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Dipartimento di Scienza dello Stato, Università Federico II di Napoli Istituto Italiano per gli Studi Filosofici Società Italiana per lo Studio della Storia Contemporanea STORIE IN CORSO WORKSHOP NAZIONALE DOTTORANDI IN STORIA CONTEMPORANEA ________________________________________ IL SINDACATO NAZIONALISTA BASCO NEGLI ANNI DELLA SECONDA REPUBBLICA Dario Ansel (Università degli Studi di Teramo) _______________________________________ Napoli, 23-24 febbraio 2006

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Dipartimento di Scienza dello Stato, Università Federico II di Napoli

Istituto Italiano per gli Studi Filosofici

Società Italiana per lo Studio della Storia Contemporanea

STORIE IN CORSO

WORKSHOP NAZIONALE DOTTORANDI

IN STORIA CONTEMPORANEA

________________________________________

IL SINDACATO NAZIONALISTA BASCO

NEGLI ANNI DELLA SECONDA REPUBBLICA

Dario Ansel

(Università degli Studi di Teramo)

_______________________________________

Napoli, 23-24 febbraio 2006

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Il sindacato nazionalista basco negli anni della Seconda Repubblica Dario Ansel

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I

INTRODUZIONE

L’oggetto di studio del presente paper è l’analisi del sindacalismo nazionalista basco negli anni della Seconda Repubblica: cercheremo quindi di tracciare a grandi linee le caratteristiche del sindacato Euskal Langille Alkartasuna e di illustrare parallelamente il profondo cambiamento che la suddetta organizzazione visse nel periodo repubblicano, ed in particolar modo in occasione del II Congresso di ELA che si svolse a Vitoria tra il 29 aprile ed il 1° maggio 19331. Prima di addentrarci nello studio dell’oggetto di indagine del presente lavoro, è utile un’osservazione di natura strettamente teorica: non si può certamente studiare l’ELA, un sindacato che si definisce nazionalista2, senza prima prestare un minimo di attenzione al controverso fenomeno rappresentato dal nazionalismo; la sua stessa definizione, infatti, risulta essere alquanto difficoltosa. Quest’ultimo non può essere considerato un paradigma teorico attendibile in quanto non dotato di una sua univocità3, e tuttavia data la centralità che esso riveste nella società contemporanea, il suo studio risulta essere imprescindibile, di modo che è necessario di volta in volta, a seconda dei vari casi analizzati, applicare approcci teorici e metodologici spesso assai differenti4. È opportune tener conto che tale difficoltà interpretativa deriva non solo dalla molteplicità della casistica, ma anche dai distinti approcci metodologici, spesso all’interno di una medesima disciplina, che hanno contribuito non poco a complicarne la definizione ed a rendere instabile qualsiasi astrazione teorica, nonostante che siano sorte delle vere e proprie scuole di pensiero5. 1 Tale tema si inserisce nella più ampia ricerca che sto svolgendo nell’ambito del Corso di Dottorato in “Storia, politica e rappresentanza degli interessi nella società italiana ed internazionale – F.Mazzonis” presso l’Università degli Studi di Teramo. Lo studio del sindacato nazionalista è in effetti di straordinaria importanza al fine di intendere le relazioni fra l’ampio ed eterogeneo movimento nazionalista basco e le classi lavoratrici autoctone, nonché il modo attraverso cui detto movimento si rapportò alla questione sociale. Inoltre, è opportuno studiare i cambiamenti che investirono il movimento sindacale, poiché le rinnovate politiche di ELA giocarono un ruolo di primo piano nell’orientamento delle politiche del partito di riferimento del movimento nazionalista, per l’appunto il Partido Nacionalista Vasco, a partire proprio dal biennio 1933-1934, ovvero all’indomani del citato Congresso di Vitoria. 2 Il motto dell’ELA, sin dalla sua fondazione nel 1911 con il nome di Solidaridad de Obreros Vascos – cambierà tale denominazione per quella di Solidaridad de Trabajadores Vascos a partire dal Congresso di Vitoria del maggio 1933 – fu Unión Obrera y Fraternidad Vasca. 3 “El concepto de nacionalismo es, en las distintas lenguas y para los diferentes autores, tan diverso que apenas es utilizable como instrumento de investigación empírica”, in HROCH Miroslav, ¿Sabemos suficiente sobre el “nacionalismo”?, in BERAMENDI Justo, MÁIZ Ramón, NUÑEZ SEIXAS José Manuel, Nationalism in Europe. Past and Present: Actas do Congreso Internacional Os Nacionalismos en Europa. Pasado e Presente, Volume II, Santiago de Compostela 1994, p.229. 4 A titolo esemplificativo, è evidente che lo studio del nazionalismo dei grandi Stati-nazione europei, e lo studio delle piccole nazioni senza Stato (come per esempio le nazionalità dell’Impero Austro-ungarico), necessitano di approcci teorici e metodologici differenti. Analogamente gli esiti di tali studi sono alquanto diversi. Risulterebbe difficile, per esempio, la comparazione fra nazionalismo francese e nazionalismo ungherese, oppure fra nazionalismo tedesco o italiano e nazionalismo croato o polacco. 5 Gli studi sul nazionalismo hanno progressivamente edificato due principali scuole interpretative e metodologiche: quella “modernista” e quella “primordialista”. La scuola “modernista”, che potrebbe essere fatta risalire a Renan e che si rifà principalmente agli studi di Ernest Gellner, considera le nazioni come artefatti edificati attraverso una azione di ingegneria sociale nel corso del XIX secolo, e pertanto come delle entità contingenti e mutevoli. Al contrario, la scuola “primordialista”, che ha in Anthony Smith il suo più importante sostenitore ed animatore, considera le nazioni come delle entità reali dotate di una storia che affonda le proprie radici in tempi remoti e sostanzialmente immuni a cambiamenti repentini; inoltre le nazioni sono delle entità “naturali”, in quanto, secondo tale teoria, esiste una coincidenza naturale fra nazione ed ethnos. Il nazionalismo così, per i “modernisti”, precede la nazione in quanto quest’ultima rappresenta una sua creatura, un atto di ingegneria sociale, mentre per i “primordialisti”, è vero il contrario poiché il nazionalismo opera al pari di un archeologo che vuole riportare in vita una civiltà lontana che però è dotata di una propria realtà. Si veda a titolo esemplificativo l’articolo di BERAMENDI Justo, Ethnos versus Polis? On Method and Nationalism, in BERAMENDI Justo, MÁIZ Ramón, NUÑEZ SEIXAS José Manuel, Nationalism in Europe. Past and Present: Actas do Congreso Internacional Os Nacionalismos en Europa. Pasado e Presente, Volume II, Santiago de Compostela 1994, p.69-110. Strettamente connessi alla teoria “modernista”, sono gli studi di matrice marxista i quali considerano anch’essi il nazionalismo come una creazione “moderna” legata all’avvento della società industriale e, nella originaria interpretazione marxista-leninista – fortemente ridiscussa da stessi autori marxisti che si sono rifatti all’opera dell’austromarxista Otto BAUER, La questione nazionale, Roma 1999 (Ed.Orig. 1907)–, strumento creato a tavolino dalla borghesia al fine di rifondare su nuove basi l’armonia sociale sconvolta dall’avvento del processo di industrializzazione e dall’emergere della classe operaia. Cfr. LENIN Vladimir Ilić, Collected Works, Moskva 1960-1975 Negli ultimi anni infine, si è affermata una teoria cosiddetta “post-modernista” e legata alla pubblicazione del saggio di ANDERSON Benedict, Comunità immaginate: origini e diffusione dei nazionalismi, Roma 1996. A tal riguardo e per unos sguardo di insieme si veda SMITH Anthony D., Gastronomy or geology? The role of nationalism in the reconstruction of nations, in Nations and Nationalism, Issue 1, N. 1, London 1994, p.3-23.

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La conclusione a cui giungiamo è che il termine nazionalismo deve essere maneggiato con cura e frequentemente lo si tenderà ad usare in modo improprio; d’altronde esso è un contenitore non esclusivamente politico, ma anche ideologico, sociale e culturale.

Il nazionalismo basco, ad esempio, non può essere ridotto a semplice movimento politico, ma rappresenta un insieme di idee, pratiche, individui, gruppi più o meno organizzati, e che per la loro eterogeneità non rappresentavano un unicum omogeneo. La storiografia ha mostrato che l’estrema eterogeneità del movimento rappresentò la principale ricchezza del nazionalismo basco, il quale, dall’essere una minoritaria opzione politica, divenne, in maniera marcata negli anni della Seconda Repubblica, un movimento di massa in grado di attrarre una vasta gamma di attori sociali. Come hanno osservato Santiago De Pablo e Ludger Mees, il nazionalismo basco riuscì nel corso degli anni trenta a costituire una “comunidad suprapolítica, que vinculaba a sus miembros por una eficiente red de intercomunicación formal e informal, un determinado sistema de creencias compartidas y la fuerza cohesiva de una actuación reivindicativa”6.

Il nazionalismo basco, piuttosto che come mero movimento politico, si sviluppò come ampio movimento sociale in grado, attraverso una serie di organizzazioni collaterali al partito7, di attrarre una consistente fetta della popolazione autoctona, che molto probabilmente avrebbe difficilmente abbracciato la fede nazionalista in presenza del solo partito. Come ha scritto Mikel Aizpuru la diffusione del nazionalismo presso la società basca si raggiunse attraverso una fitta rete di Batzokis8, i quali, nati come semplici centri di aggregazione e di socializzazione dove “las actividades estrictamente políticas estaban sumergidas en un mar de actos culturales, deportivos y festivos”, svolsero un ruolo di primo piano nel permettere che “muchas personas se aproximasen al nacionalismo de forma indirecta”9. Per utilizzare lo schema interpretativo formulato da Miroslav Hroch nel suo importante studio sui nazionalismi privi di Stato dell’Europa centro-orientale, il nazionalismo basco entrò negli anni della II Repubblica nella “fase C”, la quale presuppone la trasformazione del movimento nazionalista in un movimento di massa in grado di attrarre la totalità della società a cui esso si indirizza al di là delle eventuali differenze di ceto o classe10. D’altronde il medesimo leader nazionalista José Antonio Aguirre, primo lehendakari, scriveva acutamente nel 1933, riferendosi alle aspirazioni del partito, che “el PNV no es un partido político cualquiera […]; es la patria vasca en marcha”. Di fatto il partito aspirava ad occupare l’intera società autoctona sovrapponendosi ad essa e candidandosi ad essere la guida politica di un futuro Stato basco. Sempre Aguirre affermava, in un discorso durante il secondo Aberri Eguna nel 1933, che “hoy podemos decir que el Gobierno provisional de nuestra patria es el Partido Nacionalista Vasco, que viene preparándose ya para las funciones de gobierno y para asumir, en su momento dado, la soberanía del pueblo”11.

Assodato il ruolo basilare del PNV nel processo di costituzione del futuro Stato basco, è tuttavia importante sottolineare l’indispensabile ausilio delle sue organizzazioni collaterali che, come già accennato, avevano il compito di estendere il movimento nazionalista all’interno della società basca al fine di portare a compimento il sogno interclassista che l’ideologia nazionalista aveva assunto sin dalle sue origini. Nella

6 PABLO Santiago de, MEES Ludger, Historia social del nacionalismo vasco (1876-1937), in BERAMENDI Justo, MÁIZ Ramón, NUÑEZ SEIXAS José Manuel, Nationalism in Europe. Past and Present: Actas do Congreso Internacional Os Nacionalismos en Europa. Pasado e Presente, Volume II, Santiago de Compostela 1994, p.248. 7 “Desde la Restauración y, sobre todo, la República, el PNV se configura, más que como un partido en sentido estricto, como un movimiento social amplio por reunir las dos características principales de todo movimiento social, a saber: una eficaz red de comunicación, que vincula a sus adherentes con lazos políticos y extrapolíticos a través de múltiples organismos de muy diversa índole, y un sistema de creencias compartidas: catolicismo, vasquismo, anti-socialismo [...]. En suma, antes de la guerra civil el PNV era ya una microsociedad, que se ofrecía como un modelo a seguir por el conjunto de la sociedad vasca”. GRANJA SAINZ José Luis de la, El nacionalismo vasco: un siglo de historia, Madrid 1995, p.150. 8 Nel 1894, un anno prima della nascita ufficiale del PNV, Sabino Arana fondò a Bilbao il primo Euzkeldun Batzokija, sorta di centro sociale e luogo di ritrovo e di riunione dei nazionalisti baschi. Sebbene chiuso dalle autorità l’anno seguente, esso rappresentò il momento di nascita di una istituzione sociale e politica che ebbe un largo successo negli anni successivi. In tutto il territorio basco infatti, fiorirono tali istituzioni, denominate batzokis, e rappresentarono uno degli strumenti più efficaci di socializzazione e di diffusione del nazionalismo all’interno della società basca. Essi adempirono a tre funzioni principali: quella politica e propagandistica, quella educativa e quella ricreativa. 9 Cfr. AIZPURU Mikel, Las bases sociales del nacionalismo vasco, in VV.AA., Los Nacionalistas. Historia del nacionalismo vasco. 1876-1960, Vitoria-Gazteiz 1995. 10 La “fase C” definita da Hroch come “the rise of a mass national movement” rappresenta, seguendo lo schema interpretativo dello studioso ceco, l’ultimo stadio evolutivo di un movimento nazionalista privo di uno Stato. In effetti “we meet with a situation in which national consciousness has become the concern of the broad masses […] and the national movement has a firm organizational structure extending over the whole territory”. HROCH Miroslav, Social Preconditions of National Revival in Europe, Cambridge 1985. 11 Citato in GRANJA SAINZ José Luis de la, El nacionalismo vasco: un siglo de historia, Madrid 1995, p.150.

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stessa esposizione aranista12, le caratteristiche basilari della società basca tradizionale, mutate all’indomani dell’annessione delle province basche allo Stato spagnolo13, erano quelle di una società priva di classi in cui vigeva una sorta di egualitarismo primordiale; così si espresse nell’opera teatrale Libe, da lui stesso scritta: “nuestras familias, todas iguales: nunca el dinero sea entre nosotros pedestal que levante a unos sobre los demás”14. Tale idea, profondamente radicata nella ideologia nazionalista, rappresentò, come vedremo in seguito, da una parte un freno, e dall’altra un alibi, nella definizione, o forse sarebbe meglio dire nella indefinitezza, delle politiche sociali del PNV; quest’ultimo, guidato da una visione fortemente retrograda e tradizionalista, nel considerare l’indipendenza quale soluzione di ogni problema, non adottò mai programmi specifici indirizzati alla risoluzione della questione sociale e tanto meno si preoccupò del modo con cui rapportarsi alle classi lavoratrici autoctone. Tale tendenza mutò durante la Seconda Repubblica, in quanto il partito si adeguò, seppur lentamente, alle nuove esigenze, ed alla nuova linea politica adottata dal sindacato ELA a partire dal 1929 e soprattutto successivamente nel citato Congresso di Vitoria del 1933. Per questo motivo lo studio del sindacalismo nazionalista, e della sua evoluzione “repubblicana”, risulta essere di estrema importanza al fine di portare a compimento uno degli obiettivi primari della nostra ricerca, ovvero l’analisi dei rapporti fra nazionalismo e classi lavoratrici, nonché l’individuazione delle concrete politiche che il movimento nazionalista, nei due ambiti, politico e sindacale, adottò nei confronti della questione sociale.

II

LA NASCITA DEL SINDACATO NAZIONALISTA

SOLIDARIDAD DE OBREROS VASCOS

La creazione di un sindacato di riferimento fu un’esigenza avvertita molto tardi da parte del movimento nazionalista e le motivazioni di tale ritardo possono essere imputate, come si è in parte accennato precedentemente, alla natura stessa dell’ideologia forgiata da Sabino Arana.

In effetti, l’idea stessa secondo cui il raggiungimento dell’indipendenza avrebbe restaurato gli antichi assetti su cui si fondava la tradizionale società basca, e con essi pertanto si sarebbe recuperato il mitico egualitarismo di cui si vantavano nei tempi passati le province vascongadas, contribuì a porre in secondo piano problemi quali la questione sociale, visti come contingenti e frutto dei deprecati tempi moderni. L’ideologia aranista, fortemente legata ad una visione retrograda e reazionaria della realtà socio-economica preindustriale, agognava il ritorno ad una idealizzata società basca dominata dall’eguaglianza e dalla pace sociale, ed in cui non esistevano grandi differenze di ceto o classe. L’indipendenza avrebbe pertanto

12 Sabino Arana, considerato il fondatore del nazionalismo basco, contribuì attraverso le sue opere a tracciare le linee guida della ideologia nazionalista. Tuttavia non si limitò esclusivamente ad un lavoro di sistemazione dottrinale e teorica, ma fu anche il propugnatore della costruzione del Partido Nacionalista Vasco, il 31 luglio del 1895 (tale data è considerata come la nascita ufficiale del PNV in seguito alla creazione del primo Bizkai Buru Batzar). La permanenza della ideologia sabiniana è riscontrabile, a titolo esemplificativo, nel primo Manifesto organico del PNV, adottato nel dicembre del 1906 dall’Assemblea di Bilbao, quando Sabino Arana era già morto. Cosicché i cardini del pensiero nazionalista erano ancora: la purezza razziale (“el Nacionalismo Vasco aspira a purificar y vigorizar la raza [...] y a purificar y esclarecer la Tradición del Pueblo vasco”); l’integralismo cattolico (“que el Pueblo vasco siga, fervorosamente, las enseñanzas de la Iglesia Católica, Apostólica, Romana, [...] con exclusión absoluta de toda doctrina condenada por la Iglesia Católica”); il tradizionalismo (“que vuelvan a imperar los buenos usos y costumbres olvidados [...] combatiendo los exóticos y perjudiciales”); la restaurazione forale come conditio sine quan non (“el Partido Nacionalista Vasco quiere la restauración completa en Araba, Gipuzkoa, Nabarra, Bizkaya, Laburdi y Zuberoa, de sus antiguas leyes fundamentales y el restablecimiento de sus Juntas Generales o Cortes legisladoras y de todos los organismos de Gobierno y Administración de aquellos derivados. [...] pretende, especialmente, la derogación [...] de la Ley de 25 de octubre de 1839”); ed infine la vigenza del motto Jaungoikua eta Lagi-Zarra (“el Partido Nacionalista Vasco [...] adopta el lema formado por el gran patriota Arana-Goiri’tar Sabin, que en euzkera se expresa diciendo ‘Jaun-Goikua eta Lagi-Zarra’”). Riportato in Aberri, 15 dicembre 1906, Bilbao. 13 Secondo Sabino Arana l’indipendenza basca fu persa con la promulgazione della Legge del 25 ottobre del 1839 (“se confirman los fueros de las Provincias Vascongadas y Navarra, sin perjuicio de la unidad constitucional de la Monarquía”) che sancì la fine della guerra carlista e con essa la trasformazione dei fueros, sino ad allora garanzia della indipendenza delle province vascongadas, in fueritos, ovvero non più in un diritto inalienabile del popolo basco alla propria sovranità, ma in una sorta di diritto che la Monarchia spagnola concedeva alle suddette province. [Cfr. ARANA Sabino, La ley del 76, Baserritarra, 1897, Bilbao]. Ed ancora “En esa fecha, como se ve, el año 39 cayó Bizcaya definitivamente bajo el poder de España. Nuestra Patria Bizkaya, de nación independiente que era, con poder y derecho propios, pasó a ser en esa fecha una provincia española, una parte de la nación más abyecta de Europa”. [Bizkaitarra, 31 ottobre 1894, Bilbao] 14 ARANA Sabino, Libe (1903), in Obras Completas, Bayona - Buenos Aires 1965, p.2014-2037.

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ristabilito gli antichi assetti sociali portando a compimento una delle aspirazioni principali del movimento nazionalista: la creazione di una società interclassista – caratteristica stessa secondo la quale tentò di strutturarsi il movimento nazionalista – o per meglio dire una società in cui risultassero abbattute le barriere fra le classi. La realizzazione di tale obiettivo, raggiungibile soltanto attraverso l’indipendenza di Vizcaya, Guipúzcoa, Alava e Navarra, avrebbe pertanto risolto la spinosa questione sociale15.

Per questo motivo Sabino Arana, pur conscio della condizione in cui erano costretti a vivere i lavoratori baschi – “todos sabemos que hoy el pobre es inhumanamente explotado y tratado como bestia por industriales y comerciantes, mineros y proprietarios”16 – li esortava ad abbandonare qualsiasi lotta contingente, al fine di combattere esclusivamente per il conseguimento dell’indipendenza, unica via attraverso cui sarebbe passato il loro riscatto nazionale e sociale. Non il socialismo, in quegli anni in forte ascesa fra le classi lavoratrici della regione, ma il nazionalismo avrebbe redento il proletariato autoctono17 attraverso il recupero dell’antica armonia interclassista; così si espresse Arana riferendosi alla crescita del socialismo e alla sua forza presso i lavoratori baschi: “Lo que es extraño es que haya un solo obrero euskeriano entre los socialistas. Porque si realmente aspira a destruir la tiranía burgués y a reconquistar sus derechos de hombre y de ciudadano, que hoy se le niegan o, cuando menos, se le merman notablemente, ¿dónde mejor que en la realización del nacionalismo que es la doctrina de sus antepasados, la doctrina de su sangre, podrá conseguirlo? [...] Pero déjense de los socialistas, que son anticristianas y antivaskongadas. Que para que la justicia social e igualdad se realicen en la sociedad bizkaína no es preciso recurrir al socialismo, que no podría conseguirlas. Esos sagrados nombres están indeleblemente esculpidos en la historia de nuestra raza, en las doctrinas de nuestros padres, en la bandera nacionalista”18.

Il nazionalismo pertanto, dottrina delle radici e della tradizione, rappresenta l’unica possibile soluzione, sia per arginare l’avanzare implacabile del socialismo, sia per risolvere i mali insiti nella società capitalista. A tal proposito, nei suoi primissimi scritti, Sabino Arana fu violentemente anticapitalista19, in quanto imputava agli industriali locali lo stravolgimento della società basca tradizionale e la nascita dei problemi moderni che attanagliavano le province vascongadas, ed in particolare Vizcaya. Così, nell’ottica aranista, il processo di industrializzazione aveva contribuito da un lato allo smantellamento degli assetti sociali precedenti, e dall’altro ad attrarre in Euskadi una ingente e crescente quantità di manodopera “straniera” , ovvero di lavoratori provenienti da altre regioni spagnole economicamente più depresse. Al di là del virulento e spesso gratuito antimaketismo di cui furono oggetto tali lavoratori, ad essi Arana imputò sin dal principio la corruzione dei costumi e delle tradizioni locali: essi portarono in Vasconia “la impiedad, toda clase de inmoralidad, la blasfemia, el crimen, el librepensamiento, la incredulidad, el socialismo, el anarquismo”20, corrompendo pertanto il popolo basco e contribuendo all’allontanamento di quest’ultimo dai 15 L’emergere della questione sociale nei Paesi Baschi è legata principalmente al processo di industrializzazione che coinvolse in misura maggiore Vizcaya e Guipúzcoa, tuttavia in tempi e modi differenti – Alava e Navarra rimasero zono prevalentemente rurali. Cosicché l’industrializzazione della Vizcaya fu un processo molto precoce – ultimi decenni del XIX secolo – e si caratterizzò per il ruolo svolto dalla industria mineraria e da quella siderurgica e metallurgica: essa creò grandi centri industriali localizzati principalmente intorno a Bilbao e si caratterizzò per il trionfo del “gigantismo” industriale. Al contrario l’industrializzazione guipuzcoana fu più tardiva – inizio del XX secolo – e non adottò le caratteristiche della sua vicina, piuttosto predominò la media e piccola industria dispersa sul territorio e fortemente specializzata. Cfr. GONZÁLEZ PORTILLA Manuel, La formación de la sociedad capitalista en el País Vasco, (1876-1913), 2 volumi, San Sebastián 1981. 16 ARANA Sabino, Las pasadas elecciones, in Baserritarra, n.5, 30 maggio 1897. 17 Naturalmente il messaggio aranista e nazionalista era rivolto esclusivamente al proletariato oriundo e non alla consistente fetta di lavoratori stranieri, provenienti in gran parte dalle regioni spagnole più depresse. Questi ultimi rappresentavano nell’ideologia nazionalista, in un’ottica spiccatamente razzista – antimaketismo – un elemento estraneo che, frutto dell’impetuoso sviluppo industriale – inizialmente fortemente osteggiato e stigmatizzato come sciagura che aveva spazzato via la antica società basca (anticapitalismo) –, aveva contribuito alla diffusione del germe socialista all’interno della società autoctona. Sul socialismo come ideologia estranea alla tradizione e alla storia basca, nel pensiero di Sabino Arana, si veda LARRONDE Jean-Claude, El nacionalismo vasco: su origen y su ideología en la obra de Sabino Arana-Goiri, San Sebastián-Donostia 1977, p.254-255. 18 ARANA Sabino, Las pasadas elecciones, in Baserritarra, n.5, 30 maggio 1897. 19 L’anticapitalismo rappresentò sempre un tratto peculiare dell’ideologia nazionalista, anche all’indomani della conosciuta evolución industrialista di Sabino Arana, che si concretizzò nel 1898 con l’entrata dell’imprenditore navale Ramón de la Sota e del gruppo euskalerriaco nel PNV. Da questo momento in poi il virulento anticapitalismo fu sostituito da un entusiastico elogio nei confronti dell’industrializzazione vizcaína, che divenne un ulteriore tratto distintivo della singolarità del popolo basco rispetto al resto degli spagnoli; a ciò si aggiunga la constatazione che l’appoggio del capitale locale avrebbe rappresentato un utile supporto politico e finanziario per la causa nazionalista. Così si esprimeva lo stesso Arana nel 1901, “Bilbao es el plantel de las riquezas vascas, y cuando aprenda a invertir el oro, será el plantel de la cultura vasca”, in GRANJA, José Luis de la, BERAMENDI Justo, ANGUERA Pere, La España de los nacionalismos y las autonomías, Madrid 2001, p.87. Per quanto concerne la citata evolución industrialista, si veda SOLOZÁBAL, J.J., El primer nacionalismo vasco. Industrialismo y conciencia nacional, Madrid 1975. 20 ARANA Sabino, Las pasadas elecciones, in Bizkaitarra, n.19, 20 gennaio 1895.

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sacri precetti che reggevano la antica società euskariana, e che erano riassumibili nello slogan per eccellenza del nazionalismo basco, Jaungoikoua eta Lagizarra21.

La conseguenza principale della sopravvivenza dei postulati ideologici sopra citati, provocò una quasi totale assenza, all’interno del movimento nazionalista basco, di politiche contingenti nei confronti della questione sociale; tale situazione perdurò di fatto dalla fondazione del PNV nel 1895 sino alla nascita del sindacato Solidaridad de Obreros Vascos nel 1911.

Tuttavia è bene ricordare che il primo esponente nazionalista a prospettare la nascita di un eventuale sindacato nazionalista fu proprio Sabino Arana, conscio di fatto, nonostante i proclami ideologici, che la questione sociale non era un problema di piccola entità, e soprattutto convinto della necessità di attirare tra le fila nazionalista anche le classi lavoratrici, in ossequio ad una sorta di aspirazione “totalitaria” che tutti i movimenti nazionalisti coltivano – a parte rare eccezioni tipiche dei Paesi “terzomondisti”, in cui divisioni sociali divisioni nazionali hanno coinciso – e che si concretizza nella volontà di radicarsi presso la totalità della società autoctona. Il messaggio nazionalista, come in parte abbiamo accennato precedentemente, non si dirige ad un’unica classe sociale, ma è di per sé un messaggio interclassista. Mikel Aizpuru ha annotato che “el nacionalismo, por definición, ha buscado una base amplia, rechazando las clases y divisiones y subrayando la unión de todos los nacionalistas contra la dominación extranjera. Esta identificación, además, daba a dicho movimiento un carácter democrático, en la medida que acercaba la posición de los distintos grupos sociales. El nacionalismo no ha sido jamás patrimonio exclusivo de una única clase, sino que implica la cooperación de formaciones diversas e, incluso, antagónicas”22.

Naturalmente la vocazione interclassista è estremamente difficile da realizzarsi e pertanto nella gran parte dei casi sarà solo una parte della società a costituire il nucleo primigenio presso cui attecchirà il nazionalismo. Cosicché la sua diffusione presso la totalità della società è un processo la cui durata può essere più o meno lunga. D’altronde come ha sottolineato Miroslav Hroch23, non esistono classi maggiormente disposte ad essere culla di un movimento nazionalista, ed i vari casi nazionali da lui analizzati mostrano la veridicità di tale asserzione. Cosicché la tesi marxista che considera il nazionalismo un fenomeno eminentemente borghese non è applicabile ai movimenti nazionalisti dei non-dominant ethnic groups, ma risulta valida, con le dovute sfumature, soltanto nel caso dei movimenti nazionali delle grandi nazioni storiche europee, quali, per esempio, Francia e Inghilterra. A ciò si aggiunga la specificità dei nazionalismi privi di Stato, in cui, molto spesso, la borghesia, ed in particolare quella capitalista, era profondamente radicata nello Stato “oppressore” e di fatto aveva edificato le proprie fortune sul mercato statale; di qui le difficoltà incontrate dall’alta borghesia, nei vari casi

21 “Dio e Legge Antica (Tradizione)”. Tale motto, coniato da Sabino Arana rappresentava l’essenza stessa dell’ideologia nazionalista attraverso l’esaltazione di due valori supremi: da una parte, il cattolicesimo, e dall’altra, la tradizione, intesa come nostalgico ritorno al passato e alle antiche leggi che reggevano la antica società basca. Nel secondo capitolo del Proyecto de Reglamento del Euskeldun Batzokija, scritto da Arana nel 1890 ed approvato dall’Assemblea Generale del medesimo Batzokija il 15 luglio del 1894, si legge: “Artículo 3. JAUNGOIKOUA – Bizkaya será católica-apostólica-romana en todas las manifestaciones de su vida interna y en sus relaciones con los demás pueblos. Artículo 4. LAGIZARRA – Bizkaya se reconstituirá libremente. Restablecerá en toda su integridad lo esencial de sus leyes tradicionales llamadas ‘Fueros’. Restaurará los buenos usos y las buenas costumbres de nuestros mayores. [...]” Riportato in LARRONDE Jean-Claude, op.cit. , San Sebastián-Donostia 1977, p.390-391. 22 La democrazia che il nazionalismo vorrebbe raggiungere, e che deriva dal carattere interclassista del messaggio nazionalista, oltre che dal destinatario a cui tale messaggio è indirizzato, è però, a mio modo di vedere, del tutto effimera e falsa. Infatti il carattere includente che è tipico del nazionalismo e che risulta esaltato dal citato interclassismo, si accompagna ad uno spiccato atteggiamento escludente, ed anzi ne è diretta conseguenza. Lo stesso Aizpuru parla di una unione di tutti i nazionalisti contra una dominazione straniera. E tale discorso è in effetti applicabile a tutte le identità, che si definiscono, oltre che nei tratti comuni, anche nelle differenze da tutto ciò che è estraneo ad esse; d’altronde le analisi dei movimenti nazionalisti hanno mostrato la maggior forza coesiva che il carattere escludente riveste rispetto a quello includente, il quale è più difficilmente attivabile. D’altronde definirsi “in negativo”, ovvero in opposizione ad una o più identità preesistenti, e in alcuni casi dominanti – come nel caso Euskadi-Spagna –, è decisamente più semplice che definirsi autonomamente in base esclusivamente ai tratti comuni della società locale. In effetti, la coesione che si raggiunge attraverso quest’ultima via è molto più instabile poiché essa presuppone un progetto “nazionale” proiettato nel futuro; in tal caso il movimento nazionalista si trova a fare i conti con le inevitabili fratture sociali, politiche ed economiche, che sconvolgono qualsiasi società capitalista, e si possono dare casi in cui il medesimo movimento si spezza lungo le citate linee di frattura causando l’emergere di progetti nazionali differenti e spesso anche contrastanti. A titolo esemplificativo, è evidente che, nella Catalogna repubblicana, il progetto nazionale della catalanista e borghese Lliga, fosse alquanto differente rispetto al progetto che guidava le politiche della democratica e popolare Esquerra Republicana de Catalunya di Lluis Companys. Ciò che pertanto vogliamo affermare è che la convergenza democratica che si realizza in un nazionalismo escludente è effimera, contingente, funzionale ad un determinato obiettivo, e poco durevole. Infatti l’eventuale raggiungimento dell’indipendenza nazionale presuppone il riemergere delle differenze sociali, sino a quel momento, o messe da parte, od addirittura del tutto soffocate dall’unione nazionale forgiatasi nella lotta contro l’estraneo oppressore. 23 Cfr. HROCH Miroslav, Op.cit., Cambridge 1985.

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nazionali, incluso quello basco, nell’abbracciare le cause nazionaliste. Più facile era invece un coinvolgimento della piccola e media borghesia, dalle professioni liberali che spesso costituivano il nucleo duro del nazionalismo – secondo Hroch presente anche nella cosiddetta “fase B” –, ad artigiani e commercianti.

Il caso basco mostra infatti una prima diffusione della dottrina nazionalista presso la piccola e media borghesia cittadina24; successivamente però, esso riuscì ad estendere il proprio raggio d’azione anche ad altri settori sociali, sia verso l’alto – con l’entrata degli euskalerriacos e dell’alta borghesia personificata da Ramón de la Sota25 –, sia verso il basso, come dimostrano importanti studi che hanno analizzato le basi sociali del nazionalismo negli anni della Restaurazione26.

Pertanto, come si accennava prima, fu lo stesso Arana a proporre la creazione di un sindacato nazionalista; conscio della difficoltà per il PNV di attrarre gli strati popolari della popolazione autoctona in un partito di fatto guidato da elementi borghesi, propose la creazione di un soggetto autonomo per i lavoratori nazionalisti, che potesse così raggiungere un duplice obiettivo: in primo luogo, coinvolgere anche i ceti popolari nella causa nazionalista, ed in secondo luogo, creare un organismo che fosse in grado di tutelare la classe operaia autoctona garantendo così la salvaguardia della pace sociale, il miglioramento delle condizioni di vita operaie e di rappresentare un freno all’espansione del socialismo della Unión General de Trabajadores. Nel 1897 si rivolgeva ai lavoratori baschi scrivendo: “que si aún del partido nacionalista se recela, y se teme que haya en su seno diferencias entre burgueses y proletarios, entre capitalistas y obreros, ¿por qué los obreros euskerianos no se asocian entre sí separándose completamente de los maketos y excluyéndolos en absoluto, para combatir esa opresión burguesa de que tan justamente se quejan? ¿No comprenden tal vez que, si odiosa es la dominación burguesa, es más odiosa aún la dominación maketa? No ven que, rechazada la dominación burguesa, aún quedaríamos los euskerianos, con el socialismo, sujetos a la dominación maketa, mientras que, salvados de ésta, Euzkeria o al menos Bizcaya, sería también salva de la dominación burguesa, que está esencialmente reñida con la constitución social de los siglos de su

24 La storiografia contemporanea, a tal riguardo, è largamente concorde nell’affermare che il nazionalismo basco fu l’espressione politica in grado di canalizzare le reazioni delle classi medie e piccoloborghesi alla crescente industrializzazione della provincia vizcaína e alle conseguenze nefaste che quest’ultima comportò, dalla crisi delle tradizionali gerarchie alla perdita di potere della religione cattolica passando per l’emergere dei conflitti sociali tipici di una società capitalistica. In effetti l’avvento della seconda rivoluzione industriale con la crescita abnorme dei settori minerario e sidero-metallurgico creò le condizioni ideali affinché sorgesse soprattutto tra le citate classi medie e piccolo-borghesi una reazione culturale e politica ai fenomeni prodotti da tale industrializzazione. La perdita del protagonismo politico ed economico, insieme alla progressiva distruzione della cultura autoctona e l’emergere di una classe operaia sempre più rivendicativa e affiliata al socialismo, furono i motori principali che favorirono la reazione nazionalista. Eric J. Hobsbawm nel suo importante lavoro Nazioni e Nazionalismi dal 1780 ha evidenziato che il grande successo del fenomeno “nazionalismo” tra gli anni 1870 e 1914 fu anche conseguenza più o meno diretta di profondi cambiamenti sociali e politici allora in atto. In particolare per quanto riguarda l’ambito sociale, lo studioso britannico ha individuato tre elementi decisivi e determinanti nel processo di formazione e consolidamento dei nazionalismi: “la resistenza di gruppi tradizionali minacciati di scomparsa in seguito all’incipiente modernità; classi e strati sociali di tipo nuovo e non tradizionali in rapida crescita in seno alle società in via di urbanizzazione dei paesi sviluppati; migrazioni di massa senza precedenti”. [HOBSBAWM Eric J., Nazioni e nazionalismi dal 1780, Torino 2002 (ed. orig. 1990), p.127]. In un importantissimo studio sul nazionalismo basco e sulle sue origini, lo storico e costituzionalista Javier Corcuera Atienza [CORCUERA Javier, Orígenes, ideología y organización del nacionalismo vasco (1876-1904), Madrid 1979] individuò nelle particolari condizioni socioeconomiche delle province basche – ed in particolare della Vizcaya – la ragione basilare che rese possibile la nascita del movimento nazionalista basco. Questi fattori contribuirono a che il nazionalismo si presentasse come forza politica rappresentativa degli interessi e delle preoccupazioni di quei settori sociali che maggiormente avevano patito il passaggio dall’antica società preindustriale alla nuova e dinamica società capitalista vizcaina e guipuzcoana. Tali settori, principalmente le classi medie e piccolo-borghesi, per reazione nei confronti di questa nuova realtà industrializzata, individuarono nella società rurale l’ultimo baluardo della tradizione in cui era conservata l’autentica coscienza nazionale basca, e provvide alla sua idealizzazione. Già Miguel de Unamuno scriveva, nelle pagine del quotidiano El Heraldo de Madrid, che “las raices del movimiento son de carácter económico, radicando en el desarollo industrial de la región minera” [Citato in ELORZA Antonio, De los Fueros a la Dictadura, Historia 16, Extra V, Madrid, Aprile 1978, p.91]. Per un approfondimento su tale tesi, oltre al citato testo di Corcuera, cfr. LARRONDE Jean-Claude, El nacionalismo vasco: su origen y su ideología en la obra de Sabino Arana-Goiri, San Sebastián-Donostia 1977; ELORZA Antonio, Ideologías del nacionalismo vasco, 1876-1937, San Sebastián, 1978; DE PABLO Santiago,MEES Ludger, RODRÍGUEZ RANZ José Antonio, El péndulo patriótico. Historia del Partido Nacionalista Vasco, Tomo I: (1895-1936), Barcelona 1999. 25 Cfr. nota 15. 26 Cfr. MEES Ludger, Entre nación y clase : el nacionalismo vasco y su base social en perspectiva comparativa, Bilbao 1991; MEES Ludger, Nacionalismo vasco, movimiento obrero y cuestión social (1903-1923), Bilbao 1992; nonchè PABLO Santiago de, MEES Ludger, Op.cit., Santiago de Compostela 1994.

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libertad? Sepáranse de los maketos, asóciense entre sí enfrente del despotismo burgués y así trabajarán a un tiempo para derrocar una y otra dominación”27. Tale scritto mostra che, nonostante il proposito aranista di costituire un sindacato nazionalista, la questione sociale rimaneva tuttavia in posizione marginale rispetto a quella nazionale; il progetto sindacale fu accantonato e le problematiche sociali non trovarono spazio nell’agenda politica del PNV. La situazione mutò nel 1910, allorquando l’originaria proposta di Arana riacquistò una propria centralità nell’ambito della politica nazionalista. D’altronde, come ha evidenziato Ludger Mees, “queda patente el conflicto de intereses en un partido interclasista que no podía hacer caso únicamente a las demandas de un determinado grupo de presión interior [n.a. in riferimento agli “euskalerriacos” di Ramón de la Sota], por muy importante que éste fuera, sino que también tenía que reaccionar ante los problemas de sus bases, pertenecientes a las capas sociales medias y bajas”28.

Ma quali furono le cause che nel giugno del 1911 trasformarono il progetto in realtà? A tal riguardo vi sono state differenti interpretazioni in quanto tale processo rispose a motivazioni molteplici.

L’incremento esplosivo della conflittualità sociale, soprattutto con lo sciopero del 190629 e successivamente con lo sciopero ancor più eclatante del Sindacato minerario nel settembre del 191030, fu percepito non a torto come la diretta conseguenza della crescita del socialismo e soprattutto della UGT tra le fila della classe operaia vizcaína e guipuzcoana, la quale era d’altronde formata per una buona parte da immigrati provenienti da altre regioni spagnole. A tale situazione il nazionalismo basco dovette far fronte e per questo decise di fondare una organizzazione sindacale in grado di arrestare la diffusione del sindacalismo socialista presso le classi lavoratrici autoctone. Pertanto la SOV sorse, secondo questa che è l’interpretazione classica, in funzione antisocialista ed al fine di arginare il conflitto sociale31.

Confermando la validità di tale interpretazione è utile però enumerare altre motivazioni che hanno ispirato la creazione della SOV:

- in primis, la aspirazione nazionalista a conquistare l’intera società basca, classe operaia inclusa; - in secondo luogo, il nazionalismo cercò di occupare lo spazio politico e sindacale che in quel

momento occupavano i sindacati cattolici di fatto affini ideologicamente al PNV, ma disuniti e spesso legati più ad un ambito nazionale spagnolo che regionale basco;

- infine, la SOV avrebbe dovuto garantire “la defensa material y moral de los afiliados, procurando hallar empleo a todos los asociados y estableciendo diversas clases de socorros”32. In pratica avrebbe dovuto fungere da associazione di mutuo soccorso più che da sindacato di tipo rivendicativo, in questo pertanto più simile ai sindacati cattolici che alla UGT o alla CNT.

Non a caso tali motivazioni sono riscontrabili nel lungo dibattito apparso sulle pagine del periodico Bizkaitarra, all’indomani dello sciopero del 1910. Il PNV, infatti, insieme ai Batzokis e ad altre organizzazioni nazionaliste, dovette far fronte alle esigenze dei lavoratori affiliati, i quali, a causa dei sistematici picchettaggi dei militanti socialisti, non poterono recarsi ai loro posti di lavoro. Dalle pagine del citato periodico partì un duro attacco ai padrones, i quali, rei di aver tutelato i lavoratori immigrati a discapito dei lavoratori autoctoni, avevano così contribuito a spargere all’interno della società basca il seme 27 ARANA Sabino, Las pasadas elecciones, in Baserritarra, n.5, 30 maggio 1897. 28 MEES Ludger, Entre nación y clase..., Bilbao 1991, p.58. 29 Tale sciopero generale proclamato a Bilbao tra la fine dell’agosto e l’inizio del settembre del 1906, che mostrò la forza acquisita dal movimento operaio e dalla UGT, scosse profondamente il nazionalismo basco, suscitando una breve ripresa dei temi sociali. Appena tre giorni dopo la fine dello sciopero, l’8 settembre 1906, sul settimanale Aberri, veniva pubblicata una breve nota in cui si sosteneva con forza la necessità di una organizzazione nazionalista che riunisse i lavoratori baschi al fine di sottrarli all’influenza del socialismo: “Federación de Obreros Vascos. Por algunos obreros vascos se ha iniciado la idea de la formación de una federación encaminada a defenderse, sobre todo, de las exigencias, atropellos e inquidades del socialismo. Celebraríamos que la idea tomara cuerpo, pues con ello ganarían mucho los intereses morales y materiales de nuestros obreros”. Tale nota illustra perfettamente le reali esigenze del nazionalismo ed i suoi propositi, almeno intorno al 1906: fermare il socialismo e salvaguardare la pace sociale. Al contrario non sussisteva ancora un compiuto progetto sindacale. Come ha scritto il sacerdote solidario Don Policarpo de Larrañaga: Aberri, pur dimostrando una inedita sensibilità nei confronti della questione sociale, “no avanzaba más en proponer soluciones u organismo adecuados para la realización de las aspiraciones y reformas debidas. Casi todos los artículos vienen a proclamar que el nacionalismo resolverá el problema social con la implantación de la libertad política de Euzkadi”. LARRAÑAGA Policarpo de, Contribución a la historia obrera de Euskalherria, San Sebastián-Donostia 1977, Vol.II, p.32. 30 Lo sciopero generale del luglio del 1910, che, partito dal settore minerario, ottenne l’effimera conquista – effimera in quanto disattesa dal padronato – della giornata lavorativa di 9 ore e mezza, contribuì in maniera decisiva alla nascita della SOV l’anno successivo. 31 Si vedano i testi pionieri di GARCÍA VENERO Maximiliano, La Solidaridad de Trabajadores Vascos, in Revista del Trabajo, N.8, Madrid 1964, pp.9-27; e OLÁBARRI Ignacio, Las relaciones laborales en Vizcaya (1890-1936), Durango 1978. 32 Bizkaitarra, 25 febbraio 1911.

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della discordia sociale. L’unica via pertanto, secondo Bizkaitarra, “sólo podría hallarse, hoy por hoy, si la gente adinerada apoyase el proyecto de sociedades de obreros vascos, que ha tempo persegue el partido nacionalista vasco”33. Ed ancora: “Con ocasión de la huelga actual se iba hablando de formar una asociación de obreros vascos que sirva de lazo de unión entre los obreros de este país y de medio para conseguir por las vías legales y procedimientos pacíficos las mejoras que la situación reclama, a la vez que oponer un dique al socialismo y una fuerza que desvirtúe la que suele desarrollar en sus periódicas huelgas. La asociación creemos que podía llevarse a cabo formando núcleos de 20, 30 o 40 obreros que se ofreciesen a los patronos a trabajar todos juntos o ninguno, y separados de los demás bien a jornal fijo o a destajo”34.

In quest’ultimo stralcio è riassunta l’essenza stessa di quella che divenne l’anno successivo Solidaridad de Obreros Vascos: la solidarietà nazionale e l’esclusione dei lavoratori immigrati, il rispetto assoluto della legalità vigente e della pace sociale anche a discapito delle reali esigenze dei lavoratori, la ferrea opposizione al socialismo e agli scioperi da questo promossi, ed infine la cooperazione aperta con i datori di lavoro al fine di creare una comunanza di interessi fra padroni e operai. Quest’ultimo atteggiamento rispondeva alla medesima concezione ideologica nazionalista rispetto ai rapporti sociali, oltre che ai precetti cattolico-sociali raccolti nell’enciclica Rerum Novarum promulgata nel maggio 1891 da Papa Leone XIII; tale enciclica non riconosceva la lotta di classe35 e in luogo di essa propugnava la diffusione della giustizia sociale36 raggiungibile attraverso un sistema corporativo in grado di risolvere rapidamente i conflitti fra capitale e lavoro e di provvedere all’emancipazione dei lavoratori stessi37. Cosicché, il 23 luglio del 1911, aveva luogo la fondazione di Solidaridad de Obreros Vascos38, sindacato nazionalista che si dava i seguenti obiettivi: “conseguir el mayor bienestar social de los obreros vascos mediante una instrucción prácticamente eficaz que cultive sus inteligencias y eduque sus voluntades, inclinándoles al más fiel y celoso cumplimiento de sus deberes como obreros y como vascos; fomente entre ellos un un vigoroso impulso de mutua y preferente protección y socorro con conciencia de las legítimas aspiraciones del trabajo en la producción, haga defensa de ellos por cuantos medios sea compatibles con la legalidad, hasta verlos realizados, modelando todos sus actos en los principios de la moral católica39”. Il mutualismo veniva esaltato in quanto si prevedeva la formazione di “a) Socorros en caso de enfermedad. b) Socorros en caso de fallecimiento. c) Socorros en caso de paralización forzosa a consecuencia de huelgas o por despidos injustos, cuyas causas no afecten al cumplimiento estricto de los deberes del obrero. d) Oficinas-registro de ofertas y demandas (Bolsa de Trabajo)”. Una certa attenzione era riservata all’educazione ed alla formazione del lavoratore, base per la sua emancipazione sociale.

Da un punto di vista dell’organizzazione interna, si prevedeva la divisione in agrupaciones profesionales40 strutturate in una Federación de Sociedades Obreras Vascas.

Da un punto di vista ideologico SOV si reggeva secondo il motto “Unión Obrera y Fraternidad Vasca”, e seguiva i precetti del cattolicesimo sociale e del nazionalismo basco. L’aspirazione di Solidaridad

33 Riportato in LARRAÑAGA Policarpo de, op.cit., Vol.II, p.37. 34 A los obreros vascos, in Bizkaitarra, 19 settembre 1910. 35 “Nella presente questione, lo scandalo maggiore è questo: supporre una classe sociale nemica naturalmente dell'altra; quasi che la natura abbia fatto i ricchi e i proletari per battagliare tra loro un duello implacabile; cosa tanto contraria alla ragione e alla verità. In vece è verissimo che, come nel corpo umano le varie membra si accordano insieme e formano quell’armonico temperamento che si chiama simmetria, così la natura volle che nel civile consorzio armonizzassero tra loro quelle due classi, e ne risultasse l'equilibrio. L'una ha bisogno assoluto dell'altra: né il capitale può stare senza il lavoro, né il lavoro senza il capitale. La concordia fa la bellezza e l'ordine delle cose, mentre un perpetuo conflitto non può dare che confusione e barbarie. Ora, a comporre il dissidio, anzi a svellerne le stesse radici, il cristianesimo ha una ricchezza di forza meravigliosa”. Tratto dalla Lettera Enciclica di S.S. Leone XIII, Rerum Novarum, Roma 15 maggio 1891. 36 “Innanzi tutto, l'insegnamento cristiano, di cui è interprete e custode la Chiesa, è potentissimo a conciliare e mettere in accordo fra loro i ricchi e i proletari, ricordando agli uni e agli altri i mutui doveri incominciando da quello imposto dalla giustizia. Obblighi di giustizia, quanto al proletario e all'operaio, sono questi: prestare interamente e fedelmente l'opera che liberamente e secondo equità fu pattuita; non recar danno alla roba, né offesa alla persona dei padroni; nella difesa stessa dei propri diritti astenersi da atti violenti, né mai trasformarla in ammutinamento; non mescolarsi con uomini malvagi, promettitori di cose grandi, senza altro frutto che quello di inutili pentimenti e di perdite rovinose. E questi sono i doveri dei capitalisti e dei padroni: non tenere gli operai schiavi; rispettare in essi la dignità della persona umana, nobilitata dal carattere cristiano […]”.Tratto dalla Lettera Enciclica di S.S. Leone XIII, Rerum Novarum, Roma 15 maggio 1891. 37 Quest’ultimo aspetto rappresentò certamente il più controverso, sebbene sostanzialmente, anche negli anni repubblicani di più intenso radicalismo, la Solidaridad non abbandonò mai il progetto corporativo. Esso rappresentava di fatto una sorta di terza via fra capitalismo e socialismo. 38 Figuravano solo 178 affiliati. Bizkaitarra, 28 luglio 1911. 39 LARRAÑAGA Policarpo de, op.cit., Vol.II, p.46-48. Le citazioni successive sono anch’esse tratte da tale volume. 40 Originariamente si prevedevano cinque categorie: “madera; metales; albañiles; carreteros, cargadores y peones; oficios varios”.

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era la riforma del regime sociale capitalista, considerato iniquo, attraverso la morale cristiana ed il trionfo della giustizia sociale, in osservanza però della legislazione vigente e senza turbare la pace sociale. Infine SOV dichiarava la propria indipendenza dalla politica organizzata, incluso il PNV, in quanto quest’ultimo “está integrado por todas las clases sociales, y ‘Solidaridad’ es de obreros y empleados”; inoltre, a dimostrare la propria connotazione classista, prevedeva la possibilità di appoggiare anche rivendicazioni sostenute da altre forze sindacali, incluso marxiste, se considerate giuste per il benessere della classe operaia41. Ciononostante SOV escludeva categoricamente la lotta di classe – sebbene lo sciopero fosse considerato lecito –, cardine invece dei sindacati marxisti ed anarchici, in ossequio alla dottrina social-cristiana propugnata dalla Chiesa cattolica, oltre che in osservanza del principio di armonia sociale che caratterizzava il progetto politico del nazionalismo basco42.

Un programma del genere centrava due obiettivi strategici: in primo luogo, attraverso la creazione del sindacato nazionalista, rispondeva alle aspirazioni delle classi lavoratrici autoctone, le quali, anche se spesso solo nominalmente, da questo momento in poi, potettero contare su di una organizzazione, diversa da quelle socialiste, anarchiche e comuniste, in grado di difendere i loro interessi nelle fabbriche; in secondo luogo, il nazionalismo, potette presentarsi alle classi possidenti come una sorta di diga in grado di arginare, da una parte, le virulente lotte sociali operaie, e dall’altra, frenare l’avanzata del socialismo e dell’estremismo43: in definitiva, esso poté presentarsi come garanzia di pace sociale, ed il PNV come partito d’ordine in grado, attraverso la sua mediazione, di soffocare il conflitto sul nascere per mezzo del diretto controllo, grazie anche all’importante ausilio del nuovo sindacato, di una buona fetta dei lavoratori autoctoni.

Tale idea permeò il movimento nazionalista e su di essa si basarono le politiche sia del partito che del sindacato, sino al principio degli anni venti, allorquando iniziarono ad emergere le prime discrepanze fra la componente politica e quella sindacale del movimento nazionalista44.

Il moderatismo nazionalista si manifestò esplicitamente fra il 1917 ed il 1920, allorquando la grave crisi economica che colpì l’intera classe lavoratrice spagnola, con un forte incremento della disoccupazione, il rincaro dei prezzi ed il parallelo abbassamento dei salari, provocò lunghi scioperi che spesso, come nel luglio-agosto del 1917, furono rivoluzionari.

In tale contesto la posizione di SOV fu sin dal principio di totale estraneità agli scioperi, ed il sindacato nazionalista si limitò ad operare solo a livello mutualistico soccorrendo i propri affiliati costretti a lunghe astensioni dal lavoro45. Lo stesso Engracio de Aranzadi (Kizkitza), grande ideologo del nazionalismo, scrisse, pochi mesi prima dello sciopero rivoluzionario del ’17, ed in seguito ai rivolgimenti sociali del 1916, che il nazionalismo basco rappresentava la migliore garanzia per il mantenimento dell’ordine sociale impedendo che le classi popolari dichiarassero “batalla a las clases adineradas del país […] con haber sapido refrenar los sentimientos lógicos, y harto humanos, que la persecución de los poderosos despertaba en sus afiliados”46.

Pertanto l’atteggiamento del sindacato nazionalista fu, a lungo, del tutto scevro da qualsiasi rivendicazione sociale ed improntato principalmente al mutualismo, sia in ossequio alla dottrina social-cattolica, sia per esigenze interne di strutturazione dell’organizzazione sindacale47; tale situazione si accentuò

41 Tuttavia “una vez conseguida la finalidad, o desaparecido el motivo de ellas [le aspirazioni degli operai]”, SOV avrebbe prontamente denunciato le organizzazioni marxiste con cui aveva momentaneamente collaborato. 42 “La sociedad de obreros vascos no tendrá como arma única y exclusiva la huelga, como tienen los socialistas para el logro de todas las ambiciones políticas o sociales de sus jefes, no; la sociedad de obreros vascos será defensora de su clase, aspirará a la mejora moral y material de sus asociados, será mutualista, sin necesidad de poner por bandera una ridícula lucha de clase”. Bizkaitarra, 18 febbraio 1911. 43 “¿Puede seguir esto así? ¿Puede el obrero vasco continuar respetando, a la fuerza, los caprichos de esos socialistas tiranos? ¿Puede verse privado del trabajo porque los jefes socialistas lo ordenen? ¿Pueden continuar dejando el trabajo cuando a esos socialistas burgueses se les ocurra declarar una huelga injusta o política? No. El obrero vasco ha sido juguete de esos tiranos del obrero, porque el obrero vasco, en general, no ha estado asociado, pero éste no seguirá siendo instrumento de los caprichos de aquellos, porque se asociará”. Bizkaitarra, 18 febbraio 1911. 44 Cfr. OTAEGUI Margarita, Organización obrera y nacionalismo: Solidaridad de Obreros Vascos (1911-1923), in Estudios de Historia Social, N.18-19, 1981, Madrid, p.7-83 45 “Los ‘solidarios’ y con ellos los obreros católicos adoptaron la única postura que le era permitido; la de retirarse de las luchas sociales, mientras durase ese período caótico; socorrer y asistir a sus forzosamente parados, y gestionar, luego, una digna solución de los problemas pendientes de sus afiliados”. Tale fu l’atteggiamento della SOV in occasione dello sciopero rivoluzionario del 1917. Cfr. LARRAÑAGA Policarpo de, op.cit., Vol.II, p.65. 46 Euzkadi, 23 gennaio 1917. 47 Cfr. MEES Ludger, Nacionalismo vasco, movimiento obrero y cuestión social hasta 1923, in TUÑÓN DE LARA Manuel (dir.), Gernika: 50 años después (1937-1987), San Sebastián-Donostia 1987, p.39.

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all’indomani del citato sciopero rivoluzionario del 1917, tanto che la SOV, sino al 1919, non partecipò a nessuno sciopero, quando nella sola Vizcaya il 1918 aveva contato ben 36 scioperi48.

L’esplicito boicottaggio dell’attività huelguista in Vizcaya provocò inevitabilmente una reazione da parte dei sindacati rivoluzionari. Il quotidiano El Liberal, il quale certamente non poteva essere tacciato di estremismo, manifestò il proprio scetticismo nei confronti di SOV, definita come una creazione del PNV e della borghesia49. Il giudizio della UGT era ancor più critico in quanto tacciava Solidaridad di essere, al pari dei Sindacati Cattolici Libres50, un sindacato “giallo” del tutto asservito alle direttive padronali; di qui i conflitti, spesso violenti, fra ugetistas e solidarios.

La situazione mutò a partire dal 1920, con il progressivo allontanamento del sindacato dalle posizioni della CNV51 e la radicalizzazione della sua attività sindacale, che si concretizzò in varie battaglie condotte in prima persona da SOV, e nella collaborazione con la socialista Unión General de Trabajadores e con l’anarchica Confederación Nacional del Trabajo. Secondo Ludger Mees, cause di tale mutamento furono, da una parte la debolezza del partito, che permise una maggiore indipendenza del sindacato, e dall’altra il progressivo e pericoloso isolamento di SOV nel mondo del lavoro basco52.

Tale evoluzione fu stroncata sul nascere dall’instaurazione della Dittatura di Primo de Rivera nel 192353. In questo periodo, SOV, al pari degli altri sindacati, UGT compresa, fu costretta ad un consistente ridimensionamento. La perdita in numero di affiliati e la totale assenza di conflitto sociale provocarono una grave crisi del sindacalismo nazionalista, il quale, solo all’indomani del Decreto Aunós che istituiva i Comités Paritarios54, riuscì a riprendere il cammino di crescita che aveva caratterizzato gli ultimi anni del periodo predittatoriale. Significativamente, nell’ottobre del 1929, solo tre mesi prima delle dimissioni di Primo de Rivera, SOV celebrava il I Congresso della sua storia ad Eibar: tale Congresso sarà analizzato nel prossimo paragrafo, tuttavia è utile sottolineare la sua importanza: esso infatti, rappresentò l’inizio di una nuova era per il sindacalismo nazionalista che, da una parte, prevedeva una ripresa della linea sindacale che si stava affermando negli anni immediatamente precedenti l’avvento della Dittatura, e dall’altra, preannunciava le grandi novità che giungeranno a maturazione di lì a pochi anni nel II Congresso di Solidaridad a Vitoria nel maggio del ‘33.

III

DAL CONGRESSO DI EIBAR (1929) AL CONGRESSO DI VITORIA (1933)

NASCE SOLIDARIDAD DE TRABAJADORES VASCOS

Abbiamo concluso il precedente paragrafo accennando al I Congresso di SOV, svoltosi nella cittadina guipuzcoana di Eibar, feudo indiscusso della UGT, il 12 ed il 13 ottobre del 1929.

48 Cfr. OLÁBARRI GORTÁZAR Ignacio, Relaciones laborales en Vizcaya (1890-1936), Durango 1978, p.498. 49 El Liberal, 24 luglio 1918. 50 Per un approfondimento sui Sindicatos Libres, a partire dalla costituzione della Casa del Trabajo di Jerez da parte del Padre Gerard, cfr. CARRASCO CALVO Salvador, Teoría y pratica del sindacalismo católico, libre y profesional (1911-1936), in GARCÍA DELGADO José Luis (ed.), La crisis de la Restauración: España, entre la primera guerra mundial y la Segunda República, Madrid 1986. 51 Dal 1916, il PNV cambiò il proprio nome in Comunión Nacionalista Vasca. Tale denominazione persistette sino all’Assemblea di Vergara del 16 novembre 1930. 52 Circa l’aumento della conflittualità sindacale nazionalista, sebbene senza dimenticare la natura moderata e pattista di SOV, cfr. LARRAÑAGA Policarpo de, op.cit., Vol.II, p.74-85. 53 Il 1922 fu in particolare l’anno di maggiore protagonismo del sindacato nazionalista con diverse mobilizzazioni contro i ridimensionamenti salariali, nonché il lungo sciopero dei tipografi. Tuttavia è bene ricordare che SOV rimaneva ancora un sindacato debole ed incapace di presentarsi quale reale interprete delle rivendicazioni proletarie. Prevalevano ancora posizioni mutualistiche, e la salvaguardia del mantenimento della pace sociale rimase la prima prerogativa del sindacalismo nazionalista sino agli anni repubblicani. 54 Il Decreto-Ley de Organización Corporativa Nacional, opera del Ministro del Lavoro Aunós, fu promulgato il 26 novembre 1926, e fu accettato sin dal principio sia dalla UGT che da SOV. In particolare, secondo SOV, l’unica pecca del sistema, che come detto precedentemente istituiva i comités paritarios, era il sistema elettivo di questi ultimi che prevedeva un voto maggioritario: la candidatura sindacale che avesse ottenuto la percentuale maggiore, avrebbe automaticamente ricoperto la totalità dei posti di un singolo comité. Tale sistema, va da sé, favoriva i sindacati più forti, in primis la UGT, anche se in alcuni casi la stessa Solidaridad beneficiò di esso.

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È indubitabile che il clima di pace sociale imposto dall’instaurazione del regime dittatoriale ed il parallelo riflusso dell’attività sindacale rivendicativa socialista, nonostante il consistente calo in numero di iscrizioni, contribuirono a scatenare all’interno del sindacalismo un profondo dibattito che si concretizzò nella celebrazione del suddetto Congresso. Esso di fatto rappresentò il momento di rilancio del sindacalismo all’indomani di un lungo periodo di sostanziale inattività, nonché un tentativo di non rimanere estromesso dai comités paritarios, i nuovi ed apprezzati strumenti di intervento in mano ai lavoratori che il Decreto Aunós aveva creato pochi anni prima.

Nonostante gli auspici e le buone intenzioni, il Congresso di Eibar, pur rappresentando un momento di importante rilancio per il sindacato oltre che un momento di convergenza e compattamento delle varie realtà locali, non modificò né l’antico assetto organizzativo, assai poco funzionale nelle lotte elettorali per l’ingresso nei comités paritarios, né tanto meno, il nocciolo ideologico e programmatico originario, che rimase sostanzialmente invariato, nonostante alcuni piccoli cambiamenti. Di notevole importanza era ancora la componente mutualistica: infatti non solo si chiedeva un supporto diretto dello Stato attraverso interventi legislativi mirati, ma parallelamente si proclamava l’autonomia del sindacato nella gestione delle assicurazioni sociali contro la disoccupazione, la malattia, l’invalidità, la vecchiaia ecc., chiedendo allo Stato piena libertà di azione per le Casse di Risparmio55. Le altre rivendicazioni e richieste riguardavano: il numero massimo di ore settimanali e la regolamentazione del lavoro straordinario (Tema I); l’instaurazione del salario minimo e del salario familiare (Tema II), quest’ultimo da sempre bandiera e fulcro del programma solidario; la creazione di alloggi economici e vivibili, con sovvenzioni statali da destinare, ove possibile, a cooperative operaie (Tema VIII); l’utilizzo di un medesimo tipo di contratto di lavoro per tutti i gruppi locali appartenenti a SOV (Tema X); inoltre programmi ad hoc erano previsti per i lavoratori del settore marittimo e quelli del settore agricolo (Tema XII e Tema XIII); infine si proponeva la costituzione dei Tribunali Industriali in tutte quelle località che ne erano prive, nonché l’istituzione di Comités de Seguridad incaricati di vigilare sulla sicurezza delle officine e delle fabbriche. A tali richieste se ne dovrebbero aggiungere delle altre che in questa sede sono state omesse, tuttavia è utile chiarire che esse rappresentavano di fatto precise e reali rivendicazioni sindacali. Rispetto ai suoi esordi il sindacalismo solidario aveva reso concrete le proprie richieste ed aveva inteso la necessità di auspicare, al di là delle aspirazioni di redenzione nazionale e sociale preannunciata dal nazionalismo, tangibili miglioramenti per la classe operaia autoctona, anche se ciò avesse di fatto penalizzato i propri compatrioti della borghesia industriale e finanziaria. Si può pertanto dire che nel 1929 all’interno di SOV la dimensione sindacale, sino ad allora molto spesso oscurata dalla dimensione nazionale, iniziò a prendere il sopravvento sulla seconda, spostando di fatto l’attenzione dei dirigenti solidarios sulle reali esigenze della classe operaia autoctona.

Tale evoluzione sindacalista, nel Congresso di Eibar appariva appena abbozzata: in questa sede si può dire che l’anima nazionalista e quella sindacalista fossero ancora in lotta fra loro, o per meglio dire, convivessero, così come in parte era avvenuto al principio degli anni venti56, allorquando SOV, da una parte si radicalizzò intervenendo sempre più di frequente nei conflitti di lavoro e mostrando un atteggiamento crescentemente rivendicativo, e dall’altra, in ossequio alla solidarietà nazionale, agì, nelle fabbriche i cui proprietari fossero nazionalisti, come un sindacato “giallo”, ottenendo, in cambio della propria inazione, privilegi e di fatto la possibilità di instaurare veri e propri closed shop57.

Fu nel II Congresso di SOV, svoltosi a Vitoria nell’aprile-maggio del 1933 che si concretizzò la citata evoluzione sindacalista, ovvero l’affermazione di un sindacalismo di classe che, pur non rinnegando il proprio connotato nazionalista, si affermò in primo luogo in funzione della solidarietà del lavoro salariato e solo in secondo luogo in funzione della solidarietà nazionale. In questa ottica per esempio il sindacalismo nazionalista si aprì nel 1933 anche ai lavoratori immigrati rompendo così un vero e proprio tabù del nazionalismo. La stessa comunità nazionalista infatti, costituiva la propria coesione sulla omogeneità interna dei suoi membri, e sulla parallela opposizione a tutto ciò che ne era estraneo: pertanto l’inclusione dei

55 Si veda a tal riguardo il Tema IV del documento approvato ad Eibar e riportato da Policarpo de Larrañaga. Cfr. LARRAÑAGA Policarpo de, op.cit., Vol.II, p.104-108. Inoltre nel Tema XIV si prevedeva la creazione di un’unica Cassa di Risparmio Operaia gestita da SOV. Le citazioni successive sono anch’esse estratte dal suddetto volume redatto dal sacerdote solidario Don Policarpo de Larrañaga. 56 In precedenza abbiamo accennato al fatto che il Congresso di Eibar e l’evoluzione repubblicana del sindacato nazionalista affondavano le proprie radici negli anni pre-dittatoriali, che avevano visto una profonda maturazione di SOV e la sua progressiva radicalizzazione. Tuttavia tale processo era stato troncato dall’instaurazione della Dittatura. 57 Il caso limite è sicuramente la fabbrica Euskalduna di Ramón de la Sota analizzato da Ludger Mees. Cfr. MEES Ludger, Nacionalismo vasco, movimiento obrero y cuestión social hasta 1923, in TUÑÓN DE LARA Manuel (dir.), Gernika: 50 años después (1937-1987), San Sebastián-Donostia 1987, p.43-45.

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lavoratori immigrati costituiva un attentato a tale supposta omogeneità e minava gli stessi cimenti su cui si basava il movimento nazionalista58.

Potremmo dire che, sino agli anni repubblicani, ed almeno formalmente sino al 1933, SOV fu più una organizzazione nazionalista, deputata ad inquadrare i lavoratori autoctoni al fine di spingerli alla causa nazionalista, piuttosto che un sindacato di classe in grado di anteporre i diritti e le aspirazioni operaie alla totalità della comunità nazionalista.

Tale evoluzione comportò un incremento notevole del radicalismo ed il passaggio definitivo da una dimensione strettamente mutualistica ad una dimensione apertamente rivendicativa, che avvicinò Solidaridad più ai sindacati rivoluzionari come UGT e CNT che ai sindacati cattolici e libres. Tuttavia, tale radicalizzazione, come vedremo, non rappresentò un appiattimento sulle posizioni dei sindacati avversari, semmai ELA riaffermò il proprio programma, incluso la preferenza per i mezzi pacifici di risoluzione dei conflitti di lavoro, piuttosto che l’utilizzo delle armi dello sciopero e del boicottaggio. Nella pratica però, sempre più frequentemente, questi ultimi due strumenti furono impiegati dal sindacalismo nazionalista al fine di far valere le proprie rivendicazioni in un periodo di crescente conflittualità operaia.

In conclusione ciò che si vuole indicare con il termine evoluzione sindacalista non presuppone che SOV non fosse stata sino ad allora un sindacato di classe, ma piuttosto, essa indica l’intenso processo di radicalizzazione sperimentato da Solidaridad insieme all’acquisizione di una coscienza di classe che sino a quel momento era rimasta sfumata, indefinita, ed in parte soffocata dal sogno di redenzione interclassista dell’ideologia nazionalista. Così, l’evoluzione sindacalista rappresenta il culmine di un lungo processo di maturazione sindacale che ha una prima svolta nelle lotte dei primi anni venti, una seconda nel Congresso di Eibar del 1929, ed un suo definitivo compimento nel Congresso di Vitoria del 193359.

Tale Congresso sancì anche il definitivo compimento di un processo già iniziato alcuni anni prima, ovvero il definitivo smarcamento di Solidaridad dalla tutela e dal controllo del partito60. Ciò non comportò una rottura totale, ma solo il conseguimento di una maggiore autonomia del sindacato e di fatto l’avvio di un processo di democratizzazione che precederà di poco quello analogo del PNV61. D’altronde non mancarono veementi critiche nei confronti delle nuove posizioni di Solidaridad da parte di esponenti peneuvistas, nonostante ELA non negasse di fatto gli antichi postulati aranisti e non rappresentò mai una reale voce dissidente all’interno della comunità nazionalista paragonabile ad Acción Nacionalista Vasca62.

Di seguito passeremo ad analizzare i tangibili cambiamenti sperimentati nel citato Congresso e le conseguenze più importanti per il mondo sindacale e lavorativo nazionalista basco.

In primis è interessante notare che nel Congresso di Vitoria Solidaridad provvide a modificare il proprio assetto organizzativo in senso moderno passando a strutturarsi in federazioni d’industria. Anche in questo campo si può apprezzare la modernizzazione del sindacalismo nazionalista e potremmo considerare la strutturazione delle disperse e male organizzate agrupaciones profesionales in moderne federaciones de industria come uno degli effetti principali della citata evoluzione sindacalista: l’abbandono di una dimensione gremiale e corporativa lasciò spazio ad una dimensione sindacale e rivendicativa. Tuttavia, tale passaggio rappresentò anche un’esigenza di adeguamento alla nuova legislazione sociale della Repubblica63, oltre che, aggiungerei, la manifestazione della volontà solidaria di competere alla pari con gli avversari.

58 Cfr. LARRAÑAGA Policarpo de, op.cit., Vol.II, p.201. Circa l’apertura di ELA ai lavoratori immigrati si potrebbe supporre anche una ragione molto più concreta e non ideologica: la necessità di incrementare la propria forza in funziona anti-ugetista. 59 È opportuno tuttavia ribadire che il cambiamento formalizzato nel 1933 rappresentò il culmine di un lungo processo evolutivo che affondava le proprie radici negli anni precedenti e che venne sanzionato ufficialmente nel Congresso vitoriano. 60 Formalmente il sindacato era del tutto indipendente dal partito e ciò sin dalla sua fondazione nel 1911, come visto nelle pagine precedenti. Tuttavia molto spesso il sindacato aveva sacrificato le proprie aspirazioni per seguire le direttive del PNV. Solo a partire dagli anni venti, la linea di Solidaridad cominciò a discostarsi da quella del partito. Tale processo si concluse per l’appunto nel 1933 con il conseguimento di una reale autonomia di ELA, conseguenza anche della complicazione del panorama politico nazionalista nella II Repubblica: infatti, per esempio, il sindacato accoglieva anche militanti della democratica e repubblicana Acción Nacionalista Vasca. 61 A tal riguardo si può dire che SOV-STV segnò la strada che di lì a poco tutto il nazionalismo, ed in particolare il PNV, seguì, e che si manifestò attraverso l’avvio di un processo di democratizzazione interna ed esterna, ed il passaggio da posizioni conservatrici e reazionarie a moderne posizioni democratico-cristiane. 62 Per un approfondimento sul nazionalismo eterodosso di ANV cfr. GRANJA SAINZ José Luis de la, Nacionalismo y II República en el País Vasco: estatuos de autonomía, partidos y elecciones: historia de la Acción Nacionallista Vasca. 1930-1936, Madrid 1986. 63 Come ha sottolineato Policarpo de Larrañaga, “algunas de esas básicas leyes aconsejaban, casi exigían, una nueva estructuración de ‘Solidaridad’, para mejor adaptarse a sus exigencias, y desenvolverse con más libertad y acierto en sus delicadas intervenciones” LARRAÑAGA Policarpo de, op.cit., Vol.II, p.197.

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In base agli atti del Congresso riportati da Policarpo de Larrañaga64, le esistenti Agrupaciones Locales Profesionales si strutturarono in base ad una doppia dimensione: geografica, costituendo la Federacion Local “que representa a ‘Solidaridad’ en el terreno sindical en cada pueblo”; professionale, riunendosi nelle Federaciones Regionales de Industrias “que reúnen a todos los trabajadores de una misma industria o rama en su respectiva región”. A loro volta queste ultime costituivano le Confederaciones Regionales o Federaciones Regionales, che insieme a gruppi professionali autonomi di livello nazionale, quali la Federación de Nekazaris (lavoratori agricoli), la Federación de Arrantzales (pescatori) e la Federación de Transportes Marítimos, si riunivano nella Confederación Nacional de Solidaridad de Trabajadores Vascos65. Il sindacato inoltre, con l’ingresso di nuove categorie professionali ed in particolare della Solidaridad de Empleados Vascos (nata a Bilbao nel 1920), sostituiva la dicitura “obreros” in “trabajadores” per meglio rispecchiare la nuova composizione interna.

In secondo luogo venne sanzionato formalmente l’ingresso di STV nella Internazionale Sindacale Cristiana di Utrecht, il che può essere considerato un ulteriore sintomo della suddetta modernizzazione. In terzo luogo è utile enumerare alcune delle rivendicazioni raccolte nella memoria congressuale. STV chiedeva concretamente di fissare la durata legale della settimana lavorativa in 40 ore; l’istituzione di un salario minimo denominato salario vital e calcolato in base al nucleo familiare del lavoratore (salario familiar)66; la codeterminazione intesa come partecipazione del lavoro alla produzione “haciendo a éste en primer término, partícipe de los servicios mediante la expedición de acciones del capital, y en segundo término cogestor de la empresa”67; l’incremento dell’edilizia popolare (casas baratas) in grado di risolvere il grave problema degli alloggi operai68; una reale politica di sostegno al settore agricolo attraverso interventi statali che prevedessero fra l’altro, oltre a sistemi di tutela ed ammodernamento dei piccoli caseríos esistenti, anche la creazione di nuovi, utilizzando i terreni demaniali disponibili ed espropriando i terreni che fossero incolti, ed inoltre l’accesso alla proprietà della terra da parte dei fittavoli69; una dettagliata politica da adottare nei confronti del settore marittimo e la trasmissione di tutti i diritti acquisiti dagli operai agli arrantzales70; infine la creazione di un’ampia gamma di assicurazioni sociali sostenute attraverso il contributo operaio ed il supporto di Stato e padronato e tutelate dalla presenza di Casse assicurative officiali di ambito regionale. Inoltre si chiedeva che fosse garantita una adeguata rappresentanza sindacale nei Consigli di Amministrazione delle stesse71.

Occorre soffermare brevemente la nostra attenzione sulle posizioni che STV adottò nei confronti dell’ordinamento corporativo72 primoriverista, che per alcuni suoi aspetti, era stato ereditato dalla Repubblica. A tal riguardo precedentemente abbiamo accennato alla positiva impressione solidaria circa la creazione dei comités paritarios, ai quali si affiancarono, durante la Repubblica, i jurados mixtos73: essi garantivano una partecipazione diretta del lavoro alla regolamentazione delle relazioni industriali e contemporaneamente contribuivano a dirimere i conflitti padrone-operaio in maniera pacifica. Inoltre l’essenza corporativa di tali organismi paritari rispondeva alla perfezione ai postulati tradizionali interclassisti e miranti all’armonia sociale che da sempre avevano contraddistinto i programmi di SOV74.

Infine STV ribadiva la propria vocazione mutualistica ed auspicava che si costituissero autonome Mutualidades de seguros da affiancare alle Casse assicurative ufficiali e riunite in una Mutualidad Vasca de Seguros; il finanziamento delle stesse sarebbe dovuto ricadere sugli affiliati al sindacato, tuttavia non si escludeva la possibilità di ottenere sovvenzioni padronali; inoltre era auspicabile che tale sistema assicurativo e mutualistico fosse esteso anche ai lavoratori del settore primario. Analogamente, così come nel

64 Tutti i riferimenti successivi sono direttamente citati da LARRAÑAGA Policarpo de, op.cit., Vol.II, p.196-219. 65 L’art.5 del documento Proyecto de Estatutos de la Confederación de Obreros Vascos conservato presso l’ Archivo Histórico Nacional – Sección Guerra Civil, carpeta 4, recita che si costituirà una“Confederación de Trabajadores Vascos estructurada en agrupaciones de oficio o de oficios varios y Federaciones Regionales”. 66 Tema III 67 Tema IV 68 Tema VIII 69 Tema XI 70 Tema X 71 Tema XII. Per ciò che concerne le tipologie di assicurazione sociale, STV proponeva: la pensione per coloro che avessero superato i 55 anni, nonché l’indennizzo del salario in caso di malattia, vecchiaia, invalidità, vedovanza, incidente e disoccupazione. Parallelamente si chiedeva che in maniera indipendente si organizzassero e prestassero gratuitamente i servizi sanitari adeguati. 72 Tema VI 73 Legge del 27 novembre 1931. 74 Tuttavia Solidaridad ribadiva la critica, già rivolta nei confronti del Decreto Aunós del 1926, al sistema elettorale interno vigente in tali organismi, e propugnava una riforma dello stesso in modo tale da garantire la rappresentanza anche alle minoranze; parallelamente chiedeva un maggiore controllo da parte delle autorità nei confronti dei Censi operai e delle modalità di voto.

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passato, era ribadita la scelta cooperativa come tipologia produttiva auspicabile: essa di fatto garantiva da una parte la tutela della proprietà privata e dall’altra l’accesso alla stessa da parte di ampio numero di individui in ossequio alla morale cristiana75: in particolare si stabilì che fosse necessario fomentare la creazione di cooperative di consumo, di produzione e di credito. La breve enumerazione dei punti più importanti del programma solidario approvato nel 1933 mostra da una parte un chiaro intento modernizzatore concretizzato in determinate rivendicazioni che potremmo definire radicali, quali la cogestione e l’acquisizione della proprietà delle terre da parte dei fittavoli, e dall’altra la scelta di non stravolgere del tutto il programma storico del sindacalismo nazionalista basatosi negli anni addietro principalmente sul mutualismo e sul cooperativismo. D’altronde possiamo affermare che la permanenza di questi ultimi due aspetti non può definirsi anacronistica e tanto meno negativa per l’anima sindacalista rivendicativa di STV che poggiava la propria forza anche su questi due pilastri. Mutualismo e cooperativismo rappresentavano due canali preferenziali di aggregazione sindacale ed a quanto pare se ne accorse anche la centrale rivale, la UGT, che in tale ambito, principalmente quello mutualistico, seguì l’esempio solidario. Per un qualsiasi sindacato il mutualismo funge non solo da elemento coesivo, ma anche da utile strumento di attrazione per lavoratori che trovano nell’organizzazione sindacale sostegno sia nei momenti di crisi che in quelli di lotta, garantendo per esempio un supporto finanziario durante i lunghi e dispendiosi scioperi.

Infine in terzo luogo, è importante soffermarci intorno alle posizioni ideologiche che il sindacalismo nazionalista adottò a Vitoria e che, in questo caso, non si discostano dalla tradizione passata e conservano intatto il credo aranista. Cosicché è corretto parlare di una sostanziale continuità del sindacalismo, almeno sul piano dei proclami ideologici: si ribadisce il fondamento nazionalista e razziale quale fattore di unione e solidarietà fra i lavoratori baschi, l’antisocialismo, ed il cattolicesimo sociale che aspira all’armonia interclassista piuttosto che alla lotta di classe. Di seguito riportiamo la dichiarazione di principi raccolta nella memoria del Congresso di Vitoria da Policarpo de Larrañaga: “Solidaridad de Trabajadores Vascos aspira a unir a todos los trabajadores vascos en Agrupaciones profesionales para la mejor defensa de sus derechos, intereses y aspiraciones como trabajadores y como vascos. Su lema es: ‘Unión Obrera y Fraternidad Vasca’. Solidaridad de Trabajadores Vascos reconoce que el actual régimen social adolece de falta de justicia, ya que las riquezas están mal repartidas e injustamente aplicadas a las distintas clases sociales. Y entendiendo que nada resuelve sino que, por el contrario, enerva el mal social, así el individualismo egoísta como el socialismo estetista, aspira a implantar un sistema social con reconocimiento pleno de los derechos del trabajador, fundamentado en los recios principios de la justicia y moral cristiana, y acomodado a las instituciones del pueblo vasco y a su especial modo de ser. Reconoce Solidaridad de Trabajadores Vascos que la raza es poderoso aglutinante entre las gentes, toda vez que no es sino una mayor extensión de la familia, cuyos vínculos, más o menos próximos, se manifiestan en la sangre, lengua y demás características propias de un pueblo que tiene similares condiciones. Por eso, dados los caracteres étnicos, lingüísticos y habitudinales que distinguen todavía hoy, a pesar de los siglos transcurridos, a la raza vasca, Solidaridad de Trabajadores Vascos se apoya en los fundamentos raciales para hacer de ellos un eslabón más que ligue en el terreno económico y profesional a sus agrupados. Estas mismas características peculiares propias del pueblo vascos, trascendiendo a todos los aspectos de su vida económica y social, exigen ser tenidas en cuenta en la confección de la legislación social obrera que hoy ha de afectar al pueblo vasco. Por lo que, teniendo en cuenta que nadie conoce mejor las necesidades a cuya satisfacción tienden las leyes que regulan la vida agraria, industrial y marítima que los mismos, que de cerca las sienten y padecen, Solidaridad de Trabajadores Vascos, por cuantos medios estén a su alcance, tratará de conseguir que las Corporaciones Públicas del País sean las que libremente y asesoradas por los organismos profesionales existentes, regulen la vida social del mismo, gozando para ello de la facultad de dictar y ejecutar las leyes sociales, organizar su inspección cuanto concierne a la vida sindical vasca. Solidaridad de Trabajadores Vascos es una entidad eminentemente obrera y profesional. No es por lo tanto, un partido político. Los miembros de Solidaridad podrán ser, individualmente afiliados en su política al partido que esté en consonancia con sus pensamientos, siempre que éste, en su ideología, táctica y actuación no se oponga a los principios fundamentales, táctica y fines, de Solidaridad de Trabájadores Vascos.”76.

75 Il sacerdote solidario Alberto de Onaindía, denominó il cooperativismo propietarismo vasco, ovvero una versione basca più giusta e cristiana della proprietà privata e basata sui precetti della ‘giustizia sociale’. 76 LARRAÑAGA Policarpo de, op.cit., Vol.II, p.200-201.

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Il breve stralcio ivi riportato è estremamente utile perchè riunisce in un unico testo le basi ideologiche del sindacalismo nazionalista ereditate dal programma del 1911. Tra queste sottolineerei il motto Unión Obrera y Fraternidad Vasca atto ad indicare la doppia anima dell’organizzazione, quella più propriamente sindacale e quella nazionalista; l’antisocialismo e l’anticapitalismo individualista, ai quali il nazionalismo oppone una terza via, quella cattolico-sociale basata sulla justicia y moral cristiana, e di fatto, benché non riportato nel testo, sul sistema cooperativo quale peculiare propietarismo vasco77; ed infine il fondamento razziale quale elemento di coesione e di distinzione in ossequio ai tradizionali postulati aranisti. Considero tuttavia, che tali postulati ideologici, in molti casi, rimasero più una astratta dichiarazione di principi, che una reale guida in grado di condizionare la pratica sindacale nazionalista. Così, per esempio, sembrerebbe un controsenso la centralità data in tale dichiarazione alla razza, e parallelamente la apertura ai lavoratori immigrati, che suppose un superamento dei postulati aranisti e la manifestazione di una vocazione democratica ed inclusiva. Pertanto, la nostra tesi è che il sindacalismo nazionalista, nonostante la vigenza dei proclami ideologici tradizionali, assunse progressivamente nel corso degli anni repubblicani una connotazione che potremmo definire democratica e che ci permette di affermare che Solidaridad sperimentò una doppia evoluzione, la citata evoluzione sindacalista e parallelamente e quasi conseguentemente una evoluzione democratica. Tale fenomeno è riscontrabile non solo nell’apertura al lavoro immigrato, ma anche nella condotta sindacale degli anni repubblicani. STV infatti, pur non potendo essere definito un sindacato rivoluzionario, a partire dal 1933 partecipò sempre più direttamente ai conflitti industriali non disdegnando la collaborazione con le organizzazioni sindacali marxiste ed anarchiche. Nelle pagine seguenti vedremo alcuni episodi significativi che saranno in grado di dimostrare più compiutamente tale tesi.

IV

SOLIDARIDAD DURANTE LA SECONDA REPUBBLICA:

NAZIONALISMO ARANISTA ED EVOLUZIONE SINDACALISTA Nelle pagine precedenti abbiamo azzardato l’ipotesi di una evoluzione sindacalista sperimentata da SOV/STV negli anni repubblicani e sancita formalmente nel II Congresso dell’organizzazione nazionalista svoltosi nella capitale alavesa dal 29 aprile al 1° maggio del 1933. Ed abbiamo voluto sottolineare il carattere progressivo di tale processo individuando le prime avvisaglie nei primi anni venti ed il suo definitivo compimento, dopo una lunga pausa durante la Dittatura, negli anni repubblicani. Si è sostenuto anche che a tale processo si affiancò una coeva evoluzione democratica destinata a coinvolgere non solo il sindacato, ma l’intera comunità nazionalista basca, incluso il suo terminale politico, il PNV. Contemporaneamente però non abbiamo omesso che STV mantenne quasi del tutto intatto il patrimonio ideologico aranista, sebbene questo fosse in taluni casi palesemente in contrasto con provvedimenti innovativi: l’esempio più evidente di tale contraddizione fu da una parte l’esaltazione dei fondamenti razziali dell’organizzazione, e dall’altra la possibilità concessa ai lavoratori che non avessero origini basche di affiliarsi al sindacato78. Vorremmo tuttavia iniziare con l’illustrazione di alcuni dogmi nazionalisti presenti anche nell’impianto ideologico di SOV/STV e di fatto raccolti in un significativo articolo di José de Ariztimuño (alias Aitzol), sacerdote nazionalista votato alla causa di SOV in Guipúzcoa, pubblicato sul quotidiano donostiarra El Día il 19 luglio del 1931, all’indomani della proclamazione della Repubblica.

77 Cfr. nota 75. 78 “Art.7: Para pertenecer a esta sociedad se requiere que el solicitante tenga por lo menos uno de los cuatro apellidos de orígen vasco” del regolamento standard della Agrupación de Obreros Vascos nel 1920. Archivo Histórico Nacional – Sección Guerra Civil, Folleto 3741. Mentre il regolamento standard del 1934 raccoglieva la seguente norma, “Art.3: Podrán pertenecer a esta sociedad todos los trabajadores del ramo de […] residentes en la localidad y cuya admisión solicitada de forma volontaria por el interesado, sea admitida en votación secreta por la Junta Directiva”. Archivo Histórico Nacional – Sección Guerra Civil, Folleto 3744. É evidente che nel secondo regolamento del 1934, e pertanto posteriore al Congresso di Vitoria che aprì ai lavoratori non baschi, l’unico prerequisito sia quello della residenza e non quello della nascita o delle origini. Cfr. BARRUSO BARÉS Pedro, El movimiento obrero en Gipúzkoa durante la II República, San Sebastián 1996.

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Aitzol ribadisce la tradizionale funzione antisocialista di SOV che deve arginare l’avanzata dell’anticristiano ed antibasco verbo marxista sempre più preponderante presso la classe operaia autoctona79. Il socialismo, secondo Aitzol, costituisce un pericolo non solo per la pace sociale in Euskadi, ma soprattutto perché fondamentalmente antibasco ed antinazionalista e pertanto esso rappresenta una minaccia molto più temibile del comunismo, analogamente sovversivo, ma rispettoso della specificità euskariana80. L’unica arma per combattere il socialismo della UGT è il nazionalismo che esalta la specificità razziale della classe operaia basca ed il suo profondo cristianesimo: pertanto, nazione, razza e religione rappresentano i tre pilastri su cui la classe lavoratrice basca, unita in “ese magnífico organismo confesional y euskaldun: Solidaridad de obreros vascos”, deve fondare la propria identità e la propria forza81. A tale ideologia tradizionalista però si affiancavano progetti concreti piuttosto avanzati, come abbiamo riscontrato nel paragrafo precedente. Solidaridad divenne consapevole che di per sé l’indipendenza o l’autonomia82 non avrebbero potuto magicamente risolvere la questione sociale, come sosteneva la dottrina nazionalista aranista, e che il mutualismo sindacale, pur rappresentando un valido sostegno alla classe lavoratrice autoctona, rimaneva una misura contingente. L’unica soluzione era una profonda riforma della società basca non conseguibile attraverso la semplice autonomia, ma sostenuta da un deciso intervento pubblico in grado di ridiscutere le stesse basi su cui si reggevano le relazioni capitale-lavoro. Nel documento presentato da SOV alla Sociedad de Estudios Vascos, che era stata incaricata nel 1931 dal PNV di elaborare un progetto di Statuto di autonomia, la connotazione classista di Solidaridad è esplicita: “Al recoger la opinión del País Vasco en estos decisivos y trascendentales momentos, en orden a la redacción y aprobación del Estatuto, que ha de plasmar en un cuerpo jurídico sus aspiraciones políticas, y estructurar, por moldes completamente distintos a los actuales, toda nuestra constitución popular, no es posible prescindir de los postulados del problema social. Sería exponerse a un rotundo fracaso. Precisamente la característica de los tiempos presentes es la agudización de ese pavoroso problema social. [...] El contacto más agudo de este problema, que en su denominado ‘social’ es más amplio, constituye el propiamente llamado obrero, que trata de las relaciones económicas y jurídicas entre los diversos factores que intervienen en la producción, transformación, venta y transporte de todos los artículos.” Per le suddette ragioni e per la gravità della situazione sociale delle masse operaie, oltre che “impulsados por varios factores históricos, religiosos, morales, psicológicos, económicos y patrióticos, caminamos a una completa reforma social. [...]. Ed è a questo punto che la politica, ed in particolare quella nazionalista, che sarà deputata con la concessione dell’autonomia a governare la futura nazione basca, deve intervenire in maniera decisa senza minimizzare le

79 “[...] la primera y más soberana lección de las últimas elecciones era la innegable preponderancia del izquierdismo en las zonas industriales. En ellas el sano trabajador vasco sufre, en un tiempo reducido, una transformación hondísima tanto en el sentimiento y práctica de su fe religiosa, como en la concepción y psicología de su propio problema racial vasco. El medio ambiente social lo arrastra hacia la indiferencia religiosa y le anula el sentimiento vasquista. La misión humanitaria del proletariado pretende suplantar la fe; el internacionalismo fraternal de la clase trabajadora debe aniquilar los prejuicios de raza y nacionalidad. Estos dos ideales los persigue tanto el comunismo como el socialismo, aunque con tácticas diversas. [...] El socialismo, en Euskalerría, es eminentemente antivasco. Nos consta positivamente, aunque sus dirigentes lo oculten discretamente, para no alejar de sus filas a los vascos, que en su programa de acción figura el ir gradualmente destruyendo las características raciales de euzkadi. El socialismo que por su mismo postulado de internacionalidad debía respetar las características y propiedades étnicas y todas las razas, sin pretender destruir aquéllas, ni suplantarlas por las de otros pueblos, aquí, se convierte en arma de exotismo y desvasquización. El socialismo pretende ser sinónimo de universalismo, de internacionalismo. Obtenida la igualdad de todas las clases sociales, éstas deben hermanarse tan íntima y estrechamente, que bajo el imperio del socialismo desaparecerían para siempre, eternamente, las fronteras de los Estados y los límites de las nacionalidades”, AITZOL, El sindicato nacionalista, El Día, 19 luglio 1931. 80 “No es el comunismo, hoy por hoy, el peligro inminente que amenaza destruir el edificio social vasco. El comunismo, iluminado por un misticismo revolucionario, predica la libertad de todas las clases sociales, de toda raza oprimida, de todo pueblo sojuzgado para, sobre ellos, levantar un internacionalismo federativo. El comunismo, envuelto en su frenético anhelo revolucionario, persigue con ingenua insistencia la libertad. No es que nosotros veamos en él ni un amigo ni un colaborador, sino que tratamos de situarlo en su posición precisa. Contra él debemos luchar, sin descanso. AITZOL, El sindicato nacionalista, El Día, 19 luglio 1931. 81 “Luego, para combatir el socialismo, el arma más poderosa es despertar la conciencia nacional del obrero, es fomentar el sentimiento racial de las clases proletarias. Claro está que al sentar esta proposición, hablamos en el terreno puramente humano. La fe católica es, y será siempre, la que redima al obrero, y, sobre el Evangelio, se asentará únicamente la verdadera paz social. Esto nos lleva, como de la mano, a manifestar que para contrarrestar y aún vencer, plenamente, la marcha del socialismo en Euskalerría, se impone el iniciar, fomentar y propagar, rápidamente, una gran organización obrera que, aparte de su confesionalidad, sea netamente vasca, con características profundamente raciales y basada sobre el fundamento de nuestra nacionalidad euskaldun. Mas, por fortuna, nada debemos inventar. Existe ese magnífico organismo confesional y euskaldun: Solidaridad de obreros vascos. El es el único valladar que puede contener el avance del socialismo: es el único que puede vencerlo y desbaratarlo en Euzkadi. Contra el internacionalismo utópico del socialismo, una organización, neta y totalmente vasca.” AITZOL, El sindicato nacionalista, El Día, 19 luglio 1931. 82 Durante la Seconda Repubblica, Solidaridad, sin dal principio adottò una posizione esplicitamente autonomista seguendo alla lettera le indicazioni della maggioranza del partito.

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richieste delle classi lavoratrici avviando una risolutiva riforma sociale: “Hoy no es posible gobernar contra el obrerismo, ni siquiera dejándolo al margen, haciéndose el desentendido. […] Poco habríamos adelantado si, conseguida la más amplia autonomía política y administrativa, para con libertad de juego y movimento, no aplicar en Euzkadi las soluciones propias de este problema. [...] Se pretende indicar la altísma convenencia de preocuparse de incluir en el Estatuto Euzkadiano cuanto afecta a este interesante extremo, máxime teniendo en cuenta la importancia extraordinaria que en toda acción libertadora ha de tener la actuación de las masas obreras y asalariadas [...] Hoy en día, los vascos estamos en condiciones inmejorables para encauzar las diversas facetas de esta cuestión por vías conciliadoras y efícaces, hasta el punto de poder, en un par de presupuestos anuales, colocarnos en un plan de mejoras infinitamente superior al del resto de España, y codearnos con los avances sociales más justos y equitativos de Europa. [...] Mediten serenamente los hombres que dirigen en los momentos presentes el movimiento autonómico, y piensen en la responsabilidad histórica en que incurren, ya que se encuentran en circunstancias de bosquejar el plan de reorganización social y acoplarlo al Estatuto Vasco, del cual puede depender, y en nuestro sentir depende, todo el porvenir social de Euzkadi, toda la paz social de nuestra raza”. Nello stesso documento sono di seguito illustrate rivendicazioni concrete come il salario familiare, la creazione dei comités paritarios, Casse assicurative e interventi assistenziali, e soprattutto la richiesta di riconoscimento dei diritti basilari dei lavoratori insieme al diritto al lavoro83. Le indicazioni raccolte in questo documento sono molto importanti perché denotano la acuta coscienza che il sindacalismo nazionalista ha maturato rispetto alla questione sociale ed operaia, così come la consapevolezza di rappresentare una classe che giustamente rivendica un proprio autonomo protagonismo nella lotta nazionale. Pur ribadendo i tradizionali precetti cattolico-sociali, ora filtrati dal movimento democratico cristiano che si stava affermando coevamente in Europa e per questo notevolmente ammodernati, la rappresentanza del proletariato come soggetto altro rispetto al capitale è esplicita, così come la denuncia dello strapotere di quest’ultimo. Ciò, nonostante il dialogo con esso non debba essere necessariamente conflittuale, ma possa svilupparsi secondo le classiche direttive mediatrici tipiche del sindacalismo e direi della politica democratico-cristiana84. Tale aspetto non può essere trascurato e si inserisce nel citato processo di maturazione del sindacato nazionalista che precede la evoluzione sindacalista precedentemente descritta. Di seguito la nostra ricerca analizzerà tre episodi significativi che possono fornire degli espliciti esempi delle nuove posizioni adottate da Solidaridad all’indomani del Congresso di Vitoria e che pertanto rappresentano un utile sostegno alla tesi, sopra esposta, della evoluzione sindacalista e democratica di STV negli anni trenta. Procederemo in primo luogo, allo studio del conflitto sviluppatosi a partire dal 1932 ed esploso nel 1934 fra STV ed AVASC, al quale affiancheremo brevi accenni agli attriti sorti fra sindacato nazionalista e PNV; in secondo luogo, ci soffermeremo sull’importante episodio dello sciopero rivoluzionario dell’ottobre del ’34, analizzando la ambigua posizione mantenuta da Solidaridad e la repressione che i militanti sindacalisti nazionalisti, al pari di socialisti, comunisti ed anarcosindacalisti, patirono all’indomani dello sciopero stesso; infine, non si può prescindere da un seppur breve accenno alla chiara ed esplicita posizione che STV adottò nel luglio del 1936 allo scoppio della Guerra Civile. Per ragioni di spazio i seguenti studi specifici prenderanno in considerazione esclusivamente i dati più significativi di ciascun episodio al fine di cogliere esclusivamente gli aspetti più importanti in grado di sostentare la tesi della evoluzione sindacalista sempre più evidente all’indomani del Congresso gasteiztarra.

83 LARRAÑAGA Policarpo de, op.cit., Vol.II, p.119-125. 84 In un manifesto diffuso in Euskadi in occasione della Festa dei Lavoratori, il 1° maggio 1932, si leggeva la seguente riflessione: “Nuestra organización no anida odios ni rencores, hacia los interesse justos y legítimos, pero convencida de las injusticias sociales y de los egoísmos del actual régimen capitalista, trata de estructurar el orden social de nuestra patria bajo postulados que responden al imperio de la justicia, reivindicando para nustros obreros, empleados y profesionales todos sus legítimos derechos, todas aquellas mejoras, seguros e instituciones que respondan a los dictados de la estricta justicia social cristiana [...] Solidaridad tiene profundamente arraigada la convicción de que la realización de su pensamiento social es la redención nuestra, la emancipación de nuestro proletariado, el engradecimiento de nuestra patria”. LARRAÑAGA Policarpo de, op.cit., Vol.II, p.147.

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IV.1

IL CONFLITTO TRA SOLIDARIDAD

E LA AGRUPACIÓN VASCA DE ACCIÓN SOCIAL CRISTIANA

Il conflitto che coinvolse il sindacato nazionalista e la AVASC tra il 1932 ed il 1934 è un esempio alquanto significativo che ci permette di cogliere pienamente il profondo mutamento vissuto da ELA negli anni repubblicani e le parallele preoccupazioni che tale cambiamento indusse in una parte non marginale del movimento nazionalista. La Agrupación Vasca de Acción Social Cristiana, fu fondata nel 1932 ed operò sino al 1934. Come si leggeva nel programma “Es AVASC una agrupación de amigos unidos en la ansiedad de un mismo fin y en los deseos de una conquista social, que se circunscribe dentro de los límites que le imponen los objetivos que al nombre acompañan : vasca y cristiana. Es Vasca, porque su acción se limita dentro de las fronteras del País Vasco, y porque sintiendo en el fondo del alma la desgraciada actuación que en el mismo se está llevando a cabo por elementos socialistas y anarquistas, desea por todos los medios liberar al mismo del yugo antisocial que comienza a oprimirle y que acabará por dominarlo si no acudimos a tiempo. Se llama Cristiana porque su primera preocupación es la de hacer labor social, derivada siempre y en todo de la doctrina de Jesucristo y de las doctrinas de la Iglesia, únicas conducentes a la prosperidad espiritual y también de rechazo a la prosperidad material de los pueblos; y las únicas tradicionalmente arraigadas en lo más íntimo de las entrañas de nuestro país”85. L’obiettivo principale di tale organizzazione, promossa da diversi militanti peneuvistas oltre che dal Vescovato di Vitoria, fu la promozione, attraverso corsi organizzati, degli ideali social-cristiani presso le classi lavoratrici autoctone. Tuttavia il carattere eminentemente padronale dell’associazione insieme alla manifesta volontà di quest’ultima di sovrapporsi all’azione pedagogica e propagandistica solidaria, creò le condizioni perché sorgesse fra sindacato e AVASC un vero e proprio conflitto, che si concluse nel giugno del 1934, allorquando STV proibì ufficialmente ai suoi affiliati di partecipare a qualsiasi corso fosse organizzato dalla Agrupación Vasca de Acción Social Cristiana. Di lì a poco l’effimera esistenza di quest’ultima terminò ed i successivi tentativi di ricostituire un’organizzazione padronale fallirono miserevolmente a causa delle fortissime opposizioni manifestate a più riprese da Solidaridad86. Nonostante il tentativo intrapreso con la fondazione di AVASC fosse stato principalmente condotto da elementi padronali del movimento nazionalista, l’episodio ci permette di accennare brevemente a come cambiarono i rapporti fra nazionalismo politico e sindacalismo nazionalista, allorquando quest’ultimo imboccò la via riformista che abbiamo illustrato nelle pagine precedenti. L’episodio in sé mostra il grado di autonomia raggiunto da Solidaridad che, negli anni repubblicani, si svincolò dalla tutela di qualsiasi soggetto altro, incluso il medesimo PNV87. La fazione più tradizionalista del partito non lesinò critiche alla inedite posizioni di SOV/STV, sebbene parallelamente, l’influenza che tali posizioni ebbero nel definire la politica nazionalista negli ultimi anni della Repubblica fu notevole. La relazione fra partito e sindacato è oggetto di studio della nostra ricerca e non è questo, per ragioni di spazio, il luogo deputato a trattarne; tuttavia, la conclusione a cui siamo giunti è che la evoluzione sindacalista e democratica di Solidaridad non passò inosservata all’interno dell’ampio movimento nazionalista: essa

85 Riportato in ESTORNÉS ZUBIZARRETA Idoia, AVASC, in Enciclopedia Auñamendi, Euskomedia Fundazioa, www.euskomedia.org/euskomedia/SAunamendi 86 Cfr. JÁUREGUI Gurutz, Bases sociales del nacionalismo vasco durante la II República, in BERAMENDI Justo, MÁIZ Ramón, Los nacionalismos en la España de la II República, Madrid - Santiago de Compostela, 1991, p.251-252. 87 Il conflitto con AVASC, incarnazione del capitale, si basò sul principio dell’autonomia della classe operaia e pertanto la posizione di STV era apertamente in contrasto con alcune delle osservazioni che Sabino Arana aveva formulato circa la questione sociale e le relazioni capitale-lavoro, e che erano improntate ad un manifesto paternalismo industriale. Come ha indicato Jean Claude Larronde, “Arana asina a la clase capitalista el papel de educadora y protectora de la clase obrera, necesitada de esta tutela. [...] La clase capitalista es, pues, la clase tutora a quien Dios ha confiado una tarea alta y noble de protección y educación de la clase obrera; el más perfecto paternalismo debe presidir las relaciones entre patronos y obreros”. LARRONDE Jean-Claude, op.cit., p.253-254. Tuttavia è utile sottolineare che l’autonomia di STV dal PNV non fu mai totale, non solo perché sarebbe stato difficile spezzare il legame storico fra le due organizzazioni, ma anche perché i dirigenti sindacalisti erano a volte anche dirigenti peneuvistas. A tal riguardo basta citare Manuel Robles Aranguiz, che fu al medesimo tempo, Segretario Generale di STV dopo il 1933, nonché deputato a Cortes eletto tra le fila del PNV.

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suscitò critiche, ma allo stesso tempo rappresentò ed influenzò notevolmente le politiche del PNV88. STV fu il primo soggetto nazionalista, che, sia a livello programmatico, sia a livello pratico, prese apertamente le distanze da alcuni dei postulati più tradizionali ed anacronistici dell’ideologia nazionalista, contribuendo a modernizzare ampie fasce del movimento, incluso il partito, che potette contare anche sull’apporto indispensabile di una nuova generazione politica rappresentata in primo luogo da José Antonio Aguirre e da Manuel Irujo Ollo.

IV.2

OTTOBRE 1934

Il grande sciopero rivoluzionario dell’ottobre del 1934 rappresentò senza dubbio il momento di più alta conflittualità politica e sociale registrato durante la Seconda Repubblica. Esso coinvolse la totalità delle regioni spagnole, incluso le province basche: ivi lo sciopero fu generale e non mancarono violenti scontri fra scioperanti insorti e forze dell’ordine, principalmente nelle zone dove maggiore era la concentrazione operaia: in primis Eibar e Mondragón, ed in secondo luogo i centri industriali e minerari intorno a Bilbao (come per esempio Portugalete, Barakaldo, La Arboleda, Somorrostro, ecc.) ed alcuni porti e centri industriali intorno a San Sebastián (principalmente Pasajes e Rentería). Lo sciopero fallì rapidamente in tutta la Spagna, sebbene il focolaio rivoluzionario asturiano persistette molto più che nel resto della penisola; anche nei Paesi Baschi esso fu prontamente sedato dalle forze dell’ordine e dall’Esercito, durando in alcuni casi anche un solo giorno, il solo 5 ottobre, mentre in altri, come nella zona mineraria vizcaína, gli scioperanti resistettero sino al 18 ottobre89. In questa sede ciò che ci interessa è rispondere alla seguente domanda: partecipò il sindacalismo nazionalista allo sciopero rivoluzionario? La mancanza di documenti diretti90 che attestino la partecipazione di STV, non esclude però questa possibilità, ed a tal riguardo bisognerebbe distinguere fra le esplicite direttive rivolte ai propri militanti da STV e PNV, ed il comportamento, difficilmente ricostruibile, delle basi del sindacato. Possiamo limitarci a constatare però, che nonostante il chiaro intento rivoluzionario degli scioperanti e l’egemonizzazione del movimento da parte di UGT, PC e CNT, né STV né PNV si opposero ad essi: il nazionalismo pertanto preferì rimanere al margine della contesa dichiarando la propria neutralità. L’ideologia nazionalista, decisamente su posizioni reazionarie, ultracattoliche, ed anti-socialiste, avrebbe dovuto spingere il PNV a contrastare il movimento rivoluzionario di ottobre che si caratterizzava per le sue radici socialiste, comuniste ed anarchiche. L’opportunismo politico91, insieme al processo di democratizzazione vissuto dal movimento nazionalista, su spinta anche di STV, favorì l’affermarsi di una scelta moderata concretizzatasi in una posizione di neutralità di fronte allo sciopero rivoluzionario. José Antonio Aguirre, nelle sue memorie ha riportato le consegne di PNV e STV ai propri militanti: “PNV: Abstención, absoluta abstención de participar en movimiento de ninguna clase, prestando atención a las órdenes que en caso preciso serán dadas por las Autoridades. STV: Allá donde pueda trabajarse sin peligro, acudan todos los trabajadores a sus labores, pero si para ello encontraran alguna dificultad o peligro, retínerse sin participar en ninguna actividad no ordenada por la agrupación.”92 Tuttavia a tali richieste non corrispose una effettiva neutralità da parte delle basi del partito e del sindacato, difficilmente controllabili; non pochi militanti della STV, e dello stesso PNV, parteciparono direttamente allo sciopero rivoluzionario al fianco di socialisti e comunisti che di fatto egemonizzavano e dirigevano il movimento. Per esempio José Luis de la Granja Sainz ha sottolineato, che in base a documenti

88 “Ante la pujanza alcanzada por este sindicato de masas unido estrechamente al PNV y ante la gravedad de la crisis económica de los años treinta en Euskadi, el nacionalismo vasco tuvo que prestar mucha más atención a la cuestión social que durante la Restauración” GRANJA SAINZ José Luis de la, op.cit., Madrid 1995, p.141. 89 A proposito della Rivoluzione di Ottobre del 1934, cfr. JACKSON Gabriel (ed.), Octubre 1934: cincuenta años para la reflexión, Madrid 1985 90 A tal riguardo è utile segnalare che l’Archivio di STV fu distrutto. 91 L’opportunismo politico cui si accenna era legato principalmente alla questione autonomica. Il conseguimento dello Statuto d’autonomia fu una delle principali chiavi di lettura della politica peneuvista negli anni della Seconda Repubblica. Cfr. GRANJA SAINZ José Luis de la, op.cit., Madrid 1995. 92 Si veda AGUIRRE José Antonio, Entre la libertad y la revolución, Bilbao 1976 (1a edizione 1935)

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ufficiali del Governatore di Vizcaya e del Partito Comunista de Euskadi, certamente furono numerosi i nazionalisti che parteciparono allo sciopero nella zona industriale di Portugalete ad ovest del fiume Nervión93. Inoltre Pedro Barruso Barés ha individuato in un documento interno del Partido Comunista de Euzkadi la seguente nota, tuttavia difficilmente dimostrabile, in cui si esalta “el papel jugado por los solidarios vascos, que se incorporaron al movimiento, participando muchos de ellos directamente en la lucha”94 . Ciò di cui siamo certi è che il sindacato nazionalista non si schierò a fianco delle forze reazionarie e controrivoluzionarie: possiamo constatare che STV, e con esso buona parte del PNV, non ostacolarono uno sciopero, quello dell’ottobre 1934, che per le sue peculiari caratteristiche – fu uno sciopero politico e non sindacale, socialista e rivoluzionario – avrebbero dovuto quanto meno criticare e condannare: tale posizione rappresentò indubbiamente una novità nel panorama politico e sindacale nazionalista95. Essa fu sicuramente frutto di calcoli opportunistici, ma fu anche conseguenza diretta del processo di avvicinamento fra nazionalismo e forze politiche e sindacali repubblicane e socialiste che si sviluppò a partire dall’inizio del bienio negro. Ricostruire tale processo non è compito da assolvere in tale sede, tuttavia l’intesa fra nazionalismo politico, PSOE e repubblicani, esplicitatosi nel conflitto fra i municipi baschi ed il Governo radicale (luglio del 1934) e nella celebrazione della Assemblea di Zumárraga (settembre del 1934), fu accompagnata dalla progressiva intesa sindacale fra STV ed UGT, che iniziarono a collaborare sempre più frequentemente conducendo battaglie comuni e contribuendo a compattare la classe operaia della regione. Tale cambiamento fu d’altronde riconosciuto anche dalla forze sindacali marxiste che, soprattutto a partire dal dopo ottobre del ‘34, attenuarono le proprie critiche nei confronti di STV, tanto che, come ha indicato Juan Pablo Fusi, “a partir de entonces, desde la óptica socialista, STV empezó a ser vista como una sindical obrera y no, como hasta entonces, como una sindical ‘amarilla’, subordinada al empresariado vasco y divorciada de los interesse de los trabajadores del País Vasco”96. Nonostante l’inedita collaborazione fra le due forze sindacali è tuttavia opportuno segnalare che i rapporti fra STV ed UGT non mutarono del tutto e di fatto la conflittualità che aveva da sempre contraddistinto la relazione nazionalismo-socialismo continuò a contraddistinguere il rapporto fra le due organizzazioni. Allo scontro ideologico, durante la Repubblica, si era sommato uno scontro di natura più politica scatenato principalmente dalla grande crescita che sperimentò il sindacalismo nazionalista in questi anni e che può essere rappresentato non a torto come una ulteriore prova della evoluzione sindacalista che coinvolse Solidaridad: quest’ultima divenne a tutti gli effetti durante la II Repubblica un sindacato di massa in grado di coinvolgere non solo l’aristocrazia operaia e i cosiddetti obreros mixtos97, sino ad allora sua base sociale preferenziale, ma anche i lavoratori non qualificati, che soprattutto in Vizcaya, dove il processo industriale si trovava ad uno stadio avanzato, costituivano la maggioranza della classe operaia e che rappresentavano il nocciolo duro del sindacalismo socialista. Tale crescita impetuosa98, creò una condizione di ‘dualismo sindacale’ i cui protagonisti erano da una parte la UGT, da sempre maggioritaria in Euskal Herria, e dall’altra la STV, che beneficiò sia della grande crescita che l’intero movimento nazionalista sperimentò negli anni trenta, sia, parallelamente, di una efficace politica sindacale in grado di affiancare alla tradizionale funzione mutualistica, una inedita capacità rivendicativa99 che spesso si concretizzò in importanti successi per l’intera classe lavoratrice100.

93 GRANJA SAINZ José Luis de la, 1934: Un año decisivo en el País Vasco. Nacionalismo, socialismo y revolución, in Revista Sancho el Sabio, N.21, Vitoria 2004, p.19-20. 94 Archivo Histórico Nacional – Sección Guerra Civil, carpeta 30. Cfr. BARRUSO BARÉS Pedro, op.cit., San Sebastián 1996, p.339. 95 “En la práctica, por lo tanto, STV vino a secundar, pacíficamente, la huelga revolucionaria de la izquierda”. FUSI Juan Pablo, Las organizaciones obreras en el País Vasco durante la II República, in TUÑÓN DE LARA Manuel (dir.), Gernika: 50 años después (1937-1987), San Sebastián-Donostia 1987, p.110. 96 FUSI Juan Pablo, op.cit., p.110. 97 Per obrero mixto utilizziamo la definizione di Castells, Díaz Freire, Luengo Teixidor e Rivera Blanco, secondo la quale esso è “una figura […] el cual, manteniendo su habitat en el medio rural, desarrollaba su trabajo en los centros industriales”. CASTELLS Luis, DÍAZ FREIRE José Javier, LUENGO Félix, RIVERA Antonio, El Comportamiento de los Trabajadores en la Sociedad Industrial Vasca (1876-1936), in Historia Contemporánea, N.4, in Historia Contemporánea, N.4, 1990, Bilbao, pp.325. 98 Secondo i dati forniti da Fusi, Solidaridad passò dai 6200 affiliati del 1929 a ben 40342 affiliati nel 1933. Da questo momento in poi tale cifra rimase più o meno stabile. FUSI Juan Pablo, op.cit., p.103. 99 Secondo María Luisa Garde Etayo “no faltaron los momentos en que las reivindicaciones de ELA superaran a las de la UGT”, in GARDE María Luisa, El sindicalismo nacionalista: ELA-STV, in VV.AA., Los Nacionalistas. Historia del nacionalismo vasco. 1876-1960, Vitoria-Gazteiz 1995, p.198. 100 Parliamo di ‘dualismo sindacale’ per via della esigua forza sindacale detenuta in Euskadi sia dagli anarcosindacalisti della CNT, che dai comunisti che formarono una propria organizzazione, la Confederación General del Trabajo Unitario, tra il 1932 ed il 1934.

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Il processo su descritto, che, insieme alla posizione adottata da Solidaridad in occasione dello sciopero dell’ottobre ‘34, potremmo intendere come una prova in più a sostegno della tesi citata della evoluzione sindacalista, a detta di José Luis de la Granja Sainz, si accentuò all’indomani dello sciopero in quanto la repressione colpì indiscriminatamente anche le organizzazioni nazionaliste con STV in testa. Tale repressione a detta del citato studioso contribuì a che “a finales de la República se dio un proceso de convergencia antifascista de los sindicatos (UGT, CGTU y CNT), que alcanzó incluso a STV, en vías de radicalización y de una mayor autonomía en su actuación respecto al PNV. A ello coadyuvaron la convivencia y la solidaridad en las cárceles entre los presos de distintas tendencias. Todo esto facilitó la participación conjunta de las fuerzas sindicales contra la sublevación militar de 1936”101.

IV.3

LUGLIO 1936

L’episodio forse più significativo che ci permette di sostenere la tesi della evoluzione sindacalista e democratica sperimentata da Euskal Langille Alkartasuna durante i sei anni repubblicani, fu la decisa posizione assunta da STV e dall’intero movimento nazionalista di schierarsi a fianco della Repubblica allo scoppio della Guerra Civile, il 18 luglio del 1936102. Non è questo il luogo deputato all’analisi delle posizioni del nazionalismo durante la Guerra Civile e tanto meno allo studio delle cause, molteplici, che spinsero il movimento nazionalista a fianco delle forze repubblicane103. Inoltre l’atteggiamento del sindacalismo nazionalista tese, quasi per necessità, a ricalcare quello del partito, che al pari di STV, visse anch’esso il momento culminante di una sua propria evoluzione democratica iniziata negli anni precedenti: il movimento nazionalista si compattò intorno al PNV e fu esso da questo momento in poi, molto più che in precedenza, l’unico punto di riferimento per l’intera comunità nazionalista. È tuttavia importante notare che i militanti solidarios, al di là dei vari proclami peneuvistas, sin dal principio scesero in campo a fianco delle altre forze repubblicane: la classe operaia basca, e le organizzazioni sindacali che la inquadravano, svolsero un ruolo di primo piano nella battaglia contro il fascismo e nella difesa della Repubblica. Sin dal luglio del 1936, STV, insieme alle atre forze politiche e sindacali repubblicane, socialiste e nazionaliste, entrò a far parte della Comisaría General de Defensa de la República; mentre nell’agosto del 1936 appariva una nota ufficiale che recitava: “nos hemos opuestos al fascismo con energía, como obreros, como vascos y como cristianos”104.

Sulla CGTU si veda CRUZ MARTÍNEZ Rafael, La organización del PCE (1920-1934), in Estudios de Historia Social, N.31, 1984, Madrid, p.223-312; e ALBA Víctor, El Partido Comunista en España: ensayo de interpretación histórica, Barcelona 1979. 101 GRANJA SAINZ José Luis de la, op.cit., in Revista Sancho el Sabio, N.21, Vitoria 2004, p.20-21. 102 Lo stesso 18 luglio 1936, Manuel Irujo e José Mª Lasarte rendevano pubblica sulle frequenze di Radio San Sebastián la propria posizione “Sea cual sea el objetivo perseguido por los sublevados y la asistencia con que cuentan, nosostros, como demócratas, tomamos partido junto a la encarnación legítima de la soberanía popular representada en la República”. IRUJO Andrés Mª de, Los vascos y la República española. Contribución a la Historia de la Guerra Civil. 1936-1939, Buenos Aires 1944, p.23. Il giorno successivo, 19 luglio, sulle pagine di Euzkadi apparve il messaggio ufficiale del PNV redatto dal BBB: “Antes los acontecimientos que se desarrollan en el Estado español, y que tan directa y dolorosa repercusión pudieran alcazar sobre Euzkadi y sus destinos, el Partido Nacionalista Vasco declara – salvando todo aquello a que le obliga su ideología que hoy ratifica solemnemente – que, planteada la lucha entre la ciudadanía y el fascismo, entre la República y la Monarquía, sus principios le llevan indeclinablemente a caer del lado de la ciudadanía y la República, en consonancia con el régimen demócrata y republicano que fue privativo de nuestro pueblo en sus siglos de libertad” Euzkadi, 19 luglio 1936. 103 Sulla condotta del PNV durante la Guerra Civile si veda MEER Fernando de, El Partido Nacionalista Vasco ante la guerra de España(1936-1937), Pamplona 1992. 104 Cfr. GARDE María Luisa, op.cit., p.201-202. Per una più ampia trattazione del ruolo di STV nella Guerra Civile, si veda GARDE María Luisa , ELA a través de dos guerras (1936-1946), Pamplona 2001.

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V

CONCLUSIONI Lo studio del sindacato nazionalista basco negli anni repubblicani ha mostrato il grande cambiamento che sperimentò STV, e che abbiamo voluto indicare come una sorta di evoluzione sindacalista alla quale si affiancò una evoluzione democratica: quest’ultima, sebbene molto più avanzata in gruppi come Solidaridad, coinvolse di fatto l’intero movimento nazionalista, incluso il partito che certamente rappresentava l’organizzazione più restia a cambiamenti in tal senso, in quanto doveva fare i conti con una tradizione ideologica e politica conservatrice e reazionaria. Le cause di tale evoluzione democratica del PNV furono molteplici e sicuramente l’esempio di STV rappresentò una di queste: possiamo quindi affermare che il processo di democratizzazione e modernizzazione vissuto dal sindacato e portato avanti seguendo le nuove linee direttive politiche democratico-cristiane che si affermavano in Europa105, contribuì a ridefinire anche le medesime linee politiche del partito e ad avviare un processo analogo a quello sviluppatosi in Solidaridad, anche all’interno del PNV106. Ma in cosa consistette tale evoluzione sindacalista di STV, come si concretizzò e quali furono le possibili cause? In primo luogo è indispensabile affermare che il primo macro-effetto di tale evoluzione fu la trasformazione, sancita formalmente nel Congresso di Vitoria del 1933, di Solidaridad, in un sindacato moderno dotato di una potente e strutturata organizzazione, e di un programma dettagliato sempre più rivendicativo e radicalizzato. Cosicché STV si trasforma in uno strumento moderno ed efficace in mano ai lavoratori e pertanto sempre più addentro ai conflitti di lavoro; parallelamente esso rappresenta un progetto in divenire proiettato verso il futuro che lotta su due fronti, quello nazionale e quello sindacale, tuttavia con un unico obiettivo, l’emancipazione della classe operaia autoctona da conseguire in una Euskadi autonoma e democratica. Di seguito indicherò alcune delle cause principali che contribuirono alla citata evoluzione:

- L’avvento della Repubblica rappresentò senza dubbio un incentivo consistente per via delle ingenti aspettative che generò nelle classi lavoratrici spagnole e nelle varie organizzazioni sindacali, incluso in Solidaridad, la quale non poté che apprezzare la nuova legislazione sociale adottata dal primo Governo repubblicano107;

- La grande forza raggiunta dalla UGT, soprattutto all’indomani dell’avvento della Repubblica, spinse SOV a cercare di competere alla pari con essa. Per tale motivo era necessario strutturarsi in maniera più organica, mostrare una maggiore capacità rivendicativa, ed aprirsi maggiormente nei confronti della totalità della classe operaia basca: tali esigenze furono tutte portate a compimento con successo e contribuirono non poco ad accelerare il processo avviato sin dal 1931 di forte crescita del sindacato nazionalista;

- Un ulteriore elemento da non sottovalutare fu l’acquisizione da parte dei militanti solidarios di una coscienza di classe piuttosto marcata – per questo motivo precedentemente abbiamo parlato di sindacalismo di classe – che contribuì a radicalizzare le rivendicazioni di SOV/STV. Tale processo che si manifestò nella presa di coscienza da parte di Solidaridad di

105 Molto importante fu il citato ingresso di STV nella Internazionale Sindacale Cristiana di Utrecht che fu formalizzato in occasione del Congresso di Vitoria. 106 Sull’evoluzione democratico-cristiana del PNV negli anni repubblicani e particolarmente a partire dal 1936, il dibattito storiografico non è ancora giunto ad una visione univoca. Ludger Mees e Santiago De Pablo hanno evidenziato che, nonostante un certo cambiamento nella politica nazionalista avvertibile già nel 1935 e frutto principalmente delle pressioni del sindacato STV, solo a partire dalle elezioni del 1936 il PNV “acentuó un discurso próximo al catolicismo social europeo de la época” e amplificò in misura ancor maggiore tale tendenza durante la Guerra Civile e nel periodo post-bellico. [PABLO Santiago de, MEES Ludger, op.cit., Santiago de Compostela 1994, p.265]. Altri studiosi invece, hanno sostenuto la tesi che per il PNV della II Repubblica e della Guerra Civile non si possa parlare di un partito democristiano a tutti gli effetti, sebbene avesse già imboccato questa strada: solo nell’esilio il partito visse tale svolta tanto da essere uno dei membri fondatori della Internazionale Democratico Cristiana [GRANJA SAINZ José Luis de la, op.cit., Madrid 1995, p.143]. Javier Tusell ha evidenziato che “cuando la guerra civil estalló no se podía decir todavía, propiamente, que el PNV fuera un partido demócrata-cristiano: no se había enunciado un nuevo programa con esas características; las convicciones de los dirigentes probablemente no se trasladaban con absoluta fidelidad a las masas […] De todas maneras, sin duda alguna, el PNV estaba ya muy cerca de la democracia cristiana y su evolución se completò en años venideros” [TUSELL Javier, Historia de la democracia cristiana en España, Vol. II, Madrid, 1974, p.9-119.]. 107 Cfr. LARRAÑAGA Policarpo de, op.cit., Vol.I.

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costituire un gruppo di interessi delimitato e nella maggioranza dei casi in contrasto con la controparte, i padroni, fu, da una parte, frutto di una maturazione ideologica interna generata nel corso degli anni dalla stessa partecipazione attiva di SOV nel sistema basco di relazioni industriali, e, dall’altra, rappresentò una ulteriore risposta alla tumultuosa crescita del sindacato con l’ingente ingresso di operai non qualificati delle grandi industrie vizcaine;

- Ultimo fattore fu la grave crisi economica che colpì la Spagna repubblicana ed in particolare le regioni più industrializzate come le province di Vizcaya e Guipúzcoa. Fenomeni diffusi furono l’alto grado di disoccupazione108, l’aumento dei prezzi, nonché il parallelo taglio ai salari. Ciò provocò un inasprimento delle rivendicazioni operaie ed il parallelo incremento del livello di sindacalizzazione in Vizcaya e Guipúzcoa109 che coinvolse principalmente UGT e STV. Tale situazione ingenerò nel sindacalismo nazionalista un processo di radicalizzazione, non dissimilmente da ciò che era in parte già avvenuto con la crisi del dopoguerra soprattutto agli inizi degli anni venti.

Le conseguenze più evidenti della vigenza di tale processo evolutivo – creazione di un sindacato moderno e di classe in grado di affiancare ai tradizionali strumenti mutualistici e cooperativi anche lotte rivendicative condotte attraverso l’impiego di armi come lo sciopero ed il boicottaggio, crescita impetuosa di STV a livello di affiliazione, progressiva autonomia rispetto alla tradizionale tutela esercitata dal PNV nei suoi confronti, progressivo avvicinamento alle altre forze sindacali progressiste, in primis UGT, ed infine una profonda democratizzazione sia delle strutture interne che del messaggio politico-sindacale di Solidaridad – sono state ampiamente analizzate nelle pagine precedenti. Esse rappresentano la base stessa su cui abbiamo formulato la nostra ipotesi interpretativa e sostentato l’intera tesi della evoluzione sindacalista di Euskal Langille Alkartasuna durante la Seconda Repubblica.

108 Nel gennaio 1934 il quotidiano El Sol indicava cha la disoccupazione in Vizcaya aveva raggiunto il 23%. Invece, secondo María Luz Sanfeliciano e Ricardo Miralles, nei settori siderurgico e metallurgico vizcaini nel biennio 1933-1934 il livello di disoccupazione raggiunse il 30% - cifra elevabile al 50% se si considerassero anche i disoccupati temporanei -, mentre in Guipúzcoa nel medesimo periodo la disoccupazione colpiva il 20% della popolazione attiva. Cfr. FUSI Juan Pablo, op.cit., p.106; nonchè SANFELICIANO LOPEZ Mª Luz, El Sindicato Obrero Metalúrgico durante la II República: contribución a la historia del movimiento obrero en Vizcaya, in Estudios de Historia Social, N.4, 1978, Madrid, p.151-237; SANFELICIANO LOPEZ Mª Luz, UGT de Vizcaya (1931-1936), Bilbao 1990; MIRALLES PALENCIA Ricardo, El socialismo vasco durante la II República: organización, ideología, política y elecciones, 1931-1936, Leioa 1988. 109 I dati riportati da Ignacio de Olábarri indicano per il 1933 i seguenti indici di sindacalizzazione: 32,48% per Vizcaya e 30,77% per Guipúzcoa. Cfr. OLÁBARRI GORTÁZAR Ignacio, Relaciones laborales en Vizcaya (1890-1936), Durango 1978.