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Studi e ricerche La nascita del centrosinistra e la Gran Bretagna Partito socialista, laburisti, Foreign Office Ilaria Favretto Scopo del presente saggio è la ricostruzione di come da Oltre Manica si sia guardato alla nascita del cen- trosinistra. Vengono dunque presi in considerazio- ne i rapporti fra il partito laburista inglese e il par- tito socialista italiano negli anni cinquanta e sessan- ta e il ruolo giocato dall’ambasciata britannica a Roma dal 1956 in poi nel processo autonomista nenniano. Le fonti primarie utilizzate, materiale d’archivio del partito laburista e del Public Record Office, sono per lo più inedite: se infatti, per quello che riguarda gli anni subito dopo la fine della guer- ra, molti storici hanno attinto a piene mani da que- sti carteggi, non si può dire lo stesso per il periodo seguente. Stando agli studi attuali, risolta la que- stione di Trieste, dalla metà degli anni cinquanta in poi la Gran Bretagna scompare quasi compieta- mente di scena e gli Stati Uniti sembrerebbero esse- re gli unici ad aver esercitato una determinante inge- renza sul sistema politico italiano. Nessuno potreb- be mettere in discussione il fatto che il placet ame- ricano a scelte italiane, sia di carattere politico che economico, abbia avuto maggior peso rispetto a quello di qualsiasi altra nazione. Eppure, il fatto che fino ad adesso non siano stati presi in conside- razione altri possibili attori internazionali rappre- senta un vuoto storiografico ingiustificato. I docu- menti presi in esame in questo lavoro offrono nuo- ve lenti attraverso cui si possono leggere con mag- giore chiarezza atteggiamenti e scelte di Nenni all’indomani della svolta del 1956 e guardare da una nuova angolatura momenti importanti della vi- ta politica italiana, in modo particolare il lungo e difficoltoso iter autonomistico percorso dal Psi dal- la metà degli anni cinquanta in avanti in relazione alle spinose questioni dell’unificazione socialista e della nascita del centrosinistra. Nelle pagine che se- guono vengono quindi ricostruiti l’interesse suscita- to dal nuovo corso socialista e le ingerenze della di- plomazia britannica e dei laburisti inglesi entrambi interessati, anche se per motivi diversi, a veder pre- sto sorgere anche in Italia un forte partito socialde- mocratico modello europeo. This essay describes the British response to the coming of the Centre-Left governments in Italy, through an examination of both the Labour-So- cialist relationships during the Fifties and Sixties and the influence played by the British embassy over Nenni’s “autonomistic” policy. Most of the primary archival sources here being considered by the A. are first-hand materials. Indeed, several historians have largely drawn on these papers with respect to the first postwar years, but such is not the case of the subsequent period. According to current studies, after the settlement o f the Trieste question Great Britain almost disappeared from the Italian scene, leaving entirely to the United States the task o f conditioning the political trend o f Rome. No doubt the American placet always weighed more than anyone else’s both at political and eco- nomic level, yet this is not, in the A.'s opinion, a good reason to overlook the role o f other possible foreign actors. The documents being dealt with in this work pro- vide a new and clearer insight into Nenni's views and decisions since the 1956 turning point, opening up unprecedented perspectives on important mo- ments o f the Italian political story, particularly the long and tormented “autonomistic” haul opera- ted by the PSI since the mid-Fifties, with its salient efforts of the Socialist unification and the forming o f a Centre-Left coalition. The following pages re- construct the British attitude toward the new so- cialist course and the interferences exerted both by British diplomacy and the Labour Party, equally desirous though for different motives to welcome the birth o f a strong Social-Demo- crat party in the European style also in Italy. Italia contemporanea”, marzo 1996, n. 202

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Studi e ricerche

La nascita del centrosinistra e la Gran BretagnaPartito socialista, laburisti, Foreign Office

Ilaria Favretto

Scopo del presente saggio è la ricostruzione di come da Oltre Manica si sia guardato alla nascita del cen­trosinistra. Vengono dunque presi in considerazio­ne i rapporti fra il partito laburista inglese e il par­tito socialista italiano negli anni cinquanta e sessan­ta e il ruolo giocato dall’ambasciata britannica a Roma dal 1956 in poi nel processo autonomista nenniano. Le fonti primarie utilizzate, materiale d’archivio del partito laburista e del Public Record Office, sono per lo più inedite: se infatti, per quello che riguarda gli anni subito dopo la fine della guer­ra, molti storici hanno attinto a piene mani da que­sti carteggi, non si può dire lo stesso per il periodo seguente. Stando agli studi attuali, risolta la que­stione di Trieste, dalla metà degli anni cinquanta in poi la Gran Bretagna scompare quasi compieta- mente di scena e gli Stati Uniti sembrerebbero esse­re gli unici ad aver esercitato una determinante inge­renza sul sistema politico italiano. Nessuno potreb­be mettere in discussione il fatto che il placet ame­ricano a scelte italiane, sia di carattere politico che economico, abbia avuto maggior peso rispetto a quello di qualsiasi altra nazione. Eppure, il fatto che fino ad adesso non siano stati presi in conside­razione altri possibili attori internazionali rappre­senta un vuoto storiografico ingiustificato. I docu­menti presi in esame in questo lavoro offrono nuo­ve lenti attraverso cui si possono leggere con mag­giore chiarezza atteggiamenti e scelte di Nenni all’indomani della svolta del 1956 e guardare da una nuova angolatura momenti importanti della vi­ta politica italiana, in modo particolare il lungo e difficoltoso iter autonomistico percorso dal Psi dal­la metà degli anni cinquanta in avanti in relazione alle spinose questioni dell’unificazione socialista e della nascita del centrosinistra. Nelle pagine che se­guono vengono quindi ricostruiti l’interesse suscita­to dal nuovo corso socialista e le ingerenze della di­plomazia britannica e dei laburisti inglesi entrambi interessati, anche se per motivi diversi, a veder pre­sto sorgere anche in Italia un forte partito socialde­mocratico modello europeo.

This essay describes the British response to the coming o f the Centre-Left governments in Italy, through an examination o f both the Labour-So­cialist relationships during the Fifties and Sixties and the influence played by the British embassy over Nenni’s “autonomistic” policy. Most o f the primary archival sources here being considered by the A. are first-hand materials. Indeed, several historians have largely drawn on these papers with respect to the first postwar years, but such is not the case o f the subsequent period. According to current studies, after the settlement o f the Trieste question Great Britain almost disappeared from the Italian scene, leaving entirely to the United States the task o f conditioning the political trend o f Rome.No doubt the American placet always weighed more than anyone else’s both at political and eco­nomic level, yet this is not, in the A.'s opinion, a good reason to overlook the role o f other possible foreign actors.The documents being dealt with in this work pro­vide a new and clearer insight into Nenni's views and decisions since the 1956 turning point, opening up unprecedented perspectives on important mo­ments o f the Italian political story, particularly the long and tormented “autonomistic” haul opera­ted by the P SI since the mid-Fifties, with its salient efforts o f the Socialist unification and the forming o f a Centre-Left coalition. The following pages re­construct the British attitude toward the new so­cialist course and the interferences exerted both by British diplomacy and the Labour Party, equally desirous — though fo r different motives — to welcome the birth o f a strong Social-Demo­crat party in the European style also in Italy.

Italia contemporanea”, marzo 1996, n. 202

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Fatti e documenti inediti sul centrosinistra

Per quello che riguarda lo stato attuale degli studi finora condotti sulla nascita del centro- sinistra, l’archivio del partito laburista ingle­se nonché i Foreign Papers conservati al Pu­blic Record Office rappresentano, senza dub­bio, degli osservatori interessanti per alzare un velo su forze e voci fino ad ora ignorate e rimaste a torto dietro le quinte della storio­grafia esistente. Per cominciare dai carteggi del partito laburista, essi consentono di indi­viduare la fitta rete di rapporti fra i due mas­simi leader del socialismo italiano e i maggio­

ri rappresentanti del socialismo europeo. Tali rapporti finora sono stati solo accennati o addirittura ignorati dai testi relativi alla sto­ria del Psi di questi anni1.

La letteratura esistente sulle vicende di questo partito si è da sempre dimostrata in­fatti poco interessata, e a torto, ad un’analisi dei collegamenti internazionali che il Psi in­trattenne con i propri corrispondenti oltre confine. Gli unici lavori pubblicati finora che hanno cercato di far luce sui rapporti fra il partito socialista e la comunità interna­zionale socialista non vanno oltre gli anni cinquanta2. Manca di fatto uno studio più

Il presente saggio è una sintesi della tesi di laurea di chi scrive, discussa nel luglio 1994. Colgo l’occasione per ringraziare Luigi Bruti Liberati e Donald Sassoon per il prezioso aiuto e gli utili suggerimenti offertimi.1 Per quello che riguarda gli anni cinquanta e sessanta sono pochi i testi che fanno riferimento ai rapporti fra il Psi, l’Intemazionale socialista e il partito laburista. Si vedano innanzitutto le seguenti biografie: Michael Foot, A. Bevati, 1945-1960 (a Biography), voi. II, London, 1973; Janet Morgan (a cura di), The Backbench Diaries o f Richard Crossman, London, Hamis Hamilton and Jonathan Cape, 1981; Philip M. Williams, Hugh Gaitskell, London, Hamis Hamilton and Jonathan Cape, 1979; Pietro Nenni, Tempo di guerra fredda, diari 1943-1956, a cura di Giuliana Nenni, Domenico Zu- caro, Milano, SugarCo, 1981; Pietro Nenni, Gli anni del centrosinistra. Diari 1957-1966, Milano, SugarCo, 1982. Si ve­dano inoltre: Cesare Rossi, Fabrizio Achilli, L'unificazione socialista. Una difficile stretta di mano, Milano, Palazzi, 1969 e Enzo Santarelli, Pietro Nenni, Torino, Utet, 1988. Meritano particolare menzione: Simona Colarizi, Storia dei partiti dell’Italia repubblicana, Roma, Laterza, 1994 e Maurizio Degl’Innocenti, Storia del Psi. Dal dopoguerra ad oggi, III voi., Roma, Laterza, 1993. In entrambi i testi viene offerta una maggiore contestualizzazione del percorso autonomista di Nenni nella cornice socialdemocratica europea; le proposte politiche avanzate dal Psi nell’ottica del centrosinistra ven­gono infatti messe in relazione al processo revisionistico che investi l’intero socialismo europeo dalla metà degli anni cinquanta in poi. È questo un raro esempio di lettura comparativistica della storia del socialismo italiano, che tende invece ad essere troppo spesso interpretata “in chiave nazionale” . Già nel 1976 Valdo Spini ebbe occasione di sottoli­neare come per molti anni ci si fosse rivolti alle vicende del movimento operaio e socialista trascurando non solo le con­nessioni internazionali del socialismo italiano ma anche la storia del socialismo in altri paesi. L’unico termine ammis­sibile di comparazione sembrò essere a lungo il leninismo una volta caduto il quale rimase il vuoto (cfr. Trent’anni di politica socialista (1946-1976). Atti del convegno organizzato dall'Istituto socialista di studi storici, Parma, gennaio 1977, Roma, Mondo Operaio - Ed. Avanti!, 1977, p. X). È indubbio che qualche passo in avanti in questo senso sia stato compiuto; rimangono tuttavia ancora molte le strade inesplorate, restando lo schema interpretativo comparativi- stico prerogativa di pochi.2 Enrico Deeleva, Nenni, Saragat, i socialisti italiani e la Sfio ( 1945-1948), in Jean Baptiste Duroselle, Enrico Serra, Italia e Francia (1946-1954), Milano, Angeli, 1988, pp. 172-173; Pietro Sebastiani, Laburisti inglesi e socialisti italiani. Dalla ricostruzione del Psi (up) alla scissione di palazzo Barberini, da Transport House a Downing Street (1943-1947), Roma, Quaderni Fiap, 1983; Antonio Varsori, L ’incerta rinascita di una tradizionale amicizia: i colloqui Bevin-Sforza dell'ottobre 1947, “Storia contemporanea”, 1984, n. 4, pp. 593-645; Antonio Varsori, Il Labour Party e la crisi del so­cialismo italiano (1947-1948), in Fondazione Brodolini (a cura di), I socialisti e l ’Europa, Milano, Angeli, 1989, pp. 159- 210; Antonio Varsori, La Gran Bretagna e le elezioni politiche italiane del 18 Aprile 1948, “Storia contemporanea”, 1982, n. 1, pp. 5-70; Alessandro De Felice, La socialdemocrazia e la scelta occidentale deUTtalia (1946-1947), “Storia contem­poranea”, 1985, n. 1, pp. 5-43; Alfredo Cañavero, Pietro Nenni, i socialisti italiani e l’Internazionale socialista tra Est ed Ovest dopo la seconda guerra mondiale, in Les Internationales et les problème de la guerre au XX siècle, Roma, 1987; R. Steinenger, L ’Internazionale socialista dopo la seconda guerra mondiale. Germania, piano Marshall, Italia, in Marta Pe- tricioli (a cura di), La sinistra europea nel secondo dopoguerra 1943-1949 (atti del convegno internazionale 11-13 aprile 1980), Firenze, Sansoni, 1982; Mario Telò (a cura di), L ’Internazionale socialista. Storia, protagonisti, programmi, pre­sente, futuro, Roma, Ed. L’Unità, 1990; si veda anche il numero monografico sul socialismo europeo nel primissimo

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approfondito sulle relazioni che Nenni, con­temporaneamente alla svolta autonomista del 1956, cercò di tessere con i propri omolo­ghi europei e che le ricerche, condotte attra­verso questo studio, dimostrano essere tut- t’altro che da sottovalutare.

Il materiale d’archivio del partito laburi­sta, il bollettino delFInternazionale socialista nonché la copiosa diaristica, frutto della dif­fusa passione nutrita dalla maggior parte dei politici inglesi per il lascito di memorie ai propri posteri, sono infatti tutti specchi in cui è stato possibile vedere riflesso il fermen­to e l’attenzione crescente, dal 1956 in poi, per questo partito sulla via della conversione non a caso spesso paragonato al “figliol pro­digo” di ritorno a casa. La speranza di poter veder sorgere un forte partito socialdemocra­tico unificato secondo il modello del Labour Party e, in un secondo tempo, la prospettiva di una collaborazione intergovernativa fra il gabinetto Wilson e un governo in cui fossero presenti i due partiti socialisti italiani, spinse­ro il partito laburista a farsi attivo promotore della riunificazione delle forze socialiste con quelle di Saragat prima, e deH’mserimento del Psi nella compagine ministeriale poi.

Come accennato sopra, il partito laburista e l’Internazionale non sono i soli attori ad essere stati ignorati da chi fino ad ora ha vo­luto cimentarsi nella ricostruzione di quei complessi e allo stesso tempo estremamente dinamici anni della storia del socialismo ita­liano. Dalla lettura dei Foreign Papers con­servati al Public Record Office emerge infatti in modo inequivocabile la grande attenzione

che da parte del governo inglese, anche se so­lo dal 1956 in poi, si prestò alla formula del centrosinistra vista come la possibilità di so­stituire quella ormai consunta e sempre più insostenibile del centrismo. Dall’esame di questi carteggi, risulta chiaramente che vi fu una notevole discrepanza fra le valutazio­ni britanniche e quelle che contemporanea­mente provenirono da parte americana. L’ambasciatore inglese Clarke, a Roma dal 1954 al 1962, si mantenne per tutto il perio­do del suo mandato in Italia in una posizio­ne tutt’altro che defilata rispetto al nascente dialogo fra Saragat e Nenni e al possibile in­serimento del partito, che egli sperò di veder nascere dall’incontro dei due, in una compa­gine governativa.

Inutile dire che l’ambasciata inglese seguì l’evolversi dei rapporti fra Psdi e Psi sempre e solo in funzione degli effetti che ne sarebbe­ro potuti derivare al quadro politico italiano, dal 1953 in poi alla ricerca di nuovi equilibri. Il destino del socialismo in Italia e altrove, come comprensibile, preoccupava ben poco; l’interesse per l’unione fra Saragat e Nenni, sempre a condizione che si compisse con le dovute garanzie, incontrò, a fasi alterne, il fa­vore della diplomazia britannica esclusiva- mente interessata alla nascita di governi sta­bili e affidabili; l’incapacità della De di ga­rantire dal 1953 in poi esecutivi solidi, non­ché il marcato filoamericanismo di Fanfani furono tutti fattori che influirono sulla dispo­nibilità da parte inglese a guardare con favo­re a qualsiasi soluzione che permettesse di ve­der uscire di scena i poco amati esponenti de­

dopoguerra, “Annali Fondazione Brodolini”, 1988, n. 2. Si trovano accenni, seppur molto brevi, aU’Internazionale So­cialista e al Psi prima della sua espulsione nel 1949 anche in Francesca Taddei, II socialismo italiano de! dopoguerra. Correnti ideologiche e scelte politiche 1943-1947, Milano, Angeli, 1984; Maurizio Punzo, Dalla liberazione a Palazzo Bar­berini. Storia del partito socialista italiano dalla ricostruzione alla scissione del 1947, Milano, Celuc libri, 1973; Paola Ca- ridi, La scissione di Palazzo Barberini. La crisi del socialismo italiano 1946-1947, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 1990; Danilo Ardia, Il partito socialista italiano e il Patto atlantico, Milano, Angeli, 1976; Enrico Deeleva, I socialisti fra unità europea e politica dei blocchi, in Arturo Colombo (a cura di), La Resistenza e l ’Europa, Firenze, Le Monnier, 1984; Giuseppe Romita, Taccuini politici (1947-1958), Milano, 1980; Julius Braunthal, History o f thè International, 1943- 1968, voi. Ili, London, 1980; Guillame Devin, L'Internationale socialiste, Paris, Ed. Fondation Nationale de Sciences Politiques, 1993.

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mocristiani. Se per i laburisti inglesi e i socia­listi europei la scelta autonomista del Psi si­gnificò innanzitutto poter colmare il vuoto della rappresentanza italiana nell’alveo del­l’Internazionale socialista, costretta a consta­tare anno dopo anno la debolezza del partito di Saragat e il suo scarso radicamento nella classe lavoratrice, per l’ambasciatore Clarke l’abbandono del frontismo da parte del parti­to socialista volle dire la possibilità di veder sorgere ulteriori forze legittimate ad assumere cariche ministeriali che si potessero pertanto candidare a perno di nuove future coalizioni.

I rapporti che i due partiti socialisti italiani intrattennero contemporaneamente con Transport House3 e con l’ambasciatore ingle­se e la sua équipe portarono più volte i due interlocutori d’Oltre Manica se non ad una vera e propria concertazione di intenti perlo­meno a scambi di vedute e ad episodiche “collaborazioni” . Specie da parte di Sir Ash- ley Clarke vi fu spesso la tentazione di servir­si degli uomini di Transport House e solo i frequenti moniti del Foreign Office, che da Londra non smise mai di ricordare l’inoppor­tunità di disporre a proprio piacimento del- l’“ opposizione” , richiamarono i funzionari di Roma ad una maggiore cautela.

La totale sintonia di vedute riguardo alle questioni italiane, specie fino alla fine degli anni cinquanta, fra laburisti e governo bri­tannico permise tuttavia all’ambasciata di godere dei frutti dell’operato laburista sen­za doversi esporre in prima persona se non in rari casi: infatti come fino al 1956 l’“apertura a sinistra” e la candidatura del Psi a partito di governo non solo incontra­rono diffidenza ma suscitarono grande ap­

prensione nelle stanze del Foreign Office, allo stesso modo rimase indiscussa la totale chiusura da parte laburista di fronte a qual­siasi tentativo da parte di Nenni di ricon­quistarsi il favore dei compagni inglesi. La conversione ad una minore intransigenza nei confronti dei socialisti giunse solo in se­guito e in contemporanea presso entrambe le parti ovviando alle spiacevoli eventuali divergenze che ne sarebbero potute sorgere.

1953-1955: l’autonomismo di Nenni convince poco

In seguito alle elezioni del 1953 e all’evidente crisi della formula centrista, l’esigenza di tro­vare soluzioni alternative si fece sempre più incalzante. Nuovi spazi politici si aprirono al Psi il cui inserimento nella compagine go­vernativa iniziò a rappresentare per molti l’u­nico rimedio al logoramento del blocco cen­trista. La distensione in atto sulla scena inter­nazionale e la rinata elasticità del panorama politico interno ispirarono una vera e proria fase dinamica nel partito di Nenni che rimise in discussione, adeguandosi alla nuova realtà internazionale e interna, gran parte delle sue precedenti posizioni.

Parallelamente ad un ammorbidimento della propria politica estera e alla riscoperta di una maggiore autonomia dal Pei, il Psi ten­tò di riallacciare i rapporti, interrottisi bru­scamente nel 1949, con le altre socialdemo­crazie europee in particolare con il partito la­burista da sempre referente primo per il so­cialismo italiano4. Per ancora parecchi anni a seguire nessuna concessione sarebbe stata

3 Quartier generale del partito laburista.4 I rapporti con Transport House erano andati deteriorandosi, si potrebbe affermare, fin dai primi anni della ricostru­zione a partire dalla delusione di fronte all’atteggiamento conservatore assunto dal governo Attlee in merito al trattato di pace; [’Inghilterra laburista apparve allora sostanzialmente analoga a quella conservatrice ed imperialista d’anteguer­ra. L’appoggio che i laburisti dettero in seguito, su pressioni americane, ai socialisti saragattiani, in occasione delle ele­zioni del 1948 e l’espulsione dei quattro deputati inglesi che mandarono invece, contrariamente alla linea assunta dal partito, un telegramma d’auguri a Nenni, non fecero che alienare ulteriormente le simpatie del leader socialista e del

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fatta tuttavia al partito di Nenni come dimo­stra la dura reazione della leadership laburi­sta alle aperture non autorizzate che dal 1953 in poi sembrarono provenire da parte dell’irrequieta sinistra bevanista. Il nuovo corso intrapreso dal Psi passò infatti tutt’al- tro che inosservato nelle fila del gruppo di Bevan, leader della sinistra laburista, la cui ritrovata politica terzaforzista5 costituì un importante punto di incontro e la possibilità per Nenni di tornare a dialogare, se non con tutto, per lo meno con una parte del presti­gioso partito d’Oltre Manica. Comune era senza dubbio la forte avversione per i sociali­smi di “destra” presenti nei rispettivi paesi di cui Saragat e Attlee venivano considerati i maggiori responsabili6.

Bevan, colloquiando con Crossman di ri­torno dall’Italia, dove aveva seguito per il “New Stateman and Nation” , settimanale della sinistra laburista, la consultazione elet­torale del 1953, sostenne che di fondamenta­le importanza sarebbe stato per Nenni la formulazione di un concreto programma so­cio-economico con il quale rendere credibile la propria candidatura a partito di governo. Se lo scopo di Togliatti voleva essere quello di fare dei socialisti un “imbuto” attraverso il quale convogliare la classe lavoratrice ver­so il partito comunista, il leader socialista doveva piuttosto ambire all’esatto contra­rio7. La politica dell’“alternativa socialista” e del “dialogo con i cattolici” che Nenni lan­ciò al congresso di Milano del 1953 ebbero un’accoglienza più che positiva in Gran Bre­

tagna, dove si pose il problema di quale aiu­to si potesse offrire al leader socialista per facilitarlo nel suo difficile percorso. L’invito di Crossman e di alcuni esponenti della Fa- bian Society a Nenni per partecipare ad una conferenza a Londra scaturì non solo dalla speranza di un riavvicinamento fra il leader Psi ed il proprio partito, ma anche dal desiderio di offrire al Psi la possibilità di riscattarsi di fronte all’intera socialdemo­crazia europea. L’intera vicenda è facilmente ricostruibile attraverso i carteggi del Foreign Office che segui con attenzione questa peri­colosa deviazione di Transport House fino ad allora in totale sintonia con la politica di intransigente condanna nei confronti del socialismo frontista del Psi condotta dal go­verno britannico.

Venuto a conoscenza dell’invito, l’amba­sciatore Clarke non esitò nei dispacci che in­viò a Londra a dare voce alle proprie preoc­cupazioni. Nenni, in occasione di un recente incontro con il diplomatico inglese, si era ri­chiamato, a riprova della bontà delle proprie posizioni anti-Ced, al crescente dissenso in­terno al Labour Party con chiara allusione alle posizioni di Bevan e alla sua proposta, ri­guardo al problema tedesco, di neutralizza­zione invece che di riarmo. L’ambasciatore si disse convinto che il leader socialista non avrebbe esitato a prendere a conforto della propria politica neutralista l’esistenza di po­sizioni simili anche all’interno di un partito prestigioso come quello laburista, conqui­stando in tal modo una pericolosa legittima-

Psi nei confronti dei propri omologhi inglesi. Per diversi anni Transport House rimase la vera e unica responsabile della trasformazione dell’Internazionale socialista in uno “strumento di lotta contro l’influenza comunista e sovietica in Eu­ropa e in favore del blocco occidentale” . Si rinfacciò al governo britannico, ritenuto il vero responsabile dell’espulsione del Psi dal Comisco, di aver voluto “la scissione del socialismo internazionale trasformando il Comisco in organo d’in­tesa della socialdemocrazia occidentale, diretta e controllata ai fini della politica di potenza dell’Inghilterra” (cfr. D. Ardia, Il partito socialista e il Patto atlantico, cit., p. 223).s Contemporaneamente al riassestarsi da parte del Psi su posizioni neutraliste, nelle fila del partito laburista si cominciò a mostrare segni di insoddisfazione e di rivolta nei confronti della politica occidentalista che il proprio partito stava con­ducendo dal 1945 e che gli anni più duri della guerra fredda avevano spinto ad accettare tout court senza critica alcuna.6 P. Nenni, Tempo di guerra fredda, cit., p. 573.7 J. Morgan, The Backbench Diaries o f Richard Crossman, cit., p. 244.

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zione di fronte all’intera opinione pubblica8. Che dire poi delle possibili strumentalizza­zioni a cui avrebbe potuto dare adito questa ripresa dei contatti fra i due partiti a scapito di Saragat e del Psdi?

I timori di Clarke si rivelarono tu tt’altro che infondati. Inutile fu ogni raccomandazio­ne nei confronti della leadership laburista perché facesse sentire la propria voce metten­do in chiaro la politica ufficiale del partito9 e nei confronti delle maggiori testate perché presentassero l’imminente visita nei suoi “ve­ri colori” 10. La stampa socialista e comunista seppe infatti abilmente sfruttare rincontro presentandolo come un’occasione di confer­ma della simpatia inglese per le posizioni dei rispettivi partiti11 e la direzione ufficiale del partito laburista dovette adoperarsi in modi diversi per riparare al danno provocato dall’irresponsabile gruppo di Bevan. Le solle­citazioni che dalla stessa ambasciata inglese provennero in questa direzione furono super­flue. La politica di Transport House12 rima­neva d’incondizionato supporto al Psdi ed escludeva categoricamente qualsiasi tipo di riconoscimento al partito filo comunista di Nenni. Rassicurazioni in tal senso furono so­lertemente inviate al Psdi attraverso l’intervi­sta che Noel Baker, esponente laburista in contatto con l’ambasciata, rilasciò a Radio Roma13 e attraverso la lettera a Saragat di

Morgan Phillips14.In visita in Italia nel marzo 1955 Herbert

Morrison, deciso a fare “qualcosa per i social- democratici” che fosse “utile sotto ogni punto di vista” 15, non si lasciò scappare un’altra pre­ziosa occasione per ribadire nuovamente la scomunica del socialismo internazionale nei confronti di Nenni come si legge sul “Times” del giorno dopo il suo arrivo a Roma:

Il Signor M orrison ha reso noto al suo arrivo in aereoporto che non era sua intenzione incontrare Nenni, leader del partito socialista italiano, i cui legami con il partito comunista sono a tutti noti. Nel passato i socialdem ocratici hanno spesso guardato con grande disappunto al modo in cui al­cuni esponenti laburisti hanno considerato Nenni, stretto alleato dei comunisti, piuttosto che Saragat alfiere del socialismo, nel senso inglese del termi­ne, in Italia. È evidente che il Signor M orrison de­sidera chiarire una volta per tutte chi goda delle proprie simpatie concentrando le proprie attenzio­ni sul partito del Signor Saragat16.

La risposta all’invito da parte del Psi all’immi­nente congresso di Torino fu altrettanto netta nello stroncare qualsiasi pretesa di riavvicina­mento. La lettera che Nenni inviò fu quasi sen­tita come una sfacciata provocazione dopo quanto era successo. Il leader socialista volle ribadire la fedeltà del proprio partito alla cau­sa socialista nonostante l’esclusione dall’Inter-

8 Ashley Clarke a Harold Caccia (Home Department), 8 aprile 1954, in Public Record Office (d’ora in poi PRO), Fo- reign Office (d’ora in poi FO) 371, WT 1583/2.9 Minutes (con questo termine vengono archiviati i commenti apposti dagli uomini del Foreign Office agli incartamenti inviati loro da Clarke e dai suoi collaboratori) di P.I. Lake, 28 aprile 1954, in PRO, FO, 371, WT 1583/2.10 A. Clarke a H. Caccia, 15 aprile 1954, in PRO, FO 371, WT 1583/3.11 A. Clarke al Foreign Office, 27 luglio 1954, in PRO, FO 371, WT 1583/6.12 Quartiere generale del partito laburista.13 C.R.A. Rae (secondo segretario dell’ambasciata inglese di Roma) al Foreign Office, 23 luglio 1954, in PRO, FO 371, WT 1583/4.14 I contenuti di tale lettera chiarificatrice furono in loto concordati: Saragat fu infatti interpellato in proposito e tra­mite l’ambasciata ebbe la possibilità di mandare il proprio assenso alla bozza che Morgan Phillips gli fece pervenire, (cfr. Telegramma del Foreign Office a A. Clarke, ore 4. 10 pm, 23 luglio 1954 e telegramma di risposta di A. Clarke delle ore 6.55 pm dello stesso giorno, in PRO, FO 371, WT1583/5).15 Herbert Morrison a Samuel Rose, 26 gennaio 1955, in Archivio partito laburista (d’ora in avanti ALP), International Department (d’ora in avanti Int. Dept.), “Italy, Correspondence 1955-1963”.16 Mr. Herbert Morrison in Rome Met by Signor Saragat, “The Times” , 17 marzo 1955.

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nazionale; una estromissione che, con accento polemico, tornò a ricordare essere scaturita dalla violazione del principio di non ingerenza nelle questioni interne dei singoli partiti ade­renti. Egli sottolineò inoltre la coincidenza di alcune posizioni del partito con quelle di alcu­ne forze minoritarie presenti all’interno di par­titi membri delFInternazionale nonché la ne­cessità di superare antichi pregiudizi17.

Samuel Rose, responsabile dell’Internatio- nal Department, assunse toni decisamente duri nel corso della riunione in cui si discusse l’opportunità di partecipare al congresso di Torino. Nenni non avrebbe esitato nuova­mente a strumentalizzare la presenza di una delegazione laburista ottenendo in tal modo “un’implicita benedizione della politica con­dotta dal 1948” 18.

Non solo venne declinato l’invito ma per evitare ogni possibile altro incidente o frain­tendimento nel futuro, fu inoltre deciso che prima di fare qualsiasi passo verso il Psi, d’o­ra in avanti il Psdi sarebbe stato sempre pri­ma consultato19. Le preoccupazioni di Mat­teotti che, venuto a conoscenza del rischio di vedersi nuovamente scavalcati, scrisse per assicurarsi che nulla venisse concesso ad un partito “ fuori dallTnternazionale”20, si di­

mostrarono senza dubbio ingiustificate: non era certo ancora nelle intenzioni del movi­mento laburista volersi affiancare “ad un partito legato ai comunisti”21.

I “ trucchi” di Nenni e il pericolo comunista

La decisa esclusione di qualsivoglia apertura nei confronti del Psi incontrò il favore del­l’ambasciatore Clarke contemporaneamente impegnato in questi anni nel sostegno della formula centrista nonché di uno dei pilastri su cui essa si fondava: il Psdi. Erano stati l’urgente “bisogno della nazione di un’azione sinceramente progressista che andasse a ri­solvere i forti disquilibri sociali esistenti” e la constatazione dell’assenza in Italia di un partito socialista forte come poteva essere quello laburista in Gran Bretagna a spingere Clarke a fare almeno un tentativo e mettere alla prova la presunta credibilità di Nenni nonché del Psi, candidatosi ormai dal 1953 a partito di governo22. L’incontro che grazie alla mediazione di Saragat aveva avuto luogo con il leader socialista nel gennaio 1954 si era rivelato però un totale fallimento23. Aveva commentato infatti lapidariamente l’amba-

17 Pietro Nenni alla segreteria del Labour Party (spedita il 25 febbraio 1955 ed arrivata il 2 marzo 1955), in ALP, Int. Dept., “Italy, Correspondence 1955-1963”.18 “ Invitation from the Nenni Party”, in ALP, National Executive Committe Minutes dell’International Department tenutosi il 23 marzo 1955 (d’ora in poi Nee), microfiche n. 517.19 “ Invitation from the Nenni Party”, in ALP, Nec, microfiche n. 517.20 Telegramma di M. Matteotti, 23 marzo 1955, in ALP, Ini. Dept., “Italy, Correspondence 1955-1963” .21 Morgan Phillips a Saragat, 1° agosto 1954, cit. in Pietro Nenni, Tempo di Guerra fredda, cit., p. 630.22 “ Record of Conversation between Sir Ashley Clarke and Signor Nenni”, A. Clarke a G.W. Harrison (Foreign Offi­ce), 14 gennaio 1954, in PRO, FO 371, WT 1015/7. L’incontro fra Nenni e l’ambasciatore inglese fu il primo episodio di riavvicinamento del leader socialista da parte dei rappresentanti della diplomazia del mondo occidentale dopo la paren­tesi frontista e l’isolamento che ne era conseguito per il Psi. Il Dipartimento di Stato americano autorizzò contatti con esponenti socialisti solo dal 1958 e tra l’altro continuando ad escludere Nenni che ebbe infatti il suo primo incontro con uomini dell’amministrazione Usa solo nel 1961. L’ambasciata britannica, forse per il ruolo secondario ricoperto sulla scena italiana rispetto a quello americano e la possibilità pertanto di poter agire in una posizione più defilata o forse semplicemente per la maggiore elasticità di un uomo come Sir Ashley Clarke rispetto all’intransigentissima ambascia­trice Usa Clara Boothe Luce, si dimostrò quindi decisamente più “spregiudicata” rispetto alla sorella d’oltre oceano che fu però debitamente informata dell’esito dell’ardito colloquio.23 “Record of Conversation between Sir Ashley Clarke and Signor Nenni” , A. Clarke a G.W. Harrison, 14 gennaio 1954, in PRO, FO 371, WT 1015/7.

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sciatore nel resoconto che inviò a Londra:

Ritengo di aver ragione di credere, così come da sempre è stata nostra opinione, che nella situazio­ne odierna un governo che includesse Nenni rap­presenterebbe un estremo pericolo e forse solo l’anticamera di un regime comunista24.

Il confronto era riuscito a deludere il diplo­matico inglese su tutti i punti toccati: Nenni confermò infatti l’opposizione del Psi in linea di principio a qualsiasi patto militare dicen­dosi tra l’altro deciso a votare contro la vicina ratifica in Parlamento della Ced. Le assicura­zioni per cui nel caso fosse diventato ministro degli esteri, possibilità molto remota doveva aver pensato Clarke, “la sua politica sarebbe stata comunque di collaborazione con l’Occi­dente, in modo particolare la Gran Bretagna e la Francia, Stati Uniti compresi”, non furo­no abbastanza convincenti da dissolvere i dubbi nutriti dalla diplomazia britannica nei suoi confronti. Clarke si era alla fine convinto che la prospettiva di veder nascere in Italia una copia del partito laburista era decisamen­te lontana dal concretizzarsi. Come infatti aveva cercato di spiegargli Nenni,

non aveva senso paragonare la situazione del par­tito socialista in Italia con quelle esistenti nelle al­tre nazioni europee dal momento che non vi erano da nessun altra parte analoghe condizioni sociali. In nessun altro stato, neppure in Francia, vi erano la miseria degradante e la disoccupazione di massa riscontrabili in questa nazione25.

Il legame con il partito comunista trovava giustificazione nella storia italiana degli ulti­mi vent’anni; la stretta collaborazione nata

nella comune lotta al fascismo, ora più che mai, non aveva ragione di dissolversi26. Il lea­der socialista aveva escluso pertanto, in rife­rimento ad una puntuale domanda di Clarke, la possibilità di un’eventuale riunificazione con Saragat:

Ho chiesto se non vi fosse una qualche possibilità di riavvicinamento con alcuni segmenti del Psdi piuttosto che perseverare nell’alleanza con i com u­nisti. Ha risposto che ciò non sarebbe stato possi­bile. Prima di tutto a causa dell’atteggiamento di­mostrato dal Signor Saragat, che egli ha descritto come troppo impulsivo ed impaziente e in secondo luogo per le enormi differenze che altri esponenti socialdemocratici hanno rispetto al Psi in termini di esperienze passate e “ formazione”27.

Clarke aveva messo nel cassetto, dopo r in ­contro con Nenni, l’idea di un partito sociali­sta unito e cercato piuttosto di adeguarsi alla situazione esistente. Venuta meno la speran­za di poter disporre di un Psi realmente re­dento, l’unica politica attuabile dal governo britannico sarebbe stata quella di incondizio­nato sostegno al governo di Sceiba dal cui successo sarebbe dipeso a sua volta il raffor­zamento del partito di Saragat:

Scopo principale dovrebbe essere quello di convin­cere in sei mesi la nazione dei reali cambiamenti possibili avanzando in Parlam ento proposte in m ateria sociale, fiscale ed economica. Se sarà in grado di fare ciò, per lo meno nella sfera politica, avrà ottenuto il risultato di riabilitare il prestigio dei socialisti di Saragat con tu tte le conseguenze che questo po trà avere sul consenso goduto da Nenni. È chiaro che questo è uno degli obiettivi del presente governo28.

24 “Record of Conversation between Sir Ashley Clarke and Signor Nenni” , A. Clarke a G.W. Harrison, 14 gennaio 1954, in PRO, FO 371, WT 1015/7.25 “Record of Conversation between Sir Ashley Clarke and Signor Nenni” , A. Clarke a G.W. Harrison, 14 gennaio 1954, loc. cit.26 “Record of Conversation between Sir Ashley Clarke and Signor Nenni”, A. Clarke a G.W. Harrison, 14 gennaio 1954, loc cit.27 “Record of Conversation between Sir Ashley Clarke and Signor Nenni” , A. Clarke a G.W. Harrison, 14 gennaio 1954, loc cit.28 A. Clarke a G.W. Harrison, 22 febbraio 1954, in PRO, FO 371, WT 1015/22.

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Il grande partito socialista sognato da Clarke sarebbe dovuto nascere dal potenziamento dell’attuale Psdi; a prescindere infatti dalla disponibilità da parte del Psi di giungere ad un accordo con il rivale partito socialdemo­cratico, il colloquio con Nenni aveva dimo­strato l’inopportunità di qualsiasi convergen­za fra lui e Saragat. Sarebbe stato un errore farsi ingannare dal prestigio personale acqui­sito dal leader socialista durante la Resisten­za e dal fatto che negli anni trenta le sue idee fossero genuinamente socialiste senza alcuna contaminazione comunista; egli era ora “un prigioniero dei comunisti”29.

L’ambizioso obiettivo di poter assistere al rafforzamento del Psdi a scapito del Psi è da considerarsi sicuramente uno dei motivi che spinsero gli uomini del Foreign Office dal 1954 in poi a prodigarsi in numerosi sfor­zi a sostegno delle instabili coalizioni centriste. What Her M ajesty’s Government Can Do to Help è il titolo di un memorandum preparato dal Western and Southern Depart­ment (Foreign Office) con il preciso scopo di sostenere il governo Sceiba. Sebbene la Gran Bretagna non potesse permettersi alcun aiuto di carattere finanziario, molte altre sarebbero state le iniziative che avrebbe potuto pro­muovere: sostenere, per esempio, le richieste

italiane all’interno degli organismi della Na­to e dell’Oece; aprire le porte al corposo flus­so migratorio allentando in tal modo la pres­sione costituita dal problema della disoccu­pazione; risolvere al più presto la questione di Trieste; fornire infine un’assistenza tecnica e di know how per la formulazione delle ne­cessarie riforme dell’amministrazione e del si­stema sociale. Soprattutto un aiuto dal punto di vista psicologico avrebbe potuto incidere profondamente sulla forza di Sceiba e dei suoi ministri, Saragat compreso.

N on andrebbe infine mai dim enticata l’estrem a im portanza del fattore psicologico quando si ha a che fare con il popolo italiano. N on dovremmo mai perdere l’occasione di fare dei gesti simbolici. I contatti personali possono aiutare e sarebbe au­spicabile che membri sia del governo che dell’op­posizione potessero nell’avvenire fare di frequente visite in Italia30.

Anche solo una frase o una puntualizzazione in più che potesse solleticare l’orgoglio dei permalosissimi italiani — consigliava Clarke al segretario di stato — sarebbe bastata31.

Nacque da questo genere di considerazio­ni il viaggio del primo ministro Sceiba e del ministro degli esteri Martino a Londra nel febbraio 19 5 532. Fortemente voluto da Clar-

29 A. Clarke al Segretario di Stato Selwyn Lloyd, 15 aprile 1954, in PRO, FO 371, WT 1015/33.30 “Memorandum Prepared by Western and Southern Dept.” , 18 marzo 1954, in PRO, FO 371, WT 1015/30.31 “The Ambassador Reports in Detail on his First Five Months in Rome and Makes a Number of Suggestions for Improving Anglo-Italians Relations” , rapporto di A. Clarke al Segretario di Stato A. Eden, 15 aprile 1954, in PRO, FO 371, WT 1015/35.32 Le relazioni angloitaliane del primissimo dopoguerra dovettero tener conto di non facili premesse: l’atteggiamento inglese di stampo colonialista ed imperialistico successivo allo sbarco alleato in Italia ben diverso da quello contempo­raneamente tenuto dagli americani; il favore che Oltre Manica si era dimostrato negli anni trenta per Mussolini visto come l’uomo d’ordine adatto per una nazione, quale l’Italia, evidentemente considerata incapace di democrazia; l’an­glofobia esistente ed estremamente diffusa frutto dell’intensa propaganda antibritannica di cui il popolo italiano fu nu­trito e imbevuto negli ultimi cinque anni di vita del regime fascista; infine, le numerose ragioni di conflitto ancora esi­stenti all’indomani della fine della guerra: la sistemazione delle ex colonie italiane, la sorte del naviglio italiano assegnato alla Gran Bretagna, la determinazione del confine con la Jugoslavia. Sulle relazioni angloitaliane di questi anni si vedano fra i numerosi contributi: Agostino Degli Espinosa, Il Regno del Sud, Roma, 1973 (prima edizione, 1946); David Ellwood, L'Alleato nemico. La politica dell'occupazione angloamericana in Italia 1943-1946, Milano, Fel­trinelli, 1977; Norman Kogan, L ’Italia e gli alleati, 8 settembre 1943, Milano, Lerici, 1963; Elena Aga Rossi, La politica degli Alleati verso l ’Italia nel 1943, “Storia contemporanea”, 1972, n. 4, pp. 847-895; Lamberto Mercuri, La Sicilia e gli Alleati, “Storia contemporanea”, 1972, n. 4, pp. 897-968; Robert M. Hathaway, Ambigous Partnership. Britain and America 1944-1947, New York, Columbia University Press, 1981; Elisabeth Barker, The British between thè Superpo-

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ke, anche a costo di scontrarsi con l’amba- sciatrice americana Luce che giudicò l’invito “ un po’ prematuro” 33, il viaggio, come la stampa stessa non mancò di cogliere, non sarebbe stato altro che una visita di cortesia, una preziosa occasione perché potessero ri­stabilirsi rapporti cordiali fra le due nazioni, dopo una lunga stagione di incomprensioni e scontri34.

Il successo all’estero di Sceiba e il prestigio che gli fu permesso di riconquistare alla na­zione35 riuscirono in parte a compensare gli scarsi risultati ottenuti sul piano interno ma

i contrasti sempre più profondi determinatisi in seno alla maggioranza tra i partiti minori nonché all’interno della De portarono nel gi­ro di breve ad una nuova crisi di governo. Il crollo della coalizione guidata da Sceiba de­stò grande disappunto nelle stanze dell’am­basciata inglese. Ogni colpa fu addossata al neo presidente Gronchi il cui atteggiamento, che si pensò dettato anche da poco nobili sen­timenti di rivalsa nei confronti della figura di Sceiba che qualche mese prima non aveva ap­poggiato la sua candidatura al Quirinale, spinse a rimettere in discussione parte della

wers, 1945-1950, London, Macmillan, 1983; Guglielmo Negri, Stati Uniti e Gran Bretagna: la politica italiana, in Italia e Stati Uniti durante l'amministrazione Truman, Milano, Angeli, 1976, pp. 31-43; Aldo Berselli, Il Times di fronte al go­verno Badoglio, in Inghilterra e Italia nel '900, Atti del Convegno di Bagni di Lucca-ottobre 1972, Firenze, La Nuova Ita­lia Editrice, 1977, pp. 129-169; Egidio Ortona, L ’esodo da Londra dell'ambasciata italiana nel 1940, “Storia contempo­ranea”, 1990, n. 1, pp. 173-182; Bruno Arcidiacono, La Gran Bretagna e il pericolo comunista: gestione, nascita e primo sviluppo di una percezione (1943-1944), “Storia delle relazioni intemazionali”, 1985, n. 1, pp. 29-65; Massimo De Leo- nardis. La Gran Bretagna e la monarchia italiana, “Storia contemporanea”, 1981, n. 1, pp. 57-134; M. De Leonardis, La Gran Bretagna e la resistenza partigiano in Italia 1943-45, Napoli, Ed. Scientifiche italiane, 1988; R. Absalom, Resistenza e contadini: tre missioni inglesi in Toscana, “Rivista di storia contemporanea” , 1988, n. 3, pp. 446-464; Lucio Ceva, L " ‘Intelligence britannico" nella seconda guerra mondiale e la sua influenza sulla strategia e sulle operazioni, “Storia con­temporanea”, 1982, n. 1, pp. 99-122; Peter Sebastian, I servizi segreti speciali britannici e l'Italia 1940-45, Roma, Bonac- ci, 1986; Luca Riccardi, Nicolò Carandini. Il liberale e la nuova Italia (1943-1953), Firenze, Le Monnier, 1993; Enrico Serra, Tommaso Gallarati Scotti, diplomatico, “Risorgimento”, 1988, n. 2, pp. 103-114; Maria Teresa Di Paola, Diplo­mazia sindacale. La missione del Trades Union Congress in Italia nel 1944, “Italia contemporanea”, 1993, n. 191, pp. 277- 303; Christopher Seton-Watson, Il trattato di pace italiano. La prospettiva inglese, “Italia contemporanea”, 1991, n. 182, pp. 5-26; A. Varsori, Il trattato di pace italiano. Le iniziative politiche e diplomatiche dell'Italia, “Italia contemporanea”, 1991, n. 182, pp. 27-50; M. De Leonardis, La "diplomazia atlantica" e la soluzione del problema di Trieste (1952-1954), Napoli, Ed. Scientifiche italiane, 1992; J. B. Duroselle, Le conflit de Trieste 1943-1954, Bruxelles, Editions del’Institut de Sociologie de l’Université Libre de Bruxelles, 1966; Diego Decastro, La questione di Trieste. L'azione politica e diploma­tica italiana dal 1943 al 1954, Trieste, Lint, 1981, 2 voli; Giampaolo Valdevit, La questione di Trieste 1941-1954. Politica internazionale e contesto locale, Milano, Angeli, 1986. Quando Clarke giunse in Italia nel 1954, il compito cui si trovò di fronte non si presentava fra i più semplici; egli svolse senza dubbio in quegli anni ed in seguito un ruolo essenziale nel ristabilire buoni rapporti fra i due stati. Nel dispaccio che redasse prima di abbandonare il proprio incarico nel 1962, compiaciuto degli enormi progressi compiuti dal paese, Clarke scriveva: “Lentamente — forse troppo lentamente — la leggenda del popolo del dolce far niente sta svanendo e al suo posto l’immagine di un popolo che lavora sodo, amiche­vole, solidale e per molti aspetti benestante sta prendendo forma nella nostra coscienza nazionale” (Resoconto annuale di A. Clarke al Foreign Office, in PRO, FO 371, CJ 1015/28).33 A. Clarke a J. Ward, 20 dicembre 1954, in PRO, FO 371, WT 1015/58.34 Signor Sceiba on Closer Links with Britain, Signiftcance o f London Visit, “The Times”, 13 febbraio 1955; Italian Vi­sitor s, “The Times”, 15 febbraio 1955; Italian Ministers in London, “The Times” , 16 febbraio 1955.35 Le consultazioni periodiche che per esempio furono concordate tra Londra e Roma segnarono di fatto la fine del cosiddetto “spirito di Santa Margherita” per cui l’Italia, nei consessi internazionali da cui era fino a qualche mese prima esclusa, era rappresentata dalla Francia. Secondo quanto Churchill aveva dichiarato alla partenza di Sceiba e Martino da Londra, l’Italia era tornata a ricoprire il ruolo “di grande potenza” (cfr. Paolo Cacace, Vent’anni di politica estera italiana (1943-1963), Roma, Bonacci, 1986, pp. 458-459). A distanza di un mese Sceiba sarebbe stato invitato anche negli Stati Uniti. La sua presenza avrebbe avuto più un valore simbolico che una reale utilità così come il suo viaggio in Gran Bretagna non era andato oltre un carattere formale (A. Clarke al Foreign Office, resoconto della visita di Sceiba mandatogli da Washington, 14 aprile 1955, in PRO, FO 371, TI 0345/6).

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benevolenza con cui era stata accolta la sua elezione36. Le illusioni di Gronchi di poter aprire al Psi dimenticandosi dello stretto le­game che questo deteneva ancora con il par­tito di Togliatti giunsero quasi ad indispettire l’ambasciatore Clarke37.

Sebbene al congresso di Torino il Psi avesse in parte preso le distanze, almeno per quello che concerneva la politica estera, dal Pei38, ciò non poteva assolutamente es­sere considerato sufficiente per affidarsi cie­camente ai fautori del centrosinistra: solo la scomparsa di Nenni, la cui mentalità rima­neva “rigidamente marxista” , avrebbe even­tualmente potuto riaprire il capitolo “aper­tura a sinistra” 39. Come d’altronde potersi fidare, come farsi incantare dai numerosi “ trucchi” ultimamente messi in atto da Nenni il cui solo scopo rimaneva quello di

accreditare un’immagine purtroppo lontana dalla realtà? Il viaggio di Nenni in settembre prima in Cina e poi in Unione Sovietica, ma soprattutto il colloquio che egli aveva pre­teso di avere prima della sua partenza con il ministro degli esteri Martino, erano stati una prima spia della sua intenzione di appa­rire come un normale leader d’opposizione “modello inglese” di fronte ad osservatori interni ed esterni, in modo da convincere della propria affidabilità40.

Esattamente un mese dopo, le dimissioni di Nenni dal movimento dei Partigiani della pace sarebbero state accolte dal “Times” co­me un’ennesima manovra, “un altro piccolo stratagemma per mantenere viva la convin­zione nutrita da alcuni illusi moderati italia­ni” dell’opportunità di un governo di centro- sinistra41.

36 L’elezione di Gronchi era stata salutata, diversamente che nei circoli americani, come tutt’altro che “una scelta di cui dispiacersi” . Le sue velleità aperturiste verso il partito di Nenni non spaventavano perché egli mostrava con altrettanto vigore un acceso anticomunismo. In un colloquio con lo stesso Clarke il neo presidente aveva inoltre fatto in modo di rassicurare il diplomatico inglese sulla sua più assoluta indisponibilità a transigere di fronte alle posizioni neutraliste del partito socialista, (cfr. A. Clarke al Foreign Office, 20 aprile 1955, in PRO, FO 371, RT 1017/14; e A. Clarke al Foreign Office, 7 maggio 1955, PRO, FO 371, RT 1017/18).37 A. Clarke a J. Ward, 28 giugno 1955, in PRO, FO 371, RT 1017/35. L’articolo a cui Clarke si riferisce è un’intervista rilasciata da Nenni al “New York Flerald Tribune”, pubblicata il 28 giugno 1955, in cui il leader socialista aveva per l’ennesima volta confermato le proprie posizioni neutraliste. (cfr. “Comments on Artide in thè “New York Herald Tri­bune” Reporting an Interview with Nenni” , A. Clarke al Foreign Office, 28 giugno 1955, in PRO, FO 371, RT 1017/33).38 “Note from Mr. Watkins Consul at Turin on thè Psi Congress (31 March-3 Aprii)” , A. Clarke al Foreign Office, 21 aprile 1955, in PRO, FO 371, RT 1017/12. Si legge sul resoconto del console Watkins che partecipò in vece di Clarke al Congresso di Torino: “È ancora troppo presto per dire quali conseguenze ciò potrà avere nel futuro ma anche se l’al­leanza con i comunisti dovesse rimanere in vigore, non vi è dubbio che il partito socialista, per quello che riguarda la politica estera, ha preso in parte le distanze dai comunisti” .39 Minutes al resoconto di R. Makins da Washington, 25 luglio 1955, in PRO, FO 371, RT 1017/44. Non era la prima volta che nelle fila della diplomazia inglese ci si augurava la scomparsa fisica del leader socialista; sull’onda del disap­punto suscitato dal viaggio a Londra di Nenni nel 1954, grande era stato infatti il rammarico con cui si era accolta la notizia che l’incidente sul fiume che questi ebbe pochi giorni dopo il suo ritorno, non fosse stato altro che un bagno inaspettato senza ulteriori conseguenze (Minutes di P.I. Lake al resoconto di A. Clarke, 7 luglio 1954, in PRO, FO 371, WT 1583/10).40 A.D. Ross (Ambasciata a Roma) al Foreign Office, 19 settembre 1955, in PRO, FO 371, RT 1057/57. Nonostante le ripetute smentite da parte di Martino che si fosse trattato di un’iniziativa concertata di comune accordo e nonostante l’enfasi posta dal ministro sull’estraneità del governo italiano, il prestigio che ne ricavò Nenni fu notevole. “L’onore senza precedenti” , come scrisse il “Times”, di essere ricevuto da Chruscev a Yalta dove neanche Togliatti era mai stato invitato (Signor Nenni Meets Mr. Chruscev, Day at Yalta Villa, “The Times”, 16 ottobre 1955) ed altri particolari a cui la stampa straniera e italiana non mancò di dare eco, fecero del viaggio del leader socialista un vero successo. E tutto a scapito sempre di Saragat e del suo partito che come si legge sempre sul “Times”, rimanevano “le vittime più dirette di tutto ciò che sembrasse accreditare i socialisti nenniani come autentici progressisti con poco o niente a che spartire con i comunisti” (Signor Nenni’s Trip to Moscow, “The Times”, 22 settembre 1955).41 Signor Nenni’s Future, Resignation of "Partisans o f Peace" Office, “The Times”, 18 dicembre 1955.

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Diversamente dalla propria collega ame­ricana Clara Boothe Luce che di fronte alle frequenti crisi italiane non sembrava disde­gnare la prospettiva di un’apertura a destra, l’appoggio del governo britannico sarebbe rimasto ora più che mai ancorato alla solu­zione centrista; tutt’altro che da considerar­si superata, essa permetteva, grazie alla rigi­da esclusione delle estreme, di garantirsi un delicato equilibrio che era nell’interesse di Gran Bretagna e Stati Uniti mantenere42.

Qualsiasi segnale da parte delle potenze occidenta­li di maggior favore per l’estrema destra sarebbe una scelta ancora più infelice dal m om ento che le esporrebbe all’accusa di appoggiare in Italia i fautori di politiche reazionarie; i partiti di centro, fino a quando rimarranno uniti, sono in grado di raccogliere più voti dei comunisti, dei socialisti e dei partiti di estrema destra messi insieme43.

La svolta del 1956

AH’indomani del 1949, quando l’abbraccio del Psi con il Pei apparve irreversibile, scopo primo dell’Internazionale socialista e di Tran- sport House fu quello di sollecitare l’unione di tutte quelle forze socialiste anticomuniste44, che in tempi diversi avevano preso le distanze dai partiti di Nenni e Togliatti, in un unico

partito. Grazie alla mediazione di numerosi esponenti sia dell’Internazionale socialista che del partito laburista sorsero prima il par­tito socialista unitario (Psu) nel 1949 e dall’u­nione di quest’ultimo con il Psli di Saragat nel 1951 il partito socialista sezione italiana del­l’Internazionale socialista (partito socialde­mocratico italiano dal 1952)45. Nonostante la consapevolezza dello scarso radicamento del neonato Psdi nella classe lavoratrice, per alcuni anni si nutrì oltre confine la speranza che prima o poi questa nuova forza politica sarebbe stata in grado di svuotare il consenso goduto rispettivamente da Pei e Psi e trasfor­marsi in un grande partito della sinistra mode­rata modello Labour Party.

I risultati delle elezioni del 1953 e l’allonta­namento della prospettiva della trasforma­zione del Psdi in un “grande partito sociali­sta” , come Romita aveva auspicato dopo la sua nascita46, delusero senza dubbio le ini­ziali aspettative. In pieno clima da guerra fredda il Psdi non poteva però che rimanere l’unico e indiscusso rappresentante del socia­lismo italiano.

Quando di lì a pochi anni la questione del­l’unificazione socialista conquistò le prime pagine di quotidiani italiani e internazionali, nel mutato clima internazionale della metà degli anni cinquanta, il partito laburista e con esso l’Internazionale socialista47 mostra-

42 La probabile spaccatura all’interno della De che ne sarebbe seguita avrebbe aperto dei varchi per il Psi il cui inseri­mento in una compagine governativa sarebbe stato a quel punto difficile da arginare.43 Minutes al resoconto di R. Makins da Washington, 25 luglio 1955, in PRO, FO 371, RT 1017/44.44 A parte il Psli, diviso a sua volta in tre correnti (la destra di Saragat, il centro di Mondolfo e Faravelli e la sinistra di Mat­teotti e Vassalli), vi erano l’Unione dei socialisti di Lombardo e il partito socialista unificato nato dopo la scissione della cor­rente autonomista di Romita che aveva abbandonato il Psi dopo la sconfitta delle forze centriste a Firenze nel maggio 1949.45 Si vedano a proposito i seguenti documenti: “Report on Italian Socialist Unification Congress, Florence, 4th-8th De­cember 1949”, redatto da Denis Healey, in ALP, Int. Dept, “Italy, Correspondence 1949-1951”; “Unification of Italian Democratic Socialism, Report of Discussions which M.C. Bolle Had with the Psli and the Psu during his Stay in Rome (April 15-21)”, in ALP, Int. Dept., “Italy, Correspondence 1949-1951”; “Appendix B (Relazione Conferenza di Cope­naghen, giugno 1950), Italian Socialism”, in ALP, Int. Dept., “Italy, Correspondence 1949-1951”.46 Giuseppe Romita, Congress o f Italian Social Democrats, “Socialist International Information”, 1 marzo 1952, n. 9,pp. 11-12.47 Dal 1945 al 1963 il partito laburista non ebbe rivali nel suo ruolo di leader alfinterno dell’Internazionale socialista: la special relationship dell’Inghilterra con gli Stati Uniti d’America, il prestigio derivatogli dall’esperienza di governo dal 1945 al 1951 per le importanti riforme introdotte nel campo economico-sociale, il forte radicamento nella classe lavo-

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rono fin da subito un forte interesse di fronte al dialogo che sembrò rinascere fra Psdi e Psi. La separazione dei due partiti costituiva un elemento di debolezza non solo per Saragat, costretto a vedersi relegato ai margini dell’or­ganizzazione48, ma per la stessa Internazio­nale il cui prestigio è da sempre strettamente legato all’influenza dei suoi affiliati sulle masse lavoratrici49. Nenni aveva sicuramente fatto qualche passo in più sulla via della cre­dibilità agli occhi dei severi partner europei: il XX congresso del Pcus del febbraio 1956 rappresentò per il leader socialista, sempre più convinto che la strada del Psi fosse quella dell’incontro con le forze cattoliche, una pre­ziosa occasione per prendere le distanze dal Pei ed acquisire definitivamente la patente di democraticità al proprio partito. L’artico­lo Luci e ombre del Congresso di Mosca, ap­parso poco dopo su “ Mondo operaio” nel marzo 1956, rappresentò la prima di una se­rie di pubbliche prese di posizione che contri­buirono indubbiamente ad accelerare e ac­creditare la sua svolta autonomistica50.

Non vi era dunque alcun motivo perché si dovesse guardare con sfavore alla possibilità

di veder risorgere in Italia una forte rappre­sentanza socialista capace nel lungo termine di riconquistare la leadership delle masse operaie. Gli appelli di Zagari, fra i più accesi sostenitori nel Psdi dell’unità socialista, af­finché l’Internazionale socialista facesse da mediatrice fra socialisti e socialdemocratici, trovarono pertanto un interlocutore più che disposto ad accoglierli. I nemici del processo unitario non erano pochi come l’esponente socialdemocratico attraverso le diverse lette­re che inviò ai propri colleghi europei e i di­versi incontri che ebbe sempre con quest’ulti- mi cercò di far capire: vi erano innanzitutto la De e il Pei, consapevoli che un partito so­cialista unificato avrebbe rappresentato un temibile concorrente; vi erano poi il centro- destra Psdi con Saragat in testa e la sinistra Psi: se i primi temevano che l’unificazione avrebbe significato il proprio annullamento e finire nella braccia del più forte Psi51, i se­condi iniziavano a mostrare sempre più in­sofferenza di fronte alle forzature che Nenni autoritariamente stava imponendo al partito verso quelli che consideravano passi falsi ver­so una pericolosa socialdemocratizzazione.

ratrice e la potente struttura organizzativa su cui poteva contare, gli permisero di dominare incontrastato il primo quin­dicennio della vita dell’Internazionale socialista ricoprendone le cariche più importanti (G. Devin, L'Internationale So­cialiste, cit., p. 328). Per quasi vent’anni la politica dell’Internazionale coincise in modo pressoché totale con quella del partito laburista assorbendone risoluzioni, proposte o iniziative come nel caso dell’intervento in Italia. Specialmente nel biennio 1956-1957, l’azione dei laburisti e quella dell’Internazionale furono talmente intrecciate e coordinate da far di­menticare agli stessi socialisti italiani che si trattava pur sempre di due organismi separati; essi infatti rivolsero sempre appelli o eventuali richieste all’uno o all’altro come ad un unico interlocutore.48 Giuseppe Saragat, The Tragedy o f lialian Social Democracy, “Socialist International Information”, 12 dicembre 1954, n. 50, pp. 889-896.49 Un intervento di Saragat sul “Socialist International Information” riflette lo stato d’animo con cui il leader social- democratico segui il rinato interessamento dell’Internazionale per il Psi; era un dato di fatto, egli scrisse, che oltrecon­fine spesso non si fosse in grado di comprendere la peculiarità della situazione italiana: “il più grande problema in Italia resta l’esistenza di un partito socialista filocomunista con un’enorme forza organizzativa ed il consenso di qualcosa co­me tre milioni di elettori. Ciò risulta un fenomeno inspiegabile agli occhi degli stranieri che non conoscono la storia del socialismo italiano e la situazione economica del nostro paese. La più comune spiegazione che essi si danno ha il più delle volte a che fare con i socialdemocratici non considerati all’altezza del loro compito. Allo stesso tempo le virtù più alte vengono attribuite a Pietro Nenni, leader del partito filocomunista. (Giuseppe Saragat, Italy's Politicai Struc- ture, “Socialist International Information”, 14 febbraio 1957, n. 7, pp. 107-109).50 M. Degl’Innocenti, Storia del Psi dal dopoguerra ad oggi, cit., pp. 204-209.51 All’indomani delle amministrative del maggio 1956, la decisione della Direzione Psdi di partecipare a giunte centriste anche dove si sarebbe potuto aprire al Psi, rappresentò per Zagari l’ennesima prova di come la maggioranza socialde­mocratica temesse l’unità socialista quanto la De (C. Rossi, F. Achilli, L ’Unificazione socialista, cit., pp. 56-57).

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Solo l’interesse dell’Internazionale socialista e un suo conseguente intervento diretto o at­traverso un suo affiliato come il partito labu­rista, avrebbero costretto le due parti a defi­nire con maggiore chiarezza le loro recipro­che posizioni. Zagari fu prima a Parigi nel lu­glio 1956. La missione in Italia di Pierre Commin che ne seguì fu la pronta risposta della Sfio che di lì a poco avrebbe coinvolto la stessa Internazionale. Commin, incontran­dosi con Matteotti e Saragat, trovò quest’ul­timo in “migliori condizioni di spirito” ' 2, ri­spetto probabilmente a quanto gli era stato riferito, ed anzi tornò dalla sua prima missio­ne italiana piuttosto ottimista sulle prospetti­ve di sviluppo dell’unificazione socialista.

Scrisse, poi, a Morgan Phillips, presidente dell’Internazionale socialista:

Sono giunto alla conclusione che le basi per una unificazione socialista su basi democratiche siano state poste e che questa potrà giungere a buon fi­ne, conformemente alle aspirazioni dei m ilitanti socialisti di qualsiasi tendenza, se l’Internazionale socialista, come suo dovere, prenderà iniziative più ardite52 53.

Di iniziative ardite, si fece presto sapere, non se ne sarebbero potute prendere fintantoché non fossero state richieste ufficialmente dal direttivo del Psdi. Eventuali altri passi in Ita­lia da parte dell’esponente francese, sebbene visti con estremo favore, dovevano rimanere a livello ufficioso54.

Gli sforzi di Zagari per richiamare l’atten­zione dei propri partner europei ed invocare un loro intervento che non permettesse alla resistenze presenti sia nel suo partito che in quello di Nenni di avere la meglio su quelle realmente inclini ad una convergenza, si in­tensificarono nel frattempo sempre di più. Incontrando Mollet e Commin a Parigi il 6 agosto, e due giorni dopo a Londra Braa- toy55 e Phillips, rispettivamente segretario e presidente dell’Internazionale socialista, Za­gari tornò a sollecitare un intervento ufficiale “ ad alto livello” 56. Creare oltre confine un vasto interesse nei confronti degli sviluppi delle vicende del socialismo italiano avrebbe reso più difficile al Psdi sovrapporre agli inte­ressi dell’unità socialista quelli propri. I mesi a seguire avrebbero confermato le valutazio­ni di Zagari. Fu proprio infatti per anticipare la missione dell’Internazionale socialista, che Saragat accettò l’invito di Nenni — dappri­ma respinto — ad incontrarsi a Pralognan, almeno secondo la versione di Bruce Renton, corrispondente a Roma del “Daily Herald” e del “New Stateman and Nation” , che scrive­va di tale incontro a Peter Ericsson, segreta­rio delflnternational Department del partito laburista57.

L’incontro fra i monti della Savoia e la visi­ta di Commin a Roma qualche giorno dopo58 segnarono una svolta definitiva della politica del Psdi nei confronti del processo unitario. Il grande interessamento della stampa e dell’o-

52 Pietro Nenni, Tempo di guerra fredda, cit., p. 741.53 Pierre Commin a Morgan Phillips, 10 luglio 1956, in ALP, Ini. Dept., “ 1956, Italy-Socialist Reunification Correspon­dence”.54 Bjarne Braatoy a Guy Mollet, 8 agosto 1956, in ALP, Ini. Dept., “ 1956, Italy-Socialist Reunification Corresponden­ce”.55 Bjarne Braatoy ricoprì la carica di segretario dell’Internazionale dal 1956 al 1957.56 “ Italian Socialist Reunification”, Rapporto di Morgan Phillips per i membri del Bureau, 21 febbraio 1957, in ALP, Ini. Dept., “ 1956, Italy-Socialist Reunification Correspondence”.57 Bruce Renton a Peter Ericsson, 6 settembre 1956, in ALP, Ini. Dept., “ 1956, Italy-Socialist Reunification Correspon­dence”.58 Commin, già incontratosi “occasionalmente” (Pietro Nenni, Tempo di guerra fredda, cit., p. 747) con Nenni a Pralo­gnan il giorno prima che arrivasse il leader Psdi, giunse a Roma il 2 settembre imprimendo una spinta decisiva al dialogo da poco avviato fra le due parti che fecero di tutto per cercare di meritarsi il plauso del delegato straniero: nelle due risoluzioni che gli vennero consegnate due giorni dopo, votate rispettivamente dagli esecutivi del Psdi e del Psi, i due

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pinione pubblica ma soprattutto la mobilita­zione della base del partito a favore dell’uni­ficazione obbligarono, infatti, Saragat e la corrente di destra a rivedere le proprie posi­zioni in proposito59. Saragat chiese ufficial­mente l’intervento dell’Internazionale e nel corso della riunione del Bureau del 20 settem­bre 1956 dell’Internazionale si decise di dare vita ad una sottocommissione il cui scopo sa­rebbe stato quello di promuovere e di seguire l’unità socialista italiana. Furono nominati membri di tale commissione Morgan Phil­lips, Commin e Adolf Schaerf del partito so­cialista austriaco60. L’atteggiamento tenuto fino ad allora dal Psdi, restio a coinvolgere alti rappresentanti del socialismo europeo nel timore di subire pressioni per giungere ad un accordo con il Psi giudicato ancora im­maturo, si capovolse completamente. Gli esponenti socialdemocratici si trovavano ora fra coloro che più ad alta voce invocava­no la mediazione dell’Internazionale61.

La repentina conversione di Saragat gene­rò diffuso ottimismo oltre confine ma fu pre­sto chiaro che esso sarebbe stato in parte da

ridimensionare. Le persistenti resistenze op­poste dalla sinistra socialista, dietro le cui pressioni rinacque il patto di consultazione firmato fra Psi e Pei il 4 ottobre 195662, e la pretesa del Psdi di chiedere al Psi l’abbando­no della politica frontista senza però cedere su quella centrista costrinsero, entro breve, ad una totale impasse il difficile riavvicina­mento fra le due parti. Con grande attesa si iniziò a guardare ai vicini congressi di en­trambi i partiti rispettivamente da tenersi nel febbraio successivo quello del Psi e in giu­gno quello del Psdi. Per Nenni in particolare il congresso di Venezia sarebbe stato decisi­vo: la nuova credibilità che egli stava cercan­do di conquistare al proprio partito sia sul piano interno che quello internazionale sa­rebbe dipesa strettamente dal consenso rice­vuto dalla sua nuova linea63.

La conversione di Clarke al centrosinistra

Internazionale e partito laburista non furono i soli a seguire con interesse il riavvicinamen-

partiti si dichiararono entrambi a favore dell’unificazione a patto che si abbandonasse la politica frontista da una parte e quella centrista quadripartitica dall’altra (cfr. Long Road to Reunion-Italian Socialist Preliminaries, “The Times”, 6 settembre 1956; Socialist Cards on thè Table, “The Times”, 5 settembre 1956; si veda anche il Resoconto del Bureau dell’Internazionale Socialista del 20 settembre 1956, “Socialist International Information”, 29 settembre 1956, n. 39, pp. 676-677).59 Scrive Rossi a proposito di questa fase dei rapporti fra i due partiti: “[i due partiti] sembrano affrontare il grosso impegno dell’unificazione più perché trascinati dalle cose e dalle loro ammissioni del giorno prima, che non in quanto dirigenti e promotori di un disegno politico studiato e programmato” (cfr. C. Rossi, F. Achilli, L ’Unificazione socialista, cit., pp. 57-58).60 Resoconto del Bureau dell’Internazionale Socialista del 20 settembre 1956, “Socialist International Information”, 29 settembre 1956, n. 39, pp. 676-677.61 Matteotti, presente a Copenaghen in veste di rappresentante del Psdi, discusse per esempio con Morgan Phillips l’op­portunità di una sua visita in Italia prima del futuro congresso del Psi; Saragat a sua volta scrisse attraverso l’amba­sciata britannica a Gaitskell sollecitandone la presenza, presto, in Italia: “Visit to Rome by Member of thè Labour Par­ty”, H.A.E. Hohler (ambasciata britannica a Roma) a W.H. Young (Southern Department, Londra), 21 Dicembre 1956, in PRO, FO 371, RT 1052/9.62 M. Degl’Innocenti, Storia del Psi dal dopoguerra ad oggi, cit., p. 213.63 Nenni scrisse a Morgan Phillips il 28 dicembre 1956 per invitarlo di persona a partecipare ai lavori di Venezia in qualità di presidente delflnternazionale socialista nonché membro della commissione per l’unificazione socialista (ana­logo invito fu mandato a Commin e a Schaerf). L’esponente laburista, dopo essersi assicurato presso Saragat che la pre­senza di una delegazione dell’Internazionale socialista sarebbe risultata gradita anche al Psdi, accettò la richiesta del leader socialista a patto, però, che non gli si facesse aprire il congresso (“Italian Socialist Reunification”, Rapporto di Morgan Phillips per i membri del Bureau della SI, 21 febbraio 1957, p. 13, in ALP, Ini. Dept., “ 1956, Italy-Socialist Reunification Correspondence”).

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to fra Saragat e Nenni. Contemporaneamen­te al sorgere dell’interessamento da parte di Transport House per il processo unitario, av­venne pure la conversione a tale prospettiva da parte dell’ambasciatore Clarke che si arre­se al “superficiale ed instabile”64 equilibrio delle maggioranze governative che ormai da più anni sedevano a Palazzo Chigi; egli pure iniziò a considerare come unica soluzione la possibile riunificazione fra Psdi e Psi in un grande partito socialista indipendente, per­fettamente consapevole di tutte le conseguen­ze che dalla nascita di questo nuovo attore politico sarebbero derivate, prima fra tutte la fine del centrismo.

Al favore con cui da Roma si scrisse dei nuovi sviluppi del quadro politico italiano non corrispose altrettanto entusiasmo Oltre Manica. Gli uomini del Foreign Office si rese­ro conto infatti che ciò che poteva arrecare vantaggio all’Italia non necessariamente coin­cideva con l’interesse della Gran Bretagna. Tenuto conto infatti che un nuovo partito so­cialista unificato sarebbe stato un probabile partito di governo, a Londra si incominciaro­no a nutrire forti dubbi che una sua leadership in una qualsiasi coalizione avrebbe potuto co­stituire un beneficio maggiore di quella esi­stente democristiana. Non si trattava tanto di doversi misurare con una sinistra al potere che il precedente del governo di Guy Mollet in Francia aveva dimostrato essere potenzial­mente conciliabile con le esigenze del blocco occidentale; si trattava piuttosto di rinunciare a quella comoda continuità in politica estera a cui il monopolio democristiano aveva abitua­to i propri interlocutori stranieri. Perché mai, ci si chiese nella capitale inglese, contribuire in prima persona a promuovere un’alternanza fra destra e sinistra ed introdurre un elemento

in più di incertezza nella già confusa politica italiana?65 La profonda divergenza di vedute fra Foreign Office e ambasciata sarebbe tutta­via venuta meno l’anno seguente con l’ammis­sione da parte di Londra dei numerosi vantag­gi rispetto agli svantaggi del centrosinistra e l’accoglimento di gran parte delle argomenta­zioni utilizzate da Clarke per sostenere la vali­dità di tale formula.

Le elezioni amministrative di maggio ma soprattutto il XX congresso del Pcus segna­rono per il diplomatico inglese “una svolta nella storia della sinistra italiana” , nonché “l’inizio di un nuovo capitolo per la politica italiana”66. La questione del riavvicinamento fra socialisti e socialdemocratici diventò al­l’improvviso “il nodo cruciale di qualsiasi va­lutazione nel lungo termine che riguardasse il futuro politico italiano” 67. Clarke rimase molto impressionato dall’articolo di Nenni pubblicato su “ Mondo Operaio” in seguito al rapporto di Chruscèv, di cui inviò alcuni stralci tradotti a Londra a dimostrazione del grande passo in avanti compiuto dal Psi: il partito socialista finalmente accennava a prendere le distanze dal partito comunista; il riconoscimento e l’accettazione piena del sistema democratico e parlamentare e le posi­zioni assunte in politica estera meno smacca­tamente filocomuniste costituivano nuove premesse perché potesse tornare il dialogo fra i due partiti socialisti.

Il patto di consultazione che Nenni firmò con il Pei il 4 ottobre mise in tutta evidenza la posizione minoritaria della corrente auto­nomista all’interno di un partito ancora forte­mente dominato da forze filocomuniste68. Lungi tuttavia dal voler rinunciare alla pro­spettiva dell’unione fra Nenni e Saragat e con­siderare definitivamente chiuso ogni possibile

64 A. Clarke al Foreign Office, 9 agosto 1956, in PRO, FO 371, RT 1017/40.65 Minutes di D.E.T. Luard, settembre 1956, in PRO, FO 371, RT 1017/46.66 A. Clarke al Foreign Office, 9 agosto 1956, in PRO, FO 371, RT 1017/40.67 A. Clarke al Foreign Office, 9 agosto 1956, in PRO, FO 371, RT 1017/40.68 A. Clarke al Foreign Office, 17 ottobre 1956, in PRO, FO 371, RT 1017/60.

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dialogo fra i due, Clarke riconfermò la sua to­tale fedeltà al disegno dell’unità socialista re­stando convinto che rimanesse l’unica alterna­tiva a cui guardare per uscire dalla confusa ed instabile situazione italiana ed opporre un va­lido baluardo al pericolo comunista:

Se un partito socialista dalle indubbie credenziali democratiche e dal diffuso consenso potesse na­scere in Italia, io penso che sarebbe di beneficio al­l’Italia e al mondo libero intero69.

La sfiducia crescente nei confronti della De rendeva di particolare urgenza la nascita di una “ seria alternativa democratica” , una nuova formazione politica affidabile in grado di rimpiazzare i da sempre non molto amati esponenti democristiani70.

Il congresso di Trento della De, tenutosi nell’ottobre 1956, venne significamente defi­nito da uno dei collaboratori di Clarke “ il vero inizio della fine” . Hannaford, presente ai lavori, aveva scritto a Ward del Foreign Office:

N on vedo futuro per un partito il cui elettorato è per tre quarti costituito da donne, che non ha una chiara politica economica e, a causa della sua eterogeneità, non è in grado di form ularne una e che, in una nazione dalla tradizione laica e non religiosa, è riuscito a rimanere finora alla gui­da del paese solo caratterizzandosi negativamente come il più forte baluardo contro il comunismo e il fascismo71.

L’avversione provata per la De non era solo causata dalla “mancanza di idee e di pro­grammi” del partito ma anche e forse soprat­tutto dalla profonda ostilità nei confronti del

suo segretario Fanfani. Simpatie nei suoi confronti, fin dai tempi della sua elezione a Napoli nel giugno 1954, non se ne erano pro­prio mai nutrite; il suo passato “clerico-fasci- sta” , la sua risaputa ambizione, l’impopolari­tà goduta nelle fila del suo partito, ma so­prattutto la scelta di appoggiare in occasione dell’elezione del nuovo Presidente della Re­pubblica nel 1955 la candidatura di Merzago- ra, in tal modo spingendo una parte del suo partito ad allearsi con i socialisti, gli avevano definitivamente alienato ogni favore da parte inglese72.

Non era facile, sosteneva Clarke, intuire quale fosse la vera politica di Fanfani: sebbe­ne in un confronto con l’ambasciatore, avve­nuto i primi di gennaio del 1957, avesse per esempio sostenuto di aver rinunciato all’am­bizioso progetto di portare il suo partito alla maggioranza assoluta per farne invece un perno attorno a cui si sarebbero potute ap­poggiare alternativamente destra e sinistra, indiscrezioni sul suo conto, di cui si era venu­ti a conoscenza all’ambasciata, lo indicavano addirittura come futuro golpista:

[...] lo scopo finale avrebbe dovuto essere una maggioranza assoluta democristiana ed un gover­no monopartititco De. Tale governo avrebbe rag­giunto un accordo con la destra ed in seguito si sa­rebbe adoperato in modifiche della Costituzione rafforzando il potere dell’esecutivo; avrebbe sop­presso il partito comunista e forse anche i sociali­sti; avrebbe allentato i legami con l’Europa occi­dentale e contato piuttosto su una speciale rela­tionship con gli Stati Uniti. Sempre secondo queste voci tale piano avrebbe dovuto ricevere il suppor­to degli Usa e del Vaticano73.

69 A. Clarke al Foreign Office, 17 ottobre 1956, in PRO, FO 371, RT 1017/60.70 Guy Hannaford a J. Ward (Foreign Office), 19 ottobre 1956, in PRO, FO 371, RT 1017/62.71 G. Hannaford a J. Ward (Foreign Office), 19 ottobre 1956, in PRO, FO 371, RT 1017/62; A. Clarke al Foreign Of­fice, 29 ottobre 1956, in PRO, FO 371, RT 1017/64.72 Reports on the “Apparent Confusion” in Italian Political Circles”, G. Hannaford al Foreign Office, 13 maggio 1955, in PRO, FO 371, RT 1017/23.73 “Sig. Fanfani Views on Internal Politics” , A. Clarke al Foreign Office, 16 gennaio 1957, in PRO, FO 371, RT 1015/1.

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Da un uomo come Fanfani, privo com’era di “saldi principi”74, ci si sarebbe potuto aspet­tare questo ed altro. Vi era infine il suo filo­americanismo esasperato che induceva a pensare che sarebbe stato più filoinglese un governo al cui interno avessero avuto il pre­dominio figure come Saragat e Nenni, che uno a leadership democristiana. Sarebbe ri­masto certo il rischio, benché minimo, di as­sistere ad un presa di distanze dal blocco oc­cidentale da parte di un nuovo partito socia­lista in cui confluisse il Psi; in tale situazione un ruolo determinante sarebbe stato giocato da Saragat se fosse stato capace di esercitare alFintemo della nuova forza politica un peso rilevante e, ancor prima nel corso delle trat­tative, se fosse riuscito ad imporre le proprie condizioni ai socialisti. Il governo inglese avrebbe avuto un valido alleato per garan­tirsi che un processo così delicato non potes­se sfuggire di mano75. Se infatti il leader so­cialdemocratico fosse stato sostenuto in mo­do adeguato e i socialisti europei avessero continuato a dimostrare la dovuta intransi­genza nei confronti di Nenni, tutto ciò sa­rebbe servito indiscutibilmente a evitare che la convergenza dei due partiti si rivelasse un’arma a doppio taglio per le potenze occi­dentali76.

Clarke pensò inizialmente che il miglior servizio che il governo inglese avrebbe potuto rendere alla causa dell’unità socialista sareb­be stato esercitare pressioni sul partito labu­rista perché esso stesso in prima persona scendesse in campo in veste di mediatore fra i due partiti77. Forti della leadership eser­citata nell’alveo dell’Internazionale, essi avrebbero potuto farsi garanti che l’atteggia­mento fino ad allora adottato, di totale soste­gno delle condizioni poste da Saragat, non sarebbe mai stato abbandonato78. Una volta che i due partiti si fossero ricongiunti l’aiuto di Transport House avrebbe potuto anche as­sumere carattere finanziario79.

Dal momento però che il partito socialista chiedeva come condizione irrinunciabile per la riunificazione con il Psdi che quest’ultimo abbandonasse il governo in carica, un qual­siasi aiuto, anche solo di intermediazione al partito di Nenni, sarebbe stato interpretabile come sabotaggio nei confronti della figura di Segni, con il rischio di incrinare i buoni rap­porti che ormai da qualche anno intercorre­vano fra le due nazioni80. Il Foreign Office escluse pertanto ogni esplicita compromissio­ne da parte del governo inglese, raccoman­dando anzi estrema cautela di fronte ai tenta­tivi che sembravano provenire da parte di Psi

74 “Sig. Fanfani Views on Internai Politics”, A. Clarke al Foreign Office, 16 gennaio 1957, in PRO, FO 371, RT 1015/1.75 A. Clarke al Foreign Office, 11 ottobre 1956, in PRO, FO 371, RT 1017/58.76 A. Clarke al Foreign Office, 17 ottobre 1956, in PRO, FO 371, RT 1017/60.77 A. Clarke al Foreign Office, 17 ottobre 1956, in PRO, FO 371, RT 1017/61. Non si trattò in realtà di un’idea del­l’ambasciatore. Fu Saragat, in uno dei suoi numerosi colloqui con l’ambasciatore inglese, a sottolineare come l’interven­to laburista avrebbe potuto responsabilizzare Nenni spingendolo ad imboccare la strada giusta e a non commettere altri errori simili al rinnovato patto col Pei. Clarke si era detto anzi sorpreso e stupito che dopo anni in cui il partito laburista si era prodigato nel gettar fango su Nenni per invece innalzare il prestigio del Psdi fosse stata avanzata una simile pro­posta proprio dal leader socialdemocratico (A. Clarke al Foreign Office, 17 ottobre 1956, in PRO, FO 371, RT 1017/ 60).78 A. Clarke al Foreign Office, 17 ottobre 1956, in PRO, FO 371, RT 1017/61.79 Lettera di A. Clarke al Foreign Office, 17 ottobre 1956, in PRO, FO 371, RT 1017/61. Mrs. Luce aveva sottolineato come il fatto che la Uil già ricevesse aiuti economici dagli Stati Uniti non dovesse far ritenere scontato che anche un partito all’interno del quale vi fossero Nenni e i suoi uomini potesse ricevere denaro americano, sostegno che infatti aveva escluso con la massima categoricità. Saragat aveva discusso con l’ambasciatrice di un possibile aiuto da parte di alcuni industriali italiani che il nuovo partito che fosse nato dall’unione del Psdi con il Psi avrebbe potuto ottenere, ma era ormai sempre più probabile, scriveva Clarke, che i due leader socialisti avrebbero dovuto contare sulla genero­sità dai propri partner europei, laburisti compresi.80 W.H. Young a H.A.F. Holher (Roma), 10 dicembre 1956, in PRO, FO 371, RT 1017/69.

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e Psdi, perché l’ambasciatore facesse egli stes­so da tramite con il partito laburista81.

Di fatto l’ambasciata a Roma, anche se più sommessamente, avrebbe continuato a rico­prire un ruolo importante nel processo unita­rio socialista: le stanze della sede diplomatica inglese offrirono più volte ospitalità a incon­tri fra esponenti del Psi e del Psdi e gli uomini di Gaitskell. Di tali incontri, anche quando si svolgevano altrove, i diplomatici britannici furono sempre informati nei minimi detta­gli82. L’ambasciatore e Transport House agi­rono negli anni a seguire più o meno esplici­tamente come due alleati. Entrambi infatti, anche se per motivi diversi, avevano ragione di guardare con favore al processo di riavvi­cinamento fra i due partiti e medesimi furono gli sforzi perché un’eventuale riunificazione non rischiasse di risolversi in una pericolosa “socialistizzazione” del Psdi.

Il comportamento della delegazione di Transport House al congresso Psi del 1957 a Venezia suscitò per esempio non poche ap­prensioni sia nelle file della diplomazia ingle­se che ai vertici del partito laburista. Il preci­so scopo di Bevan83, giunto nel capoluogo veneto con Crossman, fu fin dall’inizio quello di convincere Saragat, con le buone o le cat­tive, a non ritardare oltre l’unione con Nen-

ni84. In un incontro con Robens85, il leader socialdemocratico aveva, infatti, escluso che si sarebbe potuto parlare di riunificazione prima delle elezioni del 19 5 8 86. In modo par­ticolare una conferenza stampa che Bevan tenne il 7 febbraio con ben 120 giornalisti su­scitò grande scalpore. L’esponente laburista annunciò infatti che se il partito socialista ed il partito socialdemocratico non si fossero riuniti dopo il congresso, l’Internazionale So­cialista si sarebbe trovata di fronte ad una “scelta dolorosa”87.

Dal momento che l’appoggio incondizio­nato dell’Internazionale era una delle carte più preziose che Saragat poteva giocare con il Psi per ottenere la riunificazione nei termini da lui stabiliti, termini più che condivisi sia da Transport House che dal Foreign Office, l’ultimatum di Bevan e le pressioni che in se­guito questo esercitò su Saragat perché non posticipasse oltre l’ottobre dello stesso anno il congresso per la riunificazione dei due par­titi, non poterono non ricevere una concerta­ta smentita. In risposta alle sollecitazioni di Clarke, Morgan Phillips, anch’egli presente a Venezia in veste di presidente dell’Interna­zionale, sconfessò e deprecò il comportamen­to di Bevan, le cui dichiarazioni, si disse, non rispecchiavano certo la politica ufficiale del

81 “Socialist Reunification”, A. Clarke al Foreign Office, 5 novembre 1956, in PRO, FO 371, RT 1017/66; e H.A.F. Hohler a W.H. Young (Foreign Office), 28 novembre 1956, in PRO, FO 371, RT 1017/69.82 Saragat e Nenni stesso non dimenticarono mai quale comodo pulpito potesse rappresentare l’ambasciata di Clarke per accreditare le proprie posizioni e darvi la giusta eco specie nel caso del leader socialista a cui era ancora rigidamente precluso l’accesso ai canali diplomatici americani. Era stato per esempio l’incontro segreto che Clarke aveva avuto con Nenni nel dicembre 1956, l’occasione per quest’ultimo di aggiornare la diplomazia inglese dei suoi recenti ritocchi alla piattaforma programmatica socialista in fatto di politica estera (A. Clarke al Foreign Office, 26 novembre 1956, in PRO, FO 371, RT 1017/70).83 Le posizioni di Bevan e Nenni erano ormai molto vicine: entrambi a favore della neutralizzazione e demilitarizzazio­ne della fascia centrale dell’Europa, secondo le linee che sarebbero state poi proposte nel Piano Rapacki, e critici nei confronti sia della politica sovietica che di quella americana, Michael Foot, biografo ufficiale dell’esponente laburista, scrive del loro incontro come quello di due uomini che “avevano ora molto in comune nonostante i diversi passati per­corsi” ; si trattava, in definitiva, di un “felice rincontro di due socialisti il cui comune anti-fascismo risaliva ai tempi della guerra civile spagnola” (M. Foot, A. Bevan, 1945-1960 (a Biography), cit., p. 536).84 Report Congress, A. Clarke al Foreign Office, 14 febbraio 1957, p. 1, in PRO, FO 371, RT 1015/4.85 Esponente laburista, braccio destro di Gaitskell per i rapporti con i due partiti socialisti italiani.86 “Note on Conversation with Mr. Robens” , H.A.F. Hohler (ambasciata a Roma), 8 febbraio 1957, in PRO, FO 371, RT 1015/2.87 “Report Congress” , A. Clarke al Foreign Office, 14 febbraio 1957, p. 2, in PRO, FO 371, RT 1015/4.

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partito. Perché il dialogo fra Psi e Psdi non ri­schiasse di deragliare dai binari socialdemo­cratici, pilastro fondamentale della strategia laburista in Italia doveva rimanere il soste­gno incondizionato a Saragat.

I successivi risultati contraddittori del con­gresso di Venezia allontanarono qualsiasi pro­spettiva di unione imminente fra Psdi e Psi. “Essi diedero la possibilità a Saragat di denun­ciare l’insincerità della conversione di Nenni e della sua corrente” , ricorda Crossman, ben consapevole che quella votazione avrebbe for­nito argomenti al segretario del Psdi contro l’unificazione88. E così sarebbe stato.

Il processo unitario tramonta definitivamente

Tra il febbraio e l’aprile del 1957 la prospet­tiva dell’unificazione tramontò definitiva­mente nonostante gli sforzi della sinistra Psdi, dellTnternazionale socialista, del parti­to laburista e di Clarke per tenerla in vita. La scelta obbligata di consegnare il destino del processo unitario nelle mani del fidato Sara­gat rivelò presto infatti le sue contraddizioni. Il 2 marzo Robens giunse in Italia, come emissario di Gaitskell89, per assicurarsi che

il processo di riunificazione non si fosse dav­vero fermato come, forse, le dichiarazioni del Psdi e i resoconti della stampa potevano far supporre90. Saragat fu caldamente sollecitato a dichiararsi apertamente a favore di esso e a non posticipare oltre giugno il congresso91; solo in tal modo avrebbe potuto smentire le accuse di coloro che indicavano nel Psdi il ve­ro ostacolo alla ripresa del dialogo fra le due parti92. Robens suggerì inoltre una pubblica dichiarazione da farsi al più presto in cui fossero denunciati nuovamente gli aspetti poco convincenti delle posizioni di Nenni93, con particolare riferimento alla politica este­ra, alla politica sindacale e, strettamente connessa a questa, ai rapporti con i comuni­sti. Condizione perché Saragat potesse con­tinuare a ricevere l’appoggio laburista sareb­be stata la sua disponibilità ad accogliere i suggerimenti dei compagni inglesi: seppur con le dovute cautele, quindi, si chiedeva al leader socialdemocratico di proseguire sulla strada dell’unificazione94. Saragat non attese a lungo prima di dimostrare la propria de­terminazione a riportare il partito sui binari della collaborazione con flnternazionale so­cialista il cui favore per l’unificazione era stato manifestato troppo chiaramente per­ché si potesse eluderlo.

8 J. Morgan, The Backbench Diaries of Richard Crossman, cit., pp. 576-57789 Gaitskell diventò segretario del partito laburista in seguito alle dimissioni di Attlee nel dicembre 1955.90 “Conversation with Leading SocialDemocrats about the Socialist Reunification on Feb. 26”, Resoconto di H.A.F. Hohler, 7 marzo 1957, in PRO, FO 371, RT 1015/9.91 La posticipazione del Congresso del Psdi era giustificata dai suoi massimi esponenti dal fatto che cosi si sarebbe la­sciato il tempo necessario a Nenni per imporsi alfinterno del proprio partito e vincere le ancora forti resistenze al dia­logo con i socialdemocratici (cfr. “Conversation with Leading SocialDemocrats about the Socialist Reunification on Feb. 26”, Resoconto di H.A.F. Hohler, 7 marzo 1957, in PRO, FO 371, RT 1015/9).92 “Conversation with Leading SocialDemocrats about the Socialist Reunification on Feb. 26” , Resoconto di H.A.F. Hohler, 7 marzo 1957, in PRO, FO 371, RT 1015/9.93 L’incontro che egli ebbe con Nenni negli stessi giorni gli aveva ulteriormente confermato la necessità di esigere mag­giore chiarezza da parte del Psi. Il leader socialista aveva riaffermato, infatti, l’impossibilità di creare da un giorno al­l’altro un sindacato esclusivamente socialista, come gli veniva richiesto a riprova della sua indipendenza dal Pei; quanto alla politica estera si era detto in perfetta sintonia con le posizioni laburiste confondendo, forse, come sottolineò poi Clarke, le posizioni di Bevan con la linea ufficiale del partito laburista. “Roben’s Visit to Rome”, A. Clarke a Sir Wil­liam Hayter (Foreign Office), pp. 1-2, in PRO, FO 371, RT 1015/12.94 “Conversation with Leading SocialDemocrats about the Socialist Reunification on Feb. 26”, Resoconto di H.A.F. Hohler, 7 marzo 1957, in PRO, FO 371, RT 1015/9.

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L’esecutivo Psdi del 7 marzo tornò a con­fermare l’importanza dell’unità socialista e la necessità di giungervi nei termini dei so­cialdemocratici le cui condizioni ricalcavano fedelmente quelle dettate dall’Internazionale Socialista. Nella dichiarazione di Saragat, in seguito pubblicata sul “Socialist Interna­tional Information” , si legge:

I miei contatti, sia personali che per corrisponden­za, con gli esponenti più alti del socialismo euro­peo mi autorizzano ad affermare che la riunifica­zione socialista riceverà fraterno appoggio da par­te della Is solo a patto che questa si compia su una base rigorosamente socialdemocratica95.

Elencando le premesse per un possibile ac­cordo con il Psi, Saragat fece riferimento a tutti i punti concordati con Robens: l’inter­ruzione di qualsivoglia rapporto con il parti­to comunista; un formale impegno a che in un ragionevole lasso di tempo tutti i lavora­tori socialisti si trovassero uniti in un unico sindacato immune dall’influenza comunista; una politica estera di indiscussa fedeltà al mondo occidentale96. Saragat concludeva affermando che il congresso del Psdi sarebbe stato convocato non oltre giugno e la pre­senza dei maggiori esponenti dell’Internazio­nale socialista non avrebbe permesso ad al­cuno di “disattendere le proprie responsabi­lità”97. Questa stessa dichiarazione venne ri- pubblicata in forma di articolo su “ La

Giustizia” il 17 marzo e venne infine inviata a Transport House in coincidenza dell’Inter- national Sub-Committee del 19 marzo98. Eventuali dubbi sull’accoglimento da parte del Psdi delle richieste di Robens non si po­terono proprio avere.

La lettera che Gaitskell, a pochi giorni dalla sua annunciata visita in Italia, ricevet­te dall’ambasciatore Clarke tornò però a mettere in discussione il reale impegno del Psdi sul terreno dell’unificazione. Lo spo­stamento a destra di Saragat appariva or­mai sempre più evidente; sebbene egli e i maggiori esponenti della corrente di destra mantenessero viva, almeno in linea di prin­cipio, la prospettiva dell’unificazione socia­lista, di fatto, fin dai tempi di Pralognan, avevano continuato a non dimostrarsene particolarmente entusiasti se non addirittu­ra ad ostacolarla99.

Sarà ancora Clarke a chiedere al Foreign Office di informare Gaitskell delle dimissio­ni di Matteotti del 17 aprile100, nonché del­la dichiarazione di Saragat secondo cui il capitolo della riunificazione sarebbe stato da considerarsi chiuso almeno fino alle ele­zioni del 1958 e la partecipazione Psdi al governo sarebbe perdurata fino a tale da­ta 101. Il segretario laburista giunse in un momento in cui, come Nenni scrive nei suoi diari, l’unificazione, già malata, si trovava ormai a pezzi102.

95 Giuseppe Saragat, Statement on Italian Socialist Unity (made at the Bureau o f the Psdi, 7 March 1957), “Socialist International Information”, 23 marzo 1957, n. 12, pp. 246-247. Alla dichiarazione di Saragat seguiva una nota dell’In- ternazionale Socialista in cui si affermava che al congresso del Psdi di giugno sarebbe stata pronunciata l’ultima parola sulla questione della partecipazione socialdemocratica al governo e su quella della riunificazione.96 G. Saragat, Statement on Italian Socialist Unity (made at the Bureau o f the Psdi, 7 March 1957), “Socialist Interna­tional Information”, cit.97 G. Saragat, Statement on Italian Socialist Unity (made at the Bureau o f the Psdi, 7 March 1957), “Socialist Interna­tional Information”, cit.98 “Italian Socialist Reunification (Report Bureau SI, London, 1 March 1957, by Morgan Phillips)” , in ALP, Nec, Mi­nutes deU’International Sub-Committee tenutosi il 19 marzo 1957, microfiche n. 582.99 A. Clarke a Hugh Gaitskell, 9 aprile 1957, in PRO, FO 371, RT 1052/19.100 Matteotti si dimise il 17 aprile dopo essersi trovato completamente isolato nella relazione che presentò per il con­gresso e che comportava come punto principale l’uscita dal governo.101 Telegramma di A. Clarke al Foreign Office, 18 aprile 1957, in PRO, FO 371, RT 1052/19.102 P. Nenni, Gli anni del centrosinistra, cit., p. 10.

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Calatosi in un clima di aspre polemiche, trascorse il suo soggiorno italiano ascoltan­do le diverse e contraddittorie voci dei pro­tagonisti di questo difficoltoso processo unitario che invece di avanzare sembrava regredire.

L’incontro con Zagari, Matteotti e Lom­bardi ad una cena dell’ambasciata inglese of­frì l’occasione alla sinistra Psdi e Psi autono­mista di poter finalmente esporre le proprie posizioni e denunciare le resistenze prove­nienti dalla destra del Psdi, in primis da Sara- gat: la sua politica di wait and see altrimenti definita “politica da linea Maginot” avrebbe per sempre rimandato ogni possibile accordo con il Psi ed aumentato la sfiducia di que­st’ultimo nella classe dirigente socialdemo­cratica103.

Agli sforzi compiuti dal partito socialista per allontanarsi progressivamente dal Pei non era corrisposta una rottura del Psdi con la De e con la politica centrista. Matteot­ti cercò di spiegare al leader laburista le ra­gioni delle proprie dimissioni e la necessità che il Psdi uscisse dal governo il prima possi­bile, in considerazione del mutamento so­stanziale del quadro politico, rispetto al pe­riodo in cui era primo ministro Segni. La di­scussione in Parlamento sui patti agrari ave­va dimostrato come l’esistenza del gabinetto dipendesse sempre più dall’appoggio dei mo­narchici e dei comunisti. Solo un forte partito socialdemocratico avrebbe offerto una valida alternativa a questo stato di cose. Lombardi aggiunse che Saragat, perseverando nell’al­leanza con la De, sarebbe stato responsabile non solo della mancata nascita di un polo al­

ternativo, ma anche dell’avallo alla lunga marcia, che il partito di Fanfani stava ormai percorrendo da anni, verso la maggioranza assoluta.

Quanto ai rapporti Pci-Psi, un nuovo par­tito socialdemocratico, disse Lombardi, non sarebbe mai riuscito nel suo scopo priorita­rio, cioè quello di sottrarre voti ai comunisti, se non avesse attuato una politica realmente vicina alle masse. Un distacco brusco dal Pei e da organismi come la Cgil avrebbe sicura­mente provocato un isolamento immediato dalla classe lavoratrice. Gaitskell avrebbe dovuto rendersi conto della situazione italia­na, ben diversa da quella inglese; Lombardi citò ad esempio la condizione dei contadini in Sicilia:

N on aveva senso aspettarsi da questa gente la comprensione delle più sottili sfumature democra­tiche (quali popoli più avanzati sono in grado di com prendere). N on aveva senso aspettarsi che questa gente avrebbe vo ta to un partito alleato con forze clericali o il cui obiettivo principale fosse l’anticomunismo.

Ignorare tutto ciò e pretendere una totale rottura con il Pei significava alienarsi il consenso proprio di quelle persone i cui in­teressi un partito socialista era chiamato a difendere104.

Gaitskell si tenne ai margini della conver­sazione lasciando molto parlare i propri in­terlocutori; si limitò a ridimensionarne l’otti­mismo dicendosi poco convinto del completo “ risanamento” dell’apparato del Psi105. Se era disposto a riconoscere le difficoltà che una completa rottura con il partito di To-

103 “Record of Conversation after Dinner Given for Mr. Gaitskell on Aprii 23”, G. Hannaford al Foreign Office, 10 maggio 1957, in PRO, FO 371, RT 1052/29.104 “Record of Conversation after Dinner Given for Mr. Gaitskell on Aprii 23”, G. Hannaford al Foreign Office, 10 maggio 1957, in PRO, FO 371, RT 1052/29.105 “Record of Conversation after Dinner Given for Mr. Gaitskell on Aprii 23”, G. Hannaford al Foreign Office, 10 maggio 1957, in PRO, FO 371, RT 1052/29. Scrive Clarke di come Gaitskell fosse rimasto fortemente colpito dalla que­stione dei finanziamenti “ambigui ed inaccettabili” ricevuti sia dal Psi che dal Psdi. Gaitskell confessò all’ambasciatore le proprie perplessità sul fatto che il Psi avrebbe mai potuto rompere definitivamente con i comunisti alla luce delle per­dite finanziarie a cui sarebbe andato incontro.

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gliatti poteva comportare sul piano sindaca­le, si oppose fermamente e risolutamente al mantenimento di giunte frontiste anche a co­sto, pericolo su cui aveva cercato di richiama­re la sua attenzione Zagari, di perderle a van­taggio della democrazia cristiana106.

Il colloquio “freddo e formale” con Nenni non rivelò particolari sorprese. Gaitskell non fece alcuna concessione alle posizioni del lea­der socialista: Saragat poteva aver sbagliato a dichiarare chiuso il discorso deH’unificazio- ne fino alle elezioni, sebbene egli fosse con­vinto si trattasse, più che di una reale decisio­ne, di un modo per spronare il Psi ad esporsi maggiormente, ma nulla, stando alla situa­zione interna del partito socialista, poteva di­mostrare che perplessità e cautela da parte del Psdi non fossero più che legittime.

[...] egli ritenne le richieste socialdemocratiche nel complesso ragionevoli; era piuttosto irragionevole pretendere che i socialdemocratici abbandonasse­ro il governo prima di vedere soddisfatte le proprie condizioni; il grande rischio rimaneva quello di dar vita ad un partito unificato che poi si rivelasse essere un fronte com unista107.

La visita di Gaitskell fu in definitiva una vit­toria per Saragat che otteneva tra Faltro que­sta esplicita benedizione da parte del leader inglese in un momento delicato a pochi mesi dal congresso dove la maggioranza attuale si

sarebbe dovuta scontrare con una sinistra sempre più forte e agguerrita, decisa a ribal­tare gli equilibri interni al partito108. Il leader socialdemocratico si trovava nella cosiddetta botte di ferro. Il timore che inevitabili stru­mentalizzazioni anche di minime aperture potessero danneggiare il Psdi avrebbe fatto si, anche nei mesi a seguire, che qualsiasi ten­tativo da parte di Nenni di cercare di conqui­starsi propri spazi alfinterno della comunità internazionale socialista continuasse ad esse­re visto con estremo sospetto e circospezione. L’annuncio del leader socialista della sua im­minente visita a Londra, fissata per l’8 otto­bre, dove “egli avrebbe aggiornato i propri amici inglesi sulla questione delPunificazione socialista” , non fu per esempio accolto con particolare entusiasmo109. L’incontro con il partito laburista si proponeva di essere, secon­do quanto riferiva la stampa di quei giorni, il primo di una lunga serie di riavvicinamenti con le maggiori socialdemocrazie europee; Vecchietti sarebbe partito qualche giorno do­po alla guida di un’altra delegazione alla volta della Scandinavia.

Considerata l’accoglienza offerta a Bevan al congresso di Venezia, sarebbe stato impro­ponibile rifiutare a Nenni il colloquio che egli chiedeva di poter avere nella capitale inglese, tanto più che viaggio e spese di sistemazione sarebbero rimaste a suo carico a riprova del-

106 “Record of Conversation after Dinner Given for Mr. Gaitskell on Aprii 23”, G. Hannaford al Foreign Office, 10 maggio 1957, in PRO, FO 371, RT 1052/29.107 A. Clarke al Foreign Office, 4 maggio 1957, in PRO, FO 371, RT 1052/29.108 “Mr. Gaitskell’s Visit to Italy”, A. Clarke al Foreign Office, 30 aprile 1957, in PRO, FO 371, RT 1052/28. Il com­portamento di Gaitskell provocò una vera e propria rivolta all’interno del partito laburista in una fase di grandi lotte fra correnti che utilizzarono anche la questione italiana per darsi battaglia. L’alleanza di Gaitskell con “l’ultrareazionario” ministro Rossi e l’appoggio dato alla politica di destra risultarono inaccettabili per Bevan e il suo gruppo che erano stati direttamente informati per telefono da Dino Gentili dei danni provocati al processo unitario da un simile atteggiamento. Crossman ricorda nei suoi diari di aver pensato che sarebbe stato buffo vedere il partito laburista spaccarsi sulla que­stione dell’unità socialista, (cfr. J. Morgan, The Backbench Diaries o f Richard Crossman, cit., pp. 596-597).109 “Report Nenni’s Recent Visit”, G.F.N. Reddaway a A.D. Ross (Foreign Office), 16 ottobre 1957, in PRO, FO 371, RT 1053/9 e RT 1053/11; H.A.F. Hohler (Roma) a J.M. Addis (Foreign Office), 19 settembre 1957, in PRO, FO 371, RT 1053/8. La risentita reazione di Saragat alla presenza del leader socialista laddove le sue scelte del passato non gli avrebbero dovuto consentire di stare, risultò evidente quando egli polemicamente non si presentò al Bureau dell’Inter­nazionale socialista del 9 ottobre mandando al suo posto Gino Ippolito (cfr. “Report Nenni’s Recent Visit”, G.F.N. Reddaway a A.D. Ross (Foreign Office), 16 ottobre 1957, in PRO, FO 371, RT 1053/11).

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l’unilateralità dell’iniziativa. Grande fu l’ap­prensione perché questa forzata apertura al Psi potesse andare ad indebolire la posizione di Saragat. Clarke stesso si disse convinto del­l’urgenza di riportare ad una situazione di pa­rità i due leader socialisti e confidò nella diri­genza laburista perché senza bisogno di espli­cite sollecitazioni intuisse ciò che era necessa­rio fare:

Concordo che sia nel nostro interesse che il presti­gio di Saragat non soffra alle spese di quello di Nenni e che un invito a Saragat da parte del parti­to laburista ristabilirebbe l’equilibrio [...]. Dal mo­mento che è il partito socialdem ocratico e non quello socialista ad essere riconosciuto dall’Inter­nazionale Socialista, ritengo possibile che anche senza nessuna particolare sollecitazione da parte nostra, il partito laburista compenserà il proprio invito al Sig. Nenni con uno seguente a Saragat110.

L’appoggio incondizionato che i dirigenti la­buristi promisero a Saragat per cui, in cam­bio di un suo rinnovato impegno sul terreno deU’unificazione, egli sarebbe rimasto leader indiscusso del socialismo italiano a dispetto dei tentativi di Nenni di rompere questa pe­sante univocità, andava infatti nella stessa di­rezione delle speranze nutrite da Clarke di non veder svanire il suo sogno di un partito socialista, unificato senza però contempora­neamente temere di vederlo poi cadere nelle mani sbagliate.

Ciò che però non fu tenuto in considerazio­ne da entrambi è che il partito su cui fu posta ogni speranza per l’unificazione era un parti­to che di unificazione stava chiaramente di­mostrando di non voler sapere, almeno fino a dopo le elezioni del 1958111 e che non avreb­be avuto nulla da temere, in termini di appog­gio, dal fatto di disattendere i “consigli” del­l’ambasciatore; fintantoché il suo apporto al­la coalizione governativa e pertanto alla sta­bilità del paese fosse restato determinante e non vi fosse stata un’altra forza politica su cui poter contare altrettanto ciecamente, nes­suno avrebbe potuto imporgli nulla, né tanto­meno metterne in discussione la politica se­guita. Con la fine del 1957, un biennio aperto­si con la reale convinzione di giungere all’u­nione dei due partiti entro breve si concluse con un nulla di fatto. Per chi potesse nutrire ancora speranze in proposito, i risultati del congresso Psdi dell’ottobre 1957 posero, co­me scrisse Nenni sull’“Avanti” , una “pesante pietra tombale sull’unificazione” 112.

La questione dell’unità socialista rimase avvolta per tutto il 1958 da un pressoché to­tale silenzio. La prigionia di Nenni all’inter­no di un partito ancora fortemente condizio­nato dalle correnti di sinistra e il rimposses- sarsi da parte di Saragat dei toni forti da cro­ciata anticomunista resero impossibile ogni ulteriore dialogo fra le due parti. Nelle file dell’Internazionale e del partito laburista si

110 A. Clarke al Foreign Office, 9 ottobre 1957, in PRO, FO 371, RT 1053/9. Certo è che l’intraprendenza dimostrata da Nenni metteva ancor più in evidenza l’inerzia di Saragat che, abituato troppo bene dalle attenzioni che da sempre rice­veva nei circoli inglesi e americani, mancava, a giudizio degli uomini del Foreign Office, del benché minimo spirito d’i­niziativa. Non vi era infatti bisogno della mediazione dell’ambasciata per procurarsi un invito a Transport House né tantomeno aveva senso pretendere “tappeti rossi” ogniqualvolta vi fosse bisogno di contattare i compagni laburisti in­glesi (cfr. Risposta a A. Clarke del Foreign Office, 11 ottobre 1957, in PRO, FO 371, RT 1053/9).111 Dell’ambiguità di Saragat si sarebbe presto preso atto. In un resoconto riassuntivo di quelli che furono i rapporti fra Labour Party e Psi dal 1947 al 1958 si legge a un certo punto: “Nel 1957 e nel 1958 partito laburista e Internazionale hanno offerto la propria mediazione in aiuto al processo di riunificazione socialista. Ciò ha comportato alcuni contatti con il Psi [...]. Nenni ed altri esponenti del Psi hanno in alcune occasioni incontrato rappresentanti del partito laburista ed anche Carthy membro dell’Intemazionale qui a Londra. Ciò non è sempre stato bene accolto dal Psdi sebbene tale mediazione sia sempre stata accettata in linea di principio” (cfr. “The Labour Party and thè Psi (Nenni)” , in ALP, Ini. Dept., “Italy, 1949-1951, 1954-1956, 1959, Correspondence, Newspapers etc., 1963, 1965”, busta 1958).112 P. Nenni, “Avanti!” , 24 ottobre 1957, cit. in C. Rossi e F. Achilli (a cura di), L ’Unificazione Socialista, cit., pp. 93- 94.

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segui con grande rammarico il mancato lieto fine degli sforzi compiuti fino ad allora. Scri­veva per esempio nell’aprile 1958 Joseph Bra- cops, esponente del partito socialista belga in riferimento all’apparente crescita della so­cialdemocrazia in paesi come l’Inghilterra, la Germania, l’Olanda, la Svizzera, il Belgio e alla contemporanea debolezza dimostrata, invece, da altri partiti come il Psdi:

E un dato di fatto che in Francia e in Italia i partiti comunisti esercitino un forte ascendente sulla clas­se lavoratrice. Per quello che riguarda l’Italia, la disunità in cam po socialista sem bra esserne la maggiore causa e solo un partito socialista unito, che com prenda le forze del partito di Nenni e di Saragat, può rappresentare una alternativa a que­sto stato di cose113.

Lo stesso Clarke si dimostrò sempre più con­vinto che un partito socialista unito rimanes­se davvero l’unica soluzione per mettere da parte un partito, la De, che proprio non riu­sciva a suscitargli nessuna simpatia114. Scris­se Clarke aH’indomani delle elezioni del 1958:

Gli oppositori della De in genere descrivono que­sto partito come reazionario e al servizio di inte­ressi forti. N on vi è altra immagine migliore per descriverli che quella di una m arionetta nelle mani del Vaticano115.

La “più che inquietante tinta fascista” del governo Fanfani (luglio 1958) non fece che peggiorare l’opinione nutrita dall’ambascia­tore nei confronti dei democristiani. Sicura­mente sconcertò il numero di cariche che

Fanfani accumulò all’indomani della nascita del nuovo governo; egli infatti si trovava ad essere contemporaneamente capo del gover­no, ministro degli esteri e segretario della De. Sebbene si riconoscesse che si era comun­que lungi da un ritorno al fascismo come al­cuni paventarono, non poteva non destare qualche apprensione “ il fastidioso nonché evidente desiderio di Fanfani di dare vita ad una sorta di potere personale all’interno di Palazzo Chigi” 116.

Come il Foreign Office sembrò concorda­re, superando in tal modo ogni precedente ti­tubanza e allineandosi quindi definitivamen­te alle posizioni di Clarke, solo una seria po­litica di riforme poteva allontanare per sem­pre il pericolo comunista117. Gli svantaggi di un partito socialista unificato al governo sarebbero stati numerosi: si sarebbe potuto infatti verificare un indebolimento della fe­deltà atlantica; l’appoggio alla politica colo­niale inglese sarebbe stato senza ombra di dubbio minore (sebbene si riconoscesse an­che che le maggiori critiche che dall’Italia si erano levate dopo la questione di Suez fosse­ro giunte da parte di frange della De e della Confindustria); infine vi sarebbe stato un ine­vitabile avvicinamento all’area di governo da parte del Pei a cui il nuovo partito non avreb­be probabilmente esitato a chiedere l’appog­gio esterno di fronte all’impossibilità numeri­ca di fare un governo da solo. Pur tuttavia si riconosceva che i vantaggi che ne sarebbero potuti derivare sarebbero stati maggiori. Si concludeva pertanto:

113 J. Bracops, Democratic Socialism in Europe Today, “Socialist International Information”, 19 aprile 1958, n. 16, p. 243.114 H.A.F. Hohler a Selwyn Lloyd, 15 maggio 1958, in PRO, FO 371, RT 1015/12.115 “General Report on thè Italian Elections” , A. Clarke al Foreign Office, 13 giugno 1958, in PRO, FO 371, RT 1015/17.116 H.A.F. Hohler a A.D. Ross (Foreign Office), e Minutes di K. Pridham, in PRO, FO 371, RT 1015/25.117 Grande fu l’intesa in questo periodo fra Clarke e Gronchi. Le pressioni che da sempre quest’ultimo esercitò a favore della formula del centrosinistra, diversamente dai primi anni cinquanta, ora incontravano l’indiscusso placet da parte dell’ambasciata inglese. Da sempre considerato una delle poche personalità politiche italiane degne di considerazione, egli ricambiò il diplomatico inglese e la sua équipe con una “speciale amicizia”, forse anche, come Clarke stesso sembra suggerire, per compensare i ben meno cordiali rapporti intrattenuti contemporaneamente con i colleghi americani (cfr. “Record of a Conversation between Guy Hannaford and Sig. Gronchi”, A. Clarke a A.D. Ross (Foreign Office), 12 maggio 1958, in PRO, FO 371, RT 1015/19; A. Clarke a S. Lloyd, 1 maggio 1958, in PRO, FO 371, RT 1052/2).

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Un partito socialista unito, liberatosi di qualsivo­glia influenza comunista e schierato a favore del­l’Alleanza atlantica, rappresenta nel lungo termine un miglior modo per contenere questi pericoli di quanto lo sia il presente schieramento. Pur ricono­scendone rischi e svantaggi, il Governo di Sua Mae­stà dovrebbe pertanto guardare con favore al pro­cesso in atto di costituzione di tale partito118.

1959: la fine della “quarantena” per il Psi

La scissione del Muis (Movimento unitario di iniziativa socialista) e la formula enunciata in casa socialista dell’“unità nel Psi” 119 fece­ro cadere alla fine degli anni cinquanta ogni speranza di poter un giorno veder sorgere an­che in Italia un grande partito socialdemo­cratico secondo il modello europeo. Le strade del partito laburista e dell’ambasciatore Clarke si divisero allora in modo inequivoca­bile. Mentre Clarke, vista cadere la prospetti­va di una formale socialdemocratizzazione del Psi, rimise in discussione la bontà della formula del centro sinistra, Transport House rivelò una sempre maggiore disponibilità ad interloquire con il Psi a prescindere dalla me­diazione da sempre costituita dal Psdi.

Il 1959 rappresentò un anno di svolta per il Psi. L’attenzione e il credito che Nenni sem­

brava ultimamente ricevere da parte di alcuni circoli europei, non sfuggi allo stesso leader Psdi:

Ancora una volta le forze laburiste e democratiche in Europa e America stanno dimostrando un gran­de interesse per il Psi. Le polemiche a cui la sua ala anticomunista sta dando voce hanno risvegliato la speranza che al prossimo congresso Nenni possa ottenere la maggioranza sulla corrente filocomu­nista e che elementi di novità possano essere in tro­dotti nello scenario italiano120.

Il ruolo fondamentale svolto dal Psdi a par­tire dal 1947 di avanposto dei valori social- democratici in Italia non sarebbe mai stato dimenticato e messo in discussione; pur tut­tavia a più di dieci anni di distanza, l’intran­sigenza dimostrata nei confronti del Psi e lo scarso riscontro nella realtà dei foschi scena­ri dipinti da Saragat, spinsero l’Internazio­nale ma soprattutto il partito laburista a svincolarsi da possibili veti socialdemocrati­ci ed impostare una rete di contatti sempre più fitta con Nenni.

Molteplici sono le ragioni che spiegano la fine della quarantena in cui il Psi fu tenuto per così a lungo. Innanzitutto l’inequivocabi­le sconfitta delle correnti di sinistra: le trasfu­sioni di forze moderate al suo interno come

118 “Socialist Reunification in Italy. Sir Clarke Requests FO Views on this Subject”, Minutes di K. Pridham, in PRO, FO 371, RT 1015/26.119 Come stabilito in occasione del congresso di Napoli del 1959, il Psi d’ora in avanti non avrebbe più cercato il dialogo con il Psdi, ma sarebbe stato piuttosto propenso per una soluzione unitaria interna al Psi nel quale, si pensava, sareb­bero potuti riconfluire quei segmenti di partito il cui anti-comunismo aveva allontanato nel 1947.120 G. Saragat, Italy’s New Government, “Socialist International Information”, 13 settembre 1958, n. 37, pp. 541-543. Nell’agosto 1958, di fronte alla possibilità di vedersi sostituiti dal Psi all’interno dell’Internazionale socialista, notizia ventilata dalla stampa italiana in seguito ad un incontro fra Robens e Nenni, Saragat aveva cercato di ridimensionare una prospettiva che egli pensava ben lontana dal potersi concretizzare. Sarebbe stato, infatti, più facile ad un cammello comune passare per la cruna di un ago che al cammello massimalista, di cui una gobba era democratica e l’altra comu­nista, entrare nell’Internazionale (G. Saragat, Riforma Sociale e Unità Socialista, “La Giustizia”, 3 agosto 1958, cit. in C. Rossi, F. Achilli, L ’Unificazione Socialista, cit., pp. 201-202). La sensazione però di un progressivo allentamento del­l’appoggio laburista fu cosi vividamente percepita che Saragat, in occasione della sua visita a Parigi della fine del 1958, fu spinto a proporre al socialista francese Guy Mollet la creazione di un gruppo “latino” all’interno dell’Internazionale che fosse in grado di controbilanciare l’influenza e il potere del partito laburista (“Proposed Formation of a Latin Social Democratic Group by Saragat to Counter-Balance tha Influence of thè British Labour Party”, H.A.F. Hohler a J.M. Addis (Foreign Office), 23 ottobre 1958, in PRO, FO 371, RT 1015/27.); certo è che con la comparsa della prime crepe nei rapporti con Londra iniziava a risultare fastidioso il suo strapotere nell’alveo dell’Intemazionale.

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quella dell’Unione dei socialisti indipendenti di Cucchi e Magnani nel febbraio 1957, quel­la del gruppo di Unità popolare, guidato da Vittorelli e Codignola, nel dicembre 1957, ed infine quella della sinistra socialdemocra­tica di Matteotti, Bonfantini, Faravelli, Za- gari nel giugno 1959, estesero la presenza autonomistica nel Psi fino a modificarne gli equilibri interni121. La presenza di nuove energie, il cui anticomunismo nessuno poteva mettere in discussione, rafforzò fortemente la posizione di Nenni. E un dato di fatto che la precarietà della sua linea negli anni preceden­ti aveva da sempre costituito un non irrile­vante motivo di debolezza per il leader socia­lista anche e forse soprattutto di fronte al se­vero occhio straniero.

In secondo luogo vanno considerati il pre­stigio e la stima goduti all’estero da Matteotti per il nome e la persona e da Zagari per il ruolo di primo piano da sempre giocato nel promuovere presso l’Internazionale l’unità socialista. Le pesanti accuse contro il loro or­mai ex-partito che questi fecero pervenire a Transport House alfindomani della scissione del Muis non poterono che incrinare ulterior­mente il favore inglese nei confronti di Sara- gat122. Infine non vanno dimenticate la ri­spettabilità e la considerazione, prima im­pensabili, che Lombardi123 e Vittorelli, en­trambi divenuti “volto internazionale” socia­lista dal 1959 in avanti, seppero conquistare al partito. Attraverso il loro attivismo e la lo­ro intraprendenza sarebbero riusciti nel tem­po non solo a riportare il Psi sulla scena euro­

pea ma anche a conquistargli una delle prime file. Ma non si trattò solo di questo. Andava­no infatti ormai maturando la condizioni per una ridefinizione dei compiti dell’Internazio- nale socialista e con essi, a tutto vantaggio del Psi, dei rapporti con i propri affiliati e non. I socialisti europei ripartivano, alla fine degli anni cinquanta, da una crisi assai seria: dopo le recenti sconfitte elettorali in Francia, Inghilterra e Belgio, essi si trovavano quasi ovunque all’opposizione fatta eccezione per i partiti scandinavi e per la socialdemocrazia tedesca124. Di fronte all’ondata conservatrice che seguì l’avvento di De Gaulle in Francia, la risposta dell’Internazionale socialista non poté che essere uno sforzo di coesione e unità al proprio interno ma anche e forse soprat­tutto con quelle forze precedentemente emar­ginate come il Psi, operazione resa possibile dalla nuova fase di coesistenza pacifica, or­mai impostasi da qualche anno.

Il VI congresso, tenutosi ad Amburgo nel luglio 1959, rese evidente la “radicale trasfor­mazione di struttura e di prospettiva” in corso nel socialismo internazionale125. Come scrisse Zagari, i partiti socialisti europei dinnanzi al muro contro muro della guerra fredda, in cui si definiva la politica internazionale, non ave­vano potuto schierarsi che su posizioni di cro­ciata democratica contro la minaccia totalita­ria che veniva dall’Est; anziché assumere una propria autonoma funzione internazionale, avevano gradualmente perso sempre più di vi­sta “il carattere internazionalista e classista, come quello di rigenerazione democratica

121 E. Santarelli, Pietro Nenni, cit. p. 356.122 “Memorandum on thè Question of Socialist Unity along thè Lines I Discussed with thè Comrade Robens” , Mario Zagari a Hugh Gaitskell, estate 1958, in ALP, Int. Dept., “Italy, Correspondence 1955-1963”.123 Rimasto ai margini della vita del partito per l’intera stagione frontista, Lombardi tornò ad esserne una voce prota­gonista in seguito alla svolta autonomista del 1956 di cui anzi fu quasi un simbolo. Le sue posizioni, come scrive De­gl’Innocenti, erano rimaste dalla metà degli anni cinquanta in poi oggetto polemico della sinistra che attaccandole nella sua persona poteva colpire indirettamente anche Nenni senza tuttavia reclamarne le dimissioni. Proprio questo suo pas­sato garantiva alla sua figura una presentabilità che gli aprì le porte di molti circoli europei primo fra tutti quello la­burista (cfr. M. Degl’Innocenti, Storia del Psi dal dopoguerra ad oggi, cit., p. 260).124 Mario Zagari, L ’Internazionale Socialista da Francoforte ad Amburgo, “Critica Sociale”, 5 agosto 1959, pp. 377-378.125 Mario Zagari, L ’Internazionale Socialista da Francoforte ad Amburgo, “Critica Sociale”, 5 agosto 1959, pp. 377-378.

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che avrebbero dovuto essere propri del movi­mento socialista internazionale”126.

Con la distensione in atto, questioni come la pace e il disarmo riconquistarono un’at­tualità e un’importanza impensabili solo qualche anno prima. L’Internazionale e con essa alcune delle socialdemocrazie più impor­tanti si trovarono impegnate nel riadatta­mento di una politica estera forgiata dalle esigenze della guerra fredda a posizioni più sensibili alla nuova fase della “coesistenza pacifica” . Lo stesso partito laburista abbrac­ciò nel 1959 una politica estera meno orto­dossa e più aperta a proposte di marcato ca­rattere distensivo127.

Le posizioni neutralistiche del Psi, lungi dal rappresentare un fatto isolato, non pote­rono più creare scandalo e ostracismo in par­titi essi stessi diventati laboratorio di compo­site e ambigue posizioni in fatto di politica degli armamenti e questioni difensive.

Come scrisse Nenni, il rinnovato impegno europeistico e, intimamente legato ad esso, il ruolo distensivo che ogni partito socialista si sentiva chiamato a svolgere, ricollocavano le forze politiche presenti in Europa su un nuovo cleavage. La vera linea di divisione, secondo il leader Psi, non era più quella che opponeva tra di loro il blocco atlantico e quello di Var­savia, ma piuttosto quella che, entro i blocchi e fuori, separava chi era disposto a sostenere il metodo dei negoziati e della coesistenza paci­fica da quanti, in un campo e nell’altro, accet­tandone fanatismo e intolleranza, perpetuava­no 1’esistenza dei due blocchi128.

È in questo rinnovato clima che Nenni, con­quistata la maggioranza al congresso di Napo­li, cercherà di incrementare i rapporti con la si­nistra europea privilegiando quelli con il Psu francese129 e l’ala radicale dei laburisti. Gli in­contri organizzati dall’ “Express”, tenutisi nel mese di febbraio a Parigi e Londra fra il leader Psi, Mendés-France e Bevan, furono una delle prime occasioni per il leader socialista di di­scutere con i propri partner europei del futuro ruolo del socialismo in Europa130.

Il 14 febbraio 1959, con il viaggio di Lombar­di a Londra, si inaugurò una nuova fase dei rapporti fra socialdemocrazie europee e partito socialista italiano. Proposito del Psi, d’ora in avanti, sarebbe stato quello di farsi conoscere il più possibile nella sua veste rinnovata e dis­solvere le ultime resistenze o l’eventuale scettici­smo nei confronti delle proprie posizioni.

Nel corso di una conversazione con Guy Hanna- ford al principio di questa settimana Lombardi ha detto che il Psi non ha particolare fretta di entrare a far parte delflntemazionale socialista. I socialisti punterebbero ad ottenere il placet per la propria ammissione entro la fine dell’anno. Prima di allora essi sperano che la riunificazione avrà avuto luogo dal momento che non guardano con particolare fa­vore alla prospettiva di avere due partiti socialisti italiani nell’Internazionale [...]. Nel frattem po il Psi, sempre secondo quanto Lombardi ha riferito, darà gradualmente vita a rapporti bilaterali con i partiti socialdemocratici in Europa e partiti affini altrove per farsi meglio conoscere ed evitare nel fu­turo rischi di fraintendim ento di quelli che sono “gli ideali democratici” del partito131.

126 Mario Zagari, L'Internazionale Socialista da Francoforte ad Amburgo, “Critica Sociale”, 5 agosto 1959, pp. 377-378, p. 377.127 Gaitskell si trovò a rivedere alcune delle posizioni ufficiali del partito in materia di difesa e armamenti nel tentativo di giungere ad un compromesso con quelle voci interne al partito, non solo sempre più numerose ma anche sempre più rumorose, che invocavano la rinuncia unilaterale inglese agli esperimenti nucleari.128 P. Nenni, Le Prospettive del socialismo europeo, “Mondo Operaio”, giugno 1960, pp. 45-49.129 II Psu (parti socialiste unifié) nacque nel 1960 dall’unione del Psa (Parti socialiste autonome), l’ala antigollista della Sfio uscita dal partito nel 1958, la Ugs (Union de la gauche socialiste) fondata nel 1957 da Bourdet e Martinet, ed infine i radicali di Mendés-France (cfr. Giuseppe Mammarella, Storia d’Europa dal 1945 a oggi, Roma, Laterza, 1980, p. 339).130 M. Foot, A. Bevan, cit., p. 616 e P. Nenni, Gli anni del centrosinistra, cit., pp. 39-41.131 “Visit of Sig. Lombardi to UK to Meet Members of thè Labour Party”, da A.A. Stark a J.M. Addis del Foreign Office, 14 febbraio 1959, in PRO, FO 371, RT 1052/1. A Londra con Dino Gentili fino al 20 febbraio, Lombardi si incontrò con Gaitskell, Phillips, Healey e Crossman.

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La disponibilità a capire, a conoscere e ad in­formarsi al di là dei giudizi aprioristici che ge­neralmente venivano espressi nei confronti del partito socialista italiano costituiscono senza dubbio un elemento di novità nei rapporti fino ad allora intercorsi fra laburisti e socialisti132.

David Ennals, nuovo responsabile dell’In- ternational Department133, “ una mente fre­sca” , come Phillips al termine della “Pralo- gnan phase” (l’arco di tempo che va dall’ago­sto 1956, mese in cui avvenne l’incontro a Pra- lognan tra Nenni e Saragat, alla fine del 1957) aveva auspicato sarebbero dovuti essere tutti coloro che si fossero interessati da lì in poi ai rapporti Psi-Psdi134, dimostrò fin dal princi­pio del suo incarico una migliore predisposi­zione rispetto ai suoi predecessori nei con­fronti del partito di Nenni. Già la risposta che l’International Department aveva man­dato il 27 febbraio alla lettera di Matteotti in cui si spiegavano le ragioni del Muis, era stata una spia della maggiore elasticità e liber­tà goduta all’interno del partito. Ennals infat­

ti invece che rinnegare, come ci si sarebbe po­tuti aspettare, un’ala scissionista che aveva pur sempre voltato le spalle ad un partito rico­nosciuto ufficialmente dalflnternazionale, non solo ringraziò per il memorandum “ di considerevole valore” inviatogli ma sollecitò pure ulteriori aggiornamenti e chiarimenti135.

Se Gaitskell dimostrò di continuare a con­siderare le posizioni di Nenni esclusivamente in relazione ai suoi rapporti e scontri con il Psdi136, Ennals iniziava a guardare al Psi at­traverso nuove lenti, le stesse che i propri col­leghi dell’Internazionale Socialista contem­poraneamente stavano indossando, intrave­dendovi un valido ed importante apporto per la rinascita del socialismo occidentale nella sua controffensiva alla minaccia golli­sta. Risultava sempre più urgente arricchirsi di nuove energie; solo infatti colmando quei vuoti, che in Europa riguardavano special- mente i casi del socialismo francese e di quel­lo italiano, la comunità internazionale socia­lista avrebbe acquisito forza sufficiente per

132 David Ennals a Riccardo Lombardi, 17 marzo 1959, in ALP, Int. Dept., “Italy, Correspondence 1955-1963”.133 Paul Ericsson per motivi di salute era stato costretto a lasciare l’incarico agli inizi del 1958.134 “Report on Socialist International by Morgan Phillips (Bureau SI 25 aprile 1957)”, in ALP, Nec, Minutes dell’In- ternational Sub-Committee tenutosi il 14 maggio 1957.135 David Ennals a Matteo Matteotti, 27 febbraio 1959, in ALP, Int. Dept., “Italy, Correspondence 1955-1963”.136 La posizione di Gaitskell per tutto il 1959 rimase fortemente ostile al Psi. A parte il noto anticomunismo viscerale da sempre nutrito dal segretario laburista, due sono le ragioni che spiegano il perseverare di Gaitskell nell’approccio pre­distensione. Innanzitutto, meno calato nella realtà dell’Internazionale di quanto per esempio potesse essere Ennals, Gaitskell rimase probabilmente estraneo o per lo meno più distaccato di fronte ai primi segnali di revisione che si ini­ziarono a percepire alla fine degli anni cinquanta in direzione di una politica più pacifistico-internazionalista. In secon­do luogo, in quanto segretario del partito d’opposizione al governo britannico, egli rimaneva la figura di riferimento del Foreign Office i cui propositi di non interferire nelle politica laburista si dimostrarono nel corso di questi anni sempre piuttosto aleatori. Fintantoché infatti questa coincideva con la propria era facile affermare l’inopportunità di esplicite interferenze, che non si esitava però a legittimare ogniqualvolta atteggiamenti o affermazioni da parte laburista sembra­vano discostarsi da una linea conciliabile con quella del governo. Si guardi per esempio a ciò che avvenne in seguito al comportamento di Crossman a Napoli in occasione del congresso Psi del 1959: durante tale assise congressuale il dele­gato laburista non solo sollecitò a più riprese Matteotti ad abbandonare il proprio partito e ad unirsi il prima possibile al Psi, dimostrando in tal modo il proprio favore per la nuova formula enunciata in casa socialista dell “unità del Psi” ma dichiarò pure la sua ferma intenzione di riaprire il discorso dell’affiliazione del partito di Nenni all’Internazionale socialista; di fronte a questo preoccupante allentamento del supporto da sempre garantito al Psdi, Clarke ritenne quasi scontato contare sull’intervento di Gaitskell che infatti si adoperò immediatamente per un repentino riallineamento del­la politica del proprio partito a quella dell’ambasciata: cfr. “Socialist Party Congress — Press Artide by Richard Cros­sman, Grossly Exaggerated”, A. Clarke al Foreign Office, 18 gennaio 1959, in PRO, FO 371, RT 1015/4; “Saragat’s Difficulties with Nenni due to thè British Labour Party, Mr. Crossman. Conversation between Clarke and Saragat”, A. Clarke al Foreign Office, 31 gennaio 1959, in PRO, FO 371, RT 1015/12; H.A.F. Hohler a A.D. Ross (Foreign Of­fice), 18 gennaio 1959, in PRO, FO 371, RT 1015/4 (c).

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imporre la propria voce su quanti minaccia­vano la pace mondiale. Si sarebbe guardato al Psi, d’ora in avanti, come “ riserva e spe­ranza dell’Internazionale socialista” 137.

Durante tutto il 1960 il Psi partecipò a nu­merosi incontri e confronti con i massimi esponenti socialisti europei e riuscì a ritagliar­si definitivamente, sebbene pur sempre a livel­lo ufficioso, il ruolo di leadership del sociali­smo italiano sulla scena europea. I continui moniti a guardarsi dall’inaffidabile partito di Nenni, moniti che con una certa costanza e continuità gli esponenti Psdi si premurarono di far pubblicare sul “Socialist International Information” , non erano evidentemente più in grado di esercitare l’influenza di un tempo. Il partito laburista, in prima fila, era ormai convinto che la posizione dei socialisti fosse sufficientemente chiara e anzi fosse sempre meno giustificata la sua separazione con il Psdi. Perché si potesse uscire dalla scomoda condizione di ufficiosità e sfruttare a pieno le potenzialità del ritrovato dialogo con que­sto partito finalmente tornato all’ovile, di fronte all’assenza di qualsivoglia prospettiva di imminente unione fra i due partiti, si giunse addirittura a pensare che l’unica soluzione po­tesse essere la doppia affiliazione138.

I colloqui che Lombardi e Vittorelli ebbero con Gaitskell e Healey durante lo loro visita a Londra (novembre 1959), seguiti dall’in­

contro con Robens nel marzo successivo (marzo 1960), ma soprattutto la visita del lea­der Psi nella capitale inglese due mesi do­po139, contribuirono enormemente a far fare il passo decisivo ad Ennals che, sbilanciando­si infatti definitivamente, spinse perché la questione dell’ammissione del Psi venisse se­riamente presa in considerazione. Con il pre­ciso scopo di sondare gli umori dei propri partner europei, scriveva per esempio a H. Putzrath della Spd:

Questa settim ana Nenni è stato a L ondra ed è sta ta l’occasione per incontrarsi con G aitskell ed Healey ed alcuni altri esponenti del partito . N atu ra lm en te abbiam o discusso la questione del Psi e i suoi rapporti con l’In ternazionale e sembra che se qualche mese fa il Psi era contra­rio a ll’affiliazione con l’In te rn az io n a le140 ora abbiano in parte cam biato idea e non ho dubbi che essi accoglierebbero con favore la possibilità di essere ammessi nelle fila dell’In ternazionale sebbene perfettam ente consapevoli dei problemi costituzionali posti dalla doppia affiliazione. È senza dubbio opinione di molti di noi (sebbene la questione non sia sta ta ancora considerata dall’esecutivo) che si stia avvicinando il momen­to perché il Psi entri in un qualche modo a far parte dell’Internazionale [...]141.

Di fronte alla credibilità che il Psi percepì cre­scere oltre confine, l’inserimento nell’Inter­nazionale socialista e la questione della riuni-

137 P. Nenni, Gli anni del centrosinistra, cit., p. 103.138 Gli anni 1960, 1961, e in parte il 1962 furono per il processo di unità socialista, come scrive Rossi, “gli anni del buio e del silenzio”, non certo perché esso fosse effettivamente morto ma perché i due partiti avevano voluto considerarlo tale e di conseguenza seppellirlo (C. Rossi e F. Achilli, L ’Unificazione socialista, cit., p. 241). Il congresso del Psi del marzo 1961, pur segnando una grande svolta in termini programmatici ed ideologici per il partito, registrò per esempio la to­tale assenza della tematica unificazionista. Una volta trasformatosi l’obiettivo dell’“alternativa a sinistra” in “apertura a sinistra” e accordo con la De, la nascita di un grande partito socialista perdeva l’urgenza con cui era stata vissuta nel passato (cfr. C. Rossi e F. Achilli, L'Unificazione socialista, cit., p. 268).139 Paolo Vittorelli a David Ennals, 8 marzo 1960, in ALP, Int. Dept., “Italy, Correspondence 1955-1963”.140 Nenni scrive sui suoi diari che incontrando Carthy, segretario dell’Internazionale Socialista, la questione dell’am­missione del Psi era stata appositamente sorvolata (P. Nenni, Gli anni del centrosinistra - Diari 1957-1966, cit., pp. 118-119). Le perplessità del partito socialista a fare formalmente richiesta di rientrare a far parte della comunità inter­nazionale socialista nascevano da due considerazioni; innanzitutto la paura di vedersi nuovamente respinti e quindi il timore che un rifiuto ufficiale, la cui eco sulla stampa non si sarebbe fatta attendere, sarebbe andato ad offuscare la loro immagine e questo proprio in un momento di crescita del loro prestigio a livello internazionale.141 David Ennals a H. Putzrath, 13 maggio 1960, in ALP, Int. Dept., “ Italy, Correspondence 1955-1963” .

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ficazione persero tuttavia l’urgenza degli an­ni precedenti. Acquistò piuttosto importanza la sempre più stretta intesa che sembrava na­scere con i compagni d’Oltre Manica.

L’asse Wilson-Nenni

Dal 1963 specialmente, in vista della nascita del primo governo di centrosinistra e della probabile vittoria laburista alle elezioni del 1964, emerse in tutta chiarezza l’interesse re­ciproco dei due partiti per la potenziale colla­borazione che sarebbe potuta scaturire una volta che entrambi si fossero ritrovati in ruoli ben più decisionali rispetto a quelli fino ad al­lora ricoperti. Non si abbandonarono nel frattempo le speranze di poter vedere il parti­to socialista e quello socialdemocratico con­fluire un giorno in un’unica forza politica; la questione della riunificazione socialista passò tuttavia in secondo piano142.

Contando su una propria futura afferma­zione elettorale, Wilson143 e i suoi collabora­tori videro con estremo favore la possibilità di dialogare in un futuro con un governo in cui fossero presenti i socialisti italiani. Le po­sizioni di quest’ultimi riguardo per esempio la questione della Multilaterale erano estre­

mamente vicine a quelle laburiste e i vantaggi che ne sarebbero potuti derivare furono tut- t’altro che sottovalutati.

Alla luce di tali considerazioni, l’ostilità che Saragat non smise di dimostrare nei con­fronti del Psi provocò in casa laburista un to­tale capovolgimento delle parti. L’illuminan­te sintesi della politica condotta dal Psdi dalle elezioni dell’aprile 1963 in poi144, fatta dal se­natore Tolloy, che giunse nella capitale ingle­se dopo poco, provocò per esempio la risen­tita reazione di Ennals. Paradossalmente ora era il Psdi a costituire un pericolo per la stabilità della democrazia italiana:

Ritengo che l’atteggiamento assunto dal Psdi sia d’estrema pericolosità: mentre Fanfani, i repubbli­cani, e il Psi sono a favore della continuazione del governo Fanfani di centrosinistra, la maggiore op­posizione proviene dal Saragat. Egli insiste per un governo m onocolore De alla cui guida esclude possa esservi Fanfani. Si tratterebbe di un governo di destra; i partiti d ’opposizione sarebbero il Pei e il Psi e questo provocherebbe un riavvicinamento di Nenni ai comunisti proprio ora che sembrava determinato ad imboccare la strada opposta. Que­sta sembra essere una tattica congegnata in modo tale da creare confusione e polemiche con il Psi con tutte le pericolose conseguenze che tu tto ciò potrà avere sulla sinistra dem ocratica145.

142 A tale proposito la vittoria della formula del centrosinistra con il governo Fanfani del marzo 1962 aveva, per esem­pio, risvegliato l’interesse laburista. George Brown, rappresentante Labour al congresso Psdi del novembre 1962, non aveva mancato di sottolineare nel suo intervento l’attenzione con cui oltremanica si continuava a seguire la questione dell’unità socialista: “[...] Guardiamo con piacere al ruolo che il vostro partito sta giocando nella coalizione di centro- sinistra e non abbiamo mancato di cogliere il vostro apporto al recente pacchetto di leggi in materia sociale ed econo­mica a cui tale governo ha dato vita, in modo particolare la nazionalizzazione dell’energia elettrica. [...] Seguiamo anche con altrettanto interesse la tendenza ad una crescente collaborazione fra le due ali del movimento socialista italiano [...]” .“Fraternal Greetings to 13th Congress of thè Psdi by Rt. Hon. George Brown M. P.” , 21 novembre 1962, in ALP, Int. Depl., “ Italy, Correspondence 1955-1963” .143 Harold Wilson successe a Gaitskell nel ruolo di segretario di partito quando questi mancò improvvisamente nel gen­naio 1963.144 Come noto, in seguito al voto di sfiducia al governo Fanfani nel gennaio 1963, Saragat, pur rimanendo a favore di una riedizione del centrosinistra, si oppose alla partecipazione diretta dei socialisti al governo ritenendo che persistes­sero ancora troppe divergenze riguardanti la politica estera, quella sindacale e quella amministrativa. Cosi come la De riteneva “che si fosse troppo concesso al Psi” , allo stesso modo Saragat sosteneva che l’alleanza di Fanfani con i socia­listi avesse indebolito la componente “democratica” dello schieramento di centrosinistra (cfr. Giuseppe Tamburrano, Storia e cronaca del centrosinistra, Milano, Rizzoli, 1990, pp. 230-238).145 David Ennals a Harold Wilson, 10 maggio 1963, in ALP, Int. Dept., “Italy, Correspondence 1955-1963”.

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Transport House colse a pretesto la visita di Nenni a Londra nel settembre 1963146 per ri­badire il proprio favore all’ingresso del Psi in una coalizione governativa con il Psdi:

È ampiamente risaputo che il partito laburista sia a favore della partecipazione socialista assieme ai socialdemocratici in una futura coalizione gover­nativa, questione che verrà discussa duran te il congresso Psi in ottobre147.

Clark, che partecipò insieme a Callaghan, dell’Overseas Department, al congresso Psi di Roma svoltosi dal 25 al 29 ottobre 1963, ebbe nuovamente l’opportunità di sottoli­neare l’importanza di una comunanza di ve­dute dei due partiti nell’ottica di una possibi­le collaborazione a livello internazionale:

Per quello che riguarda la difesa, il Psi ha accettato la partecipazione italiana alla N ato e considera il problem a delle basi straniere come risolto dopo la rimozione dei missili Usa dal suolo italiano.Si oppone a qualsivoglia forza atomica che sia eu­ropea o nazionale e, in linea con le posizioni del partito laburista, alla nascita di una Forza Multi­laterale. Auspicherebbe piuttosto che all’interno della N ato si faccia ogni sforzo sulla via della di­stensione e del disarmo e appoggerebbe le propo­ste laburiste sul disimpegno148.

Non vi era dubbio che la contemporaneità di due governi uno laburista e uno a parte­

cipazione socialista e socialdemocratica ri­spettivamente in Inghilterra e in Italia avrebbe costituito un vantaggio reciproco per i tre partiti:

Una stretta collaborazione e una chiara identifica­zione fra il partito socialista e il partito laburista procurerà ai primi quell’au torità e quel prestigio di fronte agli occhi delfopinione pubblica italiana grazie ai quali rafforzare la propria posizione go­vernativa di fronte ad eventuali sabotaggi interni. Il ritorno dei laburisti al governo non potrà, a que­sto proposito, essere che di ulteriore aiuto149.

Allo stesso tempo i laburisti avrebbero acqui­sito un sostegno in più nella gestione degli af­fari internazionali in previsione del loro futu­ro rientro, dopo quasi quindici anni di assen­za, a Downing Street:

Un governo di centrosinistra in Italia renderebbe di gran lunga più facile il compito di una ammini­strazione laburista nella gestione delle diverse que­stioni riguardanti l’Europa occidentale150.

In realtà sarebbe stata la partecipazione del Psi al nascituro governo a fare la vera diffe­renza per i laburisti: la politica di Moro e di Saragat rimaneva infatti indiscussamente fi­lo-atlantica ed incline ad accogliere per principio qualsiasi proposta americana. La fiducia che Wilson sembrava nutrire nei confronti dell’atteggiamento italiano riguar-

146 P. Nenni, Gli armi del centro-sinistra, cit., pp. 294-295.147 “Draft Press Statement” , 24 settembre 1963, in ALP, Ini. Dept, “ Italy, Correspondence 1955-1963”.148 Rapporto di J. Clark, 1“ novembre 1963, in ALP, Nec, Minutes dell’Overseas Department Sub-Committee tenutosi il 12 novembre 1963, p. 5, microfiche n. 770. Era ormai passato quasi un anno dall’articolo di Nenni pubblicato su “Fo- reign Affairs” nel novembre 1962, articolo che tra l’altro Ennals inviò a Callaghan prima che questi partisse per l’Italia; il leader Psi scegliendo come pulpito la prestigiosa pubblicazione americana, aveva enunciato ufficialmente le nuove po­sizioni del partito riguardo la maggiori questioni internazionali con riferimento particolare alla Nato. Di contro alle semplificazioni che la stampa statunitense era solita fare, aveva scritto Nenni, il partito socialista non avrebbe chiesto11 ritiro dell’Italia dall’alleanza atlantica per due ragioni: “Prima di tutto perché saremmo immediatamente accusati di demagogia; in secondo luogo perché pretendere il ritiro italiano nelle attuali circostanze vorrebbe dire andare a minare l’equilibrio europeo che, sebbene pericolosamente instabile, pur sempre contribuisce al mantenimento della pace fra i due blocchi” (P. Nenni, Where thè Italian Socialists Stand, “Foreign Affairs” , novembre 1962, n. 2, pp. 213-223).149 Rapporto di J. Clark, 1 novembre 1963, in ALP, Nec, Minutes dell’Overseas Department Sub-Committee tenutosi il12 novembre 1963, loc. cit.150 Rapporto di J. Clark, 1 novembre 1963, in ALP, Nec, Minutes dell’Overseas Department Sub-Committee tenutosi il 12 novembre 1963, loc cit.

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do la questione dell’armamento multilate­rale atomico dipendeva esclusivamente dal peso che il Psi avrebbe saputo esercitare sulla politica estera italiana151. Gli eventi seguenti gli avrebbero dato ragione; il lea­der Psi non avrebbe infatti deluso le aspet­tative dei compagni inglesi: negli accordi preliminari alla nascita del primo governo di centrosinistra programmatico (dicembre 1963), Nenni ottenne, di fatto, nonostante Moro e Saragat vi vedessero un indeboli­mento della posizione italiana in politica estera e La Malfa addirittura una sconfes­sione dell’atlantismo, di rimandare qualsia­si decisione riguardo la questione della Forza multilaterale al dopo elezioni in In­ghilterra; egli riteneva che la quasi certa vittoria laburista avrebbe potuto infatti cambiare molte cose152. Nel gennaio 1964 a pochi giorni di vita del governo Moro la questione della Multilaterale diventò ad­dirittura pregiudiziale della sopravvivenza stessa della nuova coalizione153. Nenni ave­

va questa volta il cosiddetto coltello dalla parte del manico; gli americani avevano in­fatti fatto sapere, come egli riferì a Gordon Walker in visita a Roma, che il manteni­mento dell’attuale governo aveva priorità rispetto ad un accordo sulla Mlf fra i par­titi che ad essa aderivano154.

Un centrosinistra accolto tra perplessità e preoccupazioni

Alla sempre maggiore credibilità che Nenni seppe conquistarsi presso Transport House e l’Internazionale socialista corrispose da parte dell’ambasciata una totale chiusura nei suoi confronti e rispetto alla prospettiva di un possibile inserimento del suo partito in una coalizione governativa. Alla luce dell’o­perato dell’ambasciata per tutto il 1958, è stupefacente assistere alla repentina virata di Clarke compiuta in concidenza dell’“inci- dente Crossman” 155 che vide il diplomatico

151 P. Nenni, Gli anni del centro-sinistra, cit., pp. 294-295. I rapporti fra partito laburista e Psdi in questi anni sono or­mai piuttosto freddi. John Ward (successore di Clarke all’ambasciata inglese dal settembre 1962) scrisse in uno dei suoi resoconti di come in un colloquio da poco avuto con Saragat, il leader socialdemocratico si fosse detto perplesso sul futuro del partito laburista e sul calibro dei suoi esponenti, dimostrando invece grande ammirazione per il governo con­servatore al potere. Saragat aveva anche voluto prendere le distanze dall’atteggiamento diffuso fra i socialisti di agire dando per scontata una futura vittoria laburista; egli aveva inoltre sottolineato che, nel suo ruolo di ministro, le sue relazioni con il partito laburista sarebbero passate in secondo piano rispetto a quelle intrattenute con il governo inglese (“Report on Sig. Saragat New Italian Minister of Foreign Affairs” , J. Ward a H. Caccia, 9 decembre 1963, in PRO, FO 371, RJ 1051/5.). L’incontro del 4 febbraio fra Gordon Walker e Saragat, ministro degli Esteri del neonato governo Moro, avrebbe confermato agli inglesi come la vera spalla su cui contare in Italia per la creazione di un’asse trasversale europeo anti-Multilaterale fossero i socialisti di Nenni e non il Psdi. Ricorda il laburista inglese sui suoi diari: “Ho fatto presente le nostre riserve riguardo la Multilaterale e abbozzato la nostra proposta alternativa. Saragat ha detto di non aver mai riflettuto su tale alternativa [...]” . (Patrick Gordon Walker, Politicai Diaries 1932-1971, London, 1991, pp. 295- 296).152 P. Nenni, Gli anni del centrosinistra, cit., pp. 297-298 e 302.153 P. Nenni, Gli anni del centrosinistra, cit., p. 318. Scrive infatti Nenni in data 4 gennaio: “Incontro con Saragat [...] Ne ho approfittato per ribadire la mia avversione alla forza multilaterale. La condizione minima per noi è che non se ne parli prima delle elezioni inglesi e di quelle americane. Diversamente, noi dovremmo uscire dal governo interrompendo forse per sempre l’esperienza in corso prima che si abbia la prova della sua validità”.154 P. Gordon Walker, Politicai Diaries, cit., pp. 295-296.155 Scrisse Clarke dopo l’ennesimo colpo di testa della sinistra laburista al congresso Psi del 1959 (cfr. nota 136): “L’ambasciatore degli Stati Uniti si è detto preoccupato che il Psdi possa spaccarsi dietro le pressioni dei socialisti nen- niani. Al congresso di Napoli, Nenni ha chiaramente lanciato un appello alla sinistra socialdemocratica perché si unisca al proprio partito e fonti certe riferiscono che Crossman stesso abbia spinto Matteotti, maggiore esponente della sinistra Psdi, ad abbandonare il proprio partito ed unirsi al Psi. Condivido appieno le preoccupazioni dell’ambasciatore ame­ricano. È ancora troppo presto per esprimere dei giudizi sui risultati del congresso di Napoli e fintantoché non avremo

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inglese condividere le resistenze americane circa la “benedizione” da impartire alla for­mula del centrosinistra. Le sue prime per­plessità nascevano sicuramente dalla consi­derazione, a dispetto dei vantaggi che sareb­bero venuti nel lungo termine, degli svantag­gi nel brevissimo termine: l’abbandono da parte del Psdi della già traballante coalizione di governo, nonché una più che probabile scissione fra i democristiani156.

La formula deH’“unità nel Psi” pronuncia­ta al congresso di Napoli, la probabile scis­sione interna al partito socialdemocratico e con essa l’indebolimento di un partito che era nell’interesse di tutti mantenere il più for­te possibile fintantoché non si potesse dispor­re di un Psi sinceramente convertito, scossero ancora di più dalle sue precedenti posizioni il diplomatico inglese. La situazione di totale impasse a cui Clarke assistette dopo la cadu­ta del governo Fanfani nel gennaio 1959, lo portò a rimettere in discussione parte delle valutazioni che avevano dominato i suoi di­spacci dall’Italia fino a qualche mese prima e a riscoprire la validità della formula centri­sta se non addirittura del monocolore demo- cristiano:

Questa crisi ha senza dubbio messo in evidenza che la formula meglio funzionante in Italia è un governo di centrodestra che in modo graduale rea­lizzi politiche di centrosinistra. Suppongo che tale formula sia stata utilizzata altrove ed in circostan­ze diverse! Certo è che con Zoli nel 1957-1958 ha funzionato perfettamente157.

La scissione del Psdi e la “posizione tatti­ca” 158 in cui si trovava il Psi avrebbero per­

messo al partito di Nenni di diventare nel giro di 18 mesi il secondo partito italiano. Ma il rafforzato Psi era ben diverso da quel partito socialista unificato a cui Clarke aveva pensato come potenziale sostituto della De. Invece che trovarsi di fronte ad una forte formazione politica la cui affida­bilità nel caso di accesso a cariche governa­tive sarebbe stata garantita dalla presenza dal fidatissimo Saragat, il diplomatico in­glese assisteva al crescente rafforzamento di un partito che non aveva ancora fatto abbastanza per guadagnarsi il favore delle potenze occidentali e il cui unico scopo sembrava quello di sottrarre nel tempo uo­mini e consenso al Psdi.

Nonostante il Psi avesse accettato la Cee, le sue posizioni riguardo al Patto Atlantico rimanevano piuttosto ambigue: “non vi è al­cun chiaro segno che egli abbia in un qualche modo modificato le sue posizioni in fatto di neutralismo” , scriveva Clarke, e sebbene in un’intervista al “Washington Post” Nenni avesse affermato che “la fedeltà al principio del neutralismo non doveva essere vista come incompatibile con la partecipazione italiana al Patto Atlantico” 159, l’incertezza che sareb­be derivata da una sua eventuale gestione della politica estera italiana avrebbe dovuto far riflettere gli stessi partiti socialisti europei prima di gridar vittoria come sembrava stes­sero facendo:

Il figliol prodigo sembra ora sulla via di ritorno verso casa ma solo ciò che accadrà nei mesi futuri po trà dirci qualcosa sulle sue reali intenzioni di com pletare tale percorso. N on vi è dubbio che i

prove certe sull’affidabilità delle politiche Psi, qualsiasi indebolimento dei socialdemocratici è senza dubbio deplorabile. Come se ciò non bastasse, un’eventuale spaccatura del partito di Saragat e la defezione anche solo di quattro o cinque esponenti della sinistra porterebbero certamente al crollo dell’attuale coalizione governativa. Non è nell’interesse di nes­suno che ciò accada finché le posizioni del Psi non saranno più chiare”. (A. Clarke al Foreign Office, 22 gennaio 1959, in PRO, FO 371, RT 1015/6).136 A. Clarke al Foreign Office, 15 gennaio 1959, in PRO, FO 371, RT 1015/1.157 ‘‘Government Crisis in Italy”, A. Clarke al Foreign Office, 5 febbraio 1959, in PRO, FO 371, RT 1015/18.138 “Government Crisis in Italy”, A. Clarke al Foreign Office, 5 febbraio 1959, in PRO, FO 371, RT 1015/18.139 A. Clarke al Foreign Office, 3 febbraio 1959, in PRO, FO 371, RT 1015/15.

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partiti socialisti farebbero meglio a riflettere pri­ma di uccidere il vitello grasso160.

Il riferimento così diretto alla comunità in­ternazionale socialista non fu fatto a caso; non sfuggì infatti il miglioramento dei rap­porti fra il partito di Nenni e l’Internazio­nale socialista e sebbene vi si vedesse un modo per facilitare il percorso autonomista del Psi, Clarke non nascondeva le proprie perplessità:

Se sono d ’accordo nel vedere i pericoli insiti nel perm ettere a Nenni di farsi strada troppo facil­mente nei rispettabili circoli socialisti riconosco anche il rischio che i suoi sostenitori possano sco­raggiarsi di fronte ad eccessivi ostacoli e manifesta diffidenza161.

Se Nenni poteva venire giudicato sincero e senza secondi fini, come poter credere all’in­fida corrente di sinistra in realtà probabil­mente intenzionata a spaccare la De e a get­tare le basi per un’operazione di tipo milaz- ziano?162 Inoltre se anche Nenni poteva es­sersi guadagnato l’etichetta di “ sincero democratico” , la sua non più tenera età non gli permetteva di sfoderare il necessario dina­mismo e coraggio che una persona più giova­ne avrebbe avuto per condurre con sé tutto il partito:

[...] egli è ora troppo avanti con gli anni per met­tersi alla guida di un nuovo corso. Risaputa è la sua debolezza e non è un’impresa facile rompere con i comunisti una volta che ti hanno avvolto in­torno i loro tentacoli. Fallire significherebbe la

propria fine politica e ciò da sempre non è una co­sa facile da chiedere ad un politico163.

A prescindere dallo scarso credito goduto dal partito di Nenni, vi erano numerosi al­tri motivi che spinsero Clarke ad abbando­nare definitivamente la benevolenza con cui aveva guardato in passato alla formula del centrosinistra: innanzitutto il fatto che uno dei maggiori alfieri ne fosse Fanfani, la cui personalità non era di quelle che ispiravano “ totale fiducia” ; si aggiungeva poi la grande stima nei confronti della fi­gura di Segni ormai quasi da un anno alla guida del nuovo governo nato dopo la ca­duta di Fanfani164.

Se fino al 1959 il diplomatico inglese si era detto convinto dell’inadeguatezza di un go­verno democristiano di fronte all’immane compito di avviare in Italia le necessarie ri­forme, ora aveva ormai completamente mu­tato idea e fatta sua la convinzione, già di uo­mini come Sceiba o Pella, che non fosse stret­tamente necessaria la presenza di forze politi­che di sinistra per dare vita ad una legislazio­ne progressista165.

Di fronte al primo serio tentativo di for­mare un governo aperto ai socialisti, dopo il crollo del governo Segni nel febbraio 1960, solo il fatto che l’incarico fosse stato affidato a Segni166 rincuorò l’ambasciatore e il fallimento che ne seguì gli fece, molto probabilmente, tirare un sospiro di sollievo. Allo stesso modo fu vista con favore la ne­cessaria rinuncia da parte di Fanfani, a cui Gronchi diede l’mcarico dopo Segni, che di­mostrava ancora una volta come i tempi per l’apertura a sinistra fossero prematuri

160 A. Clarke al Foreign Office, 3 febbraio 1959, in PRO, FO 371, RT 1015/15.161 A. Clarke al Foreign Office, 29 gennaio 1959, in PRO, FO 371, RT 1015/9.162 “Italian Socialist Party: Psi” A.F. Hohler a J. M. Addis, 17 settembre 1959, in PRO, FO 371, RT 1015/33.163 “Nenni and Communism”, H.A.F. Hohler a J.M. Addis, 17 settembre 1959, in PRO, FO 371, RT 1015/34.164 “Nenni and Communism”, H.A.F. Hohler a J.M. Addis, 17 settembre 1959, in PRO, FO 371, RT 1015/34.165 “Nenni and Communism”, H.A.F. Hohler a J.M. Addis, 17 settembre 1959, in PRO, FO 371, RT 1015/34.166 “Italian Government Possible Reasons for Crisis”, A. Clarke al Foreign Office, 10 marzo 1959, in PRO, FO 371, RT 1015/14.

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e fosse improponibile cercare di imporre dall’alto questa svolta come il presidente Gronchi stava tentando di fare167.

Il giudizio su Fanfani sarebbe anche se di poco migliorato solo dopo la nascita del co­siddetto governo delle convergenze parallele nel luglio 1960. Non passarono inosservate infatti le posizioni decisamente più anglofile dell’esponente democristiano rispetto al pas­sato168. Alla sua seconda esperienza al timo­ne del governo, Fanfani mitigò notevolmente le “aperture” mediterranee che avevano su­scitato tante polemiche in precedenza e si concentrò piuttosto sullo scenario europeo. Elemento decisivo al fine del favore inglese che l’esponente democristiano seppe conqui­starsi, egli fu fra coloro che mostrarono mag­giore interesse per l’adesione del Regno Uni­to alla Cee, giungendo in seguito a porre co­me pregiudiziale dell’accoglimento da parte italiana di qualsiasi proposta di Bruxelles, l’accettazione della Gran Bretagna all’inter­no della comunità europea169. L’operato al governo di Tambroni170 di riesumare vecchi dossier personali con cui ricattare gli avver­sari politici non servì certo ad accattivargli il favore degli inglesi, fu inoltre talmente de­ludente che al suo confronto anche Fanfani poteva risultare più capace.

Solo nel 1961, di fronte all’evidenza dei numeri, Clarke si sarebbe arreso all’inevita- bilità del centrosinistra. La liquidazione del governo Tambroni, la costituzione del go­

verno Fanfani, la formazione di giunte di centrosinistra, indubbiamente rappresenta­rono uno spostamento dell’asse politico a si­nistra di cui non si poteva non prendere at­to. La politica estera emersa dall’assise con­gressuale Psi del marzo 1961 era ancora lon­tana dal poter soddisfare le esigenze occi­dentali171. Il neutralismo socialista rimaneva un ostacolo non irrilevante per procedere sul terreno del centrosinistra e non aiutavano certo a superare diffidenza e timori i fre­quenti colloqui che funzionari dell’amba­sciata avevano con uomini come Malagodi; i foschi scenari che specie quest’ultimo era in grado di dipingere ai propri interlocutori inglesi sarebbero stati in grado di spaventare anche il più accanito aperturista: qualora i socialisti avessero fatto parte di una coali­zione governativa, l’esponente liberale si di­ceva certo delfallontanam ento dell’Italia dalla Nato e dal blocco occidentale172.

Il congresso De svoltosi a Napoli nel gen­naio del 1962 mise tuttavia il diplomatico in­glese di fronte al fatto quasi compiuto. La mozione vincente approvò infatti la collabo- razione con il Psi. I democristiani espressero la propria convinzione che la partecipazione al governo del partito di Nenni avrebbe gra­dualmente allentato i suoi legami con i comu­nisti e avrebbe pertanto esteso nel lungo ter­mine l’area democratica. Nonostante Clarke non potesse fare a meno di continuare a vede­re i numerosi pericoli che vi sarebbero stati

167 Lettera di A. Clarke al Foreign Office, 21 aprile I960, in PRO, FO 371, RT 1015/15.168 A. Clarke a A. D. Ross (Foreign Office), 24 giugno 1959, in PRO, FO 371, RT 1015/26.169 P. Cacace, Vent'anni di politica estera italiana, cit., pp. 530-533170 Provocarono grande apprensione fra Clarke e i suoi uomini i moti che scoppiarono a Genova in seguito al consenso dato da Tambroni al Movimento Sociale di tenere il loro congresso nel capoluogo ligure, medaglia d’oro della Resisten­za. Il dubbio che si trattasse di una manovra del partito comunista volta a rovesciare il governo esistente si insinuò nelle menti degli osservatori inglesi specialmente dopo che impiegati del consolato di Genova riferirono di strani movimenti nelle vicinanze del quartier generale comunista da cui videro portar fuori numerosi contenitori di pietre. Solo in seguito si dovette ammettere che l’insurrezione scoppiata nel capoluogo ligure non fosse “la prima fase di un piano più vasto” (cfr. “Demonstrations in Italy. Organized by thè Communists” , 1 luglio 1959, in PRO, FO 371, RT 1015/19).171 A. Clarke al Foreign Office, 8 aprile 1961, in PRO, FO 371, CJ 1015/2.172 “Talk between Mr. D. Laskey and Sig. Malagodi on thè International and Domestic Situation”, W.N.H. Jones a M.K.D. Jamieson, 20 settembre 1961, in PRO, FO 371, CJ 1015/8.

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nel corso di questo processo di lenta integra-• • • 173 • "zione sistemica , opporre resistenza non

avrebbe più avuto senso. La Chiesa aveva or­mai anch’essa abbandonato la sua preceden­te ostilità e il Dipartimento di Stato america­no avrebbe dato di lì a poco il proprio placet ufficiale all’esperimento di centrosinistra at­traverso un memorandum che presumibil­mente, così come fu inviato all’ambasciata britannica, fece il giro delle corti diplomati­che più importanti:

[...] Il Psi ha assunto posizioni diverse dal Pei sulla questione della C om unità Europea e dell’Eura- tom, si è recentemente allineato alle posizioni del fronte occidentale riguardo le controverse questio­ni di Berlino, del Congo, delle Nazioni Unite, e ha risolutamente condannato la ripresa degli esperi­menti nucleari da parte dell’Unione Sovietica. An­cora più im portante, i socialisti hanno gradual­mente m utato le loro posizioni nei confronti della N ato, questione che più di ogni altra ha contato per quello che riguarda la loro “ inaccettabilità” in qualsiasi coalizione governativa173 174.

Da ultimo, l’elezione a presidente della Re­pubblica di Segni “fra i più accesi sostenito­ri in Italia della Nato, dell’Alleanza Atlanti­ca così come dell’Unione Europea” 175 venne vista come una preziosa garanzia che nulla sarebbe cambiato nella politica estera con­dotta da un Italia nei cui palazzi vi fosse an­che il Psi.

Clarke lasciò l’incarico all’ambasciata ro­mana nell’estate del 1962. Nel resoconto che stilò passando in rassegna gli anni tra­scorsi in Italia egli si riappacificò con la for­mula del centrosinistra a cui in extremis diede il proprio assenso prima di partire:

Confesserò che negli ultimi sei o sette anni ho nu­trito un certo scetticismo di fronte alla possibilità che, nella situazione attuale, il partito socialista potesse mai trasform arsi in un partito realmente democratico come il nostro partito laburista o il partito (marxista) socialista francese. O ra ho in parte m utato idea. Ho da sempre ritenuto che se ciò fosse stato possibile sarebbe stato di grande vantaggio per l’Italia e tutto sommato (nonostante il neutralismo socialista) per i suoi alleati all’inter­no della N ato. Il maggior rischio è sempre stato che il processo di transizione non avvenisse in mo­do sufficientemente graduale o con la dovuta ac­cortezza. Da questo punto di vista l’attuale esperi­mento si presta a minori critiche rispetto ai prece­denti tentativi. [...] Concludo pertanto che, qua­lunque siano stati i motivi che hanno spinto Fanfani a lanciarsi in questa impresa, essa sia da guardarsi con favore176.

Considerato che l’indebolimento del partito comunista fu uno dei motivi maggiori per cui il centrosinistra incontrò il favore inglese, le elezioni dell’aprile 1963 procurarono una profonda delusione a Sir John Ward, succes­sore di Clarke dal settembre 1962. Con gran­de disappunto della diplomazia inglese, il successo del partito di Togliatti dimostrava ancora una volta che il binomio prosperità- elettorato moderato sembrava non funziona­re in Italia:

Gli italiani, sebbene gli si debba riconoscere una lunga tradizione di civiltà, sono ancora terribil­mente imm aturi quando si tra tta di politica [...]. M entre solitamente una diffusa prosperità tende ad annullare ogni forma di estremismo politico, l’effetto che sta avendo sugli italiani sembra essere piuttosto quello di aumentare l’invidia per coloro che sono piu fortunati e facoltosi 177.

173 “Christian Democratic Party Congress from 27 Jan-31”, A. Clarke al Foreign Office, 1 febbraio 1962, in PRO, FO 371, CJ 1015/3.174 “The Impending Government Crisis in Italy, Department of State Research Memorandum”, Memorandum redatto dal Dipartimento di Stato USA, 19 gennaio 1962 — 5 marzo 1962, in PRO, FO 371, CJ 1015/12.175 A. Clarke al Foreign Office, 6 agosto 1962, in PRO, FO 371, CJ 1015/28.176 A. Clarke al Foreign Office, 6 agosto 1962, in PRO, FO 371, CJ 1015/28.177 J. Ward al Foreign Office, 30 maggio 1963, in PRO, FO 371, CJ 1015/16.

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L’incremento di voti registrato dal Pei, lungi tuttavia dal consigliare il perseguimento di una strada diversa, confermava la validità del­la formula del centrosinistra. Cedere a solu­zioni di centrodestra, come da più parti si in­vocava, avrebbe implicato forti rischi di una guerra civile178. La democrazia italiana ora più che mai dipendeva dal partito socialista. Dopo i fatti della famosa “notte di San Gre­gorio” ed il fallimento del primo tentativo di dare vita ad un governo di centrosinistra or­ganico, le apprensioni sulla capacità di Nenni di riuscire ad imporre al partito la propria li­nea non poterono certo che aumentare. Il congresso Psi fissato per l’ottobre 1963 sareb­be stato a questo proposito decisivo:

Nenni è ora più che mai im pegnato nel difficile compito di condurre il Psi nell’area democratica. Sarà il suo destino quello di essere sconfessato dal partito in occasione del prossimo congresso in ottobre come già successe a T urati nel 1922 quando propose di collaborare con il partito po­polare179?

Contrariamente alla pessimistiche previsioni nutrite presso l’ambasciata britannica che ar­rivò pure a sollecitare la partecipazione labu­rista per garantire al segretario socialista il

maggior sostegno possibile180, l’assise con­gressuale Psi segnò la vittoria dell’autonomi­smo sia sulla sinistra filocomunista che sul “dottrinario marxista” Lombardi. Il governo Moro venne alla luce dopo poco, salutato da Ward come un momento importante nella lotta contro il comuniSmo in Italia181.

La nascita di un governo di centrosinistra rappre­senta l’ultimo round dello scontro fra democrazia cristiana e comuniSmo in Italia. È importante per tu tto il m ondo occidentale che tale esperimento vada a buon fine. Se dovesse fallire, la scelta ri­marrebbe fra nuove elezioni, che non necessaria­mente potrebbero m igliorare la situazione, e un governo autoritario di centro-destra che potrebbe portare a seri scontri fra la popolazione182.

Molti sarebbero stati i modi con cui da parte inglese si sarebbe potuto aiutare il neonato governo: aiuti dal punto di vista economico e finanziario; facilitazioni dal punto di vista commerciale; incremento dei rapporti fra i rappresentanti delle due nazioni; consulenze da parte degli addetti dipartimenti perché la propaganda anticomunista si facesse più inci­siva; da ultimo, si sarebbero potute esercitare pressioni sul partito laburista perché intensi­ficasse i propri contatti con il Psi:

178 “ Demands and Threats made by the Italian Communist Party”, J. Ward al Foreign Office, 31 maggio 1963, in PRO, FO 371, CJ 1015/ 15.179 J. Ward al Foreign Office, 11 luglio 1963, in PRO, FO 371, CJ 1015/27.180 Incontrandosi con Guy Hannaford, dell’ambasciata britannica a Roma, Zagari aveva richiamato l’attenzione del diplomatico inglese su alcuni vantaggi che il centrosinistra avrebbe comportato; non solo avrebbe contribuito alla lotta contro il comunismo e alla sopravvivenza della democrazia italiana ma avrebbe anche facilitato le relazioni italo-inglesi ponendo una barriera ai diffusi sentimenti gollisti che rischiavano di far propendere l’Italia verso l’asse franco-tedesco. Scriveva Hannaford: “E un dato di fatto che i veri amici della Gran Bretagna in Italia siano le forze progressiste. So­cialisti, repubblicani, radicali, la sinistra De sono e sono sempre stati anti-fascisti, anti-comunisti e filo-inglesi”. Era pertanto auspicabile che il partito laburista facesse di tutto per dimostrare il proprio favore ed interesse per l’alleanza in fieri fra socialisti e cattolici attraverso articoli, discorsi, ma soprattutto con una sicura presenza all’imminente con­gresso Psi. Dopo tutto, aggiungeva Hannaford, “L’Italia non è poi così male per venirci per una breve vacanza”. “Sug­gestions that a Labour Party Delegation Should Attend the Psi Congress in Rome in July”, G. Hannaford ad H. Caccia, 28 maggio 1963, in PRO, FO 371, CJ 1052/20.181 “Policy Towards Italy”, Minutes al resoconto di J. Ward (“The Struggle between Christian Democracy and Com­munism in Italy”, 22 novembre 1963) redatta da W. B. Ledwidge (Foreign Office), 31 dicembre 1963, in PRO, FO 371, RJ 1015/16.182 “Policy Towards Italy”, Minutes al resoconto di J. Ward (“The Struggle between Christian Democracy and Com­munism in Italy”, 22 novembre 1963) redatta da W. B. Ledwidge (Foreign Office), 31 dicembre 1963, in PRO, FO 371, RJ 1015/16.

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sarebbe stato d ’aiuto al fine di educare i socialisti ad un maggior senso di responsabilità e spingerli in tal modo ad abbandonare la loro mentalità da diciannovesim o secolo e i loro superati dogmi marxisti per acquisire piuttosto un più realistico atteggiamento di fronte ai problemi esistenti183.

Niente doveva rimanere intentato affinché la già più che avviata omologazione di questo partito al socialismo democratico europeo non subisse una pericolosa fase di arresto.

La fine dell’anomalia socialista italiana

Il pragmatismo che in casa socialista specie da parte di Nenni si seppe dimostrare e il cor­so più che moderato del tanto temuto centro- sinistra avrebbero dimostrato presto alla di­plomazia inglese l’infondatezza di gran parte delle preoccupazioni nutrite.

Specie dopo la scissione del Psiup, il pro­cesso di socialdemocratizzazione del Psi non trovò più ostacoli di fronte a sé. Il partito modello socialdemocrazia europea che le po­tenze occidentali avevano a lungo sperato di veder sorgere anche in Italia sarebbe stato presto una realtà. Con la nascita del centrosi­nistra, cadde di fatto l’anomalia socialista italiana. L’accoglienza affettuosa da parte di Wilson in occasione della visita a Londra del luglio 1966 durante la quale Nenni venne definito dai compagni inglesi “una delle per­sonalità più rilevanti del socialismo euro­peo” 184 e l’emozionante rentrée di qualche mese prima al congresso di Stoccolma del­l’Internazionale socialista in cui il leader Psi ebbe la possibilità di annunciare l’imminente riunificazione con il Psdi, si potrebbero con­

siderare come il “lieto fine” del lungo e trava­gliato percorso intrapreso da Nenni da ormai più di dieci anni. Il grande partito socialista unificato, tanto caldeggiato dai propri part­ner europei, era ormai alle porte e suscitava grande ottimismo non potendosene prevede­re quella che sarebbe stata la breve durata. La riunificazione fra Nenni e Saragat sarebbe stata infine salutata dall’intera comunità in­ternazionale socialista, da sempre impegna­tasi nella mediazione fra i due leader, come “un contributo di straordinaria importanza nel rafforzamento della socialdemocrazia in Europa” e una “una grande vittoria sul capi­talismo ed il comuniSmo” 185.

E d’obbligo, per concludere, procedere ad una valutazione critica di quanto l’intervento esterno dell’Internazionale socialista, del partito laburista e dell’ambasciata inglese ab­bia realmente influito sul cosiddetto processo di “socialdemocratizzazione” del Psi. Lungi dal negare il peso del ruolo esercitato da atto­ri esterni nella politica italiana, mi preme sot­tolineare l’errore in cui si incorrerebbe nel considerare la linea politica e l’azione dei partiti, nel nostro caso del partito socialista, come frutto esclusivo di manovre ad esso esterne.

Le origini della svolta autonomista di Nenni, del processo di riunificazione nonché della candidatura del Psi a partito di gover­no, sono da cercarsi ben al di là delle pressio­ni provenienti da diplomazie e partiti da compiacere pur di accedere alla tanto ago­gnata stanza dei bottoni. Lo strappo con il Pei e la formula del centrosinistra nascono, di fatto, da quasi un decennio di fermento teorico revisionistico che vide impegnati

183 “Policy Towards Italy”, Minutes al resoconto di J. Ward (“The Struggle between Christian Democracy and Com­munism in Italy” , 22 novembre 1963) redatta da W. B. Ledwidge (Foreign Office), 31 dicembre 1963, in PRO, FO 371, RJ 1015/16.184 “Policy Towards Italy”, Minutes al resoconto di J. Ward (“The Struggle between Christian Democracy and Com­munism in Italy” , 22 novembre 1963) redatta da W. B. Ledwidge (Foreign Office), 31 dicembre 1963, in PRO, FO 371, RJ 1015/16.185 P. Nenni, Gli anni del centrosinistra, cit., p. 657.

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esponenti socialisti della statura di Lombar­di e Giolitti. Il partito socialista italiano, contemporaneamente a suoi omologhi in Europa come il partito laburista inglese e la Spd tedesca, pur mantenendosi in una cor­nice marxista, procedette coraggiosamente dalla metà degli anni cinquanta in poi ad un’analisi del mutato assetto socio-economi- co post-bellico e alla formulazione di nuove strategie per il movimento operaio. Di fronte alla nuova realtà del neocapitalismo e al mu­tato ruolo dello Stato, venne elaborata la strategia delle riforme di struttura, che altro non fu che il riconoscimento che il tempo “ del miraggio apocalittico dell’ora X” 186 era ormai passato e che erano invece ormai

maturi i tempi per una via pacifica al sociali­smo, attraverso le istituzioni parlamentari democratico-borghesi. La conquista dello Stato, si disse, poteva avvenire dall’interno attraverso le “ riforme rivoluzionarie” che una volta al governo il Psi si proponeva di portare a compimento. A prescindere da quello che poi realmente fu il centrosinistra è quindi importante non dimenticarsi i solidi presupposti teorici su cui esso nacque e il fat­to che, lungi dal costituire una semplice for­mula politica che forze interne e esterne po­tessero costruire a tavolino, esso fu il portato di una precisa fase storica attraversata dalla nostra politica nazionale.187

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186 Resoconto Socialist International Bureau del 9 ottobre, “Socialist International Information”, 29 ottobre 1966, n. 20.

187 Antonio Giolitti, Riforme e Rivoluzione, Torino, Einaudi, 1957, p. 26.

Ilaria Favretto si è laureata in Storia moderna presso l’Università statale di Milano nel luglio 1994. Sta attualmente lavorando ad una tesi PhD presso il Queen Mary and Westfield College (University of Lon­don).

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