siano esclusivamente dedicati al culto, condizione prima per il riconoscimento dello status di associazione di culto; (…)

Considerato che l’associazione sottolinea, infine, le conseguenze giuridiche dell’imposizione fiscale contestata; che denuncia, per via dell’applicazione a cui viene sottoposta dalle disposizioni previste dall’articolo 757 del CGI, un sistema di carattere confiscatorio dato che le sole associazioni soggette a controllo fiscale sono quelle che possono essere automaticamente sottoposte a imposizione fiscale, che ritiene che da ciò risulti una forte imprevedibilità e insicurezza giuridica per il mondo associativo, cosa che pregiudica irrimediabile il suo diritto ad esistere;

Considerato tuttavia che l’imposizione fiscale di cui sopra non è che il risultato dell’applicazione della legge a cui sono soggetti tutti i donatari, persone fisiche e giuridiche, e che le conseguenze finanziarie che ne derivano, per quanto pesanti, non possono essere considerate come il risultato di un comportamento leonino da parte dell’autorità amministrativa, che costituirebbe fonte di insicurezza e di imprevedibilità per ogni contribuente interessato; (…)”

22. La legge del 1° agosto 2003 relativa al mecenatismo, alle associazioni e alle fondazioni ha modificato l’articolo 757 del CGI aggiungendovi un comma secondo il quale l’articolo non si applica alle donazioni manuali a favore degli organismi di interesse generale menzionati all’articolo 200 (paragrafo 29 infra).

23. Nel dicembre 2003, la ricorrente aveva versato all’amministrazione fiscale la somma di 4.590.295 EUR.

24. La ricorrente ricorse in Cassazione. Nel secondo motivo contestava soprattutto la motivazione generica e astratta, pressoché di diritto, della Corte d’Appello e denunciava la violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione. Riferendosi in seguito agli articoli 6 § 1 e 9 della Convenzione, sosteneva, nel quarto motivo, che era di competenza della Corte d’Appello accertare la reale natura di associazione di culto asserita dalla ricorrente disponendo all’occorrenza la produzione dei documenti ritenuti necessari e, soprattutto, dello Statuto dell’associazione. Affermava inoltre di essere stata privata delle garanzie necessarie per l’effettivo godimento della libertà di professare un culto. Gli ulteriori motivi si basavano sulle disposizioni del diritto nazionale. Nel terzo motivo, la ricorrente contestava, in particolare, l’applicazione che era stata fatta nel suo caso dell’articolo 757 comma 2 del CGI.

25. Con sentenza pronunciata il 5 ottobre 2004, la Corte di Cassazione rigettò il ricorso. Nella sentenza, la Corte rilevò in particolar modo che:

“Sul secondo motivo:

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Considerato, innanzi tutto, che l’articolo 6 della legge del 1° luglio 1901 relativo al contratto di associazione prevede che ogni associazione regolarmente dichiarata possa ricevere, senza alcuna autorizzazione particolare, donazioni manuali e che, quindi, l’uso che si fa delle somme di denaro ricevute al fine di conseguire lo scopo indicato dallo Statuto dell’associazione non è di natura tale da privarle di questa qualifica;

Considerato inoltre che non risulta né dalle sue conclusioni, né dalla sentenza che l’associazione abbia sostenuto davanti la Corte d’Appello che, in virtù della loro frequenza periodica le somme percepite fossero destinate alle spese correnti e al funzionamento dell’associazione, ne consegue che il motivo considerato nel suo terzo punto è nuovo in fatto e in diritto, in quanto invita il giudice a pronunciarsi sulla regolarità dei versamenti ricevuti dall’associazione;

Considerato, in terzo luogo, che l’articolo 894 del Codice Civile non opera distinzioni in base al valore della cosa alienata, la Corte d’Appello ha deciso, giustamente, che la modicità delle somme donate non era sufficiente ad escludere la qualifica di liberalità che potrebbe esser attribuita loro, e non era pertanto tenuta a procedere alla ricerca inoperante prevista dal quarto punto del motivo;

Considerato in ultimo che, in risposta all’affermazione dell’associazione secondo cui il suo patrimonio è costituito esclusivamente dalle contribuzioni fatte dai fedeli della confessione per l’esercizio delle attività di culto, la Corte d’Appello ha evidenziato che le somme registrate dall’associazione nella sua contabilità sono donazioni manuali e che lo spirito liberale che animava gli autori non poteva essere escluso dal fatto che gli stessi volessero contribuire per le attività di culto; che la Corte d’Appello ha ritenuto autoritativamente, senza invertire l’onere della prova, che lo spirito liberale che animava i donanti era accertato e la sua decisione legalmente giustificata (…)

Sul terzo motivo:

Considerato che, avendo stabilito che l’articolo 757 comma 2 del Codice Generale delle Imposte, che prevede che la donazione manuale rivelata all’amministrazione fiscale dal donatario sia sottoposta all’imposta sulla donazione, non esige la rivelazione spontanea della donazione da parte del donatario, la Corte d’Appello ha tenuto in considerazione il fatto che il contribuente abbia presentato all’organo di controllo la propria contabilità, documentazione fornita dal donatario in cui erano registrate somme di denaro classificate come donazioni manuali, e ha deciso, a buon diritto, che tale presentazione della contabilità da parte dell’associazione, in occasione di un’ispezione regolarmente condotta dall’amministrazione fiscale, benché rappresentasse l’adempimento all’obbligo legale di redazione e presentazione dei documenti fiscali, ne rappresentava la rivelazione ai sensi del suddetto articolo 757, comma 2, a prescindere dalle eccessive ragioni di cui al secondo punto del motivo; (…)

Sul quarto motivo:

Considerato che, ai sensi dell’articolo 795-10° del Codice Generale delle Imposte sono esenti da imposta sui trasferimenti a titolo gratuito le donazioni e i lasciti fatti ad associazioni religiose, alle unioni di associazioni religiose e alle congregazioni riconosciute;

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Considerato che la Corte d’Appello ha constatato, con motivo non contestato, che l’associazione non ha dato prova di godere di autorizzazione ministeriale o prefettizia contestualmente al fatto generatore dell’imposizione fiscale, il motivo secondo cui il rifiuto di riconoscere all’associazione la qualifica di associazione di culto non poteva essere deciso dalla Corte d’Appello senza che fosse preliminarmente disposta la produzione dei documenti volti a stabilire tale qualifica, è inoperante; che il motivo non può essere accolto in nessun dei suoi punti; (…)”

C. Somme a debito della ricorrente

26. Il 28 gennaio 2006, la Direzione Generale delle Imposte notificò alla ricorrente un’ingiunzione per il pagamento immediato del debito restante, ovvero 40.907.849,81 EUR.

27. Con un’ingiunzione del 21 settembre 2007, la ricorrente ricevette la richiesta del pagamento della somma di 55.409.430,60 EUR di cui 14.633.914 EUR a titolo di interessi di mora.

28. Il 19 febbraio 2010, il Governo informò la Corte che la somma richiesta dall’amministrazione fiscale ammontava a 57.508.785 EUR così suddivisa: Imposte: 18.330.097 EUR; sanzioni per omesso versamento: 18.336.313 EUR; interessi per omissione di dichiarazione: 4.082.170 EUR; interessi per ritardato pagamento: 16.760.205 EUR.

II. IL DIRITTO E LE PRASSI INTERNE PERTINENTI

A. Disposizioni fiscali pertinenti

29. Gli articoli 757, 200, 635 A, 777 e 795 del CGI stabiliscono quanto segue:

Articolo 757 (come modificato dalla legge n. 91-1322 del 30 dicembre 1991 art. 15 II finanziaria per il 1992 Journal Officiel del 31 dicembre 1991)

“Gli atti contenenti la dichiarazione del donatario o dei suoi rappresentanti, o il riconoscimento giudiziario di una donazione manuale, sono soggetti all’imposta sulla donazione.

La stessa norma si applica qualora il donatario riveli una donazione manuale all’amministrazione fiscale”.

Una circolare dell’amministrazione fiscale del 13 aprile 1992 (7 G-3-92, pubblicata sul Bollettino Ufficiale delle Imposte il 29 aprile 1992) ha commentato l’articolo 15 della legge finanziaria per il 1992. Tale circolare è intitolata “Trasferimenti a titolo gratuito. Successioni. Aliquote e liquidazione. Liquidazione dell’imposta in caso di successivi trasferimenti a titolo gratuito tra le stesse persone. Termine di prescrizione di dieci anni per

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l’imposizione fiscale sulle donazioni. (…) Donazioni manuali. Imposizione fiscale delle donazioni manuali rivelate all’amministrazione”. Essa indica che la donazione manuale è soggetta a imposizione fiscale se è resa nota all’amministrazione fiscale soprattutto durante “un procedura di verifica”. Nel caso di specie, il tribunale di primo grado di Nanterre, la Corte d’Appello di Versailles e quindi la Corte di Cassazione hanno stabilito, per la prima volta, che la “rivelazione” di una donazione manuale può risultare dalla presentazione della contabilità da parte di un’associazione sottoposta a verifica. Tale conclusione è stata ribadita dalla Corte di Cassazione con due sentenze del 2007 (Cass. Com. 15 maggio 2007, n. 06-11-845 e 06-11-844) riguardanti rispettivamente L’Association des Chevaliers du Lotus d'or e L’Association cultuelle du Temple Pyramide, entrambe ricorrenti davanti la Corte (ricorsi n. 50471/07 e 50615/07).

La legge del 1° agosto 2003 relativa a mecenatismo, associazioni e fondazioni (paragrafo 40 infra) ha modificato l’articolo 757 del CGI aggiungendovi un comma supplementare:

“Queste disposizioni non si applicano agli organismi di interesse generale menzionati all’articolo 200”.

Articolo 200

“1. Danno diritto a una riduzione d’imposta sul reddito pari al 66% dell’importo le somme, nel limite del 20% del reddito imponibile, che corrispondono a donazioni e versamenti, compresa la rinuncia volontaria a entrate o compensi, effettuati dai contribuenti domiciliati in Francia ai sensi dell’articolo 4 B, a favore di:

a. Fondazioni o associazioni riconosciute di pubblica utilità (…);

b. Opere o organismi di interesse generale aventi carattere filantropico, educativo, scientifico, sociale, umanitario, sportivo, familiare, di culto, o che contribuiscono alla valorizzazione del patrimonio artistico (…);

e. Associazioni di culto e di beneficenza autorizzate a ricevere donazioni e lasciti, così come gli edifici pubblici di culto riconosciuti in Alsazia - Mosella”.

Articolo 635 A

“Le donazioni manuali di cui si parla al comma 2 dell’articolo 757 devono essere dichiarate o registrate dal donatario o dai suoi rappresentanti nel termine di un mese dalla data in cui il donatario rivela la donazione stessa all’amministrazione fiscale”.

Articolo 777

“L’imposta sui trasferimenti a titolo gratuito è fissata ai tassi indicati nelle tabelle qui di seguito, per quanto riguarda la quota netta spettante ad ogni beneficiario:

(...)

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Tabella III

Tariffa dell’imposta applicabile in linea collaterale per trasferimenti a favore di soggetti non parenti.

(...)

A favore di familiari oltre il 4° grado e di soggetti non parenti: 60%”

Articolo 795

“Sono esenti dall’imposta sui trasferimenti a titolo gratuito:

(...)

10º Le donazioni e i lasciti a favore di associazioni di culto, di unioni di associazioni di culto e di congregazioni autorizzate”;

B. Associazioni, donazioni manuali e altre liberalità

1. Associazioni

30. Ai sensi dell’articolo primo della legge del 1° luglio 1901 relativa al contratto di associazione, “l’associazione è l’accordo tramite il quale due o più persone uniscono, in modo permanente, le loro conoscenze o la loro attività con uno scopo non lucrativo. È regolata, quanto alla sua validità, dai principi generali del diritto applicabili ai contratti e alle obbligazioni”. L’articolo 5 di tale legge dispone che ogni associazione che desideri ottenere la capacità giuridica prevista dall’articolo 6 (paragrafo 35 infra) dovrà essere resa pubblica dai suoi fondatori e dovrà presentare una dichiarazione preliminare alla prefettura del dipartimento o alla sottoprefettura del distretto nel quale l’associazione abbia sede sociale. L’articolo 11 comma 2 di tale legge, applicabile al momento dei fatti, stabilisce che le associazioni riconosciute di pubblica utilità “possono ricevere donazioni e lasciti alle condizioni previste dall’articolo 910 del Codice Civile”. L’articolo 910 del Codice Civile stabiliva che le disposizioni tra vivi o mediante testamento avessero effetto solo se autorizzate da un regio decreto.

31. La legge del 9 dicembre 1905 relativa alla separazione tra Chiesa e Stato, nelle sue disposizioni pertinenti, si esprime come segue:

Articolo primo

“La Repubblica assicura la libertà di coscienza. Garantisce il libero esercizio del culto con le sole restrizioni di seguito stabilite nell’interesse dell’ordine pubblico”.

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Articolo 2

“La Repubblica non riconosce, non corrisponde stipendi né sovvenziona alcun culto. Di conseguenza, dal 1° gennaio successivo alla promulgazione della presente legge, verranno soppresse dai bilanci dello Stato, dei dipartimenti e dei comuni tutte le spese relative all’esercizio dei culti. Potranno tuttavia essere presenti nei suddetti bilanci le spese relative a servizi di cappellanato e destinate ad assicurare il libero esercizio del culto negli edifici pubblici, quali licei, collegi, scuole, ospizi, manicomi e prigioni (…)”.

Articolo 18

“Le associazioni formatesi per provvedere alle spese, al mantenimento e all’esercizio pubblico di un culto dovranno essere costituite in conformità agli articoli 5 e seguenti del titolo primo della legge del 1° luglio 1901. Saranno inoltre sottoposte alle prescrizioni della presente legge”.

Articolo 19 [in vigore al momento dei fatti]

Queste associazioni dovranno avere come finalità esclusiva l’esercizio del culto (…).

Le associazioni potranno ricevere, inoltre, i contributi previsti dall’articolo 6 della legge del 1° luglio 1901, i proventi delle questue e delle collette per le spese del culto, percepire retribuzioni (…).

Le associazioni di culto potranno ricevere, alle condizioni stabilite dagli articoli 7 e 8 delle leggi del 4 febbraio 1901 e dell’8 luglio 1941, relative alla tutela amministrativa in materia di donazioni e lasciti, le liberalità testamentarie e tra vivi destinate al raggiungimento del proprio scopo o al sostegno di attività caritatevoli o di culto”.

32. La legge del 2 gennaio 1907 relativa all’esercizio pubblico dei culti prevede all’articolo 4 che, indipendentemente dalle associazioni di culto regolate dalla legge del 1905 relativa alla separazione tra Chiesa e Stato, l’esercizio di un culto può essere garantito mediante associazioni regolate dalla legge del 1901 (associazione di diritto comune).

33. Non esiste una definizione di associazione di culto, e il riconoscimento o meno dello status di associazione di culto non è contestuale alla dichiarazione, bensì ha luogo nel momento in cui l’associazione ottiene da parte dei pubblici poteri l’autorizzazione a beneficiare di alcune disposizioni fiscali o patrimoniali. Il Consiglio di Stato ha precisato i criteri per il riconoscimento delle associazioni cosiddette “di culto”.

In un Parere del 24 ottobre 1997 (Parere, Assemblea, 24 ottobre 1997, Associazione locale per il culto dei Testimoni di Geova, n. 187122), il Consiglio di Stato, ai sensi della legge del 9 dicembre 1905, ha subordinato il riconoscimento di associazione di culto a tre condizioni: la constatazione dell’esistenza di un culto, l’esercizio di tale culto come unica finalità

14 SENTENZA (MERITO) ASSOCIAZIONE TESTIMONI DI GEOVA C. FRANCIA

dell’associazione e che il culto non dia luogo ad attività che pregiudichino l’ordine pubblico. Una circolare del Ministro dell’Interno del 20 dicembre 1999 indirizzata ai prefetti ribadisce la loro competenza in materia di associazioni di culto. La circolare precisa in particolare che il termine “di culto” non assume un valore particolare al momento della dichiarazione e non è riservato ad un’associazione particolare poiché, in base alla legge del 9 dicembre 1905, “la Repubblica non riconosce alcun culto”. La qualificazione “di culto” assume valore giuridico solo quando l’associazione la rivendichi al fine di godere dei benefici fiscali previsti, tra gli altri, ai sensi dell’articolo 1382 del CGI che dispone l’esenzione dall’imposta fondiaria per gli immobili destinati all’esercizio di un culto. In tal caso, l’autorità amministrativa stabilisce solitamente la natura di culto dell’associazione.

34. Le associazioni di culto beneficiano di un regime fiscale favorevole (esenzione dall’imposta fondiaria, deduzioni fiscali che incoraggiano le persone fisiche a fare donazioni, esenzione dall’imposta sui trasferimenti).

2. Liberalità

a) Le donazioni manuali e altre liberalità

35. Entrambi i tipi di associazione possono ricevere donazioni manuali senza autorizzazione. La legge n. 87-571 del 23 luglio 1987 ha modificato la legge del 1901 che all’articolo 6 ora stabilisce quanto segue:

“Ogni associazione regolarmente dichiarata può, senza alcuna autorizzazione particolare, stare in giudizio, ricevere donazioni manuali (…), acquisire a titolo oneroso, possedere e amministrare, all’infuori delle sovvenzioni statali, regionali, dipartimentali, comunali (…):

1o le contribuzioni dei propri membri (…);

2o il locale destinato all’amministrazione dell’associazione e alla riunione dei suoi membri;

3o gli immobili strettamente necessari al conseguimento della finalità che essa si è proposta.

Le associazioni dichiarate la cui unica finalità è l’assistenza, la beneficenza, la ricerca scientifica o medica possono accettare liberalità tra vivi o testamentarie alle condizioni stabilite dal decreto del Consiglio di Stato”.

La legge non fornisce una definizione di donazione manuale né l’indicazione di un importo. Riguardo alla modifica legislativa introdotta nel 1987 volta all’ufficializzazione della norma relativa alla possibilità di ricevere donazioni manuali senza particolare autorizzazione, la Commissione Legislativa dell’Assemblea Nazionale ha precisato che tale modifica “è volta ad armonizzare la legge del 1901 con la legislazione

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fiscale e con l’uso. (…) Ne potranno beneficiare tanto le associazioni sportive, di culto, umanitarie, caritatevoli etc., tanto i partiti politici o le sette” (Allegato al rapporto n. 836 fatto per conto della Commissione delle Finanze, dell’Economia generale e della Pianificazione, allegato al verbale della seduta dell’11 giugno 1987). Nell’allegato alla Risoluzione finale ResDH (2001) 5 relativa al ricorso Union des Athées c. Francia (n. 14635/89), il governo francese forniva, riguardo alla legge del 1987, le seguenti informazioni: “(…) Questa legge ha fornito una base giuridica a un’antica prassi tollerata, la donazione manuale, in modo da ridurre le differenze di regime giuridico tra i vari tipi di associazione. (…) Le donazioni manuali possono essere effettuate in contanti, tramite assegni, titoli al portatore, bonifici, beni mobili o assicurazioni sulla vita. Non sono soggette a limiti di importo. Non sono soggette alla formalità di un atto notarile né richiedono autorizzazione amministrativa”.

36. Le associazioni ai sensi della legge del 1905 che hanno come unica finalità l’esercizio di un culto beneficiano di una capacità maggiore rispetto alle associazioni ai sensi della legge del 1901 (fatta eccezione per quelle riconosciute di pubblica utilità, come da paragrafo 30 supra, e quelle aventi come unica finalità la beneficenza o l’assistenza, vedi paragrafo 35 supra) poiché possono ricevere lasciti o donazioni diversi dalle donazioni manuali previste al paragrafo 35 supra. In base al decreto del 13 giugno 1966 relativo alla tutela amministrativa delle associazioni, delle fondazioni e delle congregazioni, l’accettazione definitiva da parte di tali associazioni di donazioni e lasciti doveva essere autorizzata dallo Stato (dalla Prefettura o dal Ministro dell’Interno a seconda del valore della liberalità, in seguito unicamente dalla Prefettura in base a un decreto del 1994). A partire dal 1° gennaio 2006, è stata messa in atto una nuova procedura relativa all’accettazione di liberalità da parte delle associazioni aventi diritto a ricevere lasciti e donazioni diverse da quelle manuali tra cui le associazioni di culto. Da quella data, esse non hanno più bisogno di un’autorizzazione preventiva ma possono accettarle liberamente, salvo opposizione del prefetto, e sono sottoposte alla nuova procedura relativa alla dichiarazione rivolta all’autorità amministrativa. I gruppi settari restano soggetti alla procedura relativa all’autorizzazione preventiva da parte dell’amministrazione. L’articolo 910 del Codice Civile esclude infatti dalla nuova procedura d’accettazione di liberalità “le associazioni o fondazioni le cui attività o quelle dei loro dirigenti sono contemplate dall’articolo 1 della legge n. 2001-504 del 12 giugno 2001 finalizzato a rafforzare la prevenzione e la repressione dei movimenti settari che pregiudicano i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali”.

37. In un rapporto del 6 luglio 1994, la Commissione Europea dei Diritti dell’Uomo, nel ricorso della già citata Union des Athées ha affermato che riservando alle sole associazioni di culto (o equiparate) la possibilità di ricevere a titolo gratuito lasciti e donazioni diverse da quelle manuali, la

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legislazione francese operava un diverso e ingiustificato trattamento in materia di liberalità tra le associazioni di culto e le altre associazioni. Con una decisione del 7 giugno 1995, il Comitato dei Ministri ha deciso che c’era stata, in questa causa, una violazione dell’articolo 14 e dell’articolo 11 della Convenzione vista l’impossibilità giuridica per l’associazione ricorrente di ricevere un lascito.

b) Il regime fiscale delle donazioni manuali

38. Le donazioni manuali erano generalmente escluse da ogni dichiarazione. Il legislatore ha quindi modificato il regime fiscale con l’introduzione del nuovo articolo 757 del CGI che sottopone a imposizione fiscale le donazioni manuali, specialmente quelle “rivelate” all’amministrazione fiscale (vedi paragrafo 29 supra). Fino alla causa intentata dalla ricorrente, era pacifico che l’articolo 757 riguardasse unicamente le persone fisiche e non gli enti giuridici come le associazioni. A una domanda relativa ai trasferimenti a titolo gratuito posta al Ministro dell’Economia, delle Finanze e del Bilancio quest’ultimo ha risposto come segue (J.O., Ass. Nat., Q.E. n. 53401, 23 marzo 1992, p. 1331):

“53401. – 3 febbraio 1992

Il Sig. Francis Saint-Ellier richiama l’attenzione del Ministro dell’Economia, Finanze e Bilancio sull’articolo 15 della legge finanziaria per il 1992, la quale modifica l’articolo 757 del Codice Generale delle Imposte causando motivo di preoccupazione per gli organismi senza scopo di lucro e specialmente le associazioni di beneficenza. Se ci si attenesse alla lettera del nuovo testo, quest’ultime dovrebbero liquidare l’imposta sulla donazione tra soggetti non parenti, vale a dire il 60 per cento, ogni qualvolta esse rendano noto all’amministrazione fiscale di aver ricevuto una donazione manuale. Esse non possono ricevere donazioni manuali (che rappresentano la parte principale delle loro risorse) senza rivelarlo all’amministrazione fiscale, o rilasciando ai donanti una ricevuta che permetta loro di beneficiare delle deduzioni fiscali oppure tenendo una contabilità destinata a essere presentata in caso di controllo agli agenti dell’amministrazione. Sembra evidente che una tale interpretazione andrebbe oltre i presupposti per i quali il testo è stato votato e al di là delle intenzioni del legislatore. Egli chiede quindi quali siano le misure che si intendono adottare per evitare che una tale interpretazione possa essere seguita dai funzionari dell’amministrazione o essere ammessa dai tribunali.

Risposta del Ministro dell’Economia, Finanze e Bilancio

Le associazioni dichiarate che hanno come unica finalità l’assistenza o la beneficenza sono esenti dall’imposta sui trasferimenti a titolo gratuito. Si precisa inoltre che le ricevute rilasciate ai donanti da parte degli organismi previsti dagli articoli 200 e 238 bis del Codice Generale delle Imposte non influiscono sull’applicazione delle disposizioni dell’articolo 15 della legge finanziaria per il 1992 che riguardano, essenzialmente, le persone fisiche. Pertanto le donazioni manuali a cui fa riferimento l’onorevole rimangono, come in precedenza, esenti dall’imposta sui trasferimenti a titolo gratuito”.

SENTENZA (MERITO) ASSOCIAZIONE TESTIMONI DI GEOVA C. FRANCIA 17

39. Una circolare pubblicata sul Bollettino Ufficiale delle Imposte (7G-1-05) n. 16 del 25 gennaio 2005 che commenta l’articolo 757 del CGI, indica che “tramite una risposta ministeriale è stato precisato che le disposizioni dell’articolo 757 del Codice Generale delle Imposte sono applicabili alle donazioni manuali effettuate a beneficio di associazioni (Risposta ministeriale del 5 marzo 2001)”.

40. In seguito alla controversia della ricorrente e di fronte alle preoccupazioni delle associazioni di veder soggetto a imposizione fiscale il loro principale mezzo di sostentamento, la legge del 1° agosto 2003 relativa al mecenatismo, alle associazioni e alle fondazioni ha aggiunto un comma all’articolo 757, il quale dispone che “tali disposizioni non si applicano alle donazioni manuali a favore degli organismi di interesse generale di cui all’articolo 200”. Una proposta di legge a tale riguardo era stata presentata il 16 maggio 2001 (n. 3060) dal deputato G. Voisin ma non era stata accolta. Nell’esposizione dei presupposti il deputato sosteneva quanto segue:

“Lo scopo di questa proposta di legge è quello di favorire le donazioni alle associazioni di interesse generale eliminando un’incertezza legata al regime fiscale delle donazioni manuali, ossia alle donazioni trasmesse di mano in mano che non richiedono la redazione di un atto notarile. Come precisato dall’articolo 16 della legge n. 87-571 del 23 luglio 1987, le associazioni possono ricevere donazioni manuali. L’articolo 15 della legge finanziaria per il 1992 (articolo 757 del Codice Generale delle Imposte) ha reso soggette all’imposta sui trasferimenti le donazioni manuali “rivelate all’amministrazione”. Alla lettura del dibattimento parlamentare, risultò che tale disposizione avesse come oggetto innanzi tutto le donazioni a persone fisiche e non le donazioni manuali a favore delle associazioni di interesse generale suscettibili di beneficiare di una riduzione di imposta nell’ambito degli articoli 200 e 238 bis del Codice Generale delle Imposte. Tale analisi fu confermata, in un primo tempo, dalla risposta ministeriale a un quesito scritto, la quale precisava che le donazioni manuali a favore delle associazioni erano, come in precedenza, esenti dall’imposta sui trasferimenti a titolo gratuito. In seguito, ulteriori risposte ministeriali si sono rivelate più ambigue al punto che in data 4 luglio 2000 una sentenza del tribunale di primo grado di Nanterre ha autorizzato l’amministrazione fiscale a sottoporre a imposizione fiscale le donazioni manuali a favore dell’associazione “Testimoni di Geova” per la ragione che l’imposta sulle donazioni si applica a prescindere dalla natura di persona fisica o di ente giuridico del donatario. Sebbene tale sentenza possa essere considerata un’ulteriore arma per contrastare le sette, comporta difficoltà molto serie per le associazioni di interesse generale. Il 28 settembre 2000, in un ricorso presentato da un’associazione sportiva patrocinata il cui scopo era la pratica del volo a vela, il Segretario di Stato al Bilancio ha espresso il parere che le disposizioni dell’articolo 757 comma 2 siano di carattere generale e si applichino a tutte le donazioni rivelate in caso di una verifica. Le associazioni sono quindi oggi sotto la minaccia di controlli fiscali che potrebbero portare alla confisca della totalità delle donazioni ricevute nell’arco di 10 anni. Soprattutto, la posizione del segretario di Stato al Bilancio è contraria alla volontà del legislatore che nel 1987 aveva voluto incoraggiare il mecenatismo privato a favore delle associazioni. La proposta di legge che vi viene chiesto di approvare ha come scopo l’inserimento nel Codice Generale delle Imposte dell’esenzione per le donazioni manuali a favore di associazioni che consentono ai donanti di beneficiare di una riduzione di imposta così da promuovere le donazioni alle associazioni di interesse generale, senza che però ne possano beneficiare le associazioni di tipo settario”.

18 SENTENZA (MERITO) ASSOCIAZIONE TESTIMONI DI GEOVA C. FRANCIA

Nel rapporto redatto per conto della Commissione delle Finanze del Senato sul progetto di legge relativo al mecenatismo, alle associazioni e alle fondazioni del 7 maggio 2003, il senatore Y. Gaillard affermò quanto segue:

“L’Assemblea Nazionale ha disposto che figuri esplicitamente nella legge l’esenzione dall’imposta sui trasferimenti per gli organismi di interesse generale in merito alle donazioni manuali. Di fatto si tratta di tornare su alcune interpretazioni, contrarie alla consueta pratica di esenzione, che possono essere state adottate dai servizi fiscali nel periodo in cui bisognava lottare contro le sette. (…) La vostra Commissione delle Finanze approva tale iniziativa finalizzata ad apportare una maggiore garanzia giuridica alle associazioni e a proteggerle dai controlli che potrebbero portare all’imposizione fiscale dei beni fino al 60%, ossia il tasso applicabile tra soggetti non parenti (…)”.

C. Dottrina

41. Il Memento di Francis Lefebre, “Associazioni e Fondazioni”, Edizione 2001-2002, al capitolo “Imposte di registro”, sezione “Liberalità”, cita come segue:

“Le associazioni sono più di chiunque altro giustificate a ricevere delle liberalità. Queste consistono il più delle volte in versamenti informali (donazioni manuali), ma può trattarsi ugualmente di operazioni ufficiali (donazioni tramite atto pubblico o lasciti) riservate alle associazioni specificatamente autorizzate a beneficiarne.

1. Donazioni manuali

Ogni associazione regolarmente registrata può ricevere una donazione manuale senza autorizzazione specifica. Nessuna imposta di registro è richiesta a un’associazione per le donazioni di tale natura, a prescindere dalla loro entità. Sulle somme derivanti da questue o collette così come per quelle risultanti da un gesto spontaneo la non imposizione fiscale è di regola. (…)

Precisazioni: La mancanza di imposizione fiscale è dovuta al fatto che, a differenza delle altre liberalità, le donazioni manuali non sono imponibili in quanto tali. L’imposizione fiscale, infatti, interviene solo in alcuni casi limitati elencati all’articolo 757 del CGI, tra i quali quelli suscettibili di interessare le associazioni sono:

(...)

- La rivelazione della donazione manuale all’amministrazione fiscale da parte del donatario. A questo riguardo bisogna ulteriormente precisare che il rilascio di ricevute ai donanti da parte degli organismi considerati agli articoli 200 e 238 bis del CGI non costituisce dichiarazione e non può, di conseguenza, legittimare l’applicazione dell’imposta sui trasferimenti a titolo gratuito. D’altro canto, in base a una sentenza fortemente criticabile del Tribunale di Primo Grado di Nanterre, la presentazione della contabilità nel corso di un controllo viene ritenuta affine a una rivelazione e assoggetta quindi all’imposizione fiscale le donazioni manuali rilevate in tale sede (TGI Nanterre, 4-7-2000)”.

42. L’edizione 2004-2005 della stessa opera cita come segue:

1. Donazioni manuali

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Le associazioni possono essere soggette a imposizione fiscale sulle donazioni manuali solo in casi eccezionali. Sono infatti esenti:

- gli organismi d’interesse generale menzionati all’articolo 200 del CGI (CGI articolo 757 comma 3)

- le associazioni che possono beneficiare di una delle esenzioni specifiche (…) Per quanto riguarda le altre associazioni, di numero limitato (citiamo in particolar

modo le sette), queste possono essere soggette all’imposta sulle donazione manuali che ricevono (…) nei seguenti casi:

- l’associazione rivela la donazione all’amministrazione fiscale (…). Aggiungiamo tuttavia che la “rivelazione” di una donazione manuale non è necessariamente volontaria: in base ad una criticabile decisione della Corte d’Appello di Versailles, un’associazione che presenta la propria contabilità all’ispettore in occasione di un controllo fiscale rivela le donazioni manuali contabilizzate (CA Versailles 28.02.2002). Precisazioni: emessa nel caso dei Testimoni di Geova, la decisione della Corte d’Appello di Versailles del 28 febbraio 2002 ha sollevato un vero e proprio coro di proteste. Certamente non per difendere la setta in oggetto nella fattispecie, bensì in quanto la risoluzione adottata era applicabile a qualsiasi associazione. Questo ha portato all’intervento del legislatore che ha espressamente esentato dall’imposta le donazioni a favore degli organismi di interesse generale (legge 01.08.2003). Le donazioni manuali dichiarate, riconosciute giuridicamente o rivelate dalle associazioni di interesse generale prima dell’entrata in vigore della legge, ovvero prima del 7 agosto 2003, non beneficiano ovviamente di tale esenzione. Tuttavia, tali associazioni sono in pratica al riparo dall’imposta: l’amministrazione aveva indicato, ancor prima dell’approvazione della legge, che non era intenzionata ad applicare nei loro confronti la giurisprudenza della Corte d’Appello di Versailles.

2. Donazioni tramite atto pubblico e lasciti

A differenza delle donazioni manuali, le donazioni certificate da atto pubblico e i lasciti sono soggetti a imposizione fiscale. Tuttavia, è possibile beneficiare di alcune esenzioni dall’imposta sui trasferimenti a titolo gratuito sulle liberalità a favore delle associazioni o fondazioni.

Donazioni e lasciti esenti Esenzioni determinate dallo scopo dell’associazione (...)

4. Associazioni di culto, unioni di associazioni di culto e congregazioni autorizzate (CGI art. 795o10)”.

43. L’edizione 2008-2009 dell’opera, alla sezione “Donazioni manuali”, aggiunge le seguenti precisazioni: “in pratica, le associazioni suscettibili di essere oggetto di imposizione fiscale sono essenzialmente le sette. Detto ciò, l’amministrazione ha un concetto talmente restrittivo della nozione di organismo di interesse generale che potrebbe essere tentata di sottoporre a imposizione fiscale altri tipi di associazioni (…)”.

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IN DIRITTO

I. SULL’ASSERITA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 9 DELLA CONVENZIONE

44. La ricorrente afferma che l’imposizione fiscale sulle donazioni manuali pregiudica il suo diritto a manifestare e esercitare la propria libertà di religione. L’articolo 9 stabilisce quanto segue:

“1. Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza di riti.

2. La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono state stabilite dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla pubblica sicurezza, alla protezione dell’ordine, della salute o della morale pubblica, o alla protezione dei diritti della libertà altrui”.

A. Sull’esistenza di un’ingerenza

1. Argomenti delle parti

45. Quanto all’ingerenza nella sua libertà di religione, la ricorrente precisa che, in qualità di autorità ecclesiastica nazionale, essa è indispensabile al culto dei Testimoni di Geova in Francia. Fornisce guida e sostegno spirituale ai Testimoni di Geova ed “esercita per conto dei suoi fedeli i diritti garantiti dall’articolo 9” (Cha'are Shalom Ve Tsedek c. Francia [GC], n. 2741/95, § 72, CEDU 2000-VII, e Eglise métropolitaine de Bessarabie e altri c. Moldova, n. 45701/99, § 101, CEDU 2001-XII). Per poter raggiungere la propria finalità, essa ha acquisito e stabilito la propria sede temporale a Louviers, la Betel, dalla quale è inscindibile. Inoltre i membri della Betel, comunità religiosa, dipendono da essa per beneficiare di un luogo di culto, proseguire il loro ministero, esclusivamente religioso, e disporre di un luogo in cui vivere. Essa fa riferimento a una sentenza del tribunale amministrativo di Parigi del 28 marzo 2007 che ha riconosciuto la natura religiosa delle attività dei membri della Betel, “la relazione di subordinazione nella quale si trovano i Testimoni di Geova membri permanenti della Betel deriva essenzialmente da un’adesione spirituale alla loro comunità e, benché implichi attività di lavoro, non scaturisce da un rapporto professionale (…)” che ritiene in armonia con la sentenza

SENTENZA (MERITO) ASSOCIAZIONE TESTIMONI DI GEOVA C. FRANCIA 21

Testimoni di Geova di Mosca c. Russia (n. 302/02, § 120, CEDU 2010-... (estratti)).

46. La ricorrente sostiene che procedendo all’imposizione fiscale oggetto della controversia, esorbitante nella misura, lo Stato abbia pregiudicato la professione stessa del culto (mutatis mutandis, Institut de prêtres français e altri c. Turchia (composizione in via amichevole), n. 26308/95, 14 dicembre 2000). Se l’imposizione fiscale contestata fosse confermata, ne risulterebbe l’immissione nel possesso e la vendita della Betel con la conseguente perdita del luogo di culto. L’esercizio collettivo di una religione implica la possibilità di fare affidamento su risorse materiali che sono generalmente il frutto delle contribuzioni dei fedeli. Implica il diritto a prendere in affitto o acquistare luoghi di culto e a produrre ausili didattici. Le contribuzioni sono di natura religiosa e rappresentano la sua principale risorsa, ossia l’86,47%. L’imposizione fiscale porterebbe inevitabilmente alla liquidazione dei beni, in considerazione del fatto che lo Stato potrebbe mettere in vendita i beni ipotecati (paragrafo 15 supra). La ricorrente lamenta infine l’ingerenza dello Stato nella sua libertà di religione attraverso un’imposizione fiscale punitiva, motivata dalla volontà di reprimere le attività religiose delle minoranze religiose che figurano sulla lista nera delle sette.

47. Il Governo contesta l’esistenza di un’ingerenza nel diritto della ricorrente a manifestare ed esercitare la propria libertà di religione. Le contribuzioni oggetto dalla suddetta imposizione fiscale non sarebbero parte del culto allo stesso titolo della preghiera e non avrebbero carattere sacro. Se, per ipotesi, il pagamento del debito contestato dovesse portare alla liquidazione dell’associazione, nessun ostacolo legale ne impedirebbe la ricostituzione. Il Governo rileva a questo riguardo che l’associazione ricorrente ha ridotto in modo considerevole la propria attività, che risulta ad oggi limitata alla proprietà di beni immobili.

2. Valutazione della Corte

48. La Corte ribadisce che la libertà religiosa è primariamente una prerogativa della coscienza individuale, e specialmente la libertà di “manifestare la propria religione” individualmente e in privato o in modo collettivo, in pubblico e con altri fedeli. La testimonianza, in parole e in atti, è legata all’esistenza di convinzioni religiose. L’articolo 9 elenca le diverse forme che può assumere la manifestazione di una religione o di un credo, ossia il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza di riti (Eglise métropolitaine de Bessarabie e altri, già citata, § 114). La Corte ribadisce ugualmente che, salvo casi eccezionali, il diritto alla libertà religiosa come stabilito dalla Convenzione esclude qualsiasi valutazione da parte dello Stato sulla legittimità delle credenze religiose o sulle modalità di espressione delle stesse (Hassan e Tchaouch c. Bulgaria [GC], n. 30985/96,

22 SENTENZA (MERITO) ASSOCIAZIONE TESTIMONI DI GEOVA C. FRANCIA

§§ 62 e 78, CEDU 2000-X; Obst c. Germania, n. 425/03, § 44, CEDU 2010-... (estratti)).

49. La Corte fa notare inoltre che le donazioni manuali, che possono essere di importo elevato, sono una fonte di finanziamento notevole per un’associazione (Union des Athées, già citata, §§ 64, 66 a 68). Allo stesso modo, riguardo alla decisione dell’iscrizione nel registro a nome del Tesoro della proprietà dell’Istituto dei Preti Francesi, la Commissione aveva dichiarato ricevibile un ricorso basato sull’articolo 9 volto a sostenere che, ove privato delle proprie risorse essenziali, l’Istituto non avrebbe potuto assicurare il servizio religioso né la sopravvivenza stessa della Chiesa (Institut de prêtres français e altri c. Turchia, n. 26308/95, decisione della Commissione del 19 gennaio 1998). Più recentemente, nell’ambito di un esame dell’articolo 11 alla luce dell’articolo 9, la Corte ha ritenuto che il rischio di congelamento dei conti bancari e il sequestro dei beni fosse pregiudizievole al funzionamento delle attività religiose del Comando di Mosca dell’Esercito della Salvezza (Branche de Moscou de l'Armée du salut c. Russia, n. 72881/01, § 73, CEDU 2006-XI; vedi anche, mutatis mutandis, Kimlya e altri c. Russia, n. 76836/01 e n. 32782/03, § 85, CEDU 2009-... ).

50. È opportuno altresì ricordare che il libero esercizio del diritto alla libertà religiosa dei Testimoni di Geova è salvaguardato dall’articolo 9 della Convenzione (Kuznetsov e altri c. Russia, n. 184/02, § 74, 11 gennaio 2007; Membres (97) de la Congrégation des Témoins de Jéhovah de Gldani c. Georgia, n. 71156/01, § 134, CEDU 2007-V; Religionsgemeinschaft der Zeugen Jehovas e altri c. Austria, n. 40825/98, § 98, 31 luglio 2008; Les Témoins de Jéhovah de Moscou, citato sopra) a eccezione di sue derive (Kokkinakis c. Grecia, 25 maggio 1993, § 48, serie A n. 260-A).

51. Il rifiuto del riconoscimento di un’associazione religiosa, lo scioglimento della stessa e l’utilizzo di termini peggiorativi nei confronti di un movimento religioso costituiscono esempi di ingerenza nel diritto garantito dall’articolo 9 della Convenzione, nella sua dimensione esteriore e collettiva, nei confronti della comunità stessa ma in egual modo dei suoi membri (Eglise métropolitaine de Bessarabie e altri, citata sopra, §§ 105 e 129-130; Eglise de Scientologie de Moscou c. Russia, n. 18147/02, §§ 81-85, 5 aprile 2007; Religionsgemeinschaft der Zeugen Jehovas e altri, citata sopra, §§ 79-80; Les Témoins de Jéhovah de Moscou, citata sopra, § 101).

52. Nella fattispecie, il problema dell’esistenza di un’ingerenza oppone le parti, principalmente sull’impatto finanziario provocato dall’imposizione fiscale oggetto della controversia e sulle conseguenze che ne risulterebbero per l’attività religiosa dell’associazione ricorrente e dei suoi membri. Innanzi tutto è utile osservare che il provvedimento contestato ha avuto l’effetto di mantenere la ricorrente nel regime fiscale del diritto comune delle associazioni, escludendola dalle agevolazioni fiscali riservate ad altre associazioni tra cui le associazioni di culto (paragrafi 29 e 34 supra). La ricorrente non potrebbe pretendere un regime fiscale speciale con il pretesto

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della libertà di religione (Association Sivananda de Yoga Vedanta c. Francia (dec.), n. 30260/96, 16 aprile 1998). Allo stesso modo, la libertà di religione non presuppone affatto che alle Chiese o ai loro fedeli debba applicarsi un regime fiscale diverso da quello degli altri contribuenti (Alujer Fernandez e Caballero Garcia c. Spagna (dec.), n. 53072/99, 14 giugno 2001; vedere anche Fédération chrétienne des Témoins de Jéhovah de France c. Francia (dec.), n. 53430/99, 6 novembre 2001).

53. Secondo il Governo, l’imposizione fiscale sulle donazioni manuali non ha alcun effetto sulla libertà di religione della ricorrente e di quella dei suoi membri, che continuano a rimanere liberi di professare il loro culto come desiderano. Per giunta, nel caso che il pagamento del debito contestato dovesse portare allo scioglimento dell’associazione ricorrente, nulla sarebbe d’impedimento alla sua ricostituzione. La Corte non condivide tale parere tenuto conto dell’importo delle somme richieste dall’amministrazione fiscale nel caso di specie. In effetti, in base alle informazioni in possesso di tale amministrazione, le risorse della ricorrente ammontavano, nel periodo considerato, a circa 42.000.000 EUR, di cui 38.200.653 EUR provenienti dalle donazioni. L’accertamento oggetto della controversia, che ammontava nel gennaio 1999 a un importo di 45.338.875 EUR, riguarda la totalità delle donazioni manuali ricevute dalla ricorrente mentre queste rappresentavano il 90% delle risorse indicate sopra. L’imposizione fiscale sulle donazioni manuali ha avuto quindi l’effetto di privare l’associazione di risorse essenziali, in quanto essa non era più in grado di assicurare concretamente ai propri fedeli il libero esercizio del loro culto (mutatis mutandis, Institut de prêtres français et autres, citata sopra).

La Corte constata che le suddette donazioni costituiscono la fonte principale del finanziamento dell’associazione da parte dei propri fedeli, perciò quest’ultimi possono ritenersi direttamente lesi dal provvedimento fiscale. In effetti, l’imposizione fiscale in questione ha minacciato la continuità, se non ostacolato seriamente l’organizzazione interna, il funzionamento e le attività religiose dell’associazione, considerato che gli stessi luoghi di culto ne sono stati interessati (paragrafo 15 supra: a contrario Islamische Religiongemeinschaft in Berlin E. V. c. Germania (dec.), n. 53871/00, CEDU 2002-X, e Les saints monastères c. Grecia, 9 dicembre 1994, § 87, serie A n. 301-A). Tenuto conto dell’impatto di questa misura sulle risorse dell’associazione ricorrente e sulla capacità di esercitare la propria attività religiosa in quanto tale, la Corte dichiara l’esistenza di un’ingerenza nell’esercizio dei diritti garantiti dall’articolo 9 della Convenzione.

54. Tale ingerenza viola l’articolo 9 a meno che, “prevista dalla legge”, essa non persegua uno o più scopi legittimi rispetto al paragrafo 2 e, inoltre, sia “necessaria in una società democratica” per il loro raggiungimento.

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B. Sulla legittimità dell’ingerenza

1. Argomenti delle parti

a) La ricorrente

55. Secondo la ricorrente, tale ingerenza non era prevista dalla legge. In primo luogo, non vi era possibilità di prevedere nel 1995, al momento del controllo fiscale, che l’articolo 757 del CGI sarebbe stato applicato alle donazioni di modico valore a favore di un’associazione senza scopo di lucro. Riferisce che essa riceveva da cinquant’anni tali donazioni e non erano mai state sottoposte all’imposta sui trasferimenti. L’articolo 757 era inteso applicarsi ai trasferimenti patrimoniali tra persone fisiche. La ricorrente adduce come prova la dichiarazione del Ministro delle Finanze (paragrafo 38 supra) – posizione ufficiale delle autorità amministrative sull’argomento – la circolare fiscale del 1992 che riguarda il patrimonio fra vivi (paragrafo 29 supra), e il modello per la dichiarazione ufficiale che riguarda unicamente le persone fisiche. Non vi è inoltre nessuna giurisprudenza precedente o concomitante al controllo subìto che precisi che l’articolo 757 fosse applicabile a un’associazione senza scopo di lucro. L’interpretazione di tale disposizione nella fattispecie ha del resto provocato delle proteste tali che il legislatore è intervenuto per salvaguardare il mondo associativo (paragrafo 40 supra).

56. In secondo luogo, la nozione di “rivelazione” dedotta dall’articolo 757 era altresì imprevedibile. La ricorrente afferma che la dottrina fiscale, nel suo insieme, ha denunciato il carattere senza precedenti della decisione pronunciata dalla Corte di Cassazione. Riferendosi alle critiche del Consiglio Superiore dell’Ordine degli Esperti Contabili, organismo sotto la tutela del Ministero delle Finanze, giunto alla conclusione secondo cui “si sfocia in una situazione che rasenta l’aberrazione, nella quale è il controllo fiscale che provoca l’obbligo fiscale”, la ricorrente sottolinea che le donazioni manuali non sono soggette a imposta in assenza di controllo fiscale che resta, per sua natura, imprevedibile.

57. In terzo luogo, non era prevedibile che bisognasse essere in possesso di un’autorizzazione a ricevere donazioni manuali, né dimostrare il carattere di culto mediante un riconoscimento o un’autorizzazione del Ministro dell’Interno per poter beneficiare dell’esenzione prevista all’articolo 795-10° del CGI; l’unica autorizzazione necessaria si riferiva non alle contribuzioni religiose di modesta entità bensì ai lasciti e alle donazioni certificate da atto notarile. La ricorrente denuncia la commistione fatta dall’amministrazione fiscale e dal Governo tra l’esonero dall’autorizzazione per le donazioni manuali, l’autorizzazione preventiva per la ricezione di donazioni e lasciti e il risultante nuovo requisito del riconoscimento ufficiale del carattere di culto.

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58. La ricorrente conclude che l’imposizione fiscale oggetto della controversia è il risultato di una “nuova prassi amministrativa”, così come indica una scheda di informazione tecnica del dicembre 2001 del Ministero dell’Economia e delle Finanze intitolata “Le sette” in cui si afferma: “La nuova prassi amministrativa relativa da una parte al regime associativo con gli sviluppi giurisprudenziali ad esso legati e dall’altra all’imposizione fiscale delle donazioni manuali, ha modificato l’approccio fiscale di tali movimenti settari”.

59. È convinzione della ricorrente che l’obiettivo perseguito dal procedimento contestato non fosse legittimo ma mirasse alla repressione della sua attività. Il provvedimento era sproporzionato, considerato che l’importo dell’imposizione fiscale rappresentava più del 102% delle sue risorse nel periodo preso in considerazione. Esso ha inoltre perduto il suo carattere di necessità in quanto ha interessato arbitrariamente un periodo di tempo determinato senza mai essere stato imposto prima o dopo tale periodo. Si basa, del resto, su una posizione isolata in Europa.

b) Il Governo

60. Il Governo ricorda a titolo preliminare che il regime giuridico delle associazioni di culto è caratterizzato, nel contesto francese di laicità, dalla ricerca di equilibrio tra il principio di neutralità religiosa e il potere di controllo dell’autorità amministrativa. Al fine di favorire il libero esercizio del culto, lo Stato accorda alle associazioni di culto sottoposte alla legge del 9 dicembre 1905 numerose agevolazioni pratiche e fiscali. Il fatto che le associazioni siano, come doveroso, registrate, non conferisce loro carattere di associazione di culto: è in occasione della concessione o della contestazione dei benefici che esse possono richiedere, che viene riconosciuta (o meno) la loro natura da parte delle autorità amministrative competenti sotto la supervisione del giudice amministrativo, in base ai criteri progressivamente precisati dal Consiglio di Stato (paragrafo 33 supra).

61. Il Governo sostiene che la disposizione contestata era prevista dalla legge. Da una parte, l’articolo 757 del CGI elenca i casi tassativi in cui le donazioni manuali sono soggetti a imposizione fiscale, tra i quali le donazioni manuali rivelate dal donatario all’amministrazione fiscale a partire dall’entrata in vigore della legge n. 91-1322 del 30 dicembre 1991. Il potere regolamentare ha in seguito normalizzato la procedura relativa alla dichiarazione e l’amministrazione fiscale ha precisato la nozione di rivelazione nella direttiva del 13 aprile 1992 (paragrafo 29 supra). Il Governo cita una sola decisione relativa a un’associazione che sarebbe stata oggetto di un controllo fiscale in applicazione della legge 757 del CGI. In questo caso un’associazione avente come finalità la raccolta di fondi e l’organizzazione dalla Francia di un programma di aiuto a favore dei soldati di un esercito straniero (senza tuttavia indicarne i riferimenti). D’altra parte, l’articolo 795-10° del CGI limita l’esenzione dall’imposta sui trasferimenti

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a titolo gratuito alle donazioni e ai lasciti di qualsiasi natura a favore di associazioni di culto previa autorizzazione prefettizia o del Ministero dell’Interno che consenta di accettare donazioni e lasciti. In questo modo, se la legge civile dispensa le associazioni da qualsiasi autorizzazione a ricevere donazioni manuali, la legge fiscale fa dipendere l’esenzione dall’imposta sui trasferimenti dalla condizione che le associazioni siano state autorizzate a ricevere donazioni e lasciti, comprese le donazioni manuali.

62. Secondo il Governo, il carattere inedito della decisione presa dalle giurisdizioni nazionali nella fattispecie non comporterebbe una violazione della legalità. La precedente prassi tollerata della non imposizione fiscale sulle donazioni ricevute dalle associazioni non esimeva la Corte di Cassazione dal fare una rigida applicazione della legge ritenendo che, per rifiutare di accordare il beneficio dell’esenzione prevista all’articolo 795-10° del CGI, “l’associazione non documentava alcuna autorizzazione ministeriale o prefettizia contestuale al fatto che ha generato la tassazione”. D’altronde, la legge non può prevedere tutte le ipotesi; ciò si applica alla nozione di “rivelazione” ai sensi del secondo comma dell’articolo 757. La sentenza della Corte di Cassazione si inserisce inoltre in una serie di sentenze che precisano le condizioni di applicazione di tale nozione nell’ambito dei controlli fiscali (Cass. Com. 19 maggio 1998, n. 1090P, Couture; Cass. Com., 10 ottobre 2000, n. 1684 FS-P, Cloiseau; Cass. Com., 24 ottobre 2000, n. 1740, F-D, T.; Cass. Com., 8 novembre 2005, n. 1395 F-D, Perrin). Non spetta alla Corte valutare l’opportunità di tale scelta di orientamento giurisprudenziale operata dalle giurisdizioni interne (Cantoni c. Francia, 15 novembre 1996, § 33, Recueil des arrêts et décisions 1996-V). Infine, la circolare del 2001 a cui si riferisce la ricorrente per far valere un cambiamento di dottrina amministrativa è in realtà una semplice scheda d’informazione tecnica che non contiene nessuna interpretazione della legge fiscale opponibile all’amministrazione.

63. Quanto agli scopi del procedimento contestato, della garanzia dell’ordine e dei diritti altrui, il Governo sostiene che l’esenzione dall’imposta sui trasferimenti a favore delle associazioni di culto è derogatorio al diritto comune e alla rigida interpretazione. Viene accordata solo nel caso in cui le donazioni siano destinate unicamente alla professione del culto, e l’intervento regolatore dello Stato ha come obiettivo preservare un equilibrio tra la libertà di religione e la salvaguardia dei diritti e delle libertà di coloro che possono essere lesi dall’esercizio di tale libertà. Sebbene l’articolo 9 impedisca la valutazione da parte dello Stato della legittimità delle convinzioni religiose o delle modalità di espressione delle stesse, tuttavia non autorizza qualsiasi atto motivato o ispirato da una religione o credo (Manoussakis e altri c. Grecia, 26 settembre 1996, Recueil 1996-IV; Vergos c. Grecia, n. 65501/01, §§ 33 e 34, 24 giugno 2004).

64. Infine, il suddetto provvedimento sarebbe “necessario in una società democratica” poiché, senza sproporzione, le donazioni manuali vengono

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sottoposte a imposizione fiscale alle stesse condizioni delle altre donazioni, essendo i tassi applicati identici a quelli previsti per le successioni. Si aggiunge che la riscossione del credito fiscale non porterà alla scomparsa del culto dei Testimoni di Geova in Francia considerato che esso riguarda la sola associazione nazionale e che le associazioni regionali, dotate di una personalità giuridica propria e disponendo di notevoli mezzi finanziari, continueranno a funzionare. In conclusione, tenuto conto della diffusione del culto dei testimoni di Geova nel mondo, il Governo non ha dubbi che nel caso l’esercizio di tale culto in Francia fosse fortemente minacciato, le associazioni estere non mancherebbero di mobilitarsi per venire in aiuto dell’associazione ricorrente.

c) “European Association of Jehovah’s Christian Witnesses”

65. L’associazione europea insiste sulle ripercussioni che la controversia del caso di specie può avere sugli altri paesi europei. La suddetta imposizione fiscale sulle donazioni manuali non era prevista dalla legge ed è stata utilizzata come “un’arma” contro i Testimoni di Geova con l’obiettivo di paralizzare la diffusione delle loro attività e far scomparire l’organizzazione religiosa. Avallare tale disposizione incoraggerebbe principalmente la Federazione Russa che potrebbe utilizzare l’imposizione fiscale come mezzo per eliminare i Testimoni di Geova, perseguitati da molto tempo in quanto minoranza religiosa. Questo sarebbe in contraddizione con la giurisprudenza della Corte e gli sviluppi ottenuti in paesi come la Grecia, la Bulgaria e la Romania in merito alla libertà dei Testimoni di Geova di professare la loro religione. Procedendo ad un’analisi di diritto comparato, l’associazione europea sostiene, nonostante il margine di valutazione dei singoli Stati, l’uniformità delle convinzioni e delle pratiche dei Testimoni di Geova negli Stati membri. In Inghilterra, Germania, Italia e Spagna ad esempio, le donazioni manuali a favore dei Testimoni di Geova non sono soggette a imposta considerato che le loro attività sono esclusivamente religiose.

2. Valutazione della Corte

a) “Prevista dalla legge”

66. È parere della Corte che le seguenti due condizioni rientrino in quelle deducibili dall’espressione “previste dalla legge”. È necessario innanzi tutto che la “legge” sia sufficientemente conoscibile: il cittadino deve poter disporre di informazioni sufficienti, tenendo conto delle specifiche circostanze, sulle norme giuridiche applicabili a un dato caso. Secondo, può essere considerata “legge” unicamente una norma espressa con sufficiente precisione da permettere al cittadino di regolare il proprio modo d’agire; egli deve essere in grado di prevedere, nel caso di specie, con un certo grado di ragionevolezza e rivolgendosi se necessario ad avvocati

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competenti, le conseguenze derivanti da una determinata azione. Non è necessario che queste siano prevedibili con certezza assoluta: l’esperienza dimostra che tale certezza assoluta è impossibile. Inoltre la certezza del diritto, benché fortemente auspicabile, comporta talvolta una rigidità eccessiva; il diritto deve sapersi adattare ai cambiamenti di situazione. Pertanto, molte leggi si servono, per forza di cose, di formule più o meno vaghe la cui interpretazione e applicazione dipendono dalla pratica (Sunday Times c. Royaume-Uni (n. 1), 26 aprile 1979, § 49, serie A n. 30). Il grado di precisione della legislazione interna – che non può in nessun caso prevedere tutte le ipotesi – dipende in gran parte dal contenuto dello strumento in questione, dall’ambito che è chiamato a regolare e dal numero e dallo status di coloro a cui è rivolto (Hassan et Tchaouch, citato sopra, § 84; Eglise métropolitaine de Bessarabie e altri, citato sopra, § 109).

67. Trattandosi del concetto di donazione manuale, la Corte d’Appello ha ritenuto che le somme di denaro registrate dall’associazione ricorrente nella propria contabilità sotto la voce “contribuzioni” costituissero delle donazioni manuali, indipendentemente dall’importo di tali somme. Pertanto le donazioni manuali sono state sottoposte a imposizione fiscale in applicazione dell’articolo 757 del CGI poiché erano state “rivelate” dalla ricorrente attraverso la presentazione della propria contabilità all’amministrazione fiscale in occasione di un controllo fiscale avviato nel 1995.

68. Per quanto riguarda la prevedibilità di tale applicazione, fulcro degli argomenti delle parti, la Corte rileva innanzi tutto che l’articolo 757 comma 2 indica che le donazioni manuali “rivelate” all’amministrazione fiscale sono soggette all’imposta sulle donazioni. Come ribadito dal Governo, tale comma è stato adottato nel dicembre 1991, ovvero precedentemente al controllo fiscale del caso di specie. L’interrogativo che si pone pertanto è se la formulazione della norma contestata fosse sufficientemente chiara da far prevedere da una parte che essa fosse applicabile agli enti giuridici e dall’altra che un controllo fiscale potesse essere assimilato alla “rivelazione” di una donazione manuale ai sensi del comma 2.

69. Riguardo al primo punto e in assenza di precisione della legge sul “donatario”, è legittimo constatare che l’intenzione iniziale del legislatore era quella di regolare il trasferimento del patrimonio in ambito familiare e riguardava quindi unicamente le persone fisiche (paragrafi 38 e 40 supra). È da considerare che una circolare contenuta nel Bollettino Ufficiale delle Imposte del 25 gennaio 2005 indica che fu in occasione di una risposta ministeriale con data marzo 2001 che venne precisato che le disposizioni dell’articolo 757 del CGI si applicavano alle donazioni manuali a favore di associazioni (paragrafo 39 supra): ma, nella fattispecie, la notifica della procedura di tassazione d’ufficio e l’accertamento sono datate 1998. Inoltre, il Governo non ha citato sentenze della Corte di Cassazione che all’epoca

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avrebbero confermato l’applicazione dell’articolo 757 agli enti giuridici. Infine la Corte rileva che, nella sua sentenza relativa alla causa in oggetto, la Corte d’Appello di Versailles, considerando la legge finanziaria del 30 dicembre 1991, fa menzione di una legge che “per quanto inadeguata” non è di sua competenza correggere (paragrafo 21 supra). Viene inoltre constatato che l’articolo 757 fu modificato nel 2003 tenendo conto delle conseguenze finanziarie di tale provvedimento fiscale sul mondo associativo in seguito alla controversia della ricorrente, così da escludere dalla tassazione gli organismi di interesse generale (paragrafo 40 supra).

70. Quanto al concetto di “rivelazione” delle donazioni come previsto dall’articolo 757, la Corte osserva che è stato ritenuto nella fattispecie e per la prima volta che la presentazione della contabilità all’autorità amministrativa in occasione di un controllo valesse come “rivelazione”. A questo riguardo, la Corte d’Appello ha essa stessa precisato che “se l’assenza di obbligo legale di rivelare e dichiarare la donazione potrebbe contraddire la previsione di una rivelazione diversa da quella volontaria, [tale disposizione] non presenta nessuna indicazione sulle modalità o sulle circostanze di tale rivelazione” (paragrafo 21 supra). Se l’evoluzione della giurisprudenza compete all’ufficio del giudice, una tale interpretazione della suddetta disposizione era difficilmente prevedibile per l’associazione ricorrente visto che fino ad allora le donazioni manuali non erano sottoposte a nessun obbligo di dichiarazione e non erano sistematicamente soggette all’imposta sui trasferimenti a titolo gratuito (paragrafi 29, 38 e 41 supra). La mancanza di precisione dell’articolo 757 del concetto di rivelazione non poteva, allo stato del diritto positivo dell’epoca, portare la ricorrente a prevedere che la semplice presentazione della propria contabilità sarebbe rientrata in quel concetto. La Corte rileva che, in definitiva, il concetto di rivelazione come interpretato nella fattispecie ha fatto dipendere l’imposizione fiscale sulle donazioni manuali dal controllo fiscale, fatto che implica necessariamente un elemento di casualità e quindi l’imprevedibilità dell’applicazione della legge fiscale.

71. La Corte osserva infine che la giurisprudenza prodotta dal Governo (paragrafi 61 e 62 supra) sull’applicazione dell’articolo 757 del CGI non compensa la mancanza di precisione di tale testo (mutatis mutandis, Hentrich c. Francia, 22 settembre 1994, § 42, serie A n. 296-A) poiché essa riguarda persone fisiche e donazioni diverse dalle donazioni manuali come quelle oggetto del caso di specie.

72. Considerato quanto precede, la Corte non è persuasa che la ricorrente fosse in grado di prevedere in misura ragionevole le conseguenze che potevano risultare dalla ricezione delle contribuzioni e dalla presentazione della propria contabilità all’amministrazione fiscale. Di conseguenza l’ingerenza non può ritenersi “prevista dalla legge” ai sensi dell’articolo 9 § 2 della Convenzione.

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b) Finalità e necessità dell’ingerenza

Alla luce della conclusione suindicata, la Corte non reputa necessario soffermarsi sul rispetto delle ulteriori prescrizioni del paragrafo 2 dell’articolo 9.

II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

73. L’articolo 41 della Convenzione dispone quanto segue:

“Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa”.

74. A titolo principale, la ricorrente chiede l’annullamento dell’accertamento così come la rimozione delle misure ipotecarie prese sui suoi beni immobili. A titolo di danno materiale, chiede la restituzione delle somme versate in occasione del controllo fiscale, ossia la somma di 4.590.295 EUR maggiorata degli interessi corrispondenti. A titolo di danno morale, la ricorrente chiede a nome dei 250.000 fedeli della Francia un risarcimento di 1 EUR a fedele, ossia 250.000 EUR. A titolo di spese e costi, la ricorrente richiedeva in data 11 settembre 2008, il rimborso di 182.746,46 EUR di cui quasi 60.000 EUR per le spese sostenute dinanzi alla Corte.

75. Il Governo sostiene che un’equa soddisfazione non può essere costituita da un importo di risarcimento e di interessi il cui ammontare sia tale da annullare l’onere dell’imposta, a meno di non cambiare l’oggetto della domanda davanti alla Corte. Trattandosi di danno morale, il Governo ritiene che la somma richiesta sia sproporzionata, così come quella richiesta a titolo di costi e spese.

76. La Corte ritiene che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 non sia matura per la decisione. Di conseguenza, si riserva e fisserà un’udienza successiva, tenuto conto della possibilità che il Governo e la ricorrente pervengano ad un accordo.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ

1. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 9 della Convenzione; 2. Dichiara che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della

Convenzione non è matura per la decisione; di conseguenza,

a) la riserva per intero;

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b) invita il Governo e la ricorrente a trasmettere per iscritto, entro tre mesi a decorrere dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le loro osservazioni su tale questione e in particolare a portarla a conoscenza di ogni accordo a cui essi siano eventualmente pervenuti; c) si riserva per l’udienza successiva e delega al Presidente della Camera il compito di fissarla qualora fosse necessario.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 30 giugno 2011, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del Regolamento.

Claudia Westerdiek Dean Spielmann Cancelliere Presidente

Alla presente sentenza viene allegato, in conformità agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 del Regolamento, il parere separato del Giudice Costa.

D.S. C.W.

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OPINIONE SEPARATA DEL GIUDICE COSTA

Ho esitato molto in questa causa, soprattutto perché alcune domande sollevate dall’istanza, se fossero state risolte avrebbero avuto, a mio parere, carattere delicato, e forse anche “grave” ai sensi dell’articolo 30 della Convenzione.

Mi sono infine allineato al parere unanime della Camera, espresso con la

sentenza suindicata, in quanto credo anch’io che non fosse soddisfatta la condizione di prevedibilità stabilita al paragrafo 2 dell’articolo 9 della Convenzione e in quanto la Camera non ha ritenuto necessario soffermarsi sul rispetto delle altre esigenze previste dallo stesso paragrafo (vedi sentenza § 72, in fine).