Suono serblin homage

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339 dicembre 2001 363 dicembre 2003 435 dicembre 2009 442 luglio 2010 456 settembre 2011 anno XLIII aprile 2013 speciale Suono Stereo Hi-Fi la più autorevole rivista audio Poste Italiane Spa sped. abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1, Comma 1, Roma, aut. N. 140 del 2007 • mensile artigiano FRANCO SERBLIN

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Un omaggio a Franco Serblin, artigiano del suono

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Page 1: Suono serblin homage

339dicembre 2001

363dicembre 2003

435dicembre 2009

442luglio 2010

456settembre 2011

anno XLIII aprile 2013

speciale

Suono Stereo Hi-Fi la più autorevole rivista audio Poste Italiane Spa sped. abb. post. D.L. 353/2003

(conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1, Comma 1, Roma, aut. N. 140 del 2007 • mensile

artigianoFranco Serblin

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l’ultimo sognatore...

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Chi era Franco Serblin?

Non ho l’arroganza né

l’impudicizia di sostenere

che lo conoscevo bene, sebbene

più di trent’anni di frequentazio-

ni incostanti, comunque di tipo

amicale, aiutino certamente a

capire chi si ha di fronte. Cosa che

per me in qualche modo passava

anche dalle comuni origini: era

istriano come mia madre, pas-

sato da Trieste come accadde a

molte della generazione prece-

dente alla nostra…

Una micro affinità elettiva che,

per esempio, mi portò a ricontat-

tarlo durante il suo periodo di si-

lenzio post Sonus Faber, proprio

nel momento in cui il suo nuovo

progetto prendeva vita. Della

coincidenza fummo entrambi

sorpresi: lui assai rispettoso di

non disturbare gli altri, io con

lui da sempre meno aggressivo,

per quel che la professione con-

sente. L’incontro che ne seguì fu

affascinante (ma questo era nella

norma!) e anche unico, perché

a mia conoscenza rappresenta,

insieme al successivo, entrambi

riportati su SUONO e qui ripropo-

sti, le uniche interviste rilasciate

da Franco Serblin da allora.

Forse anche per queste ragioni

posso dire che di fronte a Fran-

co ci si trovava, prima di tutto, a

proprio agio. Serblin infatti era

innanzi tutto un vero signore;

nei modi, certo, ma anche nella

sostanza: quando dissentiva o si

trovava a non condividere il tuo

operato, dato che come del buon

suono Franco era amante anche

della buona scrittura, lui lo face-

va con garbo sottolineando con

puntigliosità quel che a suo dire

non lo convinceva, ma con un

atteggiamento non di facciata:

quel che c’era da dire si diceva.

Serblin era anche un sognatore

pronto a ogni sacrificio (aveva ri-

nunciato ad una lucrosa attività

di odontotecnico per creare la

Sonus Faber) e inseguire i suoi

sogni rendendoli degli obiettivi

concreti, riuscendo a perseguirli

prima tra lo sconcerto generale

(vedi gli Snail) poi tra qualche

perplessità… Eppure così facen-

do ha determinato la via italiana

ai mini diffusori e quando infine

è arrivato il tripudio generale,

con gli Homage e i diffusori da

pavimento (anche se il primo

amore non si scorda mai e per

Serblin fu ed è rimasto il due

vie da piedistallo), questi sogni,

quelle idee, quel garbo riversato

nelle linee filanti dei suoi pro-

dotti è diventato un riferimento

nel mondo, un equilibrio aurico

e unico alla materia.

Serblin, infine, è stato proba-

bilmente l’ultimo artigiano di

successo in un mondo dove la

globalizzazione ha spazzato via

remore, regole, etica, dimostran-

do che la dicotomia tra cose ben

fatte e la possibilità di tener botta

al mercato era possibile.

Su quel modo di vedere Franco

Serblin era inflessibile, non am-

metteva deroghe e lo ha fatto

fino alla fine.

Qui sono raccolti quelli che ci

sono sembrati gli articoli più

significativi pubblicati da SUO-

NO e ora a disposizione di tutti,

perché lo spirito di Serblin è di

tutti ed è un piacere contribuire

in piccola parte a raccontare chi

era Franco…

Paolo Corciulo

l’ultimo sognatore...

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di Paolo Corciulo e Fabio Masia

“V oglio riprendermi quello che è rimastodell’hi-fi...”. Ci accoglie così FrancoSerblin, gentile e pacato come sempre

ma fiero e determinato come non mai. Ed è pro-babilmente questa determinazione, intuita nel-l’ultimo incontro al Top Audio, che mi ha spintofin qua su nel vicentino per un incontro di qual-che ora (a fronte di oltre 10 di viaggio): una fati-caccia ma quale miglior tonico della possibilità,offertaci dalla azienda italiana, non solo di provarein esclusiva mondiale i nuovi Cremona ma anchedi conoscerne tuta la genesi?Un’anteprima italiana fatta da una rivista italiana...Non so se Serblin sia orgoglioso di essere italia-no (non sono emersi accenni nazionalistici durantela nostra lunga e piacevole conversazione); di cer-to è orgoglioso di quello che dal nulla ha creatoquando, strappato ad un sicuro futuro da dentista(professione familiare svolta con successo), decisedi dedicarsi all’arte della riproduzione musicale.Mentre il treno sferraglia sui binari che ci porta-no a Vicenza, ripercorro all’indietro nel tempo ilcammino di quella che oggi è una ben conosciu-ta azienda produttrice di diffusori, fino al giornozero: è un giorno di tanti anni fa (1980) quandocomplice un raffreddore micidiale decisi di re-starmene al calduccio nella mia casa di Milano in-vece che sobbarcarmi una trasferta sempre one-rosa, sempre a Vicenza. Così saltai, con più di unpizzico di sufficienza, la presentazione delleSnail, primo progetto un po’visionario del nostroSerblin.Eppure lo Snail racchiudeva in sé, in nuce, i prin-cipi ispiratori della Sonus faber: la scelta di so-luzioni tecniche d’avanguardia anche se non ri-voluzionarie (“Non sono un tecnico” si scherni-sce Serblin anche se nel corso del nostro colloquioscoprirò che così a digiuno di conoscenze scien-tifiche non è); il principio ispiratore per cui il dif-fusore tende a scomparire, anzi per meglio dire ad“armonizzare” con l’ambiente circostante; il pia-cere non solo uditivo ma tattile, olfattivo nel pla-smare un prodotto secondo linee armoniche at-traverso la magia delle essenze di legno, ad ope-ra di un novello liutaio nell’era della meccaniz-zazione. 300 ore di lavoro per realizzare un mo-bile di puro massello e soprattutto l’intuizione cheil diffusore doveva essere piccolo e prezioso:questo era lo Snail, una dimostrazione di vogliadi tirare fuori il diffusore dal parallelepipedo in cui

Anteprima mondiale Sonus faber Cremona

Da diversi anni ormai Sonus faber rappresenta in Italia e all’estero la punta di diamante dell’hi-fi italiana.Con il nuovo diffusore Cremona l’azienda pone l’ulteriore pietra miliare del suo fortunato cammino ma l’evento, di cui noi di SUONO siamo i primi nel mondo a parlare, corrisponde anche a una svolta per l’azienda vicentina. Siamo andati a vedere come e perché...

Il segreto... è non avere segreti!

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Il segreto... è non avere segreti!

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L a risposta totale del diffusore è molto linearee denota un andamento molto controllato.

Il decadimento naturale alle alte frequenze al va-riare dell’angolo di emissione dipende dalle do-ti di dispersione del tweeter. Eccellente la ri-sposta fuori asse nella zona di incrocio degli al-toparlanti: lineare e ad alto contenuto energeti-co. La dispersione perciò, sul piano orizzontalerispetto al punto d’ascolto ideale risulta moltoestesa, e sul piano verticale rientra nella linea-rità spostandoci verso il basso e mostra un clas-

sico buco nella zona d’incrocio se ci spostiamoverso l’alto. Il diffusore comunque è stato otti-mizzato per un ascolto ad una altezza media dicirca 85 cm dal suolo ed in questa posizione si ot-tiene il miglior allineamento temporale di tuttoil sistema con il punto d’ascolto posizionato a cir-ca 2,5 m da diffusore. Il comportamento neltempo per quanto è deciso ed omogeneo non fapensare ad un diffusore a tre vie e quattro alto-parlanti. Le curve di trasferimento del filtro mo-strano un andamento molto dolce senza riso-nanze ed incertezze su tutte le vie. A volte bassoma non preoccupante il valore dell’impedenza to-tale del sistema.

Le misure

In alto,a sinistra:sono state già gettate le fondamenta della nuova sede della Sonusfaber,che verrà completata probabilmenteentro il 2002.

Qui accanto: il nuovo edificio conserveràl’originale forma a liuto, caratteristica delle

ultime realizzazioni della casa; attualmentela Sonus Faber è distribuita su una sedecentrale + un capannone antistante.

Qui sopra, Snail; Mark Levinson lo volevaavere a casa sua, è stato l’inizio di tutto:da un suo braccio nasce lo stand dei Parva.

Sistema: da pavimento a tre vie in bass reflexMobile: originale forma a liuto per il controllo

delle risonanze e delle onde stazionarieTweeter: membrana ad anello da 25 mmMidrange: 1 x 13 cm in carta trattata

per il controllo del break-up e Symmetric Drive Motor System

Woofer: 2 x 16 cm in carta trattata per il controllo del break-up

e Symmetric Drive Motor SystemCrossover: filtro acustico non-risonante del primo ordine ottimizzato per la risposta in fase

Sensibilità: 90 dB spl (2,83 V/1 m)Impedenza nominale: 4 ohmPotenza consigliata: 50 W ÷ 300 WRisposta in frequenza: 32 Hz ÷ 40 kHzFinitura: 32 pezzi di massello di acero

laccati con vernice ecologica semilucidaDimensioni: 22,5 x 109 x 46 cm (lxaxp)Peso: 34 kg

Costruttore e Distributore: Sonus faberVia Meucci 10 - 36057 Arcugnano (VI)Tel. 0444.28.87.88 - Fax [email protected] - www.sonusfaber.comPrezzo: Lit. 12.780.000

Risposta in frequenza del diffusore. Modulo e fase dell’impedenza.

Funzione di trasferimento del filtro. Cumulative Spectral Decay.

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era costretto; da un braccio dello Snail nacque poilo stand delle Parva. Tutto questo c’era negliSnail, solo dieci esemplari prodotti, poche velleitàcommerciali... Poi un silenzio di quasi tre anni neiquali a Serblin deve essere costato, e non solo mo-ralmente, aver scelto di curare l’orecchio delle per-sone invece della loro bocca! Poi le Parva (1983),le Minima (1984), le Electa Amator (1987) e viavia sempre più in su verso il successo ma ancheverso diffusori di maggiori dimensioni rispetto aimini (dove non è sbagliato affermare che Sonusfaber ha fatto scuola), mantenendo inalterato

quell’aspetto di “artigiani del suono” sottolinea-to dal nome stesso dell’azienda.Sono dei giorni nostri, perlomeno di chi si inte-ressa di hi-fi da qualche tempo, gli “omaggi”: alfamoso liutaio Giuseppe Guarneri (detto del Ge-sù) nel 1993 e alla famiglia Amati (1998), altra ce-lebre stirpe di liutai con i modelli omonimi. Nonfiniscono qui le affinità sottolineate dal Serblin-pensiero: la storia di entrambi, Guarneri e Ama-ti (i liutai), si intreccia con la città di Cremona: delprimo è conservato un raro esemplare nella saladei Violini del municipio di Cremona, città in cuientrambi vivevano, Guarneri al servizio degliAmati! Ancora: coincidenze o affinità ce le regalaproprio il desiderio costante nella produzionedella Sonus faber di realizzare il diffusore-non dif-fusore, di allontanare la costrizione delle dimen-sioni in cui è contenuto questo elemento a favo-re del piacere libero, leggiadro, magico, intangi-bile e pur percepibile, che è costituito dall’ascol-

di Fabio Masia

D avanti ai nuovi diffusoriCremona possiamo imme-diatamente saggiare l’e-

nergia e la passione che sono stateimpiegate nel raggiungere il risul-tato finale, che sintetizza abilmen-te tutta la sensibilità che la casa vi-centina ha maturato nel corso deglianni nella progettazione e messa apunto dei sistemi di altoparlanti. Ilprogetto dei Cremona non può es-sere ridotto ad un’impersonale de-scrizione del mobile o degli alto-parlanti o della rete del filtro o dichissà di quale altro arcano celatofra le tre pareti del diffusore: eh sì,tre e non quattro pareti laterali delmobile, visto? Un segreto dei Cre-mona era già sotto i nostri occhi.Quando si dà vita ad un nuovo pro-getto si inizia con un’idea, gli sidà un corpo e man mano si toglietutto il superfluo intorno lasciandovivi solo l’essenza, l’equilibrio, labellezza. Questo in sintesi è ciò chesi percepisce davanti ai Cremona:un lavoro di squadra, maturato inlungo tempo e soprattutto sentito,quando i sensi sono l’unico ele-mento in grado di arricchire unqualcosa che la scienza da sola ri-esce a malapena a descrivere. Ilmobile è costruito in 32 segmenti diacero massello lavorati singolar-mente ed accoppiati in modo daraggiungere l’ormai caratteristicaforma a liuto già usata nelle Guar-neri e nelle Amati. Le linee e le su-

perfici, comunque, appaiono moltopiù graziate e proporzionate rispet-to ai modelli precedenti, mostrandocome questa forma sia stata inte-riorizzata in casa Sonus faber e siaormai alla base del suo ideale dicassa armonica. All’interno sonopresenti numerosi setti di rinforzonecessari a minimizzare sia le vi-brazioni delle superfici del mobilesia l’insorgenza di onde stazionarie,al fine di controllare eventuali in-desiderate colorazioni al messaggiomusicale. In questo caso l’espe-rienza, il buon senso e, perché no, ilcaso aiutano a raggiungere il mi-glior risultato: il mobile dei Cre-mona coniuga efficacemente rigi-dità, solidità e leggerezza, passi ob-bligati da compiere. Il fondo o l’a-pice della cuspide è realizzato in ununico pezzo ed ospita i due condottid’accordo del medio e del woofered i morsetti d’ingresso, anche que-sti appositamente costruiti ed in-gegnerizzati per questo progetto.Il pannello frontale è realizzato in

L’eleganza, la bellezza, la virtù e l’equilibrio1 2

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Quello nella foto è Franco Serblin ma fate attenzione a che cosa tiene in mano:si tratta di un prototipo di un nuovo tweeter

fatto a mano che verrà sperimentato sul prossimo “omaggio” della casa!

Nella pagina accanto:qui si assemblano i migliori prodotti della casa.

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Il segreto... è non avere segreti!

to della musica.E quale miglior soluzione per perseguire questoscopo se non rinunciare ad una parte del paralle-lepipedo-diffusore, eliminandone un lato come nelcaso di Guarnieri e Amati (i diffusori)?“Oltre allo spazio che serve per alloggiare l’al-toparlante, tutto il resto può essere tolto” dichia-ra ad un certo punto della nostra conversazioneFranco Serblin: “escludo una parete e quindi eli-mino una grande quantità di riflessioni...”.Se poi, casualmente o meno, la forma che ne de-riva, molto assomiglia all’antica forma del liuto,così come la immaginava Antonio Stradivari, laquadratura del cerchio è quasi raggiunta. Sembraallora quasi inevitabile il passo successivo (se ef-fettivamente esso rappresenti... la “cerchiatura delquadro” solo il futuro ce lo dirà!): che si chiamiCremona, l’ulteriore omaggio alla città dei liutai,alle magie provenienti da legno, quasi non do-vrebbe neanche stupire il nostro lettore!

I CREMONALa genesi dei Cremona prende avvio come ab-biamo detto con la nascita dei Guarneri; quandoquesti diffusori nacquero l’entusiasmo era prin-cipalmente focalizzato sulla loro forma, risulta-to di un’altra delle intuizioni di Serblin. Convo-gliare l’energia verso un punto di uscita è una co-sa tutto sommato banale e semplice ma allora nonperseguita da nessun altro: convogliare questaenergia in modo da non lasciare che avvengaogni genere di movimento interno al diffusore eral’obiettivo della Sonus faber.La dispersione dell’energia è un tema che ritornaanche “all’esterno” delle Cremona: nel tentativodi ridurre il maggior numero di difrazioni dovu-te sia agli spigoli che alle dimensioni del pannellofrontale, le dolci curve che caratterizzano il mo-bile delle Cremona, la presenza di un pannellofrontale di ridotte dimensioni, sono la risposta chesi fonde con armonia in un design frutto non so-

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MDF ed è rivestito con la caratteri-stica similpelle, che ormai può es-sere considerata come una firmadei prodotti Sonus faber, ottima perlo smorzamento delle risonanze delpannello e per il controllo dei fe-nomeni di diffrazione ai bordi. Èpresente una decisa svasatura nellaparte interna del foro del medio inmodo da evitare qualsiasi fenome-no di compressione d’aria fra lamembrana ed il centratore dell’al-toparlante. Il mobile si tiene sullepunte fornite in dotazione, montatesu spesse e solide staffe metallicheche vanno avvitate al fondo del dif-fusore; le punte, inoltre, gli confe-riscono anche la necessaria angola-zione che colloca in fase i centri diemissione degli altoparlanti. In que-

sto diffusore è stata posta una par-ticolare attenzione alla ricerca del-la miglior emissione in fase deglialtoparlanti in modo da ottenerela miglior coerenza del segnale ri-prodotto. Gli altoparlanti utilizza-ti sono l’altra grande novità con-tenuta in questo progetto: i woofered il medio appartengono alla nuo-vissima produzione in casa ScanSpeak, e sono stati messi a puntodai progettisti della casa costrut-trice in collaborazione alla Sonusfaber quasi in un impegno a quat-tro mani. Il lavoro svolto su questinuovi trasduttori è impressionante:il primo punto si occupa del quasitotale controllo dei fenomeni dibreak up della membrana in mododa utilizzare dolci pendenze di fil-

tro ed utilizzare al meglio l’e-spressione dinamica di questi al-toparlanti. Molto caratteristici so-no i tagli effettuati sulla membra-na e sul parapolvere poi incollaticon materiale ad elevate doti smor-zanti. Un altro elemento facil-mente visibile è la diversa naturadelle sospensioni e del centratore:questi hanno una costante elasticaprogressiva che tende a migliora-re il comportamento ai transienti el’escursione dinamica. La bobinamobile a corsa lunga è totalmentea vista per migliorare la ventila-zione ed eliminare qualsiasi feno-meno di turbolenza e compressio-ne d’aria. Il cestello è solido, leg-gero e funzionale. Il tweeter ap-partiene anch’esso all’ultima ge-

nerazione di trasduttori che adot-tano una membrana vibrante anu-lare ed offrono notevoli presta-zioni in termini di resa dinamica,dispersione ed estensione in fre-quenza. Questo componente ri-esce a lavorare tranquillamente abassa frequenza e tollera, senzascomporsi, tagli con pendenzemolto dolci.

1/2 • Il pannello frontale,snello e leggero,viene saldamenteincollato su tutti i setti di rinforzointerni.È ben visibile la fresaturainterna al foro del medio.

3 • È l’unica volta che potremovedere un diffusore...così messo a nudo?

4 • Il monolitico pezzo posterioreche accetta i condotti di accordoed i morsetti d’ingresso e cheaumenta la rigidità della struttura.

5/6/7 • I nuovi altoparlanti ScanSpeak hanno la membrana incarta ed i particolari tagli sullasuperficie permettono uncontrollo del break-up.Lo spider e la sospensione sono progressivecome si vede dal curioso disegno.Bellissimo il cestello in lega.

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lo di ricerca, non solo di originalità, non solo dipiacevolezza, ma vero e proprio elemento strut-turale per gli obiettivi della casa vicentina. “Ritengo ci sia sempre qualcosa da poter fare, eper l’uso e per l’accoppiamento dei materiali: seio intercalo del feltro ad un accoppiamento didue banali pezzi di MDF è chiaro che sposto la ri-sonanza. Noi possiamo analizzare, capire, se c’èda intervenire spostando taluni picchi magaripreponderanti, rispetto ad altri del cabinet: que-sta è una cosa possibile, è una cosa analizzabile,è una cosa che è doveroso fare. Se su un cabinetche ha un certa risonanza intervengo in modo chequesta si alzi o si abbassi, magari per la naturastessa del materiale,io sposto questa riso-nanza: un bicchierepieno d’acqua nonsuonerà allo stessomodo di uno vuoto? Sitratta di avere quelminimo di cultura perposizionare quella ri-sonanza nel punto mi-gliore possibile”.L’omaggio a Guarne-ri piace: il sindaco de-cide che un esemplare(lo 001) venga custo-dito nella sala dei violini del Municipio, accan-to al Guarneri violino, a diffondere musica deglistrumenti stessi a cui è dedicato. La coppia 002finisce al maestro Accardo, la 003 a Uto Ughi Do-po alcuni anni (5) un secondo omaggio alla fa-miglia degli Amati, siamo nel 1998, poi si arri-va ai giorni nostri, al terzo omaggio, adesso al-la città stessa.

Serblin sembra vera-mente affascinato daCremona dove si reca aparlare con gli attualiliutai (ce ne sono anco-ra 180 in città con unatradizione culturale an-cora viva: Bissolotti -

forse il più famoso - usa ancora le vecchie formedegli Stradivari) e dove ritrova quell’arte di vo-ler bene al legno (nel plasmarlo, nel valutarne co-lori ed essenze), quella ricerca della perfetta “ac-cordatura” che si nota su tutta la produzione So-nus faber. Il Cremona arriva inoltre in un momento parti-colare della vita professionale di Serblin: “Sen-

tivo il bisogno di fare lecose nella maniera an-tica: se il risultato fi-nale ci soddisfa benese no, visto che non ab-biamo bisogno di farlonon lo si fa!”Due anni di gestazio-ne ma anche la possi-bilità di lavorare sen-za vincoli né timori, oc-casione fornita da unmomento di particolarefloridezza dell’azien-da, rafforzata grazie al“pane quotidiano”(Concerto, Concertinoecc.) ed in grado dipensare tanto al raffor-zamento commerciale(la nuova sede, i nuovi

modelli di cui presto vi parleremo) quanto a quel-lo della ricerca vera e propria.Il risultato nasce in un momento in cui il rappor-to tra la Sonus faber e i suoi fornitori è talmenteottimale che ricerca e commercializzazione sifondono in un tutt’uno (vedere il box tecnico diFabio Masia).I nuovi driver montati sui Cremona sono ante-prime assolute anch’essi, hanno velocità e con-trollo totale del break up e sottolineano la possi-bilità e la volontà (nel caso dei Cremona) di an-dare a pescare cose che non esistono ancora sulmercato, alla ricerca del migliore risultato possi-bile (secondo Serblin il nuovo tweeter rappresentaun nuovo standard in fatto di efficienza nella tra-duzione di energia elettrica in energia sonora).

34 dicembre 2001 -

di Paolo Corciulo

L’ ascolto dell’ultima fatica So-nus faber ha due risvolti per-

sonali la cui valenza può però in-teressare il lettore e soprattuttoquel tipo di appassionato che saquali meccanismi si scatenino da-vanti al fuoco sacro della passione.Innanzi tutto ho ascoltato le Cre-mona con tantissimi brani, a trattisequenze di interi CD: sembravaquasi che questi diffusori sfidasserola mia curiosità: Come suonerà al-lora questa canzone? E come suo-nerà quella? Ovviamente da dif-fusori di una certa caratura ci siaspetta che suonino bene, ma dadiffusori di classe ci si aspetta chesuonino con carattere e persino,nei migliori dei casi, che siano ingrado di farci percepire tonalità,passaggi, microfraseggi che pri-ma non avevamo avvertito mai. Sequesta dote è definibile, i Cremo-na ne hanno da vendere e mi han-no rivelato aspetti dei brani che

più amo, davvero sconosciuti fi-nora! In seconda battuta la fre-quentazione con questi diffusori, ildesiderio di comprenderne a fondol’anima (per me stesso e per voiche mi leggete) mi ha convinto adeffettuare una enorme serie di in-terfacciamenti, alla ricerca del-l’abbinamento se non perfetto, mi-gliore: i Cremona hanno il pregio,o la caratteristica di evidenziarein modo netto e preciso i pregi, o lecaratteristiche, di ciò che gli sta amonte. Mai finora avevo incontra-to un componente in grado di es-sere così immediatamente rivela-tore delle particolari caratteristi-che di ciò che vi ruota intorno (lacatena hi-fi a monte ma anchel’ambiente). Così cercando l’animadei Cremona, mi sono prima im-battuto nell’anima di ciò che vicollegavo insieme! Interfacciati

con un’amplificazione vigorosa epronta (AM Audio M-120) i diffu-sori si sono comportati come in-credibili monitor, in grado di ri-proporre musica con immediatez-za e con un impatto sonoro degnodei monitor da studio, ma con l’e-leganza e la raffinatezza di un ot-timo componente home, in quellastraordinaria miscela che, a me-moria, solo B&W ha saputo porta-re così in alto con le sue serie mi-gliori. Cambiando tipologia di am-plificazione (AM Audio A-70) ov-vero approfittando delle doti dellaclasse A, si magnificano le dotidei Cremona in termini di scena so-nora. Con il lettore SACD MarantzSA-12S1, le doti di tenuta in po-tenza e la capacità di interpreta-zione della gamma bassa delle fre-quenze sono davvero straordinarie,mai raggiunte precedentemente nel

nostro ambiente d’ascolto; con l’a-bituale lettore di riferimento (RegaPlanet) la gamma alta viene tratta-ta con equità notevolissima, senzanulla perdere in termini di concre-tezza e matericità lì dove il Ma-rantz è più abbondante ma rilevameglio gli estremi bassi della gam-ma. Insomma si potrebbe andareavanti ancora a lungo in una sfida,trovare i limiti dei Cremona, chemi ha visto eccitato come un ra-gazzino tornare a rimboccarmi lemaniche per spostare apparecchi ea..., “rimboccare la mente” in unosforzo deduttivo di cui troveretedi seguito la conclusione. Di certoè che questi due regali che mi han-no donato i Cremona valgono diper se stessi... il biglietto d’in-gresso. Detto dunque della neces-sità di un attento interfacciamentodei Cremona, per ottenerne se nontutte le potenzialità almeno il ca-rattere che più si desidera, segnaloper la cronaca che, infine, ho defi-nito il sistema per l’ascolto come

Cremona: l’ascolto

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Il segreto... è non avere segreti!

IL MASSIMO DI UN SOGNO POSSIBILEIl posizionamento commerciale dei Cremona è ap-pena al di sotto dei Guarneri con un costo attornoai 12 milioni di lire ma l’armonia e l’equilibrio del-le forme e della resa sonora, nonché la storia chespero con vostro interesse vi è stata raccontata, te-stimoniano che in questo caso il posizionamentomerceologico è solo un’astrazione dettata dalprezzo. In realtà i Cremona sono un punto di arrivo(non il punto d’arrivo: la Sonus sta già lavorandosu altre interessanti realizzazioni) nel percorsodella casa che nell’arco del tempo ha saputo svin-colarsi dai tanti cliché che le sono stati cuciti ad-dosso. Uno di questi riguarda gli aspetti tecnolo-gici dei suoi prodotti, benché gli Extrema, serie li-mitata a 1000 esemplari, avessero già dato una di-mostrazione di hi-tech (questi diffusori non han-

no nemmeno un condensatore in serie). Per alcu-ni i prodotti Sonus faber sono rimasti avvolti in unalone di magia che per altri significa mistero,quasi esistessero segreti dietro queste realizzazioni(ecco la ragione del titolo di questo articolo).L’ultimo “segreto” allora ce lo svela ancora Ser-blin, tradendo una preparazione tecnica di certomaggiore di quella che vuole lasciare intendere:“Per quanto riguarda le reti di crossover è nostratradizione lavorare con reti molto semplici per tra-sferire i segnali con meno intoppi possibile; di qui

la scelta di utilizzare la migliore componentisticapossibile. Tagli dolci che per altro in questi ulti-mi anni si sono un po’evoluti; abbiamo spostatoil tiro verso una coerenza di fase che ci è sembratamolto più utile, anziché badare alla risposta in fre-quenza che è molto meno significativa. Bisogna fa-re in modo che quei componenti che lavoranoassieme non “litighino”, e qui c’entra la fase: sesi scontrano l’un l’altro e l’un l’altro non si la-sciano suonare, tu avverti delle cose orribili;quando comincia ad esserci ottimizzazione di fa-se senti che le cose vanno a posto da sole...”. E daquesto punto di vista i Cremona rappresentanodavvero l’altro capo, quello più scientifico e ri-producibile, di un filo ideale che trova il suo ini-zio nei vecchi diffusori, i Minima, antesignani, percaso più che per volontà, della coerenza di fase. Lìdove ad orecchio si era intuito che quella era unacosa che funzionava, oggi c’è una consapevolez-za: “Credo che per confezionare un pacchettocredibile, parlando di diffusori acustici, di siste-mi, devono esserci dentro tante cose bene valuta-te: qualità, novità, disegno, finitura, suono; conmolta onestà posso dire che Cremona ha tutte que-ste caratteristiche”. Per una volta non ci costa mol-to essere d’accordo: per tutte le ragioni possibilie per tutte le ragioni espresse in questo articolo,questi diffusori rappresentano un nuovo riferi-mento del massimo che è possibile ottenere a deicosti ancora ragionevoli!

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segue: Lettore CD Rega Planet,pre AM Audio A-5, finale AM Au-dio A-70, cavi di segnale SignalPoint, cavi di potenza AudioquestVolcano. Con Stripped Me Nakeddi John Lee Hooker, l’attacco delbasso elettrico è da brivido, nelsenso che una vera e propria scos-sa elettrica mi percorre la spinadorsale per effetto di una riprodu-zione caratterizzata dall’attaccoimmediato dello strumento, dina-mico, corposo, esteso come maifinora. La sensazione di una ca-pacità di riproporre un microcon-trasto notevolissimo mi viene con-fermata con i brani Davvero, Dav-vero di Mauro Pagani e Cu Jè diTaberna Mylaensis dove, su buonaparte dello spettro sonoro, l’armo-nia tra messa a fuoco degli stru-menti, loro rappresentazione spa-ziale, matericità e correttezza tim-brica, è a livelli elevatissimi. Dico“su buona parte” perché se un pic-colissimo neo si può riscontrarenei Cremona questo è in una ap-

pena intuibile tendenza ad esaltarela porzione di gamma medio-bas-sa con una percettibile eufonicità.Strano davvero, perché per controla dote forse più sorprendente deiCremona risulta l’estrema coeren-za e correttezza agli estremi banda,molto più avvertibile che in ogniprecedente realizzazione della ca-sa. In New Moon Daughter di Cas-sandra Wilson, il contrabbasso acu-stico che apre uno dei brani, uti-lizzato in maniera percussiva, èquasi un caleidoscopio di tutte lesfumature possibili di questo stru-mento: suoni e sfregature sulle cor-de sono al tempo stesso secchi macorposi e ben delineati, con un im-patto potente ma mai fastidioso. ICremona assecondano altrettantobene la voce della Wilson nei suoivirtuosismi vocali: nei pieni e neisussurrati, lì dove la voce diventatenue o fino alle profondità che lacantante riesce a scovare dentrose stessa, la riproduzione è semprepiacevole, coinvolgente, realisti-

ca. La capacità analitica dei Cre-mona viene bene resa con la musi-ca classica dove la dote di maggiorpregio risulta la stabilità della sce-na sonora, ampia ed ariosa, capacedi ben delineare i vari piani sono-ri. La breve escursione nel campodei formati ad alta risoluzione ci ri-vela in The Rave versione SACD diRebecca Pidgeon tutte le capacitàdei Cremona in termini di detta-glio, microanalicità, prontezza eimmediatezza della risposta: il pia-noforte risulta ben dimensionato,privo di enfasi ma al tempo stessocorposo e davvero ricco di energia,mentre la voce raggiunge impatti digrande presenza sonora senza al-cuna sbavatura ed in pieno con-trollo. Davvero incredibili i Cre-mona e anche un po’ spiazzanti, seci si aspettava una realizzazionenell’ambito dello stream sonorotipico della casa: adatti ad ambientimedio-grandi, in ragione di unacapacità di proporre frequenze nel-la fascia più bassa della gamma

con una notevole compostezza earticolazione, grazie ad una sensi-bilità se non elevata più che accet-tabile, non richiedono nemmenoamplificazioni particolarmente po-tenti. Richiedono invece, questosì, una giusta scelta dell’amplifi-cazione per mettere in mostra l’e-norme varietà delle loro doti. Se sul piatto della bilancia si met-te anche la ricchezza costruttiva, laqualità di componenti e legni scel-ti, si intuisce che a realizzarle è sta-to più l’amore che la ragionevo-lezza: dal punto di vista del rap-porto qualità prezzo sono decisa-mente imbattibili all’interno dellagamma Sonus faber; in assoluto siassicurano un posto di rilievo nelristrettissimo Olimpo dei migliori,grazie alla sottile alchimia cheunisce armonia ed equilibrio traprestazioni sonore, piacevolezza(non solo per gli occhi, anche tat-tile!) e contenuto tecnologico e dimateriali, nel massimo di un sognopossibile.

Nella pagina accanto.Nella foto grande,una culla per i Cremona:d’altronde privi della parete posteriore non potrebbero essereassemblati altrimenti!Sotto:postazione di pelletteria.In Sonus lavora un maestro del trattamento del cuoio;inoltre il collante utilizzato per il pellame è a base d’acqua biocompatibile.

In questa pagina,qui accanto:le prime 50 copie pilota dei Cremona da recapitare ai vari distributori.A noi però è toccato l’onore di “testare” la pietra miliare:i Cremona 001,cometestimonia la targhetta (a destra) hanno varcato la soglia di SUONO.A destra:i morsetti delle Cremona sonooriginali;ottima la capacità di mordere cavi,forcelle e banane.

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Sonus faber

Anniversariocon sorpresa

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icordi… ricordi…Un giovane e atletico redattore(quello sono, anzi ero, io…), unLorenzo (Zen) giovanissimo,

ma gia a metà strada tra il vate e il fol-letto, un prodotto da presentare inquel di Schio, dove Zen muoveva i suoipassi da negoziante, in uno dei priminegozi hi-end italici.Un’improvvisa malattia mi impedì dionorare l’invito: “Poco male” mi dissiosservando l’improbabile mostro dalcorpo unico ma con due teste ogget-to della presentazione; “Un affare delgenere non ha molte possibil ità diriuscita”…Avevo ragione… eppure avevo torto!Di fatto lo Snail, il progetto per cui untal Franco Serblin aveva mollato la suapromettente attività di odontotecnico,non avrebbe mai avuto una concretavita commerciale; di fatto però lo Snailracchiudeva “in nuce” lo spirito, il patri-monio estetico e morale della culturasonora Sonus faber.Ovvero dell’unica azienda italiana delsettore hi-fi concretamente ben radi-cata in ognuno dei quaranta paesi incui viene distribuita: un successo come(o anche maggiore) di quello del Ga-lactron dei tempi d’oro, altro marchioche in questa splendida solitudine harappresentato il made in Italy a livelliassoluti di qualità e rappresentanza!Otto milioni di fatturato previsti per il2003, 24 dipendenti e 30 collaboratoriesterni (tra cui le varie falegnamerieselezionate per garantire le essenze li-gnee della ben nota qualità Sonus fa-ber): la casa vicentina in cifre è tuttaqui, cifre che testimoniano di unaazienda grande tra i piccoli e piccolatra le grandi ma con il valore aggiuntodi un’immagine e una qualità ricono-sciute in tutto il mondo; forse non inassoluto (però non mi viene comun-que niente in mente di alternativo) matra i marchi che nel mondo più si avvi-cinano a uno status symbol (e dunquea quello che l’hi-fi è stata nei suoi annid’oro) c’è la Sonus faber, nonostanteuna tradizionale ritrosia nel promuove-re più di tanto il proprio operato.Ritrosia, non eccessiva modestia però,che ben rappresentano l’animo uma-no del fondatore, quel Franco Serblindi cui sopra che negli anni, grazie alle

sue intuizioni (lui non si definisce untecnico, solo un sensibile amante delbuon suono), ha contribuito a mutarel’idea del diffusore.Ma ritorniamo per un momento alloSnail e ai capisaldi, se pur in nuce, dellafilosofia di Serblin: si trattava di un dif-fusore a geometria variabile realizzatoutilizzando differenti essenze lignee,completamente in legno e dall’aspetto“un po’ leonardesco”.Se c’è un valore che si associa al mar-chio vicentino del “suono fatto a ma-no” (Sonus faber) questo è proprio inquella nobiltà donata alla costruzionedel cabinet, quell’ispirarsi ai concettidella liuteria che diventerà una costan-te, quasi un’ossessione, nei prodottiSonus faber.E così, con un salto cronologico arrivia-mo al 1983, anno in cui nasce commer-cialmente la Sonus faber, anche se da-gli stimoli leonardeschi si è passati auna più ragionevole dimensione, anzimicro-dimensione che è quella dei mi-ni diffusori: con i Parva (1983) e soprat-tutto i Minima (1984) la casa vicentinapercorre la strada tracciata dalle ProAcTablette (a cui si deve il rilancio dei mi-ni diffusori come diffusori all round inantitesi con l’algido equilibrio dellestoriche BBC LS 3/5 a); ma la Sonus fa-ber dona al genere un vestito e delleprestazioni acustiche che ne fanno im-mediatamente un riferimento.Sintesi della filosofia, delle capacità ac-quisite è nel 1987 l’Electa Amator, dif-fusore che farà conoscere al mondo laSonus faber e che, soprattutto, rimarràper oltre dieci anni senza modifiche,simbolo di un impegno tecnologico al-meno al pari di quello umanistico, diuna perfezione e un equilibrio rag-giunti e insuperabili secondo la casa.L’Extrema (1991) è qualche cosa di piùdi un raffinato esercizio tecnologico(mille copie prodotte) con un ulteriorepasso in avanti dal punto di vista delleforme assoggettate alle leggi della fisi-ca ma quasi desiderose di evaderne.A quel punto da quasi due anni inazienda opera Cesare Bevilacqua (l’at-tuale proprietario): alle intuizioni, allamagia dei luoghi che circondano Ser-blin e la sua attività (e di cui Serblin ri-esce a catturare lo splendido equilibrioideale: “i luoghi dove studiamo e inter-

pretiamo il suono ci vengono in aiutocon le loro bellezze naturali ricreandoquelle condizioni ideali che ci ispirano”),si sommano le capacità organizzativee di programmazione di Bevilacqua,cresciuto in un ambiente familiare distampo imprenditoriale e provenientedal managment del F.C. Milan calcio.Il progetto Sonus faber assume valen-za e consistenza internazionale…Lo “strappo” è nel 1993: Sonus faberabbandona la tradizionale forma aparallelepipedo del diffusore… elimi-nando due pareti!Caso o volontà (è nell’indeterminatez-za che nascono i miti e le storie) vo-gliono che la nuova “forma” ricordiquella antica del liuto, così come fu di-segnata da Antonio Stradivari, artistaliutaio discepolo di Niccolò Amati conGiuseppe Guarneri (a lui Paganinicommissionò il suo famoso violino),uno dei grandi liutai della scuola diCremona.A Guarnirei, detto del Gesù, è dedicatoappunto il Guarneri Homage.Si tratta di un diffusore che inevitabil-mente fa parlare di sé per la sua unici-tà (costruzione a segmenti accoppiati,altoparlanti fatti a mano) coadiuvatada un’estetica impeccabile dove le es-senze lignee, l’accuratezza artigianaledel manufatto costituiscono il leitmotive, il cuore dell’intero operatodella casa.È il primo di una triade di omaggi con iquali Serblin vuole onorare i maestriliutai che lo hanno ispirato e avvinto: laparentesi della l inea Concertino(1995), una pausa di riflessione e unadivagazione verso l’elettronica (con ilMusica - 1997 - e la collaborazione conKen Ishiwata) precede in salto verso idiffusori da pavimento con la AmatiHomage del 1998; secondo tributo,questa volta agli Amati, l’altra famigliadi liutai di Cremona.Poi è storia recente: a Dicembre 2001SUONO presenta in anteprima mon-diale i Cremona, di fatto un omaggioalla città dei liutai, un anno esatto do-po i Cremona Auditor, un ritorno al dif-fusore da supporto (eccellente equili-brio tra le caratteristiche di eccellenzadella linea e costi e dimensioni ragio-nevole), ancora una volta in anteprimamondiale su SUONO!

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Mercoledì 15 ottobre, ore 11.00

S embrerebbe inevitabile dun-que che anche quest’annol’abbinata felice Sonus faber

- SUONO sia destinata a ripeter-si… e difatti così è: i due fascicolidi Dicembre sono stati i più ven-duti nell’anno di appartenenza e idue diffusori sono stati un succes-so commerciale notevole!Questi ricordi infatti mi assalgonointanto che l’autostrada scorre sot-to le ruote della mia vettura in dire-zione Vicenza - Arcugnano versola sede della Sonus faber o, megliodire, verso la nuova sede della So-nus faber: sono il primo giornalistaal mondo che la visiterà!Se la cosa vi sembra da poco, valela pena di chiarire subito un con-cetto: la nuova sede in perfettasintonia con la tradizione Sonusfaber è a dir poco originale, senon rivoluzionaria!Si tratta di una fabbrica - modellocaratterizzata, Sorpresa! dalla for-ma a liuto: come dire, continuitàda ogni punto di vista…Non sprecherò parole a descrive-re ciò che le immagini possonofare meglio di mille parole: c’èdell’altro!Se infatti non è trascurabile fe-steggiare con un originale investi-mento di oltre 1.500.000 euro (eun +30% nei fatturati rispetto alloscorso anno) il proprio ventesimoanniversario, c’è da mantenereuna promessa e chiudere un tritti-co annunciato.È ciò che troverete nelle prossimepagine e che, vi assicuro non viaspettereste davvero: per questo,complice l’impaginazione graficadi questo articolo, dovete ancoravoltare pagina per assimilare lasorpresa.Ancora poche righe per ipotizzarechiuso un ciclo, cosa dobbiamoaspettarci ancora per il futuro:“Abbiamo tre strade davanti anoi.” dice Bevilacqua “La prima èquella, prendendo esempio dallaB&W di crescere sempre più cer-cando di monopolizzare il merca-to, la seconda, ispirandoci all’e-sempio di produttori come Linn,di offrire a 360 gradi il nostroconcetto di qualità.”E la terza?Nella sua banalità, la più rivolu-zionaria: essere “soltanto” Sonusfaber e continuare a crescere pocoalla volta nel rispetto di tempi emodalità “umane”.La strada è tracciata!

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Diffusori Sonus faber Stradivari

1 • Sala d’ascolto2 • Ufficio tecnico3 • Ingresso4 • Giardino interno

La nuova sede di Sonus faber è stata progettata da Studio Albanese

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di Paolo Corciulo

S embrano quasi minuti, gliStradivari, quando finalmen-te ti si parano davanti e, cre-

do, sia Cesare che Franco si sa-ranno divertiti non poco a vederele facce stupite di noi giornalisti,io e quelli che mi hanno seguito,quando i nuovi diffusori top dellagamma, alla fine del giro nellanuova e bellissima fabbrica, ven-gono infine svelati.136 centimetri (più o meno l’altez-za di un ragazzino di 12 anni) maben 75 kg (il peso a cui spero ungiorno di tornare!) che scompaionoletteralmente alla vista grazie allaforma sfuggente a pianta ellittica:armonizzata sul piano verticale dauna doppia ellisse, quest’ultima deltutto formale lì dove invece la pri-ma è assolutamente sostanziale, checrea vie di fuga insospettate A prima vista buona parte della sor-presa è determinata dall’impressio-ne che Serblin abbia “tradito” lasua filosofia (rinunciando allo svi-luppo in profondità a favore di quel-lo in larghezza) ma se si esamina lasezione orizzontale del diffusore,si scopre che non è altro che… undoppio “liuto” dove Franco, muta-to il punto di vista, posiziona glialtoparlanti sul piano più largo, macurvo e dunque privo di ostacoli,spigoli e tutto ciò che si oppone al-la naturale propagazione del suonoemesso.Una situazione che simula non piùuna sorgente “puntiforme” ma unpiano infinito con tutti i suoi pregie quasi nessuno dei suoi difetti!Finalmente le condizioni per ge-nerare un campo sonoro omoge-neo, nell’ambiente e tra le casse, vi-vo, vivace dove il suono vieneproiettato con “energia” verso l’a-scoltatore. Forse per questo Ser-blin evoca le delicate armonie del-la tavola armonica del violino pereccellenza, per rimarcare non solola magia di un nome così impe-gnativo come quello che gli Stra-divari si portano addosso, ma leemozioni riservate ai pochi fortu-

nati che hanno potuto ascoltare unoStradivari (il sottoscritto a Ninfagrazie al Maestro Accardo e al suoHart ex Francescatti: vi ho fattimorire di invidia?).L’evocazione e la passione mai na-scosta di Franco per i maestri liutai,arriva fino a evocare con le finiturela lacca utilizzata dal maestro per lesue creature, anche se per funzionicompletamente differenti che in unviolino: un effetto visivo straordi-nario, raramente si sono viste fino aora realizzazioni che utilizzano unafinitura trasparente lucida e bril-lante, realizzata grazie al passaggio

di più mani di vernice e alla luci-datura a mano. La scheda tecnica ci dice che gliStradivari sono un sistema a tre vie,quattro altoparlanti caricati in bassreflex. Anche il medio è caricato inquesto modo, e i condotti di accordosono situati sul pannello posterioreed entrambi (medio e coppia di woo-fer) lavorano in volumi separati.È previsto che il crossover (defini-to al 95% al momento della mia vi-sita dove era ancora posto esterna-mente al diffusore) venga affogatoin un sarcofago di resina smorzan-te per isolarlo dalle vibrazioni in-

terne al mobile (bobi-ne e condensatori so-no particolarmente

sensibili alle sollecita-zioni meccaniche). Prose-

guendo sulla strada intrapresanel progetto Cremona, il filtro è untre vie, con pendenza 6 db per otta-va nella banda utile di ogni alto-parlante ma anche a pendenza va-riabile che corregge gli altoparlan-ti fuori dalla banda (multislope):anche in questo caso si ottiene il me-glio… senza il peggio!Anche dal punto di vista della ri-partizione delle frequenze i taglisono studiati in modo che il tweetersia incrociato con il medio moltopiù in alto che in passato. Conse-guentemente, e qui siamo di frontealla vera evoluzione sonora del pro-getto, assume assoluta rilevanzal’altoparlante destinato alla ripro-duzione della gamma media.Già in passato, in tal senso, l’atten-zione di Serblin si era concentratasulla produzione limitata e artigia-nale di Ejvind Skaaning (vedi woo-fer dei Guarneri) ex progettista del-la Dynaudio e “papà” di molti bre-vetti di questa casa: il passaggiodelle consegne da padre a figlio(Per Skaaning) ha coinciso con unadimensione maggiormente “azien-dale” della società che da un lato fu-ga i dubbi di Franco (“quando Skan-ning non produrrà più dovremo so-spendere i Guarneri”) dall’altro loha convinto a ricorrere ancora unavolta all’esperienza del maestro da-nese per mettere a punto, insieme, ilmedio, componente strategico degliStradivari. Il mobile infine confermail cammino intrapreso verso il mas-simo equilibrio tra tecnica e sensibi-lità dell’artigiano: sonus faber a tuttigli effetti, tanto più nel momento incui, con dispendio enorme, la materiaall’origine viene selezionata in modoche ogni singolo tassello, costola, checompone la struttura del mobile, con-tribuisce all’omogeneità elastica emeccanica della struttura: le costolesono realizzate in laminato di varie es-senze accoppiate e incollate con ma-teriale viscoso e antirisonante. Il tut-

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D O S S I E R NUOVE FORME, NUOVI SUONI

Quando finalmente li vedi e li tocchi, è lasorpresa a far da padrone: te li saresti aspettatipiù grossi e massicci ma soprattutto sviluppati in profondità e non solamente in larghezza! Gli Stradivari sono destinati, forse per definizione,a stupire da ogni punto di vista, non escluse le prestazioni sonore.

l’ellisseperfetta

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to sulla strada di avvicinamento al-l’obiettivo: “le risonanze in un mobilenon si possono del tutto annullare, oc-corre accompagnarle… ”Last but non least un ulteriore spun-to di riflessione, l’ennesima intuizio-ne del papà del suono fatto a mano:“coerenza metallurgica” (il termine èdi Franco). Ovvero la scelta di un unico materia-le per realizzare cablatura interna,morsetti e (in un futuro) il trasportodel segnale fino all’amplificatore. Fa un po’ impressione vedere Ser-blin maneggiare fili e filetti fino aselezionare una lega di argento che(corsi e ricorsi della storia) viene uti-lizzata in odontoiatria!

In alto: Franco Serblin e la sua creatura.Qui accanto: il tweeter è un’evoluzionedel prodotto già impiegato sui Cremonasebbene sia realizzato dalla Scan Speckinvece che dalla Vifa: la flangia è comple-tamente disegnata per Serblin e le modi-fiche al prodotto di serie riguardano il di-segno della camera posteriore di decom-pressione. Il midrange (15 cm) è prodottoda Skaaning espressamente per questoprogetto: cestello, parapolvere e mem-brana sottolineano le chiare origini delcostruttore. Lunga escursione, supportoin Kapton della bobina, anello di Faradaysono solo alcuni dei capisaldi di questoartigiano.A destra: non sembra ma si tratta di Seas:la coppia di woofer utilizzati è stata svi-luppata ad hoc per lavorare in un volu-me ridotto e per sopportare grandi po-tenze applicate.Sotto: il materiale utilizzato per la cabla-tura interna e per la realizzazione dei mor-setti proviene dal settore odontotecnico.

Diffusori Sonus faber Stradivari

P remetto che il test è stato eseguitonon nel nostro ambiente controllato

(direttamente presso la sede dell’azien-da vicentina) ma utilizzando un softwaredi riferimento noto: per quanto mi ri-guarda non rappresenta un problemadato che in questi casi, vale la regola chevuole, a certi livelli di prestazioni, cheeventuali fattori (acustica ambientale,elementi della catena utilizzata) noncontrollati possono solo peggiorare il ri-sultato ma non migliorarlo. A rimettercida un simile test potrebbe essere solo loStradivari! Ma concesso il beneficio deldubbio per gli eventuali difetti e la cer-tezza delle qualità per quanto riguardagli eventuali commenti positivi, ricor-dando che non è mia abitudine già incondizioni controllate esprimere giudiziassoluti, concludo la premessa e riferi-sco… Come anticipato non è tanto lacaratura qualitativa del diffusore a colpi-re a un primo acchito (inevitabilmenteda un sistema di riferimento Sonus fabernon ci si aspetta niente di meno di unariproduzione di altissimo livello - a pro-posito il prezzo è fissato in circa 30.000euro la coppia).Ciò che davvero spiazza è un effetto simi-le a quello che si prova quando si vede ildiffusore per la prima volta,attendendosi

tutt’altro per forme, volumi e altezze.Negli Stradivari scompare totalmente lapersonalizzazione del suono Sonus faber,quella sensazione di calore, che a volte siimpone nelle realizzazioni della casa,a fa-vore di una strabiliante sensazione di neu-tralità. Il diffusore non si impone,non atti-ra l’attenzione ma lascia fluire natural-mente musica, soltanto musica, sottoli-neandone le qualità e gli aspetti interpre-tativi.Lì dove il progetto prevede atmosfereintimistiche lo Stradivari propone il caloredel piccolo club, lì dove vengono richiestimuscoli e dinamica vengono offerte que-ste caratteristiche.È impressionante il con-trasto tra il design come sempre splendi-do che si impone e la sensazione acusticadi totale assenza e trasparenza del diffu-sore.Sembra,e forse è,un atto di ulteriorematurità di Serblin (“Gli esami non finisco-no mai”) dove la sublimazione sta nel nonimporre più, neanche in piccola parte, lapropria visione!Dal punto di vista dell’articolazione è dav-vero impressionante la coerenza dello Stra-divari sull’intera gamma e non si notanomai ritardi o code in determinate fre-quenze: drammaticamente devo ammet-tere che il taccuino rimane inesorabil-mente vuoto quando nel susseguirsi deibrani mi appresto a stendere le abituali

notazioni riferite alle varie porzioni dellagamma e del comportamento.Musica, solo musica.E Stradivari è anche sorprendentemente,rispetto al “passo felpato”che tradizional-mente caratterizza il prodotto Sonus faber,un diffusore estremamente reattivo pron-to a attacchi e rilasci anche se tutto questoavviene con un garbo estremo sottoli-neato dalla solidità del rapporto prospet-tico e di equilibrio tonale indipendentedal volume sonoro; doti che rendono an-che possibile, a basso volume, intrattene-re una conversazione durante l’ascoltosenza rinunciare sia al “cicalare”che a tut-to il contenuto dinamico della musica!

SUONO • dicembre 2003 63

Le parole per dirlo

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di Paolo Corciulo

C he cosa fate voi quando e se soffrite di insonnia? Io insieme a milioni di miei

simili navigo in rete! Visito siti improbabili e ripongo in Google e nel segreto del silenzio nottur-no le mie domande più indiscrete. Mi viene voglia di sapere che fine ha fatto il mio compagno di ban-co alle elementari, dove è finita la mia prima fidanzata, che fa que-sto e quello; insomma navigando mi balocco e mi abbevero a quel crogiuolo dal quale estrarre il ca-lice amaro o meno di una risposta

esauriente, inclusa la possibilità di una ventata di autostima, quella che deriva dal digitare il proprio nome e vedere se la rete ha un’evi-denza di voi stesso…In una notte di quelle, una di quelle notti in cui vengono fuori desideri e rimorsi (magari per tut-te quelle cose che non ti ho detto, magari per tutte le persone a cui avresti dovuto fare una chiamata e non l’hai fatta…), una delle per-sone “digitate” su Google è stata Franco Serblin…Dal quando Franco aveva venduto la sua partecipazione in Sonus fa-ber, l’avevo incontrato “a singhioz-

zo”, sempre più sporadicamente negli ultimi tre anni, accompa-gnando ogni incontro ad uno di quegli ipocriti “poi ci sentiamo” che sono falsi non perché non lo si voglia fare ma perché la vita… Così l’interrogativo (che fine ha fatto Franco?) s’era fatto prima urgente, poi come accade in questi casi in parte era caduto nell’oblio, in un posto indefinito della memo-ria da cui un piccolo campanello d’allarme suonava spesso: sareb-be un peccato perdere un amico, uno di quelli che rende il vuoto lasciato… un po’ più vuoto.Così visto che è notte, che ho

già scoperto che la mia ex fa la ginecologa, che di almeno 2 amici d’infanzia non c’è traccia e, grazie a dio non si sono nem-meno iscritti a Facebook, alla fine digito: F.R.A.N.C.O. e poi: S.E.R.B.L.I.N. Google ronza impercettibilmente (è un motore, no?), si apre la pagina e in cima alla lista ecco un link (www.fran-coserblin.it) alla “Franco Ser-blin R&D”: sito bello, elegante con quel non so che in perfetta continuità con la concreta astrat-tezza della magia Sonus faber. Una foto di Franco che quasi ce-sella un “coso” rende il suono del

18 dicembre 2009 • SUONO

Che fine ha fatto Franco?Una notte insonne, le congiunture astrali o le affinità elettive, ci hanno portato a porci la domanda giusta al momento giusto: che fine ha fatto Franco? Se quel Franco è Serblin che è il papà delle prime Sonus faber e se Serblin si è appena risvegliato dal dorato sabbatico in cui s’era rinchiuso e ha tante cose da dire, la cosa si fa interessante…

INTERVISTA FRANCO SERblIN

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SUONO • dicembre 2009 19

campanello d’allarme più pene-trante: prenderei la cornetta in mano se non fossero le tre di mat-tina e l’ipotesi di essere mandato a quel paese è una certezza.Ma domani, domani mattina, lo giuro farò quella telefonata e te lo chiederò: che fine hai fatto, Franco?Il luogo dell’appuntamento è al crocevia tra le varie tangenzia-li che consentono di accedere a Vicenza; ci arriviamo nello stesso momento quasi ci fos-simo sincronizzati: nemmeno ci fermiamo, un breve cenno di saluto e giusto il tempo di rimanere stupito dalla vettura, tutto fuorché d’ordinanza, con cui Franco Serblin si presenta: è una Fiat 500 Abarth di un bian-co candido, reminiscenza di una gioventù passata in cui “mi di-vertivo a fare le corse in salita”. È proprio vero, non si conosce mai una persona abbastanza e, come diceva il grande Eduardo De Filippo non ci si stanca mai di imparare…Serblin ha un bell’aspetto, dav-

vero rilassato, e mi viene voglia di ricacciarmi in gola la prima domanda che mi ero preparato (Come vedi questo mondo da lì fuori?) se non fosse che dopo un breve tragitto con gli occhi incol-lati al culo di una cinquecento, ci ritroviamo nel suo buen ritiro che altri non è che una parte di una splendida fattoria riadatta-ta: soffitti altissimi con travi in legno, un accogliente ambiente principale che ci accoglie con segreti che mi impegno preventi-vamente a non svelare e che, co-munque rivelano che il papà dei Minima non se n’è stato con le mani in mano… C’è la sua scri-vania con carte e altoparlanti, una serie di computer e un ban-co di lavoro nella stanza accan-to che “puzzano” di attività in atto… Insomma, Franco Serblin c’è e lotta insieme a noi o, per-lomeno, ci guarda non troppo da lontano, dall’alto di una vita professionale già cavalcata lungo le massime vette.Quindi la prima domanda sale naturale alle labbra…

SUONO: Che cosa si prova ad essere parte della “manovella del-la storia”?Franco Serblin: Soddisfazione, molta soddisfazione! Quando il sindaco di Cremona ha visto l’omaggio a Guarneri mi disse

“questa non è una cassa acustica è uno strumento! Direi di met-terlo vicino ai violini…”, ecco per me la cosa poteva finire lì; po-teva effettivamente finire lì… Nel percorso della mia storia, quella tappa era inevitabilmente, un pre-mio. Gli aspetti economici, credi-mi, sono secondari: mia mamma mi diceva “tu fai bene poi il resto viene da solo”. Ecco questo è il mio modo di fare le cose…Probabilmente non entrerai nella Hall of fame del Ces! Anche se Sonus faber ha lasciato il segno, il fatto di essere italiani ne ha probabilmente limitato l’enfasi. Hai vissuto di più la limitazione o la sfida determinata da questo handicap? Essere italiani è una

molla per diventare ancora più at-tivi (e ha determinato il fatto che Sonus faber abbia conquistato una notevole fama)? Se vogliamo comunque oggi Sonus faber si è comprata Audio Research!Quando ho cominciato, i segna-li del mercato erano “belli tosti”, proprio da parte dei grossi nomi: c’era l’interesse degli importatori e una risposta forte a ciò che si faceva.Ti assicuro che io non credevo alla possibilità di un successo commerciale; credevo solo nella bontà di quello che facevo, perché mi piaceva. Sono stati proprio i primi approcci con qualche nego-ziante che veniva lì da chissà dove a prendersi della roba (ma i primi diffusori se li portavano a casa loro!) a rappresentare la prima avvisaglia che la cosa poteva fun-zionare. Poi mi ricordo Mr Hiro Noda della Noah di Tokio che ve-niva a trovarmi (ma per prendersi un bicchiere!). Poi una volta ha

Che fine ha fatto Franco?

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visto le Electa Amator e lì è partita la cosa, perché noi non riuscivamo a far-ne abbastanza nemmeno per soddisfare solo lui... Le facevamo in giardino, tant’è che a volte ci veniva richiesto “perché c’è l’er-ba nella confezione?”.Dal punto di vista eco-nomico, tutto questo piacere me lo pagavo di tasca mia! Fin-ché con le Electa Amator, che non se ne facevano mai abbastanza, sono

“sceso dal monte” e ho preso un terreno per costruire…Risaliamo indietro ne-gli anni fino alla metà dei ’70: di famiglia eri dentista…Nello specifico io ho fatto l’odontotecnico per molti anni; il trat-tamento del legno era un tarlo che ho ereditato da mio padre; lui era fa-legname e faceva carrozze per lo stato italiano. Il pia-cere di plasmare il legno (e poi a casa mia c’era sempre della buona musica di fondo) fa parte della mia infanzia. Erano gli anni in cui in Italia ar-rivavano in grandi sistemi ame-ricani e questo spiega perché poi io mi sono avventurato in quel-la strana avventura che sono stati gli Snail. Erano mo-menti di estrema eccitazio-ne e, direi, anche di estrema confusione, perché non era stato messo a fuoco che cosa effettiva-mente valeva la pena portarsi a casa: l’abbinata Klipsch e Phase Linear era il tipico esempio di una stravaganza fine a se stessa!Quando decisi di lanciarmi in que-sta avventura, ricordo di aver par-lato con Ejvind Skaaning che allo-ra era progettista della Dynaudio e lui, persona simpaticissima, mi chiedeva che cosa avessi in mente.

“Vorrei fare un piccolo diffusore prezioso in tutti sensi: le case di-ventano sempre più piccole è c’è una difficoltà da parte della fa-miglia ad accettare questi giganti che sono effettivamente molto brutti”, gli rispondevo. “Interes-sante. Hai qualche cosa da farmi vedere?”. Allora stavo facendo il Parva e lui ha detto: “Sì, mi piace, ma dove vuoi venderlo?”.

“Come dove vuoi venderlo? Non lo so, perché non so niente di

commercio…”.E lui di rimando: “È importante che tu mi dica dove vuoi venderlo perché poi io ti dico come deve suonare”. Ecco quella cosa è stata una mazzata! “Ma come è possi-bile non ci credo…”. “No è così”, mi rispose “se lo vendi in America devi farlo suonare così, in Ger-mania in un altro modo…”.Quella è stata una cosa che ho fat-to fatica a digerire; anzi: di fatto non l’ho mai digerita perché non ho mai fatto così; credevo in quel-lo che facevo, arrivavo in fondo in qualche modo e quello era! Dove-va andar bene per tutti!Durante questo periodo di avvia-mento e prima della legittimazio-ne del mercato, hai mai dubitato di potercela fare?Moltissimo. Moltissimo e non solo: mi vergognavo di questa passione! Io facevo un altro me-stiere e per diletto andavo per le

colline dove avevo un casolare e con amici ci si arrangiava (lì sono nati Parva, Electa, Electa Amator, Minima…). Tutte le cose che ve-nivano fuori erano il frutto non di una cultura di settore ma di una passione. Il Minima poi è stato una cosa che è rimasta: questa dolcezza e questo filtro elementa-re alla fine convincono sempre…Ora che l’esperienza è decantata (Franco dal 2006 non fa più parte della Sonus faber - ndr), che cosa ti è rimasto di questa “galoppata selvaggia” che ha attraversato 30 anni della tua e della nostra storia?Che non basta solo la cultura ma ci vuole anche parecchia fanta-sia! Quel che ho messo insieme in questi anni è stato innanzitutto una grande lezione, nel senso che anche per me c’è stato un momen-to, quando ti sembra che tutto sia possibile, che mi sentivo aperto a tutte le possibilità. Con l’età e

l’esperienza di 30 anni alle spalle, ritengo che bisogna fare un atto di umiltà, con-vincendosi che in questo settore non c’è niente da inventare, casomai tante cose da riscoprire! Questa è stata una bella riflessio-ne che ho fatto quando me ne sono andato. Che cosa faccio? Ho voglia ancora di trovare un argomento e svi-lupparlo? Allora sono an-dato a scartabellarmi che cosa aveva fatto Allison, Berkovitz, Klipsch… ed è stato molto bello riscoprire certe cose che rimangono lì.Bisogna avere inoltre l’onestà di dire che comun-que, ogni cosa sarà sempre un compromesso: tu parli in giro per il mondo con delle belle teste, gente che

ha una cultura, an-che ben

più sostanziosa della tua, e alla fine questo è quello che viene fuori. Una cosa che ti frena ma con cui bisogna fare i conti è la consape-volezza che se si è cercato di fare il meglio, si è fatto quello che si può; un po’ come il medico che non può salvare tutti ma ci prova…Ho cercato di mettere nei miei prodotti più che potevo, natu-ralmente con le mie limitazioni. Mi ricordo che una volta Paolo Nuti (allora direttore di Audio Review - ndr) mi disse: “tu rie-sci a fare questa cosa perché sei senza cultura!”. Verissimo: se pe-dissequamente cerchi di applicare delle regole fai danni mostruosi! È il bello di questo mondo: ognu-no dice la sua, qualcuno più con-vincente degli altri, ma guai a non avere storia, te la devi costruire…Hai detto che non c’è nulla da inventare… Per che cosa allora

“vale la pena di vivere e morire”?

INTERVISTA FRANCO SERblIN

20 dicembre 2009 • SUONO18

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Non si inventa niente, semmai si riscopre quello che è stato detto. Ed è stato detto, ed è stato scritto, tutto, in maniera indelebile! Per citarne uno: Roy Allison. Si è reso conto di come non fosse possibile montare solo due altoparlanti sen-za preoccuparsi di cosa succede poi nell’ambiente…Una realtà che Amar Bose ha mostrato in modo molto chiaro e Klipsch ha fatto la Klipschorn per metterla nell’angolo tenendo conto dell’iterazione con le pareti.Mi ricordo che ero a Cremona con Salvatore Accardo per la questione degli homage. Si cam-minava in giro per la città con questi preziosissimi violini (non ricordo ma probabilmente avevo in mano un Amati…)… Si anda-va in giro a cercare luoghi dove poter registrare e ad Accardo non gliene andava bene uno! Certo non era lo strumento ad esser in discussione! Poi finalmente nella villa del Marchese di Cavalcabò ha trovato delle stanze con la vol-ta che gli andavano bene. Questo per dire quanto incide l’ambien-te e, nel nostro mondo, la triade stanza-amplificatore-diffusore. È una cosa che deve sposarsi, c’è poco da fare, e l’ambiente ha una responsabilità determinante. Ecco: già da tempo c’era una mia insoddisfazione nell’ascoltare un diffusore tradizionale a tre vie (un due vie no; ancora si salva): provo del fastidio perché arrivano più informazioni gravi che della parte nobile dello spettro musi-cale che è la gamma medio-alta…Tuttora se ascolto questo tipo di diffusori (che per altro ho fatto anch’io!), ho la sensazione che ci sia qualche cosa che non va e questa insoddisfazione di fondo ha fatto scattare la possibilità di documentarmi per cercare dell’altro...Che intendi per “altro”? Perché se stiamo parlando di acustica ambientale temo che sia un argo-mento che all’audiofilo entra da un orecchio e… L’appassionato non vuole sentirsi dire “questo am-biente (che condizionerà significa-tivamente la qualità sonora della riproduzione) non va bene o deve essere cambiato…” né vuole ar-rendersi all’evidenza che in un am-biente che non puoi cambiare devi contingentarti nelle aspettative…Certo, un approccio così spaven-ta: non ne vogliono sentire par-lare ed è anche giusto ricordare che stiamo parlando sempre di compromessi e quindi come tali

occorre poi fare delle scelte se si vuole realizzare qualche cosa. Adesso però forse è il momento di trovare una giusta collocazio-ne del lavoro che è stato fatto in questi anni e che ho citato: penso che ci sia spazio per qualcuno che un po’ di storia ce l’ha alle spalle e dimostra in qualche modo che crederci non è sbagliato.Ho idea che la scelta giusta sia quella di creare un nuovo pro-scenio partendo da dove nasce la musica: il proscenio naturale. Se noi raffiguriamo il proscenio come tradizionalmente viene de-scritto (immaginiamolo come un arco in pianta lungo il quale sono disposti strumenti e voci, con al centro lo strumento o la voce prin-cipale), nasce una considerazione semplicissima: se questo è il pro-scenio naturale, a questo mi devo ispirare e da qui prendere spunto! Alcuni esperimenti mi hanno dato la chiara sensazione che questa potesse essere una strada percor-ribile che, in sostanza, nasce da una cosa che il tempo non può cancellare. Come ho detto basta tirar via la polvere a quelle cose che il tempo ha convalidato: non c’è bisogno di ostentare l’ultima tecnologia del momento!Quest’ultima affermazione mi col-pisce. Ultimamente la Canon ha tirato fuori una Istamatic digitale che pur essendo l’ultima e la più nuova, ha un CCD con meno pixel della precedente!C’è un equilibrio da raggiungere; le esagerazioni sono fini a se stes-se. Soprattutto nell’accordare un diffusore acustico ti rendi conto che quando vai da una parte con eccesso, esagerando perché vuoi fare meglio, non sempre raggiungi la meta! È il buon balance tra il componente, il crossover, la messa a fuoco ad essere assolutamente indispensabile e se questo non ap-pare da subito occorre risettarsi. Certamente nella tipologia di pro-getto esiste già la sua potenzialità ma esiste anche un momento che si può tranquillamente definire

“magico” ed è straordinario come talvolta si percepisca la musica in una maniera tanto sconvolgen-te in quel particolare momento. Quel qualcosa da mettere a fuoco, a volte è solo un miglior posizio-namento, certamente non è quasi mai la ricerca di cambiare questo o cambiare quello… Comunque un diffusore emette energia e que-sta energia va gestita. Certo, per dire qualche cosa bisogna lavorare molto; deve esserci prima questa

sorta di travaglio, di gestazione e travaglio: una sorta di punzec-chiatura sull’idea da sviluppare.Chi potrebbe essere un giovane progettista in grado di segnare il futuro in questa direzione?Ci sono delle persone che dal pun-to di vista culturale sono dei mo-stri: mi vien in mente Joseph Szall (è un pozzo di conoscenza!), o Lars Goller, Klaus Futtrup Bjorn Magn ee Frank Nielsen…Sono bravi soprattutto perché han-no cognizione di quello che fanno.Non potrebbe essere un certo Franco Serblin?Certo questo potrebbe essere un momento bello della mia storia: coronare questi 30 anni con un

progetto che ancora può dire qual-cosa per me sarebbe una condizio-ne ideale. Così varrebbe la pena di mettersi in gioco: per qualco-sa che mi piace e mi entusiasma ancora; qualcosa che rende unico il tuo lavoro ma che non è magia. In fondo mi è stato riconosciuto sempre che la mia fissazione di nobilitare questo parallelepipedo (che, diciamocelo, è osceno!), ave-va una sua ragione d’essere. Mentre si conclude la conver-sazione, Franco Serblin rigira tra le mani uno Scan Speak al neodimio di nuova generazione: Forse non lo sa, forse non lo dice ma il suo più che un addio sembra un arrivederci…

SUONO • dicembre 2009 21

Che fine ha fatto Franco?

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di Paolo Corciulo e Fabio Masia

Q ualche tempo fa, l’intuito (dote indispensabile in un buon giornalista) ci mise

sulle tracce di un da troppo tem-po silente Franco Serblin che, conclusa l’avventura con Sonus faber si era da tempo nascosto nell’anonimato… Ne nacque una storica intervista (Che fine ha fatto Franco? – SUONO 435

– Dicembre 2009) che certificava come all’interno del suo atelier, Serblin fosse tutt’altro che sazio di questo settore ma, piuttosto, stesse “risciacquando la lingua in Arno”, abbeverandosi sui sa-cri testi del settore: “Ritengo che bisogna fare un bagno d’umiltà convincendosi che non c’è niente da inventare, casomai tante cose da scoprire…”.In questo, Serblin ha sempre di-

mostrato un’onestà intellettuale decisamente fuori dal comune, dichiarando apertamente che non c’è bisogno di “conoscenza” tecnica specifica, ma basta saper chiedere e, ancor di più, saper cosa chiedere alle persone giuste e motivate. Anche il modo in cui si chiede ovviamente fa la diffe-renza, e forse il grimaldello che fa scattare la molla della curio-sità e del coinvolgimento attivo

anche nel più “arido e pragma-tico tecnico” è proprio quello della richiesta di partecipazione: la domanda: “secondo te, come si potrebbe procedere per ottenere questo risultato?” è sempre vin-cente, soprattutto quando si rie-sce a trasferire il valore del risul-tato che si vuole raggiungere. E in questo Serblin è stato maestro.Per capire il lavoro passato e quello presente di Franco Ser-blin non ci si può esimere da que-sta considerazione, associando ai tradizionali metodi di analisi scientifici (o pseudo tali…) un approccio olistico, un sistema di valori che tenga conto degli ele-

attualità

Ktêma: per restare nel tempo

28 luglio 2010 • SuONO

I greci usavano la locuzione ktêma eis aei intendendo un qualcosa dal valore durevole e assoluto, che non può essere messo in discussione, in antitesi con panta rei (tutto passa, tutto scorre).A coronamento dei suoi 30 anni di attività, Franco Serblin ha trovato il suo Ktêma?

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menti umanistici che contribui-scono allo sviluppo della cultura, indipendentemente dal settore di competenza.Lo stesso approccio è indispen-sabile per affrontare Ktêma, l’ul-tima creatura di questo “maestro zen” dell’alta fedeltà: proscenium speaker, il sottotitolo che Serblin stesso gli ha dato (e che rappre-senta il punto di vista con cui è stato affrontato il progetto), deve essere interpretato come una suggestione, una delle tante intuizioni che hanno caratteriz-zato l’opera di questo progettista totalmente atipico, più che ricer-care o cercare di far coincidere teorie scientifiche all’assunto; così è accaduto in passato via via che sono stati sciorinati Snail, Electa Amator, Guarneri, Elip-sa…Durante l’intervista di cui sopra, Franco Serblin sottolinea due aspetti importanti: il primo è il lavoro di gruppo che nella casci-na in montagna (dove nacque l’Electa Amator) diede vita alla

“tempesta di cervelli” che rese quel diffusore così unico (“era un porto di mare dove tutti pote-vano esprimere la loro opinione”); la seconda, una consapevolezza dei limiti della sua conoscenza tecnica (“Paolo Nuti mi disse: tu riesci a fare queste cose perché sei senza cultura”). Anche se nel caso di Serblin si è portati a pensare a qualcosa di completamente accentrato sulla sua figura, il lavoro di gruppo è un elemento indispensabile del cocktail di elementi che hanno reso famose le creature del co-struttore. Sarebbe da approfon-dire quanto la sua “ingombran-te” presenza ha condizionato un progetto e, per contro, quanto l’appeal di quest’uomo ha con-sentito invece a “molti” artigia-ni (artigiani in tutti i sensi: non ha senso in questo caso fare di-stinzioni fra un falegname, un elettrotecnico e un costruttore di altoparlanti, in fin dei conti son tutti eccellenti artigiani che conoscono il mestiere!) di espri-mersi più o meno liberamente per raggiungere un risultato che solo Serblin aveva in mente nella sua totalità…Sebbene sia evidente l’impossibi-lità di una risposta a tale quesi-to (e dato che questo non basta per raggiungere un risultato che unisca le varie competenze spe-cifiche), non si può negare che i prodotti di Serblin, essendo il

frutto di una grande intuizione abbinata a uno spiccato gusto sia estetico che musicale, siano coa-diuvate dalla capacità di Serblin di “saper” chiedere, ascoltare e motivare le persone che gli sono attorno.Gli fu detto “fai queste cose per ignoranza”! Il concetto può tranquillamente essere ribaltato nel momento in cui, intuito e curiosità sono da stimolo a chi, seppur conosce, non ha avuto il dono dell’immaginazione. Forse la più grande qualità di Serblin è proprio la sua capacità di coin-volgere emotivamente chi lo cir-conda e infondergli le sue stesse

“ardenti” curiosità frutto di una sua idea.Pensieri questi, generati dalle sue risposte alla domanda su quali tecnici e di quali progettisti si avvalesse per le sue realizzazioni: con una sconcertante naturalez-za dichiara apertamente che di

tecnica ne sa veramente poco, ma ogni volta che ha bisogno di qualcosa, non esita a chiedere ottenendo riposte soddisfacenti ai suoi “particolari” quesiti. Ciò che invece è ancor più emozio-nante è il fatto che i tecnici di cui si parla sono nientepopodi-meno che i progettisti di SEAS, Scan Speack, Skaaning (padre e figlio…) e tanti altri. Raccon-ta come Lars Goller, il papà del Vifa Ring Radiator (ora patron della Gamut) quando la doman-da si fa piuttosto interessante, non si lascia scappare l’occa-sione di saltare su un aereo e piombare a casa di Serblin per fare due chiacchiere, apprezzare con mano il problema e godersi un’ottima cena in compagnia! Certamente, a queste condizio-ni, lo spirito e la predisposizione alla ricerca “del bello e del buo-no” trovano il miglior humus per creare, o meglio per dar corpo a

quelle che sarebbero potute ri-manere, in altre condizioni, solo intuizioni o pura fantasia.

KtêMa: il CaPOlavOrOCapolavoro: nelle opere artigia-nali e manuali il capolavoro è la prova di  abilità  a cui veniva sot-toposto l’artigiano o l’operaio per acquisire la qualifica; detta opera, in genere un manufatto, doveva rispondere ai requisiti tecnici ed estetici richiesti dalla specializza-zione e fissata dalle corporazioni, per gli artigiani in epoca tardo medievale, e dalle direzioni tecni-che di settore per gli operai spe-cializzandi, in epoca industriale.(da Wikipedia)

È verosimile pensare che quello che stiamo per presentare sia l’ultima delle creazioni di Fran-co Serblin: un modo per lasciare ancora il suo segno, definitiva-mente slegato da un’azienda o dall’azienda in cui si è identifi-cato per anni. Anche in questo senso, nella libertà che deriva dalla mancanza di vincoli (un problema connaturato all’attivi-tà industriale e che in passato ha pesato per il progettista), si può parlare, appunto, di capolavoro. Nonostante nella sua carriera abbia sempre schivato sistemi oltre le due vie, con le eccezioni dell’ultimo periodo, Serblin ha optato per il suo “capolavoro” una soluzione piuttosto com-plessa ed elaborata che si potreb-be sintetizzare come un quattro vie con cinque altoparlanti. Il fil-tro, di conseguenza, risulta piut-tosto complesso con pendenze che vanno dal blando al molto elevato. Inoltre, sono state mes-se in campo le soluzioni affinate nel tempo che hanno privilegia-to schemi multipendenza, che in molti casi hanno offerto notevoli benefici nell’integrazione di alto-parlanti anche molto differenti fra loro per dimensioni e campo di azione. Nei Ktêma troviamo anche una sorta di filtro passivo della sezione bassa, costituito dal posizionamento dei due al-toparlanti nella parte posterio-re del mobile, caricati con un particolare sistema definito da Serblin a guida d’onda. Tale sistema favorisce anche la mini-ma interazione con l’emissione diretta frontale del gruppo an-teriore, soluzione che ripercorre sentieri battuti anche dai grandi progettisti del passato. Sempre dalle parole di Serblin nasce una

la nuova creatura di Franco Serblin

SuONO • luglio 2010 29

in alto: filante come da tradizione del progettista, Ktêma è più piccolo di quanto ci si potrebbe aspettare. verrà prodotto in piccola serie ed esemplari numerati.

a destra: l’ingresso del metallo. top e base sono in alluminio lucidato, tratta-ti con la stessa cura artigiana del legno che si inserisce armonicamente nella nuova creatura.

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attualità

30 luglio 2010 • SuONO

“Da tempo c’era una mia insoddisfazione nell’ascoltare un diffusore tradizionale a tre vie (un due vie ancora si salva): provo fastidio perchè arrivano più informazioni gravi che dalla parte nobile dello spettro musicale, la gamma medio-alta...”

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domanda: ma Snell, nei Type A, con tutto lo spazio a disposizione sul pannello frontale per quale motivo avrebbe collocato il woo-fer altrove? Se questa sembra una motivazione forse poco sosteni-bile, la domanda però è molto pertinente; anzi, quasi in maniera inconsapevole, i sistemi che emet-tono frontalmente quasi tutta la gamma utile e delegano la parte grave dello spettro a trasduttori non collocati nella parte anteriore, di fatto si manifestano molto più godibili e “fruibili” della norma. Questa non è una regola generale

anche perché non è la posizione che fa la differenza ma la “minima interazione” con l’emissione diret-ta, che si ottiene, appunto, anche tramite il posizionamento “non” sul pannello frontale”! Anche il carico acustico degli altoparlanti segue un po’ il concetto di “mi-nimo” intervento sull’emissione diretta, tanto che ha senso parla-re di carico smorzato aperiodico in modo che emissioni spurie o qualsiasi altra alterazione influi-sca il meno possibile sulla radia-zione diretta degli altoparlanti, principalmente quelli dedicati alla gamma medioalta. Tuttavia non è del tutto corretto definire il loro operato generalmente “in gamma medioalta” in quanto i due woofer sul pannello fronta-le, anche se non sono connessi in parallelo e riproducono por-zioni di frequenze differenti, si estendono molto verso l’estremo inferiore e presentano un blando taglio elettrico. Da questo punto di vista si potrebbero intendere come un sistema quasi completo a radiazione frontale diretta con un “bass sustain” ad hoc posizio-nato “altrove”. La quadratura del cerchio, oppure uno degli altri modi di intendere un siste-ma a 4 vie? In questo caso, sia-mo ben oltre la mera definizio-ne pragmatica e ci troviamo di fronte ad un prodotto che, nelle intenzioni e nella sostanza, cerca di interpretare e rappresentare i canoni estetici di riproduzione di Serblin nel modo più aderen-te all’idea di Serblin e allo stesso tempo, nel modo più “corretto dal punto di vista tecnico”!

KtêMa: l’aNiMaBase e top in acciaio, buffle an-teriore di ridotte dimensioni, superfici laterali a doppia curva-tura e poi, soprattutto, l’ispirata matita di Franco Serblin! Ecco Ktêma, un diffusore particolar-mente filante rispetto alle ultime realizzazioni del progettista, sia per il design che tende a far sfug-gire il diffusore in ambiente che per le dimensioni generali, anco-rate ai 111 cm di altezza. L’im-pressione generale è quella di un diffusore molto facile da inserire esteticamente in ambiente. Una versione prototipale del diffusore era stata da noi ascol-tata in occasione dell’intervista a Franco Serblin, ma l’embargo voluto dal costruttore ci porta solo ora a commentarne le ca-ratteristiche sonore, improntate

– come sempre – ad una visione dai canoni personalizzati. La gamma media è in grande evi-denza, contribuendo in maniera assoluta a definire il carattere del prodotto, senza condizionar-lo troppo. Pastosa, calda, dol-cissima, questa porzione della gamma di frequenze viene ripro-posta con una partecipazione commovente che dona alle voci un’emotività notevolissima. Tut-to accade senza che la porzione più elevata ne abbia a risentire, ma funga anzi da controcan-to, delineando, sottolineando e contribuendo al corpo di questa porzione dello spettro.All’altro estremo la gestione del-le basse frequenze è rispettosa,

mai strabordante ma non per questo meno presente o in gra-do di sottolineare l’articolazione degli strumenti in questa “fetta” della gamma di frequenze.Insomma, nel complesso ancora una volta un’opera la cui mano è perfettamente riconosciuta. Ispirata, diranno i più, troppo caratterizzata, controbatterà il manipolo dei detrattori: è il de-stino di Franco Serblin, come lo è (lo è stato e non dubitiamo che accadrà anche per Ktêma) il fatto di lasciare il segno in un mercato che da un lato è rimasto ancorato alle regole definite dai vecchi sag-gi, dall’altro ha consentito a po-chi outsider di entrare nella storia.A Franco Serblin è successo…

la nuova creatura di Franco Serblin

SuONO • luglio 2010 31

Prezzo: € 24.000,00Dimensioni: 42,5 x 111 x 46 cm (lxaxp)Peso: 110 kgCostruttore: Studio franco Serblin – Vl. Riviera Berica 703 – 36100 Vicenza tel/fax: 0444.24.04.75- www.francoserblin.it – [email protected]

Tipo: da pavimento Caricamento: reflex passivo N. vie: 4 Potenza (W): 20 min Im-pedenza (Ohm): 4 Risp. in freq (Hz): 26-33.000 Sensibilità (dB): 92 Note: tweeter da 28 mm a cupola morbida, 2 midrange da 4”, 2 woofer da 9” con cono metallico.

CaratteriStiChe diChiarate

Sopra: esaminando in frontale del diffu-sore si possono riscontrare i chiari segni dei canoni estetici propri del progettista.

in basso: gli altoparlanti sono realizzati su specifiche Scan Speack e da Seas. Si tratta di trasduttori completamente ri-disegnati sia nelle membrane che negli equipaggi mobili, mentre la tradizione di un glorioso passato è mantenuta tra-mite l’adozione del tweeter Scan Speack della serie d9000 che ha garantito nel tempo una musicalità e una costanza delle prestazioni decisamente unici: or-mai sono più di vent’anni che equipaggia diffusori quasi di ogni tipo mantenendo sostanzialmente inalterate le specifiche, trattandosi di uno dei più musicali e timbricamente apprezzabili tweeter a cupola in seta da 28 mm.

Nella pagina a fianco: Franco Serblin: da anni è legato ad alcuni criteri primari nel suo operato: al primo posto, il rispetto per l’attività artigianale. Pur non aven-do un background di natura tecnica, Ser-blin ha introdotto anche alcune soluzioni di grande rilievo. tra queste l’utilizzo di cavi in argento per la cablatura, respon-sabili – secondo il progettista – di una significativa parte delle qualità sonore, utilizzate anche nel caso di Ktêma.

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Page 24: Suono serblin homage

di Paolo Corciulo

Lo scorso hanno fu un’intuizione (Che fine ha fatto

Serblin?) nel momento giusto: Franco Serblin stava proprio in quel momento ultimando il progetto Ktêma e fu ben lieto di segnalare in anteprima il suo ri-torno sulle scene hi-fi dalle pagine di questo giornale (SUONO 442 – Luglio 2010).Quest’anno è una sor-presa, una telefonata alle soglie delle ferie che suona più o meno così: “Ti va di parlare un pochino?”. Certo che mi va: con Serblin è comunque un piacere e poi, ucci, ucci, sen-to odor di notiziola… Che infatti c’è, a sorpresa magari perché, ci sono cascato, era facile pensare che Ktêma fosse il canto del cigno, l’ul-timo lascito del grande vec-chio (anzi, vecio) dell’hi-fi italiana. E invece no: forse Franco Serblin si sente “grande” (ma lo fa con una educazione, un tatto e una leggerezza fuori dal comune…) ma vec-chio o troppo vecchio proprio no! O almeno è quanto si evince dal proseguo della con-versazione perché viene fuori che, lungi dall’aver appeso il cap-pello al chiodo, Serblin, dia-bolicum, per-severa, non lascia e fa qualche cosa di più che rad-doppiare: rein-venta il mini diffusore! Accordo è proprio questo:

la più re-cente rivi-

sitazione del classico mini-

diffusore due vie con midwo-

ofer da 15 cm da parte di quello che

è stato il papà dei Guarneri e, a buon diritto, uno dei prin-

cipali protagonisti nella progettazione

dei mini-diffusori.Anche in Accordo la matita è ispirata dal punto di vista estetico (sono bellissimi!) ma non rinuncia a qualche “intemperanza” tecnica: il disegno dei due elementi della coppia è speculare, come già accaduto nel caso dei Ktêma; tra i materiali utilizzati compare l’acciaio (il nome Accordo nasce ap-punto dalla necessità

mutuata dall’opera dei liutai di “accordare” insieme le varie su-perfici e i vari materiali) e viene scelta la soluzione di utilizzare un crossover esterno incorporato nel piedistallo che diventa elemento strutturale. Accordo farà il suo esordio sui mercati orientali in concomitanza con l’uscita di que-sto numero di SUONO: il prezzo, non ancora definito, dovrebbe aggirarsi intorno alle 6000 euro. Come già avviene per Ktema, la produzione, assolutamente artigianale, è affidata alla Labo-ratorium Srl di Vicenza, mentre la distribuzione è gestita la LP Audio di Trieste.

La logica rimane quella dei pic-coli numeri, in linea con le scelte attuali di Serblin che, principal-mente, rivendica la possibilità di esprimere ancora il suo parere senza troppi vincoli... SUONO: Avevamo avuto l’im-pressione che Ktêma volesse esse-re una sorta di ultimo lascito del tuo lavoro…Franco Serblin: C’è un ulteriore passo semplicemente perché non sono capace di fare il contempla-tivo! E poi questo nuovo progetto è una sorta di vacanza perché sono tornato ai vecchi amori, i piccoli diffusori a cui ho sempre creduto.Insomma il tuo amore per la ri-produzione della musica non si ferma e travalica…

No! Ogni tanto mi fermo: perché tutto questo lavoro possa dire qualcosa bisogna investire davve-ro tante energie. Qualche volta, e per la verità sempre più spesso, mi ritrovo esausto per quante ener-gie occorre spendere. Ecco quello mi fa dire: intanto mi prendo due giorni, mi riposo un po’, poi ne parliamo se fare ancora qualcosa! Ma in senso evolutivo che cosa rappresenta allora la logica del proscenio introdotta con Ktêma? Sicuramente  i prodotti realizzati dopo la tua uscita da Sonus faber sono prodotti senza compromessi in cui esprimi le tue più recenti convinzioni…Più che parlare di “senza com-promessi”, perché di compromessi bisogna farne sempre, possiamo dire che con Ktêma mi sono avven-turato in un progetto celebrativo per festeggiare i 30 anni della mia avventura e quindi quel progetto rappresenta una sfida con me stes-so anche se, alla fine, in verità a me non sono mai piaciuti i tre vie per cui ho voluto provare a far qual-cosa di diverso! Ktêma è qualcosa di speciale che non tutti capisco-no perché sono abituati ad essere investiti da una forte energia dei woofer frontali per cui l’ascolto di questi diffusori qualche volta im-barazza. È una cosa non per tutti che, un po’ alla volta, sta venendo fuori… Del resto anche il prezzo rende il prodotto in qualche modo

18 settembre 2011 • SUONO

Accordo: il bello del limiteattualità SerbliN tOrNa ai miNidiffUSOri

Ci aveva stupito, lo scorso anno e dopo un lungo silenzio, con Ktêma, l’originale tre vie da pavimento ispirato alla logica del proscenio; ora Franco Serblin ritorna un po’ a sorpresa con Accordo, un mini-diffusore (la tipologia da lui più amata) ancora una volta imprevedibile…

le caratteristiche preliminari di accordoDimensioni: 19 x 36 x 36 cm (lxaxp) Peso: 36 kg la coppia Tipo: da suppor-to Caricamento: bass reflex   N. vie: 2 Potenza (W): 20-100 Impedenza (Ohm): 4 Risp. in freq (Hz): 40-33.000 Sensibilità (dB): 87 Altoparlanti: Wf 15 cm in carta, Tw 29 mm cupola in seta Rifinitura: vero legno e alluminio Note: crossover a 6 dB/ottava, inserito nel piedistallo.

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selettivo… D’altra parte che senso ha far qualcosa che esiste già? Diciamo allora che il termine “sen-za compromessi” può essere usato per le tempistiche, per il modo di lavorare di questi progetti?C’è molto di strano in quel che continuo a fare, nel senso che die-tro le spalle non c’è un’industria ed è proprio per questo che si possono fare certe cose: l’industria ha esi-genze particolari e deve sottostare a tempi, a costi. Quel che invece faccio io è del fine artigianato; del resto ci sono molti che nel nostro mondo condividono questa idea di fare delle piccole produzioni, anche perché la richiesta si riduce sempre di più e, allora, forse la do-manda è: che senso ha l’industria nell’hi-fi? Anche Dan D’Agostino, con cui ho parlato qualche tempo fa, è dello stesso avviso. Uno che ha speso tanto di se stesso in que-sto mercato che decide comunque di andare avanti: perché mollare se si può ancora dire qualcosa? Gli sforzi, le attenzioni dedicate e quel che poi ti ritorna non sareb-bero giustificati ma di mezzo c’è la passione; è quella che ti frega!

Sembra esistere una tua “scintilla primordiale” che in qualche modo ti porta nel campo dei minidiffu-sori a ripercorrere un’idea, un’in-tuizione di base. Negli Accordo noi vediamo/intuiamo i principi fondamentali dei Guarneri: ci fai dono di un tuo flusso di coscienza in merito?In primis, è l’amore per l’armo-nico legno. Certamente negli Ac-cordo ci sono soluzioni per me irrinunciabili, come l’impiego di doghe in legno massello, magi-stralmente unite da mani esperte. Questo è ormai un sistema di co-struire il cabinet acustico abban-donato perché costoso e richiede tempi lunghi di stagionatura e lavorazione che una grande azien-da non può considerare. Se guar-diamo poi alla storia dei diffusori acustici, e al successo che alcuni modelli hanno ottenuto, ci accor-giamo che questi progetti, univer-salmente riconosciuti di gran pre-gio, sono costituiti quasi sempre da diffusori di piccole dimensioni. Diversamente dalla maggior parte dei modelli di grandi dimensioni, il piccolo diffusore sparisce per lasciar posto alla Musica. Il suo limite diventa grandezza. Rinun-ciare alle ultime ottave di esten-sione in frequenza, con la relativa necessità di mettere in movimento

grandi masse d’aria, consente di evitare cabinet voluminosi e l’u-tilizzo di diversi altoparlanti, con le relative difficoltà di fusione tra gli stessi. Anche le vibrazioni ge-nerate dagli altoparlanti sono più facili da controllare e accordare in un cabinet di ridotte dimensioni… Devo dire che mi ha sempre affa-scinato il ricreare, dal piccolo, la capacità evocativa del grande. Ho da sempre intuito, ad onta delle limitazioni fisiche, le dirompenti potenzialità del piccolo diffusore, dei piccoli altoparlanti, senza ma-gari avere una razionale coscienza del perché di questa potenzialità. Oggi il tutto mi appare più razio-nale: è il bello del limite!Senza limitazione non c’è arte, sono ben conosciute le limita-zioni dei piccoli diffusori e ci si aspetta poco da loro, ma è forse questo che li rende magici, la loro capacità di ricreare attraverso una sublime riproduzione della gamma media (non è forse que-sta la gamma più importante del-lo spettro musicale?) una magia musicale che spesso è sconosciuta a sistemi di grande dimensione ed estensione. Compito del proget-tista, ed in seguito dell’utilizza-tore, il saper estrarre emozioni dall’apparente poco a disposi-zione: mai, in qualsiasi forma d’arte, il dover miniaturizzare ha rappresentato un limite nel tenta-tivo di replicare l’essenza del rea-le, semmai è vero il contrario. Da un’iniziale e semplicistica ricerca della fedeltà assoluta all’evento originale, oggi la scienza della riproduzione audio tende sem-pre più verso la ricreazione di un evento generatore di emozione e coinvolgimento, una forma d’arte che vede l’appassionato utilizza-tore nella doppia veste di creato-re e fruitore dell’opera.Il diffusore acustico acquisisce un ruolo fondamentale nel tenta-tivo di tradurre un evento in un’e-mozione ed è inutile ribadire che ogni diffusore è un compromesso: ho ascoltato ed utilizzato i Quad ESL 57 e come si fa a non ammet-tere che hanno delle limitazioni? Eppure, ancora oggi è un riferi-mento assoluto per la naturalezza della gamma media! E poi tutte le tipologie di diffusori sono un com-promesso: lo sono i grandi diffu-sori a tromba, seri compromessi anche se fanno qualcosa che altri non possono fare; lo sono i mono-via, che, anche loro, fanno qual-cosa che altri non possono fare! Se creiamo grandi diffusori dob-

biamo aver a che fare con grandi mobili che assorbono energia con le conseguenti problematiche di coerenza per la molteplicità delle vie. Se cerchiamo alta efficienza, perdiamo profondità alle basse frequenze e ci esponiamo a poten-ziali colorazioni.Soprattutto non dimentichiamo il problema principale, la relazione fra ambiente e diffusore, una croce per diffusori a gamma estesissima.Tutti i diffusori hanno una loro personalità che non è, però, se-parabile da quella delle appa-recchiature complementari e dall’ambiente in cui si esprimo-no. Accordare il tutto è il vero problema, non la tecnologia di questo o quell’altro componente. L’accordo è il fondamento della musica, l’accordatura è il fonda-mento dello strumento musicale e, altrettanto, il fondamento del riproduttore di musica, che sia il singolo componente o l’intero sistema. Accordo del crossover, accordo degli altoparlanti, ac-cordo del cabinet, accordo della qualità della componentistica; una riproduzione musicale che vuol coinvolgere l’ascoltatore non può prescindere dall’accordo

della singola e della molteplicità delle parti. La finalità? La quali-tà dell’illusione!

Tu parli del fatto che un diffusore non è separabile da ciò che gli sta intorno, però immagino che quan-do progetti un prodotto e gli dai un’identità, tu ti ponga il proble-ma di come questa identità possa poi essere proposta all’utente.Sono sicuro che ai tuoi lettori hai più volte spiegato come il risultato finale sia determinato da una triade e che per quanto un prodotto sia stu-diato e affinato non possa separarsi dal resto della catena. Ambiente, amplificazione e diffusori sono tre cose che devono accordarsi… Sì però mi sembra che ci possano essere due strade per arrivare ad un giusto equilibrio: da un lato c’è chi sceglie di impattare (attraver-so soluzioni tecniche) il meno pos-sibile su e con ciò che li circonda; dall’altro, quasi per paradosso, si tende invece ad esaltare il carat-tere di un prodotto. In fondo un contrabbasso è sempre un con-trabbasso e sei sempre in grado di riconoscerlo… Mi sembra che i tuoi prodotti portino un’idea di suono molto definita che, come il contrabbasso, mantengono quel concetto con forza e con una gran-de identità.Se dai la stessa componentisti-ca che ho usato per Ktêma a 10 tecnici diversi, usciranno 10 cose diverse… Non è tanto le scelte che fai, quanto il gusto che hai che prevale nell’accordatura finale. Con Ktêma (che ha una tipologia

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Accordo: il bello del limite

A sinistra: rendering del retro del diffu-sore. Il crossover è inserito nel piedistal-lo, che diventa elemento strutturale, con connessioni ad altezza terra.

A destra: la vista in piana di Accordo; come si può notare ogni superficie è differente dall’altra. I due diffusori sono speculari l’un l’altro.

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attualità

diversa) ho lavorato molto nella gamma media perché trovo che la quantità di informazione che arriva da questa parte dello spet-tro musicale è così importante e determinante che occorreva dargli molta attenzione e molto risalto. Certo, è facile che alla fine venga fuori un qualcosa che ha a che ve-dere con un tuo piacere personale, un tuo modo di sentire… Ecco, proprio qui volevo arrivare: ad una sorta di modello sonoro. Mi chiedo come mai non te l’abbia chiesto mai in passato, mentre al-tri mi hanno dato risposte di ogni tipo. Ricordo ad esempio Imai che a questa domanda ha risposto: “Io vado tantissimo ai concerti e poi cerco nei miei prodotti di ri-proporre quella sensazione di ve-rismo che ho in mente”. Credo che a prescindere dalla coerenza con la realtà, con la verità, esitano dei modelli sonori a cui ci si attiene e, allora, il tuo parte da dentro, da te, o cerca di immaginare quale utente potrebbe soddisfare?No, a questo non ci penso mai!Dopo che approcci un’idea, cominci a pro-totipizzare, a mettere insieme la componentistica, perché un giorno dovrà suonare: è lì che comincia l’affanno! Confesso, specialmente di fronte ad un crossover complica-to come è stato per Ktêma, di non riuscire a dormire tranquillo per le scelte che ho fatto, perché ci sareb-be sempre da tornarci sopra. Tutto è perfettibile e la complessità di un progetto così lascia sempre spazio a dubbi su quello che hai fatto. E

questo ci ricollega con quello che è il progetto attuale: io con Accordo ho un po’ “riposato la mente”; ho ripercorso vecchi schemi, là dove mi sento meglio e meno vulnerabi-le. Perché il piccolo diffusore è nato per essere portato in casa. Trovo che chi si porta a casa un diffusore importante come Ktêma o qual-che altro, ha grandi rischi di farsi male perché si porta a casa anche dei problemi. Non posso dimenti-care che abbiamo camminato una giornata con Accardo a Cremona per trovare una stanza che gli an-dava bene. Non era in discussione lo strumento:  avevamo tre violini uno migliore dell’altro e ce li por-tavamo a spasso per la città per-ché lui non era mai contento della stanza dove doveva registrare. Questo la dice lunga: nella mag-gior parte dei casi non è in discus-sione il diffusore, lo strumento.Ecco perché Accordo, perché tut-to va accordato, la musica stessa non esiste se non c’è un accordo. Accordo inteso come la cosa che senti più corretta per la riproduzio-ne musicale. Le scelte per Accordo sono scelte, soprattutto per quanto riguarda la componentistica e il crossover, minimaliste con il mini-mo impatto. Io ho ancora in mente i Minima, che sono rimasti là come simbolo di qualcosa che funziona. Del resto sono i piccoli diffusori che rimangono nella storia dell’hi-fi. Nei diffusori di grandi dimen-sioni c’è sempre qualcuno che ar-rivando dopo annuncia “questo è il diffusore definitivo” e questo non è vero perché, alla fine, queste sono solo versioni dei fatti. Nel piccolo invece, soprattutto se tu approcci con un criterio minimalista (meno interferisce l’ambiente, meno cri-ticità), tutte queste cose finiscono per darti un prodotto finale che è più fruibile ed è pure più gradevole all’ascolto perché è meno critico. Questa è la sostanza! Archi che si tendono: un modo di riproporre il concetto che “il con-trollo delle vibrazioni è un fatto

culturale correlato agli obiettivi preposti” o, in modo più prosai-co, è vero che “se le conosci… le sposti dove più ti fa comodo”? La forma del diffusore è anche qui abbastanza originale…Per quanto riguarda il controllo delle risonanze, negli Accordo è stato introdotto un sistema di di-saccoppiamento delle parti lignee con inserti in alluminio-magnesio. Con questo intervento il beneficio del controllo delle risonanze è tan-gibile ed inoltre crea una barriera contro le interferenze elettroma-gnetiche (di cui siamo sempre di più invasi), che creano disturbo alla riproduzione audio.La forma del diffusore è specula-re. Lì innanzitutto è stato fatto un disaccoppiamento: nessuna parte lignea è a contatto con la successi-va. I fianchi sono solo due non c’è un terzo pezzo dietro; i due fianchi ricavati dal pieno del legno solido hanno questa forma perché si vo-leva innanzitutto ottenere un buon controllo delle risonanze, e questo è dovuto in gran parte al disaccop-piamento. La forma è qualcosa che matura nel tempo: dal paral-lelepipedo tu vedi quanta strada è stata fatta! Il taglio dell’accordo a 45 gradi comporta dei benefici e riduce di 3 dB la risonanza… è tutto un insieme insomma. Perché così strana questa forma? Innanzi-tutto perché è speculare e quindi va da sé che se vuoi adottare questa soluzione devi pure dargli una for-ma! Il resto sono cose che vengono fuori a forza di prototipizzare, via, via che ti convinci che una cosa ti piace più di un’altra. Mi domando sempre quando faccio una cosa: “Ma se la trovassi in negozio me la comprerei? Ecco, questo è un po’ il mio criterio. Se io trovassi in ne-gozio Accordo, beh, sicuramente ci farei un pensierino; me lo porterei a casa, perché mi stimola. E poi è una cosa che ha dei contenuti come il fatto di rimuovere il crossover dalla camera acustica e integrarlo nello stand: una soluzione defini-tiva a questo tipo di interferenze.

Certo più di tanto non si può fare: c’è sempre questa bobina, que-sto cono di carta che per fortuna ancora qualcuno lo fa (visto che predomina dappertutto l’allumi-nio)! A me piace riprendere quelle cose che il tempo ha convalidato. Il cono da 150 mm del midwoofer, realizzato da Lars Goller, è diven-tato una leggenda perché non c’è niente che lo sorpassi o almeno questa è la mia convinzione.Il tweeter (creato da Ragnar Lian – ndr), mamma mia: sono 30 anni che viene fatto e non sono capaci di farlo meglio! Allora come fai a non usare queste cose? Diventano delle certezze e facendo a monte queste scelte, quando vai avanti con la progettazione, queste scelte tornano. Non è che non bisogna guardare alle novità, però quando le novità ti lasciano a bocca asciut-ta, allora vado a prendermi le cose consolidate nel tempo! Che poi è un po’ la sintesi di quel che mi avevi detto un anno fa nell’intervista su Ktêma: non si inventa niente, al limite si rivisita in meglio…Esatto. Come vedi Ktêma usa questo leggendario midrange cu-stomizzato ma prende sempre lo spunto dal piccolo wooferino della Seas che ha fatto storia: insupe-rabile! Non è neanche facile par-lare di progettazione. Nel caso di Ktêma e Accordo, alla fine sono sempre le solite cose. Dopo tut-to sta nella sensibilità soggettiva che tira fuori qualcosa di più, è ad personam. Io non ho la pretesa di piacere a tutti; finisco un proget-to quando mi piace com’è fatto e come suona. Allora dico “Boh, a qualcuno piacerà…” e questo fa piacere anche a me e finisce lì…Quando sei arrivato ad un certo punto ti sembra che non si possa fare più niente; invece se hai l’u-miltà e la pazienza di ascoltare con attenzione, avverti che anche le piccole cose non fanno altro che aggiungere e completare l’accor-datura, che è una cosa che ha biso-gno di tempo. Sono proprio le pic-cole cose che fanno la differenza. E adesso…E adesso che cosa? Dopo Accordo…Adesso, o dopo, stai esagerando tu… Lasciami respirare! Accor-do è stato una vacanza, un modo di ripercorrere terreni noti. Non ti anticipo niente perché non c’è niente da anticipare….

20 settembre 2011 • SUONO

“Ho da sempre intuito, ad onta delle limitazioni fisiche, le dirompenti potenzialità del piccolo diffusore, dei piccoli altoparlanti, senza magari avere una razionale coscienza del perché di questa potenzialità. Oggi il tutto mi appare più razionale: è il bello del limite!”

SerbliN tOrNa ai miNidiffUSOri

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