TACCUINO DI VIAGGIO | Etiopia Etiopia...dove il gruppo organizza il classico gioco a chi tira di...

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.................. ....................................................... Avventure nel mondo 2 | 2013 - 85 . TACCUINO DI VIAGGIO | Etiopia Etiopia della strada, dopo aver versato una certa cifra al suo proprietario. La strada costruita dagli italiani che va da Axum a Gondar rappresenta, a mio avviso, un’opera ciclopica che tagliando a metà la montagna vi s’inserisce grazie ad un vero capolavoro d’ingegneria con tornanti mozzafiato. In alcuni tratti, vediamo etiopi che cercano di trasformare questa “cava di pietra” in strada di montagna, lavorando con strumenti primordiali per spaccare pietre, inserire tubi, creare muretti di recinzione, il tutto circondati da donne e bambini che sembrano essere loro famigliari, questi lavoratori sorridono e, talvolta, salutano. Ma questo lavoro faticoso di spaccare pietre, svolto con il sorriso sulle labbra, MI SEMBRA UNA CONQUISTA MERAVIGLIOSA DELLA VITA A Gondar vedo per la prima volta biciclette e qualche moto e, ancor più sorprendentemente dei cavalli a cui sono stati collegati dei carretti per il trasporto di persone; mi dicono che questa abitudine è stata introdotta dagli italiani. Fra le cose positive costruite dagli italiani possiamo quindi aggiungere anche questa che insieme alla “strada” citata più sopra al palazzo governativo costruito a Gondar e a varie altre abitazioni ad Addis Abeba, possono, forse, far cancellare dalla memoria i soprusi compiuti dalla guerra di Mussolini. Abbiamo scoperto abitudini e comportarmi particolari come quella di bere per le feste natalizie uno speciale distillato di acquavite che non so per quale ragione Luisa e Francesco volevano assaggiare a tutti i costi e, a tal scopo, ci trasferiamo presso l’abitazione veramente singolare (divani, poltrone rivestite da raso giallo, con pupazzi e fiori di plastica ovunque) del “furbetto” del quartiere, il quale ci fa assaggiare questa schifezza di liquore aprendo una bottiglia di vetro, e poi quando Francesco si dice poco interessato all’acquisto, il ragazzo sostiene che dovrà sentire dalla mamma che cosa ne pensa nel vedersi restituire una bottiglia non più sigillata... Naturalmente la mamma non è d’accordo e quindi dovremo provvedere all’acquisto e trasferire il contenuto in una bottiglietta di plastica che, la mattina seguente, verrà donata dalla sottoscritta al garzone del bar dell’albergo che ancora oggi si chiederà cosa ci faceva una signora attempata dall’aria pulita e vestita dignitosamente, con una bottiglietta di distillato d’alcol o forse gin, che bevono gli ubriaconi locali per la festa del Natale. Poi, in un bar, ordino un succo di mango e mi portano un bicchierino microscopico da liquore con il succo, mi adeguo e rido nel vedere la cannuccia che mi hanno portato. Dopo un attimo una signorina, a bassa voce e molto discretamente, mi chiede se mi era piaciuto e, al mio assenso, mi porta un bicchiere enorme dello stesso.. Un capitolo a parte lo meritano gli hotel. Se consideriamo che anche i migliori messi a disposizione da Avventure, nella veste di Luca suo rappresentante nonché nostro fedele coordinatore, si verificava che meravigliosi e capienti armadi erano sprovvisti di attaccapanni, che decorose abat- jour erano regolarmente sprovviste di lampadina o la presa aveva un solo pirolo, possiamo ben immaginare com’erano i peggiori: un esempio per tutti, il boiler era sprovvisto del fondo, la luce nelle scale non esisteva, ma, in compenso ce n’era un’altra, particolarmente potente, centrata davanti alla finestra della camera da letto che, naturalmente non aveva persiane. Un hotel dalle occasioni perse, come pure altri, perchè sistemati in mezzo al verde (a Lalibela) o sul lago TANA, come questo, aveva il bagno ristrutturato di recente, però non avevano eliminato tutta la calce sulle mattonelle o i detriti della sistemazione dei servizi, il pavimento della camera da letto, riportava orribili segni neri che, forse, non erano di sporcizia, ma il segno del trasporto di qualche oggetto. Però vai a fidarti..Prima di concludere vorrei ancora parlare della luce elettrica (problema presente in tutta l’Africa) ma che qui, in particolare, produce un’illuminazione del tutto simile alla luce delle candele, meno calda come ambientazione, ma dallo stesso effetto. Alcuni di noi, per vedere cosa mangiavano, usavano la pila da esploratori sulla testa, e io pure ne facevo grande uso in camera per rigirarmi. Sempre a proposito di luce elettrica e acqua calda, gli inservienti dell’albergo di LALIBELA la sera del 31, erano disperati per la nostra mania di sterilizzazione che ci contraddistingue, infatti, ci eravamo ritrovati in due gruppi a far la doccia tutti insieme e i contatori saltavano continuamente. Infine un sentito omaggio ai miei compagni di viaggio, e cioè a Luisa, la mia paziente e gentile compagna di stanza, Luca, il capocordata che ha saputo scegliere l’itinerario migliore, Giulia che mi ha dato interessanti spunti architettonici, Riccardo lezioni pratiche di ornitologia, Francesco che mi ha introdotta al “Gin” (non so se sia un bene) Donato ci ha dimostrato come non si può essere più sfigati di lui, Valeria che ci ha riforniti di frutta e biscottini e i quattro giovani del gruppo (due dei quali miei concittadini) che hanno esplorato l’Etiopia notturna. 01 TACCUINO DI VIAGGIO | Marocco …VIECCE PURE TE A MARRAKECH express! Testo e foto di Alighiero Adiansi e dello straordinario gruppo Marrakech Express 2013 ............................................................. …la prossima volta chiedo un soft, ormai son più adatto ai soft, devo rassegnarmi, l’età è quella che è! Il dubbio mi è venuto in aeroporto, a Casablanca, quando in attesa dei bagagli, nel marasma generale, sopra la marea di teste galleggiavano sei palloncini colorati… va beh, io l’avevo buttata lì sulle mail: arriviamo un po’ da Milano, un po’ da Bologna, un po’ da Roma, insieme ad una decina di altri gruppi di Avventure senza contare quelli non di Avventure, come facciamo a riconoscerci, a mettere insieme il mio gruppo express, butto lì due stronzate, tanto per dire, che ne so, mettiamo tutti la maglia della nazionale, oppure portiamo dei palloncini colorati, tanto per distinguerci tra la folla. Per dire. PER DIRE! Detto fatto i romani mi hanno preso sul serio, eccoli lì che aspettano i bagagli coi palloncini in mano… -Salve ragazzi, immagino che voi siate… i romani?

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TACCUINO DI VIAGGIO | Etiopia

Etiopiadella strada, dopo aver versato una certa cifra al suo proprietario.La strada costruita dagli italiani che va da Axum a Gondar rappresenta, a mio avviso, un’opera ciclopica che tagliando a metà la montagna vi s’inserisce grazie ad un vero capolavoro d’ingegneria con tornanti mozzafiato. In alcuni tratti, vediamo etiopi che cercano di trasformare questa “cava di pietra” in strada di montagna, lavorando con strumenti primordiali per spaccare pietre, inserire tubi, creare muretti di recinzione, il tutto circondati da donne e bambini che sembrano essere loro famigliari, questi lavoratori sorridono e, talvolta, salutano. Ma questo lavoro faticoso di spaccare pietre, svolto con il sorriso sulle labbra, MI SEMBRA UNA CONQUISTA MERAVIGLIOSA DELLA VITAA Gondar vedo per la prima volta biciclette e qualche moto e, ancor più sorprendentemente dei cavalli a cui sono stati collegati dei carretti per il trasporto di persone; mi dicono che questa abitudine è stata introdotta dagli italiani. Fra le cose positive costruite dagli italiani possiamo quindi aggiungere anche questa che insieme alla “strada” citata più sopra al palazzo governativo costruito a Gondar e a varie altre abitazioni ad Addis Abeba, possono, forse, far cancellare dalla memoria i soprusi compiuti dalla guerra di Mussolini.

Abbiamo scoperto abitudini e comportarmi particolari come quella di bere per le feste natalizie uno speciale distillato di acquavite che non so per quale ragione Luisa e Francesco volevano assaggiare a tutti i costi e, a tal scopo, ci trasferiamo presso l’abitazione veramente singolare (divani, poltrone rivestite da raso giallo, con pupazzi e fiori di plastica ovunque) del “furbetto” del quartiere, il quale ci fa assaggiare questa schifezza di liquore aprendo una bottiglia di vetro, e poi quando Francesco si dice poco interessato all’acquisto, il ragazzo sostiene che dovrà sentire dalla mamma che cosa ne pensa nel vedersi restituire una bottiglia non più sigillata... Naturalmente la mamma non è d’accordo e quindi dovremo provvedere all’acquisto e trasferire il contenuto in una bottiglietta di plastica che, la mattina seguente, verrà donata dalla sottoscritta al garzone del bar dell’albergo che ancora oggi si chiederà cosa ci faceva una signora attempata dall’aria pulita e vestita dignitosamente, con una bottiglietta di distillato d’alcol o forse gin, che bevono gli ubriaconi locali per la festa del Natale.Poi, in un bar, ordino un succo di mango e mi portano un bicchierino microscopico da liquore con il succo, mi adeguo e rido nel vedere

la cannuccia che mi hanno portato. Dopo un attimo una signorina, a bassa voce e molto discretamente, mi chiede se mi era piaciuto e, al mio assenso, mi porta un bicchiere enorme dello stesso..

Un capitolo a parte lo meritano gli hotel. Se consideriamo che anche i migliori messi a disposizione da Avventure, nella veste di Luca suo rappresentante nonché nostro fedele coordinatore, si verificava che meravigliosi e capienti armadi erano sprovvisti di attaccapanni, che decorose abat-jour erano regolarmente sprovviste di lampadina o la presa aveva un solo pirolo, possiamo ben immaginare com’erano i peggiori: un esempio per tutti, il boiler era sprovvisto del fondo, la luce nelle scale non esisteva, ma, in compenso ce n’era un’altra, particolarmente potente, centrata davanti alla finestra della camera da letto che, naturalmente non aveva persiane. Un hotel dalle occasioni perse, come pure altri, perchè sistemati in mezzo al verde (a Lalibela) o sul lago TANA, come questo, aveva il bagno ristrutturato di recente, però non avevano eliminato tutta la calce sulle mattonelle o i detriti della sistemazione dei servizi, il pavimento della camera da letto, riportava orribili segni neri che, forse, non erano di sporcizia, ma il segno

del trasporto di qualche oggetto. Però vai a fidarti..Prima di concludere vorrei ancora parlare della luce elettrica (problema presente in tutta l’Africa) ma che qui, in particolare, produce un’illuminazione del tutto simile alla luce delle candele, meno calda come ambientazione, ma dallo stesso effetto. Alcuni di noi, per vedere cosa mangiavano, usavano la pila da esploratori sulla testa, e io pure ne facevo grande uso in camera per rigirarmi. Sempre a proposito di luce elettrica e acqua calda, gli inservienti dell’albergo di LALIBELA la sera del 31, erano disperati per la nostra mania di sterilizzazione che ci contraddistingue, infatti, ci eravamo ritrovati in due gruppi a far la doccia tutti insieme e i contatori saltavano continuamente.Infine un sentito omaggio ai miei compagni di viaggio, e cioè a Luisa, la mia paziente e gentile compagna di stanza, Luca, il capocordata che ha saputo scegliere l’itinerario migliore, Giulia che mi ha dato interessanti spunti architettonici, Riccardo lezioni pratiche di ornitologia, Francesco che mi ha introdotta al “Gin” (non so se sia un bene) Donato ci ha dimostrato come non si può essere più sfigati di lui, Valeria che ci ha riforniti di frutta e biscottini e i quattro giovani del gruppo (due dei quali miei concittadini) che hanno esplorato l’Etiopia notturna.

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TACCUINO DI VIAGGIO | Marocco

…VIECCE PURE TE A MARRAKECH express!

Testo e foto di Alighiero Adiansi e dello straordinario gruppo Marrakech Express 2013

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…la prossima volta chiedo un soft, ormai son più adatto ai soft, devo rassegnarmi,

l’età è quella che è! Il dubbio mi è venuto in aeroporto, a Casablanca, quando in attesa dei bagagli, nel

marasma generale, sopra la marea di teste galleggiavano sei palloncini colorati… va beh, io l’avevo buttata lì sulle mail: arriviamo un po’ da Milano, un po’ da Bologna, un po’ da Roma, insieme ad una decina di altri gruppi di Avventure senza contare quelli

non di Avventure, come facciamo a riconoscerci, a mettere insieme il mio gruppo express, butto lì due stronzate, tanto per dire, che ne so, mettiamo tutti la maglia della nazionale, oppure portiamo dei palloncini colorati, tanto per distinguerci tra la folla. Per dire.

PER DIRE! Detto fatto i romani mi hanno preso sul serio, eccoli lì che aspettano i bagagli coi palloncini in mano… -Salve ragazzi, immagino che voi siate… i romani?

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Marocco

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-Ciao, siamo noi, da cosa l’hai capito?-Mah… così… avete la faccia da romani, comunque adesso ci siamo ritrovati, i palloncini potete tirarli giù.-… e come troviamo gli altri?-Noi “milanesi” siamo qui ai bagagli, i bolognesi sono quelli là al cambio…-Quei tre con la maglia della nazionale? ……Il mattino dopo fuori dall’Astrid ci sono 3 minibus e due autisti, Salvatore lancia un gioco: “chi indovina qual’e’ il nostro bus potrà scegliere il posto che vuole”. Va beh intanto carichiamo i bagagli…-E’ sicuramente quello grigio, l’autista mi ha sorriso! – Roberta sbatte lo zaino nel portabagagli e sale sul bus, seguita da mezzo gruppo, mentre l’altra metà guidata da Luca punta tutto sul Mercedes bianco con l’autista baffuto.Quando finalmente arriva il terzo autista con la lista dei gruppi e dei nomi scopriamo che: uno) dobbiamo recuperare tutti i bagagli e trasferirci sul bus numero tre, grigio metallizzato e due) il nostro autista, dopo aver parcheggiato si era perso a piedi nelle stradine attorno all’hotel, chiara anticipazione del fatto che per tutto il viaggio trovare la strada giusta sarebbe stato come trovare un piatto di taragna in un ristorante della medina di Fez …. Inchallah, Isam, ma quando ci arriviamo a Marrakech se non usciamo mai da Casablanca?

Partiamo, destinazione Meknes via Moulay-Idriss-città-santa e Volubilis-rovine-romane. Due ore di dormiveglia, più dormi che veglia, sosta in autogrill per un caffè veloce, più veloce che espresso. Ritroviamo Isam sperduto nei corridoi dei servizi e gli mostriamo la strada per riprendere il minibus. Recuperiamo anche un po’ di bottiglie d’acqua e

Roberta che era rimasta a dormire sul minibus grigio dell’altro gruppo. La perdono per questa distrazione, Roberta è la più giovane del gruppo, ha un viso simpaticissimo e due bellissimi occhi della terza se non di più. A noi uomini piacciono molto gli occhi grandi! A Meknes il marito di Bouchra ci porta a visitare la città, Abdel e’ una bravissima guida, ci racconta un sacco di curiosità, la più strana è quella del povero Moulay che chiede la mano della figlia del re di Francia e invece le roi, che come tutti i francesi ostenta grande superiorità nei confronti dell’intero creato, gli manda degli orologi a pendolo, senza le istruzioni per l’uso. Abdel e’ un po’ in difficolta’ nello spiegare a Lucia come abbia fatto Moulay a fare tutti quei figli usando gli orologi, tra l’altro a pendolo, probabilmente sarà argomento per un gioco di società da metter in piedi nel prossimo trasferimento verso Fes. Per ora l’unico gioco viene in mente a Carlo mentre attraversiamo il suk delle olive, si tratta del “chi sputa più lontano il nocciolo di oliva” che e’ comunque meglio di “chi spara più lontano il nocciolo di argan” gioco ideato da Luca dopo aver sentito la spiegazione di come fanno le capre a produrre il famoso nocciolo per l’olio tuttofare… lasciamo perdere. Comunque vince la gara Annalu che con uno sputo micidiale dalla piazza riesce a raggiungere il palco del re che si trova in città per la Fiera Nazionale dell’agricoltura, meno male che Mohammed era appena andato a farsi una partitina al golf-club, altrimenti Annalu avrebbe vinto un paio di mesi in una prigione marocchina. Torniamo al riad Bahia dove Bouchra e le sue sorelle si sbizzarriscono per introdurci nei succulenti meandri della cucina

marocchina: antipasti croccanti, deliziose zuppe di verdure, una saporita tajine-kefta e corna di gazzella al miele con l’immancabile the finale (alzi la mano chi vuole il the alla menta!) non convincono del tutto Lucia che non riesce a togliersi dalla mente lo spezzatino alle prugne dell’AirMaroc. Salutiamo Abdel, Bouchra e le sue bimbe e ci trasferiamo a Fes per passare la notte. C’era qualcosa di strano nella tajne kefta del Bahia perchè sento che dietro di me nonostante l’ora tarda e il buio pesto non dorme nessuno, anzi viene lanciata la prima edizione del gioco della “faccia da scemo” che Matteo riesce a vincere impegnandosi al massimo per tutte le tre ore che servono a Isam per trovare l’albergo.Inchallah, Isam, ma quando ci arriviamo a Marrakech se non usciamo mai da Meknes?! La medina di Fes è la più incasinata del Marocco, è molto facile perdersi per tutti per cui chiediamo a Isam di aspettarci in hotel senza muoversi di lì. A noi ci guida Idriss, bel tipo, sempre sorridente, ci scorrazza per le viuzze intricatissime della città vecchia, alternando le visite: scuole coraniche, è negozi di tappeti, mederse, negozi di profumi, esterno-moschee, interno-negozi, palazzi, negozi di spezie, per finire nei cosiddetti laboratori artigianali (alzi la mano chi vuole il the alla menta!) dove il gruppo organizza il classico gioco a chi tira di più sul prezzo, e qui non vince nessuno perché per quanto si tiri non è mai tirato abbastanza e comunque l’ultimo paga sempre di meno del primo e comunque, qualsiasi roba prenda, la paga sempre molto di più di quanto la pagherà in un qualsiasi altro mercato di qualsiasi altra città del Marocco, girando da solo senza guida. Tanto per fare un esempio quelle belle tavolette di profumatissimo muschio bianco acquistate nella profumeria di Fes, dopo lunga d i s q u i s i z i o n e e interminabili con t ra t taz ion i le ritroveremo uguali identiche

dal vecchietto-guaritore-finto-tuareg sdraiato nella piazza di Marrakech ad un prezzo trattabile di circa dieci tavolette al costo di una di Fes… Inchallah, balek, balek. Non sembra vero quando finito il giro di Fes rientrando al Tijani ritroviamo subito l’autista, probabilmente si e’ addormentato e non ha fatto a tempo a perdersi. Il tempo risparmiato lo perdiamo, moltiplicato per cento, cercando di uscire da Fes. Nessun altro gruppo, con un qualsiasi altro autista, ha mai visto quello che riusciamo a vedere noi: tutti i rioni di periferia di Fes, tutte le strade senza uscita e tutte le circonvallazioni che riportano sempre al punto di partenza. Quando siamo ormai rassegnati a vedere il tramonto dietro una rotonda sulla tangenziale di Fes-el-Jerid, il trentaduesimo tassista a cui chiediamo informazioni riesce a indirizzarci verso la valle dello Ziz. Inchallah, Isam, ma quando ci arriviamo a Marrakech se non usciamo mai da Fes?!

Usciti da Fes, la strada per la valle dello Ziz e’ una sola, 300 km, pochissime varianti, un paio di incroci, un miliardo di cartelli stradali, siamo così tranquilli che ci fermiamo nella Svizzera marocchina per farci un the (alzi la mano chi vuole il the alla menta!): non l’avessimo mai fatto, ci fermiamo nel centro di una cittadina che e’ grande come un presepio in miniatura, un piccolo parco con le stradine nel verde. Stradine piccole, a confronto la strada principale sembra l’autostrada del sole a Luglio ma noi la perdiamo subito e la recupereremo solo dopo due ore di strade sconosciute, chiaramente dirette nel nulla, chiaramente troppo piccole, ovviamente deserte; una attraversa la pianura desolata, la

12 collegamentida Casablanca per il Marocco

Con 26 destinazioni, la prima Compagnia per l’Africa

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Marocco

TACCUINO DI VIAGGIO | Marocco

12 collegamentida Casablanca per il Marocco

Con 26 destinazioni, la prima Compagnia per l’Africa

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seconda sale in montagna con dei tornanti molto “panoramici”. Isam si ferma a un centimetro e mezzo dal bordo di un dirupo da dove possiamo fare delle bellissime foto che ancora una volta nessun altro gruppo ha mai fatto e mai farà, lui intanto blocca un camionista per scoprire: dove siamo, da dove veniamo, dove andiamo e soprattutto perché’ ci andiamo. Nonostante la faccia perplessa del nostro autista tiriamo avanti su una strada che preannuncia il lontano deserto, asfaltata col metodo definito “a dune basse”, un susseguirsi interminabile di dossi. Le ondulazioni si propagano all’interno del bus dove naturalmente si organizza un nuovo gioco: chi riesce a stare seduto più di dieci secondi sul sedile senza sbattere con la testa contro il tetto del bus. Vince Silvia che viene premiata con una borsa di residui di ceramiche fatte a mano cioè quello che rimane delle tipiche tajine acquistate al mercato di Fes dopo lunghe contrattazioni; alla fine le ceneri saranno disperse tra le palme dell’oasi di Meski, le ceneri delle tajiine non di Silvia. Ci vogliono cinque ore per arrivare al Jurassique, c’e’ tutto il tempo per giocare a “Indovina il film”, vince Carlo in volata su Anastasia, alcune mimate sono complicate ma tutti indovinano “Ultimo tango a Parigi”, “Nove settimane e mezzo” e “L’Ubalda, tutta nera e tutta calda” mimati da Valeria, va beh, ha mimato le scene più famose, troppo facile… C’e’ tempo comunque anche per un torneo di “Pari o dispari”, una manche di “chi ha pestato più cacche nel suk” vinto nettamente da Katia, per finire col solito gioco della “faccia da scemo” che ancora una volta stravince Matteo senza impegnarsi più di tanto. L’hotel e’ in posizione fantastica, incastrato tra le rocce e le stelle; ci distribuiamo nelle camere, una per ogni torre, ritrovo in terrazza, ottima cena e dopo cena psicopedagogico con il nostro accompagnatore-guida-maestro di vita Ben. L’argomento sviscerato da ogni angolazione è: “pensate a oggi e non a domani”, in effetti, tutti pensano a domani, al deserto, ai dromedari, nessuno però ha il coraggio di confessarlo a Ben che insiste a filosofeggiare con metà del gruppo invitando tutti ad “essere felici”. Per la parte meno filosofica del gruppo e’ cominciata la gara a chi

va più spesso in bagno, l’unica gara che nessuno vorrebbe vincere e che e’ difficilissimo perdere... A Merzouga Ben spiega il comportamento da tenere durante la traversata delle Dune Rosa che tutti i gruppi da anni hanno battezzato come il momento più bello del viaggio. Gli unici problemi sono l’eventualità, alquanto remota, di trovare il vento, una delle cose più fastidiose nel deserto e peggio ancora un cielo nuvoloso che impedirebbe di assistere allo spettacolo del tramonto sulle dune, la principale attrattiva fotoamatoriale delle escursioni nel deserto. Al momento la difficoltà maggiore e’ strappare il gruppo dalla piscina dell’hotel, impresa ardua che si prolunga oltre il dovuto a causa della gara degli ottocento metri rana organizzata da Carlo. Viene tardi, tanto che invece di andare noi dai dromedari in attesa tra le dune, sono i dromedari che vengono in hotel tra i salviettoni a recuperare il gruppo. Per vari motivi, alcuni incomprensibili ma quasi tutti riconducibili ai consigli di Ben, la carovana parte con i partecipanti a piedi e i dromedari che si guardano con aria più stupida del solito chiedendosi cos’avranno in testa di fare questi strani avventurieri italiani. Dalla terrazza dell’hotel osservo in lontananza il gruppo che finalmente, in vista dell’orizzonte, monta sui dromedari e scompare lentamente tra la sabbia sollevata dal vento molto forte, sotto un cielo coperto di nuvole tra il grigio scuro e il nero chiaro. La difficoltà della traversata raggiunge l’apice a metà del percorso quando, dopo essere scesi dalle cavalcature per provare la sensazione primordiale di camminare a piedi nudi nella sabbia, tra le dune si scatena una bufera di sabbia e vento che provoca gli incidenti più assurdi, come il capottamento di Luca, il tamponamento più o meno involontario tra Carlo e Valeria e il violentissimo frontale tra Annalu e il suo dromedario che dopo aver ripreso i sensi vagherà a lungo per l’Erg Chebbi credendosi un cammello anomalo, con una gobba al posto giusto e l’altra sulla fronte. Dopo cena all’accampamento col solito the (alzi la mano chi vuole il the alla menta), l’immancabile concerto di tam-tam, Azzurro, Tam-tam, Bella ciao, tam-tam, e finale con salita sulla duna dove si svolge il gioco lanciato

da Salvatore, tipico gioco da notte nel deserto, e cioè “chi vede la prima stella cadente può esprimere un desiderio che si avvererà s i c u r a m e n t e ” . Poco prima di mezzanotte, dopo tre ore di occhi al cielo durante le quali non si vede una stella, tantomeno cadente, il gioco viene annullato a causa della totale copertura nuvolosa e sostituito dalla nuova gara a chi rotola più velocemente giù dalla duna, il premio e’ il diritto a scegliere per primo la duna-gabinetto, premio fondamentale visto lo stato pietoso in cui versano parecchi intestini. Al mattino il viaggio di ritorno e’ più veloce del previsto a causa del vento che soffia alle spalle del gruppo e che scompare di colpo appena si arriva in vista del Kasbah La Vallee e relativa colazione. Isam non riesce a perdersi in quanto la strada per Rissani e’ una sola e corre in mezzo a due ali di sabbia, arriviamo quindi in tempo per ritirare le pizze ordinate da Ben, tipiche pizze marocchine, molto apprezzate anche se costano circa il triplo di quelle della pizzeria “La Piazzetta” di Portofino! A Rissani c’e anche il mercato, il casino infernale manda in crisi Isam che dopo numerosi tentativi riesce a districarsi dall’accerchiamento di carri, muli, taxi e furgoni solo quando Ben scende dal minibus, si mette davanti al pulmino e ci fa strada a piedi fino alla porta della città, ci indica le rovine rase al suolo di Sijlmassa e quindi saluta il gruppo con un po’ di emozione e l’autista con un po’ di preoccupazione e qualche indicazione sulla strada per arrivare al Dades prima di notte. Non che sia complicato, potrei indicargliela anch’io, visto che la strada e’ una sola e da qui a Boulmane ci sono diversi cartelli indicatori che possono aiutare, un problema potrebbe nascere dall’unico incrocio nei 200 chilometri che abbiamo davanti, decidiamo quindi di non addormentarci tutti per non ritrovarci a passare un’altra notte a Fes. Per restare svegli facciamo prima una visita culturale ai cunicoli sotterranei della foggara, antico sistema irrigatorio delle oasi sahariane che

si presta perfettamente al rischioso gioco di chi riesce a scivolare dal gradino più alto durante la discesa al buio nei sotterranei. La seconda sosta per festeggiare il primo incrocio consecutivo imbroccato casualmente da Isam, è in un tipico bar locale, alzi la mano chi vuole il the alla menta: la alziamo tutti. Prima delle gole del Todhra riusciamo a fare una mano di “se fosse un animale” un gioco a dir poco infantile che fa emergere la vera natura nascosta di ognuno di noi. Certo, se avessimo saputo cosa avrebbe scatenato per il prosieguo del viaggio avremmo scelto una mano a briscolone. Dopo che la maggior parte del gruppo si e’ beccata i classici riconoscimenti del tipo Roberta la Gazzella, Carlo lo stallone, Valeria lo scoiattolino, Alighiero l’ippopotamo (!) e così via, ecco il momento di abbinare un animale a Roberto e qui arriva all’unanimità l’accostamento al procione, animale che metà del gruppo non sa neppure esattamente come sia, da questo momento però Roberto non sarà più Roberto ma sarà il Procione, precisamente il procione più sexy del Marocco, dove tra l’altro deve essere l’unico procione esistente. Per verificare l’esistenza dei procioni in Nord Africa Lucia tira fuori il tablet, va su Wikipedia e scopre tra le altre cose che per il procione “…l’atto della copulazione, inclusi i preliminari, può durare più di un’ora e viene ripetuto per più notti. Si ritiene che i membri più deboli di un gruppo sociale maschile abbiano l’opportunità di accoppiarsi quando gli individui più forti non riescano a farlo con tutte le femmine disponibili... ” . Da questo momento Roberto diventa un esemplare sotto attenta osservazione da parte del gruppo, specialmente al momento di assegnare le camere, senza contare che alcuni componenti maschili “molto deboli” ogni mattina si informeranno sul comportamento del procione e sul fatto che sia riuscito o

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meno a soddisfare tutte le femmine disponibili. Come se non bastasse si moltiplicano le fermate nei vari paesi dove vediamo svolgersi il mercato e dove i “maschi disponibili” fanno incetta di mandorle ricordandosi che Idriss, la guida di Fes, le aveva definite come il prodotto naturale con gli effetti più simili al Viagra. Ciò che sorprende di più e’ l’insistenza con cui Anastasia continua tutto il giorno a rifornire di mandorle il marito. Nel frattempo riusciamo anche a infilarci tra le gole del Todhra fino alla terrazza dello Jasmine dove ci distribuiamo tra i tavolini sotto le impressionanti rocce a strapiombo e dove arriva immediatamente il cameriere per le ordinazioni: alzi la mano chi vuole il the alla menta! … scusi… se per caso c’e’ qualche dolcetto alla pasta di mandorle… grazie. Dalle gole del Todhra a quelle del Dades dove passeremo la notte. La valle e’ così bella che l’impegno fotografico fa dimenticare qualsiasi gioco e tra una sosta fotografica e l’altra arriviamo all’hotel quasi al buio. Perdiamo una mezz’oretta per stabilire i turni di lavoro notturno del procione e quindi ci vediamo a cena in una bella sala con un caminetto acceso, un ricco menu che soddisfa tutti tranne Lucia che continua a sognare lo spezzatino di prugne dell’aereo, tre bottiglie di vino recuperate nell’hotel di fianco e finale ormai inevitabile: alzi la mano chi vuole il the alla menta, questa volta però si cominciano a contare delle defezioni, alcuni viziosi perversi del gruppo, infatti, hanno chiesto un the normale e addirittura due caffè che però il cameriere riporta indietro perché’ nessuno ha il coraggio di confessare il cedimento … la serata si conclude con una birrata al bar dell’hotel e conseguenti giochi di gruppo, si va dal noioso girogirotondo, l’impegnativo gioco dei tappi (delle birre) fino al classico telefono senza fili che viene interrotto a metà quando Valeria non ha il coraggio di sussurrarmi le porcherie arrivate al suo orecchio e quando il barista con molto tatto ci fa capire che deve chiudere e che a quest’ora i bambini di solito vanno a letto…

Oggi si parte destinazione Marrakech. Il procione è l’ultimo a scendere dalle camere, sembra distrutto, le “ragazze disponibili” invece sono in forma smagliante e i

“maschi più deboli” hanno il sorriso sulle labbra e anche qualche residuo di mandorla. Si e’ dormito bene stanotte grazie alla temperatura da rifugio alpino, ma non tutti hanno dormito. Il procione si addormenta quasi subito nonostante Lucia abbia preso le redini dell’animazione e con la collaborazione del dj Giulio trascina il gruppo in una sorta di festa scatenata, con musica, ovviamente giochi e cotillons. Attraversiamo la valle delle rose e ci fermiamo lungo la strada in un laboratorio-negozio per una dimostrazione di come avviene la trasformazione delle rose in creme e profumi vari e, dopo un buon the offerto dalla casa (alzi la mano chi vuole il the alla menta: sei mani… otto caffè … stiamo degenerando), si chiude il giro nell’allegato laboratorio-negozio dove le ragazze fanno a gara a chi compra più barattoli e saponette. Per festeggiare l’incasso il proprietario permette alle ragazze di farsi un bagno nei petali di rosa ammucchiati nel laboratorio, il bagno dura oltre le aspettative perché’ Manuela organizza il gioco del m’ama non m’ama che con un quintale e mezzo di petali dura molto di più che con la solita margherita. Arriviamo ad Ait Ben Haddou ancora inebriati di profumo e rintronati dalla musica a tutto volume sparata dalla nostra inarrestabile animatrice, che in piedi sul sedile di fianco all’autista incita il gruppo a scatenarsi in canti e balli che mandano in confusione Isam a tal punto da costringerci ad una sosta per permettergli di invitare una ragazza a ballare; il fatto che un mussulmano molto osservante come lui, si rivolga a Roberta con un invito del tipo: “bella mortadella balli con me?”, (da wikipedia, mortadella: tipico prodotto di pura carne suina), fa sorgere il dubbio che oltre a sbagliare le strade Isam abbia anche sbagliato religione o peggio ancora che l’intenso profumo diffuso nel minibus non fosse tutto dovuto solamente alle rose…

Naturalmente Lucia e Carlo ne approfittano per organizzare una gara di ballo ad eliminazione diretta con scontro finale nella Kasbah di Ben Haddou, proprio nell’arena del Gladiatore. Arriviamo alla casbah ben lontani dall’alba e dal tramonto, le ore migliori per le fotografie, nonostante questo Matteo riesce a

scattarne poco meno di duecento. Scaliamo la cima della casbah subito dopo pranzo (buonissimi spiedini, kebab e patate fritte al punto giusto ma, secondo Lucia, siamo ancora lontani dallo spezzatino alle prugne dell’aereo), giusto nell’ora più calda della giornata e nonostante il vento al ritorno siamo così sudati che riusciamo ad annullare in pochi secondi tutto il sentore di rose e mortadella che aleggiava nel minibus. Sempre spronati dalle musiche da discoteca di Lucia lasciamo le pianure per arrampicarci sulla strada del Tizi-n-Tichka, tra le vette dell’Atlante. Scusa Isam, quanto c’e’ per Marrakech? un’ora…Affrontiamo tornanti che sembra di essere allo Stelvio, in tutto sembra di essere allo Stelvio, in particolare a quelli che soffrono il mal d’auto sembra proprio di essere allo Stelvio! Riusciamo a concludere solo una manche della “faccia da scemo” che ormai dura così poco che la vittoria viene assegnata a Matteo per riconosciuta superiorità; poi ognuno si ritira in se stesso, alcuni si ritirano nel sedile posteriore, la maggior parte vuole il sedile davanti e dopo la prima oretta di curve (ma quanto manca a Marrakech? un’ora…) ci ritroviamo in cinque sui sedili dietro e in undici sul sedile davanti, un sedile da tre. A questo punto con la solita scusa del panorama dall’alto, fermiamo il mezzo e mentre Matteo scatta le centoventi foto dell’Atlante, il resto del gruppo riesce comunque ad organizzare il classico gioco da montagna e cioè “chi riesce a vomitare il pranzo completo, compresa la frutta” per il quale occorre organizzare due gironi all’italiana in cui i primi due classificati di ogni girone vincono una foto in primo piano da inviare ai

provini per il sequel de “L’Esorcista”. Inevitabile la sosta al primo bar disponibile, aperto in posizione strategica ben nota ai locali in quanto annesso al bar c’e un negozio di souvenir dove i clienti stanno così male che non hanno la forza di discutere i prezzi altissimi e pagano tutto senza fiatare. L’importante e’ che si possa bere qualcosa di caldo: alzi la mano chi vuole il thè alla menta, qualcuno alza due mani… Ma quanto manca a Marrakech? un’ora…Curva, controcurva, tornante, controtornante, non si gioca più a niente fino in fondo alla valle quando la strada finalmente si spiana e gli stomaci si disattorcigliano. Metà del gruppo e’ ammucchiato sul sedile davanti e in totale pesiamo una cinquantina di chili meno di quando siamo partiti. Ormai ci siamo quasi, mancherà circa un’ora a Marrakech, se sbaglia strada lo buttiamo giù e guidiamo noi, non può sbagliare, abita qui. Lucia si libera degli ammucchiati ricacciandoli sui sedili posteriori e riaccende la musica nonostante le facce verdastre dei compagni di viaggio, qualche timida iniziativa, prima dell’ingresso in città si completa solo l’ennesima manche della faccia da scemo, con la piccola variante del colore, infatti il gioco diventa “la faccia da scemo verde” ed e’ l’unico motivo per cui Matteo per la prima volta arriva secondo perché’ la faccia di Luca e’ così vicina al color menta che pensavamo di usarla per farci un the. Alzi la mano chi vuole il the alla menta… nessuno. Ma quanto manca a Marrakech? un’ora…Sbarchiamo in pieno centro della città rossa, non e’ un caso che l’hotel si chiami Central, e’ così vicino alla piazza che i fumi e gli odori delle grigliate invadono la hall dell’albergo

TACCUINO DI VIAGGIO | Marocco

Page 6: TACCUINO DI VIAGGIO | Etiopia Etiopia...dove il gruppo organizza il classico gioco a chi tira di più sul prezzo, e qui non vince nessuno perché per quanto si tiri non è mai tirato

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Maroccoe gli stomaci ormai vuoti. Diamo appuntamento a Isam per il ritorno a Casablanca, basterebbe partire alle sette del mattino come tutti gli altri gruppi, ma per sicurezza fissiamo l’appuntamento alle tre del mattino, non e’ tanto l’uscita da Marrakech a preoccuparci quanto il ritrovamento di Casablanca e relativo aeroporto. Il tempo di mettere giù i bagagli, arrancare nelle rispettive camere, riprendere un po’ di colorito, giocare a “cambia-camera”, stravinto da Katia con quattro camere cambiate in 12 minuti, e siamo in piazza da Aisha, bancone numero 1, menù completo dagli antipasti al dolce. Recuperiamo tutti i chili persi sulle montagne e finale con the: alzi la mano chi vuole il the alla menta… nessuno. Scopriamo il thè allo zenzero, il thè al ginseng, il thè alla cannella, il the al misto-spezie, il the all’inglese, il the a qualsiasi cosa basta che non ci sia la menta. In piazza non possiamo farci scappare il gioco “pesca-la-bottiglia”, una sola manche di settantacinque minuti dove l’unica bottiglia ce la regala il ragazzo marocchino impietosito dalla nostra costanza e arricchito dai nostri dirham. Passiamo allora al gioco della serpentina che consiste nell’attraversamento della piazza evitando di farsi fotografare con i serpenti al collo: non tutti ce la fanno. Facciamo la solita inutile scorta di mandorle e crolliamo finalmente nei letti del Central non senza aver prima cambiato la quinta camera a Katia. L’ultimo giorno a

Marrakech possiamo rilassarci e scatenare i giochi più assurdi come il nascondino nel suk con ritrovo a mezzogiorno sotto la Kotubia dopo tre ore di inutili ricerche. La fame ci spinge al ristorante della cooperativa femminile dentro la medina, c’e’ posto solo sulla terrazza al quarto piano, bellissimo posto e splendida vista, tutti contenti a parte l’unica cameriera che dovrà servirci dopo aver preparato la tavolata e alla fine avrà fatto circa 3000 gradini su e giù dalla cucina alla terrazza, tra l’altro ad una velocità stratosferica, praticamente la stessa che ci mettiamo noi per salire e scendere una volta sola sudando come una spremuta di cipolle. Per farla felice, oltre alla mancia olimpionica organizziamo subito il gioco a chi indovina il prezzo del pranzo con in palio una foto con la cameriera più veloce del Marocco (v. foto). Tra le altre cose si mangia benissimo, piatti molto particolari, dolci da svenimento, perfino le certezze di Lucia sullo spezzatino con le prugne rischiano di dissolversi e l’unica certezza rimane sempre lui: alzi la mano chi vuole il the alla menta. Al pomeriggio ci teniamo in allenamento con due giochi nuovissimi, il primo nel bel mezzo del mercato a chi strappa il prezzo più basso per le calamite da frigo (prezzo di partenza mezzo dhiram, cioè circa mezzo centesimo di euro!) e il secondo, in piazza, un classico per chi arriva a Marrakech per la prima volta e cioè chi riesce a farsi rifilare il ristorante

più caro e meno caratteristico di tutta Marrakech per l’ultima cena, possibilmente lontano dal centro, obbligo di cravatta e abito lungo, ingresso con hostess seminude e inevitabile raddoppio della cassa comune... Isam arriva a prenderci al mattino successivo e per la prima volta non sbaglia strada, anzi autostrada, e quindi arriviamo in aeroporto con sei ore di anticipo sull’orario dell’aereo, possiamo così scatenarci nei giochi più svariati nella sala d’attesa, giochi a cui Lucia non partecipa troppo emozionata al pensiero che finalmente potrà di nuovo assaporare il delizioso spezzatino alle prugne della Royal Air Maroc. Inchallah, ragazzi! A giochi fatti siete stati un gruppo fantastico…

Habibi I love you!Alzi la mano chi vuole il tè alla menta!L’ossessione della Tajine keftaLa classifica del pane e del caffèOh ma quando arriviamo? Fra un’ora.Pensate a oggi, no a domani - siate felici!‘Che begli occhi che hai’ - mentre ti guardo le tetteStasera grandi numeri, ho le mandorle - ronf ronfGiuuu-lioooGli uomini mandorlizzatiPer favore!Pe’ a-amiche mie (la figlia di Alighiero)Facciamo il gioco del se fosse?Sei felice?Facebook no perchè mi ruba l’identità

A me piacciono gli uomini che sanno tenermi testa (il cammello avrà sentito)Questo es un favore spesiale che facio solo per il mio amico Alighiero (le guide)Il procione più sexy del MaroccoDate un microfono a LuciaBella mortadella ti lascio il mio contatto Facebook (Isam)Dividiamoci equamente nei taxi, 3 qua e 6 la.Le 456274 foto di Matteo da vedere tutteIl cagotto di gruppo sulla Valle del DadesPestare le cacche di Meknes porta ancora più fortunaSinceramente non pago per una cosa a cui non tengo!Voglio vivere vivo!Il peggior difetto della donna? complicare le cose più semplici (il saggio Carlo)Shhh ci sono le guardie nel deserto! - Giulio nascosto in penombraQuasi quasi mi compro un’altra sciarpaLe storie romanzate della LonelyplanetI cartoni animati degli anni ‘80Che dite facciamo un gioco?‘Ooooh viecce pure te a Marrakech’...

TACCUINO DI VIAGGIO | Marocco

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Ho proposto un giro sull’altopiano centrale del

Vietnam perché` mi sembrava offrisse la possibilità di farsi un’idea della vita delle popolazioni rurali in un’area non molto turistica.

In mancanza di altro materiale mi sono basata esclusivamente sulle informazioni contenute nella Rough Guide che, per fortuna, si sono rivelate ragionevolmente accurate e quindi non siamo rimasti bloccati in mezzo al nulla per mancanza di mezzi e abbiamo visto

cose belle e interessanti.La nostra esplorazione è cominciata da Da Lat, una località di villeggiatura, non molto frequentata da turisti stranieri, la cui principale attrattiva è il clima e intorno alla quale si trovano villaggi abitati da minoranze etniche.

A pochi chilometri da Da Lat in un paesino che si chiama Lat abitato da Chill, Ma e Koho, si trovano ancora case di legno tradizionali: sono ancora tutte abitate tranne una adibita a negozio e, di conseguenza, aperta al pubblico. Il negozio è in una palafitta che si erge a

TACCUINO DI VIAGGIO | Vietnam

Angoli sconosciuti a spasso sull’altipiano

Testo di Laura MarcantoniFoto di Silvia Pera

Viaggio Vietnam Solo gr Marcantoni