Test di Italiano scritto - lettere.unitn.it · Scrivere sempre e solo in corsivo, non in...

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Università degli studi di Trento Facoltà di Lettere e Filosofia Anno accademico 2009/2010 Test di Italiano scritto Prof. Serenella Baggio

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Università degli studi di Trento

Facoltà di Lettere e Filosofia

Anno accademico 2009/2010

Test di Italiano scritto Prof. Serenella Baggio

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TEST di ITALIANO SCRITTO 2009-2010 Le 5 PROVE (4 per l’ordinamento 509, 1 in più per il 270): contenuti e finalità. Esercizio 1 - LISTA. Questa prova testa la competenza linguistica in fatti di lessico, morfologia, sintassi. Si parte dagli errori ricorrenti nelle prove scritte degli studenti: interferenze col parlato colloquiale e dialettale, anglicismi, malapropismi. In concreto si toccano problemi nella formazione del lessico astratto, nell’uso sintattico delle preposizioni e dei pronomi, nella scelta lessicale e sintattica adatta al contesto comunicativo (scrittura accademica). Agli errori (forme inesistenti) si avvicinano forme (esistenti) di colloquiali, o regionali, inadatte al registro richiesto dalla scrittura accademica. Gli studenti dovranno decidere quali escludere e dovranno trovare sostituti adeguati. Es.: a me mi piace: giusto? Sbagliato? Non appropriato? Come si sostituisce? Esercizio 2 – COMPLETAMENTO. La prova richiede la scelta di una parola adatta per completare frasi estrapolate da testi universitari. Non si tratta di termini specialistici, ma di un lessico colto, di alta frequenza, comune a diverse discipline accademiche. Le soluzioni possono essere più di una (sinonimi) e di questo si terrà conto nella correzione. Gli studenti devono fare attenzione al senso della frase, ai rapporti sintattici, al registro della scrittura accademica. Esercizio 3 - INTERPUNZIONE E PARAGRAFAZIONE. Testa la comprensione della struttura testuale e sintattica di un enunciato chiedendo di inserire i segni di punteggiatura, gli a capo, le divisioni dei paragrafi. Esercizio 4 - ANALISI DI UN TESTO. Richiede la lettura intelligente di un brano di natura saggistica, la sottolineatura dei connettivi logico-sintattici (confine di frase, periodo, paragrafo), l’evidenziazione della struttura argomentativa in forma di schema e infine il riassunto in forma breve (10 righe) e brevissima (2 righe). Riguarda, quindi, principalmente, la coerenza logica. Prova aggiuntiva per studenti dell’ordinamento 270. Esercizio 5 - IL TESTO ACCADEMICO. Partendo da tre brani di autori diversi si chiede di costruire un testo saggistico di 10 righe. Nel testo dovranno comparire in forma di citazione parole dei brani; attenzione alla forma di citazione. In nota verranno messi i riferimenti bibliografici in forma standardizzata (qualsiasi sistema si scelga lo si segua coerentemente), sulla base delle informazioni discorsive ricevute insieme ai brani. Si testano così la comprensione alla lettura, il montaggio delle informazioni, la conoscenza di convenzioni editoriali. Criteri di valutazione Elementi determinanti per la valutazione globale saranno: la comprensione e il rispetto delle consegne o richieste; la competenza linguistica in fatti di lessico, morfologia, sintassi; la proprietà del registro linguistico utilizzato; la coerenza logica e argomentativa delle sintesi e degli elaborati. Sulla base di tali elementi di valutazione, ad ogni esercizio sarà assegnato un punteggio, stabilito in

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base al livello di rispondenza alle richieste, di competenza linguistica evidenziata, di proprietà del registro linguistico adottato, di coerenza logica e argomentativa conseguita: la somma dei punti assegnati ad ogni esercizio produrrà un punteggio totale che sarà rapportato alla votazione in trentesimi e determinerà il voto d’esame. Questa la distribuzione dei punti tra i vari esercizi: Esercizio1 - LISTA: fino ad un massimo di 20 punti Esercizio 2 - VOCE DI DIZIONARIO: fino ad un massimo di 20 punti Esercizio 3 - INTERPUNZIONE E PARAGRAFAZIONE: fino ad un massimo di 20 punti Esercizio 4 - ANALISI DI UN TESTO: fino ad un massimo di 40 punti. Tale punteggio sarà assegnato sulla base della seguente articolazione: fino ad un massimo di 20 punti per il riassunto in forma breve (10 righe); fino ad un massimo di 10 punti per l’evidenziazione della struttura argomentativa in forma di schema; fino ad un massimo di 5 punti per la sottolineatura dei connettivi; fino ad un massimo di 5 punti per il riassunto in forma brevissima (2 righe) Esercizio 5 - IL TESTO ACCADEMICO fino ad un massimo di 30 punti. Anche tale punteggio sarà assegnato sulla base di un’articolazione: fino ad un massimo di 20 punti per il testo saggistico di 10 righe; fino ad un massimo di 10 punti per le forme di citazione e per i riferimenti bibliografici in forma standardizzata. Preparazione del test: la BIBLIOGRAFIA. Prove 1-4 (ordinamento 509 e 270) G. Basile, A.R. Guerriero, S. Lubello, Competenze linguistiche per l’accesso all’Università, Carocci, 2006 (con esercizi); M.Cerruti, M. Cini, Introduzione elementare alla scrittura accademica, Laterza, 2007; S. Fornasiero, S. Tamiozzo Goldmann, Scrivere l’italiano, Il Mulino, 2005. B. Mortara Garavelli, Prontuario di punteggiatura, Laterza, 2007. Prova 5 (solo ordinamento 270) G. Antonelli, L’italiano nella società della comunicazione, Il Mulino, 2007,

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Prova A (Test di settembre) a cura della prof.ssa Serenella Baggio

Indicazioni e consigli per lo svolgimento della prova La prova ha la durata di 2 ore. Per lo svolgimento della prova è necessario avere il libretto e un documento di riconoscimento; non è consentito l’uso del Dizionario; occorre usare solo i fogli che saranno consegnati. Gli studenti saranno pregati di lasciare i cellulari in custodia agli incaricati dell’assistenza alla prova e dovranno compilare subito, scrivendo in stampatello, i dati richiesti nel primo foglio e le intestazioni in tutti gli altri fogli della prova, per evitare possibili scambi di persona, in corso di correzione. Qualche consiglio e suggerimento Scrivere sempre e solo in corsivo, non in stampatello, con una grafia sobria, ordinata e non troppo marcata, per far leggere senza difficoltà le persone addette alla valutazione del vostro scritto; pertanto: - evitare scritture eccessivamente ‘personalizzate’, come quelle che portano a confondere la vocale “a”

con la vocale “o” o a rendere indecifrabili alcune consonanti (come ‘p’, ‘b’, ‘d’, ‘f’…); - non usare lo stampato maiuscolo (es.: ARTICOLO, MARE, SEMBRA), neanche per singole lettere

incastonate in parole scritte in minuscolo (del tipo: aRticolo, maRe, sEmbrA, …), data la funzione diversa delle minuscole e delle maiuscole; evitare anche le scritture sintetiche del tipo di quelle degli SMS e simili;

- meglio evitare il bianchetto per cancellare un’espressione o una parola che si vuole sostituire o espungere; è possibile fare le cancellature come in quest’esempio: .. dovendo dimostrare che la situazione era cambiata…(ed eventualmente soprascrivete, in modo leggibile);

- rispettare le convenzioni di editing più diffuse, anche se state scrivendo con la penna, come la sottolineatura dei titoli e delle parti in corsivo nel testo e i rientri di capoverso; ricordare anche che i segni paragrafematici (accenti, apostrofi, virgolette, parentesi, lineette, corsivi/grassetti ecc.) sono parte integrante di ogni testo, come la punteggiatura, che ne è una componente fondamentale.

Svolgere i vari esercizi senza superare il numero di righe che vengono assegnate. Un buon accorgimento è quello di strutturare, quando serve, il proprio testo in capoversi che segnalano al lettore la scansione tematica da voi ritenuta necessaria, e costituiscono perciò un importante elemento strutturale e semantico di quanto state scrivendo. Rispettare le indicazione della richiesta: diversamente il lavoro non sarà considerato positivo. Consigliamo, in proposito, di leggere e rileggere spesso quanto viene richiesto, in maniera da evitare ogni interpretazione parziale o fuorviante: le consegne sono proposte esplicite che vanno rispettate per eseguire correttamente gli esercizi richiesti con le caratteristiche e i ‘limiti’ che esse indicano.

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Esercizio1 - LISTA

Richiesta: indicare con una crocetta le forme giuste, sbagliate, non appropriate; sostituire le forme sbagliate o non appropriate con forme adatte al contesto di una scrittura accademica.

FORME giusta sbagliata non appropriata

sostituzione

degeneramento misuramento flessione fascicolamento aggravio aggraviamento gravezza disgravare gratulazione prende posto prende su e se ne va vi ho dovuto accompagnare sono dovuto andare si ha visto trasmesso in televisione trasmesso sulla televisione era il giorno dove non si lavorava era il giorno che non si lavorava io dicevo che il libro fosse costoso Esercizio 2 - COMPLETAMENTO Richiesta: completare le frasi inserendo un’ unica parola adatta al contesto. 1. Nell’immagine che ………..........................................… dalla combinazione della figura della

donna con l’elemento floreale, è possibile riscontrare tuttavia il riferimento ad un mito classico.

2. Si tratterebbe ancora una volta di una ispirazione classica, anche se ………............................…

dal riuso dantesco.

3. Ci sono quattro ……..........................................…… del pensiero evoluzionista in antropologia:

evoluzionismo unilineare, universale, multilineare, neodarwinismo.

4. Ma poi, quando sembra che la tesi debba essere ……..................................…… senza riserve e

ambiente animale e mondo umano paiono divaricarsi in una radicale eterogeneità, Heidegger la

ripropone.

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5. L’Europa occidentale .............................................................................. inoltre di altri beni che

scarseggiavano in Egitto: il legname, il ferro.

6. Economia naturale, economia monetaria, economia creditizia sono formule introdotte nel

…...................................................……… storiografico da Bruno Hildebrand.

Esercizio 3 - INTERPUNZIONE E PARAGRAFAZIONE Richiesta: aggiungere la punteggiatura (, : ; . ! ?), altri segni necessari alla comprensione (parentesi, trattini, virgolette); segnare l’a-capo (c) e la fine del paragrafo (p). Da un discorso di Piero Calamandrei (11 febbraio 1950)

cari colleghi noi siamo qui insegnanti di tutti gli ordini di scuole dalle

elementari alle università siamo qui riuniti in questo convegno che si

intitola alla Difesa della scuola perché difendiamo la scuola forse la

scuola è in pericolo qual è la scuola che noi difendiamo qual è il

pericolo che incombe sulla scuola che noi difendiamo può venire subito

in mente che noi siamo riuniti per difendere la scuola laica ed è

anche un po' vero ed è stato detto stamane ma non è tutto qui c'è

qualche cosa di più alto questa nostra riunione non si deve immiserire

in una polemica fra clericali ed anticlericali senza dire poi che si

difende quello che abbiamo ora siete proprio sicuri che in Italia noi

abbiamo la scuola laica che si possa difendere la scuola laica come se

ci fosse dopo l'art. 7 ma lasciamo fare andiamo oltre difendiamo la

scuola democratica la scuola che corrisponde a quella Costituzione

democratica che ci siamo voluti dare la scuola che è in funzione di

questa Costituzione che può essere strumento perché questa Costituzione

scritta sui fogli diventi realtà la scuola come la vedo io è un organo

costituzionale ha la sua posizione la sua importanza al centro di quel

complesso di organi che formano la Costituzione come voi sapete tutti

voi avrete letto la nostra Costituzione nella seconda parte della

Costituzione quella che si intitola l'ordinamento dello Stato sono descritti

quegli organi attraverso i quali si esprime la volontà del popolo

(continua)

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Esercizio 4 - ANALISI DI UN TESTO Giorgio Pasquali, Riflessi economici della critica testuale (1948)

A non accorgersi di errori testuali si corre rischio di spender denari invano. Un mio amico, che era in attesa di un incarico universitario, riceve dal preside un telegramma: «Incarico approvato, comunica subito lezioni», e nella gioia della notizia non riflette che «comunicare le lezioni » invece di «comunicare l’argomento delle lezioni» non è italiano, neppure italiano telegrafico, ed è assurdo. Risponde quindi per telegrafo: «Grazie argomento poesia ellenistica». Ma tornando a casa si accorge che quel «comunica» dev’essere errore di trasmissione per «comincia». Centocinque lire buttate dalla finestra.

Una signora toscana, mentre villeggia in un paese dell’Alto Veneto, riceve un espresso che le ingiunge di mandar subito le chiavi della sua abitazione di città, per la quale è necessario passare per riparare certi guasti del tetto. Telegrafa, nell’ingenua fiducia che il telegrafista veneto comprenda parole toscane che per lei sono normali: «Tranquillizzatevi chiamate magnano grimaldello via del Moro». Il telegrafista per «magnano», che non intende, trasmette «mandiamo». Chi riceve, persona poco avvezza alla critica congetturale, s’indispettisce per il dispaccio incomprensibile, e di lì a poco, non vedendo arrivare il grimaldello (quasi una signora usasse viaggiare con grimaldello nella borsetta), manda un secondo telegramma sdegnato e perentorio. Di qui un litigio telegrafico ed epistolare come tra ciechi che si tirano bòtte da orbi al buio.

Anche credere al testo manoscritto che uno ha decifrato o si è immaginato di decifrare, è errore che spesso è colpito da sanzioni. Un collega mi mandò anni sono un suo allievo, raccomandandomi di trovargli modo perché potesse vivere e studiare qui in Firenze. Gli risposi, tra l’altro: «Ha avuto una cattiva borsa, ma ne avrà una migliore». Per colpa della mia scrittura poco chiaro il venerato collega lesse base per borsa e credette di scorgere nella frase un’insultante allusione al suo insegnamento, tanto più velenosa perché gettata lì come a caso; e, senza dubitare della veridicità della lezione, mi scrisse una lettera inviperita. Io telegrafai: «Scrissi borsa non base». Anche qui spreco di lettere e telegrammi e, peggio, di bile.

Ma, se la fede non ragionata nell’infallibilità del testo che si ha dinanzi agli occhi, procura danni economici e turbamenti di umore, l’acume critico è invece rimunerato. La Nazione Italiana di Firenze ha bandito di questi giorni un concorso a premio tra lettori che identifichino nelle inserzioni economiche un certo numero di sbagli intenzionali, cioè introdottivi a bella posta dalla redazione. L’attività filologica non era stata sinora mai incoraggiata così da un giornale politico. Ma scommetterei che vincitore del concorso non riuscirà un filologo.

[Da La Fiera letteraria, III, n. 40, Roma, 26 dicembre 1948, p. I].

Richiesta:

sottolineare i connettivi logico-sintattici (confine di frase, periodo e paragrafo) indicare con uno schema la struttura argomentativa del testo riassumere il testo in 10 righe riassumere il testo in 2 righe

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Schema

Riassunto in 10 righe ................................................................................................................................................................

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Riassunto in due righe ................................................................................................................................................................

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Esercizio 5 - IL TESTO ACCADEMICO: COMPRENSIONE ALLA LETTURA, MONTAGGIO DELLE INFORMAZIONI, CONOSCENZA DI CONVENZIONI EDITORIALI. Richiesta: leggere attentamente i tre brani. Costruire un testo di 10 righe sul loro contenuto. Il testo deve contenere citazioni dai brani. In nota verranno messi i rimandi bibliografici riferiti alle citazioni, che dovranno esser scritti in forma standardizzata nelle righe sotto il testo.

Scrive il glottologo Giacomo Devoto, in un elzeviro del Corriere della Sera datato 13 dicembre 1968: “La persona umana è per natura non monolingue, ma almeno bilingue. In realtà dovremmo dire plurilingue, perché il nostro parlare è condizionato sempre dall’interlocutore: noi parliamo in modo diverso secondo che siamo in casa, all’ufficio, al supermercato, o in un istituto universitario; e parliamo in modo diverso anche con la stessa persona, secondo il nostro stato d’animo, controllato o abbandonato agli impulsi” (lo cita Oronzo Parlangeli presentando i saggi raccolti col titoli di La nuova questione della lingua, editi da Paideia di Brescia nel 1971, a p. 44).

Scrive il filosofo Franco Volpi, traduttore di Heidegger, in un discorso intitolato alla traduzione,

pubblicato sulla Repubblica del 7 luglio 2009: “anche rispetto alle persone che ci circondano noi siamo esseri condizionati dal nostro stare nel mondo e nella storia, in un linguaggio, e la nostra relazione è continuamente intrisa e sollecitata da un insieme di operazioni: di sintesi, di comprensione, di mediazione che dobbiamo compiere, tra quello che è il nostro orizzonte, la nostra prospettiva di essere finiti, limitati e quella degli altri. Da questo punto di vista credo che nel traduttore professionale venga a emergere (anche se probabilmente la maggior parte dei traduttori non se ne rende nemmeno conto) quella che è la tipica condizione umana, quella dell’uomo mediatore, dell’uomo articolatore, dell’uomo che continuamente deve gettare ponti ermeneutici tra quello che è il suo mondo e il mondo dell’altro, chiunque sia quest’altro – il suo prossimo, o qualcuno di una lingua lontana o di un secolo lontano”.

Scrive Luigi Pirandello nel romanzo Quaderni di Serafino Gubbio operatore, pubblicato in

seconda edizione a Firenze, per Bemporad, nel 1925: “Sono persuaso che la realtà che do agli altri corrisponde esattamente a quella che essi danno a se stessi perché cerco di sentirli dentro di me nel modo come essi vogliono essere” (Serafino è operatore cinematografico, gira scene con la cinepresa; ma forse la frase è adatta anche al traduttore, secondo quanto propone il linguista Benvenuto Terracini, nel suo saggio sul problema della traduzione, ripubblicato a Milano, da Serra e Riva nel 1983, a cura di Bice Mortara Garavelli, a p. 99).

Titolo: La traduzione ................................................................................................................................................................

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Rimandi bibliografici

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Osservazioni sulla prova A (Test di settembre) a cura della dott.ssa Paola Baratter e del dott. Nino Di Gennaro

Esercizio1 - LISTA

Richiesta: indicare con una crocetta le forme giuste, sbagliate, non appropriate; sostituire le

forme sbagliate o non appropriate con forme adatte al contesto di una scrittura accademica.

Osservazioni

Per questo esercizio i criteri di valutazione prevedevano un punteggio massimo di 20 punti. Per

determinare questo punteggio è stato adottato il criterio di penalizzare con 1 punto in meno ogni

indicazione completamente errata e con 0.50 punti in meno la risposte in cui ad una corretta

indicazione di forma ‘sbagliata’ o ‘errata’ ha fatto seguito una ‘sostituzione’ errata.

Frequenti infatti sono stati i casi in cui all’indicazione, corretta, di ‘sbagliata’ o ‘non appropriata’,

ha fatto seguito una sostituzione sbagliata o non appropriata. Esempio: dopo aver segnalato come

forme giusto sbagliato non appropriato degeneramento x degenerazione misuramento x misurazione, misura flessione x fascicolamento x fascicolazione, -tura aggravio x aggraviamento x aggravamento gravezza x disgravare x sgravare gratulazione x congratulazione prende posto x prende su e se ne va x si alza vi ho dovuto accompagnare x vi ho dovuti a. sono dovuto andare x si ha visto x si è visto trasmesso in televisione x alla t. trasmesso sulla televisione x alla t. era il giorno dove non si lavorava x in cui era il giorno che non si lavorava x in cui io dicevo che il libro fosse costoso

x era

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‘sbagliata’ la forma prende su e se ne va la sostituzione è stata effettuata con prenda su e se ne

vada1, forma ancora più inappropriata perché opera un’improbabile commistione tra il registro alto

del congiuntivo prenda e se ne vada e la locuzione del parlato prendi e vai, commistione non

ammissibile nella “scrittura accademica” che la richiesta imponeva di adottare. La sostituzione ovviamente non poteva essere attuata ricorrendo a perifrasi (come in trasmesso in

un contesto televisivo, al posto del corretto trasmesso alla televisione) o a cambio di parole (come

in accomodarsi/posizionarsi o si accomoda in sostituzione indebita della forma corretta prende

posto, oppure rilegatura al posto della forma sbagliata fascicolamento): tali scelte non rispondono

alla richiesta e vanificano l’obiettivo dell’esercizio. I campi in cui sono emerse difficoltà ricorrenti sono stati: l’uso delle reggenze, la competenza

lessicale e la variazione dei registri.

Per le reggenze è da rilevare l’alto numero di casi in cui non è stata individuata la corretta reggenza

alla nelle forme trasmesso in televisione e trasmesso in televisione.

La insufficiente competenza lessicale è emersa nella difficoltà che molti studenti hanno mostrato

nell’individuare le forme corrette per aggravio, gravezza, fascicolamento e, soprattutto, disgravare.

Notevoli difficoltà sono emerse anche nella correzione, quando è stata praticata, delle forme del

registro “basso” o colloquiale, quindi non accademico, di prende su e se ne va, o del dove e del

polivalente che al posto del corretto pronome relativo in cui nelle forme non appropriate era il

giorno dove non si lavorava ed era il giorno che non si lavorava.

Esercizio 2 - COMPLETAMENTO

Richiesta: completare le frasi inserendo un’ unica parola adatta al contesto.

1. Nell’immagine che scaturisce dalla combinazione della figura della donna con l’elemento floreale, è possibile riscontrare tuttavia il riferimento ad un mito classico.

2. Si tratterebbe ancora una volta di una ispirazione classica, anche se mediata dal riuso dantesco.

3. Ci sono quattro filoni del pensiero evoluzionista in antropologia: evoluzionismo unilineare, universale, multilineare, neodarwinismo.

4. Ma poi, quando sembra che la tesi debba essere abbandonata senza riserve e ambiente animale e mondo umano paiono divaricarsi in una radicale eterogeneità, Heidegger la ripropone.

5. L’Europa occidentale disponeva inoltre di altri beni che scarseggiavano in Egitto: il legname, il ferro.

1 Questo e gli esempi successivi sono tratti da elaborati svolti nella prova del 25.09.09

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6. Economia naturale, economia monetaria, economia creditizia sono formule introdotte nel dibattito storiografico da Bruno Hildebrand.

Osservazioni

Per questo esercizio i criteri di valutazione prevedevano un punteggio massimo di 20 punti. Per

determinare questo punteggio è stato adottato il criterio di assegnare 3,3 punti (con arrotondamento

per eccesso nella somma totale) per ogni inserimento corretto, 3 punti per ogni inserimento

accettabile, 0 punti per gli inserimenti non accettabili o non effettuati. L’ inserimento sopra indicato è quello più aderente e tratto dal testo originale. Nella correzione si è

adottato il criterio di considerare accettabili forme di inserimento che, pur discostandosi dal campo

semantico della parola usata nel testo originale, sono risultati comunque funzionali e hanno

consentito di realizzare una coerenza logica nella frase prodotta. Così, ad esempio, sono state

accolte come accettabili le forme correnti, tendenze, linee, scuole invece della forma del testo

origine filoni, ma non le forme teorie, concetti, fasi, movimenti (i filoni non possono essere

assimilati alle teorie ecc.). Anche manuale, dizionario , libro, trattato sono forme non accettabili al

posto del corretto dibattito storiografico: probabilmente l’errore è stato provocato dal riferimento a

Bruno Hildebrand, ma l’uso di manuale ecc. sarebbe stato accettabile solo se la frase fosse stata

Economia naturale, economia monetaria, economia creditizia sono formule introdotte nel

[manuale] storiografico [di] Bruno Hildebrand.

Ovviamente non sono stati accolti inserimento realizzati con più parole (esempio: era ricca invece

di disponeva), in quanto non rispondenti alla richiesta di inserire ‘un’unica’ parola.

Esercizio 3 - INTERPUNZIONE E PARAGRAFAZIONE Richiesta: aggiungere la punteggiatura (, : ; . ! ?), altri segni necessari alla comprensione (parentesi, trattini, virgolette); segnare l’a-capo (c) e la fine del paragrafo (p). Discorso di Pietro Calamandrei sulla scuola

Cari colleghi,

noi siamo qui insegnanti di tutti gli ordini di scuole, dalle elementari alle università [...]. Siamo qui

riuniti in questo convegno che si intitola alla Difesa della scuola. Perché difendiamo la scuola?

Forse la scuola è in pericolo? Qual è la scuola che noi difendiamo? Qual è il pericolo che incombe

sulla scuola che noi difendiamo? Può venire subito in mente che noi siamo riuniti per difendere la

scuola laica. Ed è anche un po' vero ed è stato detto stamane. Ma non è tutto qui, c'è qualche cosa di

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più alto. Questa nostra riunione non si deve immiserire in una polemica fra clericali ed anticlericali.

Senza dire, poi, che si difende quello che abbiamo. Ora, siete proprio sicuri che in Italia noi

abbiamo la scuola laica? Che si possa difendere la scuola laica come se ci fosse, dopo l'art. 7? Ma

lasciamo fare, andiamo oltre. Difendiamo la scuola democratica: la scuola che corrisponde a quella

Costituzione democratica che ci siamo voluti dare; la scuola che è in funzione di questa

Costituzione, che può essere strumento, perché questa Costituzione scritta sui fogli diventi realtà.

[…] (PARAGRAFO) La scuola, come la vedo io, è un organo "costituzionale". Ha la sua

posizione, la sua importanza al centro di quel complesso di organi che formano la Costituzione.

Come voi sapete (tutti voi avrete letto la nostra Costituzione), nella seconda parte della

Costituzione, quella che si intitola "l'ordinamento dello Stato", sono descritti quegli organi

attraverso i quali si esprime la volontà del popolo.

Osservazioni

Per questo esercizio i criteri di valutazione prevedevano un punteggio massimo di 20 punti. Per

determinare questo punteggio è stato adottato il criterio di penalizzare con 3 punti in meno ogni

errore grave di punteggiatura: si tratta di casi in cui la punteggiatura inserita non consente o

pregiudica gravemente una lettura e una comprensione certa del testo da parte del destinatario,

ostacola la progressione tematica del testo, produce un’alterazione semantica o un’incoerenza

logica nell’argomentazione. Sono stati valutati come meno gravi gli errori nella segnalazione degli

‘a-capo’ o dei ‘paragrafi’ e l’uso non necessario di alcuni segni d’interpunzione (in particolare

l’abuso delle parentesi, delle lineette e del punto esclamativo). Una considerazione fondamentale, che doveva guidare le scelte in questo esercizio e che è alla base

di ogni discorso sulla punteggiatura, è la funzione eminentemente sintattica dei segni

d’interpunzione. Occorreva insomma evitare “un antico errore: l’associare ai principali segni di

interpunzione la nozione di pausa” (vedi il testo - indicato nella bibliografia - di Bice Mortara

Garavelli, Prontuario di punteggiatura, Roma, Laterza, 2003, pp. 47 e segg.); la punteggiatura ha

infatti la prerogativa di “dare al lettore indicazioni riguardo all’architettura del testo, mettendone in

evidenza gli elementi costruttivi e le giunture” (Mortara- Garavelli, Prontuario di punteggiatura,

cit.).

Sono state accolte anche soluzioni diverse da quelle del testo originale, ma solo se rispettavano le

necessità sintattiche del testo e il senso delle frasi e del testo nel suo insieme. Ad esempio, è stata

accettata una soluzione come la seguente:

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Cari colleghi,

noi siamo qui, insegnanti di tutti gli ordini di scuole, dalle elementari alle università , siamo

qui riuniti in questo convegno, che si intitola alla Difesa della scuola, perché difendiamo la

scuola. Forse la scuola è in pericolo. Qual è la scuola che noi difendiamo? Qual è il

pericolo che incombe sulla scuola che noi difendiamo?

Si tratta di una punteggiatura notevolmente distante da quella del testo origine, non del tutto

soddisfacente, ma comunque accettabile perché la progressione tematica e il senso generale non è

alterato: un ostacolo alla progressione tematica è creato dalla frase Forse la scuola pubblica è in

pericolo, ma il contesto aiuta a togliere l’ambiguità che l’interrogativa retorica del testo origine non

aveva. Non è stata invece accettata la seguente proposta di punteggiatura:

Cari colleghi,

noi siamo qui insegnanti di tutti gli ordini di scuole, dalle elementari alle università. ©

siamo qui riuniti in questo convegno che si intitola: alla “Difesa della scuola”, perché

difendiamo la scuola. ©

Forse la scuola è in pericolo? Qual è la scuola che noi difendiamo? Qual è il pericolo che

incombe sulla scuola che noi difendiamo?

In tale soluzione, oltre agli a capo che interrompono indebitamente l’unitarietà delle affermazioni di

Calamandrei, vi è un uso dei punti fermi e dei punti interrogativi che crea un’ambiguità semantica.

Nel testo origine infatti vi sono una serie di interrogative retoriche che servono a richiamare

l’attenzione del pubblico su una serie di problemi (Perché difendiamo la scuola? Forse la scuola è

in pericolo? Qual è la scuola che noi difendiamo? Qual è il pericolo che incombe sulla scuola che

noi difendiamo?). Nella versione dell’esercizio, invece, l’interrogativa Forse la scuola è in

pericolo?, facendo seguito ad una serie di frasi affermative (siamo qui riuniti in questo convegno

che si intitola: alla “Difesa della scuola”, perché difendiamo la scuola.), risulta incoerente dal

momento che se c’è un convegno a difesa della scuola diventa contraddittorio chiedersi se la scuola

è in pericolo. Evidentemente non è stato adeguatamente compreso il carattere retorico delle

interrogative del testo origine.

Errori gravi sono anche quelli in cui i segni d’interpunzione vanificano il significato di una frase o

di un periodo. Si veda il seguente esempio:

Ma lasciamo fare, andiamo oltre, difendiamo la scuola democratica, la scuola che

corrisponde a quella Costituzione democratica che ci siamo voluti dare, la scuola che è in

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funzione di questa Costituzione! che può essere strumento! perché questa Costituzione

scritta sui fogli diventi realtà!

L’uso, meglio l’abuso, di punti esclamativi che interrompono una frase non ha giustificazione. Una

tale punteggiatura forse deriva da una approssimativa consapevolezza della funzione del punto

esclamativo. Si legga in Basile, G., Guerriero, A. R., Lubello, S., Competenze linguistiche per

l’accesso all’università, Roma, Carocci, 2006, p 97 - testo della bibliografia indicata per l’esame - :

“il punto esclamativo (!) indica una divisione netta e conclude una frase [sottolineatura del

redattore] e, soprattutto, serve a rappresentare il tono esclamativo (stupore, augurio, gioia, dolore,

comando, ecc.)” .

Un abuso di punti esclamativi è presente in vari esercizi, ma il tono coinvolgente del discorso di

Calamandrei non giustifica la disseminazione di punti esclamativi operata nei riassunti realizzati.

Errore frequente è quello di un uso anti-sintattico della virgola che spesso separa, senza necessità, il

soggetto dal predicato o due sintagmi che costituisco una inscindibile locuzione.

Esempi:

[...] questa nostra riunione, non si deve immiserire in una polemica [...];

[...] questa Costituzione che può essere strumento, perché questa Costituzione scritta sui

fogli diventi realtà;

[...] può venire subito in mente, che noi siamo riuniti per difendere la scuola laica [...].

Nel primo caso, la virgola separa indebitamente il soggetto riunione dal suo predicato non si deve

immiserire; negli altri due esempi si separa indebitamente la frase reggente dalla dipendente che è

necessariamente completiva e quindi parte integrante del periodo.

Frequente è stata l’incertezza o l’approssimazione nell’uso della virgola, spesso sostituito da inutili

segni di parentesi, di cui, in alcune prove, vi è largo abuso. Si veda questo segmento di un esercizio:

[...] Può venire subito in mente che noi siamo riuniti per difendere la scuola laica, ed è

anche un po’ vero (ed è stato detto stamani), ma non è tutto qui - c’è qualcosa di più alto;

Di norma, a parte usi marcati in scritti letterari, le parentesi indicano segmenti che possono essere espunti,

cioè tolti, dalla frase o dal periodo, senza intaccarne il senso (cfr. Mortara Garavelli, cit., p.105). In Basile,

G., Guerriero, A. R., Lubello, S., Competenze linguistiche per l’accesso all’università, cit., p 97, delle

parentesi tonde si dice che sono usate “per marcare in modo molto netto un inciso o delle informazioni

17

aggiuntive”. Nell’esempio sopra riportato le parentesi non sono giustificate da alcuna necessità di marcatura,

né delimitano informazioni aggiuntive; il segmento riportato, al contrario, fa parte di un periodo le cui frasi

sono strettamente e logicamente concatenate in una rigorosa argomentazione. Considerazioni analoghe valgono anche per l’abuso di lineette o trattini (lunghi) che dovrebbero essere usati

“per isolare le battute di un dialogo oppure per isolare un inciso” (cfr. Basile, G., Guerriero, A. R., Lubello,

S., Competenze linguistiche per l’accesso all’università, cit., p.97). L’insistenza sull’uso delle lineette, oltre

che non essere funzionale, rischia di creare inutili difficoltà alla lettura.

Anche per i puntini sospensivi occorre fare consapevole uso, e quindi evitare soluzioni come Ma lasciamo

fare, andiamo oltre ... difendiamo la scuola democratica. In proposito si legga in Basile, G., Guerriero, A.

R., Lubello, S., Competenze linguistiche per l’accesso all’università, cit., p. 97: “i puntini sospensivi (...)

indicano appunto la sospensione della frase, lasciando sottintendere altro”. E nel caso in questione non c’è né

sospensione, né sottinteso.

Esercizio 4 - ANALISI DI UN TESTO

Giorgio Pasquali, Riflessi economici della critica testuale (1948)

A non accorgersi di errori testuali si corre rischio di spender denari invano. Un mio amico, che era in attesa di un incarico universitario, riceve dal preside un telegramma: «Incarico approvato, comunica subito lezioni», e nella gioia della notizia non riflette che «comunicare le lezioni » invece di «comunicare l’argomento delle lezioni» non è italiano, neppure italiano telegrafico, ed è assurdo. Risponde quindi per telegrafo: «Grazie argomento poesia ellenistica». Ma tornando a casa si accorge che quel «comunica» dev’essere errore di trasmissione per «comincia». Centocinque lire buttate dalla finestra.

Una signora toscana, mentre villeggia in un paese dell’Alto Veneto, riceve un espresso che le ingiunge di mandar subito le chiavi della sua abitazione di città, per la quale è necessario passare per riparare certi guasti del tetto. Telegrafa, nell’ingenua fiducia che il telegrafista veneto comprenda parole toscane che per lei sono normali: «Tranquillizzatevi chiamate magnano grimaldello via del Moro». Il telegrafista per «magnano», che non intende, trasmette «mandiamo». Chi riceve, persona poco avvezza alla critica congetturale, s’indispettisce per il dispaccio incomprensibile, e di lì a poco, non vedendo arrivare il grimaldello (quasi una signora usasse viaggiare con grimaldello nella borsetta), manda un secondo telegramma sdegnato e perentorio. Di qui un litigio telegrafico ed epistolare come tra ciechi che si tirano bòtte da orbi al buio.

Anche credere al testo manoscritto che uno ha decifrato o si è immaginato di decifrare, è errore che spesso è colpito da sanzioni. Un collega mi mandò anni sono un suo allievo, raccomandandomi di trovargli modo perché potesse vivere e studiare qui in Firenze. Gli risposi, tra l’altro: «Ha avuto una cattiva borsa, ma ne avrà una migliore». Per colpa della mia scrittura poco chiaro il venerato collega lesse base per borsa e credette di scorgere nella frase un’insultante allusione al suo insegnamento, tanto più velenosa perché gettata lì come a caso; e, senza dubitare

18

della veridicità della lezione, mi scrisse una lettera inviperita. Io telegrafai: «Scrissi borsa non base». Anche qui spreco di lettere e telegrammi e, peggio, di bile.

Ma, se la fede non ragionata nell’infallibilità del testo che si ha dinanzi agli occhi, procura danni economici e turbamenti di umore, l’acume critico è invece rimunerato. La Nazione Italiana di Firenze ha bandito di questi giorni un concorso a premio tra lettori che identifichino nelle inserzioni economiche un certo numero di sbagli intenzionali, cioè introdottivi a bella posta dalla redazione. L’attività filologica non era stata sinora mai incoraggiata così da un giornale politico. Ma scommetterei che vincitore del concorso non riuscirà un filologo.

[Da La Fiera letteraria, III, n. 40, Roma, 26 dicembre 1948, p. I] Richiesta:

sottolineare i connettivi logico-sintattici (confine di frase, periodo e paragrafo) indicare con uno schema la struttura argomentativa del testo riassumere il testo in 10 righe riassumere il testo in 2 righe

Osservazioni

I connettivi

La corretta sottolineatura dei connettivi comportava l’attribuzione di 5 punti. Un punteggio inferiore

è stato determinato da omissioni di sottolineatura di alcuni connettivi significativi o da alcune

incertezze (confusione tra connettivi e semplici congiunzioni tra parole, sottolineatura di connettivi

e insieme di segni d’interpunzione). Non sono stati attribuiti punti (quindi 0 punti) ai tanti esercizi

in cui, per mancata conoscenza della nozione di connettivo, non vi è alcuna sottolineatura di

connettivi o sono stati segnati come connettivi i segni d’interpunzione che indicano i ‘confini’ di

frase, periodo o paragrafo (bisognava invece sottolineare i connettivi che sono collocati sul confine

di frase, periodo o paragrafo).

Per la nozione di connettivi si rinvia alla bibliografia indicata per la preparazione all’esame e in

particolare alle pp. 59- 63 di Cerruti M., Cini M., Introduzione elementare alla scrittura

accademica, Roma-Bari, Laterza, 2007. La struttura argomentativa

Per questa parte dell’esercizio era stato stabilito un punteggio massimo di 10 punti. Nella maggior

parte dei lavori è mancata di fatto l’esplicitazione della struttura argomentativa del testo

(enucleazione di tesi, argomenti/argomentazioni, esempi, fonti, rinforzo, confutazioni,

riserve/qualificatori, conclusione), sostituita di solito o da uno schema di sintesi, a volte costruito

anche con linee e frecce che evidenziavano relazioni tra i temi, o da un semplice elenco di temi

presenti nel testo origine. L’attribuzione dei punti è stata quindi stabilita sulla base della seguente

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scala: schema/struttura in cui siano presenti tesi,argomenti (eventualmente anche fonte, riserva,

rinforzo), conclusioni: 10 punti, se tesi, argomentazioni e conclusione sono aderenti al testo e non

presentano errori, con penalizzazioni per ogni errore o resa testuale non corretta; schema/struttura in

cui siano presenti tesi e argomenti (eventualmente anche fonte, riserva, rinforzo): 8-9 punti, con la

riserva di possibili penalizzazioni; schema/struttura in cui compaiono argomenti (ed eventualmente

un’introduzione o un titolo): 6-7 punti, con la riserva di possibili penalizzazioni; schema di sintesi o

mappa di sintesi in cui sono indicate, tramite frecce o altro, relazioni logiche

comprensibili/plausibili: fino a un massimo di 5 punti, in assenza di errori o rese testuali non

adeguate; schemi di sintesi corrette e chiare, senza alcuna indicazione di relazione logica tra i

contenuti indicati: fino ad un massimo di 4 punti; schema costituito solo da un elenco ordinato e

corretto dei temi: fino ad un massimo di 3 punti; elenco di temi non completo o disordinato: 2 punti;

elenco incompleto e con errori: 1 punto.

Per la trattazione del testo argomentativo e della struttura argomentativa si vedano le pagine

dedicate all’argomento nel capitolo quarto Il testo accademico come testo argomentavo di di Cerruti

M., Cini M., Introduzione elementare alla scrittura accademica, Roma-Bari, Laterza, 2007: in

particolare si leggano le pp. 50-54 e le pp. 70-96 che riportano vari esempi di analisi della struttura

argomentativa nei testi. Il riassunto in 10 righe

Per questo esercizio il punteggio massimo previsto era di 20 punti (12 punti sono assegnati ad un

lavoro sufficiente).

Per una sintesi efficace, un’operazione preliminare da compiere è, ovviamente, un’ attenta lettura

per una sicura comprensione del testo origine2, operazione che in alcuni casi è stata sottovalutata,

con conseguenti gravi incomprensioni. Una superficiale lettura ha comportato una indebita

inferenza:

In una lettera di accettazione di un incarico, per esempio, scambiare una parola per

un’altra può provocare un malinteso e [...] impedire l’assegnazione del posto di lavoro.

Una lettura attenta consente di verificare che l’autore non lascia assolutamente pensare ad una

mancata assegnazione del posto di lavoro.

Una sintesi non aderente al t.o., conseguenza di superficiale lettura o di resa testuale poco chiara, è

anche la seguente:

2 D’ora in poi: t.o.

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La Nazione Italiana di Firenze, bandì un concorso a premio. Il fine di tale concorso era di

evitare tali errori.

Chi doveva evitare tali errori? Il giornale o i lettori? L’ambiguità semantica è notevole, anche

perché il fine del concorso è premiare chi individua gli errori.

Operazione successiva dovrebbe essere, in un riassunto, l’individuazione dei temi presenti nel t.o. e

la loro gerarchizzazione, per riformulare in forma sintetica le informazioni più importanti e

fondamentali che dovranno necessariamente comparire nel riassunto.

Solo dopo queste operazioni, comprensione e gerarchizzazione, è possibile procedere alla scrittura

di un riassunto, per il quale bisogna ovviamente tener presente - sin dall’inizio - lo spazio a

disposizione ed evitare di adottare, come è avvenuto in qualche prova, modalità di riassunto non

coerenti: sintesi articolate e dettagliate per alcune unità informative, magari non fondamentali, e

sintesi compresse e telegrafiche per altre unità informative, magari fondamentali; oppure, sintesi

abbastanza curate per buona parte del t. o. e sintesi affrettate per la parte finale del t. o., dovute alla

necessità di contenerle nelle poche righe finali rimaste a disposizione. Si veda questo riassunto:

Un futuro docente universitario spreca 105 lire per comunicare al Preside il contenuto delle

sue lezioni, mentre questi voleva solamente dirgli di cominciarle subito. Una signora

toscana, in vacanza in Veneto, si trova a litigare telegraficamente con il suo corrispondente

per colpa del telegrafista che non interpretava correttamente certe parole da lei scritte. Un

altro esempio di malintesi, che portano a uno spreco di soldi e inclinazione di rapporti, può

essere quello della “cattiva” calligrafia, che può far capire una parola per un’altra.

Chi da tutto questo ingarbugliamento di interpretazioni e attribuzioni, ne esce sempre

pressoché indenne, se non addirittura ricompensato, sono coloro dotati di un particolare

acume critico.

Evidente lo squilibrio tra la prima parte della sintesi, abbastanza curata anche se da correggere per

alcune rese testuali non felici, e le ultime due righe che sono generiche, prive di informatività, e non

consentono di comprendere una questione centrale nell’argomentazione di Pasquali (se gli errori

procurano danni, “l’acume critico è invece rimunerato”). Nell’ esempio, inoltre, emerge anche un

altro limite presente in numerosi lavori: si riassume giustapponendo le frasi o i periodi, senza

preoccuparsi di dare al testo la necessaria progressione tematica ( legare cioè logicamente le varie

considerazioni o informazioni esposte); nell’esempio è l’ultima frase ad essere giustapposta, senza

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un chiaro legame logico con quanto scritto precedentemente, anzi con un legame ambiguo e non

aderente al testo.

In buona parte dei riassunti la difficoltà maggiore è emersa nell’utilizzo degli esempi: spesso,

infatti, gli esempi sono stati solo accennati senza chiarirne il contenuto esemplificativo, cioè si è

usato un esempio che non esemplifica e quindi un esempio inefficace. Non solo, ma spesso gli

esempi sono stati descritti con una resa testuale che consente solo al lettore destinatario che ha già

letto il testo origine di comprenderne il contenuto; ma un tale riassunto non risponde alla sua

funzione fondamentale, quella di riportare gli elementi fondamentali del contenuto di un brano ad

un destinatario che non vuole o non può leggere direttamente il testo origine; un destinatario che per

comprendere un riassunto deve leggersi il testo origine fa una fatica inutile (tanto vale che si legga

direttamente il t. o.!) e probabilmente non rivolgerà pensieri gentili a chi ha scritto il riassunto. Si

leggano i seguenti accenni ad esempi che non hanno contenuto:

Un giorno un docente universitario in attesa di cominciare le lezioni leggendo

frettolosamente il telegramma giunto dal Preside interpretò in maniera errata quanto scritto

dal superiore.

Un tale esempio, privo di altri riferimenti testuali, non serve a far comprendere al lettore

destinatario che “A non accorgersi di errori testuali si corre rischio di spender denari invano”. Altro

accenno:

È necessario fare attenzione a quanto si legge perché può accadere di leggere una parola

per un’altra, come nel caso di un docente che interpretò una parola passando da un

contenuto positivo ad uno negativo.

Chi legge non comprende di cosa si sta parlano e comunque capisce solo che bisogna leggere con

attenzione, mentre nel t.o. l’esempio serviva ad avvertire che “credere al testo manoscritto che uno

ha decifrato o si è immaginato di decifrare, è errore che spesso è colpito da sanzioni” e comporta

“spreco di lettere e telegrammi e, peggio, di bile”.

Si legga il seguente segmento di riassunto in cui, invece, l’esempio sintetizzato assolve

compiutamente al suo scopo:

Omettere errori testuali può causare un inutile spreco di denaro: un mio amico ha speso

105 lire per un telegramma di risposta al preside che gli aveva scritto erroneamente di

comunicare le lezioni anziché cominciarle.

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Una scelta non ottimale, ma possibile ed accettabile, è anche quella, operata in alcuni lavori, di non

far riferimento agli esempi, ma solo alla tipologia di errori testuali che comportano “perdita di

denaro” e “bile”. In tali soluzioni il riassunto diventa comprensibile per il lettore destinatario anche

se l’assenza di esempi concreti rende meno immediata e solida la comprensione dei problemi

sollevati da Pasquali nel suo scritto. Si veda il seguente esempio in un riassunto:

[...] A favore di questa tesi Pasquali fornisce alcuni esempi di malintesi derivanti

dall’erronea battitura di telegrammi, e di errori che, a causa della fretta o

dell’inesperienza, non vengono corretti dal ricevente dando così origine ad incomprensioni.

Si tenga presente, infine, che per un buon riassunto non è necessario sintetizzare tutti gli esempi,

ma, appunto perché si tratta di riassunto, è sufficiente riportarne compiutamente uno solo a

sostegno della tesi sostenuta dall’autore del t.o. (regola non codificata, ma abitualmente praticata

nei riassunti).

Il riassunto, tipologia di riscrittura che ha la funzione di ripresentare un testo in forma più sintetica,

deve inoltre essere distinto da una recensione, da un’analisi o da un commento sul testo. Pertanto,

formule di apertura del tipo “Il testo di Giorgio Pasquali vuole mostrare come ... , La

conclusione cui giunge Pasquali è dunque che ...” sono funzionali ad un commento o ad

un’analisi del testo, non ad una sua sintesi. Analogamente non vi è ragione di articolare la sintesi

con continui richiami alla struttura del testo, come “... L’autore inizia col parlare di ...”, “Parla

anche di una sua esperienza ...”, “Infine aggiunge che il giornale ...” richiami che sono coerenti

solo se si procede ad una dettagliata analisi testuale.

Il riassunto in 2 righe

L’esercizio imponeva di condensare in due righe il contenuto di un brano, operazione possibile solo

se sono chiari i temi principali e la loro gerarchia. Ovviamente un riassunto, che ha come scopo la

trasmissione delle informazioni essenziali di un testo, non può essere ridotto, anche quando è in

due righe, ad un commento ( “Una particolare attenzione nella produzione del linguaggio può

evitare spiacevoli conseguenze, non solo in ambito strettamente letterario”; “Bisogna sempre

rispettare le regole di una lingua per farsi comprendere da tutti ed evitare situazioni

spiacevoli”), o ad una indicazione di temi molto generica che non consegna al lettore destinatario

informazioni concrete o dà informazioni non essenziali (“Per colpa di scritture incomprensibili o

di errori da lettura si può interpretare in maniera differente un telegramma”).

Una sintesi abbastanza efficace è invece la seguente:

23

L’assenza di acume critico nella lettura di un brano reca spesso con sé spiacevoli equivoci e

spese inutili. L’accortezza nella lettura è, talvolta, fonte di profitto

Errori di sintassi e di resa testuale

Alcuni lavori presentano nei riassunti peculiari errori di sintassi o di resa testuale che potranno

essere esaminati in sede di visione individuale dei singoli elaborati. In questa sede è utile segnalare

alcune difficoltà di ordine lessicale e semantico che sono all’origine di rese testuali, cioè

rielaborazioni di concetti del testo su cui si lavora per il riassunto o altre riscritture, che comportano

fraintendimenti, generano confusione in chi legge, si allontanano dai significati del testo origine.

Alcuni esempi:

Tali disagi, nati dalla mancata infallibilità dei testi, hanno ispirato un nuovo concorso a

premi bandito dalla Nazione Italiana di Firenze per incentivare l’attività filologica

all’interno di scritti economici.

Le “inserzioni economiche” del t. o. non sono scritti economici: si tratta di due tipologie molto

diverse.

Bisogna fare molta attenzione a ciò che si legge e che si scrive, perché vi è il rischio di

offendere o non venir compresi, col rischio di sanzioni economiche da pagare

L’esborso di denaro per riparare ai fraintendimenti dei telegrammi non si configura come sanzione

economica, che è una sorta di pena da pagare per un’infrazione ad una legge o regolamento.

La capacità critica di scorgere errori testuali può servire per partecipare ad un concorso,

volto a premiare quest’ inconsapevole destrezza.

La capacità critica non può essere un’inconsapevole destrezza, in quanto la capacità critica non è

una destrezza e non può assolutamente essere inconsapevole.

[...] un signore che spese soldi per spedire una risposta ad una lettera in cui non vi era

alcuna domanda [riferito all’amico in attesa di incarico universitario, ndr]

[...] oppure si corre il rischio di un litigio nel caso in cui il mittente desse per scontata la

comprensione di alcuni significati di parole, le quali invece possono venire fraintese dal

ricevente

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Si tratta di rielaborazioni confuse e incomprensibili per il lettore destinatario, che non è aiutato

nemmeno dal contesto del riassunto in cui sono inserite.

Esercizio 5 - IL TESTO ACCADEMICO: COMPRENSIONE ALLA LETTURA,

MONTAGGIO DELLE INFORMAZIONI, CONOSCENZA DI CONVENZIONI

EDITORIALI.

Richiesta: leggere attentamente i tre brani. Costruire un testo di 10 righe sul loro contenuto. Il

testo deve contenere citazioni dai brani. In nota verranno messi i rimandi bibliografici riferiti alle

citazioni, che dovranno esser scritti in forma standardizzata nelle righe sotto il testo.

Scrive il glottologo Giacomo Devoto, in un elzeviro del Corriere della Sera datato 13 dicembre

1968: “La persona umana è per natura non monolingue, ma almeno bilingue. In realtà dovremmo dire plurilingue, perché il nostro parlare è condizionato sempre dall’interlocutore: noi parliamo in modo diverso secondo che siamo in casa, all’ufficio, al supermercato, o in un istituto universitario; e parliamo in modo diverso anche con la stessa persona, secondo il nostro stato d’animo, controllato o abbandonato agli impulsi” (lo cita Oronzo Parlangeli presentando i saggi raccolti col titoli di La nuova questione della lingua, editi da Paideia di Brescia nel 1971, a p. 44).

Scrive il filosofo Franco Volpi, traduttore di Heidegger, in un discorso intitolato alla traduzione,

pubblicato sulla Repubblica del 7 luglio 2009: “anche rispetto alle persone che ci circondano noi siamo esseri condizionati dal nostro stare nel mondo e nella storia, in un linguaggio, e la nostra relazione è continuamente intrisa e sollecitata da un insieme di operazioni: di sintesi, di comprensione, di mediazione che dobbiamo compiere, tra quello che è il nostro orizzonte, la nostra prospettiva di essere finiti, limitati e quella degli altri. Da questo punto di vista credo che nel traduttore professionale venga a emergere (anche se probabilmente la maggior parte dei traduttori non se ne rende nemmeno conto) quella che è la tipica condizione umana, quella dell’uomo mediatore, dell’uomo articolatore, dell’uomo che continuamente deve gettare ponti ermeneutici tra quello che è il suo mondo e il mondo dell’altro, chiunque sia quest’altro – il suo prossimo, o qualcuno di una lingua lontana o di un secolo lontano”.

Scrive Luigi Pirandello nel romanzo Quaderni di Serafino Gubbio operatore, pubblicato in

seconda edizione a Firenze, per Bemporad, nel 1925: “Sono persuaso che la realtà che do agli altri corrisponde esattamente a quella che essi danno a se stessi perché cerco di sentirli dentro di me nel modo come essi vogliono essere” (Serafino è operatore cinematografico, gira scene con la cinepresa; ma forse la frase è adatta anche al traduttore, secondo quanto propone il linguista Benvenuto Terracini, nel suo saggio sul problema della traduzione, ripubblicato a Milano, da Serra e Riva nel 1983, a cura di Bice Mortara Garavelli, a p. 99).

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Osservazioni

La costruzione del testo

La richiesta esigeva la costruzione di un testo sulla base del contenuto dei tre brani. Non si

chiedeva un riassunto o una parafrasi dei tre brani, ma un testo autonomo costruito su di essi, dal

titolo La traduzione.

La forma riassunto è invece alla base di molti elaborati. Si legga per tutti il seguente esempio:

Nei brani si discutono, da tre punti di vista differenti, diverse modalità di relazioni

interpersonali. In particolare, nel primo estratto un glottologo ritiene che [...]; mentre

Pietrangeli sottolinea [...]. Volpi vede nel traduttore [...]. Pirandello evidenzia [...].

Da questo esempio emerge un altro errore ricorrente, cioè il fatto che molti studenti hanno

incentrato il proprio elaborato su un argomento diverso da quello richiesto dal titolo, ossia La

traduzione.

In qualche caso la modalità riassunto è stata invece mediata dal tentativo di creare una cornice

d’inquadramento dei tre brani autonoma e persona e, soprattutto, coerente con il titolo proposto:

I tre testi rimandano tutti ad un comune argomento: la traduzione.

Anche chi non ha adottato la modalità riassunto ha però spesso costruito un testo operando sulla

base di inferenze e interpretazioni soggettive, dovute anche ad una lettura non attenta e, in alcuni

casi, a una sostanziale incomprensione dei testi proposti. Nel testo che si propone di seguito vi è

un’evidente deviazione dal senso complessivo dei tre brani: la persona non è plurilingue solo perché

interagisce con gli altri in base alle situazioni ed al suo stato d’animo. Una lettura attenta e un

conseguente corretto lavoro di costruzione del testo avrebbe dovuto consentire di individuare il

senso profondo che accomuna i tre brani: non le diverse modalità con le quali ciascuno si rapporta

all’altro, ma l’idea di una traduzione non limitata alla trasposizione di parole da una lingua all’altra,

bensì di concetti e di visioni del mondo.

L’essere umano non deve essere considerato solo, chiuso nel suo mondo, perché in realtà

cerca gli altri e il pensiero degli altri in tutte le sue azioni. Come sostiene Giacomo Devoto:

«la persona umana è [...] plurilingue», ma questo vuol dire solo che interagisce con gli altri

in base ala situazione ed al suo stato d’animo; è questa un osservazione sostenuta anche da

F. Volpi, che afferma «Noi siamo esseri condizionati dal nostro stare al mondo!. Ma lo

26

siamo anche dalla nostra percezione di noi stessi; immaginiamo un “Io” perfetto. E

vogliamo essere visti così ! Vogliamo sia così realmente [...].

Si noti, inoltre, la mancanza dei numeri di rimando alla nota; come in altri casi, anche in questo

elaborato lo studente a fine testo ha elencato una serie di testi, senza collegarli alle varie citazioni.

Un altro errore ricorrente riguarda la resa testuale e la comprensione del testo relativa al terzo brano

proposto, i cui contenuti sono stati ripresi in quasi tutti gli elaborati, ma raramente in forma corretta.

Si veda il seguente esempio (in cui è presente anche un’errata concordanza tra soggetto e predicato),

in cui la citazione è fuorviante, in quanto non si esplicita che non è stato Pirandello ad affermare

questo, bensì il un suo personaggio, Serafino Gubbio, operatore cinematografico.

Importante è anche le sensazioni che si trasmettono, perché come disse Pirandello: «Sono

persuaso che la realtà che do agli altri corrisponda esattamente a quella che essi danno a

se stessi, perché cerco di sentirli... nel modo come essi vogliono essere”3.

In qualche caso la citazione ha dato luogo ad incomprensioni sostanziali:

Le persone potrebbero trovare il loro «rifugio» nei film, come scrive Pirandello nel

romanzo Quaderni di Serafino Gubbio «...cerco di sentirli dentro di me nel modo come essi

vogliono essere»2.

Vogliamo sia così realmente, e sperando pensino tutti come Pirandello, che scriveva: “Sono

persuaso che la realtà che dò agli altri [è] quella che essi danno a se stessi». Ma non sempre

il giudizio degli altri è giusto!

Numerose sono le citazioni poco significative presente negli elaborati, ma la seguente le supera

tutte (in rosso un errore ortografico e l’indicazione di una citazione non letterale, oltre che

sintatticamente scorretta):

Con questo si staura un dialogo plurilingue perché condizionato dall’interlocutore, ma

anche : «A seconda se siamo in casa, all’ufficio, al supermercato o in un istituto

universitario»2.

Un esempio complessivamente positivo, in cui si segnala comunque la presenza di qualche

imprecisione linguistica, è il seguente:

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L’essere umano si relaziona con i suoi simili attraverso quello specialissimo sistema di

comunicazione che è il linguaggio. Sappiamo che nel mondo esistono migliaia di lingue

differenti e confidiamo nei traduttori per conoscere testi e discorsi di lingue a noi

sconosciute. In realtà compiano noi stessi ogni giorno un atto di traduzione inconsapevole

dal pensiero alla parola, al discorso che possa essere compreso da “un altro” rispetto a

noi. Pur comunicando nella stessa lingua del suo ascoltatore o lettore, il filosofo Franco

Volpi sostiene che l’uomo «continuamente deve gettare ponti [...] tra quello che è il suo

mondo e quello dell’altro»1. E in effetti alcuni linguisti, come Giacomo Devoto, sostengono

che, in questo suo sforzo, l’uomo è sempre «plurilingue, perché il nostro parlare è

condizionato sempre dall’interlocutore».

Le citazioni

Le citazioni, ampiamente trattate nella bibliografia indicata per la preparazione all’esame, per essere

corrette dovevano rispettare le seguenti convenzioni:

essere significative, cioè trasmettere concetti essenziali e necessari per dare senso al testo

che si sta scrivendo;

essere trascrizioni integrali e fedeli - senza manomissioni o manipolazioni non

adeguatamente segnalate - di segmenti del testo da cui sono tratte;

essere virgolettate e accompagnate da un numero che rimanda ad una nota da collocare a piè

di pagina (come espressamente indicato nella richiesta);

essere inserite armonicamente nel testo prodotto, cioè essere collegate sintatticamente e

logicamente con il resto della frase o del periodo in cui sono collocate

Il mancato rispetto di ognuna di queste convenzioni ha inciso negativamente nella determinazione

del giudizio complessivo.

La bibliografia

Nella maggior parte dei lavori la bibliografia redatta è assolutamente fuori dalle convenzioni

universalmente accettate. Eppure nella bibliografia consigliata la trattazione in merito è ampia ed

esauriente: si leggano le pp. 118-136 in Cerruti M., Cini M., Introduzione elementare alla scrittura

accademica, Bari-Roma, Laterza, 2007.

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Anche se non esistono indicazioni univoche sulla bibliografia, vi sono comunque norme

convenzionali universalmente accolte che è indispensabile rispettare in ogni scrittura accademica e

che comunque devono essere conosciute per redigere un qualsiasi lavoro a livello universitario.

Norme universalmente accolte:

cognome e nome dell’autore o degli autori in prima sede

il corsivo (nel nostro caso la sottolineatura) per i titoli, che devono sempre seguire il

cognome e nome dell’autore

indicazione di ‘a cura di’ dopo il cognome e nome in caso di un curatore, il cui cognome e

nome precede sempre il titolo

indicazione di luogo, editore e data: l’ordine può essere diverso, ma le tre indicazioni ci

devono essere; la data può essere collocata sia dopo il cognome e nome dell’autore, sia

dopo l’indicazione del luogo di edizione e dell’editore

la convenzione adottata su data, luogo ed editore deve essere rispettata costantemente in tutti

i rimandi bibliografici

la segnalazione del saggio all’interno di un’opera miscellanea o di una rivista o di un

periodico si realizza indicando nell’ordine: cognome e nome dell’autore del saggio, titolo in

corsivo del saggio, l’indicazione “in” seguita da cognome e nome dell’autore o curatore

dell’opera miscellanea, titolo in corsivo dell’opera miscellanea oppure titolo tra virgolette

per rivista o periodico (numero, fascicolo o mese, anno per riviste; giorno, mese e anno per i

quotidiani), luogo di edizione, editore, data, eventuali pagine

indicazione della pagina (p./pag.) o delle pagine (pp./pagg.) per le citazioni, soprattutto se si

tratta di saggi o riviste (nell’esercizio proposto le pagine sono sempre indicate)

A proposito dell’uso di Ibidem, Ivi, cit. o op. cit., si ricordano le seguenti convenzioni:

o cit. Innanzitutto, cit. o op. cit. stanno per “opera citata”. Si usa quando nel capitolo (o

paragrafo) che si sta scrivendo si è già citata bibliograficamente per esteso l’opera in

questione, ma non nella nota immediatamente precedente (vedi Ivi e Ibidem).

In nota, si scriverà: Rossi M., Titolo dell’opera (in corsivo), cit., p. 5.

o Ivi, che va scritto sempre in corsivo, si usa quando bisogna inserire una citazione

bibliografica che fa riferimento alla stessa opera della nota immediatamente precedente, ma

a un diverso numero di pagina.

In nota si scriverà: Ivi (in corsivo), p. 5.

29

o Ibidem, come Ivi (anche per l’uso del corsivo), si usa quando bisogna inserire una citazione

bibliografica che fa riferimento alla stessa opera della nota immediatamente precedente, ma

a differenza di Ivi deve essere uguale anche il numero di pagina.

In nota si scriverà: Ibidem (in corsivo); non è più necessario inserire nuovamente il numero

di pagina, perché è lo stesso indicato nella nota precedente.

Il mancato rispetto di ognuna di queste norme convenzionali ha inciso negativamente nella

determinazione del giudizio complessivo.

Determinazione del voto e del giudizio

Come già anticipato in sede di presentazione del test, alla prova è stato attribuito un massimo di 30

punti, corrispondente ad un voto di 30/30, sulla base della seguente suddivisioni: un massimo di 20

punti per la costruzione del testo, un massimo di 5 punti per le citazioni, un massimo di 5 punti per

la bibliografia.

Nella valutazione del testo sono state prese in considerazioni almeno tre dei requisiti ritenuti

necessari perché un testo si possa definire tale:

- la coesione, cioè i legami sintattici che uniscono le varie parti del testo;

- la coerenza, cioè la presenza di un filo logico all’interno del testo

- l’ informatività, cioè la presenza nel testo di informazioni significative desunte – nel nostro

caso – dai brani proposti.

Per assegnare il massimo di 20 punti al testo si è stabilito di assegnare un massimo di 6,6 punti ad

ognuno dei tre requisiti, se presenti, nel testo prodotto negli esercizi.

30

Prova B (Test di febbraio) a cura della prof.ssa Serenella Baggio

Indicazioni e consigli per lo svolgimento della prova La prova ha la durata di 2 ore. Per lo svolgimento della prova è necessario avere il libretto e un documento di riconoscimento; non è consentito l’uso del Dizionario; occorre usare solo i fogli che saranno consegnati. Gli studenti saranno pregati di lasciare i cellulari in custodia agli incaricati dell’assistenza alla prova e dovranno compilare subito, scrivendo in stampatello, i dati richiesti nel primo foglio e le intestazioni in tutti gli altri fogli della prova, per evitare possibili scambi di persona, in corso di correzione. Qualche consiglio e suggerimento Scrivere sempre e solo in corsivo, non in stampatello, con una grafia sobria, ordinata e non troppo marcata, per far leggere senza difficoltà le persone addette alla valutazione del vostro scritto; pertanto: - evitare scritture eccessivamente ‘personalizzate’, come quelle che portano a confondere la vocale “a”

con la vocale “o” o a rendere indecifrabili alcune consonanti (come ‘p’, ‘b’, ‘d’, ‘f’…); - non usare lo stampato maiuscolo (es.: ARTICOLO, MARE, SEMBRA), neanche per singole lettere

incastonate in parole scritte in minuscolo (del tipo: aRticolo, maRe, sEmbrA, …), data la funzione diversa delle minuscole e delle maiuscole; evitare anche le scritture sintetiche del tipo di quelle degli SMS e simili;

- meglio evitare il bianchetto per cancellare un’espressione o una parola che si vuole sostituire o espungere; è possibile fare le cancellature come in quest’esempio: .. dovendo dimostrare che la situazione era cambiata…(ed eventualmente soprascrivete, in modo leggibile);

- rispettare le convenzioni di editing più diffuse, anche se state scrivendo con la penna, come la sottolineatura dei titoli e delle parti in corsivo nel testo e i rientri di capoverso; ricordare anche che i segni paragrafematici (accenti, apostrofi, virgolette, parentesi, lineette, corsivi/grassetti ecc.) sono parte integrante di ogni testo, come la punteggiatura, che ne è una componente fondamentale.

Svolgere i vari esercizi senza superare il numero di righe che vengono assegnate. Un buon accorgimento è quello di strutturare, quando serve, il proprio testo in capoversi che segnalano al lettore la scansione tematica da voi ritenuta necessaria, e costituiscono perciò un importante elemento strutturale e semantico di quanto state scrivendo. Rispettare le indicazione della richiesta: diversamente il lavoro non sarà considerato positivo. Consigliamo, in proposito, di leggere e rileggere spesso quanto viene richiesto, in maniera da evitare ogni interpretazione parziale o fuorviante: le consegne sono proposte esplicite che vanno rispettate per eseguire correttamente gli esercizi richiesti con le caratteristiche e i ‘limiti’ che esse indicano.

31

Esercizio1 - LISTA

Richiesta: indicare con una crocetta le forme giuste, sbagliate, non appropriate; sostituire le forme sbagliate o non appropriate con forme adatte al contesto di una scrittura accademica.

FORME giusta sbagliata non

appropriato SOSTITUZIONE

si è dovuto andare in guerra non vuole che lo leggono non dubito mica che la cosa … non dubito che la cosa era … si sdebitò all’amico vedette giusto, in quel caso il libro che fu stato pubblicato quell’anno Pascoli, per così dire fu segnato dalla morte del padre

attinse a buone fonti scrisse un libro, tipo un manuale riderono di gusto vi è una buona ragione rise, infatti si era proprio divertito si ha dovuto fare ammenda dell’errore ancorché fosse vero disse che farebbe senz’altro in quel modo apprezzabile vizioso vizzio vezzo ha il vezzo di toccarsi i capelli Esercizio 2 - COMPLETAMENTO Richiesta: completare le frasi inserendo un’unica parola adatta al contesto. 1. La svolta che il lavoro di Venturelli …...............................……… negli studi pascoliani fu subito

chiara ai più avvertiti.

2. Capire il nucleo antropologico e linguistico della poesia di Pascoli, ……..............................……

genialmente da Venturelli, ci aiuta ad entrare nella poetica dello scrittore.

3. E’ una rivista che si è conquistata nel tempo una certa ……..........................…… nei dipartimenti

universitari.

32

4. Nell’epoca del confronto globale le comunità locali sono ………...........................… ad assumere

un ruolo di protagoniste, a valorizzare la loro identità.

5. Il Centro opera come punto di raccordo fra il mondo della ricerca accademica e le associazioni

che esprimono le ……….........................… delle comunità locali.

6. E’ singolare la pratica di raccogliere testi popolari presso bambini e informatori giovani, spesso

……….................................… come fonti.

Esercizio 3 - INTERPUNZIONE E PARAGRAFAZIONE Richiesta: aggiungere la punteggiatura (, : ; . ! ?), altri segni necessari alla comprensione (parentesi, trattini, virgolette); segnare l’a-capo (c) e la fine del paragrafo (p).

Da un discorso di Benito Musso lini (Torino, 23 ottobre 1932)

Camerat i e operai della Fiat asco ltatemi per a lcuni minut i sarò breve

perché il mio d iscorso di ier i certamente lo avete asco ltato e poi

perché la mia g iornata di oggi è p iena sarò breve ma voglio d irvi

a lcune cose important i quando in occasione della mia vis ita a Torino

si fece anche il caso se avessi dovuto o no venire t ra vo i io

r isposi andrò t ra g li operai della Fiat e meno sarò c ircondato e

meglio sarà quello che vi ha detto poco fa il senatore Agnelli è

sacrosantamente vero io mi preoccupo tutt i i g iorni dalla mat t ina a lla

sera lavorando senza contare le ore di lavoro mi preoccupo di dare

il massimo lavoro possibile a tutt i g li ita liani applausi e sono felice

quando so che una fabbr ica che un’industr ia che una maestranza ha

garant ito il lavoro per un lungo per iodo di tempo nessuno può

sment irmi perché questa è la parola della ver id ica ver ità duce duce

ora i dover i mi chiamano ma io sono convinto che il nost ro

incontro di questa mane resterà perennemente sco lpito nei vost r i cuor i

così come resta fermamente sco lpito nel mio cuore alt ra busso la che

c i guida nel cammino la co llaborazione delle c lassi in questa c it tà

che ha così numerose maestranze mi p iace d i so lennemente affermare

che le c lassi lavoratrici hanno compiuto il loro dovere d inanzi a lla

cr isi e s i sono car icate le spalle dell' inevitabile fardello debbo anche

aggiungere che le c lassi industr iali ita liane si muovono in questa

33

atmosfera con forza tengono duro nell 'at tesa d i tempi mig lior i ma se

la co llaborazione è necessar ia nei tempi facili è indispensabile ne i

tempi d ifficili quando ogni d ispersione d i energia è un vero e

proprio t radimento consumato ai danni della pat r ia Torino è stata

meraviglio sa nell'opera d i assistenza.

Esercizio 4 - ANALISI DI UN TESTO Una recensione. Perché gli italiani dicono "10 euro" e non "euri" (o "euros", nel caso la considerassero una parola

straniera), come avrebbero dovuto fare per analogia con altri nomi maschili di valute, i dollari, i

franchi, i rubli, i pesos? La spiegazione che così è stato deciso dalla Banca Centrale Europea non

regge: i francesi dicono e scrivono "euros", al pari degli spagnoli, degli irlandesi e dei portoghesi, e

che i tedeschi e gli olandesi non declinino il termine deriva dal fatto che non lo fanno con nessuna

unità di misura. Antonelli lo porta come un esempio del potere della televisione sulla lingua

italiana: è lì che alla moneta europea è stato imposto un plurale invariabile (magari come

ipercorrettismo di una forma avvertita come romanesca) e poi diffuso nel paese. Lo stesso accade

per i vocaboli stranieri, e in particolare gli anglicismi: ce ne sono parecchi ma neppure troppi (nei

dizionari non raggiungono il 2% del totale dei lemmi), e in gran parte si tratta di tecnicismi

appartenenti a linguaggi specializzati oppure di "parole veloci", alla moda, destinate a esaurirsi in

breve tempo. Però i media se ne servono con intensità molto maggiore, amplificandone la presenza

e dando l'impressione di un'invasione di espressioni anglo-americane. L'italiano nella società della

comunicazione è un'eccellente introduzione alle condizioni e modalità nelle quali evolve la nostra

lingua, e pur denunciando appunto i rischi dei gerghi vuoti, e deliberatamente tali, quali

l'aziendalese (con le sue "sinergie", "fasi di implementazione", "reportistiche direzionali", "aziende

leader"), afferma con chiarezza la preminenza dell'uso contro ogni purismo e ogni sacralizzazione

delle norme, generalmente introiettate negli anni della scuola o fondate su un astratto logocismo

grammaticale. (Comprese quelle dei correttori automatici dei software di scrittura: in questa mia

recensione il programma si ostina a segnarmi come improprietà l'assenza della d eufonica in "a

esaurirsi" e dell'elisione in "di implementazione"). Una lingua vive finché sa trasformarsi e

ibridizzarsi. Si pensi ai dialetti, dati per spacciati qualche decennio fa e che hanno arrestato il loro

declino quando hanno smesso di essere usati in opposizione all'italiano e sono divenuti una risorsa

34

intercambiabile con esso, "segnale di confidenza, emotività, ironia nell'uso di persone che

conoscono bene l'italiano". D'altra parte le trasgressioni programmatiche, istituzionalizzate, magari

a fini sovversivi o liberatori (per esempio nei linguaggi giovanili) possono ritorcersi contro chi ne

faccia uso, soprattutto se persona socialmente debole, attraverso la censura sociolinguistica, che

identifica l'infrazione come errore e dunque come indizio di ignoranza e bassa condizione. Altri

interessanti capitoli del libro sono dedicati all'italiano dei giornali (inclusi quelli on line), del pop

(canzone, fumetti, videogiochi), degli SMS e della posta elettronica, e infine della letteratura, ormai

ininfluente nel processo di trasformazione dei linguaggi ma loro onnivora consumatrice.

Richiesta:

sottolineare i connettivi logico-sintattici (confine di frase, periodo e paragrafo) indicare con uno schema la struttura argomentativa del testo riassumere il testo in 10 righe riassumere il testo in 2 righe

Schema

35

Riassunto in 10 righe ................................................................................................................................................................

................................................................................................................................................................

................................................................................................................................................................

................................................................................................................................................................

................................................................................................................................................................

................................................................................................................................................................

................................................................................................................................................................

................................................................................................................................................................

................................................................................................................................................................

................................................................................................................................................................

Riassunto in due righe .............................................................................................................................................................................................................................................................................................................................. Esercizio 5 - IL TESTO ACCADEMICO: COMPRENSIONE ALLA LETTURA, MONTAGGIO DELLE INFORMAZIONI, CONOSCENZA DI CONVENZIONI EDITORIALI. Richiesta: leggere attentamente i tre brani. Costruire un testo di 10 righe sul loro contenuto. Il testo deve contenere citazioni dai brani. In nota verranno messi i rimandi bibliografici riferiti alle citazioni, che dovranno esser scritti in forma standardizzata nelle righe sotto il testo. Dalla prolusione letta da Giovanni Pascoli all’Università di Bologna nel 1896, intitolata Il ritorno, che

possiamo leggere nelle sue Poesie e prose scelte, curato da Cesare Garboli per Mondadori di Milano nel

2002, nel primo volume alle pagine 636-644: “Ora voi sentirete che il gravissimo dei mali che affliggono

la scuola secondaria classica è lo scoramento che all’insegnante deriva dalla diffidenza degli scolari, de’

loro parenti, di tutti. Non si crede più, non che alla necessità, all’utilità dello studio del latino e del greco.

È cominciato il lavoro di demolizione: levata una pietra, un’altra cadrà, un’altra crollerà. E così via via.

Tolto il greco, che ragione ci sarà di conservare, non dico il latino, ma l’italiano antico? Cacciato Omero,

come resterà Virgilio? E Virgilio perché non si condurrà seco il suo discente? Perché la guerra è contro le

lingue morte, contro l’Ideale, contro gli studi liberali, in nome del presente, del pratico, del reale,

dell’utile. Ora secondo certi criteri, non potrebbe chiamarsi morta, come la lingua d’Omero al tempo di

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Pericle, come la lingua di Livio Andronico al tempo d’Orazio, così la lingua di Dante al tempo del

Manzoni? non è sempre anzi una lingua morta quella della poesia? e cosa curiosa a dirsi: è essa una

lingua morta che si usa a dare maggior vita al pensiero! Dove dunque si giungerebbe, quando si

cominciasse? E si vuol cominciare. Sembra a quasi tutti di vivere in una tal quale pienezza di tempi, ora,

nel secolo dell’elettricità; in un’ora solenne dei millenni umani, in cui si debba avverare, ciò che non si è

veduto mai e nemmeno pensato; in cui si affermerebbe volentieri vano e insufficiente ogni dato storico, se

appunto dall’esame di essi non si inducesse l’eccezionale condizione della nostra età! Con quali

argomenti dunque difenderà il giovane professore la ragione del suo culto e della sua arte, per non dover

confessare a se stesso d’essere sacerdote d’un dio bugiardo e artefice d’una ciurmeria disutile? Si

appagherà col dire: per ora va, e così andrà ancora per un pezzo: dopo, sarà quel che sarà? No.”

Scrive Enzo Golino nell’articolo L’italiano che parleremo, sul quotidiano Repubblica del 7 settembre

1999, a pagina 38: “In altri paesi europei - ha detto Gian Luigi Beccaria, cattedra di Storia della lingua

italiana all' Università di Torino, autore del recente Sicuterat. Il latino di chi non lo sa: Bibbia e liturgia

nell' italiano e nei dialetti (Garzanti) - nei secoli passati c' è stata "la pressione dissestante dell' orale sullo

scritto", assorbita via via che i due livelli si integravano. Noi oggi questo fenomeno lo viviamo in ritardo,

e ne subiamo le conseguenze nel bene e nel male. La forza delle cose ha imposto dunque in Italia la

decadenza della lingua colta. Il lessicografo ne prende atto. Ma una volta, dice Simone, l' innovazione

derivava da un processo culturale, dal filtro del sapere, dalla lettura. Adesso invece si è stabilito un

rapporto diretto fra i media e i parlanti, un circuito fin troppo brutale. "Il linguaggio non passa più da una

penna all' altra, da un computer all' altro, ma da una bocca all' altra".

Pier Paolo Pasolini in un articolo apparso sulla rivista Rinascita, il 26 dicembre 1964, col titolo di Nuove

questioni linguistiche, scriveva: “in Italia non esiste una vera e propria lingua italiana nazionale […]

L’osmosi da qualche anno in Italia, non è più col latino, secondo la tradizione anche filologica, ma col

linguaggio della scienza […] Questa idea della lingua come strumento è il segno dominante di tutto il

panorama linguistico che ci circonda […] Il linguaggio giornalistico è così estremamente

strumentalizzato, secondo un’ipotesi nuova della società come società di un certo elevato tenore

razionalistico e quindi antiespressiva […] Il particolarismo della sottolingua televisiva consiste nella sua

settaria selettività […] Si potrebbe dire, insomma, che certi creatori, elaboratori e unificatori di linguaggio

non sono più le università, ma le aziende […] il fine della lotta del letterato sarà l’espressività linguistica,

che viene radicalmente a coincidere con la libertà dell’uomo rispetto alla sua meccanizzazione”.

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Titolo: La decadenza della lingua colta ................................................................................................................................................................

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Rimandi bibliografici

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Osservazioni sulla prova B (Test di febbraio) a cura della dott.ssa Paola Baratter e della dott.ssa Sara Dallabrida

Esercizio1 - LISTA

Richiesta: indicare con una crocetta le forme giuste, sbagliate, non appropriate; sostituire le

forme sbagliate o non appropriate con forme adatte al contesto di una scrittura accademica.

FORME giusto sbagliato non appropriato

SOSTITUZIONE

si è andato in guerra x andati non vuole che lo leggono x leggano non dubito mica che la cosa … x non dubito che non dubito che la cosa era … x fosse si sdebitò all’amico x con l’amico vedette giusto, in quel caso x vide il libro che fu stato pubblicato quell’anno

x fu pubblicato

Pascoli, per così dire fu segnato dalla morte del padre

x , per così dire,

attinse a buone fonti x scrisse un libro, tipo un manuale x una specie di riderono di gusto x risero vi è una buona ragione x c’è rise, infatti si era proprio divertito x perché si ha dovuto fare ammenda dell’errore x è ancorché fosse vero x disse che farebbe senz’altro in quel modo

x avrebbe fatto

apprezzabile x vizioso x vizzio x vizio vezzo x ha il vezzo di toccarsi i capelli x

Osservazioni Per questo esercizio i criteri di valutazione prevedevano un punteggio massimo di 20 punti. Per

determinare questo punteggio è stato adottato il criterio di penalizzare con 1 punto in meno ogni indicazione

39

completamente errata e con 0.50 punti in meno le risposte in cui ad una corretta indicazione di forma

‘sbagliata’ o ‘errata’ ha fatto seguito una ‘sostituzione’ errata.

Frequenti infatti sono stati i casi in cui all’indicazione, corretta, di ‘sbagliata’ o ‘non appropriata’ ha

fatto seguito una sostituzione sbagliata o non appropriata. Esempio: dopo aver segnalato come ‘sbagliata’ la

forma si è andato in guerra la sostituzione è stata effettuata con è dovuto o abbiamo dovuto che non

mantengono l’impersonalità; la forma si sdebitò all’amico è stata sostituita con dall’amico o dell’amico,

forme che conservano reggenze errate; la forma Pascoli, per così dire fu segnato dalla morte del padre è

stata sostituita con Pascoli, fu segnato dalla morte del padre, forma che, eliminando il sintagma per così

dire, compromette la sintassi della frase poiché la virgola rompe il nesso soggetto-verbo.

In molti casi inoltre sono state mantenute le forme di registro non appropriato ad un contesto

accademico quali scrisse un libro, tipo un manuale e vi è una buona ragione. Diffusa anche la sostituzione

del tutto inutile della forma corretta ancorché fosse vero con congiunzioni quali se o anche se e della forma

ha il vezzo di toccarsi i capelli con ha il vizio di toccarsi i capelli.

Esercizio 2 - COMPLETAMENTO

Richiesta: completare le frasi inserendo un’unica parola adatta al contesto.

1. La svolta che il lavoro di Venturelli segna negli studi pascoliani fu subito chiara ai più avvertiti.

2. Capire il nucleo antropologico e linguistico della poesia di Pascoli, colto genialmente da Venturelli,

ci aiuta ad entrare nella poetica dello scrittore.

3. E’ una rivista che si è conquistata nel tempo una certa attenzione nei dipartimenti universitari.

4. Nell’epoca del confronto globale le comunità locali sono chiamate ad assumere un ruolo di

protagoniste, a valorizzare la loro identità.

5. Il Centro opera come punto di raccordo fra il mondo della ricerca accademica e le associazioni che

esprimono le istanze delle comunità locali.

6. E’ singolare la pratica di raccogliere testi popolari presso bambini e informatori giovani, spesso

trascurati come fonti.

Osservazioni

Per questo esercizio i criteri di valutazione prevedevano un punteggio massimo di 20 punti. Per

determinare questo punteggio è stato adottato il criterio di assegnare 3,3 punti (con arrotondamento per

eccesso nella somma totale) per ogni inserimento corretto, 0 punti per gli inserimenti non accettabili o non

effettuati.

L’inserimento sopra indicato è quello tratto dal testo originale. Nella correzione si è adottato il criterio di

considerare accettabili forme di inserimento che, pur discostandosi dal campo semantico della parola usata

nel testo originale, sono risultati comunque funzionali e hanno consentito di realizzare una coerenza logica

40

nella frase prodotta. Così, ad esempio, sono state accolte come accettabili le forme introdusse, portò invece

della forma del testo origine segna, ma non le forme condusse, intraprese; o ancora le forme analizzato,

intuito, ma non ideato, contagiato, al posto della forma del testo origine colto.

Ovviamente non sono stati accolti inserimenti realizzati con più parole (esempio: state forzate invece di

chiamate), in quanto non rispondenti alla richiesta di inserire ‘un’unica’ parola.

Le maggiori difficoltà di completamento sono state riscontrate nella sesta frase proposta. Infatti al posto

della forma origine trascurati è stata spesso inserita la forma utilizzati che crea un’incoerenza logica tra la

prima parte dell’enunciato e la seconda.

Esercizio 3 - INTERPUNZIONE E PARAGRAFAZIONE Richiesta: aggiungere la punteggiatura (, : ; . ! ?), altri segni necessari alla comprensione (parentesi, trattini, virgolette); segnare l’a-capo (c) e la fine del paragrafo (p).

Da un discorso di Mussolini Camerati e operai della Fiat, ascoltatemi per alcuni minuti. Sarò breve, perché il mio discorso di ieri

certamente lo avete ascoltato e poi perché la mia giornata di oggi è piena. Sarò breve ma voglio dirvi alcune

cose importanti. Quando in occasione della mia visita a Torino si fece anche il caso se avessi dovuto o no

venire tra voi, io risposi: “andrò tra gli operai della Fiat e meno sarò circondato e meglio sarà”. Quello che vi

ha detto poco fa il senatore Agnelli è sacrosantamente vero. Io mi preoccupo tutti i giorni, dalla mattina alla

sera, lavorando senza contare le ore di lavoro, mi preoccupo di dare il massimo lavoro possibile a tutti gli

italiani. (applausi). E sono felice quando so che una fabbrica, che un’industria, che una maestranza ha

garantito il lavoro per un lungo periodo di tempo. Nessuno può smentirmi perché questa è la parola della

veridica verità (duce, duce). Ora i doveri mi chiamano ma io sono convinto che il nostro incontro di questa

mane resterà perennemente scolpito nei vostri cuori così come resta fermamente scolpito nel mio cuore.

Altra bussola che ci guida nel cammino: la collaborazione delle classi. In questa città che ha così numerose

maestranze, mi piace di solennemente affermare che le classi lavoratrici hanno compiuto il loro dovere

dinanzi alla crisi e si sono caricate le spalle dell'inevitabile fardello. Debbo anche aggiungere che le classi

industriali italiane si muovono in questa atmosfera con forza, tengono duro nell'attesa di tempi migliori. Ma

se la collaborazione è necessaria nei tempi facili, è indispensabile nei tempi difficili quando ogni dispersione

di energia è un vero e proprio tradimento consumato ai danni della patria. Torino è stata meravigliosa

nell'opera di assistenza.

Osservazioni Per questo esercizio i criteri di valutazione prevedevano un punteggio massimo di 20 punti. Per

determinare questo punteggio è stato adottato il criterio di penalizzare con 3 punti in meno ogni errore grave

41

di punteggiatura: si tratta di casi in cui la punteggiatura inserita non consente o pregiudica gravemente una

lettura e una comprensione certa del testo da parte del destinatario, ostacola la progressione tematica del

testo, produce un’alterazione semantica o un’incoerenza logica nell’argomentazione. Sono stati valutati come

meno gravi gli errori nella segnalazione degli ‘a-capo’ o dei ‘paragrafi’ e l’uso non necessario di alcuni segni

d’interpunzione (in particolare l’abuso delle parentesi, delle lineette e del punto esclamativo).

Una considerazione fondamentale, che doveva guidare le scelte in questo esercizio e che è alla base di

ogni discorso sulla punteggiatura, è la funzione eminentemente sintattica dei segni d’interpunzione.

Occorreva insomma evitare “un antico errore: l’associare ai principali segni di interpunzione la nozione di

pausa” (vedi il testo - indicato nella bibliografia - di Bice Mortara Garavelli, Prontuario di punteggiatura,

Roma, Laterza, 2003, pp. 47 e segg.); la punteggiatura ha infatti la prerogativa di “dare al lettore indicazioni

riguardo all’architettura del testo, mettendone in evidenza gli elementi costruttivi e le giunture” (Mortara

Garavelli, Prontuario di punteggiatura, cit.).

Sono state accolte anche soluzioni diverse da quelle del testo originale, ma solo se rispettavano le

necessità sintattiche del testo e il senso delle frasi e del testo nel suo insieme.

Nel caso del discorso diretto, ad esempio, è necessaria la presenza dei due punti e delle virgolette

citazionali; la frase introdotta da ‘io risposi’ richiedeva quindi che le virgolette racchiudessero quello che

viene risposto (andrò tra gli operai della Fiat e meno sarò circondato e meglio sarà). Spesso le virgolette

sono state tralasciate oppure sono state inserite nel posto sbagliato, con il risultato di rendere incomprensibile

il testo:

Quando in occasione della mia visita a Torino si fece anche il caso se avessi dovuto o no venire tra

voi, io risposi: “andrò tra gli operai della Fiat e meno sarò circondato e meglio sarà quello che vi ha

detto poco fa il senatore Agnelli”.

Era inoltre necessario inserire tra parentesi le parole che non appartenevano al discorso di Mussolini, ma

che riportavano invece i comportamenti o i commenti della folla: ‘applausi’ e ‘duce, duce’.

Nel seguente caso un uso ripetutamente errato dei segni di interpunzione ha mistificato i contenuti del

testo origine:

Ora i doveri mi chiamano, ma io sono convinto che il nostro incontro di questa mane resterà

perennemente scolpito nei vostri cuori, così come resta fermamente scolpito nel mio cuore, altra

bussola che ci guida nel cammino, la collaborazione delle classi, in questa città che ha così

numerose maestranze.

Ha dimostrato, invece, di non capire il senso di quello che scriveva lo studente che nell’ultimo passo del

testo ha scritto:

42

Quando ogni dispersione di energia è un vero e proprio tradimento consumato ai danni della patria,

Torino è stata meravigliosa nell'opera di assistenza.

Relativamente allo stesso passo, alcuni studenti hanno scritto, probabilmente pensando a ‘consumato’

come concordante nel genere con ‘Torino”, supposto nome maschile, e senza nemmeno rendersi conto del

complemento predicativo del soggetto concordato al femminile:

Consumato ai danni della patria, Torino è stata meravigliosa nell'opera di assistenza.

Errore comune a quasi tutti gli elaborati è quello di un uso anti-sintattico della virgola che spesso separa,

senza necessità, il soggetto dal predicato o due sintagmi che costituiscono una inscindibile locuzione. Si veda

il seguente caso, in cui la virgola divide indebitamente il gruppo del soggetto ‘il nostro incontro di questa

mane’ dal suo predicato ‘resterà’:

[…] il nostro incontro di questa mane, resterà perennemente scolpito nei vostri cuori.

Esercizio 4 - ANALISI DI UN TESTO

Una recensione.

Perché gli italiani dicono "10 euro" e non "euri" (o "euros", nel caso la considerassero una parola straniera),

come avrebbero dovuto fare per analogia con altri nomi maschili di valute, i dollari, il franchi, i rubli, i

pesos? La spiegazione che così è stato deciso dalla Banca Centrale Europea non regge: i francesi dicono e

scrivono "euros", al pari degli spagnoli, degli irlandesi e dei portoghesi, e che i tedeschi e gli olandesi non

declinino il termine deriva dal fatto che non lo fanno con nessuna unità di misura. Antonelli lo porta come un

esempio del potere della televisione sulla lingua italiana: è lì che alla moneta europea è stato imposto un

plurale invariabile (magari come ipercorrettismo di una forma avvertita come romanesca) e poi diffuso nel

paese. Lo stesso accade per i vocaboli stranieri, e in particolare gli anglicismi: ce ne sono parecchi ma

neppure troppi (nei dizionari non raggiungono il 2% del totale dei lemmi), e in gran parte si tratta di

tecnicismi appartenenti a linguaggi specializzati oppure di "parole veloci", alla moda, destinate a esaurirsi in

breve tempo. Però i media se ne servono con intensità molto maggiore, amplificandone la presenza e dando

l'impressione di un'invasione di espressioni anglo-americane. L'italiano nella società della comunicazione è

un'eccellente introduzione alle condizioni e modalità nelle quali evolve la nostra lingua, e pur denunciando

appunto i rischi dei gerghi vuoti, e deliberatamente tali, quali l'aziendalese (con le sue "sinergie", "fasi di

implementazione", "reportistiche direzionali", "aziende leader"), afferma con chiarezza la preminenza

dell'uso contro ogni purismo e ogni sacralizzazione delle norme, generalmente introiettate negli anni della

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scuola o fondate su un astratto logocismo grammaticale. (Comprese quelle dei correttori automatici dei

software di scrittura: in questa mia recensione il programma si ostina a segnarmi come improprietà l'assenza

della d eufonica in "a esaurirsi" e dell'elisione in "di implementazione"). Una lingua vive finché sa

trasformarsi e ibridizzarsi. Si pensi ai dialetti, dati per spacciati qualche decennio fa e che hanno arrestato il

loro declino quando hanno smesso di essere usati in opposizione all'italiano e sono divenuti una risorsa

intercambiabile con esso, "segnale di confidenza, emotività, ironia nell'uso di persone che conoscono bene

l'italiano". D'altra parte le trasgressioni programmatiche, istituzionalizzate, magari a fini sovversivi o

liberatori (per esempio nei linguaggi giovanili) possono ritorcersi contro chi ne faccia uso, soprattutto se

persona socialmente debole, attraverso la censura sociolinguistica, che identifica l'infrazione come errore e

dunque come indizio di ignoranza e bassa condizione. Altri interessanti capitoli del libro sono dedicati

all'italiano dei giornali (inclusi quelli on line), del pop (canzone, fumetti, videogiochi), degli SMS e della

posta elettronica, e infine della letteratura, ormai ininfluente nel processo di trasformazione dei linguaggi ma

loro onnivora consumatrice.

Richiesta:

sottolineare i connettivi logico-sintattici (confine di frase, periodo e paragrafo) indicare con uno schema la struttura argomentativa del testo riassumere il testo in 10 righe riassumere il testo in 2 righe

Osservazioni

I connettivi

La corretta sottolineatura dei connettivi comportava l’attribuzione di 5 punti. Un punteggio inferiore è

stato determinato da omissioni di sottolineatura di alcuni connettivi significativi o da alcune incertezze

(confusione tra connettivi e semplici congiunzioni tra parole, sottolineatura di connettivi e insieme di segni

d’interpunzione). Non sono stati attribuiti punti (quindi 0 punti) ai tanti esercizi in cui, per mancata

conoscenza della nozione di connettivo, non vi è alcuna sottolineatura di connettivi o sono stati segnati come

connettivi i segni d’interpunzione che indicano i ‘confini’ di frase, periodo o paragrafo (bisognava invece

sottolineare i connettivi che sono collocati sul confine di frase, periodo o paragrafo).

Per la nozione di connettivi si rinvia alla bibliografia indicata per la preparazione all’esame e in

particolare alle pp. 59-63 di Cerruti M., Cini M., Introduzione elementare alla scrittura accademica, Roma-

Bari, Laterza, 2007.

La struttura argomentativa

Per questa parte dell’esercizio era stato stabilito un punteggio massimo di 10 punti. Nella maggior parte

dei lavori è mancata di fatto l’esplicitazione della struttura argomentativa del testo (enucleazione di tesi,

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argomenti/argomentazioni, esempi, fonti, rinforzo, confutazioni, riserve/qualificatori, conclusione), sostituita

di solito o da uno schema di sintesi, a volte costruito anche con linee e frecce che evidenziavano relazioni tra

i temi, o da un semplice elenco di temi presenti nel testo origine. L’attribuzione dei punti è stata quindi

stabilita sulla base della seguente scala:

schema/struttura in cui siano presenti tesi, argomentazioni (eventualmente anche fonte, riserva,

rinforzo), conclusioni: 10 punti, se tesi, argomentazioni e conclusione sono aderenti al testo e non

presentano errori, con penalizzazioni per ogni errore o resa testuale non corretta;

schema/struttura in cui siano presenti tesi e argomenti (eventualmente anche fonte, riserva, rinforzo):

8-9 punti, con la riserva di possibili penalizzazioni;

schema/struttura in cui compaiono argomenti (ed eventualmente un’introduzione o un titolo): 6-7

punti, con la riserva di possibili penalizzazioni;

schema di sintesi o mappa di sintesi in cui sono indicate, tramite frecce o altro, relazioni logiche

comprensibili/plausibili: fino a un massimo di 5 punti, in assenza di errori o rese testuali non

adeguate;

schemi di sintesi corrette e chiare, senza alcuna indicazione di relazione logica tra i contenuti

indicati: fino ad un massimo di 4 punti;

schema costituito solo da un elenco ordinato e corretto dei temi: fino ad un massimo di 3 punti;

elenco di temi non completo o disordinato: 2 punti; elenco incompleto e con errori: 1 punto.

Per la trattazione del testo argomentativo e della struttura argomentativa si vedano le pagine dedicate

all’argomento nel capitolo quarto Il testo accademico come testo argomentativo di Cerruti M., Cini M.,

Introduzione elementare alla scrittura accademica, Roma-Bari, Laterza, 2007: in particolare si leggano le

pp. 50-54 e le pp. 70-96 che riportano vari esempi di analisi della struttura argomentativa nei testi. Il riassunto in 10 righe

Per questo esercizio il punteggio massimo previsto era di 20 punti (12 punti sono assegnati ad un lavoro

sufficiente).

Per una sintesi efficace, un’operazione preliminare da compiere è, ovviamente, un’attenta lettura per

una sicura comprensione del testo origine, operazione che in alcuni casi è stata sottovalutata, con

conseguenti gravi incomprensioni.

Si leggano i seguenti esempi tratti dalla parte finale di alcuni riassunti:

L’ingresso di vocaboli stranieri (molti meno di quanto vantano i mass media un banale 2%) ma non

solo: l’uso sempre maggiore di un gergo aziendale, informatico, giovanile (SMS) che non si cura

degli aspetti linguistici e grammaticali incrementano inevitabilmente l’ignoranza delle persone più

deboli.

45

A causa della diffusione della televisione in tutto il paese, avviene una forte evoluzione della lingua

italiana che mette in crisi i vari dialetti regionali; cancellando così le radici dei differenti popoli.

Spesso i ragazzi che parlano dialetto vengono emarginati dai loro amici, perché lo considerano un

segno di ignoranza e bassa condizione sociale.

Operazione successiva alla comprensione del testo dovrebbe essere, in un riassunto, l’individuazione dei

temi presenti nel testo origine e la loro gerarchizzazione, per riformulare in forma sintetica le informazioni

più importanti e fondamentali che dovranno necessariamente comparire nel riassunto.

Solo dopo queste operazioni, comprensione e gerarchizzazione, è possibile procedere alla scrittura di

un riassunto, per il quale bisogna ovviamente tener presente - sin dall’inizio - lo spazio a disposizione ed

evitare di adottare, come è avvenuto in qualche prova, modalità di riassunto non coerenti: sintesi articolate e

dettagliate per alcune unità informative, magari non fondamentali, e sintesi compresse e telegrafiche per altre

unità informative, magari fondamentali; oppure, sintesi abbastanza curate per buona parte del testo origine e

sintesi affrettate per la parte finale del testo origine, dovute alla necessità di contenerle nelle poche righe

finali rimaste a disposizione.

In un riassunto inoltre non si devono introdurre commenti estranei al testo origine come nei seguenti

casi:

La lingua italiana è un sistema che nasce, cresce, si sviluppa e quindi evolve nel tempo. L’elemento

diacronico è fondamentale per analizzare e capire i processi che permettono alla lingua di

evolvere/mutare, aquisendo spesso nuove funzioni. […]

Il potere della televisione sulla lingua italiana è tale da condizionare e oscurare il linguaggio di un

paese, il nostro. […]

Probabilmente il miglior modo per non far cadere in disuso la lingua italiana è far si che essa anche

attraverso le nuove tecnologie continui a trasformarsi e far si che questi nuovi linguaggi non le si

oppongano ma continuino a coesistere con essa.

In un riassunto si deve mettere il lettore nelle condizioni di poter comprendere il testo senza dover

ricorrere al testo origine come non accade invece in alcuni elaborati:

Questa recensione riflette sulla questione: perche gli italiani dicono euro anziche euros, come fanno

con altre valute di nome maschile?”

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Dal testo tratto da una recensione possiamo dedurne come l’italiano faccia ormai parte di una

società della comunicazione in via di sviluppo.

Errore ricorrente nei riassunti prodotti, e particolarmente penalizzato, è stato anche quello di comporre

testi senza che fosse presente il nodo centrale del testo origine, cioè “la preminenza dell’uso contro ogni

purismo e ogni sacralizzazione delle norme” e i l fa t to che una l ingua viva “ finché sa trasformarsi e

ibridizzarsi”.

Il riassunto in 2 righe

Per questo esercizio il punteggio massimo previsto era di 5 punti.

L’esercizio imponeva di condensare in due righe il contenuto di un brano, operazione possibile solo se

sono chiari i temi principali e la loro gerarchia. Ovviamente un riassunto, che ha come scopo la trasmissione

delle informazioni essenziali di un testo, non può essere ridotto, anche quando è in due righe, ad un

commento o ad una indicazione di temi molto generica che non consegna al lettore destinatario informazioni

concrete o dà informazioni non essenziali:

Il processo di evoluzione delle lingue è un continuo cammino all’interno della quotidiana

modernizzazione di usi e costumi.

Una lingua parlata è viva, dunque è determinata non solo dalle regole scolastiche, ma anche

dai media che contribuiscono a plasmare il modo in cui si parla.

Antonelli, nel suo libro, analizza le trasformazioni della lingua italiana causate dall’impiego

dei più recenti e diffusi mezzi di comunicazione.

Una sintesi efficace, seppur ridotta ai contenuti essenziali (e errata nella modalità di citazione del titolo),

è invece la seguente:

Nel libro “L’italiano nella società della comunicazione” si affronta il tema dell’evoluzione

della lingua italiana, sottolineando la preminenza dell’uso.

Errori di sintassi e di resa testuale

Alcuni lavori presentano nei riassunti peculiari errori di sintassi o di resa testuale che potranno essere

esaminati in sede di visione individuale dei singoli elaborati.

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ESERCIZIO 5 - IL TESTO ACCADEMICO: COMPRENSIONE ALLA LETTURA, MONTAGGIO DELLE INFORMAZIONI, CONOSCENZA DI CONVENZIONI EDITORIALI. Richiesta: leggere attentamente i tre brani. Costruire un testo di 10 righe sul loro contenuto. Il testo deve contenere citazioni dai brani. In nota verranno messi i rimandi bibliografici riferiti alle citazioni, che dovranno essere scritti in forma standardizzata nelle righe sotto il testo.

L’italiano e le altre lingue (nuovi purismi in agguato)

Scrive Italo Calvino sulla rivista Il Contemporaneo, anno 22, 1965, numero 5, in un articolo

intitolato Per ora sommersi dall’antilingua: “Finché l’italiano è rimasto una lingua letteraria, non

professionale, nei dialetti (quelli toscani compresi, s’intende) esisteva una ricchezza lessicale, una

capacità di nominare e descrivere i campi e le case, gli attrezzi e le operazioni dell’agricoltura e dei

mestieri che la lingua non possedeva. La ragione della prolungata vitalità dei dialetti in Italia è stata

questa. Ora questa fase è superata da un pezzo: il mondo che abbiamo davanti –case e strade e

macchinari e aziende e studi, anche molta dell’agricoltura moderna- è venuto su con nomi non

dialettali, nomi dell’italiano […] Il dato fondamentale è questo: gli sviluppi dell’italiano oggi

nascono dai suoi rapporti non con i dialetti ma con le lingue straniere. […] L’italiano si definisce in

rapporto alle altre lingue con cui ha continuamente bisogno di confrontarsi, che deve tradurre e in cui

deve essere tradotto […] ogni lingua si concentrerà attorno a due poli: un polo di immediata

traducibilità nelle altre lingue con cui sarà indispensabile comunicare, tendente ad avvicinarsi a una

sorta di interlingua mondiale ad alto livello; e un polo in cui si distillerà l’essenza più peculiare e

segreta della lingua, intraducibile per eccellenza, e di cui saranno investiti istituti diversi come

l’argot popolare e la creatività poetica della letteratura”.

Scrive Bruno Migliorini in Lingua contemporanea (1938), cito dalla quarta edizione uscita a Firenze

da Sansoni nel 1963, a pagina 51 e seguenti: “Lingua nazionale non vuol dire solamente lingua

sopraordinata ai dialetti, ma anche lingua di una fra le nazioni colte dell’Europa. Secoli di scambi,

materiali e intellettuali, pacifici e belligeri, hanno dato alle lingue d’Europa (e, naturalmente,

d’America) una quantità enorme di termini uguali o esattamente ragguagliabili. Nessuno dubita che

l’italiano rassomigli più al latino che, per esempio, all’olandese o all’ungherese. Eppure è più facile

tradurre una lettera commerciale o la descrizione di una macchina in olandese o in ungherese che in

latino […] dove è intenso scambio fra nazioni una conformità arriva comunque a stabilirsi […] Il

danno per le singole lingue non sta tanto nell’accogliere parole forestiere, quanto nell’accogliere

parole di forma aliena dal sistema fonologico di ciascuna lingua […] e nell’accogliere parole per cui

già esisteva un termine adeguato […] Le esigenze delle diverse lingue speciali sono molto diverse

per quel che concerne i rapporti che corrono fra uso naionale e uso internazionale”.

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Giovanni Adamo e Valeria Della Valle scrivono a pagina 83 del libro Le parole del lessico italiano,

pubblicato a Roma da Carocci nel 2008: “Scienziati e tecnologi hanno come obiettivo primario

l’avanzamento delle conoscenze e –nei limiti posti dagli interessi particolari e dalla concorrenza

imprenditoriale- tendono a mettere in comune il frutto del proprio lavoro. Hanno bisogno di

comunicare in modo efficace, rapido e preciso con i loro colleghi, prescindendo dalle limitazioni

imposte dallo spazio e dal tempo. Proprio per questo sono portati a privilegiare una lingua di

comunicazione internazionale che, a costo di comprimere le diversità culturali dei singoli, sia in

grado di favorire le relazioni e gli scambi. […] Occorre però tenere ben presente che il fatto che la

maggior parte della produzione scientifica si esprima in inglese può risultare fortemente penalizzante

per lo sviluppo armonico delle singole lingue nazionali”.

Osservazioni

La costruzione del testo

La richiesta esigeva la costruzione di un testo sulla base del contenuto dei tre brani. Non si chiedeva un

riassunto o una parafrasi dei tre brani, ma un testo autonomo costruito sui tre brani.

Occorreva quindi evitare da una parte di scrivere un testo in forma di riassunto o di riscrittura dei tre

brani, dall’altra di costruire un testo avulso dai tre brani, basato su indebite inferenze o riflessioni soggettive.

La forma riassunto è stata invece la scelta prevalente ed è alla base di molti elaborati, talvolta nemmeno

mediata dal tentativo di creare una cornice d’inquadramento dei tre brani autonoma e personale. In tali casi le

fonti vengono di fatto semplicemente giustapposte senza la costruzione di un discorso coeso e coerente

intorno ad esse come nel seguente esempio:

Italo Calvino sostiene [...]

Migliorini, invece, considera [...]

Infine Adamo e Della Valle ritengono [...]

In altri lavori la costruzione del testo è stata operata sulla base di inferenze e interpretazioni soggettive

non aderenti al contenuto dei tre brani: conseguenza anche di una lettura non attenta e, in alcuni casi, di

sostanziale incomprensione. Inferenze indebite, per esempio, portano alla costruzione di un testo ancorato a

una serie di osservazioni molto distanti dal contenuto dei brani (e invece la richiesta era di costruire un testo

sul loro contenuto). Si veda il seguente esempio che riprende la parte finale di un elaborato:

[...] Adamo e Della Valle ritengono più importante l’avanzamento delle conoscenze, perciò devono

trovare dei modi efficaci di comunicare velocemente (2008, pag. 83).

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Altro caso che mette in luce una scarsa capacità di identificare i contenuti informativi importanti è il

seguente, in cui la mancanza di precisione riguardo all’identificazione dell’oggetto (il preponderante uso

dell’inglese nella produzione scientifica), nonché l’omissione delle motivazioni addotte dagli autori (ossia il

risultato di una forte penalizzazione per lo sviluppo armonico delle singole lingue nazionali) porta ad una

affermazione non significativa:

Adamo e Della Valle però mettono in luce i possibili rischi di un’egemonia linguistica inglese.

Un esempio fortemente negativo per quanto riguarda nello specifico l’informatività del testo prodotto

(che anzi presenta notevoli travisamenti dei testi origine) è il seguente:

La lingua è la specificità di una nazione la quale, al suo interno, presenta innumerevoli dialetti, propri di

una determinata regione. Una lingua deve potersi confrontare con un’altra lingua «che deve tradurre e

in cui deve essere tradotta» (I. Calvino, “Il Contemporaneo”, 1965). C’è bisogno di arrivare ad una

comprensione reciproca, uno «scambio tra nazioni inteso ad una conformità che arriva a stabilirsi» (B.

Migliorini, “Lingua Contemporanea” – ed. Sansoni 1963). Arriva quindi la necessità di utilizzare una

«lingua di comunicazione internazionale che [...] sia in grado di favorire le relazioni e gli scambi (G.

Adamo, V. Della Valle, “Le parole del lessico italiano” – ed. Carocci 2008).

Infine in molti elaborati si nota la tendenza a citare passi non significativi dei testi origine come nel

seguente caso desunto dall’articolo di Giovanni Adamo e Valeria Della Valle:

Ciò è dovuto al fatto che gli scienziati “tendono a mettere in comune il frutto del proprio lavoro”,

ossia hanno bisogno di una lingua comune per comunicare fra loro in maniera rapida ed efficace.

Nell’esempio sopra riportato si nota anche un uso scorretto della congiunzione ‘ossia’ che, invece di

introdurre una spiegazione di quanto affermato precedentemente, ne esplicita una conseguenza.

Il seguente elaborato rappresenta un esempio abbastanza positivo del tentativo di costruire e

‘armonizzare’ una riflessione utilizzando i temi presenti nei tre brani:

I tempi moderni chiedono alla civiltà italiana (ma anche mondiale) di “comunicare in modo efficace,

rapido e preciso [...] prescindendo dalle limitazioni imposte dallo spazio e dal tempo” (Adamo e Della

Valle, 2008).

50

Per questo l’italiano sta progressivamente inserendo termini di altre lingue straniere, in quanto esso si

definisce in rapporto alle altre lingue con cui ha continuamente bisogno di confrontarsi (Calvino, 1965),

e di cui quindi necessita per intrattenere scambi culturali, commerciali e scientifici internazionali.

Il vero rischio per la nostra lingua però “non sta tanto nell’accogliere forestierismi, quanto

nell’accogliere parole aliene dal sistema fonologico di ciascuna lingua, e nell’accogliere parole per cui

esisteva già un termine adeguato” (Migliorini, 1938).

Le citazioni

Le citazioni, ampiamente trattate nella bibliografia indicata per la preparazione all’esame, per essere

corrette dovevano rispettare le seguenti convenzioni:

essere significative, cioè trasmettere concetti essenziali e necessari per dare senso al testo

che si sta scrivendo;

essere trascrizioni integrali e fedeli - senza manomissioni o manipolazioni - di segmenti del

testo da cui sono tratte;

essere virgolettate e accompagnate da un numero che rimanda ad una nota da collocare a piè

di pagina (come espressamente indicato nella richiesta);

essere inserite armonicamente nel testo prodotto, cioè essere collegate sintatticamente e

logicamente con il resto della frase o del periodo in cui sono collocate.

Il mancato rispetto di ognuna di queste convenzioni ha inciso negativamente nella determinazione del

giudizio complessivo.

La bibliografia

Praticamente nessun lavoro è esente da rilievi critici sulle bibliografie proposte: nella maggior parte dei

lavori la bibliografia redatta è assolutamente fuori dalle convenzioni universalmente accettate. Eppure nella

bibliografia consigliata la trattazione in merito è ampia ed esauriente: si leggano le pp. 118-136 in Cerruti

M., Cini M., Introduzione elementare alla scrittura accademica, Bari-Roma, Laterza, 2007.

Anche se non esistono indicazioni univoche sulla bibliografia, vi sono comunque norme convenzionali

universalmente accolte che è indispensabile rispettare in ogni scrittura accademica e che comunque devono

essere conosciute per redigere un qualsiasi lavoro a livello universitario.

Norme universalmente accolte:

cognome e nome dell’autore o degli autori in prima sede

la data di prima pubblicazione

il corsivo (nel nostro caso la sottolineatura) per i titoli, che devono sempre seguire il

cognome e nome dell’autore

51

indicazione di ‘a cura di’ dopo il cognome e nome in caso di un curatore, il cui cognome e

nome precede sempre il titolo

indicazione di luogo, editore e data: l’ordine può essere diverso, ma le tre indicazioni ci

devono essere; la data può essere collocata sia dopo il cognome e nome dell’autore, sia dopo

l’indicazione del luogo di edizione e dell’editore

la convenzione adottata su data, luogo ed editore deve essere rispettata costantemente in tutti

i rimandi bibliografici

la segnalazione del saggio all’interno di un’opera miscellanea o di una rivista o di un

periodico si realizza indicando nell’ordine: cognome e nome dell’autore del saggio, titolo in

corsivo del saggio, l’indicazione “in” seguita da cognome e nome dell’autore o curatore

dell’opera miscellanea, titolo in corsivo dell’opera miscellanea oppure titolo tra virgolette

per rivista o periodico (numero, fascicolo o mese, anno per riviste; giorno, mese e anno per i

quotidiani), luogo di edizione, editore, data, eventuali pagine

indicazione della pagina (p./pag.) o delle pagine (pp./pagg.) per le citazioni, soprattutto se si

tratta di saggi o riviste (nell’esercizio proposto le pagine sono sempre indicate)

A proposito dell’uso di Ibidem, Ivi, cit. o op. cit., si ricordano le seguenti convenzioni:

o cit. Innanzitutto, cit. o op. cit. stanno per “opera citata”. Si usa quando nel capitolo (o

paragrafo) che si sta scrivendo si è già citata bibliograficamente per esteso l’opera in

questione, ma non nella nota immediatamente precedente (vedi Ivi e Ibidem).

In nota, si scriverà: Rossi M., Titolo dell’opera (in corsivo), cit., p. 5.

o Ivi, che va scritto sempre in corsivo, si usa quando bisogna inserire una citazione

bibliografica che fa riferimento alla stessa opera della nota immediatamente precedente, ma

a un diverso numero di pagina.

In nota si scriverà: Ivi (in corsivo), p. 5.

o Ibidem, come Ivi (anche per l’uso del corsivo), si usa quando bisogna inserire una citazione

bibliografica che fa riferimento alla stessa opera della nota immediatamente precedente, ma

a differenza di Ivi deve essere uguale anche il numero di pagina.

In nota si scriverà: Ibidem (in corsivo); non è più necessario inserire nuovamente il numero

di pagina, perché è lo stesso indicato nella nota precedente.

Il mancato rispetto di ognuna di queste norme convenzionali ha inciso negativamente nella

determinazione del giudizio complessivo.

Determinazione del voto e del giudizio

Come già anticipato in sede di presentazione del test, alla prova è stato attribuito un massimo di

30 punti, corrispondente ad un voto di 30/30, sulla base della seguente suddivisioni: un massimo di

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20 punti per la costruzione del testo, un massimo di 5 punti per le citazioni, un massimo di 5 punti

per la bibliografia.

Nella valutazione del testo sono state prese in considerazioni almeno tre dei requisiti ritenuti necessari

perché un testo si possa definire tale:

- la coesione, cioè i legami sintattici che uniscono le varie parti del discorso, e in

generale del testo, e gli errori ortografici

- la coerenza, cioè la presenza di un filo logico all’interno del testo e il mantenimento

di un registro formale

- l’informatività, cioè la presenza nel testo di informazioni significative desunte – nel

nostro caso – dai brani proposti.

Per assegnare il massimo di 20 punti al testo si è stabilito di assegnare un massimo di 6,6 punti ad

ognuno dei tre requisiti, se presenti, nel testo prodotto negli esercizi.