STUDI DEL DIPARTIMENTO DI STORIA, CULTURE, RELIGIONI

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ALFONSO MARINI I viaggi di Francesco. Storia e “memorie”, leggende e metafore Molte targhe ricordano che Giuseppe Garibaldi è stato ospitato in sva- riate case della penisola, così il passaggio di Francesco d’Assisi è rivendica- to da molti paesi, soprattutto italiani, per tradizione a volte secolare. Questi passaggi spesso non sono suffragati da convincenti testimonianze storiche, siano esse documenti o cronache o vitae. Allo storico di professione può capitare di dover parlare con prudenza se invitato a tenere una conferenza davanti a un uditorio locale, a un pubblico non specialista ma appassionato del proprio paese e dei propri santi, mediando tra ciò che è caro alla gente del posto e il proprio compito di verificare criticamente le tradizioni, che spesso devono essere negate o almeno attenuate nel loro valore storico. Per alcuni luoghi il passaggio, anche non sporadico, di frate Francesco non può essere negato, ma su di esso si è attuata un’amplificazione ripresa anche in scritti e studi che intendono ribadire quanto già creduto. È il caso, per fare un esempio, di una località sicuramente legata a Francesco, Poggio Bustone. Partendo da qui si può fare un esercizio di uso delle fonti sul frate d’Assisi e di confronto tra documentazione e tradizione orale o leggenda. Le fonti su Francesco sono varie e di diversa ispirazione, tuttavia re- stano prevalentemente fonti agiografiche e come tali vanno studiate pri- mariamente. Non sempre in esse si può trovare ciò che si desidera sapere o la conferma delle tradizioni accumulatesi nei secoli. Le vite dei santi ben raramente vogliono dare notizie particolareggiate, ancor meno si pre- occupano di offrire una cronologia in successione diacronica. In breve, non sono delle biografie nel senso che intendiamo noi oggi. Di un santo vogliono indicare la conversione, le virtù, la conversatio (cioè lo stile di vita religioso) e la santa morte, inizio della vita gloriosa e del culto in terra, legato anche ai miracoli operati in vita e post mortem. Inoltre le vite dei

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Tabula gratulatoria

Alberzoni Maria Pia, MilanoAmore Orsola, RomaAndenna Giancarlo, MilanoArchetti Gabriele, MilanoArnaldi Girolamo, RomaBalestracci Duccio, SienaBaronio Angelo, BresciaBeatrice Pier Franco, PadovaBeolchini Valeria, RomaBernacchia Roberto, MondolfoBiblioteca di Scienze della Storia e Documentazione Storica,

Università degli Studi di MilanoBonfiglio-Dosio Giorgetta, PadovaBritish School at Rome, RomaCaciorgna Maria Teresa, RomaCarbonetti Cristina, RomaCarocci Sandro, RomaCavallo Guglielmo, RomaCentro Italiano di Studi Longobardi, BresciaCherubini Giovanni, FirenzeChittolini Giorgio, MilanoCollavini Simone Maria, PisaCorsi Pasquale, BariCortonesi Alfio, ViterboCosentino Salvatore, BolognaDierkens Alain, BruxellesEsch Arnold, RomaFalcioni Anna, Fanovon Falkenhausen Vera, Roma

VI Ricerca come incontro

Gangemi Maria Luisa, RomaGelichi Sauro, VeneziaGianmaria Gioacchino, AnagniGinatempo Maria, SienaGiostra Caterina, MilanoGoetz Hans-Werner, HamburgIstituto Storico Germanico / Biblioteca Storica, RomaIstituto Storico Italiano per il Medioevo, RomaKujawiński Jakub, PoznańLeggio Tersilio, FarfaLeverotti Franca, MassaLorè Vito, RomaLuzzati Michele, PisaMaire Vigueur Jean-Claude, RomaManacorda Daniele, RomaMatheus Michael, MainzMeyer Andreas, MarburgMiglio Massimo, RomaMiller Maureen C., BerkeleyMolinari Alessandra, RomaNishimura Yoshiya, NagoyaOfficina di Studi Medievali, PalermoPiccinni Gabriella, SienaPinto Giuliano, FirenzeRacine Pierre, StrasburgoRossetti Gabriella, PisaSaguì Lucia, RomaSaitta Biagio, CataniaSangermano Gerardo, NapoliSenatore Francesco, NapoliSlavazzi Fabrizio, MilanoStroppa Francesca, BresciaVannini Guido, FirenzeVaranini Gian Maria, VeronaVarela-Rodríguez Ma Elisa, GironaVendittelli Marco, RomaVisceglia Maria Antonietta, RomaWard-Perkins Bryan, OxfordWolf Kordula, Roma

Da quando, nel 1964, venne pubblicato sul «Bullettino dell’Istituto Sto-rico italiano per il Medio Evo» il suo primo saggio Consors regni. Un pro­blema carolingio, Paolo Delogu è stato una presenza costante e via via di sempre maggior rilievo nella medievistica italiana.

Professore prima a Salerno, in seguito a Firenze e, dal 1985, a Roma, gli interessi di Delogu si sono rivolti in un primo tempo alla dissoluzione del potere carolingio in Italia, poi alla storia di Salerno tra VIII e XI secolo, in seguito ai longobardi – e soprattutto al loro sempre discusso rapporto con i romani –, più tardi ai normanni nel Mezzogiorno d’Italia e alla storia eco-nomica di Roma nell’alto medioevo. Fondamentale è certamente stato il suo contributo all’affermazione dell’archeologia medievale, una disciplina che in Italia – fino agli Settanta del XX secolo – era stata “schiacciata” dall’incombente presenza di quella classica e che Paolo Delogu ha inizial-mente praticato di persona, restando poi, fino ad oggi, attento e stimolante interlocutore per tutti quelli che la praticano sul campo.

Nel corso di questo lungo itinerario, geografico e culturale, Delogu ha avuto modo di incontrare molti colleghi, di formare ottimi allievi e di in-crociare i più diversi campi di ricerca. Questo volume raccoglie i saggi di chi è entrato in rapporto con lui, come collega, allievo o compagno nell’av-ventura dell’indagine del passato.

La raccolta di saggi, pensata in occasione del suo settantesimo com-pleanno, coglie la fortunata opportunità di festeggiare la sua nomina a pro-fessore emerito della “Sapienza”.

Giulia Barone, Anna Esposito, Carla Frova

Indice

Paolo TedescoNote sulla genesi e l’evoluzione dell’autopragia demaniale nei secoli IV-VI 3

Gian PieTro BroGioloVerona tra tardo antico e alto medioevo: alcune considerazioni 19

Marco di BrancoPregi e difetti della compilazione: gli attacchi arabi contro Rodi nelle fonti islamiche 33

sauro GelichiLupicinus presbiter. Una breve nota sulle istituzioni ecclesiastiche comacchiesi delle origini 41

alessia rovelliDns Victoria. Legende monetali, iconografia e storia nelle coniazioni della Langobardia meridionale del IX secolo 61

Giuliano MilaniIl secondo Simone. Le fonti letterarie e visuali di un’illustrazione del salterio Chludov (Bisanzio, secolo IX) 83

viTo lorèLa chiesa del principe. S. Massimo di Salerno nel quadro del Mezzogiorno longobardo 103

X Ricerca come incontro

Giulia BaroneTheophanius imperator augustus? Postille sul documento dell’imperatrice Theophanu per Farfa (1° aprile 990) 125

daniele BianconiTracce di scrittura beneventana in un nuovo codice italogreco 143

Paolo PeduToDal legno alla pietra nelle fortificazioni normanne in Italia meridionale 165

Federico MarazziUltimi longobardi. La contea di Venafro e il suo territorio fra Montecassino, S. Vincenzo al Volturno e i normanni (950-1100 circa) 183

chris WickhaMAlbano in the central Middle Ages 209

anTonio sennisLinguaggi della persuasione. Le visioni soprannaturalinel mondo monastico medievale 227

eMMa condello«In monasterio sancti Christi martirys Anastasii qui vocaturAqua Salvia». Un nuovo codice superstite del monastero delle Tre Fontane 245

lidia caPoSulle cronache medievali 265

alFonso MariniI viaggi di Francesco. Storia e “memorie”, leggende e metafore 279

carla FrovaLa storia delle istituzioni scolastiche nel medioevo come tema di storia sociale 293

XIIndice

Bruno FiGliuoloI priorati celestiniani molisani di Trivento e Agnone dalle origini alla soppressione (secoli XIII-XIX) 309

ivana aiTDomini Urbis e moneta (fine XIII-inizi XV secolo) 329

Marco cursiCacciatori di autografi: ancora sul codice Riccardiano 2317 e sulla sua attribuzione alla mano del Boccaccio 351

alFredo cocciTemi antiebraici e islamici nel De adventu Messiae (1339) di Alfonso Buenhombre OP 379

Giovanni viToloGoverno del territorio e rappresentazione dello spazio nel Mezzogiorno aragonese 399

riTa cosMaIl codice Vaticano latino 3993 425

eleonora PleBaniVerso l’Africa e l’Oriente. Alcune riflessioni sulla recente medievistica italiana 451

anna esPosiToFamiglie aristocratiche e spazi sacri a Roma tra medioevo e prima età moderna 471

uMBerTo lonGoL’inventio di Archelao: ovvero la riscoperta delle origini cristiane nel Seicento sardo 483

leonida PandiMiGlioDue libri di famiglia del terzo millennio 495

Alfonso MArini

I viaggi di Francesco. Storia e “memorie”, leggende e metafore

Molte targhe ricordano che Giuseppe Garibaldi è stato ospitato in sva-riate case della penisola, così il passaggio di Francesco d’Assisi è rivendica-to da molti paesi, soprattutto italiani, per tradizione a volte secolare. Questi passaggi spesso non sono suffragati da convincenti testimonianze storiche, siano esse documenti o cronache o vitae. Allo storico di professione può capitare di dover parlare con prudenza se invitato a tenere una conferenza davanti a un uditorio locale, a un pubblico non specialista ma appassionato del proprio paese e dei propri santi, mediando tra ciò che è caro alla gente del posto e il proprio compito di verificare criticamente le tradizioni, che spesso devono essere negate o almeno attenuate nel loro valore storico. Per alcuni luoghi il passaggio, anche non sporadico, di frate Francesco non può essere negato, ma su di esso si è attuata un’amplificazione ripresa anche in scritti e studi che intendono ribadire quanto già creduto. È il caso, per fare un esempio, di una località sicuramente legata a Francesco, Poggio Bustone. Partendo da qui si può fare un esercizio di uso delle fonti sul frate d’Assisi e di confronto tra documentazione e tradizione orale o leggenda.

Le fonti su Francesco sono varie e di diversa ispirazione, tuttavia re-stano prevalentemente fonti agiografiche e come tali vanno studiate pri-mariamente. Non sempre in esse si può trovare ciò che si desidera sapere o la conferma delle tradizioni accumulatesi nei secoli. Le vite dei santi ben raramente vogliono dare notizie particolareggiate, ancor meno si pre-occupano di offrire una cronologia in successione diacronica. In breve, non sono delle biografie nel senso che intendiamo noi oggi. Di un santo vogliono indicare la conversione, le virtù, la conversatio (cioè lo stile di vita religioso) e la santa morte, inizio della vita gloriosa e del culto in terra, legato anche ai miracoli operati in vita e post mortem. Inoltre le vite dei

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santi e l’immagine che esse danno dei loro eroi protagonisti sono legate ai concetti di santità dei diversi periodi storici in cui sono state scritte, alla società in cui sono state concepite e al pubblico cui sono rivolte.1

Le fonti più antiche su Francesco sono a lui contemporanee o imme-diatamente successive alla sua morte. Tra le prime i numerosi documenti per lo più pontifici2 e i suoi stessi scritti,3 fondamentali per inquadrare le varie legendae agiografiche del Duecento su san Francesco4 e vagliarne il grado di attendibilità. Nei dettagliati indici delle Fonti francescane5 Pog-gio Bustone ha una sola menzione, con rinvio a 2 Cel. 131.

Tempore quodam apud eremitorium de Podio, circa nativitatem Domini, ma-gno populo ad praedicationem vocato, tali prologo exorsus est: «Vos creditis me hominem sanctum, et ideo devote venistis. Sed fateor», ait, «vobis tota hac quadragesima cibaria lardo condita comedi». Sicque frequenter voluptati imputavit, quod prius infirmitati concesserat.

Mancano indicazioni cronologiche, sia nel senso di una data precisa, sia nella successione di un prima e un dopo. L’episodio ha la sua probabile fonte in Comp. Ass. 81,6 che è più dettagliata, specificando che la quaresima è quella di San Martino (da Ognissanti a Natale), ma che non indica il luogo:

1. Tutto ciò è ben noto, v. A. Vauchez, La sainteté en Occident aux derniers siècles du Moyen Âge, Rome 19811, 19882; J. Dubois, J.-L. Lemaître, Sources et méthodes de l’hagio-graphie médiévale, Paris 1993; S. Boesch Gajano, La santità, Roma-Bari 1999; U. Longo, La santità medievale, con un saggio introduttivo di G. Barone, Roma 2006.

2. Bullarium Franciscanum, ed. I.H. Sbaralea, 1-4, Romae 1759-1768.3. Francesco d’Assisi, Scritti, ed. C. Paolazzi, Grottaferrata 2009 (abbr. Scritti).4. Già numerose quelle della prima metà del secolo XIII: Tommaso da Celano, Vita

prima S. Francisci, in Analecta Franciscana, 10, Quaracchi-Firenze 1926-1941, pp. 3-115 (Vita beati Francisci, abbr. 1 Cel.); Id., Vita secunda S. Francisci, ibid. pp. 129-260 (Me-moriale in desiderio animae, abbr. 2 Cel.); Id., Tractatus de miraculis b. Francisci, ibid. pp. 271-330 (abbr. 3 Cel., ritenuto di recente un’unica opera con 2 Cel., Thomas de Cela-no, Memoriale, ed. F. Accrocca, A. Horowski, Roma 2011); Giuliano da Spira, Vita sancti Francisci, in Analecta Franciscana, 10, pp. 335-371; Anonimo Perugino (De inceptione vel fundamento Ordinis), ed. P.-B. Beguin, Paris 1979; Legenda trium sociorum, ed. T. Des bonnets, in «Archivum Franciscanum Historicum», 67 (1974), pp. 38-144 (abbr. Leg. 3 soc.; citerò questa fonte tralasciando l’Anonimo Perugino, più breve ma ritenuto dalla maggioranza degli studiosi a sua volte fonte della Leg. 3 soc.) e Legenda antiqua perusina (o Compilatio Assisiensis, ed. Marino Bigaroni, S. Maria degli Angeli-Assisi 19751, 19922, cito dalla seconda, abbr. Comp. Ass.); queste due ultime leggende sono state variamente riportate ai compagni di Francesco Leone, Rufino e Angelo.

5. Padova 20042, 20113.6. Da cui riprende Anonimo della Porziuncola, Speculum perfectionis status fratris

minoris, ed. D. Solvi, Firenze 2006, 62, pp. 57-58.

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Similiter quodam tempore, cum mansit apud quoddam heremitorium per qua-dragesimam sancti Martini et fratres propter eius infirmitatem condirent de lardo cibaria que sibi dabant ad comedendum, maxime quia oleum in suis infirmitatibus erat valde contrarium, finita .XL. cum predicaret magno po-pulo congregato non multum longe ab illo heremitorio, in primo verbo sue predicationis dixit illis: «Vos venistis ad me cum magna devotione et creditis me sanctum hominem, sed Deo et vobis confiteor quoniam in hac .XL. in illo heremitorio comedi cibaria de lardo condita».

Perché Francesco si trovava a Poggio Bustone? Come le indicazioni cronologiche, anche la motivazione manca nelle fonti. Un’ipotesi è avan-zata o riproposta da p. Goffredo Antonio Ligori,7 che interpreta gli scarsi dati inserendoli in una cronologia che resta però ipotetica. Egli sostiene che Francesco e i primi frati si fossero rifugiati a Poggio Bustone, presso l’ere mo ottenuto dai Benedettini di Farfa, perché ad Assisi erano malvisti da parenti e amici, che si rifiutavano di aiutarli con elemosine, dato che essi avevano volontariamente rinunciato ai propri beni. Poiché la predi-ca avviene presso l’eremo, non in chiesa, p. Ligori ritiene che ci si trovi ai primi tempi della comunità francescana, quando Francesco era ancora laico, avendo ricevuto solo più tardi il diaconato. La malattia di Francesco non osterebbe a questa ipotesi, poiché le fonti riferiscono che Francesco fin dalla giovinezza era malato di stomaco, fegato e milza.8

Ma, come dicevo, in ciò non siamo confortati dalle fonti, anzi, sembra strano che possa riferirsi a un periodo tanto precoce la fama di santità di Francesco. È significativo che le Fonti francescane nella seconda edizione abbiano eliminato dalla cronologia l’arrivo dei primi frati nel 1208 a Pog-gio Bustone, che nella prima edizione era invece riportato.9

7. G.A. Ligori, Santuario di Poggio Bustone. Luogo del perdono, (Rieti) 2000, una pubblicazione edita dal Santuario Francescano di Poggio Bustone per il giubileo del 2000.

8. Dell’episodio non parla O. Schmucki, Le malattie di Francesco durante gli ultimi anni della sua vita, in Francesco d’Assisi e francescanesimo dal 1216 al 1226, Atti del IV Convegno Internazionale (Assisi, 15-17 ottobre 1975), Assisi 1977, pp. 317-362. Non ne tratta l’importante studio di L. Pellegrini Insediamenti francescani nell’Italia del Duecento, Roma 1984, che ha alcuni rinvii a Poggio Bustone, insediamento francescano posto nella Provincia Romana, in particolare nella Custodia Reatina (p. 303)

9. «1208, autunno o inverno. Seconda missione. Raggiungono Poggio Bustone, nella valle di Rieti. Francesco, dopo essere stato assicurato della remissione dei suoi peccati e del futuro sviluppo dell’Ordine, conforta e incoraggia i compagni – se ne è aggiunto un altro – e li invia a due a due nelle quattro direzioni del mondo. Terza missione. Bernardo ed Egidio vanno a Firenze. 1209, inizio. Gli otto ritornano alla Porziuncola, ove sono raggiunti da altri quattro fratelli»: Fonti francescane, Assisi 19771, p. 2472.

Dunque p. Ligori ipotizza che Francesco arrivi a Poggio Bustone, la-sciando Assisi, nell’estate 1208. Ha con sé sei frati, Bernardo, Pietro Cat-tani, Egidio, Sabatino, Morico, Giovanni della Cappella. I sette provenienti da Assisi si sarebbero trovati di fronte alla sconfitta del rifiuto dei loro concittadini. Il loro stato d’animo non sarebbe stato dei migliori, erano sette poveretti con un futuro a dir poco incerto. Quindi potrebbe collocarsi a Poggio Bustone una profezia di Francesco sul grande numero futuro di frati riferita da 1 Cel. 26-28:

Confortamini, charissimi, et gaudete in Domino, nec, quia pauci videmini, ef-ficiamini tristes, nec vos deterreat mea vel vestra simplicitas... Veniunt Fran-cigenae, festinant Hispani, Teutonici et Anglici currunt et aliarum diversarum linguarum accelerat maxima multitudo.Forte di questa visione – come continua a raccontare Tommaso da

Celano nel paragrafo successivo, il 29 – Francesco fa partire la missione, mandando i frati, lui compreso, a due a due per il mondo. Ciò sarebbe ac-caduto – ma non è Tommaso a scriverlo – a Poggio Bustone, dove ai sette frati se ne sarebbe aggiunto un ottavo.

Bisogna però parlare in via di ipotesi. Le fonti non soltanto tacciono, ma a volte contraddicono queste tradizioni. Già non è facile essere sicuri della successione degli arrivi dei primi compagni; Leg. 3 soc. 33, poi, pone alla Porziuncola la partenza di questa prima missione. Tutto ciò richiama quanto ho affermato all’inizio: nelle fonti agiografiche non si può cercare la precisione e anche i tentativi di razionalizzare e concordare i dati dispa-rati che da esse ci arrivano non sempre sono legittimi. Solo gli Actus beati Francisci in Valle Reatina pongono la rivelazione a Poggio Bustone,10 ma si tratta di un’opera scritta quasi cento anni dopo la morte di Francesco, poco prima del 1320, e strettamente legata alle tradizioni della valle di Rie ti. Si deve anzi concludere ricordando che una delle tradizioni più radi-cate in relazione al luogo di Poggio Bustone non è riportata nelle fonti più antiche, quella riferita anche da Geno Pampaloni:11 il saluto che Francesco diede agli abitanti del posto, «Buon giorno buona gente».

10. Anonimo Reatino, Actus beati Francisci in Valle Reatina, ed. A. Cadderi, rev. G. Boccali, S. Maria degli Angeli 1999, VIII, 18, pp. 228-230. In gran parte le tradizioni francescane della valle reatina dipendono da questo testo, ma sono riprese da L. Wadding, Annales Minorum, 1, Lugduni, sumptibus Claudij Landry, 1625 (a cura di G.M. Fonseca, Quaracchi-Firenze 19313), soprattutto ad annum 1209.

11. Francesco nella valle santa di Rieti, Rieti-Novara 1995, pp. 3 e 18. Cfr. A. Terzi, Memorie francescane, Rieti 1955, pp. 207-208. Ma la cosa non è presente nemmeno negli Actus b. Francisci in Valle Reatina.

Alfonso Marini282

283I viaggi di Francesco. Storia e “memorie”, leggende e metafore

Se ci si sposta fuori dall’Italia, i dubbi sui passaggi di Francesco non riguardano soltanto località come Poggio Bustone, importanti nella tradi-zione francescana ma di risonanza limitata al di fuori di essa. Per un luogo ben più noto nella cristianità medievale, Santiago di Compostella, bisogna essere ancora più radicali e dubitare fortemente che l’Assisiate vi sia mai passato. Nella città ancora oggi meta di pellegrinaggio si potranno vedere indicazioni del passaggio di Francesco,12 ma nelle fonti più antiche ciò non è mai affermato. 1 Cel. riferisce che vi andarono Bernardo ed Egidio, ma solo gli Actus beati Francisci et sociorum eius scrivono che il santo vi andò, insieme a Bernardo e alquanti frati.13 Non solo il periodo di composizione degli Actus è tardo rispetto alle principali fonti francescane (circa 1330), ma si può cogliere facilmente l’evoluzione del racconto, che mette insieme l’importanza del luogo e le due notizie di 1 Cel. sul viaggio in Spagna di Francesco per raggiungere il Marocco (cap. 56) e sull’arrivo a Santiago di Bernardo ed Egidio (cap. 30). I Fioretti, riprendendo la notizia degli Actus nel volgarizzamento di fine Trecento, l’hanno diffusa e resa tradizionale.14

Oltre che alle tradizioni e alle “memorie” locali, lo storico si trova di fronte anche a iniziative modernissime che sono proposte come riprese dal lontano passato medievale. Se la rivitalizzazione della Via Francigena ha un forte aggancio con la storia,15 altrettanto non può dirsi del Cammino di Francesco, creato a partire dagli anni Novanta del Novecento collegando i principali luoghi francescani della Valle Santa reatina (tra cui, ovviamente in questo caso, Poggio Bustone) e questi con Roma, ricercando antichi sentieri sui quali probabilmente Francesco passò e tratti della Francigena, ma che non configurarono una via di pellegrinaggio, tantomeno simile al cammino di Santiago.16 Eppure – comprensibilmente al di fuori di un di-

12. Le tradizioni sono veicolate in molti modi, oggi anche su diversi siti web. Si pone, ad esempio, il convento di San Francisco come testimonianza del pellegrinaggio dell’As-sisiate.

13. Cap. III, 1, ed. postuma J. Cambell, a cura di M. Bigaroni, G. Boccali, S. Maria degli Angeli-Assisi 1988, p. 128. Nell’introduzione, p. 58, l’episodio è indicato come mo-dificato su 1 Cel.

14. I Fioretti di san Francesco, a cura di B. Bughetti, Quaracchi-Firenze 1926, cap. IV.15. Le pubblicazioni sono ormai moltissime, ad essa è stata dedicata anche una delle

Guide d’Italia del Touring Club Italiano (“Guide verdi”): Via Francigena. Sulle orme di Sigerico: dal Gran San Bernardo ai luoghi santi di Roma, s.l. 2006.

16. Il cammino di Santiago è già stabilito nelle differenti vie e nelle varie tappe nel se-colo XII; P. Caucci von Saucken, Guida del pellegrino di Santiago. Libro quinto del Codex Calixtinus. Secolo XII, Milano 19891; la bibliografia è vasta, si veda il classico R. Oursel,

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scorso prettamente storico – quest’ultimo e il cammino di Francesco sono oggi gemellati.

Una cosa tuttavia emerge con chiarezza dalle fonti francescane e risulta caratteristica del santo di Assisi, la sua capacità di spostarsi, quella che viene detta l’itineranza, ed è la caratteristica del viaggio,17 il che in qualche modo legittima i cammini di recente creazione. Anzi, per Francesco il viaggio si può intendere anche in senso metaforico: tutta la sua vita è un viag gio interio-re ed esteriore, egli non conosce la conversione di un giorno, ma si converte continuamente, prima e dopo la rinuncia ai beni e alla famiglia. Sa cambiare prospettiva più di una volta, passando dal desiderio di nobilitarsi con le armi alla volontà di darsi a Dio,18 visto in prospettiva cavalleresca e cortese come il dominus più grande del servus e del cliens, cioè del comes Gentile con il quale era in viaggio verso la Puglia per un’impresa guerresca;19 passando poi dalla vita eremitica di riparatore di chiese20 alla scelta apostolica dopo l’ascolto del Vangelo della missione degli apostoli;21 dalla penitenza solita-ria all’accetta zione di compagni22 e quindi alla fondazione di una comunità, della fraternitas.23 E ancora avanti verso nuove prospettive.

L’itineranza di Francesco è fondamentalmente apostolica, per portare sempre più in là la parola del Vangelo. Ma non fu sempre e comunque solo questo. Le testimonianze delle fonti anche in questo caso possono non essere concordanti, tuttavia si possono individuare i principali viaggi del frate di Assisi.

Probabilmente viaggiò col padre per le fiere di Borgogna e Cham-pagne, ma di ciò non abbiamo testimonianza. Come si è detto, da giovane, ma già ventiduenne (1204-1205), parte per la Puglia nella prospettiva di diventare cavaliere, ma a Spoleto viene fermato da una visione e torna ad Assisi. È l’inizio del suo cammino di conversione, un “rovesciamento di valori” con l’abbandono del desiderio di nobilitazione con le armi. Il

Pèlerins du Moyen Âge, Paris 1978, e anche G. Cherubini, Santiago di Compostella, il pellegrinaggio medievale, (Siena) 1998.

17. J. Richard, Les récits de voyages et de pèlerinages, Turnhout 1981.18. 1 Cel. 4-6, 19. Leg. 3 soc. 5-6, 2 Cel. 6.20. 1 Cel. 18, 21, Leg. 3 soc. 21-24.21. 1 Cel. 22, Leg. 3 soc. 25.22. 1 Cel. 24-25, Leg. 3 soc. 27-28.23. Leg. 3 soc. 29.

285I viaggi di Francesco. Storia e “memorie”, leggende e metafore

cambio sarà così radicale, che nei suoi scritti non compare mai la parola “guer ra” (né bellum, né proelium, né gwerra, né werra o simili). Dopo di ciò, si reca in pellegrinaggio a Roma, dove scambia temporaneamente i suoi vestiti con un povero, mendicando davanti alla basilica di S. Pietro.24

Dopo la rinuncia davanti al vescovo (1206?) Francesco lascia Assisi e va come sguattero in un monastero, poi prosegue per Gubbio, dove riceve degli abiti da un amico.25 Torna ad Assisi, ripara chiese e, ricevuti i primi tre compagni, parte per una prima missione andando con Egidio nella Mar-ca di Ancona (1208).26 Nell’autunno-inverno 1208 si colloca l’altra mis-sione con i sette compagni più Francesco che vanno a due a due in quattro direzioni, quella che alcuni, come si è visto sopra, fanno partire da Poggio Bustone, altri dalla Porziuncola.

Nella primavera 1209 o 1210 tutto il gruppo di frati si reca a Roma da Innocenzo III per l’approvazione del propositum vitae.27 Per sottolineare la disponibilità di Francesco ad accettare nuove prospettive va ricordato un episodio narrato soltanto da 1 Cel. 34-35. Durante il ritorno il grup-po di dodici frati, numero molto probabilmente simbolico, si ferma per circa quindici giorni in un luogo solitario nei pressi di Orte, una sorta di romitorio. I frati decidono di lasciarlo per evitare di considerarlo come un possesso, ma entrando nella valle di Spoleto si pongono nuovamente la domanda fondamentale che Francesco aveva risolto con la triplice apertura del Vangelo insieme a Bernardo e Pietro all’inizio della fraternitas: vivere da eremiti o tra gli uomini? Francesco, dice Tommaso, prega e ha un’ispi-razione: essi dovranno vivere non soltanto per se stessi, perché sono inviati da Dio a conquistare le anime che il diavolo tenta di rapire.

Così si aprono prospettive di nuovi viaggi: Francesco e i suoi compagni si danno alla predicazione nell’Italia centrale, spingendosi sempre più lon-tano. Predicano il Vangelo, ma non gli aspetti dottrinali, come laici possono soltanto svolgere una predicazione penitenziale. Nel maggio 1217 il capito-lo generale dei Frati Minori decide di svolgere missioni oltralpe; Francesco si dirige verso la Francia, ma a Firenze viene fermato dal cardinale vescovo di Ostia, Ugolino, legato papale in Toscana e Lombardia, per il bene del suo Ordine nascente. Continua l’itineranza in Italia e la predicazione ha al cen-

24. Leg. 3 soc. 10, 2 Cel. 8.25. 1 Cel. 16. 26. Leg. 3 soc. 33-34.27. 1 Cel. 32-33, Leg.3 soc. 47-52.

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tro l’appello alla pace tra le fazioni cittadine e tra le città in guerra reciproca. Nel Testamento Francesco ricorda come una novità – considerata da lui come una rivelazione del Signore – il saluto: «Dominus det tibi pacem».28 Tommaso da Spalato nel 1222 lo udì predicare la pace a Bologna, secondo «modum… concionandi», e ne ha lasciato testimonianza.29

La contrapposizione tra le parti, però, non è limitata alle città italiane, si estende oltre, a cerchi concentrici sempre più ampi: a papato e impero (dagli anni Venti del Duecento) e a cristianità e islam. Francesco conce-pisce nuove prospettive. Già due volte aveva tentato il “viaggio” verso le terre dell’islam: nel 1211 si era imbarcato per la Siria, ma i venti spinsero la nave in Dalmazia, da dove tornò ad Ancona.30 Nel 1212-1213 si era re-cato in Spagna per passare in Marocco – come accennato sopra – ma una malattia lo fermò e lo costrinse a tornare alla Porziuncola.31 Il viaggio gli riuscì nel 1219, in un momento di scontro armato tra cristiani e musulmani, durante la quinta crociata. Quale che fosse l’ispirazione religiosa delle cro-ciate (il passagium, pellegrinaggio armato in Terrasanta), esse sono state delle guerre e hanno portato all’estremo la teoria agostiniana della “guerra giusta”.32 Bernardo di Clairvaux, che aveva predicato e diretto la secon-da crociata (1147-1150), vede nei musulmani gli emissari del demonio, il nemico che, più che convertito, va ucciso. Chi lo uccide non è homi-cida, ma malicida. «Mors ergo, quam [miles] irrogat, Christi est lucrum, quam excipit, suum. In morte pagani christianus gloriatur, quia Christus glorificatur».33 Chi muore combattendo è un martire e col proprio sangue ha in premio il Cristo, l’idea di missione non viene mai presentata.34 Dal

28. Testamento 23, in Scritti, p. 398. G. Miccoli, Francesco d’Assisi e la pace, in «Fran-ciscan Studies», 64 (2006), pp. 33-52; R. Rusconi, Francesco d’Assisi e la politica: il potere delle istituzioni e l’annuncio della pace evangelica, in «Franciscana», 6 (2004), pp. 1-22.

29. Tommaso da Spalato, Historia pontificum Salonitanorum et Spalatensium, del 1266 (ed. L. De Heinemann, in MGH. SS, 29, Leipzig 1925, p. 580, ripreso in L. Lemmens, Testimonia minora saeculi XIII de S. Francisco Assisiensi, Ad Claras Aquas 1926, p. 10).

30. 1 Cel. 55.31. Ibid., 56.32. J. Flori, La guerre sainte. La formation de l’idée de croisade dans l’Occident

chrétien, Paris 2001.33. Bernardo di Clairvaux, Liber ad milites Templi de laude nove militiae, in Sancti

Bernardi Opera, 3, Tractatus et opuscula, a cura di J. Leclercq, H.M. Rochais, Roma 1963, p. 217.

34. A. Marini. Conversione o morte. Il problema della conversione al cristianesimo in Bernardo di Clairvaux, in «Studi Storico-Religiosi», 6 (1982), pp. 345-381.

287I viaggi di Francesco. Storia e “memorie”, leggende e metafore

canto loro gli islamici portavano alle estreme conseguenze il precetto co-ranico del gihad, che è la lotta che il fedele deve fare innanzitutto dentro di sé, poi con la realtà esterna per la diffusione e l’educazione alla fede, infine con le armi, per propagare l’islam; chi muore combattendo è un martire per il quale si apre subito il paradiso.35

La quinta crociata si svolse tra il 1217 e il 1221 per riprendere Geru-salemme riconquistata dal Saladino nel 1187. La Palestina apparteneva al sultano d’Egit to Malik al-Kamil (successo al padre, fratello del Saladino, nel 1218, a crociata già iniziata), quindi le operazioni militari si diressero contro l’Egitto, concentrandosi attorno a Damietta. I capi cristiani erano il re titolare di Gerusalemme Giovanni di Brienne, il re di Ungheria Andrea II, il duca d’Austria Leopoldo VI di Babenberg. Ma il peso decisionale maggiore lo aveva il legato papale Pelagio Galvao.36

Nonostante recenti dibattiti sul significato di questo viaggio di Fran-cesco in terre lontane, gli storici sono concordi nel ritenerlo autentico.37 Non si può sapere se da giovane l’Assisiate avesse sentito il fascino della crociata o se fosse stato contrario ad essa, va però esclusa una premessa preconcetta in base alla quale non avrebbe potuto essere contro la crociata perché non avrebbe potuto andare contro la mentalità del suo tempo e so-prattutto non avrebbe potuto essere contrario a quella che era un’impresa papale. Se nessuno uscisse, anche solo in parte, dagli schemi del proprio tempo, non si avrebbe propriamente storia, cioè cambiamento; non si può ridurre la “mentalità del tempo” a una gabbia interpretativa. Né l’obbe-dienza di Francesco al papa può estendersi a ogni decisione pontificia o essere intesa come appiattimento sulle posizioni ufficiali. Nei suoi scritti, come non sono mai presenti vocaboli che indichino la guerra, così non si trova mai il temine miles Christi in relazione a sé e ai suoi frati, cioè il termine che designava i monaci, ma anche i cavalieri crociati, oltre che gli appartenenti agli Ordini monastico-cavallereschi.

35. A. Doucellier, F. Micheau, L’Islam nel Medioevo, Bologna 2004, pp. 26-27 (ed. orig. Les Pays d’Islam. VIIe-XVe siècle, Paris 2000).

36. S. Runciman, A History of the Crusades, 3 voll., London 1951, 1952, 1954, ed. it. Storia delle crociate, 2 voll., Torino 1966 (per la V crociata, ed. 1994, 2, pp. 800-831); tra le molte pubblicazioni recenti, J. Flori, Les croisades, Paris 2001; A. Demurger, Croisades et croisés au Moyen Âge, Paris 2006.

37. Entrerò solo in minima parte nel merito dei dibattiti indicati, rinviando al mio stu-dio Storia contestata: Francesco d’Assisi e l’Islam, in «Franciscana», 15 (2013), in corso di stampa.

288 Alfonso Marini

Nel giugno 1219 Francesco inizia il viaggio verso l’“altro” partendo dal porto di Ancona, poco dopo arriva a Damietta. Il 29 agosto 1219 i cristiani subiscono una prima sconfitta, ma nel novembre conquistano Da-mietta. Malik al-Kamil propone una tregua, ma il legato Pelagio la rifiuta, vuole uno scontro armato, urtandosi anche con il Gran Maestro del Tempio e con Giovanni di Brienne. Il 21 agosto 1221 questa posizione porta alla disfatta dei crociati e alla fine della crociata stessa, che non raggiunse quin-di alcun risultato.

In questo clima di guerra Francesco durante la tregua tra la sconfitta del 29 agosto 1219 e la vittoria crociata del novembre compie un viaggio, più lungo, metaforicamente, di quello fatto da Ancona a Damietta, andan-do dal sultano Malik al-Kamil. Si recò disarmato in territorio nemico, fu preso dalle guardie del sultano e – su sua richiesta – portato da lui. Ciò che accadde è raccontato da varie fonti, non soltanto di ambito francescano (1 Cel. 57; 2 Cel. 30), ma anche da cronisti della crociata, nonché da Jacques da Vitry, vescovo di S. Giovanni d’Acri, soprattutto in un’importante lette-ra del 1220, praticamente contemporanea all’avvenimento:

Magister vero illorum, qui ordinem illum instituit, cum venisset in exercitum nostrum, zelo fidei accensus ad exercitum hostium nostrorum pertransire non ti-muit et cum aliquot diebus Sarracenis verbum Dei predicasset, modicum profe-cit. Soldanus autem, rex Egypti, ab eo secreto petiit ut pro se Domino supplica-ret quatinus religioni, que magis Deo placeret, divinitus inspiratus adhereret.38

Una fonte araba potrebbe confermare la presenza di Francesco presso il sultano e la discussione che avvenne fra «un monaco cristiano» e un sa-piente egiziano, direttore spirituale e consigliere di al-Kamil. Il sapiente è Fakhr ad-din al Fârisî e la fonte è l’epitaffio sulla sua tomba.39

38. Lettres de Jacques de Vitry (1160/1170-1240) évêque de Saint Jean d’Acre, ed. R.B.C. Huygens, Leiden 1960, Lettera VI, pp. 136-157, questo brano pp. 132-133; Jacques de Vitry, Lettres de la Cinquième Croisade, texte latin établi par R.B.C. Huygens, Turnhout 1998, p. 159.

39. Cfr. F. Gabrieli, San Francesco e l’Oriente islamico, in Espansione del france-scanesimo tra Occidente e Oriente nel secolo XIII, Atti del VI Convegno Internazionale (Assisi, 12-14 ottobre 1978), Assisi 1979, pp. 116-118; cfr. A. Vauchez, Francesco d’As-sisi. Tra storia e memoria, Torino 2010, p. 95 (ed. orig. François d’Assise. Entre histoire et mémoire, Paris 2009); J. Tolan, Il santo dal sultano. L’incontro di Francesco d’Assisi e l’Islam, Roma-Bari 2009, p. 319, con qualche dubbio sul fatto che il cristiano citato fosse Francesco (ed. orig. Le saint chez le sultan. La rencontre de François d’Assisi et de l’Islam, huit siècles d’interprétation, Paris 2007).

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Ma verso i crociati che atteggiamento ebbe Francesco? Il racconto di 2 Cel. 30 potrebbe fare indirettamente intendere che egli fosse con-tro lo scontro armato, anche se l’agiografo scrive soltanto che il santo sconsigliò i cristiani di attaccare battaglia perché profeticamente sape-va che sarebbero stati sconfitti (probabilmente la sconfitta del 29 agosto 1219);40 ma un aiuto per la decodificazione del racconto di Tommaso vie-ne dall’anonimo autore della Histoire de Eracles empereur (1229-1231), che conosce Francesco e ricorda che è stato canonizzato, non riferisce della sua visita al sultano, ma dà un’informazione sul suo atteg gia mento verso i crociati:

Cil hom, qui comenca l’ordre des Freres Menors, si ot nom frere Franceis, qui puis saintefia et fu mis en auctorité, si que l’en l’apele saint Franceis, vint en l’ost de Damiate, et i fist moult de bien, et demora tant que la vile fu prise. Il vit le mal et le peché qui comenca a creistre entre les gens de l’ost, si li desplot, por quoi il s’en parti et fu une piece en Surie, et puis s’en rala en son pais.

L’anonimo si sofferma poi a descrivere quale fosse il peccato nel cam-po crociato dopo la presa di Damietta:

Mais puis que ele fu prise il sembla que il vosissent dire: «Nos n’avons plus besoing de l’aide de Deu», car il le boterent en sus d’eaus, ne puis ne vostrent entendre a lui servir ne a bien faire; ains comenca lues, en l’ost dehors la vile et dedens, roberie, larrecin, murtres, luxure, neis as Sarrasines de la vile.41

40. «Dixitque socio suo: “Si tali die congressus fiat, ostendit mihi Dominus non in prosperum cedere Christianis. Verum si hoc dixero, fatuus reputabor, si tacuero, conscien-tiam non evadam. Quid ergo tibi videtur?”. Respondit socius eius dicens: “Pater, pro mi-nimo tibi sit, ut ab hominibus iudiceris, quia non modo incipis fatuus reputari. Exonera conscientiam tuam et Deum magis time quam homines”. Exsilit ergo sanctus et salutaribus monitis Christianos aggreditur, prohibens bellum, denuncians casum. Fit veritas in fabu-lam, induraverunt cor suum et noluerunt adverti».

41. Histoire de Eracles empereur et la conqueste de la terre d’outremer, in Recueil des historiens des croisades, Historiens Occidentaux, 2, Paris 1859, p. 348: «Quell’uomo, che iniziò l’Ordine dei Frati Minori, ebbe nome frate Francesco, che poi fu santificato e messo in autorità, così che lo si chiama san Francesco, venne all’esercito di Damietta e vi fece molto bene e vi rimase fino a quando la città fu presa. Egli vide il male e il peccato che cominciavano a crescere tra la gente dell’esercito e gli dispiacque, per cui se ne partì e stette per un pezzo in Siria; poi fece ritorno al suo paese». «Ma dopo che essa [la città di Damietta] fu presa, sembrò che essi [i crociati] volessero dire: “Non abbiamo più bisogno dell’aiuto di Dio”, perché lo respinsero lontano da loro, e poi non vollero intendere di servirlo né di fare il bene; cominciarono allora, nell’esercito fuori e dentro la città, furti, ruberie, omicidi, lussuria, anche con le saracene della città».

290 Alfonso Marini

L’insieme delle due testimonianze può essere letto come rifiuto della violenza e della crociata, anche se tale lettura non è generale. Si può anche accettare un’interpretazione di Gwénolé Jeusset, secondo il quale France-sco a Damietta ha un’ulteriore conversione; forse all’arrivo in Egitto non aveva una posizione anticrociata, ma l’esperienza avuta lì lo porta a rifiuta-re la guerra anche per scopi “religiosi”: «disons qu’il arriva les mains nues et qu’il repartit avec la pensée que l’Église devait aller, elle aussi, les mains nues vers le musulmans».42 Diverse letture sono possibili, ma è difficile negare che la trasposizione di questa esperienza si trovi nel cap. XVI della Regula non bullata (1221):

Fratres vero qui vadunt [inter saracenos et alios infideles], duobus modis inter eos possunt spiritualiter conversari. Unus modus est quod non faciant lites ne-que contentiones, sed sint subditi omni humane creature propter Deum (1 Pt. 2,13) et confiteantur se esse christianos. Alius modus est quod, cum viderint placere Deo, annuntient verbum Dei ut credant in Deum omnipotentem Patrem et Filium et Spiritum Sanctum, creatorem omnium, redemptorem et salvatorem Filium, et ut baptizentur et efficiantur christiani, quia nisi quis renatus fuerit ex aqua et Spiritu Sancto non potest intrare in regnum Dei (Giov. 3, 5).43

Dopo questo grande “viaggio”, tornato in Italia nel 1220, Francesco affronta i problemi dell’Ordine, maturati durante la sua assenza, e compie un altro cambio di prospettiva, dimettendosi da ministro generale e affi-dando ad altri la cura del governare, anche se a lui spetterà la redazione della Regula bullata approvata nel 1223. Nonostante l’aggra varsi delle sue malattie (cui si aggiunge quella agli occhi contratta probabilmente proprio in Egitto o Siria), non smette di viaggiare, in ambiti geograficamente più ristretti, quelli dei primi tempi, anche se con diversi orizzonti: queste infat-ti non sono più – o sono meno – missioni di evangelizzazione da parte di un oscuro giovane penitente, ma viaggi in cui l’uomo considerato santo si offre alla devozione dei fedeli, che intendono vederlo e toccarlo; oppure, al

42. G. Jeusset, Rencontre sur l’autre rive. François d’Assise et les Musulmans, Paris 1996, p. 134; cfr. P. Sella, San Francesco e l’incontro con il sultano d’Egitto. Rivisitazione storica per una rilettura dei rapporti con l’Islam, in «Antonianum», 80 (2005), pp. 485-498. Non così Tolan, Il santo dal sultano, e R. Michetti, François d’Assise et la paix révélée. Réflexions sur le mythe du pacifisme franciscain et sur la prédication de paix de François d’Assise dans la société communale du XIIIe siècle, in Prêcher la paix et discipliner la so-ciété. Italie, France, Angleterre (XIIIe-XVe siècles), Atti del convegno svoltosi a Nizza, 24-25 maggio 2002, Brepols 2005, pp. 279-312.

43. Scritti, p. 266. Tale passo non sarà ripreso nella Regula bullata (1223).

291I viaggi di Francesco. Storia e “memorie”, leggende e metafore

contrario, spostamenti verso la solitudine degli eremi o peregrinazioni tra medici e cure rivelatesi poco utili.

Nel 1220-1221 frate Francesco fa forse un giro di predicazione in Ita-lia centro-meridionale,44 nell’ago sto 1222 predica a Bologna,45 nel 1223-1224 si muove tra Fonte Colombo,46 Greccio,47 la Verna48 e la Porziunco-la, nel 1224-1225 fa un giro di predicazione in Umbria e nelle Marche, cavalcando un asino a causa della sua debolezza,49 e nella valle reatina sopporta la cauterizzazione agli occhi.50 Anche nel 1226, l’anno della sua morte, si muove in Italia centrale, andando tra aprile e maggio a Siena, poi alle Celle di Cortona,51 Bagnara,52 per tornare ad Assisi scortato da cavalieri della città, che vogliono conservare il suo corpo prezioso quando sarà morto.53 Ma dal palazzo del vescovo vorrà essere portato a morire alla Porziuncola, nella piana sotto la città.54 Francesco termina i suoi viaggi là dove erano iniziati, anche se «con altra voce omai, con altro vello».55 Il suo viaggio metaforico, la sua avventura umana, lo ha portato molto più lontano dall’inizio, come è evidente dal suo Fortleben.

44. Le cronologie degli ultimi anni della vita di Francesco non sono ricavabili con precisione dalle fonti; per la costanza di Francesco nel voler incontrare i fedeli nonostante la debolezza del suo corpo v. 1 Cel. 97: «Replebat omnem terram Evangelio Christi, ita ut una die quatuor aut quinque castella vel etiam civitates saepius circuiret, evagelizans unicuique regnum Dei».

45. Cfr. supra, testimonianza di Tommaso da Spalato.46. Dove compose la Regula bullata, cfr. Bonaventura da Bagnoregio, Legenda maior

s. Francisci, in Analecta Franciscana, 10, cap. IV, 11, pp. 576-577; Comp. Ass. 17.47. Natale 1223, quando organizò la rappresentazione liturgica, presa come inizio del-

la tradizione del presepe, anche se si trattò di altra cosa: 1 Cel. 84-86; cfr. Comp. Ass. 74.48. Estate 1224, quando avrebbe ricevuto le stimmate: 1 Cel. 94-95, Comp. Ass. 118.49. 1 Cel. 98, senza indicazioni cronologiche precise; cfr. Vauchez, Francesco d’As-

sisi. Tra storia e memoria, p. 139, ma senza rinvio alle fonti.50. 1 Cel. 101, Comp. Ass. 86. Si tratta ancora di Fonte Colombo.51. 1 Cel. 105, Comp. Ass. 96.52. Comp. Ass. 96.53. Comp. Ass. 96, cfr. 1 Cel. 105 sul desiderio dei cittadini di Assisi di custodire il

prezioso corpo come futura reliquia taumaturgica: «Laetata est civitas in adventu beati pa-tris et omnium populorum ora laudabant Deum; universa namque multitudo populi sanctum Dei sperabat in proximo moriturum et haec erat exsultationis tantae materia».

54. 1 Cel. 106, Comp. Ass. 5.55. Dante, Paradiso XXV, 7.