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Tesina Luisa Spagnoli”: Una donna imprenditrice Veronica Fangacci Mastro Giorgio - Nelli Anno: 2015-2016

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Tesina

“ Luisa Spagnoli”:

Una donna imprenditrice

Veronica Fangacci

Mastro Giorgio - Nelli

Anno: 2015-2016

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INDICE

Introduzione 1

Mappa 2

Italiano: Luisa Spagnoli 3

Storia: Italia tra 1800 e 1900 6

Condizione femminile 15

Inglese: suffragette 16

Educazione fisica:

la nascita dello sport di massa 18

Scienze: stelle 22

Arte: Tamara de Lempicka 25

Geografia: globalizzazione 28

Tecnologia: trasporti 32

Musica: Umbria Jazz 37

Francese: Francia 40

Conclusioni 44

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INTRODUZIONE

Era sera, anche dalle calde pareti della casa si poteva sentire il vento freddo che

sbraitava e la pioggia che cadeva senza tregua sul terreno di gennaio, ormai agli

sgoccioli dell’inverno. Avevo appena cenato, quando mia madre mi disse che in

televisione, quella sera ci sarebbe stato un bel programma, non prestai molta attenzione

a ciò perché credevo di avere molto di meglio da fare che stare a guardare insieme a

mia madre e mio padre un programma di cui non sapevo nemmeno il titolo e che

probabilmente sarebbe stato il solito programma che piace solo agli over 50.

Dopo essermi resa conto che imparare a memoria e ripetere per ore la poesia di

Leopardi, con tutto il rispetto per quest’ultimo, forse non rientrava nei canoni del “di

meglio da fare” acconsentii a passare una serata nel comodo divano del salotto. Dopo i

titoli iniziali comparve il titolo del film “Luisa Spagnoli”, ebbi la sensazione di averlo

già letto da qualche parte: era stampato sulle etichette di alcuni vestiti e buste di mia

madre, era il nome di quel negozio nel centro di Perugia. Dopo aver visto quel film,

anche se è stato solo un film ho potuto guardare oltre quel nome “Luisa Spagnoli”,

oltre quei cioccolatini, oltre l’insegna di quel negozio.

Luisa Spagnoli mi ha insegnato che la vita è dura, che non puoi pretendere di

arrivare in cima alla montagna, devi prendere piccone, corda, stivali, guanti e iniziare a

scalare … se sarai la prima ad arrivare in cima e la montagna prenderà il tuo nome ma

otterrai ciò che vorrai solo con il sudore, la fatica, la volontà e l’amore, l’amore per ciò

che stai facendo.

Anche io voglio essere come lei: una donna forte che ha lottato, che ha amato, e che

superato ogni difficoltà per ottenere ciò che desidera.

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Educazione fisica: La nascita dello sport di massa

Storia: Italia tra 1800 e 1900

Scienze: Le stelle

Inglese: Le suffragette

Francese:la Francia

Tecnologia: i trasporti

Geografia: La globalizzazione

Musica: Umbria Jazz

Arte: Tamara de Lempicka

Luisa SpagnoliItaliano:

biografia

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CHI ERA LUISA SPAGNOLI?

Dietro i modi gentili e misurati, dietro

l'eleganza sobria e il gusto della

riservatezza, c'era un'intelligenza creativa

dirompente fatta di antiche abilità

femminili e di un desiderio di modernità.

In Luisa Spagnoli coesistevano caratteri

diversissimi che la rendevano capace di

essere profondamente anticonformista

nella sostanza, senza mai forzare la forma

di una società, quella perugina della prima

parte del Novecento, pervasa dal

perbenismo.

Diventa così una delle più grandi donne

di impresa che l'Italia abbia espresso in

una regione economicamente arretrata: fonda infatti i due più importanti gruppi

industriali di Perugia, la Perugina e l'Angora L. Spagnoli. Ad una vita pubblica di

successo, si aggiunge un'esperienza privata intensa: la separazione dal marito Annibale,

l'amore più che decennale con un uomo, Giovanni Buitoni, molto più giovane di lei.

Luisa Spagnoli è nata a Perugia il 30 ottobre 1877 da Pasquale Sargentini e Maria

Conti. Luisa ha dovuto abbandonare la scuola dopo aver frequentato i primi anni

elementari perché pur avendo dei fratelli serviva il suo aiuto in casa dato che la madre

stufa del marito perennemente alcolizzato e violento lo cacciò. Quando Maria si rese

conto che non poteva andare avanti con solo tre lavoratori prese la dura decisione di

far abbandonare la scuola a Luisa e farla andare a lavorare in sartoria. A Luisa

toccavano sempre i lavori più duri: pulire il laboratorio dopo l’ora di chiusura, cucire

gli orli delle stoffe bucandosi le punte delle dita. Quel lavoro però non le dispiaceva

perché nei colori dei lunghi tessuti poteva volare con l’immaginazione, sognare cose

che la vita non l aveva riservato.

Più grande, circa nell’anno 1997, con le amiche della sartoria le piaceva frequentare

corso Vannucci, dove avevano modo di osservare la società perugina e i lussuosi negozi

che facevano sfoggio dei loro migliori capi alla moda. Un giorno, mentre Luisa e le

amiche camminavano e parlavano, udirono il ritmo della musica provenire dalla

piazza, si affrettarono ed andarono ad ascoltare la banda di Assisi che quel giorno era

stata chiamata per esibirsi in città. Luisa si accorse che un tale, di circa 24 anni la

guardava senza mai staccare gli occhi da lei.

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Questo giovane musicante si chiamava Annibale

Spagnoli, primogenito di una famiglia di borghesi di

Assisi. Quello stesso giorno le amiche di Luisa li

fecero conoscere. Da lì i due iniziarono a

frequentarsi ogni fine settimana, e sbocciò l’amore.

Dopo che Annibale tornò dal servizio militare si

sposarono a Perugia.

Con il marito iniziò la sua avventurosa carriera di

imprenditrice. Annibale e Luisa rilevarono una

drogheria e subito dopo iniziarono a produrre

confetti. Nel 1908 insieme a Francesco Buitoni

fondarono la Perugina,una piccola azienda nel

centro storico di Perugia con 15 dipendenti in tutto.

Luisa fabbricava caramelle e cioccolatini con rara capacità.

Ma la prova più difficile fu quando allo scoppio della Prima

Guerra Mondiale dovette mandare avanti la fabbrica da sola

con i suoi due ragazzi, Mario e Aldo. Fu in questo periodo

che Luisa rivelò le capacità che dovevano fare di lei il più

lungimirante capitano d'industria che Perugia abbia

conosciuto. Governò, sola, con saldissima mano, la nave

anche nelle tempeste più burrascose.

A guerra finita la Perugina era un'azienda con più di cento dipendenti e Luisa

cominciò a inventare moltissimi cioccolatini che hanno fatto venire l'acquolina a intere

generazioni. Il genio creativo arrivò al suo culmine nel 1922 quando venne alla luce il

“Bacio”, tutt'oggi uno dei prodotti dell'industria dolciaria italiana più conosciuti nel

mondo. E che si trattasse di una trovata straordinaria non lo diceva solo il sapore

gustoso, ma soprattutto l'abbattimento dei costi. Luisa Spagnoli, infatti, per preparare

quella pasta di cioccolato mescolata a nocciole con la quale riempiva il contenitore al

fondente usava gli scarti delle altre lavorazioni. Fu un successo senza precedenti.

Eravamo ormai nel 1923 quando Annibale Spagnoli

ruppe con i Buitoni, perché amareggiato dagli scarsi

riconoscimenti ricevuti, e li trascinò sino in tribunale.

Visto che il marito lasciò la fabbrica, Luisa restò in

Perugina e diventò membro del consiglio di

amministrazione. Si impegnò in modo particolare per far

crescere strutture sociali che migliorassero la vita dei

dipendenti: fondò l'asilo nido dello stabilimento di

Fontivegge che veniva considerato il più avanzato d'Europa nel settore dolciario.

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In questo periodo iniziò la sua storia d'amore con Giovanni Buitoni, lei ormai

quarantenne e lui 14 anni più giovane. Della loro vita privata non si sa quasi nulla: non

un carteggio, un diario, cronache mondane o articoli scandalistici; nessuna traccia

scritta di quest’ affettuosa amicizia che durerà sino alla morte di Luisa. Pochissime

anche le testimonianze e i ricordi delle persone più vicine alla coppia che parlano di un

legame profondo quanto riservato: i due non andarono mai a vivere insieme. Eppure

fu un rapporto intenso, palpitante, di cui Giovanni scrisse solo una volta nella sua

biografia con dolcezza e sobrietà.

Mentre la Perugina passava di successo in successo, Luisa cominciò ad applicare il

suo genio ad una nuova impresa: l'allevamento del pollame e dei conigli. Siamo così

arrivati alla vicenda industriale dell'Angora. Nel 1930 i conigli dell'allevamento Spagnoli

“sbarcarono” alla Fiera di Milano e furono segnalati come “ottimi prodotti”.

Luisa crebbe in questa nuova

avventura e moltiplicò gli sforzi per

mettere a punto il miglior filato

possibile. Si era resa conto che l'Italia

puntava su quel settore per

emanciparsi dalla carenza di carne e

di lana: il fascismo infatti investì in

quel campo come in quello delle

fibre chimiche. Luisa seguì con

passione non solo gli allevamenti di

Santa Lucia di Perugia, ma anche gli

esperimenti di filatura che alcune

operaie facevano in un locale a piano

terra dello stabilimento Perugina. Si racconta che passasse molte ore in quel

laboratorio e che suggeriva consigli per le sue lavoranti.

L'invenzione era a buon punto, quando si

sentirono i primi sintomi della malattia che l'avrebbe

portata alla morte. In tempi brevi le venne

diagnosticato un tumore alla gola e la prognosi fu

tragica: sei mesi di vita in tutto. Giovanni Buitoni la

trasferì a Parigi perché le venissero garantite le

migliori cure e rimase con lei sino all'ultimo giorno.

Morì a 57 anni, nel 1935, assistita dall'uomo che

aveva profondamente amato, insieme al quale aveva

costruito le fortune della Perugina. Quanto alla lana

d'Angora, Luisa vide solo i primi successi ma non il

decollo vero e proprio che iniziò quattro anni dopo la sua morte sotto la guida del

figlio Mario, suo erede della straordinaria capacità imprenditoriale.

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STORIA Luisa Spagnoli è vissuta in un periodo molto particolare, quello a cavallo fra i due

secoli 1800 e 1900, un periodo pieno di innovazioni, di riforme, di cambiamenti.

Quando Luisa è nata, lo Stato italiano era ancora neonato, aveva appena finito di

pagare i debiti del Risorgimento ed aveva da poco raggiunto il pareggio, anche grazie

alle eredità che otteneva dalle regioni che ne entravano a far parte: eredità molto

magra, dato che i precedenti sovrani non si erano limitati con le spese. C’erano poi

state le guerre d’indipendenza, e non era costato poco addestrare ed armare

modernamente un esercito. Lo Stato si era poi dovuto addossare anche il carico di

opere pubbliche: strade, gallerie ferroviarie … contemporaneamente l’Italia si andava

industrializzando. In verità, nei primi anni dopo la proclamazione del Regno d’Italia, lo

sviluppo industriale era stato rallentato da gravi impedimenti, quali la carenza di

carbone e ferro, senza i quali non si potevano costruire e far funzionare le ferrovie e

macchine. L’abolizione dei dazi e delle dogane che proteggevano le industrie

meridionali tra Nord e Sud era andata a vantaggio delle industrie del Nord: molte

raffinerie di zucchero, cotonifici, cartiere del Sud furono rovinate dalla concorrenza

delle industrie del Settentrione, che avevano potuto liberamente invadere il loro

mercato con prodotti a basso prezzo. Ma anche l’industria del Nord era arretrata:

poche erano le macchine impiegate, scarsi capitali investiti. I lavoratori, più che veri

operai, erano piuttosto dei contadini che occasionalmente andavano a lavorare in

fabbrica, col desiderio di ritornare al più presto ai loro campi. Donne e bambini

costituivano la maggioranza della manodopera.

Nonostante questa scoraggiante situazione, l’Italia fece in breve grandi progressi:

nell’industria, nella tecnica e nella scienza. Alla fine del secolo era ormai allo stesso

livello degli stati europei più evoluti

Mentre l’espansione coloniale metteva a disposizione delle industrie materie prime in

grande abbondanza, i progressi della scienza creavano per esse nuove e preziose fonti

di energia. L’invenzione della dinamo da parte di Antonio Pacinotti nel 1969 aveva

dimostrato che era possibile utilizzare l’elettricità come forza motrice; ma il suo

impiego, che intanto per l’invenzione della lampadina aveva permesso la rapida

diffusione dell’illuminazione elettrica, assunse un’importanza del tutto nuova solo in

seguito agli studi di Galileo Ferraris sul campo magnetico rotante, per merito dei quali

si rese possibile l’utilizzazione a distanza della forza idraulica, in questo modo fu

possibile utilizzare l’energia idrica anche in posti dove non erano presenti dislivelli

d’acqua che la fornivano direttamente.

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Contemporanea è l’invenzione del motore a scoppio,

costruito in Germania da Daimler ed applicato ad una

vettura a ruote nel 1886, fu la prima automobile. Nello

stesso tempo Karl Benz faceva muovere con motori

funzionanti a benzina degli strani veicoli a tre ruote. Presto

le invenzioni di Benz e di Daimler diedero vita ad una

nuova industria. Quando, nel 1894, si svolse in Francia la

prima corsa automobilistica l’automobile non era più un

giocattolo o una curiosità: fabbriche come la Fiat sorsero in

quest’epoca. Più avanti le automobili si diffusero in tutta

Italia, infatti anche Luisa ne aveva una, ed assieme al figlio

Mario organizzarono la prima corsa di automobili con la

radiocronaca.

È soprattutto grazie a queste invenzioni che la Perugina è potuta crescere.

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Nella luce del sole del maggio 1915, la scritta in caratteri cubali sulla prima pagina del

giornale era chiara:”l’Italia ha dichiarato guerra!”. Una strana frenesia si era

impadronita di tutti i 150 operai che aspettavano la dichiarazione da un giorno all’

altro; quella strana parola, guerra, si era fatta reale, dietro a quelle sei lettere

dall’apparenza insignificante Luisa vedeva dolore senza confini, famiglie distrutte,

lacrime, sofferenze e morte.

Durante la guerra la signora

Spagnoli, si ritrovò sola, senza

alcun aiuto, a gestire la

fabbrica della Perugina, ormai

divenuta una fra le più famose

industrie dolciarie italiane.

Ora, a noi sembra naturale

vedere una donna al comando

di un industria, circondata da

documenti, impegnata negli

affari della propria azienda.

Per quel tempo tutto ciò era

considerato inaudito, Luisa però non si fece scoraggiare, anche se la leva militare aveva

sottratto alla ditta tutti i lavoratori, lei ha potuto contare sulle loro mogli, che

impararono in fretta il lavoro dei mariti.

Con l’obiettivo di poter portare dolcezza nei cuori dei soldati italiani Luisa e le

operaie continuarono a far andare avanti la Perugina.

Molte operaie avevano figli piccoli o neonati, ma Luisa sapeva bene cosa volesse dire

essere poveri e dover tirar su una famiglia, perciò fece installare nella fabbrica asili nidi

per i bambini, se i bambini avevano bisogno di essere allattati le madri sarebbero state

chiamate a lasciare qualsiasi attività stessero facendo per recarsi dai figli.

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LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Un ruolo molto importante nel rendere possibile la guerra fu la “corsa agli

armamenti”, cioè la crescita degli acquisti di armi da parte delle nazioni europee.

Possedere molte armi non significa necessariamente doverle provare ma pian piano i

rapporti fra gli stati diventavano sempre più tesi perché la paura di un imminente

attacco cresceva sempre di più. Inoltre cresceva l’influenza esercitata da parte dei

comandanti dell’esercito e dai proprietari delle industrie belliche sul governo perché

questi erano interessati a scelte di guerra.

Un altro ruolo importante era esercitato delle ideologie nazionaliste diffuse ormai

anche tra la popolazione: infatti quasi sempre i cittadini di ogni classe sociale

partecipavano con entusiasmo alla mobilitazione; questo comportamento meravigliò i

governi stessi che si aspettavano proteste da parte di coloro che simpatizzavano per i

socialisti, notoriamente pacifisti, ma evidentemente il nazionalismo ebbe la meglio sul

pacifismo.

La guerra fu determinata anche da cause diplomatiche, cioè i rapporti esistenti fra gli

stati. A partire dalla salita al trono di Guglielmo II, i rapporti fra la Germania e le altre

nazioni europee peggiorarono, perché il nuovo imperatore aveva scelto di partecipare

alle conquiste coloniali, creando preoccupazioni fra inglesi e russi. Inoltre esistevano

già da molto tempo problemi tra Francia e Germania perché la prima desiderava

prendersi la rivincita sulla seconda dai tempi delle guerre franco-prussiane.

Un ruolo importante ebbero le alleanze già esistenti nel 1914. Dal 1882 Italia,

Germania e Austria facevano parte della “Triplice alleanza” mentre Gran Bretagna,

Francia e Russia erano alleate grazie alla “Triplice intesa”sottoscritta nel 1907. Vi erano

poi delle amicizie fra gli stati: Serbia e Russia, Turchia e Germania, Bulgaria e Austria.

L’ area del continente europeo che fece degenerare la situazione fu quella dei

Balcani. La crisi dell’Impero ottomano aveva causato uno stato di tensione fra Russia e

Austria, dal momento che entrambe volevano accrescere la loro presenza nella

regione, queste tensioni causarono conflitti anche prima della Guerra Mondiale, fra cui

le “guerre balcaniche”.

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Queste erano le cause profonde della Prima Guerra Mondiale, ma il pretesto per dar

inizio al conflitto fu l’uccisione dell’erede al trono dell’Impero austro-ungarico

Francesco Ferdinando da parte di uno studente serbo, Gavrillo Princip il 28 luglio

1914, data di inizio della Prima Guerra Mondiale. Il governo austriaco accusò quello

serbo di aver preso parte all’attentato, benché quest’ultimo affermò di non aver avuto

nessuna responsabilità, il governo austriaco dichiarò guerra alla Serbia. Presto

entrarono in guerra anche i principali stati europei e due extraeuropei: Giappone e

Stati Uniti d’America.

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LA “GUERRA TOTALE”

I governi e i comandi militari si resero conto che una guerra lunga e sanguinosa come

quella che si stava svolgendo sarebbe stata vinta dai paesi che erano in grado di

mobilitare il maggior numero di soldati e di produrre le armi necessarie. Il gran

numero di morti aveva però cancellato tra la popolazione l’entusiasmo iniziale ed a

poco a poco molti avevano la consapevolezza che la guerra era del tutto inutile. Il

conflitto stava determinando enormi cambiamenti nella vita quotidiana. I costi della

guerra imponevano a tutti i paesi di far diminuire i

consumi della popolazione, in modo da aver

abbastanza risorse per mantenere i soldati e i

servizi militari. Venne così introdotto il

razionamento dei generi alimentari perché

quest’ultimi erano destinati all’esercito e per le

iniziative degli eserciti avversari. I comandi

decisero infatti di attaccare i nemici oltre che in

campo militare, in campo economico. Inglesi e

francesi cominciarono ad effettuare un blocco

economico a danni di Germania e Austria.

L’esercito tedesco rispose utilizzando la sua flotta

sottomarina contro tutte le navi che

commerciavano con Gran Bretagna e Francia.

Per questo motivo la Prima guerra mondiale fu considerata guerra “totale”, perché

coinvolgeva ogni aspetto della società.

L’ITALIA

La posizione dell’Italia all’interno del conflitto era molto particolare: era alleata con

Germania e Austria, tuttavia non entrò subito in guerra. La Triplice alleanza era infatti

un trattato difensivo: gli Stati che ne facevano parte erano tenuti ad entrare in guerra

solo se uno degli alleati veniva aggredito. Visto che era stato proprio l’Impero austro-

ungarico e la Germania a dichiarare guerra, l’Italia scelse di rimanere neutrale.

All’interno del paese vi era chi aveva idee diverse. Coloro che erano favorevoli

all’entrata in guerra del Paese erano:

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I democratici repubblicani, che si rifacevano alle idee di Mazzini. Secondo

questi interventisti democratici, la guerra avrebbe permesso di conquistare terre

irredente e abbattere l’Impero austro-ungarico liberando anche le nazioni

oppresse.

Alcuni membri del partito socialista ed alcuni sindacalisti, sostennero l’entrata in

guerra dell’Italia perché pensavano che la guerra avrebbe accelerato la

realizzazione della rivoluzione sociale.

I liberali conservatori che pensavano che la partecipazione al conflitto avrebbe

indebolito i movimenti sociali di protesta.

I proprietari delle industrie belliche che con la produzioni di armi avrebbero

aumentato le loro ricchezze.

Contrari alla guerra erano:

La maggior parte dei socialisti, per principio e per interesse di classe, poiché

ritenevano che la guerra avrebbe portato solo miseria e sofferenze fra le umili

classi sociali.

Gli esponenti politici cattolici, per motivi ideali e per motivi politici visto che la

maggior parte dei cattolici erano contadini e non volevano la guerra.

I liberali progressisti, il loro leader, Giovanni Giolitti credeva che l’Italia non

fosse preparata economicamente per affrontare una guerra di lunga durata.

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Alla fine l’Italia entrò in guerra dopo aver rifiutato delle proposte offerte dalla’Austria,

che le avrebbe ceduto territori come il Trentino se fosse rimasta neutrale.

I motivi furono molti. Il primo è che al governo vi erano proprio quella parte di liberali

favorevoli all’entrata in guerra, inoltre il re Vittorio Emanuele terzo pensava che una

vittoria militare avrebbe aumentato la sua popolarità.

I nazionalisti organizzarono manifestazioni per dare l’impressione che la maggior parte

del popolo italiano fosse favorevole al conflitto. In realtà le cose non stavano così e

neanche in parlamento. Tuttavia il governo e il re decisero di sottoscrivere un accordo

segreto, senza consultare il parlamento, il “Patto di Londra”, firmato il 26 aprile 1915

con il quale l’Italia si impegnava ad entrare in guerra a fianco di Gran Bretagna e

Francia entro un mese. In cambio avrebbe ricevuto il Trentino, Trieste, la Gorizia, il

Sud Tirolo, l’Istria e parti della Dalmazia. Così il 24 maggio1915 l’Italia entrò in

guerra.

LA FINE DELLA GUERRA

Fino al 1917 le condizioni della guerra non cambiarono molto: morirono sempre più

soldati senza grandi spostamenti nei fronti, tutta la popolazione era sempre più

coinvolta nella guerra, sia per il peggioramento delle condizioni di vita sia per la

propaganda continua da parte dei governi. Il tentativo di impedire manifestazioni di

protesta stava fallendo in quasi tutti i paesi. Anche il Papa prese posizione contro il

conflitto.

Nel 1917 una rivoluzione scoppiata in Russia fece ritirare il paese dal conflitto, questo

permise alla Germania di spostare le sue truppe verso ovest e verso il fronte italiano. Il

24 ottobre 1917 gli austriaci sostenuti dai tedeschi riuscirono a sfondare il fronte

italiano a Caporetto per ben 150km.

Le cause di questa sconfitta furono: gli errori degli alti ufficiali italiani, l’impopolarità

della guerra tra i soldati e le scelte del governo.

Fu l’entrata in guerra degli Stati Uniti, nel 1917, a dare la svolta al conflitto. Il governo

statunitense aveva sempre appoggiato gli alleati della Triplice intesa con aiuti

economici, tuttavia aveva evitato di intervenire perché non desideravano interventi

militari con l’Europa. La decisione fu presa perché la Germania con la guerra

sottomarina colpiva anche navi americane e minacciava il commercio internazionale,

inoltre temeva un’eventuale sconfitta della Francia e Gran Bretagna perché in questo

caso avrebbe perso il denaro loro prestato.

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Sul fronte occidentale le truppe tedesche tentarono un’ultima offensiva contro la

Francia, nel 1918, ma vennero fermate. Nell’agosto dello stesso anno la Triplice intesa

sfondò il fronte in occidente. L’Imperatore tedesco abdicò e il nuovo governo firmò

l’armistizio l’11 novembre 1918.

Anche sul fronte italiano la situazione cambiò, si formò un governo di unità

nazionale e fu eletto un nuovo comandante dell’esercito, Diaz, che promise ai soldati,

in cambio della vittoria prospettive per il futuro. Fu così che l’esercito italiano riuscì a

resistere e a sfondare le linee nemiche a Vittorio Veneto. Sconfitto dagli italiani e

indebolito dalle rivolte l’Impero austro-ungarico firmò l’armistizio il 4 novembre 1918.

La prima guerra mondiale era finita.

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LA CONDIZIONE FEMMINILE All’inizio dell’ottocento anche in Italia, sulla scia della Rivoluzione francese, i rapporti

fra donne e uomini subiscono un’evoluzione in direzione della parità. Questa ventata

d’indipendenza dura poco; il codice di Pisanelli (1865), riduce l’autonomia femminile

fino quasi sopprimerla. Questa legge ristabilisce la supremazia del marito e pone la

moglie in un ruolo subordinato riguardo le decisioni economiche. Paradossalmente, il

fatto che gli anni immediatamente successivi all’Unità d’Italia corrispondessero a un

periodo di espansione economica, di afflusso di nuovi capitali, di scambi con l’estero e

di maggiore ricchezza provoca un grave passo indietro nella condizione sociale della

donna.

Questi capitali vengono immessi in un’economia basata per lo più su imprese a

conduzione familiare, le varie mansioni sono spartite tra i parenti. Con interessi

economici sempre maggiori si ritiene inopportuno che le donne si ritrovino ad

assumere un ruolo di potere in tali imprese. Anche la legge Pasinelli nega alle donne

sposate autonomia giuridica e patrimoniale, di intraprendere qualsiasi attività a proprio

nome, di partecipare in qualità di socie a qualsiasi impresa, di essere soggetti attivi nella

rifiorente economia italiana. Su questo sia lo Stato che la Chiesa si trovano d’accordo.

Le stesse donne sono convinte della propria debolezza ed inferiorità in tanti campi.

Alcune donne sfuggono a questa dura regola: quelle che possono contribuire

economicamente allo sviluppo dell’impresa di famiglia, le vedove o le donne che

devono per forza assumere la responsabilità almeno fino alla maggiore età dei figli.

Tuttavia il peso femminile della società si fa sentire sempre in modo più decisivo.

Nei primi anni del Novecento l’Italia è attraversata da una rete di comitati regionali

che sovrintendono all’operato di tante industrie che utilizzano la manodopera

femminile, sotto la guida di “patronesse”: vere e proprie imprenditrici che, tra le maglie

di leggi ancora molto restrittive, cercano di far passare le istanze di uguaglianza, diritto

al lavoro e autodeterminazione della donna.

In questo senso lo stimolo proveniente dagli stati uniti è determinante. Le prime

associazioni di donne professioniste e imprenditrici nascono infatti in America, subito

dopo la Grande Guerra. Da questo esempio ha origine il primo club italiano del

“soroptimist”, fondato a Milano nel 1928. Il club si ripromette di spronare e sostenere

le donne nell’emancipazione e nell’adozione di modelli di vita democratici, ne hanno

fatto parte intellettuali, artiste ed imprenditrici. Fra le prime inscritte vi è anche il nome

di Luisa Spagnoli. Per merito suo e di altre donne come lei, il mito della moda e del

gusto italiano si sono diffusi in tutto il mondo e, soprattutto, la condizione della donna

ha iniziato a cambiare.

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ENGLISH

Women like those who fought for their rights, they lived in England, they were the

suffragettes.

THE SUFFRAGETTES

One night, an English child called Emmeline was in

bed. Her parents went into the bedroom to say

goodnight. Emmeline didn’t open her eyes, so they

thought she was sleeping. Her father said, “What a

pity she isn’t a boy”. Emmeline understood from his

words that in society men were more important

than women, although both her parents belived in

votes for women.

Many years later, in 1879, Emmeline married

Richard Pankhurst. She was 20 years old. Emmeline

and Richard belived in equality for women. At that

time in Britain, women didn’t have the same rights as

men. They were second-class citizen and couldn’t

vote. Emmeline and Richard wanted all women to be

able to vote. This was called universal suffrage.

Unfortunately, Richard died suddently in 1898, but Ememeline was determinate to

continue fighting for women’s rights.

In 1903, Emmeline and her daughters started

the “Women’s Social and Political Union”. The

group organized meetings and made speeches.

They wrote articles and letters and sent them to

newspapers and political leaders. People called

the women “suffragettes”.

In 1905, the suffragettes wanted more publicity,

so they became more active. They chained

themselves to buildings, including Buckingham Palace, so people could see them.

They organized demonstrations, and interrupted political meetings. Some suffragettes

were violent: they attacked politicians and started fires. In 1913, a suffragette ran in

front of the King’s horse during a horserace and died. People were very shocked.

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The police arrested Emmeline Pankhurst many times. In

1912, she went to prison 12 times! In prison she often went

on hunger strike (she didn’t eat). Other suffragettes went on

hunger strike, too.

In 1914, the First World War began. Britain needed new

workers, because a lot of men were at war. For the first time

women did jobs that were traditionally for men. For

example, they worked in factories, and they became

mechanics.

In 1918, after the war, the government changed the votings laws. Some women over 30

years old could vote, but many women still couldn’t vote so the battle continued.

Finally, in 1928, the British government gave equal voting rights to men and women.

Everybody over the age of 21 could vote. Sadly, Emmeline Pankhurst died that year…

but she died knowing that women could finally vote.

Tutti i diritti riservati - C

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EDUCAZIONE

FISICA Durante la Belle Epoque la condizione di lavoro degli operai della Perugina migliorò

notevolmente. Luisa Spagnoli organizzò le prime gite aziendali, per esempio quelle al

lago Trasimeno, durante le quali queste persone potevano rilassarsi per poi tornare a

lavorare più serenamente. Vi fu anche una riduzione dell’orario di lavoro in modo tale

da lasciare agli operai del tempo libero. La Belle Epoque ha segnato bellissimi cambiamenti dal punto di vista degli operai e

delle operaie della Perugina, inoltre da questo periodo in poi si avranno innovazioni

anche a fine di divertimento, sempre però in grado di pubblicizzare la Perugina.

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LA NASCITA DELLO SPORT DI MASSA

Tra Ottocento e Novecento l’Europa visse un periodo che è passato alla storia con il

nome di Belle Epoque, l’”Epoca Bella”. Un’ epoca di pace e benessere di progresso e

di ottimismo, di gioia di vivere e di voglia di divertimento. Questa esistenza spensierata

ed apparentemente felice ebbe come protagonisti l’aristocrazia e la ricca borghesia del

tempo, ma influenzò largamente anche le classi medie e parte del mondo operaio. Nei

paesi più avanzati infatti,la riduzione dell’orario di lavoro e la crescita dei salari offrì a

molti lavoratori maggiori possibilità e occasioni di svago, durante il cosiddetto tempo

libero. Si moltiplicarono in questo periodo i luoghi di divertimento e di piacere:

ristoranti, sale da ballo e concerto, teatri, spettacoli di varietà, locali notturni.

Più lenta, ma non meno importante fu la diffusione dello sport, che all’inizio non

ebbe origini popolari ma aristocratiche. Nel corso dell’Ottocento, numerose attività

sportive quali atletica, nuoto, tennis, rugby, ippica, pugilato, calcio o football vennero

introdotte nelle più esclusive scuole inglesi, dove venivano educati i figli della classe

dirigente britannica. Lo sport praticato in queste scuole non era fine a se stesso, ma

faceva parte di un progetto educativo che aveva come scopo la formazione morale dei

giovani. I presidi ed i professori di queste scuole ritenevano che lo sport, oltre a

rafforzare il corpo e a fortificare il carattere dei giovani, servisse anche a insegnare la

competizione leale, la disciplina di squadra, il rispetto delle regole.

La concezione britannica dello sport, come strumento di educazione dei giovani,

ebbe numerosi imitatori negli Stati Uniti e in molti paesi europei, compresa l’Italia.

In Francia il barone Pierre de Coubertin, grande ammiratore dell’educazione sportiva

inglese, era profondamente convinto del valore educativo dello sport e della sua

capacità di creare legami di solidarietà e di stima tra gli atleti, indipendentemente da

sesso, razza e religione, al fine di constatare gli odi e le inimicizie creati dai governi.

De Coubertin, pertanto, ebbe la straordinaria idea di rinnovare in epoca moderna

l’antica tradizione delle Olimpiadi greche. La proposta piacque e nel 1896, proprio ad

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Atene, furono inaugurati i primi giochi olimpici internazionali, con la partecipazione di

315 atleti (tra cui 15 donne) e 13 stati. I giochi successivi si tennero a Parigi nel 1900 e

poi a Sant Luois, negli Stati Uniti, nel 1904, ma la manifestazione decollò

definitivamente nell’edizione del 1908 a Londra, con al partecipazione di 2000 atleti,

tra i quali 36 donne.

Ripetute ogni quattro anni, con crescente successo, le Olimpiadi contribuirono

notevolmente a promuovere lo sport nel mondo.

Nei primi anni del Novecento, insieme con lo sport praticato, si diffuse anche lo

sport spettacolo, che divenne un modo avvincente per trascorrere il tempo libero.

Soprattutto i campionati a squadra di alcuni sport, come il calcio o il rugby, ma anche

le gare di ciclismo, motociclismo e automobilismo, attirarono folle di tifosi.

Man mano lo sport diventava un fenomeno di massa, così come lo intendiamo oggi,

cioè una serie di competizioni seguiti da un gran numero di spettatori, organizzate e

sponsorizzate da enti pubblici o privati e destinate a diventare un fenomeno di

consumo. Si moltiplicarono pertanto le associazioni ed i circoli sportivi, che riunivano i

simpatizzanti delle diverse attività, dal nuoto al canotaggio, dal cicloturismo al gioco

delle bocce, dallo sci all’alpinismo.

Il grande interesse popolare per questo genere di attività spinse i partiti e movimenti

ad organizzare associazioni e promuovere eventi di tipo sportivo. L’interesse per lo

sport poteva diventare l’occasione per riunire persone, per diffondere idee, per aderire

a progetti politici. I cattolici ed i socialisti, proprio perché vicini alle masse, furono i

primi ad incoraggiare le associazioni e le attività sportive popolari, anche come

occasione di incontro e di diffusione delle idee religiose e politiche.

Negli anni venti e trenta furono invece i

regimi dittatoriali di Mussolini e Hitler a

legare sempre più sport di massa e politica.

Le vittorie degli atleti divennero un mezzo

per esaltare la superiorità della nazione e i

successi della dittatura. Fu potenziata

l’educazione fisica nelle scuole e la gioventù

fu inquadrata in una capillare organizzazione

controllata ed indirizzata politicamente al

regime.

Lo sviluppo dello sport di massa contribuì a migliorare la salute pubblica e la vita

sociale. Ne trasse vantaggio anche l’economia attraverso il commercio di ciò che serviva

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all’esercizio delle varie attività. Nel corso del Novecento si è sviluppata un industria

sportiva sempre più legata tramite sponsor al sistema pubblicitario e lo sport ha assunto

progressivamente il carattere di un prodotto di consumo dominato dalle leggi del

mercato.

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SCIENZE

Le stelle, stampate sulla carta di quei cioccolatini ricchi di amore, spesso fanno pensare

ad un sogno, un desiderio, una sorpresa.

Si trovano sempre lì, su quel cielo ad aiutare la luna a far brillare la notte. Sono come

i sogni, ogni volta che alzi gli occhi le vedi, ti ricordano che si può essere sempre

bellissimi anche quando si cade, restano lassù anche quando ci sono le nuvole,

aspettando che passi il temporale.

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LE STELLE

TIPI DI STELLE

Le stelle sono corpi celesti di forma sferica formati prevalentemente da idrogeno ed

elio ad altissima pressione e temperatura. Al loro interno si sviluppano reazioni di

fusione nucleare che generano calore,luce ed energia.

A seconda del diametro e della temperatura superficiale, si classificano in vari gruppi;

la loro classificazione è illustrata nel diagramma H-R, ideato da Ejnar Herzsprung e

Henry Russel. Il sole, per esempio, è una stella gialla (temperatura superficie di 6000

gradi centigradi) di media grandezza situato nella sequenza principale di tale

diagramma.

COME NASCE UNA STELLA

Nell’Universo esistono grandi nubi, dette nubolose, costituite prevalentemente da

idrogeno e polveri, che per effetto della forza di gravità tendono ad accumularsi al

centro di esse. Si forma una massa di grandezza crescente dove la temperatura e la

pressione diventano sempre più alte. Quando la temperatura è abbastanza elevata da

permettere la fusione nucleare, nasce una stella.

COME MUORE UNA STELLA

Come prima ho detto, esistono stelle di diverse dimensioni, la cosa curiosa è che

muoiono prima le stelle più grandi perché esauriscono il loro carburante più in fretta.

In base alla loro grandezza si hanno diverse evoluzioni:

Le stelle che hanno una massa come quella del Sole tendono a trasformarsi in

nane bianche, dopo aver espulso i loro strati più esterni, successivamente si

spengono.

Le stelle che hanno una massa poche volte più grande di quella del Sole, sono

destinate a esplodere nel giro di poche ore al termine della loro vita: si ha così

una supernova.

Anche le giganti e le supergiganti esplodono, come supernovae, ma il loro

nucleo, a causa di un elevata forza di gravità si contrae a tal punto da diventare

un oggetto di pochi chilometri di diametro e di una grandissima massa: un buco

nero. Questi esercitano un’elevatissima attrazione gravitazionale che attrae

persino la luce. Per questo essi sono invisibili, ma la loro presenza si può

dedurre dalle influenze gravitazionali che esercitano sulle stelle vicine.

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LE GALASSIE

LA VIA LATTEA

Il sistema solare insieme a 100 miliardi di stelle formano un grande ammasso, una

galassia, cioè la Via Lattea, chiamata così perché vista dalla terra ha l’aspetto di una

grande striscia di stelle che attraversa il cielo bianca come il latte.

Il Sistema solare si trova alla periferia della Via Lattea, in uno dei “due bracci” che

formano la spirale.

La Via Lattea non è immobile nello spazio, i corpi celesti che la compongono

ruotano intorno al suo centro.

NELL’UNIVERSO ESISTONO MILIARDI DI GALASSIE

Le galassie sono sistemi costituiti da moltissime stelle con i relativi pianeti, da polveri e

da gas, legati assieme dalla forza di gravità.

Si pensa che nell’Universo esistano circa 100 miliardi di galassie di diverse

dimensioni. Si va dalle galassie nane, che contengono poche decine di milioni di stelle,

sino alle galassie giganti, che arrivano a contare centinaia di miliardi di stelle.

In base alla loro struttura sono classificate in cinque tipi fondamentali:

Ellittiche;

Lenticolari;

A spirale;

A spirale barrata (Via Lattea);

Irregolari.

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ARTE Come tutti sappiamo, Luisa Spagnoli è anche una celebre marca di vestiti conosciuta

in tutto il mondo. Questa casa di moda è stata fondata dal figlio primogenito di Luisa,

Mario Spagnoli, proprio perché la madre vestiva molto bene, fabbricava vestiti da se e

aveva un ampio senso del gusto per ciò che era bello e innovativo. Prima di darsi ai

confetti le sarebbe piaciuto diventare sarta ed aprire una sartoria, ma vista la sua morte

precoce non ha potuto vedere il suo sogno prendere vita.

Altra donna che aveva gusto nel vestire innovativo e moderno era la pittrice Tamara

de Lempicka, che lo applicava ai suoi dipinti.

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TAMARA DE LEMPICKA

Tamara de Lempicka era figlia di Malvina Decler, una

polacca e di Boris Gurwik-Górski, agiato ebreo russo.

Dopo la prematura scomparsa del padre è costretta a

vivere insieme a sua madre, i suoi fratelli e sua nonna.

Proprio per accompagnare la nonna compie il suo

primo viaggio in Italia nel 1907, nel corso del quale,

dopo aver visitato le città d'arte italiane ed essersi

spostate in Francia, Tamara imparo alcune basi della

pittura da un francese di Mentone.

La sua formazione scolastica, seguita dalla nonna

Clementine, va posta tra una scuola di Losanna (Villa

Claire) in Svizzera e un prestigioso collegio Polacco di

Rydzyna. L'anno successivo, alla morte della nonna, si

trasferisce a San Pietroburgo in casa della zia, dove conobbe l'avvocato Tadeusz

Łempicka, che sposò nel 1916. Durante la rivoluzione russa, suo marito venne

arrestato dai bolscevichi, ma venne liberato grazie agli sforzi e alle conoscenze della

giovane moglie.

Considerata la situazione politica in Russia, i Łempicka decisero di trasferirsi a Parigi,

dove nacque la figlia Kizette nel 1920. Tamara iniziò a studiare pittura alla Académie

de la Grande Chaumiere e alla Académie Ranson. Qui affinò il suo stile personale,

fortemente influenzato delle istanze artistiche dell'Art Déco, ma al contempo assai

originale. Nel 1922 espone al Salon d'Automne, la sua prima mostra. In breve tempo

divenne famosa come ritrattista col nome di Tamara de Lempicka. Nel 1928 divorziò

dal marito.

Fu anche ospite di Gabriele D'Annunzio al Vittoriale, rifiutando i suoi continui

tentativi di seduzione. Dopo aver viaggiato estesamente per l'Europa, all'inizio della

Seconda guerra mondiale si trasferì a Beverly Hills in California con il secondo marito,

che aveva sposato nel 1933. Nel 1943 si spostarono nuovamente, questa volta a New

York, dove la pittrice continuò la sua attività artistica.

Dopo la morte del marito nel 1961, Łempicka andò a vivere a Houston in Texas,

dove sviluppò una nuova tecnica pittorica consistente nell'utilizzo della spatola al posto

del pennello. Le sue nuove opere, vicine all'arte astratta, vennero accolte freddamente

dalla critica, tanto che la pittrice giurò di non esporre più i suoi lavori in pubblico. Nel

1978 si trasferì a Cuernavaca in Messico. Morì nel sonno il 18 marzo 1980.

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GEOGRAFIA Luisa Spagnoli, quale grande capitano di industria, favoriva la globalizzazione,

desiderava espandere gli orizzonti del commercio non solo all’interno dell’Italia, ma

anche all’estero, si potrebbe considerare una’antenata di questo fenomeno.

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LA GLOBALIZZAZIONE

La parola globalizzazione indica l’unificazione del mondo dal punto di vista

economico, culturale, sociale e dei consumi.

Tutti partecipano al sistema economico mondiale, fornendo materie prime per le

lavorazioni, acquistando o vendendo beni e servizi, offrendo manodopera o

accogliendo flussi turistici. La crescente interdipendenza degli stati ha fatto crescere il

ruolo degli organismi internazionali, che con la loro azione possono condizionare e

indirizzare la politica dei governi nazionali.

La globalizzazione può essere considerata lo stadio finale di un processo iniziato

secoli fa, quando le principali nazioni europee intrapresero l’espansione coloniale nel

resto del mondo. Dopo ciò, nei maggiori paesi europei si diffuse un nuovo modo di

produrre, basato sull’importazioni delle materie prime dai paesi conquistati. Questo

processo subì una forte accelerazione in seguito alla rivoluzione industriale. A

rafforzare la globalizzazione contribuì la trasformazione delle imprese statuinitensi,

giapponesi ed europee in società multinazionali. Dopo aver assunto dimensioni

enormi nei mercati interni, iniziarono ad aprire filiali all’estero. In questo modo

rompevano i precedenti confini nazionali per operare nel mondo intero.

Il processo di globalizzazione si realizzò completamente negli anni ottanta del secolo

scorso, quando più fattori fecero sentire la loro influenza:

La costituzione di molte aree di libero scambio, che permisero alle merci di

circolare senza barriere doganali;

I progressi dei trasporti e delle telecomunicazioni, grazie ai quali i costi e i

tempi di trasporto ridussero notevolmente;

La diffusione del benessere, che aumentò il numero di consumatori;

Il crollo del sistema socialista, con il quale molti stati si unirono all’economia

capitalistica;

Il decentramento delle produzioni e l’incremento dei flussi finanziari, dovuti

agli investimenti delle multinazionali nei paesi emergenti.

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La globalizzazione ha portato sia conseguenze negative che positive.

Grazie a questo fenomeno negli ultimi decenni si è registrata una forte crescita delle

produzioni mondiali, l’incremento della ricchezza prodotta si è rivelato un aumento

del reddito medio, quindi un aumento generale delle condizioni di vita. Quasi

dappertutto è diminuita la mortalità infantile, si è allungata la durata della vita, si assiste

ad una maggiore alfabetizzazione e ad una riduzione della denutrizione.

Malgrado tutti gli sviluppi e gli aspetti positivi, non manca l’altra faccia della moneta.

Si tende ad escludere tutti gli stati che non si dimostrano sufficientemente competitivi,

con il solo risultato di accrescere le disuguaglianze. La disparità fra gli stati è

particolarmente evidente: gli stati poveri, mancanti di industrie, infrastrutture e

conoscenze tecniche, non attirano le imprese straniere che preferiscono investire nei

paesi già parzialmente sviluppati. Inoltre molti stati poveri risentono dello scambio

ineguale perché indebitandosi, acquistando beni di prima necessità, sono poi costretti a

pagare forti interessi. Questo vale anche per le imprese: sui mercati mondiali si

impongono soprattutto quelle maggiori, perché dispongono delle risorse necessarie per

fare ricerca, bloccando così lo sviluppo dei paesi poveri. Gli effetti della globalizzazione

si fanno sentire anche fra gli individui; il reddito di chi lavora nei settori qualificati

aumenta, mentre per i lavori meno qualificati è il contrario, questo comporta inoltre il

problema della disoccupazione, che colpisce soprattutto i lavoratori delle imprese

messe in crisi dalla concorrenza dei prodotti che arrivano dai paesi in via di sviluppo.

Questo fenomeno è aggravato dalla crisi mondiale.

Per risparmiare molti stati sono costretti a risparmiare sui servizi fondamentali, con il

risultato di penalizzare proprio gli strati più deboli della popolazione.

La globalizzazione non è soltanto un fenomeno economico, si sta affermando anche

una globalizzazione dei consumi e dei modelli di vita. Il cinema, internet, la televisione,

diffondono in tutto il mondo i gusti e le mode che stimolano i consumi, facendo

apparire necessari i beni superflui. Così milioni di persone tendono ad uniformarsi.

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L’omologazione dei modelli imposti dalla

pubblicità determina un impoverimento

culturale, perché favorisce l’abbandono

degli stili di vita propri di ogni società e

gruppo umano: si indeboliscono così le

culture e le identità locali.

Il fenomeno della globalizzazione ha suscitato ampi dibattiti: vi sono persone che la

vedono come un opportunità per diffondere il benessere nelle popolazioni dei paesi

poveri, ma c’è anche chi ne sottolinea i vari aspetti negativi prima citati. Nel 1999, in

occasione della riunione del Wto a Seattle, fece la sua prima comparsa a livello

mondiale un movimento contrario alla globalizzazione: il No global. Nei successivi

incontri del Wto e del G8, il movimento ha organizzato dei “forum” paralleli a quegli

incontri nei quali ha discusso le controproposte da opporre alle scelte degli organismi

che governano la globalizzazione. Forte è sempre stata la denuncia del potere delle

multinazionali che utilizzano la globalizzazione per creare imperi economici a danno

dello sviluppo delle popolazioni più povere e dell’ambiente.

Sta di fatto che la globalizzazione è un processo che coinvolge tutti e che appare,

almeno alla maggior parte degli studiosi, irreversibile.

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I TRASPORTI

Sin dai tempi più antichi il trasporto ha ricoperto un ruolo di grandissima importanza

nella vita dell’uomo. In effetti, solo un sistema trasporti ben strutturato può consentire

un florido sviluppo dell’economia di un Paese; rapidità ed efficienza nel movimentare

merci e persone sono preziosi alleati per ogni tipo di attività: industria, agricoltura,

commercio, turismo.

COSA SI INTENDE PER SISTEMA TRASPORTI

Il “sistema trasporti” è l’insieme dei veicoli e delle infrastrutture che consentono lo

spostamento delle persone e la movimentazione delle merci. Il sistema trasporti si

articola in due grandi categorie.

Trasporto di persone, che può essere individuale o collettivo, riservato o

pubblico;

Trasporto di merci, suddiviso in: urbano che opera la cosiddetta distribuzione

“porta a porta”; interurbano, svolto sulle bevi e medie distanze; nazionale,

all’interno di uno stesso Paese; internazionale, sulle rotte tra diversi Stati;

Per svolgere la sa funzione il sistema dei trasporti coinvolge:

I veicoli che realizzano la funzione del trasporto;

Le infrastrutture, cioè strade, autostrade, ponti, gallerie,viadotti, ferrovie, porti e

aeroporti, costituiscono l’ossatura del sistema dei trasporti, che rientra nel settore

terziario. I requisiti a cui devono rispondere sono la rapidità, l’efficienza, il costo

contenuto, la sicurezza. Il rovescio della medaglia sono le ricadute sull’ambiente,

sia per il consumo delle risorse energetiche, per l’emissione di gas inquinanti e

per l’impatto ambientale;

La gestione, che deve garantire il miglior funzionamento dell’intero sistema e dei

suoi componenti e gestire gli autostradali, i pagamenti dei parcheggi, le tasse sui

carburanti.

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VARI TIPI DI MEZZI DI TRASPORTO

I mezzi di trasporto possono essere classificati in base all’elemento sul quale o nel

quale si muovono, al servizio che svolgono, oppure all’estensione dell’area di lavoro:

Trasporti terrestri:

-su strada, sono detti anche trasporti su gomma, questo tipo di trasporto è fra i

più usati, perché permette di raggiungere qualsiasi località effettuando soste e

deviazioni anche su vie secondarie.

–su rotaia, sono detti anche trasporti su ferro, non prevedono deviazioni al loro

percorso.

–su cavo, come funicolari, funivie, seggiovie … possono trasportare un numero

limitato di passeggeri.

Trasporti via acqua:

-marittimi, navi petroliere, portacontainer, cisterne, traghetti, navi passeggere …

-su acque interne, su fiumi, laghi e canali;

Trasporti via aerea, aerei ed elicotteri per il trasporto di merci, persone e posta.

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TRASPORTI IN EUROPA

TRASPORTI SU GOMMA E SU ROTAIA

L’Europa è ormai un’unica grande rete stradale. gran parte dello spostamento di merci

avviene su camion e autotreni, con notevoli conseguenze sul traffico stradale e

autostradale e ripercussioni sull’ambiente. La rete ferroviaria europea supera i 300.000

chilometri, con una sensibile riduzione agli inizi del XX secolo a vantaggio della rete

stradale e aerea. Nei Paesi centrorientali europei la rete ferroviaria è sviluppata

maggiormente di quella stradale. Oggi per il trasporto su rotaia si sta investendo

soprattutto sui treni ad alta velocità.

VIE AD ACQUA E VIE D’ARIA

Oggi in Europa il settore dei trasporti marittimi dà lavoro ad oltre 350.000 persone.

L’80% del commercio dell’Europa con il resto del mondo avviene attraverso il

trasporto marittimo. Anche il settore del trasporto fluviale ha grandi potenzialità.

Nell’Europa del Nord e dell’Est esistono tre grandi vie d’acqua: il Reno, il Danubio e il

Volga. Il settore commerciale del trasporto aereo è in continua crescita, ciò è

dimostrato dal fatto che sempre più città si stanno dotando di aeroporti.

IMPORTAZIONI ED ESPORTAZIONI

I Paesi che sono in grado di esportare, cioè portare all’estero, merci e servizi vedono

aumentare le loro ricchezze; il contrario accade in quei Paesi che hanno la necessità di

importare, cioè ricevere da altre nazioni beni essenziali, come quelli in via di sviluppo.

La tendenza dominante vede i Paesi del Nord del mondo scambiare con quelli in via

di sviluppo materie prime, i prezzi crescono notevolmente, provocando un divario di

ricchezze. Il flusso di importazioni ed esportazioni è legato alla presenza di reti di

trasporti, la carenza di vie di comunicazioni e di buoni collegamenti esterni rappresenta

un ulteriore grave freno al miglioramento delle condizioni di vita nei Paesi in via di

sviluppo.

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L’EVOLUZIONE DEI MEZZI DI TRASPORTO

I VEICOLI

I primi mezzi di trasporto su terraferma furono certamente delle rudimentali slitte

ricavate dai tronchi di alberi per trasportare pesanti carichi.

Ma l’ invenzione fondamentale nella storia dei trasporti stradali fu la ruota.

L’introduzione della ruota per fabbricare vasi nel 3500a.C. circa, a opera dei Sumeri,

portò allo sviluppo della ruota come mezzo di trasporto. Nei primi carri le ruote

formavano un pezzo unico con gli assi, i quali erano assicurati sotto il corpo del carro

mediante cinghie di cuoio.

Per oltre 5000 anni i più efficienti mezzi di trasporto su strada rimasero i carri e le

carrozze trainati dai buoi o dai cavalli.

Una prima vera rivoluzione nei sistemi di trasporto si ebbe solo attorno al 1780

quando James Watt costruì i primi motori a vapore che furono adottati

successivamente anche per la movimentazione dei veicoli, da cui trassero vantaggio

innanzitutto i trasporti ferroviari, che usavano le rotaie per far spostare i veicoli, trainati

da locomotive.

In seguito e per quasi due secoli la ferrovia è stata la modalità più importante per

assicurare la mobilità interna di merci e persone nel mondo occidentale, garantendone

lo sviluppo economico e sociale. Solo negli ultimi quarant’anni la mobilità delle merci

su gomma ha progressivamente preso il sopravvento sulla ferrovia, raddoppiando la

sua quota dal 1970 ad oggi.

La storia dell’autocarro, come quella dell’auto, inizia nel 1876 con l’invenzione del

motore a scoppio.

Con Karl Benz, Gottlieb Daimler e Rudolf Diesel si arriva entro la fine del secolo alle

motorizzazioni dei veicoli nelle configurazioni che ancor oggi, dopo oltre un secolo,

sono ancora prevalenti.

Da allora la tecnologia ha fatto passi da gigante e i moderni autocarri sono dotati di

motori puliti, e garantiscono un grande sicurezza.

Il problema è che rimangono mossi da motori che utilizzano carburanti ottenuti dalla

raffinazione del petrolio, colpevoli della produzione di CO2 oltre che di emissioni di

gas nocivi che inquinano l’ambiente e contribuiscono al riscaldamento globale.

Specialmente nell’ultimo ventennio l’Industria autoveicolistica ha fatto progressi

enormi nella riduzione dei gas nocivi.

Ma la grande spinta verso motori più puliti spinge oggi verso la produzione di motori

elettrici, ibridi o che utilizzino carburanti alternativi, come metano, biocarburanti e

idrogeno.

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MUSICA

La casa di moda Luisa Spagnoli e la fabbrica di cioccolatini Perugina esprimono solo

in parte tutte finestre su cui si affaccia l'Umbria. Un' altra grande attrattiva della nostra

regione è Umbria Jazz ,come le ditte intuite da Luisa Spagnoli, ci rende importanti a

livello mondiale.

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UMBRIA JAZZ

LE ORIGINI

Il 23 agosto 1973 andò in scena il primo concerto. Musica nel teatro naturale del

Villalago di Piediluco a due passi da Terni. Il programma prevedeva gli Aktuala, e

l'orchestra maistream di Thad Jones e Mel Lewis. La prima edizione prevedeva altre

tre serate, due a Perugia e una a Gubbio, che però fu eliminata per la pioggia. A

Perugia, nella piazza IV Novembre, fecero il loro esordio italiano i Weather Report, e

la Solar Arkestra. Fu ben presto chiaro che si trattava di una buona idea, come

testimoniava il grande successo di pubblico. In realtà la gestazione del progetto fu

velocissima: dalla visione alla realizzazione concreta passarono pochissimi mesi.

Umbria Jazz nacque in un caffè, oggi chiuso, del centro storico di Perugia. Da tempo,

Carlo Pagnotta, commerciante perugino appassionato di jazz e frequentatore di lungo

corso dei maggiori festival europei, sognava un festival a casa sua. Ne parlò con due

esponenti di spicco della Regione che dimostrarono di gradire l'idea e coinvolsero il

loro collega al turismo. Fu stilato un programma artistico di massa con l'intervento di

Alberto Alberti, allora il principale manager italiano dei musicisti di jazz, la proposta

andò in giunta e fu approvata.

LA DIFFICOLTA’ E LA CHIUSURA

Le piazze e le strade delle città nei giorni di Umbria

Jazz erano molto affollate, addirittura alcuni artisti

non riuscivano a raggiungere i luoghi dei concerti.

L'edizione del 1976 vide calcare le scene George

Coleman, Art Blakey e Dizzy Gillespie. In questo

periodo in Umbria arriva moltissima gente e una

parte del pubblico, fortemente politicizzata, tende a

creare problematiche di vario tipo: in Italia sono i

cosiddetti "anni di piombo". Neanche la musica si

salvò: vengono fischiati grandi artisti come Chet

Baker e Stan Getz, bianchi e borghesi. Altrettanto

acceso, ovviamente, fu il confronto fra le forze

politiche locali e negli ambienti culturali. Per non

rischiare, gli organizzatori annullarono l'edizione

del 1977. Dopo molte polemiche, nel 1978 si tornò a

riorganizzare il festival, con una formula che cerca di

limitare invano l'afflusso di spettatori: ogni sera andarono in scena due concerti in

altrettante città. Il festival di conseguenza divenne poco gestibile. All'edizione del 1978

non ne seguirono altre fino al 1982. Serviva una pausa di riflessione.

LA RIAPERTURA

La manifestazione rinacque nel 1982 con molti cambiamenti e gli enti regionali e di

promozione turistica non entrarono più nella gestione. Si introdusse, per la prima

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volta, il biglietto d'ingresso per i concerti più importanti.

Nel 1985 nacque l'Associazione Umbria jazz, che ha

in gestione il marchio "Umbria Jazz", di proprietà

della Regione, e che gestisce da allora il festival in

ogni suo aspetto.

Alcuni anni dopo, per volontà della Regione, nacque

la Fondazione Umbria jazz, che ha il compito di garantire le risorse finanziarie di parte

pubblica. L'attuale presidente della Fondazione è Renzo Arbore, mentre Carlo

Pagnotta (uno degli ideatori della manifestazione) ne è direttore artistico.

La seconda caratteristica della "nuova" UJ è la stanzialità: non è più un festival

itinerante, ma si tiene solo a Perugia. In verità, nei primi anni, si prova l'esperienza del

cosiddetto "decentramento", con scarsi risultati: il festival si svolge quasi tutto a Perugia,

con alcuni concerti tenuti a Terni, Narni, Orvieto, Foligno, Gubbio, Città di

Castello e Assisi.

I concerti serali si tengono ai giardini del Frontone; tra gli artisti si possono

citare Sonny Rollins, Randy Crawford, Michel Petrucciani, Phil Collins, Al

Jarreau e Keith Jarrett.

Dal 2003 i concerti si tengono presso l'arena del Santa Giuliana, da citare gli artisti:

Ornette Coleman, Van Morrison, Bobby McFerrin, gli Earth, Wind & Fire, James

Brown e i Manhattan Transfer. Altri concerti si tengono al settecentesco Teatro del

Pavone, al teatro comunale Morlacchi, presso la duecentesca chiesa di San Francesco

al Prato, all'oratorio filippino di Santa Cecilia, nella sala Podiani della Galleria

nazionale dell'Umbria, nel duomo di Perugia, nella basilica di San Pietro e nello stadio

Renato Curi.

LO STILE

Nel ventennio che parte dall'edizione del 1982 si aggiunge qualche divagazione nei

territori del rock e del blues e della canzone brasiliana, con una maggiore attenzione al

jazz italiano.

Le scelte artistiche si dividono in due filoni: da un lato il jazz ortodosso e dall'altro

la musica nera (blues, gospel, soul, zydeco, marching band, rhythm 'n' blues) con vari

sconfinamenti nel pop-rock, per un pubblico generalista. In tale ottica vanno viste

anche le esibizioni di personaggi come Elton John, Carlos Santana, James

Brown, Donna Summer, Eric Clapton, Earth, Wind & Fire, Simply Red.

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FRANCESE Luisa Spagnoli ha passato in Francia alcuni dei più bei momenti della sua vita, visti dal

punto di vista romantico, purtroppo è stato anche il Paese dove i suoi occhi si sono

chiusi, per poi non riaprirsi mai più. Nel 1935, muore a Parigi di un grave tumore alla

gola, dopo essere stata trasferita lì per migliori cure mediche.

Luisa andò in Francia per la prima volta con Giovanni Buitoni, per motivi di affari,

ma ben presto questo viaggio di lavoro li aiutò a confessare il loro amore.

Questo Paese è sempre stato una via di fuga, un sogno che si avverava, una meta di

sosta e riposo per Luisa.

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LA FRANCE PHISIQUE

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Si l’on trace une ligne imaginaire entre la ville de

Bayonne et les Ardennes, on voit qu’elle partage le pays

en deux parties: au nord-ouest, ce sont les plaines qui

dominent;les principales montagnes sont, au contraire, au

sud-est.

Elle a la forme d’un exagone ( figure geometrique avec 6

cotèe). Sa superficie est de 550.000 km quarè envrion.

Elle est limitée:

Au nord-ouest, par la Mer du Nord, pas le Pas de Calais et par la Manche;

À l’ouest, par l’Océane Atlantique;

Au sud, par les Pyrénées, qui la séparent de l’Espagne et par la Mer Méditerranée;

À l’est, par les Alpes qui la séparent de l’Italie, par le Jura qui la sépare de la Suisse et

par le Rhin qui la sépare del’Allemagne;

Au nord-est, c’est une ligne conventionelle qui la sépare de l’Allemagne, du

Luxemburg et de la Belgique.

LE RELIEF DU SOL

Les primcipales montagnes de la France sont:

les Volges, au nord-est du pays, entre la Lorraine et l’Alsace;

le Jura, entre la France et la Suisse;

les Alpes, qui séparent la France de l’Italie, avec la Maffif du Mont Blanc, le plus élevé

de l’Europe;

les Pyrénées , entre la France et l’Espagne;

et le Massif Central, avec les Cévennes et les Monts d’Auvergne.

LES PLAINES

Les grandes plaines de la France sont:

la plaine de Flandre, au nord;

le Bassien Parisien, qui est traverse par la Seine et par une partie de la Loire;

le Bassin d’Aquitaine ou vallée de la Garonne;

le Couloir Rhodanien ou vallée du Rhone et la plaine d’Alsace, entre les Vosges et le

Rhin.

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LES FLEUVES

Il y a d’abord la Seine: elle passe par Paris et Rouen et se jette dans la Manche en

formant un estuaire. Elle reçoit la Marne. Nous avons ensuite la Loire: elle prend sa

source dans les Cévennes, passe par Orléans et se jette dans l’Océane Atlantique en

forment, elle aussi, un estuaire. C’est le fleuve le plus long de la France. Au sud-ouest,

il y a la Garonne: elle pred sa source dans le Pyénées, passe par Toulouse et Bordeaux

et forme avec son affluent, la Dordogne, le vaste estuaire de la Gironde. Elle se jette

dans l’Océan Atlantique. Au sud, il y a le Rhone: il prend sa souce en Suisse, passe per

Lyon et Avignone t se jette dans la Mer Mediterranée en formant un delta qui

renferme l’ile de la Camargue. Son principal affluent est la Saone. À l’est il y a le Rhin:

il prende sa source en Suisse, longe ensuite l’Alsace; il pénètre dan ce pays, il passe

ensuite en Hollande et se jette enfin dans la Mer du Nord.

LE GRANDES VILLES DE LA FRANCE

Paris, la capitale, est une grande ville de 2.152.000 habitants envrion. C’est le centre

politique, économique, financier e culturel du pays. On appele la Ville Lumière. Les

villes principales sont: Marseille, Lyon, Toulouse, Nice, Bordeaux, Strasbourg, Lille.

LES PORTS

Les portsplus importants sont:

Marseille, le premier port de commerce de la Méditerranée;

Le Havre, sur la Manche;

Bordeaux, le grand port de l’Océan Atlantique.

Les principaux ports militaries sont: Toulon et Brest. Paris et Strasbourg sont deuz

ports fluviaux. La France a 58.300.000 habitants environ.

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CONCLUSIONI

Ormai siamo alla fine di questo percorso intrapreso all’inizio delle scuole medie. Mi

sembra ieri che per la prima volta varcai la porta di quella scuola, mai avrei immaginato

che questi anni sarebbero volati, un soffio, e già sto scrivendo le conclusioni di questa

tesina.

Non ho molto da dire, riguardo la nostra cara Luisa, direi che ne ho già parlato

abbastanza, vorrei solo ringraziarla perché mentr scrivevo questa tesina mi ha fatto

capire che tutti noi abbiamo una marea di possibilità nella vita, che spesso nemmeno

immaginiamo di avere, perciò grazie Luisa Spagnoli.

Vorrei inoltre ringraziare:

La mia amorevole famiglia per il grande sostegno, tutti i miei insegnanti per i preziosi

consigli, i miei amici per la compagnia, la fabbrica “Perugina” e la casa di moda “Luisa

Spagnoli”.