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musica & terapia numero 18 direttore editoriale Gerardo Manarolo comitato di redazione Claudio Bonanomi Massimo Borghesi Ferruccio Demaestri Bruno Foti Alfredo Raglio Andrea Ricciotti segreteria di redazione Ferruccio Demaestri comitato scientifico Rolando O. Benenzon Università San Salvador, Buenos Aires, Argentina Michele Biasutti Università di Padova Leslie Bunt Università di Bristol, Gran Bretagna Giovanni Del Puente Sezione di Musicoterapia, Università di Genova Denis Gaita Psichiatra, Psicoanalista, Milano Franco Giberti Psichiatra, Psicoanalista, Università di Genova Edith Lecourt Università Parigi V, Sorbonne, Francia Luisa Lopez Fondazione Mariani, Milano Giandomenico Montinari Psichiatra, Psicoterapeuta, Genova Pier Luigi Postacchini Psichiatra, Neuropsichiatra Infantile, Psicoterapeuta, Bologna Oskar Schindler Ordinario di Foniatria, Università di Torino Frauke Schwaiblmair Istituto di Pediatria Sociale e Medicina Infantile, Università di Monaco, Germania Segreteria di redazione: Ferruccio Demaestri • C.so Don Orione 7, 15052 Casalnoceto (AL) tel. 347/8423620

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musica & terapianumero

18direttore editorialeGerardo Manarolo

comitato di redazioneClaudio BonanomiMassimo Borghesi

Ferruccio DemaestriBruno Foti

Alfredo Raglio Andrea Ricciotti

segreteria di redazioneFerruccio Demaestri

comitato scientificoRolando O. Benenzon

Università San Salvador, Buenos Aires, Argentina

Michele BiasuttiUniversità di Padova

Leslie Bunt Università di Bristol, Gran Bretagna

Giovanni Del PuenteSezione di Musicoterapia,

Università di Genova

Denis GaitaPsichiatra, Psicoanalista, Milano

Franco GibertiPsichiatra, Psicoanalista,

Università di Genova

Edith Lecourt Università Parigi V, Sorbonne, Francia

Luisa LopezFondazione Mariani, Milano

Giandomenico MontinariPsichiatra, Psicoterapeuta, Genova

Pier Luigi Postacchini Psichiatra, Neuropsichiatra

Infantile, Psicoterapeuta, Bologna

Oskar SchindlerOrdinario di Foniatria, Università di Torino

Frauke SchwaiblmairIstituto di Pediatria Sociale

e Medicina Infantile, Università di Monaco, Germania S

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pag 1Editoriale

pag 2Musica e terapia: alcune riflessioni storicheStefano A. E. Leoni

pag 9Musicoterapia e riabilitazione cognitiva nella schizofrenia: uno studio controllatoE. Ceccato, P. A. Caneva, D. Lamonaca

pag 20Suonare e cantare, tra quotidianità e arte, dalla semiologia alla musicoterapiaRoberto Bolelli

pag 26Quale musicoterapia nella scuola primaria?Claudio Massola, Antonio Capelli, Karin Selva, Francesca Bottone, FerruccioDemaestri

pag 31A Volte i pesci cantano… Musicoterapia e sordità: un esperienzadi lavoro con bambini “diversamente” udentiFranco La Placa

pag 37Alice: percorso sonoro tra improvvisazione e composizioneDario Bruna

pag 43Musicoterapia per operatori sanitariGiuseppe D’Erba, Raul Quinzi

pag 47Viaggio attraverso la memoriaRoberto Prencipe

pag 55Recensioni

pag 58Notiziario

pag 60Articoli pubblicati sui numeri precedenti

sommario

18numero

Cosmopolis s.n.c.Corso Peschiera 320

10139 Torino011 710209

L’abbonamento a Musica & Terapia è di Euro 18,00 (2 numeri).L’importo può essere

versato sul c.c.p. 47371257intestato a

Cosmopolis s.n.c.,specificando la causale

di versamento el’anno di riferimento

progetto grafico

Harta Design, Genova

Paola Grassi

Roberto Rossini

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editor

iale

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musica

& terapia

Il diciottesimo numero di Musica et Terapia rac-coglie diversi contributi presentati in occasionedella giornata di studi "Musica, Psiche e Processidi Cura" tenutasi a Genova il 10/5/2008, pressoCasa Paganini, e organizzata dal Corso triennaledi Musicoterapia in collaborazione con Casa dellaMusica e Casa Paganini.Stefano Leoni introduce una riflessione storicasul rapporto tra la dimensione musicale e quellaterapeutica ponendo a confronto gli aspetti cul-turali, estetici ed antropologici con quelli piùstrettamente scientifici. Il successivo contributo(Ceccato, Caneva, Lamonaca) presenta un impor-tante ricerca volta ad evidenziare, su di un pianoquantitativo, gli esiti di un trattamento musico-terapico sulle disfunzioni cognitive connesse allaschizofrenia. Sottolineo l'importanza di questostudio e di ricerche analoghe in quanto confron-tano con successo la nostra disciplina con cate-gorie scientifiche di tipo naturalistico.La giornata di studi "Musica, Psiche e Processi diCura" ha ospitato nel pomeriggio la testimonian-za professionale di colleghi musicoterapisti diplo-mati presso il corso di musicoterapia dell'Apim;gli articoli che seguono rappresentano diversipercorsi formativo-professionali, declinati in dif-ferenti ambitio d'intervento, ma accomunati dauna omogenea matrice culturale. Roberto Bolelli descrive il suo formarsi alla musica,alla musicoterapia e gli ambito operativi (psichia-tria, stati vegetativi) dove declina il suo operare.Claudio Massola (con i colleghi della cooperativa"il giardino sonoro": Capelli, Selva, Bottone,Demaestri) affronta sotto il profilo teorico-meto-dologico la specificità dell'approccio musicotera-pico in ambito scolastico. Franco La Placa raccon-ta, coinvolgendoci, il suo incontro umano e pro-fessionale con il mondo della sordità. Dario Brunapresenta un interessante e originale esperienzamusicoterapica centrata sull'elaborazione di unprodotto musicale a partire da un contesto imp-provvisativo. Giuseppe D'Erba e Raul Quinzi, infer-mieri professionali presso un centro di salute men-tale, trattano di un'esperienza di musicoterapia digruppo indirizzata al trattamento del burnout erivolta a operatori psichiatrici. Roberto Prencipedescrive infine un percorso musicoterapico rivoltoad anziani affetti da patologie psicoinvolutive. G

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Man

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In the past, music had been conceived like an in-strument of reflection, at the level of the micro-cosm, of a universe that follows cosmologicallaws and the musical language constituted the-refore a favored means in order to comprise the-se laws better, and the intellect that is hiddenbehind of they. These ideas were used as a basisof musical practice as an "healing force", givingorigin to narrations and to metanarrations, that"tell us" the music' skill in producing changes; toseveral levels and with diachronic persistence.The point of departure of this short speech, getthe move from the fundamental mythogema thatin the West has guaranteed these characteristicsof music: the Orphean vicissitude. The arrivalpoint is that which I would call "nineteen centurypositivistic pre-musicotherapy", in its possiblerunning fall on.

Nel 1919 venne istituito il primo corso di musico-terapia presso la Columbia University e nel 1944il Michigan State College inaugurò un corso del-la durata di quattro anni per la formazione dispecialisti in musicoterapia. Da allora inizia la sto-ria della moderna musicoterapia, termine ancoradifficile da definire univocamente, se non, in mo-do assai generico, come una disciplina terapeuti-ca che, applicata in diverse patologie e con diver-se modalità, aspira al miglioramento della vita delpaziente attraverso l'utilizzazione - a vari livelli ea vario titolo - della musica. In passato la musica era stata concepita come unostrumento di rispecchiamento, a livello del micro-cosmo, di un universo che segue leggi cosmologi-che e il linguaggio musicale costituiva dunque unmezzo privilegiato per comprendere meglio que-ste leggi, e l'intelligenza che si cela dietro di esse. Questi concetti erano alla base della pratica dellamusica come “forza guaritrice”, dando origine anarrazioni, a metanarrazioni, sovente leggendarieo mitiche, talora più circostanziatamente docu-

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musica

& terapia

Nel 1919

venne istituito

il primo corso

di musicoterapia

presso

la Columbia

University

e nel 1944

il Michigan State

College inaugurò

un corso

della durata

di quattro anni

per la formazione

di specialisti

in musicoterapia

Musica e terapia: alcune riflessioni storiche

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rotante e rombante concui i Titani han ingan-nato Dioniso fanciullo el'hanno fatto a brani(diéspasan), così comevien riferito che lo stes-so Orfeo disse!2

Il famoso Orfeo, l'Onomaklyton Orphen di Ibico,che sa generare il furor negli altri uomini, persubita dementia, a sua volta per tantus furor haperso la sua amata e sé stesso [Quis et me ... mi-seram et te perdidit, / Opheu, quis tantus furor?(Virg. Geor. IV, 494-5)]; Cum flagrantior intimafervor pectoris ureret: ...vidit, perdidit, occidit.(Ma poi, ardendogli nell'intimo del cuore / unapassione troppo bruciante, / né riuscendo la mu-sica che tutto aveva soggiogato / a consolare lui,che pur ne era l'autore .../ Ohimé, ormai quasifuori dalla dimora tenebrosa, / Orfeo guardò lasua Euridice, / e così la perse e lui stesso perì”, co-me scrive Boezio).Un'eredità musicale e poetica che sta allora anchenegli ipnotici galliambi del Carme LXIII di Catul-lo3: un coribantismo fatto di ritmo snervante edissociato, di onomatopee percussive che celebraCibele e ne è terrorizzato. Non è facile capire chiè chiamato dalla divinità e chi è salvato e dovestia la vera salvezza. Un'apoteosi della forza, del-la potenza della musica, ma pure della sua vio-lenza: certo in tutt'altro stile, con tutt'altra dina-micità di quanto si legge in Ovidio. E certo è chela potenza di questo rito “sonoro” è spaventevo-le, più forte ancora dei mirabilia orfici: tant'è cheil carme si chiude con uno scongiuro: “De˘a˘ma¯gna˘, de˘a˘ Cÿbe¯lle¯, de˘a˘ do˘mi˘na˘Di¯ndÿmei¯ / pro˘cu˘l a¯ me˘a¯ tu˘u¯s si¯t fu˘ro˘ro¯mni˘s, e˘ra˘, do˘mo¯: / a˘li˘o¯s a˘ge i¯nci˘ta¯to¯s,a˘li˘o¯s a˘ge˘ ra˘bi˘do¯s.”4

Il mitogema orfico allude alla materialità sonora,prediscorsiva, e presemantica della parola. Qui le“voci sono vive vibrazioni corporee che sommer-gono gli altri corpi con modulazioni musicali co-

mentate, che “ci dico-no” della capacità dellamusica di produrre cam-biamenti, a vari livelli econ costanza diacronica:pensiamo anche solo al-l'esempio cageano.Il punto di partenza di questo nostro brevissimodiscorso, prende le mosse allora dal mitogemafondamentale che in Occidente ha garantito que-ste caratteristiche della musica: la vicenda orfica.Il punto di arrivo è quella che - mi si consenta diconiare questo termine - chiamerei “pre-musico-terapia positivistica ottocentesca”, nelle sue rica-dute successive possibili.E su questi due poli focalizzerei la mia attenzione.

1. Come è morto Orfeo? Non da chi è stato ucci-so; lo si sa: ma come. Le armi e le pietre lanciatecontro di lui dalle Menadi (o le donne di Tracia, ole donne dei Ciconi, come canta Ovidio) non rie-scono a ferire il mitico cantore, giacché vinte dalsuono della voce e della lira, “cresce la guerra fe-roce, se ne va la misura, regna la folle Erinni. Tut-te le armi sarebbero state addolcite dal canto, mail grande clamore e i flauti berecinzi con la cannamozza, i timpani, i colpi sul petto, le urla bacchi-che, coprirono il suono della cetra, e alla fine lepietre si arrossarono del sangue del poeta non piùascoltato (non exauditi ... vatis).”1

La potenza del suono orfico, è ben noto, sovrastale cose e gli esseri del mondo della luce e degli In-feri, ma è ancora il suono, il suono di un dio a Or-feo così vicino eppure a lui tanto fatale, Dioniso, acoprire, a sovrastare il canto del poeta, del civiliz-zatore, dell'inviato di Apollo, il dio del logos che sifa musica, è il suono a vincere, senza l'ausilio del-la parola “che dice”, della parola “che spiega”, del-la parola “che evoca”: solo il suono come energiaprimitiva e terrificante, il suono di donne ebbre.Non pare un caso che tra i simboli dell'iniziazioneai misteri dionisiaci ci sia il ròmbos, il giocattolo

La potenza del suonoorfico, è ben noto,sovrasta le cose e gliesseri del mondo dellaluce e degli Inferi

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strazioni musicali, e il tentativo, magari talvoltagoffo, ma sicuramente ricco di interesse e di pro-spettive recuperate solo in tempi a noi assai vici-ni, di fornire spiegazioni sperimentali e “strumen-tali” di queste risposte.Nel “Trattato dell'influenza della musica sul corpoumano” di Pietro Lichtenthal, tradotto dal tedescodall'autore e pubblicato in Milano nel 1811, si leg-ge, ad esempio, là dove l'autore tratta il tarantismo:“Ci prova quindi il sig. Kähler non essere altro que-sta malattia, che una specia particolare d'ipocon-dria e d'isteria, e dà queste ragioni. 1° Che similemalattia domina a Taranto sopra una sponda delmare Adriatico, la quale grande e popolata città èla più sudicia e più impura di tutto il regno di Na-poli. 2° Che il nutrimento degli abitanti consiste inpoche erbe, e molti legumi, principalmente fave episelli. 3° Che le donne si muovono poco di casa,mentre gli uomini hanno per lo più i loro affari invilla, onde fra mille donne appena trovasi un ma-schio, che abbia tal malattia. 4° Che se l'ha un uo-mo è certo ch'egli menò pure una vita sedentaria.5° Che forestieri o viaggiatori non vengono maiattaccati da tale malattia. 6° Non esservi mai pro-vato che la tarantola mordesse: pregiudizio questodel popolo. 7° La tarantola non soggiorna nellecase, ma nella campagne e sulla terra. 8° Si dannoanche tarantole in Toscana, Romagna, e parte diLombardia, nè si ode parlare di tarantismo. 9° So-gliono gli ammalati ballare a una stessa stagionecioè dal fine di giugno a tutto luglio.Tali sono i motivi allegati dal sig. Kähler; chiun-que può verificarli.[...]”6

Con Lichtenthal il tarantismo passa dunque dal-l'essere considerato un caso eclatante di melote-rapia a qualcosa di più complesso, di più vicinoalla possessione, alla crisi, alla trance. Una tesisposata, ampiamente dibattuta e circostanziata,in tempi più recenti, da Gilbert Rouget.7

Come la mitica Argia sarda, variante del modellopugliese tale da rappresentare un rituale del tut-

me un dono seducente, dolce, irresistibile, perico-loso, e talvolta letale.” 5

Un lungo cammino che è partito dalla parola, dal-la parola che è discorso comprensibile, vicina ilpiù possibile alla frase del linguaggio, e che ègiunto, attraverso un distacco sempre crescentetra canto e parola “parlante” e un continuo ten-dere all'acuto, al grido e al suo inverarsi nel rap-porto non più con il “discorso” musicale, ma conil silenzio. Una tensione al grido, alla “acutizza-zione” del canto, che porta all'indifferenziazionetra umano ed animale che rovescia il mito orfico.In chiave paradisiaca questa indifferenziazionetra umanità e animalità è in rapporto con la ri-nuncia alla parola: Orfeo con il suo canto comu-nicava con gli animali e gli angeli comunicano traloro senza l'intermediazione della parola.Forse la stessa storia dell'Opera, e di tanta musicapopular, è la storia del recupero del dionisiaco, delcoribantico attraverso il grido inarticolato e laperdita dei nessi sintattico- narrativi della parolacantata e il suo riempimento (del grido) di porta-ti emotivi di altissimo grado, una storia di désap-prentissage progressivo del mito di Orfeo in fun-zione “anti-culturale”, verso una jouissance che èriappropriazione della mania greca anche in pro-spettiva depurativa.

2. Certo è che valutazioni di questo tipo non era-no ritenute soddisfacenti a partire dall'Epoca deiLumi, e soprattutto nel pieno Ottocento legatoalle istanze positivistiche che, anche in questoambito, hanno teso a ragionare sull'aspetto della“misurabilità” dell'effetto musicale, sui suoi ri-scontri oggettivi rilevabili da strumenti; quasi adare una spiegazione, ancora fortemente venatadi meccanicismo, degli effetti della musica, iso-landone peraltro la sintomatologia fisiologicaconnessa all'aspetto emozionale.L'Ottocento, specie italiano, vive tra posizioni ar-ticolate che delegano ad ancora indefinite pato-logie “psichiche” le risposte eclatanti a sommini-

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rioso (non certo di un testo scientifico si tratta)una serie di autori (tra tutti Brocklesby e Camp-bell) che hanno testimoniato, in ambiti senz'altro“seri”, accademici, gli effetti della musica sul cor-po. Proprio come nel titolo del trattatello di Lich-tenthal, questo medico ungherese trasferitosi aMilano dove si impegnò a diffondere la musicamitteleuropea, si dedicò alla composizione, orga-nizzò concerti e trascrisse molte pagine mozartia-ne. Come scrisse Claudio Sartori “Molte sono lestrade che conducono alla musica. [...] PietroLichtenthal scelse la via della medicina”.

Il nostro cita tra l'altro il proprio maestro, Frank(Polizia medica tomo III)9 che pare perfino antici-pare alcune idee di fine Ottocento (ben “volgariz-zate”, per esempio, nell'articolo di Ricardo Becer-ro su “La ilustración española y americana” del 15marzo 1897) unite, come nel caso dell'introduzio-ne storica dello stesso trattatello di Lichtenthal,alle considerazioni armonico-simboliche-passio-nali già viste in passato: “Hanno i medici de' lorogiornali notato più accidenti di malattie guaritedall'incanto della musica, e l'effetto di lei sopra inervi sensibili è così evidente, che la circolazione etraspirazione alterate dallo stato spasmodico delleparti solide vengono col più gran pro del nostrocorpo in breve riordinate. Ma la forza di eccitarepassioni, che in essa riconobbe la più alta antichi-tà, è quella che debbe moverci a rendere giovevo-le agli uomini questo divino rimedio”. Lo stessoLichtenthal, chiudendo l'Introduzione afferma:“Trattanto a noi sembra potersi conchiudere colcel. Tissot10, che l'impressione della musica nel si-stema nervoso appaia sì chiaro da non lasciar dub-bi intorno alla sua influenza sulla salute, e alla suaefficacia di guarire molte malattie, e in ispecie lenervose. È da bramarsi, che se ne faccia più fre-quente uso ne' diversi generi di mania, e nelle co-sì dette malattie de' letterati; che senz'altro se nepotrebbero promettere effetti migliori di tutto illezzo della farmacia, dal quale vengono con tanta

to autonomo, la Tarantola si collega strettamentead un'impresa esorcistica divenendo un animalesimbolico se non mitico. Malgrado prese di posi-zione quali quella di Lichtenthal, autori ottocen-teschi mescolano positivismo e tradizione mille-naria relativa ai “poteri” della musica per collega-re ragni, o insetti in generale, e musica. Guy Ca-dogan Rothery (1863-1910) che scrisse libri sul-l'araldica e sulle Amazzoni e probabilmente nonsfigurerebbe in qualche trasmissione televisiva tracerchi nel grano, piramidi e Graal, in “The powerof music and the healing art”, afferma:“With regard to the peculiar impressionability oflower animals to music, though readers may notcare to accept all that has been written on thesubject, there is no reason, indeed, no room, forbetraying an inclination to sweeping scepticism.Many curious facts have been repeatedly obser-ved and recorded by trustworthy authors. Its ef-fect on lizards, spiders, and some other smallcreatures, is noteworthy...”.Disquisendo peraltro su varî accidenti, compresiavvelenamenti da morso, lenibili con la musica:“Il dottor David Campbell raccomanda la musica,in modo specialissimo per i disturbi nervosi e ce-rebrali in quanto aiuta a calmare ed accelera pu-re la circolazione sanguigna, rimuovendo in talmodo ogni eccesso di pressione nel cervello [Dis-quisitio inauguralis de Musices effectu in dolori-bus leniendis aut fugandis", per David Campbell,M.D. Edinburgh, 1777]; il Dott. Bourdelot di Pari-gi lo ha preceduto in tale indicazione ["Traité deMusique" par le Docteur Bourdelot, Paris]. Perqueste stesse ragioni la musica è stata raccoman-data per l'apoplessia [David Campbell]; per le feb-bri (nervose intermittenti e contagiose) [Broc-klesby e Steinbeck]; per l'idrofobia [Campbell eSteinbeck]; per i morsi di insetti e serpenti vele-nosi [Campbell, Mead, Steinbeck, Grube, Baglivi,Hoffman, etc.]...”. 8

Questo è il punto. Si citano, siamo nel 1918 circa,in questo libro rivolto ad un pubblico colto e cu-

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L'uso della musica rientra nelle componenti dia-logiche della “cura morale”, propugnata in tuttala prima metà dell'ottocento dalla scuola parigi-na della Salpêtrière (Pinel, Esquirol, Leuret). Cesa-re Vigna segue attivamente questo filone, promo-vendo, sia a San Servolo che a San Clemente, unasorta di “musicoterapia” ante litteram. Negli annicinquanta collabora alla “Gazzetta musicale lom-barda” e stringe una profonda amicizia con Giu-seppe Verdi. In diverse pubblicazioni si occupa dimusica considerandola anche nelle sue relazionicon il “fisico” e con il “morale” dell'uomo. L' “in-fluenza morale e fisiologica della musica sul si-stema nervoso” può, secondo Vigna, essere “retta-mente usata nella cura della psicopatia”. La musi-ca, agendo contemporaneamente sul “fisico” e sul“morale” dell'uomo - sull' “elemento nervoso” esull' “elemento psichico” - rappresenta quindi unprezioso supporto delle cure sia fisiche che mora-li della pazzia (“Intorno alle diverse influenze del-la musica sul fisico e sul morale”, Milano 1880:scritto premiato con medaglia d'argento all'Espo-sizione Musicale Internazionale di Milano).

Sul versante fisiologico ci è da guida Egidio Mene-ghetti, illustre farmacologo dell'ateneo patavino,del quale fu anche rettore per alcuni anni; egliscrisse, nel 1955, un piccolo ma interessante sag-gio, dal titolo “Musica e Farmaci”, pubblicato sullarivista “Il giardino di Esculapio”,12 ove ripercorrevaper sommi capi la storia dei rapporti tra medicina emusica, soffermandosi particolarmente su alcunefigure legate agli ambienti positivisti franco-italia-ni del secondo Ottocento, ma non solo (cito breve-mente alcuni titoli dei paragrafi del secondo capi-tolo “Musica: Remedium Cardinale”: “Musica e va-riazioni funzionali”, “Misura delle emozioni e rifles-so psico-galvanico”, “Musica e 'stato d'animo'”,“Musica, elettroshock, anestesia, 'Grief' e disturbigastrici”, “Musica e psico-terapia”).Fra gli scienziati citati emerge Mariano Luigi Pa-trizi, fisiologo e psicofisiologo di fama, accademi-

ostinatezza tormentati i poveri ipocondriaci. Lamusica è un rimedio che si può adoperare senzaviolenza e continuare per quanto tempo sembranecessario, esente da ogni incomodo [...] E la mu-sica avrà ad ogni modo il vantaggio grandissimo,se non di togliere la causa del male, di sospenderealmeno il sentimento di esso”. 11

Ecco che allora un interesse crescente nei confron-ti della musica da parte della medicina si riscontranel corso di tutto il XIX secolo. Questo interesse sirivolge all'aspetto fisiologico e biochimico quantoa quello psichico-psichiatrico. Da quest'ultimopunto di vista pare interessante far riferimento aduna esperienza pluriennale, svoltasi presso l'Ospe-dale di San Servolo, a Venezia, trasformato, nelSettecento, in Manicomio (prima per nobili e bor-ghesi poi, in epoca austriaca, per tutti i ceti). Sap-piamo di una “Sala della Musica” presente già pri-ma del 1871, quando ce ne relaziona il direttoredella struttura, il “medico-alienista” padre Prosdo-cimo Salerio (1815-1877) nelle Tavole statistichetriennali (1871): “Due volte la settimana, il passeg-gio è rallegrato dalla musica, nella quale e ricove-rati ed infermieri sono frammisti a suonare, essen-dovi una apposita scuola. Alcuni volentieri si met-tono al giuoco, od al suono del pianoforte in salaapposita, vicina al giardino”. Salerio aveva già men-zionato, in precedenza, l'esistenza di questa scuoladi musica (Tavole statistiche triennali, 1868), affer-mando che un tale M.G. - “affetto da mania ambi-ziosa” - “è il maestro che istruì li filarmonici dellamusica dello Stabilimento”. Cesare Vigna (1819 - 1892) - braccio destro di Sa-lerio, “medico primario” a San Servolo dal 1856 epoi, dal 1873, primo direttore del manicomio ve-neziano di San Clemente - menziona, in un suoscritto, l'esistenza di una “banda di S. Servolo, chevi è così bene organizzata” e che contribuisce arallegrare i “periodici trattenimenti” musicali “conorganetti” che si svolgevano all' “Ospizio” di S.Clemente (Vigna, Il manicomio di San Clemente,Venezia 1888).

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recita l'anonimo estensore dell'articolo dedicatoal trattato di Lichtenthal sulla “Gazzetta medico-chirurgica di Salisburgo del 1806, N. 91” e che ilnostro fedelmente riporta.

3. Nulla di nuovo o di eclatante, naturalmente.Quel che val la pena di evidenziare è che oggiquesta sostanziale divisione tra psichico e bio-fi-siologico, che ha segnato buona parte del secoloscorso, par bene stemperarsi e ritrovare capacitàdi interrelazione e di approccio multidisciplinare,e prima ancora “multi-ottico”, ai problemi dellapercezione, dell'emozione e della comunicazione.Anche nell'ambito sonoro. Se, come afferma laWorld Federation of Music Therapy: “La musicoterapia è l'uso della musica e/o deglielementi musicali [...], in un processo atto a faci-litare e favorire la comunicazione, la relazione,l'apprendimento, la motricità, l'espressione, l'or-ganizzazione e altri rilevanti obiettivi terapeuticial fine di soddisfare le necessità fisiche, emozio-nali, mentali, sociali e cognitive.La musicoterapia mira a sviluppare le funzionipotenziali e/o residue dell'individuo in modo taleche questi possa meglio realizzare l'integrazioneintra- e interpersonale e consequenzialmentepossa migliorare la qualità della vita grazie a unprocesso preventivo, riabilitativo o terapeutico.”;o se, come afferma Benenzon “da un punto di vi-sta scientifico, la musicoterapia è un ramo dellascienza che tratta lo studio e la ricerca del com-plesso suono-uomo, sia il suono musicale o no,per scoprire gli elementi diagnostici e i metodi te-rapeutici ad esso inerenti. Da un punto di vistaterapeutico, la musicoterapia è una disciplina pa-ramedica che usa il suono, la musica e il movi-mento per produrre effetti regressivi e per aprirecanali di comunicazione che ci mettano in gradodi iniziare il processo di preparazione e di recupe-ro del paziente per la società.”, se è vero questo,è pur vero che forse non andrebbero “archiviatesenza seguito” le esperienze, di matrice positivi-

co di punta dell'ambito positivistico, successorealla cattedra di Cesare Lombroso a Torino, riduzio-nista della psicologia alla riflessologia; Patriziscrisse, nel 1896, “Primi esperimenti intorno all'in-fluenza della musica sulla circolazione nel cervel-lo dell'uomo”. Come afferma Meneghetti: “Il fisio-logo italiano registrò il polso cerebrale di un ra-gazzo di 13 anni che, per un trauma, aveva partedel cervello scoperta. I risultati erano scritti me-diante chimografo, lo stimolo era stato dato daldiapason o da pezzi musicali diversi (Marsigliese,polca...). Egli osservò, in ogni caso, aumento di vo-lume del cervello, mentre, per quanto riguarda lacircolazione periferica, gli effetti sembrarono assaivariabili, indicando talvolta costrizione, talvoltadilatazione e talvolta, infine, nessun effetto. Né ilPatrizi poté osservare differenza alcuna negli ef-fetti determinati da melodie gaie o tristi”. Degli stessi anni sono le ricerche di Binet e Cour-tier in Francia e quelle di Mentz in Germania, che,portarono a risultati similari: Mentz concluse chequalora i suoni o i brani musicali vengano ascol-tati attentamente, nel soggetto si verificherebbeun'accelerazione delle pulsazioni e della respira-zione, ad un ascolto distratto ne seguirebbe unrallentamento. Anche Binet e Courtier analizzaro-no l'influenza della musica sul ritmo respiratorioricavandone che il ritmo della respirazione tende-va ad adattarsi a quello del brano musicale.Ma pure il buon Lichtenthal, una novantina d'an-ni prima, individua, grazie alla citazione delle no-te di recensione all'edizione tedesca del suo scrit-to, ambiti simili (e simili anche a quelli che a me-tà secolo il fisiologo Hermann von Helmholtz in-dicherà lavorando sulla percezione uditiva): “Sen-z'altro la musica manifesta il suo effetto diretta-mente sulla sensibilità dell'organismo, provocan-done l'attività; la parte attiva delle funzioni sen-sibili è adunque quella con cui agisce per mezzode' nervi sugli organi del corpo; se quest'azionevien esaltata, ne rinasce circolazione accelerata,calore aumentato, moto muscolare agevolato ...”,

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stica, che si sono così evidenziate tra la metà del-l'Ottocento e i primi decenni del secolo seguentee che sono state così abilmente metabolizzate,per esempio - ed è solo un esempio che però nonandrebbe sottovalutato -, da Havelock Ellis (Stu-dies in the Psychology of Sex, Volume 4, 1927:“Hearing”) e consegnate quindi alla psicologianovecentesca e non solo ad essa.Comunque, si tratta oggi di evitare superficialismi,e di leggere con maggior cura ed acribia anchequeste pagine della storia della scienza, evitandoideologismi e nell'ottica di quella maggiore per-meabilità dei campi di indagine che la contempora-neità ci ha fornito. Ma è solo un'ipotesi di lavoro,naturalmente. Che parla di bimbi e di acqua sporca.

Note1 Ovidio, Metamorfosi, XI, vv. 13 sgg. Il corsivo è mio2 Cfr. Clemente Alessandrino, Protrettico, 2, 17-18;

cit. in G. COLLI, La sapienza greca, I, Milano, Adelphi,1990, p. 245.

3. Catullo, Le poesie, Torino, Einaudi, 1969, pp. 158sgg. Devo alcune indicazioni e suggestioni intornoal carme catulliano al prof. Jakie Pigeaud dell’Uni-versità di Nantes.

4. Ibidem; “O Dea grandissima o Dea Cibele Dea don-na del Dindimo Dea nostra signora / Il tuo tremen-do potere stia dalla mia casa lontano / Vittime altrisiano dei tuoi deliri, altri morsichi la tua rabbia”

5. Cfr. A. CAVARERO, “Ombre di scrittura”, in: Interse-zioni, a. XIX, n.3, dic. 1999; per questo riferimento eper altre preziose indicazioni ringrazio l’amica e col-lega Annamaria Cecconi.

6. Pietro Lichtenthal, Trattato dell’influenza della musicasul corpo umano e del suo uso in certe malattie, Mi-lano, 1811; ed. an. Bologna, Forni, 1988; pp. 52 sgg.

7. Gilbert Rouget, La musique et la trance, Paris, Gali-mard, 1980; tr.it. Torino, Einaudi, 1986.

8. Guy Cadogan Rothery, The power of music and thehealing art, London, The Waverley Book Company,Ltd, s.d.[1918], pp. 53 e 63 sgg.

9. Giovanni Pietro Frank (1745-1821), professore a Got-tinga, poi a Pavia dal 1785 al 1795, quindi a Vienna

10.Samuel-auguste Tissot (1728-1797), predecessore diFrank a Gottinga e considerato il maggiore medicodel secondo Settecento. Autore del Traite Des NerfsEt de Leurs Maladies (1778) e De la santé des gensde lettres (1769; ed. latina 1766).

11. P. Lichtenthal, op. cit., pp.15-17.12.E. Meneghetti, “Musica e Farmaci”, Il giardino di

Esculapio, Milano, Roche, 1955, XXIV, nn.2-38

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It has been widely proved that cognitive dys-functions are a primary characteristic ofschizophrenia. Major alterations have been iden-tified in attention, memory and executive func-tions in this population. The rehabilitative treat-ment adopted and discussed in this study stemsfrom numerous previous investigations which in-dicate a link between impairment of cognitivefunction and both a relatively more severe func-tional outcome and more seriously impaired psy-chosocial functioning in patients who have re-ceived a diagnosis of schizophrenia. The aim ofthis study was to appraise thepossible effects ofa specific music therapy protocol on specificcomponents of attention and memory inschizo-phrenic patients.

IntroduzioneI deficit cognitivi nella patologia schizofrenicasono oggetto di attenzione e di ricerca da moltotempo, già Krepelin aveva riscontrato una ridu-zione dell’efficienza mentale di questi pazienti(Ey, Bernard & Brisset, 1995).Nonostante ciò nello studio della patologia schi-zofrenica, sia nei suoi aspetti eziopatogeneticiche clinico - terapeutici, alle disfunzioni cogniti-ve è stato riservato un ruolo solamente seconda-rio. Le alterazioni cognitive, infatti, sono stateritenute per molto tempo solamente aspettisecondari legati per lo più agli effetti dell’istitu-zionalizzazione o alla riduzione della motivazionenei pazienti schizofrenici. È ormai accertato chele disfunzioni cognitive sono, invece, una caratte-ristica primaria della malattia e, per alcuni auto-ri, hanno assunto il significato di caratteristicacentrale e primitiva del disturbo (Harvey, 1997).Sembra essere accertato, inoltre, che tali deficitsono indipendenti dal decorso dei fenomeni psi-copatologici: sia studi trasversali che studi longi-tudinali sembrano dimostrare che diverse altera-zioni persistono durante tutto il corso della ma-

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I deficit cognitivi

nella patologia

schizofrenica

sono oggetto

di attenzione

e di ricerca

da molto tempo,

già Krepelin

aveva riscontrato

una riduzione

dell’efficienza

mentale

di questi pazienti

Musicoterapia e riabilitazione cognitivanella schizofrenia: uno studiocontrollato

E. Ceccato, p

sicologo psicoterapeuta; P. A

. Can

eva, m

usicoterapeuta, m

usicista, C

onservatorio di M

usica di Veron

a; D. L

amon

aca, psichiatra, Dipartim

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sichiatria, U

LSS 21 Legnago

(VR)

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kel, Valone & Nuernber-ger, 1998; Green, Kern,Braff & Mintz, 2000) ecome vi sia una notevolecorrelazione tra deficitcognitivi e numerose va-riabili del funzionamento

sociale (Addington, Mcleary & Munroe-Blum,1998; Addington & Addington, 2000; Liddle,2000; Bell & Bryson, 2001). Sembra inoltre accertato che le alterazioni cogni-tive nella schizofrenia, in genere, non subisconoprocessi di carattere degenerativo durante l’evo-luzione della patologia (Rund, 1998),L’entità di tali deficit può naturalmente variare dasoggetto a soggetto ma in generale la gravità deldanno di ogni funzione si distribuisce come nellatabella 1.

lattia a prescindere dallefasi di remissione o diesacerbazione dei sintomiclinici nel corso del di-sturbo (ibid., Aleman, Hij-man, De Haan & Kahn,1999). Sembra, ancora, che i soggetti che sviluppano laschizofrenia mostrino precocemente segni dideficit cognitivo, segni che rimangono comunquelievi (alcune difficoltà nella lettura e nello svolge-re compiti relativi alla matematica) fino alla com-parsa del primo episodio di malattia, momento incui si verifica una caduta marcata nelle prestazio-ni cognitive. Nella maggior parte dei pazienti,queste prestazioni deficitarie persistono senzaprogressivi peggioramenti fino a tarda età (Hoffet al., 1999). Le disfunzioni cognitive connesse alla schizofre-nia riguardano molteplici aspetti dell’attivitàmentale. Le principali alterazioni si riscontrano comunquenell’attenzione, nella memoria e nelle funzioniesecutive (Rund & Borg, 1999; Tamlyn et al.,1992). L’attenzione nelle sue componenti quali lavigilanza, l’attenzione sostenuta, l’attenzioneselettiva e la discriminazione visiva; la memoria incomponenti quali il richiamo a breve termine edil richiamo verbale; le funzioni esecutive nell’abi-lità di pianificare, organizzare ed eseguire le azio-ni, nel modulare il livello di attività, nell’integra-re il comportamento, nell’automonitoraggio e nelriconoscimento degli errori.L’esito della malattia è altamente correlato aideficit nelle funzioni appena indicate, nel sensoche la presenza di tali disfunzioni sembra esserepredittiva di un esito, a lungo termine, sfavorevo-le (Green & Nuechterlein, 1999).Numerose ricerche indicano come, in pazienti condiagnosi di schizofrenia, la compromissione dellefunzioni cognitive si associa ad un peggiore out-come funzionale (Green, 1996; Silverstein, Shen-

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Le disfunzioni cognitive connesse alla schizofrenia

riguardano moltepliciaspetti dell’attività

mentale

Gravità di compromissione delle funzioni cognitive nei pazienti schizofrenici

LIVELLO DI COMPROMISSIONELIEVE MODERATO GRAVE

Distraibilità

Riconoscimentodifferito

Capacità visuo –motorie

Ampiezza della memoriaimmediata(sensoriale)

Memoria di lavoro

Capacitàpercettive

Memoria a lungo termine

Confronto di parole

Il livello di compromissione è indicato dal numero dideviazioni standard (DS) al di sotto della media deisoggetti normali:lieve = 0,5 DS; moderato = 1-2 DS; grave = 2-5 DS.Tratto da Harvey, 1997.

Apprendimento di serie

Funzioni esecutive

Vigilanza

Velocità motoria

Fluenza verbale

Tabella 1: Livello di compromissione delle funzio-ni cognitive in pazienti affetti da schizofrenia.

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ObiettivoLa ricerca è stata costruita per valutare i possibilieffetti di un particolare tipo d’intervento musico-terapeutico (il protocollo STAM) su delle specifi-che componenti dell’attenzione e della memoria. Lo STAM è un protocollo costituito da una serieprogressiva di proposte sonoro/musicali create esuccessivamente riversate su CD che diventano lostrumento per proporre una sequenza di esercizi“step by step”, finalizzati appunto a stimolare everificare l’attenzione e la memoria.Il focus relativo all’attenzione riguarda l’attenzio-ne selettiva intesa come capacità di selezionarefonti di stimolazione esterna o interna alla pre-senza di informazioni in competizione e quindi lacapacità di concentrarsi su ciò che interessa e dielaborare in modo privilegiato le informazionirilevanti per gli scopi perseguiti (Stablum, 2002);l’attenzione sostenuta intesa come capacità dimantenere l’attenzione su un evento per periodidi tempo prolungati; l’attenzione alternata intesacome flessibilità mentale di spostarsi da un com-pito ad un altro. Per quanto riguarda la memoriasi è presa in considerazione la memoria a brevetermine considerata come memoria di lavoro inquanto deputata alla manipolazione non menoche alla conservazione dell’informazione (Badde-ley, 1992).È stato inoltre valutato come il possibile miglio-ramento nelle stesse possa essere esteso alla vitaquotidiana dei pazienti, in particolare al loro fun-zionamento sociale. A tal fine è stato utilizzatouno strumento di valutazione della disabilitàsociale dei pazienti schizofrenici, la Life Skills Pro-file (LSP) (Rosen et al. 1989).Lo STAM si basa, per quanto riguarda l’attenzio-ne, sul modello gerarchico proposto da Posner eRafal (1987) e relativamente alla memoria sulmodello di memoria di lavoro proposto daBaddeley (1992).L’intervento si può collocare all’interno di un sen-tiero che tenterebbe di fornire alla disciplina

Come evidenziato da Silverman (2003) nella let-teratura in ambito musicoterapico si ritrovanomolti studi che riguardano l’applicazione dellamusicoterapia in pazienti con schizofrenia o psi-cosi in genere. La maggior parte di questi studiperò sono di tipo qualitativo e, nella visione del-l’autore, di conseguenza, difficilmente generaliz-zabili per popolazioni di pazienti che soffrono delmedesimo disturbo. Alcuni studi di tipo quantita-tivo invece, sebbene siano ancora poco numerosie presentino numerose difficoltà dal punto divista metodologico come ha ben evidenziatoDavid Aldridge (1993), riportano l’evidenza che,in aggiunta alle cure tradizionali, la musicotera-pia possa migliorare il livello di benessere globa-le, lo stato mentale ed il livello di funzionamentosociale dei pazienti schizofrenici nel breve emedio periodo (Gold, Hendal, Dahle & Wigram,2005). A parte il lavoro di Glickson e Cohen (2000) chehanno recentemente condotto uno studio inte-ressante per verificare se l’ascolto di alcune melo-die, e non di un particolare intervento terapeuti-co di natura musicale, potesse influire sul livellodi “arousal” al fine di migliorare le prestazioniattentive in pazienti schizofrenici, non ci sembra-no esserci altri studi o particolare tecniche ometodi che si occupano di questo particolarecampo.Dal nostro punto di vista l’utilizzo della musicasembra comunque essere una via privilegiata alfine di ottenere dei risultati in ambito riabilitativo- terapeutico (Tang, Yao & Zheng, 1994; Pavlicevic,Trevarthen & Duncan, 1994; Verucci, Fedeli,Giordanella Perilli & Spalletta, 1998; Glickson &Cohen, 2000; Hayashi el al., 2002) in quanto, da unlato, si pone come mezzo attraverso cui attivare estimolare numerose funzioni a livello cognitivo emotorio, mentre dall’altro, può essere proposta efruita accentuando quell’aspetto di ludicità e pia-cere che può favorire l’attuazione e la realizzazio-ne di programmi riabilitativi.

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stesso numero di partecipanti (almeno in parten-za, l’abbandono dell’intervento da parte di alcunepersone o l’assenza in singole sedute è stato findall’inizio considerato fisiologico ed è stato valu-tato in fase di elaborazione dei dati) e che gli stes-si siano stati divisi in maniera che in entrambi igruppi fossero presenti simmetricamente pazienticon storie cliniche accomunabili. A tal fine si sonoutilizzati la portata del deficit cognitivo, l’età(media = 34,17; DS = 10,29 anni), il sesso e la sco-larizzazione del soggetto come criteri di scelta.Non sono state invece utilizzate variabili di tiposociale (tipologia famiglia, stato civile, etc.).

MetodoLa ricerca è stata condotta in modo sperimentale esu gruppi. I 16 pazienti sono stati divisi in due grup-pi di 8: uno sperimentale, che ha partecipato all’in-tervento specificatamente progettato, lo STAM; eduno di controllo, che ha partecipato a sedute dimusicoterapia attiva di tipo improvvisativo.La scelta di far partecipare comunque i pazientidel gruppo di controllo ad una attività di tipomusicoterapico è derivata da una riflessione ditipo etico. Il nostro mandato presso il centrorimaneva comunque di tipo “clinico” e non speci-ficatamente rivolto alla ricerca. Si è quindi rite-nuto opportuno far provare un’esperienza musi-coterapica anche ai pazienti del gruppo di con-trollo. La scelta di un approccio improvvisativo èin linea con la formazione del musicoterapeuta.Per lo svolgimento della ricerca si sono ipotizzatidei criteri di equivalenza in modo tale da ridurre,per quanto possibile, eventuali fattori aspecificidi cambiamento. Si sono effettuati per entrambi i gruppi 16 incontria cadenza settimanale della durata di 55 minuti. Gli interventi sul gruppo di controllo e su quellosperimentale sono avvenuti nella medesima stan-za, l’uno successivamente all’altro e con la con-duzione del medesimo musicoterapeuta. Vista lacondizione di prossimità temporale, alternativa-

“musicoterapia” dei dati il più “oggettivi” possibi-le su cui poggiare le proprie speculazioni.L’aspirazione non è certo quella di rispondere inmaniera esauriente a tale intenzione, quantoquella di intraprendere la strada della ricerca edella sperimentazione, di qualsiasi tipo essa sia,all’interno di una disciplina che ha raggiunto unlivello tale di maturità per il quale risulta diffici-le spiegare la mancanza di lavori che cerchino divalutare l’operato e l’efficacia della stessa inmaniera “meno soggettiva” e aneddottica (RicciBitti, 2001).A fianco di numerose descrizioni ed analisi di casiclinici peraltro utilissime, proposte dagli Autorisulla base dei loro orientamenti teorici, è da rite-nere e da augurarsi che con l’andare del tempo gliinterventi, che si proporranno una verifica speri-mentale dei risultati che riescono ad ottenere,avranno un notevole incremento, questo a frontedi una sempre maggiore esigenza di verifica clini-ca e di confronto scientifico.Dal nostro punto di vista rimangono ancora que-siti cui rispondere e che riguardano soprattutto ilche cosa si faccia realmente negli interventi dimusicoterapia, se si raggiungano dei risultati,quali siano i motivi per i quali si raggiungono eattraverso quali processi.L’intervento si pone quindi come studio pilota perla verifica delle potenzialità riabilitative del par-ticolare protocollo proposto.

CampioneIl campione è stato selezionato tra i soggetti chefrequentano il Centro Diurno “Il Tulipano” diLegnago (VR) che volontariamente hanno sceltodi partecipare all’intervento. Sono tutti pazientiche soffrono di schizofrenia in accordo con i cri-teri diagnostici del DSM IV (APA, 2000). I partecipanti (13 uomini e 3 donne) sono statidivisi in modo da formare due gruppi il più “omo-genei” possibile considerando come criteri diomogeneità il fatto che i gruppi abbiano avuto lo

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utilizzati gli stimoli sonori dell’esercizio precedente.Per risposta si intende discriminare il tipo di sti-molo, contare e annotare quante volte compareall’interno di una registrazione in concomitanzadi rumori di fondo distrattori.

Fase n 3Spostamento dell’attenzione (1)Il compito consiste nel rispondere ad uno stimolotarget, il tamburo, battendo le mani dopo averloudito ma non quando è preceduto da un secondostimolo target, il piatto. Al segnale del condutto-re si dovrà invertire la risposta e rispondere conun battito di mani soltanto quando il tamburo èpreceduto dal piatto. La difficoltà del compito è aumentata diminuen-do il tempo tra un cambio di compito e l’altro

Spostamento dell’attenzione (2)Viene presentata una sequenza di stimoli ritmicicostanti, ovvero una sequenza alternata regolaredi cassa e rullante.Il compito è di seguire alternativamente, attra-verso il battito delle mani, la pulsazione dellacassa e, attraverso il battito di un piede a terra, lapulsazione del rullante.

Fase n 4Ripetizione ordinata e inversaIl compito consiste nel ripetere, in modo ordinatoo inverso, sequenze di suoni precedentementeregistrate. Gli stimoli sono rappresentati da cam-pioni di suoni degli strumenti selezionati per l’e-sercizio. L’esercizio passerà da ripetizioni moltosemplici, ad esempio tre suoni, a ripetizioni via viapiù difficili.

• Protocollo di intervento gruppo di controlloLe caratteristiche delle attività proposte a questogruppo si ispirano a modelli di musicoterapia atti-va ed improvvisativa (bibliografia).

mente una settimana iniziava il gruppo di con-trollo e la successiva il gruppo sperimentale.Ad entrambi i gruppi hanno inoltre partecipatogli autori del protocollo, due operatori del CentroDiurno.Sono stati somministrati prima e dopo l’interventola Wechsler Memory Scale (WMS; Wechsler, 1963)ed il Paced Auditory Serial Addition Test (PASAT;Gronwall, 1977) per la valutazione neuropsicologi-ca e la Life Skills Profile (LSP; Rosen et al., 1989)per la valutazione della disabilità sociale.I test di ingresso sono stati somministrati nellasettimana antecedente l’inizio dell’intervento,quelli d’uscita nella settimana successiva alla finedell’intervento. La somministrazione dei test (diingresso e di uscita) è avvenuta sempre nel mede-simo orario, nel medesimo luogo, nella medesimastanza e con lo stesso ordine. I soggetti sono statiesaminati uno alla volta.

Protocolli di intervento• Protocollo di intervento gruppo sperimentaleIl protocollo STAM è articolato in quattro fasi, unaper ogni particolare funzione (vedi sopra). Ognifase dello STAM è articolata in esercizi che si evol-vono in maniera progressiva, dal semplice al piùcomplesso, sia in gruppo che individualmente.

Fase n 1Associazione stimolo – movimentoAl presentarsi di particolari stimoli sonori, prece-dentemente registrati sopra una base musicale, lamusica si interrompe per un determinato tempo,che può essere stabile o variabile, si esegue ilmovimento associato allo stimolo percepito pertutta la durata della pausa. Al ricominciare dellemusica i pazienti ricominciano a camminare.

Fase n 2Risposta a stimoli acustici Il compito consiste nel rispondere a stimoli acusticibersaglio precedentemente fatti ascoltare. Vengono

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La prestazione viene valutata attraverso la per-centuale di risposte corrette o con il punteggiomedio.

Valutazione della memoriaLa Wechsler Memory Scale (WMS) (Wechsler,1997) è una batteria di valutazione della memo-ria costituita da sette sub test che riguardano: 1)Informazione: vengono poste al soggetto doman-de circa la propria età, data di nascita, il nome delPresidente della Repubblica, il nome delPresidente della Repubblica precedente, il nomedel Papa e quello del sindaco della propria città;2) Orientamento: vengono poste cinque doman-de circa l’anno, il mese, il giorno, il posto e la cittàin cui si trova il soggetto; 3) Controllo Mentale: ilsoggetto è sottoposto a tre compiti a tempo:contare dal numero 20 al numero 1, ripetere lelettere dell’alfabeto, contare di tre in tre; 4)Memoria Logica: ripetizione immediata di duebrevi storie. 5) Ripetizione di cifre: digit spanavanti e a rovescio; 6) Riproduzione visiva: ripro-duzione immediata, a memoria, di disegni geo-metrici; 7) Associazioni: vengono presentate 10associazioni di parole accoppiate; subito dopo l’e-saminatore legge le prime parole di ogni coppiaed il soggetto deve ricordare la seconda parola diciascuna coppia. Vengono effettuate tre presen-tazioni e tre ripetizioni. Il punteggio totale(somma dei punteggi ottenuti in ogni subtest)permette, attraverso un coefficiente di correzionesecondo l’età, di ottenere un punteggio correttotramite il quale è possibile individuare un quo-ziente di memoria (Q.M.).La scala è validata per la popolazione Italiana(Saggino, 1983).

Valutazione della disabilità socialeLa Life Skills Profile (LSP) (Rosen, Hadzi – Pavlovic& Parker, 1989) è una scala elaborata specificata-mente per valutare il funzionamento globale e ledisabilità sociali in pazienti schizofrenici.

Non casualmente molti aspetti di questo modellosono quasi agli antipodi del protocollo STAM. Perprima cosa non esiste una serie di esercizi cosìrigidamente codificata e progressiva: in un certosenso parlare di protocollo è un pò paradossale.L’operatore mette a disposizione dei partecipantidegli strumenti, intesi come “dispositivi” sonoro-musicali-espressivi. Il tutto viene vissuto nel quied ora dell’incontro.I dispositivi sono riducibili all’esplorazione, l’im-provvisazione, la creazione/composizione e l’ese-cuzione di materiale sonoro musicale. Gli stru-menti sono voce, corpo, e lo strumentario propo-sto dal musicoterapeuta. L’intento generale èquello di far vivere esperienze positive di succes-so, di esprimere le proprie emozioni con modalitàdiverse o non solo appartenenti al verbale, di faremergere il proprio “io musicale”. La caratteristica del gruppo di controllo sta anchenel tipo di conduzione che è prevalentemente disostegno e di suggerimento più che di propostaprecisa e di guida. Si lascia molto spazio alla crea-tività del partecipante.

Materiali Valutazione dell’attenzione Il Paced Auditory Serial Addition Test (PASAT)(Gronwall, 1977; Tombaugh, 2006) è un test chevaluta l’attenzione uditivo-verbale. Nell’esecuzio-ne del compito sono anche coinvolte l’attenzioneselettiva e sostenuta. È costituito da una serie di61 cifre che l’esaminatore deve leggere a diversevelocità che differiscono tra di loro di 0,4 secon-di e che vanno solitamente dal ritmo di una cifraogni 1,2 secondi a una ogni 2,4 secondi. La pre-sentazione viene di norma effettuata attraversouna registrazione. Ai pazienti è richiesto di som-mare 60 coppie di cifre casuali in modo che ognicifra sia aggiunta a quella che la precede. Se l’e-saminatore legge, ad esempio, i numeri “2, 8, 6, 1,9” le risposte corrette, da quando l’esaminatoredice 8, sono “10, 14, 7, 10”.

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dipendenti (tabella 3). Il livello di significativitàstatistica a è stato predefinito, in tutti i casi, parial 5 % (P<0,05).I soggetti che hanno partecipato all’attività spe-rimentale di musicoterapia hanno migliorato, inmaniera statisticamente significativa, le loro pre-stazioni alla WMS (p=0.01) e alla LSP (p=0.01). Il gruppo di controllo ha incrementato il risultatosolo alla LSP (p=0.04). Non si rilevano cambiamenti statisticamentesignificativi per quanto riguarda il PASAT.

Valuta 5 aree di funzionamento: cura di sé; nonturbolenza; contatto sociale; comunicatività;responsabilità.Il punteggio totale conferisce una misura globaledel funzionamento sociale. La scala è validata perla lingua italiana (ZIzolfi et al, 1995).

Risultati Analisi statisticaI risultati ottenuti (tabella 2) sono stati elaboratimediante il test di Wilcoxon per due campioni

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Pre Test Post Test

PASAT WMS LSP PASAT WMS LSP

93.5 (63.92) 92.25 (6.90) 138.7 (11.08) 76.8 (53.0) 101.6 (10.09) 144 (9.13)

128.83 (108.79) 89.5 (14.38) 127.3 (16.85) 114.3 (90.31) 91.5 (12.94) 133.1 (16.93)

GRUPPO DI CONTROLLO N Validi T Z p-level

Confronto tra pasat 1 e pasat 2PASAT_1 & PASAT_2 6 4 1,36 0,17

Confronto tra wms 1 e wms 2WMS_1 & WMS_2 6 3 1,21 0,22

Confronto tra lsp 1 e lsp 2LSP_1 & LSP_2 6 1 1,99 0,04

GRUPPO SPERIMENTALE

Confronto tra pasat 1 e pasat 2PASAT_1 & PASAT_2 8 8 1,40 0,16

Confronto tra wms 1 e wms 2WMS_1 & WMS_2 8 1 2,38 0,01

Confronto tra lsp 1 e lsp 2LSP_1 & LSP_2 8 0 2,36 0,01

Tabella 3: Risultati del test Wilcoxon. (Il numero 1ed il 2 significano rispettivamente pre-test e post-test).

Gruppo

Sperimentale

Controllo

Tabella 2: Medie e deviazioni (tra parentesi)

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DiscussioneI dati risultati dall’analisi statistica testimonianouna variazione positiva e statisticamente signifi-cativa per quanto riguarda le prestazioni di me-moria misurate con la WMS, ciò però non per-mette di escludere che vi possano essere ulteriorielementi di significatività rilevati anche con altritest qualora il campione fosse stato più vasto. L’aver ottenuto questo risultato alla L.S.P. in en-trambi i gruppi ci lascia supporre che entrambe leattività possano migliorare il funzionamento glo-bale e le abilità sociali nei pazienti schizofrenici.Questo sembra dimostrare le nostre ipotesi inizia-li e sottolinea l’importanza della riabilitazione co-gnitiva con le persone che soffrono di questa pa-tologia.Si tratta evidentemente di uno studio pilota e l’e-siguo numero di persone coinvolte non permettedi generalizzare i risultati ottenuti. In ogni caso illavoro può essere considerato un ottimo punto dipartenza al fine di implementare l’utilizzo delprotocollo STAM nella riabilitazione di attenzionee memoria in pazienti schizofrenici. Ovviamente abbiamo bisogno di più dati per affer-mare che lo S.T.A.M. possa essere un buon proto-collo per ottenere risultati in questa direzione. Al di la della significatività statistica si può nota-re come vi sia stato un cambiamento positivo neisoggetti del gruppo sperimentale rispetto algruppo di controllo.Il protocollo proposto si è dimostrato attuabile afronte di alcuni timori iniziali relativi alla possibi-lità di drop out dovuti alla dimensione maggior-mente “strutturata” dell’intervento.C’è da rilevare comunque come una buona rela-zione con i pazienti costituisca prerequisito fon-damentale per la riuscita dell’intervento.Sono inoltre emerse alcune considerazioni relati-ve al miglioramento del protocollo che riguarda-no l’opportunità di valutare con maggiore atten-zione se i risultati ottenuti sono generalizzabilialla vita quotidiana.

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Altre considerazioni entrano più nel merito dellosvolgimento degli esercizi sui quali si dovrà inter-venire al fine di definire in maniera più oggettivacome e quando passare da un’attività ad un’altra.Nel nostro caso è stato deciso, prima di iniziarel’intervento, che avremmo dedicato quattro in-contri per ogni fase a prescindere dal modo in cuivenivano svolti gli esercizi e le loro variazioni daparte di ogni componente del gruppo.Come discusso nell’introduzione sottolineiamol’esigenza di cominciare a pensare la disciplinamusicoterapia in termini di Evidence Based Prac-tice (EBP) (Vink & al., 2002; Edwards 2002), con-sci delle difficoltà che questo comporta, ma nellostesso tempo sicuri del fatto che si possa e che siaormai una necessità. Nella pratica professionale ragionare in termini dievidence - based implica un’integrazione delle per-sonali osservazioni cliniche con i risultati forniti daitrials di efficacia e quindi la possibilità di fornire aiclienti i migliori interventi possibili in relazione aipropri problemi al di là delle convinzioni personalio delle esperienze formative dei terapeuti.Nel prendere in considerazione il modello basatosull’EBP, che prevede l’utilizzo di RCT (Randomi-zed Controlled Trials) e di meta analisi come me-todi d’elezione nell'identificazione dell’efficaciadelle terapie, lo facciamo da un punto di vistanon completamente asservito alla ricerca in sè; népossiamo essere considerati come osservatoristaccati da pratica clinica.In accordo con Aldridge che descrive molto chiara-mente come la ricerca sia "inquinata spesso dallerealtà giornaliere" (2003), riteniamo che, affinchésia realmente utile, la ricerca dovrebbe esserestrettamente correlata con la pratica clinica. In altre parole gli esiti devono essere clinicamen-te rilevanti per i pazienti ed in questo senso lapratica basata sulle evidenze può solamente esse-re un sostegno alla pratica clinica e non un osta-colo (Geddes, Reynolds, Streiner, Sztmari & Hay-nes, 1999).

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Riteniamo, in accordo con Rolvsjord, Gold e Stige(2005), che la combinazione di pratica clinica e ri-cerca empirica possa essere un fattore reale disviluppo nell'identificare i migliori trattamentiper i pazienti. L'idea che un musicoterapista si ponga nel lavoroclinico in una posizione di "flessibilità rigorosa"(ibid.) può essere un collegamento importante frai due ambiti e un punto di partenza interessanteper la ricerca futura.Crediamo inoltre sia importante comprendere checosa realmente accade durante le attività musi-coterapiche e se effettivamente vi sono dei risul-tati ottenuti attraverso quali processi. A questoproposito, può risultare molto utile dirigersi versola standardizzazione dei protocolli a nostra dispo-sizione. In primo luogo, descrizioni chiare e complete de-gli interventi e degli studi di ricerca rendono piùfacile replicare gli interventi e gli studi stessi. Ciò aumenterebbe la validità esterna, che è spes-so molto limitata a causa del fatto che la praticamusicoterapica può variare considerevolmentefra un terapista ed un altro (Gold ed altri, 2005).Secondariamente, procedure e strumenti di valu-tazione comuni facilitano il confronto dei risulta-ti tra gli studi. In terzo luogo, la standardizzazione migliora ilcontrollo della "sporcizia dei dati" (noise), aumen-ta la validità interna degli studi e favorisce l’eli-minazione di spiegazioni alternative dei risultati. Per concludere, la standardizzazione può aumen-tare l'efficacia di un trattamento aumentandol'integrità del trattamento per quanto usato dadiversi terapisti.Quanto stiamo descrivendo si può collocare al-l’interno di un sentiero che tenterebbe di fornirealla disciplina “musicoterapia” dei dati il più “og-gettivi” possibile su cui poggiare le proprie specu-lazioni. L’aspirazione non è certo quella di rispon-dere in maniera esauriente a tale intenzione,quanto quella di intraprendere la strada della ri-

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cerca e della sperimentazione, di qualsiasi tipo es-sa sia, all’interno di una disciplina che ha rag-giunto un livello tale di maturità per il quale ri-sulta difficile spiegare la mancanza di lavori che(Silverman, 2003; Gold et al., 2005) cerchino divalutare l’operato e l’efficacia della stessa in ma-niera “meno soggettiva” e aneddottica (Ricci Bit-ti, 2001).A fianco di numerose descrizioni ed analisi di ca-si clinici peraltro utilissime, proposte dagli Autorisulla base dei loro orientamenti teorici, è da rite-nere e da augurarsi che con l’andare del tempo gliinterventi, che si proporranno una verifica speri-mentale dei risultati che riescono ad ottenere,avranno un notevole incremento, questo a frontedi una sempre maggiore esigenza di verifica clini-ca e di confronto scientifico.In questo senso la nostra ricerca può essere consi-derata come uno studio pilota condotto per verifi-care le potenzialità riabilitative del protocolloSTAM. Desideriamo specificare inoltre che lo scopodella ricerca non è certamente quello di affermarela superiorità di un metodo rispetto a qualsiasi al-tro, quanto piuttosto di indagare l'efficacia delprotocollo STAM delle disfunzioni cognitive spe-cifiche dei pazienti in questione.Speriamo che questo articolo possa contribuire astimolare la discussione in tal senso.

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In this paper the author traces out the stages ofhis career wether as a musician or a musicthera-pist, underlining the connections between thetwo roles. Passing through the training period ata ConFIAM course, he describes his professionalactivities both in psychiatric and post-comatosefields, comparing the characters of the commonmusical experience with the so-called “art music”and the musicology’s studies; at the same timehe tries to individuate the semiology’s contribu-tion to the music-therapy, expecially with regardto the emotional aspects.

Se dovessi sintetizzare in un’etichetta le originidella mia pratica musicale più consapevole direiche all’inizio ero un chitarrista da spiaggia… Nonintendo condurre un’indagine sociologica sulla fi-gura del “chitarrista da spiaggia”, e neanche faròla mia autobiografia dettagliata: mi limiterò a fis-sare alcune tappe del percorso che hanno deter-minato la mia odierna professionalità musicale(quella di musicoterapista in particolare), sottoli-neando di volta in volta le connessioni coi con-cetti chiave del titolo della mia relazione. Infinedescriverò per sommi capi l’operatività musicote-rapica dei contesti nei quali lavoro.

Il percorso dalla competenza comune allo specia-lismo musicologico è il primo che ho intrapresocon estrema consapevolezza, attraverso l’iscrizio-ne al DAMS di Bologna.

All’inizio tale consapevolezza andava a braccettocon un certo senso d’inferiorità che il chitarristada spiaggia viveva nell’impatto coi tanti musicistidi formazione istituzionale che incrociava (per in-tenderci, non avevo mai fatto, e mai avrei fatto inseguito, studi accademici, vocali o strumentali).La disciplina musicologica che ha determinato unavera e propria svolta nel mio approccio alle cosemusicali è senz’altro la semiologia: considero l’ap-proccio alle questioni sul senso in musica come il

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Se dovessi

sintetizzare

in un’etichetta

le origini della

mia pratica

musicale più

consapevole

direi che all’inizio

ero un chitarrista

da spiaggia

Suonare e cantare, tra quotidianità e arte,dalla semiologia alla musicoterapia

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lodici, è emblematico inquesto senso (una sortadi approccio auto-tera-peutico ante litteramcoi suoni).Insomma, se dovessispiegare con esattezza

come e perché oggi sono un cantante professio-nista farei una certa fatica…

L’operatività musicoterapica è un po’ la quadratu-ra del cerchio, la sintesi felice, che mi consente difar convivere armonicamente le varie animeemerse nel mio percorso musicale: il chitarrista daspiaggia sostiene il musicologo e viceversa; la se-miologia incontra la psicologia della musica; BobDylan vale quanto Mozart. Cosa c’entra quest’ul-tima affermazione? C’entra.

Uno dei grandi insegnamenti che ho ricevuto dallasemiologia è relativo proprio ai generi musicali: ilconcetto di “arte”, spesso utilizzato proprio per di-stinguere i generi, non è un criterio discriminatorioin MT, ma nemmeno in pedagogia; l’identità musi-cale di tutti gli umani ha uguale dignità. Appunto,Bob Dylan vale quanto Mozart; anzi, visto che il pa-ragone con Bob Dylan non rende l’idea fino in fon-do, Madonna vale quanto Mozart… Pupo vale quan-to Mozart! (Stefani, 1982; Spaccazocchi, 2001).

Sappiamo bene come i parametri extra musicalifiniscano per connotare in modo decisivo ogni ti-po di esperienza sonora, e alla fine la questionedei generi resta materia interessante quasi sol-tanto per i negozianti di dischi che devono collo-care i loro prodotti negli scaffali giusti. Ciò vale amaggior ragione per noi musicoterapisti, quandosperimentiamo quotidianamente l’importanza diquestioni biografiche, culturali, sociali, che vannoad intercettare le caratteristiche più strutturalidel suono, eclissando la questione dei generi.Soprattutto la sfera emozionale entra fortementein gioco nella relazione musicoterapica. Sulle

primo passo verso unpossibile uso terapeuticodel sonoro-musicale, enon è neanche un casoche io mi sia laureato inSemiologia della Musicacon Gino Stefani, che èanche colui che mi ha avvicinato per primo allaMusicoterapia (MT) (Stefani, 1982; Stefani – Mar-coni, 1987; Stefani – Marconi, 1992; Stefani – Mar-coni – Ferrari, 1990; Marconi, 2001).

Rovescio della medaglia musicologica, rispetto al-la semiologia, per certi versi è la dimensione este-tica, non del tutto estranea all’etica. Il bene e ilbello possono coincidere: un paio di anni fa hopresentato una relazione in un convegno sullavocalità a Trento; in quell’occasione feci riferi-mento alle gravi crisi asmatiche di cui soffrivo dapiccolo, e ricordai come il trasformare i rantoli insuoni alleviasse la mia sofferenza. Come dissi al-lora, “ho provato ad ‘armonizzare’ il mio handicapattraverso forme felici, cioè ho fatto in modo cheil respiro, in quel momento esteticamente bruttoed eticamente malefico, potesse ugualmente darvita ad un’espressione vocale bella e benefica”. (1)

Al contrario dell’approfondimento musicologico,il percorso che conduce dalla dimensione quoti-diana del canto amatoriale (del chitarrista daspiaggia, per intenderci) a quella professionale dicantante di musica medievale/popolare (attivitàche svolgo oramai da parecchi anni) è più sfuma-to e molto meno consapevole. A mio modo di ve-dere, il motivo principale di ciò sta nella naturaintrinseca del canto stesso, che avviene attraver-so la voce, dunque attraverso il corpo, con tutti irisvolti, tutt’altro che rigidi, legati all’identitàpersonale, l’emotività innanzitutto (beninteso,tutto questo non impedisce percorsi vocali più ri-gorosi: un modello esemplare è quello del cantolirico). L’episodio dell’asma, quando trasformavo irantoli in accenni di raggruppamenti ritmico-me-

L’operatività musicotera-pica è un po’ la sintesifelice che mi consente difar convivere le varieanime emerse nel miopercorso musicale

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la ASL di Treviso, ed è tuttora in corso; un’analo-ga attività la conduco dal 2001 presso un Centronel territorio bolognese. Una descrizione del miolavoro presso la struttura trevigiana, con l’esem-plificazione di un caso individuale, è contenuta inun articolo uscito sulla rivista Musica et Terapia(Bolelli, 2007). In entrambi i progetti, partendodal modello operativo dell’ Armonizzazione dell’-Handicap (Postacchini, 2006; Postacchini e VV.,2001; Stern, 1985-87, 1998) le sedute di grupposono impostate alternativamente sull’improvvisa-zione sonoro-musicale e sull’ascolto di dischi ecassette, utilizzando soprattutto materiale propo-sto dagli utenti, secondo la metodologia delle au-tobiografie musicali (Demetrio, 1996; Disoteo –Piatti, 2002). Nell’articolo appena citato ho adot-tato il criterio della dicotomia aperto/chiuso, che“consente di superare la netta distinzione tra lepratiche cosiddette “attive” e “recettive” in MT,essendo l’articolazione aperto/chiuso del tuttotrasversale alle due pratiche metodologiche: leforme “chiuse” dell’esperienza di ascolto si “apro-no” nella pratica improvvisativa per andare poi amodificare la successiva esperienza di ascolto ba-sata su quelle stesse forme”. Anche in questo ca-so, nel gioco di apertura/chiusura non solo delleforme sonore, ma anche delle altre caratteristichedel setting e del rapporto tra sé e mondo esterno,la competenza comune ha un ruolo decisivo, chenon stride con la dimensione specialistica del sa-pere musicologico e musicoterapico, ma riesce afar convivere l’estetica e la riabilitazione.

Da alcuni anni, per l’esattezza dal febbraio 2005,il mio impegno maggiore come musicoterapista èdedicato alla Casa dei Risvegli Luca De Nigris diBologna, struttura di riabilitazione e ricerca perpazienti usciti dal coma e in stato vegetativo ominimamente responsivo. La struttura è concepi-ta con criteri all’avanguardia in Italia e fuori diessa ed accoglie 10 pazienti giovani adulti in mo-duli abitativi adatti alle loro condizioni; lì essi di-morano assieme ad un congiunto, che segue il

emozioni ho imparato che quando vogliamo sti-molare emotivamente qualcuno non possiamochiamarci fuori ed essere spettatori esterni delleemozioni altrui, ma bisogna condividerle. Poi evi-dentemente bisogna anche imparare a gestirle:passa anche e soprattutto da questa capacità lamaturazione di un efficace stile personale musi-coterapico. Per quanto mi riguarda, un passaggiodeterminante furono le prime simulazioni deidialoghi sonori nei laboratori con Gerardo Mana-rolo e gli altri docenti del corso (ho frequentato ilCorso Triennale di Rivarolo Canavese, da qualcheanno trasferito a Torino): solo dopo aver regolatoi conti con alcune ansie suscitate da quelle espe-rienze ho pian piano posto le basi per diventaredavvero un musicoterapista (Imberty, 1981, 1986;Damasio, 1999; Juslin – Sloboda, 2001; Postac-chini, 2001; Postacchini e AA.VV., 2001).

Sull’operatività musicoterapica ci sarebbe parec-chio da dire, in relazione al riconoscimento pro-fessionale ancora da venire: quando cominciai alavorare (metà anni ’90), per la committenza il di-ploma in MT aveva un valore tutt’altro che deci-sivo, non solo a livello istituzionale ma anche a li-vello sostanziale. Un po’ più importante era pre-sentare tra i titoli la laurea in musicologia, ma ilbiglietto da visita più incisivo era il curriculumconcertistico: infatti in molte convenzioni stipu-late con le USL (poi ASL) la qualifica indicata eraed è ancora oggi quella di Maestro d’arte. Cioè:che io sia diventato davvero un musicoterapistagrazie al Corso di Rivarolo, all’istituzione che mifa lavorare interessa relativamente; piuttosto chedalla mia capacità improvvisativa o dalla flessibi-lità esecutiva (cantare piegato in due, col dia-framma fuori gioco, oppure suonare una tastieraal contrario, ecc.) sono più abbagliati dal mio cur-riculum concertistico, con i concerti a New York,in Australia o alla Konzerthaus di Vienna…

La prima esperienza operativa con la MT l’ho av-viata nel ’94 in un Centro Diurno psichiatrico del-

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proprio caro in tutto il percorso riabilitativo, se-condo un preciso progetto terapeutico. L’ambien-te sanitario non è di tipo ospedaliero in sensoclassico, e si avvale di tecnologie innovative.

I laboratori espressivi (musica e teatro in situazio-ne terapeutica, queste le esatte denominazioniusate nella struttura) danno un importante con-tributo al percorso di ”facilitazione cognitiva” checostituisce il perno del protocollo generale dellastruttura, attraverso l’arricchimento emotivo chei rispettivi specifici linguaggi (musicale e teatrale)offrono alla stimolazione, pur nella difficilissimavalutazione dell’attività percettiva e, soprattutto,cognitiva, determinata dalla precaria condizionedi coscienza dei pazienti.L’attività di musica, a carattere individuale, è basa-ta quasi esclusivamente sull’esecuzione dal vivo diset vocali e strumentali. Anche in questo caso sicerca di combinare la pratica improvvisativa conl’utilizzo di musiche segnalate dai congiunti nell’a-namnesi sonora. Laddove le condizioni dei pazien-ti lo consentono, d’accordo col team viene ricerca-ta un’interazione più concreta, secondo precisiobiettivi clinici, volti a migliorare lo stato mnemo-nico, motorio, fonatorio, stimolando dunque i pa-zienti a realizzare produzioni vocali e/o strumenta-li. Sempre più spesso questo genere d’interventoavviene con la collaborazione della logopedista edella fisioterapista, anche in compresenza.L’attività si avvale della supervisione periodica daparte di Pier Luigi Postacchini, che aveva dato ilsuo apporto al progetto, stilando il primissimoprotocollo di musicoterapia nella fase sperimen-tale. Anche la mia esperienza presso la Casa deiRisvegli è oggetto di un articolo pubblicato suquesta rivista (Bolelli, 2008).

A fianco della Casa dei Risvegli opera il CentroStudi per la Ricerca sul Coma che ha attivato va-ri programmi di ricerca. Anche la stimolazione so-noro-musicale è inserita nella ricerca, e sono incorso vari percorsi sperimentali.

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Gli incontri riguardanti ospiti a bassa responsivi-tà sono oggetto di valutazione comportamentalesistematica WHIM (Wessex Head Injury Matrix),un approccio che comprende 62 items di compor-tamenti ordinati gerarchicamente: la prima partedella scala include delle risposte base (aperturadegli occhi, movimenti casuali degli occhi), altresono molto più significative (guardare una perso-na per breve tempo o guardarla mentre parla), evia via include tutti i possibili comportamentimotori ed eventualmente verbali, fino ad arrivareall’ultimo comportamento, molto evoluto, che è“obbedire al comando”.La rilevazione WHIM viene effettuata anche per illaboratorio teatrale e in altri momenti più infor-mali, quotidiani, da parte dei volontari o di altrioperatori della struttura: è dunque possibile unacomparazione dei dati.

Un grosso aiuto nella valutazione delle rispostealla stimolazione arriva dal BTS Dream, un mac-chinario particolare che mette in relazione le ri-sposte comportamentali dei pazienti, videoripresedurante la stimolazione, con le rilevazioni elettro-fisiologiche (frequenza cardiaca e respiratoria,pressione arteriosa, EEG). La BTS è un’azienda diMilano che progetta tecnologie per il monitorag-gio delle attività motorie (ha tra i propri clientianche il Milan LAB, la Ferrari e la NASA…)

Vorrei far notare come l’utilizzo di strumenti così‘digitali’ (come il WHIM), o tecnologici (come ilDREAM), per i quali l’aspetto quantitativo è deci-sivo, abbia comunque una forte ricaduta qualita-tiva, consentendo la condivisione di un codice daparte di tutte le persone coinvolte, siano esse, ingenerale, gli appartenenti ad una intera comuni-tà scientifica, oppure, in particolare, gli operatoridi una struttura clinica.

Il mio accostamento alla ricerca musicoterapicaavvenne alcuni anni fa con un gruppo che pro-24

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dusse uno studio sul setting e pubblicò ”La cles-sidra sonora”, ricerca di tipo teorico-qualitativosulla dimensione temporale in musicoterapia(Sarcinella e VV. 2003). Certo, modelli e criteri diricerca non andrebbero considerati in modo rigi-damente oppositivo, ma potrebbero armonica-mente, sinergicamente convivere. E questo credoche valga, più in generale, anche per le scienzeumane e le scienze sperimentali, che non sonocerto due compartimenti stagni.

Queste considerazioni mi permettono di conclu-dere, ribadendo come il chitarrista da spiaggia,forse talvolta soffocato dall’arte concertistica, al-la fin fine non sia del tutto eclissato dal musico-terapista, anche tra strumenti altamente specia-listici come il WHIM e il DREAM.

NOTE1) La relazione “Rantolo, dunque canto: la voceumana tra estetica e musicoterapia” è in via dipubblicazione per l’editore Cosmopolis con gli at-ti del convegno “La voce in musicoterapia” (Tren-to, 2006).

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When school teachers ask for a music therapyintervention in school, they are often driven bythe specific needs of a particular child or groupof children. The answer cannot be a pre-determi-ned route, but a specific poroject that the musictherapist shall build by putting together: his owntechnical skills; the teacher’s expectations; -the child’s specific needs; the resources and obli-gations of the specific school context.In this article we try to outline how to build sucha project, by using the concepts of complexityand integration as our main guidelines.

Un processo basato sul confrontoUna breve premessa finalizzata all’individuazionedi elementi basilari per una riflessione ci porta al-la domanda che titola il nostro contributo: qualemusicoterapia a scuola? Un percorso musicoterapico in contesto scolasti-co viene generalmente richiesto, dagli insegnanti,in risposta ad un bisogno specifico di un singolobambino o di un gruppo classe e non può quindiessere pre-confezionato, ma deve nascere dalconfronto tra:- competenze tecniche del musicoterapista (sti-

le personale-stile professionale);- aspettative dell’insegnante (stile personale-sti-

le professionale);- bisogni del singolo bambino e del gruppo (sti-

le/i-personali in ottica complessa);- risorse e vincoli del contesto.

Se consideriamo l’intervento musicoterapico ri-volto al gruppo classe, all’interno di una situa-zione che non presenta individui “certificati” condiagnosi funzionale, la proposta di lavoro può in-dirizzarsi all’ambito preventivo primario e secon-dario, ovvero a percorsi finalizzati allo sviluppodi una maggiore consapevolezza emotiva ed em-patica nei bambini unita allo sviluppo di unamaggiore capacità di tessere relazioni sociali. Il

Un percorso

musicoterapico

in contesto

scolastico viene

generalmente

richiesto,

dagli insegnanti,

in risposta

ad un bisogno

specifico di un

singolo bambino

o di un gruppo

classe

Quale musicoterapianella scuola primaria?

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musica

& terapia

crocosmo comunicativo erelazionale può servire adindividuare punti difet-tuali e potenziali della suaespressività in campo so-noro/musicale e globale.

Fase preliminare di analisi della domandaÈ quindi molto importante strutturare bene laprima fase di contatto con la struttura e con gliinsegnanti, in modo da indirizzare e meglio det-tagliare l’intervento stesso. Questo momento preliminare è necessario per:- approfondire insieme agli insegnanti le motiva-

zioni e le conseguenti aspettative che sottendo-no la richiesta dell’intervento di musicoterapia;

- chiarire con precisione le finalità della musico-terapia e le metodologie con le quali opera ilprofessionista;

- dettagliare vincoli presenti e risorse disponibi-li (tempi, spazi, strumenti, finanziamenti, ecc.)

- definire un “contratto” condiviso nel quale sia-no specificate modalità, tempi, spazi, reciprociruoli, ecc.

- informare adeguatamente le famiglie.

Fase preliminare di osservazioneDopo questa prima fase di confronto con chi ri-chiede l’intervento, è importante prevedere, sepossibile, una fase di osservazione all’interno delcontesto scolastico. Questo permette al musico-terapista di orientare l’intervento mettendo in re-lazione i dati raccolti nei colloqui precedenti equelli raccolti con l’osservazione stessa.Rimane da individuare quale modello di osserva-zione utilizzare per l’osservazione:- osservazione diretta e partecipe? Poco attuabi-

le a causa dell’esigenza di azione diretta sulcontesto da parte del musicoterapista;

- osservazione clinica? Forse il modello più uti-lizzabile per le caratteristiche della proposta ele esigenze del contesto;

musicoterapista è chia-mato a gestire prevalen-temente contesti di di-sagio relazionale diffusogenerati dal gruppo-clas-se come conseguenza aduna difficoltà di espres-sione, riconoscimento e condivisione delle emo-zioni. Ci soffermeremo più avanti sulle possibilicaratteristiche metodologiche di questo inter-vento, per ora ci limitiamo a riflettere in manie-ra aperta su alcuni interrogativi:- Il termine musicoterapia è appropriato all’ambi-

to scolastico? Ovvero laddove non esiste una“malattia” da curare possiamo parlare di terapiain senso globale, cioè riferire il termine al con-cetto di “miglioramento della qualità della vita”?

- Il termine musicoterapia può essere considera-to un vocabolo di uso comune? Di moda? Nonsi rischia di alimentare l’indefinitezza della di-sciplina a scapito di una chiarificazione rispet-to agli intenti e al corpus teorico-applicativoche conosciamo e che sostiene il nostro pensa-re e fare quotidiano?

- Come motivare (informare, chiarire le nostreintenzioni) alle famiglie la proposta di una “te-rapia” all’interno di un contesto educativo?

Se consideriamo l’intervento musicoterapico comeproposta specifica da rivolgere ad uno o ad alcunibambini che presentano situazioni di handicap de-rivate da specifici e riconosciuti deficit, l’approcciosarà centrato sull’instaurazione di una relazioneindividuale musicoterapista- bambino, oppure conla composizione di piccoli gruppi. La finalità del-l’intervento sarà legata al raggiungimento del piùalto livello d’integrazione possibile tra il bambino eil gruppo-classe. In questi casi risulta necessario unsetting specifico appositamente preparato all’in-terno del quale svolgere il lavoro, in fase prelimi-nare alla successiva sua estensione al contesto del-la classe. Osservare il bambino disabile in un mi-

È quindi molto importante strutturarebene la prima fase

di contatto con la struttura

e con gli insegnanti

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istituzionale con la sua “cultura” e le sue “usanze”e in uno spazio di lavoro che non è proprio ma dialtri. È quindi necessario, nel creare un settingadeguato per l’intervento di musicoterapia, ri-spettare le regole della scuola e curare con atten-zione l’interazione con il ruolo dell’insegnante.A tal proposito sembra anche indispensabile pre-vedere nel progetto di intervento dei momenti diconfronto e di scambio con gli insegnanti coin-volti sia in itinere che alla fine del percorso.

Modalità di intervento• Aspetti generaliLa prima fase dell’ intervento riguarda la cornicespazio-temporale in cui si svolgono le attività: riconoscere la stanza di musicoterapia come unluogo speciale, in cui accadono esperienze parti-colari e la relazione con gli altri si colora di signi-ficati più intensi: - il suono e il silenzio; - lo spazio del movimento; - il tempo dell’ascolto; - il tempo della produzione musicale; - il tempo della parola, della riflessione sulle at-

tività svolte.

• L’intervento sul gruppo classe o in piccoli grup-pi (bambini non certificati)Durante il percorso si centra l’attenzione sull’espressione di alcune emozioni specifiche: gioia,tristezza, rabbia, tranquillità, paura, meraviglia,osservandole da diversi punti di vista attraverso:- attività guidate e improvvisazioni corporee; - attività guidate e improvvisazioni musicali con

strumentario Orff ed etnico;- registrazione e riascolto critico di alcune pro-

duzioni musicali.La finalità delle attività corporee e musicali non èmai estetica, ma relazionale: l’attività del gruppodiventa metafora della quotidiana vita di relazio-ne; suono e movimento sono strumenti per espri-mere le proprie emozioni, riconoscere quelle degli

- Osservazione tramite l’uso di griglie precosti-tuite (utile per coinvolgere gli insegnanti).Guida all’osservazione di comportamenti efornisce indici oggettivabili dell’andamentodel processo comunicativo-relazionale.

Obiettivi possibiliL’incontro tra musicoterapia e scuola può rivelar-si fecondo da molti punti di vista: l’uso di un co-dice costituito da suoni, musica e movimento puòfavorire lo sviluppo affettivo ed emotivo e arric-chire la dimensione interiore e simbolica, svol-gendo un ruolo fondamentale nella prevenzionedel disagio e nella promozione del benessere psi-cofisico e relazionale dei bambini.La comunicazione non verbale, spesso ignoratanella scuola, permette di toccare i livelli più pro-fondi della comunicazione, dell’emotività, dellarelazione, dell’identità, aiutando i bambini nelraggiungimento di obiettivi quali:- l’apertura di canali espressivi e comunicativi da

parte dei singoli bambini; - la circolarità della relazione e della comunica-

zione all’interno del gruppo, anche in funzionedi una migliore integrazione della classe;

- la possibilità per gli insegnanti di osservare ibambini all’interno di un diverso contesto;

- l’intervento diretto in un contesto di vita / la-voro reale.

La possibilità di raggiungere questi ed altri obiet-tivi non risiede nelle qualità intrinseche della mu-sica, ma nei processi che per suo tramite vengonomessi in atto: ascolto, accoglienza, contenimento,sperimentazione di canali espressivi non-verbali esviluppo della comunicazione, creazione e mante-nimento di una relazione, ecc.

Il rapporto con l’istituzione scuola: “giocarefuori casa”Durante tutte le fasi dell’intervento, è indispensa-bile tenere in considerazione che avviare un in-tervento a scuola significa entrare in un contesto

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musica

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È evidente che la presenza di due professionistipermette, oltre ad una più attenta gestione digruppi spesso numerosi (23-25 bambini), di poteravere sulla classe un doppio punto di vista:- essere presenti all’interno della situazione rela-

zionale con una funzione di facilitazione e disostegno;

- mantenere un’ottica esterna per osservare icontenuti e le dinamiche che emergono du-rante le attività.

• Quale è la lunghezza ideale di un percorso?L’obiettivo di stimolare un cambiamento delle di-namiche relazionali all’interno del gruppo può es-sere raggiunto, a nostro avviso, solo con inter-venti che durino almeno per un intero anno sco-lastico, con incontri a cadenza settimanale. Nella realtà spesso i percorsi devono essere più bre-vi. È importante allora essere chiari con la scuolasul fatto che in questo caso può essere concreta-mente raggiunto solo un obiettivo di osservazione.

• Come comunicare alle famiglie le finalità delnostro intervento?È reale il rischio questa attività possa essere con-fusa da parte dei genitori o degli insegnanti conaltre, come la didattica o l’animazione musicaleche condividono con la musicoterapia alcunistrumenti, ma hanno obiettivi molto diversi.

Qualche possibile soluzioneUna progettazione partecipataLe difficoltà relative alla presenza di due musico-terapisti e alla durata dei percorsi nascono spessodalla scarsa disponibilità economica della scuola.Una possibile strada per superare questa difficol-tà può essere quella di una progettazione a lungotermine, costruita insieme alla scuola, che per-metta di reperire finanziamenti specifici.

• La comunicazione con le famiglieUna prima risposta può essere quella di organiz-

altri, intessere relazioni, veicolare comunicazioni,gestire conflitti. Anche quando il lavoro si svolge per piccoli grup-pi, tutti sono sempre coinvolti: l’ascolto assume lostesso valore della produzione: la discussione serveal gruppo che lavorerà successivamente per raffi-nare le proprie modalità espressive e comunicative.

• L’intervento individuale (bambino certificato) oin piccolo gruppoIl percorso privilegia la dimensione osservativa el’individuazione di aree potenzialmente sfruttabiliai fini dell’integrazione del bambino nel gruppo-classe. Particolare attenzione viene posta ai cana-li di comunicazione non-verbale e alla dinamicarelazionale bambino-musicoterapista, bambino-pari età-musicoterapista. Il suono, la musica, ilcorpo e l’utilizzo di oggetti mediatori divengono imezzi facilitanti l’interazione e l’integrazione.

Che cosa osservano le maestre: il cambiamentoQueste sono alcune delle osservazioni emerse ne-gli incontri di valutazione con le insegnanti altermine dei nostri percorsi:- crescita della consapevolezza e della capacità

espressiva da parte di molti bambini, che han-no progressivamente superato l’imbarazzo o lavergogna iniziali;

- osservazione di nuovi aspetti della vita emoti-va dei bambini, che hanno permesso loro dicomprendere meglio alcune difficoltà sul ver-sante dell’apprendimento;

- osservazione da un altro punto di vista deiconflitti latenti e in atto all’interno della clas-se e delle strategie messe in atto dai bambiniper affrontarli;

- possibilità di riprendere in classe alcuni spunti,riflettendo sulle emozioni o sul modo di stareinsieme.

Alcuni punti interrogativi• Uno o due musicoterapisti?

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zare degli incontri introduttivi avvalendosi di ma-teriale divulgativo da presentare alle famiglie.Un’altra strada possibile può essere quella di sti-molare le maestre rispetto alla produzione con ibambini di una specie di “quaderno di viaggio”che possa restituire l’immagine che i bambiniconservano del percorso svolto.

• La ricerca di un modello complessoEmerge da queste brevi considerazioni l’esigenzadi individuare un modello specifico di applicazio-ne della musicoterapia a scuola. Tale esigenza de-ve tenere conto della complessità del rapportomusicoterapista-scuola nelle sue molteplici di-mensioni e prospettive. L’utilizzo di un modellomusicoterapico singolo sembra rivelarsi come so-luzione difficilmente proponibile. Sulla base dellanostra esperienza la strada da percorrere sembraessere quella dell’integrazione. Integrazione deilinguaggi espressivi, integrazione delle metodiched’intervento, seguendo un pensiero di dinamicitàinter, intra, trans disciplinare (Lorenzetti,1990). Aifini della ricerca di una specificità d’interventomusicoterapico a scuola appare fondamentalesviluppare un pensiero forte volto a considerarein primo luogo il tema dello sviluppo dei processiempatici tra i bambini costruendo percorsi tra-sversali integrati. In questo modo pedagogia e di-dattica della musica vengono a trovarsi a strettocontatto con tecniche d’improvvisazione e dialo-go sonoro, con tecniche d’ascolto musicale e diespressività corporea. I modelli di riferimentoteorico sfumano i loro confini a favore del pro-cesso espressivo, comunicativo e relazionale cheintendiamo strutturare sui bisogni del singolo edel gruppo-classe. Il musicoterapista operante inambito preventivo scolastico deve affinare unaflessibilità di pensiero e operatività cogliendo sti-moli e risorse provenienti da ambiti del sapere ap-parentemente molto lontani modulandosi e mo-dulando di continuo le proposte d’intervento.

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Starting with a concrete experience in music the-rapy with children and adolescents with hearingdeficiency, the author focuses attention on deaf-ness, a realty that is rarely dealt with by profes-sional music therapists.Music therapy is definitely beneficial to personswith hearing deficiency as it allows them to ex-press their personal, internal musicality throughother senses with the introjection of new psychoexpressive means and to strengthen their innerself , their capacity to confront their deficiencyand also their psychological discomfort by hel-ping them to make changes which in turn facili-tate socialization and benefit their quality of li-fe and personal well being.

Vorrei parlarvi di una esperienza che ha preso av-vio nell’Ottobre 2002 e che continua a tutt’oggi,nella casa Caritas di Pontasserchio in Provincia diPisa, in collaborazione con l’Ass. Musicale “Il Pen-tagramma”, all’interno di un più vasto progettodenominato “Superabile: per l’integrazione dibambini e ragazzi portatori di handicap nel con-testo di vita” gestito dalla coop “Insieme” di Pisae rivolto a bambini e giovani adolescenti, con va-rie tipologie di deficit, residenti nei comuni di S.Giuliano Terme e di Vecchiano.Del lavoro da me svolto, all’interno di questo pro-getto, vorrei però qui riportare, in particolare,scoperte e riflessioni dell’esperienza, che ho avu-to e che continuo ad avere, con diversi bambini eadolescenti dai 3 ai 17 anni, seguiti in gruppo oindividualmente a seconda dei casi e del periodo,affetti da Ipoacusia; bambini sordi, ma comun-que, nella maggioranza dei casi, in possesso di unbuon residuo uditivo grazie alle protesi acusticheche portano o all’impianto cocleare che alcuni diloro hanno (l’impianto cocleare è un piccolo ela-boratore di suoni inserito all’interno dell’osso ma-stoideo, con un intervento invasivo e purtroppoirreversibile, che si pensa funzioni come un vero e

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musica

& terapia

Considero questa

esperienza

per me davvero

significativa

perché, dalle

incertezze e dai

timori iniziali

legati alla mia

ignoranza del

mondo della

sordità, essa mi

ha portato alla

scoperta di un

universo di

sensibilità,

capacità,

attenzione,

bisogni e attese

verso il suono e

la musica davvero

non immaginato

A Volte i pesci cantano… Musicoterapiae sordità: un esperienza di lavoro con bambini “diversamente” udenti

Fran

co La Plac

a, m

usicista, m

usicoterap

ista – Pisa

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racchiusi e protetti inquesta “casa” armonicache è il ventre materno, ilnostro corpo intero è in-vestito dai suoni, quelliinterni prima di tutto (ilrespiro e il battito del

cuore della mamma, i suoi rumori intestinali e ilrisuonare della sua voce soprattutto) ed insieme itanti suoni esterni che ci arrivano filtrati, ma an-che amplificati dal liquido dove noi, come creatu-re acquatiche, siamo immersi.Ma anche quando veniamo alla luce e le sensazio-ni visive ci investono, ancora il primo e più impor-tante veicolo sensoriale che ci connette alla real-tà è quello uditivo; in un imprinting che si fa sem-pre più vasto, tutti gli stimoli sonori che riceviamosi fissano nella nostra memoria profonda e vannoa formare il nostro patrimonio sonoro musicale, ilnostro cosiddetto “ISO” in musicoterapia, che ciidentificherà, con un progressivo arricchimento eduna continua evoluzione, per tutta la vita.La lallazione spontanea del neonato, il suo speri-mentare sonoro (che anche il bambino sordo pertutta una prima parte della sua vita possiede), lasua capacità di emettere i suoni (se si considera lavastità di quelli utilizzati in tutti i circa 6000 lin-guaggi dell’uomo) è infinita, ma poi si perde e sirestringe se non usata entro i primi 3 anni di vita. Ora, come ci viene spiegato dai teorici, che han-no indagato questo primo periodo evolutivo perl’essere umano così cruciale, (Stern, Trevarthen,Winnicott etc. etc.), il suono e la musica svolgononel costituirsi della psiche di ciascun individuouna funzione fondamentale; si ritiene che la vo-ce della madre, attraverso il “baby talkin”, pro-muova quel processo di separazione e di indivi-duazione che solo può portare il bambino a di-ventare persona con uno sviluppo naturale e ar-monico.Che succede, dunque, al bambino sordo se la vo-ce della madre, così importante, lui non può sen-

proprio orecchio digitale).Considero questa espe-rienza per me davvero si-gnificativa perché, dalleincertezze e dai timoriiniziali legati alla miaignoranza del mondo del-la sordità, essa mi ha portato alla scoperta di ununiverso di sensibilità, capacità, attenzione, biso-gni e attese verso il suono e la musica davveronon immaginato.

Da tutti noi esseri senzienti, prima di essere orga-nizzato e compreso in quanto musica, è il suonoche è percepito, noi siamo, in una definizione, stru-mento che, con tutto il nostro corpo/cassa armo-nica, convibra con ciò che in forma di vibrazionesonora ci investe. I nostri risuonatori naturali sonosempre attivi (e parlo di tutte le nostre cavità os-see e corporee), ma spesso, se non quando i suoniche ci investono sono di una frequenza molto gra-ve ”che ci prende allo stomaco”, non siamo quasimai consapevoli di come ascoltiamo. Noi nellamaggioranza dei casi, abbiamo la fortuna di poterutilizzare bene quelle strane appendici, più o menograndi, più o meno sporgenti, che abbiamo ai latidella testa, per captare i suoni in maniera raffina-ta ed il nostro sistema uditivo, in maniera sempresoggettiva per ognuno di noi, ci permette di ascol-tare in via preferenziale i suoni che ci arrivano,dandoci così l’illusione di non utilizzare i nostri ri-suonatori corporei naturali. Ma è con tutto il cor-po che sentiamo, e i nostri bambini sordi “diversa-mente udenti” questo lo sanno bene!

Le nostre prime esperienze sensoriali sono state tat-tilo – uditive. Il senso dell’udito è il primo che si for-ma e le nostre esperienze più arcaiche, quelle piùregredite sono state esperienze tattilo – sonore. Quando, come ogni mammifero che vive la suavita embrionale, noi esseri umani nuotiamo inquel “mare nostrum” che è il liquido amniotico,

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musica

& terapia

Che succede, dunque, al bambino sordo

se la voce della madre,così importante,

lui non può sentirla?

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sediamo, per noi più prezioso di uno Stradivari, daquando siamo nati e che possiamo usare in sensomusicale e ritmico.

I bambini sordi, per le loro difficoltà uditive, spes-so vivono in una situazione di grande tensionepercettiva e comunicativa che non li abbandonamai quando sono in situazioni relazionali, tesi co-me sono ad ascoltare o ad essere ascoltati e quin-di a comprendere e a farsi comprendere; e tuttociò si riflette sulla loro emotività, sul loro caratte-re, sul loro umore e di conseguenza sul loro at-teggiamento corporeo, vivono in una continuatensione.Vorrei qui aprire una parentesi sulla scelta che fi-no a poco tempo fa, nel mondo e soprattutto inItalia, purtroppo è stata fatta, e cioè quella di ab-bandonare l’insegnamento del linguaggio dei se-gni, che è per i bambini sordi linguaggio sponta-neo e naturale, privilegiando l’insegnamento dellinguaggio verbale del quale solo a grande faticae tardivamente si possono impadronire; creandocosì, spesso, un ritardo di apprendimento ed unadifficoltà di comunicazione e di comprensionecon gli altri che li svantaggia nel normale svilup-po delle loro capacità di studio, lavorative e di so-cializzazione; cosa che avviene molto meno (co-me ad esempio ci insegna la realtà americana,non solo oralista, con le sue università per sordi)dove le due modalità quella segnica e quella ver-bale sono insegnate parallelamente, ma questo èun altro discorso che richiederebbe non uno macento convegni sul tema.Ma al di là della scelta educativa, noi dobbiamolavorare con quello che abbiamo e quello che ab-biamo non è poco! abbiamo la curiosità, l’intelli-genza, la creatività, lo stupore e l’entusiasmo peri suoni e la musica che i nostri bambini sordi han-no ed è compito di noi musicoterapisti, che congli strumenti sonori lavoriamo, metterli a lorodisposizione affinché diventino, come è sicura-mente possibile, i loro strumenti.

tirla? Come fa a passare da questa iniziale fasesimbiotica e fusionale e poi, via via, alle fasi suc-cessive di separazione e di individuazione senzal’aiuto di questo rispecchiamento sonoro? Comeviene sostituito?Certo le altre vie sensoriali sono ben aperte e sti-molate, c’è lo sguardo rispecchiante della madre, iltocco delle sue mani, l’odore e il calore del suo cor-po, del suo seno che nutre e acquieta, ma lui in-dubbiamente subisce una mancanza sonoro – udi-tiva. Ci si può allora chiedere che cosa comportaquesto per il suo sviluppo cognitivo e relazionale.Se la sua esperienza uditiva diviene dal momentodella nascita, fuori dalle acque, ancora più ridot-ta, dal punto di vista di ascolto vibro- corporeo, equindi, a causa del suo deficit, molto ristretta esoprattutto limitata ai soli risuonatori corporei,che cosa oltre la memoria arcaica va a costituirela sua Identità Sonoro Individuale?Tutte queste sono, secondo me, domande essen-ziali, punti cruciali, per la comprensione della re-lazione del bambino sordo con il suono e la mu-sica e, soprattutto, per la comprensione di comequesta relazione possa essere adoperata, in unametodica di lavoro che ne favorisca lo sviluppoindividuale, andando ad attuare delle trasforma-zioni al fine di integrare la persona. Ora, come appare chiaro, se il primo modo di sen-tire è collegato ad un ascolto corporeo, con il cor-po intero, si può senz’altro pensare che per chinon può ascoltare attraverso i normali organiuditivi, sia molto importante recuperare questaprima capacità, che noi normoudenti, focalizzan-do tutto sull’ orecchio, con il tempo perdiamo operlomeno escludiamo inconsciamente, privile-giando le vie “normali”.Ed è per ciò che ritengo fondamentale, in modoparticolare nel lavoro con l’ipoacusia, che l’espe-rienza sonoro-musicale, oltre che dall’uso deglistrumenti e dall’uso dell’ascolto (l’approccio ri-cettivo) passi dall’utilizzo del corpo; di questostrumento naturale che ci appartiene e che pos-

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mancante per il bambino sordo è la difficoltà ini-ziale di relazionarsi con la madre in un modo co-municativo naturale e spontaneo, uguale per en-trambi e comunque non limitato sensorialmente.In generale la suonoterapia (parafrasando, vistoche è soprattutto il materiale sonoro con cui ci siconfronta, una definizione suggerita dall’eccezio-nale percussionista inglese, non udente, anzi “di-versamente udente” Evelyn Glennie), utilizzando isuoi strumenti, può andare a contattare quelleparti più regredite e arcaiche vissute nelle fonda-mentali esperienze pre e post natali, toccandoprofondamente la sfera emozionale, in una mo-dalità non verbale che essendo stata esperita pre-cedentemente allo sviluppo del linguaggio parla-to è diretta e particolarmente efficace.

Nella relazione musicoterapica, tramite un pro-cesso sonoro musicale, prima di identificazione,poi a poco a poco, di separazione e di individua-zione questa relazione primaria limitata dal defi-cit, e a volte interrotta, può essere forse ripristi-nata per rendere capace la persona, meglio con-solidata con se stessa, di confrontarsi con tutto ilresto, cioè con le sue parti interne. Il musicoterapeuta (o terapista che dir si voglia!),in rapporto empatico, deve prendersi cura di que-ste parti interne, dell’ascolto profondo, della rela-zione e dell’emozione che può nascere dal sentiredentro di sé, dallo sperimentare dentro di sé, cer-te modalità arcaiche d’ascolto. E lo può fare, in-nanzitutto, stimolando esperienze sonoro–musi-cali che dal corpo sono veicolate, sia in senso tat-tile, che ritmico e di movimento.Ma, senza il gioco ed il piacere del gioco, sia benchiaro, tutto questo non tocca il bambino, nè ilragazzo.

E quindi, concretizzando, è attraverso il gioco chesi deve a mio avviso avviare una lavoro di stimoloe di sostegno sonoro-musicale che si potrà arti-colare attraverso questi parametri fondamentali:

Purtroppo, per chi utilizza in senso terapeutico lamusica e il suono, pensare di rivolgersi a qualcu-no che i suoi strumenti non può sentire destabi-lizza e respinge; ed è forse per questo, secondome, che la musicoterapia a tutt’oggi, tranne il ca-so di pochi musicisti e musicoterapeuti pionieri, (equi vorrei citare il lavoro di Alain Carrè e ChristianGuyot in Francia e quello tutto italiano e assaiimportante, della prof. Giulia Cremaschi Trovesi,insieme a quello di Marco Gilardone e OskarSchindler a Torino e Francesco Facchin a Padova)si è ben guardata dal rivolgersi al mondo dellasordità.

A mio giudizio nel lavoro con la sordità, in gene-rale, vanno sviluppate insieme, parallelamente, laparte comunicativa, la parte riabilitativa e quellaterapeutica in senso psicodinamico; perché senzauno dei tre aspetti non si può pensare che la per-sona possa sviluppare una sua integrità.Ed è, a mio avviso, al potenziamento delle possi-bilità relazionali con se stesso, all’espressione del-le proprie capacità emozionali, oltre agli aspettipiù strettamente riabilitativi, che si deve in parti-colare indirizzare la musicoterapia.Una musicoterapia intesa come possibilità di met-tere la persona in relazione con un mondo sonoroampliato, che va al di là del suono recepito dall’o-recchio; un suono recepito, come si diceva, dalcorpo intero, che si ricolleghi a quanto di sonoroil bambino ha interiorizzato in senso corporeo, fa-cendogli ritrovare una sua unicità, un sentirsi par-te, anzi un sentirsi “un tutto”. Perché questo signi-fica per lui tornare a qualcosa che è stato inter-rotto, per mancanza di capacità concrete, per im-possibilità; significa tornare ad un tipo di modali-tà relazionale simile a quelle che aveva con la ma-dre, in passato abbandonata e che va recuperata.Perché non si può attivare un buon processo rela-zionale, giungere ad uno stato armonico, ad unapresa di autonomia se viene, nel percorso evoluti-vo, a mancare un anello, ed in questo caso l’anello

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- la risonanza - la percussione e il ritmo- il movimento

Alla luce della esperienza di questi anni di lavorocon i “diversamente udenti” io credo che lo scopodel lavoro musicoterapico dovrebbe essere, nontanto quello di “fare entrare “a forza “ il suono,sfruttando al massimo, con l’utilizzo delle protesiacustiche, il residuo uditivo del bambino e del ra-gazzo sordo attraverso un canale deficitario, conspesso come solo obiettivo quello della produzio-ne verbale (chiedendoci se questo non sia più dicompetenza del logopedista, dello specialista del-la riabilitazione), quanto quello di sviluppare unacapacità di ascolto interiore ed un senso ritmicointerno che armonizzi l’andatura, la gestualità, lacomunicazione corporea di tutta la loro persona(che spesso è impacciata, goffa e disarmonica). Questo lavoro potrà permettere loro di esprimereuna musicalità personale interna, anche attraver-so canali non deficitari, e soprattutto favorendol’introiezione di nuovi mezzi psico-espressivi, raf-forzando le loro parti interiori, la loro capacità diconfronto con il deficit e con il proprio disagiopsicologico, permetterà di attuare delle trasfor-mazioni e, tramite varie forme di drammatizza-zione, un processo d’individuazione e di simboliz-zazione, fondamentale perché possano crescere inmaniera più armonica, permettendogli così di ac-cedere alla socializzazione e di migliorare la qua-lità di vita e il loro benessere personale.

Questo, molto in sintesi, è quello che nelle miesperimentali modalità, cerco di fare con i mieibambini “diversamente udenti” che naturalmen-te, a fine di questa mia relazione, desidero infini-tamente ringraziare per tutta la ricchezza del lo-ro “sentire” che mi hanno sempre trasmesso e chetanto mi ha arricchito.Spero che questo mio intervento possa essere distimolo, quasi una esortazione agli operatori di

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& terapia

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musicoterapia a rivolgere la loro attenzione edavvicinarsi senza pregiudizi nè timori al mondodella sordità con apertura, curiosità e volontà di“ascolto” (e quanto desiderio e bisogno hanno isordi di essere ascoltati!).Tutti loro sono li che aspettano, “con altre orec-chie”, di scoprire la dimensione del suono. Vorrei infine concludere con alcune righe che hoscritto alla fine della mia tesi che alla musicote-rapia per la sordità è dedicata.

A volte i pesci cantano…Chissà se i pesci cantano?Di sicuro lo fanno delfini e balene che pesci nonsono, ma che del mare hanno fatto la lorodimora sonora e ne riempiono colorandole disuoni, con grida e richiami, le profonditàmarine.

E i pesci che invece immaginiamo sordi e mutisembrano restare indifferenti alla musicadell’oceano.

Ma il loro corpo di pesci vibra e nell’acqua, chepiù velocemente trasmette il suono e loamplifica, presi in reti sonore, ne sarannointeramente pieni.

Non sono pesci i nostri bambini sordi, anche sea volte ammutoliti, anche se a volte sembranonuotare indifferenti o annaspare boccheggiantie smarriti in un loro mare privato, ma il suono,così come fa con il corpo dei pesci, li riempie.

Li riempie interamentee li fa vibrare. Vibrare di emozione

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musica

& terapia

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Freely drawn from “Alice in Wonderland” by Le-wis Carroll, the project has been carried out inabout 6 months of meetings and recordings. Thework is subdivided into 12 parts, whose structu-re is composed from several sounds and narrati-ves fields. Alice it’s a musical project that comeoff starting from the recorded material to com-pose a set in which the several characters fol-low the leader, who re-constructs the musicaland narrative working out in real time. The lea-der has headphones’ monitors at his disposal wi-thin the software’s score previously recorded,and he direct the re-composition. Every ensem-ble’s element (patients and musicians)is linked tothe leader, but, in this way, it’s free to re-expressthe musical or narrative interpretation. The se-quence forecasts 12 frames in which everyonecan re-constructs the material but keeping intothe shape’s limits fixed by the recording.

“Sia data la tavola delle categorie della genesi di-namica in rapporto con i movimenti del linguag-gio: passione-azione (rumore), possesso-privazio-ne (voce), intenzione-risultato (parola).“(Gilles Deleuze, Logica del senso, 1969)

L’esperienza che presento è Alice, progetto del la-boratorio sonoro-musicale CLGEnsemble, attivoall’interno del CAD (Centro Attività Diurne) “Ca-stagneto”, da me coordinato per la Coop. socialeIn/Contro di Torino. L’utenza del laboratorio è composta da quindiciospiti disabili psicointellettivi adulti che secondomodalità differenti frequentano attivamente illaboratorio da numerosi anni.Il CLGEnsemble opera dal 1997 e ha raggiunto,nel corso del tempo, un buon riconoscimento a li-vello istituzionale. Dal 2006 il laboratorio si è co-stituito in associazione culturale per elaborareprogetti nel e per il territorio ed è formato da ungruppo di cinque musicisti, musicoterapisti ed

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musica

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L’utenza

del laboratorio

è composta

da quindici

ospiti disabili

psicointellettivi

adulti che

secondo modalità

differenti

frequentano

attivamente

il laboratorio

da numerosi anni

Alice: percorso sonoro tra improvvisazione e composizione

Dario Bruna

, Musicista im

provvisatore, M

usicoterap

ista, Torino

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Per paesaggio sonoro in-tendiamo sia il personalerapporto con il contestovissuto, sia le modalitàspecifiche, con le quali ilsoggetto affronta quoti-dianamente i differenti

ambienti, ma anche come e cosa a livello sonoro equindi percettivo, agisce e viene agito dal e sulsoggetto: la casa, la comunità, la scuola, i mezzi ditrasporto, la stessa musica e i suoi strumenti.Quindi se per noi l’elemento sonoro è manifesta-zione esistenziale, emotiva e “rumorosa” del per-sonale ed individuale paesaggio sonoro, riteniamol’elemento musicale, e quindi la specifica musica-lità, il linguaggio, inteso quale espressione dellelogiche, delle grammatiche connesse all’ascolto,alla percezione ed alla produzione del musicale al-l’interno di una cultura di provenienza.Partendo quindi dal ridonare dignità d’ascolto eattenzione alla sonorità del contesto di prove-nienza, viene da noi inizialmente raccolta la spe-cifica ed unica testimonianza sonora della perso-na. La centralità che assume l’aisthesis, la dinami-ca del sentire/sentirsi, e quindi dell’ascolto in sen-so ampio, diviene quindi centrale a livello meto-dologico, poiché il paesaggio sonoro può manife-starsi osservando il passaggio che dalle passioni-emozioni espresse (suono e rumore) vissute neldisagio, giunge ad una fase intermedia ma già si-gnificante e riconoscibile (la voce e il timbro), si-no ad arrivare ad uno sviluppo articolato del si-gnificato e del significativo (la parola e il suonodetto, cantato e suonato) che riguarda processicomplessi sia nei suoi aspetti logico- cognitivi, siain quelli simbolici e rappresentativi.Tale percorso avviene all’interno di una cornice osetting/azione educativa e relazionale il cui con-tenuto specifico è l’improvvisazione. Il nostro la-voro è indirizzato nel cogliere e strutturare deter-minate regole evenienti dal contesto improvvisa-tivo stesso che, nel suo farsi e costituirsi azione

educatori. Soci attivi del-l’associazione sono glistessi ospiti del centrodiurno che secondo com-petenze diverse si rendo-no partecipi dell’organiz-zazione.Considerazioni metodologicheLe attività prevalenti del laboratorio sono direttead integrare il disagio degli ospiti in contesti di-versi, coinvolgendo differenti culture, istituzioni econtesti sociali tra loro spesso lontani. Azioneeducativa, Improvvisazione e percorsi musicote-rapici si integrano, cercando di porre inizialmen-te l’elemento sonoro al centro della relazione tratutti i soggetti coinvolti.Ogni progetto si avvia dall’osservazione del mo-mento relazionale, partendo dalla nostra perso-nale modalità di rapporto con l’alterità attraversoil contatto dialogico, diretto e partecipe. All’in-terno della relazione è per noi determinante il ri-conoscere attraverso l’ascolto e l’interazione conl’altro le possibilità co-evolutive dell’incontro, sa-pendo coglierne e modulare gli aspetti ancheconflittuali, connessi ad aspettative o a modalitàcomunicative irrigidite dal disagio o dall’handi-cap vissuto dalla persona.Riteniamo che ogni persona sia portatrice, all’in-terno della relazione, di un proprio e individualebackground di esperienze, che sia in grado di ma-nifestare “logiche” e modalità relazionali struttu-ralmente connesse al contesto esistenziale e di vi-ta dal quale proviene. Il nostro lavoro è quindi ri-volto a rintracciare, a intercettarne i segnali, adascoltarne i suoni e i rumori, per porli in evidenzae valorizzarne il contenuto espressivo e musicale. Viene ricostruito e riportato in un contesto rela-zionale evolutivo il paesaggio sonoro della perso-na, portando il disagio su di un piano differente,integrato e riconosciuto dal nuovo contesto rela-zionale e condiviso dal gruppo di progetto.

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Tale percorso avvieneall’interno di una corniceo setting/azione educativa

e relazionale il cui contenuto specifico è l’improvvisazione

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l’elemento musicale, spesso particolarmente rigi-do e strutturato in abiti agiti dalla cultura vissu-ta e di provenienza, assume inediti significati edinaspettati risvolti terapeutici, all’interno di unlinguaggio ed un progetto musicale quindi deter-minato, interpretato ed espresso dagli stessi sog-getti che attivamente lo realizzano.

Alice - percorso sonoro tra improvvisazione ecomposizioneIn questo quadro metodologico e progettuale diriferimento si è costruito nel biennio 2006-07 ilprogetto Alice che, in modo paradigmatico, risul-ta per noi compiuto nel suo essere progetto nel eper il territorio. Il progetto ha coinvolto ventipersone tra ospiti del CAD, tirocinanti in Musico-terapia, musicisti ed operatori del Centro. Il percorso si è articolato in tre momenti:1. L’organizzazione dei setting/azione di improv-visazione e registrazione dei materiali sonoro-musicali all’interno del laboratorio. Sono stati definiti i gruppi strumentali-vocali, l’e-laborazione del testo e la relazione tra tirocinan-ti, ospiti e musicisti. Si è proceduto registrandocirca sei mesi di incontri. È interessante (e gratificante) ricordare che nellafase iniziale del lavoro non vi era alcuna inten-zione di realizzare un progetto così ampio e defi-nito (dapprima su Alice e, in seconda battuta, suCarroll stesso); la conoscenza dell’autore (comeuomo e letterato) ha però poi suscitato un cre-scente interesse, maturato di pari passo alla sco-perta del saggio ‘Logica del senso’ di Gilles De-leuze, dove Alice è il riferimento per un’ampia ri-cognizione dentro-fuori il linguaggio e la comu-nicazione. L’organizzazione dei primi setting/azione è stata caratterizzata da scelte dettate siada intenzioni adeguate al contesto, aderenti alracconto di Carroll, sia da intuizioni e suggestio-ni scaturite in corso d’opera, come l’introduzionee l’utilizzo del concetto deleuziano di parola-baule, che hanno in diverso modo “decostruito”

sonora e processo relazionale, possa favorire ilpassaggio e l’integrazione dell’elemento sonoro,caratteristico di ogni testimonianza, in una formaed in una struttura musicale più ampia e condivi-sa dall’intero gruppo di progetto. Utilizzando una metafora spaziale, la strutturamusicale è reticolare ed orizzontale, la cui “rego-larità” viene disegnata dalle stesse regole spazio-temporali, educative e relazionali che ilsetting/azione pone in essere con il suo farsi; ogniprogetto si dipana e si regola secondo una dina-mica che prevede il movimento continuo che dal-l’interno del setting/azione ri-conduce i soggettiprotagonisti al loro o ad altro contesto di vita, alterritorio di provenienza o in nuovi territori. Ilterritorio è allora il paesaggio esterno, nel qualericollocare e riconfrontare l’esito e l’efficacia delprogetto, in rapporto alla dignità personale rag-giungibile in ambiti non protetti e di estrema vi-sibilità. In questo senso la progettualità del labo-ratorio tende a porre in contatto paesaggi e ter-ritori differenti; il bosco, l’ambiente rurale, lascuola e la città.Ogni progetto promuove l’interazione tra ele-mento sonoro ed elemento musicale, indirizzandola nostra ricerca progettuale verso la creazione dispecifici linguaggi, intendendo per linguaggiospecifico l’insieme di regole che ne determinanola necessaria libertà interpretativa in rapporto al-la coerenza formale che la sua ricollocazione nelcontesto territoriale e sociale impone. Apparechiaro che il nostro continuo decifrare e porre inrelazione gli aspetti formali, linguistici e cogniti-vi del progetto musicale, sia connesso al contestovissuto e abitato nel quale il progetto viene ri-portato, al fine di promuovere nuova dignitàespressiva, attraverso una comunicazione il piùpossibile riconoscibile ed identificabile, quale ma-nifestazione di una persona a sua volta ricono-sciuta e riabilitata esistenzialmente nel proprio oaltro contesto. Riportando a testimonianza e a di-gnità espressiva l’elemento sonoro del soggetto,

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Abbiamo quindi pensato ed elaborato una “parti-tura” che, partendo anch’essa dal contenuto stes-so del lavoro registrato, potesse riportare in tem-po reale una struttura ormai fissata dal digitale.La partitura è composta da 12 quadri, nei quali lafigura del “direttore” non c’è. Piccoli organici vo-cali e strumentali sono guidati da cinque coordi-natori che, d’intesa fra loro, consentono che l’e-spressione e l’improvvisazione dei singoli siano iltratto costitutivo del CLGEnsemble mentre suonaAlice. Compositivamente, la musica di Alice rea-lizza una stratificazione topologica e sincronicadi piani narrativi e zone sonore in movimento, co-stituiti anche dalle parole-baule, dagli oggetti so-nori e dall’effettistica elettronica. Tale struttura èin un rapporto di movimento interno/esterno coni quadri o capitoli dell’Alice di Carroll, i quali for-mano una sequenza lineare, diacronica e irrever-sibile, concretizzati dal testo letto e dalle songelettroniche, che scorrono per loro intrinseca esorda necessità. Il contesto affettivo e culturaledel racconto è stato caratterizzato dalla semplici-tà spesso elementare dei temi melodici, degli ar-peggi e dall’“effetto” sempre cangiante della so-norità elettronica. Compositivamente si è cercato di penetrare nelladialettica tutta sonora della logica carrolliana se-guendo continuamente un doppio binario o (perdirla secondo Deleuze) seguendo due serie sono-re e musicali in contrasto tra loro e di senso op-posto e cercando di dare risonanza ora a una oraall’altra, enfatizzando così un “terzo” elemento ofilo conduttore: l’effetto sonoro, musicale edespressivo dell’improvvisazione dialogica e rela-zionale degli interpreti. 3. La performances per piccolo e grande Ensem-ble e il confronto con il territorio. Il lavoro è stato quindi proposto in numerose oc-casioni nel 2007 (la “Promotrice” delle Belle Arti,Taurus Club, Castello del Borgo Medievale e pro-getto Bosco Sonoro) e in differenti formazioni;dal sestetto all’Ensemble di sedici elementi.

Alice. Il piano diacronico dei capitoli è rispettato,ma l’intrecciarsi sincronico di alcuni di essi, le ri-petizioni e lo slittamento di alcune situazioni(prima o dopo) rispetto alla loro effettiva collo-cazione nel racconto hanno voluto essere coe-renti con la logica e le modalità combinatorie diCarroll stesso. Agli interpreti vocali e ai musicisti è stato chiesto,stimolati da consegne chiare ed esplicite, di co-gliere, ognuno a suo modo, la logica del senso diAlice e interpretare tale scomposizione-composi-zione seguendo una direzione costruttiva, unita-ria e coerente maturata quindi in itinere. Si sonocosì delineate specifiche coppie vocali narrative egruppi, insiemi vocali-strumentali che hanno viavia interagito ed improvvisato con la voce nar-rante principale. Ogni “lettura” del testo, venivapoi sonorizzata dai gruppi strumentali-vocali so-vraincidendo più livelli e parti sonore, allo stessotempo venivano definiti con il computer specifi-che song ritmico-melodiche e ambienti sonori neiquali collocare le improvvisazioni.2. La composizione/ricomposizione del materialein digitale e la definizione di “Partitura”. Attraverso diversi software si è proceduto all’inte-grazione formale, musicale delle improvvisazioni,fissando i contenuti in 12 quadri. Si è quindi de-finita una partitura della composizione per giun-gere alla stampa del master finito. Contemporaneamente al momento improvvisato-rio, relazionale e narrativo, si è proceduto all’in-tegrazione di tutto il materiale registrato all’in-terno di specifici software di composizione musi-cale, procedendo in modo coerente dalle “cosestesse”, seguendo quindi il più possibile l’articola-zione interna delle improvvisazioni, cercando dimantenere intatto il momento improvvisativo,emotivo e relazionale a scapito, forse, di unatroppo scontata ascoltabilità del lavoro che, nelsuo insieme e nel suo farsi, manifestava semprepiù una sua compiuta ed originale struttura for-male ed interpretativa.

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sa, l’ascoltatore è attivato all’ascolto dal confrontoespressivo, dal dialogo, dall’interazione provenien-te dalla “rete” sonora e musicale di Alice. La performances non è quindi l’affermazione diun punto di vista ma è l’affermarsi e l’irromperedel sonoro significativo, proveniente dall’espe-rienza estetica della musica, all’interno della di-mensione relazionale tra normalità e diversità, tracapacità e disabilità.

ConclusioniDi fondamentale importanza per l’intero percorso èquindi risultato il testo di Lewis Carroll, nel qualeabbiamo ritrovato un’eccezionale affinità di con-nessioni (letterali e metaforiche) al contesto rela-zionale, emotivo ed esistenziale nel quale operiamo.Abbiamo scoperto in Alice un’intera e compiutaavventura relazionale che ha come oggetto esoggetto l’incontro con l’Alterità e, per come vie-ne vissuta da Alice stessa, è l’in-contro tra nor-malità e differenza che, nel testo di Lewis Carroll,si nutre di conflitti relazionali, di ambivalenzepersonali, di giochi di parole strampalati, in unpercorso psichico e soggettivo che non risolve,che non pacifica la relazione con l’Altro e con ladiversità ma la lascia essere, a suo modo, così co-m’è; prendendo da essa le pur necessarie misure,lasciando aperto però l’orizzonte al senso dell’in-contro, lascia spazio a nuovi significati, a nuovecomprensioni.Il paesaggio sonoro di Alice, lascia intenderequindi la possibile integrazione di ambienti e re-lazioni apparentemente lontani, nei quali Alicestessa è allo stesso tempo guida e guidata, è re-cettiva e passiva, ne è forma e contenuto, cer-cando sempre di comprendere le distinzioni, rico-noscerne i mutamenti, i limiti le contraddizioniche lo caratterizzano. Il progetto Alice è ora per noi un percorso di cu-ra in divenire che concretizza le sue regole nellacontinua costruzione/decostruzione del suo farsicontesto e territorio:

lI momento performativo è stato, ed è, la ricollo-cazione del progetto nel territorio, attraverso latemporalizzazione delle regole che lo costruisco-no e lo caratterizzano. La logica, la normativadettata dalla partitura che muove la nostra Alice,è quella di re-interpretare ogni volta la partiturasecondo un’intenzione improvvisatoria non rigi-damente riproduttiva, pur mantenendo al suo in-terno dei punti fermi che facciano della partiturastessa un contenitore sonoro sempre modificabi-le dal suo interno attraverso la relazione direttacon l’ascoltatore e il contesto in cui è collocato.Il momento performativo ha quindi implicato unnuovo tipo di setting/azione, una nuova modalitàdi approccio che possiamo definire in quantoesperienza estetica. All’interno di essa si sono potuti ritrovare tuttiquei fili relazionali che fanno di un incontro trapersone normodotate e diversamente abili non unsemplice stare-assieme ma un’esperienza condivi-sa e integrata, stabilita dall’unità intenzionale delgruppo verso il riconoscere e il riconoscersi in uncomune percorso, e che ha, per molti di noi e diloro, valenze e contenuti terapeutici. Terapeutico in quanto consapevolezza non solodei propri limiti relazionali o estetici ma in sensopiù ampio, consapevolezza del senso della stessaesperienza, della direzione e della potenzialitàestetica e sociale del proprio fare, delle propriecapacità in ragione di una visibilità, o meglio diuna sonorità che va oltre il pregiudizio musicalecontemporaneo, legato com’è o al nuovo o alcommerciale o al diverso, ma affronta la proble-matica dell’alterità, ascoltando e facendo ascol-tare la propria testimonianza significativa, chedal singolo va al gruppo e dal gruppo attraversol’ascolto raggiunge l’altro. L’Altro, nel momento performativo, non è quindi il“diverso”, il disabile, ma l’ascoltatore stesso, il qua-le è attivato non solo dal punto di vista visivo edoperazionale, cercando nella performances un’e-spressività efficiente, attoriale o meramente diver-

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- contesto e paesaggio sonoro-musicale;- contesto e rapporto relazionale;- contesto e territorio psicosociale.La realizzazione e l’efficacia di ogni performancesè allora significativa quando ospiti, educatori,musicisti ed ascoltatori compiono anch’essi l’iti-nerario di Alice, vivendo l’insieme del progettomusicale e del paesaggio sonoro evocati, nella re-ciproca condivisione e integrazione dei contrastie delle differenze, effettivamente connessi al ma-teriale sonoro, testuale e musicale della perfor-mances. La diversità acquista allora dignità sociale ed an-che estetica in rapporto diretto con l’ascoltatore,mantenendo la sua irriducibile ed unica singolarità.

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musica

& terapia

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The health worker is constantly in touch withsuffering, death and with the experiences of thepeople he assists. He carries a heavy emotionalburden, made even heavier by his own personaltroubles.In the long term he risks to run out of energy re-sources, to discharge his tension in his private li-fe, to feel tired and empty.One year ago we started an experimental musictherapy group with some ofour colleagues in theMental Health Care Service

PremessaL’operatore che lavora in ambito sanitario, quoti-dianamente a contatto con la sofferenza, la mor-te e con i vissuti delle persone assistite, si portadietro un bagaglio emotivo che va a sommarsi apossibili difficoltà personali. Questo comporta, alungo andare, il rischio di esaurire le proprie risor-se ed energie e di scaricare nel contesto privato letensioni acquisite, di sentirsi svuotati e stanchi.I meccanismi di difesa che l’individuo mette in at-to in questi casi sono i più disparati: la negazio-ne, l’idealizzazione, la dissociazione, l’eccessivotecnicismo, ecc.In realtà, non sempre le difese psicologiche in-consce funzionano e la consapevolezza appare lastrada più fruttuosa: conoscere bene se stessi e ipropri sentimenti.All’interno del gruppo, il singolo può cogliere inmodo differenziato le proprie percezioni sensibili,le proprie idee e fantasie, i propri desideri, timorie bisogni, contemporaneamente sviluppa nel suoambiente una più grande apertura per i senti-menti e pensieri dell’altro.In tale contesto può essere esaminata e talvoltainfranta una parte degli stereotipi di ruolo indivi-duali: questi spesso diventano così connaturati innoi che a malapena siamo coscienti della misuracon cui reprimiamo le nostre emozioni.Il gruppo è nel contempo strumento didattico

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musica

& terapia

All’interno

del gruppo,

il singolo può

cogliere in modo

differenziato

le proprie

percezioni

sensibili,

le proprie idee

e fantasie,

i propri desideri,

timori e bisogni

Musicoterapia per operatori sanitari

Giusepp

e D’Erba, Rau

l Quinz

i, Inferm

ieri professiona

li, CSM

via Peschiera, A

SL 3, G

enova

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Institute of Stress) perpoter effettuare una va-lutazione fondata su datioggettivi.Riguardo le dinamiche ditranfert e controtransfertci siamo avvalsi della su-

pervisione di una psichiatra del nostro servizio, ladott.ssa MariaPaola Strata. Obbiettivi del gruppo:- vivere un’esperienza di condivisione delle

emozioni a partire dalle dinamiche relazionali;- esplorare le dinamiche del gruppo di lavoro

ponendo l’accento sugli aspetti che promuo-vono l’integrazione;

- esprimere se stessi sul piano non verbale;- comunicare con gli altri usando modalità di-

rette e spontanee;- conoscere in maniera più profonda i propri

colleghi attraverso il gioco, il movimento, lamusica;

- scoprire l’elemento sonoro-musicale e gli af-fetti evocati, sia attraverso l’ascolto che nellaproduzione diretta su uno strumentario;

- regalare uno spazio nuovo nel quale l’operato-re possa occuparsi di sé e dei suoi compagni.

Abbiamo elaborato e sperimentato una serie diattività che mirano a rivitalizzare sensazioni in-torpidite e che conducono a un più forte contat-to emotivo con se stessi, con il proprio corpo econ gli altri.Poter esprimere forti emozioni nel gruppo, moltospesso di rabbia e dolore, può essere importante,tuttavia noi abbiamo scelto di soffermarci sull’espressione di sentimenti positivi e sul rafforza-mento delle dinamiche comunicative. Questa mo-dalità garantisce al partecipante il diritto di deci-dere l’intensità del suo processo di apprendimento.La nostra decisione di proporre nel percorso for-mativo sia tecniche di musicoterapia attiva e re-cettiva volte all’espressione emotiva, che attivitàdi espressione corporea a sfondo ludico può favo-

e oggetto dell’interven-to formativo. Il processo di trasformazione, infatti,non consiste nella tradu-zione di risorse umane emateriali in un prodotto oin un servizio, ma nella ri-scoperta di una risorsa particolare: se stessi.Il punto focale di tale percorso è sempre l’indivi-duo ma ci si allontana da un modello di forma-zione inteso in senso tradizionale, il gruppo di-venta uno strumento di apprendimento, significaentrare in una dimensione esplorativa della pro-pria esistenza, prendendo coscienza ed ampliandole nostre esperienze.

Aspetti metodologiciPartendo da questi presupposti, da circa un annoabbiamo iniziato in via di sperimentazione ungruppo di musicoterapia rivolto agli operatori (in-fermieri ed OSS) del nostro Servizio di SaluteMentale. La richiesta è arrivata dagli stessi colleghi, deside-rosi di poter avere uno spazio riservato alla propriaemotività. La modalità di accesso consisteva in un colloquiopreliminare volto a valutare il rapporto del parte-cipante con l’elemento sonoro/musicale.L’adesione è stata totale (13 operatori), la tipolo-gia del gruppo era di tipo “chiuso” a durata an-nuale.La frequenza è stata mensile, la durata della se-duta di un’ora e al termine i conduttori compila-vano un protocollo osservativo.Presso il nostro CSM disponiamo di una stanzaadibita a palestra che ci ha consentito di trovareun ambiente accogliente e idoneo per il normalesvolgimento dell’attività musicoterapeutica. Abbiamo somministrato durante il colloquio preli-minare e alla fine del trattamento i seguenti testdi autovalutazione: la “Self-rating Anxiety State -SAS" (di Zung) e “Stress e Lavoro” (dell’American

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Abbiamo iniziato in via di sperimentazione

un gruppo di musicoterapia rivoltoagli operatori del nostroCentro di Salute Mentale

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1) gioco musicale:È costituito essenzialmente da attività di espressio-ne corporea nelle quali prevalgono la dimensioneludica e il rapporto con l’elemento sonoro/musicale.Consentono di esplorare il movimento e lo spazio,i contenuti relazionali e la dimensione di gruppo.2) improvvisazione:Applichiamo la tecnica della musicoterapia attivautilizzando il nostro strumentario.- Commento verbale:Per evidenziare eventuali difficoltà e per promuo-vere lo scambio e la condivisione.Questo momento esiste anche per conservare al-l’interno della seduta uno spazio dedicato allaverbalizzazione dei vissuti emotivi.

III Fase“La musica di…“Brano proposto da un partecipante a turno.Consente di ritagliarsi uno spazio individuale al-l’interno del gruppo.Viene richiesto, a chi propone l’ascolto, di com-mentare e motivare la scelta, mentre agli altripartecipanti si chiede di evidenziare quali sianogli aspetti del brano musicale che parlano di lui.Emergono spunti interessanti sulla relazione e ilgrado di conoscenza tra i partecipanti.

ConclusioniI riscontri sono stati positivi: all’inizio il test del-l’ansia presentava un punteggio medio pari a34,76, relativo ad un livello d’ansia moderato; altermine il punteggio medio era pari a 33,42, rile-vando una diminuzione dell’ansia ad un livello piùbasso. Lo stesso è avvenuto con il test su “stress elavoro” che presentava all’inizio un valore mediopari a 41,92 (livello basso ma non lontano dallasoglia considerata a rischio) mentre alla fine del-l’esperienza era pari a 32. I partecipanti hanno po-tuto sperimentare che l’espressione pubblica deipropri sentimenti non è solamente permessa, maviene persino ricompensata dagli altri.

rire una rielaborazione sul piano cognitivo.Riteniamo che le esperienze emotive possanocondurre all’elaborazione cognitiva delle espe-rienze di gruppo.Abbiamo preparato un percorso annuale con par-ticolari tematiche da affrontare: - conoscenza - presentazione - accoglienza;- integrazione - fiducia;- riappropriazione del Sé;- comunicazione - socialità; - comprensioni - incomprensioni;- vocalità;- condivisione.Si è voluto quindi elaborare un particolare tipo diseduta per consentire l’immediata valutazione didifferenti elementi:- utilizzare le diverse tecniche di musicoterapia,

d’espressione corporea e vocali;- costruire uno strumento esportabile ad altri

contesti applicativi (gruppo per pazienti, atti-vità nelle scuole, ecc.).

Articolazione di una seduta tipoI Fase- I° Ascolto: Brano proposto dagli operatori.Permette di evidenziare il clima emotivo di par-tenza e di realizzare una separazione tra l’extra-setting e l’inizio dell’attività.Per la tonalità affettiva insita nel brano, il primoascolto può avere una funzione evocativa.- Commento scrittoViene richiesto di trascrivere su un foglio un bre-ve commento relativo alle emozioni suscitate dal-l’ascolto, quindi vengono lette di seguito per in-dividuare elementi di condivisione o di contrasto.Questa operazione viene chiamata: il pensiero delgruppo.- Commento verbale:Permette ulteriori apprendimenti e chiarificazioni.

II Fase- Gioco musicale o improvvisazione:

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Questo favorisce un atteggiamento che induce ri-spetto e tolleranza nei confronti di opinioni, sen-timenti e stili di vita altrui e la disponibilità amettere in discussione i propri punti di vista.La maggioranza dei partecipanti dichiara che, do-po aver preso parte al gruppo di interazione, co-munica più apertamente, ha maggior fiducia ne-gli altri ed esprime direttamente le proprie idee edesideri.Nella nostra attività abbiamo utilizzato tecnichedi musicoterapia che migliorano le percezionisensoriali, rafforzano le sensazioni fisiche e sonoin grado di suscitare sentimenti più forti e consa-pevoli.L’esperienza di poter aiutare gli altri è parimentiimportante per ogni partecipante, il gruppo offreanche questo genere di possibilità.

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The Music Therapy project "Viaggio attraverso lamemoria" took place at the 1st and 2nd levelDaycare Centres of the RSA Castelletto, a divi-sion of the elderly people nursing home ASPEmanuele Brignole in Genoa (Italy). The Music Therapy programme ran from October2006 to May 2007. The target group of 12 clients,aged between 59 and 98, were patients at theDaycare Centres for Alzheimer's desease, seniledementia, Lewy body dementia and general se-niority problema.The technique employed,broadly speaking, stimulated the cognitive skillswithout the use of words, and was purposely ai-med at creating a safe and positive emotionalsetting. The team of therapists held a debriefingon the results thus obtained by the programmesof Music Therapy in the Daycare Centres. Theseindicated an increase in the attention of the pa-tients suffering from dementia, a reduction inbehaviour disorders that are difficult to dealwith, among which wandering, and the contain-ment of the aggressive components.

La strutturaIl progetto di Musicoterapia “Viaggio attraversola memoria” è stato realizzato, grazie al contribu-to dell’Associazione “Anziani Oggi” di Villa Piag-gio, presso l’Istituto di ricovero Emanuele Brigno-le di Genova. Tale struttura, sorta a metà del XVIIsec. come ente dedito all’assistenza degli indigen-ti, si è poi trasformata, nel corso del ‘900, comeistituto per la cura e l’assistenza agli anziani nonautosufficienti, erogando servizi sia in regime diricovero sia di ospitalità diurna (ricoveri tempora-nei, residenzialità permanente, semiresidenziali)Nello specifico, il percorso di musicoterapia ha in-teressato pazienti ospiti presso i Centri Diurni di Ie II livello della R.S.A. Castelletto di Genova.Per quanto riguarda la definizione di Centro diurno,si può far riferimento ai documenti prodotti dalquadro sanitario regionale nel 2003, per cui: “Il cen-

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Nello specifico,

il percorso

di musicoterapia

ha interessato

pazienti ospiti

presso i Centri

Diurni di I e II

livello della R.S.A.

Castelletto

di Genova

Viaggio attraverso la memoria

Robe

rto Pren

cipe

, Musicoterap

ista, G

enova

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L’èquipe di lavoroAll’interno dei centridiurni della R.S.A. Castel-letto sono operanti diver-se figure professionali: - una figura medica cuicompetono tutti gli

aspetti relativi ai trattamenti farmacologici elo stato generale di salute degli ospiti;

- uno psicologo che coordina il lavoro d’equipe eche costantemente esegue monitoraggio deiquadri clinici affetti da demenze;

- un’assistente sociale che gestisce i nuovi inse-rimenti di anziani;

- personale infermieristico e operatori socio-as-sistenziali;

- diverse animatrici geriatriche che si alternanoin attività occupazionali e stimolatorie.

Come si evince non esistono figure appositamen-te dedite ad uno specifico lavoro terapeutico distimolazione e riabilitazione cognitiva, cosa ancorpiù necessaria quando la patologia, sebbene ma-nifesta, non ha ancora raggiunto livelli di severi-tà tali da rendere deficitari tutti gli aspetti del-l’anziano.In tale ambito viene settimanalmente svolta, uni-co esempio di terapia complementare, la cosìd-detta ROT (Terapia di Orientamento alla Realtà)che si prefigge di riorientare il paziente rispettoall’ambiente, al tempo ed alla propria storia per-sonale.All’interno di questo contesto generale è nata l’i-dea di creare uno spazio fisico e temporale di sti-molazione psico-affettiva, un progetto terapeuti-co atto a contrastare il decadimento e l’involu-zione collegati alle demenze.A tal proposito la Musicoterapia, intesa come per-corso psico-corporeo che affonda le proprie radi-ci nella globalità dei linguaggi, è parsa da subitouna valida risorsa nel raggiungimento dei predet-ti obbiettivi.

tro diurno si configura co-me un servizio rivolto pre-valentemente ad anzianidel territorio, con variogrado di non autosuffi-cienza, che per il loro decli-no funzionale e/o cogniti-vo esprimono bisogni non sufficientemente gestibi-li a domicilio, ma non ancora tali da richiedere un ri-covero stabile in struttura socio-sanitaria, che in ta-le modo viene ritardato o addirittura evitato.” In dettaglio il Centro Diurno di I livello è rappre-sentato da anziani in condizioni di limitata auto-nomia fisica con o senza disturbi cognitivi, ma incui quest’ultimo aspetto non rappresenta il proble-ma dominante; il Centro Diurno di II livello, invece,accoglie anziani affetti principalmente da patolo-gie psicoinvolutive severe, il cui grado di non-au-tonomia viene determinato dal deficit cognitivo.

Comparazione genere – Età Centri Diurni I e II Livello

Gruppo I livello Gruppo II lIvelloUomini 23% Uomini 26%Donne 77% Donne 74%Età media 82 Età media 77,44

Diagnosi ospiti centro diurno I livello

Diagnosi ospiti centro diurno II livello

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All’interno di questo contesto generale è natal’idea di creare uno spazio

fisico e temporale di stimolazione psico-affettiva

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- incapacità di interazione in situazioni di gruppo;- gradimento per l’elemento sonoro/musicale.In una prima fase sono stati realizzati colloquicon i familiari per la compilazione di un’anamne-si sonoro-musicale relativa ad ogni anziano indi-viduato; questo con l’obbiettivo di ricreare unasorta di mappa sonoro-musicale degli spazi fisicie affettivi (casa-luogo di lavoro-tempo libero) incui la persona era solita muoversi.Tutto ciò, unito ad un primo ciclo di sedute confinalità di osservazione, ha mirato specificata-mente all’individuazione del cosiddetto ISO delpaziente.I trattamenti di musicoterapia hanno avuto luogoin una stanza del Centro Diurno I, con l’utilizzo diun computer ed di un impianto di amplificazioneaudio, dal punto di vista metodologico sono staticaratterizzati dall’uso di tecniche relative a:- canto: inteso come portatore di contenuti in-

timi della persona e linguaggio degli affetti,delle emozioni e della memoria;

- ascolto musicale: attraverso sequenze di braniche costituiscono la “musica del cuore” delsoggetto;

- ballo: inteso come attivazione corporea svilup-pato anche attraverso micro movimenti (dan-zare utilizzando esclusivamente mani, braccia,testa, spalle…) specie laddove la deambulazio-ne era fortemente compromessa.

In generale possiamo affermare che la tecnicamusicoterapica usata ha proposto stimoli al lavo-ro cognitivo attraverso materiale non verbale,mirando a creare un ambiente affettivo positivo.Ogni seduta si è sviluppata secondo un flessibilecanovaccio articolato in 3 momenti:I) Ascolto di un brano significativo nella storiapersonale dell’anziano, in base all’elaborazionedelle indicazioni raccolte precedentemente alloscopo di creare in questa fase un ambiente sono-ro familiare e accogliente.II) Sempre su materiale musicale conosciuto, ilpaziente veniva invitato a partecipare attivamen-

L’attività di Musicoterapia e articolazione dell’interventoSulla base dell’interesse emerso all’interno dell’è-quipe dell’Istituto Brignole in sede di presentazio-ne della specificità dell’intervento musicoterapico,mi è stato richiesto dalla Struttura di progettareun intervento di musicoterapia che si rivolgesse, inparticolare, agli anziani ospiti dei due Centri Diur-ni della R.S.A. Castelletto, e, nello specifico, aquelle situazioni considerate maggiormente pro-blematiche a causa della presenza di disturbi com-portamentali e di notevoli difficoltà d’approccio.Il percorso di Musicoterapia “Viaggio attraverso lamemoria” ha così avuto inizio nell’Ottobre del2006 e si è concluso nel Maggio del 2007; i trat-tamenti, pensati in relazione alla specificità diogni paziente, si sono articolati in incontri indivi-duali, settimanali, della durata di 30 minuti cia-scuno, in considerazione delle difficoltà di tenutada parte dei pazienti e della conseguente neces-sità di concentrare il massimo sforzo in un arco ditempo limitato.Il gruppo di anziani individuato per il trattamen-to era così articolato: 12 anziani (7 donne e 5 uomini) di età tra i 59 e98 anni, inseriti nei Centri Diurni di I e II livellocon diagnosi di malattia di Alzheimer (8), demen-za senile (2) demenza con corpi di Lewy (1).L’individuazione dei soggetti da includere nel per-corso è avvenuta di concerto con l’equipe socio-assistenziale, il personale infermieristico, la psico-loga responsabile dei Centri Diurni, e previa unafase iniziale di osservazione in loco.I criteri che hanno regolato l’inclusione da partedei soggetti sono stati:- presenza di disturbi comportamentali (sia di ti-

po attivo sia di tipo passivo);- scarso interesse e difficoltà dell’anziano a far-

si coinvolgere nelle attività quotidiane;- presenza di elementi depressoidi;- difficoltà di interazione/comunicazione con gli

operatori;49

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Questo tipo di demenza, dal punto di vista clini-co, si ritrova spesso associata alla malattia di Par-kinson. In trattamento musicoterapico da No-vembre 2006 a Maggio 2007.La malattia è caratterizzata dalla presenza dei cor-pi del Lewy (piccole strutture sferiche contenentiproteine, descritte per la prima volta da F.H. Lewynel 1912). Il quadro clinico di C. è caratterizzato daun deterioramento cognitivo progressivo e, al tem-po stesso, fluttuante, da deficit dell'attenzione, dal-la presenza di allucinazioni visive complesse e sta-bili e deficit visuo-spaziale. Oltre a ciò, la presenzadi una sorta di ipersensibilità nei confronti delle te-rapie farmacologiche che agiscono sui disturbicomportamentali, ha aumentato le difficoltà di ge-stione del caso da parte degli operatori della RSA.C. deambula grazie ad una carrozzina ed è total-mente non-autosufficiente per quel che riguardale funzioni di base legate al mangiare, al vestirsi eall’igiene.Per quanto concerne i tratti caratteriali, C. vienedescritta come persona austera, poco affettiva esempre piuttosto incentrata sugli aspetti praticidella vita.All’interno del percorso di musicoterapia proposto,C. ha portato da subito gran parte degli elementipsicotici caratterizzanti il suo quadro clinico.Durante il primo mese di trattamenti i momentiallucinatori erano assai numerosi e caratterizzatida dialoghi, in cui la paziente stessa “interpreta-va” vari personaggi del proprio ambito familiare(modificando all’occorrenza intonazione verbaleed espressione facciale).In questa prima fase di conoscenza ed osservazio-ne sono stati proposti alcuni ascolti, sulla basedelle informazioni raccolte in sede di colloquiocon i familiari; per lo più si trattava di canti lega-ti alla cultura popolare storicamente collocabilenel secondo dopoguerra (“Bella ciao”, “Quel maz-zolin di fiori”, “Addio Lugano bella”).Il livello di attenzione durante l’ascolto dei sud-detti brani era piuttosto basso e intervallato

te con il proprio corpo (cantando, ballando, bat-tendo le mani), trovando rinforzo nella corrispon-denza e nel dialogo con il musicoterapeuta.III) Alla fine il musicoterapeuta proponeva unascolto di congedo, con lo scopo di creare un am-biente sonoro contenitivo e di dare una chiusuraai processi avviati.L’intervento musicoterapico, così come sopra de-scritto, ha cercato di collocarsi come un validostrumento in sede di riabilitazione, attraverso ilmirare al raggiungimento dei seguenti obbiettivi:- stimolare e veicolare l’espressione delle emo-

zioni del soggetto;- fare emergere le facoltà fisiche ed intellettive

residue;- stimolare le capacità simboliche e di rappre-

sentazione, per restaurare possibilità cognitive,affettive e mnestiche;

- attivare la memoria;- portare un sensibile miglioramento in termini

di qualità di vita del soggetto;- percepire le proprie sensazioni affettive per poi

attivare la possibilità di poterle “decodificare”e “regolare”, a partire dai semplici vissuti cor-porei fino alle più elaborate fantasie mentali(laddove possibile);

- permettere, attraverso il recupero di ricordi odi parti di esperienze, di sentirsi “vivi”.

Vignette casi cliniciTra i vari pazienti seguiti nel corso di questi 8 me-si di trattamenti, di seguito verranno presentatidue casi particolarmente difficili nell’approccio,sia per i rispettivi quadri clinici, sia per il grado diseverità delle rispettive demenze, ma con i quali,nonostante ciò, è stato possibile avviare un im-portante lavoro di recupero di funzioni e consoli-damento:

Il caso di C.Si tratta di una donna, 78 anni, affetta da de-menza con corpi di Lewy.

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anche sull’alternanza dei momenti di lucidità eadeguatezza nei confronti delle fasi allucinatorie.

Il caso di F.Si tratta di un uomo, 59 anni, in trattamento mu-sicoterapico da Gennaio a Maggio 2007. È affet-to da Demenza Vascolare a eziologia multi-infar-tuale. Questa forma di demenza è provocata da una se-rie di piccoli infarti che interrompono il flusso delsangue in determinate aree del cervello, provo-cando la morte delle cellule nervose. Le zone delcervello più colpite sono quelle che controllano lamemoria, l'espressione, il linguaggio e l'apprendi-mento. Sebbene i sintomi varino considerevol-mente da persona a persona e col passare deltempo, tuttavia i problemi di espressione, le oscil-lazioni d'umore, gli attacchi epilettici e la paralisiparziale o totale di un arto sono alquanto comu-ni. I sintomi variano anche col passare del temposebbene, dopo il deterioramento iniziale dovutoall'infarto, si abbia l'impressione che le condizio-ni del paziente si stabilizzino. F. è l’ospite più giovane all’interno dei centri diur-ni della RSA, è nato a Carloforte, piccola comuni-tà con la particolarità che, pur trovandosi in Sar-degna, ha mantenuto il dialetto, le usanze ed icostumi della colonia genovese che la fondò.C., aldilà della passione per il proprio lavoro (eracomandante di navi mercantili) e per il mare, nonha mai mostrato particolare interesse per la mu-sica, essendo persona di indole schiva e riservata,poco propensa alla vita mondana e a creare rela-zioni al di fuori degli abituali circuiti.All’interno della RSA, F. mostra disturbi compor-tamentali di tipo attivo (wandering, episodi di ag-gressività) ed una notevole compromissione dellinguaggio.F. si è avvicinato, di sua iniziativa, all’attività dimusicoterapia, mostrando particolare interesse ecuriosità per ciò che accadeva nella stanza e perle musiche che ne fuoriuscivano.

da momenti di dialoghi allucinatori da parte di C.; anche gli stimoli verbali del terapista non tro-vavano riscontro: le reazioni di C. variavano bru-scamente da una sorta di catatonia tendente astati di assopimento ad espressioni verbali di ag-gressività.Il mantenimento della cornice del setting e laproposta di brani musicali legati alla tradizionepopolare genovese ha lentamente (dopo circa 3mesi), ma sensibilmente, prodotto un forte cam-biamento nella relazione terapista/paziente, non-ché all’interno del percorso di musicoterapia.Di seduta in seduta sono stati introdotti alcunibrani dialettali quali: “Ma se ghe penso” e “Com-me t’è bella Zena”, che, fin dal primo momento,hanno prodotto un cambiamento rilevante: ognibrano veniva da me presentato ed inserito in unasorta di cornice di riferimento, cioè contestualiz-zato a livello spazio-temporale.La risposta da parte di C. è stata da subito un co-stante aumento dei livelli di attenzione e parteci-pazione e della qualità della “presenza”.Significativo è risultato il mutamento, a livello fisi-co, sia dell’espressione facciale, passata, nel giro dialcuni mesi, dall’essere corrucciata e con lo sguar-do rivolto a terra, all’apparire sempre più distesa fi-no al sorriso e a diversi momenti di riso, sia delgrado di distensione fisico-muscolare, in contrap-posizione all’iniziale rigidità degli arti superiori.Da sottolineare che durante i 7 mesi di tratta-mento C. non ha avuto modificazioni a livello ditrattamento farmacologico che potessero provo-care alterazioni o incidenze per quanto concernegli outcomes del percorso di musicoterapiaNell’iter musicoterapico, da una prima fase diascolto dei brani, si è passati ad una partecipazio-ne più attiva attraverso momenti in cui terapistae paziente cantavano all’unisono i vari ritornelli.Tutto ciò, unito al ricordo dei propri luoghi e del-le proprie origini (evocato dalle musiche e poiesplicitato e verbalizzato), ha rimandato a C. unasensazione di gratificazione con ricadute positive

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Commenti Il percorso di musicoterapia “Viaggio attraverso lamemoria”, integrato con le varie attività a soste-gno dell’anziano previste dai Centri Diurni, hacercato di porsi come sostegno all’azione di supe-ramento della generale condizione di isolamentoin cui versa l’anziano affetto da demenza.La musica, grazie alla sua capacità di riferirsi con-temporaneamente al corpo e alla mente del sog-getto, ed in virtù del fatto di essere parallelamen-te sia fenomeno fisico e stimolo percettivo-sen-soriale, sia elemento carico di significati simboli-ci, rappresenta uno strumento particolarmentevalido ed adeguato al lavoro in ambito geriatrico,ovvero in un contesto fortemente caratterizzatodal progressivo decadimento delle competenzesimboliche e cognitive.“Curare significa condividere un dolore, un di-sagio, un limite; in tale condivisione affiora ilproposito di superamento, di una trasfigurazionesimbolica della sofferenza che viene inserita in unrapporto, in una relazione, in una rete di signifi-cati che delinea prospettive e percorsi.In considerazione di ciò diventa allora necessarioun trattamento che preveda accoglienza, rispettoall’apatia, ed una relazione più orientata verso uncodice materno che non infantilizzi e che non ri-duca ulteriormente la dignità” (Cesa Bianchi).In relazione a quanto citato possiamo ragionevol-mente dire che l’approccio musicoterapico portacon sé benefici riguardo l’attivazione globale del-l’anziano, il senso d’identità, la memoria a brevetermine, l’orientamento spazio-temporale, il tonodell’umore, le competenze espressive e relazionali.

ConclusioniI risultati ottenuti nei vari percorsi di musicotera-pia dei Centri Diurni, evidenziati e discussi mensil-mente in sede di èquipe, hanno mostrato un au-mento d’attenzione del soggetto demente ed unariduzione di disturbi comportamentali difficil-mente gestibili, quali il wandering, nonché un

La giovane età di C., unita al fatto di essere inseri-to all’interno di centri diurni in prevalenza popola-ti da donne, ha posto questi nella condizione dinotevole difficoltà rispetto ad un coinvolgimentonelle attività quotidiane (specie in quelle manuali).Dopo una prima fase di conoscenza, ho gradual-mente proposto a F. l’ascolto di alcuni brani dia-lettali legati alle tradizioni di pescatori e marinaigenovesi.La relazione duale ed il contesto ben definito estrutturato, insieme ad altri elementi cosìddettiaspecifici (momento individualizzato, relazionetra soggetti maschi, ecc.), ha innanzitutto svoltoun’azione contenitiva e gratificante, creando intal modo un terreno sul quale F. ha potuto espri-mere una forte ed intensa componente emotiva.Gli ascolti musicali hanno infatti evocato in F. ilricordo dei luoghi natii e di momenti di vita fa-miliare (il legame con il padre anch’egli marinaio,i racconti di parenti lontani emigrati dalla liguriaa Carloforte alla fine dell’800).Nonostante le difficoltà di linguaggio, con l’aiutodel terapista, F. riusciva a cantare gran parte distrofe e ritornelli dei brani proposti, riproducendoil suono generale della frase e riuscendo a scan-dire chiaramente l’ultima parola di ogni verso. Successivamente, oltre il canto, è stato dato spa-zio anche a piccoli movimenti, ricalcando dappri-ma alcuni gesti di F. che accompagnavano l’ascol-to dei brani: i momenti di maggior enfasi musica-le venivano fisicamente rappresentati sollevandole braccia, mentre le parti più ritmate trovavanocorrispondenza nel battere o tamburellare dellemani, accompagnato da movimenti oscillatori delcapo e delle spalle.Ogni seduta si concludeva con l’ascolto di un bra-no dialettale che aveva assunto i connotati di unasorta di rituale di chiusura, e che F. accompagna-va con un sorriso ed un lungo sospiro, rimandan-do una sensazione di appagamento e gratificazio-ne che veniva verbalizzata da espressioni quali“…la musica è bella…” o “..io sto bene…”

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contenimento delle componenti aggressive; por-tando benefici a livello di qualità della vita dei va-ri soggetti coinvolti, in primis al paziente affettoda demenza, ma anche ad operatori e caregivers. L’importanza del lavoro avviato e le potenzialitàdell’approccio musicoterapico sono stati ampia-mente riconosciuti dall’equipe di lavoro, al puntoche il progetto è stato rinnovato e potenziato conl’obbiettivo di avviare una vera e propria speri-mentazione.Sebbene non sia facile fare disamine di letteratu-ra e quindi di consolidata efficacia della Musico-terapia in ambito geriatrico, possiamo comunqueaffermare, sulla base delle esperienze finora do-cumentate, come il trattamento musicoterapico,nell’ambito delle demenze, si stia affermando co-me una delle strategie terapeutiche non farmaco-logiche, cosìdette “terapie dolci” maggiormenteefficaci in virtù della sua capacità di adattarsi alpaziente, di essere a tutti gli effetti un linguaggioche veicola l’espressione di contenuti ed affetti,nonché della peculiarità di poter simultaneamen-te rivolgersi alla sfera psichica e di fungere da sti-molo psico-corporeo.

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tro). La voce, quindi, rappresenta uno degli strumentipiù potenti ed autentici a disposizione per intrapren-dere un viaggio cognitivo-esperienziale all’interno delproprio mondo emozionale. L’aspetto fondamentale che emerge dai contributi pre-sentati all’interno del volume è che la voce è vibrazio-ne (per udirsi deve mettere in vibrazione le corde) e ciinveste, così, nei nostri spazi interni prima che in quel-li esterni. Diviene, quindi, un ponte tra noi e l’esterno.Già nel grembo materno siamo impregnati della vocedella madre che ci predispone alla comprensione dellevalenze emotive del linguaggio. La voce materna sti-mola il corpo del bambino, dinamizza il suo cervello edil suo sistema nervoso si sviluppa grazie alle vibrazioni.L’uomo è il primo strumento musicale (a percussione, afiato, a corda) e la voce la sua produzione musicale.Il volume offre la possibilità di fare il punto sul ruolodella voce in musicoterapia dal punto di vista delle di-verse teorie e pratiche. Nato da una giornata studio or-ganizzata dal Centro Trentino Musicoterapia, tenutasia Trento nel novembre del 2006 e dedicata interamen-te al tema della voce in musicoterapia, il volume rac-coglie sia riflessioni e studi dei principali esperti sul te-ma della voce e dei suoi possibili utilizzi in ambito mu-sicale e musicoterapico, sia quell’aspetto più personaleed intimo della propria esperienza di conoscenza ed at-tento utilizzo della voce. L’introduzione di Maria Vide-sott apre la riflessione offrendo in modo esaurientel’immagine di un intreccio tra l’unicità delle personeche esprimono se stesse in musicoterapia (sia il terapi-sta, sia coloro dei quali si prende cura, poiché è l’au-toascolto che predispone all’ascolto dell’altro) e la re-lazionalità che nasce da questo incontro, reso possibi-le dalla voce che comunica e si apre alla relazione conl’altro. La prima parte, incentrata principalmente sullavocalità come oggetto di ricerca ed approfondimentoteorico, presenta un contributo di Pierluigi Postacchiniche riprende il lavoro nel quale Léothaud utilizza anti-che concettualizzazioni e le rivisita alla luce delle mo-derne acquisizioni in riferimento sia alla musicologia,sia alla fisiologia dell’apparato vocale. Partendo dalrapporto tra linguaggio parlato e cantato e dalle tipo-logie di alterazione fonica della parola, Postacchini ri-elabora le considerazioni di Léothaud sul legame cheparola e canto hanno con la fisiologia, riflettendo sulfatto che devono prendere a prestito strutture anato-miche addette ad altre funzioni fisiologiche (alimenta-zione e respirazione, funzioni, quindi, che ci permetto-no di vivere), contrariamente a quanto succede per l’u-dito e la vista, le cui strutture vengono modificate perconsentirne un utilizzo per funzioni espressive diffe-renti dalle funzioni originarie ma ugualmente fonda-

La voce in musicoterapiaMaria Videsott e Elena SartoriCosmopolis, Torino, 2008.

“La musicoterapia apporta un contributo unico al be-nessere della persona, perché unica è la recettività diciascun uomo verso la musica”. Questa affermazione,sostenuta nel corso di un Simposio Internazionale te-nutosi presso l’Università di New York, credo possa es-sere un punto di partenza per presentare il volume “Lavoce in musicoterapia”, edito da Cosmopolis e curatoda Maria Videsott e Elena Sartori, e riflettere, quindi,sull’importante ruolo che essa svolge in questa tipolo-gia di intervento. La voce, se da un lato viene recepitain modo unico da ognuno (sia la propria voce dall’in-terno sia quella degli altri proveniente dall’esterno),dall’altro lato ha (ed “è”) un’espressione unica, forse inmodo ancora più evidente che suonare uno strumentomusicale, perché, per quanto unico possa essere il toc-co di ogni persona al pianoforte o alla chitarra, la vo-ce racchiude le caratteristiche del proprio essere e delproprio sentire. Maria Videsott, nell’introduzione alpresente volume, afferma che “la musica non può stac-carsi dall’essenza della persona che la compone e chela interpreta. E la voce non può scindersi dalla personache la emette”. Ognuno ha il suo essere uomo e, quin-di, il suo essere voce, considerando, in questo senso,tutti gli aspetti e non solo quelli strettamente vocali.Prescindendo dalla modalità e dalla presenza o meno divocalità, è un’espressione di se stessi e del propriomondo interiore, così come conferma il significato cheha assunto il verbo “dare voce” alle proprie emozioni,anche con un gesto, con un urlo, con uno sguardo. Spesso si parla della voce come di uno strumento dif-ficile da suonare, ma, contrariamente a qualsiasi altrostrumento che può essere riposto dopo l’uso, la vocenon si separa mai dal suo proprietario e quindi è qual-cosa di più di uno strumento. I suoni e le vibrazioni ge-nerati dal nostro corpo mediante la voce tendono atrovare una chiave invisibile di accesso al nostro mon-do interiore. Chi non ha mai fatto l’esperienza di “in-namorarsi” di una voce? Parlata, recitata o cantata, lavoce esprime il mondo interno della persona che laemette, e ne svela indirettamente la componente emo-zionale, intuibile, però, solo ad un ascolto attento. Lavoce può permettere tutti questi processi, essendo unospaccato dell’intero individuo, il suo ologramma. Ri-conoscere, studiare e lavorare sulla propria voce, quin-di, equivale ad un processo analogo nei confronti delproprio Sé profondo, primo punto necessario se poiquesto lo si fa con altre persone (è l’autoconoscenzache precede e permette la migliore conoscenza dell’al-

recensionia cura di Luca Zoccolan

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le loro specifiche identità psicologiche e musicali, siuniscono a formare una particolare realtà sociale,quella del coro, in particolare del coro amatoriale. Que-sti aspetti sono presi in considerazione da BernardinoStreito, che in modo molto chiaro e scientifico consi-dera la pratica coro – vocale come luogo di musicote-rapia. Streito propone una similitudine tra la teoria de-gli insiemi e la prassi corale, mettendo in rilievo comela presenza delle proprietà caratteristiche di una rela-zione di equivalenza (proprietà riflessiva, proprietàsimmetrica e proprietà transitiva), che si manifesta conuno stato di equilibrio ottimale, debba essere conse-guita per realizzare un’esperienza corale e consentire,quindi, un’efficace terapia coro – vocale. Inoltre, per“restituire” al coro la sua complessità in quanto siste-ma aperto soggetto a trasformazioni continue, Streitoriprende i concetti della teoria della complessità, supe-rando l’approccio epistemologico del riduzionismo (cheoffre i suoi vantaggi in alcune discipline, ma che in al-tre richiede il suo superamento) ed opponendovi quel-lo dell’olismo, che meglio si presta a chiarire le dinami-che della realtà corale, nella quale si esprimono ener-gie e comportamenti che vanno oltre la semplice som-ma dell’identità psicologica e musicale dei singoli can-tori, in quanto derivanti dall’autorganizzazione delgruppo, che favorisce l’emergere di significati per l’e-sperienza ed investe il coro di valori didattico – forma-tivi, socio - pedagogici e terapeutici.Nella seconda parte del volume Silvana Noschese ri-prende il concetto di pratica vocale, considerandone gliaspetti legati allo sviluppo della persona, consentitodal coinvolgimento globale della sensorialità e dellapersonalità che avviene nell’utilizzo della voce. In par-ticolare Noschese presenta in modo chiaro i punti chia-ve della Psicofonia, disciplina ideata intorno agli anniCinquanta dalla francese M. L. Aucher, partendo dalleorigini, per arrivare ad illustrarne le pratiche applicati-ve ed i campi di applicazione. Il pensiero che ne emer-ge è che la Psicofonia considera la voce come l’espres-sione dello stato psicosomatico della persona, lo spec-chio del corpo e dell’anima, la sua impronta vocale cheè unica. La voce, quindi, diviene uno strumento dia-gnostico, ma al tempo stesso permette, attraverso l’u-tilizzo delle sue tecniche, di migliorare l’armonizzazio-ne e l’equilibrio della persona. Un altro approccio allavocalità è quello del Metodo Funzionale della Voce del-la tedesca Gisela Rohmert, che viene presentato ed ap-profondito nel presente volume da Gabriella Greco, laquale ne riporta le origini ed i metodi soffermandosi, inmodo particolare, sugli aspetti del suono (che in taleapproccio acquisiscono un’importanza determinantenella considerazione di una connessione tra corpo, psi-

mentali. Infine la proposta di classificazione delle tec-niche vocali introduce ed offre un lavoro di sistematiz-zazione attualmente non paragonabile a quello già ef-fettuato in ambito strumentale, essendo il canto spes-so non considerato come uno strumento musicale. Segue il contributo di Gerardo Manarolo che affrontail rapporto tra l’espressione vocale e le emozioni che lasottendono, partendo dalla nascita della voce comemanifestazione vocalica non separabile dalle qualitàpsicofisiche che il neonato sperimenta (essendo, quin-di, un’espressione diretta di esse) e sottolineando, inquesto modo, come la voce sia la manifestazione di noistessi e del nostro piano affettivo – emotivo fin dall’i-nizio del nostro esistere. Nell’interazione madre – bam-bino e nella scoperta dell’eco come trasformazionedella voce originaria, si sviluppa una capacità di ascol-to e confronto con la propria voce che ritorna. La cul-tura occidentale con la sua predilezione per la tradi-zione scritta rispetto a quella orale, tuttavia, fa preva-lere una dimensione senso – percettiva (il vedere) pro-vocando spesso una dissociazione tra significante e si-gnificato, contenuto e suono. Manarolo propone unulteriore ruolo della musicoterapia che può esserequello di favorire una maggiore integrazione tra que-ste due dimensioni e promuovendo, così, un maggioreascolto del mondo. A sostegno dell’importanza delsuono della parola nel rivelare la nostra natura nasco-sta prende, poi, in esame il gesto musicale ed il timbro,ma anche le possibilità di controllo e dissimulazionedelle qualità emotivo – affettive dell’espressione voca-le attraverso le tecniche di diniego del gesto vocale estilizzazione timbrica. Il tema del rapporto tra espres-sione vocale ed emozioni ha acquisito un’importanzafondamentale sia negli studi musicoterapici, sia nellateoria psicoanalitica, sottolineando l’importanza di unattento ascolto anche al suono della voce del paziente.Questo aspetto viene ripreso da Ilario Toso e ValentinaErculiani che riportano la narrazione di una seduta dipsicoterapia, evidenziando come essere in grado di co-gliere tutti gli aspetti della voce che prescindono dalsignificato (tono, colore, volume, ritmica, etc.) permet-te di recuperare all’interno della relazione terapeutica(e più precisamente del rapporto transferale) modalitàcomunicative caratteristiche delle relazioni primarie,permettendo al terapeuta di raggiungere una sintoniz-zazione affettiva con il paziente che va oltre la narra-zione in quanto tale, aiutando l’emergere di una me-moria implicita più arcaica e non cosciente, i cui con-tenuti, non narrabili, possono manifestarsi in altro mo-do attraverso il corpo e le sue capacità espressive. Trattando il tema della voce non si può prescindere dalconsiderare la situazione in cui un insieme di voci, con

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che, organi sensoriali, ambiente e suono) e sui suoimetaparametri. Greco considera, inoltre, gli stretti le-gami fisiologici che intercorrono tra la laringe e l’orec-chio, a dimostrazione di come la ricerca ed il lavoro permigliorare il suono aumentino positivamente anche lasensibilità dell’udito. Attraverso un lavoro sulla propriavoce, quindi, è possibile trovare delle zone di contattotra il suono e le parti del proprio corpo; fondamentalel’ascolto delle proprie reazioni e risposte nel suono, nelcorpo e nella psiche. A conclusione, ed alla luce, diquesta seconda parte, Antonella Grusovin riassumesottolineando come una maggiore consapevolezzadelle proprie capacità vocali possa migliorare il propriomodo di comunicare con se stessi e con il prossimo,potenziando, di conseguenza, la capacità di ascolto edi espressione e favorendo, così, la cura di sé.Il filo conduttore della terza ed ultima parte del volu-me è costituito dalle esperienze, che divengono il pun-to di partenza attraverso il quale presentare riflessionie concetti di una certa rilevanza. Partendo dalla suaesperienza, infatti, Giulia Cremaschi Trovesi raccontadi come i bambini sordi le abbiano fatto scoprire l’im-portanza della vibrazione che scaturisce dalle onde so-nore, stravolgendo completamente l’idea che l’ascoltosia attribuito solamente all’orecchio. Le onde sonorecoinvolgono tutto ciò che fa parte della realtà attra-verso la risonanza ed il Corpo Vibrante diviene il pro-tagonista dell’ascolto. Secondo questa prospettiva an-che i bambini con una sordità profonda percepisconoed ascoltano, attraverso le vibrazioni che scaturisconodal pianoforte al quale sono abbracciati. “Le onde so-nore della risonanza corporea sono fonte di emozioniche i bambini sordi esternano facendo sentire la lorovoce” afferma Cremaschi. Ed i risultati che ottiene eche illustra nella conclusione del suo contributo ne so-no una dimostrazione. Un’ulteriore conferma a taleapproccio viene offerta da Daniele Gambini, allievo diGiulia Cremaschi, che in prima persona ha sperimenta-to come l’intonazione di un suono richieda la verificadell’esattezza della sua vibrazione nel corpo e come sicrei una corrispondenza tra suono e vibrazione cheporta a posizionare la voce nel posto giusto all’internodel proprio corpo. Gambini racconta di come, musici-sta adulto e con un deficit uditivo dalla nascita, hascoperto di avere una voce che canta e si intona men-tre si accompagna al pianoforte, sviluppando un orec-chio relativo che lo aiuta a ricercare il suono e gli in-tervalli che si disegnano nel corpo con le loro vibra-zioni e le reazioni ad esse.Un altro racconto autobiografico è quello che ci rega-la Roberto Bolelli, che racconta come il canto sia sta-to per lui un aiuto fondamentale per superare le sue

crisi asmatiche, da quando, bambino costretto a lettocon la maschera dell’ossigeno, ha cominciato a modu-lare i rantoli emessi in suoni. Partendo dalla sua espe-rienza, Bolelli pone l’attenzione sul confronto tra l’a-spetto estetico-artistico e quello terapeutico, obiet-tando che essi non possano essere presenti entrambi efacendo intravedere una possibilità all’interno di unconfronto che ha sempre interessato in modo partico-lare chi si occupa di musicoterapia. La proposta di Bo-lelli è quella di distinguere tra il concetto di parametroe quello di obiettivo, non dimenticando che l’obiettivodella musicoterapia è la relazione e che per perseguir-lo si utilizzano numerosi parametri musicali e non, trai quali anche l’elemento sonoro-musicale. Tra gli ele-menti extra-musicali inserisce anche il corpo, poiché lavoce scaturisce dal corpo e grazie ad esso esprime laconnessione tra la dimensione sensoriale e quella emo-tiva. Ecco che il bello, la dimensione estetica, assumeun connotato diverso, legato ad uno stato di benesse-re (è bello ciò che piace, che fa stare bene) e ciò cheviene considerato come bello è una cosa che fa staremeglio; questo aspetto diviene fondamentale all’inter-no di una seduta di musicoterapia.Gli aspetti di vibrazione e risonanza della voce sonoquelli che permettono a Rita Meschini e Consuelo Pe-trini di incontrare e facilitare la sintonizzazione conpazienti in stato vegetativo. La voce risuona nel corposia di chi la produce, sia di chi la riceve, stimolando ilcervello e permettendo, a persone che si trovano inuno stato di incoscienza, di ristabilire una forma di co-municazione con l’esterno. Sulla base di questo assun-to Meschini e Petrini possono aprire un canale di rela-zione con pazienti in condizione di stato vegetativoattraverso l’utilizzo di sequenze melodiche con deter-minate caratteristiche sonoro – musicali; l’instaurarsidi tale rapporto, di conseguenza, permette una mag-giore recettività rispetto alle stimolazioni provenientidall’esterno e può aiutare il recupero della coscienza edel rapporto con l’ambiente esterno. In questa sedeviene descritta una ricerca condotta con rigore scien-tifico, presentandone il metodo, il procedimento ed irisultati.Il volume si conclude con un ricordo che Ilario Toso cilascia di Giovanni Maria Rossi, protagonista della mu-sicoterapia in Italia, che alla voce ha sempre rivolto isuoi studi e la sua attenzione. A lui è dedicato questovolume.

Francesca Bottura

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notiziarioXII congresso mondiale di Musicoterapia

Il XII congresso mondiale di Musicoterapia si èsvolto lo scorso luglio a Buenos Aires, per orga-nizzazione della World Federation of MusicTherapy, sotto la presidenza di GabrielaWagner, in collaborazione con l’AssociationArgentina de Musicoterapia, l’Università diBuenos Aires (che ha messo a disposizione l’im-ponente edificio in stile neoclassico dellaFacoltà di Giurisprudenza, dove si è svolto ilConvegno) e la Facoltà di Psicologia. In apertu-ra di convegno è stato tributato un omaggio ai“pionieri” della Musicoterapia argentina: AdelaLarrocha, Francis Wolf, Vida Brenner de Alzen-waser Violeta Hemsy de Gainza e, naturalmen-te, Rolando Benenzon, di cui sono stati in par-ticolare festeggiati i quarant’anni di carriera. IlConvegno ha quindi preso il via con un ritmoserrato e un programma molto intenso che pre-vedeva, in cinque giorni, circa 280 appunta-menti fra relazioni e workshop, con una mediadi 12 eventi in ogni fascia oraria. Maggiorita-rio, naturalmente, il numero di relazioni dimusicoterapisti di area sudamericana e di lin-gua spagnola in generale; a seguire, la massic-cia presenza di interventi di musicoterapisti dilingua inglese e del Nord Europa; sensibileanche la presenza di musicoterapisti orientali(Giappone, Corea) e quella degli italiani, chehanno partecipato con circa una decina di pre-sentazioni, fra relazioni e workshop.Molto interessante, almeno nelle intenzioni, ilrilievo dato alla multiculturalità, tema che,oltre ad affiorare in diversi interventi, trovavauno spazio specifico con la presenza di musico-terapie di altre aree culturali oltre quelle sopracitate: musicoterapie spesso legate a concezio-ni di antica tradizione sul rapporto musica-cura, come la musicoterapia indiana e quellaturca. Purtroppo però le relazioni e i workshopsulla musicoterapia indiana non hanno avutoluogo. Qualche appunto all’organizzazione sipuò fare proprio relativamente agli “appunta-menti mancati” e alla suddivisione per temidegli interventi. Le assenze dei relatori (casinon troppo isolati, come è inevitabile in un

programma così vasto) non venivano infatticomunicate in alcun modo, creando inutiliattese e l’impossibilità, poi, di assistere ad altrerelazioni nelle piccole aule che si riempivanorapidamente di gente. Inoltre, la suddivisionetematica degli interventi, pur prevista per lapresentazione dei lavori e nelle linee program-matiche del convegno, non veniva evidenziatain alcun modo sul programma definitivo,soprattutto non risultava coordinata adegua-tamente a livello di orari: era piuttosto unacostante la sovrapposizione di relazioni con lostesso tema, che rendeva quindi impossibilepoterne seguire più di una. Comunque, qual-che pecca organizzativa è stata ampiamentecompensata dallo spirito vitale del Congresso,garantito dall’alto numero di partecipanti (conuna vivace presenza di giovani studenti diMusicoterapia) e da una generosissima offertadi eventi musicali che, oltre ai concerti nellegrandi sale, prevedeva momenti ricreativi col-lettivi come le lezioni di tango o di reggaetónsvolte nel grande atrio, dove, contemporanea-mente, veniva servito anche il pranzo.

Difficile, comunque, una definizione complessi-va di questo grande evento: sia per le sue vasteproporzioni, che al singolo partecipante rende-vano possibile solo una visione molto parziale eorientata dagli interessi soggettivi, sia per la giàcitata mancanza di un programma con percor-si strutturati. Infine, un’impressione: proprio lamulticulturalità, che da sempre in Musicotera-pia si traduce nell’esistenza di diverse “scuole”(espressione di sfondi culturali diversi), secondoquanto proposto da questo grande momento diincontro sembrerebbe ormai risolversi, all’inter-no della disciplina, in una accettata e sedimen-tata abitudine alla coesistenza, senza il deside-rio o la necessità di un movimento di confron-to, che, infatti, non trovava spazi particolariall’interno del Congresso.

Rossella FoissVicepresidente Confiam

Confederazione italiana delle associazioni e scuole di musicoterapia

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(Schindler, Vernero, Gilardone) • Il ritmo musicale nellarieducazione logopedica (L. Pagliero) • Differenze esimilitudini nell’applicazione della musicoterapia conpazienti autistici e in coma (R. Benenzon) • La musicacome strumento riabilitativo (A. Campioto, R. Peconio)• Linee generali del trattamento musicoterapico di uncaso di “Sindrome del Bambino Ipercinetico” (M. Bor-ghesi) • Strumenti di informazione e di analisi dellaprassi osservativa in musicoterapia (G. Bonardi)

Volume III, Numero 2, Luglio 1995Il senso estetico e la sofferenza psichica: accostamen-to stridente o scommessa terapeutica? (E. Giordano) •L’inventiva del terapeuta come fattore di terapia (G.Montinari) • La formazione in ambito musicoterapico:lineamenti per un progetto di modello formativo (P.L.Postacchini, M. Mancini, G. Manarolo, C. Bonanomi) •Il suono e l’anima: la divina analogia (M. Jacoviello) •Considerazioni su: dialogo sonoro, espressione corpo-rea ed esecuzione musicale (R. Barbarino, A. Artuso, E.Pegoraro) • Aspetti metodologici, empatia e sintoniz-zazione nell’esperienza musicoterapeutica (A. Raglio) •Esperienze di musicoterapia: nascita e sviluppo di unacomunicazione sonora con soggetti portatori di han-dicap (C. Bonanomi)

Volume IV, Numero 1, Gennaio 1996Armonizzare sintonizzandosi (P.L. Postacchini) • Dallapercezione uditiva al concetto musicale (O. Schindler,M. Gilardone, I. Vernero, A.C. Lautero, E. Banco) • Laformazione musicale (C. Maltoni, P. Salza) • Gruppo sì,gruppo no: riflessioni su due esperienze di musicotera-pia (M. Mancini) • Musicoterapia e stati di coma:riflessioni ed esperienze (G. Garofoli) • Il caso di Luca(L. Gamba) • Disturbi del linguaggio e Musicoterapia(P.C. Piat, M. Morone)

Volume IV, Numero 2, Luglio 1996Il suono della voce in Psicopatologia (F. Giberti, G.Manarolo) • La voce umana: prospettive storiche ebiologiche (M. Gilardone, I. Vernero, E. Banco, O.Schindler) • La stimolazione sonoro-musicale dipazienti in coma (G. Scarso, G. Emanuelli, P. Salza, C.De Bacco) • La creatività musicale (M. Romagnoli) •Musicoterapia e processi di personalizzazione nellaPsicoterapia di un caso di autismo (L. Degasperi) • Larecettività musicale nei pazienti psichiatrici: un’ipote-si di studio (G. Del Puente, G. Manarolo, S. Remotti) •Musica e Psicosi: un percorso Musicoterapico con ungruppo di pazienti (A. Campioto, R. Peconio).

Numero 0, Luglio 1992Terapie espressive e strutture intermedie (G. Montina-ri) • Musicoterapia preventiva: suono e musica nellapreparazione al parto (M. Videsott) • Musicoterapiarecettiva in ambito psichiatrico (G. Del Puente, G.Manarolo, C. Vecchiato) • L’improvvisazione musicalenella pratica clinica (M. Gilardone)

Volume I, Numero 1, Gennaio 1993Etnomusicologia e Musicoterapia (G. Lapassade) •Metodologie musicoterapiche in ambito psichiatrico(M. Vaggi) • Aspetti di un modello operativo musicote-rapico (F. Moser, I. Toso) • La voce tra mente e corpo(M. Mancini) • Alcune indicazioni bibliografiche inambito musicoterapico (G. Manarolo)

Volume I, Numero 2, Luglio 1993Musicoterapia e musicoterapeuta: alcune riflessioni(R. Benen zon) • La Musicoterapia in Germania (F.Schwaiblmair) • La Musicoterapia: proposta per unasistemazione categoriale e applicativa (O. Schindler) •Riflessioni sull’analisi delle percezioni amodali e delletrasformazioni transmodali (P.L. Postacchini, C. Bona-nomi) • Metodologie musicoterapiche in ambito neu-rologico (M. Gilardo ne) • I linguaggi delle arti in tera-pia: lo spazio della danza (R. De Leonibus) • La musi-coterapia nella letteratura scientifica internazionale,1ª parte (A. Osella, M. Gilardone)

Volume II, Numero 1, Gennaio 1994Introduzione (F. Giberti) • Ascolto musicale e ascoltointeriore (W. Scategni) • Lo strumento sonoro musica-le e la Musicoterapia (R. Benenzon) • Ascolto musica-le e Musicoterapia (G. Del Puente, G. Manarolo, P.Pistarino, C. Vecchiato) • La voce come mezzo dicomunicazione non verbale (G. Di Franco)

Volume II, Numero 2, Luglio 1994Il piacere musicale (M. Vaggi) • Il suono e l’anima (M.Jacoviello) • Dal suono al silenzio: vie sonore dell’inte-riorità (D. Morando) • Gruppi di ascolto e formazionepersonale (M. Scardovelli) • Esperienza estetica e con-trotransfert (M.E. Garcia) • Funzione polivalente dell’e-lemento sonoro-musicale nella riabilitazione dell’in-sufficiente mentale grave (G. Manarolo, M. Gilardone,F. Demaestri)

Volume III, Numero 1, Gennaio 1995Musica e struttura psichica (E. Lecourt) • Nessi funzio-nali e teleologici tra udire, vedere, parlare e cantare

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poco fa (D. Gaita) • L’ascolto in Musicoterapia (G.Manarolo) • La musica allunga la vita? (M. Maranto,G. Porzionato) • Musicoterapia e simbolismo: un’espe-rienza in ambito istituzionale (A.M. Bagalà)

Volume VII, Numero 2, Luglio 1999Dalle pratiche musicali umane alla formazione profes-sionale (M. Spaccazocchi) • Formarsi alla relazione inMusicoterapia (G. Montinari) • Formarsi in Musicote-rapia (P.L. Postacchini) • Prospettive formative e pro-fessionali in Musicoterapia (P.E. Ricci Bitti) • Un coor-dinamento nazionale per la formazione in Musicotera-pia (G. Manarolo)

Numero 1, Gennaio 2000Malattia di Alzheimer e Terapia Musicale (G. Porziona-to) • L’utilizzo della Musicoterapia nell’AIDS (A. Ricciot-ti) • L’intervento musicoterapico nella riabilitazione deipazienti post-comatosi (R. Meschini) • Musicoterapia edemenza senile (F. Delicato) • Musicoterapia e AIDS (R.Ghiozzi) • Musicoterapia in un Servizio Residenziale persoggetti Alzheimer (M. Picozzi, D. Gaita, L. Redaelli)

Numero 2, Luglio 2000Conoscenze attuali in tema di etiopatogenesi dell’au-tismo infantile (G. Lanzi, C.A. Zambrino) • Il tratta-mento musicoterapico di soggetti autistici (G. Mana-rolo, F. Demaestri) • La musicalità autistica: aspetticlinici e prospettive di ricerca in musicoterapia (A.Raglio) • Il modello Benenzon nell’approccio al sog-getto autistico (R. Benenzon) • Autismo e musicotera-pia (S. Cangiotti) • Dalla periferia al centro: spazio-suono di una relazione (C. Bonanomi)

Numero 3, Gennaio 2001Musica emozioni e teoria dell’attaccamento (P. L.Postacchini) • La Musicoterapia Recettiva (G. Manaro-lo) • Manifestazioni ossessive ed autismo: il lorointrecciarsi in un trattamento di musicoterapia (G. DelPuente) • Musica e adolescenza Dinamiche evolutive eregressive (I. Sirtori) • Il perimetro sonoro (A.M. Barba-gallo, L. Giorgioni, L. Mattazzi, M. Moroni, S. Mutali-passi, L. Pozzi) • Musicoterapia e Patterns di interazio-ne e comunicazione con bambini pluriminorati: unapproccio possibile (M.M. Coppa, E. Orena, F. Santoni,M.C. Dolciotti, I. Giampieri, A. Schiavoni) • Musicote-rapia post partum (A. Auditore, F. Pasini)

Numero 4, Luglio 2001Ascolto musicale, ascolto clinico (A. Schön) • Musico-

Volume V, Numero 1, Gennaio 1997La riabilitazione nel ritardo mentale ed il contributodella Musicoterapia (G. Moretti) • Uomo Suono: unincontro che produce senso (M. Borghesi, P.L. Postac-chini, A. Ricciotti) • La Musicoterapia non esiste (D.Gaita) • L’Anziano e la Musica. L’inizio di un approcciomusicale (B. Capitanio) • Riflessioni su una esperienzadi ascolto con un soggetto insufficiente mentale psi-cotico (P. Ciampi) • Un percorso musicoterapico: dalsuono silente al suono risonante (E. De Rossi, G. Ba) •La comprensione dell’intonazione del linguaggio inbambini Down (M. Paolini).

Volume V, Numero 2, Giugno 1997Gli effetti dell’ascoltare musica durante la gravidanzae il travaglio di parto: descrizione di un’esperienza (P.L.Righetti) • Aspettar cantando: la voce nella scenadegli affetti prenatali (E. Benassi) • Studio sul poten-ziale terapeutico dell’ascolto creativo (M. Borghesi) •Musicoterapia e Danzaterapia: le controindicazioni altrattamento riabilitativo di alcune patie neurologiche(C. Laurentaci, G. Megna) • L’ambiente sonoro dellafamiglia e dell’asilo nido: una possibile utilizzazione disuoni e musiche durante l’inserimento (M. G. Farnedi)• La Musicoterapia Prenatale e Perinatale: un’espe-rienza (A. Auditore, F. Pasini).

Volume VI, Numero 1, Gennaio 1998Le spine del cactus (C. Lugo) • L’improvvisazione nellamusica, in psicoterapia, in musicoterapia (P.L. Postac-chini) • L’improvvisazione in psicoterapia (A. Ricciotti)• L’improvvisazione nella pratica musicoterapica (M.Borghesi) • La tastiera elettrica fra educazione e riabi-litazione: analisi di un caso (Pier Giorgio Oriani) •Ritmo come forma autogenerata e fantasia di fusione(G. Del Puente, S. Remotti) • Aspetti teorici e applica-tivi della musicoterapia in psichiatria (F. Moser, G. M.Rossi, I. Toso).

Volume VI, Numero 2, Luglio 1998Modelli musicali del funzionamento cerebrale (G. Porzio-nato) • La mente musicale/educare l’intelligenza musica-le (J. Tafuri) • Reversibilità del pensiero e pensiero musi-cale del bambino (F. Rota) • Musica, Elaboratore e Crea-tività (M. Benedetti) • Inchiostro, silicio e sonorità neuro-nali (A. Colla) • Le valenze del pensiero musicale nel trat-tamento dei deficit psico-intellettivi (F. De Maestri).

Volume VII, Numero 1, Gennaio 1999E se la musica fosse…(M. Spaccazocchi) • Una noce

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articoli pubblicatiterapia e tossicodipendenza (P.L. Postacchini) • Ilpaziente in coma: stimolazione sonoro-musicale omusicoterapia? (G. Scarso, A. Visintin) • Osservazionedel malato di Alzheimer e terapia musicale (C. Bona-nomi, M.C. Gerosa) • Due storie musicoterapiche (L.Corno) • Il suono del silenzio (A. Gibelli) • Il setting inMusicoterapia (M. Borghesi, A. Ricciotti)

Numero 5, Gennaio 2002Riabilitazione Psicosociale e Musicoterapia aspettiintroduttivi (L. Croce) • Evoluzione del concetto di ria-bilitazione in Musicoterapia (P.L. Postacchini) • Pro-spettive terapeutiche nell’infanzia: “Dalla disarmoniaevolutiva alla neuropsicopatologia (G. Boccardi) •Musicoterapia e ritardo mentale (F. Demaestri, G.Manarolo, M. Picozzi, F. Puerari, A. Raglio) • Indicazio-ni al trattamento e criteri di inclusione (M. Picozzi) •L’assesment in Musicoterapia, il bilancio psicomusica-le e il possibile intervento (G. Manarolo, F. Demaestri)• L’assessment in musicoterapia, osservazione, rela-zione e il possibile intervento (F. Puerari, A. Raglio) •Tipologie di comportamento sonoro/musicale in sog-getti affetti da ritardo mentale (A.M. Barbagallo, C.Bonanomi) • La musicoterapia per bambini con diffi-coltà emotive (C.S. Lutz Hochreutener)

Numero 6, Luglio 2002Relazione, disagio, musica (M. Spaccazocchi) • Musi-coterapia a scuola (M. Borghesi, E. Strobino) • Musi-coterapia e integrazione scolastica (E. Albanesi) • Unintervento Musicoterapico in ambito scolastico (S.Melchiorri) • L’animazione musicale (M. Sarcinella) •L'educazione musicale come momento di integrazione(S. Minella) • L’improvvisazione vocale in musicotera-pia (A. Grusovin) • L'approccio musicoterapico neltrattamento del ritardo mentale grave: aspetti teoricie presentazione di un’esperienza (Karin Selva) • Musi-coterapista e/o Musicoterapeuta? (M. Borghesi, A.Raglio, F. Suvini)

Numero 7, Gennaio 2003La percezione sonoro/musicale (G. Del Puente, F. Fiscel-la, S. Valente) • L’ascolto Musicale (G. Manarolo) • Lacomposizione musicale a significato universale. Consi-derazioni cliniche (G. Scarso, A. Ezzu) • Validità deltraining musicoterapico in pazienti in stato vegetativopersistente: studio su tre casi clinici (C. Laurentaci, G.Megna) • L’approccio musicoterapico con un bambinoaffetto da grave epilessia. Il caso di Leonardo (L. Torre)• Co-creare dinamiche e spazi di relazione e comuni-

cazione attraverso la musicoterapia (M.M. Coppa, F.Santoni, C.M. Vigo) • L’evoluzione musicale in Musico-terapia (B. Foti, I. Ordiner, E. D'Agostini, D. Bertoni) •L’intervento musicoterapico nelle fasi di recupero dopoil coma (R. Meschini)

Numero 8, Luglio 2003: Gli Istituti Superiori diStudi Musicali e la formazione in Musicoterapia…paradigma e curriculum musicale… (Maurizio Spacca-zocchi) • Dialogo riabilitativo fra la Musicoterapia el’età evolutiva (P.L. Postacchini, A. Ricciotti) • Musico-terapia e riabilitazione in età evolutiva (R. Burchi, M.E.D’Ulisse) • Musicoterapia e psicomotricità: un’integra-zione possibile (R. Meschini, P. Tombari) • L’interventodi musicoterapia nella psicosi (R. Messaglia) • Terapiasonoro-musicale nei pazienti in coma: esemplificazio-ne tramite un caso clinico (G. Scarso, A. Ezzu) • Musi-coterapia preventiva e profilassi della gravidanza e delpuerperio (F. Pasini, A. Auditore) • Musicoterapia e dis-turbi comunicativo-relazionali in età evolutiva (F.Demaestri)

Numero 9, Gennaio 2004Psicologia della musica e adolescenza (O. Oasi) •Forme musicali e vita mentale in adolescenza (A. Ric-ciotti) • Musica e Adolescenza (G. Manarolo, M. Ped-dis) • Un intervento di Musicoterapia con un gruppo diadolescenti (L. Metelli, A. Raglio) • L’approccio musico-terapico in ambito istituzionale: il trattamento dei dis-turbi neuropsichici dell’adolescenza (F. Demaestri) •Dal rumore al suono, dalla confusione all’integrazione(R. Busolini, A. Grusovin, M. Paci, F. Amione, G. Marin)

Numero 10, Luglio 2004: Espressione dello spazio e del tempo in musicoterapia:sintonizzazioni ed empatia (P. L. Postacchini) • Intrat-tenimento, educazione, preghiera, cura… Quante fun-zioni può svolgere il linguaggio musicale? (L. Quattri-ni) • Musicoterapia in fase preoperatoria (G. Canepa)• L’improvvisazione sonoro-musicale come esperienzaformativa di gruppo (A. Raglio, M. Santonocito) •Musicoterapia e anziani (A. Varagnolo, R. Melis, S. DiPierro)

Numero 11, Gennaio 2005Aspetti timbrici in musica e in Musicoterapia (P. Ciam-pi) • Il problema del “significato” in musicoterapia.Alcune riflessioni critiche sullo statuto epistemologicodella disciplina, sulle opzioni presenti nel panoramaattuale e sui modelli di formazione proposti (G. Gag-

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gero) • Il significato dell’espressività vocale nel tratta-mento musicoterapico di bambini con Disturbo Gene-ralizzato dello Sviluppo (DGS) (A. Guzzoni) • L'esporta-bilità spazio-temporale del cambiamento nella praticamusicoterapica: una pre-ricerca (M. Placidi) • L’ascol-to come luogo d’incontro: un trattamento di musico-terapia recettiva (G. Del Puente, G. Manarolo, S. Venu-ti) • Armonie e disarmonie nel disagio motorio: unarassegna di esperienze (B. Foti)

Numero 12, Luglio 2005La supervisione in Musicoterapia (P. L. Postacchini) •Le competenze musicali in ambito musicoterapico:una proposta (F. Demaestri) • L’armonia del sé: aspet-ti musicali dello sviluppo del sé (C. Tamagnone) •Interventi musicoterapici con bambini gravementeipotonici (W. Fasser, G. V. Ruoso) • Emozioni e musica:percorsi di musicoterapia contro la dispersione scola-stica (M. Santonocito, P. Parentela) • “Il SerpenteArcobaleno” esperienze di musico-arte-terapia e tossi-codipendenza (F. Prestia)

Numero 13, Gennaio 2006La Psicologia della musica: il punto, le prospettive (G.Nuti) • John Cage: caso vs. improvvisazione (C. Lugo)• La composizione in musicoterapia (A. M. Gheltrito)• Musicoterapia preventiva in ambito scolastico: unprogramma sperimentale per lo sviluppo dell’empatia(E. D’Agostino, I. Ordiner, G. Matricardi) • Musicote-rapia e Riabilitazione: una esperienza gruppale inte-grata (Flora Inzerillo) • Dal Caos all’armonia (R. Mes-saglia)

Numero 14, Luglio 2006Il cervello nell’esecuzione e nell’ascolto della Musica(M. Biasutti) • Interazione, relazione e storia: ragiona-menti di musicoterapia e supervisione (F. Albano) • Ilsuono e la mente: un’esperienza di conduzione digruppo in psichiatria (G. D’Erba, R. Quinzi) • La condi-visione degli stati della mente: una possibile letturadell’interazione musicoterapica nella grave disabilità(S. Borlengo, G. Manarolo, G. Marconcini, L. Tamagno-ne) • Un’esperienza di musicoterapia presso l’Hospicedella azienda istituti ospitalieri di Cremona (L. Gamba)• La musica come strategia terapeutica nel tratta-mento delle demenze (A. Raglio)

Numero 15, Gennaio 2007Implicazioni per l’educazione e la riabilitazione dellaricerca psicologica sull’improvvisazione musicale (M.

Biasutti) • Le componenti cerebrali dell’amusia (L. F.Bertolli) • Musicoterapia e stati di coma: un’esperien-za diretta, il caso di Marco (C. Ceroni) • Forme aperte,forme chiuse: una esperienza di musicoterapia digruppo nel centro diurno psichiatrico di Oderzo (TV) (R.Bolelli) • L’intervento integrato tra logopedista emusicoterapista nei bambini con impianto cocleare (A.M. Beccafichi, G. Giambenedetti)

Numero 16, Luglio 2007Legato/staccato: la problematica della creazione edella morte nella musica occidentale del XX° secolo(Michel Imberty) • Memorie di gruppo e musicoterapia(Egidio Freddi, Antonella Guzzoni) • Giocando con isuoni: un intervento sul bullismo (E. Prete, A. L. Paler-miti, M. G. Bartolo, A. Costabile, R. Marcone) • Esserci,Esprimersi, Interagire tra adolescenti attraverso lamusica e gli altri linguaggi (Francesca Prestia) • Musi-coterapia e demenza: un caso clinico (Marta Gianotti,Alfredo Raglio) • Musicoterapia nelle strutture inter-medie: un’esperienza in una comunità di riabilitazione(Flora Inzerillo) • Le tecniche musicoterapiche (Gerar-do Manarolo)

Numero 17, Gennaio 2008La musicoterapia nel contesto delle neuroscienze (P.Postacchini) • La voce delle emozioni: l’espressivitàvocale tra svelamento e inganno (G. Manarolo) •Associazione Cantascuola: un percorso espressivomusicale scuola - sanità - scuola (G. Guiot) •Musicoterapia e prevenzione in pediatria oncologica(M. Macorigh) • La stimolazione sonoro-musicale allacasa dei risvegli Luca de Nigris di Bologna (R. Bolelli) •Gruppi di musicoterapia presso il servizio territoriale dineuropsichiatria dell’infanzia e della adolescenza (L.Gamba) • Attività di musicoterapia nella riabilitazionepsichiatrica (L. Gamba, A. Mainardi, E. Agrimi)

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Gli articoli pubblicati dal 1992 al 1998 sono ora raccolti in “Musica & Terapia, Quaderni italiani di Musicoterapia”

edizioni Cosmopolis Corso Peschiera 32010139 - Torino

http://www.edizionicosmopolis.com

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1) I colleghi interessati a pubblicare articoli origina-li sulla presente pubblicazione sono pregati diinviare il file relativo, redatto con Word perWindows, in formato RTF, al seguente indirizzo diposta elettronica: [email protected]

2) L’accettazione dei lavori è subordinata alla revisio-ne critica del comitato di redazione.

3) Per la stesura della bibliografia ci si dovrà attenereai seguenti esempi:a) LIBRO: Cordero G.F., Etologia della comunicazio-ne, Omega edizioni, Torino, 1986.b) ARTICOLO DI RIVISTA: Cima E., Psicosi seconda-rie e psicosi reattive nel ritardo mentale,Abilitazione e Riabilitazio ne, II (1), 1993, pp. 51-64.c) CAPITOLO DI UN LIBRO: Moretti G., Cannao M.,Stati psicotici nell’infanzia. In M. Groppo, E.Confalonieri (a cura di), L’Autismo in età scolare,Marietti Scuola, Casale M. (Al), 1990, pp. 18-36.d) ATTI DI CONVEGNI: Neumayr A., Musica edhumanitas. In A. Willeit (a cura di), Atti delConvegno: Puer, Musica et Medici na, Merano,1991, pp. 197-205.

4) Gli articoli pubblicati impegnano esclusivamente la responsa bilità degli Autori. La proprietà lettera-ria spetta all’Editore, che può autorizzare la ripro-duzione parziale o totale dei lavori pubblicati.

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