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1 STRESS LAVORO-CORRELATO Ottobre 2012

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STRESS LAVORO-CORRELATO

Ottobre 2012

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Api Torino, nata nel 1949, rappresenta la cultura e la creatività imprenditoriale di una delle

più importanti aree industriali italiane.

E’ il punto di riferimento per le circa 3.200 piccole e medie imprese associate, alle quali fa

capo una forza lavoro di oltre 65.000 addetti.

Fra i compiti dell’Associazione, il patrocinio unitario nei confronti delle organizzazioni

sindacali dei lavoratori, e l’assistenza in campo sindacale, tributario, tecnologico,

ambientale e commerciale.

A questo, l’Associazione aggiunge azioni di rappresentanza presso Enti e Istituzioni locali,

essendo interlocutore attivo a tutti i livelli sulle grandi questioni che riguardano il Territorio,

il suo sviluppo e il benessere nel futuro dei suoi abitanti.

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Api Formazione S.c.r.l. è un ente di formazione senza scopo di lucro costituito da oltre

1100 imprese, in maggioranza industriale e associate all’API.

Dal 1992 Api Formazione svolge la propria attività con l’obiettivo di sviluppare le iniziative

in materia di formazione destinate allo sviluppo tecnologico ed organizzativo delle piccole

e medie imprese del territorio, in particolare inerenti lo sviluppo delle nuove tecnologie e

dell’informatizzazione.

Api Formazione opera in collaborazione e sinergia con i servizi di API Torino.

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La Camera di Commercio di Torino è il punto di riferimento per le oltre 200.000 attività

imprenditoriali presenti sul territorio provinciale, e si pone come interlocutore privilegiato

per le aziende non soltanto per facilitare il disbrigo delle pratiche amministrative, ma anche

per proporre diversi servizi e iniziative, orientate alla valorizzazione e alla tutela degli

interessi generali dell'economia.

L’ente camerale è al fianco degli imprenditori anche con servizi promozionali, che

assistono l’impresa fin dalla sua costituzione, supportandone la nascita, seguendone lo

sviluppo, raccogliendo e soddisfacendo le sue esigenze più importanti.

La Camera di Commercio rappresenta, inoltre, un interlocutore di rilievo nel dialogo fra le

componenti economiche operanti sul territorio.

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INDICE

PARTE PRIMA ....................................................................................................................6

1 Introduzione ...................................................................................................................6

1.1. La normativa di riferimento .....................................................................................6

1.2. Definizione di stress................................................................................................8

1.3 Le conseguenze dello stress ...................................................................................9

1.4 Le cause dello stress .............................................................................................11

1.5 La prevenzione dello stress ...................................................................................11

1.6 Le principali teorie e prospettive di intervento........................................................12

2. Livelli di analisi della condizione di stress ...................................................................18

3 L’oggetto di analisi: cause ed esiti ...............................................................................19

PARTE SECONDA ............................................................................................................24

Premessa........................................................................................................................24

Obiettivi del progetto..........................................................................................................25

Prima fase – Analisi dell’esistente in materia..................................................................25

Seconda Fase – Sensibilizzazione .................................................................................26

Terza fase – sperimentazione di un intervento di valutazione stress lavoro correlato ....26

Quarta fase - Diffusione e modellizzazione.....................................................................28

La sperimentazione in azienda ..........................................................................................29

Impostazione generale....................................................................................................29

Caso 1 ............................................................................................................................29

Caso 2 ............................................................................................................................37

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PARTE PRIMA

1 Introduzione

Lo stress sul lavoro è al secondo posto tra i problemi più diffusi di salute legati al lavoro e

interessa una percentuale consistente dei lavoratori nell’Unione europea: esso spesso

riflette problemi connessi alle condizioni psicosociali dell’ambiente di lavoro. In tal senso

diventa prioritario promuovere una cultura di prevenzione dei rischi psicosociali e dello

stress legato al lavoro.

Nel corso degli ultimi decenni il mercato del lavoro è stato caratterizzato da cambiamenti

significativi: cambiamenti nelle mansioni, nei ruoli e nelle occupazioni, flessibilità

dell’occupazione e della produzione, organizzazioni orizzontali e delega dei poteri direttivi.

Tale riassetto, unitamente ai cambiamenti legati alle tecnologie dell’informazione e alla

globalizzazione, pone nuove sfide alle imprese e ai singoli lavoratori. I cambiamenti stanno

avendo luogo in tutta Europa e sono spesso seguiti da problemi crescenti come quello

dello stress legato al lavoro. Lo scopo del presente lavoro è di aumentare la

consapevolezza dei problemi psicosociali legati al lavoro, di promuovere una cultura di

prevenzione contro i rischi psicosociali compresi lo stress, la violenza ed il bullismo per

contribuire alla riduzione del numero dei lavoratori esposti a tali rischi, per agevolare lo

sviluppo e la diffusione delle informazioni riguardanti le buone prassi. La prevenzione dello

stress è strettamente legata alla promozione di un ambiente di lavoro sano. La soluzione

di un problema di stress spesso non consiste semplicemente nel «rimuovere» i fattori di

rischio ma nel realizzare cambiamenti più basilari e di carattere preventivo a diversi livelli,

allo scopo di creare una vita lavorativa più sana e stimolante.

1.1. La normativa di riferimento

Una lettura della normativa aderente alle indicazioni delle direttive europee, emanate a

partire dal 1989 in materia di prevenzione e protezione dei lavoratori dai rischi in ambito

lavorativo, avrebbe dovuto far considerare l’esigenza di valutare i rischi di natura

psicosociale, legati all’organizzazione del lavoro, come possibili fonti di stress lavoro-

correlato, fin dall’entrata in vigore del D.Lgs 626/94. In ogni caso l’emanazione della Legge

39 del 01/03/2002, che modificava l’art.4 del D.Lgs 626, precisando che la valutazione

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deve riguardare “tutti” i rischi, avrebbe dovuto eliminare ogni dubbio circa l’obbligo

valutativo.

Ma evidentemente sulla materia specifica troppo grande vi è stata l’incertezza nel definire

ed inquadrare le varie e diverse problematiche (stress, burnout, mobbing), nell’individuare

strumenti validi e sufficientemente “obiettivi” di valutazione e nel definire le misure di

prevenzione e tutela attuabili. Era necessario preparare un “retroterra” culturale che fosse

in qualche misura riconosciuto e condiviso da tutte le parti sociali (datori di lavoro,

lavoratori e loro rappresentanze). Decisivo, a tale riguardo, è stato l’accordo europeo sullo

stress da lavoro, siglato dal sindacato europeo e dalle associazioni datoriali europee in

data 08/10/2004. Tale accordo è stato recepito in Italia 4 anni dopo (09/06/2008). Tuttavia

nel nostro paese, poco prima dell’accordo europeo, era stata emanata la Direttiva

24/03/2004 (Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei

Ministri) che riporta le “Misure finalizzate al miglioramento del benessere organizzativo

nelle pubbliche amministrazioni”. Tale direttiva, pur riguardando il solo settore pubblico, ha

il merito di aver indicato le motivazioni per l’adozione di misure finalizzate ad accrescere il

benessere organizzativo, le indicazioni da seguire, le variabili critiche da considerare ed il

processo da attuare per il miglioramento.

In occasione della stesura del D.Lgs 81/08 è stato esplicitato con chiarezza, all’art. 28, che

la valutazione dei rischi “…deve riguardare tutti i rischi…tra cui anche quelli collegati allo

stresslavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004,…”.

Sono presenti quindi tutti i presupposti necessari: a) un esplicito obbligo di legge; b) un

riferimento condiviso a livello comunitario cui ispirarsi. Ma questo non è ancora bastato ad

eliminare dubbi e resistenze ed in un primo momento il Decreto Legge del 30/12/2008

(convertito nella legge 27.2.2009 n. 14) ha prorogato al 16/05/2009 l’entrata in vigore delle

disposizioni concernenti la valutazione dello stresslavoro-correlato. Successivamente il

D.Lgs 106/09 ha introdotto il comma 1-bis dell’art. 28, che afferma che “La valutazione

dello stress lavoro-correlato…è effettuata nel rispetto delle indicazioni elaborate dalla

Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, e il relativo

obbligo decorre dalla elaborazione delle predette indicazioni e comunque…a far data dal

1° agosto 2010” . Vi è quindi un chiaro mandato, seppur non vincolante, alla Commissione

consultiva a produrre indicazioni in tempi utili per la scadenza dell’agosto 2010.

Lo stress lavoro correlato, come dimostrano anche recenti ricerche, è una condizione che

interessa in Europa circa un lavoratore su quattro e, pertanto, la percentuale di giornate

lavorative perse a causa dello stress arriva ad essere addirittura del 60%. L’Agenzia

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europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA) ha reso pubblici gli ultimi dati

inerenti lo stress lavoro correlato in seguito all’indagine ESENER il cui titolo del

comunicato rende già molto bene l’idea: “Il 79% dei dirigenti europei è preoccupato dallo

stress legato al lavoro, ma meno di un terzo delle aziende ha stabilito procedure per

affrontarlo”.

Questa attenzione a livello europeo verso lo stress lavoro correlato dimostra quanto e

come tale problematica sia avvertita come importante ai fini della tutela del lavoratore,

della sua sicurezza e della sua salute psico-fisica.

1.2. Definizione di stress

Quando si parla di stress in genere ci si riferisce ad un generico calderone di sensazioni

come la sollecitazione, la tensione, il nervosismo e la riduzione delle capacità di controllo.

Il termine viene spesso utilizzato in modo generico per indicare aspetti diversi del concetto

di “stress”. A volte con «stress» si intendono i fattori di rischio (causa di stress) oppure le

reazioni mentali e fisiche ai fattori di rischio (tensione) o le conseguenze psicosociali di tali

reazioni (conseguenze correlate allo stress). Per evitare confusioni, è importante limitare il

concetto di stress alle reazioni individuali ai fattori di rischio.

La Commissione europea ha definito lo stress legato al lavoro come «un modello di

reazioni emotive, cognitive, comportamentali e fisiologiche ad aspetti avversi e nocivi del

contenuto, dell’organizzazione e dell’ambiente di lavoro. Lo stress risulta legato dunque ad

disarmonia fra sé stessi ed il relativo lavoro, a conflitti fra il ruolo svolto al lavoro e a quello

fuori di esso e da un grado insufficiente di controllo sul lavoro e sulla vita privata».

Tale disarmonia diventa intollerabile quando “le richieste dell’ambiente di lavoro superano

la capacità del lavoratore di affrontarle (o controllarle)”. Con tale definizione si concentra

l’attenzione sulle cause legate al lavoro e sulle misure di controllo necessarie.

La parola “stress”, la cui definizione si ricava dal latino strictus e che significa “legare,

stringere” , assume nell’immaginario collettivo una connotazione negativa: sembra, infatti,

evocare di norma qualcosa di fastidioso, di nocivo e diventa sinonimo di parole come

ansia, tensione e malessere. Anche in settori diversi dalla sicurezza sul lavoro viene

utilizzata questa parola con, tuttavia, accezioni molto simili.

Il termine venne utilizzato per la prima volta in campo medico scientifico dallo studioso H.

Selye, che lo utilizzò all’interno di una ricerca come sinonimo di “ risposta” di alcuni

organismi dopo essere stati sottoposti alla somministrazione di sostanze pericolose.

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Di per sé, quindi, il termine “stress” indica in via teorica la “naturale” risposta di un

organismo di fronte ad una pressione.

Con il termine stress lavoro correlato si intende la capacità, in ambito lavorativo, di

affrontare un evento particolare come può essere ad esempio la gestione quotidiana degli

impegni lavorativi, il relazionarsi con i relativi colleghi.

Tra le cause più frequenti, che determinano l’insorgenza dello stress correlato al lavoro si

devono annoverare:

• L’incapacità di comunicazione da parte del management

• L’assunzione di un ruolo inadatto alle capacità e inclinazioni personali

• Lo svolgimento del lavoro in un ambiente dove le attrezzature risultano non idonee

• Il mobbing

• L’eccessiva focalizzazione dell’Azienda solo sugli obiettivi da raggiungere

1.3 Le conseguenze dello stress

Lo stress può avere effetti negativi sulla qualità della vita e del lavoro; può influire sul

benessere, sulle relazioni sociali e sulla vita familiare o causare assenze dal lavoro,

pensionamenti anticipati, minore produttività e minore qualità dei servizi o dei prodotti.

Esso inoltre, quando diventa cronico, è direttamente connesso a problemi di salute

mentale e fisica, innescando il rischio di patologie cardiache e di depressione, o

indebolendo il sistema immunitario e quindi la resistenza alle malattie.

Gli effetti che i livelli di stress possono innescare possono essere a tal punto invalidanti da

impedire al soggetto di operare normalmente sul lavoro e nella vita di tutti i giorni, fino a

raggiungere livelli di importanza clinica.

Glie effetti dello stress posso essere distinti in due categorie: quelli che afferiscono ai

lavoratori e quelli che hanno ricadute direttamente sulle aziende.

Gli effetti dello stress lavoro correlato sui lavor atori acquisiscono un’entità diversa a

seconda dell’intensità e delle durata della condizione di stress. E’ dunque la durata della

condizione medesima a conferire una connotazione negativa al concetto di stress in

ambito lavorativo.

Tra gli effetti più frequenti che si possono registrare sui lavoratori dobbiamo annoverare:

errori di disattenzione, infortuni, assenteismo, problemi disciplinari. Tali effetti hanno

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ricadute in ambito lavorativo che si ripercuotono negativamente sulla produttività

dell’azienda.

Alcuni esempi di stress lavoro correlato sono riportati qui di seguito e distinti in base alla

fonte di stress:

- Se la fonte dello stress è un ambiente lavorativo ostile e non gratificante gli effetti dello

stress correlato al lavoro sono un aumento dell’assenteismo, problemi disciplinari e

conflitti interni.

- Se la fonte dello stress è la scarsa valorizzazione del lavoratore gli effetti dello stress

lavoro correlato sono per il lavoratore maggiormente legati alla salute psico-fisica,

quindi problemi digestivi e/o disturbi cardio-circolatori.

Si tratta di esempi molto generici dato che la valutazione del rischio stress lavoro correlato

è diventata un obbligo previsto dalla Legge e che si deve effettuare sotto l’area di

competenza del medico di riferimento interno all’azienda.

Nello specifico è proprio l’art. 29 del D.lgs 81/08 a definire che “Il datore di lavoro effettua

la valutazione ed elabora il documento, in collaborazione con il responsabile del servizio di

prevenzione ed il medico competente”.

Gli effetti stress lavoro correlato si ripercuotono anche sulle aziende , o meglio, sulla

produttività aziendale, motivo per cui è fondamentale osservare lo stress lavoro correlato

come un fattore nocivo sia in termini economici, e dunque di calo della produttività, sia in

termini legali, dal momento che sono previste sanzioni civili e penali per i datori di lavoro

inadempienti.

Il frequente assenteismo, per esempio, determina inevitabilmente non solo un calo della

produttività aziendale ma anche in taluni casi un arresto dell’azienda medesima. Anche i

livelli di attenzione possono subire un calo da cui ne deriva la possibilità per il lavoratore di

compiere una serie di errori più o meno gravi. Ed è conseguenza inevitabile che si debba

riparare all’errore mediante ulteriori dispendi di energia e di tempo.

La valutazione del rischio di stress in un’azienda dovrebbe quindi essere vista come

un’opportunità per porre rimedio agli aspetti disfunzionali e non semplicemente come un

obbligo a cui adempiere. Tramite la valutazione delle fonti di stress è, infatti, possibile per

il datore prevenire situazioni problematiche e risparmiare tempo e denaro.

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1.4 Le cause dello stress

Come abbiamo visto più sopra le conseguenze dello stress possono variare anche in base

alle varie tipologie di fonti di stress ed ovviamente a seconda dei livelli di reattività dei

soggetti interessati. Alcune persone riescono a gestire elevati fattori di stress di tipo

psicosociale mentre altre non sono in grado di farlo. È sempre la valutazione soggettiva

della situazione a rivelarsi decisiva per le reazioni in termini di stress. Non è dunque

pensabile di valutare le reazioni di stress solo basandosi sulla situazione in sé senza

prendere in considerazione le variabili legate al contesto, all’individuo e al gruppo di

appartenenza.

In linea teorica ed in base ad alcune evidenze empiriche si è visto come il rischio di stress

aumenti in un ambiente di lavoro caratterizzato da:

• risorse scarse: scarso controllo sul lavoro, scarso riconoscimento delle competenze,

scarso potere decisionale;

• richieste inadeguate: carichi di lavoro troppo elevati e troppo bassi, in particolar modo

la combinazione tra scarsi livelli di controllo e carichi di lavoro elevati o lavoro ripetitivo e

monotono;

• scarse risorse sociali: scarso sostegno sociale dai colleghi e dai dirigenti, conflitti tra

ruoli, carenze nella comunità sociale;

• scarsa prevedibilità: insicurezza lavorativa, scarsi livelli di feedback dai superiori,

carenza di informazioni;

• scarsi livelli di incentivazione: squilibrio tra sforzo e riconoscimento.

1.5 La prevenzione dello stress

Gli interventi rivolti ai problemi psicosociali sul luogo di lavoro possono essere suddivisi in

tre categorie in base al livello dell’intervento: il livello individuale, il livello dell’interfaccia

individuo-organizzazione ed il livello dell’organizzazione nel suo complesso. Gli interventi

al livello dell’organizzazione nel suo complesso devono essere incentivati in quanto

possono essere considerati iniziative di “prevenzione primaria ” (che riducono il rischio di

stress e patologie tra tutti i lavoratori) mentre le strategie di intervento individuali sono

includersi nell’ambito degli interventi di “prevenzione secondaria ” e sono spesso

finalizzate alla riduzione dello stress e dei rischi di patologie tra coloro che già evidenziano

i sintomi.

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Al livello individuale, gli interventi sono finalizzati ad aumentare le risorse individuali per

tentare di risolvere i problemi di stress, per esempio attraverso tecniche di rilassamento e

altre strategie per affrontare i problemi.

Al livello dell’interfaccia individuo-organizzazione gli interventi potranno essere finalizzati,

ad esempio, a migliorare i rapporti sul lavoro o ad aumentare la compatibilità tra persona e

ambiente o l’autonomia del soggetto interessato.

Al livello dell’organizzazione nel suo complesso, gli interventi saranno diretti, ad esempio,

a variazioni della struttura organizzativa o fisica o dei fattori fisici e ambientali.

La maggior parte degli interventi fino ad oggi è stata effettuata a livello individuale mentre

sono stati ancora pochi gli interventi registrati sull’organizzazione nel suo complesso.

Tra le azioni legate alla prevenzione vi è anche l’individuazione dei sintomi di stress , che

richiedono un’attenta valutazione da parte di specifiche figure professionali, come appunto

il medico competente, al fine di non esser confusi con altri sintomi non strettamente

inerenti l’attività lavorativa.

Quali sono i principali sintomi di stress da lavoro?

Tra i più generici sintomi dovuti a condizioni di stress da lavoro troviamo, oltre a un diffuso

malessere psicofisico, stanchezza, dolori muscolari, calo delle difese immunitarie, e quindi

maggiore propensione ad ammalarsi, iperattività, depressione e ansia, irritabilità, problemi

all’apparato digerente, incapacità di esprimersi correttamente.

Le fonti dello stress da lavoro sono diverse e possono afferire direttamente al contesto

lavorativo oppure alle attività di lavoro. Benché i sintomi che ne conseguono siano i

medesimi, ciò che può mutare è il rischio di incidente lavorativo anche grave.

Si prenda, per esempio, una situazione di stress in un contesto lavorativo dove vengono

utilizzati macchinari il cui uso deve essere attento e scrupoloso. Un lavoratore, che a

causa dello stress perde la concentrazione e l’attenzione, rischia seriamente di mettere a

repentaglio la relativa incolumità fisica o addirittura la vita stessa.

1.6 Le principali teorie e prospettive di intervent o

Qui di seguito si riportano i principali approcci che hanno caratterizzato sino ad oggi gli

studi relativi al tema dello stress lavoro-correlato, in modo da offrire una panoramica

esaustiva che giustifichi e aiuti nel comprendere gli approcci recenti.

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1.6.1 Approccio tecnico

Nell’approccio in questione lo stress sul lavoro viene concepito come una caratteristica

avversa oppure dannosa dell’ambiente di lavoro, come una caratteristica pertanto di uno

stimolo dell’ambiente che viene considerato dall’individuo in termini di carico, livello di

richieste o di elementi minacciosi o che possono arrecare danno.

1.6.2. Approccio Fisiologico

Tale approccio trova le sue origini nella concettualizzazione di Selye (1975) che ha definito

lo stress come “sindrome generale di adattamento” (SGA). Lo stress viene concepito

come “una risposta generale aspecifica a qualsiasi richiesta proveniente dall’ambiente”. In

definitiva è uno “stato fisiologico normale” finalizzato all’adattamento dell’individuo

all’ambiente. L’autore ha inoltre sostenuto che la reazione fisiologica si componesse di tre

fasi: una fase iniziale di allarme, seguita da una fase di resistenza correlata alla durata

dello stato di stress che, in alcuni casi, dava luogo ad una fase finale di esaurimento. Si

ritiene che il manifestarsi ripetuto, intenso o prolungato di questa reazione fisiologica

determini un indebolimento del corpo e contribuisca a quelle che Selye ha definito le

“malattie di adattamento”.

1.6.3 Approccio Psicologico

Lo sviluppo del presente approccio ha rappresentato, in parte, un tentativo per superare le

critiche mosse alle impostazioni precedenti. La prima è che sia il modello tecnico sia

quello fisiologico non supportano le loro tesi con adeguate spiegazioni dei dati empirici. La

seconda critica si riferisce al fatto che entrambi i modelli sono riconducibili allo schema

relativamente semplice stimolo-reazione e dunque non tengono sufficientemente in conto

delle differenze individuali di tipo psicologico, percettivo e cognitivo.

I due modelli inoltre sembrano non considerare troppo le interazioni tra la persona ed i

diversi ambienti, che invece sono alla base di tutti gli altri modelli di natura biologica e

psicologica. In particolare ignorano i contesti psicosociali ed organizzativi per lo stress

occupazionale. E’ proprio su quest’ultimo punto che l’approccio psicologico pone le sue

fondamenta. Lo stress viene definito in termini di interazione dinamica tra la persona e

l’ambiente di lavoro, con particolare attenzione ai contesti organizzativi e psicosociali dello

stress correlato al lavoro. Lo stress quindi è riconducibile all’esistenza di interazioni

problematiche tra la persona e l’ambiente oppure è da misurarsi in termini di processi

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cognitivi e reazioni emotive alla base di tali interazioni. Attualmente esiste un consenso

sempre maggiore nei confronti del presente tipo di approccio per la definizione dello

stress. La prospettiva psicologica, infatti, risulta in linea sia con la definizione di stress

quale “stato psicologico negativo, con componenti emotive e cognitive, e con effetti sulla

salute sia dei singoli lavoratori dipendenti sia delle loro organizzazioni”, fornita

dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro, sia con la definizione di benessere

proposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: “Benessere è uno stato mentale

dinamico caratterizzato da un’adeguata armonia tra capacità, esigenze ed aspettative di

un individuo e le esigenze ed opportunità ambientali”.

Diversi sono i modelli descrittivi proposti nell’ambito dell’approccio psicologico. Il più

importante è quello di Cooper, che si concentra sulla natura e sulla tipologia dello stress

correlato al lavoro e sui riscontri sia individuali sia organizzativi. Secondo l’autore

numerosi sono i fattori fisici ambientali identificabili quali “fonti di stress” che possono

incidere negativamente sui lavoratori e sull’organizzazione.

Nell’analizzare i loro possibili “effetti” è necessario tener conto “reattività soggettiva” di

ciascun individuo: le risposte di tipo fisiologico e comportamentale allo stress sono sia

collegate alla situazione sia ad alcune caratteristiche di personalità dell’individuo. Parte del

processo di stress è rappresentato dai rapporti tra l’ambiente di lavoro oggettivo e le

percezioni sul lavoro del lavoratore dipendente, tra tali percezioni e l’esperienza di stress

nonché tra tale esperienza ed i cambiamenti nel comportamento, nella funzione fisiologica

e nella salute.

Le strategie di fronteggiamento o adattamento (coping) rappresentano una componente

importante nel processo di stress: esso, infatti, ha luogo quando c’è uno squilibrio tra la

persona e l’ambiente in termini di richieste e di risorse per soddisfarle. Due sono i modelli

che dominano l’approccio psicologico allo stress: quello interazionale e quello

transazionale. Il primo si focalizza sulle caratteristiche strutturali dell’interazione tra

l’individuo ed il relativo ambiente di lavoro mentre il secondo pone attenzione ai

meccanismi psicologici che influenzano tale interazione.

Analizziamoli più nel dettaglio nei paragrafi seguenti.

1.6.4 Teorie Interazionali

Tra le diverse teorie, proposte all’interno di quelle ascrivibili alle teorie interazionali, le due

più accreditate sono quella di Karasek e quella di French.

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Per ambedue gli autori la condizione di stress insorge quando la richiesta è eccessiva

rispetto alle capacità e alle risorse possedute dalla persona e dunque il soggetto

medesimo percepisce l’intera situazione come minacciosa.

Secondo Karasek il rapporto tra elevata domanda lavorativa (“job demand”) e bassa

libertà decisionale (“decision latitude”) definisce una condizione di stress lavorativo

percepito, da cui dipendono i livelli di stress cronico e l’incremento del rischio

cardiovascolare.

Nello specifico la “domanda lavorativa” si riferisce all'impegno lavorativo richiesto nelle tre

dimensioni:

- carico di lavoro,

- ritmi di lavoro,

- coerenza delle richieste.

La “libertà decisionale”, invece, è definita da due componenti: la “skill discretion” e la

“decision authority”. La prima si riferisce alla possibilità di imparare cose nuove, al grado di

ripetitività dei compiti e all’opportunità di valorizzare le personali competenze; la seconda è

connessa al grado di controllo dell’individuo sulla programmazione e sull’organizzazione

del lavoro.

Le combinazioni possibili tra le due componenti appena citate danno luogo a quattro

diversi tipi di esperienze psicosociali di lavoro:

- Lavori ad “alto strain” (high strain) dove ad un alto livello di domanda corrisponde un

basso livello di controllo. Sono quei lavori che creano nel lavoratore un’alta tensione

psicologica la quale si può manifestare in sintomi di ansietà, depressione, esaurimento e

vari disturbi psicosomatici.

- Lavori “attivi” (active) dove ad un altro grado di controllo e discrezionalità da parte

dell’individuo sulla relativa attività corrisponde un elevato grado di domanda psicologica.

Tale contesto lavorativo è caratterizzato da un elevato grado di apprendimento, dalla

possibilità di esprimere le capacità ed attitudini e da elevata responsabilità.

- Lavori a “bassa domanda e alto controllo” (low strain) dove ad una domanda psicologica

poco pressante corrisponde un alto controllo. Rappresentano situazioni lavorative ottimali,

in cui l’individuo può gestire in autonomia la sua attività lavorativa. I lavoratori che

appartengono alla tipologia in questione sono spesso soddisfatti della loro professione e

sono al riparo dal rischio di effetti psicofisici.

- Lavori “passivi” (passive) dove ad una bassa domanda corrisponde un altrettanto basso

controllo. Si identificano in tale tipologia quei lavori le cui mansioni non incentivano le

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capacità individuali e per i quali si registrano marcati livelli di insoddisfazione,

determinando un progressivo impoverimento delle abilità lavorative.

Il modello proposto da Karasek è stato approfondito fra gli Anni ’80 e ’90, aggiungendo ad

esso una terza dimensione, quella del “supporto sociale”. La dimensione “supporto

sociale” si riferisce a tutti i livelli di interazione sociale utili disponibili sul lavoro da parte di

colleghi e superiori. Sembra che il “supporto sociale” svolga un ruolo fondamentale nella

gestione dello stress correlato al lavoro poiché agisce da moderatore degli effetti nocivi

sulla salute creati da eccessive richieste psicologiche.

Secondo French, Caplan et al. Per descrivere il fenomeno dello stress è fondamentale

considerare non solo delle abilità, delle aspettative, delle motivazioni o delle

rappresentazioni sociali della persona ma anche dei fattori e delle variabili connessi

all'ambiente lavorativo.

La loro teoria dunque si fonda sostanzialmente sul concetto di adattamento tra la persona

e l’ambiente, che può essere di due tipi:

- Nel primo tipo gli atteggiamenti e le capacità di un lavoratore dipendente soddisfano le

richieste del lavoro.

- Nel secondo tipo l’ambiente di lavoro soddisfa le esigenze dei lavoratori ed incoraggia

l’individuo ad utilizzare le conoscenze e le capacità personali nell’organizzazione del

suo lavoro.

In tale modello dunque i fenomeni vengono analizzati secondo due punti di vista: quello

soggettivo e quello ambientale.

Da una parte dunque si studia la dinamica che si innesca tra bisogni e aspettative della

persona e la possibilità che l'organizzazione ha di soddisfarli. Dall’altra, invece, si

analizzano le capacità che ha il lavoratore di far fronte alle richieste lavorative. Il modello

opera quindi una distinzione tra la valutazione soggettiva dell'individuo nei riguardi

dell'ambiente in cui è inserito rispetto alla valutazione oggettiva delle caratteristiche

intrinseche al lavoro ed alla persona stessa. Il modello ipotizza lo sviluppo di stress

quando c'è discrepanza tra le richieste dell'ambiente lavorativo e le abilità della persona. Il

livello di stress sarà più elevato se c’è prevalenza delle richieste (ad esempio carico di

lavoro e complessità del lavoro) sulle capacità o se si innesca una marcata discrepanza

tra le aspettative della persona (ad esempio guadagno, partecipazione e coinvolgimento) e

le risorse ambientali disponibili per soddisfarle.

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1.6.5 Teorie Transazionali

Le teorie transazionali focalizzano soprattutto i meccanismi psicologici alla base

dell’interazione tra la persona e l’ambiente di riferimento, con particolare riferimento alla

valutazione cognitiva ed alle strategie di fronteggiamento.

Uno dei modelli elaborati si basa sulla discrepanza tra l’impegno profuso nel lavoro e le

ricompense, materiali ed immateriali, che da esso ne conseguono. In altre parole, in base

a tale modello, lo stress sul lavoro è conseguenza dell’elevato sforzo realizzato in

contrapposizione ad una ricompensa limitata. Si riconoscono due fonti di sforzo: una

estrinseca, le richieste di lavoro, ed una intrinseca, la motivazione del singolo lavoratore in

una situazione impegnativa. Ci sono tre livelli di gratificazioni possibili: le gratificazioni

economiche, la ricompensa socioemotiva ed il controllo della posizione (vale a dire le

prospettive di carriera e l’insicurezza del lavoro).

Lo stress pertanto sembra subentrare a seguito dello squilibrio tra gli elevati costi sostenuti

e gli esigui guadagni ottenuti. Tale modello mostra e riconosce l’importanza delle

percezioni di giustizia organizzativa: il panorama delle percezioni in merito a correttezza,

equità e giusto trattamento è importante ed in grado di influenzare una vasta gamma di

risultati.

Secondo uno degli approcci delle teorie transazionali pare che lo stress abbia origine nella

relazione tra la persona ed il suo ambiente e che sia fondamentalmente un fenomeno

individuale. Secondo tale prospettiva esiste una grande variazione individuale non solo

nell’esperienza dello stress ma anche nella risposta allo stress, sottolineando l’importanza

del contesto sociale.

Sempre in base a tale approccio lo stress pare intensificarsi quando ci sono richieste che

mettono alla prova o superano le risorse di adattamento della persona, mettendo in rilievo

però anche l’incidenza della vulnerabilità costituzionale del singolo soggetto. Particolare

attenzione viene posta poi sulla “valutazione della situazione da parte dell’individuo”. La

valutazione rappresenta, infatti, il processo cognitivo che attribuisce significato alle

dinamiche tra la persona e l’ambiente. A tal fine si identificano due tipi di valutazione:

quella primaria, che ha luogo quando l’individuo dà significato agli eventi e valuta

l’importanza di un evento in termini di dolore, minaccia o sfida e, quella secondaria che,

invece, definisce ulteriormente il significato di cosa sta succedendo ed identifica eventuali

strategie di coping.

Dall’elaborazione di simili concettualizzazioni ne è derivata una descrizione dello stress in

termini di processo sistematico che include cinque fasi:

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1. La prima fase è costituita dalle fonti ambientali delle richieste.

2. La seconda fase, di fatto, coincide con una valutazione primaria e si riferisce alla

percezione che la persona ha di tali richieste in relazione alla personale capacità di farvi

fronte.

3. La terza fase è rappresentata dai cambiamenti fisiologici, emotivi, psicologici e

comportamentali associati al riconoscimento di uno stato di stress e che comprendono il

coping.

4. La quarta fase è legata alle conseguenze del coping.

5. La quinta fase è il feedback che si verifica in relazione a tutte le altre fasi del modello.

2. Livelli di analisi della condizione di stressCome evidenziato nella parte introduttiva secondo la definizione dell’Accordo quadro

europeo, che è parte integrante del Dlgs. 81/2008, “lo stress è una condizione,

accompagnata da sofferenze o disfunzioni fisiche, psichiche, psicologiche o sociali e che

scaturisce dalla percezione individuale di non essere in grado di rispondere alle richieste o

di non essere all’altezza delle aspettative”. In tal senso, si comprende come lo stress sia

l’espressione di un processo di interazione tra il lavoratore ed il suo contesto di lavoro

durante il quale numerosi fattori (stressors) possono concorrere a determinare

conseguenze indesiderate per gli individui e per la stessa organizzazione.

Se i fattori di stress perdurano a lungo e con un’elevata intensità si generano

conseguenze negative e di stress cronico con ricadute significative sul singolo individuo.

Gli esiti di tali condizioni rischiose non costituiscono una malattia in senso stretto ma

possono ridurre l’efficienza, influenzare lo stato di salute psicofisica ed essere causa di

infortuni e malattie professionali. Il campo di applicazione del Dlgs.81/2008 riguarda

direttamente l’identificazione, valutazione e intervento correttivo e preventivo sul rischio

stress lavoro-correlato soprattutto a livello organizzativo mentre i danni o sindromi

patologiche ed i relativi trattamenti a livello individuale rientrano nelle pratiche di

sorveglianza sanitaria e nei conseguenti atti riabilitativi reputati necessari.

Le condizioni causa di stress possono originare anche al di fuori del contesto lavorativo,

pur non rientrando in tal caso nella definizione di stress lavoro-correlato, come riportate

dal Dlgs. 81/2008.

L’analisi dei rischi da stress lavoro-correlato può essere effettuata su differenti livelli:

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1. Livello individuo–posto di lavoro , che include fattori legati al compito (ad esempio

carico di lavoro, ritmo di lavoro, struttura temporale della giornata, attivazione

psicologica, livello di attenzione richiesto, livelli di autoefficacia e autostima richiesti,

gratificazione personale e affettiva ottenuta); fattori legati al contesto fisico-ambientale

(ad esempio effetti diretti e indiretti di rumore, microclima, sostanze pericolose); fattori

legati alla relazione di lavoro (ad esempio condizioni contrattuali, corrispondenza tra

aspettative ruolo e aspettative personali, tipo di rapporti con interlocutori esterni, livello

di responsabilità personale, livello di innovazione).

2. Livello individuo–gruppo , che include fattori legati a rapporti interpersonali (ad

esempio clima di gruppo, supporto sociale, rispetto delle diversità, identificazione nel

gruppo, coinvolgimento affettivo, stile di comunicazione, credibilità del leader); fattori

legati al funzionamento del gruppo di lavoro (ad esempio efficacia di gruppo; efficienza

del gruppo; qualità dei risultati); fattori legati a rapporti con superiori e subordinati (ad

esempio stile manageriale e di leadership, grado di disponibilità reciproca e di

riconoscimento reciproco, senso di reciproca responsabilità).

3. Livello individuo – organizzazione , che include fattori legati al contesto organizzativo

(ad esempio tipo/qualità della struttura organizzativa, stabilità organizzativa, sistemi di

gestione degli orari di lavoro, sistemi di comunicazione interna, sistema delle

retribuzioni, sistema premiante); fattori legati a procedure e politiche organizzative (ad

esempio regolamenti e procedure, politiche di investimento nella formazione e

nell’addestramento, politiche del personale in merito ad assunzioni e lavoro precario,

sviluppo di carriera e opportunità di ottenere promozioni).

3 L’oggetto di analisi: cause ed esitiI datori di lavoro hanno l’obbligo giuridico (direttiva-quadro 391/1989) di tutelare la salute e

la sicurezza dei lavoratori, anche in presenza di rischi stress lavoro correlato, sia come

fattore di rischio a sé stante sia per la correlazione rilevata rispetto ad infortuni e malattie

professionali. In tal senso il datore di lavoro adotta specifiche misure per identificare i

fattori di rischio stress lavoro-correlato in modo da ridurre la frequenza e l’entità del danno

da stress lavoro-correlato. I dipendenti di una data struttura dunque sono tutti

responsabilmente coinvolti nell’applicazione e nell’osservanza degli obblighi di cui sopra.

Le azioni di prevenzione e protezione del rischio stress lavoro-correlato prevedono:

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- Interventi di valutazione dei fattori organizzativi e delle variabili personali implicate in

modo da individuare gli effetti dannosi per i singoli lavoratori e per l’intera organizzazione

(impatto individuale e collettivo).

- Interventi di miglioramento delle condizioni organizzative e delle risorse individuali per

ridurre sia la frequenza sia i danni da stress lavoro-correlato (ad esempio attraverso azioni

specifiche di sostegno organizzativo e di miglioramento delle capacità di

fronteggiamento/coping personale).

Per effettuare una corretta valutazione del livello di stress si devono prendere in

considerazione gli antecedenti organizzativi (cause/fonti/stressors) del rischio stress

lavoro-correlato, da un lato, le variabili personali implicate, dall’altro, ed infine gli esiti/effetti

dell’interazione tra antecedenti organizzativi e variabili personali. L’esigenza di una

prospettiva interazionista che leghi antecedenti, variabili personali ed esiti è sostenuta dal

fatto che, come abbiamo evidenziato più sopra, individui diversi possono reagire

differentemente a situazioni simili, come del resto accade che lo stesso individuo possa

reagire diversamente a situazioni simili in momenti diversi della sua vita. Tali

considerazioni rendono evidente la necessità di un contributo qualificato del professionista

psicologo rispetto alla fase di diagnosi e di valutazione, pur in una prospettiva di intervento

autenticamente multidisciplinare.

Avere ben presente la lista dei possibili “stressors”, delle variabili personali e degli esiti

può contribuire ad orientare il processo di diagnosi e valutazione: qui di seguito ne

riportiamo sinteticamente alcuni esempi, benché siano già stati menzionati nei paragrafi

precedenti:

- rispetto alle cause possiamo sottolineare natura e caratteristiche del compito/ruolo,

natura del rapporto di lavoro/condizioni di impiego, cambiamenti tecnici, organizzativi e

sociali, controllo e autonomia decisionale, struttura, progettazione organizzativa e

procedure, aspettative di ruolo poste sul lavoratore, procedure di inserimento

professionale, relazioni con il superiore diretto e i colleghi e supporto sociale,

riconoscimento dei successi professionali, interferenza con interessi extra lavorativi,

qualità delle relazioni interne, cultura, valori organizzativi e istituzionali, clima

organizzativo verso salute e sicurezza;

- rispetto alle variabili personali, che si pongono tra le cause e gli esiti, sono da

evidenziare la cultura di appartenenza, il livello delle conoscenze ed il livello di

esperienza; le attitudini, gli atteggiamenti e gli stili comportamentali, i valori, le

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aspettative professionali, le rappresentazione del lavoro, il rischio percepito, la

resilienza ed il coping;

- in termini di esiti/effetti si possono menzionare a livello organizzativo l’assenteismo, il

turn-over, gli incidenti ed infortuni, le inefficienze, il basso rendimento, la sfiducia, la

conflittualità; a livello individuale, invece, l’insoddisfazione lavorativa, la demotivazione

ed il disinvestimento affettivo, i sintomi di malessere psicologico, i sintomi di malessere

psico-fisico.

1. L’importanza del consenso e dell’adattamento al contesto specifico

La valutazione dei rischi lavorativi deve essere improntata come un processo sistematico

che coinvolge i vari attori sociali nell’obiettivo più ampio di gestione e di correzione dei

rischi. Tale processo si articola in una serie di fasi che prevedono il coinvolgimento, sin

dall’inizio e lungo l’intero processo, dei vari protagonisti (dirigenza, lavoratori e loro

rappresentanti, medico competente e tecnici della prevenzione, esperti con competenze

necessarie sul tema dello stress e non presenti in azienda). Tali fasi si possono

sinteticamente ricondurre ai punti seguenti:

Fase 1. Individuare quali fattori sul luogo di lavoro sono potenzialmente in grado di

arrecare danno e identificare i lavoratori che possono essere esposti a tali pericoli.

Fase 2. Valutare i rischi esistenti (secondo la gravità, il grado di probabilità e di severità di

eventuali danni) e classificarli in ordine di importanza.

Fase 3. Identificare le misure adeguate per eliminare o controllare i rischi.

Fase 4. Mettere in atto misure di protezione e di prevenzione attraverso un piano di

definizione delle priorità.

Fase 5. Effettuare un aggiornamento periodico della valutazione effettuata.

Le indicazioni fornite a livello europeo devono poi essere tradotte in modalità operative

differenti a seconda delle caratteristiche dei processi e dei contesti lavorativi, come ad

esempio:

- la natura e le dimensioni del luogo di lavoro (ad esempio, una sede fissa o una

transitoria; un’azienda di piccole/medie o grandi dimensioni);

- i tipi di processi lavorativi implicati (ad esempio, operazioni ripetitive, processi che si

evolvono o che cambiano, lavoro altamente variabile in funzione delle richieste);

- l'attività svolta e le condizioni di esecuzione (ad esempio, attività individuali o in gruppo,

attività ripetitive, incarichi occasionali o ad elevato rischio, struttura temporale dell’attività,

ritmi);

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- la complessità tecnica dei processi o degli strumenti usati (che implicano ad esempio

gradi elevati di richieste cognitive, psicomotorie, emotive, comportamentali).

Gli adattamenti metodologici alla specifica natura dei contesti lavorativi diventano

necessari per rendere la valutazione nel suo complesso non un semplice adempimento ad

un obbligo di legge ma un processo di miglioramento delle condizioni di lavoro circa la

necessità di:

- coinvolgere tutti gli attori organizzativi nella progettazione dell’intervento e nel suo

svolgimento;

- pianificare in modo accurato e trasparente le fasi del processo, compresa la fase di

scelta degli strumenti di misura più appropriati al contesto organizzativo in esame;

- indicare soluzioni concrete basate sull’evidenza scientifica e specifica per il contesto

organizzativo, con priorità data ad interventi collettivi e organizzativi per affrontare i rischi

psicosociali alla fonte.

In tal modo gli psicologi professionisti a vario titolo possono offrire consulenza alle

organizzazioni per l’espletamento in generale degli obblighi inerenti la sicurezza lavorativa

ed, in particolare, di quelli relativi all’analisi ed alla valutazione dei rischi di stress lavoro-

correlato.

2. La figura dello psicologo negli interventi di pr evenzione e diagnosi

Le azioni di prevenzione si muovo tipicamente su tre livelli: primario, secondario e

terziario. Gli interventi di tipo primario tendono a ridurre l’incidenza degli antecedenti di

rischio di stress lavoro-correlato. In tal senso lo psicologo può contribuire ad una più

appropriata individuazione dei rischi stress lavoro-correlati, alla loro valutazione e alla

proposta di interventi mirati di prevenzione, correzione e protezione, affinché il datore di

lavoro possa adottarli, programmando i necessari passi per il miglioramento delle

condizioni di lavoro in relazione ad ordini di priorità motivati. Dei risultati della valutazione

e degli interventi programmati sono informati tutti i soggetti del sistema aziendale di

prevenzione e protezione, inclusi RLS, dirigenti e preposti; conseguentemente tutti i

lavoratori vengono formati e coinvolti attivamente negli interventi di miglioramento. Gli

interventi adottati vengono periodicamente rivisti, in relazione all’obiettivo di una riduzione

continua del rischio stress lavoro-correlato, per il mantenimento ed il miglioramento

continuo del benessere organizzativo rivolto alla qualità della vita lavorativa e ad un clima

psicosociale di sicurezza.

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Gli interventi di tipo secondario comportano azioni che tendono a ridurre la prevalenza di

effetti di cui si osservano già i sintomi. Il fine dell’intervento psicologico può concorrere al

raggiungimento di tale obiettivo contribuendo al programma di promozione e gestione

della salute psicofisica deciso in un ambiente di lavoro, in collaborazione con il medico

competente. Lo psicologo, infatti, può intervenire sia sul versante del lavoratore

(promuovendo il senso di responsabilità, la motivazione, gli atteggiamenti e gli stili

comportamentali positivi per il mantenimento dello stato di salute) sia sul versante

dell’azienda (in riferimento ai miglioramenti dell’organizzazione del lavoro e alla gestione

delle risorse umane) ponendo un’attenzione particolare al clima psicosociale aziendale.

Infine l’intervento di tipo terziario comporta azioni di cura e di riabilitazione degli effetti

dannosi sulla salute. Tali azioni sono soggette alla competenza sanitaria. La competenza

dello psicologo deve comunque essere chiamata in causa quando, in connessione con gli

atti di sorveglianza sanitaria, sono ritenuti necessari interventi psicologici.

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PARTE SECONDA

PremessaIl concetto di salute nei luoghi di lavoro è sinonimo di buon funzionamento

dell’organizzazione; un lavoratore che opera in un ambiente sano è in grado di assicurare

produttività sul lavoro e di non riportare conseguenze negative per la sua salute

psicofisica.

Se fino ad ora il concetto di salute era circoscritto alla dimensione fisica, oggi, a seguito di

nuove formule legislative europee, recepite a livello nazionale, e in conseguenza di una

più ampia diffusione della cultura del well-being, la salute è dunque uno “stato di completo

benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia e

infermità”

Il concetto di salute così delineato implica una valutazione di tipo cognitivo da parte

dell’individuo e della collettività in quanto non si tratta solo di preservare il soggetto da

patologie psichiche ma di assicurargli una condizione di pieno benessere, innanzitutto sul

piano mentale. Un elevato livello di insoddisfazione sperimentato sul lavoro si trasformerà

prima in una sensazione di disagio globale e, se la situazione dovesse perdurare, in una

condizione di stress che investirà tutti i piani dell’organizzazione: si verificheranno

assenteismo, riduzione di produttività, scarso controllo dei tempi di lavorazione, problemi

disciplinari, molestie, infortuni, errori e aumento dei costi d'indennizzo o delle spese

mediche.

Le ripercussioni investono anche il sistema delle relazioni in cui l’individuo vive nonché il

piano individuale: intense reazioni emotive si alternano a problemi sul piano cognitivo,

comportamentale e fisiologico ed inoltre si rileva un aumento di conflittualità che riguarda

le relazioni familiari e amicali.

Per far fronte e soprattutto prevenire situazioni di disagio lavorativo l’Unione Europea ha

siglato nel 2004 un accordo per lo stress lavoro correlato, recepito dall’Italia nel 2008, con

il Decreto legislativo n.81/2008, con cui si stabilisce definitivamente che anche lo stress

lavoro correlato deve essere sottoposto a “ valutazione” come rischio.

Lo scopo dell’accordo è migliorare la consapevolezza e la comprensione dello stress da

lavoro da parte dei datori di lavoro, dei lavoratori e dei loro rappresentanti, attirando la loro

attenzione sui sintomi che possono indicare l’insorgenza dei problemi di stress da lavoro;

è stato fortemente voluto e sottoscritto dal sindacato europeo e dalle organizzazioni dei

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datori di lavoro al fine di realizzare linee guida comuni, europee, per la prevenzione e la

valutazione del rischio stress da lavoro correlato.

Per le aziende risulterà pertanto imprescindibile allinearsi con le nuove disposizioni di

legge, dal momento che la valutazione dello stress lavoro correlato non è più a discrezione

della singola realtà lavorativa ma diviene un’imposizione normativa. Considerato che già le

tematiche connesse alla sicurezza non sono state recepite con immediatezza e facilità

nella cultura aziendale, ancor di più un nuovo concetto di salute, che riguarda anche gli

aspetti psicologici e sociali, non sarà di semplice assimilazione nelle ormai consolidate

pratiche di valutazione dei rischi.

Api-Formazione attraverso il progetto ha pertanto avuto come primaria finalità quella di

sensibilizzare e formare l’azienda a tali tematiche innovative, fornendole il supporto

necessario per gestire con maggior efficacia le indicazioni operative ad esse connesse.

Obiettivi del progetto

Il presente lavoro ha cercato di perseguire gli obiettivi seguenti:

• Sensibilizzare il contesto aziendale alla tematica dello stress lavoro-correlato

• Fornire agli RSPP i riferimenti concettuali e gli strumenti tecnici che consentano loro di

collaborare con gli esperti sulla valutazione dello stress lavoro correlato quando

l’azienda dovrà attivare il processo di valutazione medesimo

• Mettere a punto strumenti idonei a valutare il grado di stress lavoro-correlato

• Creare per gli operatori che presentano i requisiti ammissibili un back-ground

esperienziale e formativo che li metta nelle condizioni di poter operare autonomamente

nel settore e di collaborare con gli i referenti aziendali per la sicurezza

Prima fase – Analisi dell’esistente in materia

Lo scopo è stato quello di fare una ricognizione in materia di stress lavoro – correlato per

rilevare cosa è stato fatto a livello europeo e individuare le buone prassi.

Si è trattato di effettuare una ricerca comparativa per raccogliere le esperienze più

significative ed evidenziare in particolare:

- i modelli e gli strumenti applicati per la valutazione

- le criticità emerse dall’applicazione degli stessi

- i principali fattori oggetto di stress

- le misure preventive messe in atto per combattere e/o contenere i fattori “stressogeni”

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I risultati dell’analisi documentale sono stati utili ad impostare le fasi successive del

progetto.

Seconda Fase – SensibilizzazioneLa fase ha avuto come finalità la sensibilizzazione dei ruoli dell’azienda che operano nel

campo della sicurezza (RSPP, datore di lavoro, rappresentante dei lavoratori) in modo da

sostenerli nella lettura e nella rilevazione dei fattori di rischio, fonti di possibili situazioni di

stress.

L’attività si è strutturata nella predisposizione di un breve percorso in/formativo finalizzato

a far prendere consapevolezza di alcuni aspetti centrali nella problematica della

valutazione dello stress lavoro correlato e ad adeguare le competenze degli addetti ai

lavori nel campo specifico.

Detto percorso ha coinvolto anche i lavoratori in modo da aiutarli a familiarizzare con il

concetto di stress e soprattutto con le dimensioni cognitive ed emotive che ne sono alla

base.

Alcune aree approfondite hanno riguardato:

- i principali modelli della salute sul lavoro

- le cause organizzative e le differenze individuali

- la valutazione oggettiva e soggettiva dello stress

- la prevenzione primaria, secondaria e terziaria

- il concetto dinamico di gestione del rischio (sistemi di monitoraggio del clima)

In particolare si è approfondito il concetto che proprio per la natura del rischio stress lavoro

correlato la valutazione è da intendersi non tanto come misurazione puntuale di dati che

inevitabilmente hanno una forte componente soggettiva ma come un approccio condiviso

alla gestione del problema: sarà opportuno sensibilizzare l’azienda a riconoscere

l’importanza di un costante monitoraggio del grado di benessere organizzativo e

individuale atto a favorire il passaggio dalla valutazione all’attuazione degli interventi.

Terza fase – sperimentazione di un intervento di va lutazione stress lavoro correlato

La fase di sperimentazione ha avuto l’obiettivo di testare in due diverse strutture

l’applicazione del modello operativo per la gestione del rischio stress lavoro-correlato

declinato nel Testo Unico 81/2008

Si sono individuate due realtà, una di produzione e una di servizi, in cui si è identificato un

pool di lavoratori con cui effettuare la valutazione oggettiva e soggettiva del rischio di

stress lavoro correlato.

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La valutazione oggettiva si è composta innanzitutto di una valutazione preliminare, attuata

mediante apposito strumento di rilevazione, somministrata agli attori interni della

prevenzione ed ai lavoratori suddivisi per gruppi omogenei. L’obiettivo è stato quello di

rilevare le condizioni organizzative dell’azienda, focalizzando l’attenzione sul contesto e

sul contenuto del lavoro e su altri indicatori aziendali relativi al personale.

In base ai risultati della valutazione preliminare si è analizzata l’eventuale presenza di

fattori di rischio, all’interno dei diversi gruppi omogenei, rispetto cui progettare interventi

correttivi.

Nella fase di valutazione preliminare si è cercato di ottenere una fotografia della realtà

organizzativa di impresa, prevedendo innanzitutto una ricognizione dei documenti

aziendali relativi, quali organigrammi, flussi produttivi e comunicativi, indicatori aziendali su

assenze per malattia, turn over, informazioni sulla gestione della salute e della sicurezza.

Le cause organizzative su cui si è indagato, per analizzare meglio l’ambiente lavorativo,

hanno riguardato:

- il conflitto e l’ambiguità di ruolo

- il controllo e la partecipazione alle prese di decisione

- le relazioni interpersonali

Per ciò che concerne invece l’analisi del contenuto del lavoro si è rilevato:

- il carico di lavoro quantitativo (quantità di lavoro da compiere)

- il carico di lavoro qualitativo (difficoltà del lavoro)

- il carico di ruolo (casi in cui il lavoratore ha troppe responsabilità)

La valutazione soggettiva si è concentrata sulla percezione individuale del rischio di stress

lavoro correlato, andando a sondare le aree critiche del lavoro, le risorse individuali su cui

poter fare affidamento, il livello di conflittualità presente in azienda, eventuali disturbi

psicofisici accusati e riconducibili allo stress. Ci si è dotati pertanto dell’uso di strumenti

qualitativi, quali focus-roup e interviste individuali semistrutturate, somministrati ai

lavoratori coinvolti e ai ruoli della sicurezza col fine di rilevare il vissuto soggettivo in modo

da poterlo poi confrontare con gli indicatori oggettivi.

Sulla base di ciò che è emerso nella valutazione del rischio oggettivo e soggettivo si sono

ipotizzati diversi tipi di interventi di gestione del rischio sia di tipo primario sia di tipo

secondario e terziario, rivolti ai singoli lavoratori o all’intera struttura.

Negli interventi con le due aziende s sono sperimentate azioni che rientrano sia in

un’ottica di prevenzione primaria, mettendo a punto per esempio interventi formativi per

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migliorare la capacità di identificare le fonti di stress e progettando momenti di gruppo

dove approfondire le cause fonte di stress.

Si sono supportate infine le due aziende su cui è stata attuata la sperimentazione ad

impostare un sistema di monitoraggio continuo in grado di tenere sotto controllo le

condizioni di rischio rilevate al fine di agire secondo un’ottica preventiva e protettiva.

Quarta fase - Diffusione e modellizzazioneLa fase di diffusione ha avuto l’obiettivo di sistematizzare il lavoro svolto nella

sperimentazione per trasmettere quanto emerso alle aziende che si apprestano ad avviare

interventi di valutazione e gestione del rischio lavoro stress correlato.

Le informazioni raccolte e rielaborate sono state articolate in un report contenente una

sintesi delle due sperimentazioni e degli elementi generalizzabili e quindi trasferibili in altri

contesti aziendali: tutto ciò nell’ottica della funzionalità per altre imprese dato nel report si

sono sottolineate le criticità che un intervento di valutazione stress lavoro-correlato

comporta.

Il report è stato redatto sia in forma cartacea sia in formato multimediale.

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La sperimentazione in azienda

Impostazione generaleNella presente sezione è contenuta la descrizione dei due casi affrontati nella fase

sperimentale del progetto. Il taglio che si intende dare alla trattazione è di tipo pratico-

operativo: sono infatti proprio i metodi e gli strumenti adottati in fase di consulenza a

costituire il focus dell’intera argomentazione, arricchita di spunti di riflessione e

suggerimenti circa le motivazioni che hanno guidato le scelte operative e la gestione di

talune dinamiche consulenziali.

Si tratta di due casi distinti e separati sia per ciò che concerne le motivazioni che hanno

spinto le due realtà coinvolte ad aderire alla sperimentazione sul tema dello stress sia

rispetto alle caratteristiche specifiche delle due strutture di cui si riporta di seguito

l’esperienza condotta.

Nell’un caso, infatti, si tratta di una RSA di 22 posti letto con un reparto all’interno dedicato

ai degenti psichiatrici; nell’altro caso, invece, si tratta di un’azienda di medie dimensioni

che si occupa di lavorazioni meccaniche per l’industria aerospaziale.

Caso 1Analisi della domanda

La fase di analisi della domanda ha coinvolto due consulenti, di cui uno interno ad Api-

Formazione ed uno, invece, esterno, il responsabile della casa di riposo e la psicologa che

vi opera all’interno.

La struttura ha delineato l’esigenza di approfondire attraverso il progetto il percorso di

verifica dei livelli di stress eventualmente presenti tra le OSS della casa di riposo. Il

progetto ha, infatti, rappresentato l’opportunità più idonea per agganciare il lavoro già

svolto all’interno della struttura. La psicologa della casa di cura, infatti, aveva già

progettato un modello di ricerca-intervento che consentisse sia di definire i fattori di rischio

propri dell’attività del care provider sia l’intervento psicologico da attuare sul campo più

efficace per ridurre e prevenire i fattori di rischio emersi. A tal fine la psicologa aveva già

somministrato due test utili per evidenziare i livelli di stress tra i care provider: l’LBQ e

l’OSI.

L’LBQ è un questionario “self-report”, che propone nuovi indicatori di burnout per chi

lavora nelle professioni di aiuto. Attraverso quattro scale viene fornito un profilo individuale

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dello stato di malessere in grado di orientare risorse e interventi preventivi e di sostegno al

personale.

• Esaurimento psicofisico : è la sensazione di sentirsi stanchi e sotto pressione e di

esaurimento delle risorse fisiche e psichiche.

• Deterioramento della relazione : quando la relazione di aiuto con l’utente diviene

alienata fino al cinismo.

• Inefficacia professionale : quando i problemi professionali diventano situazioni

incomprensibili.

• Disillusione : quello che sembrava una passione è diventato una routine priva di

significato.

Ogni scala è composta di tre item con polarità positiva e di tre con polarità negativa. Si

risponde agli item su una scala “Likert” a sei posizioni (da 1 = “mai” a 7 = “ogni giorno”).

L’LBQ è fornito di norme specifiche per l’applicazione con otto differenti professioni:

infermieri, medici, educatori e operatori socioassistenziali, volontari, insegnanti, personale

ospedaliero amministrativo e tecnico.

L’OSI è stato sviluppato su solide basi teoriche e mette in pratica le conoscenze acquisite

in oltre venticinque anni di ricerca nelle aziende. L’imponente ancoraggio ai costrutti teorici

in materia di stress lavorativo non esclude tuttavia un forte orientamento pratico, che

rende lo strumento versatile e facilmente applicabile ad una grande varietà di situazioni

così da essere accessibile ad utenti di svariati livelli e contesti lavorativi diversi.

Ideale per descrivere e sistematizzare comportamenti stress-correlati presenti in azienda,

costituisce un’ottima base a fini descrittivi e diagnostici dello stress nel contesto aziendale.

Il test è strutturato in sei sezioni, articolate in più scale che analizzano differenti dimensioni

dello stress:

• Fonti di stress : insieme di scale che esaminano una vasta gamma di possibili

cause di stress occupazionale (Fattori intrinseci al lavoro, Ruolo manageriale,

Relazione con altre persone, Carriera e riuscita, Clima e struttura organizzativa,

Interfaccia casa-lavoro).

• Comportamento di Tipo A : analisi della eventuale presenza di caratteristiche

legate alla “sindrome di Tipo A” (Atteggiamento verso la vita, Stile di

comportamento, Ambizione).

• Controllo : analisi del modo in cui le persone interpretano gli eventi che accadono

intorno a loro (Forze organizzative, Processi di gestione, Influenze individuali).

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• Strategie di coping : indagine delle risorse individuali per affrontare lo stress

(Supporto sociale, Orientamento al compito, Logica, Relazione casa-lavoro, Tempo,

Coinvolgimento).

• Effetti dello stress : analisi della soddisfazione lavorativa (Soddisfazione per la

carriera, Soddisfazione per il lavoro stesso, Soddisfazione per l’impostazione e la

struttura organizzative, Soddisfazione per i processi organizzativi, Soddisfazione

per le relazioni interpersonali).

• Stato di salute attuale : sezione che fornisce un quadro generale in termini di

salute psicologica e sintomi fisici stress-correlati dell’individuo (Salute psicologica,

Salute fisica).

Sulla base dei risultati emersi dai test la psicologa ha redatto una relazione sintetica sui

livelli di stress rilevati specificatamente per ogni singola risorsa e poi rispetto al gruppo di

lavoro nel suo complesso. Ed è proprio alla luce della descrizione stilata dalla psicologa

che è stato progettato lo step successivo di approfondimento in gruppo degli elementi

causa di stress tra le OSS della struttura in modo da ricavare dati ed informazioni di natura

qualitativa, oltre quelli quantitativi forniti dai test, ed evidenziare particolari criticità in seno

al gruppo di lavoro o tra il gruppo di lavoro ed altri aspetti del contesto.

La valutazione fornita dalla psicologa ha sottolineato l’assenza di significativi livelli di

stress all’interno del gruppo delle OSS e di particolari criticità. Nello specifico viene

evidenziato quanto segue:

- nell’area dell’esaurimento psicofisico, infatti, non si evidenziano situazioni di burnout;

non vi è una percezione di eccessiva stanchezza e mancanza di energia all’interno

della situazione lavorativa;

- nell’area dell’inefficacia professionale i punteggi ottenuti indicano che il gruppo si

percepisce efficace ed in grado di realizzare gli obiettivi sul lavoro; ne consegue una

buona autostima e impegno nella professione;

- nell’ultima area valutata, la disillusione, emerge che le aspettative rispetto all’attività

professionale sono soddisfatte e che gli operatori lavorano con entusiasmo e passione;

- soltanto nell’area del deterioramento relazionale viene segnalato un caso di difficoltà

che però non risulta allarmante rispetto ai punteggi globali rilevati: gli operatori pertanto

dichiarano in media di avere mantenuto la capacità di prestare attenzione ai bisogni

degli utenti, distinguendo le caratteristiche soggettive degli stessi. Dimostrano inoltre

un buon coinvolgimento ed una capacità empatica ancora intatti.

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Durante il secondo incontro di analisi della domanda tra i due consulenti, la psicologa ed il

responsabile della struttura si sono focalizzati alcuni punti essenziali da tener presenti nei

momenti di gruppo dedicati alla gestione dello stress:

- la necessità di verificare la ponderatezza dei dati rilevati coi test;

- la volontà di sondare le varie aree trattate nei test per far emergere nodi critici o spunti

di riflessione;

- il bisogno di ricavare nel corso dei due incontri alcuni spunti utili per impostare

successive azioni correttive o di miglioramento rispetto alle criticità emerse;

- il desiderio di fornire alle OSS coinvolte nei due incontri di gruppo alcune tecniche

efficaci per fronteggiare le situazioni di maggiore stress.

I due consulenti, che hanno lavorato insieme all’interno del progetto, hanno a tal fine

ipotizzato un percorso di gruppo impostato secondo le direttrici del counselling, inteso

come supporto alla persona: il counselling, infatti, è una “relazione d’aiuto” che, condivisa

all’interno di un gruppo, consente di vivere un’esperienza di reciprocità, in un contesto

accogliente e non giudicante dove la persona trova le condizioni ideali per attuare profondi

mutamenti, riuscendo ad entrare in contatto con i relativi vissuti emotivi e con i blocchi che

impediscono il dispiegarsi di energie/potenzialità. All’interno di queste dinamiche

relazionali il singolo soggetto può promuovere lo sviluppo di parti di sé (aumento

dell’autostima, maggiore stabilità emotiva, migliore integrazione sociale o all’interno del

rispettivo gruppo di lavoro).

Il counselor in tal senso persegue l’obiettivo di facilitare e sostenere le persone ad

osservare in modo distaccato la relativa condizione di conflitto, aiutandole a raggiungere

un maggiore livello di coscienza dei vissuti emotivi e degli schemi comportamentali e

quindi ad approdare ad una soluzione personale e non imposta e suggerita dall’esterno.

Si propone, inoltre, di accompagnare la persona ad affrontare stati di normale conflittualità,

sperimentati nel momento in cui questa deve prendere una decisione importante per

superare una situazione, vissuta come problematica.

L’intervento di counselling è infine considerato un intervento breve, circoscritto ad un

problema specifico (affrontare eventi stressanti della vita, migliorare le relazioni deteriorate

dallo stress, prendere decisioni su specifiche questioni, intraprendere un cammino per

sviluppare maggiore consapevolezza personale) portato dal cliente, riguardo cui operare

scelte o aggiustamenti. Lo scopo ultimo è sempre il cambiamento, sia esso interno alla

persona o relativo alla situazione esterna, in modo da giungere al superamento della fase

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di stasi: è pertanto un obiettivo di ordine adattivo e non strutturale sebbene, perché ci sia

un reale cambiamento, è necessario agire anche, almeno indirettamente, sugli schemi

cognitivi che determinano il comportamento dell’individuo.

Con la psicologa interna alla struttura si è pertanto sottolineato il fatto che si sarebbe

lavorato sui punti sopra riportati, esaltando soprattutto l’aspetto pragmatico di

individuazione dei nodi critici e di trasmissione delle competenze utili per affrontarli, in un

clima di accettazione empatica e di alleanza collaborativa, il tutto secondo l’approccio del

counselling relazionale, di una delle cui scuole la consulente esterna è il Direttore.

Pianificazione dell’intervento

Nella fase di pianificazione dell’intervento si sono concordati gli step principali

caratterizzanti il processo di consulenza.

Il team di progetto ha dunque proposto all’azienda il seguente prospetto di azioni:

1. un primo momento di condivisione col gruppo rispetto alle finalità dei due incontri, con

un richiamo particolare al tema dello stress e degli argomenti ad esso correlati;

2. una fase di mappatura dei nodi ritenuti più critici puntando sulla narrazione spontanea

da parte delle OSS di casi e/o situazioni che si trovano a fronteggiare quotidianamente;

3. un successivo step di approfondimento degli “obiettivi di miglioramento” che le OSS

stesse auspicherebbero di poter raggiungere sia singolarmente sia come gruppo di

lavoro;

4. un momento di applicazione di alcune tecniche utili per la gestione dei livelli di stress.

L’intervento

Nel corso del primo incontro sono state coinvolte le nove OSS che fanno parte del gruppo

di lavoro interno alla struttura. Inoltre sono stati presenti anche i due consulenti sia quello

esterno sia quello di Api-Formazione.

La metodologia adottata, come si è detto, si è ampiamente ispirata ai principi del

counselling relazionale, puntando in tal modo sulla possibilità di far sperimentare

direttamente all’interno del gruppo le dinamiche via via riportate dalle partecipanti in merito

allo svolgimento del loro lavoro.

In un primo momento si è cercato di far emergere dalla narrazione delle OSS alcuni punti

avvertiti come critici dalle partecipanti: si è utilizzato prevalentemente il metodo del libero

flusso di pensieri anziché puntare più su una narrazione guidata dal conduttore.

La modalità di formazione utilizzata per mettere a fuoco i bisogni del gruppo è stata

rilevata dall’esperienza del qui e ora, per evitare di cadere in polemiche e vecchi sospesi.

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Particolare attenzione è stata rivolta al consolidamento delle capacità introspettive presenti

e allo sviluppo di valori quali la solidarietà e l’affettività, per permettere al lavoratore di

abbandonare quegli atteggiamenti troppo individualistici che sono alla base dei molti disagi

relazionali.

Grande risalto è stato dato alle dinamiche di gruppo e allo sviluppo di quelle competenze

che permettono di incontrare i colleghi collocandosi in una posizione relazionale più

efficace.

L’approccio dell’intervento è risultato tale da favorire il “saper essere”, il “saper fare” e

l’assunzione delle responsabilità personali in un’ottica di ridimensionamento dei livelli di

stress.

Il primo obiettivo è stato finalizzato a rendere il lavoratore più consapevole del suo “stare

nel mondo” in modo da riscoprire le risorse personali e riconoscere gli stili di vita inefficaci:

attraverso l’ascolto e l’accettazione non giudicante di sé stessi e degli altri si tende a

promuovere quel benessere interiore, a costruire quello spazio di silenzio dal quale

possono emergere soluzioni creative.

Nel gruppo, infatti, riproducendosi le situazioni relazionali che di solito s’incontrano nella

vita lavorativa e non, è possibile vedere chiaramente le modalità di risposta messe in atto

ed eventualmente sperimentarne di nuove e più efficaci in un ambiente protetto e in un

clima relazionale sostenente.

Un altro obiettivo è stato il passaggio dal vissuto personale a quello professionale. Essere

ascoltati insegna ad ascoltare, essere sostenuti insegna a sostenere e a sviluppare

competenze e sensibilità, strumenti quest’ultimi indispensabili per chi svolge un lavoro di

cura.

La metodologia utilizzata durante il corso per abbassare il livello di stress è stato di

mettere a fuoco attraverso la condivisione i bisogni sia del gruppo sia dei singoli individui.

I bisogni emersi si sono collocati su due piani:

- un piano concreto

- un piano relazionale.

I bisogni emersi riguardanti il piano concreto sono stati rielaborati insieme con la Direzione

proponendoli come opportunità di miglioramento delle procedure operative esistenti: ad

esempio richiedendo l’impostazione di regole più precise che tutelino i vali livelli dei

lavoratori, come una chiara e definita suddivisione dei compiti che spettano agli ausiliari e

di quelli che spettano alle OSS o come l’affiancamento delle nuove ausiliarie da parte di

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una risorsa esperta e capace di trasferire le procedure e le regole operative corrette e

unanimemente condivise.

I bisogni emersi riguardanti il piano relazionale sono stati elaborati all’interno del gruppo

stimolando nelle partecipanti la riflessione sulla possibilità di creare spazi utili al confronto,

al chiarimento, allo sviluppo del senso di squadra, alla comprensione dei punti di vista

altrui e delle personali aspettative, diminuendo in tal modo il livello di frustrazione, di ansia

e quindi di stress.

Sono stati consegnati alle partecipanti alcuni strumenti come le tecniche di ascolto utili per

evitare l’accumulo di tensione nelle professioni di aiuto. Durante la formazione è stata

costruita una rete tra tutte le risorse in grado di sostenere i livelli di motivazione al lavoro e

la possibilità di confrontarsi e aiutarsi.

E’ stato sostenuto lo sviluppo di uno stile relazionale creativo e specifico per ciascun

individuo senza escludere il fatto che esso va calibrato sulle caratteristiche del singolo

contesto organizzativo.

Nella fase finale del percorso ogni partecipante è stato poi invitato a condividere col

gruppo gli aspetti positivi e le criticità che aveva avvertito nel corso della giornata

formativa. Sono stati riportati qui di seguito alcuni dei riscontri principali:

- “Maggiore tranquillità”

- “La voglia di andare avanti”

- “Le aspettative del corso sono state nutrite”

- “Più apertura e maggior chiarezza”

- “Maggior conoscenza di sé stessi e degli altri”

- “Il sentirsi in un gruppo”

- “Sono stati rafforzati i valori della scelta di questo lavoro”

- “Consapevolezza di poter conoscere e aiutare gli altri”

- “Desiderio che vengano proposti altri incontri di formazione, anche come supervisione”

- “Più comprensione del punto di vista degli altri”

Attraverso alcuni questionari, poi discussi con i partecipanti, si sono focalizzati i punti forza

e le possibile difficoltà di ognuno: elementi quest’ultimi importanti per approfondire la

conoscenza di sé e per creare nel gruppo una maggiore partecipazione collaborativa.

Conclusioni

Sulla base dell’intervento svolto presso la casa di cura e descritto nel precedente

paragrafo emerge un’importante considerazione sullo stress lavorativo come risultato

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dell’interazione dinamica fra la persona e il contesto in cui questa lavora: il rischio

psicologico, quindi, deve essere valutato non solo considerando le difficoltà legate

all’ambiente o al ruolo professionale ma anche i fattori personali che possono predisporre

alla sofferenza emotiva.

Ogni relazione umana è influenzata da fantasie, aspettative, risposte emotive, paure e

atteggiamenti difensivi. Secondo la teoria dell’attaccamento queste reazioni sono legate a

schemi psicologici inconsci costruiti sulla base delle esperienze passate che diventano

evidenti, influenzando il comportamento, soprattutto nelle condizioni di insicurezza (stress

o pericolo). In ambito lavorativo questa influenza è particolarmente evidente nelle

cosiddette “professioni di aiuto”, come quelle svolte da medici, psicologi, assistenti sociali

o educatori.

Ogni lavoro espone a condizioni stressanti e potenzialmente dannose ma in una

professione finalizzata all’aiuto di una persona sofferente si presentano minacce

specifiche: 1) possibilità di una delusione o di un fallimento; 2) timore del confronto con

l’altro; 3) paura della malattia, della depressione, della follia, del suicidio, della morte; 4)

sofferenza emotiva (depressione, angoscia, rabbia, noia, senso di vuoto, frustrazione).

Le manifestazioni di stress costituiscono solo un segmento delle possibili manifestazioni di

disagio occupazionale all’interno delle strutture sanitarie ma sono particolarmente insidiosi

in quanto minano selettivamente la capacità di sentire e di relazionarsi con l’altro. Lo

stress lavoro-correlato non può più essere considerato un problema occasionale e

individuale, cui porre rimedio con semplici palliativi. Esso va assumendo le proporzioni di

un fenomeno globale, con costi crescenti per le aziende e per la società e va affrontato

con mezzi efficaci ed innovativi privilegiando strategie tese all’individuazione e

all’eliminazione delle cause piuttosto che al trattamento delle loro conseguenze.

L’assenza d’interventi preventivi precoci riduce la possibilità di una gestione adeguata

della risorsa umana e delle sue problematiche relative allo stress occupazionale e al burn-

out, col rischio di costringere la struttura sanitaria implicata a politiche difensive, tendenti

dapprima alla negazione del problema, e successivamente alla marginalizzazione dei

soggetti che presentano un disagio o sono portatori di istanze che mettono a disagio. Il

fallimento di una politica di prevenzione determina, di fatto, un cortocircuito istituzionale in

cui la struttura di riferimento rischia di fallire la sua mission di promozione e di tutela della

salute proprio con i pazienti che gli sono più prossimi, ossia i relativi dipendenti.

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Caso 2

Il contesto organizzativo

Il caso qui presentato si riferisce alla descrizione del processo di valutazione del livello di

rischio da stress lavoro correlato, valutazione effettuata presso un’azienda privata del

settore metalmeccanico, situata nella prima cintura di Torino

L’azienda è una realtà di piccole dimensioni (l’organico è composto da 43 dipendenti di cui

40 assunti a tempo indeterminato e 3 a tempo determinato, ripartiti tra produzione e

uffici), fondata nel 1970, che si occupa di lavorazioni meccaniche per l’industria

aerospaziale (settore aereonautico e elicotteristico, sia civile sia militare). Si è

specializzata nello studio, nella realizzazione e lavorazione di particolari meccanici,

soprattutto di lavorazioni meccaniche ad asportazione di truciolo per aeronautica.

Il ciclo di lavoro prevede l’arrivo delle materie prime, lo stoccaggio delle stesse nelle aree

predefinite, la preparazione del lavoro e del materiale in base al disegno. Seguono le

lavorazioni di carpenteria e le lavorazioni alle macchine utensili, il montaggio ed

assemblaggio, il controllo qualità, fino alla consegna al cliente.

L’impegno di lunga data in tale settore ha consolidato i rapporti professionali con tutti i

costruttori operanti sul territorio nazionale, instaurando in questo modo relazioni importanti

e costruttive con i più grossi gruppi industriali italiani in ambito aerospaziale; consolidata

da tempo la presenza in Italia, la strategia aziendale è quella di avviare un nuovo business

sui mercati internazionali per cogliere le opportunità che l’estero propone e per arginare

la concorrenza di imprese straniere operanti sul mercato italiano e straniero, che puntano

su lavorazioni di minor qualità ma più economiche.

La strategia dell’internazionalizzazione si è mossa in parallelo al programma di

innovazione tecnologica e di processo con l’obiettivo di proporre all’esterno un’azienda

autonoma, in grado di evadere una commessa senza dipendere da fornitori esterni per

determinati cicli di lavorazione.

L’azienda infine per affrontare al meglio il mercato estero e la concorrenza con altri

operatori del settore investe molto sulla formazione delle risorse umane in modo da

garantire personale con elevate competenze tecniche, organizzative e gestionali.

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Il passaggio generazionale avvenuto tra il 2009 e il 2010 ha visto il succedere dei due figli

alla guida dell’azienda, di cui il figlio, ne ha assunto la piena titolarità mentre la sorella è a

capo dell’amministrazione. Tale passaggio ha coinciso con l’introduzione di un sistema

gestionale di tipo manageriale che ha comportato diversi cambiamenti, portando ad un

notevole aumento di formalizzazione nei processi interni e di complessità nella gestione

dell’impresa: grazie al supporto di una società di consulenza si è intervenuti sulle aree

aziendali più critiche (amministrazione e produzione) migliorandone i processi lavorativi e

operando una completa revisione dei ruoli, azioni che hanno condotto all’introduzione di

un sistema di contabilità analitica, alla modifica dei contratti dei responsabili con

conseguente avvio di un sistema di incentivazione.

I cardini su cui si è poggiato il cambiamento organizzativo sono: la trasparenza, il lavorare

per obiettivi, l’investimento in tecnologia e sulle risorse umane, il monitoraggio costante

dell’andamento aziendale.

Analisi della domanda

La richiesta di procedere con la valutazione del rischio da stress lavoro correlato è stata

espressa dal Titolare, in primo luogo per ottemperare all’obbligo di legge, previsto dal

Testo Unico 81/2008, art. 2, 28, 29. L’intervento rientra infatti all’interno della più ampia

tematica della Valutazione dei rischi, considerato che, l’Accordo europeo dell’8 ottobre

2004, tra i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, contempla anche i rischi legati

allo stress lavoro correlato. Il Documento generale di Valutazione dei Rischi, in base alle

indicazioni riportate nel Testo Unico, deve dunque contenere anche una sezione dedicata

allo stress lavoro correlato, proprio in base alle indicazioni del Testo Unico.

A prescindere dal rispetto delle scadenze normative la valutazione preliminare ha sortito

anche un altro effetto: considerato che il passaggio generazionale è avvenuto nel pieno

della crisi economica e che l’intervento di consulenza aveva anche il compito di aiutare

l’azienda ad affrontare con maggiori strumenti la crisi del mercato, la valutazione

medesima ha consentito di verificare se il passaggio da un sistema di gestione familiare a

uno manageriale aveva avuto delle ricadute positive o se emergevano significativi punti

critici sia a livello di contesto organizzativo sia di contenuto del lavoro. Nelle fasi di

transizione e di cambiamento che affronta un’impresa oltre ad aperte reazioni di

contrapposizione vi è il rischio che vi sia un’adesione concettuale teorica senza che

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questa si trasformi in pratica quotidiana, mantenendo così uno stato di immobilismo

inconsapevole su cui risulta difficile agire.

Pertanto la valutazione preliminare è stata un’occasione per monitorare insieme ai

responsabili dell’area impiegatizia e dell’area qualità – produzione fattori rilevanti,

responsabili del buon funzionamento dell’organizzazione o di eventuali sue disfunzioni: il

conflitto e l’ambiguità di ruolo, il controllo e la partecipazione alle prese di decisione, le

relazioni interpersonali , il carico di lavoro quantitativo e qualitativo

Nel caso in cui fossero emerse delle aree aziendali e/o dei ruoli a rischio di stress lavoro

correlato, oppure delle forti divergenze tra il parere dell’azienda e quello dei lavoratori,

allora, l’azienda, sarebbe passata ad una fase di valutazione più approfondita, in cui alla

valutazione oggettiva, si sarebbe aggiunta quella legata alla percezione soggettiva dei

lavoratori.

Pianificazione dell’intervento

L’intero processo di valutazione del rischio da stress lavoro correlato, secondo la

metodologia ISPESL (Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro), si

situa su due livelli:

a) la valutazione preliminare basata su indicatori oggettivi e verificabili, quali

caratteristiche dell’organizzazione del lavoro,

b) la valutazione approfondita relativo alla valutazione della percezione del rischio stress

lavoro correlato, soggettiva per ogni lavoratore

La valutazione preliminare è preceduta dalla raccolta di informazioni aziendali

(organigramma gerarchico e funzionale, tipologie contrattuali, presenza del sindacato,

lavoratori provenienti da altri paesi, ecc.) al fine di costruire il contesto conoscitivo

necessario per l’eventuale progettazione dell’intervento valutativo da adottare e per

l’interpretazione dei dati.

Il passaggio dalla valutazione preliminare a quella approfondita dipende dal livello di

rischio da stress lavoro-correlato, risultato dalla valutazione preliminare e dall’efficacia che

hanno dimostrato le azioni correttive messe a punto dall’azienda. Se il rischio è basso

allora non si deve procedere ulteriormente ma si dovranno monitorare il rischio, ripetendo

la valutazione ogni due anni; se il rischio è medio si devono adottare tutte le azioni di

miglioramento riferite agli indicatori aziendali con i valori di rischio più elevato; se infine è

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alto la valutazione per l’intera azienda o per una parte di essa dovrà continuare con il

secondo livello di approfondimento ovvero con la valutazione della percezione di stress da

parte dei lavoratori.

ISPESL mette al centro dell’attività di valutazione la partecipazione attiva e responsabile

del Datore di Lavoro, delle figure della prevenzione e dei lavoratori. Questo si traduce in

primo luogo nell’istituzione di un gruppo di coordinamento (team di valutazione) addetto

alla pianificazione e gestione del progetto di valutazione; esso prevede :

• l’individuazione dei problemi, delle aree su cui intervenire e dei miglioramenti

necessari,

• l’identificazione dei gruppi omogenei (partizioni organizzative in cui suddividere

l’azienda, in ragione del tipo di attività e di competenze)

• la definizione dei tempi di svolgimento e della disponibilità temporale delle figure

interessate

• lo sviluppo di un progetto comunicativo rivolto a tutti i lavoratori dell’azienda atto a

informare e sensibilizzare rispetto alla tematica e a promuovere una partecipazione

consapevole

La funzione del gruppo è altresì quella di far emergere punti di vista differenti in modo da

evidenziare le aree di accordo/disaccordo e di individuare i margini di negoziazione per

ricercare posizioni condivise. Altro aspetto fondamentale è la formazione del team di

valutatori, sul concetto di stress lavoro correlato e sugli strumenti usati per la sua

rilevazione

Fanno parte in modo stabile del gruppo di coordinamento il Datore di Lavoro o dirigenti da

questi incaricati, il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, il Medico

Competente e il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza. Oltre a queste figure

possono essere implicati anche altri ruoli organizzativi significativi (responsabile del

personale, capo reparto, lavoratori esperti per anzianità e /o competenze, ecc.) e

eventuali consulenti esterni con competenze specifiche, quali psicologi.

Il riferimento teorico concettuale a cui si ispira l’ISPESL per la costruzione degli strumenti

di analisi è il modello britannico dei Management Standard, basato sulle sei dimensioni

organizzative, riconosciute come potenziali fattori di rischio stress lavoro – correlato:

la domanda che riguarda aspetti quali il carico lavorativo, l’organizzazione del lavoro e

l’ambiente di lavoro; lo standard prevede che lavoratori e azienda siano in grado di

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soddisfare i reciproci bisogni (rispetto dell’orario di lavoro, lavoro idoneo al livello di

competenza del lavoratore, gestione dei problemi legati all’ambiente in cui svolgono le

attività)

il controllo inerente l’autonomia del lavoratore sulle modalità di svolgimento della propria

attività lavorativa; ha come standard un adeguato potere decisionale che il lavoratore

stesso ha sul modo di eseguire il lavoro e la possibilità di usufruire di stimoli per sviluppare

nuove competenze

il supporto inteso come l’incoraggiamento e le risorse fornite dall’azienda; lo standard

prevede che i lavoratori dispongano delle informazioni e del supporto adeguato dai vari

livelli aziendali e che ricevano periodici feedback finalizzati ad un miglioramento costante

le relazioni che favoriscano un clima positivo e il rifiuto di comportamenti inaccettabili; ha

come standard la promozione di comportamenti corretti e l’esistenza di sistemi per

segnalare situazioni insane che comportano il rischio di sconfinare nel mobbing

il ruolo che verifica la consapevolezza del lavoratore relativamente alla funzione che

svolge nell’organizzazione; lo standard prevede che il lavoratore comprenda il ruolo e le

responsabilità ad esso connesse

il cambiamento valuta in che misura i cambiamenti organizzativi siano gestiti e comunicati,

prevede come standard il coinvolgimento dei lavoratori e la presenza di sistemi di

accompagnamento in grado di far accettare in modo indolore i cambiamenti proposti

Per la costruzione dello strumento di rilevazione ISPESL ha contestualizzato il modello dei

Management Standards in base a quanto previsto dall’Accordo europeo dell’8 ottobre

2004, producendo una check list contenente tre aree da valutare, gli eventi sentinella

(indicatori aziendali), i fattori di contesto del lavoro e i fattori di contenuto del lavoro e in

parallelo le azioni di miglioramento da attuare (allegato 1); l’azienda che intende procedere

con la valutazione può delineare nuovi fattori di rischio, non esplicitamente previsti nel

modello dei Management Standard e adattare la check list, creando ulteriori indicatori di

prestazione.

Le tre aree della check list sono articolate in dimensioni e in indicatori comportamentali,

finalizzati a fornire un punteggio, letto per dimensione e per area; i punteggi sommati

insieme restituiscono il livello di rischio da stress lavoro correlato dell’azienda (allegato 2).

La check list è compilata dal team dei valutatori con i rappresentanti dei gruppi omogenei,

considerato che i lavoratori sono degli “osservatori privilegiati” e che solo coinvolgendoli si

riesce ad ottenere una valutazione effettiva dei fattori di contesto e contenuto del lavoro. E’

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compilata una check list per ogni gruppo omogeneo, dal momento che la differenza di

ruolo, attività e competenze significa che ci possono essere divergenze di opinioni dovute

alle diverse caratteristiche organizzative che contraddistinguono le varie aree aziendali.

Intervento

L’azienda ha avviato il processo di valutazione costituendo il gruppo di coordinamento

composto dal Titolare, dall’RSPP, dall’RLS, dal Medico Competente e dallo psicologo. Il

gruppo ha scelto come suddividere l’azienda in gruppi omogenei e quali figure dei gruppi

medesimi coinvolgere attivamente nella valutazione. I gruppi individuati , in base all’affinità

tra tipologia di lavoro e competenze sono stati tre, ufficio, produzione, magazzino e i

rappresentanti interessati sono stati il Responsabile della Logistica e acquisti più la

segretaria di Direzione per gli uffici, il Responsabile della qualità e il Capo Officina per la

produzione e il magazzino.

E’ stata utilizzata la check list progettata dall’ISPESL, senza includervi modifiche,

personalizzate rispetto all’azienda.

Di seguito sono sintetizzati i risultati ottenuti dopo la compilazione e l’elaborazione delle

check list.

I dati maggiormente rilevanti, emersi dall’analisi degli indicatori aziendali, riferita al periodo

2009 – 2011, uguale per ciascun gruppo omogeneo, sono:

diminuzione di:

• indici infortunistici

• assenze dal lavoro

• numero di richieste di visite al medico competente

aumento di:

• percentuale di rotazione del personale con relativa azione di miglioramento

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Per quanto riguarda le aree contesto lavoro e contenuto lavoro nelle tabelle sottostanti

sono riportati solo gli indicatori che, per la relativa dimensione, rimandano ad azioni di

miglioramento.

GRUPPO AREA CONTESTO LAVORO AREA CONTENUTO LAVORO

Uffici/Magazzino Presenza di:• un lavoro che dipende da compiti

precedentemente svolti da altri• rigidi protocolli di supervisione sul

lavoro svolto

Presenza di:• lavoro che subisce frequenti interruzioni• mansioni che richiedono di eseguire più

compiti contemporaneamente• orario di lavoro rigido

Assenza di:• sistema di gestione della

sicurezza aziendale. CertificazioniSA8000 e BS OHSAS18001:2007

• sistemi per il recepimento e lagestione dei casi di disagiolavorativo

• sistemi premianti in relazione alraggiungimento degli obiettivi disicurezza

• possibilità di orario flessibile• possibilità di svolgere lavoro part-

time verticale e orizzontale

GRUPPO AREA CONTESTO LAVORO (oltre

a quelli sotto riportati valgono

quelli indicati per gli

uffici/magazzino)

AREA CONTENUTO LAVORO (oltre a quelli

sotto riportati valgono quelli indicati per gli

uffici/magazzino)

Produzione Presenza di:• informazioni contrastanti circa il

lavoro da svolgere fornitefrequentemente daidirigenti/preposti

Presenza di:• esposizione al rumore superiore al secondo

livello di azione

Assenza di:• criteri definiti per l’avanzamento di

carriera

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Conclusioni

La valutazione preliminare ha restituito un livello di rischio da stress lavoro correlato

basso, sia a livello complessivo di azienda, sia per le aree contesto lavoro e contenuto

lavoro e per quasi tutte le singole dimensioni di area analizzate.

Per l’area contesto lavoro la sola dimensione che dà indicazione di lieve rischio per tutti e

tre i gruppi è l’autonomia decisionale – controllo del lavoro. In specifico si evidenzia la

presenza di rigidi protocolli di supervisione che se non introdotti e utilizzati nel modo

corretto possono avere alcune conseguenze::

• stress, per le persone che hanno bisogno di agire senza sentirsi costantemente sotto

controllo

• scarsa responsabilizzazione delle persone che già tendono a dipendere dagli altri per

insicurezza, o per comodo

• ostacolo a valutare la prestazione del lavoratore e a capirne il reale grado di autonomia

e la sua effettiva capacità se non vi è un sufficiente spazio di decisione e di azione,

all’interno del quale egli possa muoversi, anche sbagliando, senza per questo creare

danni ingenti per l’azienda

Anche la tipologia di lavoro, fortemente interdipendente (l’attività di un lavoratore dipende

da compiti precedentemente svolti da altri quindi ogni lavoratore è un cliente interno

nell’ambito del processo lavorativo verso gli altri lavoratori) può essere motivo di un

maggior rischio da stress lavoro – correlato. Il tipo di attività infatti richiede un

coordinamento per adattamento reciproco che si esercita attraverso il processo della

comunicazione informale e il controllo del lavoro resta nelle mani di coloro che lo

eseguono. Ciò implica una comunicazione costante attraverso tutti i mezzi aziendali messi

a disposizione, richiede flessibilità nei rapporti, conoscere e saper ben padroneggiare

l’intero processo di lavoro, partecipazione a tutti i livelli oltre all’abilità di fornire

informazioni in modo tempestivo e completo, al fine di cogliere per tempo gli elementi

salienti delle situazioni. E’ poi di fondamentale importanza adoperarsi per fare in modo che

i processi di lavoro avvengano in modo fluido e continuo oppure che, al verificarsi di

problemi, questi possano essere affrontati subito per non rallentare o bloccare il lavoro di

tutti.

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I risultati emersi rilevano a livello di impresa un rischio BASSO pertanto non è necessario

procedere ulteriormente con la valutazione approfondita. L’azienda potrà decidere se

attuare le pochissime misure di miglioramento derivate dalla compilazione della check list,

monitorare il rischio, secondo le indicazioni normative, la presenza di eventi sentinella e,

comunque si dovrà ripetere la valutazione ogni due anni.