Terra e vita 8 2016 lo re

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2 n. 8-2016 26 febbraio SPECIALE L’AGRICOLTURA BIOLOGICA CONVIENE terra vita SUPERFICI E CONSUMI Oltre ogni più rosea aspettativa, il bio cresce senza soste Tutte le condizioni per consigliare la conversione a questo metodo di produzione di Roberto Pinton - Assobio D opo meno di quattro mesi dall’entrata in vigore del Reg. Cee n.2092/1991 (e ben prima che in Italia fosse istituito il sistema di controllo: i decreti furono pubblicati solo due anni dopo) nel novembre del 1991 l’Onu orga- nizzò a Vienna una conferenza internazionale sull’agricoltura biologica. Il boom delle superfici Nel suo intervento Bernward Geier espres- se l’obiettivo dell’Ifoam, la federazione inter- nazionale delle associazioni biologiche di cui all’epoca era segretario, di arrivare a un peso del 20% dell’agricoltura mondiale. Qualche funzionario delle organizzazioni internazio- nali sorrise con indulgenza, anche qualche responsabile delle associazioni fece un salto sulla sedia. Venticinque anni dopo, l’Ifoam associa 787 organizzazioni in 119 Paesi, più di 80 Paesi hanno già introdotto un quadro normativo sulla produzione biologica e una ventina è nella fase di adozione, Russia compresa. La superficie agricola biologica supera il 30% di quella complessiva nei minuscoli Lie- Una scommessa stravinta chtenstein e Isole Falkland, ma pesa già per il 20% nella non minuscola Austria, è sopra al 15% in Svezia ed Estonia, supera il 10% in un’altra decina di Paesi, tra cui Italia, Svizzera, Repubblica Ceca, Lettonia e Finlandia. Un mercato che tira Il mercato mondiale è stimato in oltre 80 mi- liardi di dollari (gli aggiornamenti vengono re- si noti nel corso della fiera internazionale Bio- fach di Norimberga, tenuta questo febbraio). Nel 2014 le vendite di prodotti biologici in Germania hanno sfiorato gli 8 miliardi di euro e nei primi 6 mesi del 2015 sono aumentate dell’8,4% . In Francia, sempre nel 2014, l’assi- cella aveva raggiunto quota 5 miliardi (+466 milioni sul 2013). Quasi sette franchi su 100 spesi in Svizzera per prodotti alimentari ri- guardano prodotti biologici (con una spesa pro capite pari a 210 EUR nel 2015), la spesa media in Danimarca è di 163 EUR/anno. Nel 2014 il mercato ha superato il valore di 2 miliardi di real in Brasile (circa 500 milioni EUR, +35% sul 2013); per lo stesso anno è stato stimato in 7,3 miliardi di eur in Cina, Paese che registra una crescita esponenziale, al punto di spingere le imprese locali a guardare all’e- stero: a fine gennaio il vice ministro kazako dell’agricoltura, Gulmira Isayeva ha annun- ciato investimenti cinesi nel settore biologico per 1,74 miliardi di dollari nella produzione di carne di manzo e agnello, miele, trasformati del pomodoro, farine e altro. E in Italia? I dati Nielsen sulle vendite nella grande distri- buzione italiana che AssoBio ha presentato in un affollato convegno al salone Marca di Bologna di metà gennaio fotografano per il 2015 il tasso di crescita più elevato degli ul- timi dieci anni: un rotondo +20% che porta il biologico a pesare il 2.9% delle vendite ali- mentari in iper e supermercati, per un valo- re di 873 milioni, a cui ne vanno aggiunti 862 generati nel canale specializzato (circa 180 Superfici biologiche in alcuni paesi 40 35 30 25 20 15 10 5 0 Roberto Pinton. Fonte: FederBio. Falkland/Malvinas Liechtenstein Austria Svezia Estonia Svizzera Guyana francese Italia Repubblica Ceca Lettonia

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2 n. 8-2016 26 febbraio

SPECIALE L’AGRICOLTURA BIOLOGICA CONVIENE

terra vita

SUPERFICI E CONSUMI Oltre ogni più rosea aspettativa, il bio cresce senza soste

Tutte le condizioni per consigliare la conversione a questo metodo di produzione

di Roberto Pinton - Assobio

Dopo meno di quattro mesi dall’entrata in vigore del Reg. Cee n.2092/1991 (e ben

prima che in Italia fosse istituito il sistema di controllo: i decreti furono pubblicati solo due anni dopo) nel novembre del 1991 l’Onu orga-nizzò a Vienna una conferenza internazionale sull’agricoltura biologica.

Il boom delle superficiNel suo intervento Bernward Geier espres-se l’obiettivo dell’Ifoam, la federazione inter-nazionale delle associazioni biologiche di cui all’epoca era segretario, di arrivare a un peso del 20% dell’agricoltura mondiale. Qualche funzionario delle organizzazioni internazio-nali sorrise con indulgenza, anche qualche responsabile delle associazioni fece un salto sulla sedia.Venticinque anni dopo, l’Ifoam associa 787 organizzazioni in 119 Paesi, più di 80 Paesi hanno già introdotto un quadro normativo sulla produzione biologica e una ventina è nella fase di adozione, Russia compresa.La superficie agricola biologica supera il 30% di quella complessiva nei minuscoli Lie-

Una scommessa stravintachtenstein e Isole Falkland, ma pesa già per il 20% nella non minuscola Austria, è sopra al 15% in Svezia ed Estonia, supera il 10% in un’altra decina di Paesi, tra cui Italia, Svizzera, Repubblica Ceca, Lettonia e Finlandia.

Un mercato che tiraIl mercato mondiale è stimato in oltre 80 mi-liardi di dollari (gli aggiornamenti vengono re-si noti nel corso della fiera internazionale Bio-fach di Norimberga, tenuta questo febbraio).Nel 2014 le vendite di prodotti biologici in Germania hanno sfiorato gli 8 miliardi di euro e nei primi 6 mesi del 2015 sono aumentate dell’8,4% . In Francia, sempre nel 2014, l’assi-cella aveva raggiunto quota 5 miliardi (+466 milioni sul 2013). Quasi sette franchi su 100 spesi in Svizzera per prodotti alimentari ri-guardano prodotti biologici (con una spesa pro capite pari a 210 EUR nel 2015), la spesa media in Danimarca è di 163 EUR/anno. Nel 2014 il mercato ha superato il valore di 2 miliardi di real in Brasile (circa 500 milioni EUR, +35% sul 2013); per lo stesso anno è stato stimato in 7,3 miliardi di eur in Cina, Paese che registra una crescita esponenziale, al punto di spingere le imprese locali a guardare all’e-stero: a fine gennaio il vice ministro kazako dell’agricoltura, Gulmira Isayeva ha annun-ciato investimenti cinesi nel settore biologico per 1,74 miliardi di dollari nella produzione di carne di manzo e agnello, miele, trasformati del pomodoro, farine e altro.

E in Italia?I dati Nielsen sulle vendite nella grande distri-buzione italiana che AssoBio ha presentato in un affollato convegno al salone Marca di Bologna di metà gennaio fotografano per il 2015 il tasso di crescita più elevato degli ul-timi dieci anni: un rotondo +20% che porta il biologico a pesare il 2.9% delle vendite ali-mentari in iper e supermercati, per un valo-re di 873 milioni, a cui ne vanno aggiunti 862 generati nel canale specializzato (circa 180

Superfici biologiche in alcuni paesi

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Roberto Pinton.

Fonte: FederBio.

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supermercati interamente biologici e un mi-gliaio di punti vendita di dimensioni minori), 580 milioni in altri canali (negozi tradizionali, farmacie, erboristerie, vendite dirette ), oltre 300 milioni nel food service (dal 2000 è obbli-gatorio l’uso di prodotti biologici nelle mense scolastiche) e un export che per il 2014 ICE e Nomisma hanno certificato in 1,4 miliardi (+13%, per un peso del 4,2% di tutte le espor-tazioni agroalimentari italiane).Le aziende agricole biologiche della Ue sono ora circa 250.000 (di cui circa 50mila in Italia), allevano oltre 3 milioni e 200mila bovini (più di 220 mila in Italia nel 2014), 33 milioni di capi di pollame (equamente suddivisi tra broiler e ovaiole, 3 milioni e mezzo in Italia), oltre un milione di suini (50 mila da noi).Dall’analisi dei dati del censimento agricolo svolta da Rete Rurale emerge che in 55 co-muni italiani la Sau bio pesa oltre il 60% di quella totale. 15 comuni, tutti al nord, sono ol-tre l’80%, con in testa i piccoli Rhêmes Notre Dame (nel Parco nazionale del Gran Paradiso, Ao) con l’intera Sau bio, seguito da Lardirago (Pv) 99.5%, Veddasca (Va) 98.8% e Introbio (Lc) dove 10 aziende coltivano il 95.4% del territorio. In 41 comuni il numero delle azien-de biologiche supera le 100 unità: sono 446 a Noto (SR), 242 a Corigliano Calabro (CS), 241 a Poggio Moiano (RI). Insomma, a un peso del 20% sul totale dell’agricoltura il comparto biologico non è ancora arrivato - d’altra par-te l’arguto Geier aveva dichiarato l’obiettivo senza specificarne la scadenza-, ma la tesi sembra sempre meno spericolata e a nes-suno conviene scommettere sul contrario.

Le prospettive per i produttoriLe organizzazioni agricole generaliste sono state inizialmente guardinghe nei confronti dei produttori biologici: esprimevano carat-teristiche diverse da quelle con cui erano da sempre abituate a confrontarsi (il 22% degli agricoltori biologici italiani ha meno di 40 an-ni , contro il 9% del totale, quasi il 30% delle

aziende è condotto da donne, il 49% dei con-duttori ha una laurea o un diploma; il 17% svol-ge attività connesse, il 15.6% è computeriz-zato, il 10.7% ha un sito internet, il 5,2% vende on-line: dati da quattro a sette volte superiori alla media degli agricoltori italiani). Sembra che ora non possano che confrontarsi se-riamente con questo fenomeno sempre più in espansione e promettente. Non è un caso che a dicembre Matteo Bartolini, già presi-dente del Ceja (giovani agricoltori europei) e membro della direzione nazionale CIA sia stato eletto vicepresidente della federazione interprofessionale FederBio, al cui interno è stato chiamato a occuparsi principalmente di aggregazione del mondo della produzione e delle relazioni con gli altri attori delle filiere. E non è un caso che un altro vicepresidente sia Andrea Bertoldi, coordinatore della sezione biologica dell’Alleanza cooperative italiana.

Che fare?Condizioni tecniche assai migliori rispetto a qualche decennio fa, prospettive concrete di una domanda che continuerà ad aumentare, prezzi interessanti (quelli degli ortofruttico-

li sono pubblicati ogni settimana su Terra e Vita, quelli di cereali e proteoleaginose sono facilmente accessibili), integrazioni PAC -per quanto articolate nelle diverse regioni - altret-tanto interessanti, aziende che, invece di inve-stire in pubblicità per vendere i propri prodotti, investono per cercare fornitori, ai quali garan-tiscono esperienza, buone referenze da parte dei partner già in filiera, servizi, assistenza tec-nica e ritiro delle produzioni a prezzi chiari…Vien davvero da chiedersi se sono più “stra-ni” gli agricoltori biologici o quelli che conti-nuano a non voler approfondire l’opportunità della conversione. n

Prezzi di alcune commodities biologiche (4 febbraio 2016)

Prodotto

Borsa Ass. ne Granaria Milano

Borsa Ass. ne Granaria Emiliana Romagnola

AGER BolognaConvenzionale Biologico Convenzionale Biologico

Grano tenero 206 378 220 390Grano duro 268 395 245 391Orzo 183 272 184 263Mais 178 315 173 301Farro NQ NQ 248 500Favino NQ NQ NQ 325Soia 345 707 348 680

FILIERA E SOSTENIBILITÀ, LE SFIDE VINTE

La domanda di prodotti bio-logici è in costante crescita. Nei soli supermercati nel 2015 sono state vendute uo-va biologiche per 61 milioni (+8.4% rispetto al 2014), frutta a peso imposto per 42 (+12,4%), pasta di semola per 37 (+29,1%), alimenti a base di soia per 35 (+ 37,3%), ortaggi a peso imposto per 30 (+8,3%), latte fresco per 29 (+4,3%), yogurt per 37 (+16,8%). Uova , pasta, latte e yogurt che alle spalle hanno pascolo, ma anche mais, so-ia, frumento duro, orzo.Nature ha appena pubblica-to una rassegna sistematica della Washington State Uni-versity sulle ricerche pubbli-cate negli ultimi 40 anni (“Or-ganic Agriculture in the 21st Century”). Le conclusioni? Per la scienza l’agricoltura biologica è in grado di produr-re buone quantità, di essere redditizia per gli agricoltori, di proteggere e migliorare le condizioni dell’ambiente e della salute degli addetti. Ri-sponde meglio delle tecniche convenzionali in presenza di andamenti siccitosi, ottimiz-za la qualità del suolo e ne riduce l’erosione.

Rispetto dell’ambiente e del suolo: obiettivo originario di un metodo produttivo che oggi è diventato una decisiva chance commerciale.