Storie che danno da pensare (Piccola biblioteca Adelphi...

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LDB

IndiceFrontespizioColophonSTORIE CHE DANNO DA

PENSAREIlteatro,unsognoBerlinoel’artistaSchizzo

NoteTitolioriginali

RobertWalser

Storiechedannodapensare

TraduzionediEugenioBernardi

AdelphieBook

TITOLOORIGINALE:

BedenklicheGeschichtenProsaausderBerlinerZeit

1906-1912

Quest’operaèprotettadallaleggesuldirittod’autoreÈvietataogniduplicazione,

ancheparziale,nonautorizzata

Primaedizionedigitale2014

Conl’autorizzazionedellaCarl-Seelig-Stiftung

Zürich,proprietariadeidiritti

©1978,1985SUHRKAMPVERLAGZÜRICH

©2007ADELPHIEDIZIONIS.P.A.MILANO

www.adelphi.it

ISBN978-88-459-7436-6

STORIECHEDANNODAPENSARE

ILTEATRO,UNSOGNO

ILTEATRO,UNSOGNO

Il teatro assomiglia a unsogno. In quello greco forsele cose erano diverse; ilnostro,permotivimisteriosiestrani, è racchiuso da unedificio scuro coperto da untetto. Vi si entra e dopoqualche ora se ne esce di

nuovo come da un curiososonnotornandoinmezzoallanatura, alla vita reale, esfuggendocosìaquelsogno.Nelsognoleimmaginiche

unovedesorgeredavantiagliocchi – forse sono gli occhidell’anima–hannounchedinetto, di ben marcato. Unaprospettiva naturale dellospazio, un suolo vero epropriolìnonesistono,néc’èaria fresca. Si respira aria dadormitorio, mentre si

scavalcano montagne comel’uomo dagli stivali dellesette leghe.Nelsognotuttoèpiù piccolo, ma anche piùspaurito, un viso ha il piùdelle volte un’espressionecosì determinata da risultaresconvolgente: di tremendadolcezzaseèunvoltodolceebenevolo, di tremendaripugnanza se è un volto cheispira paura e raccapriccio.Nel sogno troviamo la formaideale di concisione

drammatica.Lesuevocisonocarezzevoli in mododelizioso, il suo linguaggio ènello stesso tempo facondo eassennato; le sue immaginihanno l’incanto di qualcosache è allettante eindimenticabile, perché sonopiù che reali, vere e nellostesso tempo innaturali. Icolori di queste immaginisono netti e nello stessotempo morbidi, con la loronettezza fendono l’occhio

come coltelli affilati unamela, e un momento doposonodi nuovo svaniti, sicchémolte volte, addiritturamentre si sta sognando, ci sirammarica di veder spariretantoinfrettaquestoequello.Il nostro teatro assomiglia

a un sogno e ha ragioni abizzeffe per diventargliancora più simile. InGermania tutto tende adessereavvoltoe racchiusodamuraeognicosavuoleavere

untetto.Addiritturalepovereepomposesculturedeinostrigiardini sono sogni, ma ingenere sogni congelati. Ènotoquantomaleciriescanoimonumenti pubblici. In unospazio libero all’aria apertasiamo privi di talento.Preferiamo entrare in unagraziosacasetta,inunastranacasa di sogno, dove civengono incontro la nostravera aria e la nostra veranatura. Perché ci riescono

così bene le feste di Natale,perché siamo felici distarcene seduti in unastanzetta calda e vedere chefuori sulla strada cade laneve, infuria il vento, c’è untemporale o piove a dirotto?Noi stiamo così bene dentrotane oscure, meditative. Nonè questa predilezione arappresentare una debolezza,la nostra debolezza consistepiuttosto nel vergognarci diunasimilepredilezione.

Le cose che scrivono ipoeti non sono forse sognianch’esse, e la scena apertacos’è mai se non la lorobocca spalancata che parlacome nel sonno? Durante lefatiche del giorno noi, per lastrada e nei locali, stiamodietro alle nostre faccende eai nostri propositiutilitaristici, e poi ciritroviamo in quelle strettefile di poltrone quasi fosserodei lettucci e stiamo lì a

guardare e a sentire; ilsipario, il labbro di quellabocca, si alza di scatto equalcosaurla,sibila,guizzaeci sorride in modosconcertante e nello stessotempo assai confidenziale; ciprovoca un’agitazione chenon vogliamo né sappiamodominare, ci fa torcere dallerisate o fremere di un piantointeriore. Le immaginifiammeggiano e brucianodavanti ai nostri occhi, i

personaggidellospettacolosimuovono di fronte a noigrandipiùdelnaturale,comefiguremaiviste.Ildormitorioèbuioesoloilsognopalesatoa tutti risplende in una lucepotente, abbaglia e parla alpunto da costringere uno astarsene lì seduto a boccaaperta.Come sono melodiosi i

colori nei sogni! Paionodiventare dei volti, eall’improvvisouncoloresifa

minaccioso,singhiozza,cantaosorride;unfiumediventauncavallo e con i suoi zoccoliferratiilcavallotentadisaliresu per una scala stretta, ilcavaliere lo sforza, lo stannoinseguendo, gli voglionostrappare il cuore dal petto,già stanno avvicinandosi, sivedonodalontanoavanzareabrigliascioltaisuoiassassini,si è presi da una pauraindicibile e... cala il sipario.Unapiazzacittadinaèscossa

da un terremoto, le casecrollanopiegandosiinavanti,l’aria è come spruzzata disangue, dovunque si apronosquarci rosso fuoco, alcunisparano coi loro fucili,ammazzando e uccidendofanno a gara con la natura,mentre il cielo è di un dolceazzurro chiaro, ma posa inmodo assolutamente puerilesopralecasesimileauncielodipinto.Tuttoquelsanguinareè come un getto di piccole

rose, le case continuano acadereeppurestannoinpiedi,e continuano a esserci orrideurla e spari di schioppi chepure non ci sono. O quant’èdivino il sogno neglispettacoli che dà. Offrel’immagine pura einoppugnabile di ciò che èorribile e di ciò che è dolce,opprimente, assaimalinconico o penoso daricordare. Insieme aisentimenti, alle persone e ai

suoni ne dipinge subito gliscenari, insieme al dolcechiacchiericcio di una nobilesignora ne delinea il volto,insieme alle serpi anche lestrane erbe da cui questeorrendamente sbucano,insieme alle urla di chi staannegando anche ilmalinconico paesaggio seraledelfiumeedellesuesponde,insiemeaunsorrisoanche laboccachelomanifesta.Da cespugli verde cupo

fanno capolino volti bianchi,conunasupplica,un lamentoo un livore nei loro occhi dispaventosa trasparenza.Talvolta vediamo solo deitratti,dellelinee, talaltrasolodegli occhi; poisopraggiungonotrattipallidiecontornano gli occhi, poionde di capelli neri escarmigliaticheseppellisconoquel viso, poi un’altra voltarimane solo una voce, poi sispalanca una porta, due

entrano precipitosamente, cisi vuole svegliare, maquell’irrompere continuainesorabile.Neisognicisonomomenti di cui, per una vitaintera, non potremo maicancellareilricordo.Così agisce anche il teatro

con le sue figure, le sueparole, i suoni, i rumori e icolori. In una soave scenad’amore chi vorrebberinunciare al giardino invasoda una vegetazione

lussureggiante, in un delittononvederepureiltetromurodelvicolo,inunurloanchelafinestra da cui può esserelanciato, e con la finestra ladelicata e femmineamentecandidatendinachenefaunafinestraperdavvero, ealtresìun incanto e la rende nelcontempo naturale. Ci sonosulpalcoscenicodeipaesaggicon la neve, paesagginotturni, tali da far credereche si estendano e si

espandano per miglia emiglia: un treno con ifinestrini dei vagoni daibagliorirossastristapassandoconunalentezzaestremaedècome se passasse e sisnodasse su un orizzontelontano, dove la sua velocitànon riesce a sottrarsirapidamente agli occhi. Ateatroprossimitàelontananzasono contigue. Due furfantibisbigliano a voce sempretroppo alta, un signore

distintoodetuttoeppurefingedi non sospettare nulla. Eccola caratteristica del sogno: ilnon vero che è vero, ilcommovente, e infine labellezza. Come è belloquando due tipi bisbiglianotra di loro urlando a pienipolmoni,mentre i lineamentidella terza persona dicono:«chesilenzioquiintorno!».Sono cose che

assomigliano alle visionibelle e atroci dei sogni. La

scena ce la mette tutta aspaventarci: fa bene ariproporseloealtrettantobenefacciamo noi a custodire nelnostro animo quella certacosacheancoracipermettediprovareilpiaceree ilbrividoditalespavento.

QUINTOATTO,ULTIMASCENA

Fondale che rappresenta

una strada. Kasperle entraprecipitosamenteinscena.

KASPERLECribbio,chepaurami ha preso.C’era il diavoloche mi correva dietro, cheorrore, che orrore, chespavento.Nonvorreiprovarenulla del genere una secondavoltainvitamia,perpoidireche ce l’ho alle spalle.Preferisco piuttosto averloancoraduemilaseicentocinquantasettemila

volte davanti a me. Ho icapelli che mi cadono aciocche sulla fronte. Vorreichequalcunomidicesse seèvero o no. Non mi possoingannare, immagino. (Vocedal pubblico grida: Sì,Kasperle, è vero). Bene, hosemprepensatodinonesserecapace di dire bugie. Cheorrore. No, preferisco patiretutto un’altra volta piuttostoche ripensarci. Il pensiero, ilpensiero è quello che fa

paura.Nehoammazzatisette,che Dio mi fulmini, e fra diloro c’era anche unagovernante diplomata: zac,zac, zac, zac, zac, zac e zac!Uno,due,tre,quattro,cinque,sei, sette.A sette persone hofatto un bel buco in testa,c’era il sangue che saltellavatutt’intorno, come se avesseavuto le gambe, e fra loroc’era anche un autenticogenerale prussiano. A quellogli ho cavato l’uniforme con

le spalline dorate, e dopoessermi messo addosso queimiserabili vestiti ho avutol’onore di proclamarmigenerale comandante, Cristosanto.Ma adesso come devocomportami in società, peressere una persona ammodo?Come?Cosa?Dove?Perché?Dovemai?Chidivoihadettoqualcosa? (Silenzio delpubblico). Niente nessuno?Perduttimacciore.Cingulammure, così dicono

inItalia,misembra.Comemicorrevano appresso, ifantasmi di quelli che avevoaccoppato; c’era da darsela agambe di gran carriera! Nonvoglio spararle troppo grossecon la mia vecchia, bravalinguaccia da fanfarone, mavogliodirequesto,chedietrodi me da un momentoall’altro c’era l’inferno intero– come se fosse necessariacontro Kasperle lamobilitazione generale. Due

gatti mi hanno cavato gliocchi con i loro artigli.Quellochehoperdutoinfattodi braccia e di gambe deveessere ancora specificato.Cosa? Parli più chiaramente,la prego, è da ieri che sonosordo. Colorato? Come? Ah,constatato. Deve essereancoraconstatato,valeadire,purché mi accettinoall’ospedale. (Voce dalpubblico: Ti accettanosenz’altro).Grazie,grazieper

il premuroso interessamento.Speriamolo tutticheperpuracarità cristiana voglianorimpinzare questo esseremalridotto.Allo stato attuale,ho ancora mezzo occhio, ilnaso schiacciato, eprobabilmente ha bisogno diun ciabattino che lo rattoppi,la bocca storpiata da uncazzotto, be’, però unasalsicciacaldadell’Appenzellcientrerebbeancora.Epoihovogliadimangiarmiunatorta

di ricotta. (Dal pubblico: Nevuoi un po’?). Da te?Neanche per idea! Dovreiessere un sozzone schifoso.No,Kasperle hadesideri benpiù elevati. Non a casoviaggio per incombenzeculturali. Infatti io di solito,quando non ho nient’altro dafare, sono commessoviaggiatore. Al momento, inrealtà, sono solo direttore diteatro, perché voglio provareunavolta tantocosasignifica

guastareagli altri ilmestiere.Unacosadopo l’altra.Chi lapensa diversamente alzi undito. (Tutti alzano la mano).Maledizione, non avrei maicreduto che si osassecontraddire Kasperle cosìapertamente.Dovròcambiareregistro. Forse è meglio checominciacantare:

ONapolionevecchiociabattone

Sembra che non siapiaciuto affatto. Eppure è unantico motivo popolare,anche adesso lo cantanovolentieri a squarciagola,quando dai quattro angolidell’orizzonte, come unmalinconico affresco, sale laseraeneivillaggic’ègrandesilenzio. Oggigiorno sembranonesserviilminimopiacereper queste poesie da garzonigirovaghi.Evabene così. Iodevo tenermi aperte tutte le

strade, seno sonocostretto adire addio al mestiere.Quando sarò troppo coriaceoper tagliarmi la gola e farnesanguinaccicolsanguechenesprizza, per dare unoscossoneavoichevenestatelaggiù belli seduti, a quelpunto sarà venuta l’ora diguardarmi intorno e dicercareunaltroimpiego.Ehi,è arrivata la posta: un paccoda Wädischwil. Avrei maidetto una roba del genere in

vitamia?Cosapuòvenire inmente a una persona! (Dalpubblico: Tagliati la gola!).D’accordo. In compenso, cisono da pagare diecicentesimiextraall’uscita.C’èmia moglie a incassarli.Dunquevieni,tumiasalvezzanell’ora dell’emergenza.Detto fra noi, non sapreidavvero quale emergenza mispinga a fare simili porcate.Mailgustoodierno,ungustoda sanguinacci, vuole così.

Non resta che darci dentro.(Si massacra). Ah,maledizione! Ah, stomorendo. Per Kasperle èfinita. Finis. (Gridando).Dieci centesimi.Ricordatevelo.Edomanisera,alleottoinpunto,eccezionalespettacolo di gala. Addio,addio.

UNARAPPRESENTAZIONE

TEATRALE

Il teatro era gremito, sidava la Maria Stuarda diSchiller. Era unarappresentazione popolare aprezzi modici. Il sipario sialzò, il dramma ebbe inizio,entraronoinscenagliattori:arecitare erano personaggi

giganteschi. Lo sfondo, orauna stanza, ora un paesaggioboschivo,oraunparcoamenoche stormiva:eraunosfondoassolutamente delizioso,pienodi bagliori, uno sfondovero come in natura. Ipersonaggi recitavano suquestosfondo.Comesedellefigure vive si muovessero suuna tappezzeria appenaluccicante. Colpiva in mododelizioso gli occhi. La plateaeranera,maleodorante,satura

difumo,scura,tetra,densadieffluvi. La scena invece erachiara, leggiadra, calda,abbagliante e piena di unfuoco tutto giochi displendore. Questo fuocoparlava, diceva i versiardentementebellidiSchiller.Si ascoltava non solo confredde orecchie, no, anchecon la bocca. La bocca èqualcosadicaldoaconfrontodelle orecchie. I discorsisfavillavano, gli occhi sulla

scena guardavano dentro gliocchi di chi sedeva nellospazio oscuro della platea.Dei paggi finementeagghindati, per davvero,stavano a gambe divaricate.Erano paggi troppo pingui etroppograndiinrapportoallaristrettezze del teatro e dellacompagnia.Disturbavano,eilfattotristeèchepergiuntasisforzassero di risultare didisturbo. Erano donne. Sipensava con nostalgia a bei

fanciulli,fieri,snelli,discreti.Non ho mai visto in unospettacolo i paggi avanzarecosì tanto verso la ribaltacome ieri. Era al contempobello e spiacevole, curioso eantipatico. Proprio così, e lascena nel parco è statadavvero splendida,quando ledue regine si gettano furentil’una contro l’altra. Nel suoabito verde da cacciatrice laregina Elisabetta era quantodipiù splendidoci sipotesse

immaginare. E recitava inmaniera magnifica. Mariaaveva un comportamento davolgare sgualdrina.Elisabetta, anche nell’ira, erasimpatica, Maria nel daresfogo al suo dolore eraorribile, falsa, mendace,maligna, inautentica edisgustosa. Ciò che dico èvero. Nei confronti dellesignore bisognerebbe parlareinmodopiùgarbatodiquantoqui non sia avvenuto, ma

l’onestàvuolecosì.

UNOCHEÈCURIOSO

Che commedie si darannonel prossimo inverno, qualipersonaggi calcheranno lescene, che tipo di autoririuscirà a farsi sentire, e conquale slancio si reciterà intutti i teatri della capitale?Ecco ancora una volta ladomanda non proprioirrilevante, a mio parere, in

questo momento.Probabilmente ci sarà undramma di Hauptmann, unodi Sudermann, uno diWedekind, à propos uno diHofmannsthal,econfessochenonc’èvolutatroppaarguziada parte mia per non poternonannunciarlopoiaiquattroventi. Ma ci sarà anche unnomenuovoaemergeredallagrande ombra degli ancoraignoti, verranno servite dellenovità? Oso presumerlo, e

credopurecheun insiemedistellemuoveràdasud-estpercalaresudinoiinunapioggiadi fuoco. Cosa presenteràReinhardt? Saranno cartebuonequelleche sigiocherà,ecosastannofacendoadessoinostriesimicritici?Siedonoancoraalmarginedelboscoaleggereunlibrooafumarelapipa? Tra poco dovrannoaffluire qui di gran carriera,perché qui da un momentoall’altro sarà tutto uno

scoppiettiodifaville,ecisaràun estremo bisogno dellasquadra dei pompieri adabbassare la temperatura.Cosa combinano gli attori?Dove stanno vagando almomentoconilorovulcanidicreatività non ancora spenti?State bene attenti, voi con levostre solari euforie e levostre vampe di entusiasmo.Qui ci sono già stuoli dipersone con idrantiacuminati, intendo dire con

penne per scrivere infilatedietro l’orecchio e pronte adarvi una bella innaffiatina,sepenseretediesserestatifintroppo bravi. Dov’è lagioventù, dove sono i talentinascosti,edovesiaggiranoalmomento, se è permessochiederlo, i signori direttoriartisticidialtoebassorango?Miparedivedereunodiloropasseggiare su e giù perun’animata strada diCopenaghen sotto braccio a

una graziosa sgualdrinella.Devono fare attenzione, senon vogliono buscarsi unabella doccia fredda.Fortunatamente tra poco ilrigoglioso mondo dell’estateanchestavoltasarà finito,maecco che cosa volevochiedere: quando si inizieràcon una première degna dinota, in quale giorno avràluogo, e sarà emozionante?Lospero,perché facciopartediqueibuongustaiperiquali

una première deve essere, sepossibile, un banchettoluculliano. Non voglioproprio dire che sia per mecausa di gioia se un autoreviene fischiato e respinto, etuttavia me ne rallegro lostesso, perché fa semprepiacere avere un qualcheoggettodicommiserazione.Quando si alzerà per la

prima volta il siparioconsentendoci di vederequalcosacheelevi lo spirito?

Visaràgranchédiedificante?Amosperarechevisiapoi,ditantointanto,anchequalcosadi degradante da vedere,qualcosa per così dire dispudorato: fra i desiderisegreti di chi frequenta ilteatro bisogna infatticalcolare, se è permesso, chevi siano pure motivisufficienti per arrossire. Lafaccenda deve essere un po’pruriginosa,altrimentivieneanoia,ec’èsempregenteacui

questo piace, e c’è sempregentedispostaatrovarsubitotutto noioso. I decoratorihanno pulito per bene i loropennelli durante le vacanze?C’è petrolio nelle lampade?E, quanto alla luce, vi sononuove invenzioni? Tutto ciò,forse, è davvero menoimportante dell’angosciosadomanda circa la gestualitàdegliattori,eilpuntoacuiègiunta. C’è da sperare chel’uno o l’altro degli

interessati ne abbia smussatoun po’ gli spigoli, e perquanto riguarda la nobilescioltezza della lingua,quest’anno ci aspettiamo deivirtuosi:

Che la notte miinghiotta!Sembra avernecoscienzaeccomiancoraunavoltaa vagare al chiaro diluna.

Sono affilate le spade,

lucidati i bottoni, spaccate lepietre, costruite le panche,dipinti i sipari, indorate lecimase, stirate le camicie,emendati i comportamenti,lavate le teste, temprate lemembra, freschi i sensi, inperfetto ordine le scarpe e aposto i cuori? Vogliamosupporlo. Comecompariranno in scena gliuomini? Indossando

l’usbergo o in giacca epantaloni? E le donne? Investi di velluto o in abitifunzionali e moderni? Infondoèdeltuttoegualecomesi presentano, purchésappiano stare in scena;questo è ciò che importa,credo, quando, come stofacendo adesso, fissofantasiosamente gli occhi nelvuoto.Mirifugiaisfinitoinquesto

parco,epoichélanottemiaccolse

contantoamore...Bello,vero?

COS’ÈILTALENTOTEATRALE?

Quando, in scena, uno saurlare adeguatamente eassumere adeguatamenteun’aria nobile o energica?Quando uno ha, comeprescritto,unaboccadaattorelargaemolle?Quandounohaun’anima e una volontàgenuina, ferma e costante?

Quandounoriflettesuciòchesta recitando, enell’interpretare unpersonaggio ha, in ognimomento, la testa rivoltaallafigura da rappresentare?Quando uno è un uomoonesto, poliedrico, disentimenti delicati, capace dicapire qualsiasi cosa? Èquesto il talento? Oppurecosa è mai propriamente iltalento?Puòavere talentounubriacone,oungiocatore,un

dissoluto, un bellimbusto, unpoveraccio, unamezzacartuccia? Uno puòessere un grande artista emeritare nello stesso tempo,comepersona,cheglisputinoinfaccia,operlomenochesudiluisistorcailnaso?Esistela possibilità che nella vitarealecisiubriachidigrappaesul palcoscenico si dia unabrillante interpretazione delPercy?Che senso hanno tutte

queste domande, eh? Ègradito o no che un attorecominci a farsi eleggere nelconsigliocomunale,chebevatè anziché birra o acquavite,che frequenti i salotti dellesignore colte per conversaresulleultimenovitànelcampodell’arte e delle scienzesociali, che paghi le tasse eabbia i vestiti sempre inordine, che arrivi alle provepuntuale come lo zelantecommesso di un emporio di

generi coloniali, che prendain mano il pennello o lapenna e ne faccia unpiacevole uso da artistadilettante? Come? C’è forseuna risposta ragionevole aqueste domande? O forse fapiacere lanciare in aria,un’aria vuota e fine, delledomande così come si lanciauna manciata di sabbia? Puòessere stimolante lasciare lìcom’è un certo pensierosenzaesaminarloa fondo,un

pensiero incompiuto,impertinente, maligno espocchioso?Ècosì?Cosa può dunque essere il

talento, è lecito saperlo unabuona volta? Un’ignominia,una turpitudine interiore,un’assenzadisentimenti,unamancanzadi fermezzavirile?Un uomo è un talento, omeglio: un uomo d’oro, valea dire un uomo schietto,gentile, probo, ha mai lapossibilitàdiessereuntalento

sulla scena? Che domandesono queste?Ma perché noncontinuare a mugolardomande, così come vamugghiandoilvento?Avolteunuomo schietto e lealenonè poi un cane in campoartistico?Nonèchel’artesiadovuta diventare povera incannaavantaggiodellaprole,come una vecchia madrepiagnucolosamessainmezzoaunastradadaisuoifigli?Eifigli, creature della madre

arte, devono assolutamenteavere la vita comoda?Devono ottenere giustizia erispetto? Devono essere deiprobi cittadini e appartenerealle classi colte?La parità didiritti non è forse la tombadel talento? Lasocializzazionedell’artista haconseguenze negative opositive?

Sono un asino a faretuttequestedomande?

Sì,seipropriounasino.

E te lo dimostrerò.Occorrono persone oneste,d’animo buono, non talenti;padri che educhino i lorofiglioliper loStatoeprovinogusto a educarli, e nonqualchebrillante interpretediHenry Percy. Tu sei untanghero che osa venir qui aparlare di ubriaconi. Gliartisti devono sapere cosa siconviene,enonchiederecosa

possa essere eccezionale; algiorno d’oggi costoromangiano bene a pranzo e sibevonoillorobelbicchierino.Sono benestanti e tu,mascalzone, la pagherai peraverosato incitarliaunavitadissoluta. Sono cittadini,persone semplici e umane,modesti membri dello Stato,sono soldati e s’interessanovivamente, quanto siconviene loro, di politicacoloniale. Solo un essere

sconsiderato e pericolosocometepuòconsigliarlorodidiventare dei mostri perservire l’arte. Oggi l’arte èsostanzialmente diversa dalpassato, e deve esserediversa. È migliorata, hasaputo aderire ai validiprincipi della nostra epoca.Tuseiunoscemoaparlaredigentedi talentoedicani.Tutratti le persone comemateriale da plasmare,morbidoeduttile,enonpensi

affatto che per ogni vitaumana deve essere sacraquella del vicino. Al diavoloil tuo talento. Al diavoloPercy.Non abbiamo bisognoné dell’uno né dell’altro,mentre abbiamo tanto piùbisogno di un’arte che siacivilecomecivileèunaprimacolazione.Noimiriamoafaredell’artista un individuo e tuvieni a chiedere se è beneessere un artista e avereun’anima. La mia anima

avrebbe voglia di prenderti aceffoni, anche se nemeriterestiunoveroepropriosulla faccia. In scena nonvogliamopiùvederealtrieroiall’infuori di quelli benindividuati che crea la vitad’oggi. Nelle loro urlavogliamo sentir l’eco dellanostra stessa disperazione. Aesultare dev’essere l’animadell’attore, non le sue dotinaturali.Seunosullascenaèun uomo virile, ci faccia

capire che lo è anche nellavita.Inquestosensonoicenefreghiamo assai dell’arte,quando mette in mostradiscordanze abissali. L’artedeve riscaldarci, è beneaverne fatto dei soprabiti. Senoi ci interessiamo di arte,altrettantodevefarel’arteneinostriconfrontieinunmodoegualmente sobrio, se no...beh, meglio fermarsi qui. Sela nostra vita è opaca enoiosa, altrettanto può ben

esserlo l’arte drammatica: èquello che ci si attende, chesiacioèlospecchiodelnostrotempo.Uno stile drammaticonon lo tolleriamo nel modopiùrisoluto.Arecitaconclusanoi vogliamo conversare intutta franchezza con ildrammaturgo e con l’attore,questa per noi è la cosaprincipale. Con ciò noieleviamogliartistialrangodipersone umane e ogni volta,per quanto possibile, la loro

personalità ci entusiasma.Nell’interesse di un sanoregolamento comunale, noidisprezziamo il talento, amenocheessononpreferiscaumanizzarsi.Eccotiservito!

CONTRIBUTOALLAPSICOLOGIADEL

TALENTO

Un talento deve esserefluido, non polveroso, liscio,non accidentato,ma non puòfluire in modo troppo liscio,deve essereprofondoediuncertopeso,manonpuòesseretroppo profondo, né tantomeno pesante. Deve avere

una certa ampiezza e unacerta calma, vale a dire deveessere caldo, deve sapersispingere finoall’incandescenza, ma nonpuò essere mai focoso, maigrossolano, mai goffo. Deveessere freddo, ma devesempre lasciar intuire ilcalore, non può mai esserepuntuto e sottile, bensìraffinato, e comunquenon inmaniera esclusiva. Non deveaveremodipreziosi,perchéla

preziositàèritenutaingenerequalcosa di meramenteesteriore, ma deve essereattentoeaccurato,ealloradiper sé sarà di pregio. Nondevemaioscillarediquaedilà, a meno che non se loimpongaperfingersiubriaco,deveesseresolido,maevitarela durezza, deve essereardente. Deve essere gioiosoe zelante e modesto; nellaprotervianonèpiù se stesso,ma qualcosa di diverso e di

estraneo, si sfalda, sifrantuma e crolla. Se nonlavoraognimomentosudisé,conpiacereeconlamassimafiducia, è un presuntuoso enonvalepraticamentenulla.Deve essere veloce, ma

non può mai andare algaloppo, non può fare salti,altrimenti si schiantainteriormente. Se però sitrascina, è malato e allora apoco a poco muore. Deveessere coraggioso; essere

coraggioso equivale per lui anonesseremaipigro,maDiolo protegga dall’impudenza,che è cieca e fa scendere inabissidacuinonvi sonopiùstrade per risalire alla luce.Deve essere severo con sestesso, mai brusco verso lapersona altrui, la personaaltrui ha sempre meritatobenevolenzaeattenzioneognivoltachelapropriahatenutogli occhi aperti. Deve essereumile, e sempre lo sarà se

sarà sempre consapevole diquel che è. Può anche nonesserconsapevole,maquestonon può volerlo, è una cosacheportaall’istupidimento;lastupidità, però, abita a duepassi dalla perfidia. Deveessere prudente eparsimonioso, perché possaaver qualcosa da dare almomento di spendere, ma siguardi bene dalla smania dipossesso e dalla spilorceria,qualità che si addicono

all’usuraio,mentreiltalentoèdestinato dagli dèi ad amare,adare,asentirsipartecipedeisentimentialtrui.Deveessereorgoglioso e sapere che«orgoglioso»è ilcontrariodialtezzoso.Deveessereaudaceperavere inognimomento ilpiacere di respingere offerteumilianti. Deve amare ilpericolo, deve soffrire, nonpuòmai rifiutarsi di soffrire,altrimenti si appiattisce eallorasoffredavvero.

COSAOCCORREPERESSEREUNINTERPRETE

DIKLEIST?

Dettofrancamente,occorremolto. La lingua, tanto percominciare. Uno deve averimparato a danzare con lelabbra e a fare il giocoliereconilsuotedesco.Allaboccadi una persona normale èimpossibile pronunciare i

versi di Kleist come versi diKleist. Fa’ per dieci anni,giorno dopo giorno, esercizidirespirazione,epoiosapureavvicinarti a un conte vomStrahl o a qualche altro tipodi questa razza. È una razzache presuppone disciplina,tienilo ben presente, attored’oggidì. A posteriori,quando hai fatto unafiguraccia, tu sorridi e diciche Kleist è un ferroarrugginito, e Grabbe sì, è

uno che vale, mentre Kleistnon ha senso drammatico.Nonavendotutalento,Kleistper teèacquastagnante,nonè vero? N’est-ce pas?Conosco anche un po’ difrancese, come si vede. NonsochecosaesigaWagnerdaisuoi cantanti, quale livello dinobili e prolungati sforzi; ilfattocheKleistavanzipreteseimmani nei confronti di unattore è certamente ilmotivoper cui un attore scrolla di

regolalespalledifronteaunruolokleistiano.Eharagione,infatti; io lo capisco. Questiuomini e queste donnecostituiscono una stirpesovrumana, hanno un’indolenaturale;mapoi, visti più davicino,noncel’hannoaffatto.Sonoferocieteneri,inmodoeccessivo in ambedue i casi.Parlano una linguadivinamente corretta, al cuiconfronto la lingua diFriedrich Schiller equivale a

un fuoco umano costante,forsesoltantoaunfocherello.Sono figure traboccanti disentimento,dacapoapiedi,equesto,comeènaturale,vuolesser messo in evidenzanell’interpretazione.

Qui per esempio c’è dinascostounuomoCome si chiama?Arminio...

Arminio il cherusco,

ebbene, diciamolo pure: unmilione a chi è in grado direcitarlo. Un petto virile,cupo e largo e insieme unosquillar di campanelli inbocca, come quando sipercuotono con garbocampane d’argento. Unballerino. L’attore deve averpreso lezioni di danza, cheriguardino lo spirito o ilfisico, non importa; devesaper tener sospese in ariacon il naso dodici palline.

Non occorre sia una personarispettabile.Naturalmente gli sarà

concessodi roteareunavoltatanto gli occhi, in fondoanchediquestoècapace,elofa al punto che chi è sano sisentiràmaleaguardarlo.No,seunArminioroteagliocchi,lofaunasolavoltadurantelaserata, è un diplomatico e ilsuo modo di comportarsi èquello di un dio. Già aleggere il testo si sente

risuonarelavocediunuomoduttile,lavocedellapassione,della rettitudine e dell’arte disimulare,e in fondoanche lavoce di un indicibile furorepatriottico.Epoiilmodoconcui chiacchiera dicendosciocchezze...Perchilorecitae lo mima, l’impegno cherichiede è spaventoso. Equando scende dal trono,splendido sotto ogni aspetto;unmilione,comedicevamo,achilosarappresentare.Èuno,

infatti, che sin da ragazzo èstato in grado di impartirecomandi, non c’è niente dafare. E la somma nobiltàd’animo concessa a unasimile canaglia... La finezza,anchequesto,signorattore,ècosa da rappresentare. Provaa sorridere velocemente,comeèusodellepersonefini,unsorrisoincuicisiasempreanche un’ombra di cupa esplendidaserietà.Ed ecco madama

Pentesilea. Questa donna haindubbiamente qualcosa diparticolare. Non osoguardarmi intorno cercandoun’interprete per lei nelmondoattuale.Meglio tappare finalmente

la bocca al signor Kleist.Perché mai dopo cent’anni,degli autori di teatro nondovrebbero chiudere unabuonavoltailbecco?Occorre troppo fiato per

dare la parola a costui. Ehi,

fantasma, cosa vuole ancoracon il suo fetore sepolcrale?Non vede che è impossibilemetterla in scena come sideve? Quel suo zampillarepur delizioso di parole. No,tante grazie. Noi siamouomini che a un infinitoapprendistato di anni e annipreferiscono, a ragione, unbel soggiorno in campagna.Diciamo sempre di avertroppo poco tempo. Grazie aDio non ci manca il buon

gusto di dirlo. Nonmoriamopiù dalla voglia di farciavanti, quando si tratta direcitare dei versi. Èsorprendente come odiamotutto ciò che sa dideclamazione, e che straneideecisiamofattisucosasiadeclamare. In realtà non èsorprendente, ma del tuttonaturale che non siamo piùcapaci di recitare una poesiainquantopoesia,edifarnealtempo stesso qualcosa di

simile a uno spettacolo. Maquantochiacchieriamo.Nonèsciocco dire che nonsappiamofarenulla?

ISOLDATIDILENZ

Vi offro il personaggio diStolzius com’è neiSoldati diLenz.Èunochevorreivedereuna buona volta sulpalcoscenico. È una figuraveramente magnifica. È cosìnaturale che bastainterpretarla, ma a mepiacerebbe più di tuttovederla interpretata da un

gigante. Stolzius commettedelle gigantesche stupidità,avvelenaun’altrapersonaesestessoperviadiunaragazza,fainsommacosechecapitanoancor oggi nella parteorientalediBerlinoeproprioper questo vorrei vederrappresentata la commedia.Le vicende che si possonotrovare ogni momento nelgiornale sono pur sempre lepiùavvincenti,ifatticonsuetihanno del misterioso, i fatti

banali hanno delsovrannaturale. Al giornod’oggi gli autori di teatrofrequentano infatti troppopoco i caffè e ficcano tropporaramente il naso nei foglifruscianti dei giornali dellasera e del mattino. O loscrittore sperimenta qualcosasulla propria pelle e nelproprio animo, oppure ruba isoggetti dalle ultime notizie:un furto che, a quanto ne soio, a tutt’oggi non è stato

ancorapunito.I soldati di Lenz sono

come ripresi pari pari dallepagine di un giornale, certo,con l’aggiunta di qualcheaccorgimento artistico, la cuipresenza tuttavia non siconstata così di frequentenelle colonne di unquotidiano o di una gazzetta.Stolzius, comunque, è trattodai giornali, ci scommetto ilmioonorechequestoèvero,ma cosa devo dire di una

signora bella com’è lacontessa LaRoche?Ne sonosemplicemente sbalordito, emi concedo talesbalordimento al cospetto diuna figura femminileperfettamente riuscita. Me laimmagino prosperosa, inoltrecamminaapassettiniehaunavoce alta e chiara. Lanaturalezza e la distinzioneammantano questa dama diunfulgorechemeriterebbediessere descritto, se lo si

potesseafferrare,magrazieaDio cose del genere sisottraggono a qualsiasicapacità di afferrarle. Quelche lapiccolasignorarococòdicevamesso, senzadubbio,fra quanto dimeglio abbianoda esibire le nostre patrielettere in fatto di linguaggioed eloquenza. Büchner, ildrammaturgo delBiedermeier, ha imparato daLenz e mi rallegro che siastato concesso proprio a me

diconstatarlo.Questa contessa La Roche

è incipriata,ma a quei tempile donne sapevano coniugarela profondità d’animo conl’arte della toletta, senza chel’una interferisse nell’altra.Anche tale conoscenzastorica, se le cose vannocome devono andare, ungiorno forse mi recheràonore. Lo dico seriamente,bisognerebbe provare amettere in scena un autore

che, come Lenz, ha avuto lagenialità di darci al tempostesso la natura e lagrandezza. Nella commediac’è una deliziosa figura diragazza, ci sono soldati checamminano a grandi falcate,calessi in partenza, in unastrada sta piovendo, siintravedono delle stanze conuna leggiadra tappezzeria, ilpaesaggio fa la sua parte, esoprattutto: ci sono ruoligratificanti da assegnare. Il

tutto ha un effetto toccante,non mi sbaglio, da qualchetempononmisbagliopiù.

TELL

Con la decisione di balzarfuoridallatenebrosanavedelgovernatore, assestando undefinitivo calcio di addio aquella tirannia dondolante esaltando su un’alta cengiadove luce, aria e salvezza lostringono in un abbraccio,conunasimiledecisioneTellsi è lanciato su una nuvola

fulgente di libertà dimovimentoe,liberandolasuapersona, ha già assolto neiconfronti della patria lamissione del salvatore e delliberatore,giàaquestopuntohauccisoildrago,giàquihaammazzato quel vile mostroche è il tiranno, eprecisamente con il calcionecon cui lo spinge via unavolta per tutte, con lo stessomovimento, quindi, che lo fabalzare alla luce e sulla

roccia,mentrequell’abominionavigante continua il suocorsobeccheggiandosopra leondedellagoinfuriato.Quièavvenuta la grande impresa,qui è stato tratto il dado e laleggehaavutolasuaspietataesecuzione,quisiècompiutoil tirannicidio. Ed èmeraviglioso come allagiovanile possibilità divendetta segua la vendetta,come dal pensierodell’assassinio scaturisca

l’assassinio, dalla rapidadecisione l’immediata messainpratica.Cheutilitàpossonomaiavereperlapatriauominienergici ma in catene, legatiall’alberodiunanave?Qualevantaggio trae la collettivitàdalfattocheungrandeuomolangueneiceppi?Telldovevaessere libero, e libero lodivenne:oraloè.La consapevolezza del

proprio obiettivo è il fortesentimento di coloro che,

sfuggitialletribolazionieallesventure, volgono lo sguardoa nuove tribolazioni e anuove, ancor più orridesventure, e Tell è pervasodalla consapevolezza che èassolutamente necessariovendicarsi, prendersi larivincita definitiva. Unpensiero da uomo geniale –un pensiero non già pensato,ma solo avvertito in ognisenso e, per così dire,origliato – gli lampeggia

grandiosodavantiall’animoeallamente, simile a una veraepropriafolgorecherischiarilanotte:ilpensierocheorasidebbanoevitareognipausaeogni esitazione e occorrapassare senza indugiall’azione sovversiva. Ilcuore, sotto immanepressione, gli batte contro ilpetto valoroso: eppure lui,Tell, salta, balza da unarocciaall’altra,poichégiàorapensa al sentiero fra le

montagne, al punto doveagire, al luogo da cuiscoccherà il fulminesterminatore, al posto dovepiù tardi sarebbe caduta lafamosafreccia.E,dominandonel petto la gioia tumultuosache gli dà il sentirsi liberodalle catene e dalla prigione,si costringe nel contempo ascendere in una nuovaprigione che si è costruito einventatodasé:quelladuraeabissale dell’impossibilità e

impensabilità di mai piùsottrarsi alla decisione presa.Così, o all’incirca così,decidono e dispongono delleproprie energie solo i grandiuomini, solo gli eroi. E Tell,nel trascendere e reprimereogni sentimento di felicitàindividuale apprestandosi auccidere il tiranno, dimostradi essere un eroe. «Orsù! Lìdevo agire!» così sentegridare, così sente tuonareadesso dentro di sé, così

domina ogni esitazionepersonale. Sì, ecco qui unuomo che agisce, eccolo qui,con una decisione in cuiprogetto ed esito coincidonosplendidamente.Quipensieroe gesto si abbracciano. Ohquanti, quanti uomini sonostati pervasi anch’essi eanimati dalla consapevolezzache un’azione era necessaria,ma poi non hanno fatto ciòche andava fatto, perchéquello che pensavano di fare

sembrava loro troppospaventoso. Così capitasoprattutto alle persone cheriflettono, alle persone colte.Così succede in generale, algiorno d’oggi! Guardateinvece Tell: guardate comeora si sforzi di uscire daltunnel delle decisioni perarrivare alla luce sublime diun agire senza indugi: Tellnonèunochepensaesogna,non è uno che riflette efilosofeggia, ma un uomo

semplice, tragico, un uomod’azione, è un eroe, cui èstato imposto di rendersiimmortale.Tell venne tormentato

come di rado un uomo, unabitantedellaterra,unmaritoe un padre fu sottoposto amartiri e tormenti.Ma ancheanime piccole e dimesse silasciano tormentare, sipossono tormentare. Peressere tormentati e torturatinon occorre la grandezza.

Fino a questomomento, finoal sontuoso vascello delgovernatore,Tell è stato solounoggetto, ilpiccolooggettodi scherno del tiranno e unmeraviglioso, tremendoarciere; ma ora che dallamezzanotte del vascello,come uno sprazzo di luce,egli spicca un salto eraggiunge il mezzogiorno diquella rocciapiattae lucente,Tell è cresciuto, è diventatoun gigante, è diventato

grande. Non è più in predaall’angoscia,oraeglidispone,stabilisceegoverna.Hamanie braccia libere, il pensieropuòdirigersilàdovevuole,eipensieridiTellsannoqualèil loro spregevole edetestabile obiettivo. Maodiare? No, Tell non pensaassolutamente più all’odio eall’abominio: egli è uncacciatore, e aspetta al varcounabelvasuperbaeignara.Èliberodaqualsiasisentimento

rappresenti un vincolo o unacatena. Sì, era una personamodesta e dimessa. Era ilservo del suo padrone, unsuddito del suo signore, unfiglio della sua terra, unacreatura umile e obbedienteche si toglie il cappello. Eracosì?Un giorno però non hapiùvolutotogliersiilcappelloné fare la solita riverenza. Eforse già qui, conl’improvviso rifiutodell’umiliante atto di

quotidiano ossequio, iltiranno venne ammazzato. Itiranni non sono mai grandi.La tirannia esclude ognigrandezza, perché la suaincessantelibidinel’acceca.Ilgovernatore non aveva alcunpresentimento che fra quellasemplice gente di montagnavi fosse un genio, un Tell.Sbagliava come sbaglia untredicenne, e ora ne paga ilfio. Era lunatico, infingardo,crudele, sfacciato e dispotico

oltre misura e ora vieneucciso, ossia: è già ucciso.Viveancora,malasuaèunavita da venti a venticinqueminuti ancora. Poiché Tell,l’arciere Tell che con unafrecciahasbalzatovialameladalla testa di suo figlio, oraprende di mira il petto diquella belva improvvida, labelva, si può dire, è giàtrafitta in partenza, giàperduta e gettata in anticipofra i dannati. Guardate come

Tell l’attende al varco, ilcacciatoreTellsièaccucciatoeglifalaposta.Recita una preghiera? Tipi

alla Tell non hanno bisognodipregare.Perquantisentononel loro petto di uomini, perquanti hanno sentito econtinueranno a sentire e apercorrere dentro di sé ilparadiso e l’inferno, nonesiste un Dio che premia oche castiga. Dove la volontàumana è così grande, gli dèi

debbono sparire. Forse cheDio non ha piantato in assoTell nel momento delmassimo, anzi del piùtremendo bisogno? OppureDio è poi sopraggiuntosalvandoTelldalvascello?Èindifferente.Esefosseinvececosì: Dio rinuncia allepreghiere là dove scorgeun’azione. Le azioni sono aisuoi occhi le preghierepreferite. Quindi Tell adessostapregando.

Ed ecco che arriva ilcriminaleegraziosoballerinoseduto con aria sventata insellaaduncavallobianco.Sì,èlui,ilgovernatore,eallesuespalleeattornoa luigaloppaesvolazzaegorgheggiailsuocodazzo sempre affabile egentile, la gaia e benrimpinzata schiera dimenzogne compiacenti elusinghiere. Una scenaprincipesca. Una visione taleda scoraggiare chi sta

prendendo la mira e, per ilcrimine commesso contro loStato e contro SuaMaestà, èormai allamercè di tutti.MaTell non trema: scocca lafreccia e colpisce, e con ciòhafattoquelcheglipermetteditornarseneacasastanco.

UNASTORIAINQUIETANTE

Nelcampodell’arteciòcheè scadente e mediocre,qualora si arrivi asperimentarne più voltel’effetto, lascia spessoun’impressione assaiprofonda; su un’animasensibile la volgarità e lagrossolanità esercitano

un’influenzastraordinariamente forte,mentre al contrario ciò che èraffinato e pregevole un po’alla volta può riuscirefastidioso. Proprio dal teatrovengonoproduzioniartistichescadenti e amorfe cheaffascinano la fantasia dellospettatore più o menonell’identica misura in cuiriescono ad affascinarloproduzioni assai elevate edeccelse.Unarappresentazione

mediocre, invece, noi ladisprezziamo, con moltafacilità la consideriamopretenziosa e disdicevole;essa non riscuote in noi négratitudine né quella sanadisapprovazione con cui cipiace gratificare e incoronareunbruttospettacolo.Difronteall’arte si possono provaresolodueautentici sentimenti:lo sdegno o l’incanto,l’avversione o ilcompiacimento. Si deve

poterla irridere, o non saperfar altro che fremere espasimare. Il mondo deglispettatori, in quanto tale,tende a essere qualcosa dicomplessivo, di globale emassiccio.Se non riusciamo a

entusiasmarci e scaldarci,vorremmo almeno avere lalibertà di arricciare il nasoconariaaltezzosaebeffarda,di scrollare le spalle e discoppiare inunarisatagelida

e tagliente. La crudeltà e lagrossolanità sono salutari, ildisprezzo è un sentimentotenutoingranpregiodachiinaltri momenti sa andare inestasi. Apprezzare unaproduzione artistica risolta ametà è impossibile. Nell’artenonesisteriguardo,nonesisterispetto,l’artenonèunnostrocaro e buon amico che valeoroperlasuaonestà.Sel’artesi limita a essere onesta èscadente.Unapersonachesia

soltantoonestaharaggiuntoilmassimo grado concepibilecui possa assurgere la suadignità. Al giorno d’oggistuolidipersone si arruolanofraicultorid’artesoloperchésentono di avere un cuorecolmo di bontà ebenevolenza. Uno si ritieneunartistasoloperchésentedinonessereuntipaccio.Comeselaprecisaconoscenzadellabassezza umana non fossegiusto la base per

un’eccellenteattivitàartistica.Tuttiglierroricostanocari,

anche quelli originati dallefonti più simpatiche e piùpure,enonvièluogocomeilpalcoscenico dove gli errori,sia quelli incantevoli siaquelli degni di abominio,vengonochiaramenteagalla.Forse nel corso del tempol’arte ha raggiunto unprestigiotroppoaltoesolido,dedicarsiadessanonimplicaeccessivi rischi,

probabilmente questa è lacausa per cui ogni tre oquattro «persone carine» cen’è una che vuol diventareartista. Bisognerebbe cercaredi gettar discredito su questocampo,inmodocheinfuturoa scorrazzarvi sopra sianosololecanaglieoglieroi.

BUGIEINSCENA

Stiamo vivendo in unostrano tempo, oggi, anche seforsetuttiitempihannoavutoa lorovoltaqualcosa in sédialtrettanto strano per ilproprio tempo. Il nostro,comunque,mi sembramolto,molto strano; soprattuttoquando io, come sto facendoadesso, appoggio il dito al

nasoper rifletteresucosasiamai questa vita che noicacciamo a tutta forza sulpalcoscenico. Noi oraforaggiamo il palcoscenicocon così tanta vita chequest’ultimo ne ha davveroda divorare quanto basta. Ilpiù remoto e sconosciuto deipoeti presenta al teatro unoscampolo qualsiasi della piùremota e sconosciutaesistenza. Se il fenomenocontinuerà con tanta foga, la

vitafiniràprestolungadistesacomeunatisica,prosciugataespompata fino alle costole,mentre il teatro sarà pingue,corpulentoerimpinzatocomeun ingegnere che abbia fattofortuna con i prodottibrevettatidelproprioingegnoe ora si conceda tutto quellocheilmondooffre infattodipiaceri.Il palcoscenico ha bisogno

divita!Sì,madiamine,dovemai andarla a prendere, tutta

questa vita bella, solida everace?Dallavita,giusto?Sì,ma la vita è davvero tantoinesauribile? A mio parere èinesauribile solo in quanto lasi lasci andare per la suastrada naturale, tranquilla,largaefluentecomeunfiumebello e impetuoso. Maverrebbequasidacrederechenoi poveracci, pur con lanostra cultura, si sia ormaisolo degli sfruttatori, deibattipanni della vita, e non

già i suoi figli naturali.Propriocomese lavita fosseun grande tappeto zeppo dipolvere che ora, in questanostra epoca, debba essereappeso a una ringhiera ebattuto ben bene. Perfino gliodontotecnici, dopo avervisto la Lulu, cominciano astudiare le fattezze e imuscoli della vita, quasi sitrattasse di sezionare unvecchio cadavere, per poilanciarne i pezzi sul

palcoscenico.Laquestioneèlaseguente:

quanto più le cose appaionovivaci e naturali a teatro,tanto più la vita quotidianarisultatimorosa,avvoltanellabambagia,stizzita,ovattata.Ilpalcoscenico, quandospolvera la verità a suon dibattipanni, finisce perintimidire il pubblico.Quandoinvece,comehafattoancora un poco nel passato,peresempio,esponemirabili,

perfette menzogne in formegrandiose e innaturalmentebelle, ha un effetto chestimola e rinfranca, efavorisceasuavolta lebelle,inaudite abiezioni della vita.Unoèappenaandatoa teatroed ecco, si è inebriato allavista di un mondosconosciuto, nobile, bello esoave. E voi, con i vostrisfrenati drammi naturalistici,state attenti che un giorno ol’altro la vita non si

prosciughi. Io sono per unteatro fattodibugie, cheDiomelamandibuona.

RISPOSTAAUNARICHIESTA

Leimichiedesehoun’ideada darLe, mi chiede diabbozzareperLeiunasortadischizzo, uno spettacolo, unballetto, una pantomimaoppure in genere qualcosache Lei possa utilizzare, e acui attenersi. La mia idea èpressappoco la seguente: si

procuri delle maschere, unamezzadozzinadinasi,fronti,ciuffidicapelliesopraccigliae venti voci. Si cerchi, sepossibile, un pittore che siaanche un sarto e si facciaconfezionare una serie dicostumi e abbia cura che sitrovino un paio di scenarisolidi e di buona fattura, inmodo che, avvolto in unmantello nero, Lei possascendere da una scala oguardare da una finestra, per

poi lanciare un urlo: un urlobreve,leonino,forteepotentesicché risulti davverocredibile che a urlare siaun’anima,ilpettodiunessereumano.La prego di voler porre

attenzione a questo grido, cimetta dell’eleganza, lo lanciconunsuonopuroecorretto,e allora per me Lei puòafferrareconlamanounodeiSuoiciuffidicapellieposarlodoucement per terra. Una

cosa del genere, se fatta congarbo, riesce raccapricciante.Si penserà che Lei siaimpazzito dal dolore. Perraggiungereuneffettotragicobisognaricorreresiaaimezzipiù usuali sia a quelliestremamente peregrini,Glielo dico perché capiscacheaquestopunto saràbeneper Lei mettersi il dito nelnaso e frugacchiare su e giùcon tale dito. Qualchespettatore piangerà, di fronte

a una cosa del genere; unafigura tanto nobile e cupacome Lei, vederlacomportarsi in modo cosìscreanzato e penoso... Tuttodipende,infatti,dachefacciaavrà Lei in quelmomento, eda quale lato La si illumini.Dia una gomitata nellecostole al Suo tecnico delleluci, perché faccia davverodel proprio meglio, e Leisoprattutto tenga sottocontrolloitrattidelSuoviso,

i movimenti delle Sue mani,leSuebraccia.LeSuegambeelaSuabocca.RicordiquantoLedissiuna

volta, ovvero, sperando chenonl’abbiagiàdimenticato:èsufficiente che un occhio siatenuto aperto o chiuso, in unmodo o nell’altro, perchésusciti un’impressione dispavento, di bellezza, dicordoglio o di amore, o diquel che Lei crede. Ci vuolepoco per raffigurare l’amore;

ma una volta tanto nella Suavita,grazieaDioferocementedilacerata,Leiavràsenz’altroprovato in modo semplice esincero cosa sia l’amore ecome l’amore amicomportarsi. Lo stesso valenaturalmente per la collera,per la sensazione di unatristezza indicibile; in pocheparole, per ogni sensazioneumana. Tra parentesi, Leconsigliodifareconunacertafrequenza degli esercizi

ginnici in camera Sua, diandare nel bosco perirrobustire iSuoipolmoni,didarsi a uno sport, ma a unosport particolare eappropriato, di frequentare ilcirco e di tener d’occhio ilcomportamento del clown epoidiriflettereseriamentesuquali rapidi movimenti delcorpo Le consentano diraffigurare al meglio unsussulto dell’anima. Ilpalcoscenico è la bocca

spalancata, carnale, dellapoesia, le Sue gambe, carosignore, possono arrivare adesprimere in modosconvolgente stati d’animoassai precisi, per non parlarepoi della faccia e delle suemille funzioni mimiche. ISuoi capelli devonoubbidirLe, quando perraffigurare lo spavento èneccessario che Le si rizzinoin testa, in modo che aglispettatori, ai banchieri e ai

droghieri Lei facciaaccapponarlapelle.Lei dunque non ha detto

una parola; perso nei propripensieri si è messo afrugacchiare nel Suo naso,come farebbe un bambinomaleducato e sventatello, edora comincia a parlare. Mamentre sta per farlo, ecco:una serpe verdastra efiammeggiante esceguizzando dalla Sua boccasfigurata dal dolore, al punto

cheLeistessosembratremareper il raccapriccio in tutte leSue membra. La serpe cadeper terra e si attorcigliaintorno al pacifico ciuffo dicapelli, un grido di spaventosale dall’intera platea comedaun’unicabocca,maLeigiàva offrendo qualcosa dinuovo: si conficca in unocchio un lungo pugnalericurvo, sicché la punta,sprizzandosangue,affioradalcollo, un po’ più giù, nei

pressi della gola; quindi siaccende una sigaretta e simostracosìaSuoagio,comese si divertisse pensando insegreto a qualcosa. Il sangueche imbratta il Suo corpo sitrasforma in unacostellazione, gli astri simuovono danzando perl’intera scena, invitanti,ardentie irrefrenabili,mentreLei con la bocca apertaacchiappa tutte le stelle,facendole sparire una dopo

l’altra. E con ciò la Sua artedrammatica dovrebbe averraggiunto un notevole gradodiperfezione.Aquestopuntolecasedipintesugliscenarisiribaltano come spaventosiubriaconi,eLaseppelliscono.Si vede solo una delle Suemani levarsi da sotto lemacerie fumanti. Lamano simuove ancora un po’, poicalailsipario.

CONOSCETEMEIER?

Meier, scritto con la «ei»?No?Ebbene,seècosì,vorreipermettermi di segnalareumilmente quest’uomo allavostra attenzione. Almomento è di scena alCaffèBümplitz,chenonricordopiùcon esattezza in quale via sitrovi.Lì, inmezzo a pessimie molesti fumi di tabacco, a

discorsigrossolanieaboccalidi birra dal coperchio che sichiude a scatto, lì si esibisceseradoposera,finchémagariungiornoundirettoresagacenon voglia portarlo via consé;cosache,inrealtà,nonhonessun dubbio di vedere alpiù presto realizzata.Quest’uomo, questo Meier,questo tizio è un genio. Nonsoltantoperchéèunochetifaridere, come non riescono aridere nemmeno venti

personesommandoinsiemelelorovite,rideredascoppiare,cosa dico, da rotolarsi perterra,mano,rideredamorire,ma quanto sei stupido, nonsai cavare dalla tua testa discrittore un paragonemigliore, non soltantoperché... ma anche, mi stoconfondendo, eh sì, giusto...maancheperchésuscitarenelmodo più naturale il brividotragico è per lui cosanient’affattoimpossibile,anzi

sintroppofacile.Hofinitolafraseoppureno?Senon l’hofinita, è davvero una bellafaccendachevacontinuata.Meier recita i suoi couplet

con formidabile indifferenza,eillinguaggiodicuifausoèdavvero il più inattaccabileche esista: è come se, pezzodopo pezzo, lo lasciassecadereperterra,alpuntoche,achilostaasentire,potrebbevenireinmentediavvicinarsiaipiedidicostuieraccattarla,

quella roba. Il tono di questavoce io l’ho studiato fintroppo bene, riproduce sulpiano sonoro l’impressionecheall’occhiofal’andaturadiuna lumaca, tanto èsontuosamente lento, pigro,scuro, così strascicato, cosìviscido,così impastatoecosìsenonarrivooggiarrivodomani.Un godimento, in pocheparole. Lo possoraccomandare in perfettacoscienza.

Questo Meier, bisognasapere,seancoranonlosisa,recita la parte di uninserviente teatrale, un pezzodi bravura, un personaggiocon pantaloni orribili, uncappello a cilindro, un nasoposticcio, una scatola sotto ilbraccio, buchi ai gomiti, ilsigaro in bocca, una boccavolgareenonsolomordace,econ un fascio di stupidefreddure sulla sua lingua daimbranato. Un personaggio

che è una delizia. Da partemia adesso l’avrò visto,aspetti un momento,cinquanta volte, credo, e nonne sono ancora per nullastufo. A guardare coseeccelse non ci si stufa mai,infatti.Un piccolo palcoscenico,

violentementeilluminato,conun tavolo e una sedia lìaccanto, dovrebberappresentare l’ufficio di unadirettrice. Costei, donna

slanciata e giovanile,comunicacheadessodisponedi tutto il necessario perinaugurare un ciclo dispettacoli; amancarle ancoraèsoloun inserviente,proprioquello,mahagiàmessodegliannunci nei giornali ed ècuriosa di vedere chi sipresenteràmai.Compare in scena un tizio

che sembra uno spiritofuggito dagli inferi? Meier.Certo, il demonio

naturalmente: era lui che ciaspettavamo, eppure, vedete,la cosameravigliosa è che siresta tuttavia più che maisorpresi per l’originalità concuiilMeierconla«ei»riesceasalirelescaletirandosisulebrache, al punto che davveronon si può fare a meno dicredere che debba avermollato qualcosa disconveniente per le orecchiedellabuonasocietà.Si presenta alla signora

spaventata, la quale di certohagiàlettoOscarWilde,conuna cerimoniosità cheunicamente a lui si addice,domanda e fa stupidaggini edomanda ancora, sta perandarsene, ricompare inscena, se ne va perripresentarsi subito dopo,sempre più sfacciato, semprepiù indecente nella sostanza,nelle parole, nelle maniere,nei gesti, nel tono e nellacondotta. Eppure, con tutto

ciò,eccoilmirabiletalentodisaper dire a tempo debitoun’oscenità, ma dirla come?Uno deve aver appuntosentito come. Ogni sera losentono in venti, in trenta, alsabato e alla domenica inottanta,incento,incentodiecioancoraunodipiù.HogiàdettocheMeierpuò

anche assumere un’ariatragica. Per riuscirvi,modifica semplicemente lavoce e alza le mani, un

espediente che ha sempresortitoilsuoeffetto.Dopodiche diventa un folle, un re«Leer»,nonLear,ma«Leer»,perché durante questospettacolo tutta la gente faquello che è detto nel verso:«Eseneandaronodicorsaacasa!». E allora soltanto iorimango lì seduto. Alloracapisco cosa significhiprovare spavento, quandoall’improvviso la voce di unuomo, come quella diMeier,

diventa alta quanto una casa;una casa dalle cui porte efinestrespalancatelanciaurlaun qualche essere mostruosoe sconosciuto.Comene sonostato scossoognivoltaper lapaura, e come ero contento,quandoilMeierconqueisuoispaventosi oh, uh e buhtornavaaessere ilMeierconla«ei».

COSANEÈDELLAMIACOMMEDIA?

Stanzadeldirettoredelteatro

DIRETTORE Non fate entrareanima viva, oggi non voglioparlare con nessuno. Dovesono i miei collaboratori?Anchesenongradiscolaloropresenza, spero mi si sappia

almeno dire dove stanno. Avolte mi sembra di avere intesta un palcoscenicogirevole, tante sono le ideeche mi frullano per il capo.Com’erano i progetti cheavevo ieri? Dovevano essereprogetti eccellenti, se sonopotuti sparire senza lasciaretraccia. Lo so, solol’eccellenza può presentarsiin tono così sommesso. Nonc’ènessunoquichemipossadire che ore sono? (Scorge

l’oscurasagomadell’autore).Chi mi ha fatto questoscherzo, chi è lei, da qualeportaèentrato?Hoforseunasquadra di servitori attorno ameperpoinonesseremaialriparodaimendicanti?

AUTORE Mi scusi, io dodiciannifahoconsegnatoquiunacommedia. Lo ammetto, èsegnodimendicitàparlarediuna cosa che avrebbe dovutorisolversidodicianniorsono,ma se accadono simili

stranezze il responsabile nonsonodicertoio.

DIRETTORECosavuolelei?Equalèilsuonome?Ecomesichiamalasuacommedia?

AUTORE Io non voglioniente, iononhounnome, ela commedia si vergogna deltitolo che ha. Lei mi vedepaonazzo per la rabbia,egregio signore, ma io lechiedo vivissimamente diconsiderare ridicole le mieescandescenze. Mi faccia

buttar giù dalle scale. Mischiaffeggi e lavi nel miosangue le sue mani lordatedallapercossachemihadato.Seme lo comanda,mi tagliolagola.

DIRETTOREVedoche leimalsopporta la mia faccia. Unapersona di minor prestigioriuscirà forse a strapparleparole più ragionevoli. Faròentrare un po’ di marmaglia.Rimangaqui.(Esce da sinistra. Da

destra entra il primocollaboratore).

COLLABORATORE Caspita, macome è conciato? Saperscriveredeiversideveesseredunque costante prerogativadi pezzentimalfermi? Lo so,lo so.Nonoccorre nemmenoche apra bocca. Circadiciott’anni fa lei haconsegnato una commediamediocre, e adesso è qui easpettauna risposta; comesefosse saltato fuori da un

vecchio album di figurinedémodé.Nonhotempo.(Esce. Secondo

collaboratore).SECONDO COLLABORATORE Mi

sembra di conoscerla,vent’annifahosognatodilei,mahofretta,hounpo’dimaldi denti e dunque uno scarsointeresse a conoscere davicino i mali della nostraepoca. E fra l’altro sto peressere promosso a primocollaboratore, come potrei

non aver fretta? Vede, io sochi è lei. È un vero peccatoche io abbia fretta, che sentacompassione per lei e laconosca.Se leimi sembrassepiù interessante, le chiedereicosa desidera, ma considerodi aver fretta, di conoscerlagià e d’essere sconvolto didoverlavederecosì impalato,qui davanti a me. Non simuova,arrivaaltragente.(Esce. Terzo

collaboratore).

TERZO COLLABORATOREBuongiorno. Come sta, miocaro, ma anche se le chiedocome sta, homolto da fare edevo andarmene (sullasoglia)diqui.(Esce. Quarto

collaboratore).QUARTO COLLABORATORE C’è

un incendio dietro dime. Lequintestannocrollando.Sonogià in due, sepolti sotto lemacerie. Dappertutto c’è uncalore talechevienvogliadi

urlare, ilcieloècadutosoprala terra e adesso sono lì cherotolano fondendosi uno conl’altra. Dietro, davanti eaccanto a me soltantofiamme. Spaventose sono leurla di chi sta morendo. Lecase simuovono come orridiubriaconi. Gli alberi volanoperariacomegrandiuccelli.Iponti della ferrovia siinarcano come serpi ecrollanocomesacchipesanti.In tutto il teatro c’è

confusione, gli attoriinsorgono; e lei, come puòpermettersidistarsenelìbellotranquillo? Probabilmentenella sua vita lei non è maistatountiposveglio.Lafrettaèunapanteraemidivora.(Esce di corsa. Quinto

collaboratore).QUINTO COLLABORATORE Sta

piangendo, buonuomo? Midica,cosalemanca?

AUTORETutto.COLLABORATORESeècosì, la

invidio.(Esce con tutta calma.

Entrainscenaunpittore).PITTORE Perché se ne sta lì

senzafarniente?Leidicertonon ha una famiglia. Venga,mi aiuti a pitturare questesculture.(Lotrascinaviaa forza. Il

direttore).DIRETTORE Quel tizio se n’è

andato. I miei galoppini, aquantosembra,glihannodatounalezione.

(Suonailcampanello).

AUNABALLERINAPRINCIPIANTE

Impara pure a danzare, sì,fallo,allenati,spronaespingile tue forze fisiche sino araggiungere la grazia, salta,fa’ginnastica,balla, innalzatisopra la grande e mestacompagnia di ragazze chevendono tanto rapidamenteanima e corpo al marito,

mettici un’evidente voluttànegli esercizi a corpo libero,un piacere nello sforzo,esercitati ad essere bella,muovi e spingi le braccia inaria,piegailcollodiquaedilà, lascia aderire le tuemembra ai grandi idealidell’arte ginnica, ispiratiall’innocenza della pittura ecrea e trasforma le piccolevoglie segrete, che intendonofare di te una schiava, inpiacere, abituati all’idea

dell’insaziabilità della tuasete, sforzati di essereassetata di nuove invenzioni,inventa,opera,vivieaspiraamigliorare, poiché al mondoesisteun’unicalegittimaansiadi progredire, quella che nonsmettemai,eun’unicaattivitàcreativa, quella permeata diesultanza e di sofferenza, eun’unica volontà, quellaindistruttibile. Impregnati, dacapo a piedi, della buona edelettrizzante volontà di

produrre cose belle, tieniti afreno quando hai troppafretta, prenditi a frustatequando all’improvviso,fuorviatadaappetiti traditori,credidipoterticoncedereunatregua, disprezza e insultaquell’arto che, slealmenteaffaticato, ti si vogliainfiacchire, dall’ultimaenergia che ti rimane esigiabnegazione e sforzomassimo, infuriati, va’ incollera, digrigna i denti, ma

procuradi avvicinarti semprepiù, passo dopo passo, almiracolo della perfezione.Sempre più in alto devilanciarti, superando ledifficoltàcon i loro tormenti,fino ad arrivare là dove lavetta dell’arte è coperta dallanevegelidaescintillantedelladelicatezza. Arrivata lassù,valendotidelpotereacquisito,potrai beatamente adagiartiripetute volte nellatranquillitàpiùampiaecalda,

maconlaconsapevolezzachel’idea rimane lassù in alto, eche ti basta solo una mossaper renderti eccelsa einavvicinabileaqualsiasiattodi ammirazione. Chi tiguarderà non potrà cheimpallidire per il turbamentodella sua anima. Chi alloraavràdi tequesta impressionenonpotràchemorirne.

ALLAARTISTA

Dove sei? Hai qualcherancore?Seitriste?Comemainoncomparipiùinscena?Perqualemotivovivinell’ombra,nascosta per così dire in uncantuccio? Non ti dà piùpiacere, davvero nessunpiacere mostrarti alla lucedella ribalta? O se invece tufacessi volentieri quello che

non fai più da tanto tempo,chi o cosa ti impedisce dipresentarti di nuovo a noi?Siamo tutti creature deboli emortali, noi tutti un giorno ol’altropossiamocadervittimadiunqualchemalanno,essereprostratidaunasventura.Mano! Tu, tu sei sana,nell’animaenelcorpo,nonèvero?Maperchéalloranontifai più vedere, ponendo finead angosciose domande?L’artista, creatrice di forme,

dov’è finita? Forse che,perduta nella sua mestizia,pensa di non avere più alcuncompito o crede magari (manon è possibile!) di averraggiunto l’obiettivo diun’attività finora tantooperosa? Esistono i momentidisconforto,haiforsepersoilcoraggio? Esistono le offese,dimmi, per favore, chi ti haoffesa? Esistono glisbandamenti, ti sei forsesmarrita? Esistono le

sconfitte, signora,ma non cen’è una che non si possasuperare, rimuovere espazzare via, non per tealmeno, poiché noi tutti ticonsideravamo tanto forte.Vuoi farci dubitare ora diquestaconvinzioneanoicosìcara e preziosa? Oppure ciinganniamo e già domani turicomparirai in scenatrasformando in splendore lamezzanotte?Fallo,tornasullaribalta, mostrati, disperdili,

gli sconsiderati dubbi, siiquella che sei, sii una verabellezza, ancor più di quantonon sei stata, abbaglia,commuovi e sconvolgi noispettatori. Quando, ormaitanto tempo addietro cisembra, comparisti inpubblico per l’ultima volta,alcuni di noi sostennero diaver notato in te un venirmeno del talento, tu sai peròquantafrettaabbialagentediscoprire debolezze ed errori

nei propri simili, qualeindecoroso piacere provi nelcriticare un risultato artisticoche, pur grandioso e bello,abbia offerto un qualchemotivodiriprovazione.Tuttoquestonontiinquieti.Achiticritica e ti invidia presentaticon la dignità dell’essere digenio, immagina di averedavanti a te solo amici, nonpensare a nulla, lasciatitrasportare e recita. Oppurec’è qualcosa d’altro, di più

profondo,aimbarazzarti?Maè mai permesso? Ti èconsentito provareimbarazzo? Appartenendo almondo intero, tu nonappartieni solo a te stessa,sentendoti in obbligo versol’arte, non puoi sentirtiobbligata a usare queiriguardichedisolitolagenteha. È un peso che deviscrollarti di dosso, unadelicatezza che devireprimere,unasofferenzache

devi soffocare, la tua gioiapersonale e il tuo amore nonpuoi che mitigarli dandotiinteramente, con tuttol’amore e il piacere,all’incrollabilefermezzadellatua volontà. Migliaia didonne, meno degne di te,possono permettersi ben piùdite,tuseipiùgrandediloroenelcontempopiùpovera,tiè permesso di meno, ma incompenso devi essere di più.In te e dal tuo intimo non

cessino mai di erompere ibaglioridelpensieroartistico.Maistancarsi!No,siilafonteche sgorga fresca, l’acquapiena di vita, il fiumeinarrestabile, il vento chemugghia e rende felici, latempesta, il pensiero. Lasciaad altri il malumore. Con iltalento che possiedi, solo unfatto deve darti gioia econsolazione, quello di nonstancartimai,digoderediciòche è grande, rischioso,

divino. O pensi forse chenessunotivogliapiùonorare?Non prendere inconsiderazione una cosa delgenere. Raggiunto l’apicedell’arte, devi mantenere laposizione. Facci sentire dinuovo il tuo urlo, fa che tirivediamo, ascoltiamo,ammiriamo, godiamo eveneriamo. Come? Voleviscendere nel sepolcrodell’oblio?Leggiquesterigheesorridi.

BERLINOEL’ARTISTA

BERLINOEL’ARTISTA

Altrove, nella quiete dellaprovincia, è facile chel’artistasivedacircondatodamalinconie. Perduto nei suoipensieri, siede davanti a unafinestra solitaria, nel suostudiolo medioevale,circonfuso da una strana

penombra, e senza farealcunché sogna con losguardo rivolto al paesaggiodalle linee flessuose. Nonarriva nessuno. Non c’èniente che lo disturbi.Tutt’intorno regnaunaquieteindicibile. Nella capitaleinvece i fastidi son sempre lìa disposizione, come sitrattasse di un emporiopulsante, pieno di stimoli, ilche certo può essere solo unbene per il nostro

personaggio. Le anime degliartisti debbono essere dicontinuoridestateunpocodaquell’incantesimocheletienealla catena. In ogni artista, ecomunque nell’artistaautentico, si nasconde unregno di favola.Nei paesi difavola si sonnecchia. Non siagisce. La provincia tedescaoggi non è forse come unafavola immersa nel sonno enei sogni? Magdeburgo, adesempio. Magdeburgo ha

forse una vita culturaleprovvistadiconsapevolezzaeoriginalità?Cosìcosì.Questoèilpunto.Quant’è pazzesca invece

Berlino. Una città comeBerlino è un ragazzacciosenza maniere, sfacciato,intelligente che, se una cosagli va, l’accoglie in pieno ebutta via tutto ciò che gli èvenuto a noia. Qui nellametropoli si percepisce benecome vi siano ondate di

intelligenza che passanoimpetuosesopralavitadiunasocietà,pariaunlavacro.Quiunartistaècostrettoarizzareleorecchie.Altroveselepuòtappare precipitandonell’ignoranza.Qui non gli èconsentito. Qui, piuttosto,devesempretenereunpocoabada se stessocomepersona,e tale costrizione, che loaccerchia, torna a suovantaggio. Vi sono, però,anchealtrielementi.

Berlino non conoscetregua, e questa è una veradelizia. Ogni mattino che sidesta è un nuovo piacevole-spiacevole attacco contro lacontentezza, e questo èsalutare per chi è propensoalle comodità. L’artistapossiede, più o meno comeun bambino, un’innatatendenzaaunabellaenobilepoltronaggine. Bene, suquesta poltroneria, su questoreame soffia ogni volta un

vento fresco, stimolante eimpetuoso.Unchediquietoeraffinato è invaso da un chedi grossolano, rumoroso esguaiato. C’è semprequalcosachequiperde isuoinetti contorni, e questo èbene, è Berlino; e Berlino èstraordinaria.Il bravuomo di provincia

non voglia credere che qui,nella grande città, non visiano anche solitudini. Nellametropoli vi sono solitudini

spaventevoli, e chi abbiavoglia di cibarsi di unapietanza così squisita potràquimangiarneasazietà.Potràsperimentare cosa significhivivereinlandedesolateeneideserti. L’artista che vive inunagrandecittàhaoccasionia bizzeffe di non vederenessuno e di non parlare connessuno. Gli basterà rendersiantipaticoalmondochecontaoppure ostinarsi a non averemai successo, e in un baleno

sprofonderànelpiùsplendidoefloridoisolamento.L’artista coronato dal

successo vive in una grandecittà come in un incantevolesognod’Oriente.Passadaunacasa di signori a una casa diricchi,sisiede,senzapensarcitroppo, a tavolisontuosamente imbanditi e faconversazione masticando etrincando.Trascorrelavitainunasortadiebbrezza.Eilsuotalento?Unartistadelgenere

scorda forse il propriotalento?Chedomanda!Comese uno potesse così, senzaproblema alcuno, disfarsi deltalento. Al contrario. Iltalento si rafforzainconsapevolmente, se unovive alla giornata. Nonbisogna sempre preservarlo ecurarlo,quasifosseunchedimalaticcio. Una curaapprensiva lo fa solorinsecchire.Nell’antro in cui opera, il

tipo artistico può in ognimodo andare su e giù comeuna tigre, fremente daldesiderio e dall’ansia diconseguire risultati di grandebellezza.Lìnessunolovedeenessuno, quindi, se la prendeconlui.Insocietàdeveessereuna persona quanto piùpossibile disinvolta,simpatica, affascinante, nondi troppo ma nemmeno ditroppopocorilievo.Unacosanon deve mai trascurare: è

addiritturasuodoverefareunpo’ la corte alle signorericcheebelle.Trascorsi dai cinque ai sei

anni, l’artista, fosse anche diestrazione contadina, in unagrande città si sente come acasasua.Sidirebbequasicheisuoigenitoriabbianoabitatoquiequiloabbianomessoalmondo. Sente di avere unobbligo,undebito,unvincolodi fratellanza con quelsingolare frastuono, fragoree

fracasso. La fretta e la furiagli sembrano una nebulosa,un’amabile apparizionematerna. Non ci pensa più aripartire un giorno o l’altro.Che gli vada bene omale, siperda o faccia strada, pocoimporta: ne è preso, ne èincantatoper sempre,nonglièpossibiledireaddioaquestagrandiosairrequietudine.

LASTRADADELLAMETROPOLI

Certe strade del centrostorico sono curiosamentedisabitate; un duomo nellasuavenerandamagnificenzaouna monotona caserma o uncastello antico accresconoancor più l’impressione disilenzioesolitudine.Sedutiaitavoli di birrerie dalle luci

smorzateedigusto familiareci sono un paio di clientiseralicheleggonoilgiornale;il cameriere se ne sta lì inpiedi senza fare nulla, con iltovagliolo sul braccio. Inun’altra zona, qualche stradapiù in là, le persone siaffrettano, l’una accantoall’altra o in fila indiana,senzachenessuno le inseguama anche, a quanto sembra,senzachenessunoneppureleattragga. A centinaia vanno

verso luoghi simili fra loro eda luoghi dello stesso tipofanno ritorno, mantenendotutti una compostezzaammirevole nel suo genere.Gli alberi sono di un verdesingolare, non come in altrecittà. Un tranquillo cimiterodei tempi andati confina conuna delle strade più animate,sul cui selciato sconnessopassano in continuazionecarrozze, vetture e omnibus.Ai banconi di Aschinger si

versacontinuamentebirraneibicchieri, e per tutti queibicchieri riempiti uno dopol’altro non mancano bevitorieclientela.Igerentideilocalididivertimentosicomportanocome ufficiali sul campo dibattaglia, mentre gli ufficialili vedi passare silenziosi,miti,riservatiediscreti,quasifossero da tempo stufi dellaloro spavalderia esteriore, ilche di tanto in tanto è purevero. Andando da un

marciapiede all’altro, occorrefare attenzione a non essereinvestiti, anche se questo farattenzione è impercettibile, èdiventatoormaiun’abitudine.Come sa condizionare efagocitare i movimenti dellepersone,questametropoli!Lagentecheabitanelnorddellacittàforsenonhapiùvistodaun anno intero i quartieriluminosieraffinatidellaparteoccidentale, né si capiscecosa mai potrebbe indurre

una donna che risieda nellaparteoccidentalearecarsineidintorni della Stazione per laSlesia, se non una qualcheeccezionalecircostanza.Di gente malaticcia qui se

nevedebenpoca,e inprimoluogo perché le personeinfermeestanchehannocertotutti i motivi per evitare iltraffico incessante erimanerseneacasatranquille.Chi si aggira nelle strade èpiùomenovigorosoevispoe

ostentagioiadivivere,senonaltro per decenza,considerando che chiunquevivaecamminilìd’intornosisforza di mostrare una certadiscreta cortesia. Loscontento e l’avvilitodebbono contenere la propriascontentezza e il proprioavvilimento anche solo peruna prudenza di tipopuramentepratico,chinonhaautocontrollosivedecostrettoa controllarsi, chi per

contentezza vorrebbescoppiareinunasonorarisatasirendesubitocontochenongli è lecito farlo, e chi ha lelacrime agli occhi si volta discatto dall’altra parte, guardauna vetrina come se gliinteressasse chissà quanto.Chi flirta si serve dei mezzipiù semplici e nello stessotempo più teneri. Benchénelle strade e nelle piazze,come pure nei tranvai, siabbia l’impressione di

sconosciuti che facciano ditutto per evitarsi a vicenda esembra che ognuno tema uncontatto o un’emozione,avvengono tuttaviamoltissimi, simpatici e dolciapprocci, più di quanti unosservatore sia in grado disupporre e un forestiero diosservare,appuntoperchéchiintraprende o si prefiggequalcosasicomportacomesesognasse o facesse i propricalcolinelvago.Sesorgeuna

qualche piccola seccatura,vuoicheuncavallostramazzisulla strada sovente lisciacomeuno specchio, vuoi chenasca una baruffa o cose delgenere, subito intorno aquella novità si forma undelizioso capannello disfaccendati, che di fronteall’interruzione non reagiscené con indifferenza né inmodocomunquescomposto.È tutto pulito. Le vetrine

brillano dello stesso accurato

nitore che vi è nelleespressioni usate dalla gentecoltaeincolta,ladomesticasiabituaamuoversicomeisuoipadroni, e la padrona nonspinge oltre la soglia di casala propria aria dignitosa einaccessibile. Lo scolaroallegro e innocente porta acasa la sua pagellaviaggiando nella stessatranvia in cui è seduta unasgualdrina o uno che quitrova il tempo di escogitare

piani criminali, e una cosanon interferisce nell’altra. Inmolti occhi brilla una bramasegreta,molte sono le labbraserrate, molti gli animifrementi,ma tuttova fatto inun certo modo, tutto deveprocedere ragionevolmente,tutto ha la capacità e lavolontà di mantenersi cosìcom’è. Le straderassomigliano l’una all’altracome i destini degli uomini,eppure ogni strada ha il suo

particolare carattere e undestino non si può maiparagonareaunaltro.Quantoall’eleganza,lasicercaelasiintende in generale nel sensocheseneevital’ostentazione,il suo maggior fascinoconsiste in una certanonchalance; un po’ come lanobiltà del pensiero e delsentimento, la quale è giuntaormai alla fine se si affannaad esternarsi, o un po’ comelo stile del linguaggio, che

viene meno là dove intendefarmostradisé.Nella grandezza e

nell’orgogliodiquestacittàviè un’inconfondibile quiete; eun’assenzadirumoreregnaaldi sopra del rumore al puntoche, se si è statiperuncertotempo nel silenzio enell’isolamento dellacampagna, si desiderapercepirlo come fosse unbalsamo. E non vi è dubbioche nella metropoli prevale

uno spiccato bisogno dievitareognifrettasuperfluaeogni furia. Mangiare e berebene è quimolto importante,chi è affamato ce l’ha con ilprossimo e perciò, dovunquemetta piede, inevitabilmenteurta: o con il gomito o conl’espressione del suo voltoinsoddisfatto e rancoroso. Ilrancore è un nemicodell’umanità, edèunnemicodella propria persona, che sistrugge vanamente, e poiché,

làdovesiaccalcanoinmolti,ciascunoavverteunacosadelgenere,sipuòbendirechelacittàsviluppatasiinmetropolimette fineunpo’ per volta atanto di quel rancore cherimbomba invano, giacchéchièadiratoe rancorosononresiste fra la gente. È vero,spesso si trasuda rabbia,colleraoppureodio,mapoicisimescolacongli altri,ossiasivatralagente,edeccochequel male dell’anima è già

sparito.Untipodisocialismonobile e lungimirante vaguadagnando in modospontaneosemprepiùterreno,e l’odio di classe sembraesistere soltanto nei giornalichece lodescrivono.Quantoal modo di presentarsi, ognimodestooperaioobracciante,se brilla per la salutedell’anima e del corpo, puòtranquillamente trionfare sucerti ricchi, i quali, comespesso non riescono a

nascondere, non si sentonofisicamente bene; sicché èl’infermo a meritarecompassione,nonilpovero;eildiseredatoèchinonèsano,non chi è di umili natali.Questo insegna in modopersuasivo la strada dellametropoli. Diomio, per oggibasta, devo uscire di qui,devo fare un salto giù tra lagente, non resisto più, devoandare a ridere in faccia aqualcuno,devoandareunpo’

apasseggio.Ah,vivereècosìpiacevole,cosìpiacevole.

KUTSCH

Di Kutsch si sa che hanell’armadio tre drammiincompiuti, inoltre stalavorando a un quarto,l’argomento glielo fornisceMaupassant.Ehilà,Kutsch!AKutschnongarbaaffatto

chegli rivolgano laparola inmodo così spensierato, èdiffidente e forse ha motivo

d’esserlo, poiché mira al piùalto dei risultati; e a tuttiquelli che hanno obiettiviassaialtinonpiacedartroppaconfidenzaalprossimo.È sempre qualcosa di

remoto ciò che questepersonevagheggiano.Uominidel genere vedono sempredavanti a sé la necessitàsussurrargli: «Sviluppa le tuedoti!». Kutsch devesviluppare le proprie doti, loha messo al primo posto nel

suoprogramma,equestoèunmotivo d’inquietudine che dicontinuolotorturaunpo’,glifadrizzarepiùattentamenteleorecchie, gli impone unafacciadanerviallospasmo.Hamaniaffusolateesottili,

mani sensibili. Certidisegnatori di giornaliumoristici si buttanovolentieri su mani di questotipo per sfruttarle nelle lorovignette.Ame preme offrireunserio studiodicarattere,e

quindi occorre fare moltaattenzione, visto che si trattasoprattutto di non esagerarenessuntrattoessenziale.CollegaKutsch!Sentire questa parola non

gli va, più di tutto glipiacerebbenonesserecollegadi nessuno, è una sortad’uomo che guarda in su etira in su il bavero delcappotto. La sua mano, segliela stringi con vigore,scrocchia, e quando Kutsch

portailcappello,lasuatestaèmoltointeressante.Ha sempre paura che

qualcuno possa farsi beffe dilui,ma ci sono certe personeche si possono ritrarrefedelmente solo facendosibeffediloro.Una notte Kutsch ha

dimenticato al caffè undramma abbozzato in tuttafretta, lasciandolo su uno diquei divanetti sui quali, conaria nobile e noncurante, i

begli ingegni abituali siaccasciano per sorseggiare illorocaffèefissarelosguardonelvuoto.Unaltrohatrovatoil testo, l’ha preso, se l’èmessointasca,lohaportatoacasa, copiato, concluso,adattato per la scena e fattorappresentare nei teatri piùimportantieconsuccesso.Anchequil’ispirazioneera

una novella di Maupassant.Già. In Maupassant, questobifolconormanno,la«vita»è

soltanto comeimmagazzinata, chiunquel’abbia letto ne avrà avutol’impressione.Kutschama isoggetti,non

la vita; la vita che gli toccavivere, finora non è certostata un gran che. Ècorrispondentediungiornalee recensore di libri, ecco lavita che conosce, e anche asuo parere non èun’esperienza di particolareinteresse.

Peccatochenonsiavenutoal mondo ai tempi, diciamoperesempio,diLuigiXIVdiFrancia, perché a uno oall’altro di quegli spiritosifurfantichealloraspuntavanoa vista d’occhio lui avrebbecertamente mostrato di cosafossecapace.Ilfattoèquesto:Kutschsa

faretuttoevuoletutto,mainconcreto non combina nulla.Recensisce romanzi perchélui stesso è un narratore fino

al midollo, scrive criticheteatrali perché lui stesso èposseduto sino in fondo daldemone del settore, parla dipoesie perché lui stessoavrebbe senz’altro compostopoesieseloavessevoluto.Si arrabbierà, se legge

queste cose. Io gli dirò:«Ecco, prendi!». E glimetterò inmano ilcompensopur piccolo, ma per lui nonirrilevante, che incasserò perilpresentearticolo.

Gli sbeffeggiatori hanno avolte la stravaganza d’esserebenevolicongliuomini.Oh,Diomio,Kutschècosì

povero, così abbandonato datutti. In mente, nondimentichiamolo, ha soloprogetti ambiziosi e diprim’ordine. Non è unapersona come le altre, né delresto la maggior parte dellepersonesonopersonecomelealtre.Ioinvecesonodecisamente

uno tra centomila.Mi si puòscambiare con un domestico,esonobencontentodiesseretantonormale.La sentite questa punta di

invidia che ha sete divendetta?Perchémaidovreiinvidiare

Kutsch? Io, al contrario, locompiango. Io sto scrivendoinfatti su di lui, lo devoquindi sentire al di sotto dime, altrimenti non scriverei«su»dilui.

Che cattiveria mettersi ascriveresupersonevivecomesefosseromorte.EpoiquestoKutsch non è nemmenointeressante, sento dire allettore.

FAVOLOSO

Il tempoera favoloso.Conquel tempo Kitsch e Kutschnon avevano voglia dirimanere a casa e quindi siapprestarono a uscire, eveloci scesero in strada.Favolosa, la luce in strada,mormorò Kutsch, mentreproseguivano camminandoambedue di buon passo e

ancheKitsch disse: favoloso.Poco dopo incontrarono unadonnagrassa,e idueamiciapasseggio trovarono subitofavolosa quella donna.Presero il tranvai, che cosafavolosaviaggiare così, dissedi nuovo Kutsch grattandosila barba da giovincello, eKitsch si affrettò aconvenirne senz’altro con ilcompagno. Nella vettura eraseduta una ragazza dagli«occhi favolosi».

All’improvviso cominciò avenir giù una leggerapioggerella:favoloso!Dopounpo’inostriKitsch

eKutschsceseroedentraronoin una galleria d’arte. Ilmercante d’arte stavaguardando fuori dalla suabottega e ci mancò un peloche i due non trovassero lacosafavolosa,dicesserocioè:è favoloso come quel tizioguardafuoridalsuonegozio,maevitaronodi formularead

alta voce questo pensiero,avvertendo che non si puòcontinuare sempre a dire lastessa cosa. Mezzo minutodopo erano davanti a unRenoir: semplicementefavoloso!,scappòdiboccaadambedue. Kutsch riprese aradersi la barba con le dita,ma già il suo collega avevascoperto una cosa che era dicento favole ancor piùfavolosadelRenoir:unanticomaestro olandese. Roba del

genere, dissero, era più chefavolosa e avrebbero volutoambeduemettersiaurlare.Poi uscirono. Fuori nel

frattempo si era formata unasottilecrostadineve,eavevaun aspetto favoloso, la neveera tutta nera, di un nerobluastro, semplicemente; be’,sitrattennero,infondononsipoteva dire sempre la stessacosa. Incontraronounpittore.Non passò molto tempo e ilpittore disse che non

conosceva nulla di piùfavoloso di Parigi. Kitsch eKutsch trovarono disgustosodire che Parigi è favolosa esenza indugio trattarono condisprezzo l’ignaro pittoreinsieme alla sua fi-fe-fo-fu-favolosa Parigi. Appenafurono di nuovo soli, ai duevennedadirlo un’altra volta,ma quello sembrava il postogiusto, stavolta era unostagno. Si trovavano su unponte e sotto c’era lo stagno

in tutta la sua favolosità. Dicolposimiseroaparlaredellepoesie di Verlaine. Kutschbatté le mani e gridò:favoloso. Allora Kitschsorrise. Adesso avevafinalmentecapitoedisseasestesso: com’è volgarefavoloseggiare così ad ogniminimaoccasione.Unminutodopo stramazzò per terra,abbattutodalfavolosoaspettodi una gonna azzurra. È unazzurro strepitoso, disse

Kitsch,rialzandosiafatica.Sieraslogatounpiede.Daquelmomento in poi disserosempre strepitoso e non piùfavoloso.

DILETTANTI

Mentre il vero artista amaaffrontare i suoi soggetti dallato più semplice e piùgrezzo, il dilettante lavoraricorrendo in genereall’eccitanteausiliodeisuoni.Un dilettante ubriaco può, invia eccezionale, creare uncapolavoro. La musica piùinconsistentesifacapirenella

maniera più rapida, poichécrea un’atmosfera el’atmosfera produce ildilettante; per questo motivoa frequentare i concerti sonoper lo più dei dilettanti. Danessuna parte vi è unaconcentrazione tantomassiccia di facoltàdilettantesche come tra ilpersonale impegnato arealizzare un’opera lirica.Qui, sotto gli amabili stralidella musica, le nature

autenticamente artistichesono quanto mai rare.Bisogna leggere leautobiografie di cantanti eattorifamosiperfarsiun’ideadel candore con cui gente diquesto tipoconcepisce la suaprofessione. Proprio i talentipiù apprezzati sul pianouniversale sono spesso deltutto simili a quellisconosciuti.È solo la fortunaa distinguere l’uno dall’altro,ma a fare un artista non è il

successo e neppurel’insuccessopiùcostante.Curiosa faccenda è quella

della cosiddettapredisposizione di un talentonaturale. A volte è propriounafelicepeculiaritànaturalea essere destinata all’eternodilettantismo,mentreconunasolida applicazione e conl’ardore dello spiritoun’apparente mancanza dioriginalità può conseguire unalto livello artistico.Esistono

però anche dilettantismi divario tipo. Il dilettantenormale è una gradevole esimpatica figura umana. Checosa succede tuttavia se unmezzoartista riesce a darsil’aria e l’aspetto dell’artistaintegrale, se la mancanza discrupoli sa presentarsi comese dieci, anzi cento scrupoli,problemi e pensieri latormentassero, se l’assolutanullità assume atteggiamentidi smisurata importanza? Là

dove compare questo generedi persone, l’aria buona esana diventa pesante, cupa evenefica, la vita si guasta, lanatura tutt’intorno sicorrompe. Il più delle volteproprio questi «maestri»hanno un gradevole successofra il pubblico, ottengonoincarichi in gran quantità, enon di rado qualcuno linomina professori o gliappunta al bavero dellagiacca una luccicante, nobile

onorificenzaconcuichineèinsignito si crede per sempreal riparo da qualsiasi criticanegativa.I dilettanti più pericolosi e

sgradevoli si trovano,tuttavia,subenaltroversante.Sono i rivoluzionari, quelliche danno a intendere diinscenare rivoluzioninell’arte, dilettantidell’estrema sinistra,giocatori d’azzardo, che conmosse ardite tirano giù dal

cielo dell’arte il meglio delgustocontemporaneoperfarea pezzi quanto le loro ditahanno ghermito. Natureall’apparenza audaci e pienedi slancio, si intrufolano intutto ciò che l’opinionepubblica e le autoritàdetestano e perseguono,assumendonellostessotempoconariadapaciosibevitoridibirra le sembianze di poveriproscritti, di oppressi efustigati, per trarne poi

motivo d’orgoglio. Dell’arteglienepuòfregartantoquantodella Spagna. Mentono, epropriolamenzognaèl’unicodilettantismo davverospregevole. Un arditodilettanteditalfattadipingeodescriveconastutapreferenzacose proibite, scenegrossolanamente sensuali,scene di nudo e, optando perun punto di vista pericoloso,pensa di essere anche unminaccioso novatore. Già il

solofattoche intendaportareinnovazioni lo condanna allapseudoarte. Nell’arte non sitratta mai di innovare, masolo di concepire una certacosa in modo nuovo, mai difar pulizia,ma solo di esserepuliti, mai di creare nuovivalori, ma solo di cercard’essere in prima personacolmi di valori. Ai dilettanti,invece, piace soprattuttoesseredeinovatori,gentechedàunaripulitaalmondoe lo

sovverte, laddove a questomondo non ci sarà mai, inlungo e in largo, nulla cheessi siano in grado dimigliorare. Solo la passione,l’impeto del sentimento, ilduro destino personale di unuomosinceropuò,allafinediuna singolare carriera,imporrealmondoqualcosadimaiesistitoprima,maquestoavviene sempre eassolutamente da sé. Versol’esterno l’autentico artista è

leale, silenzioso e nonimpetuoso.Ma cosa sta facendo la

nostra piccola, cara,«autentica» dilettante? Tu,dolce creatura, per dipingerela natura sconfinata scendinel parco, ti metti sotto unalbero pieno di gemme,seduta su un graziososeggiolino pieghevole dapittori. A te tutta la nostrasimpatia! Tu sogni il tuoinnamorato, mentre con aria

maliziosamenteseriosa«tidaiall’arte». Tu non sai nulladellagravitàdel compitocheti assumi e nulla vuoisaperne. Tu stai facendo unsimpatico, armoniosoquadretto da regalareall’essere che ami, per il suocompleanno od onomastico,come ricordo. Il tuo viso ècosì bello quando volgi gliocchi al cielo. I tuoi folticapelli d’oro chiaroincorniciano deliziosamente

la tua fronte aperta. Staisorridendo? E già con uncerto dolore? Ma guarda unpo’:seiinpena?Lanaturainmezzoacui tusiedis’inarca,si incurva, si estende edigrada in un continuo su egiùfrapresagiesentoridellaprimavera in boccio. Su,dipingi,scrivipoesie,sognaecomponi musica! Tu dipingisolo perché desideri di nondoverlofaremaipiù.Ascolta!Di chi sono i passi che si

sentono frusciare dietro di tetra le fronde?Stai tremando?È«lui»?

SULCARATTEREDIUNARTISTA

Chedisestessononriescamai a conseguire unasicurezza o una garanzia,questo sembra il suodestino.Undestinonémoltofosconémolto facile. Arde: è ildestino di una tensioneperpetua.Oraglitoccadardipiglio e ne ha paura, ora

soccombe e quasi ne ècontento;orasiinfiacchisceestancae,inparitempo,arrivaad appropriarsi di unpatrimonioaffattonuovo,maiimmaginato in precedenza.Uno spirito singolare, quasisinistro lo domina. Perdutonegli abissi dello sconforto,sovente raggiunge il meglio,ovvero se stesso, e immersoin profondi pensieri si perdecome la pula lanciata alvento. Non riesce a dare

confidenza, non gli èconsentito essere un po’umano. Ci riesce e gli èpermessa e l’una e l’altracosa, ma... c’è sempre unproblema, un pensiero, unospettro, un qualcosa chefugge via, e dentro di luisempre si incrina, risuona, elui immagina, immaginasempredinonesserefedeleaun che di bello, diincoercibile, diraccapricciante, qualcosa che

èpresenteenonloèmai,nonloèmaiperchéèquestacosastessa, perché è lui ad esserequesta cosa che è presente esemprefuggevia.Vivedunquenellecontinue

ambasce di una sensibilitàeccessiva, che minacciano dialterare la salute dei suosensi. Odia quindi le«dichiarazioni». Sempre conidee non troppo chiare su sestesso,glisembraspaventosoavere anche soltanto alla

lontanaunaqualchefiduciainsé, eppure scoppia nelcontempodiautostima,masifida solo quando ècompletamente preso dallafebbre dell’attività creativa.Quando è inoperoso (e ditantointantoglièinevitabileesserlo), la voragine dellacoscienzalofatremare,quasifosseunvulcanoaicuifuochinon riesce né una cosa nél’altra: non a prorompere eneppure a spegnersi. Le sue

gioieelesuesofferenzesonoparimenti incomprensibili equindi non possono cheessere, nel migliore dei casi,sempre fraintese. E comecerca di continuo il bene,l’ardore della passione, iltutto! Spuntano in lui, araggiera, di colpo, idee ingran quantità; con ariaimperiosa il pensierodominante bussa, quasil’anima fosse una vecchiaportachiusaeilpensierouna

mano: toc, toc, apri. Beh,allora lo sgomento è dinotevoleviolenza.L’artistanonèmai solo, il

suo lavoroquotidianononhamai fine,epoiché lo intuiscevivamente, qualsiasi cosaintraprendasisenteingenerelegittimato, anzi, si direbbenobilitato, da incessantiallegrezze interiori,e il suoèun fare tranquillo, forse avolte addirittura un po’fiacco, avendo egli la

sensazione che «quella cosa»nonsmettemai,quasidicessea se stesso: «I bravuomini siaffanninopure.Chenesanno,loro, della veemenza,dell’ardore e del furorepercepiti da chi ha darimanere sempre sveglio?».Egliva tra i suoiconcittadiniinvesteoradipersonafrivolaora di brontolone ora dimostro in fatto di moralità,eppure è sempre e solo ilmodo di comportarsi che lui

stesso ha scoperto, quello acuideveobbedire.Poi, comesenientefosse,siriavvicinaauna condotta normale esorridemestamentequando lisente dire: «Può essere cosìcarino, se vuole». Sì, il suomododiviveresomigliaaunsogno, e la sua persona è unenigma. Sempre a due passidal precipizio, i successiesteriori sono per lui comecarezze di cui si è sazi, e gliinsuccessi come tiri che però

non vanno a segno. Poichéegli scorge la bellezza e lagrandezzasolonel tutto,vivealtresì rischiando tutto. Sevolesse cautelarsi, fallirebbeinognisenso, rimarrebbepersempreirrigidito:eccoperchélo si vede scherzare con lapropria esistenza e giocarecon i propri sentimenti. Oh,naturalmente «sapràcontrollarsi» un po’ in ognimomento.Maquelchehadafareècrescere,nondevemai

passarsela davvero «bene»,altrimentifiniràpermorireinuna serie di appagamenti perlui distruttivi e asfissianti.Fame e sete, in una parola:appetito, questo deve avere.Bisogna che egli senta ilgrandeappetito,l’appetitoperquantoèaudaceestimolante.Come?Eselostimolononlostimolasse più? Che cosasuccederàallora?Chi,chimailoaiuteràaritrovarel’ardore,a ritrovare il punto di

passaggio perl’incommensurabile? Acollegarelequestioniminimeconlemassime?Di continuo lo vediamo

dunque contare unicamentesu se stesso: ecco perchétalvolta non necomprendiamo l’allegria, nélapena,delresto;enemmenoè necessario checomprendiamo lui. Se èautentico, è allora unfenomeno.

SULL’ARLESIANADIVANGOGH

Di fronte a questo quadroviene in mente ogni sorta dipensieri, e svariate domandesiimpongonospontaneeachisi perda a contemplarlo,domande di tipo cosìsemplice e nello stessotempo, tuttavia, di tipo cosìstrano e sconcertante che

sembra non possa esservinessuna risposta. Moltedomande trovano il lorosignificato più bello e larispostapiùsquisitaepiùfineproprio nel fatto che nonabbianomairisposta.Quandoper esempio un innamoratochiedeallasuadama:«Possoavere qualche speranza?» elei non replica nulla, lamancata risposta equivale incerticasiaunostupendosì!Ealtrettanto avviene in tutte le

cose misteriose, in tutte lecose grandi; e qui siamo difronte a un quadro pieno dimisteri, pieno di grandezza,pieno di profonde e belledomande e pieno di rispostealtrettanto profonde, sublimie belle. È un quadromeraviglioso e c’è darimanere stupefatti che loabbia potuto dipingere unuomo del diciannovesimosecolo, giacché è dipintocome se fosse opera di un

uomo e di un maestro deiprimitempidelcristianesimo.Tanto grandioso quantosemplice, tanto commoventequanto sereno, tanto discretoquanto di estasiante bellezzaè il ritratto della donna diArles che, senza troppicomplimenti, uno vorrebbeavvicinarsi a lei con lasupplice domanda: «Dimmi,haisoffertomolto?».Oraè ilmero ritratto di una donna,oratornaaesserel’immagine

del crudele enigma della vitanelle fattezze di colei che haposato per il pittore e gli èservitadamodello.Tutto in questo quadro è

dipintoconunostessoamoredi cattolica solennità, diinesorabiledevozione,serioesevero, la manica come lacuffia,lasediacomegliocchicerchiati di rosso, la manocome il viso; e il tratto e loslancio del pennello,misterioso ed energico, pare

assolutamenteleonino,sicchénon ci si può sottrarreall’impressionediqualcosadititanico. Eppure e sempre,non è nient’altro chel’immagine di una donnapresadallavitad’ognigiorno,e proprio questa circostanzacosìmisteriosa ne costituiscel’aspetto grandioso, toccante,sconvolgente. Lo sfondo delquadroècome l’ineluttabilitàstessadiundurodestino.Quiuna persona è dipinta tale

quale come essa è, e conl’aspetto di chi da lungotempo ha dovuto abituarsi atenere in silenzioper sé tuttociòchehaprovato, inquantoforse si ègiàdimenticatapermetà di tutto, di tutto quantoha dovuto sopportare, lasciarperdere e superare. Verrebbevoglia di accarezzarle, leguance smagrite di questa...donna sofferente. Il cuoredicechenonsidovrebbestarea capo coperto davanti al

dipinto,machebisognerebbetogliersi il cappello, comeentrando sotto le volteconsacrate di una chiesa. Enon è curioso forse, e altempo stesso nient’affattocurioso, che qui a un pittoreprovato dal destino (perchétale egli fu!) capiti dirappresentare una donnaprovata dal destino? Deveessergli subito piaciuta insommo grado, e l’ha dipinta.Costei, trattata crudelmente

dalmondoedallasorte,eoraforse divenuta essa stessacrudele, fu per luiun’improvvisa, grandeesperienza, un’avventuradell’anima. Sembra anche,come ho sentito dire, chel’abbiadipintapiùvolte.

UNABBECEDARIOPERIMMAGINI

DIMAXLIEBERMANN

Questo è un libro senzaparole, il suo è un raccontoper immagini, per rapididisegni di un’abilità e di unagraziaparticolari.Vi troviunlinguaggio bello ecomprensibile,unasagariccadiremotesuggestioni,visenti

palpitarelavita,eselosfoglipaginaperpagina tivengonoincontro, e ti coinvolgono, ilpianto e l’esultanza dellanatura. La vita placida edistesadellacampagnatialitain fronte con i suoi venti.Venti e nuvole passano e silibrano in queste semplici eardite sequenze. Cespugli infiore, strade di campagna; epoi questa penna magistraleinduce di nuovo il sole a untramonto come avviene in

natura, un tramonto chesuscitamoltipensieri.Oppuregettiamo uno sguardo nellastanzetta di una casacontadina, dove c’è soltantouna vecchia seduta allafinestraconariapensosa.Quila mano del disegnatore hadescritto la solitudine e ildistacco dalmondo, come sefosse stato un provettonovelliere a dire in terminiconcisi frasi appropriate econvincenti.Ma lo splendido

disegno rifiuta il paragonecon qualcosa che gliassomigli. Lungo una stradaun gregge lento emalinconico. Il tremolare delsole lo sovrasta. Ed ecco dinuovo una nota di tristezza:una bara trasportata daqualche parte; dal fondo pardisentireilrumoredelleondedelmare, tutto è tetraggine epena.Masevoltiamopagina,ecco sorriderci un’altra voltal’infanzia, l’eterno, e tutto è

di nuovo pieno di sole. Lapennadell’artista sa suscitarein noi incanto e orrore.Ci siaffezionaaquestolibroperlasensazione che trasmette:quella di doverlo prenderecontinuamente in mano, diguardarlo e riguardarlo. Ciseduce per la sua verità, ciconquista per la suasemplicità, ci incanta per lasuanaturalezza.Ognisingolaimmagine si abbina a unalettera dell’alfabeto, un tratto

dimareallaB,larisatadiunbambinoallaF, il pianto allaU, la voglia di vivere allaZ,la fatica alla K. Ma forse lafaccenda è un po’ diversa.Meglio cercare, quindi, diprocurarsi il libroedivederein che senso potrei essermisbagliato.

IBALLETTIRUSSI

Sono deliziose le ballerinerusse dell’Opera di Corte diSan Pietroburgo. Danzanoassaibene,eaBerlinohannoottenuto applausi su applausie un grande successo,tributato con sincerapartecipazione. Questo forseladicelunga,forseancheno;noi comunque ne siamo stati

molto soddisfatti, moltocontenti, e in gran parteaddirittura rapiti. Di fronte acerte danze siamo rimastiperfinoabbagliati.Traquesterusse c’è una grande artista,Anna Pavlova, un’artista dinotevole consapevolezza eintelligenza, entro certi limitisenza dubbio arguta. Alcunifogli locali l’hanno chiamatala regina della danza, cosache lei palesemente è. Èmeravigliosa. Ah, questa

Berlinochesagodereecapirel’arte, com’è tuttavia stranasotto certi aspetti! E poi ilsuccesso, come è bizzarromolte volte! Ma lasciamostare. Parliamo di cosegradevoli, di cose di danza,non di stupide inezie, dazotici e babbei, direi quasi,comeilsuccessoeilmododiconfezionarlo. Cerchiamo diessere allegri, ricchi, lievi,sensibili, cortesi, bravi egentili.

Vi è, senza dubbio, unpochino di impudenza daparvenu nel fatto che unocomeme,ilqualenonhamaistudiato la danza, vogliaciarlare e cianciare sulla,della e intorno alla danza.Eppure ne sono troppo presoper poter dire: «No, nonscrivoniente».Echemalec’èse,conilpettotraboccantedipiacevoli sensazioni, ci sirende un po’ ridicoli? Sì,piacevoli sensazioni, volti

fascinosi, movimenti belli eaggraziati, dolci ricordi,motivi di gratitudine edeferenza è quanto ci hannolasciato in dono i ballettirussi. Ce n’è uno moltosciocco, I milioni diArlecchino. La Pavlova èseduta come una giovaneprincipessa su un balconcinopericolante e improbabile, econ gesto stupendo guardagiù verso una schiera dipersone – italiani, a quanto

sembra – visibilmenteimpegnate là sotto in unascenanotturnadiavventureedi canti intonati allamanieradeitrovatori.El’elementopiùbello,piùgraziosoebrillanteera forse l’incanto di quelbalcone.Il senso della scena era

indubbiamenteiltrionfodiuntenero amore sull’avidità didenaro e sulla vecchiaia chesi fingegiovanee sciocca.Oqualcosa del genere.

Comunque sia, vediamo poiquello splendore al balconescivolar giù e mettersi adanzare in tutta la suabellezzaegrandiosità.«Ehsì,questa è ancora danza» mifece durante l’intervallo untizio che ne era assaientusiasta. «Come no» dissiio, e mi divertii a fingermifreddo e laconico.«Formidabile» soggiunse unaltro. Mi veniva da ridere.Oh, com’è questa Berlino

quando si lascia prenderedall’entusiasmo!Naturalmente sono convintonel profondodel cuore che èmoltosimpaticoemoltobelloentusiasmarsi. Le novitàentusiasmano.Equestirussierusse ci fanno l’effetto diqualcosa di nuovo, di maivisto. Le loro danzetradizionali ci sono sembrateun che di ardito, di unico enuovo. Siamo rimastiabbagliatidaun’artecheipiù

maturi e savi fra noicredevanosepolta.È forse il futuro questa

danza? Per una danza chedeve vivere al di là di unsuccesso travolgente sidovrebbero scrivere ballettiadatti ai tempi e al lorospirito.Del restononoccorrepoi comprendere l’arte delladanza. Non occorre sapereche cosa significhi unleggiadro movimento dellamano e del braccio. Basta

percepirlo, vederlo; perciòpensare al futuro della danzatrasmessacidalla tradizioneèpiuttostodafilistei.Etuttaviainmolti casi non è poi tantosciocco essere un pochinofilistei.Assolutamente magnifiche

e davvero inebrianti sono lesingoledanzediquestagentevenuta dall’impero degli zar,ledanzepopolarienazionali.Basterebberoicostumi.Epoiquellasfrenatezzabellaeresa

nobile dalla disciplina e dalritmo. Ha un effettotrascinante, e a questo puntobisogna fare il nome dellaEdouardova. Costeirappresenta la bellezzasensuale,laPavloval’incantodell’intelligenza.Si è visto chiaramente che

questa Berlino, città di unastrepitosa, violentamodernità, non ha più unpubblico per il balletto. Ilballetto è uno spettacolo da

godersi invero con totaledistacco, inognicasoconunatteggiamento molto, mamolto da dame e uomini dimondo: di sfuggita, connobiltà,freddezza,eleganzaemisura; per esempio amezzanotte, fra discorsispiritosi e una bottiglia divinochescaldailcuore.Nonè infattiundrammadi Ibsen,né un’opera di Wagner,quellochequisi rappresenta.DatocheaBerlinodamolto,

moltotempononabbianopiùsperimentato «nulla delgenere», e quindi non siamopiù abituati a gustarlo comeun puro e raffinato piacere,l’abbiamo presa comequalcosachesuscitaunsensodioppressioneequindi–cosìcredo di poter dire – comequalcosadifintroppo,troppocarico di significati. Certo,non bisogna ragionare dafilistei. Tuttavia erastimolante osservare in che

modo ci siamo infervorati difronte all’esibizione dellagrazia. Vi agognamo cosìtanto?Sì,aquantopare.La bellezza ci ha travolti

anche in questa occasione.Letteralmente travolti. E glispregiatori andarono avenerare, inebriati edesultanti, ciòcheperdecenniaveva dato loro disgusto. Èun segno dei tempi in cuiviviamo: massimaoscillazione comunque in

quel che passa per bon ton,comprensionedell’arte,echesi chiama gusto. È unavertigine e ci dà il capogiro.Constatare che siamo ancorain grado di provar gioia eintimo diletto, di provarlocosì all’improvviso, ci puòriempire di una certasoddisfazione. Perché alloratantochiasso?Eppure,forseènecessario. E questo ancoravadetto:dobbiamoesprimeregratitudineachihapensatodi

invitare dei russi così portatiperladanzaatentardinuovoil successo nella capitale delReich.L’anno scorso, infatti,la nobile Pavlova noil’abbiamo bocciata, più omeno, con tutta la rimanenteschiera degli artisti; leabbiamo in ogni casorovesciato addosso il gelo diun consenso che era di fattounamezzasfacciataggine.Tentar di sottolineare un

po’ tuttoquestomisembrava

doveroso. Dire quanto benedanzi, la grande artistaAnnaPavlova, non mi è possibile.Conl’entusiasmochesuscita,ellaspingeilpoetaascriverepoesie, il pittore a dipingerefigure,ilmusicistaainseguirenuove idee musicali. È tantodelicata quanto ardita, tantograndequantomodesta, tantobella quanto autorevole. Ah,il suo sorriso, la poderosafalcata dei suoi passi. E lameraviglia delle braccia e

dellegambe.Guardiamoquelbalcone.Èlìsedutaelargiscegesti che si addicono a unregina delle favole,rivolgendoli agli occhi e aicuorichelàsottol’ammiranoe l’amano. Non assomigliaforse a una magaammaliatrice, non ci facredere che a questo mondole cose nobili e soavi nonpossano mai del tuttoscomparire?

COSASONODIVENTATO

Dinascitasonofigliodellamia terra, di categoria sonopovero,dicondizionesonounessere umano, di caratteresono un giovane e diprofessione sono l’estensoredelpresentecurriculumvitae.La mia educazione èconsistitanel fattoche ilmiocaropapàditantointantomi

mandava a Ridau. Ridau èunagraziosavecchiacittadinaattraversata da un’unica, main compenso ampia strada edominata da uno svettantecastellogotico.A Ridau abita il signor

Baumgartner. Io andavo dicorsa a Ridau dal suddettosignor Baumgartner, perportargli in tutta fretta moltisaluti e i migliori omaggi daparte di mio padre. Questoper quanto riguarda la mia

educazione.Per istruirmi e per

formarmi ho frequentato leprime classi del ginnasio. Sitratta di un’istituzioneclassica nata per opera diNapoleone I, il Grande, ocomunque sotto la suainfluenza. Poi capitò che labrutalità della vita micatapultasse nel mestiere dielzeviristaesecutivo.Oh,nonavessimaiscrittounelzeviro!Ma il destino, sempre

incomprensibile, ha volutocosì,hafattodime,aquantopare, un essere saltellante eprofumato che scrive di tuttoe sa di tutto, e i preziosinòccioli delmio carattere, incuiriecheggianoivincoliconil suolo natio, andarononecessariamente persi tuttiquanti; cosa che io deplorocon occhi colmi di lacrime enelprofondodellamiaanimasvuotata. Crudele destino acuiobbedisco!

Tuttavia le cose possonoanche migliorare e chissà, lasemplicevitaagresteforseungiorno mi ritroverà, e allorapotrò di nuovo torcermi lemani nella solitudine. Per ilmomentoperòsono,aquantopare,sepoltoinquellasentinadi vizi che è l’attività delcronista, tutta sorrisi eballetti; e c’è ben poca oaddirittura nessunissimasperanza che nella vita ioriescaancoraadarfiatoauno

jodler, come sa fare peresempio in modo tantosplendido e autentico ErnstZahn, uomo di mondodavvero intraprendente incampo letterario. Ernst Zahne altre persone, parimentismaliziate, sono autenticimaestri nel sottolineare ilproprioamorpatrio.Quantoame,nonsonomai

statocapacediprodurrecosedelgenere. Ilmondoèvasto,el’essereumanoèunmistero

eNapoleoneèstatoungrandeuomoeRidauèunagraziosacittadina,e ilnòcciolodiunapersona non va maicompletamente perso, danessuna parte. Cos’è questaottusitàdelSud,questeciancedavecchiezie!Berlinoèunacittà così bella, e i suoiabitanti sono persone cosìattive,probeegentili.

SCHIZZO

SCHIZZO

Arrivò come da nebuloselontananze. Già questogiocava a suo favore. Avevaun aspetto come nessun altroha. Lei pensò: «Ha l’aspettodi uno su cui ancoraincombono pericoli». Erapovero, indossava vestiti

laceri,ma si comportava confierezza. Il suo contegnoesprimeva grande calma egrande letizia interiore. Leipensò: «Che gustomeravigliosodebbonoavereisuoi baci». Inoltre daval’impressionediunuomochenon poteva non aver giàsuscitato molto favore edestatogiàmolto interesse, eche ovunque avesseprovocato entrambe lereazioni, fosse poi andato

avanti per la propria strada,senza gettare un solofuggevole sguardo da unaparteodall’altra.Lei pensò: «C’è qualcosa

di ardimentoso emagnanimoin lui.Chissà se loamerò. Inogni caso è degno d’essereamato».Costui inoltre pareva ben

sapere, e d’altro canto nonsapere affatto, quanto fosseattraente. Vi era nel suocomportamento un che di

smarrito, un che di ambiguo.Lei si diceva: «Questogiovane sa di sicuro esserediscreto. Immagino sia dolceconfidare in lui. Ancor piùdolce e bello dev’esserebuttargli le braccia al collo estringerlo a sé». Nonostantelasicurezzaelafermezzaconcuisapevapresentarsi,recavasudi sé l’ombradiunesserereietto e indifeso. Lei pensò:«Ha bisogno di protezione.Come sarei felice di poterlo

proteggere». Era giovane etuttavia, a quanto sembrava,già provato: era di ferro,l’immagine stessadell’irremovibilità e dellapertinacia, e tuttavia aveval’aspetto di chi desideri unaprofusione di tenerezze eintimità.Allora lei gli sfiorò il

braccio, come per caso einconsapevolmente.Arrossìepensò: «Si accorge di quelche voglio». Anche lui

arrossì. Allora lei pensò:«Cheuomostraordinario!Mitiene in considerazione.Èuncavaliere».Daquelmomentoin poi, agli occhi di lei ilcontegnodiluifusemprepiùbello; e sempre più forza,fierezza e delicatezzaemanavano dall’intero suoessere.Leipensò:«Ioamo.Èvero, non mi è lecito amare,perché sono sposata. Ma ioamo».Glielo fece capire congliocchieluiebbesufficiente

attenzione, gentilezza eintelligenzapercapireciòchelei intendeva, sentiva edesiderava. E a questo puntocominciò il romanzo. Se,anziché un autore, io fossiun’autrice, muovendo di quiscrivereidifilatoduevolumi.

SCENAD’AMORE

SIMON, UN INNAMORATO: Sonogiuntodavantiaquestacasaeoramenestoquisilenziosoeguardo verso l’alto e scorgounavestechiara.Ènotte,maciò non mi impedisce dicrederechetusiabella,tuchetenestailassùalbalcone.Su,parlaunpoco,affinché,segliocchi spasimano invano, io

possa almeno intenderequalcosa.

KLARA, UNA DAMA: Sst, taci,non fare lo sfacciato! Delrestomipiacecheti interessiame.Sevuoiintenderechiiosia, sappi che sonoprigioniera. Colui che misorveglia non è certo moltolontanodaqui.

SIMON: Che razza disuperuomo è costui, pertenerticosìneisuoilacci?

KLARA: Sei la persona più

carina che mai si sia datapenadiunamiseradonna.

SIMON:Etusenzadubbiolacreaturapiùbellachesiamaiesistita,eiltuocarceriereèdisicuro un vero e propriomostro.

KLARA: Non parlare contanta imprudenza: colui chetuoltraggièildemonio.SIMON: Non è certo una

personalitàdapoco.AGAPAIA, UN DIAVOLO: Mia

moglienonmi è fedele.Èdi

sicurounfurfantematricolatoquello che sta parlando conlei.

SIMON: Lascialo purefilosofare quanto vuole. Nelfrattemporiusciròsenz’altroasaltare sul balcone. Non misembra un’impresa moltorischiosa.

KLARA: Ragazzo mio, nonhailatestaaposto.

SIMON: E invece sì, te loposso assicurare. So che lafarina è bianca, il cinabro

rossoel’inchiostronero.KLARA: Ehi, non ti facevo

così spiritoso, così prontonellerisposte.

SIMON: Questa inebrianteavventura mi rende quasi unpo’ pazzo. Al demonio nonfaccioassolutamentecaso.

AGAPAIA: Lui è fuori di sédallavogliadivivere,eiosonfuori di me dalla gelosia edallarabbia.

KLARA: Perché mai è cosìsgarbato, crede di essere il

padronedelmondo...AGAPAIA: Potessi avere

un’altravoltavent’anni!

BRENTANO.UNAFANTASIA

Non appena aprirò bocca,cari lettori, e comincerò ilmio racconto, dovreteimmaginarechesiaunabella,calda serata d’estate,fragrante di profumi. Un belgiovanotto di circa vent’annista scendendo su una velocebarchetta le acque

gorgoglianti dell’Isar. ÈBrentano.Inveritàluinonsacome si sia procurato quellabarca e come sia avvenutaquella discesa sul fiume.Riesce appena a ricordarevagamente che da qualcheparte molto più in su l’haslegata da un palo, che uncontadino o un barcaiolo gliha gridato dietro furibondo eche poi la cosa ha seguito ilsuo corso.Proprio adesso staapprodando nei paraggi della

famosa e grande città in unapiccola baia che la natura,come si usa dire, ha formatogiustoinquelpuntoescende,un po’ stanco, parrebbe, perla fatica di remare e pilotarela barca. Scende, come hodetto,eabbandonalabarcaalsuo destino o all’inattivitàoppure allemani della primapersona che se ne potràtranquillamenteimpossessare.Diamoun’occhiataunpo’piùda vicino al celeberrimo

poeta romantico. È vestitocome vuole la moda deltempo. Porta scarpe gialle,calzoni bianchi, un gilèazzurro,unagiaccablu,haunfazzoletto chiaro annodato alcolloeuncappellodipaglia,intorno a cui sventolanonastri colorati, come usano ipastori.Ilvisoèquellodiunapersona di estremaintelligenza, un po’ pallido,anzi, a voler essere sinceri,addirittura molto pallido.

Un’ombra, un minimo,simpatico accenno di baffineriornailsuolabbrosottile,e sopra i grandi occhisplendenti e profondi siinarcano sopraccigli diidentico colore. Prego tutti ilettori, che a questo puntosono ancora almio seguito eresistono, di considerarecomeessi abbianoa che farecon un uomostraordinariamentebello, e inverità, se d’un tratto egli ci

mostra il suo viso per intero,c’è da restare sorpresi dallamite bellezza che vi rifulge.«Rifulgere» è certo lapeggiore espressione chepotessi scegliere in questaoccasione, ma ora che hatrovato il suo posto, virimanga pure per tuttal’eternità. Le sue mani – oh,hodimenticatoinpienolesuemani. Chiunque legga questerighe e abbia un po’ difantasia esimerà la mia dal

dover descriverediffusamente queste mani inquantomanidelicate.Sonoineffettimoltobelleedelicate.Ipiedi calzano scarpe gialleassai fini, le mani le hodescritte, il personaggio èbell’epronto, enoipossiamoammainare le vele eproseguire con la coscienzatranquilla il nostro viaggioseguendo la corrente diquestastoria.È spaventoso quali sbagli

facciano spesso gli autori ditalento e anche quelli disommo talento. Non vi sieteaccorti chehodimenticatodimettere una chitarra fra lemani al chitarrista Brentano?Sprecotantotempoaparlarvidelle sue belle scarpe, dicalzoni,tipodiimbarcazione,viaggidipiacere,edimenticola cosa più necessaria esuggestiva:l’accompagnamentomusicale. Mio Dio, verrebbe

da pensare che io non abbiapiù il coraggiodi proseguire,ma ora che il mioprotagonista è perfettamenteequipaggiato ho tanta facciatosta quanta ce ne vuole perdire quel che segue: la storiacontinua. Brentano è sceso aterra. Si siede. Tutti i mieidevoti ascoltatori sonoinvitati a prender postoaccanto a lui. È il prato piùbelloepiùmorbidosucuicisi possa sdraiare e c’è anche

lamusica.Conditadelicateevigorose Brentano pizzica lecorde della sua chitarra, neaccompagna il suonocantando, e noi confessiamotutti quanti insieme:mai si èsentito gorgheggiare cosìbene e con tanta espressione.Parole e melodia sono diproduzione propria, tantomeglio quindi sentirleambedue dalla sua bellabocca. Ma ora ha finito dicantare. Si alza, si passa

meditabondo la mano sullafronte, come se volessescacciare dei pensieri, e siavvia lentamente e con ariatrasognata lungo il fiumedirigendosi verso una villa apochi passi da lui e poi sifermaun’altravolta.Delrestodovrà di nuovo andarsene dilì, abituato com’è a noncamminare a lungo e a nonrestare a lungo fermo. Iopensochetuttiipoetiabbianoquesta abitudine. Ecco,

riprendeacamminare,perchénoi, i suoi padroni, cosìstabiliamo che sia, e ora lasorte vuole che egli si fermidavantiallagrandecancellatadi un giardino, proprio difronte alla porta aperta. È lacancellata di un parco checirconda la villa di cuiabbiamo appena avuto lacompiacenza di parlare.Brentano canta, ed ènient’altro che un vecchiomalridotto fanfarone di

servitore,lapersonacuivieneinmentedidisturbareilpoetamentre canta. La dama,seduta in casa davanti allafinestra aperta a respirarel’aria dolce della sera, hasentito il cantante e lacanzone. Ha mandato achiamarlo, e il messo è perl’appunto quel canuto einfeltrito servitore ricopertod’oro. Brentano obbediscesenza troppe cerimonie, maanche senza la minima

sorpresa per quell’invito cheil lacchè gli trasmette, ossiadiandaredalladama,laqualeben volentieri vorrebbeconoscere il cantante. Aquestopunto,grazieaDio, ilparagrafoèfinito.Lepresentazionielaprima

doverosaconversazionetraladama e Brentano sonoterminate. Lei lo ha pregatodi dire chi egli sia, come sichiami, da dove venga, dovevada,cheprofessioneabbia,e

lui in modo disinvolto egarbato ha detto quantonecessario. La dama glisembraunabella signorachesuscita rispetto eammirazione,enemmenoconil pensiero ha l’impertinenzadichiedersiquantianniabbia.È un buon conversatore e ladama avverte che si tratta diuna persona in tutti i sensinobileegradevole.Luiconosceamemoriauna

quantità di graziose

canzoncine e le intona senzafarsi troppo pregare. Leintonapersé,nonsenzaaverelasensazionediappagarecosìun desiderio della bellacreatura che gli siede difronte. «Signor Brentano,»dice lei porgendogli la suapiccola mano bianca «nonposso che sentire dell’affettonei suoi confronti. Vuolerimanere qui con me perqualche tempo?».Luidicedisìenonsaaffattodidiredisì.

È abituato a pretese delgenere e gli piace che sifaccia conto su di lui. È unosvagoperunochealtrimentièsempre assorto nei propripensieri.Portalievementeallelabbra la mano della suabenevola ospite. La dama sialza per dare ordine alcameriere, sempre lo stessoche già conosciamo, dipreparareunastanzaalnuovoarrivato. Mentre lei non c’è,Brentano l’incantatore

sorride, ma quando la damarientra il sorriso è sparito inun baleno. In presenza didonne belle e istruite lui nonsorriderebbemai senon lo sisollecitasse.Leiloguardacongratitudine, senzaeffettivamente sapere perché,esorrideaffabile.EoraancheBrentano può sorridere, epurenoichesiamosuperioriasmanceriediqualsiasigenere.Di notte ha dormito

magnificamente. Al mattino,

dapprimaèrimastoperunbelpo’ davanti alla finestraaperta, semisvestito e conocchi sognanti. Guardareoltreitettidellacittà,oltreglialberi e le torri verso unlontano orizzonte grigio eindefinibile,lohaemozionatosenza per questo suscitarglideipensieri.Lepersonelacuioccupazione è quella dipensare continuamente, solodi rado sanno di farlo, comenel caso di Brentano che in

questo è un maestro. Poi,dopo aver fatto toeletta, èsceso dalla sua dama peraugurarle il buongiorno echiederle come sta. Lei, investi bianche e lievementefruscianti, lo ha incontratosullo scalone e i due si sonoguardati a lungo negli occhi.Leiglihaoffertolasuaboccadeliziosa che lui hapremurosamente baciato. Poilei ha pianto e con gli occhiarrossati gli ha chiesto se

avevadormitobeneeluilehadetto quanto bene avessedormito. La sua gioia è stataspontanea, innocente comequelladiunbambino,epoisisonofattiservirelacolazione.Dopo aver mangiato, lui hapresoinmanolachitarraeneha tratto dei suoni che dicerto saranno stati dolce edegno accompagnamento perla felicità e la tensione deiloro cuori. Le ha poiraccontato molto dei suoi

viaggi e delle sueperegrinazioni, e lei eratutt’orecchi al punto da nonudirequasi nulla.Èuna cosache può succedere quandocuoreeorecchiofannoagaranell’ascoltare. Fra i sospiri,leihaappoggiatolatestasullamano guardando un’altravoltaalungoepensosamentel’uomochelestavasedutodifronteconquell’ariacosìmitee tranquilla. Poi haabbandonato le braccia e le

mani ai baci appassionati dilui. Questo è successo lamattinadopolaprimasera.Accompagnati da un

grande e magnifico canefanno insieme dellepasseggiate nel parco e neipressidelfiume.L’Isarconilsuochiacchiericciofaecoalleloro conversazioni chesembrano non finire mai. Siinfervorano,senzabisticciare.Alla bella e affabile signorasembrache il suopoeta– lei

infatti già adesso lo chiamasuo–siasuunabruttachina.Ha una fantasia tropposbrigliata, gli dice, non haassolutamente il senso dellamisura. Gli chiede se ciò siagiusto e ragionevole. Difrontearimproveridelgenerelui preferisce tacere. Dicesoltanto che non sa comepotrebbe essere diverso daquel che è. Lei non replica,ma si limita a chinare contristezza il capo. È raro che

lui faccia un discorsocoerente.Daisuoidiscorsi,lestramberiesaltanofuoricomerazzidall’oscurità.Leilonotae tenta un rimprovero. Sonofelici. Non si chiedononemmeno come sia possibileesserlo. A loro basta sentireche lo sono senza che lovogliano o abbiano fattoalcunché per esserlo. Allaseralaconversazioneèmenofrescaevivacechealmattino,non perché parlino troppo

durante il giorno, ma perchéhanno la buona abitudine diessere in generecomplessivamente stanchiverso sera... Sentono lastanchezza come qualcosa dipiacevole e si baciano dipreferenza all’imbrunire.Allorabaciarsièparlare.Nonsanno se si capiscono deltutto, ma non per questoviene loro inmentedi esseretristi. Al contrario, sonocontenti di non dover parlare

di certe cose. Né fanno ilminimosforzoperproteggerela loro felicità. Ognipreoccupazione del genereparrebbe loropenosa,perché,come ciascuno dei due dicetra sé e sé, quella felicitàsvanirebbe se bisognassesorvegliarla. Lei ama di luisoprattuttoilpoetaeluidileisoprattutto l’aspetto. Le diceche tutto gli sembra comeprodigioso, quasi fosse unmiraggio, un sogno, lei dice

che ha una sensazioneanaloga, ma che non ènecessario esprimerla aparole. Lei canta e recita iversidiluiamemoria,eluisistupiscedella facilitàconcuilei li impara. Non gli èindifferente quello che leirecitaecanta,eppure,appenaleiparlaecanta,tuttoilrestoglidiventaindifferente.Leilopercepisceespessohavogliadi fargli sentire la grandezzadel suo potere su di lui. Lui

nonvuoleessere suo schiavoperché l’ama, e lei vorrebbeesseresuaschiavaperamarlopiùintensamente.Leisisentesuperiore a lui e questo larende triste. Lui disdegna diesserle superiore. Ma sonocontenti che la loro felicitànon debba essere troppoindisturbata. Prima di andarea letto lui suona la chitarra elei canta. Quando sonostanchi, vanno a dormire.Vivere nel rispetto delle

normeedellamorigeratezzaèil modo più bello di vivere,dicono. Non hanno alcundesiderio di indulgere unavolta o l’altra alla minimadissolutezza per convincersichelalorovitaèavventurosae stimolante. Nessunaavventura è per loro l’unicaavventura che desiderinoavere. Tanto li appaga labellezza e la felicità di quelmomento.Di nuovo è mattino. Di

nuovo Brentano semisvestitoè appoggiato alla finestraaperta della sua camera alpiano più alto, guarda oltre itetti e oltre gli alberi versoun’indefinibile lontananza.Ha voglia di andar via. Glisembra di stare troppo benequi, accanto a questa belladama. Si veste in fretta,prende la chitarra, le rivolgequalche parola come a unesserevivente.Poisimettelostrumento fra le gambe, vi si

appiglia strettamente e sibutta dalla finestra. Lachitarra, senza dubbio unachitarra magica, trasporta ilsuo campione attraversol’aria,aldilàdellecimedeglialberi, verso la città. Daquesto riconosciamo cheBrentanoèunmago.Incittà,gironzolandoperle

strade, vede gli artisti sedutial caffè nei loro consuetiatteggiamenti,conlasigarettafra le dita stanche. Ne ha

orrore. Prova un verodisgustopertuttociòcheèunelegante farniente.Camminalungo le strade finché non èstanco di andarsene in giro.Non ha occhi per le donneche gli lanciano sguardiinvitanti.Crededidormire,disognare. Un desideriostruggente,maisentitoprima,gli ordina di andar via,lontano, lontano, via dalmondo, attraverso le finestredel possibile. Parla tra sé ad

alta voce. La chitarracomincia a suonare da sola.Lagentenotaquellostranoedesile individuo. Lui ha unapaura da morire. Vorrebbenon avere più testa,soprattutto non avere piùcuore. Tutte le sensazionisono per lui uninsopportabile, inutile peso.Vorrebbe gettarsi per terra,chequièunmantodiasfalto,e piangere. Da troppo tempoormai non piange più. Odia

tutte le altre sensazioni.L’unica che gli sarebbegradita, non la può avere.Infine si siede di nuovo acavalcioni della sua chitarra,everso sera èdinuovonellavilla.Naturalmentelabelladama

siaccorgecheècambiato,manon dice nulla. Ha la stessaincantevole gentilezza disempreneisuoiconfronti.MaBrentano non avverte piùquell’incanto. Si annoia, ha

undesideriochelofamorire.Almeno sapesse, dice a sestesso, che cosa desideradavvero. La dama sente chel’amore di lui è finito. Nonparla, lo guarda con occhitristi ma riconoscenti e,quando lui nonvede, piange.Luinonvedepiùnullainlei.Quando canta non fa chetrastullarsi con questo suocupoedolorosostruggimentonel tentativo di placarlo. Isuoibacisonodivenutifreddi

e svogliati, quelli di lei sifanno timidi,dighiaccio.Leichina il capo ogni giorno dipiù, e di giorno in giornobada sempre meno al suocontegno. Vorrebbe morire.Lui, tornareavivere.Lediceche non ha più sensorimanerelì.Leiscuotesololatesta per dire di sì, ha untremito e si allontanasilenziosamente.Luièprontoacongedarsidalei,lachitarrain spalla, e con lo stesso

vestito in cui le è comparsodavantilaprimavolta.Leigliporge tutte e due le mani epiange. Lui è troppo stancoper consolarla. Attraversa ilparco a passi frettolosi, ed èsparito.Questa è la storia, la

romanza, la ballata, lacommedia del poetaBrentano. Chi la credessefrutto di invenzione non siaffanni oltre, la considerisenz’altro tale. Chi può

pretenderedi scrivere la verastoria di un poeta e chiavrebbe il coraggio diaccollare aBrentano un fattomeramente vero? Io, peresempio, che sono pure unpoeta, comediscorso funebre–quandoverrà ilmomento–miaugurosolobugie.Purchésianobugiedeliziose.

IGUANTI

Nonmi viene più nulla inmente, vedo solo un paio diguanti che giacciono stanchialbordodeltavolo.Vedoconchiarezzaquantosono tristiestanchi, questi guanti. Hannoun aspetto così nobile. Nonvanno davvero bene anessuno, è per questo chepenzolano qui come foglie

d’autunno? Sono gialli eguarniti di pelliccia marronescuro. Sono lunghi e stretti.Come sono poveri i guantiche non possono vivereaderenti a una bella mano.Ecco che arriva una giovaneragazza, una bambina, che livuoleprovare,manonvannobene: manine troppo corte,ditini ancora troppo pocolunghi. Adesso è il turno diuna robusta signora, ma lasuamano è troppo grassa, le

sue dita fin troppo grandi.Tocca ora a un’attriceprovarli, ma non va. Troppasalute: lamanogiustaperchésottile,maper il resto troppocarnosa. Le cuciture deiguanti stanno per saltare.Ecco adesso una bella,maestosa, dolente signora, aleivannobene.Mani lunghe,manimagre,manisofferentiesottili, a voi i guanti vannobene. Guanti felici, più chefelici e povera, cara, infelice

signora!

SEFOSSIUNPASTORE

una mattina,appoggiandomiallascrivania,direiallamiaconsorte:«Caramoglie, ti prego, chiudi laporta e non venirmi adisturbare. Il tuo visod’angelo mi è caro, mafinisce ogni volta perdistogliermi dal turbinio deipensieri che ho nella mente.

Quindi esci, su, dammiancora un rapido bacio. Eadesso lasciami solo, va’nell’altra stanza. Pensa,debbo di nuovo scrivere unodi quei testi che oggi piacemettere sotto il naso, cosìscrupoloso nell’esaminare enel palpare, del mondo deilettori. Con il compenso chene ricaverò, potrai poi fartifare una gonna nuova. Ocomperarti una simpaticacollana, oppure una sontuosa

pelliccia che in seguito,intendo dire, quando cel’avrai qui, potrai rendereaderentealla tua figuracheèuna delizia contemplare.Anch’io sono sensibile alleseduzionidellacarneequindiadesso fammi il piacere,prendi la porta e sparisci, elascia tuo marito lavorare escrivere».Ecco, adesso sono

finalmente solo davanti altrono di Dio. Per l’appunto.

Prego? Chi sta parlando?Nessuno?Cosìvabene,eoravoglio davvero sentire chisono io,poi ipensierielevatisiaffaccerannodasoli.Comepastore sono tenutoper forzadicoseadavereunaprofondaattitudine al pensiero, oraquesta mia propensione iovoglio ampliarla, e con leparole «Quanto tempo èpassato», parole semplici egiuste da poter esserefacilmente comprese anche

dall’ultimasgualdrinelladellaElsässerstrasse, mi smarriscoandando a ritroso dimillenninella sublime storiauniversale.Aquestopuntomipiace imitare un po’ J.P.Jacobsen, il danese pieno digarbo, e dire: «I fiocchi dineverotolanoaterra».Anchequesto ci sta bene, c’è postoper tutto nel vuoto deiconcetti fondamentali.Effettivamente un pensierodelgenereèperlopiùvuoto,e

questo perché a inzepparlosiano i sentimenti. Negliultimi tempi scrivo un po’troppo,ma per quale ragioneuno viene poi sollecitato ascrivere? Del resto io sonocapace di farlo altrettantobene quanto i giornalisti,sempre a caccia dighiottonerieinfattodiparole.La dignità della miaprofessione si accordamagnificamente con la puntael’acuminatezzadellapenna,

poiché là dove c’è un po’ ditatto ci si può permetterequalsiasi parola. Qualunquecosa si affronti e siintraprenda, tutto respira unmedesimostileimpregnatodidecoro. Io posso benissimoprendere la mano di unmalatograveoppurescrivere:«Fate l’esame di coscienza.Non basta essere persone disolidi princìpi». Possoaltrettanto bene scrivere unsaggio oppure consolare

qualcuno, imitare MonsieurGoethe oppure prestare aiutoa una persona, curare lo stileoppure piangere sull’assolutamiseria umana. Per il carolettore, in fondo, è cosìattraente conoscere i prodottiletterari della sua guidaspirituale, è quasi, non deltutto, ma quasi come se unconsigliere cantonalepresentasse al consesso deisuoi concittadini le propriequalità di drammaturgo

mettendoleinscena.Epoiviè forse un’altra cosa daconsiderare:algiornod’oggi,nell’epoca delle navicelleaeree provviste d’ali, ci siserve, se così in nome delCielohadaessere,deimezzipiùeclatantiperaffermarsiinquesto mondo. Se unacantante, un autore profano,una casa editrice, un circo,una trattoria, un governo, unmacellaio,unconciapelli,unostampatore, una società per

azioni e che so io può farsipubblicità, altrettanto saràlecito a un pastore d’anime.Ci mettiamo tutti quanti inmostra, acconciati allaperfezione:questaè la realtà.Se uno ha da dire al mondocose significative, deve darsidafareeaprirbocca,anchesea spingerloè inpiccolapartevano autocompiacimento.Sapersimuovere,eccoladoteprincipale.AlcospettodiDioquellochecontaèl’operosità,

la fronte che suda per gliimpegni assunti, il bracciosfinito, gli occhi che ilsentimento fa risplendereoltre la morte. Dio saperdonare gli errori. Adessovoglio asciugare la miafervida penna. Un momento,ancora questo: «Quantotempo è passato!». Ci stabene.La gente dirà che sonoun talento di tipo artigianale,chepadroneggiolaforma,se,come ho appena fatto, alla

fine aggiungo in modoincantevole le parole con cuihoesordito.

LEZIONEDIDISEGNO

Ora, mentre l’artistaraccoglie il materialenecessario cercandolo qua elà nel disordine della stanza,lei si spoglia, cadono ilcappello, la gonna e lasottoveste, il corsetto, lemutandineelecalze,eleièlìnuda. Un canapè è statosistemato non lontano dalla

stufa accesa, la ragazza sisdraiaconnonchalancesuunmorbido cuscino, senzabadare amettersi in posa. Sadi essere bella, non fa tantestorie, l’esperienza le hainsegnato quanto serio sia inmomentisimiliunartistachedisegna. E ora è lì distesa etiene gli occhi abbassati sullibro che sta leggendo, unabellezzasenzalimiti.L’artistahafattolapuntaaunlapise,mentreladisegna,autorizzae

costringe i propri occhi apenetrare in quell’immaginepiena di vita e a ricavarneaspetti particolari.Pocodopola sua fronte si corrugapreoccupata, con ognievidenza combatte controalcune difficoltà. Vorrebbeaffrancarsidatuttelescuoleele norme che l’hannoinfluenzato fino a quelmomento e respirare l’ariafresca e libera di unadisciplina squisitamente

personale.Strappa il foglio appena

iniziato e si getta su unonuovo,unabbozzo,mascartaedistruggeanchequestoenecominciaunaltroancora.Nelfrattempo quel florido esseretraboccante di vita si è fattoancora più semplice. È uncorpo che emana musica.Quanto crudeli sono lepretese che in tonosommesso, ma incisivo echiaro, premono su quella

mano d’artista. Egli devedisegnare la musica.Vorrebbe che il suo grossocarboncino fosse in grado direstituire delle finezze,finezze indescrivibili,vorrebbesaperfluirecomeleonde,splenderecomeilsoleebaluginare come la luna dimezzanotte.Nullagli sembradisegnato con sufficientefermezza, nulla consufficiente indeterminatezza.Torna a martoriare l’occhio

cogitabondo osservando quelcorpo disteso connonchalance. Quelle linee equelle pieghe emananocarezze e fragranza. Comeprende forma lo splendoredella gamba in un’innocenzareinventata. Come sprofondaildisegnoerisuonalapoesia.Unbraccioèdistesoecon lamano tocca il luogo dellavoluttà. I seni sporgono connaturale indolenza, sono duecollinette ricurve, due mele

da contemplare in eterno.L’altramanopenzoladalsuopuntod’appoggiocomeacquaplasmata in dita. Ora è lapunta flessa del piede adassaliredinuovo l’attenzionedell’artista. Il collo si perdenel bel seno come un belpensiero estetico si perde inuno ancora più calzante ebello.Quantoassomigliatuttoquestoaunanuvolabianca,aun’onda, a una colomba o aun sentimento. Anche la

nuvola è molto semplice ealtrettantoinafferrabile,ecosìpure l’onda, ma la colombabatte le ali, l’abilità geme, eun repentino senso di rabbiastrappa di nuovo il foglio.Riprovare ancora! Su undettagliodinatura,morbidaeindifferente, le miglioricapacitàartistichesifrangonocomecaparbispruzzid’acquacontro un’inespugnabilefalesia.Ilsentimentocrededipoterlo disegnare e cogliere:

un’illusionedeprimente.Soloaunferreoimpegnodistudiopuò riuscire. Il genio cadetremante in ginocchio. Quelcorpo, come lo sentiamorespirare e pensare. Nel suopudore come si alza eabbassa, comesi innamoranoquelle meravigliose pieghedellelorosuperbeforme,elelineel’unadell’altra.Diolosiintuisce da lontano, nellecatenedellemontagneenellarisacca del mare. L’artista,

abietto,comeritiened’essere,siavvicinaese laspassaconlamodella.

LETTERADIUNADONNA

’giorno, vecchio mostro.Dimmiunpo’,dovemaitiseicacciato? Non c’è più mododi trovarti a casa. Sonovenuta da te già tre volte,senza trovarti. Tu ti neghi, èchiaro. Fai finta di nonesserci.Quando arrivo, ti vaia nascondere. Per dirlafrancamente, io credo che tu

mistiaprendendoingiro.Hobisogno di soldi, di centomarchiall’incirca,me lipuoidare oppure no? Spero cheavrai il coraggio di rifiutarequesta mia richiesta, se nonintendi esaudirla. Ma d’altrocantoiocisperomoltopoco,non mi fido di te, tu sei unvigliacco. A proposito, allamostrahovistoiltuoquadro,non mi è piaciuto. Tisorprenderà certamentesentirmi parlare con tanta

franchezza, ma in primoluogononhomotivodiusareparticolari riguardi nei tuoiconfronti, e poi è miaconsuetudine verificare ognivolta fino a che punto sipossa arrivare con lasfacciataggine. Vuoi farcrederediaveredipintomeinquel quadro? No,sporcaccione,quellanonsonoionéqualsiasialtraragazzadiquesto mondo, quellavorrebbe solo avere una

qualche grossolanasomiglianza con una donna.Ora intendo dire seriamentealcune parole; a indurmi aquesto è solo un capriccio,badabene,enient’altro.Sonodi buonumore, e voglio fartiarrabbiare, poiché, a esseresinceri,seitroppoborioso.Mihaifattocredere,inlungoeinlargo, che non sei sposato eora, da certa gente checonosce la tua situazione,sentodirechehaiunamoglie

e un bambino. D’accordo, èuna bugia, che altromai,macosa ti ha spinto a mentire?Midisprezzi?Sì, io lo sento,tu credi di potermi prenderein giro perché ti faccio damodella. Senti un po’, non tisembra piuttosto damaleducati?Tuseiunartista,e immagini di essere tantospregiudicato, oppure tiimponi di non riconoscerequel che io sono solo perchéhai paura di me? Forse sono

più saggia di quanto nonpensi, tesoro; ed è senz’altropossibile che in me sia vivounsensodeldecorodicui tunon immagini affattol’esistenza. Sei una personainteressante,miocaro,maseianchegrossolanoeciòguastal’interesse che si è disposti anutrireneituoiconfronti.Voiartisti dovreste essere i piùdisinibitialmondo,equalchevolta siete le persone menolibere e più indecise, e poi

volete sempre far credere diessere dei geni. Se mi sonodata a te, è stato perdivertirmi.Manonperquestodevi metterti in testa che mimanchi il coraggio di dirticose spiacevoli. Forse puoitrarre qualche insegnamentoda me, sono abbastanzasaggia da poterti dire perquale motivo tu ne abbiabisogno. Sono una poveraragazza. Se tu avessi un po’digenionelcuore,mivorresti

beneemirispetteresticonunaffettochecoinciderebbeconquellafelicitàchetianimava,eallora saresti anche riuscitoa dipingermimeglio. Tu nonsei un grande artista, non seisincero,nonseicoraggiosonéabbastanza sensibile per unacosa del genere. Perché vuoidipingere una ragazza chetratti come un’accattonamolesta? Che io non sia unacarogna lo dimostra illinguaggio di cuimi servo, e

che tu non sia nulla digrandioso lo dimostra la tuaignobile insensibilità. Voleviassolutamente rappresentarealcunché di nudo, io ti sonoservita forse solo da studio,sì, lo credo proprio, quelloche volevi era unicamentestudiare: propositoencomiabile,madascolaretti.Noi, egregio e carogiovanotto, non possiamoessere un arido soggetto distudio. Tu puoi fare cento,

anzimillenudidimeeameispirati: si tratterà sempre esoltanto di miserabili studi,ma mai, comprendimi bene,di creare, di produrrequalcosadisquisito.Tuseiingrado di usare con sapienzalucieombre,iltonocarnicinoo come chiamate voi tuttoquesto,dieci,ventisfumature,oh, io ti conosco bene. Perdirla in breve: finché nontroveraiqualcosadadipingerechetifacciatremare,rimarrai

una schiappa. Se permetti,anch’io credo di capirci unpochino del tuo mestiere.Quando mi hai vista lì nudadistesa davanti a te non haisoffertoperniente,nemmenoun po’?Ecco, vedi, io stessarabbrividivodifronteallemiebellezze.No,tunonseinulla,perché se uno mente, non ènulla. Sei in grado dimentirmienellostessotempodi avermi vista nuda? Nondev’esserci ombra di

delicatezza in te. Tu sei unaffarista, uno che fabbricaquadri a caterve, non unpittore. Oh, voi artisti! Vicorriamo in casa, pronte aspogliarci al vostro cospetto,e voi invece volete studiareancora come collegiali.Quanto allo studio, ragazzimiei, avreste dovutoapplicarvi prima, nelle tanteore di libertà che avevate asuotempo.Sietestatipigri,equando poi arriviamo a casa

vostra diventate grossolani.Mandami i soldi, li aspettosenz’altro.Latuabravaecaramogliettinaimmaginadicertoche tu sia un grande artista,lasciaglielo credere, è tipicodite.Dapartemia,hoscarsorispettoneituoiconfronti,mati trovo buffo, amabilescimmiotto. Addio. Dammirettaemandamisenzaindugiquellochetihochiesto.

IRAGAZZIWEIBEL

Stando al certificato dinascitailloronomeèOskareHermann Weibel, chiamatianche Osgi e Hermi. Laconcisione del dialetto siconfà assai meglio al lorocarattere che non il tedescoscritto, lingua severa,maestosa, imponente. PapàWeibel corre dietro ai suoi

affari, ha una vita grama. «Ilnostro papà ha una vitagrama»pensanoiduegiovanisocialdemocratici.Consideranoun’ingiustiziadapartedelbuonDioilfattochepapà Weibel abbia una vitagrama. «Il Consigliere vonKänel è un tipo spocchioso»pensanopure.Aloromododivedere Dio calza elegantistivali da cavallerizzo. IlPadre Eterno è solo unriccone, nient’altro. I due

ragazzi Weibel, anche sehannoappenadieciannil’unoe undici l’altro, già odianoDio. Il Consigliere vonKänel, in ogni caso, è unafigurad’uomodeliziosanellasuacondiscendenza:diuomofiero, benevolo, grave,accorto e vigoroso, che conincedere per così direimpertinentedistribuiscedonie posti di lavoro vitalizi. Ainostri giovani proletari ciòrisulta oltraggioso. Secondo

le loro acerbe e scioccheesperienze il mondo èperfido.Sono costretti a lustrar le

scarpe ai pigionanti. Poveridiavoli!Oh,comevorrebberopiangere lagrime di sangueper spegnere un’onta cosìcocente. Secondo la lorovisionedelmondo lustrare lescarpe è un’umiliazione. IWeibel sono costretti adaffittar camere a signore esignori che vivono da soli,

per ricavare così unamiseriadall’affitto;enaturalmente,làdove si affittano camere, siprenderanno pure in manodegli stivali per dargli unabella ripulita. Osgi e HermiWeibel, nobili nature,debbono mandar giù ilribrezzo prima di farcela atoccarestivalicomequellidelsignor Zimmerli. Il signorZimmerlièunodeipigionantipiù rispettabili. Dando dispazzola, il lustrascarpe di

professione si trova di frontealla terribile necessità diinfilare lamano negli stivali,di spingerla sino in fondo,dovedisolitosonopiazzateledita del proprietario dellasuddetta calzatura, e proprioquestotipodilavoroispiraainostri due baronetti la piùtremenda e insormontabileripugnanza.Ma lo debbono fare!

Questa crudele costrizione fasì che puliscano male. Sono

infatti dell’avviso che siaonorevole eseguireimperfettamente un lavoroaborrito. Come deliziosocorollario di questi singolariprincìpi si buscano unamanica di botte. «Tanto percambiare»papàWeibel«devemostrar loro un’altra voltacomesipulisconolescarpe».I ragazziWeibel odiano il

benessere e la ricchezza, manello stesso tempo ammiranoqueste due nobili cose. In

segreto sognano gonnelle divelluto, lunghi guantifemminili di pelle nera,ventagli stretti da manidiafanee sottili,grandiocchifreddi e superbi sotto nobiliciglia.Non c’è nulla da fare,è così: si è romantici, portatiall’eccentricità. E nelcontempo bisogna lustrare i«luridi» stivali del signorSchifoso, del pigionanteZimmerli, una faccendaincresciosa che si ripresenta

puntualmenteesogghignandoogni mattina presto, unaquestione arida, una durafatica da braccianti.Purtuttavia, oh quantopurtuttavia!, il benessere èqualcosa di delizioso.Splendidisonogliocchialdisopra dei quali l’abile manodi una cameriera tracciagraziose sopracciglia. Divinoè il calesse tirato da cavalliben avvezzati. Incantevolisono le buone maniere; e i

toni, il linguaggio, i colori ele pensate dei ceti abbienti edel bel mondo fanno fiorirenel cuore dei nostri ragazziWeibel l’innegabile desideriodipossederleancheloro,cosedel genere.Vorrebbero avereanche loro buone maniere, inostri barricadieri.Rendendosi però conto chenon ha senso essere poveri eadoperarsi per dimostrarecontegno, vanno dai ricchi esi comportano da teppisti. Si

passa alle ingiurie, quando siè avuta l’occasione di capirein modo piuttosto efficacel’inutilità di una buonacondotta.LafamigliadelConsigliere

haun fils:RobertvonKänel.Un giovinetto che èl’immagine della buonaeducazione in persona.Robert è troppo buono peressere un figlio, perciò è unfils, non un semplice figlio.RampollettisultipodiRobert

si chiamano «fiss». Inoltrenessuno lo chiama Röbi,Robi, Röbu o addiritturaKöbu, come si farebbedeformando il nome di unqualsiasi altro Robert. Unacosadelgeneresarebbeintalcaso disdicevole. No, ilnostroRobert lasuamamma,la moglie del Consigliere, lochiama nientemeno che«Rober». Senza la «t». Oh,come tutto questo ci ricordala Corte reale di Versailles.

Qui, mio caro lettore, c’èancora ilvieuxrégime, qui sicorteggia,qui si franceseggiaancora, qui ci si può ancoraricreare lo spirito conespressioni, flessioni epiroette rococò, qui c’è stile,e in effetti, parlando moltoseriamente: la moglie delConsigliere von Känel èarzigogolata come un mododi dire del Settecento: la piùgraziosa signora della cittàcon i suoi ventottomila

abitanti.Untempohafattoladonna di servizio.Accidenti!Ci sarà qualcuno che abbiaancora un po’ di senso delladecenza e voglia far tacerequestaboccaccialoquace?Orbene, al signor

Consiglierecantonalegiàunavolta è stato affibbiatol’epiteto di «tipospocchioso». Quanto allaspilungona, a questapersonalità di spicco, allasignora von Känel, i due

ragazzi Weibel la trovanotantoregalmentebellaquantoridicola. Ammirazione mistaa disprezzo, amore misto ascherno, venerazione mista adileggio: sono modi dasanculotti. «Lazzaroni», cosìsono qualificati spesso lorsignor fratelli nonché ragazziWeibel. Mamma Weibel èpreoccupata a causa di quei«sudicioni che non sonoaltro».QuantoapapàWeibel,sappiamo che ha una vita

gramaechedi tanto in tantoha dovuto somministrar loroun meritato fracco di botte.Pervendicarsieavereunpo’disoldiintasca,iduefurfantimettono in vendita pregevoliedizioni antiche, ad esempiodi Voltaire, libri di grandevalore antiquario, e corronodalrigattieredellaUntergassea vendere questi tesori difamiglia. Per il resto, i duemalfattori negli ultimi tempisi vedono spesso in cantina,

simpaticamente intenti aspaccar legna. Trovanoaffascinate menare eleganticolpi con la scure sopra iceppi.Rispettoaquellodichilustra le scarpe o va aprendere il latte, spaccar lalegna è il lavoro ideale; maognilavoropuòvenireanoiaed è per questo che vediamola«corporazione»interessarsiai vini del padre, per poianchestavoltaesserecoltasulfatto.Nesegueunacatervadi

robuste legnate! Singolare,come si riesca a farimbufalire il proprio genitoree nel contempo acommiserarlo perché ha unavita grama. È che pure negliscapestrati è vivo l’amorfiliale.«Chenonmettanomaipiù

piede in casa nostra, i tuoidue ragazzi Weibel, capitoRober?». Dio mio, chi puògridare in questo modo?Forse l’ex donna di servizio,

oranobildonnavonKänel?Ineffetti è proprio lei.Tranquillizziamoci. Èindignata, da capo a piedi«arde di indignazione». Perdescrivere uno sfogo delgenere bisognerebbe avere lapenna di un Kleist. Sonopassati i tempi in cui lepersonechesirodevanodallarabbia potevano magaritrovare ancora chi facesseloro il ritratto. Ma a chi sirivolge mai la signora

parlando in quel modo? Alfils Robert? Sissignori, ed èproprio questo il motivo percui Röbi vonKänel non puònonprovareunacosìcordialeamicizia per i due«sporcaccioni». Staletteralmente appiccicato aloro. Li ama in modoineffabile. Ride volentieri,questo fils che eccelle per lesue buonemaniere, gli piaceessereallegro,edeccochelanostra «corporazione» gli

offre continuamente motiviperridere.Aibravigiovanottipiace ridere, infatti. I «fiss»hanno di solito poche belletrovate personali, oaddirittura nessuna, ragionper cui si aggrappano allagenialitàdellagentedistrada,al brio dei ceti socialiinferiori o medi. Certo: ilproletariato odierno èqualcosa di desolante,qualcosa di incolto, ma,diciamoci la verità, dove

trovare oggi il brio se nonproprio in quei circoli da cuila persona colta preferiscedistogliere lo sguardo consommo disgusto: giù negliscantinati,inbasso,neilivelliprofondi della popolazionelavoratrice? Siamo sinceri, èdelizioso essere sinceri.Allora, dannati ragazziWeibel, guardate: qui, perGiove supremo e potente(Kleist), avete un’amiciziamaledettamente distinta. E

adesso ve la volete giocare?«Che non mettano mai piùpiedeincasanostra!».Ma cosa hanno fatto mai,

questi signorini, perché li sidebba bandire e scaraventarecosìnellapiùprofondabolgiadell’inferno? Niente.Bazzecole. Un peto si sonolasciati scappare questifantasiosimonelli,ecco tutto.E con ciò l’atmosfera di unasala da pranzo altoborghese,anzi patrizia, si mescola con

glieffluvideicetipiùbassiinmaniera certamente un po’disgustosa. La gioventù è unsignore nobile e libero, piùtardi la vita è un portinaiopensieroso, la differenza ètutta qui. Comunque isignorini non vanno adaffumicare le sale da pranzo.Eunapoltronadipellenonèfatta per essere «inaugurata»alla Weibel, ma per sedercisopra. Lo ammettiamosenz’altro, e adesso mesti

come Robert diciamo: «Ah,ragazzi Weibel, perché mainon riuscite a comportarvimeglio?Mammahadettochenonpotretepiùmetterepiedein casa nostra». PoveroRobert, povero fils, povero,delicatovirgultoaristocratico,non vedi che quellamarmagliastaquasicrepandodal ridere per il piacere diaver offeso la casta a cuiappartieni?E per finire va ricordato

ancora che la famiglia delConsigliere ha un domestico,dicasi: un domestico. Questoè troppo, questo èinaccettabile. Continuare afrequentare gente che ha undomestico non è possibile. Equi uno si allontana alzandole spalle, una volta per tutte.Cosadevefareundomestico?Ubbidire. Bene. Ci lasciamopersempre.Effettivamentedaparecchio tempo ormainessun Weibel frequenta più

casa von Känel. Robert ne èrattristato.

CONGEDO

Potevo fare ogni voltaquello che volevo. Se miveniva in mente qualcosa,suonavo il campanello e miportavano quanto desideravo.Se fumavo, e la pipa nontiravaadovere,latestadiunodeimieischiaviruzzolavagiùdallesuespalledisuddito.Lamia vita assomigliava a un

sogno e, a ripensarci adesso,credo che io fossimolto,maproprio molto simile a unsovrano. Spesso uscivo acavallo, circondato dainnumerevoli guardie.Governare, ho governatomale,èpalese,nonhovolutofar nessuno sforzo in questosenso, ragion per cui ora ineffetti mi hanno anchecacciato via. Governare?Sorridevo indolente: eccol’idea che avevo di governo.

Semenestavodistesosuundivano ben molleggiato, untizio si avvicinava a me,ovverositrascinavacarponiediceva qualcosa. Questo lochiamavo sbrigare gli affaridiStato.Non ho mai avuto la

passione della politica, omeglio seguivo i movimentidelle mie danzatrici: questaera la politica a cui amavoindulgere. Come è naturale,ho in tutto il mondo una

pessima fama di principeparassita. Orsù, ripulite pureil paese adesso, se vi riesce,ma badate che l’Oriente nonabbia a soccombere tra lemani di chi procede alrepulisti.Ineffettiaveteavutopiena ragione a destituirmi,visto che io, con la miaperfetta e imperialeindifferenza, vi avrei in ognicaso angariato mentreattendevate ai vostri doveri.Dicono che io abbia anche

fatto eliminare della gente.Via, non mette contoparlarne.Aquantoparemoltosi è scritto contro di me neigiornali europei, ma io, iofinora non ho mai preso inmano un giornale, né tantomenohosforzatoimieinobiliocchia leggerneuno.PoveroOriente! Ahimè, adesso tiliquideranno. Io sono statosolo un piccolo assassino, ioammazzavo i miei protetti;quelli, invece, ammazzano

mezzo mondo. Cosa saremonoiinfatti,quandociavrannocivilizzati?In Turchia, di cui ero il

sovrano consacrato, non cisono mai state personeoperose, adesso invece ve nesono parecchie. I nostrigiardini appassiranno, lenostre moschee sarannoprestoinutili,ilnostroProfetasaràirriso.Io me ne stavo seduto

oppure sdraiato nei miei

appartamenti e assomigliavoaundiointoccabile.Quantoalavorare, non l’ho fatto mai,ero addirittura fin troppoinsonnolitopercomandare:iocomandavocongliocchi,elagente che avevo d’intornocapiva questo linguaggio.Spesso ho addiritturaimpartito ordini con il miolungonasodaGransultano,equando starnutivo le miebande devastavano leprovince. Per loro ero il sole

cheilluminaeoscura,maoranon ne hanno più bisogno.Sottolamezzalunanonesistepiù clemenza, e neppure ilsuo contrario. Solo ora mirendo veramente conto dicome sia stata strana questamia vita di monarca. Seavevo un prurito al cranio oda qualche altra parte, nelpalazzo subito scoppiava unsubbuglio e il mio regno erapercorsodauntremitosimilealle scosse di un furente

terremoto. Sì, io, io regnavoancora. Poi arrivò ilGiappone, noioso e insulso,conisuoisuccessimilitari.Cimancava anche quello.Adesso ci fanno diventaregiapponesioeuropei,ilcheèla stessa cosa. Oh, com’erastrano. Io, è bene che lo sisappia, in fin dei conti nonregnavo affatto: me ne stavosolo lì seduto a sbuffare ilfumo della mia pipa.Affidavo le incombenze del

sovrano ai miei protetti.Questo fu probabilmente unerrore, ma non mi permettoosservazioni di sorta alriguardo.Ungiornoqualcunosicredette indoveredidirmiche Parigi è una bella città.Fecilessareearrostirechimelo aveva detto, e il poverosciagurato sorrideva.Sorridevano quando io limettevo alla tortura. Hannocreduto in me e adessocomincianoanoncrederepiù

a nulla, e quindi la vita inTurchia diventerà noiosa,immagino.Ora posso andarmene a

Parigi e abitare al GrandHotel, per mille franchi algiorno. E saràincredibilmentespassosoe,altempo stesso, un’incredibileinsulsaggine. Sognavo?Spesso passeggiavo sotto laneve degli alberi in fiore.Poco più in là gorgogliavauna fontana. Ero sempre

malato di mille voglie edesideri.Chiosavaguardarmidritto in faccia, lo facevoavvelenare.Aunmiofischio,poi, comparivano le miedonne, e io non sapevo selasciarlemoriredissanguatelìdavanti a me o se fosseinvece più carinoabbracciarneledolcimembrapalpitanti. Le loro braccia!Adesso ho sempre di fronteagli occhi un unico brulichiodi braccia, gambe, fibbie,

labbra, vesti e movimenti didanzatrici. A volte le donnepiù belle e più formose mipiacevavederlestare inpiediesitanti al mio cospetto,guardarle soltanto edisdegnarle. La libidine giàmi aveva condotto a unacompletapazzia.E nel frattempo quelli,

asini come sono, scrivevanoarticoli contro di me. Gentechesièlasciataabbacinareedirretire! Eppure sembra che

tutto dovesse andare propriocosì. Allah è contro di noi.Per l’Islam è finita.Attraverso il deserto, dove ilsuonodelmionomeincutevarispettoalle iene, correvano ibinari della ferrovia. I turchisimetterannounberrettoconvisiera e sembrerannotedeschi. Ci costringeranno adarci agli affari e, se non nesaremo all’altezza, cipasseranno semplicementeper le armi. In linea di

massima sono statocomunque,credo,unasortadipersonalità sul trono. Già ilfatto di essermela goduta suquel trono! Dove esiste oggiqualcosa del genere? I redebbono servire daornamento allo Stato,altrimentivengonodeposti.Iofui l’ultimo sovrano adabitareancorainunautenticopalazzo. I miei successoriabiteranno ormai soltanto inedificipubblici.

LEGIORNATEDEIFIORI

Nella giornata deifiordalisi, allorché tutti sipavoneggiavanovestitidiblu,si è dimostrato chiaramentequantol’autoredellapresenterelazione scientifica si sentaun bravo e puro figlio delproprio tempo. In effetti hopreso parte con piacere,amore e delizia alle diverse

stupidaggini, più o menogarbate, che si fanno con ifiordalisi e devo aver tenuto,credo, una condotta moltoridicola. Alcune personealtezzose e serie fra i nonpartecipanti mi hannolanciato occhiate severe, maio, io nella mia felicità, erocome ebbro, e arrossendodebbo confessare di averperegrinato di mescita inmescita comprandodappertutto, dalla

Münzstrasse fino allaMotzstrasse, questi fioripatriottici.Avvoltonelbludacapo a piedi, mi credevoalquanto grazioso; per ilresto, però, avevo l’assaivividasensazioned’essereunmembro rispettabile dellamigliore società. Oh, comemi annebbiava questo dolcesentimentoequantomicolmadi gioia il gradito, anzi, incerti casi, addirittura sublimepensiero di poter con

movimenti leggiadri lanciarea destra e a manca dellemonetine, sane, sincere,schiette, oneste, buone ebrave monetine, e poter farecosì una buona azione.Adesso a me poveracciocapitipurequellochemidevecapitare: sono soddisfatto dimestessocontuttoilcuoreeavverto dentro di me unasensazione di tranquillità chenon saprei esprimere né conparolericercatenéconparole

privediricercatezza.Inmanoovvero in pugno tenevo ungrosso, imponenteeaquantoparevistosomazzodifioridicarta appena colti, il cuiprofumo mi inebriava. Traparentesi, ho potutoconstatarecheunadozzinadifiori di questo tipo costa isuoi bei sette pfennig. Uncameriere altrettanto schiettoquanto stupido, uno che dicesempre «bene» a ognicomanda,me lo ha confidato

con un sussurro dal tono dimistero. Io sono sempre ingrande confidenza concamerieri e popolani di talfatta.Questotraparentesi.Per quanto riguarda le

giornatedei fiori ingenerale,sarei un essere miserabile esenza cuore se non volessiriconoscere subito il nobilescopo su cui si fondano, eperciò mi avvicino il più infretta possibile ed esclamo apiena voce: «Sì, è vero, le

giornatedeifiorisonodivine.Non hanno nulla di ridicolo,anzi, a mio parere hanno uncarattere senz’altro nobile eserio».Certo,tranoigenteingamba o socievole esistonopurtroppo ancora individuiisolatie,aquantopare,moltotestardi i quali affermano diaver disdegnato, nellegiornate di pace e gioiadedicate ai fiori, di portareall’occhiello dell’anima ilfiore della loro gioia. Che

uomini del genere voglianoprestoricredersieapprenderesentimenti più nobili emigliori.Quantoame,possopermiafortunadichiararechenelle giornate dei fiori esultodisoddisfazionepertantifioriefiorellini,efra lenumerosepersone abbellite, adornate ecosparse di fiori io sono unodei più infiorati. In pocheparole, in un giorno comequestodedicatoallepiante,iosonocomeunapiantadelicata

etremula,enell’imminenteeincantevole giorno delleviolette mi presenterò iostesso in società, lo so percerto,comeun’umileviolettaappartata. Per uno scoponobile posso trasformarmiaddiritturainunapratolina.Inquest’occasione vorreipregare ognuno di infilarsi estringere in futuro fra lelabbra imbronciate otrucemente strette il suoranuncolo.Infondo,anchele

orecchiesonoegregisostegniper i fiori.Nella giornata deifiordalisi, dietro ciascuno deimieitreorecchiavevoinfilatoun fiordaliso, e facevo unagran bella figura.Un’autenticadelizia sonopoile rose e le imminentigiornate delle rose. Mivenganopureincontro,questegiornate così caratteristiche,ioadorneròsenz’altrodirosela mia casa; e, come è veroche sono un uomo d’oggi in

grado di capire i tempi, miinfilerò una rosa nel naso.Anche le giornate dellemargherite mi possonoinfondere vivo entusiasmo; eparimenti, del resto,qualsiasimodasubitoapponesudimeil marchio del servo, delloschiavo e del suddito.Manesonofelice.Ebbene, anche tipi strambi

così, e privi di carattere,hanno pur diritto d’esistere.Lacosapiù importanteèche

io voglio rallegrarmi quantomeglioepiùalungopossibilediquelpo’divitacheho;eseunosidiverte,partecipaassaivolentieri a qualsiasiassurdità, ma adesso parleròdella cosa più bella, ossiadelle donne. Per loro,unicamente per loro, sonostateinventate,fattemusicaepoesia,leincantevoligiornatedei fiori. Se un uomo va inestasiperifiorièfaccendaunpochino innaturale; a una

donna,invece,siaddicesottoogniaspettoinfilarsifioritraicapelli oppure offrire fiori aunuomo.Unadamaounfiordifanciulladevesolofareunsegno,uncennoeiomigettosubito ai suoi piedi efremendo di gioia in tutto ilcorpo le chiedo quanto costae compero quel fiore. Poipallidissimoinvoltonesfiorocon un bacio ardente lamanina maliziosa e per leisono pronto a sacrificare la

miavita.Sì,propriocosìoinmodo analogo mi comportonelle giornate dei fiori. Ditanto in tanto, per ristorarmiun po’, mi precipito tuttaviain una tavola calda e ingollosuduepiediunpaninoconlacarnemacinata.Iovadomattoper la carne macinata, mavadomatto anche per i fiori.Soandarmatto,insomma,permolte cose. Comunque, unodeve compiere il propriodoveredi cittadino,nondeve

fare smorfie, né considerareche gli sia lecito sorridere insegreto delle giornate deifiori.Sonoundatodifattoeidati di fatto vanno rispettati.Davvero?

PANTALONI

È dilettevole per me poterstendere una relazione esprofondarmi in riflessionisuunoggettocosìdelicatoqualeipantaloni,ementrescrivosidiffonde, come avverto, unrisolino libidinoso sull’interamia faccia. Le donne sono erestano pur sempre creaturedeliziose. Quanto alla moda

dei pantaloni, che tende amettere in subbuglio e a farpalpitarepiùfortetuttiicuorie gli animi, essa inducel’uomo che ragionaseriamente a considerare inprimissimoluogociòcheessaesaltaerivestediimportanza:la gamba. La gamba delladonna si fa vedere in questomodo con maggiore spicco,per così dire. Chi, comeme,ama, adora e ammira legambe delle donne non può

non essere in apparenzagiustamente d’accordo conunasimilemoda,eanch’iolosonoineffetti,purseinveritàsono poi molto favorevolealle gonne. La gonna èelegante,ispirariverenzaehaqualcosa di misterioso. Ipantaloni sono di gran lungameno fini e nell’animomaschile suscitano per cosìdire un brivido. E d’altrocanto: perché noi uominidell’età moderna non

dovremmo essere colti unpoco da spavento? A mesembra che abbiamo moltobisogno di essere scossi erisvegliati.Seperòaquestomondo le

cosedipendesserosolodame,il che fino a oggi e conmiagrande soddisfazione non èper fortuna ancora avvenuto(cosa farei, infatti, iopoveruomo?), i pantalonisarebbero assai più stretti, inmodo che la stoffa premesse

maggiormente sulla parte piùmorbidaefloridadellagambao, per dirla con parole piùfini, vi aderisse. Per mequesto significherebbe iltrionfo della moda, e iomorirei,operlomenocadreiin deliquio dall’esultanza se,in fatto di questioni relativeall’abbigliamento femminile,si dovesse produrre unasimile trasformazione. Aquanto sembra, siamocomunquegiàabuonpunto;e

noi, miserandi signori dellacreazione messi in dispartecon violenza, possiamogiustamente essere curiosi divedere quali saranno i futurisviluppi. Immagino cheaccadranno varie cose. Nonc’è dubbio infatti che almomento si prepari unatrasformazione radicale, noiuomini non abbiamo piùgrinta, è lampante, diconseguenza la grinta adessola metton su le donne, e

difatti:davantiainostriocchigià cominciano ad arrancarein calzoni, che al momento,tuttavia, somigliano ancora adelle gonne. Pantaloni asboffo! Hanno qualcosa diasiatico, qualcosa di turco,qualcosa, debbo ammetterlo,chenon attrae.Pantaloni allaturca e turbanti alla turcahanno per me scarseattrattive. Ma può ancorasuccedere, penso, che ipantaloni abbiano la capacità

di evolversi e perfezionarsi.Ancora troppo poco ipantaloni sono semplicipantaloni. Ora come oradenotano una certa pruderie.Sono sostanzialmente troppoesitanti, troppo pudichi.Signoremie, sentite bene, sevolete fare davvero colpo sunoi uomini dovete essere piùardite, più sfacciate e piùcomplete nelle vostrerivendicazioni pantaloniche,pantalonesche e pantaloniste.

Che dolci creature!Certamente un giornopantaloneggeranno in mododel tuttodiversoper lestradeeperlepiazze.Ripeto: quanto alla gonna,

cheessa stiaper sparire èunpeccato,elanostrasensibilitàculturale ne è indignata. Macome,cisichiede,Pariginonhapiùideepervestitiattillatiin vita? Parigi sembradiventatapoveradiidee.Èungran peccato per Parigi, che

era la meravigliosa città deisensiedeisogni.UnaParigi,oggi, non c’è più. Perché diquestositratta:allamodadeipantaloni manca il girovita.Se nella donna c’è mai statoqualcosa di bello eammaliante, questo è solo eunicamente il girovita, e oraproprio la cosa più deliziosaviene a mancare. Un paio dipantaloni deve avereassolutamente un girovita. Inquel punto mi si devono

restringere per bene, e versol’alto e verso il bassorimanere ben tesi. Ci deveessere tensione. Attualmenteledonnesondeltuttoprivedischiena. La meravigliosaschiena femminile con il suoforte ingrossamento, laschienapercosìdirelevigata,è scomparsa. È una realtàdeplorevole. Le donne nonhanno più un sano gusto perla forma, non voglionorappresentare più nulla, e il

fatto che oppongano unrifiutoè lamigliorprovacheesse si ribellano, che cidisprezzano inquantosignorie padroni. Se cerco e misforzo di piacere a qualcuno,considero questo qualcunomio padrone. È chiaro comeilsole.Fattidelgenereealtriconsimili costituisconodunque l’eloquente segretodella gonna-pantalone:volontà di ribellarsi, dicontestare,difareconfrontie

prendere posizione. Oh chepena, oh che sventura!Uomini, uomini, in questocaso avete subito unavergognosadisfatta.Ma ve lo bisbiglio

all’orecchio: anche lapantalonista, la donna, vienetrascinata in una similesconfitta, e la grande,preoccupante sconfitta pertutti e due i sessi è laseguente: il calo delleattrattive. Le donne vogliono

rendersi infelici costringendogli uomini a scorgere in lorodei camerati e dei compagnidi calzoni. Così, a quantopare,stannolecoseedèassaitriste, ci dice il cuore. Per dipiù,laquestionedeipantalonisfiora molto da vicino ilproblema della mobilitazionepoliticadelledonne.Aquellepoverette, recarsi alle urneelettorali in pantaloni sembradecisamente più congeniale:oh che inganno, oh povere

donne, se almeno sapesseroche noia straziante è avere ildiritto al voto. Voglionoessere le assassine di sestesse. E sia pure! A ogniuomo dotato di sentimenticavallereschi non rimaneormai altro che mettersidisperatamente le mani neicapelli e augurarsi che glivenga un colpo. Questa è laquintessenza e l’effetto deipantaloni.Èspaventoso!

MANGIARE

Il fricandò è qualcosa diterribile.Ilboeufàlamodeèspaventoso. Il formaggio conil tè è magnifico. C’è genteche mangia volentieri patatearrosto insiemeal formaggio.I maccheroni? Sono la miapietanzapreferita,madevonoessere impregnati dalprofumo del formaggio. Il

formaggio vi deve colare. Infondo la cucina mi interessamolto, e conogni probabilitàsono un cuoco o uno chefmancato. Ai fornelli avreipoetato assai meglio e piùsaporitamente che non colpennino d’acciaio, freddo eappuntito.Sareistatoingradodiaccontentareunduca.Perché dunque sono così

infatuato del cibo?Vedere lagentechemangiaèpermeungodimento. A proposito,

come sono carini i gattiquandolappanoillatte.Ilmiomicio ha sempre mangiatoinsieme a me dallo stessopiatto.Conlasuazampanerami ha portato via da sotto ilnaso i bocconimigliori. Nonpotevo impedirglielo; mi eraimpossibilepunirloperlasuamaleducazione. I cavallimangiano in un modo moltosimpatico. Come mangiameno elegantemente qualcheessere umano! I pensieri mi

portanoaparlaredeglisprattiveraci di Kiel. Quando limangiai la prima volta, perme fu come essere inparadiso.Oggi,perquantomiriguarda, hanno unaquotazione piuttosto bassa. Ilprosciuttocrudoè sempreuncibo sano, quello cotto ètroppo viscido. Non sono unpatito dei dolci, piuttosto delpane spalmato di burro o distrutto e senza nient’altrosopra.Madeveesserepanedi

campagna. Il pane di città ècottotropposuperficialmente,eingenerenonhacarattere.Per pranzi completi, in

particolare quando sonoserviticonstile,possoandarein estasi. Ma è divinomangiare un’aringa fritta inuna semplice osteria. Lesalsicce, come quellearrostite, le Bierwürste o leWiener Würste, sono troppoindigeste e rinvengonotroppo. Ci fanno sentire

grossolani. Bisogna evitarecose del genere. Un pezzod’arrosto di vitello bellocroccantemelosipuòinveceficcare in bocca e farmelomangiare in qualsiasimomento, purché sialardellatodispeckadovereenuoti nel sugo. A volte miconcedo con grande piacereanchedellepatatebollite.Chisacuocereunapatatainmodoche rappresenti di per sé uncibo allettante dimostra di

avere sensibilità per l’arteculinaria.Quest’artehainfattile sue vette, le sue foglied’allorocomeognialtra.Quanto ai pinnacoli e ai

gioielli che adornano lacorona di quest’arte, bendifficilmente riuscirei aparlarne, poiché a tutt’oggisono rimasto povero e, diconseguenza, poche o nullesono per me le occasioni dimangiare quel cheingurgitanodignitarieuomini

di Stato. Io mangio econsumopiùomenociò cheingoia la massa. Ma perchémai parlo di ingoiare eingozzare. Un tocco di veroarrostodimaialeè,erimane,un cibo onesto. Quello chemangia il popolo lo possomangiare anch’io, come peresempioicibi ingelatina.Levivande in gelatina sonoassolutamentesquisite.Adireil vero trovo buono anche ilfagiano, ma preferisco una

zuppadilenticchie.

UNATTORE

Molto interessante algiardino zoologico è il leoned’Abissinia. Simula latragedia, nel senso cioè chesmania e nel contempo siarrotonda. Si dispera (unadisperazione indicibile) e nelcontempo si mantiene bellograsso.Ha un aspetto floridoe nel contempo si tormenta

finoamorirneapocoapoco.Equesto,davanti alpubblicoche lo sta a guardare. Iostesso sono rimasto assai alungo di fronte alla suagabbia, non riuscivoassolutamente a distoglieregli occhi da quel drammaregale. A proposito, e dettoperinciso:iovorreicambiarela mia professione, se fosseuna faccenda rapida esemplice, e diventare pittoredi animali. Al cospetto di

questo leone imprigionatotroverei da dipingere avolontà. L’egregio lettore dicoseletterariehagiàguardatocon vera attenzione l’occhiodi un elefante? Sono baglioridi una maestà che risale aitempipreistorici.Maascolta!Cos’è che ruggisce? Ah, è ilnostrodrammaturgo.Costuièl’autoreel’attoredisestesso.Anche se a volte sembra deltutto fuori di sé, non perdemai il controllo, giacché la

sua è una dignità innata.Dignità, dunque, e nellostessotempoferocia.Siprovia immaginare: come è bello,come è grandioso a vedersiquando dorme. Ma noivogliamo guardarlo quandofiuta l’ora del pasto. Edeccolo abbassarsi fino adiventare un bambinoimpaziente, innamoratodell’idea che il pasto sia inarrivo. Allora infatti haalmeno un’occupazione, può

sbranare carne fresca. È unochesamangiareperdavvero.Un animale del genere,rinchiuso in gabbia, comedeve conoscere in modosingolare il suo guardiano, edi certo a suo modo anche...amarlo. Quando è in riposo,come è magnifico là dentro.Sembra essere afflitto,sembra avere certi particolaripensieri, e io giurerei che èimmerso in pensieri belli esublimi. Ti sei mai fatto

guardare in faccia da lui?Provaciedirigiperunavoltail suo sguardo su di te. Haunosguardodivino.Macomesi trasforma poi quando èinquieto e va su e giù nellasua galera strusciando lapropria forza principescacontro le pareti della gabbia.Sempresuegiù.Suegiù.Perore e ore. Che scena! Su egiù,elacodapossentesferzailpavimento.

VERDE

Non lo si comprende, nonsi riesce quasi acapacitarsene,èspaventevole,è qualcosa di inquietante,qualcosadiquasitravolgente.«Chesensoha?»cisichiede.È quasi senza senso.Stordisce, alla mente favenire le vertigini. Fa maleagli occhi, male al cuore,

opprime e sgomenta l’anima.Colore,colore.Nonc’è forsecolore che sia tanto colorecome questo. Nessun altrocolore abbaglia tanto. Verde,verde. Dovunque si volga losguardo: verde. Le trovate, ipensieri, i moti dell’animaacquistano una segretaaffinità con il verde edegenerano nel verde. Lefacce sono quasi verdi. Haqualcosa di enigmatico,conturbante, orripilante. No,

no, la cosa non è cosìsemplice: in tutto quello checirconda l’uomo modernonon c’è più nulla di cosìsemplice. Non inganniamoci,non ricorriamo a scherziscialbi e fiacchi per passarsopra a cose che cisconvolgono e ci fannopercepire più intensamentel’impotenza in cui viviamosempre e di continuo.Verde,verde. Scaturisce fitto dalsuolo. È addirittura atroce.

Paralizza, fa star male perminutiinteri,latestasibloccael’animatentadiurlare,tentadi fuggirsene dal corpo, dalfortilizio che la rinchiude.L’azzurro è morigerato emite. Anche in autunno e ininverno c’è un tipo diazzurro.Ma il verde? Perchéverde? Perché, perché verdeinunmodocosìterribile,cosìdelizioso, così magnifico?Brucia. Verde: una cosa chebrucia.Ilmondoinprimavera

è un incendio in verde. Ilverde è una frenesiacromatica.S’inalberaagrandialtezze, si estende inlontananza. Noi non si è piùesseri umani. Non si sa piùche cosa e chimai siamo. Siscatena, si infuria, prorompe,divampa.Ilverdeèuncoloreterribilmente serio, un coloresacro. Un coloreraccapricciante,uncolorecheè monito e domanda, uncolore divino. Il bianco, per

esempio, sorride, il gialloaccarezza. Perché ci sonogatti neri e bianchi e nonverdi?Già,eperchégliocchihanno qualche volta deiriflessiverdi?Ilverdedinotteesce strisciando dalle visceredella terra, si affacciaovunque, ovunque, simile aun oscuro presentimento.Quantoèimperiosoilverde.Il verde sarebbe il colore

dellasperanza?Sì,certo,nonvi è dubbio. Ma provatevi a

sperare senza mai avvertiretremiti e brividi. A un passodallasperanzaopiuttostonelsuo bel mezzo palpita unoscuro disperato timore esconforto.Nonvi è colore almondo che esprima tantocome il verde la solitudine elo smarrimento siderale. Ilverdeèlagloriadelmondo.Ilverde è il colore piùgrandioso, più solenne. Èl’origine dei colori, laquintessenza, l’orgoglio dei

colori. Il verde è l’anima deicolori.Ma poi: perché non èun po’ più chiaro? In fondopotrebbe essere più opaco,più leggero. Invece no,quandocomparenonèchiaro,ma ha un’intensità cupa, discuro velluto come un furoreuniversale, e sfolgora,baluginaeciabbaglia.Perchéinprimavera si ècosìmalati,così fiacchi, cosìfemminilmente portati versociò che è morbido e tenero,

così inerti, così privi difantasia? Il verde soffoca lafantasia perché è esso stessouna fantasia. Il verde è ilpredatore delle energieumane:Napoleonenonavevaforse paura della primavera?No? Beh, forse allora me loimmagino soltanto, visto chesu di me ha l’effetto di unaparalisi, al punto che vorreiritirarmiinunacatacombapersfuggire a questa visione ditremendadolcezza.D’inverno

non ho mai paura di mestesso,einautunnohoinmeaddirittura un’aurea fiducia;ma in mezzo al verde, percarità, presto, entriamo nellaprimaosteria, abere, bere. Ilverde uccide. Fiorire,sbocciare.Achepro?Nonlosicapisce.Iooraso,oralosocon assoluta certezza che suunapersona,quantopiùlungaèlasuavita,tantopiùforteèl’effetto della primavera infiore; tutto allora si inzuppa,

tutto fluttua tantoabbondanteè il verde, e le faccendeumanecisembrano tuttecosìbizzarre, quasi fossero unaben riconoscibile follia. E ineffetti c’è anche qualcosa difolle nel verde; e fiorire: checos’è mai se non una speciedi follia? Il tremolio dellaluce è follia. Sia pure.Naturalmente, da quellepersone ragionevoli chesiamo,cisapremorassegnare.Qui volevo solo offrire

un’illustrazione, unapersonificazione,un’apoteosi.Oh,cisonosognidiesclusivocolorverdecupo,venatiquaelà di rosso, orlati di azzurro,come se azzurri fossero inostri pensieri e le nostrefantasie poetiche, rossi inostrimigliori atti di volontàeverde inmodo indicibile lanostra vita. Sì, verde è...vivere,verdeèamare.Spessononpiace.Èunadeliziaeunorrore in pari tempo, e

diventa di giorno in giornopiù violento e rigoglioso. Apoco a poco, verso l’estate,perded’intensità.Cisiabitua.Allorasivaapasseggiosottofolti alberi dalle fogliebisbiglianti, come sottotettoie. Anche la polveretoglie al verdemolto del suoprofondo splendore, e inpiena estate in mezzo allegrandi città stormiscono esussurrano le foglie ora deltutto grigie e smorte, quasi

fosserodiferro.

PERPLESSITÀ

Come si rendono l’unl’altro confusa e difficile lavita, gli uomini. Come sisminuiscono l’un l’altro,comemiranoasospettarsieadisonorarsi a vicenda. Cometutto succede, in fondo, soloper avere la meglio. Setrascurano di fare una certacosa, la colpa è di fattori

esterni,secommettonoerrori,non ne sono mai stati loro iresponsabili. Il prossimo èsempreesoltantounintralciolungo il cammino, la propriapersona è sempre quanto dimeglioepiùeccellenteesista.Come ci si industria acamuffarsi intendendo faredel male. Quanto ciaugureremmo, spesso, chiaree scoperte sgarbataggini! Ilcuore batte, per lo meno,negli impeti di rabbia. È

curiosoquantopocosulseriogli uomini si prendano l’unl’altro, come, assumendoun’aria di disprezzo, sitrastullino con le cose piùnobili, più preziose esignificative. E come non sistanchinomai dimugugnare,come non gli venga mai intesta semplicemente disperarecheesistaqualcosadigrande, di buono e onestosullaterra.Chelaterrameritirispetto, non riescono mai a

intuirlo, per quanto siaintuibile. Solo per i lorotrastulliprovanoquel rispettoche si deve al mondo, aquesta chiesa colma dimaestà. Come prendono sulserio i peccati checommettono, come nonhannomaicreduto,daquandosonoadulti,chepossaesisterequalcosadi più eccelso epiùragguardevole di loro stessi.Come continuano sempre avenerare ciò che non merita

venerazione, l’antico vitellod’oro, il mostro privo diespressione, come credonoindefessi all’inverosimile. Lestelleperlorononsignificanonulla, ritengono che sianofaccende da bambini, maloro, cosa sono loro se nondei bambini screanzati,smaniosi di quanto non sideve fare. Come sannodiffondere l’angoscia intornoasé,purnellaconsapevolezzad’essere loro stessi

perennemente angosciati daun che di oscuro, insulso etorpido. Come desiderano inmodo struggente di non faremai stupidaggini, mentreproprio questo meschinodesiderio è quanto di piùsciocco si possa provare almondo.Voglionoessereipiùavveduti e sono i piùmiserabili che ci si possaimmaginare. Un ladro hacommesso qualcosa, si èlasciato indurre a un’azione

illecita e malvagia, loroinvece non hanno maicommessonulla,nulladivilee disgustoso, né di buono esquisito, e hanno il saldoproposito di nonintraprendere mai niente chepossa suscitare scalpore. Ineffetti, danno adito aperplessità.Come si sottovalutano

nella gretta convinzione divalerepiùdiunaltro.Intutto

candore si dicono personecolte,storcendoearricciandoil naso l’uno nei confrontidell’altro. Poveretti! Sesapessero quanto incolta eignorante è la superbia,quanto scarsa è l’educazionedi chi soggiace alla propriaincapacità di giudicare sestesso. «Vieni, andiamoinsiemeapentirciinunluogoche sia silenzioso, pentirci ditutte le prepotenze e lecattiverie che ci dominano e

di cui non riusciamo aliberarci». Così parlerebbeuna persona se avesseun’ombra di creanza. «Vuoivenireconme?Nesorgeràuntempio, un tempio sacro einvisibile.Su,vieni.Vedrai,tifarà piacere e riscalderà ilcuoreadambedue».Cosìpiùo meno parlerebbe un uomosensibile a un uomoaltrettanto sensibile. Quantabarbarie in coloro i qualiparlanodicultura,dituttociò

che, pur eccellente e bello,per loro è destinato arimanere sconosciuto finchénonsirisolverannoametterloin pratica. L’esercizio el’azione, come sono lontanida loro. Parlano sempre,parlano e parlano e propriocosì sprofondano vieppiùnella mezzanotte dellagrossolanità, perché solol’agire è finezza, lachiacchiera è tetra e sudiciaquanto l’inferno. Come

sprecano il loro tempo, e ilvalore dell’esistenza nel suofluire lieve e dorato,trascorrendo ore e ore inluoghi dove gli si fiaccanol’animo e gli orecchi a forzadi parlare di cose su cui unuomo operoso e avvedutoriflette e decide in quattro equattr’otto. Si direbbe che,parlando, costoro intendanochiarirsi certi significati, manonci riuscirannomai.Anzi,non lo vogliono nemmeno,

sanno perfettamente diabbandonarsi a una grangozzoviglia di parole.Gozzovigliano,perl’appunto.Gozzovigliare però non puòessere altro che nefandezza;un peccato commesso controi propri genitori e i proprifigli; un’ingiustiziacommessa contro ogni esserevivente, un’atrocitàcommessacontrosestessi.Lenotti,questisacritemplinellavita, è indescrivibile quanto

vengano svilite, disonorate,profanate da frasi del tipo:«Venga, andiamo ancora unmomento lì e poi là!». Lapersona colta si sente indovere di andare ancora lì epoilà,eperchémailofaccia,questo davvero non lo sanemmeno lei. Come sonosempreacacciadipiacericheun negro ha in spregio, disvaghi su cui una donnacalmucca scrolla le spallepiena di inimmaginabile

disprezzo. Come s’indignanodi fronte a chi pretenderebbedi vederli guardare un po’tranquilli il trascorrere dellesettimane, o accingersi insilenzio a un raccoglimentosensato e gradevole o –semplicemente – andare inchiesa. Oh insuperabilepotenza di Dio, la Chiesariesce a far dimenticare agliuomini gli orrori che essa hasulla coscienza, e a indurlialla sottomissione. Un po’

alla volta tutte le vacuità, leodiosità e le insensibilitàd’animo e di cuore di questomoderno mondo dellachiacchiera vengono asaturazione.E come soffrono poi.

Bisogna aver vissuto inmezzo a loro, bisogna avercondiviso le stoltezze allequalisiabbandonano,elecuifruste lusinghe non sannorianimare né lo spirito né isensi, per capire come

soffrono. Il loro confortoconsiste nel dare il tono almondo. Che razza diconsolazione. Il loro vanto èvedere il proprio nome suigiornali. Che razza di vanto.Il loro trionfo è stare alvertice di ciò che piacechiamarprogresso.Cherazzadi conquista. E, subitoaccanto, si vedono questiuomini affaticati, vizzi,semivivi, queste donne pienedi sentimento e con l’anima

completamente divorata edistrutta da furiose eirrimediabili e quasi folliinsoddisfazioni.Poveredonneraffinate e svagate in sommogrado,uomininonmeritevolidi invidia, esseri impoveriti.E ammettono, per lomeno ametà, di essersi impoveriti.Ma che cosa li ha resi cosìpoveri? Sono delle carepersone. Per davvero. Maperchépropriolorosonocosìinattendibili, così di

malumore, così avvizziti ecorrucciati?Anche questo dàaditoariflessioni.Gli spiriti e gli dèi non

rivolgono più loro la parola.La loro vita poggiaunicamentesulpiacereesullescempiaggini dei sensi,mentre dovrebbe fondarsisulla ragione e su solidipensieri rivolti a qualcosa dipiù elevato. Pretende dibasarsi su una volontà di

ascesa,maquestovanosaliredi gradino in gradino non èun giusto e rispettabilemotivo e fondamento.All’ascesa dovrebbeassociarsi in modoprogressivounchedinobileevalido,malecosenonstannoaffatto così, vero è ilcontrario: la frammentazione,la dispersione, ildisfacimento. Lassù in altononc’èpiùnulla.Alleregionisuperiori è curiosamente

vietato ogni ulterioresviluppo.Nonsivapiùinlà,e quindi occore tornareindietro – anche questo dàaditoariflessioni.

DRAMMA

Se soffriamo, immagino, èsoprattutto perché siamo cosìsimili, e il peggior peccatochenoiuomini commettiamoèforsequellodiesseretroppopoco diversi e di noninteressarci con sufficienteintensità l’uno dell’altro.Quanto più pensiamo didiventare saggi, tanto meno

interessanti ci rendiamo, ilche rappresenta una fratturanelleumanerelazionidibuonvicinato.Cisonopersonechesi amano e si seppellisconol’un l’altra sotto lemacerieegli effluvi di una noiamortale.Esichiedonoinvanocome sia possibile e cometutto ciò sia potuto avvenire.Sono tutti cosìspaventosamente uguali, ecosa sono mai, uomini edonne,ditantodiversosenon

parti di un’identicaconvivenza sociale che,soffusa di velleitàintellettuali, lirendefiacchieli appiattisce. L’incanto deisessi contrapposti si logoraper effetto di unascostumatezzacheimperanelpienodelbontonecheagiscee si propaga in ognidirezione, e quanto rimanedell’uomo e della donna èun’orrida paura provata daambedue di fronte alla

vuotezza, alla sporcizia eall’assenza di significato digiornate che vanno evengono.Imatrimonisonoinmolti casi delle tombe el’incanto si trasforma inun’indifferenza foriera dirannuvolamenti, mugugni epallori. E siamo anche deibambini. Alla maleducazionespettailruoloprincipale.Edèperquesto,proprioperquestochelepersonesonodiscarsointeresse. Sono di scarso

interesse perché maleducate.Quelle poche stupidaggini ecattiverie che ci tributiamol’un l’altro, dandoci lapariglia in una sorta diterribile girotondo, non sonoproprionullainconfrontoallebeatitudini che alberganonellapersonadavverocoltaedignitosa. La stupidità e lamancanzadicuorehannounosguardoopacoeunacondottain ogni senso insulsa enoiosa.Afarciperderelavita

e la nostra umanità èl’indolenza; e quello cheabbiamo avuto l’audacia dideridere, i buoni costumi e ilsenso dell’ordine, sono isostegnidiogniveraculturaeil fiore di qualsiasi vita bellae interessante. Perché ciannoiamo?Perchénon siamocoraggiosi. Perché siamoprivi di interesse? Perchésiamo cattivi. Perché siamosgradevoli l’uno all’altro?Perchénonabbiamonémodi

némoralità.

FAVOLA

C’era una volta unimperatore,aquantopareunodei sovrani più potenti maiesistiti,maquesto imperatoreera malato e lo era, nonabbiamoalcundubbio,perchémalataera l’epoca incuieglivivevaegovernava.Piùnullaerasacroallagente,ilpopolononavevapiù idealidialcun

tipo, ma l’imperatore, inquanto nato, per così dire,tardiotroppotardi,avevaunbisogno inveterato einestirpabile di innalzaresantuari. Il potere, un poteread ampio raggio, chel’imperatore aveva osembrava avesse, era dunquemortoinunmodospaventosoeincomprensibile.Luistesso,il sovrano, non sapeva comeesercitarlo, non poteva farnealcunuso.Ancheilpotereera

malato. Non c’è da stupirsidunque che chi deteneva talepotere si sentisse stringere ilcuore. Negli occhidell’imperatore spessobalenava la rabbia per lasventura cui sempre più eglisoccombeva e che loobbligavaacomportarsicomeun affarista, mentre avrebbevoluto essere un cavaliere eunospadaccino.Nelmondosiera infatti arrivati al puntoche la nazione capace di

trarre il massimo profittoveniva considerata al primoposto e agli uomini di Statospettava l’unico ruolo diuomini d’affari. Il poveromonarca non mostravapressoché nessunacomprensioneperunfattodelgenere. L’imperatore, cheaveva sognatomolte volte didiventare l’eroe del propriopopolo, si vide abbandonato,e alla sua consorte,l’imperatrice, veniva da

piangere al pensiero di comefossestato lorosottratto tuttociò che è bello. Ma anchenella vita quotidiana nonc’erapiùalcunabellezza.Eracomeunavendettadelcielo.Ipiù spudorati faccendierireggevano le varie regioni ele contrade circonvicine; e ilpaese,perquantovifiorisseroi commerci, assomigliava aundeserto.

NOTE

Kasperlefiguradelteatrodeiburattini, per molti aspettianalogaadArlecchino.

Che la notte mi inghiotta!citazione dal dramma Ilprincipe di Homburg diHeinrichvonKleist,attoI,

scena IV (inHeinrich vonKleist, Teatro, a cura diErvino Pocar, Guanda,Parma,1992,p.695).

Mirifugiaisfinitoloc.cit.Percy Henry Percy, conte diNorthumberland,inEnricoIVdiShakespeare.

Qui per esempio citazione(lievemente modificata)

dal dramma La famigliaSchroffenstein di HeinrichvonKleist(attoII,scenaI).Il secondo verso conl’introduzionedelnomediArminio allude al drammaLa battaglia di Arminiodello stesso autore (cfr.Heinrich von Kleist,Teatro,cit.,p.80).

Jacob Michael ReinholdLenz, I soldati (trad. it. di

Mario Regina, Levante,Bari,1998).

Leergiocodiparole fraLeare Leer (in tedesco:«vuoto»).

C’era una volta unimperatore si riferisceall’ultimo sultanoottomanoAbdulHamidII,deposto nel 1909 daiGiovaniTurchi.

TITOLIORIGINALI

Das Theater, ein Traum(1907)Fünfter Akt, letzte Szene(inedito)Eine Theatervorstellung(1905)Einer, der neugierig ist(1907)

WasistBühnentalent?(1907)Beitrag zur Psychologie desTalents(1908)Was braucht es zu einemKleist-Darsteller?(1907)LenzensSoldaten(1907)Tell(1909)Bedenkliche Geschichte(1908)LügeaufdieBühne(1907)Beantwortung einer Anfrage(1907)KennenSieMeier?(1907)Was macht mein Stück?

(1907)An eine angehende Tänzerin(1907)AndieKünstlerin(1910)Berlin und der Künstler(1910)DieGroßstadtstraße(1910)Kutsch(1907)Fabelhaft(1907)Dilettanten(1908)Über den Charakter desKünstlers(1911)Zu der Arlesierin von vanGogh(1912)

EinABC inBildernvonMaxLiebermann(1909)Über das russische Ballet(1909)Wasausmirwurde(1912)Skizze(1911)Liebesszene(1921)Brentano. Eine Phantasie(1902)DieHandschuhe(1905)Wenn ich Pfarrer wäre(1908)Zeichenstunde(1908)Sieschreibt(1908)

DieBubenWeibel(1908)Abschied(1909)Blumentage(1911)Hose(1911)Essen(1911)EinSchauspieler(1910)Grün(1911)Bedenkliches(1910)Drama(1912)Märchen(1910)