Te lo leggo negli occhi

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TE LO LEGGO NEGLI OCCHI Anno 2016 Marisa Martinelli Una semplice guida pratica per la comprensione del linguaggio degli occhi, l’uso consapevole dello sguardo e i rimedi naturali per la salute degli occhi

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Questo libro vuole condurci nel complesso ma affascinante mondo degli occhi, per riflettere insieme sull’importanza del linguaggio degli occhi e dello sguardo nello sviluppo della personalità. A cura della Dott.ssa Marisa Martinelli.

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TE LO LEGGO NEGLI OCCHI

Anno 2016 Marisa Martinelli

Una semplice guida pratica per la comprensione

del linguaggio degli occhi, l’uso consapevole dello

sguardo e i rimedi naturali per la salute degli occhi

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Te lo leggo negli occhi a cura della Dott.ssa Marisa Martinelli

SOMMARIO

Premessa, 3

PARTE I Introduzione, 7 Il ruolo dello sguardo nello sviluppo psicoaffettivo, 11 PARTE II Le cure naturali per gli occhi, 19 Coltivare una visione rilassata, 20 L’approccio sistemico nella cura degli occhi, 24 Lo sguardo nella comunicazione, 28 La vista come metafora, 29

Cosa vuol dire vederci chiaro? Perché è importante conoscere il linguaggio degli occhi? 32

Lo stress visivo, 37 Nuove riflessioni e nuove ipotesi sul significato dei difetti di vista (miopia, astigmatismo, ipermetropia, strabismo, presbiopia), 38 Interpretazione psicosomatica dei disturbi visivi, 39 La cura e il benessere degli occhi: che fare? 39 Le cure naturali, 41 I rimedi naturali, 42

APPENDICE Consigli pratici, 43 Esercizi psicomotori, 43 Palming, 44 Sunning, 44 Note per una corretta esecuzione delle tecniche di rilassamento, 45 Rilassamento e respirazione, 46 Diario e/o protocollo, 47 Musicoterapia immaginativa nella cura degli occhi, 48 Programma di rilassamento psicofisico e musicoterapia immaginativa, 48 Uso del CD audio “Il benessere degli occhi”, 49

vvv FIABA – Lo specchio d’acqua, 52 Fonti bibliografiche e letture consigliate, 55 Intervista semistrutturata per la valutazione sistemicadi disturbi visivi (M. Martinelli – E. Capovilla), 56

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Studio di Psicologia e Psicoterapia Montegrotto Terme (Padova)

Dott.ssa Marisa Martinelli

Psicologa Psicoterapeuta EMDR Practitioner Psicoterapeuta VIC (riconosciuta dalla SAGKB - Associazione Svizzera del Vissuto Immaginativo Catatimico) Socia e Coordinatrice SIPNEI Sezione Veneto (www.Sipnei.it)

www.marisamartinelli.it Fb: Studiopsicologiamartinelli

Cell. 333-9455084

Strategie per la salute Itinerari di felicità

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Premessa

Arco d’amore Quel caldo raggio di sole che gioca con la pioggia

negli occhi tutti incantati riflette un arco d’amore.

(Franco Vetrano)

Ho raccolto in questo lavoro alcuni consigli pratici, esercizi psicofisici e altri elementi indispensabili a stimolare la funzione visiva con lo scopo di aiutare chi mi legge a “mettere a fuoco” tutto ciò che è necessario per coltivare l’arte di vedere bene, ovvero comprendere l’affascinante campo di attività ed esperienze in cui si inserisce anche il training psicosomatico per migliorare la vista.

Dopo essermi a lungo dedicata ad altri settori della medicina psicosomatica, mi è sorto il forte desiderio di pubblicare e condividere le molte riflessioni su questo argomento memorizzate nella mia mente e continuamente integrate da altre provenienti da importanti studi scientifici sulla “neurobiologia interpersonale” (per usare la stessa definizione di Siegel). Perciò ho pensato che il modo migliore per riordinare le mie idee fosse quello di riprendere in mano un vecchio lavoro, “Il benessere degli occhi”, revisionarlo e integrarlo con nuovi preziosi contributi per farlo diventare un saggio di facile lettura per tutti. L’obiettivo è fornire una comprensione più articolata del funzionamento del nostro cervello, in particolare della “neurobiologia interpersonale”, una scienza che ci offre la possibilità di approfondire questo campo della salute in una prospettiva olistica, centrata sulla persona e non soltanto sul sintomo o il difetto da compensare. In tal modo le nuove opzioni terapeutiche della rieducazione visiva, un tempo basate su prove empiriche, possono oggi confrontarsi con le discipline che studiano l’influenza dei sistemi di regolazione emotiva sui processi corporei. Nel nostro caso si tratta di mettere in relazione i problemi visivi con le dinamiche psicocorporee, ovvero di comprendere meglio ciò che avviene nel cervello, sia tenendo conto delle dinamiche degli schemi sottocorticali meno evoluti, sia dedicando pari attenzione agli aspetti cognitivi della mente umana.

Non solo, l’intento principale di questa riedizione, oltre a fornire al lettore nuove chiavi di interpretazione dei disturbi visivi, è anche quello espresso nel titolo TE LO LEGGO NEGLI OCCHI che ho scelto per indicare in modo chiaro l’importanza dello scambio emozionale ed energetico che avviene attraverso lo sguardo nella comunicazione interpersonale e sociale. Voglio

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anche sottolineare che la lettura di questo testo, nonostante il continuo susseguirsi di concetti, citazioni, esercizi (spesso corredati da belle immagini), non ha la pretesa di offrire al lettore una soluzione immediata al suo problema, ma certamente lo farà sentire meno solo di fronte alle ansie e alle paure che insorgono riguardo alla vista. Possa egli essere più curioso nella scoperta delle proprie emozioni, incoraggiato nell’espressione dei propri desideri, e indotto a riflettere sul senso della propria esistenza.

Affinché il lettore possa sfruttare al meglio i contributi proposti premetto una precisazione: la parte teorica che precede la trattazione è utile alla comprensione del contenuto dei paragrafi successivi. E poiché sono fermamente convinta che:

per cambiare una funzione prima devo conoscerla

ho scelto un approccio partecipativo al fine di aiutare la persona a percepirsi come attore responsabile e non solo come oggetto di cure da parte di qualcuno.

Il lavoro è perciò diviso in due parti. La Parte I, più teorica, tratta dell’approccio sistemico caratteristico della PsicoNeuroEndocrinoImmunologia e guida il lettore nella complessa interazione occhio-mente-cervello. Questa visione olistica ci aiuta a considerare l’eziologia multifattoriale dei difetti di rifrazione (miopia, astigmatismo, ipermetropia ecc.), di molti disturbi visivi (tic, allergie, miodiesopsie o mosche volanti ecc.) e di varie altre affezioni oculari (glaucoma, retiniti, congiuntiviti ecc.) che colpiscono l’occhio e il sistema visivo.

È un campo questo molto affascinante. Ho pertanto riportato alcuni contributi sulla neurobiologia degli affetti, la scienza che studia l’influenza delle emozioni sul corpo e che aiuta a comprendere l’intricata e misteriosa complessità dei sistemi di azione del cervello, che deve continuamente associare l’informazione sensoriale con i programmi interni “innati” e adattarla al contesto ambientale che è in continuo cambiamento.

Ho riassunto gli elementi essenziali delle teorie sulla regolazione degli stati affettivi (con riferimento alla Teoria Polivagale di Porges, a Panksepp, a Siegel, e anche a Ogden) che mi hanno aiutato a comprendere il ruolo dello sguardo e degli occhi nella comunicazione sociale e nella regolazione delle emozioni (paura, rabbia). La concettualizzazione di specifici sintomi e di alcune manifestazioni corporee, completata dalle moderne prospettive di intervento nella cura e nel trattamento dei problemi visivi, concludono la Parte I.

La Parte II è dedicata alla descrizione di alcune strategie curative per la vista e indica come sfruttare i benefici dei metodi di rilassamento. Non solo il

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metodo Bates, lo shiatsu, lo yoga possono funzionare efficacemente per il benessere visivo. Vi è la possibilità di integrare queste tecniche con l’analisi dei propri vissuti correlati al vedere: la ricerca da parte dello psicologo di comportamenti disfunzionali nell’ambito delle dinamiche interne che regolano gli stati psicocorporei e la comprensione dei traumi psicoemozionali possono consentire un effettivo recupero di molte affezioni oculari.1

Sfogliate dunque queste pagine come un libro di ricette per la salute degli occhi, assaggiate i vari contenuti, provate le varie ipotesi, ma soprattutto siate curiosi. Anziché essere intimoriti, lasciatevi sorprendere e affascinare dalla continua espansione dei modelli di cura di molti disturbi psichici, comportamentali e somatici. Sempre più spesso vengono oggi prese in considerazione le strategie di coinvolgimento sociale, la prosodia, la voce, la gestualità quali elementi di vitale importanza per il benessere nelle relazioni. Imparate a diventare consapevoli degli occhi e dello sguardo nell’incontro con gli altri. Rendete visibili le vostre emozioni e le vostre intenzioni nelle relazioni. Osservate l’espressione amorevole del volto e dello sguardo, perché tutti questi elementi risultano in grado di reclutare circuiti neurali che favoriscono interazioni sociali positive e stati viscerali di calma e di omeostasi dell’organismo.

1MartinelliM.,IlVissutoImmaginativoCatatimiconeidisturbivisivi.Da:LapsicoterapiaconilVIC,EdizioniLibrerieProgetto,Padova,2009.

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Già il neonato sorride e rafforza il legame con i genitori,

negli adulti il sorriso, colma l’abisso fra persone estranee,

blocca l’aggressività altrui e promuove dei legami amichevoli.

PARTE I

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Introduzione La moderna rieducazione visiva è collegata ad altre discipline quali la neurobiologia degli affetti, l’ottica e l'optometria, l’iortottica, la posturologia e la psiconeuroendocrinoimmunologia, con le quali dialoga per promuovere interventi multidisciplinari miranti al benessere e alla riabilitazione integrata.

Seminari, workshop e sedute individuali centrati sul miglioramento della vista propongono un percorso distensivo di autoguarigione costituito da un insieme di tecniche, metodiche e suggerimenti che si sono sviluppati grazie ai diversi contributi sull’approccio sistemico nella cura degli occhi e sulla profilassi della funzione visiva.

Un ulteriore progresso in questo campo si è avuto grazie alla possibilità di regolare l’iperarousal o l’ipoarousal, conseguenza di uno stile di interazione disadattivo cronico con modalità di funzionamento più evolute. Da quando alcuni autori hanno affrontato taluni problemi visivi (quali miopia, astigmatismo, ipermetropia) adottando un sistema di valutazione integrato, si è cominciato a parlare di difficoltà di relazione con il mondo esterno, di tensione mentale, di stress, di abitudini visive, e non ultimo anche del ruolo speciale delle emozioni di influenzare la performance visiva.

La vista è una funzione correlata alla quasi totalità delle funzioni cognitive, affettive, fisiologiche, ed è conosciuta come l’organo di senso deputato alla messa a fuoco delle immagini che consente all’uomo di muoversi nell’ambiente. Ma che cosa significa veramente vedere?

Ilmio interesse di psicoterapeuta per la funzione visiva è iniziato verso la fine degli anni ’80 grazie ai contributi dell’optometria comportamentale e di associazioni che divulgavano il metodo Bates.

Personalmente dovetti confrontarmi con la sfera della visione quando a 19 anni, alla fine delle scuole medie superiori, scoprii di essere miope, anzi sarebbe forse più corretto parlare di ambliopia data la differenza di visus tra i miei due occhi: l’occhio sinistro era meno miope del destro, che in più presentava un certo grado di astigmatismo forse dovuto – secondo il parere dei medici che mi avevano vistato – alla differenza di comportamento tra i due occhi. Ho portato gli occhiali malvolentieri, ma guidare di sera, con la pioggia e il buio, averli era un vero sollievo. Negli anni mi resi conto che mi sentivo sicura alla guida solo se indossavo gli occhiali ed era un dramma se per caso li dimenticavo!

La vita, le casualità, la mia insaziabile voglia di conoscere cose nuove in ogni settore della salute mi hanno portato a sperimentare i percorsi alternativi alle lenti. Verso i 30 anni, dopo aver tentato vari metodi di cura, volli provare il Training visivo con il biofeedback. Quello che segue è un aneddoto che mi riguarda.

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Dopo qualche settimana di terapia, alla fine di una seduta l’optometrista mi appoggia la montatura per le lenti per eseguire la consueta prova di lettura alla Tavola di Snellen. Dopo l’allenamento in studio e a casa voleva verificare com’era andata e se c’erano stati miglioramenti nel visus dei due occhi. Alla richiesta di riferire quello che stavo vedendo, con entrambi gli occhi diretti alla tabella lessi fino all’ultima riga, 11/11 …. Chiesi incuriosita all’operatore quali lenti mi aveva messo e lui rispose: “nessuna lente, non hai nessuna lente, solo la montatura”. Non volevo crederci, puntai il dito dritto negli occhi e constatai che era vero, non c’erano barriere trasparenti! Con le pratiche naturali, gli esercizi del metodo Bates, le lenti terapeutiche per riallineare gli occhi, la respirazione, il rilassamento, i miei occhi si erano liberati di quel velo grigio che mi faceva vedere confuso, annebbiato, e ora potevo godere della luminosità e del contrasto dei dettagli che emergevano dallo sfondo. Con grande meraviglia mi accorsi che potevo vedere bene senza occhiali, con i miei occhi! Piansi dalla gioia… e da quel momento decisi che dovevo approfondire la complessa interazione occhio-mente-cervello per aiutare le persone a fidarsi dei propri occhi e riscoprire il piacere di guardare attraverso la luce.

L’inaspettato comportamento dei miei occhi mi ha indotto nel tempo a

pormi delle domande: che cosa vuol dire “vederci chiaro”?, la vista è forse una metafora per esprimere con un linguaggio corporeo qualcosa che ci colpisce profondamente ma non trova le parole per esprimersi? È possibile “educare” la vista?

Ripercorrendo gli eventi della mia vita posso dire che quando mi accorsi di non vedere bene era collegato al periodo in cui diciottenne mi ero iscritta all’ Università di Padova per frequentare la Facoltà di Psicologia. L’ambizione e la volontà di affermarmi nel campo prescelto mi obbligavano per la prima volta a fare delle scelte importanti come vivere da sola in una città che non conoscevo e per me, che provenivo da un piccolo paesino della Lunigiana, era un cambiamento davvero importante. Dovetti affrontare da sola esperienze assolutamente nuove, come cercare un’abitazione, inserirmi nel corso di studi prescelto, ferma nella convinzione che “potevo farcela da sola”. I miei genitori, che fino a quel momento mi erano stati di supporto, si mostravano insicuri sulla riuscita dei miei progetti, così, per sentirmi incoraggiata e valorizzata, e anche per continuare ad avere il loro sostegno materiale, dovevo “nascondere” le mie paure e le mie insicurezze, riuscire bene negli studi, non lasciarmi distrarre dagli stimoli che la città offriva a una ragazza di provincia. Il loro aiuto per me costituiva anche un equivalente affettivo visto che sentivo di avere ancora bisogno della loro approvazione.

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La mia vista migliorò notevolmente (remissione dell’astigmatismo e miglioramento del visus all’O.S.) nella fase della vita in cui mi sentivo bene. Ero felice di essere diventata madre, adoravo la mia bambina, e avevo un compagno con cui avevo stabilito una buona relazione, mi sentivo amata e accettata. Non è una fantasia, ma la storia della mia vita che, come quella di molti altri, ti vede in viaggio, ad affrontare sempre nuove situazioni che richiedono abilità e capacità di adattamento sempre più sofisticate.

Sull’onda di una forte spinta interiore ho iniziato a collaborare con entusiasmo con Maurizio Cusani, studioso e oculista di larghe vedute e autore del libro “Psicosomatica oculare” – da me più volte citato – unico testo pubblicato in Italia che approfondisce, senza trascurare le implicazioni psicologiche e simbologiche, l’origine multifattoriale di molte affezioni oculari. Gli incontri con i vari esperti italiani e stranieri (Cagnoli, Lattuada, Craia, Kaplan, Lakeland, Rosenbauer) mi hanno aiutato ad aggiungere qualche tassello alla comprensione del misterioso e intricato funzionamento degli occhi che risultano fortemente collegati al sistema nervoso centrale – il cervello – e quindi non direttamente “esaminabili”.

Negli anni a seguire, fortemente motivata a sviluppare programmi salutari per il miglioramento della vista e il benessere degli occhi di adulti, bambini e adolescenti, ho avuto un altro incontro decisivo: quello con Laura Canepa, un’ortottista che ha integrato l’educazione visiva con diverse discipline olistiche. Insieme abbiamo dato vita all’AIVON, un’associazione di professionisti della vista con i quali condividiamo l’affermazione che “gli occhi sono uno strumento percettivo che il cervello utilizza per ricevere delle informazioni che verranno poi selezionate, valutate e interpretate dalla mente (conscia e inconscia)”. L’AIVON ha organizzato diversi eventi formativi per diffondere l’approccio che amiamo definire “multidisciplinare”: noi non ci accontentiamo infatti di quantificare e compensare il deficit visivo, ma ci interroghiamo su cosa “significa vederci male”.

In queste pagine è condensata la mia esperienza di psicologa in questo campo, da sempre interessata alla multiforme interazione tra mente e corpo. Non soddisfatta di quello che leggevo qua e là, ho inseguito il tentativo di “vedere oltre”, assecondando la mia curiosità di “affondare lo sguardo” in occhi che manifestano sintomi e/o disagi che coinvolgono non solo la funzione visiva, bensì il sistema visuo-percettivo-motorio. Ho pertanto studiato e approfondito la miopia, l’astigmatismo e molti altri disturbi visivi (glaucoma, retiniti, congiuntiviti, cheratocono, miodipesopsie ecc.).

Alcuni dei più moderni contributi qui riportati, significativamente vicini alle problematiche che coinvolgono l’occhio e la funzione visiva, aiuteranno il lettore a orientarsi nel campo della prevenzione del disagio visivo, e auspico possano contribuire a diffondere una cultura del benessere visivo orientata

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verso forme di riflessione e di consapevolezza del nostro corpo più efficienti e salutari.

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Il ruolo dello sguardo nello sviluppo psicoaffettivo

Gli occhi sono coinvolti nel nostro complesso sistema di elaborazione e risentono fortemente della vita emozionale che inevitabilmente influenza i processi evolutivi. Sono convinta che, come spiega Kekuni2, di fronte alle situazioni nuove si attivano in noi per primi i programmi filogeneticamente più antichi che, come piloti automatici, determinano l’esito delle azioni e dei comportamenti. Queste “reazioni istintive alla minaccia potenziale” rimarrebbero tali se non ricevessero altri feedback dagli altri sistemi del coinvolgimento sociale (corteccia prefrontale, aree motorie e di Broca) favorendo in tal modo nuove risposte adattive e nuovi programmi più salutari.

Le reazioni sensomotorie inizialmente emergono dai programmi istintivi già organizzati, che ci consentono di esplorare l’ambiente e raccogliere informazioni, cibo, protezione e altre risorse necessarie alla nostra sopravvivenza. Poiché lo sviluppo biologico dell’essere umano dipende dall’attaccamento a un caregiver, ne deriva che la relazione di attaccamento modella i sistemi di regolazione del cervello del bambino e influenza i sistemi di difesa e di azioni che si sviluppano successivamente.

Vedere in questa prospettiva assume una particolare valenza relazionale-spirituale, significa “abbracciare con lo sguardo” una vasta gamma di informazioni che si muovono dentro di noi, le emozioni (che colorano di significato l’esperienza) e i vissuti che modellano il corpo.

La funzione “rispecchiante” e le modalità di relazione dei caregiver influenzano i comportamenti, la capacità di riflessione e di integrazione del bambino.

Imparare a gestire adeguatamente fin da piccoli le nostre emozioni, comunicarle, e soprattutto condividerle con gli altri, oltre a caratterizzare uno stile di attaccamento sano è la base fondamentale per aiutare il bambino a costruire una visione consapevole che conduce ad armonia tra occhio–mente–cervello. E soprattutto consente di diventare consapevoli del potere dello sguardo nella comunicazione tra esseri umani!

2OgdenP.,KekuniM.,Iltraumaeilcorpo.Manualedipsicoterapiasensomotoria.IstitutodiScienzeCognitive,Sassari,2012.

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I genitori, le prime figure di attaccamento che hanno il compito di fornire

sicurezza e amore, sono per i figli un punto di riferimento affettivo-educativo e pertanto dovrebbero essere essi stessi capaci di esprimere con naturalezza i loro stati d’animo, saperli integrare nella loro esperienza senza reprimerli o esserne sopraffatti. Questo significa essere in grado di svolgere un’adeguata funzione riflessiva, essere per il proprio bambino lo specchio neutro che riesce a riflettere lo stato affettivo proprio e quello altrui, azione utile per aiutarlo a costruire un equilibrato sistema di regolazione dell’arousal.

Sapere gestire questi misteriosi ma preziosi enzimi della mente3 – le emozioni – fonte dell'intelligenza divina, è un requisito fondamentale per la salute degli occhi.

3BottaccioliF.,CardoneeMambelliM.,Leemozionienzimidellamente.TirreniaStampatori,Torino,2010.

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Lo sguardo amorevole dei

genitori è luce che splende, fa crescere il bambino

sicuro e fiero di sé, facendolo sentire amato e

accettato, è nutrimento che sostiene la base dell’autostima.

Per usare un’espressione di Ron Kurtz (1990), il padre della Psicoterapia

Sensomotoria, “vedere” equivale a “organizzare l’esperienza”. Gli stimoli presenti nell’ambiente (luce, stagioni, temperatura ecc.) sono una fonte di informazioni, ma ciò che è determinante nella costruzione delle risposte adattive è la reazione interna a tali stimoli (a livello cognitivo, emotivo e sensomotorio). La mente crea delle mappe e delle abitudini di risposta influenzate dalle diverse esperienze che avvengono nei primi mesi di vita: le esperienze intrauterine, le convinzioni derivanti dallo stile di attaccamento e le memorie procedurali implicite.

Pertanto l’atto del vedere coincide con il processo di selezione delle informazioni alle quali prestare attenzione consciamente e inconsciamente.

L’arte di vedere è una forma di educazione emozionale, sensoriale,

cognitiva e comportamentale, per acquisire un adeguato pattern di integrazione con l’ambiente.

Si tratta di imparare a vedere anche la sofferenza, essere consapevoli che

fa parte della vita, e che è umano provare delle emozioni anche sgradevoli, tristezza, odio, invidia, gelosia. Accettare di vedere significa sentire queste sfumature dell’anima. Tutto ciò rende la nostra visione libera di vedere/sentire anche amore, gioia, felicità che regnano dentro di noi.

Vivere significa cambiare e trasformarsi, e così anche le emozioni nascono, cambiano, si trasformano e si esauriscono lasciando spazio ad altre. Per esempio, se qualcosa va male, invece di nascondere il dolore, o dissociarsi dalla sofferenza che provocano certe situazioni, è normale essere tristi e piangere.

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L’intelligenza biologica ci ha dotati di un apparato viscero-emozionale per esprimere le emozioni con il pianto. Le ghiandole lacrimali non servono quindi soltanto per ripulire l'occhio, ma anche per drenare le nostre cariche emotive e “sciogliere il cristallo del ghiaccio amaro della sofferenza!”4.

Se le emozioni vengono esternate, le tensioni e la sofferenza abbandoneranno la nostra mente, la nostra gola, i nostri occhi, e sarà liberato quel ristagno energetico di emozioni inespresse che possono incistarsi in qualche angolo del nostro organismo e farci ammalare. La carica emozionale necessita pertanto di essere illuminata dalla luce della coscienza ed espressa in un contesto relazionale.

La funzione della pupilla è quella di modulare la quantità di luce che entra nell'occhio e di migliorare la messa a fuoco restringendosi se l'illuminazione è sufficiente. E non solo: “La grandezza della pupilla dipende anche da variabili di tipo emozionale come l'interesse e l'attrazione o la repulsione nei confronti dell'oggetto che viene guardato” afferma nel suo libro “Il colore della luna” Paola Bressan, ricercatrice presso la facoltà di Psicologia dell’Università di Padova. Quindi i nostri occhi, più di ogni altra parte di noi, rivelano il panorama che si presenta al nostro sguardo.

Recenti ricerche confermano che le vittime di traumi precoci hanno difficoltà a mantenere un contatto visivo perché probabilmente è associato a pregresse esperienze disorganizzanti. La “neurofisiologia degli affetti” grazie, al contributo di Porges5, spiega quanto il contatto oculare giochi un ruolo fondamentale nelle interazioni sociali e nel sistema di regolazione degli stati affettivi. Gli occhi e lo sguardo influenzano le aree del coinvolgimento sociale tramite i neuroni specchio, i riflettori della mente che sono alla base dell’empatia, della capacità di “vedere” e comprendere le intenzioni e gli stati emozionali altrui. Secondo quanto afferma Siegel6 - “queste cellule neurali potrebbero essere chiamate anche neuroni spugna. Il bambino assorbe, infatti, proprio come una spugna, ciò che percepisce nei comportamenti, nelle espressioni del volto e degli occhi, le intenzioni e le emozioni di un’altra persona che diventano per lui modelli di esperienza. Sensazioni, emozioni percepite nella relazione di attaccamento si instaurano nella mente e determinano delle vere e proprie convinzioni che condizioneranno lo sviluppo neuro-psico-motorio della funzione, dando forma alla struttura, alla postura e ai movimenti. Per esempio, “non sono il benvenuto” come conseguenza di un apprendimento procedurale traumatico può inibire l’esperienza corporea

4CusaniM.Psicosomaticaoculare.LaLontra,Genova,2006.5 PorgesS.W., Polyvagaltheory:phylogeneticcontributionstosocialbehavior.UniversityofIllinois,Chicago,2003.6SiegelD.J.,12Strategierivoluzionarieperfavorirelosviluppomentaledelbambino.RaffaelloCortina,Milano,2012.

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relativa al protendersi per andare verso l’altro in cerca di vicinanza o l’azione di incrociare lo sguardo.

La consapevolezza somatica (la mindfulness) aiuta a entrare in risonanza con i nostri stati affettivi a sperimentarne la reale efficacia nella comunicazione. “Cosa accade nel mio corpo quando incontro lo sguardo dell’altro?” … “Cosa provo quando un altro mi guarda?”

Strategie di attaccamento vitali come “lo scintillio degli occhi” del genitore, sono luce che splende, espressione della gioia dell’anima, che pacifica il cuore e pone le basi per la creazione di modelli interni positivi.

Gli sguardi positivi sono i migliori stimoli vitali per la crescita del cervello sociale.

(da: Sue Gerhardt “Perché si devono amare i bambini”, Cortina, Milano, 2006)

A questo punto cosa fare, come intervenire adeguatamente per creare

pattern di elaborazione a eventi più complessi? Come aiutare un bambino a sviluppare abilità relazionali che lo aiutino a sintonizzarsi con gli altri? Le aree neurali con funzione integrativa possono smettere di funzionare in mancanza della vicinanza e della sintonia affettiva di cui un bambino ha bisogno. Se invece i genitori, i nonni, gli educatori, gli insegnanti “imparano a dimostrare al bambino in modo regolare e prevedibile amore e sintonizzazione, il piccolo svilupperà la mindsight – ovvero la capacità di comprendere la mente propria e altrui – e realizzerà le potenzialità relazionali presenti nel cervello”.

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Sono perfettamente d’accordo con Siegel7, più volte menzionato nei miei lavori, quando dice che come educatori non dobbiamo focalizzarci tanto sui conflitti pulsionali, ma interessarci maggiormente dello sviluppo di abilità relazionali che contribuiscono a forgiare la mente del bambino. È necessario imparare a usare il potere del cervello per modellare la nostra visione e costruire un’architettura della mente adeguata alla nostra natura bio-psico-affettiva.

Lo stress si origina quando il bambino vive delle situazioni che non è in grado di controllare e di elaborare adeguatamente. L’abuso verbale, la deprivazione affettiva, la trascuratezza costituiscono esperienze emozionali traumatiche perché il bambino si aspetta che i caregiver siano in grado di proteggerlo e di rassicurarlo. Se l’adulto che deve prendersi cura di lui non solo non è in grado di offrire il sostegno necessario, ma ha dei comportamenti disorientanti che sono fonte di minaccia, come potrà il bambino soddisfare il suo innato bisogno di attaccamento sicuro? Se si sente abbandonato, insicuro, disorientato come può sopportare di vedere (che equivale a sentire) tutto questo? È importante quindi prestare attenzione ai processi di regolazione e di auto-regolazione delle emozioni.

È pertanto compito di noi adulti saper interagire quotidianamente con i nostri figli aiutandoli, per esempio, a diventare consapevoli delle sensazioni che vengono dal corpo, insegnare loro a esplorare le emozioni e i sentimenti che provano in un dato momento. Ecco dunque qualche suggerimento ai genitori, adulti ed educatori: dedicate del tempo per domandare ai bambini come si sentono, aiutandoli a trovare parole e immagini per esprimere quello che stanno vivendo. E non accontentatevi di risposte vaghe come “bene”, “male”, “solito”, “già lo sai” ecc., ma aiutateli a essere più precisi affinché possano riuscire a specificare meglio i loro stati interni descrivendo le sfumature delle emozioni come “ho paura”, “sono deluso”, “sono arrabbiato”, “sono irritato”, “non mi sento capito..”, “mi sento solo”, “sono inadeguato”, “nessuno mi vuole bene” ecc.

L’obiettivo è che imparino a comprendere le emozioni e gli effetti delle emozioni sul corpo: “sono agitato”, “le gambe tremano”, “il respiro si inceppa”, “ho una sensazione di nodo alla gola”, “ho i brividi”. Per questo è indispensabile che l’adulto sia lui stesso consapevole dei propri stati interni e in grado di distinguere le sue reazioni emotive da quelle altrui.

Sul piano educativo ne deriva che – di fronte a qualsiasi situazione che il bambino sta vivendo – è utile coltivare un dialogo e uno stile di comunicazione basati sulla sintonia emotiva che rispetti i tre livelli di

7SiegelD.J.,op.cit.

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funzionamento della mente. Per esempio, nella descrizione di una situazione che è successa adottare un comportamento di avvicinamento significa:

v comunicare i pensieri; v esprimere le emozioni; v descrivere le sensazioni.

Sospendendo qualsiasi giudizio, impariamo ad ascoltare guardando l’interlocutore negli occhi. Queste azioni nel tempo aiutano a sviluppare competenze mentali evolute, quali la capacità di riflettere sull’esperienza, di valutare le azioni adeguate e di creare schemi più adattivi e più flessibili.

Adottare consapevolmente uno sguardo adeguato per soddisfare il bisogno di ocularità del bambino rafforza il sistema dell’attaccamento sicuro in quanto comunica affetto, incoraggiamento, apprezzamento, sostegno e altre emozioni positive che provvedono al nutrimento della personalità per acquisire un adeguato senso di Sé.

Potete, inoltre, allenarvi con i vostri bambini e ragazzi sfruttando tutti quei giochi ed esercizi psicomotori che favoriscono l’integrazione, la percezione e la coordinazione degli emisferi, come il solletico, disegnare degli otto, i movimenti crociati con e senza le frecce colorate ecc. (altri utili suggerimenti sono proposti nel libro “La vista dei bambini” di Janet Goodrich pubblicato da Libreria Editrice Fiorentina, 2013).

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PARTE II

Con il cuore negli occhi Dell’arcobaleno assume

i colori il mondo attorno, e quel pianto di un bambino

è una melodiosa canzone quando, incantato, tutto guardo

con il cuore negli occhi. (Franco Vetrano)

Le cure naturali per gli occhi I suggerimenti riportati in questo testo sono il frutto di anni di collaborazione con un’ortottista sistemica, Laura Canepa. Con il contributo di altri professionisti abbiamo fondato come già accennato l’AIVON (Associazione Internazionale Visione Olistica Naturale) e insieme abbiamo organizzato Convegni e numerosi Seminari di gruppo per adulti e bambini con problemi di vista.

Lavorare a fianco di un’ortottista è stata un’esperienza che mi ha permesso, in qualità di Psicologa che si occupa prevalentemente degli aspetti affettivi della persona, di cogliere particolari difficoltà e resistenze che emergono nella quotidianità: valutare insieme gli atteggiamenti del corpo e della psiche ha di certo agevolato la comprensione dei processi di integrazione occhio-mente-cervello.

Nel desiderio di continuare a dare il mio contributo nel campo dei disturbi visivi, ho qui raccolto una serie di riflessioni, suggerimenti e consigli pratici provenienti dal mondo della psicologia che, applicati alla rieducazione visiva, possono contribuire a migliorare il sentimento di integrità biopsicosomatica dell’essere umano. Senza mai dimenticare che prevenire è il miglior modo di curare!

Un altro obiettivo che mi sono posta – e che non do mai per scontato – è far comprendere e accettare la complessità delle pratiche dedicate al miglioramento della vista. Informare adeguatamente la persona sul progetto della cura migliora la compliance terapeuta/cliente/paziente.

L’importanza che qui viene data sia ai metodi di rilassamento sia alle tecniche immaginative nella cura di molti problemi visivi è confermata dalla mia esperienza. L’utilizzo di questi preziosi strumenti di riequilibrio psicofisico accompagnano la persona nel tentativo di gestire autonomamente non solo

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lo stress visivo ma anche molti altri sintomi di cui soffre, come ansia, insonnia, sbalzi d’umore o stanchezza, solo per citare i più comuni. Coltivare una visione rilassata Se avete deciso che è arrivato il momento di conoscere il linguaggio degli occhi perché avete un qualche problema di vista o perché vi siete procurati un paio di “occhiali con i puntini” (i rasterbrille tedeschi, ovvero gli occhiali stenopeici), o ancora perché dovete prepararvi a un intervento di chirurgia refrattiva o state facendo un training visivo, il mio consiglio è di affrontare la lettura di questo testo con spirito lieve e animo tranquillo. Non sentitevi costretti a “studiare”, ma cercate di creare un’atmosfera semplice, di calma e di quiete, come quella che si sperimenta durante la pratica del training autogeno o di altre metodiche di rilassamento psicofisico.

Lasciate libera la mente di provare piacere o disappunto in questa attività. Se la noia o la stanchezza o altre sensazioni sgradevoli si fanno sentire

lasciate perdere e dedicatevi a qualcos’altro che vi piace o vi appaga di più. Riprenderete la lettura in un altro momento, non appena ne sentirete il desiderio. Evitate dunque di costringere gli occhi a vedere cose che non hanno voglia di vedere: il rispetto di questa esigenza è più terapeutico che non costringere i vostri occhi, quindi la vostra mente, a fare cose che in un determinato momento il corpo non gradisce.

Approfittate di ogni occasione

per nutrire i vostri occhi di esperienze piacevoli,

coinvolgendo tutti i sensi.

Capirete che per vedere bene è importante sia la capacità di autorilassarsi sia la capacità di mantenere all’interno del proprio essere somatopsichico un flusso costante di calma e di quiete, qualunque cosa stiate facendo.

Ora provate ad ascoltarvi. Eseguiremo insieme un tracking del corpo. Ho introdotto questa espressione linguistica nella mia pratica clinica da quando ho iniziato la formazione in Psicoterapia Sensomotoria. Il tracking è la capacità di osservare se stessi con curiosità e amorevolezza, volgendo la nostra attenzione al corpo, ai pensieri e alle nostre e altrui emozioni. Significa mettersi in atteggiamento recettivo per osservare quello che accade spontaneamente nelle varie parti del nostro corpo: nella postura, nei movimenti, nella prosodia, nel volto, negli occhi e così via. Facendo tracking

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diventiamo consapevoli delle nostre abitudini. Come sarebbe possibile altrimenti cambiare qualcosa di cui non siamo consapevoli? Il lavoro con il corpo – nel caso specifico sugli occhi - ha proprio questo vantaggio, di portare l’attenzione su una funzione che diamo per scontata.

Esercizi e giochi visivi sono un’ottima palestra per lavorare con parti del corpo che spesso vengono trascurate. Potrete scoprire come utilizzate prevalentemente gli occhi, se muovete le palpebre mentre osservate un panorama, o se vi concentrate sui pensieri o su singole informazioni o se siete invece in grado di cogliere l’insieme della situazione. Inoltre, ascoltate le parole, il loro flusso, o siete portati unicamente a seguire lo stato emotivo? Riuscite a percepire più facilmente i movimenti del corpo, i piccoli gesti, le cognizioni o la respirazione?

I consigli di Pat Ogden sono veramente utili per prendere dimestichezza con il linguaggio del corpo e incrementare la capacità di stabilire un contatto pieno con i nostri occhi, nonché sviluppare empatia e comprensione nelle relazioni con gli altri. Ogni occasione della giornata può essere impiegata per fare tracking: mantenete uno stato di concentrazione leggera e usate la visione periferica, lasciate gli occhi liberi di muoversi, evitando lo sguardo fisso, mantenete una sensazione di leggera curiosità e interesse.

Sospendete ora per un attimo la lettura...

... rivolgete la vostra attenzione al corpo e prendete consapevolezza della sua posizione in questo preciso momento: come sentite le vostre gambe?... e come sono le braccia?… la fronte, com’è?... corrugata o liscia?!… e il respiro, com’è?… state respirando con il torace oppure con la pancia?… con gli occhi chiusi, quali parti del corpo sentite rilassate?… quali pensieri affiorano?… quali emozioni? …

Continuate a servirvi della vostra attenzione interna – ossia della vostra visione interiore – per esplorare le zone del corpo che percepite ancora tese, respirate lentamente e profondamente… mantenendo l’attenzione sul ritmo della respirazione.

Potete anche usare qualche immagine mentale per sciogliere le aree di tensione… Immaginate, come sperimentato nel relax, la calma come un’onda che scorre in tutto il corpo e accarezza dolcemente e delicatamente le parti rigide: cullate dal ritmo del respiro queste zone si ammorbidiscono... e ora dovreste sentire una piacevole sensazione di pesantezza agli arti oppure di leggerezza .

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Un’altra semplice immagine è quella in cui le parti del corpo contratte sono mentalmente rappresentate come chiazze di neve al sole: i suoi caldi raggi arrivano a sciogliere un po’ alla volta le tensioni, dolcemente e delicatamente, come una carezza, consentendo al corpo ormai rilassato ad assumere la sua vera forma!

Ricordate che non sarà facile liberarvi dal rumore dei pensieri. Dovete essere disposti ad accogliere anche loro, lasciandoli scorrere come un paesaggio che passa davanti a voi, imparate a lasciar fluire tutto ciò che “arriva”, senza soffermarvi a giudicare. L’importante è evitare di identificarsi con i propri pensieri. Se, per esempio, durante la meditazione vi sovviene di aver dimenticato un appuntamento o una scadenza, prendetene semplicemente nota, quindi tornate nel presente, focalizzatevi sulle sensazioni che provengono dall’essere qui a godere di voi stessi, tornate sul respiro che sale verso gli occhi e che ne massaggia delicatamente la base.

E se arriva qualche emozione inaspettata? Ricordatevi che le emozioni sono nuvole, osservatele quando arrivano e lasciatele scorrere, anche qui lasciar andare… come nuvole che vanno e vengono …

Lasciate che l’aria che entra dalle narici diffonda in tutto il vostro corpo un flusso di calma e di serenità che, come un fiume di tenerezza, avvolgerà dolcemente e delicatamente i muscoli e gli arti, il torace, il volto... e naturalmente gli occhi!

Sorridete ora… sollevate le palpebre, aprite gli occhi e con sguardo soffice riprendete pure a leggere le varie parole… Ogni tanto sollevate lo sguardo come per guardare lontano, oltre la parete che vi è di fronte. Consiglio sempre di svolgere le attività di studio o di lavoro in un angolo della stanza dove ci sia di fronte una finestra, così da poter staccare lo sguardo dal tavolo e dirigerlo verso punti lontani... verso l’infinito.

In questo modo eserciterete la messa a fuoco a varie distanze, oltre a rilassare gli occhi. È bene ricordare che guardare vicino mette in tensione i nostri occhi, mentre guardare lontano – cioè divergere lo sguardo rilassa la vista.

Un altro modo per rilassare gli occhi è quello di scorrere con lo sguardo (visione soffice) il contorno degli oggetti, senza fissare, cioè senza fermare lo sguardo su qualcosa di specifico per capire cos’è. Si tratta, semplicemente, di muovere dolcemente lo sguardo in varie direzioni come per sfiorare le varie forme oppure per godere dei colori presenti senza giudizio e senza ragionamento.

“Guardare per il gusto di guardare. Vedere per il gusto di osservare”.

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Riscopriamo la libertà del bambino che c’è dentro di noi per esplorare l’ambiente, per assaporare con curiosità le forme e gustare i colori che incontriamo con lo sguardo, uno sguardo disinteressato, o SORPRESO, APERTO, LEGGERO, SOFFICE … o semplicemente curiosamente VITALE!

Si tratta di scorrere con lo sguardo il panorama che ci circonda, come avere sulla punta del naso un pennello con cui seguire il contorno dei vari oggetti, senza fermarsi su qualcosa di preciso, senza vedere, cioè senza cercare di capire che cos’è.

Molti disturbi visivi sono la conseguenza dello sforzo che facciamo nel vedere. A cosa è dovuto questo sforzo?

VEDERE nell’intento di capire, giudicare, arrivare a tutti i costi a una conclusione.

Forse tutta questa fatica verrebbe meno se fin da piccoli fossimo abituati a

“vedere” dando valore alle informazioni che provengono anche dagli altri sensi, dal corpo, dal cuore, dalla consapevolezza delle nostre percezioni, espressione di divina intelligenza.

Questo modo di VEDERE focalizzato sui dettagli esercita l’attenzione, la volontà e il controllo, le qualità cognitive dell’emisfero sinistro. Ma, sulla base di quanto detto precedentemente, sono sufficienti queste abilità per vedere bene? O non è forse vero che questo modo di vedere mette l’organismo in stato di “stress”? Oltre a fornirci una visione “ristretta” della realtà, ciò implica uno sforzo attivo: “siamo tesi a...”, “finalizzati a...” emettere un giudizio!

Quanto sia negativo questo atteggiamento è ben descritto da Don Paolo Spoladore 8 del quale riporto una frase che esprime bene la funzione limitante dei giudizi, opera del nostro emisfero sinistro:

Quando la mente giudica al tempo stesso condanna, sentenzia, censura, deplora, riprova, denigra, biasima, critica, commenta, rimprovera, stronca, contesta, invalida.... Giudicare è inquinare il cervello biologico e deformare ogni idea serena di sé e della vita.

Poiché il nostro cervello conosce soltanto quello che è contenuto al suo

interno, la formulazione di un giudizio non corrisponde mai alla realtà.

8SpoladoreP.,Vienivia.Usiogope,Dolo(VE),2006.

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L’unica realtà per ciascuno di noi è la propria visione interiore. Anche quando ci arrabbiamo con qualcuno o ci infastidisce qualcosa, in realtà la sensazione che avvertiamo è la percezione che si crea all’interno di noi stessi, pertanto è possibile ritrovare l’armonia solo cambiando la nostra visione interiore.

La mente ha la stessa possibilità di giudicare la realtà,

quanto lo stomaco di digerire il libro delle ricette di cucina. (Don Paolo Spoladore)

Nel momento in cui si esercita un controllo con la mente sono coinvolte

non solo la muscolatura degli occhi ma anche altre parti del corpo, per esempio le spalle, la nuca, il torace..

Se questo stato non viene interrotto, lo stress diviene cronico e le errate abitudini mentali si fissano anche nel corpo. Occhi, postura, respirazione, insomma tutto il nostro corpo, sono “cassa di risonanza” dei nostri stati emozionali, esprimendo la condizione somatopsichica di tensione.

In questo stato è impossibile esprimere pace, gioia, armonia e amore. Bisogna pertanto innanzitutto rieducare il nostro organismo a distendersi mentalmente. Pacificare la nostra mente aiuta a schiarire la visione sfuocata, a illuminare il mondo confuso delle ombre e delle tenebre. Quindi:

per RE-Imparare a vedere bene bisogna accettare di vedere male!

Ognuno deve trovare la propria strada per raggiungere la luce. Lavorare

sugli occhi significa aprirsi alle possibilità della nostra mente di vedere chiaro. Vedere bene significa raggiungere una nuova visione, una diversa consapevolezza:

consapevolezza è stato di benessere psicofisico è visione rilassata Visione rilassata significa accogliere nel nostro campo visivo gli stimoli

luminosi, lasciarsi accarezzare dalla luce… lasciare che le immagini arrivino a noi, fare esperienza senza la pretesa di vedere tutto subito e ragionevolmente chiaro… accettare la confusione, la nebbia, il buio.

L’approccio sistemico nella cura degli occhi Nel riprendere in mano i miei vecchi studi sono rimasta sorpresa dalla modernità del “Metodo Bates”. William Bates è l’oculista americano che ha sempre sostenuto che “a mente rilassata corrisponde una visione nitida e chiara”.

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Le attuali ricerche di PsicoNeuroEndocrinoImmunologia (PNEI) e i contributi della Psicoterapia Sensomotoria tornano a sottolineare l’importanza del rilassamento, dei metodi antistress e delle tecniche immaginative nella cura di molte malattie. Trovo pertanto utile fornire ulteriori suggerimenti provenienti dallo studio delle moderne scienze neurobiologiche per aiutare a diventare sempre più recettivi e in grado di comprendere l’affascinante linguaggio degli occhi.

Il palming, per esempio, così come ci è stato indicato da Bates, si rivela un ottimo strumento per il riposo, per gli occhi e per il sistema nervoso, e se integrato con qualche altra strategia per rilassare la mente è un ottimo e attualissimo antistress per ridurre e prevenire le conseguenze dello stress visivo, oltreché migliorare il comfort visivo.

In particolare, per chi lavora molte ore al computer o svolge attività che impegnano la visione da vicino, il ragionamento astratto e le operazioni logiche – elementi ormai prevalenti nella nostra società lavorativa – o svolge incarichi che richiedono una continua tensione mentale e scarso movimento fisico (senza la possibilità di uno scarico energetico, come succede invece nelle attività artigianali e manuali), è il caso di concedersi ogni due ore circa una breve pausa…. di 5-8 minuti. L’interruzione favorirà un efficace recupero delle energie psicofisiche, eliminando la stanchezza mentale e la tensione dei muscoli oculomotori.

È confermato da studi e ricerche che chi usa il computer per molte ore va incontro a stress visivo perché l’occhio di fronte a un video si trova a lavorare in una condizione innaturale. L’occhio è l’organo della luce destinato a leggere forme illuminate e non forme luminose!.…Inoltre, l’atto di “fissare”, cioè concentrare lo sguardo sempre su uno stesso punto anziché alternare la visione da vicino e da lontano come accade nelle attività all’aria aperta, implica che i muscoli oculomotori si irrigidiscono producendo tensione mentale.

Le indicazioni che seguono sono particolarmente utili per gli occhi dei bambini e dei ragazzi che, con l’inizio della scolarità, si trovano impegnati in questo compito innaturale. Cerchiamo quindi di nutrire i loro occhi proponendo atteggiamenti salutari per “de-stressarli” dalla posizione statica che li costringe a convergere sempre alla stessa distanza e da vicino:

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In questo modo la visione si apre, perciò anche la mente diventa più recettiva, tutta la nostra personalità partecipa a questi movimenti e si espande per farci sentire collegati e connessi al presente. Ascoltate il vostro corpo e partecipate a questa sensazione di apertura e di scambio dentro/fuori anche con il respiro… inspirando ed espirando.

Alzate i gomiti dalla scrivania, inspirate, aprite il torace con un lieve movimento delle spalle e delle braccia che si aprono… per lasciare fluire il respiro… e guardate lontano.

Godete dunque di queste sensazioni: pensate e immaginate i raggi del sole come un’infinita fonte di vitalità ed energia che potete usare per ricaricarvi. Oppure, come ci suggerisce Laura Canepa, “percepite l’energia del sole come un balsamo benefico che protegge i vostri occhi”.

All’alba o al tramonto cogliete l’occasione per farvi accarezzare

dai deboli raggi del sole; tenendo le palpebre abbassate aiutate i vostri occhi a recepire i benefici fasci di luce, senza provare fastidio o irritazione.

Desidero far notare fin d'ora che gli esercizi appresi nei corsi servono innanzitutto a ritrovare e/o a riscoprire un nuovo modo di “vedere”. Come? Intanto ci orientano, ci stimolano a cercare nuovi modi di essere, di sentire, di vivere basati sul piacere di guardare e di osservare.

Sono veramente tanti i giochi visivi per riabilitare la vista e dinamizzare il sistema visivo.

Stretching fisico e mentale per adulti e bambini

v alzare ogni tanto lo sguardo e muovere i globi oculari ora a destra, ora a sinistra, in alto, in basso

v roteare i globi oculari in varie direzioni spostando la messa a fuoco in vari punti v guardare gli occhi dei compagni/amici/genitori, ammiccare e sorridere v guardare con tutti i sensi, le immagini, i sapori, gli odori, le sensazioni e i suoni v usare lo sguardo per esplorare l’ambiente con vivida

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Dopo una fase di pratica per imparare come si eseguono correttamente, dovreste arrivare a far vostro quell’atteggiamento contemplativo, rilassato e sereno e integrarlo nella vostra quotidianità.

Desidero sottolineare che non è sufficiente eseguire gli esercizi di ginnastica anche mezz’ora al giorno se poi il “nostro modo di vedere” resta immutato di fronte alle realtà della vita quotidiana. Il nostro relazionarsi con le emozioni e le impressioni – suscitate in ognuno di noi dagli innumerevoli stimoli provenienti dall’esterno – deve orientarsi verso una visione di accettazione rilassata!

Imparare a usare il tracking e la mindfulness durante la pratica dovrebbe servire ad apprendere una nuova modalità visiva e a sostituire le abitudini preacquisite ma inadeguate, con modalità più adattive, cioè nel rispetto della visione interiore.

Sottolineo infine una cosa molto importante che finora ho dato per scontata.

Gli esperti della rieducazione visiva affermano che tutti gli esercizi vanno eseguiti SENZA OCCHIALI e SENZA LENTI. Ma io sostengo che ogni scelta deve avvenire nel rispetto di se stessi, e che deve comprendere l’accettazione delle vecchie abitudini, delle corazze ora diventate scomode ma che sono state necessarie alla nostra evoluzione, alla sopravvivenza in situazioni di sofferenza quando il corpo aveva come unica risorsa se stesso. L’organismo ha posto in atto le risposte difensive provenienti dai programmi biologici determinati filogeneticamente, perciò ora dobbiamo lasciargli il tempo necessario per escogitare le opportune strategie di cambiamento.

Troverete sicuramente un compromesso tra le vecchie abitudini e il bisogno di sperimentarne di nuove. Ma tutto deve avvenire senza forzature, con naturalezza, solo quando vi sentite al sicuro.

Lo sguardo nella comunicazione Potrete ascoltarvi come vi sentite senza gli occhiali o le lenti. Sperimentatelo quando siete in casa, quando le condizioni oggettive ve lo permettono, quando vi sentite comunque protetti e potete realmente farne a meno, come ad esempio mentre chiaccherate con un amico, seduti in poltrona. Essendo gli occhi l’organo principale di contatto, siate pienamente consapevoli dello sguardo vostro e di quello del vostro interlocutore, sia che si tratti di un amico, del vostro partner o di uno sconosciuto con il quale parlate per la prima volta. Se proprio non sopportate di “vedere male”, avvicinatevi, e mentre parlate, osservate tutti i particolari del viso, dei capelli, delle spalle, del petto … ah! Se riuscite, ogni tanto, lanciate qualche occhiata per guardare negli occhi chi vi sta di fronte!… Non siate avari di sguardi, il miglior sorriso è quello fatto con gli occhi!

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Nel realizzare questo contatto, forse avvertite un certo timore o qualche imbarazzo. Sì, è buona cosa percepire quello che accade nel corpo, interiormente, ma è anche il caso di riflettere sul perché a un certo punto della vita il contatto coinvolgente di uno sguardo pieno e interessato sia diventato invece un momento di disagio. E sul perché ora vi ritrovate con la tendenza a evitare, anche fosse solo un’occhiata, che può arrivare dall’altro.

Recenti ricerche riportano che le esperienze traumatizzanti di abuso emozionale, di incomprensione, di mancata espressione di emozioni da piccoli comportano una distacco dallo sguardo per allontanare la sofferenze e il dolore. Gli occhi, specchio dell’anima, contribuiscono ad acquisire la consapevolezza dei propri stati interni e il collegamento con l’ambiente. Lo sguardo e il contatto oculare sono il canale comunicativo privilegiato del bambino piccolo per definire se stesso. Gli adulti che si prendono cura del bambino e che utilizzano lo sguardo, la voce confortevole e una postura rilassata inviano segnali di protezione e rassicurazione che calmano i sistemi di regolazione. Se questo non avviene, perché gli adulti in molti casi non sono in grado essi stessi di autoregolarsi adeguatamente, lasciano il bambino in balia delle strategie di difesa primitive (attacco, fuga, freezing).

Traumiconla“t”minuscola possonoesserecausatiall’incapacitàdeigenitoridirispecchiareadeguatamenteifiglinellevariefasidellosviluppobio-psico-affettivo .Adesempiomadridepresse,ansioseochenonsonoingradodisintonizzarsiconlostatod’animodelbambinosonopercepitedistantie/oassenti.

Nelprocessodicrescitaedimaturazionel’interscambiodisguardinellarelazionemadre-bambinoassumequindiunruoloimportantedistimolonellastrutturazionedelmondointernodelneonatoenelladefinizionesuccessivamentedeipropriconfinicomepersona.

Sintoniaedempatiafansentirealbambinolavicinanzadelgenitore

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La mancanza di un adeguato pattern di attaccamento – che deriva dallo

scambio energetico di sguardi di comprensione, gioia e altre emozioni positive – impedisce quindi lo sviluppo del substrato neurobiologico che regola i processi di regolazione dello stress e le sfide dell’ambiente. I disturbi della sfera oculare si manifestano per colmare la faglia della discontinuità tra i sistemi d’azione della vita quotidiana (coinvolgimento sociale attraverso la luce dello sguardo) e i sistemi di difesa determinati biologicamente per evitare la sofferenza traumatica.

“Il nostro sguardo è la prova di cui l’altro ha bisogno per avere la dimostrazione che continua a essere vivo”. Per un bambino “essere visto” significa “esistere”.

Pertanto la chiave di un cambiamento nell’organizzazione di programmi neurofisiologici disfunzionali è rappresentata dal concetto di neuroplasticità. In pratica, è rassicurante ipotizzare che esiste la possibilità di cambiare e che grazie alle nuove interazioni sociali possiamo apprendere modelli di funzionamento salutari. La relazione terapeutica è l’esempio più efficace di relazione interpersonale bidirezionale che permette di modificare la regolazione neurale degli stati affettivi.

Migliorarelavistaèpossibilemigliorandolapropriavisioneinteriore!

La vista come metafora Accettare di correggere un difetto di vista significa correggere un modo di pensare sbagliato, eliminare abitudini e schemi ai quali siamo orgogliosamente legati, ma che sono una barriera nel percepire chiaramente

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la realtà. Accettare tutto questo e riuscire a individuare le ombre che oscurano i progetti della nostra anima costituisce un traguardo di cui andar fieri! Invece di continuare rigidamente a pensare che non si può far nulla, avete la possibilità di sperimentare il piacere di assumervi la responsabilità del vostro modo di essere e di impegnarvi nel cambiare il sistema di information-processing del vostro cervello.

Si tratta di un cambiamento che offre la possibilità di uscire dallo stato di insicurezza e di impotenza che porta a vivere di rinunce e che sminuisce il vostro coraggio e la vostra autostima. Coraggio e autostima che invece possono aumentare e rafforzarsi affrontando con determinazione certe paure.

Ovviamente è un percorso che non va fatto da soli, ma accompagnati da professionisti esperti e che offrono le risorse per affrontare tali cambiamenti.

Re-imparare a vedere è un processo graduale di crescita e di cambiamento che coinvolge non soltanto l’occhio ma la personalità globale. Consiste, secondo Jampolsky:

... nel lasciar scivolare via il passato con tutte le sue paure che manteniamo vive prolungandole al presente e al futuro….. Sono i nostri pensieri a costruire il mondo di cui abbiamo esperienza, e allora possiamo cambiarli. Se cambiamo il nostro modo di pensare, verosimilmente cambieremo la causa e di conseguenza il mondo come noi lo percepiamo. L’effetto cambierà automaticamente.

Noi stessi siamo responsabili del nostro modo di vedere. Questa considerazione non deve farci sentire in colpa ingiustamente, ma deve costituire lo sprone a diventare artefici del nostro destino.

Un cammino non facile da realizzarsi, difficile, ma NON IMPOSSIBILE! Conoscere meglio la vista e le sue connessioni con il resto della personalità

e prendersi cura di questa prodigiosa funzione con esercizi per il corpo e per la mente aumentano la consapevolezza delle emozioni, degli stati d'animo e degli atteggiamenti che influenzano la capacità visiva. Conoscere e comprendere le abitudini disfunzionali è pertanto la prima tappa per correggere le abitudini inadeguate.

Personalmente ritengo che la rieducazione visiva sia un percorso che non può non tenere conto della stretta correlazione tra mente, occhio e corpo. Pertanto, dobbiamo sì impegnarci nella corretta e costante applicazione di esercizi visivi per mobilizzare i muscoli del volto e degli occhi, ma tutto ciò prepara le condizioni per potersi guardare dentro.

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Il panorama più bello

si vede aprendo

il cuore all’anima.

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Che cosa vuol dire vederci chiaro? Perché è importante conoscere il linguaggio degli occhi? La vista come metafora ci permette di cogliere il significato dello sguardo e l’importanza del contatto visivo nelle relazioni con gli altri. Pensiamo ai nostri occhi quando ci danno fastidio perché sono secchi, quando bruciano perché sono arrossati, quando lacrimano per il raffreddore, o per una qualche forma di allergia, ma normalmente il vedere, lo sguardo, sono atti involontari che stanno al di sotto della soglia della coscienza e non ci angustiamo se non appunto quando qualcosa offusca l’orizzonte vicino o lontano.

È anche vero che una parte dell’estetica femminile si occupa degli occhi, e le donne fin da ragazzine amano truccarli, usano ombretti colorati, per renderli brillanti, luminosi, attraenti, seducenti!

In verità, queste magiche sfere luminose sono pronte a captare qualsiasi cosa vibri accanto a noi per trasmetterlo al cervello, che a sua volta elabora ogni microscopico e invisibile segnale. La vista – o meglio la visione – di un qualcosa dà sempre origine a una catena di reazioni biochimiche, che a cascata interessano tutto il corpo e i comportamenti.

Ma quale visione determina questa catena di reazioni bioumorali, fisiologiche e comportamentali?

Più volte ho in questo testo ribadito che la maggior parte di noi pensa che vedere significhi rappresentare “quello che sta fuori e riuscire in tal modo a sfuggire al pericolo”!

La vista come metafora è l’espressione scelta per dire che “se il difetto visivo sta a indicarmi la necessità di escludere quello che sta fuori per vedere invece quello che c’è dentro di me”, qui allora inizia la nostra avventura di professionisti della visione, consistente nel diffondere il compito di stimolare, attivare, educare i nostri pattern interni, usare i nostri sensi per scoprire luce, colori, sentimenti, emozioni, dipingere stati d’animo per creare una visione d’insieme appagante.

v Se lo sguardo indica la direzione … in quale direzione sta andando la mia vita?.....

v Sono veramente convinto/a delle scelte che sto facendo?

Quante volte invece le scelte che facciamo sono indotte dal timore di affrontare certe nostre paure o situazione che ci fanno soffrire, o ancora per evitare qualcosa che ci spaventa?

Bene, ora che avete capito l’importanza del percorso che qui stiamo facendo, consapevoli della distensione e del piacere che ne deriva, non dimenticate che potrete “vivere” tutto questo non solo nei momenti dedicati al relax, ma anche quando mangiate, quando camminate in mezzo al

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traffico, al lavoro, quando fate l’amore, quando siete alla guida, quando chiacchierate a tavola ecc. ... Gioia e serenità liberano la mente da ogni tensione e la visione migliora. Contemplate tutto ciò che vedete! Sentitevi liberi di ridere, di scherzare, di arrabbiarvi, capaci di amare e anche di odiare.

Fortunatamente l’anima ha un interprete spesso inconscio

e tuttavia fedele, nell’occhio. (Charlotte Brontë)

La visione è una funzione psicocorporea particolarmente duttile perciò

educabile. La vista esprime a livello somatico il nostro modo di relazionarsi con il

mondo. Apriamo fiduciosi le “finestre dell’anima” per far uscire inutili tensioni e incominciamo ad apprezzare l’importanza dei nostri occhi nello svelarci i segreti della nostra personalità.

Quando una parte del nostro corpo si ammala ci comunica che ha bisogno di cure e attenzioni, quindi siate amorevoli e generosi, dedicatevi del tempo. Fate sì che alla fatica segua il riposo, all’eccitazione la scarica della tensione, così come sono i ritmi dell’universo: al buio segue la luce, al giorno segue la notte, la luna lascia posto al sole; tutto ciò diventa un modo per mettersi in contatto con gli elementi della natura, con l’energia vitale che scorre dentro all’essere umano (microcosmo) e l’energia universale (macrocosmo). L’esercizio shiatsu chiamato “le cinque trasformazioni” – che unisce lo stiramento dei meridiani collegati ai principali cinque elementi della natura (acqua, terra, fuoco, aria, metallo) ai movimenti e alla respirazione – può essere un ottimo allenamento psicofisico per armonizzare corpo-mente-occhi.

Gli occhi sono fatti per vedere! Tutto quello che i vostri occhi sono capaci di vedere merita di essere

percepito; questo vale anche per le cose sgradevoli e “brutte”. In fondo, io credo, non veniamo al mondo per giudicare, ma per fare

esperienza! L’humus del bosco si arricchisce anche per la presenza di funghi velenosi, così come la presenza di animali selvaggi e feroci contribuisce all’equilibrio ecologico: la semplice conoscenza di queste specie è sufficiente per difendersi senza subire alcun danno.

Gli occhi sono stati creati per conoscere la realtà che ci circonda; lasciamoli quindi liberi di vedere, cioè di esplorare dinamicamente il mondo che ci sta intorno senza paura di incontrare la sofferenza e il dolore.

Accettare la vita con il suo divenire significa accettare l’evoluzione che avviene attraverso i cambiamenti, in ognuno di noi.

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Uno stile di vita rigido e noioso comporta una visione limitata della realtà, nuoce alla nostra vista, e di conseguenza il nostro campo visivo si restringerà sempre di più con il rischio di vedere sempre peggio.

Come suggerisce Libermann, ampliare la propria consapevolezza, arricchire la nostra vita, allargare i nostri orizzonti con le più svariate esperienze psicosensoriali soddisfacenti, è la via migliore per ampliare il proprio campo visivo e quindi migliorare la nostra vita.

Vedere è un atto dinamico e creativo.

Imparare a vedere vuol anche dire imparare a gestire l’effetto che certi

stimoli hanno nel nostro organismo. L’occhio è l’organo di senso deputato alla ricezione dei messaggi

provenienti dal mondo esterno, una funzione che viene definita passiva, ma non è esattamente così.

La visione periferica (in questo caso intendo: globo oculare e annessi) è in realtà una parte della complessa funzione visiva, solo una componente della visione.

L’interpretazione delle immagini avviene a livello corticale e prevede un’azione dinamica nel dirigere l’attenzione, per esempio per mettere bene a fuoco il particolare che ci interessa. Anche il lavoro di selezione e riconoscimento e l’attribuzione di significato agli stimoli sono funzioni, responsabili della qualità dei nostri pensieri e del nostro modo di vedere e, pertanto, comportano un impegno attivo e soprattutto creativo.

Bonfanti nel suo libro “Il mondo creativo del colore” scrive:

Nella percezione visiva non abbiamo a che fare con la sola percezione dei sensi. Qualsiasi stimolo percettivo richiama interiormente un pensiero o un concetto. Questo permette di riconoscere quanto viene percepito poiché la pura percezione (senza che sia accompagnata da pensiero) è di per sé indeterminabile. Mediante il pensiero le percezioni divengono coscienti.

La luce, energia invisibile, stimola tutti i processi vitali. La percezione

della luce conferisce struttura, risonanza, movimento, pensiero alla realtà che ci circonda.

L’arte di migliorare la vista si rivela nell’interazione armonica tra manifestazioni sensibili, attività di pensiero e azione, elementi che contribuiscono a caratterizzare la nostra personalità.

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Scrive ancora Bonfanti: “il creare dell’uomo deve maturare con l’esperienza per cogliere la risonanza emotiva e l’identità tra contenuto espressivo e il mezzo dell’espressione”.

Studiando il colore ci accorgiamo quanto la qualità della vita sia la viva risonanza tra emozione e colore percepito. Basti pensare alle numerose e diverse qualità sensoriali (duro, pallido, forte ecc.) che ognuno di noi attribuisce a una medesima tonalità di colore.

È per questo che vi esorto costantemente a dar spazio alle svariate espressioni psicosensoriali soggettive delle emozioni e a prendere consapevolezza di eventuali difficoltà o blocchi in tal senso.

Ma prima di passare ad altri esercizi osservate la tabella colorata che segue e soffermatevi su ciascuna “voce” meditando sulla parola e sul colore. Io mi sono divertita ad associare le caratteristiche descritte da ciascuna espressione (che richiama molti concetti del metodo Bates) utilizzando un particolare colore che riflettesse la tonalità affettiva più adatta al concetto espresso.

Divertitevi anche a voi! Mettetevi in atteggiamento di mindfulness e soffermatevi sulle azioni riferite alle qualità psicosensoriali della visione riportate in questo schema. Focalizzate l’attenzione sulle sensazioni e sulle emozioni che suscitano all’interno di voi stessi.

Leemozionisonoleespressionieicoloridellavita.Sidevepoterleguardare,perapprezzarle;

masideveanchepoterlesfumare,affinchésianopiùvariateepiùdolci.

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Le qualità psicosensoriali della Visione

Cause stress visivo

Rilassamento

TENSIONE

LASCIAR FLUIRE

CONTROLLO ABBANDONO FIDUCIOSO

SFORZO ACCETTAZIONE AMOREVOLE

FISSAZIONE ESPLORAZIONE LIBERA

RIGIDITÀ FLESSIBILITÀ

STATICITÀ MOVIMENTO

PREGIUDIZI PENSIERO CREATIVO

Funzioni da coltivare

DELINEARE SGUARDO FLESSIBILE

BLINKING CONTATTO CON LO SGUARDO

BREATHING APRIRSI ALLA VITA

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Lo stress visivo: paura di “sentire” Credo sia facile intuire a questo punto perché negli anni duemila stiamo parlando di stress visivo. Vivendo in un contesto in cui dobbiamo quotidianamente saper interpretare ed escogitare strategie mentali e comportamenti per adattarci all’ambiente in cui viviamo, il nostro cervello viene sottoposto a innumerevoli e talvolta stressanti sollecitazioni.

La natura ci ha dotato di meccanismi di evitamento e di fuga o di attacco a cui ricorrere quando dobbiamo affrontare uno stimolo spiacevole. Disporre di una di queste difese può tranquillizzarci mentalmente, ma il non vedere, il fuggire con lo sguardo dalle situazioni scomode e fastidiose, può inibire o distorcere alcuni meccanismi coinvolti nella funzione visiva con la possibile conseguente limitazione della nostra vista.

Come spiega Zencovich nel suo libro “Anche un miope può guarire”, “l’impossibiltà di sottrarsi per mezzo della fuga potrà essere sostituita da un desiderio di diventare invisibile, oppure di cancellare la realtà sfumandone i contorni…”.

Gli occhi vengono così usati per nascondere le emozioni, per trattenerle… non vedere per non essere visti….

La “messa a fuoco” è un processo che, sul piano neurofisiologico, avviene facendo lavorare sinergicamente il sistema nervoso simpatico e il sistema nervoso parasimapatico, alternando in maniera armonica atteggiamenti di ricezione passiva e di ricerca attiva nel punto della retina più sensibile a raccogliere le stimolazioni indispensabili alle aree della corteccia per formare delle immagini nitide.

Pertanto, se desideriamo migliorare la nostra vista, dobbiamo innanzitutto sentirci profondamente liberi, così che i nostri occhi possano liberamente orientarsi verso tutti gli stimoli luminosi, interpretando e selezionando ciò che la mente ritiene utile o adatto per sé in quel determinato contesto, nel profondo rispetto della nostra anima.

Purtroppo il bagaglio di informazioni che abbiamo interiorizzato nella nostra esperienza e, non solo, quello che ci viene trasmesso epigeneticamente a livello di trasmissione transgenerazionale, anche se non viene percepito volontariamente influenza gli occhi che, in mancanza di pattern appropriati si trovano costretti ad aderire a schemi o valori provenienti dal passato, ma distanti dalle potenzialità interne.

Imparare a vedere significa imparare a vedere il paesaggio dell’anima. Dobbiamo perciò creare sentieri per raggiungere il cuore, dare al cuore il potere di decidere. La mente suggerirà il mezzo!

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Nuove riflessioni e nuove ipotesi sul significato dei difetti di vista (miopia, astigmatismo, ipermetropia, strabismo, presbiopia) Come più volte riportato in questo testo, le esperienze passate contribuiscono al mantenimento di schemi e convinzioni limitanti, ma il nostro cervello è plastico e la nostra mente è predisposta a relazionarsi e a sintonizzarsi con gli altri per autoregolarsi.

Questa parte del cervello (il cosiddetto cervello rettiliano, sede degli istinti primari), alla presentazione di qualsiasi stimolo considerato pericoloso, agisce istintivamente e velocemente. E reagisce non solo alla minaccia, ma anche al solo rischio di minaccia, che è sufficiente a scatenare una serie di reazioni fisico-chimiche di attacco o di difesa.

Ritengo che la nostra visione dipenda ancora fortemente dal cervello più primitivo che nel tempo ha creato schemi di funzionamento neuropsichico che diventano pensieri, azioni, comportamenti alimentati dalla continua interazione tra caratteristiche biologiche e psicologiche. Infatti, per comprendere la reazione emotiva di un’altra persona al dolore abbiamo bisogno di una rappresentazione della spiacevolezza dello stimolo, non delle caratteristiche sensoriali dello stimolo.

Questa rappresentazione è quindi disaccoppiata dalla stimolazione sensoriale proveniente dal mondo esterno. Una simile rappresentazione disaccoppiata è stata postulata per spiegare le capacità di “mentalizzare”, ovvero di capire i pensieri, le convinzioni e le intenzioni degli altri (per un approfondimento rimando al lavoro di Frith U. e Frith C.D., Development and nurophysiology of mentalizing, Philos. Trans. R. Soc. Lond. B Biol. Sci., 358: 459-473, 2003). La nostra capacità di metterci in sintonia con gli altri sembra dunque essersi evoluta dal sistema che rappresenta gli stati corporei e le emozioni soggettive.

La necessità dell’occhiale, che metaforicamente rappresenta una dipendenza, permette una sorta di ristrutturazione cognitiva. Le lenti rappresentano “le lenti della mente”, smorzano il sovraccarico di stimoli, fungono da filtro nel processo di elaborazione delle informazioni provenienti dall’interno e dall’esterno. Ecco perché la stessa correzione ottica non produce lo stesso grado di comfort in persone diverse.

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Interpretazione psicosomatica dei disturbi visivi La paura di aprirsi e di manifestare la propria autonomia porta per esempio il miope ad aderire quasi passivamente a schemi prefissati da altri, alla volontà dei genitori o di altra persona autorevole esterna al nucleo familiare, senza ribellarsi. Compie uno sforzo immenso nell’evitare di lasciarsi andare ai propri impulsi per timore di venire attaccato internamente o addirittura rifiutato. Un consiglio prezioso per un miope è di accettare di correre il rischio di essere rifiutato.

All’astigmatico suggerisco caldamente di imparare ad accettare la realtà per quella che è e il confronto con gli altri, e di rinunciare di formulare dei giudizi basandosi esclusivamente sulle proprie sensazioni.

v I tuoi occhi ti appartengono, la tua vita ti appartiene. Devi

sentirti protagonista della tua vita. v Gli occhi sono lo strumento del nostro essere, del nostro

cervello: cercano attivamente ciò di cui abbiamo bisogno, dentro e/o fuori di noi.

v Pensa di essere come il girasole che si orienta verso ciò di cui ha bisogno: lui verso la luce del sole, tu verso la realtà!

Sentitevi quindi in ogni momento “registi” della vostra vita. Se avete dei

dubbi o non riuscite a sentirvi liberi, rivolgetevi a chi può aiutarvi ad acquisire fiducia nelle vostre possibilità di cambiare e a ottenere più soddisfazioni nella vita, liberandovi da inutili condizionamenti che spesso limitano la realizzazione personale.

La cura e il benessere degli occhi: che fare? Nell’ultimo ventennio le scienze neuropsicologiche hanno fatto notevoli progressi nella conoscenza di alcuni processi che caratterizzano la visione nell’uomo. Ciò ha reso possibile sfruttare delle metodiche psicologiche che, se adeguatamente utilizzate, sono in grado di migliorare la nostra performance visiva. Riassumo pertanto qui brevemente le tappe principali e gli obiettivi di un tipico percorso terapeutico, da effettuarsi in gruppo o individualmente, per affrontare taluni disturbi della vista (miopia, astigmastismo o altre patologie oculari) con un moderno approccio biopsicosomatico orientato a prendersi cura del benessere della persona e non solo del deficit visivo riscontrabile.

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Nessun organo può fare a meno di esercizio, lo stesso è vero per ogni facoltà interiore.

Fa uso del sentimento, coltiva la speranza, ravviva l’entusiasmo, mantieni tutta l’anima attiva se non vuoi

che qualche sua fibra divenga spessa e rigida (Amiel)

La metodologia dell’intervento prevede un Itinerario Terapeutico (di gruppo o individuale) che ha la finalità di dinamizzare quei processi mentali che, interagendo armonicamente tra loro e con il resto della personalità del soggetto, gli consentono di mettere bene a fuoco le immagini e contemporaneamente di ampliare il suo campo visivo.

Arriveremo praticamente a conoscere la costante sinergia presente tra “gli occhi fisici” e “gli occhi della mente” e rifletteremo altresì su come la luce insufficiente renda difficile la vista e su come, nella stessa misura, “il nervosismo” e “l’ansia” rendano problematica l’attenzione e influenzino sia la visione che la percezione delle immagini mentali.

Pur tenendo conto dei presupposti del metodo Bates, e in particolare dell’affermazione che uno stato di tensione cronica è la causa di tutti i disturbi visivi, daremo maggior enfasi al rilassamento psicofisico e all’ascolto del respiro.

Qualche volta sarà necessario utilizzare anche la musica e le visualizzazioni guidate per creare quel “colore” e quel “calore” che solo un’armonia di suoni può offrire.

Il soggetto sarà invitato a scrivere in un protocollo i vissuti somatici e psichici che caratterizzano le sue esercitazioni a casa. Partiremo così dall’esperienza pratica, per trasformarla in consapevolezza … ed entrare gradualmente in contatto con la propria intimità.

Sulla base del ragionamento scientifico, quando la vista non è perfetta le cause vanno ricercate in un deficit in una delle aree coinvolte nella funzione visiva, precisamente quelle riguardanti la coordinazione senso-motoria, la comprensione e l’elaborazione a livello cognitivo degli stimoli e delle reazioni emozionali, per citare gli aspetti più importanti. Ma anche l’esperienza, cioè gli stimoli ambientali, contribuisce a forgiare delle catene sinergiche, ovvero ad alimentare certi circuiti neurofisiologici, come accade per altre abilità.

La funzione visiva non è né un organo né un tessuto, ma si sviluppa come qualsiasi altra attitudine…”Vedere è come andare in bicicletta…” – scrive Roncagli – “quando da bambini abbiamo imparato ad andare in bicicletta senza sostegno non è stato per merito di un particolare sviluppo fisico ma perché abbiamo imparato ad associare le funzioni fisiologiche a quelle mentali”.

Ascoltare e comprendere il linguaggio dei nostri occhi: quali stati d'animo, paure, emozioni intense contribuiscono a distorcere, offuscare, sfuocare le

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immagini che riceviamo dall’ambiente? Riuscire a capire ciò che disturba la nostra psiche, ciò che interviene ad annebbiare la vista. Creare un intimo dialogo con noi stessi, entrare in contatto con i nostri desideri e con le nostre aspettative usufruendo della guida di uno psicoterapeuta attento e sensibile di cui ci fidiamo e soprattutto con cui ci sentiamo liberi di esprimerci spontaneamente.

Le cure naturali Sono grata alla Psicoterapia Immaginativa che, grazie allo scenario simbolico immaginativo, permette l’azione e l’integrazione a livello simbolico delle principali attitudini sensoriali – impressioni visive, olfattive, tattili, cenestesiche e uditive – con le cognizioni e le sensazioni somatosensoriali.

Negli anni ho messo a punto il seguente itinerario terapeutico, un approccio multidisciplinare con la finalità di realizzare una migliore integrazione funzionale tra occhio e cervello. In sintesi comprende:

v Una corretta igiene visiva (postura, uso di video ecc.). v Apprendimento di metodiche di autorilassamento per favorire la quiete

mentale e la concentrazione attenuando gli sforzi e le tensioni. v Ginnastica oculare ed esercizi psicomotori per mobilizzare i muscoli

degli occhi e del volto. v Metodo Bates insegnato da un’ortottista od optometrista dopo

un’adeguata analisi visiva e posturale. v Colloquio introspettivo, tecniche di visualizzazione per stimolare

memoria, attenzione, immaginazione e altre funzioni mentali e psichiche.

v Psicoterapia Immaginativa per comprendere il linguaggio degli occhi. v EMDR (Eye Movement Dssensitization and Reprocessing) per la

risoluzione di traumi e la riprogrammazione somatosensoriale. v Psicoterapia sensomotoria per migliorare i processi integrativi tra

sistemi biologici e sistemi di azioni più raffinati ed evoluti.

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I rimedi naturali Un adeguato programma di rieducazione visiva si struttura tenendo conto della personalità e delle caratteristiche funzionali del soggetto.

Va vissuto come un momento di gioco distensivo per provare o far provare al nostro corpo, in particolare ai nostri occhi, le varie modalità espressive psicosomatiche utili a mobilizzare non solo i muscoli oculomotori ma anche quelli del volto e di altre aree fisiologiche coinvolte nella visione.

Se i suggerimenti qui riportati non vi soddisfano, liberate le vostre energie creative e la vostra fantasia. Approfittate per dedicare del tempo a voi stessi ed elaborate una vostra sequenza personalizzata: in questo modo sarete voi stessi a stimolare il potere di autoguarigione presente in ognuno di noi.

Cercate di seguire il programma desiderato con tutto l’amore di cui siete capaci, felici e soddisfatti di prendervi cura di voi e del vostro corpo.

Durante l’esecuzione degli esercizi è naturale provare lacrimazione, bruciore o altre sensazioni psicofisiche in altre zone del corpo, perciò sarà utile annotare ciò che accade nel protocollo da consegnare al professionista in occasione dei controlli periodici.

Ascoltate il vostro corpo … registrate mentalmente le sensazioni che esso vi invia … abbandonatevi a voi stessi …. abbiate fiducia nell’intelligenza biologica insita nell’essere umano … tutto deve avvenire con naturalezza … senza sforzo.

Il segreto non sta nel rincorrere le farfalle, ma nel prendersi cura del proprio giardino, affinché esse vengano a voi. (Mario Quintana)

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APPENDICE

Consigli pratici Procuratevi un calendario o un poster con varie forme e lettere per esercitarvi nella messa a fuoco a varie distanze. Situatelo in un luogo della casa facilmente accessibile per averlo a “portata d'occhio” e quindi esercitatevi ogni volta che avete tempo e voglia.

Sarà interessante verificare le continue fluttuazioni della vostra acuità visiva… Questo vi aiuterà a comprendere tutto ciò che migliora la vostra vista e tutto ciò che contribuisce al suo peggioramento.

Imparerete, così, a riconoscere quali circostanze della vita vi rendono tesi e inquieti, e quali stati d'animo procurano invece un effetto benefico ai vostri occhi.

Esercizi psicomotori

• Spalancare e richiudere gli occhi: spalancare al massimo gli occhi sollevando le palpebre e le sopracciglia, estendendo bene i muscoli. Poi chiuderli stringendo le palpebre; alternativamente prima uno poi l’altro occhio per 10-15 volte di seguito.

• Espressione di sentimenti e di emozioni: i muscoli del viso hanno una conformazione assai complessa e peculiare proprio per poter esprimere l’infinita gamma di affetti umani. Spesso questo intreccio complesso e articolato viene rallentato dall’incapacità di rappresentare gli svariati stati d'animo. Mobilizzando il vostro corpo potrete ridare vitalità ed elasticità ai vari distretti muscolari. Molti giochi – per esempio, simulare la tigre, il gatto, il coniglio, o quanti altri ve ne vengono in mente – aiutano a manifestare rabbia, felicità, tristezza, allegria, paura. Potete fare questo gioco da soli allo specchio, o in compagnia così chi vi è accanto vi aiuterà a prendere consapevolezza se le vostre maschere sono tutte uguali. Molte persone invitate a provare manifestano disagio o vergogna: io vorrei rassicurarvi, sollecitandovi semmai a preoccuparvi di essere incapaci di lasciar apparire (far vedere) i veri sentimenti e le vostre emozioni!

• Ogni tanto divertitevi a fare delle smorfie: muovendo tutti assieme i muscoli del volto non solo andrete a tonificare e a rendere più elastica la pelle del viso, ma anche i vostri occhi si sentiranno più liberi di muoversi percependo le zone circostanti piacevolmente rilassate.

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Palming9

Il palming è un esercizio semplice per rilassare profondamente gli occhi. È utile praticarlo alla fine di ogni altro esercizio o come pausa profilattica durante la giornata.

Appoggiando i palmi delle mani sugli occhi chiusi il campo visivo dovrebbe diventare uniformemente nero, ma per chi ha problemi di vista spesso nel nero appaiono macchie colorate, ombre e aloni. Questo significa che la mente è carica di tensione.

L’attenzione va rivolta al respiro: ascoltare l’aria che entra e che esce aiuta ad assopire i pensieri e a rilassare la visione.

Quando durante il palming il campo visivo si sarà stabilizzato sul nero, potrete immaginare paesaggi colorati, cielo, nuvole e altre scene piacevoli oppure lasciare che emergano spontaneamente nuove forme.

Lasciate gli occhi liberi di seguire ciò che immaginate o che spontaneamente appare.

Il palming può essere eseguito anche solo per pochi minuti oppure prolungato per un quarto d’ora e più. Procedete come segue:

• Strofina le mani una contro l’altra per caricarle di energia e

incrociale sugli occhi chiusi. • Appoggiale a coppa senza premere sugli zigomi, in modo da

sostenere il peso della testa. • Rilassa il collo, le spalle, la schiena e la fronte. • Respira profondamente e ascolta il calore che senti sugli occhi

con senso di cura e protezione. • I pensieri si assopiscono e pian piano la visione diventa

uniformemente nera. Assapora il silenzio. Gli occhi sono liberi di seguire le forme e i colori della fantasia.

Sunning Il sunning, cioè l’esposizione degli occhi al sole, favorisce il drenaggio dei liquidi contenuti nella cavità oculare e attiva, mediante gli stimoli che la luce invia alla retina, l’asse retina-ipotalamo-ipofisi.

9La descrizione del “Palming” e del “Sunning” è tratta dal Manuale illustrato del corso in videocassetta curato da P.L. Lattuada, La Casa del Sole.

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Puoi eseguire questo esercizio per pochi minuti e poi riprenderlo,

preferendo la luce dell’alba o del tramonto. Se questo non ti è possibile, puoi utilizzare una lampada alogena o una lampadina da 150 watt.

Il sunning, secondo Bates, è un esercizio di apertura e di fiducia. Procedere come segue: • Esponi gli occhi chiusi alla luce del sole muovendo lentamente la testa da

destra a sinistra e viceversa, e poi dall’alto verso il basso e dal basso verso l’alto;

• Respira in modo ampio… lento… e profondo. Ascolta il calore che accarezza le palpebre e immagina i raggi luminosi che come un balsamo proteggono profondamente i tuoi occhi occhi (per qualche minuto), poi chiudi in palming.

Note per una corretta esecuzione delle tecniche di rilassamento Scegliete un luogo tranquillo della casa dove i rumori giungono attenuati e dove vi sentite a vostro agio. Evitate di essere disturbati; può essere utile staccare il telefono, avvertire chi abita con voi che avete bisogno di isolarvi per almeno un quarto d’ora.

Indossate abiti comodi, slacciate cinture o cravatte, toglietevi le scarpe, diminuendo o meglio eliminando ogni causa che possa darci fastidio (compresa la necessità di recarsi in bagno!).

Illuminazione soffusa, temperatura mite, e se è inverno coprirsi con un plaid o una coperta leggera.

Il momento più adatto al relax è quello che rispetta i vostri ritmi quotidiani. L’unica eccezione è quella di evitare gli orari vicino ai pasti principali.

Praticare il relax possibilmente sempre alla stessa ora poiché l’organismo apprende più in fretta se gli si dà un ritmo regolare. La sera prima di

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dormire può facilitare l’abbandono graduale al sonno (in tal caso non si esegue la ripresa – vedi oltre).

La posizione ideale è quella supina che prevede la testa in asse con il tronco, le braccia leggermente flesse rispetto al corpo (dovrebbero formare un angolo di 120° con il tronco), le mani rivolte verso l’alto o appoggiate al materassino con le dita leggermente arcuate, le gambe divaricate leggermente a “V” e le punte dei piedi che ricadono all’infuori.

Se decidete di utilizzare una poltrona, fate in modo che la nuca sia appoggiata alla spalliera, le braccia leggermente flesse con i gomiti che appoggiano sopra i braccioli e le mani che cadono rilassate sulle cosce, le gambe divaricate che poggiano dolcemente sui piedi.

In pratica va assunta una postura che permetta un rilasciamento muscolare e una facile respirazione.

La ripresa è la fase finale del relax. Permette il graduale passaggio dallo stato di inattività e di torpore al recupero del normale tono muscolare delle nostre attività fisiologiche. Attenzione! Alla sera, prima di dormire, alla fine del percorso distensivo, questa fase NON è prevista. Dovete semplicemente assumere la posizione nella quale siete abituati ad addormentarvi.

La ripresa tonica al mattino o nel pomeriggio conferirà al nostro corpo, rigenerato dal rilassamento, una sferzata di energia e vitalità. Consiste nel flettere e stendere gli arti superiori e poi quelli inferiori, prima lentamente poi sempre più energicamente (come fanno gli animali al risveglio), quindi si passa a stendere la schiena. Si conclude con uno slancio vitale: inspirare e portare le mani verso il petto, poi espirare aprendo le braccia a cerchio emettendo il suono “aaaaahhhhh” (2 o 3 ripetizioni).

Aprite gli occhi solo durante l’ultima espirazione e contemporaneamente distendete gli avambracci lungo il corpo.

Rilassamento e respirazione Attraverso il rilassamento permettiamo al nostro corpo di esprimere la sua naturale capacità di star bene. Corpo e mente rilassati trasmettono distensione anche agli occhi.

Durante il corso particolare importanza è stata data alla respirazione. In tutti gli esercizi è importante avere consapevolezza del ritmo del proprio respiro affinché sia aperto e profondo.

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La tensione, la preoccupazione o l’eccessiva attenzione fanno trattenere l’aria inspirata, limitano l’apporto di ossigeno e influenzano negativamente anche la salute dell’occhio.

I movimenti respiratori di espansione e di contrazione costituiscono l’essenza stessa del processo vitale, sono come un’onda che inizia dalla profondità del bacino e si spande in tutto il corpo. (P.L. Lattuada)

Sfruttiamo piacevolmente l’effetto miorilassante della respirazione,

ascoltando l’aria che entra e che esce… e abbandoniamoci alle sensazioni di benessere: • rilassa la mandibola e socchiudi la bocca, la lingua è appoggiata agli

incisivi inferiori • metti una mano sulla pancia e porta la tua attenzione al ventre, lascia che

il respiro arrivi fin lì • ascolta l’aria che entra dalle narici, porta l’attenzione proprio sotto le

narici….. il tuo ventre si espande, il bacino si sposta verso il basso e un po’ indietro, il torace si riempie, la schiena si solleva

• l’aria esce…... ascolta il ventre che si rilassa, il bacino si sposta in alto e avanti, il torace, il collo, le spalle e la schiena si rilassano

• anche la voce può espandersi attraverso il suono della respirazione • ascolta le sensazioni che nascono dal corpo, le tue emozioni, e i tuoi

sentimenti che fluiscono piacevolmente assieme al ritmo del tuo respiro… Il rilassamento educa alla recettività… che è l’opposto di attività e

controllo. Migliora la vostra capacità di fare esperienza attraverso l’uso dei sensi. Non è un’azione volontaria e non prevede alcun giudizio…

Rilassarsi significa ascoltare ciò che accade… essere spettatori passivi di quello che arriverà… è l’opposto della ricerca attiva dei risultati… è fiducia nella intelligenza divina del nostro corpo: • a ogni espirazione abbandonati alle tue sensazioni… • prendi consapevolezza di quello che accade spontaneamente… • porta la tua amorevole attenzione all’interno di te stesso… ascoltati… Diario e/o protocollo

Il lettore può consultare da solo il Questionario di valutazione sistemica dei disturbi visivi (riportato alla fine di questo testo e scaricabile anche dal sito www.marisamartinelli/it/aree-di-intervento/disturbi-visivi.htlm): si tratta di un’intervista semi-strutturata per l’analisi dei disturbi visivi, progettata per

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condurlo a una presa di consapevolezza degli elementi della propria storia. È questo uno strumento che può aiutarlo a mettere in relazione eventi e situazioni del passato con gli attuali problemi che manifestano i suoi occhi. Un aiuto a conoscere chi siamo veramente e di che cosa abbiamo bisogno …!

Anche l’uso del Diario è un valido ausilio per gestire autonomamente i progressi e collaborare con il vostro oculista, psicologo, optometrista o ortottista. Riportare su un block notes dedicato osservazioni e riflessioni sugli esercizi eseguiti aiuta l’operatore a valutare meglio l’apprendimento della tecnica e la corretta messa in pratica degli esercizi.

Fac-simile:

Data ………. Ora …… Durata dell’esercizio …..............

Sensazioni somatiche _______________________________

Percezioni o vissuti psichici _____________________________

Ricordi, sogni, insight* _______________________________

*o altro che ritenete importante comunicare al vostro terapeuta

Musicoterapia immaginativa nella cura degli occhi Il rilassamento educa alla recettività ed è l’opposto di attività e controllo. Migliora la capacità di fare esperienza attraverso l’uso dei sensi, non è un’azione volontaria, ma favorisce l’abbandono fiducioso all’energia divina che scorre nel nostro corpo.

La distensione immaginativa facilita la riscoperta del piacere di vedere bene con il corpo, con la mente, con la consapevolezza delle nostre potenzialità sensoriali.

Programma di rilassamento psicofisico e musicoterapia immaginativa Il mio interesse per lo studio dei difetti della vista ha coinciso con il periodo in cui stavo completando la mia seconda Scuola di specializzazione presso il CISSPAT di Padova. Ho approfondito questo argomento nella mia Tesi di Specializzazione che si intitola infatti: “L'applicazione della Psicoterapia Autogena Immaginativa nei 'Difetti di rifrazione': un approccio psicosomatico integrato”. Mi sono successivamente avvicinata alla Musicoterapia Immaginativa (o Ipnosi fantasmatica), ritenendola un metodo terapeutico

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facilmente disponibile, economico e senza sgradevoli effetti collaterali, ma in grado di svolgere un ruolo importante nel processo di riarmonizzazione occhio-psiche e cervello.

L’obiettivo che mi sono posta è di sfruttare questo prezioso strumento di riequilibrio psicofisico per ridurre l'impatto degli eventi stressanti a carico degli occhi e della delicata quanto sofisticata funzione visiva. La Musicoterapia Immaginativa è realmente in grado di contrastare gli effetti delle sollecitazioni stressanti sul sistema visivo in un'epoca in cui i ritmi del lavoro inducono a rimanere a lungo in spazi chiusi e a usare la vista a distanza prossimale.

Dopo avere effettuato i necessari controlli medici potete iniziare a sperimentare il metodo, mentre se avete frequentato un corso individuale o di gruppo potete esercitarvi seguendo il programma e prendendovi cura di voi stessi e dei vostri occhi. È utile annotare con cura le sensazioni somatiche e i vissuti psichici che emergono di volta in volta.

Il rilassamento muscolare progressivo è una delle tecniche di rilassamento più diffuse per realizzare quella particolare condizione di autodistensione psicofisica indispensabile per mettere in moto i processi di “commutazione autogena” e raggiungere stati di coscienza sempre più profondi.

Quando il soggetto ha raggiunto un certo grado di distensione muscolare, viene invitato a soffermarsi sulle sensazioni relative alla zona del volto e degli occhi.

Uso del CD audio “Il benessere degli occhi” Il CD “Il benessere degli occhi” (di M. Martinelli) da utilizzare a questo scopo è composto di sette tracce identificabili dai titoli diversi. L’apprendimento avviene per gradi, quindi si consiglia di passare alla sessione successiva solo dopo avere interiorizzato quella precedente.

Specifiche formule o frasi suggestive conducono alla distensione immaginativa attraverso l’uso di simboli e metafore che facilitano il contatto profondo con il linguaggio degli occhi e dello sguardo. Per rendere più gradevole e leggera la pratica, la distensione immaginativa proposta è stata suddivisa in tre tracce (tracce 2, 4, 6), intervallate da musica e suoni della natura, così da rispettare i tempi di assimilazione.

Questo CD è stato creato tenendo presenti i differenti ritmi personali nel praticare la meditazione con la musica e le immagini. Viene infatti lasciato ampio spazio all’energia creativa dell’individuo che entra così in risonanza con il proprio mondo interno e i ritmi dell’universo.

Segue una breve descrizione sull’utilizzo delle sette tracce.

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v Traccia 1. Eyes Heart: sottofondo musicale per prepararsi al rilassamento;

v Traccia 2. Rilassamento immaginativo: la voce guida vi porta a soffermarvi sulle varie parti del corpo, in particolare nella zona del volto e degli occhi;

v Traccia 3. Lago di Ninfee: musica e suoni della natura per continuare a crogiolarsi nella sensazione di rilassamento e di abbandono raggiunto fin qui;

v Traccia 4. La Ninfea: il percorso immaginativo ha l’obiettivo di accogliere le emozioni dolorose, sciogliere i blocchi emozionali e superare la paura di lasciar andare … e lasciarsi andare;

v Traccia 5. Divinity: musica per rimanere in contatto con se stessi; v Traccia 6. La tavolozza dei colori: a questo punto il soggetto è in

grado di realizzare lo stato di autodistensione psicofisica, ha imparato ad abbandonarsi al calore della musica e al colore delle immagini. È in grado così di allenare la mente a visualizzare in un vissuto psichico di calma, a lasciarsi andare e lasciar fluire la fantasia. Avrà imparato non solo a riprodurre ciò che vede, ma avrà anche ottenuto un “risveglio” della capacità di sentire. Seguendo questa traccia il soggetto viene invitato a entrare in un parco stupendo, dove potrà muoversi liberamente, godendo di uno scenario prima ricco di chiaroscuri, poi di colori, di profumi, di sensazioni, di emozioni: attraverso la metafora suggerita riuscirà ad apprezzare le infinite possibilità della visione;

v Traccia 7. Sacred Door: dopo una serie di musiche d’ambiente, l’ascolto di due minuti di pianoforte vi accompagnerà verso nuove sensazioni

Abbandonatevi con fiducia al fluire e allo scorrere della vita

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Consapevole di inevitabili limiti, confido comunque che questo cocktail di musiche per l’anima, le immagini di pace per il corpo e le dolci frasi di sostegno stimolino in ognuno il desiderio e la ricerca di una più profonda armonia con se stessi e gli altri.

I metodi di rilassamento qui descritti rappresentano delle misure di completamento per chi frequenta i workshop per la psicoprofilassi della funzione visiva e per chi vuole iniziare a prendersi cura dei propri occhi e della propria anima imparando ad ascoltare i messaggi del proprio corpo.

E se tutto quello che avete letto, provato, sperimentato non ha sortito gli effetti desiderati, vi invito a leggere la fiaba che chiude questo testo. Almeno potrete consolarvi con qualcosa di leggero e molto delicato!

Essere consapevoli di ciò che si prova dentro di sé, senza sentirsi sbagliati, è il passo fondamentale

per essere padroni di se stessi. (Artuhr Schopenhauer)

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Fiaba

Lo specchio d’acqua

Lasciati trasportare dalle immagini per esplorare

il paesaggio dell’anima

C’era una volta una bella famiglia reale che viveva in un lussuoso palazzo antico. La figliola dei principi reali, Admiria, era una deliziosa creatura che cresceva spensierata,

accudita da paggi e servitori. Con sincera e felice espressione nel volto tutti i servitori soddisfacevano ogni suo desiderio.

Un giorno una tremenda carestia sconvolse l’armonia di quel luogo maestoso. La graziosa principessina che aveva goduto del sostegno e della vicinanza di tutta la famiglia si ritrovava a vivere in una casa dove tutti, indaffarati e preoccupati per la sorte del regno, non erano più disponibili a passare del tempo per giocare con lei.

La situazione doveva essere veramente seria se tutti erano così profondamente angustiati, tanto che non si scambiavano un sorriso neppure per un attimo!

Il tempo passava lento e, nonostante lo scenario fosse desolante, Admiria conservava l’abitudine di affacciarsi al balcone della sua stanza per guardare fuori.

Gli uccellini che ogni giorno venivano a trovarla avevano smesso di cantare, così pure i grilli e le cicale, mentre i teneri gatti se ne stavano nelle ceste del salotto ad aspettare che Admiria li raggiungesse per giocare un po’ con loro.

Qualcuno però continuava a comportarsi come nulla fosse accaduto. Gli scoiattoli, infatti, continuavano a rimanere nascosti nei tronchi degli alberi, noncuranti dei cambiamenti intercorsi, e ogni tanto saltavano da un ramo all’altro mentre i cavalli si facevano forza trascinandosi pesantemente per mettersi al servizio di chi li sellava e galoppava senza mai stancarsi. Ogni giorno che passava, Admiria sentiva sempre di più la mancanza di quegli sguardi luminosi, che ti sollecitano con amore a procedere e osare. Non era certo questo il panorama che lei avrebbe voluto trovarsi davanti. E i suoi occhi si intorpidivano, si abbassavano come il sole al tramonto, quando il buio degli occhi si confonde con l’oscurità del cielo i contorni sfumano e tutto attorno perde di significato.

Tutti al palazzo erano coinvolti dalle questioni di economia, nonché a organizzare rituali propiziatori per mettere al riparo il regno in tutti modi e provvedere alla salvaguardia delle risorse messe a repentaglio dalla crisi che era giunta inaspettata. Una nuvola scura sembrava aver avvolto l’interno del palazzo e oscurato ogni ciglio, la fitta nebbia aveva cancellato ogni espressione dai volti dei familiari, un tempo assai compassionevoli.

Era terribilmente spaventata dalla fredda solitudine dell’oscurità che congelava ogni stanza del castello e gli arredi perdevano il fascino della lucentezza.

Gli specchi dei genitori per qualche motivo si erano opacizzati.

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Che dolore! Che tristezza! Quale tragica situazione si era creata! Nessuno vedeva oltre gli occhi di Admiria! Nessuno capiva quanto per lei fosse importante condividere con i familiari i sentimenti di amore che nascevano nel suo cuore.

Questa mancanza le creava una sofferenza così grande che non capiva proprio cosa ci fosse di peggio. Il suo cuore pieno d’amore fremeva, avrebbe desiderato almeno poter abbandonarsi spontaneamente e lasciar uscire le lacrime, cariche di malinconia e tristezza. Nessuno, proprio nessuno aveva tempo di stare con le sue fantasie. Alla sera, quando la stanchezza di tutti spegneva questo spasmodico desiderio di essere vista, scivolando inevitabilmente nel sonno, trovava sollievo accanto alla sua bambola preferita, che era con lei dalla nascita.

Ma questi brevi momenti non bastavano a coprire il petto con quello strato di dolcezza, di bontà che come un manto caldo ti fa sentire al riparo da ogni pericolo. E lei il pericolo lo sentiva dentro, nel suo cuore …. “non sono importante”, ... “non esisto”… “sono insignificante”… “sono sola” … “non c’è mai nessuno per me”.

Si accorgeva di quanto potere aveva sempre dato agli altri, era furiosa e arrabbiata, con chi non vedeva i suoi bisogni e non le dava il giusto valore. E così continuava a pensare “non posso fidarmi”, “mi arrangio da sola”, “non ho bisogno di nessuno”!

Un giorno presa dallo sconforto decise di fare due passi lì attorno e si incamminò fino a inoltrarsi nel fitto bosco, girovagando per ogni luogo alla ricerca di qualcuno che potesse rispondere alla sua domanda: “chi sono? quanto valgo?”

Quando incontrava qualcuno che le diceva cose belle si sentiva alle stelle, quando invece incontrava qualcuno che la criticava, che faceva osservazioni inadeguate esprimendo giudizi negativi, lei cadeva in uno stato di crisi, si sentiva furiosa, delusa e arrabbiata.

Fu necessario un po’ di tempo per riprendersi dal tradimento. Sentiva un forte senso di delusione, e le veniva da pensare: “è colpa mia”. Oppure in altri momenti si diceva: “avrei dovuto fare qualcosa”, o ancora “ho fatto qualcosa di sbagliato?”

Quanti tristi pensieri tormentavano la sua anima fragile, bisognosa di cure e attenzioni! Un giorno, stanca di percorrere gli stessi sentieri in giardino, tra aiuole coltivate che

sembravano costruite appositamente per deliziare le sue passeggiate, decise invece di provare a varcare la soglia dell’antico bastione per avventurarsi dentro la rigogliosa natura che circondava il castello. Così, passeggiando accanto a un bel ponte di legno lavorato, al di là della riva del ruscello che

scorreva a fianco del bordo del bosco, scorse una fonte di acqua cristallina che usciva zampillante da un incavo nascosto tra i sassi, ricoperti di morbido muschio e da cespugli di capelvenere che penzolavano morbidamente.

Admiria si avvicinò per assaggiare un po’ d’acqua e spanderne qualche spruzzo sul volto. Mentre la sua bocca traeva sollievo dal fresco immediato, gli occhi gonfi di lacrime cominciarono a sfiammarsi e pian piano a schiarirsi. A un certo punto non fu più sola. Una silenziosa presenza femminile stava avvicinandosi a lei: forse si trattava di una fata, non

sapeva, non ne aveva mai vista una e aveva sempre pensato vivessero soltanto nel regno invisibile dei sogni.

Bevve un altro sorso per scuotersi dallo stupore e si ravvivò in lei una piacevole sensazione di curiosità che la spinse a rivolgere lo sguardo verso quella misteriosa creatura femminile, il cui volto sembrava uno specchio che rifletteva la luce del sole …

Le venne così naturale farle delle domande: “Chi sei meravigliosa creatura, dagli occhi di perle

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turchesi, come il cielo luminoso?” “Io sono la Fata dei Fiori” – rispose la presenza che le si era ormai avvicinata, accennando in

volto un delicato sorriso. “E tu, chi sei meravigliosa creatura piena di gratitudine?” – volle sapere la fata. “Io, creatura piena di gratitudine?” – replicò Admiria. Gli occhi si riempirono di lacrime, lacrime che scendevano sulle tenere guance e scioglievano

la sofferenza che congelava il suo cuore. Da tempo nessuno si rivolgeva a lei indicando qualche qualità preziosa.

La fata si chinò per porgerle un dono: era un cofanetto che conteneva una chiave per aprire un cancello… Quel cancello ramato del bastione che era sempre rimasto chiuso, perché nessuno aveva mai pensato di recarvisi, tranne i pochi ospiti del castello.

Qualcuno riferiva di una leggenda in cui si narrava che quel cancello fosse stato costruito per proteggere un romantico giardino selvatico.

Improvvisamente la giovane sentì che era arrivato il momento di voltare le spalle al passato per guardare oltre, di andare a vedere quali sorprese si nascondevano oltre i limiti da lei ignorati.

La fata rimase accanto a lei, pronta ad accogliere ogni suo desiderio di esplorazione e ad accompagnarla verso quei luoghi misteriosi.

Da quel giorno anche una breve passeggiata nel giardino segreto ritemprava l’animo agitato di Admria e l’aiutava a riflettere più profondamente. Lì incontrò molte persone che provenivano da altri regni, desiderose di danzare, cantare, passeggiare, fare tante cose insieme.

In breve tempo la fonte con i suoi zampilli aveva creato una pozza d'acqua, che sembrava uno specchio limpido. Un giorno la fata osservando l’acqua chiese alla fanciulla : “Cosa vedi nello specchio d'acqua?” – e Admiria poté rispondere: “Vedo il mio volto triste” … “E poi?”, continuò la fata. Admiria con sorpresa esclamò: “Mah, … vedo”, “…Sì, vedo …il mio viso immerso nel cielo azzurro, gli alberi che lo circondano e tanti fiori che si rispecchiano”.

Mentre descriveva tutto ciò una coccinella saltò sul suo naso, una ranocchia uscì dall'acqua e saltò sul bordo del laghetto, una farfalla con il suo volo disegnò degli otto proprio davanti ai suoi occhi. La fata, mentre seguiva con lo sguardo la farfalla che si librava leggera, sorridendo disse: “La tua capacità di vedere è il tuo specchio magico: ciò che vedi è ciò che senti, questo è il tuo potere: riconoscere e vedere ciò che è importante per te”.

Admiria, scossa da una forte emozione rispose: “Allora, finora ho guardato il mondo con le lenti, con gli occhi di altre persone? Ecco perché non vedevo bene! Non vedevo quello che io desideravo, quelle lenti erano inadatte a illuminare, a svelare l’invisibile codice della mia anima”.

Perché tu lettore possa vedere oltre … là dove hai bisogno di essere in questo momento!

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Fonti bibliografiche e letture consigliate ATTI CONVEGNO AIVON, Una vista lunga una vita. L'approccio multidisciplinare integrato:

favorire e migliorare il benessere visivo. Genova, 2010 BATES W.H., Il metodo Bates per vedere bene senza occhiali. Astrolabio, Roma, 1989. BONFANTI A., Il mondo creativo del colore. Fenice Edizioni, Firenze, 1991. BROFMAN M., Guarisci la tua vista. TEA, Milano, 2004. CUSANI M., Psicosomatica oculare. La Lontra, Genova, 2009. DE ANGELIS D., Come sono guarito dalla miopia, Macro Edizioni, Cesena, 2004. FILIOZAT I., Le emozioni dei bambini, Piemme, Segrate, 2014. KAPLAN R., Dimmi come vedi ti dirò chi sei. Il Punto di Incontro Edizioni, Vicenza. MARTINELLI M., Occhio specchio della salute: dall’analisi visiva alla sofferenza dell’anima.

www.realtallospecchio.it/2011 SIEGEL D.J., 12 strategie rivoluzionarie per favorire lo sviluppo mentale del bambino. Raffaello

Cortina Editore, Milano, 2012. ZENCOVICH A., Anche un miope può guarire. Guida al metodo naturale per il recupero della vista.

Nuova Ipsa Editore, Palermo, 1004. www.aiev.it www.rieducazionevisiva.com www.vistabates.it www.marisamartinelli.it

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INTERVISTA SEMISTRUTTURATA

PER LA VALUTAZIONE SISTEMICA DEI DISTURBI VISIVI

(M. Martinelli – E. Capovilla)

Nome, Cognome..................................................................................................

Data dinascita......................................................................................................

Residenza, Telefono..............................................................................................

Codice Fiscale......................................................................................................

Medico Curante, Telefono......................................................................................

Livello di Istruzione .............................................................................................

1. PRIMO COLLOQUIO

1.1) Disturbo di vista

1.2) Motivazione

1.3) Aspettative

1.4) Altre esperienze terapeutiche

2. ANAMNESI FAMILIARE

2.1) Dove vive

2.2) Componenti famiglia attuale (Età, Malattie, Decessi – quando e per cosa)

2.3) Componenti famiglia d’origine (Età, Malattie, Decessi – quando e per cosa)

2.4) Atteggiamento nei confronti dei familiari

2.5) Altri componenti della sua famiglia portano gli occhiali?

3. ANAMNESI REMOTA

3.1) Malattie

3.2) Ricoveri ospedalieri

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3.3) Disturbi psichici, posturali, fisici (renali, polmonari, allergie, intolleranze, malattie della

pelle)

4. ANAMNESI PROSSIMA

4.1) Traumi cranici

4.2) Emorragie

4.3) Pressione

4.4) Ciclo mestruale

4.5) Difetti Visivi (occhio Dx, occhio Sx)

4.6) Sintomatologia e storia del disturbo

4.7) Terapie in corso

5. ANAMNESI PSICOSESSUALE

5.1) Relazioni affettive importanti

5.2) Come vive la propria sessualità? Ritiene di avere difficoltà al riguardo?

5.3) Eventi traumatici o stressanti (abbandoni, abusi, separazioni, traslochi, lutti ecc.)

6. SCANSIONE CORPOREA

6.1) Parti contratte, sindromi dolorose

6.2) Rapporto col corpo (È in contatto? Si ascolta? Emozioni? Parti che piacciono e che

disprezza)

6.3) Attività sportive, movimento, danza ecc.

7. STILE DI VITA

7.1) Abitudini alimentari (diete, dove mangia, quante volte, cosa, chi prepara i pasti)

7.2) Appetito

7.3) Sonno

7.4) Fumo, alcol, droghe

7.6) Quali sono per lei le situazioni difficili e scomode e come reagisce (mentalmente,

posturalmente, comportamenti, emozionalmente)

7.8) Momenti di vergogna

7.9) Aspetti di Sé che stima e che disprezza

7.10) Quanto si piace come persona (da 1 a 10)

7.11) Atteggiamento verso tempo libero, amici, estranei, vita

8. LAVORO E TEMPO LIBERO

8.1) Interessi professionali

8.2) Progetti, scopi, obiettivi

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8.3) Ruoli che ricopre. In quali si sente a suo agio? In quali situazioni si sente bene?

8.4) Hobby

9. ANAMNESI DISTURBO VISIVO

9.1) Quando ha iniziato a portare gli occhiali? Quando è insorto il problema?

9.2) Ricorda il decorso del suo peggioramento/miglioramento visivo?

9.3) Come ha vissuto il fatto di portare gli occhiali?

9.4) Pensa di poter migliorare la sua vista? Come? Secondo lei da cosa dipende?

9.5) Le è mai capitato che qualcuno le chiedesse dettagli di una cosa vista e lei non sapesse

rispondere?

9.6) Le piace essere guardato? In che situazioni?

9.7) Le piace osservare gli altri? Cosa pensa quando guarda qualcuno?

9.8) Come si sente quando qualcuno si interessa a lei? Cosa fa?

9.9) Come si sente quando si rivolge a qualcuno che la tratta male o non si accorge di lei?

Cosa fa?

9.10) Ricorda cosa fanno i suoi occhi in queste ultime due situazioni?

9.11) Le piace esibirsi/mostrarsi agli altri o cerca di passare inosservato/a?

9.12) Quali erano le emozioni che provava più spesso da bambino?

9.12.a) Di cosa aveva paura da bambino? Che cosa la faceva arrabbiare?

9.12.b) Era facile trovare qualcuno che l’ascoltasse in quei momenti?

9.12.c) Ricorda un momento di tenerezza della sua infanzia?

9.12.d) Ricorda momenti di forte disagio durante la scuola?

9.12.e) Ricorda di essersi sentito incompreso dai suoi genitori?

9.12.f) Ha mai avuto la sensazione che gli altri non la capissero o non vedessero i suoi

bisogni?

9.13) Si sente inadeguato nelle relazioni con gli altri?

9.14) Si sente limitato nel poter esprimere il proprio sé?

9.15) Le capita mai di guardarsi/giudicarsi attraverso il giudizio degli altri?

9.16) Conosce o pratica delle tecniche di rilassamento di qualsiasi tipo?

9.17) Si dedica mai del tempo solo per lei o dei momenti in cui semplicemente si rilassa?

Cosa fa?

9.18) Quante volte le capita in una settimana?

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