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Tema 3

Formazione e informazione

Collegamenti

Concetto base

Diritto-dovere di istruzione e formazione In base a questo principio della legislazione scolastica, nessun giovane può interrompere il proprio percorso formativo senza aver conseguito un titolo di studio o almeno una qualifica professionale entro il diciottesimo anno di età.

Famiglia, scuola, mezzi di informazione sono le istanze che hanno maggiore ri-levanza nel processo formativo di un individuo. I principi costituzionali che li riguardano tracciano le linee portanti di una società che si assume il compito di accompagnare i giovani, in qualità di figli, studenti e cittadini, nel pieno sviluppo della propria personalità.

FORMAZIONE DEL CITTADINO

diritto a un’informazione libera e corretta

diritto-doveredi istruzionee formazione

ruolo sociale ed educativodella famiglia

libertà di esprimere e diffondere

il proprio pensiero

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Tema 3 Formazione e informazione

LezI

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Il ruolo sociale della famiglia

Evoluzione della famiglia La famiglia è l’unità di base dell’organizzazione sociale. Le sue principali funzioni sono la gene-razione dei figli e il soddisfacimento dei bisogni affettivi e materiali di tutti i suoi membri.

Siamo abituati a pensare la famiglia come qualcosa di naturale, da sempre immutabile e identica dapper-tutto, nella sua struttura e nelle sue funzioni. Storici, antropologi e sociologi hanno invece evidenziato che essa si è profondamente modificata nelle varie epoche e a seconda delle diverse culture e che nella società con-temporanea coesistono modelli familiari diversi. Gli studiosi individuano due fondamentali tipologie di famiglia:

● quella patriarcale, tipica delle società tradizionali, come per esempio la società contadina, che comprende oltre ai genitori e ai figli, solitamente numerosi, i mem-bri anziani e altri parenti stretti;

● quella moderna, definita nucleare in quanto imper-niata sui due coniugi, con o senza figli.

La famiglia patriarcale del XIX secolo era basata sulla divisione tra i sessi e su un rapporto gerarchico-autori-tario del marito (capofamiglia) nei confronti di moglie e figli. Nella famiglia moderna, affermatasi nel corso del Novecento, i rapporti tra i coniugi sono di tipo paritario anche nell’ambito dell’educazione dei figli.Il passaggio da un modello all’altro è stato avviato dai cambiamenti dei ruoli lavorativi e degli stili di vita connessi agli sviluppi della rivoluzione industriale.Nelle odierne società avanzate, alla famiglia nucleare sancita dal matrimonio vanno aggiungendosi nuovi

tipi di famiglia, come la famiglia “di fatto”, basata sulla convivenza della coppia senza l’atto del matrimo-nio, o la famiglia allargata, con la presenza di figli nati da più matrimoni (o da più convivenze). ➧Ciò dipende da vari motivi: oltre al fatto di considerare meno rigido e definitivo il legame di coppia, accade che la precarietà delle risorse economiche spinga le coppie giovani a rimandare le nozze fino al momento in cui si disponga del reddito sufficiente per potersi permettere una casa ed eventualmente dei figli.

La famiglia nella Costituzione La Costituzione del 1948 mette in discussione la con-cezione tradizionale della famiglia, in maniera diretta con gli articoli 29, 30 e 31 e indirettamente con la forza espansiva dei principi contenuti negli articoli 2 e 3. La famiglia viene definita come una società naturale, cioè non creata dallo Stato, il quale tuttavia le dà rile-vanza giuridica e deve agevolarne la formazione e lo svolgimento dei compiti.Il matrimonio viene fondato sull’«eguaglianza morale e giuridica dei coniugi», i quali hanno pari dignità e gli stessi diritti e doveri; si fissa il divieto di discrimi-nazioni tra figli legittimi e naturali e il diritto dei figli all’educazione; inoltre, lo Stato «protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù». L’articolo 30 stabilisce un principio di corresponsabi-lità dei coniugi, con il diritto-dovere di mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio, che va esercitato dai genitori in maniera paritaria, interagendo con le altre organizzazioni so-ciali, fra cui la scuola. È da osservare che la Costituzio-

nella Costituzione

Parte I, Titolo II, artt. 29-31

articolo fondamentale

Art. 30, comma 1 «È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio.»

articoli collegati

Art. 3

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Verifica della comprensione1. Che cosa si intende per famiglia “moderna”? Quali sono le principali differenze con la famiglia patriarcale tradizionale?

2. Quali sono i principi costituzionali riguardanti la famiglia?

3. Quando e in che modo la legislazione italiana è stata adeguata ai principi costituzionali?

ne tutela pienamente i figli nati fuori dal matrimonio, mentre la tutela dei membri di una coppia di fatto è parziale, mancando una legge che regoli in modo or-ganico i rapporti tra le persone non sposate.

Una legislazione per la famiglia modernaFino agli anni settanta, numerose disposizioni del Co-dice civile sono state in aperto contrasto con la Costi-tuzione. Soltanto nel 1975 (con la legge n. 151/1975), il Parlamento, tenendo conto del principio costituzionale di uguaglianza giuridica dei coniugi (art. 29), ha modi-ficato la disciplina relativa ai rapporti familiari. La legge ha stabilito che il marito e la moglie hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri; ciascuno deve contri-buire ai bisogni della famiglia in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo; entrambi hanno il diritto-dovere di mante-nere, istruire, educare i figli ed esercitano insieme la g potestà su di essi. I figli naturali sono riconosciuti con identici diritti a quelli legittimi. Entrambi i genitori hanno diritto a congedi di lavoro per la cura dei figli piccoli (congedi parentali). La riforma del diritto di famiglia fu preceduta dal divorzio, introdotto in Italia da una legge nel 1970, che ha sancito la possibilità di sciogliere il matrimo-nio. Si trattò allora di un’innovazione che si poneva in contrasto con la morale tradizionale soprattut-to cattolica; per questo fu richiesto un referendum abrogativo della legge, che venne invece confermata nel 1974 con il voto di un’ampia maggioranza degli italiani (68%).

❚ Diminuisce il tasso di natalità A partire dagli anni sessanta del Nove-cento, si è registrata in Europa una co-stante diminuzione della natalità. In Italia, il numero medio di figli per don-na (o tasso di fecondità) era 2,55 negli anni 1961-65 e 1,17 nel 1995, anno in cui ha toccato il minimo storico.Una spiegazione di questo fatto è che, da un lato, la procreazione è diventa-ta una scelta responsabile e volon-taria e non più un evento imponde-rabile come nelle epoche preceden-

ti, e che, dall’altro, molte donne, per realizzarsi nello studio o nel lavoro, ritardano il momento di essere ma-dri o non ne fanno lo scopo principale della propria vita; inoltre un numero crescente di coppie sposate decide di non avere figli o di adottarli. Dagli anni novanta del Novecento, il tasso di fecondità ha ripreso a salire in modo lieve, ma costante. Ciò è dovuto alla presenza sempre più numerosa di donne immigrate: la loro incidenza sul numero delle nascite è intorno al 10%.

❚ Cambiano i rapporti tra genitori e figli Sull’andamento della natalità incidono in modo significativo anche fattori economici: nelle società indu-striali avanzate, infatti, l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro av-viene spesso in età molto avanzata e i figli incidono più a lungo sul bilancio della famiglia. Ciò non significa che siano diminuiti attenzione e affetto nei loro confronti; anzi, la cura dei bam-bini è un’“invenzione” del XX secolo e in passato i rapporti tra genitori e figli erano meno intensi di quelli attuali. Qualcuno ha affermato che i figli so-no diventati più rari man mano che è cresciuta la considerazione e il rispet-to dei loro diritti.

ApprofondimentoQuestioni di oggi

Meno figli, più curati

g Potestà È un insieme di poteri che vengono attribuiti a un soggetto non nel proprio interesse, ma nell’interesse di un altro. Il classico esempio di potestà è quella dei genitori sui figli minori, che comprende una serie di poteri-doveri da esercitare nel loro interesse (educazio-ne, istruzione, mantenimento). I genitori decadono dalla potestà se non esercitano i doveri a essa connessi o se abusano dei propri poteri (art. 330 Codice civile).

A seguito dei cambiamenti di mentalità, di una maggiore libertà di costumi e della parità sociale tra uomini e donne, in Italia la famiglia ha assunto forme impensabili quando è stata scritta la Costituzione: numerose sono le persone sole, intorno al 25%, più delle coppie senza figli (circa il 20%); le famiglie formate da un genitore solo con figlio rappresentano l’8%; le coppie con figli sono circa il 39%. In numero crescente anche le unioni di fatto e le unioni omosessuali.

➧ Le nuove famiglie

Coppie con figli

Persone sole

Coppie senza figli

Genitore solo con figli

Altre famiglie

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Tema 3 Formazione e informazione

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L’istruzione come diritto e dovere

L’istruzione come diritto sociale A partire dall’Ottocento, in quasi tutti i Paesi euro-pei l’istruzione è stata garantita attraverso la scuola pubblica, organizzata e finanziata dallo Stato. Nel-la Costituzione, l’istruzione è intesa come un diritto sociale e a questo scopo essa impone alla Repubblica di istituire un numero adeguato di scuole statali «per tutti gli ordini e gradi» (dalle elementari all’universi-tà), in modo che coloro che ne fanno richiesta possano frequentarle.Affinché l’istruzione costituisca un diritto effettivo, indipendentemente dal reddito o dal ceto sociale, lo Stato deve inoltre adottare le misure necessarie (esen-zione dalle tasse scolastiche, borse di studio, assegni alle famiglie meno abbienti ecc.), affinché «i capaci e me-ritevoli, anche se privi di mezzi» possano raggiungere i gradi più alti degli studi, cioè l’università. Per garantire a tutti un livello minimo di istruzione, la Costituzione stabilisce poi che essa sia obbligatoria per almeno otto anni.

Il principio del diritto-dovere La legge 53 del 2003 ha introdotto nella legislazione scolastica il principio del diritto-dovere di istru-zione e formazione, in base al quale tutti i giovani sono tenuti a proseguire gli studi per conseguire un diploma o almeno una qualifica professionale entro il diciottesimo anno di età. In questo quadro, dal 2007 l’obbligo scolastico è stato innalzato a dieci anni.Compiere un percorso formativo è sì un diritto ma an-

che un dovere, sia per i giovani sia per i genitori: se non si curano di far frequentare ai propri figli la scuola dell’obbligo è prevista una sanzione pecuniaria.

Libertà nella scuola, libertà della scuola «L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’inse-gnamento» (art. 33): questa affermazione di liber-tà precede nella Costituzione le norme sulla scuola. In una democrazia fondata sul pluralismo non può infatti esistere una “cultura ufficiale” che la scuola statale sia obbligata ad adottare. La Repubblica, come prevede la Costituzione stessa, detta le «norme ge-nerali» sull’istruzione, stabilisce cioè i tipi di scuola, i programmi delle diverse materie, le modalità degli esami, ma non può interferire con il contenu-to dei singoli insegnamenti e con le scelte didattiche dei docenti, purché siano coerenti con la correttezza scientifica delle loro discipline.Accanto a questa libertà, def inita libertà nella scuola, la Costituzione afferma anche la libertà della scuola, cioè il diritto per enti e privati di isti-tuire proprie scuole, che però non devono grava-re sulle finanze dello Stato («senza oneri per lo Stato», art. 33). Può trattarsi per esempio di scuole, come ve ne sono molte, che si propongono di dare agli studenti una formazione ispirata a determinati principi morali e religiosi. Esse vengono definite “paritarie” se assicurano standard qualitativi di in-segnamento analoghi a quelli della scuola statale e sono autorizzate a rilasciare titoli di studio con iden-tico valore legale.

nella Costituzione

Parte I, Titolo II, artt. 33-34

articolo fondamentale

Art. 34 «La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. […]»

articoli collegati

Artt. 3, 117

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Verifica della comprensione 1. Quali sono i principi costituzionali che riguardano la scuola?

2. Che cosa si intende per “diritto-dovere di istruzione e formazione”?

3. Che cosa prevede il principio della libertà nella scuola?

❚ Il fatto che le scuole statali, a differen-za di quelle private, siano totalmente o parzialmente gratuite, può incidere sulla scelta delle famiglie tra la scuola statale e una scuola che abbia un pro-getto formativo conforme a determina-ti orientamenti religiosi.❚ Ciò crea, secondo l’opinione di mol-ti, una discriminazione economica che si deve eliminare attraverso il finanziamento pubblico delle scuole private: sia diretto, sia indiretto, cioè con contributi alle famiglie per paga-re le rette spesso elevate. Quanto al di-vieto costituzionale, «senza oneri per

lo Stato», non costituirebbe un ostaco-lo perché riguarderebbe l’istituzione delle scuole private e non il loro fun-zionamento. ❚ Altri sostengono invece che una simile interpretazione non ha alcun fondamento e che l’unico modo per superare il divieto è quello di modifi-care l’articolo 33. Secondo questa vi-sione, la Costituzione, pur garantendo la libertà della scuola, ha voluto infatti privilegiare la scuola pubblica, dove meglio si realizzano il pluralismo delle idee e il confronto tra culture, religioni ed esperienze sociali diverse.

ApprofondimentoCostituzione e attualità

Che cosa significa «senza oneri per lo Stato»?

L’istruzione nella “società della conoscenza” La mancanza di istruzione rappresenta uno degli osta-coli di ordine sociale che di fatto impediscono al citta-dino di godere di molti dei suoi diritti. Anche per la società nel suo insieme l’importanza dell’istruzione è evidente. Esistono, per esempio, rapporti molto stretti fra il livello generale dell’istruzione e lo sviluppo delle tecnologie e delle professionalità, ossia della capacità di un Paese di produrre ricchezza.In particolare oggi, in quella che gli studiosi defini-scono “società della conoscenza” (learning society), un’istruzione di elevata qualità, l’aggiornamento delle proprie conoscenze e competenze, l’gappren-dimento lungo tutto l’arco della vita (lifelong learning) rappresentano un “capitale umano” indispensabile per far fronte alle velocissime innovazioni tecnologiche che caratterizzano un’economia sempre più “globale”, ma anche per orientare consapevolmente le proprie scelte nella vita sociale e lavorativa. Oggi più che mai, quindi, imparare è diventata una condizione per vivere e lavorare, un aspetto strutturale della nostra esistenza, privata e sociale. L’Unione europea nel 2000 ha definito la cosiddetta “strategia di Lisbona”, ispirata a questi principi, per rendere l’economia dei Paesi membri competitiva e di-namica. Tra gli obiettivi, spiccano la modernizzazione e la maggior efficienza dei sistemi di istruzione in tutti i Paesi membri. ➧

Il Consiglio europeo, riunito a Lisbona nel 2000, si diede l’obiettivo di far diventare, in un decennio, l’Unione europea l’area più compe-titiva del mondo, attraverso una strategia globale contenuta nella cosiddetta “Agenda di Lisbona”. Dieci i campi d’azione individuati:

1. realizzare lo Spazio europeo della ricerca

2. promuovere l’innovazione in tutte le sue forme

3. promuovere la tecnologia e un tessuto industriale solido

4. estendere la società dell’informazione

5. tenere pienamente conto della dimensione ambientale

6. completare il mercato interno

7. rafforzare la dimensione esterna

8. affrontare la riforma del mercato del lavoro e della protezione sociale

9. costituire uno Spazio europeo dell’educazione e della formazione

10. mettere l’inclusione sociale al servizio della crescita e dell’impiego

➧ L’Agenda di Lisbona: conoscenza e formazione al centro

g Formazione permanente Insieme di iniziative per chi ha terminato la formazione scolastica per potersi aggiornare professionalmente e ricevere un’educazione lungo tutto l’arco della vita. La formazione per-manente comprende corsi post-diploma, corsi post-laurea, corsi per i la-voratori organizzati dalle Regioni o dai sindacati (in particolare per chi è disoccupato), corsi organizzati dalle imprese per i propri dipendenti ecc.

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L’evoluzione del sistema scolastico italiano

Un po’ di storia L’atto di nascita della scuola italiana si fa risalire alla legge Casati promulgata dal Regno di Sardegna nel 1859, e poi estesa allo Stato italiano appena costituito (1861), con il fine di alfabetizzare la popolazione. La legge Casati affrontò il grave problema dell’anal-fabetismo allora dominante in Italia (78% della po-polazione), ma non arrivò alla sua soluzione; l’assenza dell’obbligo scolastico e di sanzioni al riguardo, l’affi-damento delle scuole ai Comuni in proporzione alle loro limitate disponibilità finanziarie resero l’inter-vento legislativo poco efficace, con un personale poco qualificato e mal pagato (lo stipendio di un maestro era inferiore al salario medio di un operaio!).L’ordinamento previsto si basava sulla divisione tra istru-zione umanistica, riservata ai figli delle famiglie bene-stanti, e tecnica, per chi si avviava precocemente al lavo-ro. Sensibili miglioramenti si ebbero con la legge Cop-pino del 1877 (che prevedeva l’imposizione ai genitori di inviare i propri figli a scuola fino all’età di nove anni) e con la legge Orlando del 1904 (che estendeva l’obbligo scolastico dal nono al dodicesimo anno di età). Il più importante cambiamento si ebbe però con la riforma Gentile, varata nel 1923 dal ministro dell’Istruzione del Governo Mussolini, che ha carat-terizzato a lungo l’impostazione della scuola italiana. L’obbligo scolastico venne innalzato al quattordicesimo anno di età (con rigidi controlli per l’inadempienza), ma gli studi continuarono a rappresentare un privilegio

delle famiglie più abbienti. Dopo la scuola elementare di cinque anni, i percorsi si divaricavano: chi voleva proseguire gli studi frequentava la scuola media, gli altri intraprendevano i tre anni di avviamento pro-fessionale.

La scuola aperta a tutti Il sistema democratico sancito dalla Costituzione af-fermò nella scuola i principi di promozione sociale dei giovani, di libera circolazione delle idee, di valorizza-zione delle capacità personali, anche se la loro attuazio-ne non è stata immediata. Soltanto nel 1962 si è giunti alla scuola media unica e obbligatoria per tutti fino a quattordici anni. Il “boom” economico degli anni sessanta portò alla scuola di massa, con l’accesso mas-siccio dei giovani alle scuole di istruzione superiore. Il sistema scolastico italiano è oggi articolato in più livelli di istruzione:

● la scuola dell’infanzia, non obbligatoria, che si ri-volge ai bambini di età compresa fra i tre e i cinque anni;

● la scuola primaria, obbligatoria, che si articola su cinque anni;

● la scuola secondaria di primo grado, obbligato-ria, di tre anni;

● la scuola secondaria di secondo grado, all’inter-no della quale si compie l’obbligo con la frequenza ob-bligatoria dei primi due anni; essa è articolata in: licei, istituti tecnici e professionali. Esistono inoltre percorsi di istruzione e formazione professionale regionali.

nella Costituzione

Parte I, Titolo II, artt. 33-34; Parte II, Titolo V, art. 117

articolo fondamentale

Art. 117 «Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: […] istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale. […]»

articoli collegati

Art. 3

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Verifica della comprensione 1. Quali sono le tappe essenziali della storia della scuola italiana?

2. Perché la scuola media unica rappresentò un’innovazione?

3. Che cosa stabilisce la riforma del Titolo V del 2001 in tema di istruzione e formazione?

4. A quali esigenze deve rispondere oggi un’organica riforma della scuola?

Le riforme degli ultimi decenni: autonomia e decentramento Numerosi interventi sono stati messi a punto negli ulti-mi decenni e altri sono in corso. Due riforme meritano una segnalazione per la loro rilevanza: l’autonomia scolastica e la riforma del Titolo V della Costituzione (vedi Lez. 36) che è intervenuta anche in materia di istruzione e formazione. Dal 1997, le istituzioni scolastiche sono diventate persone giuridiche dotate di “autonomia”. In base a questo principio, le singole scuole sono protago-niste nelle decisioni didattiche, organizzative e amministrative. Esse devono pertanto progettare la propria offerta formativa, con la possibilità di modificare parzialmente i programmi nazionali (20% del monte-ore) per rispondere alle esigenze del terri-torio e dell’utenza. Inoltre, decidono come impiegare le proprie risorse economiche. Dal 2001, con la riforma del Titolo V, l’articolo 117 prevede un aumento del potere legislativo delle Regio-ni. Lo Stato definisce le norme generali sull’istru-zione (durata e tipologia dei corsi, esami, valore legale dei titoli di studio, obiettivi di apprendimento, crediti), mentre la gestione concreta sul territorio del sistema scolastico avviene in accordo con le Regioni. Que-ste ultime hanno competenza esclusiva in materia di istruzione e formazione professionale, in coerenza con gli orientamenti europei.

Riforme ancora in corso L’esigenza di riformare la scuola italiana per portarla a standard qualitativi europei è oggi largamente sentita: ammodernare il sistema, come richiesto dagli obiet-tivi di Lisbona (vedi Lezione precedente), per renderlo più efficiente e adeguarlo alle esigenze di una socie-tà e di un’economia in rapida evoluzione, è diventata un’urgenza non più rimandabile. ➧Il dibattito non riguarda solo l’organizzazione sco-lastica (riordino dei cicli, snellimento degli indiriz-zi, funzionamento dei percorsi professionali regionali ecc.), ma anche la sua funzionalità, cioè la sua capacità effettiva di fornire pari opportunità di successo a tutti gli alunni e di personalizzare l’insegnamento per valorizzare capacità e talenti; di formare nuove competenze e professionalità per un mondo del la-voro dominato dalle tecnologie; di rispondere alle esi-genze di una popolazione scolastica sempre più mul-tietnica nella prospettiva di un’integrazione rispettosa di tutte le culture. ➧

A distanza di dieci anni, l’Italia sembra ancora lontana dal rag-giungimento degli obiettivi europei stabiliti nell’Agenda di Lisbona. In base alle rilevazioni del ministero dell’Istruzione, circa il 20% dei cittadini è in possesso della sola licenza media ma la per-centuale avrebbe dovuto essere dimezzata entro il 2010. L’evasione dell’obbligo scolastico è ancora diffusa; il tasso di scolarizzazione (il rapporto tra coloro che frequentano la scuola e la popolazione in età scolare) è inferiore alla media europea; nella scuola secondaria di secondo grado, la disper-sione, cioè il numero di coloro che non conseguono il diploma, riguarda un terzo dei giovani.

➧ L’Italia lontana dagli obiettivi europei

Sempre di più sono gli studenti non italiani presenti nella no-stra scuola. Secondo le statistiche del ministero dell’Istruzione, nel 1996-97 gli alunni che frequentavano la scuola primaria era-no 26 700, dieci anni dopo sono 217 700; così pure i ragazzi della secondaria di primo grado erano 45 250 e sono cresciuti in un decennio a 126 400. Di seguito, la tabella elenca le nazionalità maggiormente rappresentate nell’anno scolastico 2007/2008: la maggioranza proviene dall’Europa dell’Est, numerosi sono anche gli alunni magrebini, e, in misura crescente, cinesi.

STATo eSTero dI CITTAdInAnzA

AlunnI

n. %

1. Romania 92 734 16,15

2. Albania 85 195 14,84

3. Marocco 76 217 13,28

4. Cina 27 558 4,80

5. Ecuador 17 813 3,10

6. Tunisia 15 563 2,71

7. Filippine 15 248 2,66

8. India 14 708 2,56

9. Serbia 14 340 2,50

10. Macedonia 14 266 2,48

11. Perú 14 144 2,46

12. Ucraina 14 131 2,46

13. Moldova 12 564 2,19

14. Polonia 10 457 1,82

15. Egitto 8 220 1,43

16. Brasile 8 111 1,41

17. Pakistan 8 007 1,39

18. Ghana 7 729 1,35

19. Bangladesh 7 446 1,30

20. Bosnia-Erzegovina 6 432 1,12

Fonte: Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

➧ Alunni non italiani presenti nella nostra scuola

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La partecipazione democratica a scuola

La “democratizzazione” della scuolaLa scuola si è aperta alla partecipazione dei suoi prota-gonisti negli anni settanta, quando, attraverso i cosid-detti Decreti delegati (1974), il Governo ha appro-vato una normativa che consentiva la partecipazione di studenti e genitori alla gestione della scuola, accanto ai docenti e al personale non docente. L’esigenza di “democratizzare” la scuola era nata un decennio prima, quando il rapporto che legava il capo d’Istituto ai docenti e i docenti agli studenti era ancora fortemente gerarchico. Durante gli anni della contesta-zione del Sessantotto iniziò un processo di rinnovamen-to, con la ricerca di un dialogo educativo più aperto e un maggiore ascolto e coinvolgimento degli studenti. Sono stati così istituiti (o riorganizzati) alcuni organi collegiali (ossia composti di molti componenti), ancora oggi operativi, come il Collegio dei docenti, il Consiglio di classe (formato oltre che dai docenti, dai rappresentanti dei genitori e, nelle scuole secon-darie di secondo grado, degli studenti); il Consiglio di circolo o d’Istituto (presieduto da un genitore eletto e composto, oltre che dal Dirigente, da rap-presentanti dei docenti, del personale non docente, dei genitori e degli studenti, con compiti ammini-strativi); il Comitato di valutazione dei docenti (for-mato dal Dirigente e da rappresentanti dei docenti). La stessa normativa regola il diritto di assemblea di studenti e di genitori e introduce organi collegiali distrettuali, provinciali, regionali e nazionali, rappre-sentativi delle stesse componenti.

Lo Statuto degli studenti nella scuola secondariaLo Statuto delle studentesse e degli studenti è un

testo normativo entrato in vigore nel 1998 e modificato con integrazioni nel 2007.

Lo Statuto è uno strumento fondamentale di partecipazione studentesca nella scuola dell’auto-nomia, che afferma il principio di cittadinanza (esercizio di diritti e rispetto di doveri) nella co-munità scolastica.

Lo Statuto prevede diritti e doveri degli studenti, tra i quali il diritto alla partecipazione, che si manifesta sia come diritto a poter svolgere direttamente delle at-tività, sia come diritto a eleggere organi rappresentativi (o a esservi eletti). L’impianto partecipativo diretto, rafforzato considere-volmente da altre forme di libera espressione (attività pomeridiane, diritto di consultazione degli studenti ecc.), viene poi a collegarsi con forme rappresentati-ve (g consulte provinciali, comitati studenteschi, Consigli d’Istituto ecc.). La partecipazione attiva in un quadro di regole condi-vise, un sistema articolato di rappresentanze, la possibi-lità di svolgere autonomamente alcune attività (di cui si assumono la responsabilità) rappresentano per i giovani coinvolti momenti di formazione alla cittadinanza, alla legalità, alla democrazia. Lo studente inoltre è titolare del diritto di apprende-re e tutta l’organizzazione scolastica deve tendere verso la realizzazione di questo diritto, mettendo al centro la persona che apprende con forme di individualizzazione e differenziazione dei percorsi formativi. Nel 2007 sono state apportate allo Statuto alcune mo-difiche che riguardano le sanzioni disciplinari (art. 4) e le relative impugnazioni (art. 5), ma senza stravolgerne l’impianto culturale e normativo. Le sanzioni più gravi

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Verifica della comprensione 1. Che cosa significa, relativamente alla scuola, il termine “democratizzazione”?

2. Quali sono i principali diritti garantiti dallo Statuto delle studentesse e degli studenti?

3. Che cosa significa che lo studente è titolare del diritto di apprendere?

devono sempre essere decise da un organo collegiale ed è previsto che tendano al recupero dello studente at-traverso attività di natura sociale, culturale, comunque a vantaggio della comunità scolastica: l’obiettivo è far comprendere l’errore ed evitarne la ripetizione.

Un patto condiviso tra scuola e famiglia Il Patto educativo di corresponsabilità, introdot-to da un decreto nel 2007, è un patto condiviso tra scuola e famiglia che descrive le priorità educative della scuola e definisce in maniera dettagliata diritti e doveri nel rapporto tra istituzione scolastica autonoma, studenti e genitori. Con la sottoscrizione del Patto al momento dell’iscrizione, le famiglie si impegnano a condividere con la scuola i nuclei fondanti dell’azione educativa. Il patto è approvato dal Collegio dei docenti. La stesura definitiva è condivisa dai genitori e dagli studenti, in sede di Consiglio d’Istituto.

Gli Organi di garanziaTra le innovazioni ricordiamo inoltre l’istituzione de-gli Organi di garanzia: uno interno a ogni istituto e uno regionale. Gli Organi di garanzia hanno il com-pito di controllare il rispetto dello Statuto, la confor-mità ad esso dei Regolamenti d’Istituto e di dirimere le controversie. Attraverso il riconoscimento di diritti e doveri degli studenti e la presenza di Organi di garanzia, l’istitu-zione scolastica si pone come luogo di esercizio delle regole democratiche e di condivisione sociale delle re-sponsabilità da parte dei membri della comunità.

❚ In Italia quasi 190 mila studenti sono interessati da una qualche forma di di-sabilità, il 2,1% della popolazione sco-lastica, universitari esclusi. La mag-gior parte degli studenti diversamente abili si concentra nella scuola elemen-tare e nella secondaria di primo grado, dove le cifre salgono rispettivamente al 2,53% e al 3,28%, in coincidenza con l’obbligo della frequenza scolastica.

❚ La maggior parte degli studenti diversamente abili ha una disabilità di tipo psicofisico (1,98%), mentre il ri-manente 0,12% è interessato da quel-la visiva e/o uditiva. Considerando la distribuzione territoriale, l’Umbria fa registrare la quota più bassa (1,7%) e il Lazio quella più alta (2,5%). ❚ A fronte di questi dati, che mettono in evidenza la rilevanza sociale del fe-

nomeno, le strutture scolastiche sono ancora troppo spesso non pienamen-te accessibili a causa delle barriere architettoniche, e l’organizzazione didattica non è sempre in grado di ga-rantire agli alunni diversamente abili la cura e l’attenzione dovute, attraver-so un numero adeguato di insegnanti di sostegno. ❚ Soltanto con scuole davvero acces-sibili a tutti e in grado di accogliere e integrare le diverse disabilità potremo vedere pienamente soddisfatto il dirit-to universale all’istruzione affermato nella Costituzione.

ApprofondimentoCostituzione e attualità

Una scuola accessibile a tutti

g Consulta provinciale degli studenti (C.P.S.) È un organismo di rappresentanza degli studenti della scuola secondaria di secondo grado, istituito dal d.p.r. n. 567 del 1996. È formata da due rappre-sentanti di ogni istituto di istruzione secondaria superiore, eletti dagli studenti della scuola. Ogni consulta è inoltre titolare di un seggio parlamentare nelle Regioni ove è presente il Parlamento regionale degli studenti. Si occupa di progetti, di formulare pro-poste ed esprimere pareri, istituire uno sportello informativo per gli studenti, designa due studenti all’interno dell’Organo provincia-le di garanzia. Il Presidente è membro del Consiglio nazionale dei presidenti delle Consulte provinciali degli studenti.

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Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori

Tema 3 Formazione e informazione

LezI

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Il diritto all’informazione

Pluralismo e libertà di informazione In uno Stato democratico i cittadini partecipano al-la vita pubblica scegliendo tra alternative politiche diverse, basandosi sulle informazioni a cui hanno accesso. Le informazioni vengono diffuse attraverso i mass media – stampa, radio, televisione, Internet –, mezzi in grado di raggiungere un gran numero di persone e di inf luenzarne i modi di pensare, le opinioni, i giu-dizi, gli stili di vita. Grazie all’esistenza di molte fonti d’informazione indipendenti l’una dall’altra, con orientamenti di-versi, e alla possibilità per molti soggetti di raggiun-gere un ampio pubblico, per esempio attraverso l’uso di Internet, si realizza il diritto del cittadino a essere informato, e a informare, assicurandogli la libertà di parola e di espressione e la possibilità di confronto tra le fonti da cui riceve le notizie. Se il pluralismo delle fonti di informazione non è ef-fettivo, la libertà di informazione è minacciata. Questo avviene quando la proprietà dei giornali e, ancor più, delle emittenti radiotelevisive si concentra in poche mani (la televisione è il più inf luente mezzo di comu-nicazione per la formazione delle opinioni dei cittadi-ni): la tutela del pluralismo richiede perciò l’ema-

nazione di leggi che assicurino l’esistenza di molteplici agenzie di informazione e la trasparenza sui soggetti che le controllano. Al fine di contrastare i processi di concentrazione delle proprietà, a partire dal 1981 sono state emanate numerose leggi (l’ultima è la n. 112 del 2004) ed è stata istituita l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che ha il compito di vigilare sull’applicazione delle norme vigenti nel settore.

L’informazione nella Costituzione Il diritto dei cittadini a un’informazione libera e corretta non è menzionato in modo esplicito nella Costituzione, ma si può ricavare dall’articolo 21, che garantisce a chiunque il diritto di esprimere e di dif-fondere con qualsiasi mezzo le proprie idee e quindi il diritto di informare.Data l’epoca in cui è stata scritta, la Costituzione det-ta alcuni principi soltanto relativi alla stampa. Le pubblicazioni non possono essere soggette ad auto-rizzazioni o censura preventive; è consentito però il sequestro (cioè il ritiro delle copie già stampate) in casi eccezionali, per esempio se non sono state rispet-tate le norme sull’identificazione dei responsabili (la stampa non può mai essere anonima).Per la radiotelevisione, mancando specifiche norme nella Costituzione, i principi sono stati elaborati dalla Corte costituzionale nelle numerose sentenze che si sono succedute nel tempo e diverse leggi, come abbia-mo detto, sono state emanate dal Parlamento. Infine, la legislazione sulle nuove tecnologie, come la rete Internet, è in via di definizione. Da esse può venire un grande contributo al diritto all’informazio-

nella Costituzione

Parte I, Titolo I, art. 21

articolo fondamentale

Art. 21 «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. […]»

articoli collegati

Art. 2

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Verifica della comprensione1. di quali principali diritti godono i cittadini a proposito dell’informazione?

2. riassumi gli aspetti di cui si è occupata la legislazione rispetto alla tutela del pluralismo.

3. In che cosa consiste la legge sulla privacy?

ne, grazie alla disponibilità di nuove reti satellitari e alle illimitate possibilità di Internet per la circolazione di notizie e commenti, in grado di rivoluzionare il sistema della comunicazione. ➧

Il diritto alla riservatezzaLa libertà di informazione (il cosiddetto g diritto di cronaca) non deve tuttavia mettere a rischio altri diritti dell’individuo, come la sua dignità o la sua riservatez-za, specialmente nel caso di minori: infatti può accadere che qualcuno sia offeso dalla divulgazione attraverso la stampa e la televisione di notizie personali riguardanti la sua salute, o i suoi rapporti personali e così via. ➧Inoltre, la riservatezza di tutti (o privacy, come si di-ce comunemente) è messa continuamente a rischio dalle moderne tecnologie. Usando la carta di credito, aprendo un conto in banca, stipulando un contratto di assicurazione, ciascuno di noi fornisce una serie di informazioni sulla propria vita, che alimentano spesso banche dati informatiche. Può verificarsi che queste informazioni vengano raccolte ed elaborate (con la classificazione dei soggetti in base al reddito, al lavoro svolto, ai gusti ecc.) e, per esempio, vendute a imprese interessate a pubblicizzare i propri prodotti.Oggi esistono norme giuridiche che regolano que-ste situazioni. La cosiddetta legge sulla privacy (n. 675/1996) ha infatti fissato alcuni principi sulla tutela del diritto alla riservatezza e ha istituito uno spe-ciale organo, chiamato comunemente Garante della privacy, per farli rispettare.Alcuni principi a tutela della privacy sono:

● chi raccoglie dati deve ottenere il consenso degli interessati e informarli sull’utilizzo che intende farne;

● gli interessati possono ottenere la cancellazione dei dati raccolti illegalmente o che possono recare fastidio;

● i dati che riguardano l’origine etnica, le convinzioni religiose, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, lo stato di salute e la vita sessuale (cosiddetti dati sensibili) non possono essere raccolti se non con il consenso scrit-to dell’interessato e previa autorizzazione del Garante;

● il consenso dell’interessato non è necessario per chi raccoglie e utilizza tali dati nell’esercizio della profes-sione giornalistica; le informazioni utilizzate devo-no però essere essenziali e riguardare fatti di interesse pubblico.

Sulla base di questi principi la materia è stata poi rego-lata in modo ampio e articolato dal Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lgs. 196/2003).

g Diritto di cronaca È l’espressione che viene usata per indicare il diritto di informare da parte dei giornalisti, cioè dei profes-sionisti dell’informazione. Le regole fondamentali per assicurare l’equilibrio tra diritto di cronaca e diritto alla riservatezza delle persone sono fissate dalla legislazione sulla privacy.

Il diritto alla riservatezza dei minori prevale sul diritto di cro-naca quando rendere pubblici i fatti della loro vita può recare un danno alla loro personalità. Perciò:

● non si possono pubblicare i nomi dei minori coinvolti in fatti di cronaca che costituiscono reati, né si devono fornire particolari che possano identificarli;

● quando i fatti di cronaca non costituiscono reati, spetta al giorna-lista valutare, in relazione al tipo di notizia, quali informazioni pubbli-care per non nuocere alla personalità del minore;

● le immagini dei minori possono essere rese pubbliche soltan-to se li rappresentano in un contesto positivo (sia personale sia familiare);

● queste regole valgono anche per i figli di personaggi noti, rispet-to ai quali si deve anche considerare che un eccesso di spettacolariz-zazione rappresenta un pericolo per la loro personalità.

➧Diritto di cronaca e minori

I dati raccolti nella tabella mostrano che tra i 27 Paesi membri dell’unione europea l’Italia è al diciannovesimo posto nella gra-duatoria dei nuclei famigliari che hanno in casa un accesso a Inter-net, con più della metà della popolazione ancora lontana dalla Rete.

➧ Le famiglie europee con accesso a Internet

PAeSe % PAeSe %

Paesi Bassi (NL) 83 Francia (FR) 49

Svezia (SE) 79 Slovacchia (SK) 46

Danimarca (DK) 78 Spagna (ES) 45

Lussemburgo (LU) 75 Lituania (LT) 44

Finlandia (FI) 69 Italia (IT) 43

Regno Unito (UK) 67 Polonia (PL) 41

Germania (DE) 61 Portogallo (PT) 40

Austria (AT) 60 Cipro (CY) 39

Belgio (BE) 60 Ungheria (HU) 38

Slovenia (SI) 58 Repubblica ceca (CZ) 35

Irlanda (IE) 57 Grecia (EL) 25

Malta (MT) 54 Romania (RO) 22

Estonia (EE) 53 Bulgaria (BG) 19

Lettonia (LV) 51

Fonte: Eurostat, indagine sull’utilizzazione delle Tic

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