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UNIVERSIT ` A DEGLI STUDI DI BARI FACOLT ` A DI SCIENZE MM.FF.NN. CORSO DI LAUREA DI II LIVELLO IN FISICA TESI DI LAUREA IN FISICA TEORICA SUPERFLUIDIT ` A OLTRE LA TEORIA BCS Relatore: Chiar.mo Prof. Giuseppe NARDULLI Laureanda: Dr.ssa Floriana GIANNUZZI Anno Accademico 2005/2006

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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI BARI

FACOLTA DI SCIENZE MM.FF.NN.

CORSO DI LAUREA DI II LIVELLO IN FISICA

TESI DI LAUREA IN FISICA TEORICA

SUPERFLUIDITA

OLTRE LA TEORIA BCS

Relatore:

Chiar.mo Prof. Giuseppe NARDULLI

Laureanda:

Dr.ssa Floriana GIANNUZZI

Anno Accademico 2005/2006

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Indice

1 Introduzione: Superfluidita e superconduttivita al di la della

teoria di campo medio 5

2 Superfluidi a bassa temperatura 12

2.1 La teoria BCS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

2.2 Condensazione di Bose-Einstein . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

2.3 Evidenze sperimentali della BEC su atomi bosonici . . . . . . . 21

2.4 Risonanza di Feshbach . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28

3 Superconduttori ad alta temperatura 34

3.1 Crossover BCS-BEC

Modello non relativistico in 2D e 3D . . . . . . . . . . . . . . . 37

3.2 Crossover BCS-BEC

Modello non relativistico in 2D e 3D . . . . . . . . . . . . . . . 37

3.2.1 Studio di un modello bidimensionale . . . . . . . . . . . 38

3.2.2 Studio di un modello tridimensionale . . . . . . . . . . . 49

3.2.3 Pseudogap . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52

3.3 Transizione BKT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55

4 Superfluidita di sistemi non omogenei 61

4.1 Gas di Fermi costituiti da due specie . . . . . . . . . . . . . . . 61

4.1.1 Fase di Breached Pairing . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63

4.1.2 Fase FFLO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68

4.1.3 Diagramma di fase . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77

4.2 Tre specie interagenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81

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4.2.1 Tre specie con costanti d’interazione diverse . . . . . . . 81

4.2.2 Tre specie con potenziali chimici diversi . . . . . . . . . . 94

5 Conclusioni 99

A Il punto di Lifshitz 101

B Analisi con il gruppo di rinormalizzazione 105

C Cenni sulla teoria di Eliashberg 109

Bibliografia 114

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Capitolo 1

Introduzione: Superfluidita e

superconduttivita al di la della

teoria di campo medio

La superconduttivita fu scoperta nel 1911 dal fisico olandese Kamerlingh On-

nes, mentre eseguiva una serie di esperimenti in condizioni di basse tempe-

rature. Egli noto che il mercurio, portato a temperature inferiori a 4K, di-

venta superconduttore, cioe in grado di trasportare corrente elettrica senza

resistenza e senza perdite energetiche. Tale comportamento non era mai stato

osservato prima di tale data poiche mancavano le tecniche sperimentali per il

raggiungimento delle basse temperature alle quali il fenomeno si manifesta.

Successivamente cominciarono gli studi in questo campo, sia per trovare un

modello teorico per la descrizione microscopica del fenomeno, sia nella ricerca

di nuovi materiali che potessero presentare le stesse proprieta superconduttive

a temperature piu alte di quelle fino ad allora osservate, quindi piu facilmente

riproducibili sperimentalmente, soprattutto in vista di applicazioni pratiche.

Il fisico R. Gavaler scoprı che il Nb3Ge diventa superconduttore a 23K e

furono scoperti altri materiali con temperature critiche dello stesso ordine. I

primi superconduttori scoperti furono classificati come superconduttori di I

tipo mentre questi ultimi come superconduttori di II tipo. Oltre alla tempe-

ratura critica, c’e un’altra fondamentale differenza fra queste due generazioni

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e riguarda il loro comportamento in presenza di un campo magnetico esterno:

mentre i primi hanno la caratteristica di espellere dal loro interno il campo ma-

gnetico durante la fase superconduttiva, se la sua intensita non supera un certo

valore critico, i secondi, invece, sono caratterizzati da due campi magnetici cri-

tici e permettono una parziale penetrazione delle linee di flusso del campo nel

range intermedio fra questi due valori. Nei primi, si verifica una transizione

di fase del primo ordine quando il campo magnetico supera il valore critico,

mentre nei secondi una transizione di fase del secondo ordine all’aumentare

dell’intensita del campo magnetico, dal primo valore critico al secondo, al di

la del quale il materiale torna nello stato normale.

Nel 1986 G. Bednorz e K. A. Muller scoprirono che l’ “LBCO”, un ossido

di lantanio, bario e rame, diventa superconduttore a circa 35K; data la rile-

vanza della scoperta, i due fisici ricevettero il premio Nobel per la Fisica del

1987. Oggi si conoscono materiali che diventano superconduttori a temperatu-

re intorno ai 100K; questi materiali, sono stati battezzati col nome di HTSC,

High Temperature Superconductors, e sono costituiti da ossidi (spesso ossido

di rame) e da metalli prevalentemente delle terre rare.

In questi ultimi venti anni, successivi alla scoperta degli HTSC, lo studio

della superconduttivita ha avuto un grande sviluppo. Questo evento ha, in-

fatti, da una parte, stimolato la ricerca sperimentale, rendendo piu facilmente

riproducibili gli esperimenti sulla superconduttivita, e, dall’altra, ha stimola-

to la ricerca teorica, che, fino a quel momento, aveva previsto temperature

critiche al massimo di 20K, mentre si scopriva che la superconduttivita era

possibile gia a 100K.

Un’ulteriore stimolo alle ricerche in questo campo e stato generato dagli stu-

di sulla condensazione di Bose-Einstein (BEC) in atomi ultrafreddi. Nel 1995

si ebbe la prima osservazione di un condensato di bosoni presso i laboratori del

JILA, negli Stati Uniti , mediante tecniche che consentono il raffreddamento

del gas a bassissime temperature e contemporaneamente ne evitano la lique-

fazione. Il fenomeno della condensazione era stato previsto gia dal 1925 da

Einstein e Bose ma, fino a dieci anni fa, le ricerche sperimentali erano basate

solo sull’osservazione della superfluidita, che avviene in liquidi quantistici e

puo pertanto avere caratteristiche diverse rispetto alla condensazione di Bose-

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Einstein. Recentemente, invece, sono stati effettuati studi sulla condensazione

prima in gas bosonici e, successivamente, in gas fermionici.

Come si e detto, la BEC e stata osservata in atomi ultrafreddi, cioe gas di

atomi che, a basse temperature (100 nK), hanno una transizione di fase e for-

mano un condensato. Con questi materiali, si possono effettuare esperimenti

in cui si puo far variare la temperatura, la densita e l’intensita d’interazione,

cambiando semplicemente il campo magnetico esterno, sfruttando un metodo

detto risonanza di Feshbach: si puo in questo modo studiare il comportamento

del gas in diverse condizioni e, in particolare, il passaggio fra regimi in cui le

particelle in un gas sono debolmente interagenti, come accade nei supercon-

duttori metallici a basse temperature, a regimi in cui esse sono fortemente

interagenti, come accade nella BEC. D’altra parte, l’importanza dell’analisi

del crossover fra queste due regioni, risiede nel fatto che si ritiene che i nuovi

materiali superconduttori ad alta temperatura siano proprio in questo stato

intermedio. A conferma di questa ipotesi, c’e il fatto che gli HTSC hanno

caratteristiche intermedie fra quelle dei due limiti e che il passaggio da un lim-

te all’altro avviene, come dimostreremo, in maniera continua, attraverso un

crossover.

La necessita di nuovi studi teorici in materia di superconduttivita e dovuta

alla inadeguatezza della teoria di Bardeen, Cooper e Schrieffer nello spiegare

le caratteristiche dei nuovi superconduttori.

Ricordiamo che la teoria BCS, introdotta nel 1957, e stata la prima teoria

microscopica della superconduttivita metallica ed e risultata una teoria straor-

dinariamente efficace nella spiegazione di questo fenomeno per questa classe di

materiali.

Secondo la teoria BCS, durante la fase superconduttiva, i portatori della

corrente elettrica sono coppie di elettroni debolmente legati, chiamate coppie di

Cooper. Esse, per scambiare energia con gli ioni del reticolo, devono superare

una barriera energetica (gap) e quindi non possono dissipare energia.

I modelli precedenti alla teoria BCS avevano avuto carattere piu fenome-

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nologico. Ad esempio, i fisici F. e H. London scrissero delle equazioni in grado

di descrivere il comportamento dei superconduttori in presenza di un campo

magnetico.

Successivamente, nel 1950, Ginzburg e Landau costruirono una teoria che de-

scrive la transizione di fase del secondo ordine che avviene nel passaggio dallo

stato normale a quello superconduttivo.

Nel 1959 Gor’kov riuscı a unificare la teoria BCS e quella di Ginzburg-Landau,

mostrando che il gap energetico, introdotto dalla teoria BCS, e proporzionale

alla funzione d’onda di Ginzburg-Landau.

Nel 1957 Abrikosov costruı una teoria per spiegare il comportamento dei

superconduttori di II tipo.

Per gli HTSC non c’e ancora una teoria completa. Come gia sottolineato,

sembra che essi siano in un regime intermedio fra quello relativo alla teoria

BCS e quello relativo alla condensazione di Bose-Einstein(BEC).

Lo scopo della tesi e quello di presentare alcuni sviluppi teorici recenti

in questo campo. Questi sviluppi hanno riguardato sia alcune caratteristiche

peculiari dei superconduttori ad alta temperatura, come la presenza di uno

pseudogap nello spettro di energia dello stato normale o la loro maggiore lun-

ghezza di correlazione, sia la superconduttivita degli atomi freddi, per esempio

di atomi bosonici, come il 7Li, o fermionici, come il 6Li e il 40K.

Quanto detto, quindi, suggerisce che, per descrivere i nuovi supercondutto-

ri, non e piu possibile utilizzare un modello basato sulle due ipotesi fondamen-

tali della teoria BCS, ovvero l’ipotesi di accoppiamento debole fra le particelle e

l’approssimazione di campo medio. La prima ipotesi va superata poiche, come

gia sottolineato, le particelle nei nuovi superconduttori hanno accoppiamenti

piu forti. La seconda ipotesi va superata poiche le fluttuazioni del parametro

d’ordine per accoppiamenti piu forti diventano importanti e determinano lo

pseudogap osservato.

Nella tesi si passeranno in rassegna alcuni studi recenti riguardanti i meto-

di per andare al di la dell’accoppiamento debole, per descrivere il crossover e

per superare l’approssimazione di campo medio, mediante l’introduzione nel-

l’Hamiltoniana della teoria di termini contenenti le fluttuazioni del parametro

d’ordine.

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La descrizione del crossover sara poi estesa al caso di sistemi non omoge-

nei, costituiti cioe da atomi diversi. Per questi si presentano altre possibili fasi,

oltre alla fase normale e quella condensata, cioe la fase di Breached Pairing e

la fase FFLO (Fulde-Ferrell-Larkin-Ovchinnikov). La prima e caratterizzata

dalla contemporanea presenza di condensato e particelle nello stato normale e

generalizza la fase BEC per sistemi non omogenei. La seconda e caratterizzata

da coppie di Cooper con impulso totale non nullo e generalizza la fase BCS.

Inoltre, si sono analizzate le fasi BEC e BCS per sistemi costituiti da tre spe-

cie di atomi fermionici. In questo caso lo scopo e capire quali accoppiamenti

sono favoriti al variare del potenziale chimico delle specie o delle costanti di

accoppiamento che caratterizzano le tre possibili interazioni binarie degli ato-

mi fermionici. Sottolineiamo che questa generalizzazione e necessaria perche

l’Hamiltoniana di Hubbard, che e la piu semplice Hamiltoniana utilizzata per

questi sistemi, prevede sempre un’interazione fra specie diverse (nel caso piu

semplice, come nella teoria BCS, fra elettroni di spin opposto).

Vogliamo infine sottolineare che la BEC si verifica in molti campi della

fisica, non solo nella materia condensata. Ad esempio, fenomeni simili sono

noti in fisica nucleare, delle particelle elementari e in astrofisica. Essa e prevista

anche dalla QCD, in cui sono coppie di qq (a basse densita) e qq (ad alte

densita) a condensare. In tabella sono elencati alcuni sistemi di bosoni che

mostrano il fenomeno della superfluidita.

La tesi e organizzata nel modo seguente.

Nei primi due paragrafi del capitolo 2 sono richiamati i concetti fondamen-

tali della teoria BCS e della BEC. Nel primo paragrafo e descritto il modello

introdotto da Berdeen, Cooper e Schrieffer e i risultati che esso prevede, men-

tre nel secondo sono riportati gli argomenti statistici che provano il fenomeno

della condensazione dei bosoni a basse temperature.

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Tabella 1.1: Alcuni sistemi di bosoni in cui avviene il fenomeno dellacondensazione.

Particella Composta da in manifestazione coerenza

coppia di Cooper e− e− metalli superconduttivita

coppia di Cooper h+ h+ ossidi di rame superconduttivitaad alta temperatura

4He 4He2+ 2e− 4He superfluidita

3He 2(3He2+ 2e−) 3He superfluidita

condensati chirali 〈qq〉 vuoto struttura delleparticelle elem.

condensato di colore 〈qq〉 stelle compatte rottura SU(3)c

Nel paragrafo successivo sono descritte le tecniche sperimentali introdotte negli

ultimi dieci anni per realizzare un condensato di bosoni. Il procedimento che

oggi si utilizza prevede piu fasi, che hanno l’obiettivo di raffreddare e intrap-

polare il gas: all’inizio, c’e una fase di raffreddamento, mediante luce laser,

e, contemporaneamente, di intrappolamento mediante un campo magnetico

esterno; poi il gas viene messo all’interno di una trappola magnetica e infine

viene fatto evaporare, per abbassare ulteriormente la sua temperatura.

Nell’ultimo paragrafo, e descritta la risonanza di Feshbach, tecnica mediante la

quale e possibile variare l’interazione fra le particelle di un gas fermionico cam-

biando il campo magnetico esterno. L’importanza di questa tecnica in questo

contesto e dovuta al fatto che essa offre la possibilita di studiare il crossover

fra la regione BCS e quella BEC.

Nel capitolo 3 sono descritti i superconduttori ad alta temperatura, cioe

gli HTSC. E trattato il modello di Hubbard bidimensionale e tridimensiona-

le in approssimazione di campo medio, a T=0, per la descrizione teorica del

crossover BCS-BEC. Si giustifica il motivo per cui questo passaggio viene in-

dicato come un crossover e perche gli HTSC possono essere descritti da tale

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modello. Sono inoltre ricavate l’equazione di gap e quella per il numero medio

di particelle, valide per qualsiasi valore della costante d’interazione: entrambe

le equazioni sono quindi in grado di descrivere sia il regime BCS, sia il re-

gime BEC (con risultati compatibili con quelli gia noti) ed anche la regione

intermedia, che interessa gli HTSC. In seguito sono riportati i risultati previsti

dal modello a temperature finite e quando si abbandona l’approssimazione di

campo medio. In particolare, viene descritto lo pseudogap e la transizione di

Berezinskii-Kosterlitz-Thouless, che si verifica quando diventano importanti le

fluttuazioni termiche nel sistema.

Nel capitolo 4 vengono descritti gas non omogenei, costituiti da atomi di

specie diverse. Inizialmente e affrontato il caso di due specie: si analizza il

comportamento del sistema quando la differenza dei potenziali chimici delle

due specie diventa sempre piu grande. Vengono determinati i limiti a cui la

fase BEC e quella BCS non sono piu stabili e sono descritte le fasi che si pos-

sono presentare, oltre allo stato normale, quando il condensato viene rotto.

Sono riportati i diagrammi di fase che rappresentano la fase del sistema in

funzione della differenza dei potenziali chimici. Successivamente e trattato il

caso di tre specie, nell’ipotesi che due dei tre accoppiamenti che si possono

stabilire fra atomi di specie diverse siano descritti dalla stessa costante d’in-

terazione mentre l’altro e descritto da una costante diversa. Si e determinato

quali coppie si formano per diversi valori delle due costanti d’accoppiamento

e, successivamente, per diversi valori dei potenziali chimici.

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Capitolo 2

Superfluidi a bassa temperatura

2.1 La teoria BCS

La teoria BCS e stata formulata nel 1957 dai fisici J. Bardeen, L. N. Cooper

e J. R. Schrieffer [1]. Essa rappresenta storicamente la prima interpretazione

microscopica del fenomeno della superconduttivita.

Alla base di questa teoria c’e l’idea che nei superconduttori la corrente elet-

trica viene trasportata da coppie di elettroni, debolmente legati, che possono

muoversi nel metallo senza urtare gli ioni e quindi senza perdite di energia.

Queste coppie hanno il nome di coppie di Cooper, essendo state ipotizzate

per la prima volta da Cooper in un lavoro del 1956 [2]. In questo lavoro

egli dimostra che, in presenza di un’interazione attrattiva fra gli elettroni,

arbitrariamente piccola, lo stato fondamentale diventa instabile rispetto alla

formazione di coppie di elettroni. Poiche uno stato legato di due elettroni

segue la statistica di Bose-Einstein, esso puo condensare: da qui ha origine la

superconduttivita.

Nei metalli l’interazione attrattiva, che e alla base di questo fenomeno e che

deve competere con la repulsione coulombiana, ha origine dall’interazione dei

due elettroni con gli ioni del reticolo. Questa interazione puo essere descritta

nel modo seguente: un elettrone, muovendosi all’interno del reticolo cristallino,

crea una distorsione del reticolo a causa dell’attrazione che esercita sugli ioni

positivi che lo costituiscono; se questa distorsione persiste per un tempo finito,

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puo essere sentita da un secondo elettrone in moto, che quindi risulta debol-

mente attratto dal primo. Poiche l’energia che tiene unita la coppia e molto

piccola, e sufficiente innalzare la temperatura anche di poco per separare gli

elettroni: esiste cioe una temperatura critica al di sopra della quale le coppie

si rompono e il metallo non e piu superconduttore.

Dal punto di vista quanto-meccanico, questa interazione viene mediata dai

fononi, i quanti delle vibrazioni degli atomi di un reticolo, aventi massa nulla

e spin 1.

Si tratta di un’interazione debole, che coinvolge solo gli elettroni con im-

pulso vicino all’impulso di Fermi: solo questi possono essere eccitati negli stati

vuoti che si trovano al di la della superficie di Fermi, mentre gli elettroni piu

interni non riusciranno a guadagnare abbastanza energia per l’eccitazione.

Le coppie di Cooper sono caratterizzate da un’estensione nello spazio molto

piu grande rispetto alla distanza media fra le particelle nel metallo e sono

formate da elettroni aventi spin e impulso opposti. L’argomento con cui si

puo dimostrare che solo elettroni con impulsi opposti riescono ad accoppiarsi

e riportato nell’Appendice B.

Analizziamo il modello BCS in dettaglio: consideriamo un gas di Fermi

quasi degenere, quindi a basse temperature e alte densita, in cui e presente un

potenziale attrattivo fra le particelle.

Introduciamo gli operatori a†p,α e ap,α, che, rispettivamente, creano e di-

struggono un elettrone di impulso p e spin α (↑ o ↓). Essi verificano regole di

anticommutazione:

a†p,α, ap′,β

= δ(α− β)δ(p− p′)

a†p,α, a†p′,β = 0

ap,α, ap′,β = 0

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L’Hamiltoniana del sistema e:

H − µN =∑p,α

(p2

2m− µ

)a†p,αap,α − g

∑p,p′

a†p′,+a†−p′,−a−p,−ap,+ (2.1)

in cui

N =∑p,α

a†p,αap,α

e l’operatore numero di particelle, introdotto, attraverso il moltiplicatore di

Lagrange µ, poiche si considera il gas di elettroni come un sistema con numero

variabile di particelle. Se si impone la condizione che 〈N〉 sia uguale al numero

di particelle del sistema, allora µ assume il significato di potenziale chimico e

si ottiene un’equazione che lo determina. g e la costante di accoppiamento e

rappresenta l’intensita dell’interazione fra un elettrone di impulso p e spin ↑e un elettrone di impulso -p e spin ↓ che, dopo l’interazione, avranno impulso

p′ e −p′ e spin ↑ e ↓; si puo definire la lunghezza di scattering a < 0 a partire

dalla costante di accoppiamento:

g =4π|a|m

.

Il modello considera solo interazioni fra elettroni che si trovano entro un

piccolo guscio intorno alla superficie di Fermi, con spin antiparalleli e im-

pulsi opposti perche queste danno i contributi fondamentali all’Hamiltoniana,

mentre gli altri sono trascurabili.

Se siamo in regime di accoppiamento debole, si puo fare l’approssimazione

di campo medio, che consiste nel trascurare le fluttuazioni del prodotto di due

operatori di creazione o distruzione intorno al valor medio, cioe:

a†p′,↑a†−p′,↓a−p,↓ap,↑ =

(a†p′,↑a

†−p′,↓ −

⟨a†p′,↑a

†−p′,↓

⟩)(a−p,↓ap,↑ − 〈a−p,↓ap,↑〉) +

+a†p′,↑a†−p′,↓ 〈a−p,↓ap,↑〉+

⟨a†p′,↑a

†−p′,↓

⟩a−p,↓ap,↑ −

⟨a†p′,↑a

†−p′,↓

⟩〈a−p,↓ap,↑〉 ≈

≈ +a†p′,↑a†−p′,↓ 〈a−p,↓ap,↑〉+

⟨a†p′,↑a

†−p′,↓

⟩a−p,↓ap,↑ −

⟨a†p′,↑a

†−p′,↓

⟩〈a−p,↓ap,↑〉 .

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Introduciamo la seguente grandezza:

∆ = g∑p

〈ap,↑a−p,↓〉 (2.2)

che rappresenta la funzione d’onda del condensato.

Se utilizziamo l’approssimazione di campo medio, l’Hamiltoniana diventa qua-

dratica:

H − µN =∑p,α

(p2

2m− µ

)a†p,αap,α −

∑p

(∆a†p,↑a

†−p,↓ + ∆∗a−p,↓ap,↑

)

e, scritta in forma matriciale, puo essere diagonalizzata, ottenendo:

U †HU =

Ep 0

0 −Ep

con ±Ep = ±√(

p2

2m− µ

)2+ |∆|2 autovalori della matrice H.

Possiamo supporre che ∆ sia reale, attraverso un’opportuna definizione dei

valori di aspettazione.

La matrice U che diagonalizza l’Hamiltoniana definisce i nuovi operatori

bp,α e b†p,α: bp,↑

b†−p,↓

= U †

ap,↑

a†−p,↓

U =

up v∗p

−v∗p u∗p

dove up e vp sono gli autovettori dell’Hamiltoniana:

|up|2 =1

2

1 +p2

2m− µ

Ep

|vp|2 =1

2

1−p2

2m− µ

Ep

tali che |up|2 + |vp|2 = 1.

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Essi verificano le stesse regole di anticommutazione degli operatori a, a† e

assumono il significato di operatori di creazione e distruzione di quasi-particelle

fermioniche, che corrispondono alle eccitazioni rispetto allo stato fondamentale.

L’Hamiltoniana diventa, in funzione di questi nuovi operatori:

H =∑p

Ep

(b†p,↑bp,↑ + b†−p,↓b−p,↓

).

Ep definisce lo spettro energetico delle quasi-particelle, riportato in figura 2.1.

Ξp

Ep

D

-D

Figura 2.1: Spettro di energia. Le linee tratteggiate rappresentano lo spettrodello stato normale mentre la curva continua rappresenta lo spettro delle quasiparticelle. ξp = p2/2m− µ.

Come mostra la figura 2.1, ∆ rappresenta il gap energetico fra il minimo

dello spettro e lo zero, cioe la quantita di energia che bisogna fornire per creare

una quasi-particella, ∆ funge da parametro d’ordine e ∆ 6= 0 caratterizza la

fase superconduttiva.

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Il passaggio dalla fase superconduttiva alla fase normale e una vera e propria

transizione di fase. Infatti le due fasi sono caratterizzate da una rottura della

simmetria U(1), che comporta anche l’effetto Meissner, cioe l’espulsione del

campo magnetico dal superconduttore.

Le quasi-particelle verificano, come detto, regole di anticommutazione e

pertanto seguono la statistica di Fermi-Dirac, con µ = 0:

⟨b†p,↑bp,↑

⟩= f(Ep) =

1

1 + eβEp

⟨b−p,↓b

†−p,↓

⟩= 1− f(Ep). (2.3)

Le relazioni che legano gli operatori a, a† ai nuovi operatori sono dette trasfor-

mazioni di Bogoliubov e si presentano nella forma seguente

ap,↑ = upbp,↑ + v∗pb†−p,↓

ap,↓ = upbp,↓ − v∗pb†−p,↑.

Dalle 2.3, si ottiene:

〈a−p,↓ap,↑〉 = upv∗p tanh

βEp

2=

2Ep

tanhβEp

2

e, dalla 3.2:

∆ = g2∑p

2Ep

tanhβEp

2.

Trasformando la sommatoria in integrale sui valori dell’energia compresi entro

il sottile guscio intorno all’energia di Fermi, si ottiene la gap equation:

∆ = g2∫dE

∆√E2 + ∆2

tanhβ√E2 + ∆2

2

che lega il parametro di gap alla temperatura.

La temperatura critica Tc che segna la transizione fra le due fasi si ottiene

risolvendo la gap equation per ∆ = 0: per T < Tc si ha ∆ 6= 0 mentre per

T ≥ Tc si ha ∆ = 0 e il sistema non e piu nello stato superconduttivo.

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Lo stato del sistema nella fase BCS e descritto dalla funzione d’onda:

|ΨBCS〉 =∏p

(u∗p + v∗pa†p,↑a

†−p,↓) |0〉

dove |0〉 e lo stato di vuoto, in cui non ci sono particelle. Questa funzione

d’onda, cosı definita, non fissa il numero di particelle, ma e una sovrapposizione

di stati contenenti zero o un numero pari di elettroni; per un dato impulso

p, |vp|2 rappresenta la probabilita che la coppia sia presente mentre |up|2 la

probabilita che la coppia sia assente.

Alcune grandezze importanti per la fase BCS sono la lunghezza di corre-

lazione e la lunghezza di fase. La lunghezza di correlazione rappresenta la

distanza fra particelle con momenti correlati, cioe fra i due elettroni della cop-

pia. Si determina attraverso il principio di indeterminazione, nota l’incertezza

sull’impulso, dell’ordine di ∆/vF :

ξ0 =hvF

∆.

La lunghezza di correlazione risulta molto piu grande della distanza media fra

le particelle in un gas di Fermi degenere: questo e il motivo per cui le coppie

di Cooper vengono indicate come coppie a lungo raggio. Le coppie di Cooper

presenti si sovrappongono fra loro e fra i due elettroni legati possono trovarsi

molti altri elettroni. La lunghezza di fase, invece, definisce la distanza entro

cui varia il parametro d’ordine scelto per la descrizione della transizione di

fase, cioe la funzione d’onda del condensato.

2.2 Condensazione di Bose-Einstein

La condensazione di Bose-Einstein e un fenomeno statistico che riguarda si-

stemi di bosoni identici. Essa consiste nell’occupazione da parte di un numero

grande di bosoni di un unico stato quantistico, lo stato fondamentale; si veri-

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fica a temperature inferiori ad una temperatura critica, anche nel caso in cui

i bosoni non interagiscono fra loro poiche la sua origine e esclusivamente sta-

tistica ed e legata all’indistinguibilita delle particelle. Immediata conseguenza

di questo comportamento e che, se molte particelle occupano lo stesso stato,

la loro funzione d’onda diventa misurabile in ampiezza e fase, cioe diventa un

oggetto classico.

Il fenomeno della condensazione di Bose-Einstein riguarda, in generale,

sistemi di bosoni interagenti. Tuttavia, per semplicita e per fissare la notazione,

consideriamo il modello studiato separatamente da Bose e da Einstein, cioe un

gas di bosoni non interagenti.

Queste particelle nel gas vengono viste come dei pacchetti d’onda, carat-

terizzati da un’estensione data dalla lunghezza d’onda termica, che dipende

dalla temperatura a cui si trova il gas mediante la relazione:

λ =

√2πh2

mkT.

I pacchetti d’onda possono essere considerati distinti finche λ resta minore

della distanza media fra le particelle nel gas; a basse temperature, pero, le

due grandezze possono diventare confrontabili e di conseguenza si crea una

sovrapposizione della funzione d’onda dei bosoni, che diventano cosı particelle

indistinguibili.

I bosoni seguono la statistica di Bose-Einstein, secondo cui alla temperatura

T il numero di bosoni che hanno impulso k e dato da:

nk =1

eβ(Ek−µ) − 1=

z

eβEk − z

essendo µ il potenziale chimico, β = 1/kBT e z la fugacita, che si ottiene

imponendo la condizione

〈N〉 =∑k

〈nk〉 .

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Nel limite termodinamico possiamo scrivere:

〈N〉 =z

1− z+∑k 6=0

z

eβEk−z≈ z

1− z+V (2m)3/2

(2π)2h3

∫ ∞

0dE√E

z

eβEk − z=

=z

1− z+V

λ3g3/2(z),

in cui e stato isolato il termine relativo allo stato fondamentale, avente k = 0,

perche divergente e

g3/2(z) =2√π

∫ ∞

0dx√x

z

eβEk−z.

1z

2.61

g32

Figura 2.2: Andamento della funzione g3/2

La funzione g3/2, rappresentata nella figura 2.2, e valutata nell’intervallo

[0, 1] poiche, essendo µ 6= 0, il numero di bosoni si conserva e si deve pertanto

avere:

〈n〉 ≥ 0 → 0 ≤ z ≤ 1

Questa condizione pone un limite superiore al numero di bosoni che possono

stare nel volume V, al di fuori del livello k = 0; questo numero e dato da:

Nmax = 2.61V

λ3.

Il numero di bosoni nello stato fondamentale dipende dalla temperatura a cui

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si trova il sistema, poiche essa fa variare Nmax: a temperature alte la lunghezza

d’onda e piccola e di conseguenza Nmax e grande, mentre a temperature basse

si puo avere Nmax < N e quindi condensazione. La temperatura critica e

definita come la temperatura a cui N = Nmax.

Riassumendo:

• T > Tc: N =V

λ3g3/2(z);

• T < Tc: N1 = 2.61V

λ3, N0 = N −N1 e z = 1.

2.3 Evidenze sperimentali della BEC su atomi

bosonici

La prima realizzazione sperimentale di un condensato si ottenne nel 1995 nei

laboratori del JILA, negli Stati Uniti, ad opera dei fisici Eric A. Cornell e

Carl E. Wieman, utilizzando un gas di atomi di rubidio; successivamente fu

realizzato un esperimento al MIT di Cambridge, nel Massachusets, dal fisico

Wolfgang Ketterle, utilizzando un gas di atomi di sodio. Erano passati quindi

ben 70 anni dal lontano 1925, anno in cui Einstein pubblico il suo articolo

in cui introduceva il fenomeno della condensazione, in seguito all’articolo del

fisico indiano Bose del 1924 sui quanti di luce [3].

Questa distanza temporale si spiega per il fatto che solo negli anni ’90

furono introdotte tecniche tali da consentire il raggiungimento di temperature

molto basse e densita molto alte senza alterare lo stato del gas, senza cioe

farlo solidificare o liquefare. Questo risultato si ottiene lavorando con campioni

molto diluiti, in cui e molto bassa la probabilita di collisioni anelastiche a tre

corpi, responsabili del cambiamento di fase.

Oggi in molti laboratori si fanno esperimenti sui condensati. Si utilizzano

campioni di isotopi bosonici di atomi alcalini come rubidio, litio, sodio, po-

tassio, cesio poiche le transizioni fra livelli energetici per questi elementi sono

compatibili con le caratteristiche dei laser a disposizione.

Finora e stato applicato agli atomi 87Rb, 23Na e 7Li [4] un metodo di

raffreddamento che prevede le seguenti tre fasi [5], [6], [7], [8]:

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1. raffreddamento mediante laser;

2. intrappolamento magnetico;

3. evaporazione.

La necessita di utilizzare piu fasi di raffreddamento risiede nel fatto che,

mentre i metodi ottici funzionano meglio a basse densita, nellequali la luce laser

non viene completamente assorbita dal campione, e vengono quindi applicati

all’inizio, l’evaporazione, al contrario, funziona meglio ad alte densita, che

assicurano rapide ritermalizzazioni, e puo essere effettuata solo in un secondo

momento.

Si parte da un gas di bosoni identici, diluito e in equilibrio termico, in cui

sono presenti interazioni fra gli atomi di tipo repulsivo, cioe caratterizzate da

una lunghezza di scattering positiva: in questo modo si ottiene un condensato

stabile e di dimensioni maggiori rispetto ad uno ottenuto a partire da un gas in

assenza di interazioni. L’obiettivo e quello che, a partire da un gas in condizioni

normali, avente pressione 105Pa, temperatura 300K e densita nello spazio delle

fasi nλ3dB = 10−8, dove n e la densita del campione e λ e la lunghezza d’onda

di de Broglie, si raggiungano temperature dell’ordine di 10−7K e densita nello

spazio delle fasi di 2.612, corrispondenti a densita del gas dell’ordine di 1014

atomi/cm3.

1. I fase: Raffreddamento mediante laser

Nella prima fase il gas viene raffreddato mediante luce laser, sfruttando

i processi di assorbimento ed emissione spontanea. Negli esperimenti, di

solito, si utilizza una trappola magneto-ottica (MOT), che ha il duplice

risultato di raffreddare e nello stesso tempo confinare gli atomi.

Quando il gas viene introdotto in una MOT, esso viene investito da tre

paia di fasci laser, nelle tre direzioni dello spazio, che si propagano con

versi opposti e tali che quelli che si propagano lungo lo stesso asse hanno

polarizzazione circolare opposta: positiva quella del fascio proveniente

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dal semiasse negativo e negativa per il fascio opposto, come mostrato

nella figura 2.3.

Figura 2.3: Schema semplificato di una MOT. Le frecce rappresentano i fascilaser nella trappola: quelli che provengono dai semiasse negativi (in rosso) han-no polarizzazione positiva e quelli verdi negativa. I due anelli rappresentano ledue spire percorse da corrente in versi opposti, in configurazione anti-Helmotz.

Essi hanno la funzione di rallentare e quindi raffreddare il gas: la fre-

quenza della luce emessa dai laser e scelta leggermente inferiore a quella

di risonanza del gas in modo che, per effetto Doppler, gli atomi tendono

ad assorbire solo i fotoni del fascio contro cui si muovono, come mostra-

to in figura 2.4. Dopo l’assorbimento, gli atomi acquistano un impulso

hk nella stessa direzione di propagazione del fotone assorbito e passano

allo stato eccitato: di conseguenza, risentono, a causa del rinculo, di una

forza dovuta alla pressione di radiazione, in direzione sempre opposta a

quella della loro velocita, concorde invece a quella del laser, e data da:

F = −γv

dove γ > 0 e una costante che dipende dall’intensita e dalla frequenza

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del laser e v e la velocita dell’atomo. Successivamente tornano allo sta-

to fondamentale per emissione spontanea, ma il fotone viene emesso in

direzione casuale. L’effetto complessivo dello scambio di impulso fra gli

atomi e la luce e quello di diminuire la velocita dell’atomo e pertanto

abbassare la temperatura del gas.

Figura 2.4: Un atomo che si muove in avanti tende ad assorbire, per effettoDoppler, il fascio in moto nella direzione opposta e ne viene rallentato.

Nella MOT sono presenti anche due spire percorse da corrente di uguale

intensita ma di verso opposto, in configurazione anti-Helmoltz, che ge-

nerano un campo magnetico di quadrupolo, nullo al centro delle spire e

crescente linearmente in ogni direzione.

Consideriamo un atomo il cui livello fondamentale ha momento angolare

totale nullo e il cui livello eccitato ha momento angolare totale pari a 1.

Il campo di quadrupolo genera uno shift del livello eccitato dato dalla

seguente relazione:

∆E(x) = gµBmB(x)

dove g e il fattore di Lande dello stato eccitato, µB e il magnetone di Bohr

e m=-1,0,1 e la componente del momento angolare. Lo shift varia quindi

linearmente con la distanza, poiche ha la stessa dipendenza spaziale del

campo magnetico.

Come mostra la figura 2.5, a causa della scelta di laser con frequenza

piccola rispetto a quella di risonanza del gas, per un atomo che si muove

lungo il semiasse positivo risulta favorita la transizione dal livello fonda-

mentale avente m=0 a quello eccitato avente m=-1 per cui l’atomo tende

ad assorbire fotoni con polarizzazione negativa; la situazione opposta si

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verifica nel caso di un atomo in moto lungo il semiasse negativo. Poiche il

fascio laser con polarizzazione negativa e quello diretto verso il semiasse

negativo e quello con polarizzazione positiva e diretto verso il semiasse

positivo, l’atomo risente di una forza di richiamo diretta sempre verso il

centro della trappola, che causa un intrappolamento [61].

Figura 2.5: Schema in una dimensione dei livelli energetici di un atomo aventestato fondamentale con L=0 e stato eccitato con L=1 in presenza del campomagnetico generato dalla MOT.

Complessivamente, un atomo che assorbe un fotone in una MOT risente

della forza

F = −mω2x− γv

che descrive un oscillatore armonico smorzato.

In questa prima fase si riescono a raggiungere temperature dell’ordine

del µK e densita nello spazio delle fasi dell’ordine di 10−6. Il limite

inferiore della temperatura e dovuto all’energia che un atomo acquista in

seguito all’assorbimento di un fotone mentre quello della densita e legato

alla forza repulsiva che si stabilisce fra gli atomi a causa dell’emissione

spontanea e conseguente assorbimento di fotoni.

Per raggiungere le temperature volute, si deve ricorrere pertanto ad

un’ulteriore fase di raffreddamento, quella evaporativa. Essa tuttavia ri-

chiede che in precedenza avvenga un ulteriore processo di confinamento

del gas, che gli permetta di essere isolato termicamente dall’esterno.

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2. II fase: Intrappolamento magnetico

Una trappola magnetica si ottiene dall’interazione fra il momento di di-

polo magnetico dell’atomo e un campo magnetico esterno non omogeneo.

Tipicamente si sceglie un campo di tipo armonico, con un minimo diverso

da zero. L’energia che si sviluppa e data da

U(r) = −µ ·B(r) = gµBm|B(r)|

Gli atomi tendono ad andare verso il minimo di energia, che si ha nel

centro della trappola se gm > 0, condizione per l’intrappolamento.

3. III fase: Evaporazione

Infine si passa alla fase di raffreddamento evaporativo, mediante la quale

si eliminano dal gas gli atomi piu veloci.

Attraverso la fase di intrappolamento magnetico, si e ottenuto un gas

di bosoni concentrato intorno al centro della trappola, che verifica la

condizione di intrappolamento mg > 0. Si puo rappresentare questa

situazione mediante la figura 2.6, che mostra due livelli energetici in

funzione della distanza dal centro della trappola: nel livello superiore,

quello popolato, c’e intrappolamento mentre in quello inferiore gli stati

sono non intrappolati.

Si noti che la differenza di energia fra i due livelli varia con la distanza:

scegliendo opportunamente il campo a radiofrequenza, si puo allora in-

durre una transizione fra questi livelli per atomi ad una certa distanza

dal centro della trappola. Nel nostro caso, si vuole far avvenire la tran-

sizione per gli atomi piu lontani dal centro della trappola poiche questi

sono i piu energetici e si sceglie un campo a radiofrequenza opportuno per

questo obiettivo. Su questi quindi si inducono transizioni fra i due livelli

Zeeman, al termine delle quali gli atomi invertono il proprio momento

magnetico: la forza magnetica diventa per essi deconfinante e vengono

cosı espulsi dalla trappola.

Si attende poi la ritermalizzazione del gas, al termine della quale, attra-

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x

E

Figura 2.6: Livelli energetici di uno stato intrappolato (quello superiore) eduno libero. Le frecce indicano due diversi salti energetici, per due valori delladistanza dal centro della trappola

verso collisioni elastiche fra gli atomi del gas, le loro velocita saranno nuo-

vamente distribuite secondo la Maxwell-Boltzmann, caratterizzata pero

da una temperatura piu piccola.

Si ripete questo procedimento riducendo progressivamente la frequenza

di risonanza in modo da eliminare atomi con energia cinetica sempre piu

bassa. Perche il metodo funzioni, occorre che sia verificata la condizione

che il tempo di ritermalizzazione sia molto piu piccolo della vita media

degli atomi nella trappola.

La difficolta di questa tecnica consiste nell’evitare che ci siano collisioni

anelastiche fra gli atomi, che provocherebbero la perdita di atomi con

conseguente diminuzione della densita.

Alla fine di queste tre fasi si riescono ad ottenere le giuste condizioni

per determinare la condensazione: temperatura di ∼ 100nK e densita di

∼ 1013cm−3.

4. Osservazione del condensato

Per l’osservazione del condensato si utilizzano telecamere a CCD, che re-

gistrano lo spettro di assorbimento proveniente dagli atomi del gas, dopo

che questo e stato fatto espandere ed e stato illuminato da un fascio di

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luce risonante. La componente normale e quella condensata danno due

immagini diverse, dovute ad una diversa legge di espansione e ad una

diversa densita, piu omogenea nel primo caso e con un picco pronunciato

nel secondo. Prima dell’espansione, nella trappola, il gas ha una simme-

tria cilindrica. Durante l’espansione, questa simmetria viene preservata

dal gas nello stato normale, poiche esso si espande classicamente, quindi

in modo isotropo. Essa, invece, viene modificata dal condensato: que-

sto, infatti, si espande quantisticamente, quindi, a causa del principio di

indeterminazione di Heisenberg, piu velocemente dove e meno allungato,

cioe nella direzione radiale del cilindro.

Inoltre, il condensato si trova nel minimo stato energetico e pertanto si

espande lentamente: nel suo spettro appare quindi un picco pronunciato

di atomi al centro dell’immagine.

Questo metodo di osservazione e distruttivo proprio perche si basa sul-

l’espansione del gas e perche causa un aumento della temperatura, in

conseguenza dell’assorbimento di fotoni: alla fine della rilevazione, il gas

non e piu condensato.

2.4 Risonanza di Feshbach

Sebbene il fenomeno della condensazione sia strettamente legato alle caratteri-

stiche dei bosoni, e tuttavia possibile realizzare un condensato di Bose-Einstein

a partire da un gas degenere di atomi fermionici. Perche cio accada, i fermioni

del gas devono accoppiarsi per formare degli stati legati e diventare molecole

di tipo bosonico, quindi in grado di condensare.

D’altra parte lo studio della condensazione di atomi fermionici risulta molto

interessante poiche permette di studiare il crossover BCS-BEC: dalle coppie

di Cooper, debolmente legate e a lungo raggio, si puo passare, aumentando

il potenziale di interazione fra gli atomi, alle molecole diatomiche. Questo

fenomeno e stato gia osservato in esperimenti che utilizzavano gas di 40K e 6Li

[9], [10].

Sperimentalmente, per raffreddare un gas di fermioni e quindi renderlo

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degenere, si possono utilizzare le stesse tecniche viste precedentemente per i

bosoni, ad eccezione del raffreddamento per evaporazione poiche esso richiede

la ritermalizzazione del gas che, nel caso dei fermioni, non puo avvenire, dato

che fra i fermioni sono inibite le collisioni elastiche.

Il raffreddamento evaporativo viene quindi sostituito dal raffreddamento

simpatetico: si aggiungono al gas degli atomi di tipo bosonico che hanno la

funzione di refrigerante poiche, attraverso collisioni elastiche con i fermioni,

consentono la ritermalizzazione. Per esempio, nell’esperimento eseguito con

atomi di litio, si utilizzano, come refrigeranti, atomi di sodio. Successivamente

si puo ottenere un gas di soli atomi di litio eliminando il sodio per evaporazione

oppure si puo scegliere di studiare la miscela contenente anche il sodio.

A questo punto, a seconda del tipo di interazione esistente fra gli atomi, si

puo ottenere un BEC o il regime BCS.

L’interazione fra gli atomi all’interno di un gas e repulsiva entro distanze

piccolissime fra gli atomi e diventa poi, al crescere della distanza, debolmente

attrattiva, a causa delle forze di Van Der Walls. Questo potenziale, mostrato

in figura 2.7 in funzione della distanza relativa fra gli atomi, e abbastanza

profondo da contenere diversi livelli vibrazionali relativi a stati legati di tipo

molecolare.

Consideriamo due curve di energia potenziale, relative a due diverse confi-

gurazioni dello spin di una coppia di atomi. Esse sono ottenute aggiungendo

al potenziale un termine iperfine, che induce, a seconda del suo segno, uno

splitting delle due curve, verso l’alto per una e verso il basso per l’altra. Consi-

deriamo inoltre due atomi con energia cinetica molto piu piccola dello splitting

fra le due curve, tale che i due atomi non possono, in seguito alla collisione,

saltare nel livello superiore. In questo caso, la curva inferiore viene associata

ad un canale “aperto” mentre quella superiore ad un canale “chiuso”, per-

che non raggiungibile dagli atomi. Questa condizione sperimentale si ottiene

utilizzando atomi alcalini ultrafreddi.

Se, pero, l’energia cinetica dei due atomi in collisione risulta uguale all’e-

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Figura 2.7: Potenziale d’interazione fra gli atomi di un gas

nergia di uno stato legato del canale chiuso, si verifica una risonanza, detta

risonanza di Feshbach, [11], [12], [13]. In altre parole, essa accade quando uno

stato legato del canale chiuso attraversa l’asintoto del canale aperto.

La posizione relativa fra il livello energetico corrispondente allo stato legato

e quello corrispondente all’energia cinetica degli atomi in collisione, determi-

na la lunghezza di scattering dell’interazione fra i costituenti del gas. Alla

risonanza di Feshbach, la lunghezza di scattering diverge, mentre essa risulta

negativa quando il livello molecolare ha energia piu grande di quella dei due

atomi separati, positiva nel caso contrario.

Poiche le due curve si riferiscono a due configurazioni di spin diverse, la

presenza di un campo magnetico esterno induce su di esse traslazioni diverse.

Cio significa che, variando il campo magnetico esterno, e possibile variare lo

splitting fra le curve e di conseguenza l’interazione fra le particelle.

Una relazione approssimata, in accordo con i dati sperimentali, che lega la

lunghezza di scattering al campo magnetico esterno e data da:

a = abg

(1− ∆

B −Bpicco

), (2.4)

dove abg e la lunghezza di scattering di background , Bpicco e il valore del

campo magnetico a cui avviene la risonanza e a diventa infinito e ∆ e la

larghezza della risonanza per il campo magnetico. La lunghezza di scattering

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di background caratterizza i processi di scattering diretto fra i due atomi nel

canale aperto, senza considerare accoppiamenti con canali chiusi. Di solito

questi processi non vengono considerati poiche poco interessanti rispetto alla

risonanza di Feshbach, che si verifica in presenza di un canale chiuso e causa

il comportamento drammatico della lunghezza di scattering appena descritto

[14].

La 2.4 e rappresentata in figura 3.11.

150 160 170B

-20000

-10000

10000

20000

aa0

Figura 2.8: Andamento della lunghezza di scattering in funzione dell’intensitadel campo magnetico esterno, nelle vicinanze della risonanza di Feshbach. Ilgrafico e ottenuto per ∆ = 10.709 G, Bpicco = 155.041 G, abg = −443a0, cona0 raggio di Bohr. Si noti che a diverge per B = Bpicco.

Si possono utilizzare questi concetti per creare un apparato sperimentale

per studiare la transizione dal regime BCS al regime BEC.

Si puo infatti mettere il gas all’interno di un campo magnetico in modo

che, variando opportunamente il campo, si fa variare la posizione relativa dei

livelli energetici del canale chiuso e di quello aperto e, di conseguenza, l’inte-

razione esistente fra le particelle del gas da debolmente repulsiva (fase BEC) a

debolmente attrattiva (fase BCS), passando attraverso la regione di crossover,

in cui le particelle sono fortemente interagenti, cioe alla risonanza di Feshbach.

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Nella figura 2.9 sono rappresentati i due canali, nei tre possibili casi che si

possono presentare; la curva blu corrisponde al canale chiuso e quella verde al

canale aperto (due atomi liberi). Nel primo grafico, lo stato legato ha energia

maggiore dell’energia cinetica dei due atomi in collisione (asintoto del canale

aperto), pertanto lo stato molecolare non e stabile e a < 0; nel secondo grafico

i due livelli sono degeneri, per cui ci troviamo nella regione unitaria, in cui

a diverge; nell’ultimo, il livello molecolare e minore di quello dei due atomi,

pertanto si forma uno stato molecolare stabile e a > 0.

stato legato

canale aperto

canale chiuso

r

E

stato legato

r

E

stato legato

r

E

Figura 2.9: Livelli energetici del canale aperto (atomi non legati) e del canalechiuso in funzione della distanza relativa fra i due atomi. Le linee tratteggiaterappresentano gli asintoti delle curve, quindi l’energia cinetica degli atomi;il segmento continuo rappresenta il livello di uno stato legato entro il canalechiuso. Nel primo grafico, lo stato legato ha energia maggiore dell’asintotodel canale aperto, pertanto i due atomi restano non legati e la lunghezza discattering e negativa; nel secondo caso i due livelli coincidono e la lunghezzadi scattering diverge; nel terzo grafico lo stato legato ha energia inferiore percui si formano molecole e la lunghezza di scattering e positiva.

Variando il campo magnetico si possono allontanare o avvicinare i due

livelli, che saranno circa coincidenti alla risonanza: piu sono vicini i livelli, piu

forte e l’interazione.

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Riassumendo:

• a > 0: il livello energetico dello stato legato e inferiore a quello dei due

atomi separati, si forma quindi un condensato di molecole diatomiche,

con potenziale di interazione repulsivo e pertanto stabili (regime BEC);

• a < 0: le molecole diventano instabili a causa del potenziale attrattivo,

ma due fermioni possono ancora formare una coppia a lungo range di

dimensioni confrontabili o maggiori della distanza fra le particelle del

gas (regime BCS).

32

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Capitolo 3

Superconduttori ad alta

temperatura

La teoria BCS descrive il comportamento dei superconduttori di prima gene-

razione, ma non e invece adatta a descrivere i superconduttori ad alta tempe-

ratura, individuati per la prima volta a meta degli anni ′80 del secolo scorso

[15].

Questi nuovi materiali diventano superconduttori a temperature critiche

maggiori di quelle tipiche dei superconduttori tradizionali. In alcuni casi, que-

ste temperature possono raggiungere i 100K. L’interpretazione data e che in

questi materiali gli elettroni hanno interazioni molto piu forti con gli ioni del

reticolo, quindi con i fononi, favorendo cosı l’accoppiamento, che resiste anche

a temperature piu alte.

Il modello introdotto nella teoria BCS e costruito sulle ipotesi di accoppia-

mento debole fra gli elettroni e di alte densita di portatori di carica, caratte-

ristiche ben verificate dai superconduttori di prima generazione, ma non piu

valide per gli HTSC, che, al contrario, sono caratterizzati da accoppiamento

forte fra le particelle e basse densita.

Le principali differenze fra le due generazioni, oltre a diverse proprieta

elettriche e magnetiche, sono:

• come gia ricordato e come lo stesso nome suggerisce, hanno una tempe-

33

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ratura critica piu alta dei primi, quindi piu facilmente raggiungibile in

laboratorio;

• hanno una densita di portatori relativamente bassa;

• sono caratterizzati da una lunghezza di correlazione delle coppie ξ0 solo

poche volte piu grande della distanza fra i siti reticolari. Cio deriva

dalla bassa densita di portatori, che comporta una distanza media fra le

particelle abbastanza grande; nei superconduttori tradizionali, invece, la

lunghezza di correlazione e molto piu grande della distanza media fra le

particelle. Per esempio, il fattore kF ξ0 per il La1.95Sr0.15CuO4 e 10-20,

nel YBa2Cu3O7 e 5-10 mentre nei superconduttori di I tipo e 103 − 104;

• presenza di uno pseudogap nello spettro di particella singola, quindi nello

stato normale, a temperature maggiori di quella critica.

Gli HTSC sono costituiti da ossidi, prevalentemente ossido di rame, e me-

talli delle terre rare; essi hanno una struttura a piani di ossido di rame CuO2,

entro cui si stabilisce la superconduttivita, per cui comunemente si usa un

modello in due dimensioni per descriverli.

Il nome pseudogap deriva dall’analogia con il gap superconduttivo. Es-

so consiste nella soppressione, nello spettro di energia, delle basse frequenze,

soppressione che diventa completa durante la fase superconduttiva (gap). La

presenza di questo pseudogap e legata alla formazione di molecole, che avviene

alla temperatura T∗ >Tc.

Lo pseudogap e stato osservato in esperimenti di fotoemissione (ARPES)

[16], che mostrano un comportamento anomalo del calore specifico [17], della

resistivita [18] e altre grandezze termodinamiche a temperature maggiori della

temperatura critica. Successivamente sono stati effettuati esperimenti di scan-

ning tunneling spectroscopy [19], che mettono in evidenza l’esistenza sia del

gap, al di sotto della temperatura critica, sia dello pseudogap, fra Tc e T∗. La

figura 3.1 mostra la conduttanza del Bi2212 in funzione della tensione appli-

cata al campione, per temperature fra 4.2K e 293K, con temperatura critica

pari a 83K.

34

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VOLUME 80, NUMBER 1 P HY S I CA L REV I EW LE T T ER S 5 JANUARY 1998

superconducting gap remains temperature independent up

to Tc where no sign is indicating that it is closing. Across

Tc, the superconducting tunneling spectra evolve continu-

ously into a normal state quasiparticle gap structure, which

we refer to as a pseudogap. It is clear from Fig. 2 that

this pseudogap also does not change much with tempera-

ture and that it is even possibly there at room temperature.

The pseudogap structure just gets weaker with increasing

temperature. This is in striking contrast to photoemission

data which for a sample with the same doping level led to

the conclusion that the gap reduced to zero at T ! ! 170 K[11]. We believe the T ! observed in various experiments

is to be considered as a characteristic energy scale and not

as a temperature where the pseudogap is reduced to zero.

At first sight it is not clear from these data where the critical

temperature is located. A closer inspection of the spectra

shows that the peak at negative energy and the dip at about

22Dp disappear at Tc. The positive bias peak on the mea-

sured spectra does not vanish at Tc, but remains finite and

shifts to higher energies above Tc [Fig. 3(b)]. The DOS at

the Fermi level bears no particular signature of the super-

conducting transition in this set of data. Indeed, the DOS

below the gap starts to be depleted already at room tem-

perature and gradually hollows in to reach its minimum at

4.2 K. This low bias temperature dependence is better seen

in Fig. 3(a), which is a three dimensional plot of the tunnel-

ing conductance as a function of energy and temperature of

the 83 K underdoped Bi2212. The same data are displayed

as a gray scale projection onto the energy-temperature

plane in Fig. 3(b), where white corresponds to high con-

ductivity !1.5 GV21" and black to zero conductivity.So far most measurements report the existence of a

pseudogap in underdoped samples. Our measurements

FIG. 2. Tunneling spectra measured as a function of tem-perature on underdoped Bi2212. The conductance scale cor-responds to the 293 K spectrum, the other spectra are offsetvertically for clarity.

show that the pseudogap is present above Tc both at

optimum doping and in overdoped samples. In Fig. 4 we

show a set of spectra for the overdoped sample with a Tc of

74.3 K. We see that the behavior is precisely the same as

for the underdoped case discussed above. The gap value

stays temperature independent and the peak at negative

energy as well as the dip at about 22Dp disappear at Tc,

but the region below the gap evolves smoothly across Tcinto the pseudogap. The difference with the underdoped

case is that the gap and pseudogap are smaller, and the

amplitude of the pseudogap structure seems to disappear

more quickly as the temperature is increased. The fact

that the pseudogap scales with the superconducting gap

and that it is smaller in the overdoped samples than in the

underdoped ones indeed demonstrates that the pseudogap

in Fig. 4 is a property of the overdoped crystal, and not

that of an underdoped surface resulting from partial loss

of oxygen at high temperature. The two curves shown on

top of the 69 K spectrum in Fig. 4 illustrate the temperature

independence of the gap. Simply thermally smearing the

4.2 K spectrum to 69 K (dashed curve, D69 K ! D4.2 K)

reproduces much better the position of the conductance

peaks at 69 K than thermally smearing the 4.2 K spectrum

to 69 K assuming a reduced gap (dotted curve, D69 K !0.8D4.2 K). The numerical spectra show that there are

more low energy states measured than predicted by simply

thermally smearing the data. However, this feature is

beyond the scope of this Letter. We have also carried

out similar analysis for the 83 K underdoped sample with

basically the same conclusions.

Several theoretical studies have considered the possibil-

ity of the presence of superconducting phase fluctuations

FIG. 3. (a) Three dimensional view of the conductance datashown in Fig. 2. The highlighted curve is the spectrummeasured at Tc . (b) Projection onto the energy-temperatureplane. The line at positive bias indicates the position of thepositive bias conductance peak which clearly shifts to higherenergies above Tc.

151

Figura 3.1: Spettro della conduttanza del Bi2212 per temperature compresefra 4.2K e 293K.

Nasce quindi l’esigenza di formulare una nuova teoria per spiegare lo sta-

to superconduttivo di questi materiali e che riesca a giustificare le nuove

caratteristiche osservate.

In particolare, questi sistemi sembrano essere in uno stato intermedio fra

il regime della BCS e quello della BEC: si tratta di uno stato caratterizza-

to proprio da interazioni forti fra le particelle ed e, per questo, difficile da

analizzare.

35

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3.1 Crossover BCS-BEC

Modello non relativistico in 2D e 3D

3.2 Crossover BCS-BEC

Modello non relativistico in 2D e 3D

Abbiamo visto come la regione BEC e quella BCS siano molto diverse fra loro,

anche se entrambe si basano sul fenomeno della condensazione: la differenza

fondamentale fra le due e che la prima puo avvenire in un gas di bosoni ideale,

quindi in assenza di interazioni, mentre la seconda necessita di un’interazione

attrattiva fra i fermioni, che, al contrario, nella fase BEC, distruggerebbe il

condensato.

La condensazione di Bose-Einstein puo anche avvenire in un gas fermio-

nico, quando i fermioni, fortemente interagenti fra loro a due a due, formano

molecole, quindi bosoni in grado di condensare. Le coppie di Cooper, invece,

che si sovrappongono fra loro nello spazio reale, non devono essere considerate

bosoni, ma semplicemente coppie correlate solo nello spazio dell’impulso e non

nello spazio reale. Inoltre, mentre nella regione BCS solo una piccola frazione

di elettroni puo formare coppie, nella regione BEC tutti gli elettroni sono legati

a formare molecole, quando la temperatura e inferiore ad un limite, indicato

con T∗.

Cio che accomuna le due fasi e la condensazione, cioe l’occupazione ma-

croscopica di un singolo stato quantistico, mentre le loro fasi normali sono

completamente diverse: nel limite BCS, e quella di un liquido di Fermi, nel

limite BEC e quella di un liquido di Bose di molecole.

Questo comunque basta perche le fasi del sistema a basse temperature sia-

no uguali: infatti la condensazione comporta in entrambi i casi una rottura

spontanea della simmetria U(1). Questo fa prevedere che anche la regione

intermedia sia nella stessa fase e che quindi, nel passaggio da un limite all’al-

tro, non ci siano transizioni di fase al variare dell’interazione, ma soltanto un

crossover.

Un’altra differenza fra i due limiti riguarda la temperatura critica della

36

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transizione di fase: nel caso BCS esiste un’unica temperatura critica, sia per

la formazione di coppie sia per la loro condensazione; con l’aumentare dell’in-

terazione, le temperature a cui avvengono questi due processi cominciano a

differenziarsi e, nel limite BEC, diventano due processi indipendenti, con sca-

le energetiche separate e con un’unica transizione di fase, quella relativa alla

condensazione.

Il metodo adottato per lo studio del crossover [20] e quello di partire dalla teo-

ria BCS e analizzare il comportamento del sistema all’aumentare dell’intensita

dell’attrazione fra le particelle, in particolare nella zona di confine fra il regime

di validita della teoria BCS e quello della BEC, poiche qui si realizzano le con-

dizioni cercate. Diversamente dalla teoria BCS, nell’ipotesi di accoppiamenti

forti, bisogna considerare, nella formazione di coppie, tutti gli elettroni, non

solo quelli entro un sottile guscio intorno all’energia di Fermi.

3.2.1 Studio di un modello bidimensionale

Introduciamo il modello bidimensionale della teoria BCS. Esso descrive un gas

di elettroni che interagiscono attraverso un potenziale attrattivo a due corpi,

agenti fra particelle con spin opposti.

Chiamiamo ψ(x) il campo fermionico e scriviamo la densita di Hamiltonia-

na del sistema:

H = −ψ+σ (x)

(∇2

2m+ µ

)ψσ(x)− Uψ+

↑ (x)ψ+↓ (x)ψ↓(x)ψ↑(x) (3.1)

in cui x = (~r, τ), con ~r vettore a due componenti e τ tempo immaginario, σ e

l’indice di spin (↑ o ↓), U e una costante positiva e rappresenta l’intensita del

potenziale di interazione fra gli elettroni e µ e il potenziale chimico, che fissa

la densita media di elettroni. L’Hamiltoniana 3.1 e la stessa Hamiltoniana di

partenza della teoria BCS; da questa, vogliamo ottenere l’equazione di gap,

minimizzando il potenziale termodinamico.

37

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Definiamo gli spinori di Nambu per i campi fermionici:

Ψ(x) =

ψ↑(x)

ψ+↓ (x)

Ψ+(x) =(ψ+↑ (x) ψ↓(x)

).

In funzione di questi nuovi campi, l’hamiltoniana 3.1 diventa:

H = −Ψ+(x)

(∇2

2m+ µ

)τ3Ψ(x)− UΨ+(x)τ+Ψ(x)Ψ+(x)τ−Ψ(x)

dove τ1,2,3 sono le matrici di Pauli e τ± = (τ1 ± iτ2)/2.

Calcoliamo ora la funzione di partizione

Z(v, µ, T ) =∫DΨDΨ+ exp

(−∫ β

0dτ∫d2r(Ψ+(x)∂τΨ(x) +H(r))

)

che servira per il calcolo del potenziale chimico, e introduciamo i campi com-

plessi scalari di Hubbard-Stratonovich:

φ(x) = UΨ+(x)τ−Ψ(x) = Uψ↓(x)ψ↑(x)

φ∗(x) = UΨ+(x)τ+Ψ(x) = Uψ+↑ (x)ψ+

↓ (x).

Dopo la sostituzione, la funzione di partizione diventa:

Z(v, µ, T ) =∫DΨDΨ+DφDφ∗e−

∫ β

0dτ∫

d2r[|φ|2U

+Ψ+(x)(∂τ I−τ3(∇2

2m+µ)−τ+φ(x)−τ−φ∗(x))Ψ(x)].

Possiamo allora integrare rispetto ai campi Ψ, in modo da ottenere

Z(v, µ, T ) =∫DφDφ∗ exp

(−∫ β

0dτ∫d2r

|φ(x)|2

U+ Tr lnA

)

con

A = ∂τI − τ3

(∇2

2m+ µ

)− τ+φ(x)− τ−φ

∗(x).

38

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La funzione di Green G(r,τ) e definita da:

(−I∂τ + τ3

(∇2

2m+ µ

)+ τ+φ(x) + τ−φ

∗(x)

)G(r, τ) = δ(r)δ(τ);

si ha allora

Z(v, µ, T ) =∫DφDφ∗e−

∫ β

0dτ∫

d2r|φ(x)|2

U+TrlnG−1(r,τ)−TrlnG−1

0 (r,τ)

dove

G0(r, τ) = G(r, τ) |φ,φ∗,µ=0

e la funzione di Green libera ed e stata introdotta per regolarizzare il potenziale

termodinamico, che, definito dalla relazione

Z =∫DφDφ∗e−βΩ(v,µ,T,φ(x),φ∗(x)),

risulta dato da

βΩ(v, µ, T, φ(x), φ(x)∗) =∫ β

0dτ∫d2r

|φ(x)|2

U− Tr ln G−1(r, τ)+ Tr ln G−1

0 (r, τ).

Separiamo Ω in due termini:

Ω(v, µ, T, φ(x), φ∗(x)) = Ωpot(v, µ, T, φ, φ∗) + Ωkin(v, µ, T, φ(x), φ∗(x)) (3.2)

il primo e funzione solo dei campi medi φ e φ∗ mentre nel secondo ci sono i

termini contenenti le fluttuazioni dei campi.

Assumiamo, per ora, di poter trascurare le fluttuazioni dei campi e prendiamo

quindi solo il primo termine della 3.2, che si ottiene da Ω sostituendo ai campi

φ(x) e φ∗(x) i loro valori all’equilibrio. Questa approssimazione va bene a

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T=0K in due dimensioni.

Ωpot =1

β

(1

U

∫ β

0dτ∫d2r|φ|2 − Tr ln G−1(r, τ) + Tr ln G−1

0 (r, τ)

)∣∣∣∣∣φ=φ∗=cost

=

= v|φ|2

U− T Tr ln G−1

∣∣∣φ=φ∗=cost

+ T Tr ln G−10

∣∣∣φ=φ∗=cost

.

Per effettuare l’integrale, passiamo alla rappresentazione dell’impulso at-

traverso le trasformate di Fourier, definite nel modo seguente:

F (iωn, k) =∫ β

0dτ∫d2rF (τ, r)eiωnτ−ik·r

F (τ, r) = T+∞∑

n=−∞

∫ d2k

(2π)2F (iωn, k)e

−iωnτ+ik·r

con ωn = πT (2n + 1) = frequenze di Matsubara per i fermioni. Seguendo la

definizione data, la trasformata di Fourier della funzione di Green e

G(iωn, k) = −iωnI + τ3ξ(k)− τ+φ− τ−φ∗

ω2n + ξ2(k) + |φ|2

.

Passando quindi attraverso lo spazio dell’impulso, otteniamo la seguente

forma per il potenziale termodinamico:

Ωpot = v

ρ2

U−∫ d2k

(2π)2

2T lncosh

√ξ2+ρ2

2T

cosh ε2T

− ξ(k) + ε(k)

.

Nel limite T→0 si ha

Ωpot → v

(|φ|2

U−∫ d2k

(2π)2

(√ξ2 + |φ|2 − ξ

)).

Dopo aver risolto l’integrale, detto kB l’impulso massimo, di cui in seguito si

40

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fara il limite all’infinito, e, dato W = k2B/2m, si ottiene

Ωpot = v|φ|2 1

U− m

lnW − µ+

√(W − µ)2 + |φ|2√

µ2 + |φ|2 − µ+

+W − µ

W − µ+√

(W − µ)2 + |φ|2+

µ√µ2 + |φ|2 − µ

.Chiamiamo

〈|φ|〉 = ∆

dove 〈〉 sta per valor medio.

Per definizione, Ωpot deve avere un minimo in ∆, cioe deve valere:

∂Ωpot

∂φ

∣∣∣∣∣φ=φ∗=∆

= 0 (3.3)

e, inoltre,

−1

v

∂Ωpot

∂µ

∣∣∣∣∣φ=φ∗=∆

= nf . (3.4)

Dalle due equazioni precedenti si ottiene un sistema formato dalle seguenti

equazioni:

1

U− m

4πlnW − µ+

√(W − µ)2 + ∆2

√µ2 + ∆2 − µ

= 0 (3.5)

W −√

(W − µ)2 + ∆2 +√µ2 + ∆2 = 2εF (3.6)

con εF = πnf/m. Da questo sistema si possono ottenere ∆ e µ come funzioni

di W e εF .

Oltre alla soluzione triviale ∆ = 0 εF = µ, esso ammette quest’altra

soluzione, che ha significato fisico solo per U > 0:

∆2 =εF (W − εF )

sinh2 2πmU

(3.7)

µ = εF coth2π

mU− W

2

(coth

mU− 1

)(3.8)

41

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Nelle figure 3.2 e 3.3 sono riportate le due grandezze in funzione di εF/W .

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 10

0.05

0.1

0.15

0.2

0.25

εF/W

∆2

Figura 3.2: Grafico di ∆2 che si ottiene dalla 3.7

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1−0.5

0

0.5

1

εF/W

µ

Figura 3.3: Grafico di µ che si ottiene dalla 3.8

La loro simmetria rispetto al massimo, che si trova a εF = W/2, e lega-

ta alla simmetria particella-antiparticella: nell’intervallo W/2 < εF < W si

considerano quindi le stesse funzioni con la sostituzione m→-m.

Piu interessante e l’analisi delle due grandezze in funzione del potenziale

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di interazione U. Definiamo l’energia di legame a due corpi

εb = −2We−4πmU

in cui si considera W grande e U piccolo.

In funzione di questo parametro, la 3.7 e la 3.8, nel limite di W → ∞,

diventano

∆ =√

2|εb|εF µ = −|εb|2

+ εF

e possono ancora essere scritte nel modo seguente:

√µ2 + ∆2 − µ = |εb|

√µ2 + ∆2 + µ = 2εF .

Abbiamo quindi ottenuto, nel limite di sistema molto diluito, due equazioni

per determinare il parametro ∆ e il potenziale chimico µ per qualsiasi valore

dell’intensita dell’interazione, dal limite BCS a quello BEC, a T=0.

L’energia delle quasi-particelle e data da:

Ek =√

(εk − µ)2 + |∆|2

per cui il gap energetico nello spettro e:

Egap = minεk≥0

√(εk − µ)2 + |∆|2.

Per capire il significato fisico dei risultati ottenuti, analizziamo i due casi

limite del problema: la regione BCS e quella BEC [21].

• Se siamo in presenza di un’interazione debole fra gli elettroni, caso che si

verifica quando c’e un’alta densita di elettroni (nf grande), εb e piccola

e ci troviamo nel regime di validita della teoria BCS; inoltre

µ ∼ εF > 0

Egap = ∆ << εF

• Se invece l’interazione e forte (bassa densita di elettroni), si ha che εb >>

43

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εF ed entriamo nel regime BEC; inoltre

µ ∼ −|εb|2< 0

Egap =√µ2 + ∆2.

Il potenziale chimico risulta quindi positivo nella zona BCS e negativo in

quella BEC, risultato confermato sperimentalmente. ∆ assume il significato di

gap solo nella BCS, mentre nella BEC ha significato geometrico diverso, come

mostrano le figure 3.4 e 3.5.

Εk

Ek

Μ0

D

Figura 3.4: Spettro delle quasi-particelle nel limite BCS. Il minimo si ha perεk = µ ed e pari a ∆.

Riassumendo: se nf grande µ ∼ εF e ∆ << εF

se nf piccolo µ ∼ −|εb|/2 < 0 e Egap =√µ2 + ∆2.

I risultati ottenuti indicano una transizione continua fra il regime BCS e

quello BEC, cioe un crossover fra i due senza singolarita. Il punto in cui il

potenziale chimico cambia segno corrisponde al confine fra i due i limiti.

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Εk

Ek

0

D

Μ

Egap

Figura 3.5: Spettro delle quasi-particelle nel limite BEC. Il minimo si ha perεk = 0 ed e pari a

√µ2 + ∆2.

Ritorniamo alla 3.2 e valutiamo ora il secondo termine, quello contenente

le fluttuazioni del campo φ, cioe i termini con le derivate dell’espansione di Ω.

Assumiamo pero che le inomogeneita di φ(x) e φ∗(x) siano piccole, in modo

da considerare nell’espansione solo gli ordini piu bassi delle derivate, fermando-

ci al secondo ordine. Inoltre ci mettiamo nel caso stazionario e consideriamo

quindi solo le derivate spaziali. Infine, tenendo conto dell’invarianza della

funzione di partizione sotto le trasformazioni del gruppo di simmetria U(1),

l’espressione piu generale risulta:

Ωkin(v, µ, T, φ(x), φ∗(x)) = T∫ β

0

∫d2rTkin(φ(x), φ∗(x),∇φ(x),∇φ∗(x))

= T∫ β

0

∫d2r

(T1(|φ|2)|∇φ(x)|2 +

1

2T2(|φ|2)

(∇|φ(x)|2

)2)

dove T1 e T2 sono calcolati nel valor medio di φ, cioe ∆. Riscriviamo la relazione

precedente in funzione di T1 e T2, con T2 cosı definita:

T2(|φ|2) = T1(|φ|2) + 2∆2T2(|φ|2).

45

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Si trova:

T1(∆2) =

1

16πh2|εb|T2(|∆|2) =

1

24πh2

(2εF − |εb|)2

(2εF + |εb|)3 .

Definiamo

a =1

v

∂2Ωpot

∂φ∂φ∗

∣∣∣∣∣|φ|2=∆2

=m

2πh2

εF2εF + |εb|

che permette di calcolare la larghezza di coerenza, secondo la definizione di

Landau-Pitaevsky:

ξcoh(εF ) = h

(T1(∆

2)

a

) 12

= h2εF + |εb|8mεF |εb|

;

essa stabilisce la lunghezza entro cui varia la funzione d’onda.

La lunghezza di correlazione [22], ovvero la lunghezza entro cui la coppia

si estende, e data da:

ξ2pair =

h2

4m

1

∆+µ2 + 2∆2

µ2 + ∆2

2+ tan−1 µ

)−1).

Valutiamola nei due limiti, di alte e basse densita:

• BCS: ξpair ∼hvF

∆→ ξpairkF >> 1;

• BEC: ξ2pair ∼

h2

mεb→ ξpairkF << 1.

Possiamo a questo punto confrontare queste due grandezze nei due limiti

prima considerati.

Nel primo caso, quindi nel regime BCS, si ha che ξcoh ∼ ξpair, per cui

entrambe esprimono la misura della coppia. Inoltre esse sono molto piu grandi

della distanza fra le particelle, che e data da h/kF . Definiamo la grandezza

∆pair come energia di eccitazione per la singola particella, quantita legata a

ξpair: essa risulta uguale a ∆.

Nel secondo caso invece, ovvero nel regime BEC, si ha che ξcoh >> ξpair e

le due grandezze diventano distinte: ξpair esprime il raggio dello stato legato

costituito dai due fermioni.

46

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Questo ha un’importante conseguenza: si possono infatti definire due di-

verse grandezze, ∆pair e ∆coh, la prima , indipendente dal tempo, maggiore

della seconda, che e invece dipendente dal tempo. La presenza di due gap

e dovuta a inomogeneita dello spazio, osservate sperimentalmente attraverso

inomogeneita della distribuzione di carica. ∆pair e ancora l’energia necessaria

per la formazione di una coppia.

ξpair risulta peculiare nella descrizione del crossover [23], in particolare lo

e il prodotto kF ξpair. Infatti dalla 3.6, che mostra l’andamento del potenziale

chimico in funzione di kF ξpair per diversi valori di n/k30, si nota che la zona di

crossover si estende nell’intervallo universale π−1 ≤ kF ξpair ≤ 2π indipenden-

temente dalla forma del potenziale d’interazione o dalla densita [24]. Inoltre,

stime sperimentali indicano che kF ξpair ≈ 10 > 2π per gli HTSC, valore vi-

cino alla regione di crossover. Questo risultato conferma l’ipotesi fatta che

l’evoluzione da BCS a BEC e continua e universale.

with Tc = 93K the ratio µ/εF ! 0.9998 − 0.9995; for BiSrCaCuO with Tc = 100K — µ/εF ! 0.9991 −0.9978 and for TlBaCaCuO with Tc = 125K — µ/εF ! 0.9986 − 0.9965. It is clear that for a spatiallyhomogeneous model that closeness to the Bose limit implies negative ratio µ/εF or at least µ < εF

which is apparently not the case for optimally doped HTSC.

Note also that, since ξbkF ∼ ξpairkF and ξbkF is directly related to the dimensionless ratio εF /|εb|, itcan be inferred that ξpairkF is another physical parameter which can correctly determine the type ofpairing. There is a very remarkable plot from [144], shown in Fig. 6, which examines the behaviourof the dimensionless chemical potential versus kFξpair (|εb| ≡ ε0 in the notations of [144]). This plotappears to be quite “universal”, in the sense that it is remarkably independent of the specific modelHamiltonian and of the dimensionality (at least on the mean-field level). 14 The Fig. 6 also shows that

Fig. 6. Chemical potential µ vs kFξpair (at zero temperature) for “contact” potential and the dimensionalityof space 2 ≤ d ≤ 3. Different curves are labeled by the values of d (in steps of 0.2). Positive values of µ arenormalized by the Fermi energy εF = k2

F/2m, while negative values of µ are normalized by half the magnitudeε0 of the eigenvalue of the two-body problem in d dimensions. This plot was taken from [144].

the crossover between BCS and BEC regimes occurs in a rather narrow range of the parameter kFξpair.

Finally, note that the concentration dependence of the penetration depth was also studied in [141]and that the 2D crossover model (3.1) in the presence of a magnetic field was investigated in [157]. Inparticular the concentration dependence of the derivative ∂Hc2/∂T was studied and it was shown that[157] this derivative is substantially less in the Bose than in the BCS limit.

14 Notwithstanding these similarities, one should be careful with the Bose limit for the discrete Hubbard model.This limit, as was firstly pointed out in [79], is quite different from that of continuum model (see Sec. 3.3).

26

Figura 3.6: Potenziale chimico in funzione di kF ξpair [20]. Le diverse curvetracciate corrispondono a diverse dimensioni del sistema nell’intervallo [2,3].

47

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3.2.2 Studio di un modello tridimensionale

Una soluzione analitica del modello di Hubbard e stata trovata anche nel caso

tridimensionale, lungo tutta la regione di crossover [25].

Il modello e sempre quello di un sistema di fermioni a T=0 che interagi-

scono attraverso un potenziale attrattivo di contatto, in cui le grandezze sono

valutate nell’approssimazione di campo medio.

Consideriamo quindi nuovamente l’hamiltoniana 3.1, in cui pero r = (x, y, z)

e un vettore tridimensionale.

Le equazioni che si ricavano da 3.3 e 3.4 sono:

1

U=∑k

1

2Ek

(3.9)

n =N

Ω= 2

∑k

v2k (3.10)

dove N e il numero totale di fermioni, Ω e il volume occupato dal sistema e

Ek =√ξ2k + ∆2

ξk =k2

2m− µ

v2k =

1

2

(1− ξk

Ek

).

Bisogna correggere la prima delle due equazioni poiche la somma diverge

nel limite ultravioletto. Per questo si introduce, al posto della costante di

accoppiamento U, la lunghezza di scattering as, definita da:

− m

4πas

=1

U−∑k

m

k2. (3.11)

Sostituendo la (3.9) nella (3.11) si ottiene:

− m

4πas

=∑k

(1

2Ek

− m

k2

). (3.12)

La (3.12) e la (3.10) insieme danno ∆ e µ in funzione di as.

48

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Introduciamo le seguenti grandezze adimensionali:

x2 =k2

2m

1

x0 =µ

ξx =ξk∆

= x2 − x0

Ex =Ek

∆=√ξ2x + 1

e l’energia di Fermi εF = (3π2n)2/3/2m. Possiamo allora riscrivere le equazioni

nel modo seguente

1

kFas

= − 2

π

(2

3I2(x0)

)1/3

I1(x0)

εF=

(2

3I2(x0)

)3/2

dove

I1(x0) =∫ ∞

0dxx2

(1

Ex

− 1

x2

)e

I2(x0) =∫ ∞

0dxx2

(1− ξx

Ex

).

I membri di destra dipendono solo da x0 pertanto dalla prima si puo avere x0

in funzione del prodotto kFas e, sostituendo nella seconda, si ottiene ∆/εF ;

infine dalla relazione µ/εF = x0∆/εF si ottiene µ/εF in funzione di kFas.

Risolvendo numericamente queste equazioni e tracciando i grafici del po-

tenziale chimico e del gap in funzione della lunghezza di scattering, si sono

trovati gli stessi risultati gia trovati nel caso bidimensionale e negli esperimen-

ti, cioe l’esistenza di una zona a potenziale chimico positivo per lunghezze di

scattering negative (zona BCS), una zona a potenziale chimico negativo per

lunghezze di scattering positive (zona BEC) e una zona di crossover fra la re-

gione BCS e quella BEC, con cambiamento di segno del potenziale chimico e

divergenza della lunghezza di scattering.

49

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Nelle figure 3.7 e 3.8 sono riportati il gap e il potenziale chimico in funzione

di x0 valutati, rispettivamente, nel modello tridimensionale e bidimensionale:

il limite BEC si ha per x0 → −∞ mentre quello BCS quando x0 →∞.

(15)

I2(x0) =1

2

∫ ∞

0dx

1

(x4 − 2x0x2 + x20 + 1)1/2

=1

2(1 + x20)1/4

F (π

2, κ), (16)

κ2 =x2

1

(1 + x20)1/2

, (17)

x2 =k2

2m

1

∆, x0 =

µ

∆, x1 =

1 + x20 + x0

2, (18)

and E(π2 , κ) and F (π

2 , κ) are the usual elliptic integrals. The quantities (12) and (13) are

plotted as functions of the crossover parameter x0 in Fig. 1.

-30

-25

-20

-15

-10

-5

0

-5 0 5 10

µ/εF

∆/εF

x0

Figure 1: Gap function ∆ and chemical potential µ at zero temperature as functions ofx0 in three dimensions.

In two dimensions, a nonzero bound state energy ε0 exists for any coupling strength.

The cutoff can therefore be eliminated by subtracting from the two-dimensional zero-

9

Figura 3.7: Gap ∆ e potenziale chimico µ in funzione di x0 nel modellotridimensionale [26].

-400

-300

-200

-100

0

-10 -5 0 5 10

µ/εF

∆/εF

x0

Figure 2: Gap function ∆ and chemical potential µ at zero temperature as functions ofx0 in two dimensions.

In our calculation we use x0 as the most convenient crossover parameter, since it

depends via the simple relation (18) on the chemical potential which can be measured

rather directly experimentally [56]. The parameter x0 ranges from −∞ in the strong-

coupling (Bose-Einstein) limit to ∞ in the weak-coupling (BCS) limit. The relation

between x0 and the inverse reduced coupling strength between the electrons 1/kFas is

plotted for three-dimensional system in Fig. 3. The corresponding relation (24) in two

dimensions between x0 and the bound state energy ε0 of the electron pairs is plotted on

Fig. 4.

In Fig. 5 shows the temperature behavior of ∆ near T = 0 for different coupling

strengths in three dimensions. In Fig. 6 does the same thing in two dimensions. Figures 7

and 8 display dependence of the temperature T ∗ where the gap vanishes on the coupling

strength parameter x0.

11

Figura 3.8: Gap ∆ e potenziale chimico µ in funzione di x0 nel modellobidimensionale [26].

50

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3.2.3 Pseudogap

Finora sono stati considerati sistemi a T=0K e per questi sono stati ricavati

risultati esatti nell’approssimazione di campo medio.

Vogliamo ora trovare la dipendenza del gap ∆ dalla temperatura [26], [27].

Quando ci troviamo a T>0, non possiamo piu risolvere analiticamente la gap

equation e l’equazione per µ, ma dobbiamo considerare separatamente i due

limiti di accoppiamento debole e forte.

Riscriviamo le due equazioni nel modo seguente:

1

g=

m3/2

√2π2

∫ ∞

−µdξ

1

2√ξ2 + ∆2

tanh

√ξ2 + ∆2

2T

n =m

√µ2 + ∆2 + µ+ 2T log

[1 + exp

(−√µ2 + ∆2

T

)].

Analizziamo i due casi limite, quello BCS e quello BEC, per temperature

piccole, vicine a T=0K:

• limite BCS: x0 > 1.

In questa regione si puo assumere la densita degli stati n costante,

indipendente da T. Si ottiene, nel limite di basse temperature, [28]:

∆(T ) = ∆(0)−∆(0)

√π

2

√T

∆(0)exp

[−∆(0)

T

]

valida sia in due sia in tre dimensioni. Nel limite x0 →∞, si riottiene il

risultato della teoria BCS.

• limite BEC: x0 < −1.

In questo caso, non si puo piu considerare costante la densita degli stati;

si ottiene:

∆(T ) = ∆(0)− ∆(0)

2E1

√δ(0)2 + µ2

T

,dove E1(z) =

∫ ∞

0e−t/tdt.

51

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Quando imponiamo ∆ = 0, otteniamo la temperatura oltre la quale tutte le

coppie o molecole del gas si rompono.

Nel limite BCS, questo valore coincide con la temperatura critica oltre la

quale la superconduttivita viene persa, e risulta:

Tc = 8e−2eγπ−1εF exp

(− π

2kF |as|

)

dove γ=0.577.

Nel limite BEC, invece, questi due valori non coincidono e la supercondut-

tivita viene rotta gia a temperature piu basse.

La condizione ∆ = 0 viene soddisfatta a:

T ∗ ≈ Eb

2 log (Eb/εF )3/2.

Si puo mostrare che questo valore e uguale alla temperatura a cui le molecole

si rompono, che si trova imponendo la condizione di equilibrio chimico fra gli

elettroni liberi e le molecole, cioe µb = 2µf :

Tdiss ≈Eb

2 log (Eb/εF )3/2.

Si e quindi dimostrato che, quando la costante di accoppiamento e grande,

il gap ∆ continua ad essere diverso da zero anche quando la superconduttivita

viene rotta, o, in altre parole, un gap con modulo diverso da zero non implica

necessariamente l’esistenza di una fase superconduttiva. Il gap, invece, e indice

dell’esistenza di stati legati di due elettroni che, nel limite BEC, sopravvivono

anche a temperature maggiori di quella critica, a cui avviene la transizione di

fase.

Per costanti di accoppiamento molto forti, accade che, a temperature mag-

giori di quella critica, la fase del parametro d’ordine ∆ comincia a fluttuare

52

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tanto violentemente da non rendere possibile una fase ordinata, senza tuttavia

rompere le molecole.

Nelle figure 3.9 e 3.10 sono riportate le curve che rappresentano ∆ in

funzione della temperatura per diversi valori di x0, rispettivamente nel caso

tridimensionale e bidimensionale.

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

0.2 0.4 0.6 0.8 1

∆(T )/∆(0)

T/T ∗

Figure 5: Temperature dependence of gap function in three dimensions. Solid linecorresponds to crossover parameter x0 = 10 (i.e., in the BCS regime), the crosses tox0 = 0 (i.e., in the intermediate regime), lines with boxes and circles represent x0 = −2and x0 = −5 cases correspondingly and the dashed line corresponds to x0 = −10 (i.e., instrong-coupling regime).

For very strong couplings, Eq. (28) becomes:

∆(T ) = ∆(0) −∆(0)

2

T√

µ2 + ∆2(0)exp

µ2 + ∆(0)2

T

(29)

Let us also calculate thermodynamical quantities near T = 0. For the thermodynamic

Gibbs potential Ω(T, µ, V ) we calculate

Ω =∑

k

∆2

2√

ξ2k + ∆2

tanh

ξ2k + ∆2

2T− 2T log

2 cosh

ξ2k + ∆2

2T

+ ξk

. (30)

Here and in the sequel in this section, ∆(0) will be replaced by ∆. In three dimensions,

Eq. (30) turns into the

Ω

V= κ3

∫ ∞

−µdξ

ξ + µ

[

∆2

2√

ξ2 + ∆2tanh

√ξ2 + ∆2

2T− 2T log

(

2 cosh

√ξ2 + ∆2

2T

)

+ ξ

]

,

(31)

14

Figura 3.9: Gap in funzione della temperatura nel modello tridimensionale[26].

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

0.2 0.4 0.6 0.8 1

∆(T )/∆(0)

T/T ∗

Figure 6: Temperature dependence of gap function in two dimensions. Solid line corre-sponds to crossover parameter x0 = 10 (i.e., in the BCS regime), the crosses to x0 = 0(i.e., in the intermediate regime), lines with boxes and circles represent x0 = −2 andx0 = −5 cases correspondingly and the dashed line corresponds to x0 = −10 (i.e., instrong-coupling regime).

In two dimensions, we obtain instead:

Ω

V= κ2

∫ ∞

−µdξ

[

∆2

2√

ξ2 + ∆2tanh

√ξ2 + ∆2

2T− 2T log

(

2 cosh

√ξ2 + ∆2

2T

)

+ ξ

]

, (32)

We regularize the thermodynamic potential Ωs of the condensate subtracting Ωn = Ω(∆ =

0). At T = 0 and for weak couplings this is found to depend on temperature as follows:

Ωs

V≡

Ω − Ωn

V= κ3

õ

[

−∆2

4+

1

2µ|µ|−

1

µ2 + ∆2

]

(33)

In the BCS limit (x0 → ∞) this reduces to the well-known result

Ωs

V= κ3

õ

[

−∆2

2

]

. (34)

In two dimensions, we have a formula valid for any strength of coupling:

Ωs

V= κ2

[

−∆2

4+

1

2µ|µ|−

1

µ2 + ∆2

]

, (35)

15

Figura 3.10: Gap in funzione della temperatura nel modello bidimensionale[26].

53

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3.3 Transizione BKT

Un’importante ipotesi su cui si basa la teoria BCS riguarda l’approssimazione

di campo medio, valida finche sono trascurabili le fluttuazioni della fase e del

modulo del parametro d’ordine ∆. Questo non e sempre vero, poiche ci sono

casi, per esempio quando le costanti di accoppiamento sono grandi, in cui le

fluttuazioni della fase diventano importanti.

Si dovra allora scrivere:

∆ = |∆|eiθ(x).

Il teorema di Coleman-Mermin-Wagner-Hohenberg [29] afferma che non

puo esistere ordine a lungo range a temperatura finita in sistemi bidimensionali,

perche le fluttuazioni termiche tendono a disordinare il sistema. Si verifica

invece un’altra transizione di fase, quella di Berezinskii-Kosterlitz-Thouless,

che e caratterizzata dalla mancanza di ordine a lungo range e tale che l’energia

libera e tutte le sue derivate restano continue.

Il motivo per cui e stata inserita questa discussione sulla transizione BKT

e che da alcuni autori [20] e stato ipotizzato che la transizione di fase per i

superconduttori ad alta temperatura sia proprio una transizione BKT poiche

essi possono essere considerati come sistemi bidimensionali.

Abbiamo gia visto in precedenza che, quando si considerano anche le flut-

tuazioni del parametro d’ordine, bisogna aggiungere al potenziale termodina-

mico di campo medio il termine Ωkin.

Studiamo quindi come varia il comportamento del sistema quando aggiun-

giamo il seguente termine all’Hamiltoniana [30], [31]:

Hθ =J

2

∫dx(∇θ(x))2 (3.13)

dove J e detto coefficiente di stiffness ed e tale che, alla temperatura T∗,

quando |∆| = 0, J=0. Abbiamo considerato solo le fluttuazioni della fase del

parametro d’ordine, mentre quelle del modulo sono trascurabili.

La 3.13 coincide con l’Hamiltoniana del modello XY in due dimensioni, nel

limite di basse temperature: possiamo allora utilizzare i risultati previsti dal

modello XY [32], [33], [34], [35] per determinare le caratteristiche del sistema.

54

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Il modello XY descrive le fluttuazioni di un campo vettoriale in due dimen-

sioni. Consideriamo un sistema in due dimensioni in cui, ad ogni sito, asso-

ciamo un vettore di spin unitario con componenti (Sx,Sy) tali che S2x + S2

y = 1

e interagenti con i loro primi vicini. Questo sistema presenta una simmetria

globale rispetto al gruppo O(2).

Definiamo l’angolo θ in modo che si abbia:

Sx = cos θ Sy = sin θ → S = eiθ = Sx + iSy.

Il modello prevede che, al di sopra di una certa temperatura, le fluttuazioni

dell’angolo θ siano tanto forti da impedire l’ordine a lungo range.

Assumiamo come Hamiltoniana del sistema:

H = −J∑(ij)

cos (θi − θj);

essa definisce un’interazione ferromagnetica, poiche favorisce le configurazioni

con spin paralleli. La funzione di partizione risulta:

Z =∫ ∏

i

dθi

2πexp(βJ

∑ij

cos (θi − θj)).

Il gia citato teorema di Coleman-Mermin-Wagner-Hohenberg afferma che non

ci puo essere una fase ordinata in un modello in due dimensioni in cui e presente

solo un’interazione a primi vicini e caratterizzato da una simmetria continua.

Introduciamo la funzione di correlazione a due punti per gli spin nei siti 0 e n

〈S0Sn〉 =⟨ei[θ0−θn]

⟩=∫ ∏

i

dθi

2πei(θ0−θn)exp

J

kT

∑(ij)

cos (θi − θj)

e valutiamola nei due limiti, di alta e bassa temperatura.

Ad alta temperatura, cioe per kT >> J , si puo fare un’espansione in serie

55

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dell’esponenziale.

Si ottiene, per la funzione di correlazione a primi vicini, l’espressione:

⟨ei(θ0−θ1)

⟩≈ J

2kT.

Per una distanza arbitraria fra i siti, si puo scrivere:

⟨ei(θ0−θn)

⟩≈⟨ei(θ0−θ1)

⟩ ⟨ei(θ1−θ2)

⟩.....

⟨ei(θn−1−θn)

⟩.

Pertanto risulta:

〈S0Sn〉 ≈(J

kT

)|n|= exp

[−|n| log

kT

J

]

cioe la funzione di correlazione decresce esponenzialmente al variare della

distanza fra i siti.

A basse temperature, quando kT << J , si puo fare un’espansione in serie

del coseno intorno al valore 1, come suggerisce l’espressione dell’Hamiltoniana.

La funzione di partizione diventa quindi un integrale gaussiano:

Z =∫ ∏

i

dθi

2πexp

− J

2kT

∑(ij)

(θi − θj)2

in cui sono stati omessi i termini costanti.

Calcoliamo la funzione di correlazione in questo limite, in cui, poiche la

funzione di partizione e un integrale gaussiano, si puo scrivere:

⟨ei(θn−θ0)

⟩= e−

12〈(θn−θ0)2〉

⟨(θn − θ0)

2⟩

=∫ Λ

0

d2k

(2π)2

⟨|θk|2

⟩ (1− eikn

)=

2kT

J

∫ Λ

0

d2k

(2π)2

1− eikn

k2

=kT

πJlog

n

Λ−1

56

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dove l’ultimo termine e stato calcolato nel limite n >> Λ−1; si ottiene

Gn0 = n−kT2πJ .

Nel limite di basse temperature la funzione di correlazione decade a zero con

legge di potenza: non ci puo essere ordine a lungo range, poiche la deviazione

angolare fra gli spin aumenta all’aumentare della loro separazione.

Si e quindi trovato un diverso comportamento ad alte e basse temperature:

in entrambe non si verifica ordine a lungo range ma, mentre ad alte temperature

la funzione di correlazione decresce in modo esponenziale, a basse temperature,

invece, con legge di potenza.

Questo implica che ci deve essere una transizione di fase ad una temperatura

intermedia fra i due limiti, indicata con TKT e nota come temperatura della

transizione di Kosterlitz-Thouless; essa e data dalla relazione:

kTc ≈ J.

Questa temperatura e minore della temperatura critica valutata senza inclu-

dere le fluttuazioni della fase del parametro d’ordine.

Kosterlitz e Thouless trovarono che, in corrispondenza di questa tempe-

ratura, avviene la formazione di coppie vortice-antivortice. La presenza dei

vortici ad alte temperature e legata alla periodicita della fase, finora non an-

cora considerata. I vortici sono configurazioni di spin con una singolarita, che

si manifesta nel fatto che l’integrale curvilineo di un gradiente di una fase non

e nullo, ma assume valori multipli di una data quantita:

∮dr∇θ = 2πn

dove n e chiamato numero di avvolgimenti. Un vortice e rappresentato in

figura 3.11.

Calcoliamo l’energia associata ad un vortice, entro un cerchio di raggio L

intorno al vortice:

E1 =J

2

∫(∇θ)2d2r = πJ log

L

Λ−1.

57

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Figura 3.11: Rappresentazione di un vortice di vorticita pari a 1. La crocerappresenta il centro del vortice.

In un sistema infinito, l’energia associata ad un singolo vortice e infinita.

Per una coppia vortice-antivortice, aventi opposti n, l’energia e:

Epair(r) ≈ 2π logr

Λ−1

e dipende dalla distanza r fra i due vortici.

Per valutare quale delle due configurazioni sia favorita, valutiamo l’entropia

del singolo vortice

S = k log(L

Λ−1

)2

da cui si ottiene l’energia libera:

F = E1 − TS = (πJ − 2kT ) logL

Λ−1.

A bassa temperatura l’energia necessaria per creare un vortice diverge, mentre

ad alta temperatura risulta favorevole la creazione di vortici. La temperatura

critica a cui le coppie vortice-antivortice si dissociano e

Tc =πJ

2.

58

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La distanza media vortice-antivortice nella coppia e data da:

⟨r2⟩

=∫drr2e−

2πJkT

log (r/r0) ∝ 1

4− 2πJ/T

poiche il potenziale d’interazione nella coppia e v(r)=2πJ log (r/r0). Anche

questa da la stessa stima per la temperatura critica, che si trova come la

temperatura in cui diverge la distanza quadratica media.

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Capitolo 4

Superfluidita di sistemi non

omogenei

4.1 Gas di Fermi costituiti da due specie

Lo studio fatto finora riguardava un gas di Fermi omogeneo, in cui l’interazione

avveniva fra due elementi aventi identica superficie di Fermi.

Vogliamo ora estendere l’analisi al caso piu generale in cui nel gas siano

presenti specie diverse [36], [37], [38], [39], [40], [41], [60].

In generale la disomogeneita implica una differenza tra le superfici di Fermi

delle specie che partecipano all’accoppiamento. La semplice descrizione BCS

non e generalmente adeguata a descrivere questa situazione e altre fasi sono

possibili.

Questa generalizzazione e legata a esigenze sperimentali; spesso, infatti, si

studiano delle miscele, per esempio di atomi di 6Li e 40K. D’altra parte essa

e necessaria anche quando si analizza un gas costituito da un unico elemento,

poiche l’interazione in esame avviene fra due atomi in due stati iperfini dif-

ferenti in presenza di un campo magnetico, che modifica le loro superfici di

Fermi in modo diverso. Inoltre, essa serve anche nel caso della QCD, in cui le

coppie sono costituite da quark che hanno masse diverse e quindi superfici di

Fermi diverse.

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Immaginiamo di fare un esperimento con un gas costituito da due specie di

fermioni fra le quali e presente un piccolo potenziale attrattivo e facciamo

variare il potenziale chimico di una delle due specie (per esempio, variando la

sua densita di popolazione). Quando la differenza fra i due potenziali chimici

diventa abbastanza grande, la fase BCS viene distrutta. Infatti, poiche la

fase BCS e caratterizzata da coppie di atomi con impulso totale nullo che si

trovano, nello spazio dell’impulso, entro un piccolo guscio intorno alla superficie

di Fermi, essa richiede che ci sia una sovrapposizione delle superfici di Fermi

dei due atomi, che invece non si verifica se essi hanno potenziali chimici molto

diversi fra loro.

La fase BCS puo sopravvivere finche la differenza degli impulsi di Fermi

non supera lo spessore del guscio t, dato da:

t =∆

vF

.

pF

t

Figura 4.1: Sfera di Fermi nella fase BCS. L’impulso di Fermi, raggio dellasfera, e pF . t rappresenta lo spessore intorno all’energia di Fermi entro cui siformano le coppie di Cooper.

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Oltre questo valore, il sistema puo passare, attraverso una transizione di

fase del primo ordine, alla fase normale oppure puo passare ad una fase in-

termedia, se preferisce non rompere del tutto la fase superconduttiva: que-

sta scelta, legata alla minimizzazione dell’energia, dipende dai parametri che

caratterizzano il sistema, come, ad esempio, la massa delle particelle.

Le due fasi intermedie che si possono verificare, aventi alcune caratteristiche

tipiche di quella superconduttiva e altre di quella normale, sono la fase di

Breached Pairing (BP) e la fase FFLO.

La prima e caratterizzata dalla contemporanea presenza di coppie di Coo-

per e di particelle nello stato normale; la spiegazione e che ci sono degli stati

in piu della specie piu pesante, che corrispondono a elettroni in piu che non

hanno partner fra gli elettroni dell’altra specie e restano non accoppiati, quindi

nello stato normale.

La seconda e invece caratterizzata da coppie con momento finito, non nul-

lo, in cui i centri delle sfere di Fermi sono spostati fra loro per permettere

un overlap parziale delle superfici di Fermi e il sistema rompe la simmetria

traslazionale.

Il sistema sceglie una di queste fasi se ad essa corrisponde uno stato stabile,

cioe un minimo dell’energia: questo si verifica quando il guadagno che si ottiene

dall’accoppiamento risulta maggiore dell’aumento dell’energia cinetica, che e

causato, nel primo caso, dall’eccitazione di alcune particelle e, nell’altro, dalla

deformazione delle sfere di Fermi.

4.1.1 Fase di Breached Pairing

Consideriamo un gas costituito da due specie, A e B, che interagiscono attra-

verso un’interazione attrattiva a due corpi descritta dalla costante di accop-

piamento negativa g, che supponiamo piccola. In particolare consideriamo il

caso in cui

mB > mA µA > µB ma tali che pB > pA (4.1)

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dove pA,B sono gli impulsi di Fermi delle particelle di tipo A e B. Supponiamo

inoltre che la differenza fra i potenziali chimici delle due specie sia tale da

rompere la fase BCS.

Gli atomi di tipo A sono caratterizzati da una superficie di Fermi piu piccola

rispetto a quelli di tipo B, come rappresentato in figura 4.2.

A HleggeroLB HpesanteL

pA

t

pB

Figura 4.2: Superfici di Fermi di due specie, A e B, tali che mA < mB, µA > µB

e pA < pB. t e lo spessore intorno al raggio piu piccolo pA entro cui si formanole coppie di Cooper.

La rottura della fase BCS e dovuta al fatto che, poiche la funzione d’on-

da BCS richiede che si abbia, per ogni valore dell’impulso, o nulla o doppia

occupazione, essa non e compatibile con la situazione in cui gli stati fra pA

e pB sono pieni. Per permettere la formazione di stati legati bisogna quindi

fornire energia al sistema in modo da eccitare gli elettroni di tipo B con im-

pulso compreso fra pA e pB, in stati oltre pB. Successivamente, si potranno

creare delle coppie di Cooper fra elettroni entro un piccolo guscio intorno a

pA, se il guadagno in energia conseguente alla formazione di coppie e alla con-

densazione supera l’aumento di energia necessario per eccitare il sistema. In

pratica, se chiamiamo t lo spessore del guscio entro cui si formano coppie, che

corrisponde al guscio celeste della figura 4.2, il guadagno di energia per ogni

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coppia formata risulta:

εpair =pAt

m

con

m =mAmB

mA +mB

massa ridotta della coppia. L’energia per particella da fornire al sistema per

l’eccitazione e invece:p2

B − p2A

2mB

.

La condizione e quindi:pAt

m>p2

B − p2A

2mB

A questa, va aggiunta la condizione che la fase BCS sia stata rotta, cioe lo

spessore del guscio entro cui si formano le coppie non deve essere piu grande

della distanza fra le superfici di Fermi:

pB − pA > t.

Le due condizioni sono compatibili se e soddisfatta la seguente disuguaglianza:

1 >pB + pA

2pA

mA

mA +mB

.

Quando questo si verifica, il sistema entra nella fase di Breached Pairing o,

anche detta, di interior gap, caratterizzata dalla contemporanea presenza di

un superfluido e di elettroni nello stato normale. Entro il guscio di spessore t,

la fase e quella BCS, in cui sono presenti coppie di Cooper di impulso totale

nullo, mentre all’esterno ci sono gli elettroni normali.

Scriviamo l’Hamiltoniana corrispondente al modello descritto:

H −∑

i=A,B

µiNi =∑

i=A,B

∫ d3p

(2π)3εi(p)ψ

†i (p)ψi(p)+

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+g∫ d3p

(2π)3

∫ d3p

(2π)3ψ†

A(p)ψ†B(−p)ψB(−p)ψA(p)

con

εi(p) =p2

2mi

− µi.

Effettuando l’approssimazione di campo medio, si ottiene:

H −∑

i=A,B

µiNi =∫ d3p

(2π)3

∑i=A,B

εi(p)ψ†i (p)ψi(p)

−∆∗ψB(−p)ψA(p)−∆ψ†A(p)ψ†

B(−p)− |∆|2

g

in cui

∆ = −g∫ d3p

(2π)3〈ψB(−p)ψA(p)〉 = ∆∗.

Introduciamo dei nuovi campi, ψα e ψβ, i campi delle quasi-particelle, definiti

da:

ψα(p)

ψ†β(−p)

=

up −vp

vp up

ψA(p)

ψ†B(−p)

Si ha:

H −∑

i=A,B

µiNi =∫ d3p

(2π)3

[εB(p)− Eβ(p)ψ†

i (p)ψi(p)]−

−∆∗ψB(−p)ψA(p)−∆ψ†A(p)ψ†

B(−p)− |∆|2

g(4.2)

con

u2p =

1

2

1 +ε†p√

ε†2p + ∆2

v2p =

1

2

1−ε†p√

ε†2p + ∆2

Eα,β(p) = ±ε−(p) +

√ε+(p)2 + ∆2 ε±(p) =

εA(p)± εB(p)

2. (4.3)

Eα,β(p) sono le energie dei due tipi di quasi-particelle che si possono formare.

Per trovare lo stato fondamentale |φ〉 che minimizza l’energia, possiamo

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fare alcune considerazioni riguardo alla 4.2; lo stato fondamentale sara quello

tale che:

se Eα,β(p) < 0 → ψ†α,β(p) |φ〉 = 0

se Eα,β(p) > 0 → ψα,β(p) |φ〉 = 0 (4.4)

in modo che i termini proporzionali a Eα,β contribuiscono al valore di aspetta-

zione dell’Hamiltoniana solo se sono negativi.

Le 4.4 corrispondono ad avere, per p tali che Eα,β(p) > 0, stati del tipo

BCS, cioe

[up + vpψ†A(p)ψ†

B(−p)] |0〉 ,

mentre per p tali che Eβ(α)(p) < 0 stati di particella singola di tipo B (A).

Se guardiamo le 4.3, si nota che Eα(p) > 0 per ogni p mentre Eβ(p) risulta

negativa per k2 < p < k1, con k1,2 dati da:

k1,2 =

√p2

A + p2B

2±√

(p2B − p2

A)2 − 16mAmB∆2.

Se questi valori sono reali, ci sara un intervallo in cui Eβ(p) < 0, che prende il

nome di gapless region. Per esempio, in figura 4.3 sono rappresentati Eα(p) e

Eβ(p) in funzione di p per questi valori dei parametri:

mB = 7mA pB = 1.4pA ∆ = 0.02µA.

Nella figura 4.3 si puo vedere che c’e un intervallo di valori di p in cui

Eβ(p) < 0: a questi valori corrispondono delle particelle di tipo B nello stato

normale, che formano un breach, una trincea, nello spettro, e la fase BP e

realizzata. Inoltre, nei punti in cui Eβ(p) = 0 le quasi-particelle hanno gap

nullo.

Pertanto, lo stato fondamentale risulta:

|φ〉 =∏

p6∈[k2;k1]

(up + vpψ

†A(p)ψ†

B(−p)) ∏

p∈[k2;k1]

ψ†B(p) |0〉

e contiene sia coppie nello stato BCS, con densita di particelle di tipo A uguale

alla densita di particelle di tipo B, sia particelle di tipo B nello stato normale.

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p0

Figura 4.3: Energia delle quasi-particelle di tipo α (blu) e di tipo β (verde).Si nota che, mentre Eα e sempre positiva, c’e, invece, un intervallo di p in cuiEβ e negativa.

L’abbondanza di particelle B e l’assenza di quelle A nel breach si puo notare

nei grafici nelle figure 4.4 e 4.5, che rappresentano la densita di particelle

rispettivamente di tipo A e B in funzione del momento: la curva in rosso e

relativa allo stato normale mentre quella blu alla fase di BP.

4.1.2 Fase FFLO

Oltre alla fase di interior gap, e possibile un’altra fase intermedia, la fase

FFLO, che, contrariamente alla prima, e favorita per piccoli valori della co-

stante di accoppiamento. Essa prende il nome dalle iniziali dei fisici che per

primi l’hanno prevista e studiata, Fulde, Ferrell, Larkin e Ovchinnikov [42],

[43].

Come abbiamo visto in precedenza, quando i potenziali chimici diventano

abbastanza diversi fra loro, la fase BCS puo non essere piu favorita energeti-

camente; inoltre, per piccole costanti di accoppiamento la fase di interior gap

non puo avvenire.

Ci mettiamo quindi nel caso di costanti di accoppiamento piccole e facciamo

l’ipotesi che esiste una fase disomogenea, caratterizzata da coppie di Cooper

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INT Sep 2005 36

Signature of breached pair superfluidity

(A quantum phase transition from BCS to BP)

BCS

BP

Figura 4.4: Densita delle particelle di tipo A in funzione dell’impulso. Nel-l’intervallo di k in cui Eβ < 0, la densita diventa nulla poiche non ci sonoparticelle singole di tipo A.

INT Sep 2005 36

Signature of breached pair superfluidity

(A quantum phase transition from BCS to BP)

BCS

BP

Figura 4.5: Densita delle particelle di tipo B in funzione dell’impulso. Nell’in-tervallo di k in cui Eβ < 0 la densita e maggiore rispetto a quella dello statonormale poiche sono state create altre particelle di tipo B.

con momento totale diverso da zero. Dopo aver trovato l’energia libera cor-

rispondente a questa fase, la confrontiamo con quella dello stato condensato

(BCS) per valutare quale delle due risulta stabile [44].

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Introduciamo due fermioni di impulso p+q e −p+q, per cui la coppia formata

da loro avra impulso 2q, come mostrato in figura 4.6.

p+q

2ÈqÈÈp-qÈÈp-qÈ

Èp+qÈ

-p-q

Figura 4.6: Nella prima immagine, sono sovrapposte le sfere di Fermi delledue specie, di raggio |p+ q| e |p− q|; nella seconda immagine, la seconda sferae spostata rispetto alla prima in modo da far coincidere una parte delle lorosuperfici.

Mostriamo che la funzione d’onda del condensato e dipendente dallo spazio,

quindi non omogenea.

Essa e data da:

Ξ = 〈vuoto|ψ(r, t)ψ(r, t)|vuoto〉 (4.5)

Sia:

|vuoto〉 =∑N

cN | N〉

con N pari. Supponiamo inoltre che ci siano N/2 particelle con impulso p+ q

e N/2 con impulso −p+ q. La 4.5 diventa:

Ξ(r) =∑NM

cNc∗M 〈M |ψ(r, t)ψ(r, t)|N〉 =

∑M

cM+2c∗M 〈M |ψ(r, t)ψ(r, t)|M + 2〉 =

=∑M

cM+2c∗Me

2iqM r 〈M |ψ(0)ψ(0)|M + 2〉 .

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∆ e proporzionale a Ξ, quindi possiamo scrivere:

∆(r) =∑m

∆me2iqmr.

Supponiamo che esiste un unico valore per q, cioe che tutte le coppie del

condensato hanno lo stesso impulso (ipotesi di Fulde e Ferrell); si ottiene:

∆(r) = e2iqr∆;

la dipendenza dallo spazio e quindi quella di un’onda piana, mentre nel caso

generale si sarebbe dovuto considerare una sovrapposizione di onde piane.

Tenendo conto della differenza fra i potenziali chimici e dell’impulso della

coppia, le grandezze che definiscono l’energia cambiano nel modo seguente:

ξp ± δµ = vF (p− pF )± δµ→ vF (p∓ q − pF )± δµ = ξp ± µ′p

µ′p = δµ− qvF

essendo

δµ =µ1 − µ2

2.

Determiniamo il valore limite per δµ, oltre il quale la fase BCS non e piu

stabile.

Partiamo dalla gap equation, che si puo scrivere nel modo seguente:

−1 +g

2

∫ d3p

(2π)3

1

ε(p,∆0)=g

2

∫ d3p

(2π)3

1

ε(p,∆0)(nu(p) + nv(p))

dove nu e nv sono le distribuzioni di equilibrio delle quasi-particelle di tipo u

e v. Nel limite di accoppiamento debole e a T=0, diventa:

2ln

∆0

δ= θ(δµ− δ) arcsinh

√δµ2 −∆2

∆(4.6)

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cioe

ln∆0

δµ+√δµ2 −∆2

= 0 (4.7)

dove

ρ =p2

F

π2vF

∆0 = 2δe−2/gρ. (4.8)

∆0 e il gap calcolato per δµ = 0 mentre δ e il cutoff nell’integrazione rispetto

all’energia ξp, che si elimina sostituendolo con ∆0.

La 4.7 non ammette soluzioni se δµ > ∆0; posto quindi δµ ≤ ∆0, ci sono

due soluzioni:

(a) ∆ = ∆0 (dalla 4.6)

(b) ∆2 = 2δµ∆0 −∆20.

Per trovare il potenziale termodinamico, utilizziamo un noto teorema, per la

cui dimostrazione rimandiamo al V volume del corso di fisica teorica di Landau

e Lifshitz. Il teorema afferma che, per piccole variazioni dei parametri esterni

del sistema, tutte le quantita termodinamiche variano nello stesso modo, sicche

si puo scrivere:∂Ω

∂g=

⟨∂H

∂g

⟩.

Effettuando la derivata del termine d’interazione dell’Hamiltoniana BCS si

ottiene:Ω

V= −

∫ dg

g2|∆|2

Sostituendo l’integrazione in g con quella in ∆0 attraverso la seconda delle 4.8,

si ottiene:

Ω∆ − Ω0 = −ρ2

∫ ∆0

∆f

∆2d∆0

∆0

in cui ∆f e il valore di ∆0 corrispondente a ∆ = 0, per cui si ha:

(a) ∆f = 0

(b) ∆f = 2δµ.

Per determinare il δµ massimo tollerabile dalla fase BCS, bisogna confron-

tare il potenziale termodinamico BCS, calcolato nel caso δµ 6= 0, con quello

dello stato normale e ugualmente calcolato per δµ 6= 0.

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Nello stato normale il potenziale termodinamico, per definizione, e dato da:

Ω0 = −2V T∫ d3p

(2π)3ln(1 + e(µ−ε(p))/T

).

Nel limite T→ 0 e valutandolo per δµ 6= 0 con un’espansione in δµ/µ, al primo

ordine non triviale, si ottiene:

Ω0(δµ) = Ω0(0)−ρδµ2

2.

Risulta allora:

(a) Ω∆(δµ) = Ω0(δµ)− ρ

4(−2δµ2 + ∆2

0) = −ρ4∆2

0

(b) Ω∆(δµ) = Ω0(δµ)− ρ

4(−4δµ2 + 4δµ∆0 −∆2

0) =δµ2

2ρ− ρδµ∆0 + ρ

∆20

4.

La soluzione accettabile e la (a) poiche ha Ω minore, come mostra la figura

4.7, che rappresenta i risultati (a) e (b) per il potenziale termodinamico.

Si puo quindi concludere che, per δµ < ∆0/√

2 lo stato BCS e stabile mentre

al di la di tale valore diventa instabile, passando, quando δµ = ∆0/√

2 = δµ1,

attraverso una transizione di fase del primo ordine, poiche il gap non dipende

da δµ. Questo limite e detto limite di Clogston.

Abbiamo quindi determinato il valore δµ1 in cui la fase BCS viene rotta.

Dobbiamo ora stabilire in quale fase si trova il sistema per δµmaggiori: un pos-

sibile candidato e la fase FLLO. Per capire se essa viene realizzata, dobbiamo

determinare quando essa risulta stabile.

Poiche siamo in presenza di gap piccoli, e possibile effettuare un’espansione

di Ginzburg-Landau sia della gap equation sia del potenziale termodinamico

rispetto proprio a ∆. Per il potenziale termodinamico si ha:

Ω =α

2∆2 +

β

4∆4 +

γ

6∆6 (4.9)

in cui l’espansione e stata arrestata al sesto ordine poiche ci aspettiamo un

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0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4

∆Μ

D0

-0.6

-0.4

-0.2

0.2

W

ΡD02

Figura 4.7: Potenziale termodinamico in funzione di δµ. La curva rossa trat-teggiata rappresenta la soluzione (a), quella rossa continua la soluzione (b) el’altra il potenziale nello stato normale. Dalla figura si vede che la soluzione(a) e quella realizzata poiche ad essa corrisponde il minimo potenziale.

punto tricritico nel piano T vs δµ, in cui si incontrano la retta della transizione

del primo ordine appena descritta con quella di secondo ordine che avviene

quando T = Tc e δµ = 0. Minimizzando la 4.9, si ottiene la gap equation:

α∆ + β∆3 + γ∆5 = 0. (4.10)

Per trovare i coefficienti dell’espansione, possiamo confrontarla con la gap

equation che si ottiene dal potenziale termodinamico trovato con il modello di

Hubbard, riportato qui di seguito:

Ω =v

g|∆|2 − vT

∞∑n=−∞

∫ d3k

(2π3ln det G−1(iωn, k) + ....

piu altri termini che non dipendono da ∆. Dopo aver calcolato il determinante

del propagatore si ottiene:

Ω =v

g|∆|2 − vT

∞∑n=−∞

∫ d3k

(2π)3ln (ω2

n + ξ2 + |∆|2) + ....

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dove ξ = k2/2m − µ e le ωn sono le frequenze di Matsubara con in piu un

contributo legato alla differenza di potenziale chimico:

ωn = (2n+ 1)πT + iδµ.

Ricaviamo la gap equation:

∆ = 2Tgρ<∞∑

n=0

∫ δ

0dξ

ω2n + ξ2 + |∆|2

e facciamo un’espansione in ∆:

∆ = 2Tgρ<∞∑

n=0

∫ δ

0dξ

[∆

ω2n + ξ2

− ∆3

(ω2n + ξ2)2

+∆5

(ω2n + ξ2)3

+ ....

].

Dal confronto di quest’ultima espressione con la 4.10 si ottengono i coefficienti

da sostituire nella 4.9:

α =2

g

(1− 2gρT<

∞∑n=0

∫ δ

0dξ

1

ω2n + ξ2

)(4.11)

β = 4ρT<∞∑

n=0

∫ δ

0dξ

1

(ω2n + ξ2)2

γ = −4ρT<∞∑

n=0

∫ δ

0dξ

1

(ω2n + ξ2)3

.

Il segno di γ deve essere positivo, condizione perche sia giustificato lo svi-

luppo di Ginzburg-Landau. Fondamentale risulta il ruolo del segno di α nel

determinare la fase del sistema. Distinguiamo i due casi: β > 0 e β < 0.

• β > 0

quando α > 0 (figura 4.8(a)) il potenziale ha un minimo in ∆ = 0,

mentre, quando α < 0 (figura 4.8(b)), ∆ = 0 diventa un massimo e

nascono due minimi degeneri in

∆2 =−β +

√β2 − 4Pαγ

2γ. (4.12)

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In α = 0 si verifica quindi una transizione di fase del secondo ordine.

• β < 0

quando α > 0 (figure 4.8(c), 4.8(d) e 4.8(e)) il potenziale ha tre minimi,

uno in ∆ = 0 e gli altri due, degeneri, a ∆ dato da 4.12, che competono

fra loro, mentre, quando α > 0 (figura 4.8(f)), ∆ = 0 e un massimo e i

valori in 4.12 sono minimi degeneri.

-0.2 -0.1 0.1 0.2D

0.01

0.02

0.03

0.04

W

Ρ

HaL

-1 -0.5 0.5 1D

-0.1

-0.05

0.05

0.1

0.15

W

Ρ

HbL

-2 -1 1 2D

0.05

0.1

0.15

0.2

0.25

0.3

W

Ρ

HcL

-1.5 -1 -0.5 0.5 1 1.5D

0.05

0.1

0.15

0.2

0.25

0.3

W

Ρ

HdL

-2 -1 1 2D

-0.2

0.2

0.4

0.6

W

Ρ

HeL

-2 -1 1 2D

-0.75

-0.5

-0.25

0.25

0.5

0.75

1

W

Ρ

HfL

Figura 4.8: Grafici del potenziale termodinamico in funzione di ∆, con diversivalori dei coefficienti dell’espansione: (a) Pα = 1 β = 2 γ = 1; (b) Pα = −1β = 2 γ = 1; (c) Pα = 1 β = −2.2 γ = 1; (d) Pα = 1 β = −2.309 γ = 1; (e)Pα = 1 β = −2.4 γ = 1; (f) Pα = −1 β = −1 γ = 1.

75

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La fase FFLO risulta stabile sempre quando α < 0, mentre per α > 0 e

stabile solo nel caso rappresentato in figura 4.8(e), cioe per

α <3β2

12γ2.

La transizione di fase e del primo ordine e corrisponde alla figura 4.8(d), in cui

i tre minimi sono degeneri.

Risolvendo la 4.11 si puo determinare per quali valori di δµ si ha α < 0

e quindi stabilita della fase FFLO: si ottiene che α = 0 per δµ = δµ2 =

0.754∆0 > δµ1, pertanto la fase FFLO e stabile per δµ < δµ2.

Unendo i risultati trovati, possiamo concludere che ci sara fase FFLO a

piccole lunghezze di scattering e per δµ1 < δµ < δµ2.

4.1.3 Diagramma di fase

Recentemente sono stati pubblicati i risultati di alcuni studi in cui, attraver-

so simulazioni numeriche [45] o attraverso considerazioni piu qualitative [46],

viene ricostruito il diagramma di fase di un sistema costituito da due specie di

atomi.

Il diagramma di fase ottenuto nel primo dei due articoli citati e riportato

in figura 4.9. In esso, viene rappresentata la differenza fra i potenziali chimici

delle due specie δµ in funzione della costante di accoppiamento g fra le due

specie interagenti, individuando le fasi del sistema per ogni coppia di valori.

Come gia annunciato, per piccole differenze fra i potenziali chimici, la fase

condensata non viene rotta: essa quindi persiste per qualsiasi valore dell’ac-

coppiamento, o come condensazione di coppie di Cooper (interazione debole)

o di molecole (interazione forte).

Quando la differenza fra i potenziali chimici diventa abbastanza grande, la

fase condensata non e piu favorita energeticamente e viene rotta, o completa-

mente o parzialmente: nel primo caso, si passa direttamente alla fase normale,

76

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7

As a check of our results, we have determined the second order phase transition lines of the phase diagram by aGinzburg-Landau (GL) expansion of the grand potential Ω, both in the homogeneous and in the LOFF phase. Theuse of this approximation is justified because also in the strong coupling regime one has ∆/δµ → 0 near the secondorder lines. Since we are interested to the second order transitions, it is enough to expand Ω up to the fourth orderin ∆, so the grand potential can be written as

Ω = Ω0 +α

2∆2 +

β

4∆4 , (14)

where Ω0 is the free gas contribution and the coefficients are given by

α =2

G+ T

∞∑

n=−∞

d3p

(2π)32

(iωn − ε1)(iωn + ε2), (15a)

β = T∞∑

n=−∞

d3p

(2π)32

(iωn − ε1)2(iωn + ε2)2. (15b)

In Eqs. (15) the εσ are the dispersion laws of the quasi-particles,

ε1 =(p + q)2

2m− µ1 , ε2 =

(p − q)2

2m− µ2 (16)

(the homogeneous case is studied by putting q = 0 in the above expressions). The divergence in the integral definingthe coefficient α is cured, by the introduction of the S-wave scattering length, as discussed in Section II. Using the GLexpansion we reproduce within a few percent the second order transition lines obtained by the numerical evaluationof the free-energy minima in the full theory .

IV. PHASE DIAGRAM

We summarize our results in the phase diagram depicted in Fig. 5. In the following discussion of the phase diagramwe will show that there is a correspondence between some regions and lines of the phase diagram and of the diagramdepicted in Fig. 3.

0.120.150.180.95

1

1.05

-0.5-0.2500.250.5g

0

0.5

1

1.5

2

/"0

BECBCS

LOFF

Normal

P

Gapless

P

FIG. 5: Phase-diagram at T = 0. The full line (red online) indicates the first order phase transition between the homogeneousgapped superfluid phase and the LOFF phase for g <

∼0.05 or the normal phase for 0.05 <

∼g <∼

0.13 or the gapless homogeneoussuperfluid phase for 0.13 <

∼g <∼

0.175. The dashed line (black online) indicates the second order phase transition between theLOFF phase and the normal phase. The dot-dashed line (blue online) indicates the second order phase transition between thehomogeneous superconductive phase and the normal phase. The dotted (green online) line, which does not correspond to aphase transition, separates the homogeneous gapped phase from the homogeneous gapless phase. In the inset it is shown thatthe full line continues beyond the point where the dot-dashed line and the full line meet.

To begin with we describe the full line (red online). At values of g <∼ 0.05 it indicates the first order phase transitionbetween the homogeneous superconductive phase and the LOFF phase. For 0.05 <∼ g <∼ 0.13 the full line indicates a

Figura 4.9: Diagramma di fase, ottenuto numericamente, di un gas costituitoda due specie aventi diversi potenziali chimici, la cui differenza e pari a δµ. Inesso sono riportate le fasi in cui si trova il sistema per ogni valore di δµ e dellacostante di accoppiamento g.

nel secondo, si passa ad una fase intermedia, quella BP per accoppiamenti forti

e quella LOFF per accoppiamenti deboli.

Per ogni valore di g, chiamiamo δµc la massima differenza che la fase su-

perconduttiva omogenea puo sostenere, in modo che per δµ > δµc il sistema

non e piu completamente condensato. δµc risulta una funzione crescente di g.

Dalla figura 4.9, si evince questo comportamento:

• −0.5 < g < 0.05: il sistema presenta una transizione dalla fase super-

conduttiva a quella LOFF e successivamente una transizione dalla fase

LOFF alla fase normale;

• 0.05 < g < 0.175: il sistema presenta una transizione dalla fase super-

conduttiva a quella normale;

• 0.175 < g < 0.5: il sistema presenta una transizione dalla fase supercon-

duttiva a quella di BP e successivamente a quella normale.

La figura 4.10 mostra quali tipi di transizioni avvengono per i diversi valori

di g:

• g < 0: transizione di fase del primo ordine: ∆ passa da un valore finito

(quello della fase BCS) a 0;

77

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• 0 < g < 0.175: transizione di fase del primo ordine fra due valori di ∆

finiti, il primo relativo alla fase superconduttiva ed il secondo alla fase

BP; successivamente, transizione del secondo ordine fino a ∆ = 0;

• g > 0.175: transizione di fase del secondo ordine fino a ∆ = 0. 5

0.92 0.940.4

0.6

0.8

1

0 0.25 0.5 0.75 1 1.25 1.5 1.75 2 !µ/"

F

0

0.25

0.5

0.75

1

1.25

#/"

F

g=-0.1

g=0.135

g=0.2

0.92 0.94 0.96

0.2

0.4

0.6

0 0.5 1 1.5 2 !µ/"

F

-0.2

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

µ/"

F

g=-0.1

g=0.135

g=0.2

normal phase

FIG. 2: On the left: The gap ∆/εF vs. δµ/εF for three values of the dimensionless coupling g. From top to bottom the linesrefer to g = 0.2 (purple online), g = 0.135 (red online) and g = −0.1 (black online). The g = 0.2 curve shows a second orderphase transition to the normal phase at δµ/εF " 1.27. The g = −0.1 curve shows a first-order transition to the normal phaseat δµ " 0.39εF . The intermediate curve (g = 0.135), shown in more detail in the inset, shows the existence of two phasetransitions. One phase transition is first-order. It leads to a superconductive phase with a different, smaller, value of the gap.The second transition leads smoothly to the normal phase. On the right: µ/εF vs. δµ/εF for the same three values of thedimensionless coupling g. The continuous upper curve (green online) refers to the normal phase (g → −∞). The other threecurves from bottom to top refer to g = 0.2 (purple online), g = 0.135 (red online) and g = −0.1 (black online). The insetrepresents an enlargement of the curve at g = 0.135. In both panels the dotted parts of the g = 0.135 and of the g = −0.1 linescorrespond to metastable states.

C correspond to metastable points that are local minima of the free-energy. For g = 0.135 they were reported in theinsets of Fig. 2 as dotted points in the upper curve and lower curve respectively. The points in region labeled as Bcorrespond to unstable BP points that are maxima of the free-energy. The remaining parts of the diagram correspondto allowed regions. The white area corresponds to the stable gapped phase and the shadow area (yellow online), withthe exclusion of the region C, to the stable gapless superconductive phase. In the shadow region δµ >

µ2 + ∆2

there are gapless excitations at one sphere in momentum space. All the regions meet at the point P, on the linecorresponding to g = 0.175. The meaning of this point will be clarified below.

0 0.5 1 1.5 2 !µ/#

-1

0

1

µ/#

P

g=0.0

g=0.135

g=0.175

g=0.25

g=0.3

g=0.4

g=0.135

g=0.175

g=0.3

g=0.4

g=0.25

BA C

FIG. 3: Full (green online) lines are simultaneous solutions of the gap and number equations for different values of the couplingconstant and of the mismatch between the Fermi spheres. The regions above the full (red online) line labeled with A, B andC correspond to phases where no physical solutions of the gap and number equations have been found. The phase in regionB, the Breached Pairing phase, corresponds to unstable solutions. Regions A and C correspond to metastable phases. Theshadow (yellow online) region, with the exclusion of the region C, corresponds to the region with stable gapless solutions atone sphere in momentum space. The remaining part of the diagram corresponds to stable gapped solutions.

Figura 4.10: Gap ∆/εF in funzione di δµ/εF per diversi valori di g: la figuramostra che per g=0.2 si verifica una transizione del secondo ordine alla fasenormale a δµ/εF ≈ 0.127; per g=0.135, si verifica prima una transizione delprimo ordine fra due valori finiti del gap ∆, poi una transizione del secondoordine alla fase normale; per g=-0.1, si verifica una transizione del primo ordinealla fase normale a δµ/εF ≈ 0.39 [45].

Quando g e scelto nell’intervallo 0.13 ≤ g ≤ 0.175 e δµ e entro un range

di valori vicini al suo valore critico, la gap equation ha tre soluzioni, cioe tre

valori di ∆, di cui uno corrisponde ad un massimo e gli altri due a minimi

dell’energia libera, come mostrato in figura 4.11.

Per δµ piccolo, il minimo dell’energia e quello corrispondente al ∆ piu grande,

al crescere di δµ i due valori diventano quasi degeneri finche il minimo si trova

al ∆ minore. Per δµ ancora piu grandi, il ∆ minimo continuera a diminuire

fino a 0 e si ha una transizione di fase del secondo ordine allo stato normale.

78

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4

the other two to local minima. The minima are favored for different values of δµ. At small values of δµ the favoredstate is the one with ∆ = ∆0. For values of δµ larger than a critical value the favored state is the second one, with∆ < ∆0. The transition between these two states is first order. We remark that such behavior of the free-energytakes place only in the range of the coupling 0.13 <∼ g <∼ 0.175. For values smaller than ∼ 0.13 there is one phasetransition from the homogeneous to the normal phase. For values of g large than ∼ 0.175 one of the minima of thefree-energy disappears and, increasing δµ, one finds a second order phase transition from the normal phase to theunpaired phase.

In order to clarify the behavior in the above-mentioned range of g, we plot in Fig. 1 the free-energy differenceF − F0 (F0 the value at ∆ = 0) as a function of ∆ for various values of δµ at g = 0.135, i.e. inside the interval[0.13, 0.175]. For each value of ∆, the value of µ is determined by the equation ∂F/∂µ = 0, corresponding to Eq.(9). We notice that, since the total number density is fixed, the average chemical potentials of the broken (∆ #= 0)and normal (∆ = 0) phases are in general different. For δµ = 0.936 εF the free-energy has a global minimum at∆ = ∆0 $ 0.95 εF and a local minimum at ∆ $ 0.75 εF ; at δµ = 0.940 εF the two minima are almost degenerate, andthe values of the gap at the local minima are ∆ = ∆0 and ∆ $ 0.625 εF ; finally for δµ = 0.942 εF the former localminimum becomes the global one (and vice-versa), and the gap at the global minimum is ∆ $ 0.6 εF . For highervalues of δµ the value of the gap decreases monotonically and for δµ = δµc ∼ 0.955 εF the system has a second orderphase transition to the normal phase.

0 0.5 1 !/"

F

-0.002

0

0.002

(F -

F0)/

kF" F

3

#µ = 0.936 "F

#µ = 0.940 "F

#µ = 0.942 "F

FIG. 1: Free energy difference F − F0 as a function of ∆ for various values of δµ at g = 0.135.

The dependence on g of the order of the phase transitions is shown on the left panel in Fig. 2 by three representativevalues of the dimensionless coupling constant, one inside the interval [0.13, 0.175], another one on the left, and a thirdone on the right of the interval. The lowest curve refers to g = −0.1. We have not considered here the possibility ofinhomogeneous superconductivity and therefore we have a first order phase transition from the superconductive tothe normal state. It occurs at δµ $ 0.79∆0. For 0.79 <∼ δµ/∆0 ≤ 1 the superconductive phase becomes metastableand is shown as a dotted line. The highest curve is computed at g = +0.2: for this value the transition from thesuperconductive to the normal phase is second order. The intermediate curve is obtained at g = +0.135 and shows,in agreement with the results of Fig. 1, two phase transitions: a first order phase transition from the value 0.95 to thevalue 0.65 of the gap parameter, and a second order phase transition to the normal phase. The values correspondingto the metastable phases are depicted as dotted curves. An enlarged picture of this case is in the inset. On the rightpanel in Fig. 2 we show the behavior of the average chemical potential µ as a function of δµ, for the same values ofthe dimensionless coupling constant g. In the figure, the upper curve (green online) represents the average chemicalpotential in the normal phase The inset refers again to g = 0.135.

It is also worth mentioning that the first order phase transition between the two minima of the free-energy cor-responds to a phase transition between a gapped and gapless phase. The gapless phase is characterized by havingone zero in the quasiparticle dispersion law at one sphere in momentum space. Had the dispersion laws two zerosthen the system could live in the Breached Pairing phase [9, 10], but this possibility is not realized in this model atleast within the present approximations. To illustrate this point we have reported in Figure 3 the results for µ/∆ vs.δµ/∆ as lines (green online) labeled with various values of g. Since for some values of g there are first order phasetransitions, some regions of this diagram are never reached by stable physical states, which is why in some cases thelines are interrupted. Such regions are above the thick full (red online) line, which has been determined comparingthe energies of the various phases, and have been labeled with the letters A, B and C. The regions labeled as A and

Figura 4.11: Energia libera in funzione del gap ∆/εF per diversi valori di δµ ea g=0.135 [45].

Nel secondo articolo citato, invece, viene ipotizzato il diagramma di fase

riportato in figura 4.12.

Sull’asse y e riportato

η =H

∆con H =

1

2(µ1 − µ2).

∆ e il gap del gas non polarizzato. Sull’asse x e riportato

k = − 1

na3.

La zona I e quella della fase condensata, con i limiti BCS e BEC ed un

crossover fra i due; la zona II e quella della fase normale, la zona III della fase

BP e infine la zona IV e della fase LOFF.

La differenza fondamentale fra i due diagrammi di fase e data dalla zona

di confine fra le due fasi intermedie: in quest’ultimo grafico, infatti, le due

regioni sono separate da una linea che congiunge i punti S e L: il punto S e un

punto di splitting, poiche da esso parte una linea che divide la zona (III) in due

sottoregioni, mentre il punto P e un punto di Lifshitz, punto che separa, per

definizione, una fase ordinata spazialmente uniforme (I), una fase disordinata

(II) e una una fase ordinata spazialmente non uniforme (IV).

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1 2

5 J

ul

2005

INT-PUB 05-18

Phase Diagram of Cold Polarized Fermi Gas

D. T. Son1 and M. A. Stephanov2

1Institute for Nuclear Theory, University of Washington, Seattle, Washington 98195-1550, USA2Department of Physics, University of Illinois, Chicago, Illinois 60607-7059,USA

(Dated: July 2005)

We propose the phase diagram of cold polarized atomic Fermi gas with zero-range interaction.We identify four main phases in the plane of density and polarization: the superfluid phase, thenormal phase, the gapless superfluid phase, and the modulated phase. We argue that there exista Lifshitz point at the junction of the normal, the gapless superfluid and the modulated phases,and a splitting point where the superfluid, the gapless superfluid and the modulated phases meet.We show that the physics near the splitting point is universal and derive an effective field theorydescribing it. We also show that subregions with one and two Fermi surfaces exist within the normaland the gapless superfluid phases.

PACS numbers: 03.75.Ss

Introduction.—Fermi gas in the regime of large scat-tering length a [1] has attracted much interest due to itsuniversal behavior. The regime can be achieved in atomtraps by using the technique of Feshbach resonance [2].Most attention is focused on systems consisting of twospecies of fermions (e.g., two spin components of a spin- 1

2

fermion) with equal number density. When the effectiverange r0 is small compared to n−1/3, where n is the totalnumber density, many properties of the system dependon n and a only through the dimensionless diluteness pa-rameter

κ = −1

na3. (1)

When one varies κ the system interpolates betweenthe Bose-Einstein condensation (BEC) regime and theBardeen-Cooper-Schrieffer (BCS) regime. For all valuesof κ the ground state is believed to be a superfluid.

In contrast, the case of unequal number density (or un-equal chemical potentials) of the two species is much lessunderstood. In the case of spin- 1

2fermions one refers to a

polarized gas. We follow this terminology, understanding“polarized” in the sense of asymmetry between the twospecies.

In this Letter we propose a phase diagram for a polar-ized Fermi gas in the whole range from the BEC to theBCS regime. Our proposal is summarized in Fig. 1. Thevariable η on the vertical axis roughly corresponds to thedegree of polarization. The phase diagram must havefour main regions, corresponding to the gapped super-fluid (BEC/BCS) phase (I), the normal phase (II), thegapless superfluid phase (III), and a phase with spatiallyvarying condensate (IV). There are two special pointson the phase diagram. Point S (the splitting point) isa point where phases (I), (III) and (IV) meet. Point Lis a Lifshitz point where (II), (III) and (IV) meet. Thephysics in the vicinity of point S is long-distance, i.e.,universal, and can be studied within an effective fieldtheory. Furthermore, phases (II) and (III) are each di-vided (by the dashed line) into two subregions which dif-

I

II

II

III

IV

L

S

!

"

BEC BCS

1

"0

FIG. 1: The proposed phase diagram.

fer from each other by the number of Fermi surfaces. Onthe left of the dashed line there is one Fermi surface, onthe right there are two. Region (IV) is most likely di-vided into phases with different patterns of breaking ofthe rotational symmetry (not shown in Fig. 1).

The proposal is an educated guess anchored on a fewreliable facts: the phases in the BEC and BCS limits, theexistence of the points S and L, and the structure of thephase diagram around S.

Axes on the phase diagram.—A particular system ischaracterized by three parameters: the scattering lengtha, the chemical potentials of the two species µ↑ and µ↓.Because of universality (corresponding to rescaling in-variance a → e−sa, µi → e2sµi) the whole phase diagramcan be captured in a two-dimensional plot. We introducethe notation

µ =1

2(µ↑ + µ↓), H =

1

2(µ↑ − µ↓) . (2)

Then parameter κ on the horizontal axis is defined by (1)where n = n(µ, a) is the density of an unpolarized gas atchemical potential µ and scattering length a. Thus κ isthe inverse diluteness parameter of an unpolarized systemwith chemical potential equal to the average of µ↑ andµ↓ and with the same scattering length a.

Figura 4.12: Secondo diagramma di fase di un sistema disomogeneo, in cuisi rappresenta la fase del sistema per ogni valore della differenza fra i poten-ziali chimici delle specie (rappresentata da H) e la costante di accoppiamento(rappresentata da k) [46].

Come gia spiegato in precedenza, la transizione dalla fase BEC alla fase

BP avviene attraverso la curva η = 1, in quanto corrisponde alla condizione

∆ = δµ.

Lo studio delle ragioni per cui il risultato delle simulazioni numeriche (fi-

gura 4.9) ha, nella zona intorno a g=0, un comportamento diverso da quello

ipotizzato da Son e Stephanov (figura 4.12) e appena iniziato. E possibile che

le differenze derivino dall’uso dell’approssimazione di campo medio nell’analisi

i cui risultati conducono alla figura 4.9, ma non e escluso che si tratti di effetti

puramente numerici, senza significati fisici piu profondi [45].

4.2 Tre specie interagenti

4.2.1 Tre specie con costanti d’interazione diverse

Estendiamo il modello di Hubbard, presentato nel Capitolo 3, al caso in cui nel

gas siano presenti atomi fermionici di tre specie diverse ma che hanno uguale

massa M [47], [48], [49].

Se supponiamo che le interazioni possano avvenire soltanto fra atomi di

80

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specie diverse, come del resto avviene anche nel modello di Hubbard semplice

in cui interagiscono solo atomi di spin opposto, servono quattro parametri per

descrivere tutte le possibili interazioni che si possono stabilire all’interno del

gas: uno per l’interazione a tre corpi, che coinvolge tre atomi delle tre specie

diverse, e tre per le interazioni a due corpi, dato che esse possono avvenire

in tre combinazioni diverse. Di questi quattro parametri, il primo puo essere

fissato da osservabili misurate sperimentalmente, per cui ne consideriamo solo

tre.

Per semplicita, inoltre, studiamo il caso in cui due interazioni sono ugua-

li mentre una e diversa: questa semplificazione permette di avere solo due

parametri e di tracciare un diagramma di fase in due dimensioni.

Introduciamo i campi ψi per le tre specie e scriviamo la densita di hamil-

toniana per questo sistema:

H ′ = −3∑

i=1

ψ†i

(∇2

2m− µ− V (r)

)ψi ± g2|ψ1|2|ψ3|2 ± g2|ψ1|2|ψ2|2±

±g2|ψ2|2|ψ3|2 +G|ψ1|2|ψ2|2|ψ3|2.

In essa, sono presenti il termine cinetico, un termine di interazione con un

potenziale esterno V(r), i termini di interazione a due corpi e infine un termine

di interazione fra i tre campi. Le interazioni fra gli atomi di tipo 1 e 2 e fra

gli atomi di tipo 2 e 3 sono uguali e descritte dalla stessa costante g2, mentre

l’interazione fra gli atomi di tipo 1 e 3 ha intensita diversa, descritta da un’altra

costante, g2.

La scelta del segno nei termini di interazione determina il comportamento

del sistema: il segno meno indica un’interazione attrattiva mentre il segno piu

repulsiva.

Definite le lunghezze di scattering a e a, si possono presentare quattro

diversi casi:

1. a > 0, a > 0

2. a > 0, a < 0

3. a < 0, a > 0

81

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4. a < 0, a < 0.

Questi casi sono stati analizzati separatamente, nel limite di accoppiamento

debole.

1. I caso: Lunghezze di scattering positive

Esaminiamo il caso in cui a > 0, a > 0 (segno piu nell’hamiltoniana), nel

limite na3 << 1 e na3 << 1.

Come nel problema con due sole specie, anche in questo caso, se le lun-

ghezze di scattering sono positive, si ha la formazione di stati legati di

tipo molecolare. Inoltre, poiche entrambe le grandezze sono positive,

ogni combinazione di due atomi diversi puo essere realizzata: le molecole

formate da atomi di tipo 1-2 e di tipo 2-3 avranno energia di legame

−B = −1/(Ma2) mentre quelle formate da atomi di tipo 1-3 avranno

energia −B = −1/(Ma2).

Le molecole, essendo bosoni, possono condensare; indichiamo con 〈ψiψj〉la funzione d’onda del condensato di molecole di atomi i-j. Il gruppo di

simmetria dell’Hamiltoniana e SU13(2)× U2(1)× U123(1), dove i numeri

nei pedici dei gruppi di simmetria indicano lo spazio delle ψ su cui essi

agiscono.

Chiamiamo, inoltre, nij il numero di stati legati fra gli atomi di tipo i e

j e ni il numero di atomi di tipo i non legati.

L’energia del sistema e data da:

F =3 (6π2)

2/3

10M

(n

5/31 + n

5/32 + n

5/33

)−B (n12 + n23)− Bn13. (4.13)

Il primo termine rappresenta l’energia del gas di Fermi in assenza di in-

terazioni a T=0 mentre gli altri due rappresentano il contributo delle

molecole che si sono formate. Abbiamo trascurato il termine di inte-

razione a tre corpi, approssimazione valida in condizioni di gas a bassa

densita e lunghezze di scattering piccole.

82

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Lo stato fondamentale si trova minimizzando la 4.13, tenendo conto delle

condizioni che il numero totale di atomi di ogni specie deve essere pari a

n:

n = n1 + n12 + n13

n = n2 + n12 + n23

n = n3 + n13 + n23.

Dato che a12 = a23 = a, si avra n12 = n23 e quindi

n = n1 + n12 + n13

n = n2 + 2n12

n1 = n3

per cui le condizioni da imporre si possono esprimere nel modo seguente: n12 = n23 = 12(n− n2)

n13 = 12(n− 2n1 + n2) .

Sostituendo, l’energia del sistema, che vogliamo minimizzare, diventa:

F =3 (6π2)

2/3

5M

(2n

5/31 + n

5/32

)− 2B (n− n2)− B (n− 2n1 + n2) =

=3 (6π2)

2/3

5M

(2n

5/31 + n

5/32

)+ n2

(2B − B

)+ 2n1B + cost.

Si possono presentare i seguenti casi:

• B < 2B: tutti i contributi all’energia sono positivi, pertanto il mi-

nimo si trova semplicemente imponendo che siano nulli, condizione

soddisfatta se

n1 = n2 = n3 = 0

cioe se tutti gli atomi sono in uno stato legato e si forma un con-

densato.

Si ha quindi 〈ψiψj〉 6= 0 ∀ij con conseguente rottura della simmetria.

83

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Resta una simmetria residua sotto il gruppo Z2, poiche questo stato

fondamentale e invariante rispetto al cambiamento simultaneo di

segno di ogni ψi.

• B > 2B: per trovare il minimo dell’energia, dobbiamo imporre che

le derivate parziali fatte rispetto a n1 e n2 siano nulle:

∂F

∂n1

= 0 =(6π2)

2/3

Mn

2/31 + B → n1 = n3 = 0

∂F

∂n2

= 0 =(6π2)

2/3

Mn

2/32 + 2B − B → n2 =

((B − 2B

)M)3/2

6π2

con in piu la condizione che n2 ≤ n, cioe:

B − 2B ≤ (6π2n)3/2

M.

In questa regione tutti gli atomi di tipo 1 e 3 formano molecole

mentre ci sono alcuni atomi di tipo 2 non legati. Si verifica quindi

la rottura spontanea della simmetria e il gruppo di simmetria non

rotto risulta ancora Z2.

Se, invece,

B − 2B >(6π2n)

3/2

M,

si ha n2 = n, cioe tutti gli atomi di tipo 2 sono non legati. In questo

caso, la simmetria viene rotta in SU13(2)× U2(1)× Z2.

In entrambi i casi, si ha 〈ψ1ψ3〉 6= 0 e 〈ψ1ψ2〉 = 〈ψ2ψ3〉 = 0.

Abbiamo dimostrato, quindi, che, nel primo intervallo, ci sono soltanto

molecole nelle diverse combinazioni di atomi, mentre, nel secondo inter-

vallo, quando g2 diventa piu grande di due volte g2, sempre meno atomi

di tipo 2 si accoppiano, finche, all’aumentare di g2 restano tutti liberi.

Quando questo avviene, cioe quando

B − 2B =(6π2n)

3/2

M,

84

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si verifica una transizione di fase poiche cambia il gruppo di simmetria del

sistema, da Z2 diventa SU13(2)×U2(1)×Z2. Diversamente, a B = 2B non

si verificano transizioni di fase ma solo un crossover poiche la simmetria

non cambia.

In ogni caso, tutta la regione di lunghezze di scattering positive e caratte-

rizzata da una fase superfluida perche e sempre presente un condensato.

Riassumendo:

B < 2B → n1,2,3 = 0 n12 = n13 = n23 =n

2

2B < B < 2B +(6π2n)

2/3

M→ n1 = n3 = 0 n2 =

((B − 2B

)M)3/2

6π2

B > 2B +(6π2n)

2/3

M→ n1 = n3 = 0 n2 = n.

2. II caso: Lunghezze di scattering negative

Esaminiamo ora il caso in cui entrambe le lunghezze di scattering sono

negative: nell’Hamiltoniana ci sara quindi segno meno davanti ai termini

con g2 e g2, che indica interazioni attrattive. Anche in questo caso,

vogliamo studiare la regione BCS nel limite di lunghezze di scattering,

in modulo, molto piccole.

Si ha:

Hint = −g2|ψ1|2|ψ2|2 − g2|ψ2|2|ψ3|2 − g2|ψ1|2|ψ3|2 =

= −g2ψ†1ψ1ψ

†2ψ2 − g2ψ†

2ψ2ψ†3ψ3 − g2ψ†

1ψ1ψ†3ψ3 =

= g2ψ†1ψ

†2ψ1ψ2 + g2ψ†

2ψ†3ψ2ψ3 + g2ψ†

1ψ†3ψ1ψ3

85

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in cui, anche in questo caso, stiamo trascurando il termine di interazione

a tre corpi.

In questo regime, e possibile effettuare l’approssimazione di campo me-

dio, per cui si puo scrivere:

g2ψ†1ψ

†2ψ1ψ2 = g2

[(ψ†

1ψ†2 −

⟨ψ†

1ψ†2

⟩)(ψ1ψ2 − 〈ψ1ψ2〉) + ψ†

1ψ†2 〈ψ1ψ2〉+

+⟨ψ†

1ψ†2

⟩ψ1ψ2 −

⟨ψ†

1ψ†2

⟩〈ψ1ψ2〉

] mfa≈ ∆3ψ

†1ψ

†2 −∆∗

3ψ1ψ2 +|∆3|2

g2,

in cui si e definito:

∆k = εijk∆k = g2 〈ψiψj〉 .

Anche in questo caso, il termine 〈ψ1ψ2〉, valore di aspettazione nel vuoto

del prodotto dei campi di tipo 1 e 2, corrisponde alla funzione d’onda del

condensato, cioe ∆; in questo caso, il condensato e costituito da coppie

di atomi e non da molecole.

Nell’approssimazione di campo medio, l’hamiltoniana d’interazione di-

venta:

Hint =|∆1|2 + |∆3|2

g2+|∆2|2

g2+

1

2

(−∆∗

3ψ1ψ2 + ∆3ψ†1ψ

†2+

+∆∗3ψ2ψ1 −∆3ψ

†2ψ

†1 −∆∗

1ψ2ψ3 + ∆1ψ†2ψ

†3 + ∆∗

1ψ3ψ2−−∆1ψ

†3ψ

†2 −∆∗

2ψ1ψ3 + ∆2ψ†1ψ

†3 + ∆∗

2ψ3ψ1 −∆2ψ†3ψ

†1

).

Definiamo i seguenti campi:

Ψ =1√2

ψ1

ψ2

ψ3

ψ†1

ψ†2

ψ†3

Ψ† =

1√2

(ψ†

1 ψ†2 ψ†

3 ψ1 ψ2 ψ3

).

86

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In funzione dei nuovi campi, nella rappresentazione dell’impulso, si avra:

H0 − µN = Ψ† diag(E E E −E −E −E

dove E =k2

2m+ V − µ.

Scriviamo:

H − µN = Ψ†OΨ (4.14)

dove O e la seguente matrice a blocchi

O =

A B

C D

con

A =

E 0 0

0 E 0

0 0 E

D =

−E 0 0

0 −E 0

0 0 −E

B =

0 ∆3 ∆2

−∆3 0 ∆1

−∆2 −∆1 0

C = B†.

Pertanto

O =

A B

B† −A

.Calcoliamo ora l’energia del sistema, per unita di volume.

In assenza di interazioni, essa risulta:

F0 = 3∫ kF

0

d3k

(2π)3

(k2

2m− µ

).

Poiche µ = k2F/2m, definendo

ξ =k2

2m− µ = εk − µ,

87

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otteniamo

F0 = 3∫ d3k

(2π)3(εk − µ) Θ(kF − k) = 3

∫ d3k

(2π)3ξΘ(kF − k) =

=3

2

∫ d3k

(2π)3(ξ − |ξ|).

In presenza di interazioni, dalla 4.14, possiamo scrivere:

F = −1

2

∫ d3k

(2π)3

∑i

|ei|Θ(kF − k)

dove gli ei sono i sei autovalori della matrice O, cioe

E, −E,√E2 + |−→∆ |2 (molt.2), −

√E2 + |−→∆ |2 (molt.2)

dove |−→∆ |2 = |∆1|2 + |∆3|2 + |∆3|2.

Pertanto si ottiene:

F = −1

2

∫ d3k

(2π)3

(2√E2 + |−→∆ |2 + |E|

)+O(∆2) (4.15)

dove O(∆2) = ∆2/g2.

Scriviamo ora l’energia in funzione delle lunghezze di scattering a e

a piuttosto che, rispettivamente, delle costanti g2 e g2. Per trovare

le relazioni esistenti fra queste grandezze, possiamo calcolare l’ampiez-

za dello scattering fra due atomi attraverso i diagrammi di Feynman

rappresentati in figura 4.13.

= + + + ...

Figura 4.13: Diagrammi di Feynman per l’interazione fra due particelle.

Ad essi, corrisponde questa ampiezza:

i4πa

m= −ig2

∞∑n=0

hn = −ig2 1

1− h

88

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con

h = (−1)∫ d4p

(2π)2

i

p0 − E

i

−p0 − Eig2 = −ig2

∫ d4p

(2π)4

1

p20 − E2

=

=∫ d3p

(2π)3

g2

2Ep

=∑p

g2 1

2Ep

da cui si ottiene

−4πa

m=

g2

1− g2∑

p1

2Ep

cioe

− m

4πa=

1

g2−∑p

1

2Ep

.

Risultano, correttamente, per entrambe le interazioni, lunghezze di scat-

tering negative, che caratterizzano il regime BCS.

Al primo ordine:

∆2

1 + ∆23

g2∼ −∆2

1 + ∆23

4πam

∆22

g2∼ − ∆2

2

4πam.

Al secondo ordine:

∆2

1 + ∆23

g2∼ −∆2

1 + ∆23

4πam+ (∆2

1 + ∆23)∑p

1

2Ep

∆22

g2∼ − ∆2

2

4πam+

∫ d3p

(2π)3

∆22

2Ep

cioe

∆2

1 + ∆23

g2∼ −∆2

1 + ∆23

4πam+

∫ d3p

(2π)3

(∆21 + ∆2

3)

2Ep

∆22

g2∼ − ∆2

2

4πam+

∫ d3p

(2π)3

∆22

2Ep

89

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con Ep = p2/2m. La necessita di includere anche il secondo ordine e

legata al problema della regolarizzazione dell’energia.

Aggiungendo anche i nuovi contributi, la 4.15 diventa:

F = −1

2

∫ d3k

(2π)3

(2√E2 + |−→∆ |2 + |E|

)−∆2

1 + ∆23

4πam− ∆2

2

4πam+

∫ d3p

(2π)3

|−→∆ |2

2Ep

.

L’energia e definita a meno di una costante, che possiamo determinare

attraverso F0, l’energia calcolata in assenza di interazioni (∆ = 0):

F0 = costante− 3

2

∫ d3k

(2π)3|E| = 3

2

∫ d3k

(2π)3(E − |E|)

cosı si ottiene:

F =1

2

∫ d3k

(2π)3

3E − 2√E2 + |−→∆ |2 − |E|+ |−→∆ |2

k22m

− m

4πa(∆2

1 + ∆23)−

m

4πa∆2

2.

Il primo termine dipende solo da |−→∆ |2 ed e pertanto invariante sotto

trasformazioni del gruppo SU123(2), cioe nello spazio dei tre−→∆. Gli

altri termini pero violano questa invarianza, scegliendo una direzione

privilegiata nello spazio, che dipende dalla competizione fra le diverse

forze di interazione fra gli atomi, cioe dal rapporto fra |a| e |a|.

Come per la BEC, ci potranno essere, quindi, diverse fasi, a seconda che

prevalga una o l’altra interazione, caratterizzate dalla presenza di coppie

di Cooper che coinvolgono alcune o tutte le specie di atomi.

Il gruppo di simmetria dell’Hamiltoniana e, come gia osservato in prece-

denza, SU13(2)× U2(1)× U123(1).

Lo stato fondamentale si trova minimizzando la 2; i diversi casi che si

possono presentare sono:

• |a| > |a|: lo stato fondamentale e caratterizzato da

∆2 6= 0 e ∆1 = ∆3 = 0,

90

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quindi ci sono coppie di Cooper formate da atomi di tipo 1-3, men-

tre gli atomi di tipo 2 non si accoppiano mai con gli altri atomi. Il

gruppo di simmetria viene rotto in SU13(2) × U2(1) × Z2, in cui il

gruppo Z2 rappresenta l’invarianza per il contemporaneo cambia-

mento di segno di due campi. La fase e superfluida, a causa della

presenza delle coppie di Cooper, ma ha anche proprieta tipiche dei

metalli poiche gli atomi di tipo 2 sono non legati.

• |a| < |a|: lo stato fondamentale e caratterizzato da

∆2 = 0 e |∆1|2 + |∆3|2 6= 0,

quindi ci sono coppie di Cooper formate da atomi di tipo 1-2 e di

tipo 2-3, mentre non ci sono coppie formate da atomi di tipo 1-3. Il

gruppo di simmetria viene rotto in Z2 e la fase e superfluida.

• |a| = |a|: avviene una transizione di fase, che separa due fasi

superfluide.

Nella zona BCS, ci sono due regioni con caratteristiche sia metalliche sia

superfluide, separate da una transizione di fase lungo la curva a = a, in

cui c’e solo il condensato.

Le due zone limite analizzate presentano quindi caratteristiche comuni:

sono entrambe superfluide e presentano una transizione di fase, che sepa-

ra due fasi aventi, nell’uno e nell’altro caso, gli stessi gruppi di simmetria.

Nella regione BCS sono presenti o coppie di atomi di tipo 1-3 o di atomi

di tipo 1-2 e 2-3; solo in caso di lunghezze di scattering uguali si ha la

contemporanea presenza di tutti i tre tipi di coppie; nella regione BEC

invece, cioo risulta possibile entro un range maggiore delle lunghezze di

scattering.

In entrambe le regioni analizzate e presente una transizione di fase, che

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avviene fra gli stessi gruppi di simmetria: non ci sono quindi differenze,

da questo punto di vista, fra i due limiti.

La situazione in queste due regioni e rappresentata e sintetizzata in figura

4.14.

-

1k È a È3

-

1k È a È3

BCS

BEC

Figura 4.14: Regioni in cui viene diviso il piano −1/k|a|3 vs −1/k|a|3. Le lineeverdi rappresentano delle transizioni di fase.

3. III e IV caso: Lunghezze di scattering con segno diverso.

Analizziamo, infine, la fase del sistema nella altre due regioni, caratte-

rizzate da lunghezze di scattering di segno opposto.

• a > 0, a < 0

Abbiamo visto che, quando entrambe sono positive, appena sotto il

semiasse negativo x, tutti gli atomi sono legati a formare molecole;

nel momento in cui a diventa negativa, gli atomi di tipo 1 e 3 non

sono piu legati in molecole, ma formano coppie di Cooper. Non si

verifica alcuna transizione di fase perche resta la simmetria rispetto

al gruppo Z2.

• a < 0, a > 0

92

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Quando entrambe sono positive, a sinistra del semiasse y negativo,

tutti gli atomi di tipo 1 e 3 sono legati fra loro ma non con quelli

di tipo due; appena a diventa negativa, l’interazione con gli atomi

di tipo 2 resta debole e non riescono ancora a formare uno stato

legato. Non si verifica quindi alcun cambiamento e pertanto nessuna

transizione di fase.

La zona compresa fra la fase BCS e quella BEC, la unitary region, e difficile

da studiare, poiche e caratterizzata da lunghezze di scattering molto grandi e

mancano altri parametri piccoli.

4.2.2 Tre specie con potenziali chimici diversi

Recentemente e apparso un altro articolo [50] riguardante l’analisi della fase

BCS di gas costituiti da tre specie di fermioni diverse. Il problema viene

affrontato a partire da ipotesi leggermente diverse, che ora esamineremo.

Nel modello descritto, si assume che due specie hanno la stessa massa (tipi

1 e 2) mentre l’altra ha massa diversa (tipo 3) e che una delle interazioni

(quella del canale 1-3) sia trascurabile rispetto alle altre, per cui si considera

la formazione di due possibili stati legati. Anche in questo caso si trovano

diverse fasi, caratterizzate dalla formazione di diverse molecole, a seconda che

prevalga una o l’altra interazione.

Quando i potenziali chimici delle tre specie vengono presi uguali fra loro,

alla temperatura T=0, si trova lo stesso risultato visto precedentemente, cioe

la formazione di coppie di Cooper nel canale 1-2 e/o nel canale 2-3, come

mostra il grafico riportato in figura 4.15, che rappresenta le curve dell’energia

in funzione dei due gap ∆3 e ∆1: la curva tratteggiata e quella per cui l’energia

e minima e corrisponde alla relazione |∆1|2 + |∆3|2 ≈ 0.135:

In questo modello, quindi, per favorire la formazione di coppie di un solo ti-

po, si e scelto di lasciare identiche lunghezze di scattering e variare il potenziale

chimico delle tre specie.

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∆3

∆ 1

0 0.05 0.1 0.150

0.05

0.1

0.15

Figura 4.15: µ1 = µ2 = µ3 = 1

A determinare quale fra i due tipi di coppie si forma e il potenziale chimico

medio µij = (µi + µj)/2: la coppia a cui corrisponde un potenziale chimico

maggiore viene favorita. Per esempio, se siamo nel caso riportato in figura

4.16, in cui µ1 > µ3 → µ12 > µ23, il canale 1-2 e quello con energia piu bassa e

viene realizzato, sono cioe gli atomi di tipo 1 ad accoppiarsi con quelli di tipo

2; nella figura il minimo e rappresentato dal cerchio blu, che indica ∆3 6= 0 e

∆1 = 0, cioe presenza solo delle coppie 1-2.

∆3

∆ 1

0 0.05 0.1 0.150

0.05

0.1

0.15

Figura 4.16: µ1 = 1.01, µ2 = 1, µ3 = 0.99

94

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La situazione opposta si verifica nel caso riportato in figura 4.17, in cui

µ3 > µ1 e si formano solo coppie 2-3.

∆3

∆ 1

0 0.05 0.1 0.150

0.05

0.1

0.15

Figura 4.17: µ1 = 0.99, µ2 = 1, µ3 = 1.01

Come nel problema precedente, si puo tracciare un diagramma di fase,

mostrato in figura 4.18, in questo caso avente come parametri i potenziali

chimici delle due specie in competizione: nella regione BCS esso mostra lo

stesso comportamento visto prima, cioe due fasi superfluide, distinte dal tipo

di coppie formatesi e separate dalla retta µ1 = µ3, unico caso in cui entrambe

le coppie sono presenti.

Infine, consideriamo anche il caso in cui non solo i potenziali chimici delle

tre specie sono diversi fra loro, ma anche le loro masse.

Per esempio, supponiamo che la specie 1 e la specie 2 siano due stati iperfini

del 6Li mentre la specie 3 sia il 40K, per cui la relazione fra le loro masse e la

seguente:

m1 = 0.15m3.

Come nel caso precedente, viene favorito l’accoppiamento con la specie avente

potenziale chimico maggiore, come mostra la figura 4.19.

95

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Μ1

Μ3

1 2

3

2 3

1

Figura 4.18: Coppie di Cooper che si formano nella regione BCS di un sistemacomposto da tre specie di atomi: l’atomo di tipo 2 puo legarsi a quello di tipo1 o di tipo 3 se, rispettivamente, il potenziale chimico della prima specie emaggiore o minore di quello della terza specie.

(a)

∆3

∆ 1

0 0.05 0.1 0.15 0.2 0.250

0.05

0.1

0.15

0.2

0.25

Figura 4.19: µ1 = 1, µ2 = 1, µ3 = 0.07

Questa tendenza, pero, si interrompe quando le superfici di Fermi degli

atomi di tipo 1 e 2 si sovrappongono perfettamente, cioe quando e realizzata

96

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la condizione:

m1µ1 = m2µ2.

In questa circostanza, l’accoppiamento 1-2 viene molto favorito rispetto a

quello 2-3, come mostrato in figura 4.20.

(b)

∆3

∆ 1

0 0.05 0.1 0.15 0.2 0.250

0.05

0.1

0.15

0.2

0.25

Figura 4.20: µ1 = 1, µ2 = 1, µ3 = 0.15

Se aumentiamo ancora µ1, ritorna ad essere favorito l’accoppiamento 2-3,

come mostrato in figura 4.21.

(c)

∆3

∆ 1

0 0.05 0.1 0.15 0.2 0.250

0.05

0.1

0.15

0.2

0.25

Figura 4.21: µ1 = 1, µ2 = 1, µ3 = 0.25

97

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Capitolo 5

Conclusioni

Negli ultimi venti anni e rinato un grande interesse per la ricerca teorica in

materia di superconduttivita, in seguito alla scoperta di superconduttori con

caratteristiche diverse rispetto a quelli noti, fra cui, la piu importante, e l’alta

temperatura a cui avviene la transizione di fase. La teoria BCS, considerata

fino a quel momento spiegazione teorica della superconduttivita perche riusciva

a giustificare tutte le caratteristiche osservate sperimentalmente, non riusciva

ad essere altrettanto predittiva per i nuovi fenomeni osservati. Gli sviluppi

ottenuti in questi anni hanno avuto l’obiettivo di superare le due ipotesi della

teoria BCS, quella dell’accoppiamento debole e l’approssimazione di campo

medio.

Se, a partire da un superconduttore che si comporta come previsto dal

modello della teoria BCS, aumentiamo la costante d’interazione fra le particelle

del gas, la fase condensata non viene rotta, ma si passa con continuita ad

un condensato di molecole: la regione intermedia, nel crossover, ha notevole

importanza perche sembra essere quella in cui si trovano i superconduttori

ad alta temperatura. Infatti le loro caratteristiche sembrano corrispondere

a quelle trovate in questa regione, per esempio essi hanno una lunghezza di

correlazione tipica piu grande di quella prevista dalla teoria BCS e compatibile

con quella che si ottiene supponendo un accoppiamento piu forte.

L’abbandono dell’approssimazione di campo medio ha invece permesso di

dare un’interpretazione dello pseudogap osservato nello spettro di particel-

98

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la singola dei nuovi superconduttori: la sua origine risale proprio alle flut-

tuazioni del parametro d’ordine, non piu trascurabili quando nel gas ci sono

accoppiamenti forti.

Ulteriori ricerche in campo teorico sono state rivolte allo studio della super-

conduttivita in gas non omogenei, costituiti cioe da atomi con diversi potenziali

chimici. Si e visto che, finche le differenze nei potenziali chimici sono piccole,

il condensato non viene distrutto, ma quando superano soglie opportune, la

superconduttivita viene rotta e si puo stabilire la fase normale oppure una fase

intermedia, quella di Breached Pairning o quella FFLO. La prima si ha per

interazioni forti nel sistema, cioe quando la fase BEC non e piu stabile, mentre

la seconda per interazioni deboli, cioe quando la fase BCS non e piu favorita e

le coppie di Cooper acquistano un impulso diverso da zero.

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Appendice A

Il punto di Lifshitz

Il punto di Lifshitz e un punto nel diagramma di fase in cui convergono tre linee

di transizione, che separano, rispettivamente, la fase ordinata e spazialmente

uniforme dalla fase disordinata, la fase disordinata dalla fase spazialmente

modulata e la fase spazialmente modulata dalla fase ordinata e uniforme [51]

[52] [53].

L’energia libera di Landau per un punto di Lifshitz e data da:

F =1

2

∫ddx

[rφ2 + c||(∇||φ)2 + c⊥(∇⊥φ)2 +D(∇2φ)2 + uφ4

]in cui il vettore x = (x||, x⊥) e stato diviso in m componenti x⊥ e d − m

componenti x||. Quando sia c|| sia c⊥ sono positive, la fase ordinata resta

spazialmente uniforme, ma, se, per esempio, c⊥ < 0, allora il sistema puo rag-

giungere un’energia inferiore creando strutture non uniformi, cioe, che variano

nello spazio.

Il punto di Lifshitz corrisponde quindi a r = 0 e c⊥ = 0.

Analizziamo un esempio, quello del modello di Ising ANNNI, cioe un mo-

dello anisotropo ad accoppiamenti di tipo ferromagnetico a primi vicini e an-

tiferromagnetico ai secondi. In altre parole, c’e un’interazione di tipo ferro-

magnetico fra i siti nello stesso piano, un’interazione ferromagnetica fra siti di

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due piani adiacenti e un’interazione antiferromagnetca fra siti appartenenti a

piani adiacenti allo stesso piano.

L’Hamiltoniana corrispondente e data da:

H = −J∑

i,<r,r′>

Si,rSi,r′ − J1

∑i,r

Si,rSi+1,r + J2

∑i,r

Si,rSi+2,r.

Nell’approssimazione di campo medio, l’inverso della suscettibilita risulta:

χ−1l,l′ =

∂2F

∂ 〈Sl〉 ∂ 〈S ′l〉= Tδl,l′−Jδi,i′γr,r′−δr,r′ [J1(δi,i′+1+δi,i′−1)−J2(δi,i′+2+δi,i′−2)]

con γr,r′ pari a uno se r e r′ sono primi vicini nello spazio e zero altrimenti.

La sua trasformata di Fourier e data da

χ−1(q||, q⊥ = 0) = T − zJ − 2J1 cos q||a+ 2J2 cos 2q||a]

in cui a e la distanza fra i piani del reticolo e q|| e q⊥ sono le componenti del

vettore d’onda q lungo la normale ai piani e lungo i piani.

Possiamo minimizzare la χ−1(q||, q⊥ = 0) rispetto a q||:

• se J2 < J1/4: il minimo si trova a q|| = 0 e si verifica una transizione

di fase ad uno stato ferromagnetico uniforme quando la temperatura del

sistema e

T = zJ + 2J1 − 2J2;

• se J2 > J1/4: il minimo si trova a q||a = cos−1 (J1/4J2) = q0a e si verifica,

quando χ−1(q0, 0) = 0, una transizione dalla fase paramagnetica a quella

spazialmente disomogenea alla temperatura

T = zJ − 1

4

J21

J2

− 2J2.

I due casi sono riportati nelle figure A.1 e A.2.

Il punto di Lifshitz e il punto (0.25,−1.5) nel piano (T − zJ)/J1 vs J2/J1

e separa la fase paramagnetica (N), la fase ferromagnetica (FM) e quella

disomogenea (M), come mostrato nella figura A.3.

101

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2 4 6 8 10qÈÈa

Χ-1

Figura A.1: Trasformata di Fourier dell’inverso della suscettibilita quandoJ2 < J1/4.

2 4 6 8 10qÈÈa

Χ-1

Figura A.2: Trasformata di Fourier dell’inverso della suscettibilita quandoJ2 < J1/4.

102

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J2J1

T’

14

N

FM

M-32

Figura A.3: Diagramma di fase del modello ANNNI. Il punto evidenziato inblu corrisponde al punto di Lifshitz. Sull’asse y, T ′ = (T − zJ)/J1.

103

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Appendice B

Analisi con il gruppo di

rinormalizzazione

In questa appendice vogliamo descrivere la teoria di Landau dei liquidi di Fermi

normali con l’approccio del gruppo di rinormalizzazione di Wilson, modificata

dalla presenza delle coppie di Cooper [54], [55], [56], [57], [58], [59].

L’approccio del gruppo di rinormalizzazione si basa sul fatto che le intera-

zioni fra i fermioni alla temperatura T=0 possono essere descritte attraverso

quasi-particelle libere aventi una legge di dispersione diversa da quella delle

particelle libere. Questa e infatti modificata rispetto a quella tipica delle parti-

celle libere poiche contiene un termine che deriva dal termine d’interazione fra

i fermioni “nudi”; si dice che le quasi-particelle sono vestite dalle interazioni.

Con questa sostituzione il modello risulta semplificato, poiche diventa analogo

a quello di un gas di particelle libere.

Introduciamo la lagrangiana libera di un gas di fermioni a T≈0:

L = ψ(i 6 ∂ + µγ0)ψ,

da cui otteniamo l’azione

S =∫dtd~pψ†(~p) (i∂t + µ− ε(~p))ψ(~p).

104

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Scriviamo gli impulsi nel modo seguente

~p = ~k +~l

in cui ~k e l’impulso sulla superficie di Fermi mentre ~l = l~n, con ~n vettore

unitario ortogonale alla superficie di Fermi. Scaliamo gli impulsi attraverso un

fattore s, in modo che poi, prendendo il limite s→ 0, possiamo considerare solo

le particelle che si trovano vicino alla superficie di Fermi. Pertanto scriviamo

E → sE,

~k → ~k,

~l→ s~l.

Inoltre

ε(~p)− µ→ ε(~k)− µ+ (~p− ~k) · ∂ε∂~p

∣∣∣∣∣~p=~k

= ~l · ∂ε∂~p

∣∣∣∣∣~p=~k

= lvF (k),

dove

~vF (~k) =∂ε

∂~p

∣∣∣∣∣~p=~k

e un vettore ortogonale alla superficie di Fermi. Quindi si ha

S =∫dtd~kdl ψ†(~p)(i∂t − lvF (~k))ψ(~p).

Le trasformazioni di scala inducono anche

dt→ s−1dt d3~p = d2~kdl→ sd2~kdl

∂t→ s∂t l→ sl

Il campo ψ quindi scalera come s−1/2 in modo che S scali come s0.

Introduciamo nell’azione i termini d’interazione:

105

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1. Un termine quadratico nei campi fermionici, del tipo

∫dtd2~kdl m(~k)ψ†(~p)ψ(~p), (B.1)

che scala come s−1. Potenzialmente, si tratta di un operatore rilevante,

proprio perche scala attraverso una potenza negativa di un numero che

tende a zero. Comunque, m(~p) puo essere riassorbito nella definizione di

ε(~p),

ε(~p) =√~p2 +m2,

e, di conseguenza, la B.1 non costituisce un termine aggiuntivo all’a-

zione. Questo procedimento e chiamato rinormalizzazione della massa.

Gli altri termini quadratici che si possono costruire, come, per esempio,

quelli contenenti derivate rispetto al tempo e/o fattori di l, possono an-

ch’essi essere assorbiti nella definizione di energia o sono irrilevanti, cioe

svaniscono se s→ 0.

2. Un termine quartico del tipo

∫dt

4∏j=1

(d2~kjdlj

) (ψ†(~p1)ψ(~p3)

) (ψ†(~p2)ψ(~p4)

)V (~kj)δ(~p1+ ~p2− ~p3− ~p4)

che scala come s = s−1s−4/2+4 moltiplicato per il fattore di scala della

delta di Dirac, che e pero ininfluente se si assume che

δ(~p1+~p2−~p3−~p4) = δ(~k1+~l1+~k2+~l2−~k3−~l3−~k4−~l4) → δ(~k1+~k2−~k3−~k4).

cioe che gli impulsi l siano trascurabili rispetto a k. Sotto questa ipotesi,

il termine quartico e irrilevante.

3. Operatori contenenti 2n campi fermionici, con n > 2.

Questi scalano come sn−1 e sono pertanto irrilevanti.

Nel caso dei materiali superconduttori queste considerazioni devono essere

106

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modificate. I termini quadratici possono essere ancora riassorbiti in ε(~p), ma

non e detto che gli altri possibili termini d’interazione siano ancora trascurabili.

Consideriamo un termine d’interazione con accoppiamento quartico, in cui

i due fermioni iniziali hanno impulsi ~p1 e ~p2 tali che ~p1+ ~p2 = 0. Se la superficie

di Fermi e simmetrica per parita, ipotesi che assumiamo verificata, allora si ha

che ~k1 + ~k2 = 0 e ~k3 + ~k4 = 0. Cio implica che, nel caso particolare di scattering

con momento totale nullo, si ha

δ(~p1 + ~p2 − ~p3 − ~p4) = δ(~l1 + ~l2 − ~l3 − ~l4),

che scala come s−1. Cio significa che, in questo caso, l’operatore quartico

non e piu irrilevante ma diventa marginale e, poiche non ci sono interazioni

rilevanti, puo dominare. Gli altri termini quartici con impulsi generici restano

irrilevanti.

Questo spiega il motivo per cui nei superconduttori BCS consideriamo solo

interazioni fra gli elettroni con impulso vicino a quello di Fermi e perche si

formano coppie di Cooper solo di momento totale nullo, quindi fra elettroni di

impulso opposto.

L’accoppiamento di Cooper domina sulla repulsione elettrostatica fra gli

elettroni, nonostante le coppie di Cooper abbiano un’estensione grande, pari a

104A e l’energia di legame fra gli elettroni della coppia sia dell’ordine di 10−3

eV, mentre le interazioni fra elettroni hanno energia tipicamente dell’ordine

dell’eV.

Come si e gia ricordato nel testo, l’origine di questa interazione attrattiva

a quattro elettroni risale nell’interazione elettrone-fonone nel metallo.

107

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Appendice C

Cenni sulla teoria di Eliashberg

Nella tesi e stato discusso il crossover BCS-BEC mediante il modello di Hub-

bard, in cui si considera un gas di fermioni interagenti attraverso un’interazione

istantanea a quattro fermioni. Questa semplificazione deve essere considerata

come conseguenza di una piu fondamentale interazione, non istantanea, la cui

origine, nel caso BCS, puo essere attribuita all’interazione elettrone-fonone nei

metalli, mentre, nel caso del crossover, non e stata ancora compresa dato che

non si e ancora ben capito che tipo di interazione si stabilisce negli HTSC.

In generale, si puo affermare che l’attrazione fra i fermioni deriva dallo

scambio di eccitazioni di un campo bosonico, i fononi nel caso BCS. Questa

generalizzazione introduce un ulteriore parametro nel sistema, cioe la frequenza

caratteristica ω0 delle eccitazioni bosoniche elementari. Nei superconduttori a

bassa temperatura, descritti dalla teoria BCS, ω0 e la frequenza di Debye ed

e tale da soddisfare la diseguaglianza ω0 << εF . Nel caso degli HTSC, si puo

avere sia ω0 < εF , sia ω0 > εF , poiche essi si trovano nella regione intermedia

fra i due casi limite.

Analizzeremo, di seguito, un modello semplice in cui aggiungiamo all’Ha-

miltoniana di Hubbard, trattata nella tesi, un termine di interazione elettrone-

fonone. Anche in questo caso, considereremo la densita di portatori variabile,

in modo da poter studiare il crossover BCS-BEC.

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La nuova Hamiltoniana risulta:

H = −ψ†σ(r)

(∇2

2m+ µ

)ψσ(r) +Hph(φ(r)) + gel−phψ

†σ(r)ψσ(r)φ(r)

dove Hph e l’operatore che descrive i fononi aventi legge di dispersione ω(k); r e

un vettore bidimensionale; ψ(r), φ(r) sono i campi rispettivamente fermionici e

bosonici; σ e l’indice di spin; gel−ph e la costante d’interazione elettrone-fonone.

Scriviamo l’equazione di Eliashberg per l’energia libera dell’elettrone Σ(p)

Σ(p) = igel−ph

∫ d3p′

(2π)3τ3G(p′)τ3gel−phDph(p− p′) (C.1)

dove p = (p0,p) (p e un vettore bidimensionale) e Dph(p− p′) e il propagatore

del fonone “vestito”. L’interazione nel vertice e rappresentata dalla costante

gel−ph.

All’equazione di Eliashberg, aggiungiamo l’equazione che lega il potenziale

chimico µ alla densita di fermioni nf = εFm/π

−i∫ d3p

(2π)3exp(iδp0τ3) Tr[τ3G(p0,p)] = nf δ → 0+. (C.2)

Consideriamo inoltre un propagatore per i fononi del tipo

Dph(k) =ω2(k)

k20 − ω2(k) + iδ

k = k0,k δ → 0+.

Utilizziamo il modello di Einstein, nel quale si pone ω(k) = ω0. Supponiamo

inoltre che la funzione Σ(p) sia proporzionale al parametro d’ordine φ(p), per

cui possiamo scrivere la C.1 come un’equazione per il parametro d’ordine φ,

che dipendera solo dalla freuenza p0

φ0(p0) = −ig2el−ph

∫ d3p′

(2π)3

φ(p′0)

(p′0)2 − ξ(p′)2 − |φ(p′0)|2 + iδ

ω20

(p0 − p′0)2 − ω2

0 + iδ.

(C.3)

Il sistema da studiare e ora quello composto dalle equazioni C.2 e C.3.

109

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Il parametro fondamentale che caratterizza lo spettro e il gap

∆(nf ) = |φ(p0 = 0, nf )|

.

Nel limite BCS, cioe nel limite di alte densita, si ha εF >> ω0, che implica

µ ≈ εF . Si possono presentare due casi:

• Sia ∆ << ω0.

Questa disuguaglianza e soddisfatta se

g2el−phm

2π<< 1,

cioe quando l’accoppiamento e debole. Dopo aver risolto il sistema, si

ottiene la formula

∆ = ∆BCS = 2ω0 exp

(− 2π

mg2el.ph

).

• Sia ∆ >> ω0 (caso di accoppiamenti forti).

La soluzione del sistema e

∆ = ω0

√√√√1 +

(g2

el−phm

16

)2

≈ ω0

g2el−phm

16.

Nel limite BEC, cioe a basse densita, si ha εF ,∆ << ω0. Anche in questo

caso si possono presentare due casi:

• Sia |µ| << ω0. Dal sistema di equazioni, si ottiene

∆ = 2√ω0εF exp

(− 2π

mg2el−ph

), (C.4)

µ = −ω0exp

(− 4π

mg2el−ph

)+ εF . (C.5)

110

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Dalla C.5, si vede che la condizione |µ| << ω0 e soddisfatta per

g2el−ph m

4π<< 1,

cioe nel caso di accoppiamenti deboli. Le C.4 e la C.5 possono essere

riscritte come

∆ =√

2|εweakb |εF µ = −|ε

weakb |2

+ εF

dove

εweakb = −2ω0 exp

(− 4π

mg2el−ph

). (C.6)

Le due equazioni scritte sono simili a quelle trovate con il modello di

Hubbard, in cui si assumeva un’interazione istantanea. Pertanto possia-

mo attribuire a εweakb lo stesso significato di εb, cioe quello di energia dello

stato legato, che si forma in conseguenza dell’interazione fra elettrone e

fonone. La differenza sta nel fatto che questa relazione ottenuta qui e

valida solo in condizioni di bassa densita e accoppiamenti piccoli. Questo

significa che, come gia annunciato in precedenza, il ritardo dell’intera-

zione puo essere trascurato solo in queste condizioni, in cui si ottengono

gli stessi risultati. Al crescere di εF , pero, il ruolo del ritardo diventa

decisivo e valgono altre relazioni.

• sia µ >> ω0 (accoppiamento forte).

Otteniamo la seguente soluzione del sistema:

∆ = 2

√√√√ω0 coth

(4π

g2e l − phm

)εF

µ = −ω0 coth

(4π

g2el−phm

)+ 2εF coth2

(4π

g2el−phm

).

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Le riscriviamo nel modo seguente

∆ =√

2|εstrongb εF µ = −|ε

strongb |2

+ 2εF coth2

(4π

g2el−phm

),

con

εstrongb = −2ω0 coth

(4π

mg2el−ph

)≈ −ω0

mg2el−ph

2π. (C.7)

Valgono quindi le stesse analogie trovate nel limite di accoppiamento

debole.

Utilizzando la definizione in C.6, possiamo riscrivere la soluzione trovata

nel limite BCS per accoppiamenti deboli nel modo seguente:

∆ =√

2|εweakb |ω0.

I risultati ottenuti possono essere cosı riassunti:

∆(εF ) =

2|εweakb |εF per εF << ω0 (ritardata)√

2|εphb |ω0 per εF >> ω0 (non ritardata)

dove εphb coincide con εweak

b nel caso di accoppiamento debole e con εstrongb nel

caso di accoppiamento forte.

112

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Ringraziamenti

Ringrazio il Prof. G. Nardulli per avermi seguito durante la mia attivita di

tesi, per avermi aiutato, sostenuto e motivato in questo lavoro, con utili consigli

oltre a efficaci chiarimenti.

Ringrazio il Prof. M. Pellicoro per avermi seguito durante la mia attivita

di tirocinio e per la disponibilita dimostrata durante tale periodo.

Ringrazio il Dr. D. Marinazzo per i numerosi confronti, che mi hanno aiu-

tato a superare agevolmente le difficolta e i dubbi che si presentavano durante

il tirocinio, sia riguardanti la programmazione, sia l’interpretazione dei risul-

tati ottenuti. Rigrazio il Dr. N. Ippolito per la sua gentile disponibilita ad

ogni richiesta di informazioni e consigli per l’organizzazione del mio lavoro.

In conclusione di questo ciclo di cinque indimenticabili anni, un particolare

ringraziamento va alla mia famiglia e a tutti gli amici che qui ho conosciuto e

che hanno contribuito in maniera decisiva a rendere cosı bella ed entusiasmante

questa esperienza, soprattutto per la stima e l’affetto che tutti loro mi hanno

sempre dimostrato.