Introduzione Tale progetto ha visto il coinvolgimento di 89 case in ciascuna delle quali ......

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1 Introduzione La pericolosità del gas radon è nota sin dall’antichità, esso infatti è stato citato da Lucrezio nel “De Rerum Natura” (libro VI) come sconosciuta causa di malattie mortali per un significante gruppo di minatori. Anche nel sedicesimo secolo venne rilevata una forte incidenza di malattie gravi a carico del sistema respiratorio nei lavoratori nelle miniere d’argento della regione di Schneeberg, in Sassonia; e fu proprio con il nome della regione che cominciò ad identificarsi questa malattia mortale, la quale solo nel 1879 da Hartung e Hesse venne riconosciuta come cancro ai polmoni. La consapevolezza dell’impatto sulla salute dell’uomo ha evidenziato la necessità di affrontare tele problema con maggior rigore, sono state pertanto intrapresi numerosi studi epidemiologici tra gli anni 1950- 1970 al fine di mostrare una reale correlazione tra l’inalazione di tale gas e l’insorgenza di neoplasie a carico dell’apparato polmonare. Nel 1988 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) confermò la pericolosità del radon, identificandolo come agente cancerogeno di gruppo I (massima evidenza di cancerogenicità). Tale gas rappresenta infatti la principale causa di esposizione a radioattività naturale per l’individuo, costituendo pertanto una problematica fondamentale nella valutazione del rischio in ambienti chiusi. Sono state quindi intraprese numerose azioni di sensibilizzazione nei confronti di questa problematica; a livello normativo si sono introdotti per la prima volta in Italia con il D. Lgs. 241 del 2000 dei valori limite per regolamentare la concentrazione del radon in ambienti di lavoro potenzialmente pericolosi. Il radon è infatti esalato dalle rocce della crosta terrestre per cui la sua diffusione nelle luoghi indoor dipende dal suolo su cui gli edifici in questione sono posizionati nonché dai materiali da costruzione

Transcript of Introduzione Tale progetto ha visto il coinvolgimento di 89 case in ciascuna delle quali ......

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Introduzione

La pericolosità del gas radon è nota sin dall’antichità, esso infatti è stato

citato da Lucrezio nel “De Rerum Natura” (libro VI) come sconosciuta

causa di malattie mortali per un significante gruppo di minatori. Anche nel

sedicesimo secolo venne rilevata una forte incidenza di malattie gravi a

carico del sistema respiratorio nei lavoratori nelle miniere d’argento della

regione di Schneeberg, in Sassonia; e fu proprio con il nome della regione

che cominciò ad identificarsi questa malattia mortale, la quale solo nel

1879 da Hartung e Hesse venne riconosciuta come cancro ai polmoni.

La consapevolezza dell’impatto sulla salute dell’uomo ha evidenziato la

necessità di affrontare tele problema con maggior rigore, sono state

pertanto intrapresi numerosi studi epidemiologici tra gli anni 1950- 1970 al

fine di mostrare una reale correlazione tra l’inalazione di tale gas e

l’insorgenza di neoplasie a carico dell’apparato polmonare.

Nel 1988 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) confermò la

pericolosità del radon, identificandolo come agente cancerogeno di gruppo

I (massima evidenza di cancerogenicità).

Tale gas rappresenta infatti la principale causa di esposizione a radioattività

naturale per l’individuo, costituendo pertanto una problematica

fondamentale nella valutazione del rischio in ambienti chiusi.

Sono state quindi intraprese numerose azioni di sensibilizzazione nei

confronti di questa problematica; a livello normativo si sono introdotti per

la prima volta in Italia con il D. Lgs. 241 del 2000 dei valori limite per

regolamentare la concentrazione del radon in ambienti di lavoro

potenzialmente pericolosi.

Il radon è infatti esalato dalle rocce della crosta terrestre per cui la sua

diffusione nelle luoghi indoor dipende dal suolo su cui gli edifici in

questione sono posizionati nonché dai materiali da costruzione

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adoperati,ma anche da caratteristiche proprie delle strutture, come altezza

dal suolo, presenza di crepe o fessure, tipo di infissi e eventuale presenza di

idonei sistemi di ventilazione.

Sono state pertanto introdotte delle linee guida nell’ambito dell’edilizia al

fine di evitare l’accesso di tale gas negli ambienti, nonché per facilitare

eventuali interventi di riduzione e rimozione dello stesso.

Questo lavoro di tesi si colloca nell’ambito di un progetto sulla

radioattività naturale finanziato dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare

(INFN) e finalizzato ad effettuare misure della concentrazione del gas

radon in abitazioni dislocate nel territorio della penisola sorrentina.

Tale progetto ha visto il coinvolgimento di 89 case in ciascuna delle quali

sono stati posizionati due dosimetri, uno nella zona giorno ed uno in quella

notte al fine di effettuare un monitoraggio annuale (6+6 mesi) della

concentrazione del gas nei diversi locali e quindi stimare la dose di

esposizione per abitante; è stato inoltre allegato a ciascuna casa un

questionario per avere informazioni circa le caratteristiche dell’abitazione

in questione e quindi verificare la variabilità delle misure in funzione di

diversi parametri.

Nella prima parte di tale elaborato di tesi (capitoli 1 e 2) dopo

un’introduzione sulla radioattività in generale,si affronta l’argomento radon

da un punto di vista teorico, descrivendo le caratteristiche di tale gas, gli

effetti biologici che esso ha sull’individuo e introducendo i due diversi

approcci (dosimetrico ed epidemiologico) usati per stimare il rischio legato

ad un’esposizione prolungata ad esso, dopodiché sono introdotti i

riferimenti normativi che regolamentano i valori di concentrazione di tale

gas in taluni luoghi di lavoro strutturalmente pericolosi. Sono ancora

introdotte le principali fonti di esalazione di esso e le modalità di diffusione

dello stesso nei luoghi indoor, nonché i sistemi di rimedio da adottare.

Nella seconda parte (capitoli 3 e 4) si introducono le principali tecniche di

misura della concentrazione del gas radon, soffermandosi sulla metodica da

3

noi utilizzata, pertanto si descrive il lavoro sperimentale condotto

nell’ambito di tale tesi, con particolare attenzione a tutte le fasi del

processo di misura, dall’assemblaggio dei dosimetri LR115, alla

descrizione del metodo di lettura di tipo ottico messo a punto nel

Laboratorio di Radioattività “LaRa” del dipartimento di Scienze Fisiche

dell’Università “Federico II” di Napoli presso cui è stato svolto tale lavoro

di tesi.

Dopo la fase di acquisizione e elaborazione dei dati si è giunti alla stima

della concentrazione del gas per abitazione e da essa si è poi ricavata la

dose di esposizione per abitante in ciascuna casa.

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Capitolo I

Il radon: origine e caratteristiche

In questo capitolo si introducono i concetti base nell’ambito della

radioattività e si analizzano le caratteristiche del gas radon, nonché i due

diversi approcci usati per stimare il rischio connesso all’esposizione

prolungata ad esso.

1.1 Struttura dell’atomo

L’atomo è costituito da Z elettroni, orbitanti attorno al nucleo, contenente

al proprio interno A nucleoni (Z protoni, A- Z neutroni).

Z è detto numero atomico, A numero di massa : ��� , dove X è un elemento

chimico qualsiasi.

I nuclei che hanno stesso numero atomico, Z, ma diverso numero di

neutroni sono detti isotopi. Il protone a carica positiva, l’elettrone negativa

e il neutrone è appunto neutro; inoltre protone e neutrone hanno massa pari

ad un’ unità di massa atomica, 1 u, dove u è uguale a 1.66 *10� kg,

mentre l’elettrone ha massa più piccola, circa 0.0005486 u [1].

Il nucleo è una parte molto piccola dell’atomo in cui sono racchiuse

particelle cariche positivamente e particelle neutre, la stabilità del nucleo è

causata dall’esistenza di una forza che si oppone a quella di repulsione di

Coulomb, la forza forte.

Tale forza forte, detta anche nucleare, esiste per piccole distanze di

separazione tra le particelle, minori di 2 fermi, dove un fermi è uguale a

10���m; essa inoltre agisce sui nucleoni, ovvero neutroni e protoni, mentre

5

quella di Coulomb solo sui protoni, infatti i nuclei più leggeri sono stabili

se contengono numero uguale di protoni e neutroni, mentre quelli più

pesanti se N è maggiore di Z.

Se aumenta il numero di protoni allora aumenta la forza di repulsione che

tende a rompere il nucleo, ma aumentando anche il numero di neutroni si

conserva la stabilità , tuttavia questo è possibile fino ad un valore limite,

ovvero se il numero atomico Z è pari o maggiore di 83 allora, la forza

repulsiva non può più essere compensata dalla forza forte e quindi il nucleo

di tali elementi si trova in una condizione di instabilità, pertanto essi

decadono emettendo particelle [2].

1.2 La radioattività

Il fenomeno della radioattività fu scoperto accidentalmente nel 1896 da

Becquerel, il quale osservò che cristalli di solfato di potassio di uranile

emettevano una radiazione capace di annerire una lastra fotografica.

Due anni più tardi, i coniugi Curie mostrarono che non soltanto l’uranio,

ma anche molti dei suoi discendenti avevano la peculiarità di emettere

radiazione con capacità penetranti e nel condurre tali studi scoprirono il

polonio e il radio.

Questa sensazionale scoperta segnò l’inizio di studi e ricerche volte alla

conoscenza di questo fenomeno.

Con il termine radioattività si intende la capacità di trasformazione di un

radionuclide padre in un’altra specie, detta radionuclide figlio, mediante

emissione di radiazioni alfa, beta e gamma.

Decadimento alfa.

Quando un nucleo decade emettendo una particella α ( He� � perde due

protoni e due neutroni, pertanto il numero di massa A diminuisce di quattro

6

e il numero atomico Z di due. Il processo di decadimento si può scrivere

come:

X � Y � He��������

dove X è il nucleo padre e Y il figlio.

In tale processo la somma dei numeri atomici dei membri di destra deve

essere a quella del membro di sinistra e stessa cosa vale per i numeri di

massa.

Queste alfa, inoltre, sono particelle pesanti con energia variabile dai 4 ai 10

MeV, caratterizzate da uno scarso potere penetrante, al massimo possono

attraversare un foglio di carta.

Decadimento beta

Nel processo che avviene in un decadimento beta si ha la trasformazione di

un neutrone in un protone e in un elettrone, il numero di massa resta

invariato e quello atomico diminuisce di uno:

��� � ����� + �� (emissione di un elettrone)

��� � ����� � ��(emissione di un positrone)

Al di fuori del nucleo questo processo non avviene perché il neutrone e

l’elettrone hanno una massa totale maggiore di quella del protone, nel

decadimento β si ha una diminuzione della massa del nucleo, quindi il

processo avviene spontaneamente. Dato che in questo processo di

decadimento non tornano i conti, allora nel 1930, Pauli ipotizzo l’esistenza

di un’altra particella coinvolta, il neutrino; pertanto nell’emissione di

positrone è coinvolto il neutrino, in quella dell’elettrone l’antineutrino.

Queste particelle beta percorrono distanze maggiori rispetto alle alfa,

tuttavia attraversano al più pochi mm di alluminio e sono caratterizzate da

valori energetici variabili entro un vasto spettro.

Decadimento gamma

Un atomo eccitato può emettere un fotone quando uno dei suoi elettroni

passa ad un livello energetico inferiore; molto spesso un nucleo rimane in

una condizione di eccitazione anche a seguito di un processo di emissione

7

di particelle, per cui può subire un ulteriore decadimento con emissione di

fotoni.

I raggi gamma hanno energia molto elevata, circa 1 MeV, essa è data dal

prodotto della costante di Plank, h, per la frequenza ,ν; nello spettro

elettromagnetico si collocano oltre i raggi X.

In tale processo il numero atomico e quello di massa non subiscono

variazioni, il nucleo passa solo ad uno stato energetico inferiore con

l’emissione di tali fotoni.

Le radiazioni gamma, inoltre, sono fortemente penetranti riuscendo ad

attraversare anche alcuni cm di piombo.

Figura 1.1. Capacità penetranti dei tre tipi di radiazioni.

Il decadimento radioattivo è descritto dalla seguente legge:

���� � � ! (1.1)

Dove λ è la costante di decadimento ed N numero di nuclei radioattivi a un

certo istante, da cui si ottiene:

! � !# $� �(1.2) dove %& è il numero di atomi all'istante t = 0 ed % è il numero di atomi

all'istante t.

L’unità di misura dell’attività per un campione radioattivo è il curie (Ci):

8

1Ci = 3.7 10�& decadimenti al secondo.

L’unità del Sistema Internazionale è il Becquerel (Bq)

1 Bq = 1 decadimento al secondo

Si chiama, invece, tempo di dimezzamento oppure emivita il tempo

necessario affinché il numero dei nuclei radioattivi sia dimezzato e si

indica come:

'()� *+)

, (1.3)

Nel caso di catene radioattive esiste il concetto di equilibrio secolare,

ovvero l’attività del padre è uguale a quella dell’ultimo elemento della

serie; tale caratteristica è importante poiché molto spesso ciò che si riesce a

rilevare è l’attività dei figli da cui si può, in tal modo, risalire a quella dei

genitori [3].

1.3 Interazioni radiazioni-materia

Si posso distinguere due diversi tipi di radiazioni: ionizzanti e non

ionizzati.

Le prime, diversamente dalle seconde, interagendo con le strutture

biologiche, provocano una ionizzazione negli atomi bersaglio, alterando

quindi la struttura preesistente e inducendo mutazioni che possono sfociare

in insorgenza di neoplasie.

Le radiazioni ionizzanti, in base alla modalità di interazione, possono

distinguersi in radiazioni direttamente o indirettamente ionizzanti.

Delle radiazioni indirettamente ionizzanti fanno parte i fotoni, essi

interagiscono con la materia mediante tre diverse modalità.

� Effetto fotoelettrico: il fotone che interagisce con l’elettrone bersaglio

sparisce, rilasciando ad esso un’energia cinetica pari alla differenza tra

l’energia del fotone e quella di strappamento, ovvero l’energia di

legame all’atomo dell’ elettrone considerato. Tale effetto scompare

9

all’aumentare dell’energia del fotone, per cui il range, in cui esso

avviene, è inferiore ad 1 MeV.

� Effetto Compton: diversamente da quello fotoelettrico, in tal caso il

fotone non scompare e, potendo interagire anche con più elettroni, si

crea un effetto a cascata; per tale effetto l’energie associate ai fotoni si

aggirano fino ad massimo 100 MeV.

� Produzione di coppie: sparisce una certa quantità di energia e si forma

una corrispondente quantità di materia; se l’energia associata al fotone

è maggiore di un valore soglia di 1,022 MeV allora si assiste alla

formazione di una coppia elettrone-positrone. Il fenomeno inverso è

detto di “annichilazione”.

Nel caso delle radiazioni direttamente ionizzanti, l’interazione avviene in

maniera diretta ossia mediante il rilascio dell’energia alle strutture

bersagliate; in questo caso si definisce il Linear Energy Transfer (LET):

�-�. � /-0 (1.4)

• 12: energia trasferita al mezzo dalla particella

• 13: tratto percorso nel mezzo

In tabella sono riportati i valori del LET delle principali radiazioni usate in

radioterapia

10

Particella Carica Energia(MeV) LET(keV/µm)

Elettrone -1 0.01 2.3

0.1 0.42

1 0.25

γ del Co 60 0 1.17-1.33 0.2

Protone +1 2 16

5 4

10 0.4

α +2 5 95

Neutrone 0 5 3-30

C�5 6 10MeV/u 170

250 MeV/u 14

Tabella 1.1. Valori di LET delle principali radiazioni

Nel caso del radon si tratta di interazioni con particelle alfa, quindi

direttamente ionizzanti, le quali, attraversando l’atomo, lo eccitano o lo

ionizzano, a seconda dei valori delle energie in questione. Le particelle alfa

sono caratterizzate da un’ elevata densità di ionizzazione lungo le loro

tracce e da percorsi brevi [3].

1.3.1 Grandezze dosimetriche

La manifestazione di un effetto a seguito dell’esposizione di un tessuto

biologico ad una determinata radiazione è del tutto individuale, per cui si

sono condotti studi al fine di creare una relazione che consentisse di

relazionare l’effetto con le caratteristiche fisiche della radiazione in

questione; si è , quindi, introdotto il concetto di dose assorbita, ovvero

l’energia assorbita dal mezzo per unità di massa:

11

6 � �-�7

L’unità di misura usata è il Gray dove:

(89 � (:/ <= La pericolosità di una radiazione è tuttavia, connessa al tipo di radiazione

incidente e alla soggettiva radiosensibilità del bersaglio, quindi è stato

introdotto il fattore di qualità, Q, che tiene conto del tipo di radiazione,

nonché della pericolosità di essa rispetto un campione di riferimento, i

fotoni (Q = 1).

TIPO DI RADIAZIONE Q

Raggi X - γ - Elettroni 1

Neutroni - Protoni 10

Particelle α 20

Tabella 1.2. Fattore di qualità delle radiazioni

Si è giunti, quindi, alla definizione di equivalente di dose, H

> � ? 6 L’unità di misura è il Sievert, (Sv).

Dalla tabella posso affermare che, a parità di dose assorbita, le particelle

alfa producono un danno nei tessuti biologici 20 volte maggiore dei fotoni.

L’equivalente di dose efficace invece, è la somma degli equivalenti di dose

dei vari organi o tessuti, ponderati da opportuni fattori specifici per essi:

> �@ A00B >0

L’unità di misura è il Sievert, (Sv) [3].

12

1.3.2 Effetti biologici sull’uomo

I danni prodotti dall’iterazione con le radiazioni ionizzanti si dividono in:

� Danni somatici deterministici

� Danni somatici stocastici

� Danni genetici stocastici

I danni somatici deterministici sono caratterizzati da:

� variazioni della frequenza e della gravità in funzione della dose

� valore di soglia per la dose

� periodo di latenza breve

Essi, infatti, si manifestano solo se le dosi di irraggiamento sono superiori a

quelle previste e quindi tali da generare una degenerazione dei tessuti

biologici interessati; la causa di essi va rintracciata in una esposizione in

una irradiazione forte e concentrata nel tempo, come un incidente nucleare

o un’irradiazione di tipo terapeutico molto elevata.

Tra gli effetti a breve termine ricordiamo:

� sindrome ematologica midollare per dosi tra 1 e 5 Gy

� sindrome gastrointestinale per dosi tra 6 e 8 Gy

� sindrome neurologica per dosi tra 20 e 30 Gy

I danni somatici stocastici invece:

� non richiedono il superamento di una dose soglia per la loro

comparsa

� sono di tipo probabilistico

� la frequenza della comparsa aumenta con la dose

� hanno lunghi periodi di latenza

� la loro gravità non dipende dalla dose

Gli effetti probabilistici non sempre si manifestano, in quanto riguardano

piccole dosi di agenti potenzialmente pericolosi, ma possono essere di volta

in volta sommati e provocare danni a lungo termine; in caso di neoplasie il

13

danno è determinato da mutazioni del DNA delle cellule esposte alla

radiazione, che non riescono ad auto ripararsi.

Tra gli effetti ritardati ricordiamo per i danni somatici:

� carcinogenesi radio indotta

� formazione cataratta

� radiodermite cronica

� accorciamento vita

I danni genetici stocastici:

� si manifestano nella progenie degli individui irraggiati

Essi sono causate da effetti della radiazione sulle cellule della riproduzione

che danno luogo ad aberrazioni cromosomiche e/o mutazioni genetiche.

Tra gli effetti ritardati ricordiamo per i danni genetici:

� aumento di frequenza di malformazioni

� aumento di frequenza di aborti

� aumento mortalità infantile [3].

1.4 La radioattività ambientale

La radioattività ambientale è determinata da tre diversi tipi di radionuclidi:

• Radionuclidi primordiali

• Radionuclidi cosmogenici

• Radionuclidi antropogenici

Figura 1.2 .Contributi alla radioattività ambientale.

14

Della prima categoria fanno parte tutti quei radionuclidi prodotti al tempo

della formazione del sistema solare e ancora sopravvissuti, quindi essi

avranno una vita media dell’ordine di miliardi di anni.

Della seconda categoria fanno parte, invece, tutti quei radionuclidi prodotti

dai bombardamenti dell’atmosfera da parte dei raggi cosmici.

Della terza categoria, infine, fanno parte tutti quei radionuclidi prodotti

artificialmente dall’uomo a vari scopi, essi sono caratterizzati in genere da

vita media breve.

Nel primo gruppo troviamo il radon, gas nobile costituente circa il 55% di

tutta la radioattività ambientale, esso è presente sottoforma di tre diversi

isotopi: Rn 219, Rn 220, Rn 222 discendenti rispettivamente dall’Uranio

235, Thorio 232, Uranio 238.

Questi tre isotopi presentano diversi tempi di dimezzamento; il Rn 219 e il

220 decadono rispettivamente dopo 4 e 55 secondi mentre il Rn 222 ha un

tempo di emivita meno breve, di 3.82 giorni, quindi può attraversare

spessori di suoli e materiali e pertanto la sua concentrazione in atmosfera

può risultare molto elevata, rappresentando una situazione di forte

pericolosità [3].

1.5 Il radon

Il radon è un gas nobile, quindi chimicamente inerte, cioè non forma

legami di alcun tipo con atomi e molecole dell’ambiente circostante, capace

pertanto di muoversi nello spazio senza cambiare le proprie caratteristiche

chimico- fisiche .

Come già detto, esistono tre diversi isotopi del radon:

1. Rn 222, prodotto dal decadimento alfa del Ra226, tempo di emivita

3.82 giorni ed appartenente alla famiglia con capostipite l’U238.

15

Figura 1.3. Schema decadimento CDE

2. Rn 220, detto Thoron, prodotto dal decadimento alfa del Ra224,

tempo di emivita 55 sec ed appartenente alla famiglia, di cui è

capostipite il Th232

Figura 1.4. Schema decadimento FD

3. Rn 219, detto Actinon, tempo di emivita 4 sec ed appartenente alla

famiglia, di cui è capostipite l’U235.

16

Figura 1.5. Schema decadimento CD�

Il più interessante è il Rn 222, perché riesce a percorrere lunghe distanze

prima di decadere, il Rn 220 e il Rn 219 sono trascurabili, perché, essendo

prodotti in rocce in profondità, decadono ancor prima di raggiungere il

suolo.

CARATTERISTICHE FISICHE RADON 222

Numero atomico 86

Numero di massa 222

Radionuclide padre Ra226

Radionuclidi figli Polonio214 Polonio 218

Energia decadimento α 5.5 MeV

Tempo di emivita 3.82 giorni

Tabella 1.3. Caratteristiche fisiche del Radon 222

17

La sua esalazione in atmosfera avviene attraverso diversi processi [4]:

• Produzione radon 222 all’interno dei grani rocciosi, come

decadimento del Radio 226.

• Emanazione nei pori interstiziali, per diffusione di gas nei solidi o

per rinculo del nucleo di radon dopo il decadimento, il rapporto

tra la quantità di radon che riesce a uscire da matrice solida e

quello prodotto dal decadimento del radio è detto: “ potere di

emanazione” [5].

• Trasporto nell’aria.

• Esalazione in atmosfera.

Un’altra modalità di trasporto di tale gas può avvenire attraverso le acque.

La diffusione del radon, inoltre, è fortemente legata ai cambiamenti

meteorologici, intuitivamente si può comprendere come forti venti possano

agire positivamente su una diminuzione di tali concentrazioni.

Un altro fattore positivo è rappresentato dalle piogge che danno vita al

cosiddetto “effetto tappo”, accumulandosi nei pori, infatti, il gas si unirà a

questi liquidi e il meccanismo di diffusione di esso sarà quello in acqua, il

cui coefficiente di diffusione è pari a 1/10000 di quello in aria, pertanto

l’esalazione in atmosfera in tal caso sarà fortemente inibita; solo

l’evaporazione di tali liquidi con le più alte temperature primaverili

compenseranno tale fenomeno.

Un'altra dipendenza la si ha con la pressione atmosferica, la bassa pressione

degli strati più superficiali può favorire l’esalazione del gas in atmosfera,

ma altresì tali strati sono più soggetti all’effetto tappo rispetto a quelli più

profondi, per cui la situazione risulta essere bilanciata.

La dipendenza da tali fattori evidenzia un maggior accumulo di radon in

atmosfera nei mesi estivi rispetto a quelli invernali, in cui piogge e

variazioni da basse a alte pressioni e viceversa favoriscono una dispersione

maggiore del gas.

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In relazione ad una dipendenza dalla temperatura è inoltre possibile rilevare

forti variazioni giornaliere di tali concentrazioni, è stato verificato, infatti,

un aumento significativo dalle ore serali fino alle prime del mattino

successivo e una diminuzione nelle ore pomeridiane, infatti le basse

temperature notturne favoriscono un addensamento del gas maggiore,

impedendone la dispersione.

1.6 Pericolosità radon

I rischi legati al radon sono da contaminazione interna, ovvero causati dalla

diretta inalazione di tale gas e dei suoi figli.

Una volta inalato il radon può essere espirato dall’organismo, ma i suoi

prodotti di decadimento, Po 214 e Po 218, essendo solidi non possono,

quindi rimangono nell’ apparato bronchiale, dove, dato il tempo di

dimezzamento breve, decadono, emettendo particelle alfa.

L’inalazione di tale gas e dei suoi figli avviene a causa dell’ iterazione che

essi generano con il particolato atmosferico, ovvero particelle solide e

liquide sospese in atmosfera per tempi lunghi, esso è, in particolare,

costituito da varie sostanze tra cui possiamo distinguere:

� Aerosol, particelle solide e liquide con diametro al massimo di un

micron

� Foschie, goccioline con diametro di circa 2 µm

� Fumo, particelle solide trasportate da gas

� Polveri, particelle con diametro tra 0,25 e 500 µm

� Esalazioni, particelle con diametro di un µm rilasciate da processi

chimici e metallurgici

� Sabbie, particelle solide con diametro maggiore di 500 µ

Dunque il radon ed i suoi figli riescono ad attaccarsi al particolato,

aumentando la probabilità di inalazione degli stessi.

La frazione di particelle che dall’ambiente esterno penetrano in quello

interno dipende da:

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� Fattore penetrante, p

� Rate di deposizione delle particelle, K

� Rate di aria in ingresso, a

Tale meccanismo può essere studiato mediante una relazione, in cui

concentrazione interna ed esterna sono legate a tali parametri:

GHIGJK� � LM

M�N (1.5) Numerosi studi hanno evidenziato che i nuclei di radon e figli tendono ad

attaccarsi particolarmente agli aerosol [6], esiste anche la possibilità che il

nucleo si stacchi dal particolato sospeso, depositandosi poi sulle superfici

presenti nei luoghi chiusi.

1.7 Effetti biologici del radon

L’esposizione dell’uomo alla radiazione può avvenire mediante due

modalità differenti:

� contaminazione interna, cioè sorgenti direttamente presenti nel

nostro organismo, mediante inalazione o ingestione delle stesse;

� contaminazione esterna, ovvero sorgenti poste nell’ambiente.

Nel caso del radon, data la possibilità di inalazione di tale gas dobbiamo

parlare di contaminazione interna.

La membrana polmonare, l’epitelio, è multistrato, più precisamente risulta

essere costituita da due tessuti sovrapposti: strato interno basale e strato

esterno connettivo; dalle cellule basali ha origine la mitosi ossia il processo

di divisione e riproduzione cellulare, per tale motivo lo spesso strato di

muco e epitelio dell’ordine di circa 60 micron ha il compito di proteggere

tali cellule basali.

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Figura1.6.Struttura epitelio bronchiale.

Esistono tuttavia zone in cui tale spessore è ridotto a circa 20, 30 micron o

addirittura a 15 micron in corrispondenza degli alveoli polmonari; è proprio

in questi siti che le particelle alfa, le quali, pur essendo caratterizzate da

uno scarso potere penetrante, riescono invece a raggiungere gli strati basali.

Ricordiamo, inoltre, che le particelle alfa, prodotto di decadimento della

progenie del radon, hanno un’ energia di circa 5-6 MeV, per cui il picco di

Bragg, ovvero il punto in cui si registra il massimo rilascio energetico, si ha

in corrispondenza del nucleo cellulare, per cui si possono provocare danni a

carico della doppia elica del DNA e se le cellule non sono in grado di

riparare la catena, attraverso processi enzimatici, allora si hanno mutazioni

rilevanti che possono sfociare in formazioni di neoplasie a carico dei

polmoni [7].

1.8 Stima del rischio

Il rischio da esposizione al radon può essere valutato mediante due distinte

metodologie: approccio dosimetrico oppure epidemiologico.

L’esposizione individuale è data da una relazione:

O � PQ B RSO B �(1.6)

• PQ indica la concentrazione di radon nell’ambiente considerato,

espressa in Bq/mD • t è il tempo di esposizione espresso in ore

21

• IOF è il fattore occupazione, molto spesso di difficile

identificazione e stimato ad un valore di 0,8 nelle case

dall’UNESCAR [8]e l’ICRP [9].

1.8.1 Studi dosimetrici

In tali studi la valutazione del rischio avviene mediante il calcolo della dose

assorbita, per cui bisogna considerare i parametri fisici ambientali (es.

concentrazione radon) e quelli fisiologici dell’individuo; dopo tale stima si

applicano i fattori di qualità e si risale alla dose effettiva.

Il fattore di qualità è un peso statistico dato dal rapporto tra la dose

effettiva e l’esposizione individuale, ad esempio il fattore F stimato nel

1993 è:

F = 0.05 7WX/MIIJ YZ/7[

Esso indica che l’esposizione ad una concentrazione unitaria di radon al m3

comporta l’assorbimento di una dose pari a 0.05 mSv, quindi nota

l’esposizione si può risalire alla dose.

Il secondo step consiste nell’associare a ciascuna dose un rischio connesso,

tale stima è desunta da studi epidemiologici condotti su individui

sopravvissuti ai disastri nucleari di Hiroshima e Nagasaki.

La difficoltà in tale approccio sta nella scelta dei fattori di ponderazione da

utilizzare per il calcolo della dose effettiva, nonché i fattori di conversione

“rischio-dose” desunti da studi epidemiologici, condotti su esposizioni

diverse da quelle alfa (raggi gamma e neutroni).

22

1.8.2 Studi epidemiologici

Questo tipo di approccio è basato sulla valutazione di un campione di

individui e quindi sull’analisi delle cause che hanno originato le patologie

di cui essi sono affetti, a seguito di una esposizione alle radiazioni.

Tale metodologia, diversamente dall’approccio dosimetrico è di recente

attuazione, pertanto non si possono utilizzare dati epidemiologici di oltre

circa 15 anni fa, periodo in cui è stato introdotto per la prima volta questo

studio nelle stima della pericolosità del radon indoor .

Nella valutazione del radon sono condotti studi epidemiologici su due

gruppi di persone:

• Minatori

• Popolazione comune

Studi su minatori: è chiaro che essi sono particolarmente di interesse nella

valutazione del rischio di esposizione radon, infatti, provenendo tale gas

dal sottosuolo, le concentrazioni sono particolarmente alte, per estendere i

dati ottenuti con questo studio sulla popolazione bisogna effettuare

correzioni che tengano conto di due importanti fattori:

1 Fattore correttivo A: il campione è costituito esclusivamente da

individui di sesso maschile, di corporatura robusta, mentre la

popolazione è varia

2 Fattore correttivo B: differenze significative tra la composizione

dell’aria delle miniere e quella delle abitazioni.

Da tre studi condotti dall’ ICRP e dall’ U.S. Committee on Biological

Effects of Ionizing Radiation (BEIR) si sono stabiliti i seguenti fattori di

rischio:

Rf = 0.7*10�� (ICPR 1987)

Rf = 1.1*10�� ( (NCR 1988)

Rf = 0,87* 10�� ( (ICRP 1993)

23

Tale fattore indica il rischio connesso ad una esposizione di durata 70 anni

ad una concentrazione di 1 Bq/mD.

Il campione usato nei tre studi precedenti è differente, infatti l’ICRP 1987

studia un gruppo di 400 individui malati su un milione, l’NCR1988

analizza un campione eterogeneo della popolazione americana, l’ICRP

1993 una popolazione mista di diverse etnie: cinesi, giapponesi, americani,

inglesi, portoricani ed in tale studio il fattore correttivo A non è pari ad 1

ma bensì ad 0.8.

Studi sulla popolazione: le difficoltà sorte nell’estensione alla popolazione

comune dei dati relativi a studi sui minatori, hanno evidenziato la reale

necessità di condurre ricerche epidemiologiche anche su tale campione.

Questi studi sono ancora in fase di elaborazione, infatti la difficoltà di tale

metodo sta nel risalire alla valutazione di esposizione di questi individui

negli anni precedenti a quelli in cui si sta effettuando la ricerca, pertanto si

stanno mettendo a punto ricerche retrospettive come quella sul polonio 210,

depositato su superfici di vetro, nota tale stima si può attraverso essa

risalire alla valutazione della dose personale assorbita [10].

24

Capitolo II

Rifermenti normativi

In questo capitolo si indicheranno le principali sorgenti di radon e la

modalità di diffusione dello stesso nei luoghi chiusi. Si introducono,

inoltre, la normativa che regolamenta i valori delle concentrazioni di gas

radon nei luoghi di lavoro e nelle abitazioni, nonché i sistemi di rimedio da

adottare nel caso di superamento di tali limiti. Si descriveranno, infine, le

raccomandazioni emanate nell’ambito del “Piano Nazionale Radon”.

2.1 Effetti biologici del radon

Sin dall’antichità si poté notare la pericolosità del gas radon, infatti esso è

citato perfino nel “De Rerum Natura” (libro VI) come sconosciuta causa di

malattie mortali per un significante gruppo di minatori. Anche nel

sedicesimo secolo venne rilevata una forte incidenza di malattie gravi a

carico del sistema respiratorio nei lavoratori nelle miniere d’argento della

regione di Schneeberg, in Sassonia; e fu proprio con il nome della regione

che cominciò ad identificarsi questa malattia mortale, la quale solo nel

1879 da Hartung e Hesse venne riconosciuta come cancro ai polmoni [11].

Nel 1901 a seguito di una misurazione si rilevò una significativa

concentrazione di gas radon nelle miniere di Schneeberg e di altre regioni,

pertanto si cominciò a ipotizzare una correlazione tra questo gas e il tumore

polmonare, poi confermata da studi successivi condotti su animali. Si

evidenziò, quindi, la necessità di imporre dei limiti per tutelare

l’incolumità dei minatori e nel 1967 il Congresso Federale degli USA

propose delle raccomandazioni in questi pericolosi luoghi di lavoro.

Nel 1988 l’Organizzazione Mondiale della Sanità confermò la pericolosità

del radon, identificandolo come agente cancerogeno di gruppo I (massima

25

evidenza di cancerogenicità) e quindi l’attenzione si rivolse anche a luoghi

chiusi diversi dalle miniere, in cui gli individui trascorrono molte ore al dì,

come le abitazioni e i luoghi di lavoro in genere. Per far ciò fu necessario

individuare il rischio in funzione dell’intensità di esposizione, pertanto in

tali anni furono condotti numerosi studi epidemiologici e sempre nel

ventennio 1970-1990 si effettuarono ricerche su tale gas, individuando

anche materiale da costruzione ad elevato contenuto radioattivo.

Nella pubblicazione n. 65 del 1993 l’ICRP evidenziò la vastità del

problema Radon e formulò raccomandazioni in merito [9].

In Italia il DLgs 241/00 che ha recepito la direttiva 29/96/Euratom

modificando e/o integrando il precedente DLgs 230/95, ha introdotto il

“problema radon”, regolamentando l’esposizione ad esso nei luoghi di

lavoro e nelle abitazioni.

2.2 Sorgenti di radon indoor

Le principali fonti di radon sono il suolo e i materiali da costruzione; oltre

ad esse, però, possono risultare sorgenti di radon anche le acque, tuttavia la

concentrazione di radon in esse è stata stimata non raggiungere valori

significativi da rappresentare un problema per la salute. Altro discorso,

invece, sono le acque termali, infatti in tali stabilimenti si usa acqua

direttamente proveniente dal sottosuolo, per giunta utilizzata in luoghi

chiusi per molte ore di trattamenti, quindi è possibile che in tali situazioni

si raggiungano valori preoccupanti.

26

2.2.1 Il suolo

La quantità di radon presente nelle rocce è strettamente connessa al

contenuto di radio delle stesse, nonché alla permeabilità dello strato

roccioso più esterno.

Le rocce a seconda della propria natura possono presentare una

concentrazione di Uranio e Thorio diverse, ad esempio le rocce

sedimentarie hanno una quantità di uranio al proprio interno, nettamente

inferiore a quella presente in rocce intrusive acide.

ROCCE IGNEE U238 (Bq/kg) Th232 (Bq/kg)

Acide (granito) 59 81

Intermedie (diorite) 23 32

Mafiche (basalto) 11 11

Ultrabasiche (durite) 0.4 24

Ultramafiche 0.2 0.2

Gabbri 10 15

Andesiti 29 32

Sieniti-nefaline 100 69

Condriti 0.1 0.2

Acondriti 0.9 1.5

Meteoriti ferrosi 0.1 0.04

Crosta superiore 34 45

Suolo 25 25

Tabella 2.1.Contenuto di Uranio e Thorio nelle rocce ignee

27

ROCCE

SEDIMENTARIE

U238 (Bq/kg) Th232 (Bq/kg)

Calcari 27 7

Rocce carbonatiche 26 8

Arenarie 18 11

Scisti 44 44

Crosta superiore 34 45

Suolo 25 25

Tabella 2.2 Contenuto di Uranio e Thorio nelle rocce sedimentarie

Tuttavia il radon esalato da esse dipende anche dalla capacità di migrazione

da tali rocce, che spesso è ostacolata da fenomeni come il “confinamento

litostatico” ovvero strati rocciosi che per le proprie caratteristiche fisiche,

quali scarsa porosità oppure spesso strato, creano ostruzione nei confronti

della diffusione di gas attraverso esse.

Un altro fattore che influenza l’esalazione del radon dalle rocce è la

temperatura, più è bassa più la migrazione è diminuita.

Tenuti presenti tutti questi fattori, si è potuta creare una mappatura del

territorio italiano in funzione della concentrazione di radon [12].

28

Figura 2.1. Concentrazioni medie di radon in Italia.

2.2.2 Materiali da costruzione

La quantità di radon esalata dai materiali da costruzione dipende dal potere

di emanazione del gas radon e dal tipo di intonaco con cui le superfici sono

state trattate.

Materiali da

costruzione artefatti

Attività specifica (Bq/kg)

Th 232 Ra 226

Sabbia 10 15

Laterizi 20 14

Mattone di gesso 5 7

Mattone di tufo 4 26

Mattone di cemento 3 17

29

Sabbione 4 16

Calce 12 17

Siporex 10 7

Cemento edile 28 24

Tabella 2.3 Contenuto di radionuclidi nei materiali da costruzione

Se poi questi materiali sono strati prelevati da rocce con elevati livelli di

radioattività, allora la concentrazione può subire degli aumenti rilevanti.

Materiali da

costruzione di origine

vulcanica

Attività specifica (Bq/kg)

Th 232 Ra 226

Tufo di Avellino 106 79

Tufo grigio 102 90

Tufo giallo 86 73

Tufo verde 93 61

Pomici 229 172

Lava vesuviana 93 438

Tabella 2.4.Contenuto radionuclidi nei materiali da costruzione di origine vulcanica.

Bisogna, inoltre, sottolineare che i materiali da costruzione sono una

sorgente del radon 220, di cui non ci si preoccupa dell’esalazione dal suolo,

dato il suo tempo di emivita breve, 5 s, ma può rappresentare un problema

per quanto riguarda i materiali da costruzione, perché è chiaro che in tal

caso può essere inspirato ancor prima di decadere.

30

2.3 Modalità di penetrazione del radon nelle abitazioni

L’ingresso del gas radon nelle nostre case è determinato da una serie di

fattori che possiamo principalmente distinguere in:

1) Caratteristiche suolo circostante abitazione

2) Concentrazione radon nel suolo circostante abitazione

3) Parametri meteorologici

4) Caratteristiche abitazioni come: altezza dal suolo, materiali usati,

presenza di crepe, sistemi di ventilazione presenti, tipi di infissi,

intercapedini.

Figura 2.2. Possibili ingressi del radon nelle abitazioni.

La presenza di aria più calda nelle abitazioni crea una sottopressione che

favorisce la penetrazione del radon dal sottosuolo, in particolare nelle

cantine e i piani inferiori, tale situazione generata, da un gradiente

pressorio, prende il nome di “effetto camino” .

2.4 Normativa 241/00

Nel 1988 l’OMS, a seguito di studi condotti presso l’International Agency

for Research on Cancer (IARC) [13], ente che si occupa di ricerche nel

campo dell’oncologia e di prevenzione nei confronti di malattie tumorali,

31

include il gas Radon nel gruppo 1 dei cancerogeni , in cui sono incluse tutte

quelle sostanze per cui è stato scientificamente provato un nesso causale tra

l’esposizione ad esse e l’insorgenza di neoplasie.

Questo step ha dunque segnato l’inizio di un processo di sensibilizzazione

al problema radon in varie nazioni; in Europa, nel 1996 è stata emanata la

direttiva 29/96 Euratom, recepita in Italia con il Decreto Legislativo n.241

del 2000.

Per la prima volta, con questo decreto vengono fissati i valori limite che il

gas radon non deve superare nei luoghi chiusi, in particolare in quelli

lavorativi, investendo dunque i datori di lavoro della responsabilità di

garantire la tutela dei propri dipendenti nei confronti di questa

problematica.

Capo III bis

“ESPOSIZIONI DA ATTIVITA’ LAVORATIVE CON

PARTICOLARI SORGENTI NATURALI DI RADIAZIONI”

Articolo 10 bis

Campo di applicazione

“Le disposizioni del presente capo si applicano alle attività lavorative

nelle quali la presenza di sorgenti di radiazioni naturali conduce ad un

significativo aumento dell’esposizione dei lavoratori o di persone del

pubblico, che non può essere trascurato dal punto di vista della

radioprotezione. Tali attività comprendono:

attività lavorative durante le quali i lavoratori e, eventualmente, persone

del pubblico sono esposti a prodotti di decadimento del radon o del toron,

o a radiazioni gamma o a ogni altra esposizione, in particolari luoghi di

lavoro quali tunnel, sottovie, catacombe, grotte e, comunque, in tutti i

luoghi di lavoro sotterranei;

attività lavorative durante le quali i lavoratori e, eventualmente, persone

del pubblico sono esposti a prodotti di decadimento del radon o del toron,

o a radiazioni gamma o a ogni altra esposizione in luoghi di lavoro diversi

32

da quelli di cui alla lettera a) in zone ben individuate o con caratteristiche

determinate;

attività lavorative implicanti l’uso o lo stoccaggio di materiali

abitualmente non considerati radioattivi, ma che contengono radionuclidi

naturali e provocano un aumento significativo dell’esposizione dei

lavoratori e, eventualmente, di persone del pubblico;

attività lavorative che comportano la produzione di residui abitualmente

non considerati radioattivi, ma che contengono radionuclidi naturali e

provocano un aumento significativo dell’esposizione di persone del

pubblico e, eventualmente, dei lavoratori;”

Articolo 10 quinquies

Livelli di azione

“Per i luoghi di lavoro di cui all’articolo 10bis, comma 1, lettere a) e b), le

grandezze misurate non devono superare il livello di azione fissato in

allegato I bis.

Nel caso in cui le grandezze di cui al comma 1 non superino il livello di

azione ma siano superiori all’80 per cento del livello di azione, l’esercente

assicura nuove misurazioni nel corso dell'anno successivo.

Nel caso di superamento del livello di azione di cui all'allegato I bis,

l’esercente, avvalendosi dell’esperto qualificato, pone in essere azioni di

rimedio idonee a ridurre le grandezze misurate al di sotto del predetto

livello, tenendo conto del principio di ottimizzazione, e procede

nuovamente alla misurazione al fine di verificare l'efficacia delle suddette

azioni. Le operazioni sono completate entro tre anni dal rilascio della

relazione di cui all'articolo 10 ter, comma 4, e sono effettuate con urgenza

correlata al superamento del livello di azione. Ove, nonostante l’adozione

di azioni di rimedio, le grandezze misurate risultino ancora superiori al

livello prescritto, l’esercente adotta i provvedimenti previsti dal capo VIII,

ad esclusione dell'articolo 61, comma 2 e comma 3, lettera g), dell’articolo

33

69 e dell’articolo 79, commi 2 e 3, fintanto che ulteriori azioni di rimedio

non riducano le grandezze misurate al di sotto del predetto livello di

azione, tenendo conto del principio di ottimizzazione.

Le registrazioni delle esposizioni di cui al comma 3 e le relative valutazioni

di dose sono effettuate con le modalità indicate nell’allegato I bis o

nell'allegato IV, ove applicabile. Nel caso in cui il lavoratore sia esposto

anche ad altre sorgenti di radiazioni ionizzanti di cui all'articolo 1, comma

1, le dosi dovute ai due diversi tipi di sorgenti sono registrate

separatamente, fermi restando gli obblighi di cui agli articoli 72, 73 e 96.

L’esercente non è tenuto alle azioni di rimedio di cui al comma 3 se

dimostra, avvalendosi dell’esperto qualificato, che nessun lavoratore è

esposto ad una dose superiore a quella indicata nell'allegato I bis; questa

disposizione non si applica agli esercenti di asili - nido, di scuola materna

o di scuola dell’obbligo.

Per i luoghi di lavoro di cui all’articolo 10 bis, comma 1, lettere c), d) ed

e), fermo restando l’applicazione dell’articolo 23, se dall’analisi di cui

all’articolo 10 ter risulta che la dose ricevuta dai lavoratori o dai gruppi di

riferimento della popolazione supera i rispettivi livelli di azione di cui

all'allegato I bis, l’esercente adotta, entro tre anni, misure volte a ridurre

le dosi al di sotto di detti valori e, qualora, nonostante l’applicazione di

tali misure, l’esposizione risulti ancora superiore ai livelli di azione, adotta

le misure previste dal capo VIII e dal capo IX, sulla base dei presupposti

previsti negli stessi capi.

Le registrazioni delle esposizioni di cui al comma 6 e le relative valutazioni

di dose sono effettuate con le modalità indicate nell'allegato I bis e

nell’allegato IV, ove applicabile.

Nel caso in cui risulta che l’esposizione dei lavoratori o dei gruppi di

riferimento della popolazione non supera i livelli di azione di cui

all’allegato I bis, l’esercente esegue un controllo radiometrico, qualora

variazioni del processo lavorativo o le condizioni in cui esso si svolge

34

possano far presumere una variazione significativa del quadro

radiologico”

Sono quindi definiti particolarmente pericolosi quegli ambienti di lavoro in

cui si maneggiano materiali contenenti radionuclidi naturali, oppure si è a

diretto contatto con essi, lavorando in ambienti confinati e sotterranei.

Definito dunque il campo di applicazione della normativa, vanno effettuate

le indagini per verificare la concentrazione reale di Radon in tali luoghi.

Le misurazioni devono essere condotte per un periodo di un anno, data la

dipendenza di tale gas dai parametri stagionali, dopo la lettura va verificato

l’eventuale superamento dei limiti legislativi che fissano una soglia

massima di 500 Bq/mDnei luoghi di lavoro.

Se la concentrazione radon assume un valore tra i 400 e i 500 Bq/mD,

allora vanno ripetute tali misure nell’anno successivo e se si dovesse

verificare un superamento dei limiti, allora il datore di lavoro deve

informare gli organi competenti in materia, quali ASL ed agenzie ARPA

(agenzia regionale protezione ambiente), organismi che, avvalendosi

dell’esperto qualificato, provvederanno alla stima della dose di esposizione

che tiene conto anche delle ore di esposizione del lavoratore attraverso la

seguente relazione:

\ � ] ^ B 0 B O(2.1) Dove:

a�a�a�a� F è il fattore di conversione espresso in SvmD/Bqh b) T è il tempo di esposizione espresse in h

c) Cr è la concentrazione di radon espressa in Bq/mD

Se il valore della dose è inferiore a 3 mSv allora non vanno intrapresi

provvedimenti, in caso contrario vanno attuate azioni di rimedio e

monitorata nuovamente la situazione nell’anno successivo.

Le azioni di rimedio attuabili agiscono su due fronti: da un lato va

eliminato il radon in eccesso presente, dall’altro vanno istallati sistemi per

limitare il futuro accesso alla struttura di tale gas, come impianti di

35

ventilazione oppure uso di tubi drenanti che, mediante un gradiente di

pressorio, favoriscano la fuoriuscita di gas già presente, impedendo altresì,

la successiva penetrazione di questo.

La scelta di una azione di rimedio piuttosto che un’altra è effettuata in base

alle caratteristiche dell’ambiente lavorativo o abitativo in questione ed è

supervisionata dalla competenza di un esperto qualificato, vanno comunque

effettuati monitoraggi successivi per verificare l’efficacia del sistema di

riduzione e\o rimozione radon scelto.

Per quanto concerne le abitazioni i valori raccomandati sono:

� 200 Bq/mDper nuove costruzioni

� 400 Bq/mD per costruzioni antiche [14].

Esiste una nuova proposta di legge europea in materia di radioprotezione

ancora in fase di elaborazione che prevede l’innalzamento del limite

massimo di concentrazione radon a 1000 Bq/mDnei luoghi di lavoro [15].

2.5 Piano nazionale radon

Nell’ambito della “Commissione tecnico-scientifica per l’elaborazione di

proposte di intervento legislativo in materia di inquinamento indoor” è

stato messo a punto in Italia nel 2002 il Piano Nazionale Radon, ottenendo

ampi consensi dal Ministero della Sanità e parere positivo dal Consiglio

Superiore di Sanità.

Nel 2004 il CCM (Centro Nazionale per la Prevenzione ed il Controllo

delle Malattie), di cui fanno parte enti come il Ministero del Lavoro, delle

Politiche Sociali, le Regioni e le Province Autonome e gli Enti nazionali

competenti, ha approvato il Piano Nazionale Radon, emanando il progetto

“Avvio del Piano Nazionale Radon per la riduzione del rischio di tumore

polmonare in Italia” , con coordinamento affidato all’Istituto Superiore di

Sanità, avvalendosi anche della collaborazione di esperti scientifici di

diverse Regioni ed Enti.

36

Compito di questo Sottogruppo Scientifico è fra gli altri quello di

“predisporre adeguamenti normativi in materia di rischi connessi con

l’esposizione al Radon, incluso linee guida”; pertanto in base a ciò e alle

evoluzioni normative in materia tale Sottocomitato Scientifico ha emanato

delle raccomandazioni, considerando i seguenti sei punti.

1) Partendo da studi epidemiologici condotti su corti di minatori si sono

estrapolati valori di concentrazione massima di radon nelle abitazioni

e quindi fissati dei limiti di soglia attraverso interventi normativi nei

vari Paesi.

2) L’incertezza dei risultati ottenuti a partire da studi condotti su

minatori ha fatto nascere l’esigenza di condurre studi epidemiologici

per valutare in maniera più accurata il nesso tra concentrazione di

radon nelle abitazioni e insorgenza di neoplasie polmonari tra gli

individui abitanti in tali case

3) I risultati di tali studi epidemiologici hanno rilevato un aumento di

tumore ai polmoni al crescere della concentrazione del gas radon nei

luoghi chiusi, proporzionale al livello di esposizione. Per un

aumento100 Bq/mDdi radon si è evidenziata un incremento del 13 %

di insorgenza di malattia. Si è inoltre attesta una sinergica

combinazione negativa tra fumo di sigaretta e radon, aumentando di

circa il 25% il rischio per i fumatori e una pericolosità anche ad

esposizioni prolungate nel tempo a concentrazioni non superiori a

200 Bq/mD.

4) Per questi risultati si stanno conducendo in Italia e all’estero ricerche

finalizzate non soltanto alla riduzione dei limiti attualmente esistenti,

ma anche alla messa a punto e promozione di azioni di rimedio per la

rimozione e riduzione delle concentrazioni radon nelle abitazioni e

nei luoghi di lavoro.

37

5) Proprio per tali motivi sono state introdotti accorgimenti edilizi per le

nuove costruzioni, finalizzati alla più semplice applicazioni di sistemi

di riduzione di concentrazione, contenendo anche i costi

6) Necessità di attuare quanto prima in Italia una strategia preventiva,

eventuali interventi sugli edifici hanno dei costi nettamente superiori

rispetto alla possibilità di usare idonei accorgimenti in fase di

cantiere.

In base a quanto detto quindi, il Sottogruppo Scientifico incaricato di

condurre tali studi è giunto all’ emanazione delle seguenti

raccomandazioni:

A. Imporre negli strumenti urbanistici degli enti per il controllo del

territorio il rispetto di accorgimenti preventivi aventi lo scopo di

limitare la diffusione del gas radon negli edifici in fase di

costruzione, nonché favorire una più semplice ed economica

istallazioni di sistemi per la rimozione di radon in eccesso.

B. Attuare accorgimenti di riduzione e/o rimozione radon anche in

edifici preesistenti in fase di ristrutturazione [16].

38

Capitolo III

Il progetto di ricerca

In questo capitolo si introduce il progetto di ricerca di questo lavoro di

tesi, descrivendo i vari steps di tale studio. Si motiva, quindi la scelta del

rivelatore usato per effettuare questa misurazione, nonché tutti i passi

successivi fino alla valutazione della concentrazione del gas Radon e della

relativa dose nelle abitazioni coinvolte.

3.1 Il progetto ENVIRAD

Il presente lavoro di tesi si colloca nell’ ambito del progetto ENVIRAD

(ENVIronmental RADioactivoty) finalizzato alla misura delle

concentrazioni di radon nel suolo e negli ambienti chiusi in collaborazione

con istituti di istruzione secondaria della Campania.

Il progetto si propone pertanto la costruzione di una rete di scuole nelle

quali saranno effettuate misure di monitoraggio del radon nel suolo e

nell'aria delle stesse scuole e di altre strutture individuate sul territorio, al

fine di contribuire alla costruzione di un archivio regionale di dati sulla

radioattività naturale in Campania.

Poiché il radon tende a concentrarsi in ogni ambiente chiuso, diventa

importante comprendere se anche i livelli di radon presenti nelle abitazioni

possono essere correlati a casi di cancro al polmone [7].

La Campania è una regione in cui i livelli di radioattività sono

particolarmente alti, in quanto sia il suolo che i materiali utilizzati in

edilizia, per la loro origine vulcanica, contengono elevate quantità di

39

Uranio e Potassio, quindi sono potenzialmente sorgenti attive di gas radon

e di radiazioni gamma [17].

L'indagine nazionale sulla radioattività nelle abitazioni, svolta sotto il

coordinamento dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’Enea nel periodo

1989-1993, ha fornito per la Campania valori di concentrazione di radon e

quindi di dose efficace ad essa legata, maggiori della media nazionale:

97 Bq/mDcontro 77 Bq/mDe 1,94 mSv/anno contro 1,54 mSv/anno,

rispettivamente [18].

Dal 1980 nel laboratorio di Radioattività Ambientale dell'Università

Federico II presso cui si è svolto questo lavoro di tesi, si è sviluppata

un'attività di ricerca sulle tecniche di rivelazione delle radiazioni ionizzanti,

che ha comportato anche la messa a punto di metodi e strumenti originali.

Questa attività, svolta spesso in ambito di collaborazioni con varie

istituzioni nazionali e locali, come l'Istituto Superiore di Sanità, l'ENEA,

l'ANPA, gli Assessorati Regionali all'Agricoltura ed alla Sanità, ha avuto

come momenti di particolare intensità la mappatura del territorio regionale

dopo la contaminazione causata dall'incidente di Chernobyl e la campagna

regionale per la determinazione della dose indoor da radiazione gamma e

da radon che è stata condotta, in Campania, esclusivamente nel suddetto

laboratorio.

3.1.1 Scopo del progetto

Il primo obiettivo che si propone il progetto è l'introduzione dei

partecipanti alle problematiche della radioattività ambientale,

specificatamente a quelle inerenti il radon e le tecniche di misura delle

concentrazioni in aria di questo gas, perché possano acquisire le metodiche

e le competenze che saranno utilizzate per ottenere i seguenti risultati:

40

1. il monitoraggio continuo del radon emanato dal suolo, informazione

utile per gli studiosi di discipline per le quali questo parametro

costituisce un indicatore;

2. la misura della concentrazione media su base annua nei locali di

ogni scuola e possibilmente in altre scuole del loro territorio e/o in

strutture dove sono attesi livelli di radon superiori alla media,

contribuendo all'aumento di dati necessari ad una valutazione delle

implicazioni sanitarie dell'esposizione al radon;

3. la realizzazione di un sito web di informazione e formazione sui temi

della radioattività ambientale, contribuendo ad offrire un servizio la

cui utilità potrà essere apprezzata da una comunità ben più ampia di

quella cui il progetto è direttamente rivolto;

4. la costruzione di un database regionale a disposizione di chi studia il

radon sia come elemento di rischio potenziale per la salute, sia come

parametro indicatore di altri fenomeni.

In particolare il progetto sviluppato nell’ambito di questo lavoro di tesi

ha visto il coinvolgimento di abitazioni dislocate in diverse zone della

penisola sorrentina, territorio di cui ancora non si avevano adeguate

informazioni per realizzare una mappatura della concentrazione del gas

radon.

3.2 Tecniche di misura del radon

La sensibilizzazione al “problema radon “, che si è avuta negli ultimi anni,

ha focalizzato l’attenzione verso lo sviluppo di tecniche di misura adeguate

alla rivelazione di tale gas nei luoghi indoor.

La misurazione in questione può essere diretta oppure indiretta, la prima è

quella in cui si rileva solo il padre, quindi il radon 222, la seconda invece,

rivela anche i figli. Si possono pertanto avere tre diverse misure:

� Misura di solo radon

� Misura della sola progenie

41

� Misura di radon e progenie.

Nel caso di misure di solo gas radon , si utilizzano sistemi che impediscano

la penetrazione in essi del particolato, cui tende ad attaccarsi la sua

progenie, nel caso di misure dei soli figli, invece, si usano sistemi di

filtraggio opportuni; nel caso di misurazione di radon e progenie, infine,

non vengono adoperati questi accorgimenti di deposito forzato o filtraggio,

inoltre questa misurazione è quella maggiormente eseguita, perché mi dà

una valutazione totale del rischio di tumore polmonare, relativo alla

concentrazione di particelle α inalate nell’organismo umano.

Le misurazioni di radon si basano sulla rilevazione di particelle α, emesse

dal suo decadimento.

ISOTOPO DECADIMENTO TEMPO DI EMIVITA

Radon 222 alfa 3.8 giorni

Polonio218 alfa 3 minuti

Piombo214 beta- gamma 27 minuti

Bismuto214 beta- gamma 20 minuti

Polonio214 alfa 1.5*10�� secondi

Piombo210 beta 25 anni

Tabella 3.1. Principali radionuclidi rivelati per la misura del radon.

Le tecniche di misura adoperate possono essere distinte in attive e passive:

� Attive: sono tecniche in cui esiste un forzamento dell’aria indotta nel

sistema di misura, esse sono di tipo real time.

� Passive: sono basate sulla naturale penetrazione e diffusione

dell’aria nei sistemi di misura, per esse segue una fase di lettura dei

dati in laboratorio, pertanto sono dette di tipo non real time.

Rispetto alla durata delle misure è possibile, invece, effettuare un’

ulteriore distinzione in :

42

� misure istantanee:valore di concentrazione fornito nell’istante di

riempimento del volume sensibile dello strumento.

� misure in continuo: di tipo ciclico, ovvero sono valutate misure

di circa 30 minuti o al massimo di alcune ore, per le quali sono

stimati valori di riferimento per la concentrazione media e poi

ripetute.

� misure integrate: esse forniscono un valore medio di

concentrazione calcolato in un intervallo temporale piuttosto

lungo, dell’ordine dei mesi, pertanto, sono utili per la valutazione

per un lungo periodo di esposizione al radon.

Queste ultime sono da preferire, perché una misurazione corretta circa la

valutazione della qualità dell’ aria indoor richiede che venga condotta per

un intervallo temporale sufficientemente lungo, data la dipendenza della

concentrazione di radon da parametri meteorologici e stagionali, infatti

misure condotte per poche ore possono evidenziare variazioni di tale

concentrazioni significativamente rilevanti; non esiste tuttavia un

intervallo temporale ideale, ma lo si può dedurre in base allo scopo della

misura condotta.

TIPOLOGIA

MISURA

INTERVALLO

TEMPO

SCOPO MISURA

Misure a lungo

termine

Da 1 mese ad 1 anno Monitoraggio indoor

Misure a breve

termine

Da1 a 10 giorni A scopo d’indagine

Per discriminare edifici

a diversi livelli di

concentrazione o locali

di uno stesso edificio

Misure istantanee Da 1-2 a 10 minuti Per determinati edifici

o per scopo di ricerca

43

Monitoraggio

continuo

variabile Per studiare particolari

ambienti, per rilevare

variazioni stagionali o

di origine geodinamica

Tabella 3.2. Classificazioni misure Radon

3.3 Principali strumenti di misura

Gli strumenti di misura principalmente adoperati per la stima della

concentrazione del gas Radon sono descritti nel seguente elenco.

• Celle a scintillazione: sono usate sia per misure a lungo termine che

istantanee, esse sono costituite da un cilindro metallico di piccole

dimensioni con all’estremità una finestra di vetro o plastica. La

superficie interna del cilindro è , invece, ricoperta di solfuro di zinco

(ZnS), polvere scintillatrice efficace per la rilevazioni di particelle

pesanti, come le alfa. Il cilindro, internamente colmo dell’aria da

analizzare, è a contatto con un tubo fotomoltiplicatore mediante la

suddetta finestra, le radiazioni di fluorescenza prodotte dalle

particelle del radon e dei suoi figli sono poi successivamente

acquisite.

• Monitor elettronici: sono realizzati mediante rivelatori al silicio

( semiconduttori) posti in volumi sensibili, in cui l’aria in ingresso

penetra liberamente oppure sotto forzamento, hanno, infatti una

duplice funzione, sia attiva che passiva, a seconda della misurazione

che si desidera effettuare. La rivelazione delle particelle alfa avviene

mediante metodo spettroscopico.

• Canestri di carbone attivo: si tratta di una scatola metallica

contenente carboni attivi , che assorbono radon durante la misura,

dopo che la scatola è stata correttamente sigillata viene condotta in

44

laboratorio, dove è sottoposta ad analisi spettroscopica, per rivelare le

radiazioni gamma emesse da Pb 214 e Bi 214 (tecnica di tipo

passivo); questa modalità di misura consente di effettuare stime di

concentrazione anche al di sotto dei 10 Bq/mD.

• Camere ad elettreti: è formata da un contenitore di plastica di piccole

dimensioni contenente un disco realizzato con materiale teflon

albuminizzato ad un certo valore di potenziale, gli ioni prodotti dalle

particelle alfa, che si muovono in questo volume, rompono

l’equilibrio preesistente, provocando un abbassamento di tensione nel

disco proporzionale alla concentrazione di radon rivelata. Esso è

molto economico e riutilizzabile, tuttavia lo svantaggio nell’uso di

esso sta nella possibilità di captare anche sorgenti ionizzanti diverse

dal radon, alterando la misurazione finale.

La metodologia di misurazione attualmente più in uso per la valutazione

del gas Radon nei luoghi indoor è basato sull’utilizzo di rilevatori a

tracce nucleari.

Rivelatore Misure

istantanee

Misure in

continua

Misure

integrate

Tecnica

attiva

Tecnica

passiva

Celle a

scintillazione

Si Si _ Si si

Monitor

elettronici

Si Si _ Si _

Canestri di

carbone

_ _ Si _ Si

Camere ad

elettreti

_ _ Si _ Si

Rivelatori a

tracce

_ _ Si _ Si

Tabella 3.3 Classificazione dei sistemi di misura del radon

45

3.4 Rivelatori a tracce nucleari

I rivelatori a tracce nucleari a stato solido (SSNTD) sono ampiamente

adoperati per la valutazione del rischio relativo all’esposizione prolungata

al gas Radon, essi sono dispositivi di misura di tipo passivo, pertanto è

necessaria una fase di lettura e elaborazione dei dati da eseguire in un

laboratorio.

Esistono due tipi di pellicole utilizzate per questi tipi di rivelatore: LR 115

e CR 39.

Quando uno ione alfa attraversa il materiale (policarbonato nel caso CR-39,

oppure nitrato di cellulosa nel caso di LR-115) avviene un danneggiamento

lungo la catena ed esso prende il nome di traccia latente. Attaccando

successivamente la superficie con agenti opportuni a seconda del polimero

utilizzato, si crea una traccia visibile al microscopio, traccia visibile.

Durante l’esposizione del rivelatore è necessario che esso sia posizionato in

una cameretta tale da consentire l’ingresso al suo interno del solo gas

radon e quindi dei suoi prodotti di decadimento; tale cameretta infatti è

progettata in modo da presentare fessure piccolissime, dell’ordine di

10�5mm, in modo da impedire l’ingresso dei figli del radon attaccati al

particolato, mentre il radon ha molecola monoatomica, essendo un gas

nobile, quindi è compatibile con le dimensioni sopra citate. Esistono

diverse tipologie di camere, la scelta più opportuna è effettuata in funzione

del tipo di misura che si vuole ottenere; infatti in relazione alla superficie

del dosimetro utilizzato sono abbinate determinate camere.

Il numero di tracce presenti sulle pellicole LR 115 è proporzionale al

numero di particelle alfa emesse dal Radon e dai suoi figli nel volume del

dosimetro, pertanto si può procedere alla fase di lettura e conteggio delle

tracce, che può avvenire mediante due metodologie diverse: ottiche o

elettrostatiche.

46

� Metodo ottico: in tale metodo il conteggio delle tracce avviene o

mediante microscopio oppure con l’utilizzo di scanner fotografici,

grazie ai quali posso risalire alla misura dello spessore residuo della

pellicola e al conteggio delle tracce, infatti i parametri ottici, quali

intensità luminosa e densità di traccia, così ottenuti, sono relazionati

tramite opportune procedure di calibrazione, a misure dello spessore,

le quali, essendo proporzionali all’esposizione di concentrazione del

gas radon, mi consentono di risalire a tale misura di radon. Tale

metodo, inoltre, presenta il vantaggio di non danneggiare le pellicole,

quindi in caso di incertezza, la lettura può essere ripetuta.

� Metodo elettrostatico: consiste nell’utilizzo di un dispositivo

avente due elettrodi, uno spesso e uno più sottile, costituito da strato

di alluminio, tra essi è posto il film e, applicando una differenza di

potenziale di circa 100 volt, si produce una scintilla attraverso un

foro, che determina l’evaporazione dell’alluminio in corrispondenza

del foro, isolandolo e impedendo una successiva scarica. Il numero

degli impulsi elettrici è uguale pertanto al numero di fori ivi presenti

e quindi il conteggio delle scariche mi dà il numero di tracce. Lo

svantaggio sta nell’impossibilità di poter rileggere la pellicola in

caso di incertezze.

Gli LR 115 sono costituiti da un supporto plastico avente uno spessore

massimo di 0,5 mm, rivestito da uno strato di circa 12µm di nitrato di

cellulosa, esso rappresenta la parte sensibile. L’energia associata alle

particelle α è tuttavia molto elevata per produrre un danno osservabile nel

film, pertanto ad esso viene anteposto uno strato di Mylar, avente il

compito di assorbire energia e rallentare le particelle alfa, per cui, arrivando

sul film sottile con energia minore, produrranno un danno più osservabile.

In realtà mediante questa operazione di filtraggio, si fa in modo che il picco

di Bragg delle particelle in questione venga anticipato e quindi avvenga

proprio in corrispondenza dello strato sensibile.

47

Figura 3.1 Rivelatore LR115

Nel caso dei CR 39 la differenza sta nel fatto che esso ha uno spessore

maggiore, circa 1-2 mm, il che fa si che essi possano rivelare anche

particelle meno pesanti delle alfa e non necessitano di supporto in plastica

[19].

3.5 Misura della concentrazione di Radon con dosimetri LR 115

Il lavoro di ricerca di cui tale tesi tratta, è stato condotto presso il

Laboratorio di Radioattività del dipartimento di Scienze Fisiche dell’

Università di Napoli “Federico II” e ha lo scopo di fornire le misure della

concentrazione del gas radon in alcune case della penisola sorrentina

nell’ambito di un progetto sulla radioattività naturale, finanziato

dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN).

48

Per esso si sono adoperate le pellicole LR115.

Esse sono rivelatori a tracce nucleari che consentono di ottenere misure

integrate di tipo passivo, ovvero necessitano di un trattamento di lettura

post ritiro da condurre in laboratori dedicati.

Individuate le abitazioni per le misure di concentrazione, la procedura si è

svolta attraverso due fasi differenti:

� Fase di preparazione e esposizione dei dosimetri

� Fase di ritiro e lettura degli stessi

La fase di preparazione dei dosimetri si è articolata in diversi steps:

• Assemblaggio degli LR 115

• Catalogazione dei dosimetri attraverso un codice

• Formulazione di un questionario informativo sull’abitazione

• Posizionamento di due dosimetri per casa, uno nella zona notte e uno

in quella giorno

• Ritiro del dosimetro dopo un semestre

Naturalmente queste operazioni sono state ripetute dopo sei mesi, data la

necessità di avere misure annuali, per verificare e monitorare la variabilità

della concentrazione di tale gas in funzione dei parametri stagionali.

In tale progetto, come strumento di lettura si è adottato uno scanner

fotografico quindi non si è usato il metodo di lettura (spark- counter)

tradizionale, ma si è utilizzato un metodo di tipo ottico sperimentale.

3.6 Procedura sperimentale

Per l’indagine in questione sono stati usati due dosimetri ad abitazione, uno

nella zona notte e uno in quella giorno, per il primo semestre 2011,

sostituiti da altri due per il secondo semestre.

Ciascun rivelatore contiene al proprio interno due pellicole LR 115, che in

fase di smontaggio sono stati suddivisi in due gruppi, A e B; il codice con

cui ogni pellicola è stata contrassegnata, è stato scritto con un pennarello

49

resistente all’azione del bagno chimico per evitare che risultassero

illeggibili dopo l’attacco chimico.

Una volta codificati, i due rivelatori sono stati posti in una bustina

contrassegnata dal numero identificativo degli stessi e conservati in buste

di carta- polietilene- alluminio, in attesa di procedere.

La soluzione chimica usata è costituita da Idrossido di Sodio, NaOH, 10%

peso/volume o 2.5 N.

100 grammi di esso vengono sciolti in un litro di acqua distillata, imersi in

un bagno termostatico, posto all’interno di una cappa Kottermann, modello

2- 418- 713993, ad una temperatura di 60 gradi.

Figura 3.2 Cappa

Per la preparazione di tale soluzione, data l’elevate corrosività

dell’idrossido di sodio si è stati molto attenti ad evitare contatti per cui si

sono indossati occhiali e guanti. Una volta raggiunta la temperatura si sono

50

immerse nella soluzione 24 pellicole alla volta, precedentemente

posizionate in 4 molle per un tempo di 110 minuti.

Si è proceduto trattando chimicamente prima le pellicole del lato A e poi

quelle lato B, si è infatti evitato di immergere contemporaneamente i due

rivelatori di una stessa abitazione per escludere, in caso di anomalie, che si

perdessero completamente i dati di una determinata casa.

Lo scopo di tale attacco chimico è quello di ridurre il film LR 115 ad uno

spessore finale di 6,5µm o comunque compreso tra 5 e 8 µm, ma dato che

l’attacco chimico dipende da vari fattori, come geometria del bagno

termostatico, rapporto numero rivelatori/ volume soluzione, si è dovuta

determinare la giusta durata di questa fase attraverso prove preliminari in

cui si è misurato lo spessore dei film sottoposti al bagno chimico per

durate differenti; nel nostro caso il tempo stimato è stato di 110 minuti.

Terminata questa fase, al fine di fermare la fase di sviluppo, i rivelatori

sono stati lavati in acqua corrente per 30 minuti e poi immersi in acqua

distillata per 15 minuti, dopodiché si è potuto procedere a strippare il film

sottile dal supporto [20]. Questa operazione è molto delicata perché si

potrebbe danneggiare il film, comportando una perdita di informazioni,

pertanto essa è stata eseguita a rivelatore bagnato con un bisturi, la cui lama

è stata inserita tra il film ed il supporto, sollevandolo delicatamente. Una

volta che i film si sono asciugati e catalogati correttamente si è passati alla

fase di lettura.

3.6.1 Metodo di lettura

Tale fase di lettura è finalizzata alla conoscenza dei parametri ottici

(intensità luminosa e conteggio di tracce), i quali sono correlati mediante

curve sperimentali a misure dello spessore, necessarie per calcolare la

concentrazione di radon.

Essa, nel nostro caso, è avvenuta mediante un normale scanner Epson

perfection 4490, con risoluzione pari a 4800 × 9600 dpi e una profondità

51

massima di 18 bit per il colore e 16 bit per il grigio, dotato di doppia

illuminazione.

Le pellicole sono state posizionate in una griglia posta all’interno di un

doppio foglio trasparente al fine di ottenere una illuminazione il più

uniforme possibile, riducendo la potenziale formazione di bolle o pieghe

nei rivelatori.

Figura 3.3 Griglia per il posizionamento delle pellicole

Per l’acquisizione delle immagini parametri scelti sono stati: profondità del

colore di 24 bit e risoluzione di 4800 dpi. Questo valore rappresenta un

compromesso tra la necessità di avere immagini non troppo pesanti,

difficili da gestire nella fase di elaborazione e analisi, e quella di

distinguere facilmente le diverse tracce. Per ciascuna pellicola è stata scelta

un’area di 2.25 cm posta nel centro, rappresentativa della zona

maggiormente interessata dall’esposizione.

52

Per l’analisi delle immagini è stato utilizzato il programma “Image J”

(Image Processing and Analysis in Java), software per l’elaborazione delle

immagini sviluppato negli Stati Uniti, dopodiché si è proceduto alla misura

dello spessore e al conteggio delle tracce, forniti dal programma

rispettivamente in termini di intensità luminosa e densità di

tracce,parametri ottici che mediante curve sperimentali possono essere

“convertiti” in misure dello spessore, espresse in µm.

3.6.2 Misura dello spessore

Nella misura dello spessore, le tracce presenti sull’immagine acquisita della

pellicola, rappresentano un’ interferenza, pertanto si è usa l’opzione “create

back ground”, avente lo scopo di minimizzare la visibilità delle tracce,

ottenendo così un’ esaltazione del fondo, l’immagine così ottenuta è di

colore cyan con dei puntini rappresentativi delle tracce.

Figura 3.4 Immagine acquisita per la lettura dello spessore

53

Lo scanner determina lo spessore delle tracce in funzione del differente

livello di opacità della pellicola, per cui l’esaltazione del fondo è

necessaria.

Per ottenere indicazioni utili si è effettuata un’ analisi della distribuzione

dell’intensità luminosa dei pixel dell’immagine complessiva, nonché delle

varie componenti cromatiche in cui è possibile scomporla; tra i vari

indicatori (moda, media, mediana, massimo, minimo) e le varie scelte

cromatiche si è scelta come combinazione più adatta la media dell’intensità

luminosa di (red + green + blu)/3.

E’ possibile passare dall’intensità luminosa fornita dalla lettura con lo

scanner a valori dello spessore, espressi in micron e necessari per risalire

alla concentrazione:

d � d& � e B exphijk � (3.1)

dove IL rappresenta l′intensità luminosa.

I valori dei parametri A, t e y& sono stati determinati da una precedente

calibrazione.

I valori ricavati con le su scritta curva, dopo essere stati convertiti in valori

di spessore sono stati usati per verificare la correttezza della funzione

adoperata per convertire intensità luminosa in micron, cosi da poterli

confrontare con i valori ottenuti con lo spessimetro. I risultati più che

soddisfacenti ottenuti da tale confronto, hanno confermato la validità della

scelta della media dell’intensità luminosa dei pixel dell’immagine per la

determinazione dei parametri e quindi la bontà del metodo alternativo di

lettura adoperato.

I dati dello spessore residuo pertanto sono espressi dal programma ottico

usato in funzione dell’intensità luminosa, quindi è stata effettuate una

conversione con l’equazione (3.1) in modo da ottenere il valore dello

spessore espresso in micron al variare dell’intensità luminosa ricavata con

il programma; va però calcolato anche l’errore associato a tale misura che è

54

stato stimato come il 20% della deviazione standard,anch’essa fornita dal

programma, di ciascun dato.

3.6.3 Conteggio delle tracce

In questa fase l’immagine acquisita per il conteggio delle tracce è stata

sottoposta ad un’azione di filtraggio, finalizzata alla riduzione del

contributo del rumore; ancora una volta essa è stata scomposta nelle diverse

componenti cromatiche, tra cui, questa volta, scegliamo quella green,

essendo quella in cui le tracce sono più evidenti.

L’opzione scelta per il conteggio delle tracce è stata il plugin “find

maxima”, questo programma seleziona i pixel più evidenti,

contrassegnandoli con una croce e poi passa al conteggio successivo.

Il numero di tracce fornito dal programma è stato diviso per l’area della

pellicola considerata, pari ad un quadrato di area 2.25 cm.

L’errore associato al numero di tracce è uguale al prodotto del dato per la

radice quadrata dello stesso,trattandosi di una numerazione.

Figura 3.5 Immagine per conteggio tracce

55

3.6.4 Correzione del fondo

Una volta determinati lo spessore e la densità di tracce , si sottrae il fondo,

ovvero si eliminano le tracce presenti in assenza di esposizione, stimato

essere 10 tracce.

Quindi la densità di tracce netta è:

Ny � Gy � Fy (3.2)

Dove:

� Gy è il numero di tracce misurato dal programma fratto l’area

considerata (2.25cm)

� Fy densità di tracce del fondo.

3.6.5 Correzione per lo spessore

La densità di tracce varia linearmente con lo spessore residuo della

pellicola, se esso è compreso tra 5 e 8 µm. Per determinare la

concentrazione di radon è necessario conoscere la densità di tracce di uno

spessore di riferimento.

Come valore per lo spessore di riferimento si è scelto quello di 6.5 µm;

tuttavia lo spessore residuo non sarà sempre pari a tale valore, pertanto va

effettuata una “normalizzazione per lo spessore” ovvero calcolata la densità

di tracce che si avrebbe se lo spessore considerato fosse sempre pari al

valore suddetto, essa si ottiene attraverso l’equazione:

|5.� � �~�� β hy�5.�� (3.3)

dove

- β è detto coefficiente di correzione per lo spessore, ed è pari a – 0,6

- Ny è la densità di tracce corretta per il fondo

- t è lo spessore.

56

Dopodiché è stata effettuata nuovamente la stima dell’errore con il metodo

di propagazione degli errori.

3.7 Determinazione della concentrazione di Radon e relativa dose

Per ricavare la concentrazione di Radon C� h����� misurata dall’i - esimo

rivelatore si usa la seguente equazione:

�� � ��.��B� (3.4)

dove

� R5.� è lo spessore normalizzato

� E è l’efficienza

� h il tempo espresso in ore

Tale valore di concentrazione è calcolato per entrambi i lati del rivelatore,

e poi se ne determina la media aritmetica dei due valori ottenuti.

Per ciascun locale il valore finale è h�����: � � ∑��

� (3.5)

dove n è il numero di rivelatori ivi presenti.

La concentrazione annuale per locale sarà data da:

�� � ∑��B ��∑�� (3.6)

� C� è la concentrazione del j-esimo rivelatore

� h� è il tempo di esposizione del j-esimo rivelatore.

A partire dalla concentrazione annuale stimata con l’equazione sotto

indicata ricavo la dose di esposizione

\ � ] ^ B 0 B O(3.7) Dove:

d�d�d�d� F è il fattore di conversione espresso in SvmD/Bqh e) T sono le ore di esposizione espresse in h

57

f) Cr è la concentrazione media annuale di radon espressa in Bq/mD

58

Capitolo IV

Risultati e analisi dati

In questo capitolo sono riportati i risultati ottenuti dalle misure effettuate,

mostrando la dipendenza esistente tra misura di concentrazione del gas

radon e alcune caratteristiche delle case coinvolte, come piano

dell’abitazione e materiali da costruzione adoperati per l’edificio. Si è

inoltre calcolata la dose efficace media.

4.1 Campione scelto

Le misure effettuate nell’ambito di tale progetto di tesi sono state condotte

in 89 abitazioni dislocate in diverse zone della penisola sorrentina, più

precisamente le case coinvolte sono le abitazioni di studenti del liceo

scientifico statale “Salvemini” di Sorrento, che ha preso parte al progetto

ENVIRAD.

Figura 4.1 Mappa dei comuni coinvolti.

59

Le misure sono state eseguite come già detto, con la tecnica passiva dei

rivelatori a tracce nucleari LR115, per una durata complessiva di un anno,

più precisamente da dicembre 2010 a giugno 2011, quelle del I semestre e

da giugno a dicembre 2011, quelle per il II semestre.

In ogni abitazione in cui è stato collocato il rivelatore, è stato anche

consegnato un questionario di carattere informativo su alcune

caratteristiche della case, nonché sulle abitudini degli abitanti, al fine di

condurre un’analisi accurata, fondendo insieme i risultati delle misure con i

dati forniti.

Nel posizionare tali rivelatori si è cercato, inoltre, di prestare attenzione ad

alcune condizioni generali, ovvero esso non è stato collocato in prossimità

di fonti di calore o ventilatori, né all’interno di armadi o contenitori chiusi e

si è cercato di fissarlo ad almeno 30 cm dalle pareti e 1 m dal pavimento e

da porte e finestre.

I luoghi scelti per il posizionamento sia per il locale giorno che quello

notte, sono infatti stati:

1. su armadio

2. su mensola

3. su libreria

4. su comò

5. altrove.

4.2 Risultati finali e calcolo della dose efficace

La concentrazione media annuale di radon nell’intera zona di misurazione è

stata stimata pari a 131 Bq/ mD con deviazione standard pari a 115 Bq/ mD;

i risultati sono riportati nella seguente tabella.

60

I semestre II semestre Annuale

Numerosità 178 178 178

Media aritmetica 164 Bq/ mD 99 Bq/ mD 131 Bq/ mD

Dev. standard 184 Bq/ mD 75 Bq/ mD 115 Bq/ mD

Media geometrica 113 Bq/ mD 81 Bq/ mD 103 Bq/ mD

Dev. standard geom 2 2 2

Tabella 4.1 Statistica descrittiva dei risultati

Come si può notare dai valori semestrali ottenuti, la concentrazione nei

mesi estivi, (II semestre: giugno- dicembre) è minore, infatti si suppone che

in tale periodo ci sia una maggiore ventilazione dei locali, che sappiamo

essere un’ efficace e semplice rimedio per ridurre la presenza del gas nei

locali indoor.

In ogni abitazione inoltre, come detto, sono stati collocati due dispositivi di

misura e scelti due differenti locali, notte e giorno, in modo da avere

informazioni utili in funzione della stima delle ore di occupazione dei

diversi locali.

Locale notte Locale giorno

Numero di locali 88 89

Media 138 Bq/ �D 126 Bq/ �D

Dev. standard 124 Bq/ mD 104 Bq/ mD

Tabella 4.2 Risultati per locale esaminato

61

0 90 180 270 360 450 540 630 720

0

20

40

60

80

Fre

que

nza

concentrazione (Bq/m3)

Grafico 4.1 Distribuzione di frequenza in funzione delle concentrazioni

Nel grafico è riportata la distribuzione di frequenza in funzione della

concentrazione di radon misurate. Come atteso tale andamento di

distribuzione di frequenza è di tipo log normale.

Ottenuti dunque i valori finali è possibile stimare la dose di esposizione

media con la relazione:

> � ] ^ B - B O B 6 (4.1)

� ] ^ è la concentrazione di radon misurata espressa in Bq/ mD

� � è il fattore di equilibrio tra radon e i suoi prodotti di decadimento,

vale 0,6

� F è il fattore di occupazione, stimato pari a 0,8

� D è il fattore di conversione e vale 3 B 10��Sv Bqh/mD

Concentrazione media Dose efficace media

131 Bq/ mD 1.6 mSv

Tabella 4.3 Dose efficace media

62

4.3 Analisi dei dati

Date la variazioni che la concentrazione del gas radon può subire nei luoghi

indoor in funzione di diverse variabili, sono state prese in considerazione

alcune caratteristiche fondamentali della abitazioni coinvolte, per verificare

una riduzione o un aumento della presenza di tale gas nei luoghi chiusi e

quindi individuare le condizioni potenzialmente più pericolose per gli

abitanti delle case.

Infatti, è stata dimostrata una dipendenza, non soltanto in funzione della

stagionalità, come si evince dai valori riportati nella tabella 4.2, ma anche

in funzione di caratteristiche come: piano abitazione, materiali da

costruzione e anno di edificazione.

Per verificare la dipendenza della concentrazione del gas radon da tali

variabili è stata effettuata un’analisi della varianza, ANOVA, che ha

mostrato la significatività statistica dei risultati ottenuti.

Nella tabella seguente sono riportate le distribuzioni di frequenza della

concentrazione di radon in funzione del piano. Tre appartamenti sono stati

esclusi dall’analisi poiché non è stato fornito questo tipo di informazione.

63

Piano

abitazione

Numero

di

misure

Concentrazione

Rn ± SD

(Bq/�[�

Media

geometrica

(Bq/�[�

SDG p-value

Piano

seminterrato

56 147 ± 132 115 2 <0.01

Piano terra 34 175 ± 138 133 2

Piano primo 38 101 ± 54 92 2

Piano ≥ 2 44 112 ± 103 86 2

Tabella 4.4 Distribuzione di frequenza della concentrazione di radon in funzione del

piano dell’abitazione.

Da tale analisi si evince che nei piani inferiori la concentrazione di gas

radon è superiore, dato il diretto contatto con il suolo e quindi la possibilità

che il gas esalato dalle rocce penetri nelle abitazioni prima di decadere

attraverso crepe e fessure, laddove presenti, o comunque attraverso il suolo

o i condotti.

I risultati sono riportati nel grafico seguente.

seminterrato piano terra primo piano piano superiore al 1°

80

100

120

140

Me

dia

ge

om

etr

ica

Co

n R

n(B

q/m

3)

piano del locale monitorato

Grafico4.2 Rappresentazione media geometrica della concentrazione del gas radon in

funzione del piano

64

Un altro parametro analizzato è il materiale da costruzione con cui è stato

realizzato l’edificio considerato.

Nella tabella seguente sono riportati i valori le distribuzioni di frequenza

della concentrazione del gas radon nelle abitazioni monitorate in funzione

dei materiali da costruzioni principali con cui è stato edificato il palazzo;

per tre appartamenti non è stato fornito mediante questionario questo tipo

di informazione.

Materiale da

costruzione

Num

misure

Concentrazion

e

Rn ± SD

(Bq/�[�

Media

geometrica

(Bq/�[�

SDG p-value

Cemento 100 116 ± 123 86 2 <0,001

Laterizi e

pietre

24 122 ± 53 113 1

Tufo 46 172 ± 67 145 2

Non si sa 2 65 ± 10 65 1

4.5 Distribuzione di frequenza della concentrazione di radon in funzione dei materiali

da costruzione

Come mostrano i risultati, gli edifici in tufo, nonostante una numerosità

campionaria minore rispetto ad esempio a quelli realizzati in cemento, sono

caratterizzati da valori medi di concentrazione di gas radon nettamente

superiore, infatti esso è un materiale di origine vulcanica, caratterizzato da

elevati livelli di radioattività.

I risultati sono riportati nel seguente grafico.

65

cemento pietre e laterizi tufo

75

100

125

150

Me

dia

geo

me

tric

a C

on

c R

n(B

q/m

3)

materiali da costruzione prinpali

Grafico 4.3 Rappresentazione media geometrica della concentrazione del gas radon in

funzione dei materiali da costruzione.

Infine, è stata verificata un’ulteriore dipendenza dall’anno di costruzione

del palazzo.

Nella tabella seguente sono riportati i valori le distribuzioni di frequenza

della concentrazione del gas radon nelle abitazioni monitorate in funzione

dell’anno di costruzione dell’edificio; per un appartamento non è stato

possibile ottenere questa informazione.

66

Anno di

costruzione

Numero

di

misure

Concentrazione

Rn ± SD

(Bq/�[�

Media

geometrica

(Bq/�[�

SDG p-value

Prima del

1918

38 158 ± 91 137 2 < 0,001

Dal 1919 al

1960

32 154 ± 115 131 2

Dopo il

1960

86 112 ± 124 83 2

Non so 20 131 ± 107 106 2

4.6 Distribuzione di frequenza della concentrazione di radon in funzione dell’anno di

costruzione.

prima del 1918 1919- 1960 dopo il 1960

80

100

120

140

Med

ia g

eo

metr

ica C

on

c R

n (

Bq

/m3)

anno di costruzione

Grafico 4.4 Rappresentazione media geometrica della concentrazione del gas radon in

funzione dell’anno di costruzione dell’abitazione.

Come mostrato dai risultati su riportati, gli edifici realizzati fino al 1960,

hanno una concentrazione di radon maggiore, nonostante una numerosità

campionaria minore; la causa di ciò va rintracciata in tecniche di

costruzione differenti, che non favoriscono la naturale fuoriuscita del gas

67

presente in tali abitazioni, nonché l’ utilizzo più frequente di materiali di

origine vulcanica, quindi contenenti radionuclidi, che erano adoperati in

passato per realizzare i palazzi.

68

Conclusioni

Questo elaborato di tesi, condotto presso il laboratorio di radioattività della

dipartimento di Scienze Fisiche dell’università di Napoli “Federico II”, si è

articolato attraverso una serie di misure della concentrazione di radon di

durata annuale nell’ambito di un progetto nazionale, “ENVIRAD”,

finalizzato all’informazione e formazione della popolazione nei confronti

di questa problematica.

Essendo la Campania, infatti è una regione caratterizzata da elevati livelli

di radioattività, si è reso necessario effettuare campagne di misura di

concentrazione di radon sia in abitazioni che nei luoghi di lavoro.

In tale contesto si colloca questo lavoro di tesi, mediante il quale è stato

possibile monitorare 89 abitazioni dislocate in diverse zone della penisola

sorrentina, ottenendo una mappatura di tale territorio. Per far ciò si è usata

una tecnica di misura della concentrazione del gas radon indoor di tipo

passivo, per la quale sono stati impiegati i rivelatori LR 115.

Più precisamente in ogni casa esaminata sono stati collocati due rivelatori,

posti rispettivamente in un locale giorno e in un locale notte, al fine di

ottenere un monitoraggio in entrambe le zone più frequentate della casa

nell’arco della ventiquattro ore giornaliere.

Essi sono stati poi sostituiti da altri due rivelatori dopo sei mesi,IN quanto

la misura è stata di durata annuale per verificare la variabilità delle

concentrazioni in funzione di parametri meteorologici come stagionalità,

temperature, umidità.

Per la lettura di tali pellicole LR 115, si è poi adoperato un sistema ottico

sperimentale, messo a punto nel laboratorio LaRa.

La concentrazione media stimata è stata di 131 ± 115 Bq/ mD, su una

numerosità campionaria di 178 misure complessive, quindi inferiore al

limite consigliato per le abitazioni dalla normativa vigente in materia.

69

Nel I semestre la concentrazione è stata di 164 ± 184 Bq/ mD, nel II di

99 ± 75 Bq/ mD; tale differenza è determinata da una maggiore ventilazione

dei locali monitorati tipica dei mesi estivi.

La dose equivalente media stimata è stata di 1,6 mSv.

Inoltre è stata evidenziata una dipendenza di tale concentrazione da alcune

caratteristiche delle abitazione, ottenute mediante questionario informativo,

come il piano dell’abitazione, i materiali da costruzione e l’anno di

edificazione del palazzo.

Per quanto concerne il piano si è evidenziata una maggiore concentrazione

in quelli inferiori, determinata dal diretto contatto con il sottosuolo dalle

cui rocce è esalato il gas radon.

Anche per i materiali e l’anno di costruzione si è ottenuta una

concentrazione maggiore in quelli realizzati in tufo, pietra di origine

vulcanica particolarmente ricca di radionuclidi, nonché negli edifici

realizzati prima del 1960, per i quali il tufo rappresenta un materiale

ampiamente adoperato.

Appendice A: “Questionario”

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI

Misura della concentrazione

di radon e della dose gamma nelle

Anno in cui sono fatte le misure di radon

Questionario abitazione

1. Nome e Cognome di chi compila

2. Data compilazione questionario

Appendice A: “Questionario”

NIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II

Dipartimento di Scienze Fisiche

Misura della concentrazione

di radon e della dose gamma nelle

abitazioni

Codice abitazione

Anno in cui sono fatte le misure di radon

|__||__||__||__|

Questionario abitazione

1. Nome e Cognome di chi compila il questionario

2. Data compilazione questionario |__| |__| |__||__| |__||__||__||__|

g g m m a a a a

Note informative

70

Appendice A: “Questionario”

NIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI

Misura della concentrazione

di radon e della dose gamma nelle

Questionario abitazione

|__| |__| |__||__| |__||__||__||__|

g g m m a a a a

71

In caso di inconvenienti o di maggiori chiarimenti contattare il Prof.

Raffaele Ortenzia tel:

Il rivelatore è costituito da materiale plastico assolutamente innocuo e non

contiene materiale tossico e radioattivo. Al fine di portare a buon fine la

misura, il rivelatore non deve essere né aperto né manomesso.

La misura della concentrazione di radon nelle case prevede la compilazione

del presente questionario informativo, che verrà utilizzato unicamente per

gli scopi connessi con la misura stessa.

I dati personali, le informazioni contenute nel questionario ed i dati

connessi alla misura saranno conservati rispettando tutte le norme ai sensi

delle leggi 675/1996 e 196/2003.

72

Sez. A - DATI GENERALI

A1. Dislocazione dell’abitazione

1 = isolata

2 = centro abitato

A2. Indirizzo completo dell’abitazione

Via_______________________________

Palazzina________ Scala_______ Interno______ Piano________

Comune _______________________________________________

Località o Frazione ______________________________________

CAP __________________ Prov________________________ ∗Nel caso abitazione su più piani indicare quello della porta di

ingresso

Sez. B - DATI RELATIVI ALL’EDIFICIO

B1. Tipologia edificio 1 = casa/villetta unifamiliare

2 = casa unifamiliare attaccata ad altre a schiera

3 = casa/villetta bifamiliare (un appartamento accanto all’altro)

4 = casa/villetta bifamiliare (un appartamento sopra l’altro)

5 = palazzina con pochi appartamenti (meno di 10)

6 = grande edificio con molti appartamenti (10 o più)

8 = altro _______________________

9 = non so

B2. Numero di scale nell’edificio (in caso di palazzina o grande edificio) 1 = 1 scala

2 = 2 scale

3 = 3 o più

9 = non so

B3. Numero di piani dell’edificio � � Nel conteggio dei piani non inserire il piano

terra o il piano rialzato, nonché eventuali

piani seminterrati o interrati. Se l’edificio ha

solo il piano terra ed eventuali seminterrati

codificare con 0.

B4. In quale periodo è stato costruito l’edificio? 1 = prima del 1870 4 = dal 1946 al 1960

2 = dal 1871 al 1918 5 = dopo il 1960

3 = dal 1919 al 1945 9 = non so

B5. Una o più pareti del piano terra e dei piani superiori sono a diretto contatto col terreno?

73

(Aiutasi con il disegno. N.B. Gli edifici che hanno anche poco spazio tra

le pareti esterne ed il terreno o roccia non vanno considerati a diretto

contatto). 1 = no

2 = si B6. Ci sono locali seminterrati o sotterranei?

1 = no 4 = sì (entrambi, uno sotto l’altro)

2 = sì (seminterrato) 9 = non so

3 = sì (sotterraneo)

B7. Presenza di intercapedini/vespaio? 1 = no

2 = si

9 = non so

B8. Materiali da costruzione: 1 = cemento

2 = elementi prefabbricati

3 = laterizi

4 = pietra

5 = altro__________________________________

74

Sez. C – DATI SULL’ABITAZIONE C1. Qual è il piano dell’abitazione (o il piano più basso, se l’abitazione ha più

piani)? T = piano terra S = seminterrato

R = rialzato ST = sotterraneo

n. del piano = _______

C2. Su quanti piani si estende l’abitazione?

(Includere tutti i piani contigui e collegati tra loro da scale interne

all’abitazione, anche se normalmente non abitati, quali cantina o

garage: es. ST,T,1) n.___________________

C3. C’è un impianto di riscaldamento? 1 = no 8 = altro (stufette, etc)_______________________

2 = sì, centralizzato 9 = non so 3 = sì, autonomo

C4. Tipo di combustibile: 1 = legna 5 = carbone

2 = gas 6 = gasolio

3 = metano 7 = altro______________

4 = kerosene 9 = non so

C5. Tipo di riscaldamento: 1 = radiatori

2 = termo/ventil convettori

3 = aria condizionata (con ricambio)

4 = aria condizionata (senza ricambio)

5 = a pavimento

C6. Fornitura d’acqua: 1 = pozzo

2 = acquedotto (diretto)

3 = acquedotto (cassone)

4 = altro_______________________________

9 = non so

75

Sez. D – DATI SUI LOCALI RIVELATORI (LN = locale notte; LG = locale giorno)

D1. Di che tipo sono i locali rivelatori: LN______

LG______ 1 = monolocale

2 = stanza letto

3 = soggiorno/salone/tinello/studio

4 = cucina abitabile

5 = cucina

8 = altro (es. corridoi, etc.)

D2. A quale piano sono situati i locali rivelatori ? LN______

LG______ T = piano terra

R = piano rialzato

S = seminterrato

ST = sotterraneo

1°piano, 2° piano, 3°piano, ecc.ecc.

D3. Stato di tenuta delle aperture verso l’esterno: LN_____

LG______ 1= mediocre/scarso

2 = medio

3 = buono

4 = assenza di aperture

9 = non so

D4. La porta di comunicazione tra il locale ed il resto dell’abitazione: LN______

LG______ 1= abitualmente aperta

2 = abitualmente chiusa

9 = non so

D5. Una o più pareti (non il pavimento) dei locali rivelatori sono a contatto con il terreno/roccia? LN______

LG______ 1= no 4 = 3 pareti

2 = si, 1 parete 5 = 4 pareti

3 = si, 2 pareti 9 = non so

D6. Cosa c’è sotto il pavimento dei locali rivelatori: LN______

LG______

1= ci sono altri locali (inclusi garage e cantina) 4 = vespaio aperto

2 = terreno o roccia 5 = altro__________

3 = vespaio chiuso 9 = non so

D7. Presenza di un camino nei locali rivelatori: LN______

LG______ 1= no

2 = si

76

D8. Tipologia del rivestimento delle pareti dei locali rivelatori: LN______

LG______

(in caso di diversi rivestimenti riportare quello nettamente prevalente) 1= intonaco 5 = legno

2 = piastrelle 6 = carta da parati

3 = marmo 7 = altro_______________

4 = pietra 9 = non so

D9. Tipologia del rivestimento del pavimento dei locali rivelatori: LN______

LG______

(in caso di diversi rivestimenti riportare quello nettamente prevalente) 1= cemento 5 = legno

2 = mattone 6 = piastrelle

3 = pietra 7 = linoleum

4 = marmo 8 = altro__________

9 = non so

D10. Aerazione dei locali rivelatori: - periodo invernale: LN______

LG______ 1= meno di 30 minuti al giorno

2 = più di 30 minuti al giorno

- periodo estivo: LN______

LG______ 1= prevalentemente diurna

2 = prevalentemente serale e diurna

3 = continua nelle 24 ore

77

Sez. E – DATI SUI RIVELATORI - Primo semestre E1. Codice rivelatori Rn: LN______

LG______

E2. Codici dosimetri gamma ________________________

E3. Data posizionamento dei rivelatori I semestre

rivelatori Rn: LN |__| |__| |__||__| |__||__||__||__|

g g m m a a a a

LG |__| |__| |__||__| |__||__||__||__|

g g m m a a a a

dosimetro gamma: |__| |__| |__||__| |__||__||__||__|

g g m m a a a a

E4. Luogo posizionamento dei rivelatori Rn: LN______

LG______ 1 = sull’armadio 4 = sul comò

2 = su una mensola 5 = altrove_________

3 = sulla libreria

E5. Luogo posizionamento dei dosimetri gamma: 1 = sull’armadio 4 = sul comò

2 = su una mensola 5 = altrove_________

3 = sulla libreria

E6. Data ritiro dei rivelatori I semestre:

rivelatori Rn: LN |__| |__| |__||__| |__||__||__||__|

g g m m a a a a

LG |__| |__| |__||__| |__||__||__||__|

g g m m a a a a

dosimetro gamma: |__| |__| |__||__| |__||__||__||__|

g g m m a a a a

78

Sez. F – DATI SUI RIVELATORI – Secondo semestre F1. Codice rivelatori Rn: LN______

LG______

F2. Data posizionamento dei rivelatori II semestre:

rivelatori Rn: LN |__| |__| |__||__| |__||__||__||__|

g g m m a a a a

LG |__| |__| |__||__| |__||__||__||__|

g g m m a a a a

F3. Luogo posizionamento dei rivelatori Rn: LN______

LG______ 1 = sull’armadio 4 = sul comò

2 = su una mensola 5 = altrove_________

3 = sulla libreria

F4. Data ritiro dei rivelatori II semestre:

rivelatori Rn: LN |__| |__| |__||__| |__||__||__||__|

g g m m a a a a

LG |__| |__| |__||__| |__||__||__||__|

g g m m a a a a

79

Appendice B: “Risultati misure per abitazione”

Cod

abit Locale*

CnRn ±SD

(Bq/m

3)

Anno di

costruzione

Materiali di

costruzione

Piano

abitaz

1 LN 100 22

Dal 1919 al

1960 Tufo Primo piano

1 LG 97 11

Dal 1919 al

1960 Tufo Primo piano

2 LN 71 4 Fino al 1918 Laterizi e pietre

Piano

seminterrato

2 LG 91 8 Fino al 1918 Laterizi e pietre

Piano

seminterrato

3 LG 115 22 Fino al 1918 Laterizi e pietre

Piano

seminterrato

3 LN 118 8 Fino al 1918 Laterizi e pietre

Piano

seminterrato

4 LN 351 7 Dopo il 1960 Cemento Piano terra

4 LG 70 9 Dopo il 1960 Cemento Piano terra

5 LG 97 19 Non so Laterizi e pietre Piano terra

5 LN 106 3 Non so Laterizi e pietre Piano terra

6 LN 60 6 Dopo il 1960 Cemento

Piano

seminterrato

6 LG 49 2 Dopo il 1960 Cemento

Piano

seminterrato

7 LG 116 7 Dopo il 1960 Cemento Piano terra

7 LN 84 7 Dopo il 1960 Cemento Piano terra

8 LN 101 10 Fino al 1918 Tufo Primo piano

8 LG 68 2 Fino al 1918 Tufo Primo piano

9 LG 94 4

Dal 1919 al

1960 Cemento

9 LN 58 4

Dal 1919 al

1960 Cemento

10 LG 57 1 Dopo il 1960 Cemento

80

10 LN 66 3 Dopo il 1960 Cemento

11 LN 60 3 Dopo il 1960 Cemento

Piano

seminterrato

11 LG 59 7 Dopo il 1960 Cemento

Piano

seminterrato

12 LG 255 24 Non so Tufo

Piano

seminterrato

12 LN 269 24 Non so Tufo

Piano

seminterrato

13 LG 367 Dopo il 1960 Cemento

Piano

seminterrato

13 LN 382 79 Dopo il 1960 Cemento

Piano

seminterrato

14 LN 207 15 Dopo il 1960 Cemento

Piano

superiore al

primo

14 LG 58 14 Dopo il 1960 Cemento

Piano

superiore al

primo

16 LG 119 20 Dopo il 1960 Cemento

Piano

seminterrato

16 LN 117 17 Dopo il 1960 Cemento

Piano

seminterrato

17 LG 213 28 Dopo il 1960 Cemento Piano terra

17 LN 140 27 Dopo il 1960 Cemento Piano terra

18 LN 96 8 Dopo il 1960 Tufo

Piano

seminterrato

18 LG 147 5 Dopo il 1960 Tufo

Piano

seminterrato

19 LG 481 6 Cemento

Piano

superiore al

primo

19 LN 82 4 Cemento

Piano

superiore al

primo

20 LG 68 0 Dopo il 1960

20 LN 56 6 Dopo il 1960

21 LN 106 0 Tufo

Piano

seminterrato

21 LG 84 0 Tufo

Piano

seminterrato

22 LN 492 10 Dopo il 1960 Cemento

Piano

superiore al

primo

81

22 LG 62 2 Dopo il 1960 Cemento

Piano

superiore al

primo

23 LG 56 8 Dopo il 1960 Cemento

Piano

seminterrato

23 LN 67 6 Dopo il 1960 Cemento

Piano

seminterrato

24 LG 25 0 Dopo il 1960 Cemento

Piano

seminterrato

24 LN 56 0 Dopo il 1960 Cemento

Piano

seminterrato

25 LN 161 18

Dal 1919 al

1960 Tufo

Piano

seminterrato

25 LG 149 18

Dal 1919 al

1960 Tufo

Piano

seminterrato

27 LG 70 6 Dopo il 1960 Cemento

Piano

seminterrato

27 LN 72 8 Dopo il 1960 Cemento

Piano

seminterrato

28 LN 85 32 Fino al 1918 Laterizi e pietre Primo piano

28 LG 79 13 Fino al 1918 Laterizi e pietre Primo piano

29 LG 270 1 Dopo il 1960 Cemento Primo piano

29 LN 56 2 Dopo il 1960 Cemento Primo piano

30 LN 165 28

Dal 1919 al

1960 Cemento

Piano

seminterrato

30 LG 148 14

Dal 1919 al

1960 Cemento

Piano

seminterrato

31 LN 138 21

Dal 1919 al

1960 Cemento Primo piano

31 LG 111 4

Dal 1919 al

1960 Cemento Primo piano

32 LG 73 4 Non so Altro Piano terra

32 LN 58 6 Non so Altro Piano terra

33 LN 85 7

Dal 1919 al

1960 Cemento

Piano

superiore al

primo

33 LG 60 6

Dal 1919 al

1960 Cemento

Piano

superiore al

primo

34 LN 104 6

Dal 1919 al

1960 Tufo Primo piano

34 LG 113 17

Dal 1919 al

1960 Tufo Primo piano

82

35 LN 299 8 Fino al 1918 Laterizi e pietre Primo piano

35 LG 205 17 Fino al 1918 Laterizi e pietre Primo piano

36 LG 401 12

Dal 1919 al

1960 Tufo Piano terra

36 LN 546 4

Dal 1919 al

1960 Tufo Piano terra

37 LN 131 3 Fino al 1918 Laterizi e pietre Primo piano

37 LG 128 2 Fino al 1918 Laterizi e pietre Primo piano

38 LN 90 0 Dopo il 1960 Cemento

Piano

seminterrato

38 LG 93 6 Dopo il 1960 Cemento

Piano

seminterrato

39 LN 166 7

Dal 1919 al

1960 Tufo

Piano

superiore al

primo

39 LG 174 11

Dal 1919 al

1960 Tufo

Piano

superiore al

primo

40 LG 344 4 Dopo il 1960 Cemento

Piano

superiore al

primo

40 LN 136 9 Dopo il 1960 Cemento

Piano

superiore al

primo

42 LN 47 7 Dopo il 1960 Cemento Primo piano

42 LG 40 1 Dopo il 1960 Cemento Primo piano

43 LN 455 10 Fino al 1918 Tufo Piano terra

43 LG 142 2 Fino al 1918 Tufo Piano terra

44 LN 157 14

Dal 1919 al

1960 Laterizi e pietre

Piano

superiore al

primo

44 LG 164 52

Dal 1919 al

1960 Laterizi e pietre

Piano

superiore al

primo

45 LG 117 22

Dal 1919 al

1960 Tufo Piano terra

45 LN 513 1

Dal 1919 al

1960 Tufo Piano terra

46 LN 61 12 Dopo il 1960 Cemento Primo piano

46 LG 66 11 Dopo il 1960 Cemento Primo piano

83

47 LN 59 7 Fino al 1918 Tufo

Piano

superiore al

primo

47 LG 57 13 Fino al 1918 Tufo

Piano

superiore al

primo

48 LG 61 13 Dopo il 1960 Cemento Piano terra

48 LN 44 5 Dopo il 1960 Cemento Piano terra

49 LG 38 6 Dopo il 1960 Cemento

Piano

seminterrato

49 LN 43 1 Dopo il 1960 Cemento

Piano

seminterrato

50 LN 78 1 Non so Laterizi e pietre

Piano

superiore al

primo

50 LG 73 2 Non so Laterizi e pietre

Piano

superiore al

primo

51 LG 133 11

Dal 1919 al

1960 Cemento Piano terra

51 LN 174 5

Dal 1919 al

1960 Cemento Piano terra

52 LN 94 6

Dal 1919 al

1960 Cemento

Piano

seminterrato

52 LG 84 7

Dal 1919 al

1960 Cemento

Piano

seminterrato

53 LG 41 4 Non so Cemento

Piano

superiore al

primo

53 LN 48 6 Non so Cemento

Piano

superiore al

primo

54 LG 87 3 Fino al 1918 Laterizi e pietre

Piano

superiore al

primo

54 LN 79 7 Fino al 1918 Laterizi e pietre

Piano

superiore al

primo

55 LG 44 2 Dopo il 1960 Cemento

Piano

superiore al

primo

55 LN 43 1 Dopo il 1960 Cemento

Piano

superiore al

primo

56 LG 89 7 Non so Cemento Primo piano

56 LN 108 1 Non so Cemento Primo piano

84

57 LN 102 6 Dopo il 1960 Cemento

Piano

seminterrato

57 LG 89 11 Dopo il 1960 Cemento

Piano

seminterrato

59 LG 78 13

Dal 1919 al

1960 Tufo

Piano

superiore al

primo

59 LN 106 20

Dal 1919 al

1960 Tufo

Piano

superiore al

primo

60 LN 176 5 Non so

Piano

superiore al

primo

60 LG 229 18 Non so

Piano

superiore al

primo

61 LG 120 6 Dopo il 1960 Cemento Primo piano

61 LN 75 2 Dopo il 1960 Cemento Primo piano

62 LG 85 2

Dal 1919 al

1960 Tufo Primo piano

62 LN 89 46

Dal 1919 al

1960 Tufo Primo piano

63 LN 168 6 Fino al 1918 Tufo

Piano

seminterrato

63 LG 267 22 Fino al 1918 Tufo

Piano

seminterrato

64 LN 44 3 Dopo il 1960 Cemento

Piano

superiore al

primo

64 LG 43 2 Dopo il 1960 Cemento

Piano

superiore al

primo

65 LN 53 5 Dopo il 1960 Cemento Primo piano

65 LG 58 3 Dopo il 1960 Cemento Primo piano

66 LG 84 5 Dopo il 1960 Cemento

Piano

superiore al

primo

66 LN 83 8 Dopo il 1960 Cemento

Piano

superiore al

primo

67 LG 676 33 Dopo il 1960 Cemento

Piano

seminterrato

67 LN 722 84 Dopo il 1960 Cemento

Piano

seminterrato

68 LN 142 12 Fino al 1918 Tufo Piano terra

85

68 LG 157 13 Fino al 1918 Tufo Piano terra

69 LN 91 13 Dopo il 1960 Cemento Primo piano

69 LG 84 9 Dopo il 1960 Cemento Primo piano

70 LG 37 4 Dopo il 1960 Cemento Piano terra

70 LN 42 2 Dopo il 1960 Cemento Piano terra

71 LG 153 7 Fino al 1918 Laterizi e pietre Piano terra

71 LN 190 1 Fino al 1918 Laterizi e pietre Piano terra

72 LG 41 4 Dopo il 1960 Cemento

Piano

superiore al

primo

72 LN 54 1 Dopo il 1960 Cemento

Piano

superiore al

primo

73 LN 90 1 Fino al 1918 Tufo

Piano

seminterrato

73 LG 107 1 Fino al 1918 Tufo

Piano

seminterrato

74 LG 111 7 Dopo il 1960 Tufo Primo piano

74 LN 102 12 Dopo il 1960 Tufo Primo piano

75 LN 68 12 Cemento Primo piano

75 LG 119 18 Cemento Primo piano

76 LN 278 25 Fino al 1918 Tufo

Piano

seminterrato

76 LG 267 6 Fino al 1918 Tufo

Piano

seminterrato

77 LN 56 5 Dopo il 1960 Cemento

Piano

superiore al

primo

77 LG 78 5 Dopo il 1960 Cemento

Piano

superiore al

primo

78 LN 42 1 Dopo il 1960 Cemento

Piano

superiore al

primo

78 LG 53 3 Dopo il 1960 Cemento

Piano

superiore al

primo

79 LN 135 1

Dal 1919 al

1960 Tufo

Piano

seminterrato

86

79 LG 131 4

Dal 1919 al

1960 Tufo

Piano

seminterrato

80 LG 109 8 Fino al 1918 Tufo

Piano

superiore al

primo

80 LN 111 3 Fino al 1918 Tufo

Piano

superiore al

primo

81 LG 52 2 Dopo il 1960 Cemento Primo piano

81 LN 53 3 Dopo il 1960 Cemento Primo piano

82 LG 46 1 Dopo il 1960 Cemento

Piano

superiore al

primo

21 9 Dopo il 1960 Cemento

Piano

superiore al

primo

83 LN 56 3 Dopo il 1960 Cemento Piano terra

83 LG 44 0 Dopo il 1960 Cemento Piano terra

84 LN 204 26 Fino al 1918 Cemento

Piano

seminterrato

84 LG 221 7 Fino al 1918 Cemento

Piano

seminterrato

85 LN 113 1 Fino al 1918 Laterizi e pietre Primo piano

85 LG 95 2 Fino al 1918 Laterizi e pietre Primo piano

86 LN 82 1 Dopo il 1960 Cemento

Piano

seminterrato

86 LG 70 3 Dopo il 1960 Cemento

Piano

seminterrato

87 LN 109 3 Dopo il 1960 Piano terra

87 LG 164 2 Dopo il 1960 Piano terra

88 LG 94 0 Dopo il 1960 Laterizi e pietre

Piano

superiore al

primo

88 LN 109 6 Dopo il 1960 Laterizi e pietre

Piano

superiore al

primo

89 LG 159 9 Dopo il 1960 Cemento Piano terra

89 LN 138 9 Dopo il 1960 Cemento Piano terra

90 LG 319 17 Fino al 1918 Tufo Piano terra

87

90 LN 346 Fino al 1918 Tufo Piano terra

91 LG 102 5 Fino al 1918 Tufo

Piano

seminterrato

91 LN 147 11 Fino al 1918 Tufo

Piano

seminterrato

92 LN 120 3 Dopo il 1960 Cemento

Piano

seminterrato

92 LG 102 11 Dopo il 1960 Cemento

Piano

seminterrato

93 LN 104 3 Non so Cemento

Piano

seminterrato

93 LG 92 1 Non so Cemento

Piano

seminterrato

*CODIFICA: 1. LN = locale notte

2. LG = locale giorno

88

Bibliografia

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