Sun Stand Still · miracolo biblico compiuto da Yehoshua Bin-Nun ... Weinstein si basa su immagini...
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Sun Stand Still (“Sole fermati”), l’installazione site specific di Gal Weinstein è un’esplorazione del desiderio umano di fermare il tempo. Il progetto, che riflette la fascinazione verso reali e potenziali forme di creazione e distruzione, progresso e devastazione, si pone in maniera critica nei confronti di alcune immagini mitiche e romantiche fondamentali nella memoria collettiva degli israeliani. Il titolo dell’installazione allude al miracolo biblico compiuto da Yehoshua Bin-Nun (Giosuè), capo degli israeliti, ansioso di vincere la battaglia contro i re di Canaan prima del calare del buio. Ordinando al sole di fermare il suo corso, Bin-Nun cercò di interrompere lo scorrere del tempo.
Sun Stand Still occupa i tre livelli del padiglione e il cortile ed è composto di sei opere distinte: al pianterreno sono stati ricreati un pavimento ammuffito e muri in fase di decomposizione, e il monumentale disegno di un panorama realizzato in paglietta metallica e feltro; il piano intermedio è occupato da un’installazione a pavimento, composta da appezzamenti agricoli accostati come tessere di un puzzle e riempiti di fondi di caffè; al piano superiore, una scultura rappresenta la rampa di lancio di un missile, o di un satellite, in fibra acrilica; viene proiettato un video e un’installazione in marmo occupa il pavimento del cortile del padiglione. Insieme, le opere creano una narrazione, un possibile scenario post-apocalittico, indicativo degli effetti dell’umana hybris nella storia della civiltà. Il progetto di Weinstein può essere interpretato anche come una melanconica, poetica, allegoria della storia di Israele, ricca di atti miracolosi e momenti d’illuminazione, ma funestata anche da negligenza e distruzione; una storia che oscilla tra elevazione megalomane che conduce ad altezze vertiginose, e crolli clamorosi.
La particolarissima scelta dei materiali da parte di Weinstein – paglietta metallica, lana cardata, imbottitura acrilica per cuscini, caffè e muffa – gli consente di attenuare i confini fra processi organici incontrollabili e pratiche controllate, civilizzate, caratteristiche di agricoltura e tecnologia. Concentrandosi sugli aspetti materiali della precarietà, Weinstein indaga le relazioni fra la dimensione simbolica e quella del reale apparire. Considerato nel suo complesso, il progetto esamina l’ingannevole oscillazione fra elementi organici e artificiali, come pure fra la realtà e le sue innumerevoli imitazioni.
Weinstein vive e lavora a Tel Aviv. È uno dei più significativi artisti israeliani, all’apice della carriera. Ha esposto nelle più importanti mostre internazionali ed è noto per le ampie installazioni site specific e per l’originalità nella scelta dei materiali, individuati per la loro relazione con la logica della produzione di massa. Weinstein si basa su immagini mediatiche preesistenti, per esempio fotografie di paesaggi, e le cambia di segno: da immagini cariche di valore iconico e sentimentale, le trasforma in frammenti di utopia distrutta, esprimendo così un presente, e un futuro, di amara disperazione. Il suo lavoro riflette la complessa concezione contemporanea israeliana del paesaggio e la sua risonanza politica, materiale e simbolica.
Gal WeinsteinSun Stand Still
Curator: Tami Katz-Freiman
The Israeli PavilionBiennale Arte 2017
Additional Support:The Israel Lottery Council for Culture & Art; Compagnie Bancaire Helvétique (CBH); Bracha and Roy Ben-Yami; Ronny Douek;
The Philip and Muriel Berman Foundation; Outset Contemporary Art Fund; Artis Grant Program; Moise Y. Safra Foundation; Wendy Fisher;
ArtSeeker.com; Strauss Coffee; Luxembourg & Dayan Gallery; Adi and Miki Tiroche; The Israeli Arts Foundation, Tel Aviv University;
Art Fund / Sharon and Gil Brandes; Adi and Doron Sebbag; Ami and Orit Harlap; Shenkar – Engineering. Art. Design;
Riccardo Crespi Gallery, Milan; Gordon Gallery, Tel Aviv; Keitelman Gallery, Brussels; Plutschow Gallery, Zurich
“Sun Stand Still,” a site-specific installation by Gal Weinstein, is an exploration of the human desire to stop time. Reflecting a fascination with actual and potential forms of creation and destruction, progress and devastation, this project critically engages with the mythological and Romantic images embedded in Israel’s collective memory. The installation's title refers to the biblical miracle performed by the ancient Israelite leader Joshua Bin-Nun, who sought to win his battle against the kings of Canaan before darkness fell. By commanding the sun to stop in its course, Bin-Nun attempted to arrest the passage of time.
Extending over the pavilion's three levels and courtyard, “Sun Stand Still” consists of six individual works: a recreation of a moldy and decaying floor and walls, and a monumental landscape drawing made of metal wool and felt, located on the pavilion's ground level; a floor installation consisting of puzzle-shaped agricultural plots filled with coffee dregs, located on the intermediate level; a sculptural work depicting a missile or satellite launch pad made of Acrilan fiber, located on the top level; a video projection; and a marble floor installation, located in the pavilion's courtyard. Taken together, these works create a narrative that may be read as a post-apocalyptic vision, revealing the cost of human hubris in the enterprise of civilization. Weinstein's project may also be interpreted as a melancholic and poetic allegory of the Israeli story – one composed of miraculous acts and moments of enlightenment as well as neglect and destruction, a story vacillating between a megalomaniac soaring to great heights and a resounding crash.
Weinstein’s unique choice of materials – metallic wool, unraveled felt, Acrilan pillow stuffing, coffee, and mold – enables him to blur the boundaries between uncontrollable organic processes and the controlled, civilized practices of agriculture and technology. By focusing on material manifestations of temporality, he probes the relations between symbolism and concrete appearances. Taken in its entirety, this project addresses the deceptive oscillation between organic and artificial elements, as well as between reality and its countless simulations.
Weinstein, who lives and works in Tel Aviv, is one of Israel’s most prominent mid-career artists. His works have been featured extensively in major international exhibitions, and he is known for his large-scale, site-specific installations and his unique choice of materials, defined by the logic of cheap mass production. Weinstein works from pre-mediated landscape images such as found photographs, transforming images charged with a sentimental and iconic status into fragments of a shattered utopia – a present and future filled with despair. His works reflect the complex contemporary Israeli conception of the landscape and its political, material, and symbolic resonances.
Gordon Gallery ENGINEERING. DESIGN. ART
Israel Ministry of Foreign AffairsIsrael Ministry of Culture and Sport
Persistent, Durable, and Invisible, 2017 (detail) [“Persistente, duraturo e invisibile”]Paglietta di bronzo, paglietta d’acciaio, feltro e colla su MDFBronze wool, steel wool, felt, and glue on MDFPhoto: Elad Sarig
Offuscando i confini tra le due distinte categorie di architettura e corpo,
artificiale e organico, ordine e casualità, purezza e inquinamento,
Weinstein trasforma l’interno del padiglione, modernista Bauhaus, in
un ambiente sensuale. La paglietta d’alluminio – materiale associato
alle pulizie domestiche – sporca i muri puliti e ammorbidisce
l’austerità del white cube. Le immagini del pavimento e dei muri
ammuffiti in fase di decomposizione sono ispirate a vere macchie di
muffa scoperte dall’artista nel proprio studio di Tel Aviv. L'impressione
di muffa è resa coprendo centinaia di pannelli con paglietta metallica
di diverso genere, ulteriormente trattata con liquidi che conferiscano
alla ruggine sfumature differenti. Grazie a questo laborioso processo
manuale, Weinstein converte il padiglione nazionale – sia fisicamente
sia metaforicamente – in un sito abbandonato; un edificio disabitato,
muffito, i cui giorni di gloria sono passati; uno spazio spettrale invaso
da segni di declino, distruzione e catastrofe. Una muffa reale, che
cresce nel tempo reale, si trasforma così in muffa artificiale, coltivata,
trasportata in aereo da Tel Aviv a Venezia per andare a costituire un
paesaggio post-apocalittico, rivelatore del principio di una nuova
forma di vita.
Blurring the boundaries between the distinct categories of
architecture and the body, the artificial and the organic, order and
chance, purity and pollution, Weinstein transforms the pavilion's
modernist Bauhaus interior into a sensual environment. Steel
wool – a material associated with the sanitary aspects of the
domestic sphere – sullies the clean walls and softens the
streamlined appearance of the white cube. The images of a moldy,
decaying floor and walls are based on real mold discovered by the
artist in his studio in Tel Aviv. This semblance of mold was manually
created by covering hundreds of square panels with various types
of metal wool, some of which were treated with different liquids
to create rust in a range of shades. By means of this laborious,
manual process, Weinstein transforms the national pavilion – both
physically and metaphorically – into an abandoned site: a desolate,
mold-sprouting building whose days of glory have long passed,
a ghostly space pervaded by signs of decline, destruction, and
catastrophe. Real mold growing in real time is thus transformed into
artificial, cultivated mold that was flown from Tel Aviv to Venice to
form a post-apocalyptic landscape, which reveals the beginning of
a new form of life.
Moon over Ayalon Valley, 2017 (detail)[“La luna sopra la valle dell’Ayalon”]Paglietta metallica, feltro e colla su compensatoMetal wool, felt, and glue on plywoodPhoto: Elad Sarig
L’opera Moon over Ayalon Valley fa riferimento al miracolo biblico
compiuto da Yehoshua Bin-Nun (Giosuè), che ordinò al sole di fermarsi
per arrestare lo scorrere del tempo, consentendogli di vincere la
battaglia contro i re di Canaan prima del calare delle tenebre. “O sole
fermati in Gabaon e tu, luna, nella valle dell’Ayalon”. Secondo la storia
biblica, Dio assecondò la richiesta di Giosuè e il sole arrestò il suo corso.
Nel clima politico israeliano attuale, questo miracolo della fede, che
parrebbe trionfare sulle leggi della fisica, può essere interpretato come
una distorsione della realtà, oscillante fra negazione dell’impossibile
e fede incrollabile in esso. Tale percezione riflette inoltre l’universale
desiderio degli uomini di fermare il tempo. L’origine iconografica del
panorama è una fotografia della valle dell’Ayalon tratta dal volume
Sulle tracce di Mosé pubblicato nel 1973. Il volume descrive il ritorno del
popolo ebraico alla Terra Promessa; il testo è corredato di fotografie
di paesaggi e reperti archeologici che avallerebbero l’utilizzo della
mitologia biblica come prova storica del legame ebraico-israeliano
con la terra. Weinstein estrapola questo antico paesaggio simbolico
dal libro e ricrea l’immagine in dimensioni monumentali, utilizzando
una complessa tecnica manuale, consistente nell’incollare diversi tipi
di paglietta metallica e lana su compensato.
The work Moon over Ayalon Valley refers to the biblical miracle
performed by Joshua Bin-Nun, who sought to win his battle against
the kings of Canaan before darkness fell by commanding the sun
to stop in order to arrest the passage of time: "O sun stand still at
Gibeon, And O moon in the valley of Ayalon." According to the
biblical story, God granted Joshua his request, and the sun stopped
in its tracks. In Israel's current political climate, this miracle of faith,
which seemingly triumphed over the laws of physics, may be
interpreted as a distorted perception of reality – one vacillating
between denial and a determined belief in the impossible. In a
universal context, this perception reflects the human desire to
suspend time. The visual origin of this landscape is a photograph
of the Ayalon Valley from the album In the Footsteps of Moses,
published in 1973. The album describes the return of the Jewish
people to the Promised Land, accompanied by photographs of
landscapes and archeological finds that seemingly support biblical
mythology as historical proof of the Jewish-Israeli connection to the
land. Appropriating the ancient symbolic landscape from the book,
Weinstein recreated it using a laborious manual technique, which
involved gluing different kinds of metal wool and felt onto plywood
panels to form this monumental image.
Jezreel Valley in the Dark, 2017 (detail) [“La piana di Jezreel al buio”]Poliuretano, zucchero e caffèPolyurethane, sugar, and coffeePhoto: Lee Barbu
In Jezreel Valley in the Dark, vere spore di muffa crescono e si
moltiplicano in “appezzamenti” agricoli uniti come tessere di un
puzzle e riempiti di fondi di caffè e zucchero. La piana di Jezreel –
uno degli emblemi degli insediamenti agricoli fondati dai pionieri
sionisti – nella memoria collettiva di Israele ha assunto uno status
di paesaggio mitico. In quest’opera, Weinstein crea un “laboratorio
agricolo”, una sperimentale “coltivazione di muffa” che cresce nei neri
campi della piana di Jezreel, con spore nutrite dai microorganismi
presenti nell’aria di Venezia. Come la paglietta d’acciaio del piano
inferiore, che si arrugginisce progressivamente, anche questo lavoro si
modificherà nel corso della mostra: la polvere del caffè si ammucchierà
nei vassoi e le colonie di spore che vi crescono cambieranno forma e
colore. In un’ironica inversione dei processi agricoli, le azioni legate
all’ordine, alla coltivazione e alla cura, sono rimpiazzate da inazione
e trascuratezza. Paradossalmente la muffa, simbolo di abbandono e
dissoluzione, è proprio l’elemento che impregna questa immagine
iconica della valle di un senso di vitalità e durata nel tempo.
In Jezreel Valley in the Dark, real mold spores grow and multiply in
puzzle-shaped agricultural "plots" filled with coffee dregs and
sugar. The Jezreel Valley – one of the emblems of the agricultural
settlements founded by Zionist pioneers – has acquired the status
of a mythological landscape in Israeli collective memory. In this
work, Weinstein created an "agricultural laboratory” – an experiment
in "mold agriculture" that grows on the black coffee fields of the
Jezreel Valley, with spores nourished by the local Venetian micro-
organisms in the air. Like the steel wool rusting gradually on the
ground floor, this work too will be transformed in the course of
the exhibition, as the coffee mixture thickens in the trays and the
spore colonies growing upon it change their color and form. In an
ironic inversion of agricultural processes, actions related to order,
cultivation, and maintenance are replaced by inaction and neglect.
Paradoxically, the mold symbolic of desolation and dissolution is
the very element that infuses this iconic image of the valley with a
sense of life and temporal duration.
El Al, 2017 (detail)Fibra acrilica, grafite, polistirolo e struttura metallicaAcrilan fiber, graphite, Styrofoam, and metal constructionPhoto: Tami Katz-Freiman
El Al dimostra la costante attenzione di Weinstein alla questione del
tempo. L’opera costituisce un tentativo materiale, tramite la scultura,
di fermare il momento immediatamente successivo a un evento
concreto, caratterizzato da movimento e cambiamento rapidissimi.
L’opera rappresenta la rampa di lancio di un missile o satellite pochi
istanti dopo la partenza; fiamme e fumo in fibra acrilica avvolgono una
struttura diagonale. El Al, che in ebraico significa “verso l’alto”, è anche
il nome della linea aerea israeliana. Il lavoro può essere letto come
un’espressione della violenza militare e del potenziale distruttivo delle
azioni umane. Bloccando un evento istantaneo, Weinstein sposta
l’attenzione dal significato politico e simbolico dell’immagine alla sua
presenza visiva, tattile, alla sua materialità. Con parole sue, l’immagine
mira a “tramutare il simbolico in qualcosa di concreto”.
El Al underscores Weinstein's ongoing preoccupation with
temporality. It constitutes a material, sculptural attempt to arrest
time in the aftermath of a physical event characterized by rapid
movement and change. This work represents a missile or satellite
launch pad moments after takeoff, as bursts of fire and smoke made
of ethereal Acrilan fiber envelop a rising diagonal construction. The
term El Al, which means “upwards” in Hebrew, is also the name of
Israel’s national airline. This work may be read as an expression of
military violence and of the destructive potential of human actions.
By freezing an event that took place in the flash of a second, Weinstein
diverts attention from the symbolic political meaning of the image to
its visual presence, tactility, and material sensuality. In his own words,
this image aims "to convert the symbolic into the concrete."
Enlightenment, 2017 (video still) [“Illuminazione”] Video a un canale Single-channel videoPhoto: Guy Raz
Il video Enlightenment presenta l’immagine di un cervello umano
realizzato in bambagia: una sezione schematica, orizzontale, che
rammenta una tela di ragno. Weinstein ha appiccato il fuoco alla
bambagia e le fiamme, consumando l’immagine, la rivelano. Il
lavoro documenta le fiamme che si estendono fino ai lobi cerebrali
e ne lambiscono le membrane. Il titolo si riferisce a un’inaspettata
intuizione rivelatoria, e riprende il tema dell’interruzione
miracolosa delle leggi di natura presente in Moon over Ayalon
Valley. Il fuoco trasforma il cervello in un’immagine pittorica in
movimento, richiamando processi di conoscenza razionale e,
contemporaneamente, di disgregazione organica.
The video work Enlightenment features an image of a human brain
made of cotton wool – a schematic, horizontal section reminiscent
of a spider web. Weinstein set fire to the cotton wool, so that the
flames reveal the image, consuming it as they spread to the lobes
of the brain and lick its membranes. The title, which refers to an
unexpectedly revealed insight, further engages with the miraculous
disruption of the laws of nature portrayed in Moon over Ayalon
Valley. The fire transforms the brain into a painterly image in motion,
calling to mind processes of rational cognition as well as organic
disruption.
Marble Sun, 2014 [“Sole di marmo”]Marmo e pietre varieMarble and various stonesCourtesy of Collezione Patrizia Dal Re, Ravenna and Galleria Riccardo Crespi, MilanPhoto: A. Bonsignori and G. Onelia
Marble Sun è la versione recente di un precedente lavoro di Weinstein,
ispirato alla struttura di Nahalal, il primo villaggio socialista fondato da
immigranti ebrei all’inizio del Ventesimo secolo. La struttura circolare
del paese, progettata da Richard Kaufmann, rifletteva un’ideologia
utopistica, egualitaria. L’anello più esterno era diviso in appezzamenti
agricoli; quello interno era occupato dalle abitazioni degli agricoltori,
e il centro del cerchio ospitava edifici pubblici e le residenze dei
funzionari locali. Nella moderna mitologia israeliana, Nahalal è
sinonimo di lavoro agricolo ebraico e di stile di vita autentico,
rurale; paradossalmente, è anche considerato la culla della nuova
élite israeliana. Il lavoro originale di Weinstein, Nahalal, Parzialmente
nuvoloso, 2005, era composto di strisce di erba artificiale e moquette
da ufficio dozzinale in diverse sfumature di verde, giallo e marrone.
Qui il lavoro è stato adattato all’ambiente italiano: è eseguito in
marmo di Carrara e altre pietre in una varietà di grigi, marroni, verdi
e beige-giallastri, le cui tonalità contrastanti creano un effetto di luce,
irradiante dal centro. La rappresentazione di Weinstein del mitico
insediamento – dapprima in moquette e in seguito in un materiale
associato a monumenti e memoriali, quale il marmo – solleva
domande sull’origine e sulla morte di idee sociali e politiche.
Marble Sun is a recent version of an early work by Weinstein, which was
inspired by the design of Nahalal, the first socialist village established
by Jewish immigrants in the early 20th century. The circular design
of the village, planned by the architect Richard Kaufmann, reflected
a utopian, egalitarian ideology. The outer ring was divided into
agricultural plots; the inner ring was designated for the farmers'
shacks; and the center of the circle housed public buildings and
the residences of village functionaries. In modern Israeli mythology,
Nahalal is synonymous with Jewish agricultural labor and an authentic,
rural lifestyle; paradoxically, it is also viewed as the birthplace of a
new Israeli elite. Weinstein's original work, Nahalal, Partly Cloudy,
2005, was made of synthetic strips of artificial grass and cheap office
carpeting in numerous shades of green, yellow, and brown. Here, the
work has been adjusted to the Italian environment: it is composed of
Carrara marble and other stones in a range of grays, browns, greens,
and yellowish-beige, whose contrasting hues create the effect of
light radiating out from its center. Weinstein's representation of this
mythological settlement – first by means of carpets and then again
by means of marble, a material associated with memorials and
commemoration – raises questions about the birth and death of
social and political ideals.