Tecniche base di sopravvivenza applicate alla pratica ... e scialpinismo.pdf · Tecniche base di...
Transcript of Tecniche base di sopravvivenza applicate alla pratica ... e scialpinismo.pdf · Tecniche base di...
Tecnichebasedisopravvivenza
applicateallapraticadelloscialpinismo
La pratica dello sci alpinismo è sempre più diffusa e anche se un gita, spece se ben pianificata, raramente ci
metterà in una condizione di sopravvivenza è sempre bene ricordare che la natura e la montagna sanno essere
veramente ostili; ad esempio un improvviso cambiamento meterorologico, cosa non poco probabile in
montagna, potrebbe rendere la visibilità scarsa tanto da rendere particolarmente pericoloso ostinarsi a
continuare o addirittura a tornare sui nostri passi. Ecco perchè ritengo che sia necessario sapere come poterci
organizzare per affrontare la sfida che la Montagna ci ha lanciato.
La Preparazione della gita Primo aspetto fondamentale è l’essere pronti e questo comporta una buona preparazione a priori della gita
seguendo poche ma fondamentali regole:
Consultare il bollettino nivo-meteorologico della zona per conoscere le condizioni del manto nevoso e il
relativo grado di pericolo valanghe
Documentarsi sulle condizioni dell’itinerario scelto per capire anche se sia adatto alla nostra preparazione
tecnica e fisica. Oggi con internet è facile ad esempio reperire reportage fatti da altri sciatori sulla stessa gita.
Studiare l’itinerario su una mappa topografica anche per avere anche una visione generale dell’ambiente
circostante, sapere ad esempio che dietro a una determinata cima c’è un alpeggio, un paese ecc. potrebbe
essere un valido aiuto in caso ad esempio ci si perda.
Verificare l’efficenza del nostro materiale tecnico facendo particolare attenzione allo stato di carica del nostro
ARVA
Lasciare detto dove siamo diretti per permettere che qualcuno, in caso di un nostro non ritorno, allerti i
soccorsi.
Proprio perchè come sappiamo la montagna è imprevedibile, la preparazione fatta a tavolino non deve essere
presa come oro colato; occorre, anche in corso d’opera, eseguire attente valutazioni sul manto nevoso,
sull’evolversi delle contizioni meteo, mantenere un passo tale per cui tutti i membri del gruppo restino in
contatto visivo pur mantenendo un’adeguata distanza specie nei punti ritenuti più critici e saper scegliere un
posto adeguato, lontano da pericoli, per eventuali soste.
Equipaggiamento
Oltre ovviamente agli attrezzi propri dello sci alpinismo ( sci e pelli o racchette da neve e snowboard ) nel
nostro zaino, a discapito aimè del peso, dovremmo avere:
Pala e Sonda: indispensabili insieme all’arva, di cui parleremo dopo, per l’autosoccorso in caso di valanga.
Spesso chi viaggia solo tende ad alleggerirsi di questi pesi non pensando che magari potrebbero servirgli per
aiutare un altro gruppo rimasto coinvolto in un incidente o anche per costruire velocemente un bivacco
d’emergenza
Cartina, Bussola, Altimetro e GPS: tendenzialmente il GPS racchiude in un unico strumento i precedenti, ma se
si dov’esse scaricare? Teniamoci sempre gli strumenti classici dell’orientamento. Non si sa mai
Corda, moschettoni, picozza, ramponi, chiodi da ghiaccio e imbrago se ci accingiamo ad affrontare un
itinerario di alta quota su ghiacciaio
Acqua e cibo: la fatica della risalita, le basse temperature e l’altitudine aumenteranno la nostra disidratazione,
almeno un litro e mezzo d’acqua per una gita di qualche ora è indispensabile.
Coltellino e kit base di sopravvivenza che non escluda della diavolina per un eventuale fuoco. Per esperienza
reperire un’esca e del combustible veramente asciutti in ambiente innevato è molto difficile e in caso di
necessità, proprio per le temperature rigide, è meglio non perder troppo tempo.
Frontale per affrontare se necessario il buio
Fischietto urlare per richiedere aiuto o per offrirlo ha spesso il solo effetto di affaticarci, la neve e la
conformazione della montagna possono limitare il raggio d’azione della nostra voce
Celluare
ARVA Anche se non lo abbiamo messo nello zaino non dimentichiamoci però di questo importantissimo
strumento, apparecchio principe dell’autosoccorso in caso di valanga. L’ ARVA è sia un trasmettitore sia un
ricevitore che permette di cercare con estrema precisione il malcapitato e, nel caso fossimo noi la vittima, di
farci trovare. L’arva va indossato almeno sotto uno strato del nostro vestiario ed è estremamente sconsigliato
tenerlo nello zaino: la forza della valanga potrebbe strapparcelo di dosso e personalmente non sarei contento
se chi mi stesse cercando perdesse tempo per trovare il mio zaino.
Sarebbe inoltre fondamentale seguire dei corsi sull’utilizzo di questo apparecchio per apprendere le tecniche
giuste di ricerca e fare pratica ogni volta che se ne ha la possibilità, magari a fine gita prima di festeggiare con
una buona birra
Abbigliamento: per esperienza dei capi in GORE-TEX ( giacca e pantaloni quantomeno ) sono l’ideale pe restare
asciutti, ricordasi inoltre che se il vostro abbigliamneto sarà composto da colori accesiil rosso fuoco a mio
avviso è l’ideale, otterrete un ottimo contrasto con l’ambiente circostante facilitando la nostra localizzazione in
caso di necessità.
È sempre consigliato vestirsi a cipolla in modo da poter regolare al meglio la nostra temperatura
Binocolo: utile per osservare con maggior precisione l’ambiente circostante
Walkie Talkie: potrebbero essere comodi in un gruppo
Prima di ogni gita sarebbe opportuno controllare il proprio equipaggiamento: verificare ad esempio le
condizioni delle pelli e del proprio collante, verificare il corretto funzionamento degli attacchi e controllare il
serraggio di tutte le viti
I Pericoli
In montagna i pericoli che dobbiamo prevedere e non sottovalutare per limitare al massimo il passaggio da una
semplice gita a uno stato di sopravvivenza sono molti:
Valanghe: un pendio privo di vegetazione con pendenza tra i 25/30° e i 40° unito a uno strato di 30-40 cm di
neve fresca sono particolarmente a rischio, altri fattori che possono aumentare il pericolo di una valanga sono
il vento che con la sua azione crea accumoli poco coesi con gli strati inferiori e le temperature ( in inverno
temperature troppo fredde rallentano il consolidamento , in primavera invece le temperature eccessive,
specialmente nelle ore pomeridiane rendono il manto particolarmente instabile).
Durante la progressione potremmo valutare empiricamente le condizioni della neve sondando con i bastoncini;
se affondandolo con decisione incontriamo una resistenza continua e progrossiva lo strato di neve può essere
considerato relativamente compatto e consistente; se invece dopo un primo tratto di resistenza
l’affondamento si farà rapido e improvviso, significa che lo strato superficiale poggia su quello sottostante con
scarsa coesione e quindi dovremmo restare particolarmente allertati. Questo test ci darà comunque una
lettura sommaria e non bisogna abbassare mai la guardia.
Caduta di massi dai pendi che ci circondano
Crepacci, spesso nascosti dalle nevicate e quindi di difficile individuazione, da attraversare sempre con una
direzione perpendicolare al loro sviluppo
Meteo (Bufere di neve, nebbia ecc): in montagna le nuvole si comportano quasi sempre per come ci appaiono;
se hanno un’aria minacciosa prepariamoci a un repentino cambiamento delle condizioni
Mal di Montagna ( AMS ): l’altitudine elevata determina una minor percentuale di ossigneo e sopratutto oltre i
2500m di quota può manifestarsi questo male che si manifesta con giramenti di testa, forte affaticamento,
nausea e nei casi più gravi può degenerare in edema polmonare o edema cerebrale. Scendere repentinamente
di quota ci aiuta a combattare questo “male”
Ipotermia e Congelamento determintati dalll’esposizione prolungata alle basse temperature. Ogni 100 metri
guadagnati si perdono mediamente 0,6 gradi; il vento inoltre contribuisce ad aumentare la nostra percezine del
freddo ( effetto wind chill ).
Cecità. Il sole e il riverbero della neve devono essere combattuti con occhiali da sole. Meglio se con lenti di
categoria 4. Se non avessimo occhiali potremmo costruire una mascherina con della corteccia alla quale
applicheremo delle piccole feritoie. Possiamo anche sporcarci gli zigomi con della fuliggine, il nero attirerà i
raggi solari deviandoli dai nostri occhi
OK ! Siamo ben preparati ma qualcosa va storto: e ora ?
Arriva improvvisamente una bufera che ci fa perdere l’orientamento; ci si rompe un’attacco dello sci che ci
impedisce di muoverci velocemente ed è già tardi; un piccolo infortunio ci impedisce di continuare, ed ecco
che il buio avanza, il freddo aumenta.
La natura ha scelto noi! Ci sta sfidando e noi dobbiamo essere pronti per affrontare questa sfida impari con
sangue freddo e determinzaione.
Facilmente il nostro cellulare non prenderà, però un sms a chi ci sta aspettando mandiamolo ugualmente, non
è detto che per qualche motivo il nostro apparecchio agganci la rete e riesca a inviarlo. Se invece prende
perfettamente allertiamo il soccorso alpino componendo il 118: la nostra preparazine della gita dovrebbe
metterci in condizione di dare tutte le indicazioni necessarie per farci recuperare
Subito dopo mettiamoci al lavoro per costruirci un buon riparo che ci metta in condizione di sopportare il gelo
della notte. Mentre scegliamo il posto più adatto, che sia ad esempio lontano dal pericolo di slavine o di caduta
massi, se possibile perdiamo quota in modo che la temperatura aumenti. Se però scendere 300 metri per
guadagnare 1,5° fosse particolarmete difficile e pericoloso forse non ne vale tanto la pena ed è meglio costruire
qualcosa di efficace dove ci troviamo
Rifugi
La quantità di neve, la presenza o meno di vegetazione, il tempo a disposizione determineranno il tipo di rifugio
da preferire
Oltre il limite della vegetazione avremo scarsa probabilità di trovare del materiale che ci possa aiutare e quindi
dovremmo affidarci solo all’eccellente proprietà isolante della neve e a quanto abbiamo con noi.
TRUNA Se l’altezza del manto nevoso lo permette, almeno 2,5 metri, costruiremo una caverna. Visto che la
realizzazione di un’ottima truna può portarci via anche 2 ore di tempo, ecco quindi che la nostra pala,
sapientemente messa nello zaino, ci viene in aiuto. Scavata prima una buca che servirà da ingresso e sopratutto
inizierà a fornirci un riparo dall’eventuale vento, iniziamo a scavare orizontalmente per crearci la nicchia dove
poterci adagiare. Tale spazio sarebbe preferibile che fosse grande 3 volte noi per evitare che la neve,
assestandosi, ci seppellisca. Se fosse troppo grande, al posto di riscaldrasi, l’aria interna porterà via calore al
nostro corpo. Successivamente dovremo lisciare il più possibile le pareti per limitare lo sgoggiolamento su di
noi e eventualmente costruire un piccolo canale di scolo intorno al nostro giaciglio. Importante è costruire una
buca più bassa di dove dormiremo, in modo che il freddo tenda a scendervi dentro. Se chiuderemo
ermeticamente l’ingresso con i blocchi di neve risultati dallo scavo o con lo zaino dovremmo effettuare
un’apertura per il ricambio d’aria e fare in modo, in caso di nevicata, che resti sempre libero, a questo scopo
potrebbe essere utile utilizzare un bastoncino telescopico posto in maniera tale che resti nel foro. Costruito il
nostro riparo dobbiamo infine evitare di restare a contatto diretto con la neve. Usiamo qualsiasi cosa possa
creare un cuscino d’aria tra noi e il suolo di neve (lo zaino, gli sci ecc.; non sarà comodo, ma se non ci troviamo
in un albero a 5 stelle c’è un motivo ).
Una brandina per dormire isolati dalla neve si può improvvisare con sci, pelli di foca, corde o altro materiale
infine con la coperta termica del nostro kit ci copriamo e aspettiamo.
Se il manto nevoso non è abbastanza profondo per scavare una truna, una possibile variante della caverna è
quella di costruire una buca e utilizzare i blocchi di neve derivati dallo scavo per innalzare le pareti fino
all’altezza giusta per contenerci. Il tetto può ,costruito utilizzando gli sci, i bastoncini e la coperta termica, andrà
poi ricoperto con altra neve
Spesso intorno a grandi massi si accumula una gran quantità di neve dove potremmo scavare e sfruttare la
parete rocciosa per farne un lato del rifugio. Inoltre è facile che si sia formata già una sorta di caverna naturale
che ci faciliterà il lavoro
IMMAGINE
Se invece ci troviamo al disotto del limite della vegetazione saremmo “facilitati” proprio dalla presenza di alberi
che ci possono fornire del buon materiale per creare il nostro rifugio di fortuna e per accendere eventualmente
il nostro fuoco
Ad esempio, sotto i grandi abeti è facile trovare zone di scarso innevamento sfruttabili per costruire
rapidamente il nostro giaciglio. Ripuliamo dai rami bassi in modo da creare lo spazio necessario e sfruttiamo i
rami tolti per completare la copertura già offerta dalle fronde sovrastanti; infine per ottenere un miglior effetto
coibentante potremmo ricoprire il nostro tetto con della neve. Altri rami saranno disposti sul terrenno per
isolarci dalla neve o dalla terra ghiacciata. Nella scelta dell’albero giusto dovremmo valutare anche che non ci
sia il pericolo di caduta rami per il peso della neve e ricordare che accendendo un fuoco la neve depositata sugli
albri potrebbe scioglersi e, candendoci addosso, non solo potrebbe bagnarci, ma spegnerebbe anche il fuoco
con il risultato che dovremmo affrontare la gelida notte con un ulteriore difficoltà: bagnati e senza una fonte di
calore
Anche una trincea resta una valida alternativa: la sua realizzazione sarà facilitata dal fatto che potremmo
sfruttare i rami per la copertura e per l’isolamento dal terreno. Come sempre il tutto sarà coperto poi da altra
neve
Sempre sfruttanto la vegetazione sarà possibile costruire un rifugio di detriti così come faremmo in assenza di
neve; in questo caso però sfrutteremo sempre l’azione coibentante della neve ricoprendone tutta la copertura
IMMAGINE
Qualche consiglio pratico:
durante la costruzione cerchiamo di lavorare vestiti il meno possibile per evitare di sudare troppo e bagnare di
conseguenza tutti i nostri vestiti, solo al termine della costruzione indosseremo tutti gli strati a nostra
disposizione in modo scaldarci bene
In tutti i casi bisognerà tener presente l’importanza di isolare il nostro corpo dal contatto diretto del terreno o
della neve. Dormendo a diretto contatto con essa infatti si perde circa il 75% del calore corporeo. È quindi
fondamentale mettere tra noi e il suolo qualsiasi cosa possa creare un cuscinetto d’aria. Il solo uso della
coperta termica non ci garantirebbe l’adeguato isolamento.
Se durante la notte la temperatura dovesse comunque precipitare anche all’interno del nostro rifugio, sarà di
fondamentale importanza rimanere desti e crecare di riscaldare le parti più periferiche come mani, piedi e viso.
Ecco quindi che dovremmo continuare a muovere le dita negli scarponi ai quali avremmo allentato i lacci per
facilitare la circolazione sanguinea, porre le mani sotto le ascelle o tra le cosce, coprire il capo e il collo.
Per aiutarci a vincere il gelo notturno inoltre consiglio di tenere nel nostro kit delle buste riscaldanti da infilare
nei guandi e negli scarponi ( occupano poco spazio, sono leggere e sono fonte di una buona quantità di calore )
e magari un passamontagna
Una eventuale candela aiuterà ad innalzare la temperatura interna del rifugio
Considerazioni su rischi di Ipotermia e Congelamento
L’ipotermia si ha in presenza di un repentino abbassamento della temperatura corporea, il nostro corpo reagirà
tremando per cercare di produrre calore: si passerà prima a uno stato in cui avremo i pensieri rallentati e una
percezione distorta di ciò che ci circonda; scendendo ulteriormente avremo una rigidità muscolare e
rallentamento dei segni vitali.
Occorre quindi, appena se ne hanno i sintomi riscaldare il proprio corpo.
Se si è in gruppo potrebbe essere necessario aiutarsi a vicenda, scaldandosi eventualmente i piedi a vicenda,
stare comunque molto vicini. Se ne abbiamo la possibilità scaldiamo dell’acqua ( sciogliendo eventualmente
della neve ) per farci una bevanda calda ricordandoci ,se disponibili, di mettere nell’acqua clada degli aghi di
pino: otterremo così una bevanda calda molto saporita e ricca di vitamine ( in particolare la vitamina C )
Tenere a mente però che un riscaldamento troppo veloce può provocare problemi circolatori e in taluni casi
una brusca ricaduta causata dal ritorno del sangue freddo ristagnante negli arti. Il metodo migliore per evitare
questa ricaduta è quello di scaldare bene la parte centrale e stimolare le zone periferiche; muovendo le dita
dei piedi , massaggiandoli con le mani; mettendo le mani sotto le ascelle facendo smorfie con la faccia.
il congelamento dei tessuti può essere superficiale e quindi interessare solo la pelle dandole un colore pallido e
biancastro; oppure può essere profondo ( colore tendente al nero nei casi più gravi ) e interessare i tessuti
sottostanti rendendo rigidi e inamovibili tali tessuti. Le dita dei piedi e delle mani sono particolarmente a
rischio, ma anche le zone scoperte del viso. In gruppo controlliamoci a vicenda il viso cercando di scorgere i
segnali e intervenire prima che sia tardi.
Come prevenzione ricordiamoci di scaldare periodicamente la faccia contraendo i muscoli, portando le mani a
coppa ed espirando aria. Riscaldiamo le orecchie strofinandole con le mani. Le mani dovrebbero essere sempre
in movimento e poste possibilmente sotto le ascelle o comunque vicino al corpo; per i piedi vale la stessa
regola anche se vedo difficile metterseli sotto le ascelle, possiamo ad esempio appoggiarli al ventre del nostro
compagno che dovrà stare attento a sua volta affinchè i nostri piedi freddi non abbassino troppo la propria
temperatura
Anche per il congelamento vale la regola di evitare un repentino scongelamento e ricrodare che più cicli di
congelamento e scongelamento sono particolarmente dannosi
Mantenere i piedi asciutti per evitare il problema del piede da trincea: una esposizione prolungata dei piedi in
una condizioni umida e temperature fredde renderanno il congelamnto ancora più grave sfociando in taluni
casi nella cancrena. Valutiamo la possibilità di avere delle calze di ricambio.
Cose molto sconsigliate in casi di infortuni da freddo sono: bere alcolici, fumare e cercare di dissetarsi
mangiando neve ( acellererà dall’interno il processo di perdita di calore )
Segnalazioni Se non siamo rientrati a casa, anche se non fossimo riusciti ad avvisare nessuno per mancanza di campo,
dovremmo aspettarci che quacluno si metterà alla ricerca. Per facilitare le operazioni di soccorso ricordarsi che
in montagna:
6 segnalazioni visivi o uditive ( lampi con la torcia o fischi con il nostro fischietto ) nel tempo di 60 secondi
ripetuti a intervalli di 1 minuto è una richiesta di aiuto; se per risposta riceviamo 3 segnali in 60 secondi,
sempre con un intervallo di un minuto tra uno e l’altro, significa che è stata captata la nostra richiesta.
Ricordarsi che urlare potrebbe essere più dispendioso che efficace, ad ogni modo per aumentare la portata
della nostra voce utilizzare le mani per creare una sorta di megafono avvicinandole ai lati della bocca.
L’ambiente montano però, sopratutto in condizioni di innevamento, l’imiterà parecchio l’azione dei nostri
richiami sonori, così come limiterà quella dei nostri soccorritori, per tanto bisogna tenere sempre ben aperte le
orecchie.
Se possibile abbiniamo a richiami vocali anche delle segnalazioni visive, se ne siamo in grado accendiamo un
fuoco e bruciamo qualcosa di materiale plastico in modo da produrre un denso fumo nero che faccia da
contrasto con il bianco che ci circonda
Un cerchio bianco su sfondo rosso visto dall’alto è un tipico scegnale che ci farà rintracciare: se avessimo del
permangato di potassio nel kit di sopravvivenza ( utile anche come disinfettante ) ricordarsi che al contatto con
l’acqua e quindi con la neve avverrà una reazione per cui il liquido assumerà un colore rossastro con i lquale
fare lo sfondo rosso per il nostro segnale. Possiamo eventualmente scrivere anche il classico SOS sulla neve.
Un altro modo per inviare un SOS è quello di sfruttare il codice morse utilizzando questa sequenza: 3 segnali
corti – 3 lunghi – 3 corti ( . . . _ _ _ . . . )
Se nel kit avessimo anche un eliografico possiamo sfruttare il riflesso della luce solare per farci individuare. Un
buon modo per puntare correttamente il raggio di luce verso i soccorsi, ad esempio un veivolo, è quello di
creare un mirino con una mano creando una sorta di V tra il pollice e il palmo: puntiamo così il mirino nella
direzione giusta e poi facciamo passare il raggio di luce all’interno del nostro mirino. Così facendo saremo certi
di dirigere il riflesso verso i soccorsi. L’eliografo sarà scrutato da notevole distanza.
Segnali con il proprio corpo
È bene sapere anche che alzare entrambe le braccia come a formare un Y è una esplicita richiesta d’aiuto, al
contrario alzarne solo uno verrà interpretato dai soccorritori come un OK, sto bene, non ho bisogno di aiuto. Di
seguito una tabella con alcuni segnali fatti utilizzando il nostro corpo
Potremmo anche lasciare delle indicazioni visive terra-aria ( visibili ad esempio da un elicottero ) per la cui
realizzazione possiamo sfruttrare le fronde degli alberi, il permangato di potassio ecc..
Le dimensioni dovrebbero essere di almeno 3-4 metri e distaznaiti 4 l’uno dall’altro
Un aereo che interpreterà positivamente un segnale risponderà facendo oscillare le ali su e giù o facendo
lampeggiare le luci verdi ( di notte ).
In caso non avesse capito farà un giro di 360° antiorario o emetterà dei lampeggi con luci rosse.
A questo punto ci siamo preparati un valido rifugio e ci siamo preparati per fare le giuste segnalazioni.
Riposiamo per quanto è possibile e se ne siamo in grado e non siamo sicuri che ci stiano cercando, con le prime
luci dell’alba rimettiamoci in cammino e cerchiamo di riprendere la nostra strada. Se siamo fortunati e la neve
non avrà cancellato le tracce basterà seguirle per tornare al nostro punto di partenza. Se, come spesso capita,
ci troviamo in una zona molto frequentata per le sue gite , apriamo bene gli occhi perchè sarà facile incontrare
dei nuovi escursionisti o delle loro tracce. Anche in questo basterà raggiungerli o seguire le loro tracce per
trovare aiuto o la via di ritorno
Cenni di auto soccorso in caso di valanga
Premettendo che sarebbe il caso di frequentare dei corsi specifici, ad esempio organizzati dal CAI tutti gli
inverni, di seguito schematizzo le azioni da intraprendere per effettuare l’auto soccorso in caso di valanga:
1. Stima della situazione: fronte e direzione valanga; valutaizone di sicurezza del luogo stabililendo un
punto di raccolta e deposito materiale sicuro da eventuali altre slavine; preparazione ARVA, Pala e
Sonda
2. Ricerca Audio/Visiva: attendi a scorgere una eventuale parte non sopelta ( zaino, braccia, sci ecc. );
marcare le zone in cui si trovano reperti
3. Ricerva con arva: ricerca del primo segnale con il metodo a greca se si è soli o dei corridoi paralleli se si
è in più persone. La larghezza dei corridoi sarà data dal raggio d’azione dei nostri apparecchi. Trovato il
primo segnale si continua con la ricerca direzionale o per linee di forza del campo per terminare con la
ricerca di precisione ( ricerca a croce )
Schema della ricerca del primo segnale: per corridoi paralleli ( ricerca di gruppo) o per greca ( ricerca singola )
4. Sondaggio del terreno: trovato il punto di sepultura utilizzare la sonda infilandola perpendicolarmente
al pendio. Sondare a distanze di 10 cm formando via via un quadrato con il centro nel punto di
massimo segnale arva
5. Desepellire: scaviamo a valle del punto in cui abbiamo stabilito trovarsi il malcapitato, questo aiutera a
smaltire la neve spostata; liberiamo prontamente la testa e le vie aeree
Se si è un gruppo numeroso qualcunbo dovrebbe allertare i soccorsi ( 118) o nell’impossibilità di farlo per
mancanza di campo, scendere a trovare aiuto o una zona in cui il telefono prenda correttamente
il primo soccorso ( l’auto soccorso ) è fondamentale in quanto dopo i primi 15 minuti le probabilità di
sopravvivenza sotto una valanga decadono in maniera esponenziale:
nei primi 15 minuti è stato valutato che la percentuale di estrarre la vittima ancora in vita è del 93%.
Tra i 15 e i 45 minuti si passa dal 93% di probabilità di sopravvivenza al 25%
dia 45 minuti ai 90 la sopravvivenza è legata alla presenza di sacche d’aria che permettano alla vittima di
respirare e non vi è compressione toracica.
Tra i 90 e i 130 subentra l’ipotermia e la morte