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Stefano Ruia TEAM DWELLER DOSSIER NUOVE TABELLE U.S. NAVY

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Stefano Ruia TEAM DWELLER

DOSSIER NUOVE

TABELLE U.S. NAVY

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FIAS Federazione Italaiana Attività SubacqueeVia Andrea Doria, 8 20124 Milanowww.fias.it

1a edizione giugno 2012 - V. 1.0

Testi di Stefano Ruia - team DwellerRedazione “il Subacqueo”

Impaginazione grafica M.I. Alberto Santini

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Abbiamo il piacere di pubblicare l’interessantissimo articolo <<DOSSIER NUOVE TABELLE U.S. NAVY>>

A questo proposito ricordo che il CTN non aveva autorizzato l’uso delle nuove tabelle US NAVY nell’attesa che venissero validate dagli organismi istituzionali Nazionali (M.M.).Interessantissimi sono i confronti con le vecchie tabelle.

Si ringrazia l’ing. Stefano Ruia, autore dell’articolo e la segreteria di redazione della rivista “Il Subacqueo” per la concessione dell’autorizzazione alla pubblicazione sul nostro sito.

IL DCTN(Giovanni Escuriale)

Stefano Ruia Notissimo subacqueo di fama nazionale ed internazionale, membro PSS e del team Dwel-ler, scrive per “Il Subacqueo”.

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DOSSIER NUOVETABELLE U.S. NAVY

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7Dossier tabelle U.S. Navy

IMMERSIONE RICREATIVANell’aprile del 2008 la U.S. Navy ha rilasciato la sesta edizione del suo manuale d’immersione, ridefinendo anche molte cose in merito alle famose tabelle U.S. Navy, dopo ben 52 anni di utilizzo continuo. Su queste tabelle o su loro derivati intere generazioni di subacquei hanno studiato, fino all’attuale grande diffusione del computer d’immersione, che ha quasi completamente cancellato l’utilità pratica delle tabelle.Molte agenzie didattiche oggi insegnano già dal corso di primo livello per subacquei autonomi l’utilizzo di questo fan-tastico strumento, lasciando alle tabelle un ruolo secondario, quando non vengano addirittura ignorate del tutto. Questa è ovviamente una netta affermazione dello strumento elettronico, visto che all’inizio della sua era il computer d’immer-sione era visto con diffidenza da molte agenzie didattiche, che ne sconsigliavano l’uso preferendo quello, allora detto “più sicuro”, delle tabelle. Ma il tempo è stato galantuomo e, grazie soprattutto ai fatti, alla fine il computer si è dimostrato più sicuro e di più semplice uso delle tabelle.Sicuramente vi starete chiedendo: «Visto che oggi scendiamo tutti con il computer perchè dovremmo prestare attenzione a questa nuova versione delle tabelle U.S. Navy?». Per diversi motivi di sicurezza, di pianificazione dell’immersione e di sapere come comportarsi durante la nostra attività. In effetti il computer è figlio (almeno matematicamente) dello stesso algoritmo che genera le tabelle e talvolta (come nel caso dei limiti della “curva di sicurezza” o della velocità di risalita) viene calibrato sui loro dati.

Nel tempo, però, se ne è in parte discostato e verrebbe da chiedersi: ma ha ragione il computer o le tabelle? La nuova versione delle tabelle U.S. Navy per alcuni aspetti sembra dare ragione … al computer.

Approfondiamo in questa prima puntata del dossier sulle Tabelle U.S. Navy del 2008 i più importanti aspetti relativi alla subacquea ricreativa, per approfondire poi, nelle puntate successive anche quelli che possono essere relazionati alle immersioni tecniche.

La revisione 2008Spetta al Capitano J. G. Gray, il “Supervisor of Diving”, l’onore o l’onere (vedremo in futuro cosa accadrà) di varare questa nuova edizione del manuale U.S. Navy, in cui sono cambiate numerose pagine. Si tratta quindi di una revisione profonda ma che prelude a una ancora più radicale (del manuale ma non delle tabelle) che avverrà con la settima edizione, sulla quale la U.S. Navy sta già lavorando da due anni.In questi due anni e più passati dalla revisione, stranamente nella subacquea sportiva alcuni ne hanno parlato, ma pochis-simi si sono soffermati a capire cosa e come sia cambiato. Forse anche perchè i cambiamenti sono andati tutti in favore della sicurezza, cioè della riduzione dei rischi, confermando quella che era una tendenza generalizzata nei computer d’immersione rispetto alle tabelle precedenti.

Quali sono stati prima di tutto gli eventi che hanno condotto a questa revisione? In particolare dalla stessa U.S. Navy ne sono stati segnalati tre:

• Il primo è il fatto che nell’ambiente dei lavori subacquei le Tabelle U.S. Navy non siano più state applicate per immersioni a bassa profondità di lunga durata, in quanto ritenute a eccessivo rischio di patologie decompressive.

• Il secondo motivo è l’elevato tasso di embolie riscontrato durante il recupero, a 30 metri di profondità, dei resti del Jumbo Jet del volo TWA800, caduto il 17 luglio del 1996 in Atlantico; tragedia in cui perirono tutte le 230 persone a bordo.

• Il terzo motivo è la presentazione, da parte del Com. Thalmann del N.E.D.U., di una revisione dell’algoritmo matematico usato per la generazione delle tabelle, sperimentato dal 1998 “sul campo”.

Tabella 1La tabella 1, come al solito, è quella che definisce i limiti di durata delle immersioni. Prima di confrontare le tabelle nuove con le vecchie è opportuno ricordare come di queste ne esistessero in realtà ben tre versioni.

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•La prima è quella ufficiale della U.S. Navy.

•La seconda versione era stata adottata da molte agenzie didattiche ricreative, soprattutto di origine statunitense, e riduceva i tempi di permanenza alle basse profondità. In effetti non c’erano discordanze fra le due versioni dalla profondità dei 12 metri in poi. Tuttavia a 10,5 metri la tabella ricreativa aveva un limite di 270 minuti contro i 310 dell’originale, mentre a 9 metri si riduceva a 310 minuti dai 405 dell’originale e ai 7,5 metri arrivava a 315 minuti dai 595 dell’originale. Inoltre mentre la tabella originale non prevedeva limiti per immersioni fino a 6 metri di profondità, quella ricreativa limitava le immersioni a 3,5 metri, 4,5 metri e 6 metri rispettivamente a 300, 350 e 325 minuti. Bisogna precisare che questi valori non indicavano che si era giunti al limite della curva di sicurezza ma erano semplicemente gli ultimi considerati interessanti perchè i successivi superavano i 400 minuti, ben oltre qualunque permanenza “ricreativa” anche nelle immersioni ripetitive (quando per entrare in tabella alla durata effettiva dell’immersione si deve sommare il Tempo di Azoto Residuo).

•La terza versione delle tabelle è quella utilizzata da un paio di agenzie che indicava un limite raccomandato della curva di sicurezza, ridotto rispetto alle altre versioni, realizzato sulla base delle indicazioni dei primi studi effet-tuati utilizzando i rilevatori di bolle a effetto Doppler.

Come si pone la nuova versione delle tabelle rispetto alle tre precedenti? Come abbiamo già anticipato, rispetto alla ufficiale U.S. Navy la versione 2008 presenta limiti della curva di sicurezza ridotti, ma solo nella fascia fra i 9 e i 24 metri (inclusi).

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Tuttavia bisogna tenere presente che proprio questa fascia è quella che maggiormente interessa i subacquei all’inizio della loro attività. Anche rispetto alla versione ricreativa della vecchia tabella si nota una riduzione dei limiti della curva di sicurezza fra i 12 e i 24 metri di profondità.Questa riduzione conferma che i computer (i cui limiti della curva di sicurezza erano inferiori a quelli delle tabelle U.S. Navy) sostanzialmente avevano ragione.Le tabelle per attività subacquea ricreativa ovviamente si fermavano alla profondità di 42 metri (subito successiva a quella dei 39), perchè il limite di profondità assoluto è 40 metri, tuttavia le tabelle U.S. Navy 2008, come nella vecchia versione, proseguono a indicare i limiti della curva di sicurezza fino alla profondità massima di 57 metri, ben oltre tale limite.Se confrontiamo i dati della nuova tabella 1 con quelli dei limiti raccomandati per via degli studi con il Doppler, notiamo che i limiti di questa ultima curva di sicurezza sono a ogni profondità ancora inferiori a quelli della nuova versione U.S. Navy, anche se il divario si è ridotto.

La tabella 1 è quella che definisce i limiti di durata per le immersioni anche nella nuova versione 2008 delle tabelle U.S. Navy. Come al so-lito si entra nella prima colonna a sinistra con la profondità massima raggiunta (o quella su-bito più grande se man-ca l ’esatta) e ci si sposta sulla riga verso destra (saltando la colonna del limite della curva di sicurezza subito adia-cente) fino a trovare il tempo di fondo dell ’im-mersione (o quello subito più grande se manca l ’e-satto). Il tempo di fondo include anche la disce-sa. Salendo verso l ’alto dalla casella del tempo si determina il Gruppo d’Azoto Residuo. Se per esempio facciamo una immersione a 31 metri di profondità di durata (discesa e permanenza sul fondo) pari a 15 mi-nuti, dobbiamo entrare con 33 metri (subito più grande) per poi spostarci fino a 16 minuti (subi-to più grande). Salendo determiniamo che il no-stro gruppo d’azoto re-siduo è “F”. Le caselle a fondo rosa sono i limiti

della curva di sicurezza, mentre quelle a fondo rosso sono proibite in quanto si trovano oltre il limite massimo di pro-fondità dell ’attività subacquea ricreativa.Nota: per un confronto omogeneo con le vecchie tabelle sono state tolte le righe relative alle profondità di 13,5 e 16,5 metri.

Nella nuova versione della Tabella 1 c’è anche una diversa distribuzione dei Gruppi di Azoto Residuo, più numerosi e

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più dettagliati per ogni livello di profondità. Questa maggiore precisione nella determinazione del gruppo d’azoto residuo è utile alla luce dei significativi cambiamenti apportati in Tabella 2.

Tabella 2In Tabella 2 è, come al solito, indicata la variazione del Gruppo d’Azoto Residuo durante l’intervallo di superficie. Questa tabella è stata completamente riorganizzata e potremmo anche dire che in parte è stata “standardizzata”. Cosa intendia-mo esprimere con questo termine? In sostanza quasi tutti i gruppi scendono di un livello (da una lettera identificativa del Gruppo di Azoto Residuo alla precedente) dopo circa 52 minuti, di due livelli dopo circa 1 ora e 45 minuti, di tre livelli dopo 2 ore e 38 minuti, ecc. Poiché questa regola non è sempre rispettata bisogna in ogni caso controllare sulla tabella i dati reali.Molto interessante è il cambiamento fondamentale che ora si è attribuito al termine “immersione ripetitiva”. Per le vecchie tabelle US Navy era tale ogni immersione svolta fra 10 minuti e 12 ore dal termine delle precedente. Oggi non è più così: resta sempre valida il termine dei 10 minuti (entro i quali l’immersione è considerata una prosecuzione della precedente) ma il limite delle 12 ore ora varia da 2 ore e 20 minuti del gruppo A a 15 ore e 50 minuti del gruppo Z.

Chi conosce il funzionamento degli algoritmi matematici sa che questa condizione è molto più realistica della precedente e si avvicina di più al comportamento dei computer d’immersione. Chiariamone brevemente il motivo. L’algoritmo alla base della teoria della decompressione, concepito inizialmente da Haldane, calcola l’assorbimento e l’e-liminazione di gas inerte in diversi compartimenti matematici, che simulano i tessuti del corpo. I compartimenti differiscono fra loro per la velocità con la quale assorbono i gas inerti in immersione ed eliminano la parte in eccesso sia durante la risalita che all’uscita dall’acqua.

I computer d’immersione considerano i diversi compartimenti sempre separati fra loro. In sostanza per un computer d’immersione un compartimento veloce, come quelli che controllano le immersioni profonde, si carica velocemente di gas inerte, ma altrettanto velocemente lo restituisce all’ambiente nella fase decompressiva e fuori dell’acqua. Un compar-timento lento (come quelli che controllano le immersioni a bassa profondità) si caricherà di gas inerte lentamente ma eliminerà la parte in eccesso lentamente. Per il computer d’immersione non è certo un problema tenere conto di tutti i compartimenti computando per ognuno di essi il livello di gas inerte in un dato momento. Ciò è valido anche durante l’intervallo di superficie.Adottare lo stesso metodo per lo sviluppo delle tabelle darebbe luogo non a una sola tabella per il Tempo D’Azoto Resi-duo (la Tabella 3) ma a infinite tabelle, ognuna dipendente dal tipo di immersione svolta prima della ripetitiva.

La U.S. Navy quindi per ricavare la Tabella 3 a suo tempo decise di non considerare i compartimenti separa-tamente nell’intervallo di superficie, ma relazionò la quantità di inerte in eccesso presente in essi direttamente con quella presente nel compartimento più lento: quello dei 120 minuti. Poiché un compartimento arriva a saturazione o elimina completamente il gas inerte in eccesso dopo un tempo (di permanenza alle nuove condizioni di pressione) pari a sei volte il suo periodo caratteristico (detto “periodo di emisaturazione” o “emivita” o “emitempo” e in altri modi), ne consegue che il compartimento più lento, quello dei 120 minuti (cioè due ore), per eliminare tutto il gas inerte in eccesso impiega sei volte due ore, cioè dodici ore. Per questo motivo una immersione non era più considerata ripetitiva dopo 12 ore dal termine della precedente. Nella nuova versione 2008 si è un poco “aggiustato il tiro”: i tempi ora variano a seconda del Gruppo d’Azoto Residuo da 2 ore e 20 minuti a 15 ore e 50 minuti. In alcuni casi siamo ancora lontani dai tempi dei computer d’immersione, ma i dati rispetto al passato tendono ad avvicinarsi. Se per esempio facciamo una immersione a 40 metri al limite di curva, un computer moderno ci permetterà di fare la ripetitiva alla stessa profondità e per lo stesso tempo dopo circa 2/3 ore (dipende dal modello di computer) mentre le nuove tabelle ci dicono che nelle stesse condizioni possiamo farla dopo 6 ore e 15 minuti, che è comunque una durata pari a quasi metà dell’intervallo di superficie (12 ore) necessario secondo le vecchie!Per quanto riguarda l’utilizzo pratico si scopre che la tabella è meno restrittiva per i primi gruppi di basso livello (A, B, C, D, E e F) e più restrittiva per gli altri, per i quali - a pari intervallo di superficie rispetto alle vecchie tabelle - si ricade nello stesso Gruppo d’Azoto Residuo o in uno di livello superiore. Per esempio se ci troviamo in gruppo “N” dopo 9 ore e 45 minuti per le vecchie tabelle eravamo passati in gruppo “A”, per le nuove siamo ancora in gruppo “C”.

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La Tabella 2 definisce la variazione del Gruppo d’Azoto Residuo durante l ’intervallo di superficie, che è necessario conoscere per svolgere una immersione ripetitiva. Si entra a sinistra sulla riga del Gruppo d’Azoto Residuo della immersione precedente e ci si sposta verso destra fino trovare l ’intervallo di tempo passato; scendendo verso il basso si legge il nuovo Gruppo d’Azoto Residuo. Se per esempio siamo usciti dall ’ultima immersione in gruppo “E” notiamo che se iniziamo la discesa prima di 10 minuti dalla riemersione dobbiamo considerare la nuova immersione come una prosecuzione di quella già fatta.Invece se iniziamo la discesa dopo un intervallo di superficie fra 10 minuti e 52 minuti siamo ancora in gruppo “E”. Con un intervallo di superficie fra 53 minuti e 1 ora e 44 minuti scendiamo invece al Gruppo d’Azoto Residuo “D”. Man mano che aumenta l ’intervallo di superficie si scende, a gradini successivi, verso gruppi più bassi fino a raggiunge-re, dopo un’attesa fra 3 ore e 56 minuti e 6 ore e 15 minuti il gruppo “A”, l ’ultimo (in ordine decrescente). Passate 6 ore e 15 minuti (per questo accanto al valore c’è l ’asterisco) la nuova immersione può non essere più considerata ripetitiva.

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Tabella 3Anche nella tabella 3 sono cambiati i numeri, in senso più restrittivo per certe coppie di valori “Gruppo d’Azoto Resi-duo - massima profondità dell’immersione ripetitiva” e in senso meno restrittivo per altre. Ancora una volta è necessario controllare bene per ogni immersione. Tuttavia come tendenza generale la durata delle immersioni ripetitive è ridotta rispetto a quella possibile con le vecchie tabelle, a meno che l’immersione non ricada più nel campo della ripetitiva, come visto prima per la Tabella 2, evento che nella nuova versione accade più velocemente che in passato per i Gruppi d’Azoto Residuo da “A” a “K”.

Con la Tabella 3 possiamo ricavare il Tempo d’Azoto Residuo in minuti. In pratica questa tabella trasforma la quantità di gas inerte in eccesso ancora presente nei compartimenti dopo l ’intervallo di superficie in minuti già passati sul fondo in immersione. In pratica quindi per calcolare l ’immersione ripeti-tiva useremo nuovamente la Ta-bella 1 ma considerando che ab-biamo già passato alla profondità prevista un tempo pari al Tempo d’Azoto Residuo. Quindi il tem-po che potremo passare sul fondo (inclusa la discesa) non può su-perare la differenza fra il Limite della Curva di Sicurezza (caselle rosa di Tabella 1) e il Tempo d’A-zoto Residuo. In Tabella 3 abbia-mo evidenziato con il colore rosa le caselle in cui questa differenza diventa 0 o negativa: ciò signi-fica che con quel Gruppo d’Azoto Residuo a quella profondità non è possibile svolgere immersioni ripetitive nei limiti della curva di sicurezza. Le caselle a fondo rosso sono proibite in quanto si trovano oltre il limite massimo di profondità dell ’attività subac-quea ricreativa.Il Tempo d’Azoto Residuo si leg-ge all ’incrocio fra la colonna del Gruppo d’Azoto Residuo dopo l ’intervallo di superficie (ricava-to sulla Tabella 2) e la riga della massima profondità pianifica-ta (o quella subito più grande se manca l ’esatta) dell ’immersione da svolgere. Per esempio un su-bacqueo in gruppo “F” che deve andare a 18 metri di profondità ha un Tempo d’Azoto Residuo di 35 minuti. Poiché il limite della curva di sicurezza per questa quota è 60 minuti gliene restano a disposizione solo 25 per l ’immersione da svolgere.Le casella con la freccia sulla riga dei 7,5 metri indicano che bisogna passare direttamente alla profondità successiva (9 metri) e usare per la programmazione dell ’immersione ripetitiva 9 metri come profondità massima.Le caselle con “no” (per le profondità di 3, 4,5 e 6 metri indicano che non ci sono limiti alla curva di sicurezza. Se dopo una immersione ripetitiva a 3, 4,5 o 6 metri di profondità si deve svolgere una immersione a profondità maggiore e si ha necessità di avere un Gruppo d’Azoto Residuo si deve considerare come gruppo di uscita dall ’immersione a 3, 4,5 o 6 metri di profondità quello di entrata. Se per esempio un subacqueo in gruppo “N” deve svolgere una immersione

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a 6 metri, non trova in Tabella 3 un Tempo d’Azoto Residuo, ma non è un problema perché può stare indefinitamente. Tuttavia se dopo questa seconda immersione vuole fare una terza immersione a 12 metri di profondità, deve assumere che il suo Gruppo d’Azoto Residuo sia ancora “N” indipendentemente da quanto tempo ha passato a 6 metri di profon-dità; utilizzerà quindi un Tempo d’Azoto Residuo di 152 minuti.Nota: per un confronto omogeneo con le vecchie tabelle sono state tolte le righe relative alle profondità di 13,5 e 16,5 metri.

Altri parametriA conclusione di questo breve esame delle nuove Tabelle U.S. Navy, limitatamente al loro uso nella subacquea ricreativa, bisogna solo dire che la velocità di discesa è stata definitivamente fissata a 75 piedi al minuto (circa 23 m/min) e quella di risalita confermata in 30 piedi al minuto (circa 9 m/min).Un ulteriore conferma alla validità delle procedure utilizzate dai subacquei ricreativi viene dalle tabelle con tappe di decompressione obbligate. Come tutti i subacquei sanno, infatti, la profondità a cui effettuare la sosta di sicurezza è com-presa dai computer d’immersione fra 3 e 6 metri, ma tutti cercano di restare vicino ai 5 metri. In effetti a questa quota è più facile controllare la galleggiabilità, si risente meno delle onde in superficie, si contrasta meglio (con la riduzione di spessore della muta) la maggiore spinta di Archimede data dalla bombola che si è scaricata.

Possiamo dire che in questo è d’accordo anche la U.S. Navy, che nelle sue nuove tabelle per immersioni con tappe di decompressione obbligatorie ha abolito la sosta dei 3 metri, lasciando come ultima tappa quella dei 6 metri.

IMMERSIONE TECNICA AD ARIAAbbiamo visto come le nuove Tabelle d’Immersione U.S. Navy siano diventate, per procedure e dati decompressivi nelle attività subacquee ricreative, molto più vicine ai moderni computer d’immersione di quanto accadesse con quelle tradi-zionali, ormai “vecchie”. Tuttavia nell’ambito delle immersioni svolte nei limiti della curva di sicurezza, che per la Marina statunitense rappresentano una parte piccola e marginale dei profili studiati, i cambiamenti sono abbastanza limitati, soprattutto se li confrontiamo con quelli avutisi nel settore delle immersioni “fuori curva”, che suscita maggiore interesse fra i subacquei militari e “tecnici” in generale.

Approfondiamo quindi questi cambiamenti dividendo in tre tipologie le immersioni tecniche: immersione ad aria con decompressione ad aria, immersione ad aria con decompressione a aria e ossigeno puro, immersioni a miscele di elio con decompressione a miscele iperossigenate e ossigeno puro. In questa puntata del dossier tratteremo solo le prime due tipologie di immersioni tecniche.

Immersioni ad ariaTrattando di immersioni ad aria la prima domanda che ci si pone è: quale è la profondità massima? Per la U.S. Navy i limiti, utilizzando un normale autorespiratore, sono di 30 o 40 metri a seconda delle attrezzature utilizzate. In alcuni casi, ben definiti ed eccezionali, è possibile arrivare a 58 metri di profondità, ma solo con una impegnativa assistenza disuperficie, che richiede anche la disponibilità di una camera iperbarica sulla barca appoggio.

Per la U.S. Navy utilizzando un normale autorespiratore non si devono superare i 30 metri se si utilizza una bombola con-tenente una quantità di aria inferiore a 2.832 Normal-litri (in pratica una bombola di capacità 14,16 litri se conside-riamo la carica a 200 bar). Utilizzando una bombola che contenga una quantità di aria superiore a 2.832 Normal-litri, tale profondità può essere estesa a 40 metri. Tuttavia per potere superare i 30 metri di profondità deve essere presente sul sito d’immersione un impianto di ricompressione (camera iperbarica). In caso sia necessario il subacqueo può eccezionalmente raggiungere il limite massimo di 58 metri, ma solo con l’autorizzazione dell’ufficiale in comando dell’operazione. Tale autorizzazione serve anche per immersioni che oltrepassino il limite della curva di sicurezza. Infine è sempre richiesta la presenza di uno stand-by diver pronto a

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intervenire. Quindi l’idea che i subacquei della Marina U.S.A. scendano liberamente a 60 metri di profondità, come qualcuno pro-pugna, è del tutto errata!

Come corollario segnaliamo che ai subacquei della U.S. Navy con apparato autorespiratore normale non è permesso entrare negli ambienti quasi chiusi (grotte, cavità, relitti, ecc.) perdurando costantemente l’obbligo di potere risalire in ogni momento direttamente alla superficie. Tali limiti si superano in genere con l’utilizzo di caschi rigidi e alimentazione dalla superficie.Ma torniamo a immersioni più usuali per i subacquei tecnici. Prendiamo come esempio la profondità di 45 metri (per l’esattezza 45,7 metri essendo le tabelle in piedi e scegliendo la profondità di 150 piedi).

Vediamo prima cosa accadeva in passato.

Facciamo tre casi pratici prendendo un’immersione appena superiore al limite di curva (tempo di fondo 10 minuti), una più impegnativa (tempo di fondo 30 minuti) e una molto impegnativa (tempo di fondo 60 minuti). Nel primo caso per le vecchie tabelle bastava effettuare una tappa di decompressione a 3 metri per 1 minuto e si poteva risalire; la durata totale della decompressione era quindi di 6 minuti (5 di risalita e 1 di tappa). Nel secondo caso bisognava effettuare due tappe di decompressione, una a 6 metri per 8 minuti e una a 3 metri per 24 minuti; la durata totale della decompressione (inclusa risalita) era, quindi, di 37 minuti. Nel terzo caso le tappe decompressive erano 4, fra 12 e 3 metri, mentre la durata totale della decompressione (inclusa risalita) era di 115 minuti.

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Andiamo ora a vedere cosa accade in questi tre casi con le nuove tabelle.

Prima di tutto precisiamo che per una maggiore comodità del subacqueo in acqua la sosta ai 3 metri è stata definiti-vamente cancellata dalla U.S. Navy. Ora l’ultima sosta si effettua a 6 metri. Questa procedura di portare la profondità dell’ultima sosta più in basso è stata spesso sfruttata dai subacquei tecnici sportivi in fase di programmazione ed esecuzione dell’immersione. Restare a profondità maggiore significa avere meno problemi di galleggiabilità, collas-sare di meno l’eventuale muta stagna, sentire di meno l’influenza delle onde in superficie… insomma tanti vantaggi che ora potranno apprezzare anche i subacquei della U.S. Navy!Altro elemento che è necessario precisare è che ora si riuniscono in una sola tabella ben tre profili: quello dell’immer-

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sione svolta tutta con aria (rigo superiore), quella della decompressione con ossigeno puro in acqua (rigo inferiore) e quella del “salto in camera” (colonna “Chamber O2 Periods”), in cui le ultime tappe di decompressione sono eseguite respirando ossigeno puro in una camera iperbarica posta in superficie. Per ora limitiamoci alla prima, per un confronto con la precedente versione delle tabelle.

Decompressione più lungaNel primo caso che esaminavamo (10 minuti a 45 metri) per le nuove tabelle basta effettuare una tappa di decompres-sione a 6 metri per 1 minuto e si può risalire; la durata totale della decompressione è di 6 minuti (5 di risalita e 1 di tappa). Non ci sono quindi differenze con le vecchie tabelle, il che dimostra come lo spostamento della tappa a 6 metri sia praticamente ininfluente.Passiamo al secondo caso in esame (30 minuti a 45 metri). Anche per le nuove tabelle bisogna effettuare due tappe di decompressione: una a 9 metri per 3 minuti e una a 6 metri per 51 minuti; la durata totale della decompressione (inclusa risalita) diventa così di 58 minuti e 40 secondi. Rispetto alla versione precedente delle tabelle ci sono stop più profondi e quasi 25 minuti di decompressione in più (in pratica la durata totale della decompressione raddoppia). Ovvio che questo aumento non sia dovuto solo allo sposta-mento delle tappe verso il basso come profondità, ma è stato inserito per fare sì che una maggiore sicurezza fosse resa ai subacquei, visti gli incidenti avutisi in passato.Se poi confrontiamo il terzo caso in esame (60 minuti a 45 metri) scopriamo che la durata totale della decompressione (inclusa risalita) passa dai 115 minuti delle vecchie tabelle ai 317 delle nuove, con un fattore di aumento di quasi tre volte!

In definitiva per l’immersione con sola aria le nuove tabelle U.S. Navy rispetto alle vecchie impongono una decompres-sione molto maggiore, tanto più lunga quanto più ci si allontana dalla curva di sicurezza. Anche in questo caso (come in quello delle immersioni ricreative visto nella scorsa puntata di questo dossier) le nuove tabelle sembrano dare ragione … ai computer subacquei, che alcuni subacquei “da vecchia data” ritenevano troppo restrittivi!

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Gruppi d’Azoto Residuo superioriVogliamo sottolineare anche un’altra evidenza: la maggiore rapidità di raggiungimento di determinati Gruppi d’Azoto Residuo.

• nel primo caso (10 minuti a 45 metri) dell’esempio precedente le vecchie tabelle ci facevano uscire in E, mentre le nuove ci danno F;

• nel secondo caso (30 minuti a 45 metri) per le vecchie eravamo in L, per le nuove siamo già in O;

• nel terzo caso (60 minuti a 45 metri) per le vecchie eravamo al massimo possibile, cioè “Z”, per le nuove siamo già nelle esposizioni eccezionali che non permettono immersioni ripetitive.

In sostanza ciò significa che per le nuove tabelle non solo dovremo fare una decompressione maggiore, ma anche le eventuali ripetitive saranno più penalizzate che in passato.

Immersioni ad aria più ossigeno puroCome già esposto, la nuova versione della U.S. Navy Tables riunisce in una sola tabella ben tre profili:

• quello dell’immersione svolta tutta con aria (rigo superiore),

• quella della decompressione con ossigeno puro in acqua (rigo inferiore)

• quella del “salto in camera” (colonna “Chamber O2 Periods”)

Questo ultimo sistema è chiamato dalla U.S. Navy “SurDO2” acronimo inglese di “decompressione in superficie con

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ossigeno”.Quando effettuiamo immersioni con tappe di decompressione obbligate noi subacquei sportivi pensiamo che per essere “più sicuri” l’ideale sia restare in acqua di più, prolungando le tappe più vicine alla superficie. Nella nostra ottica non è sbagliato, ma dal punto di vista della U.S. Navy restare in acqua non è più sicuro, anzi! È un’operazione in cui si perde tempo, l’operatore subacqueo non è certo al massimo del comfort, le condizioni meteorologiche possono peggiorare, la nave non può proseguire la navigazione e deve restare ferma sul posto… magari sotto la minaccia di un nemico! Per questo la procedura decompressiva preferita è la “SurDO2”, cioè la decompressione in superficie (in una camera iperbarica) in ossigeno.

In pratica l’operatore risale dal fondo, alla velocità di 9 m/min, fino alla quota dei 12 metri, effettuando tutte le tappe decompressive previste. Dopo avere completato la tappa dei 12 metri (se presente sul piano decompressivo) in un mi-nuto netto l’operatore torna in superficie. Viene issato a bordo e svestito in meno di tre minuti e mezzo (vengono svolte apposite esercitazioni per raggiungere l’obiettivo). Entra subito nella camera iperbarica e viene compresso per ritornare, entro 5 minuti dalla riemersione, alla pressione corrispondente ai 15 metri di profondità. La decompressione avviene poi per “periodi” e “mezzi periodi”: un periodo equivale a 30 minuti di respirazione di ossigeno puro e mezzo periodo a 15 minuti. Il numero di periodi (ed eventuali mezzo periodo) necessari è indicato in tabella nelle colonna “Chamber O2 Periods”. In ogni caso il primo periodo consiste in mezzo periodo alla pressione equivalente ai 15 metri di profondità più mezzo a quella equivalente ai 12 metri di profondità; i periodi (o mezzo periodo) da 2 a 4 sono spesi alla pressione equivalente ai 12 metri di profondità; se sono richiesti più di 4 periodi i rimanenti sono spesi alla pressione equivalente ai 9 metri di profondità. Ogni 30 minuti di respirazione di ossigeno puro viene inserito un air-break di 5 minuti ad aria. La “risalita” (in realtà decompressione) avviene a 9 m/min. La risalita a conclusione della decompressione (quindi dopo l’ultimo pe-riodo o mezzo periodo) si fa ad aria.

In genere la durata della decompressione (anche per via dell’arrotondamento al mezzo periodo superiore) è maggiore di quella in acqua, ma tanto l’operatore subacqueo è al caldo e all’asciutto nella camera iperbarica e la nave si può muovere liberamente. Allora sì che allungare la decompressione è “tutta sicurezza in più”!

In effetti diremmo che la modalità di decompressione preferita dalla U.S. Navy è proprio quella con ossigeno puro. Pren-diamo come esempio sempre la tabella per i 45 metri (150 feet). Si nota come fino a venti minuti di tempo totale di fondo non ci siano particolari prescrizioni (riga bianca che interrompe le colonne). Invece prima del profilo dei 25 minuti di fondo è presente la raccomandazione (riga con scritto “In-Water Air/O2 Decompression or SurDO2 Recommended”) di utilizzare o la decompressione in acqua con ossigeno o la procedura del salto in camera. Dopo i 35 minuti di fondo siamo alle esposizioni eccezionali per una immersione svolta completamente in aria e la decompressione in acqua con ossigeno o la procedura del salto in camera sono richieste (nel senso che si può fare la decompressione ad aria solo in casi eccezionali, quali pericolo di vita, ultima risorsa, ecc.). Superando i 50 minuti di fondo si arriva alle esposizioni eccezionali anche per la decompressione in acqua con ossigeno ed è richiesta la procedura del salto in camera.Si noti che per la U.S. Navy la decompressione in acqua deve essere fatta tutta ad aria fino alla quota dei 12 metri (inclusi) per poi passare alla respirazione di ossigeno puro già alla profondità di 9 metri, a differenza dei subacquei tecnici che preferiscono aspettare i 6 metri, quando la pressione parziale di ossigeno scende a 1,6 atmosfere. Ovviamente la tappa conclusiva della decompressione a ossigeno è svolta a 6 metri (come avviene per quella ad aria), ma a rigore di logica decompressiva non c’è alcuna differenza nello svolgere a 6 metri una tappa prevista a 3 metri di pro-fondità e si respira ossigeno puro, in quanto il gradiente di pressione d’inerte fra tessuti e gas respirato è lo stesso anche se varia la pressione ambiente; questo è quanto avviene quando i subacquei tecnici dicono di “tirare” a 6 metri la tappa a ossigeno prevista ai 3.

Confrontiamo per i tre esempi pratici già utilizzati (tempi di fondo 10 minuti, 30 minuti, 60 minuti) la decompressione ad aria prevista dalle vecchie tabelle con quella ad aria più ossigeno della nuova versione (non presente nelle vecchie se non come procedura del salto in camera).

Nel primo caso che esaminavamo (10 minuti a 45 metri) per le nuove tabelle basta effettuare una tappa di decompres-sione a 6 metri per 1 minuto respirando ossigeno e si può risalire; la durata totale della decompressione è quindi di 6 minuti (5 di risalita e 1 di tappa). Non ci sono quindi differenze con le vecchie tabelle e nemmeno con le nuove con

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decompressione a sola aria.

Passiamo al secondo caso in esame (30 minuti a 45 metri). Per le nuove tabelle bisogna effettuare due tappe di decom-pressione a ossigeno: a 9 metri per 2 minuti e a 6 metri per 26 minuti; la durata totale della decompressione (inclusa risa-lita) diventa così di 32 minuti e 40 secondi. Ciò significa che nonostante l’utilizzo di ossigeno puro la durata totale delladecompressione è poco inferiore rispetto alla versione precedente delle tabelle (in cui valeva 37 minuti). Rispetto alla decompressione ad aria della nuova versione presenta invece una riduzione del 45%.

Confrontando il terzo caso in esame (60 minuti a 45 metri) scopriamo che la durata totale della decompressione con le ultime tappe a ossigeno è di 132 minuti e 20 secondi, persino maggiore dei 115 minuti delle vecchie tabelle! Rispetto alla decompressione ad aria della nuova versione presenta invece una riduzione del 58%.

Da questo confronto possiamo concludere che le nuove tabelle presentano tempi paragonabili alle vecchie solo se la de-compressione avviene utilizzando per le ultime tappe decompressive l’ossigeno puro. Sostanzialmente si può quindi dare ragione alle agenzie didattiche che per le immersioni con tappe di decompressione obbligatorie utilizzavano i tempi delle vecchie tabelle U.S. Navy per aria anche quando il subacqueo respirava in decompressione nitrox od ossigeno puro.Con la pubblicazione di queste tabelle per la decompressione a ossigeno in acqua trova conforto anche un’altra regola pratica di emergenza utilizzata dai subacquei tecnici: avendo tabelle ad aria e respirando ossigeno puro la durata della tappa decompressiva può essere tagliata al massimo di un terzo.

Concludiamo verificando come la pensa la U.S. Navy in merito agli air-break. Le loro procedure impongono che ogni 30 minuti di respirazione di ossigeno puro (anche a 1,9 atm di pressione) ci debba essere una pausa ad aria della durata di 5 minuti. Tale procedura può non essere applicata se la respirazione di ossigeno puro in totale non supera i 35 minuti o quando l’ultimo periodo di respirazione di ossigeno (dopo un air- break) non dura più di 35 minuti. È richiesto che il subacqueo torni in superficie respirando ossigeno (probabilmente per evitare il pericolo dell’effetto “oxygen-off ”). Gli air-breaks per la U.S. Navy non contano come tempo utile di decompressione e vanno quindi aggiunti al totale della durata della decompressione.

ALTRI PARAMETRIVelocità di discesaAnche per questa edizione 2008 delle Tabelle U.S. Navy, la velocità di discesa è confermata in 75 piedi al minuto (circa 23 m/min). Questa è la velocità utilizzata anche nelle vecchie tabelle e non ha subito variazioni. Quindi tutte le discese effettuate dai subacquei della Marina statunitense si svolgono a velocità quanto più possibile vicina ai 75 piedi per minu-to. Non ci sono mai state spiegazioni logiche, se non che questa è stata la velocità prescelta per le prove da effettuare per convalidare i profili decompressivi e pertanto si è rimasto sul tradizionale.

In passato si usavano senza grossi inconvenienti anche velocità di 30 m/min, come quella indicata dal francese G.E.R.S. (Groupe d’Etudes et de Recherches sous-marines). Oggi i moderni algoritmi a gas libero suggeriscono la convenienza di velocità maggiori e spesso i subacquei tecnici le adottano.Si noti però che molte agenzie didattiche ricreative segnalano ai loro allievi che è opportuno adottare velocità minori, vicine ai 10 metri al minuto, per ridurre l’importanza degli effetti della narcosi d’azoto. La U.S. Navy, invece, mantiene la sua velocità massima indicando però che essa può essere ridotta se il subacqueo non riesce a compensare bene, se c’è corrente o scarsa visibilità, se si ha necessità di un approccio cauto al fondo perché non se ne conosce la consi-stenza. D’altra parte scendendo più piano del previsto si assorbe meno gas e quindi – secondo il modello decompressivo tradizionale – il profilo della risalita resta lo stesso. Questo in quanto il “tempo di fondo” delle tabelle U.S. Navy inizia dalla superficie e termina al momento dello stacco dal fondo.

DISCESA E NARCOSII moderni algoritmi a gas libero (VPM, RGBM) suggeriscono - dal punto di vista decompressivo – di scendere il più velocemente possibile. In questo modo le bolle presenti nel corpo diventeranno sempre meno

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La velocità di risalitaIl fatto di considerare in questo modo il tempo di fondo impose però alla U.S. Navy una precisa definizione della velo-cità di risalita. Dopo varie vicissitudini tale velocità fu stabilita, in maniera molto pragmatica, in 18 metri al minuto nel 1958, con la prima edizione del “U.S. Navy Diving Manual.”

Con la revisione 3 del Manuale, nel 1993, tuttavia, la velocità di risalita fu ridotta a 30 piedi al minuto (9 metri m/

permeabili ai gas man mano che la profondità aumenta e avranno più difficoltà a raccogliere azoto e crescere di vo-lume. Questa raccomandazione trova maggiore efficacia nelle immersioni ripetitive, quando alcuni tessuti sono ancora soprasaturi, in quanto non hanno eliminato completamente l’azoto in eccesso. Inoltre scendendo velocemente si creano turbolenze che tendono a “schiacciare” la bolla (fenomeno detto “crushing”) e, quindi a fare dissolvere il suo gas nel tessuto.Tuttavia già nel 1937 era divenuta palese la diretta relazione fra la velocità di discesa e gli effetti della narcosi, con il loro primo studio sistematico e quantitativo, eseguito (con test aritmetici svolti fra 28 e 93 metri di profondità) da C. W. Shilling e W. W. Willgrube, della U.S. Navy. Studi più recenti hanno convalidato la tesi, dimostrando che i minori livelli di narcosi si presentano nelle immersioni fino a 20 metri di profondità, con discese svolte a velocità estremamen-te ridotte. Insomma l’immersione più sicura, dal punto di vista della narcosi, è quella di un primo livello che si immerga da riva su un fondale leggermente digradante!

Esempio di pragmatismo militareQuando Haldane fece le prime tabelle d’immersione, nel 1907, la Royal Navy adottò una velocità di risalita massima di 18 m/min (60 piedi al minuto); la ragione principale di questa scelta fu forse la comodità di risalire a un piede al secondo oppure la possibilità di saltare la prima tappa deco se i palombari dovevano essere fatti risalire rapidamente. All’inizio la U.S. Navy adottò le tabelle della Royal Navy e il primo manuale d’immersione (1916) riportava una velo-cità di risalita non superiore a un piede al secondo.In un momento non precisato, tra il 1916 e il 1943, e senza una motivazione scritta la velocità di risalita fu cambia-ta. Infatti il Manuale U.S. Navy del 1943 riportava che “la velocità di risali-ta non deve superare i 25 piedi/min (7,5 m/min)”. Era una velocità di risali-ta abbastanza pratica per i palombari e nessuno la metteva in discussione. Tanto che apparve anche nella “Bibbia” dei subac-quei del tempo: il “Bureau of Ships Diving Manual”, NAVSHIPS250-880, pubblicato nel 1952.Fu probabilmente nel 1957 che si tenne, a Washington (U.S.A.), una delle tante riunioni fra il personale dell’Experi-mental Diving Unit per discutere la preparazione del “U.S. Navy Diving Manual” e della nuove tabelle. La velocità di risalita da scegliere divenne quel giorno oggetto di accanite discussioni. Francis “Doug” Fane, mitico comandante del West Coast Underwater Demolition Team (alle origini dei moderni incursori Navy S.E.A.L.s) insisteva che i suoi uomini non potevano essere vincolati a risalite così lente come 25 piedi al minuto e suggeriva di adottare una velocità di almeno 100 piedi al minuto.

D’altra parte i palombari insistevano che non era possibile fare risalire tanto velocemente un uomo che indossava un completo da palombaro. Da parte loro i ricercatori affermavamo, giustamente, che avere due diverse velocità di risalita avrebbe comportato l’obbligo di calcolare due complete serie di tabelle, cioè raddoppiare il loro lavoro; era quindi necessario sceglierne una. Alla fine si raggiunse un compromesso sulla velocità di 60 piedi/min, facile da ricordare (un piede per secondo), alta ma ancora accettabile per tirare un palombaro in superficie e lenta ma praticabile per un subacqueo con autorespiratore. Nessuno si accorse che così facendo si tornava all’antico!

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min). Sembra che fu proprio l’insorgenza di alcune embolie inspiegabili a consigliarne la riduzione. Questa velocità è rimasta tale nell’edizione del 2008.Oggi quasi tutti i computer subacquei adottano velocità introno ai 9-10 m/min, quindi sono perfettamente in sintonia con le Tabelle U.S. Navy. Lo stesso vale per le procedure di risalita oggi più diffuse fra i subacquei.Forse il termine “perfettamente” è eccessivo. Infatti le tabelle indicano che sebbene la velocità media dovrebbe essere 9 metri m/min, sono accettabili valori fra i 6 e i 12 metri al minuto. Ma alla velocità di 12 m/min la maggior parte dei computer subacquei ha già dato l’allarme per risalita troppo rapida!

La velocità di risalita per la U.S. Navy è costante dal fondo alla superficie. Invece alcuni computer d’immersione inizial-mente avevano velocità diverse a seconda della fascia di profondità, con valori sempre più bassi man mano che ci si avvi-cina alla superficie. Il concetto è che l’eliminazione dell’azoto in eccesso e i limiti di soprasaturazione dei compartimenti dipendono dai rapporti di pressioni assolute e non dalla loro differenza. Quindi risalendo da 30 metri (4 bar assoluti) a 20 metri (3 bar assoluti) la pressione si riduce di un quarto. Invece risalendo da dieci metri (2 bar assoluti) alla superficie (1 bar assoluto) la pressione si dimezza. Il rapporto è ben diverso (doppio) anche se in tutti e due i casi siamo risaliti di dieci metri. Quindi per il computer è giusto che la velocità di risalita sia più alta in profondità: per il suo modello di calcolo risalendo più velocemente dalle profondità si riduce l’assorbimento di azoto, senza compromettere la sicurezza.In realtà questo concetto è stato superato sia dalle prove pratiche (oggi la quasi totalità dei computer adotta velocità di risalita costanti), sia dai nuovi modelli matematici a gas libero, nei quali si evidenzia come la velocità di crescita di grandezza delle microbolle (che possono, aumentando di volume, diventare pericolose per l’embolia) sia direttamenteproporzionale alla velocità di risalita, che pertanto deve essere bassa dallo stacco dal fondo fino alla superficie.

Fuori tempoOvviamente risalire a velocità perfettamente costante non è possibile, ma in genere questo non è un problema per i subacquei ricreativi, che si affidano totalmente al loro computer subacqueo, in grado di avvertirli di rallentare e in grado anche di sollecitarli a risalire (con l’allarme di avvicinamento al limite della curva di sicurezza).

Tuttavia durante le immersioni “tecniche” accade spesso che qualche subacqueo arrivi alle tappe di decompressione non in linea con il programma decompressivo scritto sulle proprie tabelle, magari in anticipo oppure, come accade più frequentemente, in ritardo. Questo tema del rispetto del programma decompressivo è ben trattato dalla U.S. Navy, quindi un breve sguardo alle sue procedure può tornare utile a molti subacquei tecnici. Appena ci si accorgesse di essere risaliti troppo velocemente bisogna fermarsi e attendere a quella quota di rientrare nel corretto programma decompres-sivo. Se il subacqueo si accorge di essere in anticipo alla prima sosta decompressiva, deve comunque attendere a quella quota sia il tempo di anticipo sia la durata della sosta prevista. Nel caso alla quota cui si ferma deve fare un cambio miscela, il subacqueo può effettuarlo appena arrivato, anche se ha del tempo da recuperare perché è arrivato in anticipo. Insomma un eventuale anticipo si risolve aspettando in quota che passi il tempo necessario. Ovviamente si parla di anticipi di breve durata, non certo di una “pallonata” che ha fatto saltare due o tre tappe decompressive!

Veniamo al caso più comune di ritardo sul programma decompressivo.

• Se il subacqueo si accorge di un ritardo di massimo un minuto deve risalire comunque alla normale velocità di ri-salita e rispettare il piano decompressivo previsto (in pratica deve ignorare il fatto che è in ritardo di un minuto).

• Se il ritardo supera il minuto e si origina a profondità superiore a 15 metri, il subacqueo deve arrotondarlo al minuto subito successivo e aggiungere il tempo di ritardo a quello di fondo, ricalcolando il programma decom-pressivo. Se così facendo si accorge che ha saltato una tappa decompressiva a profondità maggiore di quella a cui si trova, non deve ridiscendere, ma deve eseguire quella tappa alla profondità alla quale si trova in quel momento e con la miscela che sta respirando.

• Se il ritardo supera il minuto ma si origina a profondità inferiore a 15 metri, il subacqueo deve arrotondarlo al minuto subito successivo e aggiungere il tempo di ritardo a quello indicato dal piano decompressivo, inoltre deve allungare la prima tappa decompressiva di un valore pari al ritardo.

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Immersioni con miscele di elio e deep stopCosa ci possono dire le tabelle U.S. Navy in merito alle immersioni con miscele a base di elio? Purtroppo nulla e ci dispiace molto. Infatti il “Volume 3” del manuale è dedicato alle miscele sintetiche, con numerose procedure di prepara-zione, sicurezza, gestione ecc. Inoltre è corredato di un set completo di tabelle che potrebbe essere molto utile.L’unico problema è che la U.S. Navy, come le Marine di tutto il mondo e come fanno gli O.T.S. altofondalisti, non utilizza trimix ma heliox. È un fatto di tradizione e di studi effettuati.Reputando negativi gli effetti della respirazione di azoto in profondità, già nel 1937 la U.S. Navy, con le ricerche di Charles Bowers Momsen, lo sostituì con l’elio nelle miscele respiratorie dei palombari. La scelta dell’elio al posto dell’azoto diede subito vantaggi significativi. Mentre prima di allora i tentativi di recupero dell’equipaggio dei sommergibili bloccati sul fondo avevano avuto esiti catastrofici, il 23 maggio del 1939 la U.S. Navy riuscì nell’entusiasmante recupero prima dell’equipaggio e poi dell’intero sommergibile “Squalus”, a 74 metri di profon-dità. Furono svolte oltre 600 immersioni, più della metà delle quali (quelle sul fondo) utilizzando heliox come miscela re-spiratoria. Sull’onda di questo successo la subacquea militare si avviò quindi a grandi passi sulla strada dell’utilizzo di miscele elio-ossigeno per tutte le immersioni profonde. Dalle esperienze militari ebbe seguito l’utilizzo di elio nelle attività subacquee professionali, quando una società americana che produceva gas dichiarò che queste miscele of-frivano una minore probabilità di contrarre l’embolia. Tanto che nel 1943 Jack Haldane, figlio del più famoso John Burdon Scott, sperimentò personalmente le miscele he-liox, procurandosi una bolla di elio nel midollo spinale che lo rese giustamente scettico nei confronti - testuali parole - «dell’arte di vendere degli americani». Sia come sia, le miscele elio-ossigeno furono comunque applicate, studiate e provate a secco e sul campo, mentre nessun operatore in ambito militare o lavorativo sentì l’esigenza di utilizzare il trimix.Per questo motivo le tabelle U. S. Navy si riferiscono solo a immersioni svolte utilizzando come gas di fondo una miscela heliox (elio e ossigeno) con percentuali di elio fra il 60% e il 90% (a seconda della profondità). Come prima miscela de-compressiva si usa heliox al 50% di ossigeno (in maniera simile all’utilizzo di nitrox al 50% di ossigeno nella subacquea tecnica) e come seconda decompressiva l’ossigeno puro.Anche per quanta riguarda i deep stop (che, a supporto/contrasto delle discusse rilevanze sperimentali, trovano ampia spiegazione teorica nei modelli a gas libero quali V.P.M. e R.G.B.M.), il manuale della U.S. Navy non ci è di aiuto. Infatti questo è un argomento completamente ignorato anche nella Rev. 6 che abbiamo esaminato in questo dossier.Magari troveremo qualcosa in merito nella prossima edizione del “U.S. Navy Diving Manual”; come dice nella prefazione dell’ultima edizione il Capitano J. G. Gray, attuale “Supervisor of Diving”, la U.S. Navy sta già lavorando da due anni a una radicale revisione del suo manuale … aspettiamo quindi la settima edizione!

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