Tecnica SPECIALE PERO Innovazioni tecniche per migliorare...

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FRUTTICOLTURA - n. 10 - 2008 10 il cordone verticale), la palmetta, l’impianto a V e l’Y longitudinale e tra- sversale (semplificando il “tatura trel- lis”). La preferenza è legata ad aspetti gestionali-organizzativi. Tecnicamente tutte le forme possono funzionare be- ne; ci sono però differenze di costi d’impianto e di gestione (es. nei tempi di potatura), di durata e di efficienza di uso dei fattori della produzione. Inol- tre, si è visto che la massimizzazione della produzione non coincide neces- sariamente con quella della qualità, che ne può essere in parte penalizzata, così come la costanza della produzio- ne. Il sistema d’impianto (“planting de- sign”) richiede una giusta combina- zione fra dimensioni potenziali e atti- tudine alla fruttificazione dell’albero (conoscendo le caratteristiche di nesto e soggetto), distanze di piantagione, Innovazioni tecniche per migliorare l’efficienza produttiva e la qualità dei frutti nelle coltivazioni intensive uzione di pere. L a diffusa tendenza ad aumen- tare la densità di piantagione del pero è stata assecondata da una serie di innovazioni tec- nico-agronomiche e genetiche (va- rietà/portinnesti) suffragate da in- novative conoscenze fisiologiche ed ecologiche e dalla conseguen- te ottimizzazione gestionale ne- gli specifici ambienti di coltiva- zione. La scelta del portinnesto è stata ed è tuttora un prioritario fattore discriminante, ma un cre- scente peso esercitano anche gli altri fattori che controllano lo sviluppo dell’albero (chioma e apparato radicale) e concorrono a determinare una produzione elevata e costante negli anni, di alta qualità commerciale e a co- sti contenuti. Il presente studio analizza questi fattori, evidenziandone l’influenza e le possibili integrazioni con i mezzi tecni- ci disponibili per migliorare i risultati finali del pereto. In Europa, la generale diffusione del cotogno e, in particolare, dei cloni con accentuata capacità nanizzante (MC e Adams), ma anche di modesta vigoria (Sydo e BA29), costituisce il presuppo- sto indispensabile per indirizzarsi verso una più alta densità di piantagione (HDP). Nelle aree a maggiore intensità di coltivazione, la densità ha ormai su- perato i 3.000 alberi/ha, spingendosi fi- no a 5.000 e oltre, anche se la media resta fra 2.500 e 3.500 alberi/ha. Anche in vaste aree a coltura meno intensiva (es. California), con portinnesti quali franco e/o ibridi o peri orientali, si ten- de a intensificare la coltura, ma la den- sità rimane comunque compresa fra 500 e 1.200 alberi/ha. Un ulteriore incremento di densità in tali casi non è praticabile e dove c’è stato è limitato dalla ele- vata vigoria del portinnesto in as- senza del coto- gno. Per il disegno del frutteto, l’HDP prevede la disposi- zione a filare sin- golo continuo (gra- zie alla fitta pianta- gione sulla fila) e forme di alleva- mento adatte, co- me il fusetto (o lo “slender spindle”), l’asse colonnare (o Tecnica SPECIALE PERO Numerose e correlate le componenti tecnologiche ed agronomiche da considerare per un ottimale disegno del frutteto e la sua più efficiente gestione. Il difficile equilibrio fra sostenibilità economica degli investimenti, entità e qualità delle rese, produttività e rendimento del frutteto. Le esperienze italiane a confronto con quelle degli altri Paesi leader nella produzione di pere. SILVIERO SANSAVINI (1) - DAVIDE NERI (2) - VINCENZO ANCARANI (1) 1 Dipartimento di Colture Arboree - Università di Bologna 2 Dipartimento di Scienze Ambientali e delle Produzioni Vegetali - Università Politecnica delle Marche, Ancona Adattamento della relazione di apertura del 10°Sim- posio Internazionale del pero dell’ISHS tenutosi in Por- togallo il 22-26 maggio 2007. A sinistra, impianto alla fine del primo anno di Abate Fétel su MC con intermedio di Butirra Hardy; fusetto a 3,5 x 0,8 m (3.571 alb./ha); a destra, impianto alla fine del terzo anno di Abate Fétel su Cotogno BA29 con intermedio di Butirra Hardy allevato in forma colonnare.

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il cordone verticale), la palmetta,l’impianto a V e l’Y longitudinale e tra-sversale (semplificando il “tatura trel-lis”). La preferenza è legata ad aspettigestionali-organizzativi. Tecnicamentetutte le forme possono funzionare be-ne; ci sono però differenze di costid’impianto e di gestione (es. nei tempidi potatura), di durata e di efficienza diuso dei fattori della produzione. Inol-tre, si è visto che la massimizzazionedella produzione non coincide neces-sariamente con quella della qualità,che ne può essere in parte penalizzata,così come la costanza della produzio-ne.

Il sistema d’impianto (“planting de-sign”) richiede una giusta combina-zione fra dimensioni potenziali e atti-tudine alla fruttificazione dell’albero(conoscendo le caratteristiche di nestoe soggetto), distanze di piantagione,

Innovazioni tecniche per migliorarel’efficienza produttiva e la qualitàdei frutti nelle coltivazioni intensive

uzione di pere.

La diffusa tendenza ad aumen-tare la densità di piantagionedel pero è stata assecondata

da una serie di innovazioni tec-nico-agronomiche e genetiche (va-rietà/portinnesti) suffragate da in-novative conoscenze fisiologicheed ecologiche e dalla conseguen-te ottimizzazione gestionale ne-gli speci f ici ambienti di coltiva-zione. La scelta del portinnesto èstata ed è tuttora un priori tariofattore discriminante, ma un cre-scente peso esercitano anche glia l t r i fa t tor i che control lano losvi luppo del l ’a lbero (chioma eapparato radicale) e concorronoa determinare una produzioneelevata e costante negli anni, dialta qualità commerciale e a co-sti contenuti.

Il presente studio analizza questi

fattori, evidenziandone l’influenza e lepossibili integrazioni con i mezzi tecni-ci disponibili per migliorare i risultatifinali del pereto.

In Europa, la generale diffusione delcotogno e, in particolare, dei cloni conaccentuata capacità nanizzante (MC eAdams), ma anche di modesta vigoria(Sydo e BA29), costituisce il presuppo-sto indispensabile per indirizzarsi versouna più alta densità di piantagione(HDP). Nelle aree a maggiore intensitàdi coltivazione, la densità ha ormai su-perato i 3.000 alberi/ha, spingendosi fi-no a 5.000 e oltre, anche se la mediaresta fra 2.500 e 3.500 alberi/ha. Anchein vaste aree a coltura meno intensiva(es. California), con portinnesti qualifranco e/o ibridi o peri orientali, si ten-de a intensificare la coltura, ma la den-sità rimane comunque compresa fra500 e 1.200 alberi/ha. Un ulterioreincremento didensità in tali casinon è praticabilee dove c’è stato èlimitato dalla ele-vata vigoria delportinnesto in as-senza del coto-gno.

Per il disegnodel frutteto, l’HDPprevede la disposi-zione a filare sin-golo continuo (gra-zie alla fitta pianta-gione sulla fila) eforme di alleva-mento adatte, co-me il fusetto (o lo“slender spindle”),l’asse colonnare (o

Tecnica SPECIALE PERO

Numerose e correlate lecomponenti tecnologiche edagronomiche da considerare perun ottimale disegno del fruttetoe la sua più efficiente gestione. Ildifficile equilibrio frasostenibilità economica degliinvestimenti, entità e qualitàdelle rese, produttività erendimento del frutteto. Leesperienze italiane a confrontocon quelle degli altri Paesileader nella produzione di pere.

SILVIERO SANSAVINI(1) - DAVIDE NERI(2) - VINCENZO ANCARANI(1)1 Dipartimento di Colture Arboree - Università di Bologna2 Dipartimento di Scienze Ambientali e delle Produzioni Vegetali - Università Politecnica delle Marche, Ancona

Adattamento della relazione di apertura del 10°Sim-posio Internazionale del pero dell’ISHS tenutosi in Por-togallo il 22-26 maggio 2007.

� A sinistra, impianto alla fine del primo anno di Abate Fétel su MC conintermedio di Butirra Hardy; fusetto a 3,5 x 0,8 m (3.571 alb./ha); adestra, impianto alla fine del terzo anno di Abate Fétel su Cotogno BA29con intermedio di Butirra Hardy allevato in forma colonnare.

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forma d’allevamento, irrigazione, fer-tilizzazione e metodi di potatura. Lagestione dell’impianto può controllareun errore di impostazione iniziale deldisegno del frutteto (ad es. l’eccessivadensità) con vari adattamenti e/o fa-cendo ricorso a diversi mezzi tecnici(es. potatura), ma, oltre un certo limi-te, tali errori non possono essere cor-retti e si corre il rischio di fallire pena-lizzando la produzione o la gestione(costi) o entrambe.

Innovazioni tecnicheCosa ha prodotto la ricerca in questi

ultimi anni e come è stata modificata latecnica di coltivazione in vista dei nuo-vi indirizzi colturali? Innanzi tutto visono tre concetti base con cui il siste-ma produttivo si deve confrontare:a) i principi della produzione integrata

(PFI e/o biologica) che in Europa so-no seguiti in larga parte e in alcuneregioni dalla quasi totalità delle im-prese frutticole, con tutte le limita-zioni ed i vincoli sottoscritti nei di-sciplinari di produzione. La pericol-tura integrata nelle principali areeproduttive copre ormai il 70-90%degli impianti;

b) l’uso nella propagazione di materia-li geneticamente e sanitariamentecertificati utilizzando sempre com-binazioni d’innesto collaudate o al-meno moderatamente affini, corret-te quando necessario con l’utilizzodel nesto intermedio. In alcune im-portanti regioni italiane gli astonicertificati superano l’80%;

c) obiettivo prioritario è quasi ovun-que quello di produrre pere certifi-cate (PFI) di alta qualità. Tutte learee produttive dispongono ormaidi marchi di garanzia, non solo perlo standard qualitativo, ma ancheper origine e/o territorio e tipicitàcui si accompagna anche la sicu-rezza alimentare, seguendo strettiprotocolli di difesa sanitaria. Le re-gole dell’etichettatura e della trac-ciabilità, pure introdotte da qual-che anno, hanno esaltatol’importanza di questi attributi.L’alta densità, dunque, è un concet-

to relativo, variabile e adattabile allevarie circostanze, ma assai valido e at-tuale per la coltura del pero. Al fine dicorrispondere ai tre obiettivi generalisopra indicati, l’HDP deve conseguire,comunque, alcuni obiettivi comple-mentari e specifici: un forte conteni-mento nella crescita degli alberi; un’e-levata precocità di fruttificazione; un

aumento dell’efficienza produttiva de-gli alberi; il miglioramento globale del-la qualità delle pere; il contenimento ola riduzione dei costi di gestione. Difronte a questi vantaggi passano in se-condo piano l’accorciamento della du-rata del frutteto, optando per un più ra-pido “turnover” di sfruttamento del-l’impianto.

Tuttavia, è ormai caduta l’ipotesi diaumentare a piacimento la densità finoa 8-10.000 alberi/ha, con punte di 12-15.000. Questi impianti, di cui se necontano alcuni nel ferrarese, sono assaicostosi all’impianto e non garantisconomaggiori rese produttive negli anni.Anzi comportano successivi costi ag-giuntivi, spesso necessari per controlla-re l’eccessiva crescita degli alberi (es.taglio radicale, potature straordinarie,uso di brachizzanti, ecc.) e la loro par-ziale perdita di autonomia.

Scelta del portinnestoLa scelta dei portinnesti clonali

(specie a livello dei cotogni) è condi-zionata dalla zona (in particolare daltipo di suolo, dalle disponibilità idri-che e dalle tradizioni agricole dell’a-rea), dall’affinità di innesto con la va-rietà scelta, dall’influenza sul nesto.Le soluzioni più frequenti sono rias-sunte in tabella 1.

Nella maggior parte dei suoli, perle densità medio-alte, offrono maggio-ri garanzie i Cotogni Sydo e di Proven-za rispetto ai Cotogni MC e Adams.Questi sono invece preferiti in deter-minate aree quando si vogliono otte-nere densità alte o molto alte, anchese sono insiti maggiori rischi: l’Adamsè un po’ meno debole dell’MC ed èconsiderato preferibile in Belgio eOlanda, ma è quasi sconosciuto in Ita-lia, nonostante nefosse stata dimostra-ta la validità oltreventi anni fa.

Tenuto conto deimaggiori rischi di di-saffinità, la grandemaggioranza dellepiante di pero, in Ita-lia, è innestata su Co-togno d’Angers (Sy-do), oppure, in minormisura, su Provenza(clone BA29). Nellearee avverse al coto-gno (circa 10-20% inEmilia-Romagna) sifa invece uso di por-tinnesti clonali come

OHF40 e 69 o addirittura di peri auto-radicati (attualmente in misura alquan-to inferiore rispetto a 10-20 anni fa).

Il portinnesto con alta capacità na-nizzante rimane la scelta più praticabi-le e importante per controllare lo svi-luppo dell’albero, ma solo in suoli eclimi adatti al cotogno.

La migliore risposta si ha, infatti,in climi continentali freschi e in zonesoggette a minori rischi di eccessiviabbassamenti termici invernali (nonverificatisi più negli ultimi vent’anni)e senza surriscaldamento estivo delsuolo. Privilegiati sono i suoli fertili,freschi e profondi, non calcarei, néargillosi o pesanti.

In aree mediterranee calde o ari-de o subtropicali, infatti, la rispostadel cotogno è spesso insoddisfacen-te o del tutto inadeguata, anche sen-za carenze d’acqua. Gli eccessi ter-mici primaverili ed estivi possonobloccare l’apparato radicale e il rin-novo vegetativo, con accentuazionedi fenomeni di disaffinità d’innesto.In generale, quanto più il portinne-sto è nanizzante, tanto più è alto ilrischio che si manifestino detti in-convenienti. Pericolosa, pertanto, aquesto riguardo, può essere la sceltadel Cotogno MC, specie se privo diinnesto intermedio.

Anche fra Sydo e Provenza ci sonomotivi di discriminazione nella scel-ta. Il Provenza è leggermente più vi-goroso del Sydo e permette un mi-gliore superamento della disaffinitàd’innesto, ma quest’ultimo offre mag-giore flessibilità e adattabilità am-bientale e qualora insorgano malattiecontagiose (virali o da fitoplasmi), di-mostra maggiore tolleranza. Entram-bi, come il cotogno MC, favorisconorapidità di messa a frutto rispetto al

� A sinistra, impianto alla messa a dimora di Abate Fétel su CotognoSydo con intermedio di Butirra Hardy allevato a doppio asse (Ylongitudinale) con sesto di 1,25 x 3,50 m (2.285 alb./ha). A destra,impianto di pero Kaiser su BA29 con intermedio di Butirra Hardy,allevato a fusetto con sesto di 4,3 x 1,3 m (si può consideraresufficiente una distanza tra le file di 4 m).

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franco e, in situazione di normalitàvegetativa, garantiscono un’ottimaproduttività e qualità delle pere.

Nell’ultimo decennio sono statecondotte numerose prove con diversiportinnesti del pero in varie aree eu-ropee, ma non ci pare che la situazio-ne sia mutata. Né i nuovi portinnesti(vedi C 132 e QR 193/16 = MH) cisembra abbiano dimostrato di potercompetere con MC per fattori impor-tanti, come la fruttificazione el’efficienza produttiva; con la sola ec-cezione forse di MH, dimostratosipromettente; questi portinnesti, peral-tro, richiedono ulteriori verifiche(Johnson et al., 2005; Wertheim,2002).

Nella categoria degli ibridi di P.communis si sono relativamente dif-fusi in Europa la serie OHF, primacon il 51 e il 333 (da qualche annoabbandonati entrambi) e, in seguito,con i cloni migliori (40, 69, 87), poila serie Fox (Fox 11 e il nuovo Fox 9)(Quartieri et al., 2007) e l’inglese QR708/36 che riducono di meno la ve-getazione in confronto al cotogno,ma mostrano una maggiore adattabi-lità di questo a terreni anomali (es. adalto tenore di calcare).

Qualche speranza per la nanizza-zione, alcuni anni fa, aveva suscitatoanche il Pyriam (pero europeo sele-zionato dall’INRA), ma si hanno datisperimentali solo per peri allevati al

Sud della Francia e sembra mostrareuna vigoria leggermente superiore aBA29 (Simard e Michelesi, 2002).Non pari alle aspettative iniziali si èrivelato il Pyrodwarf, tedesco (Jacob,2002), pur essendo molto nanizzan-te; entrambi, pertanto, sono ancorain attesa di conferma o sono stati giàaccantonati e scartati.

Vi sono anche portinnesti vigoro-si, variamente classificabili, come al-cune selezioni sudafricane (serieBP), che in Europa hanno sostanzial-mente fallito per problemi di sensibi-lità a malattie fungine, vascolari oper disaffinità d’innesto. Almeno inEuropa è sempre più scarsamenteutilizzato o abbandonato il franco daseme (es. Kirchensaller), così comele specie orientali quali P. betulaefo-lia e P. pyrifolia.

Un’alternativa a questi soggetti neisuoli inadatti al cotogno è costituitadalle “varietà di pero autoradicate” equindi senza innesto. Questo sistemaaveva assunto una certa importanzauna ventina di anni fa, parallelamenteallo sviluppo della micropropagazione(Sansavini et al., 1986a). Nonostantel’elevata produttività degli alberi e labuona qualità delle pere, le ragioni (ab-bastanza prevedibili) del loro possibileabbandono sono state: i più lunghitempi di attesa per la messa a frutto delpereto, la maggiore altezza degli alberi(che varia geneticamente con le culti-var) e quindi l’impossibilità di praticaresesti ridotti e la comparsa di manifesta-zioni di ringiovanimento (es. spine-scenza (Neri 1990), che nell’insiemerendono meno competitivi questi pere-ti. Inoltre, alcune varietà autoradicate

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� Abate Fétel/Cot. MC: a destra impianto al sesto anno nel bolognese ad altissima densità con 9.500 alberi/ha; a sinistra, impianto con 13.000alberi/ha nel ferrarese al 8° anno dall’impianto.

2° 3° 4° 5° 6° 7° 8° 9° 10° 11°

Cordone verticale / MC 7936 alb./haSistema V / MC 5555 alb./haSistema V / MC 3968 alb.ha

Fusetto / MC 3968 alb./haFusetto / Sydo 1984 alb./ha

Le produzioni al 5° anno (2001) sono state compromesse da gelate tardive ( rielab. da Ancarani et al., 2004)

prod

. cum

ulat

a (t/

ha)

prod

. ann

ulat

e (k

g/al

b.)

350

300

250

200

150

100

50

0

25

20

15

10

5

0

FIG. 1 - CONFRONTO FRA SISTEMI DI ALLEVAMENTO DEL PERO FINO ALL’11° ANNO ACADRIANO (UNIVERSITÀ DI BOLOGNA). DATI MEDI SU TRE CV: DECANA DEL COMIZIO,ABATE FETEL, CONFERENCE

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come Decana del Comizio hanno datoesito poco soddisfacente, anche a cau-sa di maggiori difficoltà nella rizogene-si. In definitiva, i peri autoradicati siusano fondamentalmente solo in terre-ni anomali, soprattutto con elevatocontenuto di calcare (>7,5% di calcareattivo) in impianti a bassa densità.

Relazione fra alta densitàd’impianto, forme

d’allevamento e produttività

Rispetto a qualche anno fa, la va-lutazione dell’influenza dell’altadensità non è sostanzialmente muta-ta, se non per un maggior approfon-dimento degli effetti correlabili alportinnesto e agli altri fattori agrono-mici e gestionali del pereto.

A cominciare dalla Valle Padana,considerata ancora oggi una dellearee europee maggiormente vocate al-la coltivazione del pero, i dati speri-mentali finora ottenuti confermanoche entro i primi 3-5 anni dall’impian-to la produttività è positivamente cor-relabile all’aumento di densità fino allimite di circa 8.000 alberi/ha, mentresuccessivamente l’incremento produt-tivo non risulta differente rispetto adensità di piantagioni meno elevate(es. 5.555 alb/ha) (Fig. 1). A tale rendi-mento corrisponde, inoltre, un alto in-cremento dei costi di impianto e di ge-stione il cui ammortamento non è det-to sia compensato dalla precocità difruttificazione e, inoltre, solleva inevi-tabili problemi di disomogeneità nella

qualità del prodotto, intesa come pez-zatura dei frutti (Fig. 2).

I nostri dati sulle alte densità rivelanoforti rischi al riguardo e come tali rendo-no dubbiosa la convenienza di similiimpianti, pur considerando varietà mol-to fertili come Abate Fétel e Conference.Se si tiene conto delle probabili varia-zioni qualitative delle pere col passaredegli anni; il principale rischio del-l’HDP, a parte i costi, riguarda la fruttifi-cazione. Dai nostri rilievi è emerso checon l’HDP il frutticoltore deve porremolte attenzioni alle operazioni coltura-li, per evitare agli alberi stress di vario ti-po. La potatura verde è molto importan-te in allevamento (almeno due passaggiestivi fino al 4°-6° anno) e quella inver-

nale in produzione, dopo l’8°-10° anno,per riequilibrare la vegetazione e percontrastare l’irregolarità qualitativa e ilpossibile calo di pezzatura (dopo il 10°-12° anno). Essa deve favorire il rinnovodelle formazioni fruttifere, impedendoall’albero di modificare la forma dellachioma, per non creare zone d’ombra,non spostare verso l’alto la fascia pro-duttiva e per evitare conseguentementeche le branche più in basso si spoglinoprogressivamente.

Nel confronto fra densità e formed’allevamento, crediamo che, in terrenifertili, il limite di 3.000 alberi/ha siaquello che offre le maggiori garanzie diun buon contenimento della chioma,anche se il livello di fruttificazione ini-ziale è alquanto inferiore a quella di unadensità più elevata. In generale, la formadi allevamento più congeniale è il fuset-to più o meno conico o la forma liberaad asse centrale, schiacciata tra pianta epianta, ma allargata in basso versol’interfila, entrambe idonee ad assicura-re continuità del filare con distanze frale file di almeno 3,5 m, e distanze sullafila molto variabili, a partire da soli 70-80 cm. Nei terreni più fertili, con mag-giore altezza degli alberi (anche oltre 3– 3,5 m), vanno meglio distanze di 4 mtra le file. Accettabili sono anche le for-me appiattite mono o biasse, pur conmaggiori distanze fra le piante.

L’allevamento a Y trasversale semplifi-cato, da non confondere con le rigide ecostose strutture del “tatura trellis” (comedimostrato da Vercammen, 2005), con-sente di aumentare la densità sfruttandoal meglio l’intercettazione della luce, gra-zie ad una maggiore esposizione della su-perficie fogliare. Una ancora maggiore ef-

prod

uzio

ne (t

/ha)

Peso

med

io fr

utti

(g)

0

50

100

150

200

250

300

Sydo Sydo MC MC MC MC MC1984 1984 3968 3968 3968 5555 7936

Bandiera Fusetto Bandiera Fusetto Sistema V Sistema V Cordoneverticale

257262243233

191175

147

237 c251 b

257 b255 b259 b

306 a300 a

0

50

100

150

200

250

300Produzione cumulata Peso medio frutti

(Rielaborazione Musacchiet al., 2005; Ancarani et al., 2004)

FIG. 2 - ABATE FÉTEL: SETTE SISTEMI D’IMPIANTO A CONFRONTO. PRODUZIONI MEDIECUMULATE DAL 2° AL 7° ANNO D’IMPIANTO E PESO MEDIO DEI FRUTTI

� Pereto ultrafitto: innesto a dimora di Abate Fétel su Cotogno MC, densità 12.000 alberi/ha (Az.Zenzalino, Copparo-Fe).

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ficienza rispetto all’Y trasversale è rag-giunta dalla piantagione a V (che, teorica-mente, consente il raddoppio del numerodegli alberi per unità di superficie), ma ilmaggiore costo iniziale per l’acquisto de-gli alberi può diventare proibitivo, anchese la successiva alta capacità di intercetta-zione della luce e abbastanza facile go-vernabilità degli alberi da terra possonoaumentare il rendimento produttivo.

Un’altra variante dell’Y è data dalladisposizione longitudinale delle duebranche sulla fila (sistema a doppio asseo biasse), riedizione degli storici cande-labri, allevati però con moderni criteri dipotatura. I risultati di questa “Y” sono ri-

conducibili a quelli del filare a paretecontinua e quindi assimilabile negli anniallo “slender spindle” e alle derivazionidella palmetta stretta, rispetto alle qualioffrirebbe vari vantaggi, soprattutto ini-ziali (Musacchi, 2006). Le differenzeeventuali nella fruttificazione, con que-sta forma, dipendono però più dal tipodi astone (preformato o meno) e dal tipodi potatura che dalla formad’allevamento. Un sistema similare, re-gistrato in Italia con il nome Bibaum®, sista diffondendo in Italia e Spagna e con-sente, grazie a due assi, di simulare unadensità doppia, anche se non è facile di-sporre all’impianto di astoni con “forca

equilibrata” (cioè con due fusti) predi-sposti in vivaio e della stessa vigoria.Successivamente, per evitare una ecces-siva densità di chioma, occorrerà un’ac-curata e bilanciata potatura dei due ver-santi dell’albero perché la parete dovràcomunque risultare continua, omogeneae “stretta”, riempiendo con le formazio-ni fruttifere anche lo spazio (circa 40/50cm o meno, nella parte alta) fra i due fu-sti (inclinati come nell’Y o verticali comenel candelabro e nel Bibaum®)

Le prove condotte in altri Paesi eu-ropei (Belgio, Spagna, Inghilterra) ge-neralmente confermano queste consi-derazioni, ma differiscono nel concet-to di densità di piantagione perchépartono da sesti d’impianto in generepiù bassi di quelli italiani, con un nu-mero di alberi che va da 800/ha per ivari ibridi OHF (Carrera et al., 2003),fino ad un massimo di 2.800/ha anchecon i cotogni maggiormente naniz-zanti (Johnson et al., 2005), con massi-mo di 3.500/ha per il V system/MC inBelgio (Vercammen, 2005). I risultatiottenuti non sono stati dissimili daquelli delle nostre prove con densitàleggermente più alte (Musacchi et al.,2005). Variano però il tipo el’intercettazione di energia radiante,con prevedibili conseguenze sull’effi-cienza produttiva degli alberi e sullaqualità.

Dunque, le conseguenze pratichedell’alta densità possono variare ancheda zona a zona. Nelle prove spagnole(Asin et al., 2005), il confronto su Con-ference della forma di allevamento mo-noasse con alcune varianti del “taturatrellis” a oltre 5.000 alberi/ha (piantan-do alberi preformati di due anni) si èconcluso in complesso a favore dell’as-se centrale. Nel caso di Abate Fé-tel/MC, in una prova condotta presso ilDCA di Bologna (Ancarani et al.,2004), con soli 4.000 e 8.000 albe-ri/ha, al 6° anno oltre il 50% delle pereaveva superato i 70 mm di diametro eben il 96% e 94% del prodotto rispetti-vamente era oltre i 60 mm, in presenzadi una importante fruttificazione (53,8t/ha e 57,6 t/ha). Le percentuali mag-giori si sono però verificate con i siste-mi a più bassa densità (2.000 alberi/ha)con alberi innestati su Cotogno Sydo,accompagnati però da livelli produttivileggermente inferiori (Fig.3).

Ciò significa che anche l’altissimadensità, in certe circostanze, può rispon-dere bene, ancorché sembra quasi im-possibile poter mantenere insieme i duerequisiti e cioè costanza produttiva e al-ta qualità delle pere. I dati economici

6 6

4536

5140 40

18 11

4446

4347 47

53

43

6 11 10 10

29

45

44210

4%50-55 60-65 70-75 80-85

Cordone Verticale

7936 alb./haMC

Sistema V

5555 alb./haMC

Sistema V

3968 alb./haMC

Fusetto

3968 alb./haMC

Bandiera

3968 alb./haMC

Fusetto

1984 alb./haSydo

Bandiera

1984 alb./haSydo

6 6

4536

5140 40

18 11

4446

4347 47

53

43

6 11 10 10

29

45

44210

4%

6 6

4536

5140 40

18 11

4446

4347 47

53

43

6 11 10 10

29

45

44210

4%50-55 60-65 70-75 80-8550-55 60-65 70-75 80-85

Cordone Verticale

7936 alb./haMC

Sistema V

5555 alb./haMC

Sistema V

3968 alb./haMC

Fusetto

3968 alb./haMC

Bandiera

3968 alb./haMC

Fusetto

1984 alb./haSydo

Bandiera

1984 alb./haSydo

Cordone Verticale

7936 alb./haMC

Sistema V

5555 alb./haMC

Sistema V

3968 alb./haMC

Fusetto

3968 alb./haMC

Bandiera

3968 alb./haMC

Fusetto

1984 alb./haSydo

Bandiera

1984 alb./haSydo

(Fonte: Musacchi et al., 2005; Ancarani et al., 2004)

FIG. 3 - ABATE FÉTEL: SETTE SISTEMI D’IMPIANTO A CONFRONTO. DISTRIBUZIONEPERCENTUALE IN CLASSI DI PEZZATURA DEI FRUTTI AL 6° ANNO D’IMPIANTO.

Prod

uzio

ne c

umul

ata

t/ha

Σ prod. 1999-2003Σ prod.1995-98 Peso medio frutti Costi totali 1994-2003

Cost

i .0

00 €

190 191205

196181 186 182

Σ prod. 1999-2003Σ prod.1995-98 Peso medio frutti Costi totali 1994-2003

(Fonte: Vercammen, 2005)

Σ prod.1995-98 Σ prod.1999-2003 Peso medio frutti Costi totali 1994-2003

3516 alb.⁄haMC

V intensivo

2250 alb.⁄haMC

Fusetto

2057alb.⁄haMC

Sistema V

1714 alb.⁄haMC

Fuso

1714 alb.⁄haAdams

Fusetto alato

1469 alb.⁄haAdamsFuso

1371 alb.⁄haMA

Fusetto taglio lungo

DensitàPortinnestoForma

140

120

100

80

60

40

20

0

350

300

250

200

150

100

50

0

FIG. 4 - CV. CONFERENCE: PRODUZIONE CUMULATA PER HA AL 10° ANNO D'IMPIANTO, PESOMEDIO DEI FRUTTI E COSTI TOTALI CUMULATI (IMPIANTO E GESTIONE).

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FRUTTICOLTURA - n. 10 - 200816

raccolti in Belgio (Fig. 4) (Vercammen,2005) confermano le osservazioni diAsin et al. (2005): il sistema a Y “tatura-simile” (5.333 alberi/ha) non giustificagli altissimi costi d’impianto (30.000€/ha) rispetto all’“asse centrale prefor-mato” con soli 2.670 alberi/ha (7.900€/ha per l’impianto). Dalla stessa prova,per ragioni economiche, è stato scartatoanche il sistema a V con 3.500 alberi/ha.

Alla luce di questi confronti si capi-sce che l’alta e altissima densità del pe-ro nella Pianura Padana, grazie anchealle tecnologie sviluppate dai tecnicioperanti in loco, riescono a dare mino-ri inconvenienti e, forse, anche a costiinferiori rispetto a quelli di Belgio eSpagna, dove c’è minore propensionea sostenere criteri di alta densità.

Parametri fisiologici,

intercettazione luminosa e fabbisogni idrici

Sul piano fisiologico occorre mas-simizzare il rapporto tra fissazione diCO2 e consumo idrico.L’evapotraspirato fogliare è variabile el’efficienza d’uso dell’acqua può au-mentare anche di 10 volte fra fogliebene esposte e foglie ombreggiate. Lefoglie in zona d’ombra consumano ac-qua, ma hanno una ridotta o nulla ca-pacità fotosintetica al di sotto dellacurva di compensazione, mentrel’efficienza fotosintetica aumenta finoalla saturazione luminosa nelle foglieesposte (Marangoni et al., 1992). Se cisono molti frutti, gli alberi consumanopiù acqua attraverso un’aumentata tra-spirazione fogliare. Fu Lenz in Germa-nia venti anni fa (1986) a dimostrarequesta asserzione.

Nelle prove ad alta densità condotteall’Università di Bologna, mantenen-do costante la quantità di acqua resti-tuita alle piante (basata su evapotra-spirato e su un coefficiente colturaleappropriato), e nonostante il forte calodell’acqua disponibile per pianta è au-mentata l’efficienza produttiva. Infatti,la sostanza secca prodotta per unità divolume d’acqua, è aumentata in me-dia del 15% quando la densità cresce-va da 4.000 a 8.000 alberi/ha. La figu-ra 5 sembra mostrare che non convie-ne aumentare l’apporto idrico in pro-porzione alla densità perché in primoluogo diminuirebbe l’efficienza di usodell’acqua.

Secondo Corelli Grappadelli et al.(2001) la capacità fotosintetica del pe-ro, paragonabile a quella del melo, va-ria da 10 a 15 µmol (CO2) m-2s-1. Datisperimentali, al riguardo, sembranoconfermare che una uniforme e buonadistribuzione della superficie fogliarealle varie altezze dell’albero o dellaparete del filare è premessa per un’ef-ficiente intercettazione luminosa edun’elevata fertilità delle gemme dilamburde e brindilli. Palmer (2002) hadimostrato, in Decana del Comizio,una maggiore correlazione quando ilportinnesto è il Cotogno C (la minorvegetazione rende più esposte le fo-glie rispetto al Cotogno di ProvenzaBa29). Nel primo caso la produzione èsalita da 30 a 70 t/ha di pere, dopoaver variato la luce intercettata (PAR)dal 40 al 60% del totale (Fig. 6).

Nel caso dell’alta densità il rilievodella intercettazione luminosa (PAR)a due diverse date di giugno (Fig. 7) edi agosto attraverso il metodo dellamisurazione indiretta con ceptometro(Ancarani, 2001) dimostra che il si-

1.00

1.20

1.40

1.60

1.80

2.00

2.20

2.40

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1.50

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2.50

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3.50

4.00

4.50

5.00

Efficiency

Irrigation

10.9 kg/tree 5.9 kg/tree

47.2 kg/tree

3.8 kg/tree

50.0 kg/tree43.1 t/ha

ETM / ha 2500 m3

ETM / ha da 2500 a 3500 m3 a seconda della densità d’impianto

(Σ2°-8 yr)Produzione

ETM

med

io p

er a

nno

albe

ro (m

.3 /alb

ero)

13.060alb./ha7.936alb./ha3.968alb./ha

m3/tree

m3/tree

kg/m3

kg/m3

effic

ienz

a (k

g so

stan

za s

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/ m

3 di E

TM)

FIG. 5 - EFFICIENZA D'USO DELL'ACQUA IN FUNZIONE DELLA DENSITÀ D'IMPIANTO(CONSUMO IRRIGUO MEDIO ANNUO 2500 M3/ANNO), 8° ANNO D’IMPIANTO (DCA -BOLOGNA: DATI INEDITI)

35 40 45 50 55 60 65 70

Luce intercettata 2000 (%)

Prod

uzio

ne m

edia

199

9-20

00 (t

/ha)

70

65

60

55

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40

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30

25

BA29QC

(Fonte: Palmer, 2002)

FIG. 6 - RELAZIONE TRA LUCE INTERCETTATA E PRODUTTIVITÀSU DECANA DEL COMIZIO INNESTATA SU DUE PORTINNESTIIN NUOVA ZELANDA

� Cv. Conference/Cot. MC al 4° anno d’impianto ad alta densità (3,6 x0,7m = 3.968 alb./ha): a sinistra, impianto a fusetto e, a destra,impianto a “bandiera” (prove dell’Università di Bologna - Cadriano).

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FRUTTICOLTURA - n. 10 - 200818

stema a V (3.968 e 5.555 alberi/ha) eil cordone verticale (7.936 alberi/ha)hanno una capacità di intercettazio-ne della luce superiore rispetto al fu-setto (1.984 alberi/ha), con una con-seguente maggiore efficienza fotosin-tetica ed un aumento della fruttifica-zione di circa il 20% (Fig. 8).

Da ricerche condotte su peri inne-stati di Abate Fétel (Musacchi et al.,2002) è risultato che la fissazione diCO2 dell’MC è più bassa rispetto a Sy-do e OHF40 (15 contro 17 µmol m-2s-1),mentre i livelli di traspirazione (3,8mmol m-2s-1), la conduttanza stomaticae il potenziale idrico fogliare sono pra-ticamente allineati con il Sydo el’OHF40. I peri della stessa varietàquando autoradicati hanno invece mo-strato una più alta attività fotosintetica,insieme a maggiore traspirazione fo-gliare e conduttanza stomatica.

Un altro parametro differenziale èil LAI (“leaf area index”): l’attività na-nizzante del Cotogno MC comporta

un più basso indice fogliare, una piùridotta attività fotosintetica e condut-tanza idrica, in diretta correlazionecon la disaffinità d’innesto su ButirraHardy e Kaiser (Corelli Grapadelli etal., 2001). Ciò nonostante,l’efficienza del pereto, con soggettinanizzanti, è generalmente maggiorerispetto a portinnesti di media vigo-ria, in genere per merito della più al-ta densità, maggiore intercettazionedella luce, copertura del suolo e di-stribuzione fogliare. In effetti, si è vi-sto che all’aumentare della radiazio-ne fotosinteticamente attiva (PAR)cresce il livello di fruttificazione.

Nella relazione fra portinnesti na-nizzanti e forme d’allevamento è digrande rilievo raggiungere unauniforme distribuzione dell’area fo-gliare, ottenuta mantenendo bassal’incidenza dello scheletro per preve-nire l’ombreggiamento e privilegiare,invece, l’efficienza fotosintetica, an-che se il LAI è relativamente basso

(DeJong, 2007). Le alte densità sonodi aiuto per conseguire quest’obietti-vo anche laddove portinnesti naniz-zanti come l’MC inducono la forma-zione di foglie più piccole, germoglipiù corti e, nel complesso, minoripunti di crescita vegetativi.

Fabbisogno idrico ed efficienza d’uso dell’acqua

Diversi sono i consumi idrici deipereti, ma in generale la recente dif-fusione di sistemi localizzati di mi-cro-irrigazione ha messo in eviden-za i fabbisogni idrici della coltura,razionalizzando così le modalità e itempi di distribuzione dell’acqua, ri-ducendo drasticamente consumi ecosti ed eliminando sprechi, perditee inquinamento di falde. La scarsitàdell’acqua nei Paesi Mediterranei, isuoi crescenti costi, i turni irrigui im-posti, la limitata disponibilità di ac-cesso all’acqua hanno provocato larevisione dei metodi irrigui e la ri-cerca di pratiche agronomiche cheriducano le evaporazioni (per es.pacciamatura del suolo, potaturaverde, ecc.) e comunque i consumiper unità di prodotto raccolto. An-che i trattamenti fogliari con caolino(Glenn e Puterka, 2007), secondo leesperienze israeliane (non confer-mate però nell’ambiente emiliano),avrebbero ridotto la traspirazione fo-gliare; mentre è ormai acquisito chele coperture dei pereti con reti anti-grandine riducono la quantità di lu-ce, ma anche la traspirazione foglia-re e quindi i consumi idrici senzapeggiorare la qualità del prodotto.Anzi, le reti di tipo nero, rispetto al-le bianche e alle grigie, sono preferi-bili per la fruttificazione, la durata egli aspetti paesaggistici (Peano et al.,2001 e 2002).

I metodi per stabilire i fabbisogniidrici della coltura si sono alquantoevoluti: dalle semplici strumentazioniper la valutazione dello stato idrico delsuolo (es. tensiometri) ai bilanci idricidella coltura calcolati attraverso la mi-surazione dell’acqua evapotraspirata,applicando poi specifici coefficienticolturali (è quanto viene fatto in Emilia-Romagna); altri medtodi più sofisticati,ma rimasti a livello sperimentale, ri-guardano la misurazione di parametrifisiologici, come, ad esempio, lo spes-sore del peduncolo del frutto o del frut-to stesso, che varia alle diverse ore delgiorno (Naor et al., 2000).

Prove di Mannini et al. (2006)

�A sinistra: Abate Fétel/Cot. MC; impianto a V al 3° anno d’età (3,6 x 0,50 m = 5.555 alberi/ha).A destra: Decana del Comizio/Cot. MC con impianto a cordone verticale al 6° anno di vegetazione(3,6 x 0,35 m = 7.936 alb./ha) (prove dell’Università di Bologna - Cadriano).

1,0

1,5

2,0

2,5

3,0

3,5

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5,0

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6,0

9 10 11 12 13 14 15 16 17

1,0

1,5

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2,5

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3,5

4,0

4,5

5,0

5,5

6,0

9 10 11 12 13 14 15 16 17

(Fonte: Ancarani, 2001)

Ora del giorno

Bandiera - Sydo(1984 alb./ha)

Fusetto - Sydo(1984 alb./ha)

Fusetto - MC(3968 alb./ha)

Bandiera - MC(3968 alb./ha)

Asse verticale - MC(7936 alb./ha)

Sistema V - MC(3968 alb./ ha)

Sistema V - MC(5555 alb./ ha)

inte

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)

FIG. 7 - CONFERENCE: QUANTITÀ DI LUCE INTERCETTATA DA DIVERSI SISTEMI DI IMPIANTO AL 3° ANNO D’IMPIANTO (CADRIANO - BOLOGNA) AL 9 GIUGNO

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FRUTTICOLTURA - n. 10 - 2008 19

hanno dimostrato che economie idri-che molto valide si possono conse-guire applicando coefficienti coltura-li di 0,5 di ET per una buona parte delprimo ciclo di crescita del frutto otte-nendo 30 t di pere rispetto a 28 t ot-tenute con il 100% di restituzioniidriche. Un discorso particolare meri-ta la tecnica del “deficit idrico con-trollato” ormai variamente applicatoda diversi anni che, in prove del Con-sorzio CER in Emilia-Romagna, haaddirittura migliorato le rese produtti-ve della cv Conference/BA29: 34 t/harispetto a 29 t/ha della piena irriga-zione e 22 t/ha delle piante non irri-gate (Mannini e Anconelli, 2002; An-conelli e Mannini, 2002).

Dunque, siamo già entrati in unanuova era, quella dei risparmi irriguiintelligentemente gestiti, ma anche inparte sempre più forzatamente impo-sti. L’HDP contribuisce a questi ri-sparmi anche per una serie di motivitecnici quali la forte vicinanza deigocciolatori alle piante al punto darendere continuativa la fascia umidadi suolo lungo il filare, evitando lecosiddette “ampolle” (di terreno ba-gnato) sotto la chioma, meno agevolida raggiungere da parte delle radici.In tale ottica di risparmio si sta met-tendo a punto la “subirrigazione” contubi disperdenti interrati (30-40 cm diprofondità) che economizzano ancordi più l’acqua, riducono eventualidanni da salinità, e sembrano nondanneggiare la qualità prodotto. Cisembra, dunque, in definitiva, che gliimpianti di pero ad alta densità pos-

dentemente dal portinnesto. Ma men-tre il cotogno non riesce a prevenirel’assorbimento e l’accumulo di ioniNa+ e Cl- nelle foglie, le radici delpero adottano una strategia di esclu-sione degli ioni Na+ e Cl- per ridurnel’assorbimento (Musacchi et al.,2006). Ecco perché i peri autoradica-ti si adattano meglio del cotogno inquesti terreni anomali.

L’uso dell’acqua relativamente sa-lina sembra produrre meno inconve-nienti quando somministrata attraver-so subirrigazione a goccia. Ciò haprodotto addirittura un miglioramen-to della qualità delle pere rispetto al-l’irrigazione a goccia convenzionale.In ogni caso occorre prevenire agro-nomicamente l’accumulo di sale nelsuolo, mentre la microirrigazione co-munque minimizza l’evaporazione eincrementa l’efficienza d’uso dell’ac-qua (Oron et al., 2002). Nelle regionimediterranee (gran parte dell’Italia in-clusa) è importante controllare lostress idrico dopo la raccolta (ancheper evitare una seconda fioritura au-tunnale e la perdita di fruttificazionel’anno successivo) senza considerarei rischi derivanti da possibili condi-zioni favorevoli ad attacchi tardivi di“colpo di fuoco batterico” (Naor etal., 2006). Questo problema può di-ventare un fattore limitante per l’HDP.

È stato dimostrato che anche in cli-

sano sfruttare le nuove tecniche irri-gue prioritariamente basate su un au-mento dell’efficienza d’uso dell’ac-qua, abbinata ad una sua circostan-ziata riduzione, come altro possibileobbiettivo per il miglioramento dellaqualità del prodotto. Occorrerà per-tanto una messa a punto sperimenta-le dei nuovi sistemi irrigui caso percaso, a seconda dei portinnesti e deisistemi d’impianto.

L’irrigazione influenza molto an-che lo sviluppo del frutto. Lee et al.(2006) riferiscono del suo impattosulla formazione di granulosità (scle-reidi o “stone cells”) nella polpa dinashi; sembra dimostrato che lo stressidrico favorisca il fenomeno. La ca-renza d’acqua deprime l’attività radi-cale e fa diminuire il potenziale idri-co delle foglie, il che comporta ancheuna riduzione dell’assorbimento radi-cale degli elementi minerali (in parti-colare calcio), mentre aumental’attività perossidasica (POD) che asua volta esalta la lignificazione dellepareti cellulari e la formazione di“stone cells” nei frutti.

La scarsità d’acqua a bassa salinitàè uno dei grandi problemi d’oggi.Mentre le acque qualitativamente po-vere possono essere utilizzate per ilpero (che è una specie abbastanzatollerante verso i sali), non altrettantopuò dirsi per i cotogni utilizzati nel-l’alta densità, che non resistono a ele-vate salinità dei suoli. È dimostratoche la riduzione di crescita dei ger-mogli nel pero si ha con salinità su-periori a circa 5,0 dS/m-1, indipen-

18

20

22

24

26

28

30

2,5 3,0 3,5 4,0 4,5 5,0

Prod

uzio

ne (t

/ha)

Asse verticale-MC(7936 alb./ha)

Bandiera-MC(3968 alb./ha)

Bandiera-Sydo(1984 alb./ha)

Fusetto-Sydo(1984 alb./ha)

Fusetto-Sydo(1984 alb./ha)

Sistema V-MC(3968 alb./ha)

Sistema V-MC(5555 alb./ha)y=0,8165x2 - 2,2147x + 20,249

R2 = 0,9347

Intercettazione luminosa (mol ha-1 s-1)(Fonte. Ancarani, 2001)

FIG. 8 - RELAZIONE TRA PRODUZIONE E LUCE INTERCETTATA AL 4° ANNO D’IMPIANTO DELLACV CONFERENCE, PER SETTE SISTEMI D’IMPIANTO AL 9 DI GIUGNO (CADRIANO - BOLOGNA)

�Subirrigazione in pero: ala gocciolante interrataa 40 cm dalla pianta (foto CER-Bologna).

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FRUTTICOLTURA - n. 10 - 200820

in particolare, ha messo in evidenza lanecessità che, per favorirel’allegagione, le foglie della “rosetta”devono essere verdi (non clorotiche),grandi, spesse e ben distese. La som-ministrazione primaverile di N dovràinvece attivarsi e concorrere allo svi-luppo dei nuovi germogli conl’auspicabile limitazione degli apportiestivi di N per evitare inconvenientiopposti (eccesso di vegetazione e scar-sa qualità dei frutti). Periodi utili e cri-tici per l’N sono quelli dell’allegagio-ne e del post-raccolta. Anche sommi-nistrazioni di boro, in tali periodi, pos-sono essere appropriate (Woicik eWoicik, 2003).

BioregolatoriNel pero, più che in ogni altra spe-

cie, su varietà parzialmente partenocar-piche come Conference, Abate Fétel,William, è diventato molto comunel’uso di composti ormonali (gibberelli-ne) per favorire l’allegagione o meglio laformazione di frutti partenocarpici (Mar-cucci et al., 1980, Costa et al, 1986), li-mitatamente alle varietà che rispondonopositivamente alle GA3 (es. Berelex) epiù ancora a GA4+7 contenute in pro-dotti tipo Promalin. In tal modo lo svi-luppo del frutto si ottiene anche senzafecondazione e quindi senza sviluppodi semi. Se usate precocemente, e a bas-se dosi, le GA3 non pregiudicano la dif-ferenziazione a fiore (per l’anno succes-sivo) e la qualità delle pere.

I trattamenti di GA3, che un tem-po si praticavano per recuperare lafruttificazione a seguito di gelate infioritura, si eseguono ora in due o tretempi con le predette finalità a parti-re dall’inizio fioritura e fino alla ca-duta petali a dosaggi relativamentebassi (10-15 ppm). Sono possibilianche associazioni di GA3 con cito-chinine che favoriscono la crescitadei frutti gamici e in qualche modocontrastano le cascole post-fiorali equelle successive di maggio-giugno(“june drop”). È stato comunque di-mostrato l’incremento di allegagione(Sansavini et al., 1986b) e di produt-tività (Yarushnykov e Blanke, 2005).

Nel pero molta attenzione deve es-sere dedicata all’allegagione, perchéin nessun’altra specie come questa c’èuna così forte sinergia fra ormoni dellapianta e bioregolatori esogeni. In ge-nerale, è assodato che l’allegagioneviene favorita da gibberelline e altri re-golatori, ma che questa è anche com-misurata alla capacità e all’equilibrio

mi relativamente umidi l’irrigazione agoccia (con il 100% di restituzionedell’ET), a partire da 60 giorni dopofioritura e fino alla raccolta, ma abbi-nata al “deficit idrico controllato”, haincrementato produzione e qualitàdelle pere (Anconelli e Mannini,2002; Mannini et al., 2006). Questatecnica, peraltro, manifesta una certavulnerabilità e rischi legati alla sceltadel periodo vegetativo in rapporto aldeficit idrico, anche se sono comun-que positive la riduzione della cresci-ta dei germogli e l’aumento dell’effi-cienza d’uso dell’acqua.

Un altro sistema in prova è quellodell’irrigazione parziale dell’apparatoradicale (irrigando, alternativamente, ledue metà dell’apparato radicale), conesito però relativamente negativo nel-l’HDP (Kang et al., 2003). In definitiva,la letteratura sembra indicare concor-demente che l’alta densità dei pereti liespone maggiormente agli stress idrici.

Gestione del suolo e fertirrigazione

La gestione del suolo ha un’im-portanza rilevante e strategica per ri-durre l’impatto ambientale delle col-tivazioni. L’accoppiata inerbimento epacciamatura, diserbo o lavorazionesotto fila è ormai una costante dellamoderna pericoltura intensiva, inte-grata o biologica. Le novità stannonell’uso programmato della fertirri-gazione e nel controllo dei nutrientiper ottenere efficienza produttiva elimitare le perdite. Determinante èun forte controllo della crescita ve-getativa e la stabilizzazione dellaproduttività, per evitarel’impoverimento qualitativo degli or-gani di fruttificazione e delle stessepere, nonché l’alternanza di produ-zione.

I vari sistemi di micro-irrigazione

localizzata – talvolta accoppiati ametodi integrativi d’aspersione sottoo sopra chioma nei periodi di mag-gior stress - hanno trascinato e intro-dotto l’utilizzo congiunto della con-cimazione, cosicché anche col pero,nei nuovi impianti, è generalizzatol’uso della fertirrigazione. Le odiernemiscele arrivano ad incorporare nel-l’acqua, in certi momenti, anche 7/8nutrienti, anche di origine organica,tutti molto solubili, dosati lungol’intero arco stagionale e modulati inmodo indipendente secondo le esi-genze specifiche delle diverse fasi disviluppo e dei periodi critici.

I programmi attuati prevedono do-saggi giornalieri, espressi in grammi perpianta, tenendo conto di tutti i fattoriagronomici concorrenti. È evidente co-me di questo sistema si avvantaggino so-prattutto i portinnesti nanizzanti, perchésono quelli che consentono di disperde-re il minimo di acqua e nutrienti avendol’apparato radicale superficiale, denso epoco espanso. In genere nell’HDP letecniche di fertirrigazione sono com-plesse e tecnologicamente molto avan-zate (si diffondono sempre più strumen-tazioni “di precisione”) e consentono didistribuire al momento giusto il fabbiso-gno nutritivo richiesto dall’albero (pre-scindendo dunque dalla fertilità del suo-lo). Anche per il pero la tecnica va peròben collaudata caso per caso, per evita-re disguidi, squilibri di pressione, disfor-mi somministrazioni di acqua; nell’altadensità occorrono maggiori cure rispet-to ai pereti di media-bassa densità. I pe-ri, in particolare, devono massimizzarel’efficienza fogliare almeno fino a mag-gio-giugno, momento cruciale della ca-scola e dell’inizio della differenziazionea fiore. Nel caso l’acqua non bastasse, sideve passare a irrorazioni periodiche dinutrienti e coadiuvanti fogliari.

Vari Autori (Sanchez, 2002; Taglia-vini et al., 1997; Quartieri et al., 2002)ritengono che per la prima fase dellacrescita fogliare delle lamburde deb-

bano bastarele riserve ac-cumulate diN immagaz-zinate dal-l’albero inautunno e ri-mobilizzatea primavera.L’esperienzadei pericol-tori ha con-fermato que-sta ipotesi e,

�� Microirrigazione su pero: a sinistra ala gocciolante poggiata al suolo; a destra,particolare di irrigatore per aspersione sotto chioma (foto CER-Bologna).

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dell’albero. Raramente nel pero si fauso di diradanti e i diradamenti, quan-do necessario, possono essere eseguitia mano dopo la fine delle cascole fi-siologiche (colatura dei fiori e dei frut-ticini non impollinati e cascola dimaggio-giugno) per evitare rischi disovradiradamento. Il costo elevato ditale operazione la rende poco utilizza-bile e quindi si cerca di prevenire ilproblema con una maggiore cura nel-la potatura. Per alcune varietà comeConference il diradamento è comun-que molto utile per evitare frutti picco-li e alternanza di produzione.

Circa i ritardanti di crescita, la re-cente cancellazione del Cycocel,contestuale all’autorizzazione di unaltro “growth retardant”, il Regalis®

(Proexadione Ca), offre qualche ulte-riore possibilità per una più equili-brata gestione della crescita e per unmigliore contenimento del “colpo difuoco batterico”. Non si possono da-re norme tecniche generalizzate.Ogni varietà nei diversi ambienti è uncaso a sé (Franck et al., 2003). Oc-corre una costante integrazione tec-nica con i programmi di difesa e difertilizzazione per conseguire buonaproduzione di elevata qualità. Adesempio, per evitare clorosi o il “peardecline” (deperimento da fitoplasmo-si), attacchi di psilla e “colpo di fuo-co batterico” occorrono strategie in-tegrate, che si riflettono anche su po-tatura, concimazione, uso di biorego-latori e controllo della maturazionedei frutti, per poter fare una raccoltaunica e scegliere periodi di staccoadatti alla tecnica di conservazione.Circa l’utilizzazione dei regolatori dicrescita o di altri antigiberellici (co-me erano Cycocel e Cultar), le restri-zioni all’uso recentemente attuate nehanno ridotto la possibilità d’impiegoa causa soprattutto dei residui suifrutti e nell’ambiente, specie se ilprincipio attivo è molto persistente(Cycocel è stato per questo abbando-nato in Italia, ma è ancora utilizzatoin Spagna). Questo problema sembraper il momento superato con ilProhexadione Calcio (Regalis® o Apo-gee®). In Italia l’uso del Regalis®, pie-namente autorizzato anche nella PFI,è suggerito soprattutto per il fine se-condario di prevenire il “colpo difuoco”, ma può servire anche per unmigliore controllo della crescita ve-getativa e della differenziazione a fio-re. Tuttavia, secondo Smit et al.(2005) la risposta al Regalis® è diver-sa fra cultivar, la crescita dei germogli

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è stata contenuta da uno o più tratta-menti (a fine fioritura inizio crescitadei germogli) su Rosemarie, GoldenRusset Bosc, Flamingo, Early Bon Ch-retien, ma non su Forelle e Packham’sTriumph. L’incremento dell’allegagio-ne è stato significativo solo su Forellee Rosemarie. La crescita dei frutti, in-vece, non è stata influenzata e cosìpure il ritorno a fiore.

Interventi di potaturaPer la potatura, grazie alla plasti-

cità della chioma e delle ramificazio-ni del pero e alla possibilità di potare“corto” diverse varietà, è abbastanzafacile disporre di chiome ben illumi-nate in alto e in basso. La capacità diinvecchiamento e la fertilità dellelamburde richiedono spesso potaturedi rinnovo delle formazioni fruttiferedi 3 o più anni, ben calibrate, per nonavere riduzione di pezzatura e irrego-larità di qualità dei frutti.

Astoni preformati in vivaio con ramianticipati

La mancanza di struttura scheletricae di sufficiente presenza di rami latera-li nell’albero messo a dimora non deveessere sottovalutata. L’effetto di unamancanza di rami anticipati si tradurràin un ritardo formativo e di messa afrutto dell’albero (Zucconi 2003). In al-cuni casi si esegue il “taglio del capo-rale”, incisione sopra la gemma che sivuole far sviluppare, oppure si fannoincisioni anulari sulla branca che ral-lentano la crescita vegetativa distaleper favorirne quella prossimale e chepoi rimarginano in fretta senza riper-

cussioni per la crescita radicale (se nonun leggero indebolimento complessivodella pianta). Lo stesso dicasi per il rin-novo dei rami riproduttivi, quandoquesti manchino di branche portanti,come nel cordone dell’asse colonnaree del superspindel. Diventa in questicasi più difficile, con la potatura, man-tenere il naturale equilibrio vegeto-ri-produttivo e l’autonomia della pianta,che deve pertanto essere seguita conmaggiore attenzione.

Talvolta, in assenza di sufficiente “ti-raggio” apicale dell’albero, si può ricor-rere a tagli specifici come il raccorcia-mento del ramo terminale. Talvolta, per-sino le branchette basali (se molto cor-te), abbisognano di raccorciamento (perstimolare la crescita e di conseguenzauna certa capacità di rinnovo negli anni(visibile dall’aumento di calibro).

Da menzionare è anche un altrotaglio, a becco di luccio (“nub hea-ding”), che si fa sui rami e branchettetroppo vigorose (se di calibro superio-re ad un terzo di quello del fusto) nel-la metà alta dell’albero per favorirel’assetto gerarchico delle branche (inmodo da favorire quelle basali) e altempo stesso mantenere il numero dinuovi germogli sull’asse.

Con densità lungo la fila inferiorial metro la gerarchizzazione dellebranche secondarie lungo il fusto èmolto ridotta (superspindel) o addirit-tura assente (cordone verticale). Ci sipuò permettere solo un palco basaleche si inoltra nell’interfilare (spindele fusetto) e un asse centrale con cortebranchette disposte a spirale a forma-re un cilindro più che un cono, cer-cando sempre di evitare che la parte

�Stazione di miscelazione e pompaggio dei concimi per la fertirrigazione in un’aziendaspecializzata del ferrarese.

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alta prenda il sopravvento. Anche iltaglio di ritorno trova difficoltà di ap-plicazione e in caso di eccessivo vi-gore viene sostituito sull’asse centraleda un taglio di raccorciamento estivoche elimina la testa di salice, oppureda potatura “a strappo” dei succhioniapicali per impedirne il riscoppio. Lebranche laterali vengono turnate conraccorciamenti a raso per creare fine-stre ben illuminate e innescare ciclidi rinnovo lunghi.

In ogni caso, il passaggio all’alta den-sità diminuisce l’autonomia e le gerar-chie dell’architettura dell’albero (adesempio della funzione di cima o delleregolari geometrie in grado di controllarel’angolo d’inclinazione e lunghezza del-le branche laterali e delle sottobranche) eriduce i cicli di rinnovo delle branchetteche rapidamente invecchiano. Di conse-guenza, risulta necessaria una potaturapiù attenta e tempestiva e questo limita ilsuccesso dell’HDP in aree dove la mano-dopera è inesperta e il personale tecniconon è altamente specializzato.

Potatura estiva

Nella fase di allevamento si posso-no proporre diverse operazioni al ver-de: precoci, per eliminare succhioni e

alleggerire la cima, per raccorciare ger-mogli e favorire la loro ulteriore ramifi-cazione (tipico nella palmetta il taglioall’altezza del nuovo palco per antici-pare la strutturazione); tardive, aspor-tando i succhioni interni e i germogli incima per favorire la penetrazione dellaluce e la lignificazione; in alcuni casi sipredilige lo “strappo” per limitare la ri-sposta (tecnica non consigliata per i ri-schi fitosanitari che può comportare),oppure l’“infrangimento” che riduce ilrichiamo di nuova vegetazione in unazona sbagliata e al tempo stesso nonspreca foglie. Nel periodo di centro-fi-ne estate possono anche essere effet-tuate curvature (a volte una vera e pro-pria torsione atta a “snervare” i suc-chioni) per favorire la maturazione del-le gemme e quindi una loro migliore ri-sposta nella primavera seguente.

Piegature e curvature in allevamento.

Nell’impianto degli astoni, speciecon l’HDP, non conta solo la presenzadi rami anticipati, ma anche la loro par-ziale piegatura. Nella primavera dopol’impianto (meglio dopo la ripresa ve-geativa) quelli adatti a costituirel’impalcatura (a partire da 70-80 cm daterra) si posizionano con sufficiente

apertura, mentre i restanti rami anticipa-ti vanno guidati, riorientati e piegati conl’aiuto del filo per ridurne il ritmo di cre-scita e indurre la differenziazione a fio-re delle gemme. L’eventuale presenza dirami molto vigorosi, nella parte alta delfusto, va contrastata (es. eliminandolicon la cosiddetta scacchiatura) o in in-verno o qualche mese dopo, con inter-venti di “diradamento” (cosiddetto al-leggerimento della cima). In situazioniopposte (es. fusto nudo per 30-40 cm)può essere praticato, anziché il metododi raccorciamento (o eventuale capitoz-zatura) che si usava in passato, un’intac-catura sopragemma (taglio del caporale)a fine inverno, al fine di stimolare la le-vata di un germoglio.

Potatura di fruttificazione

Se la potatura di allevamento èun semplice correttivo basato su po-chi tagli, quella di produzione, inve-ce, deve corrispondere ai diversimodelli di habitus di fruttificazione(Sansavini, 2002). Per cui il tipo el’intensità dei tagli vanno definiti ca-so per caso. La potatura può essereleggera o pesante, fino a prevederetagli di raccorciamento delle bran-chette di 2-3 anni e delle più vec-

SORELI, SEL. AC. 171.76 UNIVERSITÀ DI UDINEIL NUOVO GIALLO DI GRANDE PEZZATURA.maturazione fine settembre • grande produttività (+50% hayward)colore marrone con polpa giallo brillante • frutti sin-goli allungati peso medio oltre 115 g • di ottimogradimento • semplicità di coltivazione.

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chie formazioni fruttifere, al fine delrinnovo e per indurre l’allegagione.Non a caso anche la potatura mec-canica di parete, praticabile in alcu-ne varietà (es. Conference e AbateFétel), richiede un dettagliato com-pletamento manuale.

Con la potatura si vuole perciò rego-lare il carico dei frutti, che andrà propor-zionalmente ridotto nell’anno di maggio-re carica, ma questa operazione non è fa-cile a svolgersi nel pero. L’alternanza diproduzione, fenomeno assai meno rile-

vante nel pero rispetto al melo, sembrapiù probabile in varietà che tendono aprodurre in prevalenza su lamburde po-sizionate su branche di tre o più anni.

Alcuni semplici cenni pratici: laWilliam si pota per la conservazione eil rinnovo dei brindilli, la Conferenceper riportare all’equilibrio il carico digemme nelle formazioni fruttifere (sem-pre eccessive), Abate Fétel e Decanadel Comizio fruttificano bene solo coltaglio di raccorciamento delle bran-chette di 2/3 anni (Sansavini, 2002).

Anulazione

Circa le anulazioni a tronchi e bran-che, se queste sono fatte vicino alla fio-ritura non sono sufficienti a ridurre lacrescita dei germogli, che in questa fa-se sono nutriti dal flusso xilematico equindi spinti da riserve provenienti dal-le radici (Smit et al. 2005). Ma succes-sivamente, quando i germogli trovanodifficoltà nell’esportazione floematica,l’anulatura sul tronco può favorire imeccanismi riproduttivi e quindi il ri-torno a fiore e la crescita dei frutti. Ingenere le anulazioni sono operazionirischiose e comunque straordinarie,praticabili “una tantum”.

Potatura radicale

La potatura radicale é praticata dadecenni ogni volta che la vigoria deglialberi è eccessiva e tutte le altre prati-che di potatura della chioma non ba-stano e la gestione del pereto non ab-bia sortito sufficienti effetti (Gomand,2002). Il taglio delle radici, tuttavia,non ha ancora raggiunto una tecnolo-gia ben definita e tanto meno di preci-sione. Empiriche sono le misure (di-stanze dal filare e profondità) dei taglipraticati, così pure gli effetti non sonoabbastanza prevedibili. Talvolta si han-no risultati indesiderati, in eccesso e indifetto. È ragionevole ipotizzare risul-tati molto diversi non solo per la diffi-coltà di conoscere lo sviluppo radica-le, ma soprattutto in seguito al mo-mento in cui il taglio è stato eseguito.

Uno dei casi non rari di applicazio-ne della potatura radicale è dato dal-l’HDP per evitare eccessiva densità digermogli (Vercammen et al., 2005; Ver-cammen et al., 2006). In effetti, da pro-ve varie è stato osservato che la potatu-ra radicale, se applicata con regolaritàa fine inverno o in primavera, riduce ivolumi radicali e può favorire un mi-gliore equilibrio vegetativo; tuttavia sipuò scivolare facilmente nello sfasa-mento dei cicli di crescita con rischiodi ricrescite estive pericolose e possonoinsorgere persino difficoltà di controllodella pezzatura dei frutti.

Aspetti economiciIl grafico del margine netto regi-

strato anno per anno (Fig. 9), nel tem-po evidenzia come sia importanteiniziare rapidamente la produzioneper raggiungere in fretta il pareggioeconomico. Siccome non ci sonopossibilità di abbattere i costi oltre uncerto limite, non potendo semprecontare su prezzi stabili, occorre cau-

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20

60

50

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20

10

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-40

-50

-60

-70

-80

-90

Palmetta (1250 alberi/ha 4x2)

Spindel (2500 alberi/ha 4x1)

Superspindel (5000 alberi/ha 3,4x0,6)

prezzo 0,30 Euro / kg

tasso d’interesse = 0,04

anno d’impianto

Redd

ito n

etto

cum

ulat

o (E

uro

(x10

00) /

ha)

FIG. 10 - REDDITO NETTO CUMULATO PER ETTARO DI CONFERENCE INNESTATA SUCOTOGNO DI PROVENZA BA29 ALLEVATA A PALMETTA E SPINDEL, E SU COTOGNO MCALLEVATA A SUPERSPINDEL, CONSIDERANDO UN PREZZO DI VENDITA DI 0,30 €/KG

0

25

50

75

100

125

1 3 5 7 9 11 13 anni

.000

Eur

o/ha

Costi cumulati

10.00012.50015.00017.50022.500Costi

PLV annua

PLV cumulata

(Fonte: Sansavini e Musacchi, 2000)

FIG. 9 - RAPPORTO TRA COSTI CUMULATI E TEMPI DI AMMORTAMENTO NELLACOLTIVAZIONE DEL PERO

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telarsi anche per questi rischi. Per unrapido ammortamento dei costi diimpianto bisogna puntare su astonipronti a fruttificare al 2° anno perchèprovvisti di rami preformati in vivaio,che possano al più presto svilupparebranchette rivestite di lamburde e ra-mi misti fioriferi (brindilli). Da qui ilsuccesso dello “spindel” o del fuset-to, con numerosi rami laterali di lun-ghezza giusta per i sesti d’impiantoscelti. Qualcuno ha suggerito addirit-tura l’uso di astoni di due anni, maciò accresce la crisi di trapianto, percui non sempre dà i risultati attesi.

Nel caso di forme di allevamentodi ridotte dimensioni, come cordoneverticale, asse colonnare e “super-spindel” (fusetto privo di branche per-manenti laterali), l’ottenimento di ri-sultati favorevoli richiede un ulterioresforzo produttivo non sempre possibi-le. In effetti servono numerosi ramianticipati, corti e con potenzialità aoriginare lamburde fertili e al tempostesso anche formazioni fruttifere in-serite lungo il fusto (portate da “spero-ni” di branche) e questo non sempre èpossibile. Di conseguenza la produ-zione iniziale può essere insoddisfa-cente e la possibilità di raggiungere il

pareggio economico svanisce se iprezzi delle pere sono bassi, peresempio intorno a 0,30 €/kg, visti icosti elevati d’impianto (Fig. 10).

In un pereto razionalmente gestitovanno oggi considerate anche le retiantigrandine nelle aree a rischio, so-prattutto con impianti molto densi inquanto il danno facilmente si estende-rebbe alla vita dell’impianto e non soloalla frutta presente. Di conseguenza,impianti così costosi non possono esse-re protetti dalla sola assicurazione, maanche dalla rete antigrandine. In que-sto caso il costo d’impianto diviene ve-ramente il fattore limitante. Con questocosto aggiuntivo, se si tratta di super-spindel e palmette, risulta possibileraggiungere il pareggio economico,con un ipotetico prezzo delle pere dialmeno 0,45 €/kg, solo al decimo-un-dicesimo anno, ovvero molto vicino al-la fine del ciclo produttivo. Il fusettoraggiungerebbe il pareggio invece giàal sesto anno (Fig. 11).

Non vanno peraltro trascurati altrivantaggi legati all’effetto climatizzantedelle reti antigrandine. In particolareun positivo effetto sulla rugginosità esulla riduzione del brusone (“leaf bur-ning”) che rimane limitato alla parete

di bordo del filare.

SUMMARY

Overview of intensive pear production: or-chard design, rootstocks, training systems andmanagement in relation to fruit quality

The widespread trend towards high densityplanting (HDP) in pear orchards is being driven byfactors that span both research and management,including innovations stemming from genetics,rootstocks, energy inputs and plant physiology.The stock quince is the backbone of HDPs withpronounced dwarfing capacity like MC, Adamsand Sydo, which led to plantings of 3,000-5,000trees/ha, although the average is 2,000-3,000trees/ha. The factors which mainly contribute toHDP performance, including high quality pro-duct, involve stocks, orchard layout and manage-ment. Cultivars like William and Kaiser (BeurréBosc) require an appropriate interstock. Main trai-ning systems are slender spindle, vertical axisand/or cordon, palmette, V and Y trellis. The thirdkey is soil management, whose common denomi-nator almost everywhere is the combined use ofgrassing and/or mulching along with under-rowchemical or mulching weeding. The most notableinnovations involve the scheduling of water sup-ply, fertigation and nutrient inputs to enhanceperformance and yield efficiency and cut energycosts. We shall look at pruning regimes for some ofthe most widely cultivated varieties that show dif-fering trends in first-year shoot or spur growth.

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Palmetta (1250 alberi/ha 4x2)

Spindel (2500 alberi/ha 4x1)

Superspindel (5000 alberi/ha 3,4x0,6)

prezzo 0,30 Euro / kg

tasso d’interesse = 0,04

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00) /

ha)

FIG. 11 - REDDITO NETTO CUMULATO PER ETTARO DI CONFERENCE INNESTATA SU COTOGNO DI PROVENZA BA29 ALLEVATA A PALMETTA E SPINDEL, E SU COTOGNO

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