TECNOLOGIA Sensori: Foveon e gli altri - | Andrea Nivini · passo dell’interpolazione, portando a...

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128 TUTTI FOTOGRAFI 128 TUTTI FOTOGRAFI Sensori: Foveon e gli altri Facciamo il punto sulla tecnologia dei sensori ed esaminiamo le caratteristiche del Foveon X3, la cui soluzione ricorda molto da vicino il sistema degli strati della pellicola sensibili a diverse lunghezze d’onda. Una tecnologia che offre vantaggi e svantaggi. La Sigma DP2 Merrill ci offre l’occasione di fare il punto della situazione sullo sviluppo del sensore Foveon X3, l’originale sensore capace di raccogliere informazioni croma- tiche complete per ogni fotodiodo senza doversi affidare al sistema a matrice RGB, di Bayer o Fuji X-Trans, e la conseguente demosaicizzazione. Nata nel 1997 da dipendenti di due colossi dell’elettronica come National Semiconductor e Synaptics, Foveon annovera tra i suoi ma- nager il mitico Federico Faggin, padre dei processori per computer Intel, e tra i fonda- tori Richard B. Merrill, l’inventore del senso- reafiltrocromaticoverticaleinmemoriadel quale Sigma ha dedicato le sue ultime foto- camere, tra le quali la Sigma DP2 Merrill di questo articolo. Dal 2009 Foveon è di proprietà di Sigma. La ricerca del colore Si sa, i sensori digitali sono dispositivi in- trinsecamente monocromatici; i fotodiodi misurano esclusivamente la quantità di luce e non la sua lunghezza d’onda. Per ovviare a tale problema sono state messe apuntonumerosetecnologie,adesempio attraverso il famoso filtro di Bayer, bre- vettato nel 1976, oppure l’impiego di tre sensori separati e opportunamente filtra- ti ai quali la luce veniva trasmessa da un appositoprisma.Oggiunasoluzionetanto complessa può sembrare assurda, eppure è ancora diffusa in ambito video dove sono molte le videocamere“3CCD”ed è proprio nel mondo video che nascono le prime fo- tocamere digitali chiamate, all’epoca,“still video camera”ovvero, con una traduzione un po’ libera, cineprese a immagini fisse. All’epoca di questi primi tentativi di foto- grafia digitale il limite era dato più dalla risoluzione che dalla capacità di realizzare un filtro cromatico a livello dei singoli foto- diodi; solo Kodak poteva contare su senso- ri sviluppati in casa, che già negli anni ‘80 superavano la risoluzione di 1 Mpxl, e se la Minolta RD-175 del 1995 utilizzava ancora la soluzione a 3 CCD da circa 380.000 foto- diodil’uno,opportunamenteinterpolatiper ottenere immagini in “alta risoluzione” da ben 1,75 Mpxl, la Casio QV 10 dello stes- so anno poteva contare su di un singolo CCD filtrato, ma di soli 250.000 fotodiodi; era però la prima macchina commerciale a disporre di un display LCD a colori per rivedere le immagini. La differenza tra le due? Una era reflex, dedicata quindi all’impiego professionale, mentrel’altraeraunafotocameracompatta chepotevaaccontentarsidiunarisoluzione inferiore,manoncertorinunciareallaprati- cità del display posteriore. Con l’avvento di sensori dalla risoluzione sempre maggiore è venuta meno la neces- sitàdimetterneinsiemetreperraggiunge- re una risoluzione elevata, mentre la sem- premaggiorepotenzadicalcolodisponibile internamenteallamacchinahadeterminato il successo del filtro cromatico a livello di fotodiodi. Ma non esisteva solo la matrice di Bayer ed infatti Sony, da sempre uno dei maggiori produttori di sensori, ha messo alla prova numerosesoluzionialternativetracuiquel- la che, al posto della terna RGB della sintesi additiva,impiegavalaternaCianoMagenta e Giallo (CMY) della sintesi sottrattiva. SoluzionicomeilfiltroCYYMcaratterizzato daunmotivoripetutodeifiltriCiano,Giallo, Giallo e Magenta, o quello CYGM che ai fil- triCMYaggiungevanocomequartocolore TECNOLOGIA L’evoluzione dei sensi

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Sensori:Foveon e gli altri

Facciamo il punto sulla tecnologia dei sensori ed esaminiamo le caratteristiche del Foveon X3, la cui soluzione ricorda molto da vicino il sistema degli strati della pellicola sensibili a

diverse lunghezze d’onda. Una tecnologia che offre vantaggi e svantaggi.

La Sigma DP2 Merrill ci offre l’occasione di fare il punto della situazione sullo sviluppo del sensore Foveon X3, l’originale sensore capace di raccogliere informazioni croma-tiche complete per ogni fotodiodo senza doversi affidare al sistema a matrice RGB, di Bayer o Fuji X-Trans, e la conseguente demosaicizzazione.Nata nel 1997 da dipendenti di due colossi dell’elettronica come National Semiconductor e Synaptics, Foveon annovera tra i suoi ma-nager il mitico Federico Faggin, padre dei processori per computer Intel, e tra i fonda-tori Richard B. Merrill, l’inventore del senso-re a filtro cromatico verticale in memoria del quale Sigma ha dedicato le sue ultime foto-camere, tra le quali la Sigma DP2 Merrill di questo articolo.Dal 2009 Foveon è di proprietà di Sigma.

La ricerca del coloreSi sa, i sensori digitali sono dispositivi in-trinsecamente monocromatici; i fotodiodi misurano esclusivamente la quantità di luce e non la sua lunghezza d’onda. Per ovviare a tale problema sono state messe a punto numerose tecnologie, ad esempio

attraverso il famoso filtro di Bayer, bre-vettato nel 1976, oppure l’impiego di tre sensori separati e opportunamente filtra-ti ai quali la luce veniva trasmessa da un apposito prisma. Oggi una soluzione tanto complessa può sembrare assurda, eppure è ancora diffusa in ambito video dove sono molte le videocamere “3CCD” ed è proprio nel mondo video che nascono le prime fo-tocamere digitali chiamate, all’epoca, “still video camera” ovvero, con una traduzione un po’ libera, cineprese a immagini fisse.All’epoca di questi primi tentativi di foto-grafia digitale il limite era dato più dalla risoluzione che dalla capacità di realizzare un filtro cromatico a livello dei singoli foto-diodi; solo Kodak poteva contare su senso-ri sviluppati in casa, che già negli anni ‘80 superavano la risoluzione di 1 Mpxl, e se la Minolta RD-175 del 1995 utilizzava ancora la soluzione a 3 CCD da circa 380.000 foto-diodi l’uno, opportunamente interpolati per ottenere immagini in “alta risoluzione” da ben 1,75 Mpxl, la Casio QV 10 dello stes-so anno poteva contare su di un singolo CCD filtrato, ma di soli 250.000 fotodiodi; era però la prima macchina commerciale

a disporre di un display LCD a colori per rivedere le immagini. La differenza tra le due? Una era reflex, dedicata quindi all’impiego professionale, mentre l’altra era una fotocamera compatta che poteva accontentarsi di una risoluzione inferiore, ma non certo rinunciare alla prati-cità del display posteriore.Con l’avvento di sensori dalla risoluzione sempre maggiore è venuta meno la neces-sità di metterne insieme tre per raggiunge-re una risoluzione elevata, mentre la sem-pre maggiore potenza di calcolo disponibile internamente alla macchina ha determinato il successo del filtro cromatico a livello di fotodiodi. Ma non esisteva solo la matrice di Bayer ed infatti Sony, da sempre uno dei maggiori produttori di sensori, ha messo alla prova numerose soluzioni alternative tra cui quel-la che, al posto della terna RGB della sintesi additiva, impiegava la terna Ciano Magenta e Giallo (CMY) della sintesi sottrattiva. Soluzioni come il filtro CYYM caratterizzato da un motivo ripetuto dei filtri Ciano, Giallo, Giallo e Magenta, o quello CYGM che ai fil-tri CMY aggiungevano come quarto colore

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L’obiettivo della DP2 Merrill è un Sigma (ovviamente) da 30mm f/2,8; elemento distintivo del barilotto dell’ottica è la ghiera di messa a fuoco che nonostante l’ormai ampiamente diffuso metodo del drive-by-wire, ovvero della modifica dei parametri tramite attuatori e motori elettrici (e non attra-verso il controllo diretto di ingranaggi ed elicoidi) offre la sensazione di un tradizionale obiettivo manuale. Lo schema ottico è composto da 8 elementi in 6 gruppi con un ele-

mento asferico e tre ad alto indice di rifrazione. Nel formato 135 offre un angolo di campo pari ad un 45mm ed è appositamente progettato per sfruttare al meglio il nuovo sensore X3 che anima la macchina.

Brevetto del sensore X3 dove si notano gli strati sensibili ai differenti colori.

Schema di funzionamento del sensore con filtro Bayer, a sinistra, e del Foveon X3, a destra. Come si vede, il sensore Foveon salta il passo dell’interpolazione, portando a risultati decisamente superiori nelle transizioni.

il verde (utilizzato sulle prime reflex Kodak) non hanno avuto un grande successo.E così, dopo un ulteriore tentativo di modi-ficare il filtro di Bayer con lo schema RGEB, con la E che rappresenta il colore Emerald (verde smeraldo, ma in realtà più vicino al ciano), Sony rinuncia a cercare soluzioni differenti dalla tradizionale matrice di Bayer

per la quale erano ormai stati sviluppati algoritmi di demosaicizzazione evoluti che consentivano (e consentono ancora oggi) immagini estremamente realistiche.Merita infine una segnalazione la soluzione sviluppata in tempi abbastanza recenti da Kodak; invece di aggiungere un differente filtro cromatico prevede un filtro Bianco

(W) o, per meglio dire, “trasparente”, come indica la sigla RGBW. Questa soluzione sostituisce uno dei due filtri verde con uno neutro che non serve naturalmente a deter-minare il colore del soggetto, ma aumenta considerevolmente il rapporto segnale/rumore consentendo una maggiore pre-cisione nella determinazione dei dettagli.

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Purtroppo le difficoltà nella demosaicizza-zione non hanno permesso a Kodak di svi-luppare sufficientemente questa soluzione ed oggi la divisione Kodak dei sensori è stata ceduta.

Foveon X3In questo marasma di tecnologie si inse-risce Foveon che, grazie all’intuito di uno dei suoi fondatori, Richard B. Merrill, ha pensato di riprendere il concetto base della fotografia a colori analogica per riproporlo in ambito digitale, ovvero di realizzare un sensore a “filtro colore verticale”.Con il brevetto U.S. Patent 6632701 del 14 ottobre 2003, Merrill propone il suo “Vertical color filter detector group and ar-ray”; detto in parole povere, è un sensore che sfrutta la caratteristica intrinseca del silicio di assorbire diverse lunghezze d’on-da della luce in base allo spessore dello strato. Ne consegue che se in superficie si registra la lunghezza d’onda del blu, nella parte più

profonda del sensore si registrerà il rosso, con il verde che viene captato dallo strato intermedio.Così come nella fotografia analogica sul supporto della pellicola vengono stesi tre strati di materiale sensibile alle tre diver-se lunghezze d’onda della luce, il sensore pensato da Merrill riprende la struttura a strati per cui ogni fotodiodo è in grado di raccogliere tutte le informazioni necessarie a ricostruire il segnale cromatico nella for-ma scomposta RGB senza dover interpo-lare i dati mancanti con quelli dei fotodiodi adiacenti, come avviene invece nei sistemi basati sul filtro Bayer.Il primo vantaggio di questa soluzione è, ovviamente, la maggiore fedeltà cromati-ca poiché ogni pixel dell’immagine riporta le componenti RGB così come viste dal sensore e non interpolate tramite le infor-mazioni dei fotodiodi adiacenti; in questo modo si evita il rischio degli artefatti cro-matici da interpolazione. Questa tecnologia, chiamata Foveon X3,

permette anche di evitare l’impiego del fil-tro anti-aliasing poiché, mancando la com-ponente più visibile degli artefatti, quella cromatica, l’aliasing (che è comunque pre-sente in tutte le acquisizioni digitali non op-portunamente filtrate) diventa un problema di secondaria importanza. Da qui il notevole aumento della nitidezza dell’immagine.Nella pratica i sensori X3 dispongono di tre strati di fotodiodi e anche se non si può semplicemente moltiplicare per tre il nume-ro dei pixel di un singolo strato, è indubbio che un sensore come l’ultimo da 15.4 Mpxl ha una risoluzione certamente superiore a quella di un dispositivo di analoga risolu-zione.Infatti se è vero che fisicamente il senso-re della DP2 Merrill contiene 46.2 Mpxl, è anche vero che essi sono disposti su tre strati da 15.4 Mpxl e sono i 15.4 Mpxl del primo strato a campionare (a vedere, a suddividere in punti) l’immagine proiettata dall’obiettivo; sono quindi questi 15.4 Mpxl a determinare la risoluzione dell’immagine.

La saturazione dei colori è pregevole, e così la resa dello sfocato garantita dall’ottica luminosa, ma la nitidezza è qualcosa di davvero notevole spingendosi oltre la resa che può dare una semplice maschera di contrasto.

Una caratteristica di gran-de utilità della DP2 Merrill è la possibilità di vedere un istogramma relativo a tutta l’immagine o, zoo-mando, all’area mostrata a monitor, così da verificare che le aree più chiare e più scure del soggetto non siano bruciate o troppo chiuse.

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L’assenza del filtro anti aliasing regala alla DP2 Merrill una risoluzione effettiva-mente elevatissima, come dimostra il forte ingrandimento dell’immagine.

Il rumore è accettabile fino a 400 ISO, sul livello quindi della concorrenza dotata di sensori tradizionali, ma a 800 ISO e 1600 ISO le immagini appaiono leggermente desa-turate e con una grana digitale più marcata.

Dato però che non è presente il filtro AA, la risoluzione è effettivamente superiore. Una problematica riguarda poi la disposizio-ne su tre strati che ha dimostrato di essere piuttosto complessa nella messa a punto tanto da portare, in particolari condizioni di scatto, a variazioni cromatiche tendenti al verde e al viola e in una certa sofferenza sul fronte del rumore alle sensibilità superiori a 400 ISO.

La Sigma DP2 Merrill sul campoAccanto alle reflex, come l’attuale SD1, Sigma ha dato vita ad una gamma di fotoca-mere compatte che utilizzano lo stesso sen-sore formato APS (FOV 1,7x). Denominate DP, queste macchine non brillano per il design, ma garantiscono una qualità d’im-magine davvero elevata. Ultima nata della famiglia, la Sigma DP2 Merrill è dedicata alla memoria di Richard B. Merrill: realizzata completamente in me-tallo, sfoggia l’ultima versione del sensore Foveon X3, lo stesso utilizzato dall’ammira-glia SD1 Merrill, che offre una risoluzione di 15 Mpxl per strato.Se a prima vista la DP2 potrebbe sembra-re poco ergonomica, una volta sul campo la situazione si ribalta e, grazie soprattutto alle piccole punzonature che fanno da an-tiscivolo, la macchina si impugna in modo saldo.La disposizione dei comandi è abbastan-

L’assenza del filtro anti aliasing regala alla DP2 Merrill una risoluzione effettivamente elevatissima, come dimostra il forte ingrandimento dell’immagine.

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za tradizionale e la presenza del pulsante QS per l’accesso diretto a due pagine di opzioni d’uso frequente, configurabili dal fotografo, aiuta a fare quasi a meno dei menù; per navigare tra queste opzioni si deve usare il pad a quattro vie che non solo permette di selezionare la voce da modificare, ma continuando a premerlo nella stessa direzione consente anche la modifica dei parametri. Ad esempio, se premendo il pad verso l’alto si modifica la qualità del file, continuando la pressione si comincia a passare da Raw a Raw + Jpeg, a Jpeg nelle diverse com-pressioni; tutto bene, se non fosse che per tornare indietro, ad esempio da Raw + Jpeg a Raw, verrebbe naturale utilizzare la direzione opposta, ovvero il tasto verso il basso, ma ciò porta a selezionare un’altra voce (ad esempio la risoluzione). Il mio consiglio quindi è di selezionare la voce da modificare tramite il pad, ma di effettuare la modifica di tale parametro esclusivamente con la ghiera sulla calotta.La DP2 Merrill non ha un autofocus mol-to veloce, nonostante la configurazione a nove punti dalle dimensioni regolabili sia comunque apprezzabile. D’altra parte è una macchina più indicata per lo “street photo-grapher” che preferisce la messa a fuoco manuale, e non a caso oltre ad avere una scala in metri a display permette di verifica-re quale sarà la zona di nitidezza accettabile in base all’impostazione del diaframma.L’esposizione è piuttosto buona, ma non è facile da controllare sul campo in quan-to il display è marcatamente contrastato, per cui sembra che la macchina abbia una gamma dinamica limitata; ma non è così, per cui attenzione ad introdurre una stara-tura intenzionale. Attenzione anche alla cur-va di contrasto eccessiva all’impostazione

minima che potrebbe portare ad immagini sotto-esposte. Insomma per instaurare un buon feeling con la macchina occorre una certa esperienza.Per i fotografi più esigenti la DP2 Merrill riserva comunque una piacevole sorpre-sa; infatti l’istogramma in playback varia a seconda di ciò che viene mostrato sul display, ovvero si riferisce all’immagine in-tera quando si rivede l’immagine nella sua interezza, e al dettaglio visualizzato quan-do si effettua un ingrandimento. In questo modo è estremamente facile la verifica di una zona importante, per la quale temiamo di aver sbagliato l’esposizione.Come tutte le macchine di questo tipo, con l’otturatore nell’ottica, si deve tenere presente che i tempi di esposizione più ra-pidi sono disponibili solo ai diaframmi più chiusi, come si vede nella tabella a parte. Il maggior limite di questa macchina è però la ridotta autonomia; con una carica com-pleta della batteria non sono andato oltre i 95 scatti. Ciò significa avere con sè almeno due batterie.Ma non parliamo delle immagini? Certo che ne parliamo… a 100 ISO sono sempli-cemente splendide. I colori sono saturi ma naturali, e la nitidezza va oltre a ciò che si può ottenere con la maschera di contrasto, o con una fotocamera di risoluzione mag-giore ma dotata di filtro anti-aliasing.Inoltre la DP2 Merrill può contare su un obiettivo appositamente progettato per soddisfare le necessità di un sensore par-ticolare come il Foveon X3.Di contro, alle sensibilità sopra i 400 ISO il rumore è superiore a quello della concor-renza “Bayer”, con le immagini che a 800 ISO e 1600 ISO risultano leggermente de-saturate. Occorre anche prestare attenzione alla tendenza di bruciare le alte luci in modo

L’ampio display LCD è costituito da un pannello da 3” e 920.000 punti con protezione in cristallo recante la sigla Merrill.

La calotta ospita la slitta flash, il tasto di accensione, il tasto per la scelta del programma di ripresa (che comprende ben 3 memorie a disposizione del fotografo) e la ghiera di controllo coassiale al pulsante di scatto. Alla destra della slitta flash si trova il led di stato dell’autofocus, che permette di sapere se la macchina ha effettuato o meno la messa a fuoco quando la si utilizza con lo schermo LCD oscurato.

Tempi di scattoe diaframmi

Come tutte le macchine con l’ottura-tore nell’ottica si deve tenere presente che i tempi di esposizione più rapidi sono disponibili solo ai diaframmi più chiusi.

Tempo di posa Diaframmi1/2000s da f/5,6 a f/161/1600s da f/4 a f/51/1250s da f/2,8 a f/3,5

brusco, passando dalla piena saturazione alla perdita di tutti e tre i canali nel giro di 1/3 EV.

Il giudizioLa DP2 Merrill è quindi una fotocamera fuori dal comune nel bene e nel male: è molto interessante per il fotografo esperto, nelle cui mani produrrà risultati splendidi. Al contrario, nelle mani di un principiante vi è il rischio concreto di risultare una fo-tocamera praticamente ingestibile. A voi la scelta.

Andrea Nivini

PrezzoSigma DP2 Merrill: € 1.100

Distribuzione: Mtrading, Via Cesare Pavese 31, 20090 Opera (MI). Tel: 02/57.60.44.35www.m-trading.it