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BALLONI ET AL., MECCANIZZAZIONE PER VIGNETI AD ALBERELLO, PAG. 1 WWW.INFOWINE.COM – RIVISTA INTERNET DI VITICOLTURA ED ENOLOGIA, 2009, N. 11/2 SVILUPPO DI MECCANIZZAZIONE INNOVATIVA PER LA COLTIVAZIONE DEI VIGNETI AD ALBERELLO Silvio BALLONI, Roberta BONSIGNORE, Luciano CARUSO, Andrea CONTI, Giampaolo SCHILLACI Università di Catania. Dipartimento di Ingegneria Agraria, Sezione Meccanica Via Santa Sofia, 98 – 95123 Catania, Fax 095 7147600, [email protected] Lavoro presentato a Enoforum, 21-23 aprile 2009, Piacenza, Italia RIASSUNTO Considerando la storia illustre e, soprattutto, le potenzialità dell’allevamento della vite ad alberello in termini di qualità del prodotto e sostenibilità della coltivazione, è stata condotta una prima indagine nei vigneti della Sicilia sud orientale, per valutare la possibile meccanizzazione delle operazioni colturali, identificando ove possibile il fabbisogno in termini di innovazioni tecnologiche. Nei nuovi impianti con interfila pari a 2 m è possibile impiegare comuni trattrici per vigneti; mentre, macchine innovative in corso di messa a punto, quali spandiconcime e spandicompost autocaricanti, piccole irroratrici semoventi, carrelli a trazione elettrica e, infine, un innovativo telaio scavallatore multifunzione appaiono in grado di rimuovere con successo da una parte la necessità di ricorrere a macchine scavallatrici semoventi, sempre costose e comunque da mettere a punto, e dall’altra i condizionamenti connessi ad una meccanizzazione inefficace sino ad un recente passato. Parole chiave: sostenibilità, telaio portattrezzi multifunzione, irroratrice semovente, spandicompost-spandiletame INTRODUZIONE Si stima che la forma di allevamento ad alberello occupi circa il 12% della superficie vitata siciliana; nel territorio viticolo dell’Etna essa aumenta di 5 volte, raggiungendo valori medi pari al 65% ripetto alle altre forme. Tuttavia, indagini piuttosto recenti sembrano relegare gli appezzamenti ad alberello fra quelli di significato più storico che produttivo, visto che, invece, risulta una predominanza quasi assoluta di spalliere nella viticoltura più recente ed evoluta di quell’area. Ciò, peraltro, conferma una tendenza generale che ha trovato le sue origini nella facilità di meccanizzazione delle controspalliere e nella pari difficoltà di operare con mezzi meccanici sull’alberello classico. Oltre ad un impianto ad altissima densità con allevamento ad “alberello appoggiato” (bidimensionale, con interfila stretta, paleria e filo di sostegno) ubicato sull’Etna nord, le indagini svolte, allargate al territorio del sud est siciliano, hanno mostrato una certa diffusione di impianti ad alberello classico (con paletto tutore e interfila di 2 m), grossolanamente divisibili in due gruppi in funzione dell’altezza media della vegetazione: 1 m – 1,4 m. Mentre nel caso dell’alberello appoggiato occorrono macchine semoventi appositamente progettate e costruite, in questi vigneti è possibile utilizzare in prima approssimazione comuni macchine operatrici trasportate ed azionate da motrici convenzionali. Nel presente lavoro si riferisce sulle prime esperienze condotte in campo con macchine progettate, sviluppate o ancora in corso messa a punto, con riferimento ai vigneti del’Etna e a vigneti allevati ad alberello classico allevato con interfila larga, sempre più presenti, per il momento, nel sud est della Sicilia. Il lavoro si inserisce in un progetto di ricerca sulla viticoltura sostenibile ed ha come obiettivo quello di mettere in evidenza problematiche generali e situazioni specifiche legate alla meccanizzazione delle operazioni colturali, individuare le soluzioni migliori per ottimizzare la meccanizzazione ed arrivare ad un processo agricolo quanto più integrato con il territorio di appartenenza. In questo quadro, è stata riservata particolare attenzione alla messa a punto di macchine per la coltivazione dell’alberello classico. Figura 1 - Vigneto ad alberello ad altissimo valore storico e paesaggistico Figura 2 - Vigneto ad alberello classico nella Sicilia orientale

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SVILUPPO DI MECCANIZZAZIONE INNOVATIVA PER LA COLTIVAZIONE DEI VIGNETI AD ALBERELLO Silvio BALLONI, Roberta BONSIGNORE, Luciano CARUSO, Andrea CONTI, Giampaolo SCHILLACI Università di Catania. Dipartimento di Ingegneria Agraria, Sezione Meccanica Via Santa Sofia, 98 – 95123 Catania, Fax 095 7147600, [email protected]

Lavoro presentato a Enoforum, 21-23 aprile 2009, Piacenza, Italia

RIASSUNTO Considerando la storia illustre e, soprattutto, le potenzialità dell’allevamento della vite ad alberello in termini di qualità del prodotto e sostenibilità della coltivazione, è stata condotta una prima indagine nei vigneti della Sicilia sud orientale, per valutare la possibile meccanizzazione delle operazioni colturali, identificando ove possibile il fabbisogno in termini di innovazioni tecnologiche. Nei nuovi impianti con interfila pari a 2 m è possibile impiegare comuni trattrici per vigneti; mentre, macchine innovative in corso di messa a punto, quali spandiconcime e spandicompost autocaricanti, piccole irroratrici semoventi, carrelli a trazione elettrica e, infine, un innovativo telaio scavallatore multifunzione appaiono in grado di rimuovere con successo da una parte la necessità di ricorrere a macchine scavallatrici semoventi, sempre costose e comunque da mettere a punto, e dall’altra i condizionamenti connessi ad una meccanizzazione inefficace sino ad un recente passato. Parole chiave: sostenibilità, telaio portattrezzi multifunzione, irroratrice semovente, spandicompost-spandiletame INTRODUZIONE Si stima che la forma di allevamento ad alberello occupi circa il 12% della superficie vitata siciliana; nel territorio viticolo dell’Etna essa aumenta di 5 volte, raggiungendo valori medi pari al 65% ripetto alle altre forme. Tuttavia, indagini piuttosto recenti sembrano relegare gli appezzamenti ad alberello fra quelli di significato più storico che produttivo, visto che, invece, risulta una predominanza quasi assoluta di spalliere nella viticoltura più recente ed evoluta di quell’area. Ciò, peraltro, conferma una tendenza generale che ha trovato le sue origini nella facilità di meccanizzazione delle controspalliere e nella pari difficoltà di operare con mezzi meccanici sull’alberello classico. Oltre ad un impianto ad altissima densità con allevamento ad “alberello appoggiato” (bidimensionale, con interfila stretta, paleria e filo di sostegno) ubicato sull’Etna nord, le indagini svolte, allargate al territorio del sud est siciliano, hanno mostrato una certa diffusione di impianti ad alberello classico (con paletto tutore e interfila di 2 m), grossolanamente divisibili in due gruppi in funzione dell’altezza media della vegetazione: 1 m – 1,4 m. Mentre nel caso dell’alberello appoggiato occorrono macchine semoventi appositamente progettate e costruite, in questi vigneti è possibile utilizzare in prima approssimazione comuni macchine operatrici trasportate ed azionate da motrici convenzionali. Nel presente lavoro si riferisce sulle prime esperienze condotte in campo con macchine progettate, sviluppate o ancora in corso messa a punto, con riferimento ai vigneti del’Etna e a vigneti allevati ad alberello classico allevato con interfila larga, sempre più presenti, per il momento, nel sud est della Sicilia. Il lavoro si inserisce in un progetto di ricerca sulla viticoltura sostenibile ed ha come obiettivo quello di mettere in evidenza problematiche generali e situazioni specifiche legate alla meccanizzazione delle operazioni colturali, individuare le soluzioni migliori per ottimizzare la meccanizzazione ed arrivare ad un processo agricolo quanto più integrato con il territorio di appartenenza. In questo quadro, è stata riservata particolare attenzione alla messa a punto di macchine per la coltivazione dell’alberello classico.

Figura 1 - Vigneto ad alberello ad altissimo valore storico e paesaggistico

Figura 2 - Vigneto ad alberello classico nella Sicilia orientale

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MATERIALI E METODI Aspetti metodologici. Le sperimentazioni prendono le mosse da una indagine condotta su un campione di aziende site principalmente sull’Etna, ma anche nell’area sud orientale della Sicilia. Durante il corso delle indagini è stato visionato il parco macchine di ciascuna azienda e grazie ai colloqui con gli agricoltori è stata favorita la comprensione di esigenze in termini di meccanizzazione, con particolare riguardo alla distribuzione di fertilizzanti organici al terreno e ai trattamenti alle chiome negli appezzamenti più disagiati. Ne sono conseguiti interventi di adeguamento su macchine che erano già in corso di sviluppo con progetti per l’innovazione promossi dall’ENAMA (Ente Nazionale per la Meccanizazione Agricola). Con specifico riferimento alla coltivazione ad alberello, si è ritenuto di dare corso allo sviluppo di un telaio scavallante multifunzione che può essere trainato da una trattrice convenzionale, purché gli impianti siano con interfila adeguata. Le macchine, tutte realizzate presso diversi costruttori oppure in officine locali, sono state sottoposte a prove di campo e sviluppate in grado diverso a seconda alle risorse disponibili e reperite per ciascuna.

Figura 2 - Macchina semovente in vigneto ad alberello ad altissima densità d’impianto

Al fine di valutare le prestazioni dei prototipi è stata efettuata l’analisi dei tempi di lavoro secondo la classificazione CIOSTA e le raccomandazioni AIGR (oggi AIIA). Sono stati successivamente calcolati la capacità di lavoro delle macchine e il tempo unitario. La cimatura meccanica dell’alberello è stata confrontata con l’”ammazzonatura” (pratica eseguita tradizionalmente dai viticoltori per sopprimere la dominanza apicale dei germogli), non solo sul piano dell’impiego di manodopera, ma anche in relazione all’effetto sulla qualità delle uve. La prova è stata condotta su due vigneti allevati ad alberello impiantati a Syrah e a Nero d’Avola, in cui sono state messe a confronto due tesi: filari cimati e filari sottoposti a “ammazzonatura”. La produttività del cantiere lavoro manuale è stata misurata durante un arco di 6 ore per considerare gli effetti dell’affaticamento fisico. Il risultato qualitativo del lavoro è stato determinato osservando i germogli potati e con analisi qualitative sulle uve di 30 piante per ciascuna tesi. I parametri considerati sono stati: peso medio grappoli/ceppo, peso medio acino, grado zuccherino, pH, acidità totale, contenuto in polifenoli. Le macchine In relazione ai risultati delle indagini sono state prese in considerazione lo spandimento di fertilizzanti organici sul terreno, l’irrorazione con una piccola irroratrice, varie operazioni colturali da condurre mediante un telaio scavallante multifunzione. Lo spandicompost autocaricante compatto con distributore a velocità variabile è una macchina il cui pre-prototipo ha superato per i suoi caratteri innovativi una selezione effettuata dall’ENAMA (Ente Nazionale Meccanizzazione Agricola) e che in seguito a tanto ha ottenuto un finanziamento per la messa a punto. Presenta il vantaggio di essere autocaricante ed è precisa nella distribuzione, semplice nel funzionamento e come tale esente da blocchi durante il lavoro, nonché compatta per gli ingombri contenuti. Portata posteriormente da una trattrice di media potenza, essa si compone di una pala caricatrice chiusa da tre lati (1120 mm di larghezza e 1000 mm di lunghezza, per una capacità di circa 1 m³), formando un vano di contenimento del compost, vano la cui parete verticale prossimale alla trattrice è costituita da una piastra resa mobile da un circuito idraulico (corsa massima di circa 800 mm); tale piastra, con movimento in senso opposto a quello di avanzamento, funge da pannello di evacuazione del materiale caricato in precedenza. Questo viene lanciato sul terreno grazie a due rotori ad asse verticale muniti di palette, azionati per via idraulica e con un movimento di rotazione a velocità

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variabile. La regolazione dell’efflusso avviene principalmente agendo sulla velocità di spostamento della piastra.

Figura 4 - Macchina spandiletame – spandicompost autocaricante in grado di muoversi agevolmente in spazi ristretti, con una versione in grado di localizzare il fertilizzante sulla fila

L’irroratrice semovente è un veicolo mobile cingolato di dimensioni ridotte dotato di apparato per la distribuzione degli agrofarmaci. Anch’esso è derivato, seppure indirettamente, da una macchina a propulsione elettrica ritenuta innovativa (e che come tale ha superato una selezione ENAMA e ottenuto un finanziamento per la messa a punto). Nella versione attuale la macchina è equipaggiata con un motore termico a bassa emissione, con potenza di 2,6 kW erogata a 3000 giri min-1; la guida è meccanica, con due leve che agiscono sulle frizioni di sterzo ed è dotata di accensione elettrica. Per poter transitare nelle ridotte corsie e negli appezzamenti di montagna più disagiati, la carreggiata misura 0,63 m, il passo è di 0,70 m, la larghezza è di 0,18 m, lo sviluppo esterno è di 2,24 m, la lunghezza dell’impronta è di 0,68 m, l’ingombro longitudinale è di 0,94 m. La macchina attualmente è provvista di un serbatoio con capacità di 120 litri, pompa a membrana a media pressione, due barre verticali posteriori munite ciascuna di 4 ugelli intervallati a 0,5 metri.

Figura 5 – Irroratrice semovente per la distribuzione di agrofarmaci in appezzamenti poco ampi e con interfilari

stretti.

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Il telaio scavallante multifunzione è ideato specificamente per operare sulle viti ad alberello e viene sviluppato in collaborazione fra il Dipartimento di Ingegneria Agraria Sez. Meccanica dell’Università degli Studi di Catania, l’agricoltore che lo ha concepito e l’artigiano che l’ha costruito. Su di esso possono essere montati le barre falcianti per la cimatura, vari attrezzi per la lavorazione del terreno, barre orizzontali per la distribuzione di diserbanti e verticali per l’irrorazione della chioma. Si tratta di un portale in acciaio, che in pianta si presenta rettangolare (1,60 m x 0,95 m), con carreggiata di 2,20 m, luce libera da terra 1,4 m e castelletto di rinforzo ubicato alla quota di m 1,80, dotato di movimento idraulico del timone, necessario per adeguare il complesso motrice – operatrice al filare e per correggere le traiettorie in caso di necessità, specie su terreni inclinati e cedevoli.

Figura 6 - Telaio portattrezzi multifunzione per la meccanizzazione delle operazioni colturali del vigneto allevato ad alberello

RISULTATI E COMMENTI Irroratrice semovente. Si tratta di un prototipo approntato molto da recente che provato in un vigneto caratterizzato da alta densità d’impianto e spazi ristretti ha operato ad una velocità media di 0,74 m/s, con capacità di lavoro prossima a 0,32 ha/h e tempo unitario di 3,13 h/ha. Nella configurazione attuale la sua utilità è limitata in aziende di piccola dimensione e/o nei vigneti impiantati in forte pendenza (per la stabilità propria dei veicoli cingolati), ed infine laddove vi siano condizioni di spazi ristretti, per l’elevata manovrabilità. Spandicompost – Spandiletame. I rilevamenti sulla distribuzione di letame sono stati effettuati in un vigneto con interfila larga 2 m e di forma regolare (30 filari lunghi ciascuno 75 m). La velocità media di avanzamento è stata di circa 1,2 m/s; organizzando con molta attenzione il cantiere (ovvero dislocando i cumuli del materiale da spandere in modo da ridurre al minimo i tragitti connessi al riempimento) il tempo unitario (che comprende i tempi di svolta, quelli connessi al riempimento del serbatoio e quelli devoluti alle regolazioni e alle cure), è risultato pari a 2,32 h/ha. La velocità operativa (che rappresenta la velocità media costante del cantiere, utile per calcoli previsionali) è risultata pertanto pari a 0,6 m/s. Telaio portattrezzi multifunzione. Il telaio è stato equipaggiato con due barre falcianti verticali (h 110 cm) dotate di controdenti fissi e denti mossi da un sistema biella-manovella: le barre, leggermente convergenti nelle due estremità superiori, sono state montate ad una distanza di 0,80 m l’una dall’altra e nella versione attuale vengono fissate manualmente alla distanza voluta prima di cominciare il lavoro.

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Nelle prove di cimatura il telaio ha impiegato 1,10 h/ha avanzando alla velocità media di di 4,4 km/h, selezionata in modo da evitare il ripiegamento della vegetazione all’indietro. I risultati ottenuti hanno garantito la tempestività dell’intervento e una buona qualità del taglio, evidenziata dall’assenza di indesiderate sfibrature. Sul piano della qualità del prodotto, anche se non è stato possibile condurre una analisi statistica, sembra poter affermare che nel confronto tra cimatura e ammazzonatura la valutazione qualitativa eseguita sulle uve a maturità non ha evidenziato differenze di rilievo tra le tesi osservate (tab. 1).

Tabella 1 – Prova di cimatura con Telaio - produzioni e caratteristiche dell’uva alla vendemmia.

Vigneto A - Syrah vendemmia 26/08/2008

Vigneto B- Nero d’Avola vendemmia 10/09/2008

Parametri Tesi 1 cimato

Tesi 2 ammazzonato

Tesi 1 cimato

Tesi 2 ammazzonato

Produzione (kg/ceppo) 1,66 1,43 1,96 2,23

Peso medio grappolo (g) 187 172 244 248

Peso medio dell’acino 1,7 1,6 2,20 2,20 Zuccheri (° Brix) 24,6 24,7 25,2 25,8 Acidità titolabile (g/l) 4,5 4,5 4,6 4,9 pH 3,9 3,9 3,8 3,8 Antociani totali (mg/kg) 1042,33 957,11 523,67 631,96

Flavonoli totali (mg/kg) 2902,81 2867,65 1914,68 2019,27

In tal modo si ritiene sia possibile sostituire l’ammazzonatura, che richiede ingenti quantità di manodopera (50 h/ha). Per i trattamenti antibotritici, limitati alla fascia produttiva, sul telaio è stato montato un apparato di erogazione costituito da un serbatoio di 300 L, una pompa a media pressione, due barre dotate ciascuna di 2 ugelli; queste sono dotate di un dispositivo che “segue” il tronco della pianta con il fine di limitare al minimo la dispersione fuori bersaglio tipica delle barre fisse. Durante l’irrorazione antibotritica (a chiusura grappolo), ed anche in occasione di una precedente esperienza di diserbo sottofila (in periodo primaverile), il telaio attrezzato con le barre irroratrici, ha operato ad una velocità media di avanzamento di 4,6 km/h, impiegando 1,09 h/ha. Altri attrezzi che vengono applicati, per ora precariamente, sono costituiti da scalzatori e rincalzatori e da erpici per il controllo meccanico delle infestanti. CONCLUSIONI E PROSPETTIVE Delle tre macchine in prova, lo spandicompost – spandiletame ha raggiunto una configurazione che può essere ritenuta definitiva. La portata pari a 1 m3 di materiale può sembrare ridotta rispetto ai voluminosi carri da 2 m3, tuttavia l’autocaricamento rende autonomo il cantiere e la semplicità di funzionamento rende assai improbabili i blocchi frequenti nelle macchine convenzionali a fondo mobile. Vantaggi connessi, ma non secondari, riguardano la riduzione degli spazi di manovra e dei tempi di carico, la fine regolazione della quantità di prodotto erogato. Per questi vantaggi la macchina è già stata richiesta ed apprezzata da agromeccanici, che la preferiscono alle più capaci macchine convenzionali. Per assolvere una domanda esplicita dell’utenza è in corso di sviluppo un localizzatore laterale (sulla fila) che ha già fornito buoni risultati.

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In merito all’irroratrice semovente, la versione attuale, trattandosi di un pre-prototipo, presenta alcuni punti critici da superare mediante adeguata riprogettazione e tra questi il posto di guida, ancora molto spartano; inoltre, l’adozione di un serbatoio di maggiore capacità può ridurre sensibilmente i tempi di lavoro. Ciò renderebbe sicuro l’impiego in condizioni di pendenza critica e operando su dislivelli elevati fra una terrazza e l’altra; una notazione positiva è l’aver messo il posto di guida in posizione anteriore rispetto alle barre erogatrici, contrariamente a quanto avviene nella maggior parte dei piccoli semoventi disponibili sul mercato. Nel prosieguo, si valuterà l’installazione dell’apparato erogatore su una piattaforma semovente a propulsione elettrica, in corso di sviluppo, al fine di predisporre la macchina anche alla teleguida mediante sistemi utilizzabili oggi a costo accessibile (guida laser, radioguida, ecc.); mentre, una versione della piattaforma potrebbe evolversi in carrello autonomo da impiegare durante la raccolta per il recapito delle cassette sino alle capezzagne. Il telaio scavallatore multifunzione trainato da trattrice convenzionale, tutt’ora in corso di messa a punto, esegue più operazioni e, sebbene le misure e le sezioni debbono ancora essere ottimizzate, sembra garantire una meccanizzazione del vigneto ad alberello classico che sia rispettosa dell’ambiente ed economicamente sostenibile. Notevole il risparmio di manodopera conseguito con la cimatura rispetto al tradizionale intervento di “ammazzonatura”. Nel prosieguo, saranno montate paratie leggere per il contenimento della deriva durante i trattamenti alle chiome. Si ritiene, infine, che l’applicazione di erpici ritraibili da ambo i lati potrebbe rendere più efficace la lavorazione sulla fila, rispetto all’impiego di un solo elemento, come attualmente avviene, anche laddove i tronchi non si presentino allineati e verticali (come si riscontra nei vecchi impianti). In definitiva ed in relazione alla meccanizzazione dell’alberello classico, il modello di vigneto che si è osservato, corrispondente ai vigneti in area di Noto, sembra mostrare diversi vantaggi nella configurazione che riscontra l’altezza di 0,4 m al ceppo, con la chioma in grado di raggiungere l’altezza 1,40 e con 7 foglie sopra il grappolo. Ciò consente di sostituire l’ammazzonatura con la cimatura meccanica senza compromettere l’equilibrio vegeto-produttivo e l’attività fotosintetica; la distanza tra i filari non inferiore a 2 m garantisce il rapporto altezzapiante/larghezzainterfila < 1, evitando l’ombreggiamento dei filari e, circostanza decisiva, consente l’impiego di motrici tradizionali. In definitiva, questa tipologia di impianto favorisce l’impiego di macchine operatrici che coniugano efficienza ed economicità con gli obiettivi agronomici prestabiliti. BIBLIOGRAFIA ALAGNA N., 1947 – Sistemi di impianti e di allevamento della vite in Sicilia. Agricoltura Siciliana, 4-5: 101-105. BALDINI E., INTRIERI C.,1987 – Photon flux rate (PFR) on hedgerow height, row spacing and row orientation. Advances in Hort. Science, 1: 3-7. BALSARI P., SCIENZA A., 2003 – Forme di allevamento della vite e modalità di distribuzione dei fitofarmaci. Edizioni L’Informatore Agrario. BALDINI E., INTRIERI C., 2004 – Viticoltura meccanizzata. Edizioni Edagricole. BALLONI S., BONSIGNORE R., CARUSO L., SCHILLACI G., 2008 – Mechanisation of Mount Etna vineyards – Atti CERVIM, Segundo congreso intern. Viticolt. de montana y en fuerte pendente – Monforte de Lemos (Galicia). BRANCADORO L., 2004 - Aspetti economici, colturali e produttivi della potatura invernale meccanizzata del vigneto. Phytomagazine, 29. CALÒ A., COSTACURTA A., LIUNI C.S., SPADA S., ONDARDU G., 1979 - La fenologia della vita in sardegna. Influenza delle forme di allevamento, vitigni e portinnesti. Rivista di Viticoltura ed Enologia, 32: 35-41. CAMPOSTRINI F., SERINA F., 2003 – Gestione della chioma con cimatura e sfogliatura. L’Informatore Agrario, 21, 2003: 59-63. EYNARD J., DALMASSO G., 2000 – Viticoltura moderna. Hoepli. FREGONI M., 2005 – Viticoltura di qualità. Ed. Phytoline. GASPARINETTI P., BIASI W., TEOT G., MASCHIO T., PERATONER C., BERTAMINI M., 1999 – Materiali di impianto in viticoltura: un occhio ai particolari. L’Informatore Agrario, 7,: 33-40. IACONO F., BARBERA L., PORRO D., 1998 – Prime esperienze di potatura minima in clima caldo-arido sulla varietà Chardonnay: sviluppo della chioma, attività di fotosintesi e risultati quanti-qualitativi. Italus Hortus vol 5, 3: 3-10. IACONO F., 2000 – Le forme di allevamento più diffuse in Italia: panoramica tecnica sulle principali ed attuali tendenze. Vignevini, 4,: 48-50. INTRIERI C., COLUCCI E., DI DOMIZIO N. (1994) – Moderni sistemi di allevamento per la produzione di uve di qualità. L’Informatore agrario, 47,: 37-43.

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