STUDI DI FILOSOFIA ANALITICA DEL DIRITTO - Aracne editrice · mi sono occupato del concetto di ......

18
A12 243 STUDI DI FILOSOFIA ANALITICA DEL DIRITTO Collana diretta da Mauro BARBERIS • Pierluigi CHIASSONI Paolo COMANDUCCI • Riccardo GUASTINI 7

Transcript of STUDI DI FILOSOFIA ANALITICA DEL DIRITTO - Aracne editrice · mi sono occupato del concetto di ......

A12243

STUDI DI FILOSOFIA ANALITICA DEL DIRITTO

Collana diretta daMauro BARBERIS • Pierluigi CHIASSONI

Paolo COMANDUCCI • Riccardo GUASTINI

7

Volume pubblicato con il contributo dei fondi finanziati dal MURST per il programma “Prin 2010.La democrazia dopo la democrazia” dell'Università di Trieste.

NICOLA MUFFATO

NORMEE DISCORSI SU NORME

Copyright © MMXARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133/A-B00173 Roma

(06) 93781065

iSBN 978–88–548–3478–1

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

i edizione: settembre 2010

ai miei genitori

Il deve è una delle maledizioni con cuil’uomo è stato battezzato.

Georg Büchner, Lettera alla fidanzata

9

Indice

Introduzione……………………………………………………….. . 13

I. La polivocità degli enunciati deontici ………………………….. .. 17

1. Ambiguità semantica o ambivalenza pragmatica? ……….. . 171.1. Ambiguità semantica vs. ambivalenza pragmatica …….. .. 171.2. Doppeldeutigkeit des Sollens ………………………………... .. 181.3. Alternative semiotiche al modello kelseniano ………….. .. 211.4. Riformulazione del problema …………………………….. . 262. Uso vs. menzione …………………………………………….... 282.1. Uso, menzione, linguaggio-oggetto, metalinguaggi ….... .. 282.2. Uso e menzione nel linguaggio ordinario ……………….. . 342.3. Uso e menzione vs. sottoscrizione e non-sottoscrizione.. ... 352.4. Virgolette e citazioni………………………………………..... 433. La polivocità degli enunciati deontici …………………….... . 583.0. Combinazioni ……………………………………………….. 583.1. Enunciati deontici usati e sottoscritti ……………………... 603.2. Enunciati deontici menzionati e non-sottoscritti ………... . 623.3. Enunciati deontici usati e non-sottoscritti ……………….. . 733.3.1. Hart e l’uso mimetico di enunciati deontici ………….... . 733.3.2. Raz e gli asserti distaccati (detached statements) ……….. .. 823.3.3. La forza menzionatoria ………………………………….. . 843.3.4. Critiche …………………………………………………….. 883.4. Enunciati deontici menzionati e sottoscritti ……………... . 95

II. Asserti interni e discorso interno …………………………….... . 97

Introduzione……………………………………………………... . 97

10 indice

1. Due definizioni di asserto interno secondo Hart ………….. 971.1. Prima definizione ………………………………………….. .. 971.2. Seconda definizione ……………………………………….. 1012. L’asserto interno come prescrizione: il Modello Rivale ….. 1072.1. Prescrittivismo …………………………………………….. . 1082.2. Divisionismo ……………………………………………….. 1142.3. Language-dependence ……………………………………….. 1152.4. Genere di assenso e uso di prescrizioni ……………….... . 1172.5. Accettazione di prescrizioni …………………………….... 1202.6. Uso e menzione di enunciati (rinvio) …………………….. 1253. L’asserto interno come asserzione: il Modello Alternativo . 1263.1. Γ-asserti interni …………………………………………….. 1263.2. Γ-asserti interni e divisionismo………………………….... 1323.3. I γ-asserti interni tra conoscenza e accettazione di regole 1344. Asserti interni, discorso interno, regola di riconoscimento 1384.1. I β-asserti interni secondo il Modello Rivale ………….... . 1384.2. I β-asserti interni secondo il Modello Alternativo ……... . 1394.3. Critiche al Modello Alternativo ………………………….. 1454.4. Presupposizioni normative ……………………………….. 1494.4.1. Concetti di presupposizione ………………………….. ... 1504.4.2. La presupposizione normativa come presupposizione se-mantica ………………………………………………………….. 1534.4.3. La presupposizione normativa come presupposizione pragmatica………………………………………………………...1574.4.4. La presupposizione normativa come presupposizione teo-rica……………………………………………………………….. . 1604.5. Regola di riconoscimento, metodo e compromissione politica 1624.5.1. Guastini e gli asserti interni alla definizione di “norma va-lida” …….……………………………………………………….. . 1624.5.2. Jori e il criterio di politicità/neutralità del discorso interno 1654.5.3. Sulle relazioni tra meta-prescrizioni metodologiche e giu-dizi di valore etico: quattro modelli alternativi……………… 171

indice 11

4.5.4. Quale soluzione? ……………………………………….. .. 184

III. Normatività del diritto e doveri tra virgolette ……………… ... 201

1. La questione della normatività del diritto ……………….... 2012. Doveri giuridici e doveri tra virgolette …………………..... 2052.1. L’argomento di Carlos S. Nino ………………………….... 2052.2. Repliche all’argomento di Nino ………………………...... 2122.3. La difesa di Nino ………………………………………….... 2192.4. Il principio di unità del ragionamento pratico e la via alter-nativa per spiegare la normatività del diritto secondo Cristina Redondo ……………………………………………………….... 2223. Perché il giuspositivismo non dovrebbe (pre)occuparsi della questione della normatività ………………………………….... 2263.1. Motivi, cause e ragioni …………………………………..... 2263.2. Qualificabilità deontica vs. forza vincolante …………….. 2303.3. Obbligatorietà di azioni vs. obbligatorietà di norme …... 2323.3.1. Tre concetti di obbligatorietà (e di giustificazione)…... . 2323.3.2. Sull’obbligatorietà come valore logico delle norme ….. 2343.4. Doveri genuini e doveri tra virgolette ………………….... 2433.5. Morale sociale, morale critica, ragioni morali ………....... 2443.6. Alcune osservazioni ……………………………………...... 248

Bibliografia …………………………………………………….... .. 253

13

Introduzione

Il presente volume nasce da alcune indagini intraprese du-rante il dottorato presso l’Università degli Studi di Milano pa-rallelamente a quelle dedicate all’elaborazione della tesi, e conti-nuate subito dopo il conseguimento del titolo di dottore. Il libro raccoglie – modificandoli (talora drasticamente), ampliandoli e tentando di coordinarli per evitare inutili ripetizioni – dei saggi scritti tra il 2007 e il 2010, alcuni già pubblicati, altri inediti.

Il “fil rouge” di questi studi è costituito dall’analisi logica, se-mantica e pragmatica del linguaggio in funzione prescrittiva, e dai suoi rapporti con i discorsi conoscitivi formulabili da una pro-spettiva teorica (quella dell’osservatore), in quanto contrapposta alla prospettiva pratica (quella del partecipante). In particolare, mi sono occupato del concetto di normatività e delle relazioni e interazioni tra due dicotomie analitiche: quella tra asserzioni e prescrizioni e quella tra uso e menzione di enunciati (che a sua volta si riallaccia alla nota distinzione tra linguaggio oggetto e metalinguaggi analizzanti).

Il libro si compone di tre capitoli.Il primo capitolo costituisce un’estensione e un approfondi-

mento delle tematiche affrontate in Resta qualcosa da dire sulla po-livocità degli enunciati deontici?, un articolo recentemente apparso nella rivista “Diritto e questioni pubbliche” e originariamente presentato come relazione a un seminario di filosofia del diritto tenuto presso il Dipartimento “Cesare Beccaria” dell’Università Statale di Milano. L’obiettivo che mi pongo in questa prima par-te consiste nella rielaborazione e nell’affinamento di alcune tesi

14 norme e discorsi su norme

generalmente accettate rientranti nel background comune a una serie di teorie del significato degli enunciati deontici.

In particolare, cerco di articolare maggiormente la classica distinzione tra norme e proposizioni normative sulla base della tetracotomia “uso/menzione/sottoscrizione/non-sottoscrizione” (quest’ultima analisi prende avvio, come spesso accade nei miei lavori, da una ricostruzione delle tesi di Richard M. Hare) per perfezionare alcuni argomenti critici contro determinati model-li semiotici giusfilosofici tuttora in voga (come quello proposto da Joseph Raz) e per precisare e riformulare alcune critiche alle concezioni classiche sottese a certe interpretazioni della logica deontica.

Il secondo capitolo riprende il saggio Asserti interni: prescrizio-ni o asserzioni?, pubblicato su “Analisi e diritto 2008” e due studi inediti, una ricerca sulle presupposizioni normative e un’anali-si del concetto di regola di riconoscimento. Sono intervenuto in modo consistente sul saggio già pubblicato per riprodurre con maggior chiarezza una parte delle tesi che intendevo criticare e per chiarirne altre riferite alla distinzione tra punto di vista in-terno (pratico) e punto di vista esterno (teorico) in relazione a una norma. Ho cercato (spero con successo) di tenere conto delle osservazioni e obiezioni desumibili soprattutto dalle critiche di Uberto Scarpelli e Mario Jori ad alcune tesi di Hart – dalla cui de-finizione di “internal statement” il lavoro prende le mosse – e dai lavori di Bruno Celano, Riccardo Guastini e Vittorio Villa.

Nel terzo capitolo, infine, mi impegno a criticare un argo-mento avanzato da Carlos Santiago Nino a sostegno della c.d. “tesi della normatività del diritto” le cui presupposizioni hanno finito con l’essere accettate da una parte dei teorici giuspositivi-sti (come María Cristina Redondo). Cercherò di ridimensionare queste assunzioni e il loro preteso impatto sul giuspositivimo metodologico elucidando il significato dei termini ‘ragione’, ‘ob-

introduzione 15

bligatorietà’ e ‘morale’, e di analizzare in che modo la questione della normatività del diritto possa essere tenuta distinta dal di-verso problema di come si possa fare un uso non prescrittivo di espressioni e concetti prescrittivi.

Questo libro non sarebbe stato possibile senza il costante inco-raggiamento e appoggio di Mauro Barberis e Riccardo Guastini, nei confronti dei quali i miei debiti non sono circoscritti alla sfe-ra teorica. Desidero ringraziare inoltre (in ordine rigorosamente alfabetico) per i consigli, le correzioni e le obiezioni a varie parti di questo lavoro formulate in varie sedi o per alcune discussioni da cui credo (spero) di aver tratto giovamento Damiano Canale, Jules L. Coleman, Amedeo Giovanni Conte, Paolo Di Lucia, Jor-di Ferrer Beltrán, Edoardo Fittipaldi, Mario Jori, Giuseppe Lori-ni, Maribel Narváez Mora, Diego Papayannis, Francesca Poggi, Giovanni Battista Ratti, Aldo Schiavello, Giovanni Tuzet e Silvia Zorzetto. Naturalmente le manchevolezze del lavoro vanno ad-debitate esclusivamente al sottoscritto.

17

I

La polivocità degli enunciati deontici

1. Ambiguità semantica o ambivalenza pragmatica?

1.1. Ambiguità semantica e ambivalenza pragmatica

È un fatto arcinoto, tanto da apparire quasi ovvio, che un enun-ciato deontico – cioè un enunciato contenente un predicato moda-le deontico (per es., ‘obbligatorio’, ‘vietato’, ‘permesso’, ‘facolta-tivo’, ‘indifferente’, ‘lecito’, ‘illecito’, ‘dovere’ in quanto sinonimo del tedesco ‘sollen’ e dell’inglese ‘ought’, ‘potere’ in quanto sino-nimo del tedesco ‘dürfen’ e dell’inglese ‘may’) – sia interpretabile a seconda dei contesti d’enunciazione come una prescrizione o come un’asserzione, cioè come frammento di un discorso pratico o come parte di un discorso teoretico.

Prendiamo per buona la tesi (invero, tutt’altro che pacifica) secondo cui tali interpretazioni sarebbero alternative nel senso forte di irriducibili l’una all’altra (c.d. “Grande Divisione”). Da questa assunzione segue che la polivocità di un enunciato deon-tico è funzione o della sua semantica o della sua pragmatica. Se-condo Amedeo G. Conte, tale polivocità dipenderebbe nel primo caso da un’ambiguità semantica, nel secondo da un’ambivalenza pragmatica1. L’ambiguità semantica concernerebbe il rapporto tra

1 Cfr. A. G. Conte, Deontica aristotelica (1992), in Id., Filosofia del linguaggio normativo II. Studi 1982-1994, Giappichelli, Torino, 1995, pp. 478-483; Id., Prag-matica dell’ambiguità: ambiguità semantica vs. ambivalenza pragmatica (2000) in

18 norme e discorsi su norme

un enunciato (inteso come type-sentence) e una proposizione, l’am-bivalenza pragmatica concernerebbe il rapporto tra un enunciato (inteso come type-sentence) e la sua enunciazione (l’atto di enun-ciare l’enunciato con una certa forza pragmatica (utterance) o il risultato di tale atto, cioè l’enunciato inteso come token-sentence).

1.2. Doppeldeutigkeit des Sollens

Hans Kelsen, sulla scorta di Christoph Sigwart2, sostiene che gli enunciati deontici siano affetti da una strutturale ambiguità semantica (c.d. “Doppeldeutigkeit des Sollens”): il verbo ‘sollen’, quando fa parte di un enunciato che esprime il senso di un atto di pensiero (un’asserzione), muta il suo “carattere logico”, perde il suo normale significato prescrittivo e acquisisce un significa-to descrittivo. Detto altrimenti: un enunciato deontico (Soll-Satz) può significare un’asserzione su una norma (Aussage über eine Norm, Soll-Aussage, Soll-Urteile), vera o falsa, la quale “riproduce descrittivamente”3 il dover essere di una norma (Soll-Norm).

Questa tesi si innesta in un impianto concettuale ben articola-to. Da un lato si staglia sullo sfondo di una distinzione, avanzata

Id., Filosofia del linguaggio normativo III. Studi 1995-2001, Giappichelli, Torino, 2002, pp. 889-891.

2 Cfr. C. Sigwart, Logik, Mohr, Tübingen, 1904 (1889), pp. 17-19. Le tesi di Sigwart (e di Kelsen, nella misura in cui le accoglie) sono criticate in A. G. Conte, Deontica aristotelica, in A. G. Conte, Filosofia del linguaggio normativo II. Studi 1982-1994, Giappichelli, Torino, 1995, pp. 478-483.

3 Cfr. H. Kelsen, General Theory of Law and State, Harvard U. P., Cambridge (Mass.), 1945, p. 163: «The ought-statements in which the theorist of law rep-resents the norms have merely descriptive import; they, as it were, descriptively reproduce the ‘ought’ of the norms».