Tavola rotonda ccsvi 23 gennaio 2010 cagliari

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“Tavola rotonda” – Cagliari, 23/01/2010 L’incontro si è aperto con l’intervento della portavoce del Comitato, Giovanna Porcu: Innanzitutto buongiorno a tutti e benvenuti, io sono Giovanna e rappresento il Comitato per il Trattamento della CCSVI in Sardegna, che è promotore di questo evento insieme a Stefania e Matteo. Per prima cosa volevamo ringraziare tutte le persone che sono qui presenti e sono davvero tante, e tutte le persone hanno contribuito affinché questo incontro fosse possibile, attraverso la divulgazione del materiale,ma anche dal punto di vista finanziario. Grazie alle associazioni di volontariato che sono qui presenti come la LASM di Nuoro, la SASM di Sassari, le sezioni provinciali AISM e la VOSM e di Cagliari. È un incontro che a me piace definire senza etichettee che nasce a seguito della mobilitazione nazionale ed internazionale destata dallo studio del prof. Zamboni. Questo sia in ambito scientifico, ma soprattutto tra i malati di SM e i loro familiari che considerano questo nuovo approccio alla malattia un’importante alternativa alle terapie farmacologiche. Concetto questo ben testimoniato dagli stessi malati di sclerosi multipla che hanno subito il trattamento chirurgico del prof. Zamboni, i cosiddetti liberati. Un incontro che per la prima volta qui in Sardegna mette a confronto i medici con i malati in relazione a questa importante scoperta scientifica che se venisse confermata avrebbe i meriti di rivoluzionare l’approccio alla SM. Quello che noi ci auguriamo come Comitato è che si guardi a questa novità scientifica con massima apertura alla valutazione, questo per utilizzare un espressione della dott.ssa Cocco, senza facili illusioni, ma in modo del tutto propositivo. Una richiesta dello stesso prof. Zamboni. Infatti il prof. afferma che per confermare la sua scoperta è necessario far partire a livello internazionale una serie di studi multicentrici e multidisciplinari che coinvolga un numero molto ampio di pazienti. La Sardegna ha questi numeri perché è la regione italiana che ha la più alta incidenza di questa malattia. Noi siamo qui, in un incontro che può vantare la presenza insieme di neurologi e chirurghi vascolari. Noi siamo qui per chiedere ai nostri medici cosa pensano di questa scoperta scientifica e come intendano procedere riguardo a questa, tempi e modi di un eventuale sperimentazione che noi malati di SM ci auguriamo possa essere effettuata al più presto. Anche perché se questa associazione tra le due malattie venisse confermata, riteniamo sia diritto dei sardi quello di poter accedere alla diagnostica e al trattamento dell’insufficienza venosa in Sardegna senza doverci appunto spostare nel Continente. La speranza è che a questo incontro possano seguirne degli altri. Magari con lo stesso prof. Zamboni che è già stato invitato dal Comitato e che in collaborazione con la SASM di Sassari, ha già dato ampia disponibilità a venire in Sardegna. Lui tra l’altro conosce molto bene la realtà sarda perché ha lavorato per 5 anni a Sassari e che in questo momento sta tenendo a Vicenza un meeting internazionale, cioè sta spiegando ai malati di SM di tutto il mondo che cosa sia questa sua scoperta. Cosa devono fare i malati di Sclerosi Multipla e cosa deve fare il Comitato. Il Comitato in linea con il movimento nazionale per il trattamento della CCSVI avrà il compito di continuare a sensibilizzare le istituzioni pubbliche che purtroppo sino ad ora non hanno risposto adeguatamente. Questo perché si risponda in tempi brevi alle nostre richieste di approfondimento in merito allo studio di Zamboni. Siamo felici oggi di poter ospitare la prof.ssa Maria Giovanna Marrosu che la maggior parte di noi conosce molto bene. Professore ordinario di neurologia presso l’università di Cagliari, nonché responsabile del Centro regionale per la diagnosi e la cura della sclerosi multipla, la dott.ssa E. Cocco neurologa, ricercatrice e docente universitario a cui rivolgiamo un grazie particolare perché

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“Tavola rotonda” – Cagliari, 23/01/2010

L’incontro si è aperto con l’intervento della portavoce del Comitato, Giovanna Porcu:

Innanzitutto buongiorno a tutti e benvenuti, io sono Giovanna e rappresento il Comitato per il

Trattamento della CCSVI in Sardegna, che è promotore di questo evento insieme a Stefania e

Matteo. Per prima cosa volevamo ringraziare tutte le persone che sono qui presenti e sono davvero

tante, e tutte le persone hanno contribuito affinché questo incontro fosse possibile, attraverso la

divulgazione del materiale,ma anche dal punto di vista finanziario. Grazie alle associazioni di

volontariato che sono qui presenti come la LASM di Nuoro, la SASM di Sassari, le sezioni

provinciali AISM e la VOSM e di Cagliari. È un incontro che a me piace definire “senza etichette”

e che nasce a seguito della mobilitazione nazionale ed internazionale destata dallo studio del prof.

Zamboni. Questo sia in ambito scientifico, ma soprattutto tra i malati di SM e i loro familiari che

considerano questo nuovo approccio alla malattia un’importante alternativa alle terapie

farmacologiche. Concetto questo ben testimoniato dagli stessi malati di sclerosi multipla che hanno

subito il trattamento chirurgico del prof. Zamboni, i cosiddetti “liberati”. Un incontro che per la

prima volta qui in Sardegna mette a confronto i medici con i malati in relazione a questa importante

scoperta scientifica che se venisse confermata avrebbe i meriti di rivoluzionare l’approccio alla SM.

Quello che noi ci auguriamo come Comitato è che si guardi a questa novità scientifica con

“massima apertura alla valutazione”, questo per utilizzare un espressione della dott.ssa Cocco,

senza facili illusioni, ma in modo del tutto propositivo. Una richiesta dello stesso prof. Zamboni.

Infatti il prof. afferma che per confermare la sua scoperta è necessario far partire a livello

internazionale una serie di studi multicentrici e multidisciplinari che coinvolga un numero molto

ampio di pazienti. La Sardegna ha questi numeri perché è la regione italiana che ha la più alta

incidenza di questa malattia. Noi siamo qui, in un incontro che può vantare la presenza insieme di

neurologi e chirurghi vascolari. Noi siamo qui per chiedere ai nostri medici cosa pensano di questa

scoperta scientifica e come intendano procedere riguardo a questa, tempi e modi di un eventuale

sperimentazione che noi malati di SM ci auguriamo possa essere effettuata al più presto. Anche

perché se questa associazione tra le due malattie venisse confermata, riteniamo sia diritto dei sardi

quello di poter accedere alla diagnostica e al trattamento dell’insufficienza venosa in Sardegna

senza doverci appunto spostare nel Continente. La speranza è che a questo incontro possano

seguirne degli altri. Magari con lo stesso prof. Zamboni che è già stato invitato dal Comitato e che

in collaborazione con la SASM di Sassari, ha già dato ampia disponibilità a venire in Sardegna. Lui

tra l’altro conosce molto bene la realtà sarda perché ha lavorato per 5 anni a Sassari e che in questo

momento sta tenendo a Vicenza un meeting internazionale, cioè sta spiegando ai malati di SM di

tutto il mondo che cosa sia questa sua scoperta. Cosa devono fare i malati di Sclerosi Multipla e

cosa deve fare il Comitato. Il Comitato in linea con il movimento nazionale per il trattamento della

CCSVI avrà il compito di continuare a sensibilizzare le istituzioni pubbliche che purtroppo sino ad

ora non hanno risposto adeguatamente. Questo perché si risponda in tempi brevi alle nostre richieste

di approfondimento in merito allo studio di Zamboni.

Siamo felici oggi di poter ospitare la prof.ssa Maria Giovanna Marrosu che la maggior parte di noi

conosce molto bene. Professore ordinario di neurologia presso l’università di Cagliari, nonché

responsabile del Centro regionale per la diagnosi e la cura della sclerosi multipla, la dott.ssa E.

Cocco neurologa, ricercatrice e docente universitario a cui rivolgiamo un grazie particolare perché

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ha collaborato fin da subito perché questo momento informativo fosse possibile; la dott.ssa Elena

Mamusa neurologa del CSM di Cagliari, la prof.ssa Palmina Petruzzo che è prof. Associato di

chirurgia vascolare presso l’università di cagliari ed infine il dott. M. Melis, primario della divisione

neurologia dell’Ospedale Brotzu di Cagliari e che ospita la Stroke Unit.

Intervento della dott.ssa E. Cocco

Ringrazio Giovanna, Stefania e Matteo per l’organizzazione di questo incontro e la possibilità di

avere un dialogo su questo argomento sicuramente molto nuovo e che sta destando tanto interesse,

sia nell’ambito scientifico che, chiaramente, tra tutte le persone che combattono quotidianamente

con la SM. Devo dire comunque, che nell’ambito scientifico da molto si sta dibattendo su questa

nuova notizia anche se, comunque, effettivamente magari non se ne parla direttamente con i malati,

c’è effettivamente anche tra di noi una grossa discussione, perché capite bene che quando viene

fuori una notizia così nuova e diversa rispetto a quelle che sono sempre state le conoscenze fino

adesso di questa malattia, bisogna prima di tutto essere sicuri di quello che si sta dicendo e di quello

che si sta facendo per evitare prima di tutto le false illusioni, perché certe volte, e penso che molti di

voi hanno qua hanno la malattia da tanti anni ed hanno vissuto una serie di situazioni che molto

spesso sono state e anche piuttosto deludenti. Quindi, chiaramente prima bisogna avere delle

sicurezze. Proprio per questo adesso vedremo quelli che sono i dati a disposizione su questa novità

e su questo dato scientifico che i colleghi di Ferrara e di Bologna hanno tirato fuori, perché c’è da

ricordarsi che lo studio deriva da una collaborazione tra neurologi e vascolari, quindi non è che il

neurologo non abbia una parte, perché il collega di Bologna in collaborazione stretta con l’equipe di

Ferrara ha portato avanti una serie di lavori, questi sono gli aspetti che adesso vedremo.

La sclerosi multipla che cos’è? Beh questo bene o male lo sappiamo tutti, è una malattia del sistema

nervoso che è caratterizzata dalla presenza di lesioni a carico della sostanza bianca e adesso si sa

chiaramente che non soltanto la sostanza bianca è coinvolta ma anche la sostanza grigia. È una

patologia che colpisce globalmente il sistema nervoso, non è più semplicemente la malattia della

placca. La malattia è una malattia autoimmune, questo significa che il sistema immunitario in un

soggetto inizia ad attaccare delle componenti proprie ed in particolare il sistema nervoso. Le

componenti sono la mielina, ma anche le cellule nervose che sono appunto i neuroni. Il fatto che la

malattia sia autoimmune è un dato ormai abbastanza chiaro e assodato, ci sono migliaia di lavori

che ormai dicono questo. Sono dei lavori che ormai sono chiari, definiti da moltissimi gruppi a

livello mondiale. Non vi sono dubbi su questo. Quello che non si sa è quali possano essere le cause,

cioè quello che porta questo sistema immunitario a perdere la tolleranza nei confronti di qualcosa di

proprio, e proprio del sistema nervoso. Quindi moltissime sono state le ipotesi nel corso degli anni

su quali possono essere la cause . Lo avete sentito qualche anno fa era uscita la notizia per esempio

della mononucleosi infettiva, per dirne uno, ma negli anni sono stati tantissimi i virus e gli agenti

patogeni ipotizzati, qualcuno ha parlato di esposizione solare, qualcun’altro ha parlato di inquinanti

ambientali e così via. Una delle ipotesi che si è aggiunta a questo complesso sistema è stato appunto

l’ipotesi venosa, che è venuta alla luce già da qualche anno e che è stata sostenuta e valutata in

maniera approfondita appunto dal prof. Zamboni e dal dott. Salvi. I colleghi sono partiti dal

presupposto che le lesioni, principalmente quelle che noi vediamo nella risonanza magnetica, le

lesioni tipiche della SM si localizzano intorno ai vasi, come vediamo in queste immagini, questo è

il vaso e gli altri sono dei linfociti, sono delle cellule dell’infiammazione. Linfociti attorno ai vasi

che poi porteranno appunto alla formazione della lesione. E poi partendo da questo presupposto

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cosa hanno visto di altro, hanno osservato un altro aspetto della malattia, ovvero l’accumulo di una

sostanza che si chiama fibrina intorno ai vasi, che è simile a quello che si vede nelle lesioni che si

trovano nelle persone che hanno delle insufficienze venose a carico per esempio degli arti inferiori.

Quindi, partendo da questi presupposti, attorno a questi vasi si sono trovati degli accumuli di

un'altra sostanza che si chiama ferro, che probabilmente deriva, i colleghi dicono a causa dello

stravaso, quindi dell’uscita di globuli rossi dai vasi in quella area, hanno pensato che ci potesse

essere un collegamento con il problema a carico del sistema nervoso, è la base, quel qualcosa che

poi può favorire la malattia. Loro sostengono che il ferro, ci sono dei dati su questo, possa avere

un’azione nell’attivazione di quelle cellule che poi andranno ad attaccare il sistema nervoso.

Ovviamente questo è un discorso estremamente semplificato. Esistono tutta un’altra serie di dati sul

ruolo del ferro in altre patologie neurologiche, non solo nella sclerosi multipla. È da notare che se in

questo caso è vero sono localizzate intorno ai vasi, è però vero che sono state riscontrate con

metodiche di risonanza anche in altre sedi non solo nelle lesioni, ma anche in altri sedi del cervello

dei pazienti. Quindi, il discorso risulta essere comunque un pochino più complicato rispetto a quello

che abbiamo detto sin ora rispetto a questa semplificazione. Oltre al fatto che, vi ripeto, è vero che

ci sono le lesioni, però la patologia non è esclusivamente una patologia delle lesioni. E questo, lo

ripeto sono dati che sono oramai assodati. Quindi i colleghi hanno valutato questo collegamento tra

possibile causa venosa e la malattia. E adesso lascio a Maurizio Melis il compito di parlarvi dei

lavori che sono stati effettuati e quindi di quelli che sono i dati attualmente a nostra disposizione per

capire questo discorso appunto della CCSVI e SM.

Intervento del dott. M. Melis

Buongiorno a tutti, per prima cosa brevemente mi presento. Sono Maurizio Melis, responsabile

della neurologia al Brotzu. Noi abbiamo una neurologia che si occupa di un ampio spettro, aimè, di

disturbi che interessano il sistema nervoso, anche di Sclerosi Multipla, ed in particolare di malattie

vascolari, e chiaramente questa situazione ci trova estremamente coinvolti ed interessati, su questa

situazione che vede un coinvolgimento del sistema vascolare, come ipotesi alla base di una malattia

così importante qual è per noi la SM. E ovviamente ringrazio in particolar modo il Comitato, perché

ritengo che le associazioni debbano fare questo, devono in qualche modo avere un’azione di

pressione verso noi che lavoriamo in questo settore per avere delle risposte e anche per pungolarci

verso la possibilità di essere sempre, diciamo così, al passo verso quelle che sono le novità.

Da questo punto di vista, prof. Zamboni ha effettivamente prospettato un’ipotesi che come è stato

detto nell’introduzione, se dovesse essere confermata rivoluzionerebbe un po’ l’idea che abbiamo

su una malattia come la sclerosi multipla. Il prof. Zamboni è un chirurgo vascolare che si è

occupato per anni prevalentemente di patologie di tipo vascolare periferico, è stato coinvolto per

motivi personali nella sclerosi multipla, quindi nel dover approfondire quelle che erano le sue

conoscenze sulla SM, e come spesso capita ha associato la propria esperienza con le informazioni

che a lui arrivavano su questa malattia. Nel 2006 propose quella che viene definito nel lavoro la

grande idea, cioè che le placche della sclerosi multipla sarebbero nel meccanismo della loro

formazione simile alle ulcere croniche delle gambe. Quindi, secondo il suo concetto si tratterebbe di

un’infiammazione cronica causata da un’ insufficienza venosa scatenata proprio dal ristagno e dal

riflusso di sangue dentro il cervello. Questo per fare un po’ una cronistoria del tutto, che ha avuto

un grosso impatto anche mediatico, perché ne ha tutte le caratteristiche, cioè è un’ipotesi che

rivoluziona il concetto storico e tradizionale, offre una opportunità terapeutica e nasce anche in un

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contesto di coinvolgimento personale che chiaramente attira anche umanamente simpatia. Non solo

in Italia, ma anche negli Stati Uniti. Tutto nasce da una pubblicazione di una rivista scientifica

autorevole su 65 pazienti affetti da SM. 65 pazienti vi dico subito che, per i nostri numeri

fortemente condizionati dalla necessità di avere delle evidenze statistiche, sui nostri dati non è un

numero importante ma lui stesso questo lo precisa. Però il dato importante è che queste alterazioni

del sistema venoso, e quindi questi restringimenti, delle stenosi dei sistemi che drenano il sangue

dal cervello che sono le vene è stato riscontrato in una percentuale estremamente importante in

pazienti con SM, mentre questo dato non viene ritrovato con gli stessi numeri nei pazienti che non

hanno la SM che noi chiamiamo gruppi di controllo. Questo dato è stato pubblicato e chiaramente

ha scatenato un forte dibattito sia dal punto di vista scientifico, sia dal punto di vista

dell’informazione e non solo in Italia. Come è stato trovato questo dato, studiando i pazienti con

varie metodiche e le metodiche che sono state utilizzate sono sostanzialmente l’ecocolourdoppler. E

le metodiche sono principalmente l ecodoppler, che è un sistema non invasivo, un’ecografia per lo

studio della circolazione che è stato fatto sia nel circolo intracranico ma anche nei vasi del collo.

Nel caso in cui si trovava una stenosi, si attuava un esame invasivo che è l’angiografia venosa. Per

fare questo studio Zamboni ha proposto al suo comitato etico questo disegno perché qualsiasi

sperimentazione clinica fatta in Italia ha necessità di essere approvata da un comitato etico, in

particolar modo in questo caso dove è anche possibile uno studio invasivo, con un certo rischio per

il paziente come l’angiografia venosa. Cosa si vede con l’ecodoppler, si vedono dei restringimenti

delle vene come in questo caso, ma anche dei disturbi nella direzione del flusso, quindi questo è un

po’ più complicato, per fare questo bisogna studiare i pazienti con l’ecodoppler in varie posizioni,

cioè nella posizione supina e nella posizione seduta e valutare se esistono le capacità che ci sono nei

soggetti normali di adattarsi, di drenare, muovendo il paziente in varie posizioni . Quindi questa è

una variabile che complica un po’ la situazione perché non è solo il dato di fatto del restringimento,

ma bisogna fare anche uno studio funzionale dei pazienti. Un altro sistema che è possibile

utilizzare, che non ha utilizzato Zamboni, ma che si sta utilizzando, è la risonanza magnetica. Il

meccanismo che è alla base di questa stenosi, vedete i numeri sono le percentuali in cui vengono

descritte delle stenosi, dei restringimenti del sistema venoso che drena il sangue nel cervello.

Vedete che la maggior parte si trova in questo distretto, ma vengono trovati dei restringimenti anche

a livello della vena azygos che porta via il sangue dal midollo spinale, e questo spiegherebbe anche

l’esistenza di possibili alterazioni del sistema venoso che drena il sangue dal midollo giustificando

così la possibilità di alterazioni di tipo midollare che noi sappiamo essere frequenti nella SM. Lo

stesso prof. Zamboni, vuole fare una precisazione. Nella sua descrizioni dei suoi quadri clinici,

Zamboni è sempre stato estremamente corretto nel prospettare le sue come ipotesi, devo dirvi

purtroppo che non altrettanto lo sono stati i media, le televisioni, specialmente negli USA, dove si è

data enfasi particolare, trascurando le conclusioni scientifiche del prof. Zamboni. Dicevo, gli stessi

autori concludono la stessa pubblicazione mettendosi due problemi fondamentali. Queste stenosi,

questa alterazione del sistema venoso influenza il decorso clinico della SM? E se si, quindi esistono

queste stenosi, sono la causa della SM o sono la conseguenza della SM? Potrebbe anche essere una

associazione casuale. I due problemi fondamentali che nascono al termine delle pubblicazioni del

lavoro sono ancora da vedere definitivamente. L’altro passo successivo è che una volta dimostrato

che questo dovesse avere un nesso causale, e cioè che le stenosi del sistema venoso sono la causa

della SM, esistono delle ipotesi terapeutiche? E qui cè stato un passo in avanti nel senso che è stato

fatto uno studio, su altri 65 pazienti in cui è stato prospettato un trattamento, cioè sono state dilatata

le vene che risultavano ristrette. Attraverso un procedimento che si utilizza solitamente in

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angiografia cioè si va con un catetere sino alla zona in cui c’è il restringimento della vena, e con un

palloncino che si gonfia, si dilata la vena in modo da riportarla alle dimensioni originarie. Anche in

questo caso lo studio è stato eseguito su 65 pazienti, un numero che per noi è interessante solo da un

punto di vista di proposta degli studi. I risultati sono stati che c’è stato un vantaggio per i pazienti

che sono stati sottoposti a questo tipo di trattamento, ma un vantaggio rispetto alla loro situazione

precedente. Cioè non esisteva un gruppo di controllo a cui non era stato fatto, che per noi era

importante per capire se una procedura è efficace oppure no: gli studi chiamati appunto

randomizzati che si fanno trattando un gruppo di pazienti, trovando un gruppo omogeneo simile per

età o per caratteristiche a cui non viene fatto il trattamento e poi con il tempo si verifica se esistono

delle differenze statistiche e statisticamente significative, tra i due gruppi. Questo è il nostro

standard, l’obiettivo di qualunque studio noi facciamo. Questo studio lo ripetiamo è stato fatto solo

su 65 pazienti dove non c’è un gruppo di controllo, ma il gruppo di controllo, diciamo così, era

l’andamento prima che si facesse il trattamento. Uno studio del genere è stato poi ripetuto su 16

pazienti a Buffalo che erano in parte pazienti italiani e in parte pazienti americani riproducendo i

risultati dello studio precedente.

Criticità. Noi chiaramente dobbiamo fare un po’ le scarpe agli studi per capire dove ci sono delle

situazioni critiche, perché la tendenza di chi non è avvezzo a queste cose è di pensare: perché se ci

sono stati risultati, perché da domani non posso essere sottoposto anch’io a questo trattamento? E il

problema è legato al fatto che il disegno dello studio propone uno schema che dev’essere ripetuto su

numeri più grandi e da altri centri perché se no potrebbe sempre esserci l’idea che quando i dati

arrivano solo da un certo centro possano esserci state delle difficoltà metodologiche legate allo

studio. Le strutture venose sono estremamente variabili, cambiano, molto spesso ci sono delle

asimmetrie, a volte mancano dei vasi e sono più difficili da studiare rispetto alle arterie. La tecnica

usata che è quella dell’ecografia dei vasi del collo e del circolo intracranico, ha delle limitazioni e

dei problemi che dipendono dall’esperienza dell’operatore. La stessa venografia, che è il massimo,

non sempre ci da dei risultati chiarissimi perciò ci sono delle difficoltà nell’esecuzione e

nell’interpretazione dei dati del sistema venoso. Probabilmente è necessario avere degli strumenti

dedicati, a questo tipo di studio. Il prof. Zamboni ha fatto due brevetti che sono stati applicati ad un

sistema ecografico dedicato a questo tipo di patologia che appunto lui nel brevetto chiama “nuovo

strumento per la diagnosi di sclerosi multipla” e ci sono delle aziende italiane che a riguardo stanno

adesso presentando questo tipo di strumentazione, e poi un altro brevetto internazionale per

l’utilizzo di un catetere particolare dedicato a questo tipo di trattamento. Quindi l'altro problema è

effettivamente nell’individuare le strumentazioni ideali.

Se andiamo ad analizzare lo studio nella pratica, lo studio è stato realizzato in regime di day

hospital con procedure abbastanza semplici, ma con procedure che vengono definite invasive. I

risultati sono stati buoni dal punto di vista vascolare perché la pressione venosa si è ristabilizzata

rapidamente però c’è stato un grande numero di restenosi, quindi la necessità di ritrattare i pazienti.

Vedete che per quanto riguarda le restenosi delle giugulari nelle patologie più frequenti addirittura

nel 50% dei casi si è verificato un nuovo restringimento delle stesse vene per cui è stato necessario

intervenire di nuovo. Mentre nelle vene azygos l’intervento è stato più sicuro. Passo di nuovo la

parola ad Eleonora per la parte clinica.

Intervento della dott.ssa E. Cocco

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Adesso vediamo in dettaglio quelli che sono alcuni aspetti di questo lavoro terapeutico dove prof.

Zamboni e dott. Salvi hanno trattato 65 pazienti. In questa diapositiva vedete, da un lato ci sono i

criteri di inclusione ed esclusione, dati presi dal lavoro scientifico, affianco trovate la traduzione in

italiano, un po’ più semplificata. La cosa importante è, 65 pazienti, un gruppo di pazienti come

abbiamo detto piccolino, sicuramente un gruppo di pazienti utile per iniziare a dire e valutare una

procedura, ma sicuramente non sono sufficienti per tirar fuori delle conclusioni definitive e dire sì

questa procedura può essere fatta su larga scala. Oltre tutto, vedete sì, età sotto i 65 anni, una cosa

abbastanza classica, e il decorso clinico e la andata di malattia di pazienti inseriti nello studio era

estremamente variabile. Quindi avevamo sei pazienti nei primi anni di malattia, proprio con le

classiche recidive, cioè le ricadute cliniche, ma anche pazienti che invece avevano dei decorsi

differenti come le forme progressive, sia in fase più avanzata, che quelli che hanno una

progressione sin dall’inizio. Dall’altro lato il criterio di inclusione per questi pazienti era il fatto che

fossero in trattamento con dei farmaci per la sclerosi multipla, quindi interferone, copolimero,

farmaci immunosoppressori, cioè praticamente tra tutti i pazienti trattati, non vi erano pazienti che

non facevano terapia. Già, chiaramente questo è un dato importante da valutare da sottolineare

anche dopo, perché Zamboni in tutte le sue interviste ha sempre detto a tutti “attenzione non

abbandonate le terapie”, perché stiamo parlando di procedure da valutare. Comunque, non

abbandonate le terapie: questo penso che sia un dato estremamente importante da sottolineare. E

chiaramente diciamo che per essere inclusi nello studio terapeutico, era necessaria l’evidenza della

presenza di questa patologia venosa, come diceva Maurizio, documentata con doppler.

Poi avevano escluso dei pazienti che potessero avere delle controindicazioni all’effettuazione della

procedura, delle condizioni mediche preesistenti che potessero spiegare la malattia, come anche una

ricaduta clinica che ha richiesto cortisone nei 30 giorni prima. Oppure erano chiaramente esclusi i

pazienti che rifiutavano di fare il doppler e di seguire questa procedura terapeutica e diagnostica che

è una procedura invasiva. E queste son delle tabelle prese dal lavoro, cioè semplicemente non sono

importanti i dati, in quanto semplicemente ribadisco il concetto detto prima dell’estrema variabilità

del gruppo, che è stato inserito nella sperimentazione e questo è un altro dato importante, perché,

come diceva Maurizio, in una sperimentazione clinica è necessario avere dei criteri ben precisi,

avere una popolazione che sia comparabile con un’altra che deve essere estremamente omogenea,

da tutte una serie di caratteristiche e questo proprio per il tipo di significato che aveva lo studio di

base, che era uno studio pilota, era un qualcosa che cercava di valutare, di saggiare la possibilità di

fare un tipo di intervento, un tipo di valutazione di questo tipo. Quindi non era una sperimentazione

con la velleità per dire “questa è la terapia per la sclerosi multipla o era la terapia per la CCSVI” è

uno studio che cercava di capire se questo tipo di procedura potesse essere applicata e se ci

potessero essere i margini per fare delle valutazioni più ampie. E quindi anche questo è un dato, è

un dato particolarmente importante. Qua sono sempre riassunti i dati e qui invece vediamo i risultati

che i colleghi hanno ottenuto dal punto di vista neurologico, perché Maurizio vi ha fatto vedere

quello che succedeva sul versante vascolare. Nella prima tabella, che qua vedete a sinistra, e invece

a destra la traduzione della stessa, se andiamo a vedere quello che succedeva, noi vediamo che già

di base, nell’anno prima di fare il trattamento, quindi prima di fare questa procedura, il 27% dei

pazienti, non aveva presentato delle ricadute cliniche prima, mentre dopo aver fatto il trattamento

50% non aveva presentato ricadute nei 18 mesi. Ovviamente questo significa, che, lo ribadisco, si

tratta di un gruppo di pazienti estremamente eterogeneo, capite che in una sperimentazione io non

posso inserire dei pazienti che non hanno ricadute prima e poi andare a valutare dopo che cosa

succede, perché se non le hanno avute prima, io non mi aspetto neanche che ne abbiamo anche

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dopo. Quindi già questo mi dice il senso del lavoro iniziale, che non era tanto quello di dire questa è

la terapia, quanto andare a valutare la sicurezza e tutta una serie di altri parametri. Quindi

prendiamo un attimo con le pinze questi dati, come anche l’altro dato, e vi ripeto c’era un grosso

gruppo, 30 pazienti, primariamente progressive e secondariamente progressive, pazienti di cui non

mi aspetto di avere un numero di ricadute molto elevato, quindi già questo vi dice alcuni cose

importanti su questi aspetti. Vedete poi che i risultati sono stati prevalentmente nei pazienti che

hanno le recidive, sicuramente nella tabella sotto, vediamo dei dati che sono non significativi per

quanto riguarda invece le forme progressive, e d’altro lato vediamo un altro dato importante, sì i

pazienti hanno presentato dei miglioramenti, però non si fa cenno in tutto il lavoro di quali siano le

terapie che i pazienti facevano, perché abbiamo detto che il criterio di inclusione era quello di fare

una terapia di fondo, cioè di avere già una terapia immunomodulante o immunosoppressiva per la

malattia. E non abbiamo dati su questo, quindi chiaramente già anche questo non ci permette

completamente di valutare e di dire chi è che determina poi l’eventuale miglioramento. È un dato

chiaramente mancante. È un limite, di questo tipo di studio che ribadisco, lo stesso Zamboni dice

più volte nel suo lavoro essere assolutamente preliminare, cioè sono dei dati che indicano qualcosa,

ma non danno la certezza. E questo lo vorrei sottolineare in maniera marcata.

Poi, andando a vedere la criticità due, prima abbiamo visto le diagnostiche e ora vediamo le

terapeutiche, è uno studio molto piccolo, la malattia la conosciamo tutti, è una malattia è

estremamente variabile, estremamente capricciosa, cioè è molto difficile dire se l’andamento

fluttuante dei sintomi potrebbe essere una caratteristica tipica della malattia, quindi essere sicuri,

quando andiamo a valutare piccoli gruppi che sia una terapia a determinarlo, risulta essere

particolarmente difficile, quindi già questo è un punto critico, dall’altro lato certe volte anche il

controllo di quelli che sono i risultati della procedura stessa possono essere appunto erronei, e

ancora ribadisco il gruppo era molto piccolo, la casistica estremamente eterogenea e vi sono dati

confondenti, cioè pazienti che già facevano terapie, che comunque, a parte negli studi clinici sono

state essere dimostrate efficaci, parzialmente ma sono efficaci, ma voi tutti sapete, perché molti lo

hanno provato in prima persona, sono comunque delle terapie che i loro risultati li danno. Quello è

un fattore chiaramente confondente nella valutazione di questi dati.

Sicuramente dei dati preliminari interessanti, una procedura che può essere effettuata, una

procedura che comunque come abbiamo visto non ha avuto degli effetti avversi, particolarmente

eclatanti, e comunque una procedura chiaramente invasiva, quindi da valutare bene prima di

valutarla in larga scala, e sono sicuramente necessari un numero di pazienti, molto più elevato con

un disegno di studio più adeguato all’estensione dello studio stesso.

Alcuni dati su quello che si sta facendo a livello mondiale e quello che invece si intende fare a

livello italiano e locale: in questa diapositiva vedete un grossissimo studio, coordinato da Robert

Zivadinov, un collega croato che ha studiato in Italia e che noi conosciamo molto bene, che adesso

sta a Buffalo, negli Stati Uniti e che praticamente coinvolgerà a livello diagnostico, quindi con il

doppler, un numero molto elevato di soggetti, 1660 pazienti affetti da SM e altrettanti controlli.

Attualmente il comitato etico ha attualmente dato un limite, nel senso che ha detto al collega di fare

500 pazienti e poi a fine di questo mese si dovrebbero avere i risultati, capito già che questo tipo di

studio mostra già estremo interesse che vi è verso questo dato scientifico, però vi dice proprio la

necessità di chiarire in maniera definita e indipendente da quello che è stato fatto, sino adesso, la

veridicità del dato di per se stesso. Una prima analisi verrà fatta alla fine di questo mese, quindi

qualche dato in più lo potremo avere a breve termine. Lo stesso Zivadinov e il suo collaboratore,

cosa dicono di questo studio, dicono che se l’ipotesi dell’insufficienza venosa cerebro spinale causi

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la SM verrà confermata, il modo di vedere la malattia cambierà radicalmente, perché stiamo

parlando di qualcosa di completamente diverso, rispetto a quello che abbiamo visto fino ad esso e

soprattutto il modo di vedere la malattia, nel senso di quello che la malattia può causare, che vi

ribadisco è certamente qualcosa di importante ma anche di iniziale nello scatenare la malattia,

malattia che poi va avanti da sé e questo va considerato. Dobbiamo tenere conto che proprio per il

fatto che il doppler è una metodica di non facile esecuzione, come abbiamo visto all’inizio, a anche

vero che è fattibile in larga scala e anche non costosissima, come in altri casi, potrebbe essere anche

utilizzato come prevenzione, ovvero prima che la malattia si manifesti. Questo può essere

sicuramente un dato.

Chiaramente tutte le società scientifiche e anche le grosse società di pazienti, quali MS Society

americana e canadese tengono la cautela perché ora come ora non c’è una sufficiente evidenza che

dice che questo fenomeno, questa occlusione di vasi, sia la causa della malattia. Quindi le società

chiedono cautela e d’altronde lo stesso Zamboni dice “l’ipotesi di malformazioni venose di origine

congenita legata allo sviluppo ed associata alla sclerosi multipla sembra plausibile, però sono

necessari studi longitudinali per confermare questa ipotesi e per chiarire che cosa succede il

perché di queste due associazioni di queste due condizioni”. Il che appunto, come diceva Maurizio

prima, serve a vedere se è nato prima l’uovo o la gallina. Cioè la solita questione, capire cosa è

venuto prima, se uno è causa dell’altro.

Dall’altro lato quindi che cosa chiediamo e cosa chiede lo stesso Zamboni e Salvi: sicuramente

bisogna fare attenzione, perché mancando dei dati certi sul rapporto di queste due entità, non è

attualmente sicuro farsi sottoporre a degli interventi, e lo sappiamo bene perché esistono tante

situazioni in cui c’è gente che sfrutta la speranza delle persone per i propri interessi, ne sapete e ne

avete sentito tante, quindi questi interventi attualmente verranno effettuati solo ed esclusivamente

all’interno di sperimentazioni cliniche controllate. Quindi massima cautela in questo, queste sono

procedure abbastanza sicure in mani esperte.

Quindi attenzione alla vostra salute e della vostra sicurezza. Fino a che la terapia non si è dimostrata

efficace non può essere proposta a tutta la popolazione generale, questo è chiaro, prima dovremmo

avere dei dati chiari e certi che dicano le due malattie sono associate, la malattia è presente e ha un

impatto sulla sm: se io tratto la CCSVI ho questi vantaggi, prima devo avere dei risultati certi e

sicuri su questo, prima di fare su larga scala sia questo tipo di diagnosi sia l’intervento. Con questo

concludo, con le parole prese dal lavoro di Zamboni che, ribadisco quello che ha detto Maurizio, è

sempre stato assolutamente corretto in tutte le sue pubblicazioni e ha sempre detto che queste sono

valutazioni preliminari che hanno necessità di essere valutate su larga scala, quindi non sono cose

che ci stiamo inventando noi o che non si vogliono fare, lui stesso dice “d’altronde questi dati sono

fondamentali per pianificare uno studio controllato, randomizzato, multicentrico con delle

valutazioni neurologiche in cieco”. E dall’altro lato la cosa che sottolineo e che la sperimentazione

valuterà pazienti trattati per la CCSVI in associazione con le terapie convenzionali, quindi sarà una

terapia d’aggiunta, non una terapia alternativa, ma una da aggiungere a quelle che già abbiamo,

quindi non abbandonate le terapie convenzionali attualmente, perché in questo momento non ci

sono dati che dicano in maniera definitiva che questa è la cura della SM. Questo è

fondamentalmente il messaggio: dati interessanti, da valutare bene, lunedì il dottor Salvi e il prof.

Zamboni hanno una riunione alla FISM, la FISM ha dato la propria disponibilità a finanziare una

sperimentazione multicentrica, decidendone le modalità, quindi partirà una sperimentazione, e solo

all’interno di questa procedura verrà fatto. Questo è per avere dei dati certi, per dare sicurezza dei

dati e quindi sicurezza ai malati.

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Si procede alla pausa programmata, nella quale le persone hanno potuto preparare le loro

domande su i fogli consegnati. Sono state escluse le domande che risultavano ridondanti,

quelle troppo personali e fuori tema. Si è notato che le domande del pubblico più interessanti,

coincidevano con quelle preparate con più attenzione dal Comitato, per cui si è proceduto alla

lettura di quelle domande esclusivamente, anche per ragioni di tempo.

Le domande del Comitato sono state preparate da Matteo Pisanu e Stefania Calledda e lette

da quest’ultima con funzione di moderatrice della parte sulle domande. Ha moderato le

risposte la prof.ssa Marrosu.

1. Premesso che lo scorso settembre la CCSVI è stata ufficialmente riconosciuta al World

Consensus Conference on Venous Malformations di Montecarlo, dove i massimi esperti in

materia vascolare di 47 paesi hanno inserito, con voto unanime, le stenosi caratteristiche

della CCSVI nel novero delle malformazioni venose congenite, accettando le modalità di

diagnosi e terapia del prof. Zamboni, ci chiediamo, indipendentemente da una sua possibile

correlazione con la SM, se non sia forse un diritto di ogni individuo quello di poter

accedere alla fase diagnostica della CCSVI, intesa qui come patologia a se stante, e

passare successivamente, laddove fosse necessario, al suo trattamento curativo? E se è vero

che la CCSVI è una patologia reale e scientificamente identificabile, perché tante resistenze

da parte di alcuni eminenti esponenti della neurologia nazionale, tra i quali il presidente

della Società Nazionale di Neurologia?

Risponde la prof.ssa Petruzzo

L’argomento di cui stiamo parlando oggi è un argomento estremamente nuovo, come vi abbiamo

già detto sino ad un anno fa questa entità non esisteva, il fatto che adesso se ne parli vuol dire

semplicemente che stiamo confermando una cosa che comunque è qualcosa che ci insegnavano già

quando si studiava anatomia, cioè che il nostro sistema venoso non è come quello arterioso, è dotato

di una enorme individualità, ci sono delle differenze da un soggetto all’altro, poi poter capire quali

di queste differenze rimangano nell’ambito della normalità e quali siano di tipo patologico è

chiaramente ancora tutto da valutare. Particolarmente su un distretto assolutamente delicato e

particolare come quello cerebrale, noi possiamo studiare i vasi extracranici, e anche per quanto

concerne tutto il sistema venoso, in quelle che sono le indagini non invasive, come

ecocolourdoppler, sono esami estremamente operatore dipendente, quindi naturalmente, per l’amor

di Dio, adesso sappiamo, anche se lo sapevamo dagli studi autoptici, che ci sono queste alterazioni,

queste differenze, queste possibilità, adesso bisogna capire quanto queste stenosi e questi

inginocchiamenti, e queste riduzioni congenite di calibro possono avere un ritorno su quelle che

possono essere le cause della patologia, nel nostro caso la SM, tenete presente che qui ci sono tante

signore e signorine, prendiamo quindi solo le signore della mia età, quante di voi non hanno i

cosiddetti capillari? Fortunatamente questo non vuol dire che noi non camminiamo o abbiamo

problemi particolari, quindi l’insufficienza venosa ha anche un’entità completamente differente,

quindi è estremamente individualizzata, dipende dalla gravità, dipende da quali vasi vengono

colpiti, quindi diciamo che è un territorio estremamente ampio, su cui c’è una variabilità enorme e

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quindi che va studiata, ma con molta cautela, io stessa ho una giugulare interna più ampia e una più

piccola, non penso che questo costituisca alcun problema particolare o almeno non lo ha costituito

finora.

Continua la prof.ssa Marrosu

Per quanto riguarda invece l’atteggiamento della società italiana di neurologia, vorrei chiarire

intanto una cosa, se qualcuno pensa che, ritiene che qualunque medico serio ovviamente, non sia

felice nel momento in cui c’è una nuova possibilità , una nuova teoria, credo che sia un dato di fatto,

naturalmente tra essere contenti nel vedere una nuova via che si apre per gli ammalati, ma anche

direi da un punto di vista intellettuale, mettiamola anche in questo modo, è veramente un piacere

per chi fa ricerca vedere una nuova via, seguire una nuova scoperta, quindi al di là dell’aspetto

umano, c’è anche un aspetto intellettuale. Allora non ci sono preclusioni, né da parte della società

italiana di neurologia, tutt’altro, c’è la necessità, come in tutte le sperimentazioni, di eseguire

appunto sperimentazioni, come è stato già detto da dott. Melis e dalla dott.ssa Cocco, voi capite

bene che in tutte le sperimentazioni, ormai esistono, diciamo, delle formule collaudate che

significano questo: gruppo di pazienti trattati, gruppo di pazienti di controllo, visti da due

sperimentazioni differenti che non sanno chi è trattato con il farmaco e chi invece viene trattato con

un falso farmaco, il cosiddetto placebo. Perché tutti noi sappiamo che per il solo fatto di essere

trattati il paziente si sente meglio, questo è il cosiddetto effetto placebo. E quindi bisogna avere,

come dire, un gold standard, cioè un risultato che sia incontrovertibile nel caso della Sclerosi

Multipla e della risonanza magnetica. Cioè, io vedo una riduzione delle placche o comunque non

una aggressione delle placche, vedo delle placche attive e poi vedo segni clinici che avevano una

certa disabilità diminuire nel tempo. Quindi occorrono numeri grandi, ma non soltanto. Quindi se

l’insufficienza venosa è causa di questa patologia e non concausa, o semplicemente un aspetto, nel

tempo io devo verificare attraverso la risonanza magnetica cerebrale e del midollo, una riduzione di

queste lesioni. Quindi, con il tempo io devo vedere degli effetti. Per cui la società nazionale di

neurologia dice “interessante”, benissimo, vediamo di trovare il modo di fare una sperimentazione

degna di questo nome. Ciò che è stato proposto sono solo dei risultati preliminari, questo quindi è

l’atteggiamento, non è un atteggiamento di chiusura, assolutamente no, non saremmo dei medici,

saremmo dei venditori di carote, cosa volete che vi dica, ma sicuramente non dei medici, non degli

scienziati.

2. Perché, nonostante i numerosi studi che dimostravano già, agli albori della neurologia, uno

stretto legame tra un malfunzionamento vascolare e la Sclerosi Multipla, si è preferito un

approccio esclusivamente immunologico, ignorando questi importanti tasselli della

complessità della SM? Immaginando, in un ottica multidisciplinare, l’approccio a questa

patologia, è legittimo pensare ad un futuro in cui neurologi, radiologi interventisti e

chirurghi vascolari si alleino per combattere la Sclerosi Multipla?

Risponde la prof.ssa Marrosu

Intanto, l’affermazione non è esatta, perché fin dagli approcci dei primi studi che vennero fatti

nell’800 da Charcot, il neurologo francese, si vide che intorno alle piccole venule c’era un infiltrato

infiammatorio. Questi infiltrati infiammatori erano costituiti nella maggior parte di cellule che poi si

sono scoperte essere cellule immunitarie, certo all’epoca di Charcot non si sapeva, ma in seguito si

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è capito questo: cellule che provengono dal sangue e che cominciano la loro attività contro degli

agenti che possono essere di varia natura, dei piccoli frammenti che provengono dalla mielina o che

provengono da una reazione incrociata da antigeni estranei, come virus, batteri, o prodotti dalla

mielina stessa. A questo è seguita una fase di degenerazione. Da notare che quello che oggi si

conosce e si conosce molto bene, che ha detto all’inizio la dott.ssa Cocco è che la sclerosi multipla

no è solo una malattia delle placche, quindi non solo queste placche e queste piccole venule, ma

rimane diffuso in tutto il sistema nervoso. C’è questa piccola infiammazione che coinvolge

pienamente tutto il sistema nervoso. Ora la genesi autoimmune della sclerosi multipla non è messa

in dubbio credo da nessuno, ridurre il problema, estremamente complesso, della patologia Sclerosi

Multipla ad un puro problema di vasi credo non sia soltanto riduttivo, ma nessuno al mondo può

ipotizzare una cosa di questo genere. Poi è ovvio che questa possibile strada, che io posso

eventualmente ritenere una concausa, io personalmente, ma comunque potrebbe essere un altro

strumento in più per i malati, cioè, gradino per gradino dobbiamo imparare ad arrivare ad una

certezza di ciò che noi diciamo e questo per evitare anche qualcosa che sta succedendo all’estero.

Se qualcuno non lo sa, noi lo diciamo più apertamente, esistono già dei chirurghi vascolari che si

occupano di fare questo interventi, ovviamente dietro compenso, e alcune persone che già si stanno

avviando verso l’estero, in particolare in alcuni paesi dell’est, dove il costo dell’intervento è molto

caro, per cui attenzione. Voglio dire, io mi occupano di sclerosi multipla da 36 anni, in questi 36

anni ho visto passare di tutto e di più, in termini di trattamenti, mi ricordo negli anni ’70 questo

vaccino russo, fiale costosissime importante dalla Russia, questa miscela di schifezze innominabili,

che i pazienti prendevano, e così via, così io ho terrore di tutto quello che non sia unicamente

passato al vaglio di una comunità scientifica seria, seria, seria.

3. Se è ormai certezza scientifica il fatto che nelle lesioni tipiche della SM vi è un’alta

concentrazione di ferro, perché non si è approfondito in maniera chiara il tema della

correlazione tra i metalli pesanti e la sclerosi multipla? Non è forse vero che le attuali

terapie di cui beneficiano i malati di SM oggi, e di cui beneficeranno in futuro, lasciano e

lasceranno irrisolti questi quesiti?

Risponde la dott.ssa Cocco

Il ferro è uno dei metalli pesanti, ma stiamo parlando di un metallo pesante particolare, che sta

all’interno dei nostri globuli rossi e serve per trasportare l’emoglobina che porta alle cellule

l’ossigeno. Quindi ci sono tutta una serie di approcci terapeutici che qualcuno sta effettuando con

chelanti del ferro, e chiaramente qua, sempre per il discorso che la prof.ssa faceva prima, molta

attenzione anche a questi perché chelare il ferro a livello periferico può anche voler dire

determinare anemia, stanchezza ecc, ecc, ecc. Il discorso del ferro, qui come centri dell’isola, come

ogni centro di ricerca ha delle maggiori specificità, non tutti possono fare tutto e sarebbe anche

molto presuntuoso, ci sono altri gruppi di ricerca che si occupano di valutare il ferro e anche tramite

la conferma che il ferro non si trova solo nelle lesioni, ma in altre parti del sistema nervoso,

attraverso studi di risonanza magnetica e si sta facendo anche con tutta un’altra serie di metodiche,

oltre tutto il ferro sì, si accumula all’interno delle lesione, come mostrato in un’immagine che ho

fatto vedere prima. Una delle cose che stiamo valutando noi stessi è la funzione di piccoli organismi

che si chiamano mitocondri, che stanno all’interno della cellula, e praticamente all’interno di questi

che si accumula il ferro, per dire, per cui non è un aspetto che non si stia valutando, però bisogna

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stare attenti, perché questi sono argomenti molto complessi, non basta dire che il sangue stravasa e

quindi abbiamo l’accumulo di ferro, il ferro si trova in accumulo in numerose malattie

neurodegenerative, tra cui il Parkinson, l’alzheimer, si sta studiando, ma non è detto che

semplicemente togliere il ferro dal sangue possa essere comunque una soluzione al problema, ma in

alcuni casi potrebbe essere anche più dannoso per il soggetto, quindi anche qui, non è che la

comunità scientifica sia ferma, molte cose non vengono dette quotidianamente negli ambulatori

perché, perché se dovessimo parlare di tutti i lavori scientifici che vengono fatti, visto che vengono

pubblicati 15 lavori al giorno sulla SM, capite che non è che si possa parlare sempre di tutto, c’è

argomento e argomento, ci sono argomenti che possono avere alcune applicazioni pratiche dirette e

alcune ce l’hanno meno immediate. Comunque stiamo parlando di una comunità scientifica a livello

internazionale molto, molto attiva, sull’argomento SM e questa è una cosa molto importante che

deve dare, da un certo punto di vista, un po’ di ottimismo, per affrontare questa malattia. La

comunità scientifica sta lavorando, sta lavorando sodo.

Continua il dott. Melis

Da questo punto di vista, giusto per dare ottimismo, perché poi sembra che siamo qui per smontarvi,

in realtà non è così, bisogna essere più che altro cauti, per cercare di trasferire queste esperienze

sperimentali, senza nessuna preclusione da parte di nessuno, se uno di noi avesse dei preconcetti nei

confronti di una possibile terapia, dovrebbe essere costretto a cambiare lavoro, non dovrebbe fare il

medico. Dal punto di vista pratico, quello che ha detto Eleonora è estremamente importante, non è

vero che non ci si occupa delle malattie da accumulo di metalli, non tutti fanno tutto, ma quello che

è importante è che in Sardegna c’è anche da questo punto di vista, che la ricerca e in particolare la

SM, principalmente per merito di Marisa [prof.ssa Marrosu] e del suo gruppo, c’è una grossa

collaborazione fra i Centri, è una cosa nuova, questo non succede dappertutto, da noi c’è una

serenità da questo punto di vista, che è estremamente produttiva e poi gli effetti noi crediamo che si

vedano a breve termine, per esempio una cosa importantissima è stata consorziare tutti i centri più

importanti che si occupano di SM per la ricerca genetica, e questo darà dei risultati certamente,

perché proprio dalla mancanza di diffidenza e dallo spirito di collaborazione che c’è tra i Centri, e

della serenità che c’è da questo punto di vista, può venire fuori qualcosa di positivo. Credo che sia

anche il caso di rasserenare con dei messaggi costruttivi.

Intervento non previsto dal pubblico di Tomaso Marchio, Presidente dell’associazione

Sa.S.M.

Dunque, io voglio dire semplicemente questo, mi pare che si gridi al lupo al lupo, e noi siamo

venuti qua non per gridare, aiuto, chissà che cosa, intanto io mi chiamo Tomaso Marchio e sono un

fondatore di un’associazione che si occupa di SM. Io ho la sclerosi da 20 anni e questi discorsi

cauti, giusti, nessuno li mette in dubbio, per carità, li sento da 20 anni. Consentite una volta tanto

che la speranza di trovare una soluzione diversa possa anche rinfocolare, ridare nuovamente fiato

alle nostre trombe. Noi non siamo venuti qua per fare un processo, alla medicina, al neurologo ecc,

noi siamo venuti qua per capire il perché, una volta tanto che c’è una nota diversa dalla solita

musica, perché consentitemi di dire che è la solita musica da 20 anni, perché si vuole dare lo spazio

giusto perché si faccia la vostra sperimentazione, però che si faccia, deve essere fatta come,

esattamente come in tutte le altre ricerche. Allora io mi chiedo questo, io sono venuto qui per questo

motivo, come mai la scoperta di prof Zamboni ha suscitato così tanto interesse che hanno parlato le

televisoni, quali? I giornali, quali? Che ne hanno parlato i neurologi, quali? Che ne hanno parlato …

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voi ne avete parlato, ne avete parlato anche mettendo molto le mani avanti, come se noi adesso

fossimo una massa di briganti, improvvisamente vogliamo fare per forza la sperimentazione con

Zamboni, non è questo, il discorso che noi vogliamo fare è che la sclerosi in Sardegna è a livello

epidemico, non c’è bisogno di fare calcoli matematici, io giro per i paesi e purtroppo la condizione

è questa, è un nostro diritto vedere che questa cosa venga portata avanti, da voi, non da noi, però

portata avanti come, con la pubblicità, informando le persone, non si è detta una parola su Zamboni.

Faccio un esempio, ieri si è parlato di un nuovo farmaco orale, non dico il nome perché lo

sappiamo, ne hanno parlato tutti, come mai Zamboni è stato ignorato? Un’altra cosa, se è vero

quello che voi dite, se è vero gli scienziati vogliono far fronte a questa soluzione come si può

portare avanti insieme, noi siamo quelli che si vogliono sottoporre a questo tipo di sperimentazione

con tutte le cautele ovviamente, con tutte le virgolette e i puntini che avete messo, però vogliamo

che si faccia! [Applauso spontaneo] Zamboni se ne vada in Canada, dove gli stanno facendo una

corte micidiale [La dott.ssa Cocco mette in discussione questa affermazione], ma come non è vero,

lo sappiamo, verrà a Sassari invitato da me e sono sicuro che verrà volentieri. Il discorso è un altro,

noi vogliamo Zamboni, non perché ci dica cose diverse da voi, ma perché chiarisca una volta per

tutte come verrà fatta questa sperimentazione, perché noi sardi siamo stanchi. Per venire qui da

Sassari mi sono alzato alle 4 del mattino, e sono già prenotato a Bologna da dott. Salvi, è un

travaglio, è un ulteriore dramma alla SM, noi vogliamo che questa ricerca si sviluppi in Sardegna,

noi non osteggiamo nessuno, voi siete i ricercatori, voi prendete in mano la questione, lei è un

chirurgo vascolare [indicando la prof.ssa Petruzzo], benissimo, allora lavori perché questa cosa

venga fatta qui in Sardegna.

La prof.ssa Marrosu interviene per bloccare Tomaso Marchio

Era stato dato un metodo, come vedete il metodo non viene seguito, se il metodo è che all’inizio si è

stabilito che chi ha delle domande da fare scriva nel biglietto, non può essere che noi facciamo una

cosa diversa. E questo metodo, per tornare alle tipologie scientifiche serie, se viene adottato un

metodo, non può esser cambiato in corso d’opera. Quindi continuiamo con le domande.

[Il pubblico rumoreggia]

Io credo che veramente pensare che vogliamo tarpare, uccidere una speranza, quella che lei ha detto

è una cosa brutta per me, mi fa male, perché le assicuro, che se ci sono persone che sperano sempre

in un miglioramento dei loro pazienti e quanti di noi sono felici per un piccolo passo avanti, quando

vediamo alla risonanza successiva stare meglio, dopo una terapia, lo abbracciamo, nel mio Centro

credo che queste scene le abbiamo viste più volte, che noi vogliamo tarpare le speranze, tutt’altro,

quello che noi vogliamo è che questa speranza non sia un’illusione. Le parole hanno un significato,

quindi se speranza deve essere, deve essere una speranza supportata, la sperimentazione, come

andrebbe fatta lo decide, lo deciderà un comitato scientifico, che dirà se devono essere inclusi

determinati criteri per avere un potere statistico, cioè perché uno studio possa essere considerato

valido, ci deve essere un numero, ci devono esser inserite persone con delle caratteristiche

omogenee e così via. Tutto questo verrà fatto, [Dal pubblico: “in che tempi?”] i tempi sono quelli

delle sperimentazioni. Considerate solo una cosa, che il farmaco orale di cui si è parlato tanto ecc,

ancora non è stato approvato dall’agenzia europea dopo una sperimentazione che è oggi al quinto

anno, ma voi pensate per quale motivo, perché bisogna essere certi che un farmaco o una metodica,

comunque la vogliamo chiamare, sia non soltanto di beneficio all’ammalato, ma anche sicuro.

Interviene la dott.ssa Cocco

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Guardate, ma noi non siamo mica dei baluba, noi i nostri studi ce li abbiamo e li stiamo facendo. La

sperimentazione si farà, nei tempi previsti, con calma.

Interviene dott. Melis

È vero che noi abbiamo messo le mani avanti, è una nostra precisa responsabilità.

4. Come afferma il prof. Comi, “la malattia ha basi genetiche e ambientali, i geni coinvolti

sono tutti legati al sistema immunitario, le terapie che bloccano l'accesso al cervello delle

cellule infiammatorie hanno effetti positivi”. D’altro canto, come sostiene il Professor

Byung B. Lee, della Georgetown University di Washington DC, e presidente della già citata

Consensus Conference, “le malformazioni scoperte nella CCSVI sono malformazioni

congenite di tipo trunculare, e pertanto sicuramente precedono lo sviluppo della Sclerosi

Multipla e non possono essere considerate una conseguenza”. Ma se le stenosi, come

dimostrano gli studi, precedono la SM, non sarebbe corretto indagare su quei geni che

causano tali malformazioni congenite?

Risponde la prof.ssa Petruzzo

Ribadisco il concetto per il quale questo campo è estremamente nuovo e addentrasi nel sistema

venoso è come entrare nella foresta amazzonica. Ogni studioso di chirurgica vascolare può

pubblicare uno studio, ma questo non ha valore se non giudicato dalla comunità scientifica

internazionale. Ripeto, l’argomento è nuovo e si può scrivere e teorizzare tutto e il contrario di tutto.

5. Come sappiamo, il prof. Zamboni ha attivato un corso di addestramento al suo metodo

diagnostico che interesserà 10 tecnici provenienti da tutta la nazione. Tra questi sono

presenti elementi del servizio pubblico sardo? Avete mai assistito personalmente alla

metodica di Zamboni e comunicato con i membri della sua equipe e con i pazienti sottoposti

a tali metodica? Siete in grado di riprodurla con gli strumenti a vostra disposizione?

Risponde la dott.ssa Cocco

Innanzitutto i corsi non sono ancora attivi e c’è poi un discorso tecnico perché non abbiamo

l’apparecchio per l’ecodoppler. Personalmente sono in contatto con il dott. Salvi.

Stefania Calledda incalza sul discorso tecnico

Continua dott. Melis

Questo apparecchio è in produzione, secondo le indicazioni precisate da Zamboni, però per averlo

attendiamo i finanziamenti della FISM, certo non è possibile chiedere soldi alla Regione sino a

quando non ci sarà uno studio con un campione statisticamente significativo, che giustifichi

l’acquisto di tale macchinario, dal costo di 50.000 euro.

Continua la dott.ssa Cocco

Questa fase, ovvero la diagnostica, non è certamente costosa.

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6. Che Loro sappiano, esistono altre metodiche oltre a quella di Zamboni per individuare le

stenosi da CCSVI?

Risponde la prof.ssa Petruzzo

La flebografia è uno degli strumenti diagnostici che si utilizzano e che richiede l’uso del contrasto,

sostanza che ha i suoi rischi, mentre l’ecografia non è un esame che dà rischi. Oltre questi strumenti

non ci sono altre soluzioni per individuare le stenosi. Ci addentriamo in un campo sconosciuto, tutto

da studiare.

7. Da più parti si tiene a precisare che il trattamento di “Liberazione”, come ogni intervento

chirurgico, comporta dei rischi. È anche vero però, che la parola rischio è ben conosciuta

dalle persone con sclerosi multipla e concerne anche l’alta tossicità delle terapie utilizzate

per la stessa patologia. Perché, allora, tanta cautela per l’intervento di Liberazione e non

invece nel caso della diffusione e promozione, in questi ultimi tempi, del Fingolimod o del

Tysabri ad esempio, sui quali è stata riscontrata una percentuale di mortalità e possibile

cancerosità? Zamboni riferisce che “la procedura di Liberazione è stata ben tollerata con

nessuna complicazione operatoria o post operatoria, come rottura dei vasi, trombosi,

dolore etc.” Qual è allora il rischio, comparato ai farmaci in termini percentuali? Perché

non comparare gli effetti collaterali di entrambi gli approcci, a questo punto?

Risponde la prof.ssa Petruzzo

Stiamo parlando, ribadisco, di un campo nuovo e di una zona molto delicata dell’organismo,

francamente consiglierei anche a mia madre di non praticare un simile intervento, se non per ragioni

d’importanza vitale, perché qui stiamo parlando del cervello, ovvero di entrare con un sondino per

allargare delle vene cerebrali sottilissime che hanno la resistenza di un tuorlo d’uovo. Noi donne,

soffriamo di insufficienza venosa agli arti inferiori, normalmente, ma questo non comporta nessun

problema patologico serio. Sebbene non ci siano stati rischi nello studio di Zamboni questo è perché

65 pazienti sono molto pochi. E poi mi chiedo perché mai si chiami liberazione, perché mai si

continui a parlare di liberazione.

Continua la prof.ssa Marrosu

Dei farmaci conosciamo quali sono gli effetti collaterali, non sappiamo altrettanto dell’intervento di

angioplastica dilatativa, soprattutto per quanto concerne il lungo periodo. I numeri non sono

sufficienti.

8. Sappiamo che in una clinica californiana, in cui si effettuano le Liberazioni ed in Polonia,

vengono utilizzati non dei “palloncini ad alta pressione”, ma gli “stent”. Questi due

strumenti presentano una differenza riguardo alla loro efficacia clinica?

Risponde la prof.ssa Petruzzo

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Che domanda ingenua! Stiamo parlando di stent e palloncini per vene o arterie? Il rischio è alto in

quanto le arterie hanno delle pareti ben più resistenti delle vene, e esiste un alta possibilità che le

vene si rompano, soprattutto in queste zone.

9. Se venisse confermata la correlazione tra CCSVI ed SM, in rapporto al problema

dell’autoimmunità, che cosa accadrà dal punto di vista terapeutico dopo il trattamento?

Sarà comunque necessario trattare la malattia con farmaci immunomodulanti e

immunosoppressivi?

Risponde la dott.ssa Cocco

Nemmeno il prof. Zamboni si è spinto a tanto: non abbiamo dati certi per confermare con assoluta

ovvietà la relazione tra CCSVI e SM. Da ore ribadiamo il fatto che le terapie che già utilizziamo

non possono essere sostituite da tale trattamento.

10. I soggetti sui quali si è verificata una restenosi, hanno riscontrato, in quella fase, un nuovo

peggioramento dei sintomi della SM; questi sono stati trattati nuovamente, e dopo il nuovo

intervento di Liberazione, hanno riscontrato immediatamente dei miglioramenti, i quali

sono stati registrati in maniera oggettiva da specialisti esterni quali ad esempio urologi,

fisiatri etc. Non sarebbe forse questa, un’ulteriore prova dell’efficacia terapeutica della

Liberazione, che escluderebbe altresì la possibilità di un effetto placebo?

Risponde il dott. Melis

No, le esternazioni dei pazienti, in quanto estremamente sensibili all’effetto placebo, no hanno

alcun valore scientifico e pertanto dobbiamo affidarci sono ai dati oggettivi.

11. Gli scettici obiettano che per sua natura la sclerosi multipla ha periodi di remissione e rica-

dute, per cui la riduzione delle recidive potrebbe essere di fatto un caso. Il miglioramento

può venire così interpretato o come effetto terapeutico, o invece, come una semplice

coincidenza con un miglioramento spontaneo, o ancora, un classico effetto placebo. Ma

allora, questo stesso ragionamento non sarebbe applicabile anche in riferimento alle

terapie farmacologiche?

Risponde la prof.ssa Marrosu

I dati che noi abbiamo, e di conseguenza i risultati, provengono da anni ed anni di ricerche e di

controlli sulla popolazione che ci danno abbastanza sicurezza nel sostenere l’efficacia di tali terapie.

Come più volte ribadito anche oggi, non abbiamo altrettante sicurezze nel caso del trattamento del

prof. Zamboni.

Chiusura dei lavori con gli ovvi ringraziamenti.

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