Strumenti e modelli per la gestione dei servizi idrici

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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI UDINE ________________________________________ FACOLTÀ DI ECONOMIA Corso di Laurea in Economia e Commercio Prova Finale STRUMENTI E MODELLI PER LA GESTIONE DEI SERVIZI IDRICI Tutor: Laureando: Chiar.mo Prof. Antonio Massarutto Carlo Signor ANNO ACCADEMICO 2010/2011

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Tesi di laurea triennale in Economia e Commercio, Università di Udine. Analisi della teoria economica sulle criticità del mercato dei servizi idrici e confronto tra i diversi modelli gestionali adottabili. Ottobre 2011.

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI UDINE

________________________________________

FACOLTÀ DI ECONOMIA

Corso di Laurea in Economia e Commercio

Prova Finale

STRUMENTI E MODELLI PER LA GESTIONE DEI

SERVIZI IDRICI

Tutor: Laureando:

Chiar.mo Prof. Antonio Massarutto Carlo Signor

ANNO ACCADEMICO 2010/2011

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI UDINE

________________________________________

FACOLTÀ DI ECONOMIA

Corso di Laurea in Economia e Commercio

Prova Finale

STRUMENTI E MODELLI PER LA GESTIONE DEI

SERVIZI IDRICI

Tutor: Laureando:

Chiar.mo Prof. Antonio Massarutto Carlo Signor

ANNO ACCADEMICO 2010/2011

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A mio nonno Nello.

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INDICE

1 INTRODUZIONE .................................................................................. 7

2 I SERVIZI IDRICI NELLA TEORIA ECONOMICA............................. 8

2.1 L’acqua e i servizi idrici ................................................................... 8

2.2 L’economia della regolazione e i servizi pubblici. .......................... 10

2.3 Le caratteristiche economiche del servizio idrico ........................... 14

2.4 Il coinvolgimento del settore privato .............................................. 16

3 I MODELLI GESTIONALI DI RIFERIMENTO .................................. 19

3.1 La gestione delegata. ...................................................................... 20

3.2 Il monopolio privato regolato. ........................................................ 21

3.3 La gestione pubblica diretta ........................................................... 22

3.4 Le forme gestionali ibride ............................................................... 25

3.5 Il problema della flessibilità ........................................................... 26

4 L’ESPERIENZA INTERNAZIONALE E NAZIONALE RECENTE ... 28

4.1 Modelli esemplificativi internazionali ............................................. 28

4.2 Modelli esemplificativi nazionali .................................................... 31

5 PROSPETTIVE .................................................................................... 34

6 CONCLUSIONI ................................................................................... 35

7 BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA ....................................................... 37

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1 INTRODUZIONE

L’acqua è, sul piano chimico-fisico, una molecola cardine degli organismi viventi mentre,

sul piano biologico, rappresenta l’essenza della “bios” con tutte le implicazioni etiche e

sociali che ne derivano. In questo senso, l’acqua rappresenta un “bene pubblico”, poiché è

un bene che dovrebbe essere a disposizione universale senza ipotesi di contrasti.

Sul piano politico-economico l’acqua può anche essere considerata un “bene comune”,

cioè un bene in usufrutto e consumo contemporaneo; purtroppo, per varie ragioni,

soprattutto antropiche, l’acqua è un bene che sta, progressivamente, scarseggiando. Ciò

implica che il consumo idrico altrui interferisce con quello di altri, riducendolo, creando

competizione per il possesso o l’utilizzo e trasformando l’acqua da bene pubblico puro in

un bene comune, il cui consumo è “rivale”. Ne deriva, cioè, la “rivalità” tra il cosiddetto

ottimo sociale, inteso come il quantitativo che garantisce a tutti di consumare quel bene,

preservandolo per il futuro, e il personale consumo di ogni individuo, il cosiddetto ottimo

individuale. Ecco estrinsecate le motivazioni che portano a concetti come “oro blu” e/o

“tragedia dei beni comuni” (tragedy of the commons): si parla di “tragedia”, perché si

tende a distruggere il bene stesso, a consumarne troppo, ad abusarne.

I dati scientifici evidenziano un “alert” relativo alla tendenza del prevalere dell’ottimo

individuale, a scapito dell’ottimo sociale, rischiando sempre di più questa “tragedia”. É

facile, allora, intuire l’importanza di trovare o studiare soluzioni-modelli gestionali in grado

di ristabilire o mantenere il corretto rapporto tra ottimo individuale, e ottimo sociale, tra

bene pubblico e bene comune, tra biologia, etica, società, politica ed economia.

Queste sono le premesse ed i razionali che portano lo scrivente ad analizzare gli strumenti

ed i modelli per la gestione dei servizi idrici, con lo scopo di approfondire le modalità che

consentano il migliore sviluppo sostenibile, senza o almeno ridotta “rivalità”, nella

flessibilità ed adattabilità operativa che tutelino l’uso, razionalmente, economicamente,

politicamente ed eticamente condiviso dell’acqua.

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2 I SERVIZI IDRICI NELLA TEORIA ECONOMICA

2.1 L’acqua e i servizi idrici

L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite “riconosce il diritto all’acqua potabile sicura

e pulita e a servizi igienico-sanitari come diritto umano essenziale per il pieno godimento

della vita e di tutti i diritti umani”1. L’Assemblea sottolinea che l'acqua potabile e l’acqua

per uso igienico sono un diritto di ogni uomo che concerne la dignità della persona; il suo

usufrutto è requisito indispensabile per la quantità e la qualità di vita dell’umanità,

assumendo le caratteristiche di un diritto-patrimonio naturale inalienabile. Inoltre, citando

il sociologo T. Marshall, l’accesso a queste funzionalità idriche di base costituisce un bene

essenziale, parte dei cosiddetti “diritti di cittadinanza”.

L’acqua, nella fruizione individuale, non “disseta solo gli assetati” garantendo la

sopravvivenza, ma è garanzia di importanti esternalità positive: per esempio, permette la

prevenzione delle malattie infettive attraverso una migliore controllo igienico delle fonti di

approvvigionamento e delle modalità di scarico. Determina inoltre inclusione sociale: in

effetti, disporre regolarmente di acqua significa potersi lavare ed assumere quella dignità

che permette alle persone di interagire con altri senza provare imbarazzo e vergogna.

Ne deriva che le risorse idriche siano unanimemente considerate strategiche per il

mantenimento di standards qualitativi e quantitativi delle condizioni sociali ed economiche

di una società e, in molti casi, la loro assenza, scarsità o scorretta gestione rappresentano

un fattore limitante per lo sviluppo2. L’acqua, in quanto bene, è limitata, distribuita in

modo ineguale e spesso di difficile accesso. L’uso la deteriora, soprattutto se la pressione

1 Risoluzione delle Nazioni Unite 64/292 del 28 luglio 2010. 2 Kessides, 2004.

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antropica eccede determinati limiti. L’acqua è, dunque, un bene scarso, rivale, esclusivo e,

soprattutto, desiderato.

Nell’economia il ruolo della risorsa idrica è di protagonista “sul lato della domanda”. Essa,

infatti, è una risorsa che presenta variegati “valori d’uso”, cioè potenziali usi diretti (civili),

indiretti (industriali, agricoli, navigazione), energetici (idroelettrici, circuiti di

raffredamento) e ambientali (mezzo di diluizione, balneazione, usi ricreativi, valore

ambientale in situ). Per creare l’incontro tra la domanda e l’offerta entrano in gioco i

servizi idrici, veri soggetti della trattazione, che svolgono le attività fondamentali di

organizzazione e gestione di strumenti che permettono l’accesso all’acqua. Di particolare

interesse sono i servizi idrici urbani che si distinguono in approvvigionamento e

distribuzione ad uso civile, fognatura e depurazione.

Questi, infatti, sono quei servizi idrici verso il quali la discussione economica e la

conseguente legislazione si è maggiormente dedicata.

L’acqua è innanzitutto un bene che serve agli esseri umani per sopravvivere e per sostenere

i loro processi di produzione e consumo. A fronte di tutti i possibili usi, ciascuno coltiva

l’interesse privato ad utilizzare l’acqua per i propri scopi, siano essi la sopravvivenza, le

attività economiche, il tempo libero. D’altra parte la risorsa è ritenuta talmente

fondamentale da richiederne la disponibilità garantita a tutti; tale aspetto attribuisce

all’acqua la dimensione di un bene di utilità a interesse pubblico. A sua volta, il bene

pubblico, acquista pregnante ruolo e rilievo nei servizi idrici urbani. Ricordiamo come il

servizio di approvvigionamento idrico e fognario non rappresenti l’unica componente

dell’industria idrica. Questa include anche l’industria metallurgica speciale, meccanica ed

elettrotecnica deputata alla produzione di tubature, valvole, rubinetti, pompe, filtri, ecc.

Inoltre, esistono numerosi servizi specializzati quali le attività di ispezione, manutenzione e

riparazione della tecnologia idrica insieme alle fasi di engineering, ricerca e sviluppo.

La figura 1 esplicita, schematicamente, le funzioni centrali e periferiche associate al

servizio idrico urbano insieme alle collegate operazioni dei sistemi di approvvigionamento

idrico e scarico fognario. Cardini essenziali del sistema sono le responsabilità della

pianificazione strategica e di sviluppo unite ai finanziamenti ed investimenti indispensabili

per le infrastrutture.

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Figura 1: funzioni dei servizi idrici urbani

(Fonte: Kraemer, Public and private management of water service, 1998)

Tale manifesta, grande complessità funzionale, unita all’esponenziale sviluppo degli

agglomerati urbani, implicano un incremento direttamente proporzionale della sua sua

complessità gestionale.

2.2 L’economia della regolazione e i servizi pubblici

A fronte delle caratteristiche della risorsa idrica e degli accenni alle funzioni svolte dai

servizi idrici, si può delineare un’elencazione degli obbiettivi primari o standards utili da

perseguire. Una razionale gestione deve infatti assicurare:

il suddetto uso multiplo dell’acqua; impiego, come già sottolineato, conflittuale fra

i vari settori, ognuno con ratio e logiche diverse, connesse ad esigenze e a

willingness to pay differenti, da armonizzare e rendere compatibili con la quantità e

la qualità delle risorse disponibili;

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la sostenibilità ambientale degli stessi usi della risorsa, a garanzia di equità

intergenerazionale, gestendo lo stock disponibile del bene, non solo esauribile e

quindi limitato, ma anche qualitativamente degradabile;

un riequilibrio territoriale fra le zone ove l’acqua “è offerta” e le zone ove l’acqua

“è domandata”, attraverso un risarcimento dei costi ambientali subiti dalle prime e

la strettamente connessa giusta condivisione e accessibilità per tutti gli utilizzatori;

ciò si traduce in una sostenibilità etico sociale, in grado di garantire equità

intragenerazionale;

un uso sostenibile sotto l’aspetto finanziario ed economico, razionalizzando tutte le

operazioni di gestione, manutenzione e rinnovo degli impianti di acquedotto,

fognatura e depurazione;

una specializzazione strutturale e funzionale dei soggetti gestori.

Nuovamente, la citata dimensione pubblica attribuibile all’acqua rappresenta il presupposto

razionale per introdurre il settore idrico nella categoria delle public utilities. In questo

ambito, è fondamentale l’attività decisionale, guidata dal corpus teorico dell’economia

della regolazione, svolta dal policy maker, finalizzata alla scelta dell’assetto più

appropriato per il settore industriale considerato. Intrinseco alla semantica del termine è il

necessario equilibrio che esclude un approccio dicotomico che contrappone “pubblico a

privato” oppure “stato a mercato”. Naturalmente, a prima vista, attribuire al bene e,

conseguentemente, al servizio ad esso collegato un interesse pubblico potrebbe portare

all’esclusione aprioristica del regime di concorrenza; ciò potrebbe tradursi in un ostacolo al

mercato e un ostacolo al cosiddetto coinvolgimento del settore privato (Involvement of

private sector).

Ebbene, questo è proprio quell’approccio scorrettamente manicheo che mette in conflitto

“mercato e stato” con la presunzione che la natura pubblica di determinati interessi in

gioco sia meglio tutelata, garantita e conseguita dall’azione di soggetti pubblici nella

pianificazione strategica e di sviluppo come nel reperimento di risorse finanziarie.

Purtroppo, molteplici evidenze ed analisi testimoniano e supportano posizioni antitetiche;

d’altra parte, nemmeno il mercato è in grado di garantire quell’efficienza tanto osannata e

ricercata. Ne deriva la necessità, indiscutibile ed improrogabile, di superare il citato

“stallo” ricercando soluzioni e modelli gestionali alternativi in grado di tutelare il “bene

supremo”: l’acqua. Diventa razionale e giustificato il ricorso, frequente in condizioni

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ambientali e socio economiche peculiari, ad un approccio terzo, in efficiente assetto tra il

mercato e lo stato. Ciò è reso possibile dall’analisi, attraverso la teoria economica, delle

caratteristiche dei diversi settori, sia sul lato dell’offerta che su quello della domanda,

orientandosi verso la scelta di un sistema normativo e gestionale più appropriato. In tale

ambito, la stessa teoria è stata capace di sviluppare e pianificare un percorso procedurale

efficace nella definizione dell’assetto ideale ad un determinato settore industriale,

concettualmente e schematicamente, ben rappresentato dalla figura 2.

Figura 2: l’albero decisionale dell’economia della regolazione

(Fonte: Massarutto, La regolazione economica dei servizi idrici, 2009)

Si tratta di un approccio che ha, tra le sue fondamenta, l’ipotesi di ricorrere ad una

prospettiva di second-best, ossia di compromesso, tra le diverse contrapposte esigenze di

superare le market failures presenti in alcuni settori e ridurre al minimo le distorsioni

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provocate dall’intervento dello stato e dall’assenza di concorrenza. A grandi linee, bisogna

strutturare il processo decisionale seguendo quattro step fondamentali:

Si studiano le caratteristiche del settore. È noto come un assetto basato sulla

concorrenza nel mercato richieda una competizione nel settore che sia sostenibile

per un numero sufficientemente grande di imprese, anche in presenza di eventuali

obblighi imposti dallo stato nell’interesse generale su alcuni operatori (es. servizio

universale).

Si valuta se queste condizioni siano soddisfatte e la perdita di benessere per la

collettività non sia significativa; in alternativa una seconda opzione possibile è

quella di separare artificialmente le varie fasi della filiera, verificando la possibilità

di aprire alla concorrenza almeno alcuni suoi segmenti, ad esempio separando la

fornitura dei servizi dall’infrastruttura di rete. I requisiti, affinchè questa via sia

possibile e utile, sono la rilevanza delle economie di integrazione verticale e la

significatività per l’economia del settore della porzione di valore aggiunto che è

possibile aprire alla concorrenza.

Nel caso in cui queste condizioni non siano rispettate, si può ricorrere ad un altro

tipo di apertura del mercato alla concorrenza: si passa dalla concorrenza nel

mercato alla concorrenza per il mercato. Ciò si esplica attraverso l’affidamento

del monopolio, naturale o creato artificialmente, per tutelare gli obblighi di servizio

pubblico, ad un soggetto scelto attraverso una procedura di gara. Una gara ben

congegnata garantisce una rendita di monopolio allo stato ed una minimizzazione

dei costi scegliendo l’impresa operante più economicamente. I requisiti per rendere

praticabile questa strada sono l’assenza di asimmetria informativa sulla tecnologia

e sulla funzione di costo tra le imprese concorrenti ed impossibilità di collusione;

inoltre i contratti devono essere completi, prevedendo ogni futura evenienza, e non

devono sussistere costi di transazione importanti nella partecipazione alla gara,

nella gestione del contratto e nell’eventuale subentro3.

Qualora anche questa ipotesi si riveli non realistica, lo stato deve rassegnarsi alla

presenza di un monopolio non contendibile, non necessariamente gestito dal settore

pubblico, a patto che il regolatore sia in grado di disporre di informazioni sufficienti

per costringere l’impresa privata a non guadagnare extra‐profitti e a operare in

3 Teorema fondamentale della privatizzazione di Sappington e Stiglitz, 1987.

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condizioni di massima efficienza. Spesso, le migliori informazioni sono ottenute dal

confronto con benchmark di settore ricavati dall’osservazione contemporanea di

altri soggetti operanti in condizioni simili che permettono la regolazione fixed-price

(price-cap) 4.

2.3 Le caratteristiche economiche del servizio idrico

Analizzando l’industria dei servizi idrici, attraverso il processo decisionale sopracitato, si

delineano chiaramente le particolarità di questo settore. Queste, a loro volta, hanno

molteplici, complesse ricadute sulle implicazioni economiche approfondendo le quali sono

individuabili innumerevoli market failures. L’acqua è, come già detto, una risorsa

fondamentale che presenta una dimensione di interesse generale, soprattutto da quando

storicamente si è affermata in modo generalizzato la desiderabilità di un accesso universale

al servizio. Rimarchevole la scarsità ed il difficile accesso alla risorsa che porta ad

identificare nel settore idrico un perfetto esempio di monopolio naturale. Con tali

considerazioni, ricordiamo come l’approccio concorrenziale, nei suoi normali meccanismi

di mercato, basato sulla famosa “mano invisibile” di Adam Smith, è stato ritenuto poco

adattabile a questo tipo di settore; esso non si presta neppure al modello del third‐party

access5, adottato in settori come l’energia elettrica e il gas, essendo la parte del costo

dell’infrastruttura assolutamente preponderante ed essendo poco verosimile (se non in casi

molto particolari) l’uso congiunto dell’infrastruttura da parte di più fornitori. Inoltre, lo

status di monopolio è poco modulabile e, in parte, ineliminabile, poiché caratterizzato, da

4 Il Price-cap consiste nell’individuazione di un prezzo massimo inferiore a quello del monopolio non

regolato. La regolazione cap permette di conseguire la piena efficienza produttiva, perché mantiene il

rapporto ottimale di impiego dei fattori che minimizza i costi, e ogni guadagno in termini di minori costi

di produzione è incamerato dall’impresa. 5 Il Third-party access è il coinvolgimento di un terzo soggetto rispetto al fornitore del servizio ed al

proprietario dell’infrastruttura.

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un lato, da costi di produzione marginali decrescenti e, dall’altro, dalla facile

riscontrabilità di subadditività della funzione di costo6.

Molto impegnativa è, anche, la necessità di progettare, finanziare e realizzare gli

investimenti per un servizio che rispetti determinati standards qualitativi che,

inesorabilmente, preme verso l’integrazione ed un’elevata dimensione gestionale. In

aggiunta, ad incrementare la difficoltà all’ingresso, alla permanenza ed anche alla

fuoriuscita dal mercato è la significativa consistenza dei costi fissi: sunk costs, costi

irrecuperabili o affondati. Strettamente collegata e cruciale è la questione degli

investimenti: l’alta intensità di capitali necessaria nel settore idrico, assieme al programma

di ammortamento molto lungo degli assets materiali, a cui aggiungere un comunque basso

tasso di fatturato per capitale investito7, contribuiscono a fare del servizio idrico un

business molto rischioso, nonostante la staticità e la prevedibilità della domanda. Al

proposito, le tipologie di rischio sono diverse anche se aggregabili in due ampie categorie:

1. rischi connessi al funzionamento (operation-related risks), associati ai servizi di

operatività, ispezione, controllo e manutenzione e

2. rischi connessi all’investimento (investment-related risks), associati alla necessità di

considerevoli risorse d’investimento in nuove infrastrutture.

Di fronte alla dimostrata complessità delle caratteristiche economiche del settore idrico, gli

studi e la letteratura scientifica hanno insistentemente indagato e pubblicato8; dall’interesse

accademico, industriale, socioeconomico ed etico sono emersi i razionali per la ricerca di

forme gestionali, diverse da quella tradizionale, in grado di meglio adattarsi e conformarsi

alle molteplici istanze citate. In sintesi, la pubblicistica scientifica ha sostanzialmente

confermato l’originaria ipotesi di grave difficoltà, se non impossibilità, del funzionamento e

governo dell’essenziale servizio idrico “senza lo Stato” o senza l’intervento pubblico.

Tuttavia il dibattito ed il confronto polidisciplinare hanno portato alla luce importanti

novità relative all’opportunità, in determinate condizioni, di ricorrere al mercato e dunque

alla sua liberalizzazione e al coinvolgimento del settore privato9.

6 Il costo per produrre una determinata quantità è minore se opera una sola impresa rispetto a qualsiasi

frazionamento della produzione fra più imprese. 7 Beecher, 1993. 8 Kessides 2004, Amato e Conti 2005, Massarutto 2008.

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2.4 Il coinvolgimento del settore privato

Nonostante da sempre si ritenga necessaria la presenza dello “Stato” nel settore idrico, i

primi servizi idrici urbani moderni nascono, nell’Ottocento, per iniziativa di imprese private

attraverso la realizzazione delle tubature che permetteno l’approvvigionamento d’acqua

presso le abitazioni. Naturalmente questo privilegio appartiene a pochi abbienti, mentre la

maggior parte della popolazione continua a fornirsi dalle fontane, ovviamente, pubbliche.

La crescita delle città, le nuove esigenze igienico-sanitarie connesse alla nuova dimensione

universale del servizio portano all’insostenibilità finanziaria del settore e alla saturazione

del mercato per le imprese private.

Tra Ottocento e Novecento il sistema passa, dunque, dalle mani dei privati alle mani del

pubblico. Quest’ultimo, in ottica di servizio pubblico, opera finanziandosi con la tassazione

o attraverso sistemi tariffari. Tutti i costi relativi al settore idrico, a partire dalle

infrastrutture per finire agli investimenti, vengono affrontati con strumenti di finanza

pubblica e di mercato. Tuttavia, col decorrere del tempo, questo modello di gestione

pubblica diretta subisce una forte crisi, ulteriormente supportata ed alimentata dalla spinta

ideologica a sostegno del sistema delle privatizzazioni, a partire dal 1979, in Gran

Bretagna, spesso acriticamente confermata in altri Paesi occidentali.

In ogni caso, le motivazioni principali che hanno contribuito alla “decadenza” della

gestione pubblica e, soprattutto, hanno spinto nella direzione del coinvolgimento del

settore privato sono10

:

l’esigenza di una crescente specializzazione tecnica e di un livello di

professionalizzazione adeguato alla complessità tecnologica ed alla natura sempre

più industriale dell’attività svolta;

l’elevata intensità di costi fissi. Mentre il fabbisogno di investimenti cresce per

effetto di una domanda sempre più esigente e di condizioni operative sempre più

difficili, la natura del costo, affrontato dalla maggior parte di essi, sollecita la

ricerca di modalità per ottimizzarne l’uso, riproducendo e condividendo gli assets

non specifici;

la crisi della finanza pubblica alimentata dalla tassazione generale e, dunque, dalla

necessità di fare ricorso sempre più ampio al mercato dei capitali. L’indispensabile

9 Kraemer 1998.

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opportunità di garantire risorse basandosi sulle tariffe pagate dagli utenti, e non più

sulla fiscalità generale, modifica completamente il modus operandi della gestione. Il

gestore non deve essere più solo un bravo tecnico, ma deve essere competitivo

nell’accesso al mercato dei capitali, operando con modalità aziendali;

la necessità di raggiungere scale operative sempre maggiori, a causa della sempre

maggiore capacità diffusiva delle esternalità e degli spill‐over che interessano

territori contigui. Si rompe in questo modo il tradizionale rapporto tra servizi idrici

e comunità territoriali, sollecitando modelli gestionali e di governance diversi;

la nuova esigenza di tutelare la risorsa idrica, nella sua funzione sociale, allocandola

nel modo più efficiente ed equo tra le diverse domande concorrenti (si ricordano i

valori d’uso dell’acqua al paragrafo 1 del capitolo I) rispetto all’esclusiva esigenza

di “soddisfare i fabbisogni”. Quindi la necessità di rispettare sia la “politica ed

etica” idrica da un lato che la gestione dei servizi idrici dall’altro.

Tutti questi fattori sembrano indirizzare verso il coinvolgimento del settore privato;

tuttavia, nonostante le difficoltà che ben si delineano nella gestione pubblica, solo il

pregiudizio ideologico implica l’obbligatorietà di uno spostamento verso una

privatizzazione parziale o addirittura totale. Infatti, è opportuno ribadire nuovamente

l’erroneità dell’approccio che mette a confronto i due mondi del pubblico e del privato,

dello stato e del mercato, ricordando che il problema non è relativo alla proprietà, bensì

alla gestione. Soprattutto, si ritiene erroneo pensare che i problemi che si definiscono

portino ad un’esclusione forzata del gestore pubblico: attraverso un processo di

modernizzazione, infatti, il settore pubblico sarebbe tranquillamente in grado di reggere la

sfida. Appare, quindi, imprescindibile ed inderogabile un cambiamento.

Per quel che concerne nuove soluzioni organizzative, è opportuno che l’azienda, deputata

a gestire un servizio industriale così complesso, operi con mentalità business‐oriented e

con strumenti organizzativi e gestionali di tipo privatistico, identificandosi in una mission

aziendale declinata su obiettivi di interesse generale; ciò deve essere ottenuto nel rigoroso

rispetto del vincolo di bilancio con norme procedurali, mentalità e stili di governo adatti a

fare i conti con catene del valore complesse. Questo approccio è il cosiddetto new public

management.

10 Massarutto 2009.

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Ecco, dunque, che privato e pubblico, mercato e stato non sono necessariamente in

conflitto. Entrambi presentano difetti e pregi. Nella modellazione gestionale di un

settore industriale, è fondamentale non perdere di vista i diversi target prefissati. Sta alle

competenze del policy maker individuare i limiti di uno o dell’altro approccio e,

soprattutto, rivalutare gli aspetti positivi di entrambi in associazione ad un determinato

settore industriale con le sue peculiari caratteristiche.

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3 I MODELLI GESTIONALI DI RIFERIMENTO

E’ stato dimostrato che il settore idrico rappresenta un monopolio naturale, nel quale la

separazione della rete infrastrutturale dell’erogazione del servizio non ha particolare

significato e dove è una drammatica costante la difficile finanziabilità per via degli alti

rischi connessi alla redditività e produttività degli investimenti.

In virtù di queste premesse e delle analisi, precedentemente esplicate, delle caratteristiche

del settore, si possono delineare schemi organizzativi alternativi. Innanzitutto, lo

schema di affidamento dovrà essere il meno rigido possibile: sarebbe infatti inopportuno

vincolare, in modalità immodificabili, la prestazione a parametri economici predeterminati

in anticipo (costi di partenza, investimenti da effettuare, ricavi ammessi). Queste

caratteristiche portano all’esigenza di un buon livello di flessibilità garantito dal modello

gestionale negli schemi di affidamento. Il sistema deve essere in grado di adattarsi a

condizioni mutevoli, in un arco di tempo molto lungo, per consentire al gestore di

ammortizzare convenientemente i suoi investimenti.

In questo quadro di second best, si possono individuare tre diversi modelli per

l’organizzazione del servizio idrico, ciascuno dei quali si fonda su un determinato insieme

di meccanismi di regolazione. Questi sono:

a. la gestione delegata (delegation),

b. il monopolio privato regolato (private monopoly) e

c. la gestione pubblica diretta (direct public management).

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3.1 La gestione delegata

La gestione delegata, o anche regolazione per contratto, prevede l’affidamento della

gestione, e delle connesse responsabilità, ad un soggetto terzo per un periodo definito.

Nella forma “pura” della concessione, l’affidamento riguarda l’intero insieme delle attività

gestionali, compresi gli investimenti ed il rinnovo delle infrastrutture. Il rapporto è

disciplinato da un contratto di servizio sottoscritto tra le parti. La concorrenza che si può

verificare è la concorrenza per il mercato, attraverso gare e procedure ad evidenza

pubblica ricordando che il fine della gara è, ovviamente, quello di far emergere il soggetto

più efficiente. Quindi, la selezione avviene attraverso la scelta della migliore offerta

economica: ad esempio, vince chi si offre di gestire il servizio con il ribasso di tariffa più

consistente, dati alcuni parametri come qualità del servizio, investimenti ecc.

Si delinea in questo caso quello che è il più grande limite di questo modello:

l’incompletezza del contratto. La completezza vige quando il contratto a base d’asta

disciplina in modo preciso le obbligazioni e le contingenze di cui la prestazione può essere

oggetto. Naturalmente questo è possibile se l’oggetto messo in gara è “semplice e

prevedibile” e se l’orizzonte temporale è breve: proprio il contrario delle caratteristiche del

servizio idrico.

Un contratto incompleto è causa di rinegoziazione ex post che chiude alle virtù del

mercato, non essendo disciplinata dalla concorrenza, in quanto una delle parti sarebbe

esclusivamente quell’impresa che ha già vinto la gara. Inoltre, per via delle caratteristiche

del settore, questo modello tende a favorire l’affermazione di soggetti concentrati e

verticalmente integrati, che affiancano alle pura gestione anche la fornitura di servizi vari

come la progettazione, l’ingegneria, le attività specializzate ecc. (si ricordi l’industria idrica

al paragrafo 1 del capitolo I), per ridurre al minimo i rischi. Questo implica che molte

transazioni tra l’azienda e i fornitori non si svolgano attraverso meccanismi di mercato,

sollevando la questione della congruità dei prezzi pagati dalla casa madre11

.

Un’altra criticità si rileva alla scadenza del contratto. Il pubblico bandisce una nuova gara

alla quale concorrono diverse imprese assieme all’incumbent, l’impresa affidataria della

gestione nel periodo precedente: i candidati dovrebbero presentarsi in un regime di parità,

11 Massarutto, 2011.

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ma il gestore uscente conosce molto bene le specificità del sistema in cui ha operato e

questo gli conferisce un formidabile vantaggio sui concorrenti.

Da non dimenticare la questione dei costi di transazione. La relazione contrattuale

dev’essere naturalmente gestibile senza troppe complicazioni, le clausole contrattuali di

facile interpretazione, i costi della gara non troppo elevati. Tutte condizioni non sempre

rispettate o rispettabili.

3.2 Il monopolio privato regolato

Se il soggetto non viene scelto attraverso una gara o se la gara è aggiudicata con criteri

diversi dalla “migliore offerta”, ma anche se l’affidamento è molto lungo o è indefinito

nella durata, poiché le clausole per il ritiro della concessione sono talmente onerose da

risultare impraticabili, allora viene meno la concorrenza che si manifesta nel modello di

gestione delegata.

Dall’inapplicabilità del primo modello si crea il secondo modello: il monopolio privato

regolato. In questo caso non ci sono gare competitive e, se ci sono, sono dei beauty

contest, in cui prevale l’elemento discrezionale. Il soggetto privato ha la responsabilità di

fornire il servizio secondo le caratteristiche specificate, applicando le tariffe definite dal

regolatore. Una grande differenza dal precedente modello è proprio relativa alla proprietà:

spesso si riscontra che la proprietà delle infrastrutture è del gestore privato, che la legge e

il regolatore tuttavia vincolano alla destinazione d’uso della fornitura del servizio. In

questo caso si riscontra la cosiddetta Investor-owned utility.

Questo schema affida la propria disciplina ad un insieme di regole definite e applicate da un

soggetto pubblico esterno. Questi è il regolatore, la cui indipendenza dal potere politico è

fondamentale, come l’esplicitazione nella sua mission dell’obbiettivo di garantire

l’equilibrio economico-finanziario della gestione.

Il soggetto esterno, attraverso la regolazione, deve trasmettere all’impresa il cosiddetto

obbligo di servizio pubblico (OSP) attraverso standard di servizio da rispettare, opzioni

tariffarie, performance ambientali e, inoltre, deve, da un lato, permettere al gestore di

Page 22: Strumenti e modelli per la gestione dei servizi idrici

22

recuperare i suoi costi, dall’altro, limitare il recupero attraverso possibili rendite da

monopolio (sottoforma di x-inefficienza12

o profitti abnormi). Il soggetto pubblico esterno,

in assenza di meccanismi competitivi, può dunque ricorrere alla yardstick competition13

,

remunerando il gestore con strumenti di incentivazione dell’efficienza, riferendosi a

funzioni di costo parametriche o al meccanismo del price-cap.

Tuttavia, questo meccanismo presente un grande punto debole: l’asimmetria informativa di

cui soffre il regolatore e il rischio di cattura. La funzione di costo ha elevata specificità

locale e questo limita fortemente i confronti comparativi, soprattutto per la spesa in conto

capitale, e gli investimenti di medio e lungo periodo.

Anche in questo caso, come in quello della gestione delegata, i principali momenti critici si

verificano nel momento in cui occorre fissare la dinamica dei costi e dei ricavi ammessi per

ciascun periodo regolatorio.

Il rischio per il soggetto privato è rappresentato, essenzialmente, dal comportamento del

regolatore, che ad ogni periodo regolatorio può stabilire nuovi impegni cui corrisponde

una determinata remunerazione, fissata discrezionalmente dal regolatore stesso. Possiamo

immaginare, pertanto, diverse situazioni intermedie tra il caso estremo di una regolazione

interamente basata sul recupero dei costi ex post e una invece tendente a predeterminare i

livelli massimi di incremento incorporando un incentivo al recupero di efficienza.

3.3 La gestione pubblica diretta

Il terzo modello, infine, è quello della gestione pubblica diretta. Esso si basa su di un

controllo di tipo gerarchico da parte del soggetto responsabile di fornire il servizio

pubblico, disciplinato dal diritto pubblico.

La caratteristica peculiare di questo tipo di controllo gerarchico è la stretta connessione, o

meglio dipendenza, con la politica che porta a limitare fortemente in questo senso

l’autonomia decisionale e la libertà di azione delle aziende. Il soggetto pubblico ha il potere

12 Inefficienza dovuta ad un uso inadeguato di input rispetto a quanto sarebbe possibile, data la tecnologia

e i prezzi dei fattori produttivi (Leibenstein, 1966). 13 La Yardstick competition è la regolazione incentivante.

Page 23: Strumenti e modelli per la gestione dei servizi idrici

23

decisionale di gestire da sé gli impegni della propria azienda adattandoli alla propria

agenda di obiettivi, attraverso l’aggiustamento, se necessario, degli investimenti e delle

tariffe.

Secondo la letteratura economica, i principali punti deboli di questa forma organizzativa

sono legati al rischio di prevaricazione dell’agenda del decisore politico sull’azienda che, a

seconda dei casi può portare, ad esempio, a politiche clientelari o demagogiche, alla

lottizzazione delle cariche, ad un minore interesse all’efficacia e puntualità della riscossione

delle tariffe con conseguente tolleranza nei confronti di chi non paga. Ulteriormente

gravosa potrebbe risultare la minore attenzione al contenimento dei costi, alla distrazione

dei margini operativi per finalità di copertura della spesa corrente. Inoltre, se vige un

vincolo di bilancio stringente, il soggetto pubblico sarà tentato dal rinviare la spesa a tempi

migliori, pur di non innalzare il livello delle tariffe, con grave nocumento e a discapito degli

investimenti. Grave criticità potrebbe realizzarsi nell’eventualità in cui non ci sia un vincolo

di bilancio che porterebbe alla fornitura tendenziale di servizi di qualità molto elevata, ma

con costi altrettanto elevati (il cosiddetto gold-plating). Un altro fenomeno, spesso

osservato in questi casi, è rappresentato dalla tendenza a un indebitamento eccessivo,

favorito dal fatto che il mercato è più generoso con aziende che il soggetto pubblico

difficilmente lascerà fallire anche se nel breve può essere riluttante ad aumentare le tariffe.

Questo si traduce, in pratica, nel rischio di generare debito pubblico in modo strisciante,

poiché l’ente pubblico dovrà poi intervenire con proprie risorse a risanare le aziende

indebitate.

Page 24: Strumenti e modelli per la gestione dei servizi idrici

24

Tabella 1: le forme gestionali dei servizi idrici e le principali

caratteristiche e criticità

Gestione delegata Monopolio

regolato

Gestione pubblica

diretta

Principio

regolatorio

Contratto (concessione) Regolazione

discrezionale

Controllo gerarchico

Concorrenza Gare (concorrenza per il

mercato)

Regolazione

incentivante (price cap)

Gare per le forniture

Minaccia di passare alla

gestione pubblica

Confronto comparativo

(yardstick competition)

Outsourcing

Rischio di scalate

aggressive

Minaccia di privatizzare

Principali trappole Contratti incompleti e

rischio hold-up

Asimmetrie informative

Vulnerabilità

all’influenza politica

Costi di transazione Cattura del regolatore Limitati incentivi

all’efficienza

Vantaggio competitivo

di incumbent

Aspetti critici Prezzi di trasferimento

(integrazione verticale)

Valutazione della

congruità dei costi

sostenuti

Eccesso di personale

Rinegoziazione in corso

d’opera

Confronti comparativi

di efficienza

Enforcement debole e

tolleranza per disservizi

Responsabilità per gli

investimenti

Cost pass-through delle

nuove obbligazioni sorte

in corso d’opera

Appropriazione dei

flussi di cassa liberi per

finanziare la spesa

corrente del comune

Decisioni strategiche e

pianificazione

Tendenza

all’indebitamento per

l’indisponibilità ad

adeguare le tariffe

Rischi per

investitori privati

Enforcement del

contratto

Espropriazione dei

flussi di cassa liberi

attraverso una

regolazione che non

permette di adeguare le

tariffe ai costi

Assenza di garanzie che

i fondi siano destinati

prioritariamente al

servizio dei debiti

More della

rinegoziazione

Fissazione di target

irrealistici

Priorità politica di

tenere basse le tariffe o

impedire la

disconnessione di chi

non paga

Impegni imprevisti che

sorgono in modo

retroattivo o negano ex

post la validità di certe

clausole contrattuali

Difficoltà a mantenere

nel tempo il ritmo di

efficientamento

(Fonte: Massarutto, I privati dell’acqua, Il Mulino, 2011)

Page 25: Strumenti e modelli per la gestione dei servizi idrici

25

3.4 Le forme gestionali ibride

Dall’elencazione delle caratteristiche dei tre modelli si può tranquillamene intuire la loro

complementarietà. Inoltre, scegliere inizialmente uno strumento non esclude l’ipotesi di

poterne poi adottare un altro; è, anche, possibile passare da un modello gestionale all’altro,

ricorrendo a forme intermedie di soluzioni organizzative.

In sostanza, i tre modelli sopra descritti sono valide astrazioni mentre, nella realtà, è più

facile riscontrare metodi organizzativi diversi che mescolano, adattano, interpretano le

caratteristiche dei diversi modelli. Ecco giustificati i numerosi casi di intreccio tra la

gestione pubblica diretta e la gestione delegata. In particolare, alcune forme ibride sono i

Partnerariati Pubblico-Privati istituzionali (PPPi), i quali si basano sulla condivisione del

rischio attraverso società miste.

Un'altra opzione percorribile è costituita dal lease contract, contratto di affitto di rete, in

cui l’affidamento vale solo per la parte di gestione operativa, mentre le reti sono realizzate

e finanziate dal pubblico che si assume il rischio trasferendo in tariffa il corrispondente

costo finanziario, attraverso il canone di affitto. Un altro tipo di apertura al mercato da

parte della gestione pubblica è quello di ricorrere all’outsourcing; cioè affidare ad

operatori esterni attività della catena del valore del servizio non appartenente al core

business (es. laboratori di analisi, lavori di scavo, posa delle tubature e ripristino stradale),

conservando la regia generale dell’organizzazione.

In alternativa, il soggetto pubblico può delegare non solo singole attività, ma la gestione

operativa per intero, strutturando il contratto di affidamento sulla base di obbiettivi di

performance (il cosiddetto management contract); il privato può essere remunerato con un

corrispettivo complessivo, oppure a prestazione, mantenendo la riscossione ed i rischi

economici a carico del soggetto pubblico; oppure delegando anche la riscossione delle

tariffe e autorizzando il privato a trattenerne una parte a remunerazione dei suoi servizi14

.

Anche tra monopolio regolato e gestione pubblica diretta si possono individuare diverse

forme intermedie. Un esempio è dato dalla corporate privatization che consiste

nell’adozione di forme gestionali e organizzative privatistiche, ma di proprietà pubblica.

Altrettanto citabili ed esplicative sono le public utilities quotate in borsa. Queste

soluzioni, a loro volta, possono essere viste come un ibrido tra gestione delegata e

14 Massarutto, 2011.

Page 26: Strumenti e modelli per la gestione dei servizi idrici

26

monopolio regolato, nel senso che la regolazione discrezionale può essere accompagnata

da meccanismi formalizzati ex ante in contratti o altri strumenti analoghi.

3.5 Il problema della flessibilità

Un’altra criticità, stavolta comune, che si individua in tutti modelli gestionali consiste nel

garantire la necessaria flessibilità operativa, adattando l’agenda strategica alle esigenze che

si manifestano nel tempo15

.

Infatti, riconsiderando le caratteristiche principali del settore idrico, cioè la forte intensità

di capitali e, soprattutto, la durata di un intervallo di gestione (notoriamente ed

intuitivamente lunga), è plausibile che, nell’arco temporale, si profilino nuove esigenze

dovute a variazioni demografiche oppure sociali, politiche, ambientali e sanitarie. Tali

istanze, non facilmente prevedibili e/o quantificabili nella contrattazione iniziale, possono

minarne ex post l’adempimento.

A questo problema si ovvia, appunto, ricorrendo alla flessibilità. Per esempio, nel modello

di gestione delegata ci si può avvalere di contratti di affidamento più brevi. Questo è reso

possibile attraverso lo sgravio da oneri di investimento al gestore oppure con la possibilità

di rinegoziare i contratti ex post. Come tuttavia è già stato detto, la rinegoziazione del

contratto avrebbe luogo esclusivamente con il soggetto che ha già vinto la gara,

precludendo, di fatto, un nuovo ricorso alla concorrenza. A questo problema si cerca di

ovviare ricorrendo a meccanismi contrattuali più trasparenti quali il cosiddetto dialogo

competitivo16

oppure a contratti più flessibili come il performance-based contract.

Nel modello del monopolio regolato, la flessibilità è essenzialmente legata alla durata dei

periodi regolatori e alla modalità con cui i nuovi impegni e gli scostamenti dalle previsioni

possono essere tradotti in tariffa. In questo caso, però, il problema più ostico è relativo

15 Massarutto, 2009. 16 Il dialogo competitivo è una procedura nella quale il soggetto appaltante avvia un dialogo con i

candidati ammessi a tale procedura, al fine di elaborare una o più soluzioni atte a soddisfare le sue

necessità e sulla base della quale o delle quali i candidati selezionati saranno invitati a presentare le

offerte.

Page 27: Strumenti e modelli per la gestione dei servizi idrici

27

all’asimmetria informativa che risulta a svantaggio del regolatore il quale non è in grado di

valutare al meglio l’operato del gestore e l’efficienza delle sue scelte. Per esempio, una

decisione spettante al gestore è la direzione e l’entità degli investimenti da sostenere. Il

regolatore non ha i mezzi per valutare la congruità di tali scelte e il conseguente impatto

sui costi, se non ricorrendo allo yardstick competition e quindi al confronto comparato di

più gestori operanti in contesti simili.

Nella gestione pubblica diretta, invece, la flessibilità è implicita nel rapporto gerarchico, in

virtù del quale l’ente locale proprietario può adattare le decisioni dell’azienda alle proprie

esigenze pressochè ogni volta che lo desidera. Questa dinamica è molto vantaggiosa

perché permette di modificare i termini dell’affidamente in qualunque momento e a

discrezione del soggetto pubblico. D’altra parte, la cosiddetta coincidenza tra “poacher e

gamekeeper” rende l’enforcement della regolazione molto meno credibile, soprattutto per

le terze parti, ossia i finanziatori.

Page 28: Strumenti e modelli per la gestione dei servizi idrici

28

4 L’ESPERIENZA INTERNAZIONALE E NAZIONALE

RECENTE

4.1 Modelli esemplificativi internazionali

Alla luce dell’analisi svolta sinora, inerente sia le caratteristiche del settore idrico che le

varie opportunità gestionali ed organizzative possibili, si procede con l’elencazione di

alcuni casi gestionali che, recentemente, si sono delineati nella realtà internazionale.

È doveroso, innanzitutto, ribadire il processo evoluzionistico che si è tracciato nella storia

recente: nella maggior parte dei casi, a fronte di esigenze sempre maggiori, di obbiettivi

sempre più ambiziosi da perseguire, si è riscontrato uno slittamento, o quantomeno

allontanamento, dalla forma di gestione pubblica verso i due modelli che coinvolgono il

settore privato. Un tipo di processo di modernizzazione del settore che ha coinvolto,

soprattutto, i Paesi con scarsa dotazione di risorse o nei quali la gestione pubblica diretta si

sia rivelata inefficiente e quindi negativa. Due sono state le direttrici che sono maturate

nell’esperienza gestionale internazionale: da un lato un percorso verso l’inclusione di

partner privati di natura prevalentemente finanziaria, dall’altro un coinvolgimento di

partner privati di tipo industriale e tecnico.

Molto utile, per la comprensione di questi processi, è lo schema grafico rappresentato dalla

figura 3: ai vertici del triangolo vengono posizionate le forme gestionali pure, mentre

all’interno si sviluppano i due percorsi evoluzionistici attraverso le forme intermedie. Con

l’aiuto dello schema concettuale, è facile ordinare anche i sistemi di regolazione che si

profilano nei vari paesi.

Un primo percorso interessa la situazione in cui la gestione è forte e tradizionalmente

consolidata. È la direzione della già citata corporate governance, quindi l’attribuzione di

uno status autonomo alle aziende pubbliche e, soprattutto, il ricorso a modelli

Page 29: Strumenti e modelli per la gestione dei servizi idrici

29

organizzativi e gestionali di tipo privatistico anche se, è bene ricordare, il fulcro

gravitazionale continua ad essere il settore pubblico. Nella storia recente, i paesi che hanno

adottato questo sistema organizzativo sono l’Olanda, la Svezia e gli Stati Uniti d’America.

In Olanda, molto innovativa è stata l’adozione di un sistema di gestione degli acquedotti

attraverso imprese di diritto privato, ma di proprietà pubblica. Nel contempo, le acque

reflue sono gestite da associazioni di proprietari analoghe ai consorzi di bonifica italiani. Si

tratta, cioè, di enti pubblici autoregolati che decidono pianificazioni strategiche e fissano

tariffe in modo autonomo.

Negli Stati Uniti invece, come peraltro in Canada, Svizzera, Svezia, Austria, la gestione è

affidata ad entità pubbliche espressione degli enti locali. Questi enti operano nell’ambito

del diritto pubblico, ma conservano comunque autonomia contabile e di bilancio e qualche

forma di autonomia decisionale, strategica e finanziaria.

Ovunque, in ogni caso, le gestioni pubbliche tendono all’esternalizzazione di fasi tecniche,

utilizzando largamente strumenti di appalti pubblici e schemi di project finance per la

gestione di infrastrutture complesse.

Figura 3: I modelli teorici e le principali soluzioni ibride riscontrabili

nella realtà

(Fonte: Massarutto, La regolazione economica dei servizi idrici, 2009)

Page 30: Strumenti e modelli per la gestione dei servizi idrici

30

Sempre nella direzione del monopolio regolato, si ricorre a forme di partnerariato con

soggetti privati o altri soggetti pubblici fino alla quotazione in borsa: è il caso della

Germania. Il modello tedesco ricorre ad aziende autonome di proprietà comunale, ma

disciplinate dal diritto privato, poiché lo strumento maggiormente utilizzato è la società per

azioni17

.

Anche il Portogallo ricorre allo strumento delle società per azioni. Tuttavia, in questo

caso, esiste una grande holding centralizzata (Aguas de Portugal) di controllo statale, ma

disciplinata dal diritto privato, che detiene il 51% delle società pubbliche che gestiscono i

servizi di depurazione e grande adduzione a livello regionale, lasciando il restante 49% alle

regioni e agli enti locali. Contemporaneamente, viene esercitata un’importante

collaborazione con le gestioni locali di distribuzione e fognatura grazie alla fornitura di

rilevanti quote di capitale di rischio, prestiti a lunga scadenza, venture capital18

.

Il paese che, invece, sembra aver tracciato una caesura netta col suo passato è la Gran

Bretagna. In Gran Bretagna, nel 1989, i dieci enti regionali pubblici affidatari della gestione

(Water Authorities) vengono privatizzati attraverso la vendita in borsa della totalità dei

loro asset. Il soggetto pubblico viene svuotato del suo ruolo di proprietario delle reti e

responsabile di fornitura del servizio, attribuito alle società privatizzate, e si specializza

nella regolazione. L’affidamento risulta perpetuo, a meno di gravi inadempienze19

.

La seconda traiettoria evolutiva è puntata verso la gestione delegata, cioè, come già citato,

si procede ad un apertura di collaborazione a partner privati di tipo industriale e tecnico. Si

parte dai management contracts che affidano la gestione operativa dell’azienda

(organizzazione del personale, relazioni con i fornitori, funzionamento tecnico dei processi

aziendali e gestione della parte commerciale) al privato, ma lasciano nelle mani del

pubblico l’incasso delle tariffe e, soprattutto, il rischio d’impresa. Differiscono di poco i

lease contracts, nei quali la responsabilità del privato viene estesa alla manutenzione e

all’incasso delle tariffe.

Altra analisi viene offerta per i contratti di concessione. In questi casi, il gestore si carica di

molteplici responsabilità relative anche ai nuovi investimenti. Forme più lievi di questo tipo

di contratto sono i, già citati, PPP, ossia quelle società miste, forme ibride della gestione

delegata, che riducono l’intensità del capitale di rischio del privato attraverso il

17 Wackerbauer, 2009. 18 Massarutto, 2009. 19 Castro, 2009.

Page 31: Strumenti e modelli per la gestione dei servizi idrici

31

coinvolgimento del soggetto pubblico. Un caso rappresentativo di questo modello è quello

francese20

.

4.2 Modelli esemplificativi nazionali

Infine il caso italiano. Anche l’Italia ha seguito, a grandi linee, il percorso evolutivo che si

è delineato a livello internazionale partendo dall’iniziativa privata “a macchia di leopardo”

a cavallo tra Ottocento e Novecento, per poi passare attaverso il coinvolgimento unico del

settore pubblico per poi reintegrare alcune forme di privato.

Una fase molto importante per lo sviluppo infrastrutturale è stato il periodo postbellico del

Secondo Dopoguerra. Con l’istituzione del Piano regolatore generale degli acquedotti

(Prga)21

, convertito in legge nel 1963, lo stato ha iniziato a finanziare le opere necessarie

per garantire l’approvigionamento idrico a tutta la popolazione. Quest’iniziativa ha

permesso la costruzione dell’infrastruttura di base, su cui ancora oggi il servizio idrico

nazionale si poggia. L’assetto organizzativo che si definisce, attribuisce allo stato e alle

regioni il ruolo di finanziatore e pianificatore e ai comuni l’affidamento della gestione

operativa. Nelle aree urbane maggiori, gli enti locali ricorrono spesso alla forma gestionale

della cosiddetta azienda municipalizzata, di proprietà e gestione pubblica. In sostanza il

modello adottato è quello della gestione pubblica diretta senza alcun tipo di

coinvolgimento del settore privato.

Il mancato completamento della rete idrica su tutto il territorio, soprattutto al sud, i

finanziamenti ad intermittenza, per via della crisi della finanza pubblica, il mancato

adattamento del sistema tariffario alla progressione inflattiva, la gestione poco industriale e

molto fragmentata del servizio, hanno portato rapidamente alla crisi del sistema.

Nel 1994, la legge Galli, 36/94, ha cercato di ristrutturare il settore modificandone

l’assetto. La prima novità introdotta dalla Riforma è la possibilità di coinvolgere i privati

20 Bauby, 2009. 21 Legge 129/1963.

Page 32: Strumenti e modelli per la gestione dei servizi idrici

32

nella gestione operativa del servizio. La figura 4 schematizza l’assetto del settore previsto

dalla legge.

Figura 4: Lo schema organizzativo del servizio idrico integrato previsto dalla legge

36/1994

(Fonte: Massarutto, La regolazione economica dei servizi idrici, 2009)

Il nuovo strumento regolatorio è il contratto di servizio che sostituisce un sistema di

regolazione gerarchica disciplinato dal diritto pubblico. Si delinea una più definita

separazione tra il proprietario, che resta sempre pubblico, ed il gestore. I responsabili della

fornitura del servizio sono gli enti locali, associati all’interno degli Ato, Ambiti Territoriali

Ottimali, finalizzati all’organizzazione unitaria e alla condivisione equa delle risorse idriche

e dei costi. Gli enti locali, in particolare, hanno il compito di decidere gli allacciamenti al

servizio, gli aspetti qualitativi, l’estensione territoriale e le scelte infrastrutturali, le

modalità di finanziamento, in subordinazione ai vincoli normativi nazionali e regionali. Il

gestore, dal canto suo, è un soggetto di personalità giuridica autonoma, vincitore di una

gara, che stipula con l’Ato un contratto che disciplina i piani di intervento, la dinamica

Page 33: Strumenti e modelli per la gestione dei servizi idrici

33

tariffaria prevista per il periodo di affidamento, gli obblighi del gestore, le modalità di

ripartizione dei rischi e altri aspetti rilevanti22

.

Dall’emanazione della legge sono passati una quindicina di anni e quello che si riscontra

oggi è l’aspetto esclusivamente formale del processo di privatizzazione. Il modello che ha

avuto maggiormente successo è stato infatti il cosiddetto affidamento in house, attraverso

la trasformazione di gestioni pubbliche in soggetti di diritto privato, ma di proprietà e

controllo pubblico, grazie ad un azionariato interamente pubblico o la quotazione in borsa

a maggioranza pubblica. Con questo assetto, si è rinunciato di fatto alla gara e l’ente

pubblico continua a controllare e, in fin dei conti, dirigere l’impresa in house, avvalendosi

della sua supremazia gerarchica.

Il coinvolgimento del privato continua a procedere, dunque, lento. D’altro canto se la

legge Galli ha, in definitiva, razionalmente organizzato meglio il settore, comunque, non è

riuscita a limitare la forte dipendenza del sistema dal capitale pubblico. Inoltre rispetto alle

nuove esigenze sociali, ambientali, economiche ed ai sempre più ambiziosi obbiettivi da

perseguire, soprattutto in chiave europea23

, l’Italia continua ad essere in ritardo rispetto a

molti altri paesi occidentali nell’ambito dell’efficienza gestionale e della qualità del

servizio24

.

In questo senso, negli ultimi anni si è cercato di ovviare frettolosamente al fallimento

parziale della legge Galli25

attraverso la legge 133/2008 e il decreto legge 135/2009.

Normative che si limitano prevalentemente ad obbligare gli enti locali a ricorrere a

procedure di evidenza pubblica per l’affidamento dei servizi pubblici locali, tra cui i servizi

idrici, stabilendo che tale affidamento dev’essere effettuato a favore di società di capitali,

siano esse pubbliche o private. Novità dunque relative alle procedure e non alle forme

ammesse all’affidamento. Queste leggi tuttavia sono state soggette all’abrogazione per via

referendaria nel giugno 2011.

22 Massarutto, 2011. 23 Direttiva 2000/60/CE quadro sulle acque, WFD. 24 Giolitti, 2010.

Page 34: Strumenti e modelli per la gestione dei servizi idrici

34

5 PROSPETTIVE

Lo studio degli strumenti e modelli per la gestione dei servizi idrici potrebbe offrire

molteplici prospettive. Tra queste, sono citabili le seguenti:

ulteriore ricerca, approfondimento e divulgazione scientifica;

transizione dalla fase di indagine retrospettiva alla fase di indagine prospettica;

integrazione polidisciplinare con gli studi di normativa dedicata all’applicazione

degli strumenti e modelli disponibili.

In effetti, tali approcci potrebbero essere propedeutici all’istituzione di un’”Authority”,

indipendente con forti poteri di regolazione e di controllo, che rappresenti il “trait

d’union” tra il mondo accademico, politico, economico ed etico al fine di tutelare le

molteplici vitali istanze che devono costantemente essere considerate quando si affronta la

tematica dei servizi idrici. L'”Authority”, inoltre, dovrebbe individuare una serie di

parametri di qualità e di efficienza del servizio che permetta un’oggettivabile valutazione

dei modelli gestionali ed induca ad un uso oculato della preziosa risorsa.

Contemporaneamente, tale istituzione potrebbe o dovrebbe avere valenza regionale,

nazionale e sovranazionale per poter garantire la necessaria flessibilità ed adattabilità degli

strumenti e modelli per la gestione dei servizi idrici alle diverse realtà contingenti.

Infine, poiché un modello non esclude aprioristicamente l’altro, l’”Authority” potrebbe

operare:

un’azione di confronto tra Gestione delegata, Monopolio privato regolato,

Gestione pubblica diretta e Forme gestionali ibride;

l’applicazione di una corretta flessibilità;

un ruolo di coordinamento tra i modelli applicati a livello regionale, nazionale ed

internazionale.

25 Massarutto, 2005.

Page 35: Strumenti e modelli per la gestione dei servizi idrici

35

6 CONCLUSIONI

Il ruolo dell’acqua è evidente in tutte le sue sfaccettature, ma particolarmente rilevante

negli studi economici. L’acqua presenta molteplici valori d’uso e conseguentemente è

soggetta a numerose mire e a diversi interessi.

Ha la doppia dimensionalità, privata e pubblica, poiché è in grado di soddisfare esigenze

private e pubbliche. Esigenze non solo contemporanee, ma anche appartenenti a tempi e

generazioni diverse. È compito della politica e dell’economia tutelare il diritto all’interesse

dell’acqua nella sua dimensione universale ed in ogni sua forma. L’obbiettivo della

trattazione è stato quello di studiare i passi mossi dall’economia della regolazione

attraverso la teoria e la realtà empirica in un terreno complesso ed articolato come quello

della gestione del servizio idrico. In effetti, l’ambito è caratterizzato da insidie

argomentative, da difese di interessi e da ricorrenti approcci pregiudiziali nei confronti dei

vari strumenti adottabili. I recenti quesiti referendari hanno costretto una parte rilevante

della società italiana a ridiscutere e ad approfondire l’approccio ad una risorsa cruciale ed

alla sua gestione spesso sottovalutata e non oggettivamente considerata nei parametri di

efficienza, qualità e quantità del servizio idrico erogato. La discussione si è indirizzata su

approcci manichei, ideologici e pregiudiziali che hanno condotto ad uno scontro tra

fazioni, tra tifoserie incapaci di affrontare con modalità analitiche, critiche, ma anche

flessibili e propositive, le ipotesi gestionali e le evidenze empiriche a sostegno di queste.

L’evoluzione dell’economia moderna, integrata alle implicazioni sociali ed etiche, deve

condurre naturalmente ad approcciarsi ad un settore, dedito a garantire l’accesso ad una

risorsa così fondamentale, superando le posizioni aprioristiche.

Uno studio approfondito della teoria economica, accompagnato ad un’analisi puntuale dei

risultati della sua applicazione nel mondo reale permette, ad ora, di ricorrere ad un ampia

gamma di soluzioni organizzative. I diversi strumenti e modelli gestionali del servizio

idrico, analizzati nei loro punti di forza e di debolezza, sono molteplici e con differenti

Page 36: Strumenti e modelli per la gestione dei servizi idrici

36

modalità applicative nelle realtà nazionali ed internazionali. E’ rilevabile, peraltro, il tratto

comune ed il grande pregio dell’essere fluidi ed amalgamabili, in grado quindi di consentire

il miglior raggiungimento degli obbiettivi e standards che l’evoluzione permette, a giusta

ragione, di innalzare continuamente. Ciò sarà e dovrà essere garantito dall’incontro

costruttivo delle conoscenze teoriche ed accademiche con le esigenze delle società del XXI

secolo.

Page 37: Strumenti e modelli per la gestione dei servizi idrici

37

7 BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

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RINGRAZIAMENTI

Desidero ringraziare il Professor Massarutto, relatore di questa tesi, per la disponibilità

e cortesia dimostratemi, e per tutto l’aiuto fornito durante la stesura.

Un sentito ringraziamento ai miei genitori, che con il loro costante sostegno morale ed

economico, mi hanno permesso di raggiungere il traguardo; a mia sorella e a mia nonna

Mercedes con le sue preghiere.

Un ringraziamento particolare ad Enrica, fondamentale col suo sostegno e amore,

nonostante la distanza.

Un ultimo ringraziamento ai miei compagni di studi, per aver condiviso con me le gioie

ed i dolori del percorso universitario. In particolare Giulia, Elena, il Terry, il Nonno, il

Lupo, il Berna, Giovanni, ecc.