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Lega Nazionale Pallacanestro Città protagoniste Finali Serie A Dilettanti Coppa Italia 2009/2010 Storia - Monumenti - Prodotti tipici 1 BOLOGNA (BO) DESCRIZIONE ARALDICA DELLO STEMMA Lo stemma della Città di Bologna è costituito da uno scudo ovato diviso in quattro parti, due contenenti una croce rossa su sfondo bianco sovrastata da un capo d'Angiò e le altre due la scritta color oro LIBERTAS posta in banda su sfondo azzurro, il tutto sovrastato da una testa di leone posta di fronte. BLASONATURA DEL GONFALONE Lo stemma, approvato con D.P.C.M. del 6 novembre 1937 ha la seguente blasonatura: « Scudo ovato inquartato: il primo e il quarto d'argento alla croce piana rossa, capo d'Angiò; il secondo e il terzo d'azzurro alla parola LIBERTAS d'oro posta in banda. » COME ARRIVARE In auto: Bologna è collegata direttamente a Milano, Firenze e Roma attraverso l'autostrada A1, che è la principale connessione autostradale in Italia. È possibile prendere la A1 dalla Torino- Brescia attraverso la A21, a Piacenza; dalla Genova-La Spezia, attraverso la A15, a Parma; dalla Verona-Brennero, dopo la A22, a Modena. Bologna è inoltre collegata direttamente alla Venezia-Padova tramite la A13, e con Ancona-Rimini e Ravenna tramite la A14. Dalle uscite autostradali è possibile portarsi sulla tangenziale, che permette di raggiungere agevolmente tutte le direzioni. In treno: Bologna è il principale nodo ferroviario italiano, quindi è attraversata da tutte le più importanti linee nazionali ed internazionali. Dalla stazione è possibile raggiungere tutte le zone della città utilizzando i servizi di trasporto pubblici. In aereo: Esistono collegamenti con tutti gli aeroporti italiani. Una volta arrivati all’aeroporto Guglielmo Marconi, c’è un servizio autobus (Linea BLQ) che porta direttamente a Bologna.

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    BOLOGNA (BO)

    DESCRIZIONE ARALDICA DELLO STEMMA Lo stemma della Città di Bologna è costituito da uno scudo ovato diviso in quattro parti, due contenenti una croce rossa su sfondo bianco sovrastata da un capo d'Angiò e le altre due la scritta color oro LIBERTAS posta in banda su sfondo azzurro, il tutto sovrastato da una testa di leone posta di fronte. BLASONATURA DEL GONFALONE

    Lo stemma, approvato con D.P.C.M. del 6 novembre 1937 ha la seguente blasonatura: « Scudo ovato inquartato: il primo e il quarto d'argento alla croce piana rossa, capo d'Angiò; il secondo e il terzo d'azzurro alla parola LIBERTAS d'oro posta in banda. »

    COME ARRIVARE In auto: Bologna è collegata direttamente a Milano, Firenze e Roma attraverso l'autostrada A1, che è la principale connessione autostradale in Italia. È possibile prendere la A1 dalla Torino-Brescia attraverso la A21, a Piacenza; dalla Genova-La Spezia, attraverso la A15, a Parma; dalla Verona-Brennero, dopo la A22, a Modena. Bologna è inoltre collegata direttamente alla Venezia-Padova tramite la A13, e con Ancona-Rimini e Ravenna tramite la A14. Dalle uscite autostradali è possibile portarsi sulla tangenziale, che permette di raggiungere agevolmente tutte le direzioni. In treno: Bologna è il principale nodo ferroviario italiano, quindi è attraversata da tutte le più importanti linee nazionali ed internazionali. Dalla stazione è possibile raggiungere tutte le zone della città utilizzando i servizi di trasporto pubblici. In aereo: Esistono collegamenti con tutti gli aeroporti italiani. Una volta arrivati all’aeroporto Guglielmo Marconi, c’è un servizio autobus (Linea BLQ) che porta direttamente a Bologna.

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    CARATTERISTICHE GENERALI Capoluogo di regione e di provincia (54 mt. sul livello del mare). Si trova nella pianura Padana, sulla Via Emilia ai piedi delle propaggini appenniniche comprese tra Reno e Savena. Il centro storico medioevale, con strade a raggiera impiantato sull’originaria pianta quadrilatera romana, era cinto da mura, in gran parte abbattute all’inizio del secolo per permettere l’espansione della città moderna. Grazie alla sua posizione, lungo importante vie di comunicazione, la città è un vivace centro commerciale, agricolo, industriale. PIATTI TIPICI Bologna è la culla della buona cucina che rispecchia sicuramente l’accoglienza della gente che ci abita e il suo amore per la vita. Particolarmente conosciuti e amati sono alcuni primi piatti, tra cui emergono tortellini, tortelloni e tagliatelle. Queste ultime rappresentano il piatto più semplice ma, al tempo stesso, più rappresentativo della gastronomia petroniana. Il sugo classico da abbinare a questo tipo di pasta è il ragù di carne alla bolognese, ma si possono utilizzare numerosi altri condimenti come prosciutto, sugo di pomodoro, intingolo di funghi di bosco, tartufi e anche frutti di mare, solo per citarne alcuni. Un altro primo bolognese per eccellenza, per quanto Modena ne contenda il primato, è costituito dai tortellini, piccoli involucri di pasta fresca all’uovo tirata sottile, farciti con un ripieno fragrante e in parte segreto, che comprende, tra l’altro, prosciutto, mortadella, uova, parmigiano, noce moscata e altri ingredienti diversi da cuoco a cuoco e da famiglia a famiglia. I mitici tortellini sono da gustare cotti nel buon brodo di manzo e cappone. Poi ci sono gli immancabili tortelloni ripieni di ricotta e parmigiano in tutte le loro varianti accompagnati da buoni vini come il Pignoletto e il Sauvignon dei Colli Bolognesi. Anche per quanto riguarda i secondi piatti le ricette non mancano e ci sono molte varianti a base di carne. Inoltre esistono veramente numerosi tipi di dolci con creme a base di mascarpone e cioccolato prodotto direttamente in città dalla ditta Maiani, famosa per la sua crema al gianduia e i suoi cremini. STORIA Il primo embrione di quella che sarebbe divenuta la città di Bologna venne fondato nel 189 a.C. dai romani, anche se sono state rinvenute tracce di insediamenti ben più antichi Villanoviani (IX - VI sec. a.C.), Etruschi (VI - IV sec. a.C.) e Celti (IV - II sec. a.C. La fondazione di Bononia, come venne denominata, forse in segno di augurio o forse riprendendo la parola celtica "bona" (città), coincise con il periodo di espansione che portò Roma ad estendere la sua influenza su tutta la penisola italiana, sulla penisola iberica e sul bacino del mediterraneo(III - I sec. A.C.). La prima pianta della città romana è vagamente riconoscibile nel quadrilatero compreso tra le Vie Galliera ad Ovest Schiavonia-Volturno-Marsala a Nord, Marchesana-Drapperie-Oberdan ad Est e Marescalchi-de’Foscherari a Sud. Momento fondamentale per lo sviluppo della Bononia romana fu, nel 187 a.C., la costruzione della Via Emilia, che collegava (e collega tuttora) Rimini a Piacenza. I primi secoli di vita della città furono caratterizzati da prosperità e crescita economico-politica; in seguito, contestualmente alla crisi vissuta dall’Impero Romano nel III sec. d.C. anche Bononia si ridusse ad una pigra vita provinciale

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    La situazione di stallo continuò e, anzi, peggiorò nei secoli seguenti; il periodo che va dalla fine del III al VII sec. d.C. è quello più misterioso della storia di Bologna: sicuramente non furono secoli luminosi: nel 387 il Vescovo milanese Ambrogio, della cui Diocesi faceva parte Bologna, visitando la città la descrive come "cadavere di città semidistrutta". Sono attribuibili all’influenza del Santo Milanese le Quattro Croci che ci permettono di delimitare approssimativamente il perimetro della città ai tempi: esse erano collocate all’angolo tra le attuali vie Farini e Castiglione, all’incrocio tra Via Barberia e Via Collegio di Spagna, in Via Porta di Castello e sull’attuale Piazza di Porta Ravegnana, ad indicare una città assai ridotta, in piena crisi, almeno demografica. Le Croci avevano un significato di protezione spirituale del centro abitato e servivano probabilmente a segnare il percorso delle processioni; dopo essere state rimosse dall’ubicazione originaria nel 1798 vengono ora conservate nella Basilica di San Petronio. Dopo la divisione dell’Impero Romano nel 395, Bologna, fece parte dell’Impero Romano d’Occidente, al quale si sostituirono dopo la sua caduta definitiva i cosiddetti Regni Romano-Barbarici, con le dominazioni di Odoacre (Goti) e Teodorico (Ostrogoti); la città in seguito alla guerra Greco-gotica, combattuta da Giustiniano contro i barbari venne riconquistata, come del resto la penisola Italiana, dall’impero Bizantino; resistette quindi per secoli agli attacchi Longobardi, ai quali dovette soccombere nel 727; a quei tempi la città era difesa dalle cosiddette Mura di Selenite (dal nome che veniva attribuito al tipo di gesso utilizzato per costruirle); questa imponente costruzione difensiva, costituita di blocchi di pietra sovrapposti a secco fino a raggiungere i sei metri di altezza, di cui risulta ostica la datazione (approssimabile tra il 400 ed il 700) rivela una città in piena crisi tardo-antica, di dimensioni ancora più ridotte rispetto al perimetro delimitato dalle Quattro Croci. Nel 774, con l’avvento dei Franchi, vennero cacciati i Longobardi; Carlo Magno dopo la vittoria divenne, oltre che Re dei Franchi (per diritto di successione) anche Re dei Longobardi (per diritto di conquista); gettò in questo modo le basi di quello che sarebbe stato un nuovo Impero; egli venne infatti incoronato primo Imperatore del Sacro Romano Impero, la notte di Natale del 800, da Papa Leone III; l’Impero si pose a difesa della Chiesa e del Papato contro gli attacchi barbarici ed arabi, contrapponendosi all’Impero Bizantino, fino ad allora unico erede della tradizione Cristiana dell’Impero Romano; anche la città di Bologna venne simbolicamente donata al Pontefice. Dal punto di vista urbanistico, dal IV al X sec. Bologna cambiò in maniera quasi impercettibile. Dopo un lungo periodo di recessione, attorno all’anno Mille la città iniziò a rifiorire e ad espandersi; risale a questo periodo l’abitudine di costruire i nuclei abitativi di coloro i quali gravitavano nell’orbita di una famiglia influente, attorno alla residenza della famiglia stessa, disponendoli attorno alle corti, sormontate dalle torri, elemento di difesa, oltre che di prestigio, ne è tipico esempio Corte Galluzzi, nelle immediate vicinanze dell’attuale Piazza Galvani. Tra il 1000 ed il 1300 l’abitudine di costruire le torri fu molto diffusa a Bologna: c’è chi parla addirittura di 300; ora ne rimangono poche e le più famose sono sicuramente la Asinelli e la Garisenda. Fino al 1115, anno in cui morì Matilde di Canossa, la città fu direttamente o indirettamente assoggettata al governo Imperiale; la stessa Matilde, che non dominò mai in prima persona su Bologna, esercitò un’importante influenza; venuto meno il suo carisma però, i cittadini insorsero, distruggendo il "Castello", che sorgeva sulla collinetta su cui ora si apre Via Porta di Castello, sede del Conte, rappresentante dell’imperatore: fu questo il primo segnale del cambiamento già in atto, non solo a Bologna, ma in molte parti dell’Impero stesso, volto al decentramento del potere che portò alla completa indipendenza della città, governata dal Comune, espressione del potere dei ceti borghesi, sia militari che dei commercianti, radunati sotto diverse corporazioni.

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    La nascita della nuova forma di governo coincise con il "Diploma" rilasciato da Enrico V nel 1116 con cui concesse alcuni importanti privilegi al popolo bolognese. Ad incrementare la popolazione in modo marcato contribuì, sempre sul finire del XI sec. la fondazione dello Studio, ovvero dell’università, che iniziò a portare a Bologna studenti da tutta Europa; nello stesso periodo, proprio a causa dell’espansione notevole delle zone abitate si decise di dotare la città di una nuova cinta muraria, in sostituzione delle ormai insufficienti Mura di Selenite: venne quindi costruita la cosiddetta Cerchia del 1000 o "dei Torresotti", dalla forma a torre delle 18 porte che permettevano di accedere all’interno della fortificazione; alcune di queste porte sono ancora presenti, ad esempio in Via San Vitale o in Via Castiglione. La nuova fortificazione difese la città in occasione della Lega Lombarda alla quale Bologna partecipò assieme a Milano ed altre città del nord Italia in contrapposizione all’imperatore Federico Barbarossa, sceso in Italia per riaffermare il potere dell’impero; egli venne sconfitto a Legnano nel 1176 e fu costretto a fare ampie concessioni ai comuni, con la Pace di Costanza del 1183. La città era in fase di continua espansione: si continuava a costruire rapidamente anche al di fuori della nuova cerchia muraria, dove si svilupparono, oltre agli insediamenti residenziali, anche i grandi complessi conventuali, come San Domenico, San Francesco e San Giacomo Maggiore. All’inizio del 1200 venne costruito, dove ora sorge il Palazzo del Podestà, la sede del Comune; di quel periodo rimane ora solamente la Torre dell’Arengo, utilizzata per chiamare a raccolta i cittadini; iniziarono quindi a svolgersi lì le assemblee che fino a quel momento si tenevano nella Corte di S. Ambrogio, all’angolo fra le attuali Vie Pignattari e Colombina (dell’edificio originario rimane ora solamente il portico); dal 1246 le assemblee del consiglio si tennero invece a Palazzo Re Enzo, sede più consona ed adeguata anche all’archivio dei verbali delle assemblee stesse. Sempre attorno al 1200 si iniziò l’apertura di Piazza Maggiore spianando le costruzioni di epoca romana e successive che erano presenti in quell’area, acquistata dal Comune; la Piazza fu da subito adibita ad usi strettamente civili, come tornei, adunanze, festeggiamenti e mercati, le cui contrattazioni erano garantite dai prototipi delle misure scolpiti sulla scarpata di Palazzo d’Accursio, la cui costruzione risale alla fine del 1200, mentre la zona antistante la Cattedrale di San Pietro era riservata al culto; in prossimità dell’attuale piazza VIII Agosto si svolgeva invece il mercato del bestiame. Questa espansione, verso la metà del 1200, portò alla costruzione della terza cerchia di mura, coincidente quasi del tutto con gli attuali viali di circonvallazione: essa era dotata di 16 porte e posterle e di circa 30 torrioni o baraccani; la nuova fortificazione, inizialmente costituita da una semplice palizzata di legno, fu motivata anche dall’appartenenza di Bologna alla seconda Lega Lombarda contro Federico II, il quale scese in Italia mosso dagli stessi sentimenti restauratori del Barbarossa; l’imperatore venne sconfitto nel 1249 nella battaglia della Fossalta, in seguito alla quale fu catturato Enzo, figlio di Federico II stesso: esso venne rinchiuso in quello che è ora conosciuto come Palazzo Re Enzo e vi rimase in una sorta di prigionia dorata fino alla morte avvenuta nel 1272. La città all’inizio del 1300, cioè all’inizio di quella fase che potremmo individuare come il passaggio dall’epoca comunale all’epoca signorile, era ricca e visse una fase di costante sviluppo, basato soprattutto sul commercio; importanti a questo scopo i canali navigabili che attraversavano la città (ora quasi completamente sotterranei) ed il relativo porto, che collegavano Bologna al fiume Reno e quindi alla laguna veneta, importante sbocco commerciale.

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    L’espansione economica continuò fino alla metà del secolo, quando un’epidemia di peste colpì Bologna, riducendone di circa un terzo gli abitanti. I primi che poterono godere del titolo di Signori di Bologna, se non ufficialmente, almeno nei fatti, furono i Pepoli, importanti e ricchi banchieri che fino alla metà del secolo mantennero il controllo sulla città, dapprima con Romeo a cui successe il figlio Taddeo, noto giurista, ed infine i figli di quest’ultimo Giovanni e Giacomo, i quali, dotati di minor carisma rispetto al padre ed al nonno non seppero far altro che vendere la città ai Visconti, signori di Milano. Dal 1350, con l’uscita di scena dei Visconti, ebbe inizio un periodo di lotte intestine che portarono prima alla restaurazione del governo pontificio, attraverso un legato, poi ad un periodo in cui pareva rinato lo spirito comunale ed infine alla signoria dei Bentivoglio, importante e storica famiglia bolognese che prese il potere grazie all’opportunismo politico di Giovanni I Bentivoglio, il quale occupò nel 1401 il Palazzo Comunale. In seguito alla sua morte, avvenuta nel 1402 la città visse un periodo politicamente molto confuso, caratterizzato da guerre e lotte, fra i cui protagonisti vi furono anche i figli ed i nipoti di Giovanni I Bentivoglio; da tale periodo si uscì nel 1446, quando fece il suo ingresso a Bologna Sante Bentivoglio, anch’egli nipote di Giovanni I, che era cresciuto a Firenze alla corte di Cosimo de’ Medici; Sante riuscì a governare la città ed a mantenerla in pace grazie all’appoggio dei Medici, grazie ad un accordo con la Chiesa in cui si affermava che Bologna faceva parte dello Stato Pontificio, ma era governata dai cittadini e grazie all’appoggio dei nuovi Duchi di Milano, gli Sforza, dei quali sposò un’esponente. A Sante successe Giovanni II, che resse Bologna in un periodo pacifico e prospero, fino a quando la città, in bilico fra gli Sforza, duchi di Milano ed i Medici signori di Firenze si trovò a dover decidere se appoggiare Ludovico Sforza, detto il Moro, impegnato a contrastare la discesa in Italia dei francesi, prima con Carlo VIII e poi con Luigi XII; Giovanni II si schierò con il Duca milanese e, una volta che questi fu sconfitto, pur evitando uno scontro armato, fu costretto a pagare una ingente somma per la ritirata dell’esercito d’oltralpe. Questo venne considerato, come probabilmente fu, un grave errore politico, proprio quando in Italia stava assumendo sempre maggior potere Cesare Borgia, nominato dal Papa Duca di Romagna; nel 1506 Giulio II, deciso a restaurare lo Stato della Chiesa ed appoggiato dai francesi mosse verso Bologna e la città, dopo aver strenuamente resistito non poté far altro che sottomettersi al Pontefice. Dal punto di vista urbanistico ed architettonico questo periodo per certi versi molto burrascoso fu prolifico di nuovi monumenti, importanti palazzi ed opere d’arte degne di signorie forse più famose di quelle dei Pepoli e dei Bentivoglio che ressero Bologna. L’opera che di gran lunga sopravanza le altre fu iniziata nel 1390: dopo aver espropriato e demolito quattro isolati a Sud di Piazza Maggiore, prese vita la Basilica di San Petronio, intitolata al Vescovo Bolognese; l’opera, in origine grandiosa (doveva essere di dimensioni maggiori di San Pietro a Roma), non fu mai terminata, come testimonia la facciata, rivestita di marmo solo nella parte più bassa; la Basilica fu da sempre considerata la "Chiesa dei Bolognesi", in contrapposizione alla Cattedrale di San Pietro (1019), che oggi si affaccia su Via Indipendenza, simbolo del potere centrale ecclesiastico di Roma (ancora oggi sede del Vescovo). Importanti costruzioni civili dell’epoca furono i Palazzi Pepoli, fatti costruire da Romeo e Taddeo Pepoli sull’attuale Via Castiglione e Palazzo Bentivoglio, successivamente distrutto nel 1507. Inoltre viene dotata di nuove magistrature (il senato dei Quaranta ad esempio) e nel 1530 S. Petronio è il luogo scelto per l’incoronazione di Carlo V da parte di Clemente VII. Altri eventi di importanza storica ospitati dalla città in questo periodo sono l'incoronazione di Carlo V, l'incontro tra il papa Leone X e il re Francesco I di Francia, lo svolgimento di varie sessioni del Concilio di Trento.

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    Dopo le vittorie Napoleoniche la città fa parte della Repubblica Cispadana, poi della Cisalpina e infine del Regno Italico. Crocevia di numerosi moti rivoluzionari intorno al 1800 viene annessa il 18 marzo 1860 al regno d’Italia, di cui divenne una delle principali città grazie alla vitalità culturale e politica che la contraddistingue. Nel 1889, con il nuovo piano regolatore, Bologna ebbe il nuovo assetto e nuovi palazzi e il volto cittadino assunse l’aspetto moderno di oggi. Durante la seconda guerra mondiale il nome di Bologna viene sfortunatamente accostato ai numerosi bombardamenti che la vedono soccombere agli Alleati, i quali vi entrano trionfalmente il 21 Aprile 1945. DA VEDERE BASILICA DI S. PETRONIO E' la Basilica della città, si affaccia su Piazza Maggiore. Ideato da Antonio di Vincenzo la sua costruzione iniziò il 7 giugno 1390. Per la sua realizzazione furono demolite piccole chiese, torri, e molte case, ma i lavori, terminati nel 1659, rimasero incompiuti. Anche la maestosa facciata non è stata portata a compimento: la parte superiore è fatta in mattoni ormai anneriti dal tempo e sono ancora ben evidenti i fori delle impalcature. La parte inferiore è invece rivestita in marmo. Ai lati sono visibili i due bracci del transetto, che si fermano improvvisamente apparentemente senza motivo. La chiesa è comunque una delle più alte creazioni dell'architettura gotica italiana. Per accedervi alla Chiesa vi sono tre portali, quello mediano è ornato con grandi sculture del senese Iacopo della Quercia (1425-1438) raffiguranti storie bibliche. Quelli laterali hanno invece altre sculture realizzate da artisti del '500. Sul basamento della facciata sono presenti otto statue, che rappresentano (in ordine da sinistra verso destra): San Floriano, San Paolo, San Domenico, Sant'Agostino, San Pietro, San Francesco, Sant'Ambrogio e San Petronio. L'interno è imponente, e questa sua grandezza è esaltata dalla quasi totale mancanza di decorazioni. A tre navate sormontate da ampie arcate ogivali, presenta delle cappelle laterali chiuse da transenne marmoree e cancellate risalenti al XV-XVIII secolo. Nel presbiterio si trova la grandiosa tribuna, progettata dal Vignola, che sovrasta l'altare maggiore. Sopra l'altare, racchiusa in un prezioso reliquiario d'argento, si può venerare il capo di San Petronio. Il coro, del 1477, è intarsiato e sono presenti notevoli organi, fra cui uno risalente al 1470 (a destra) considerato il più antico d'Italia. Sul pavimento della chiesa è tracciata la famosa meridiana, risalente a 1655: da un foro della volta penetra un raggio di sole che batte sulla linea marmorea della meridiana, sulla quale sono scolpiti i segni dei giorni, dei mesi e delle stagioni. Sulla sinistra del presbiterio è l'ingresso al Museo, dove si possono trovare i progetti e i disegni per la facciata e altri oggetti di carattere religioso. In questa Basilica, il 24 Febbraio del 1530, Papa Clemente VII incoronò imperatore Carlo V. Se il progetto originale fosse stato portato a termine la chiesa di San Petronio sarebbe stata la più grande del mondo. La pianta era a croce latina e davanti ad ogni braccio sarebbe dovuta nascere una grande piazza, Sopra l'altare maggiore doveva sorgere una cupola alta 150 metri e larga 50, e i campanili dovevano essere 4. I lavori furono sospesi per le grosse difficoltà incontrate e la spesa eccessiva, provvedendo a terminare le parti già costruite. Le sue dimensioni finali (132 metri di lunghezza, 58 di larghezza e 42 in altezza, con una capacità di 28.000 persone) gli permettono di essere la quinta basilica al mondo per grandezza.

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    BASILICA DI SAN MARTINO MAGGIORE (COMPLESSO MONUMENTALE) La Basilica di San Martino Maggiore fu fondata nel 1217 dai Carmelitani Scalzi e rimaneggiata verso la metà del '400 dai Carmelitani della Congregazione di Mantova, subì ulteriori rifacimenti negli anni successivi, guidati dall'architetto Giovanni da Brensa. L'interno della Basilica ha struttura gotica a tre navate, ed è un esempio ben conservato delle grandi chiese conventuali del tardo Medioevo. Nella lunetta della porta laterale di via Marsala, appare un altorilievo in terracotta attribuito a Francesco Mancini, che raffigura "S. Martino che copre il povero" (1531). Magnifica è la Sagrestia del 1624 a forma di piccola chiesa con presbiterio delimitato da colonne: ha imponenti armadi e si adorna di numerosi dipinti di vario interesse. Nel 1983, sotto un dipinto, è stato recuperato un frammento di uno straordinario affresco di Paolo Uccello riferibile al 1437 che rappresenta " La Natività"; dalla Sagrestia fu poi trasferito ed è ora esposto nella Cappella Paltroni Marescotti della Basilica. Sopra la Sagrestia, e ad essa coeva, era l'elegante Sala della Biblioteca conventuale. Nella piazza antistante la Basilica, fu eretta nel 1705 la colonna con la statua della Madonna del Carmine, di Andrea Ferrari. Nel 1879, su disegno di Giuseppe Modenesi, fu eseguito il rifacimento della facciata della Basilica. Dalla Basilica, si passa poi al Chiostro dei Morti progettato da Giovanni da Brensa nel 1510, il chiostro fu cimitero del convento e qui vi si trovano numerose iscrizioni sepolcrali, alcune con ornati e decorazioni in terracotta. Entrando in via Mentana al n. 2-4 sono tuttora visibili alcune preesistenze riferibili ad un altro grande chiostro dei carmelitani di S. Martino, il cui piano inferiore fu costruito negli anni 1454/61 da Tommaso da Imola, e due logge superiori, oggi chiuse, costruite sotto la direzione di Giovanni da Brensa alla fine del Quattrocento. Il grande Convento con la costruzione dei cinque chiostri, giunse verso la fine del '600 a comprendere l'intera area tra le vie Oberdan, Marsala, Mentana e Moline.

    BASILICA DI SANTO STEFANO L'abbazia di Santo Stefano ha una storia che si perde nella leggenda; le origine della "Sancta Jerusalem Bononiensis" (Santa Gerusalemme di Bologna) risalgono infatti a quasi duemila anni fa. Si crede infatti che alla fine del primo secolo dopo Cristo, alcuni adepti delle allora molto diffuse "religioni misteriche", fecero costruire un tempio, sopra ad una sorgente (tuttora visibile nella Basilica del Santo Sepolcro), la cui acqua veniva usata per il loro riti di purificazione. La città di Bologna si estendeva in quel tempo su una superficie molto limitata e questo tempio rimaneva poco fuori le mura romane. Col passare del tempo la religione Cristiana si diffuse sempre di più, sradicando queste forme pagane. Sebbene non vi siano prove certe si ritiene che il "grande cambiamento" nella storia di questa chiesa avvenne nel 393 quando il Vescovo di Milano S. Ambrogio partecipò al ritrovamento, nei pressi del tempio, delle spoglie dei Santi Vitale e Agricola, i protomartiri bolognesi uccisi nel 304. Nel V secolo San Petronio divenne Vescovo della città e si ritiene che qui costruì la sua Cattedrale, riadattando il vecchio tempio isiaco a battistero. Dopo la sua morte volle essere sepolto proprio in questa "sua" chiesa, e le sue spoglie furono ritrovate nel XII sec. Nell'VIII sec. i Longobardi occuparono Bologna e costruirono, accanto alla chiesa già esistente la loro Cattedrale, ma il loro potere sulla città durò solo una quarantina d'anni. Nel 768 infatti Carlo Magno venne a Bologna, dove assistette alle feste religiose in onore dei Santi Vitale e Agricola, e portò alcune delle loro reliquie a Clermont (in Francia).

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    Dopo un periodo in cui Santo Stefano passò sotto la giurisdizione del Vescovo di Parma, la chiesa fu riconsegnata, alla fine del 900 alla città, sotto la gestione dei Benedettini che restaurarono completamente il complesso di edifici che col tempo erano stati costruiti. Ad un periodo fiorente per la chiesa, con il ritrovamento già accennato delle spoglie di San Petronio, seguirono degli anni di decadenza, conclusi con il ritorno dei Monaci Benedettini Celestini, mandati da Papa Alessandro VI. In questo periodo, il complesso di Santo Stefano si amplia, con l'aggiunta di cappelle ed altari (fino ad un massimo di 46 alla fine del 1500). Il 1797 fu caratterizzato dall'abbandono della chiesa da parte dei Celestini, sotto la spinta di ordini monastici più potenti, e con la loro partenza furono dispersi quasi totalmente anche gli archivi della chiesa stessa. Cominciò così il periodo più buio di Santo Stefano: gli affreschi della Cupola del Sepolcro, risalenti al duecento furono coperti, e anche l'aspetto architettonico della struttura fu modificato. Questo periodo si concluse nel 1941, quando la chiesa passò nelle mani degli Olivetani (un ordine della famiglia benedettina). Ancora oggi è questa congregazione a gestire l'abbazia.

    BASILICA DEL SEPOLCRO E’ la più antica fra le chiese di questo complesso, si ritiene infatti che sia l'adattamento di un vecchio tempio a chiesa cristiana. Al suo interno è conservata la ricostruzione del Santo Sepolcro di Cristo, risalente al XI secolo, realizzata con le forme di quella a Gerusalemme (voluta da Costantino Monomaco); al suo interno sono custodite le spoglie di San Petronio. Un ampio matroneo circonda con forma dodecagonale (numero che ricorda gli apostoli) l'edicola marmorea del S. Sepolcro. La sala è coronata da una semplice cupola, i cui affreschi furono distrutti all'inizio del 1800. BASILICA DEI SANTI VITALE E AGRICOLA Ha un aspetto molto e semplice, dovuto al mantenimento dei suoi caratteri romanico-longobardo. Risale ai primi secoli dopo Cristo, quando a Bologna si formarono i primi gruppi cristiani, ma negli anni è stata distrutta e ricostruita varie volte. Le colonne che sostengono le volte delle tre navate, sono decorate con capitelli di origine diversa, come ionici e bizantini. Nella basilica è conservato lo splendido sarcofago di Sant'Agricola, finemente decorato.

    SANTUARIO DI SANTA MARIA DELLA VITA Il Santuario è una chiesa a pianta ellittica con una imponente cupola alta 52 metri disegnata da Antonio Bibiena. Il progetto della chiesa attuale è del Bergonzoni, del 1692, mentre la cupola fu realizzata soltanto il secolo dopo; la facciata è della fine del secolo scorso. All'interno del Santuario, tra le altre opere d'arte, notevoli sono: nei quattro pennacchi grandi figure in stucco rappresentanti le quattro Sibille modellate da Luigi Acquisti (1745-1823); sull'altare maggiore una "Madonna in trono e Bambino" affresco di Simone De' Crocefissi (circa 1370) ritrovata fortunosamente durante i lavori di rifacimento della chiesa alla fine del 600. La decorazione pittorica della cupola dell'Altare Maggiore è di Gaetano Gandolfi (1734-1802), ma di gran lunga la più importante opera d'arte dell'intero complesso è il "Compianto sul Cristo Morto" di Nicolò dell'Arca (1494).

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    CHIESA DI S. MARIA DI GALLIERA Costruita nel sec. XV e ornata di un'elegante facciata rinascimentale in arenaria (1486), rimasta incompiuta, venne ristrutturata in epoca barocca. All'interno preziosi dipinti di scuola bolognese dei sec. XVI-XVII-XVIII.

    CHIESA DEL CROCIFISSO Si ritiene che fosse questa la Cattedrale dei Longobardi, dopo vari rimaneggiamenti si è cercato di riportarla al suo aspetto originale. E' ad un'unica navata, l'interno si presenta molto semplice, con un soffitto a capriate lignee. A sinistra la statua in cartapesta de La Pietà di Angelo Piò (XVIII secolo). Nel presbiterio, rialzato sulla cripta, e corrispondente all'antica Chiesa di San Giovanni Battista di Sopra, si può ammirare l'altare marmoreo e la Crocifissione, affresco risalente al XV secolo. Al centro si trova il Crocifisso di Simone de' Crocifissi, opera del 1380. Notevole è la cripta alla quale si accede scendendo i gradini della Chiesa del Crocifisso. E' composta da 5 piccole navate, separate da colonne marmoree diverse per altezza, per il tipo di marmo utilizzato e per i capitelli. Una di queste colonne, formata di due parti in pietra, è stata portata, secondo la tradizione, da Petronio, di ritorno da Gerusalemme. Nella Cripta sono conservate le spoglie dei Santi Vitali e Agricola, nell'urna sopra l'altare.

    CHIESA DEL MARTYRIUM Vi sono diverse teorie riguardo la storia di questa chiesa, quella forse più vicina al vero la vede come iniziale "cimitero", in cui venivano conservate le spoglie dei martiri (da qui il nome di martyrium), vi fu quindi edificata una chiesa, successivamente abbandonata, per essere poi riadattata a battistero. Ingrandita intorno al XVI sec. fu riportata all'aspetto originale dal Collamarini, nel 1912. In fondo alla chiesa si può ammirare il Gruppo ligneo dei Magi, di cui non si conosce l'autore delle statue, mentre è di Simone de' Crocifissi il colore. • IL CHIOSTRO questo bellissimo chiostro si deve alla presenza dei monaci benedettini

    nella chiesa. E' infatti costruito a due ordini: nel "porticato" inferiore potevano pregare i laici, mentre il loggiato superiore era riservato ai monaci, segno quindi di clausura monastica. I due ordini di archi non furono però costruiti nello stesso periodo, ma probabilmente a distanza di un paio di secoli, a cavallo del XII sec. Le arcate inferiori sono molto più possenti, e danno l'idea di essere saldamente attaccate al terreno, mentre il loggiato superiore, con le sue sottili colonne binate è più slanciato verso il cielo, a cui sembra tendere grazie alla sensazione di leggerezza che offre al visitatore. I capitelli sono molto particolari: alcuni raffiguranti teste di animali, altri figure antropomorfe dall'aspetto beffardo. Al centro del chiostro è un pozzo in arenaria, costruito nel 1632.

    • CORTILE DI PILATO lungo il porticato che circonda il cortile sono poste alcune lapidi mortuarie, alcuni affreschi e delle cappelle. Ma sicuramente ciò che attira di più l'attenzione è il Catino di Pilato, una grande vasca di marmo situata al centro del cortile. Fu realizzata dai Longobardi (quindi in un periodo attorno al 730), infatti nelle iscrizioni si vede che era re Liutprando. Il nome di Pilato fu probabilmente associato a questa opera verso il XIV sec., quando a Bologna vi fu una forte rivisitazione della Passione del Signore.

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    CHIESA DELLA BENDA L'antica cappella della Benda viene così chiamata perché vi si trova una striscia di tela, che si pensa sia stata usata dalla Vergine Maria alla morte di Gesù, che la tenne sulla fronte come segno di lutto (usanza tipica di quei tempi e luoghi). La cappella fu restaurata nel 1973, e nel 1980 fu adibita a museo, raccogliendovi le opere che si trovavano nelle altre cappelle. Sono conservate delle reliquie di San Petronio e San Floriano, uno splendido Pastorale in avorio, e un affresco (che è stato riportato su tela) della Strage degli innocenti, un altro bell'affresco rappresenta alcuni momenti della vita di San Petronio e Santo Stefano.

    CHIESA DEI SANTI VITALE E AGRICOLA La chiesa, di impianto romanico, è stata oggetto di un pesante intervento di ristrutturazione nel corso dell'Ottocento. Nelle absidi minori sono conservati i sarcofagi dei martiri Vitale e Agricola.

    CHIESA DEL SANTUARIO DEL CORPUS DOMINI Costruita tra il 1477 e il 1480, venne ristrutturata internamente da Giovanni Giacomo Monti nel 1687. La facciata quattrocentesca con ornati in cotto, attribuiti allo Sperandio, venne bombardata nel 1943 e successivamente ricomposta sul modello precedente. All'interno vi è conservato il corpo incorrotto di Santa Caterina de' Vigri. Degni di nota i chiostri dei sec. XV, XVI e XVII dell'attiguo convento delle Clarisse.

    CHIESA DELLA MADONNA DEL BARACCANO

    La chiesa, incastonata dal voltone del portico del Baraccano costruito alla fine del 1400, è il risultato di ampliamenti e rifacimenti successivi, con un primo nucleo risalente al 1438. All'interno il bellissimo affresco "Madonna in trono con due angeli" di Francesco del Cossa (1472). CHIESA DI S. GIACOMO MAGGIORE La chiesa, eretta tra il 1267 e il 1315, venne ristrutturata nella seconda metà del 1400, data a cui risale anche l'elegante porticato. L'interno ha conservato l'assetto architettonico rinascimentale, con serrate cappelle laterali. Fra queste, la Cappella dei Bentivoglio, con affreschi della fine del '400 ("Trionfo della fame e della morte" e "Famiglia Bentivoglio" di L. Costa, "Vergine in trono" di F. Francia) e la Cappella Poggi, eretta nel 1561 da P. Tibaldi. Da ricordare anche la tomba di A. Galeazzo Bentivoglio di Jacopo della Quercia (1435) e vari dipinti, crocefissi lignei e polittici gotici dei secoli XV e XVI.

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    CHIESA DI SAN DOMENICO La chiesa, appartenente all'ordine Domenicano, venne iniziata nel 1221. L'interno a tre navate, rimodernato da F. Dotti nel '700, presenta cappelle gotiche sulla fiancata di sinistra e nell'abside. Nella cappella di San Domenico si trova l'arca con le spoglie del santo, composta da un'urna scolpita da N. Pisano e allievi (1267) coronata da una cimasa marmorea di N. dell'Arca (1469-73), arricchita da statue di Michelangelo (1494). Il coro ligneo dell'Altare Maggiore è di Fra Damiano da Bergamo (1528-40).

    CHIESA DI SAN FRANCESCO Esempio di stile gotico francese (1236-54), si segnala per la bellezza della parte absidale ad archi rampanti e per la severa facciata romanico-gotica. Attigui alla chiesa chiostri dei secoli XIV e XV e le Tombe dei Glossatori.

    CHIESA DI SAN GIOVANNI IN MONTE L'antica chiesa, risalente all'XI secolo, venne ampliata a partire dalla fine del 1200. La facciata del 1474 si ispira al modello veneto ferrarese. Nella lunetta del protiro è inserita un'aquila in cotto di N. dell'Arca. All'interno preziosi dipinti, tra i quali "S. Francesco" del Guercino, la "Vergine in trono" (1497) e la "Pala" dell'Altare Maggiore (1501) di L. Costa. Notevoli un crocefisso di A. Lombardi e il coro ligneo di P. Sacca (1527).

    CHIESA DI SAN MICHELE IN BOSCO Monastero all'interno del complesso oggi sede dell'Istituto Ortopedico Rizzoli. La chiesa edificata tra il 1400 e il 1600 su un preesistente edificio, conserva al suo interno affreschi di C. Cignani e D. Santi (1658-60), il dipinto "S. Francesca Romana" di A. Tiarini (1614), insieme ad altre opere di artisti emiliani del'600. Nella sagrestia affreschi di Girolamo da Carpi (1525-26).

    CHIESA DI SAN PAOLO MAGGIORE Costruita su disegno di A. Mazenta nel 1611 con fronte in laterizio e arenaria di Ercole Fichi (1636). All'interno sfarzosa decorazione barocca con "Le gesta di S. Paolo nell'aeropago di Atene" di A. e G. Rolli. Nell'altare maggiore edicola marmorea con la "Decollazione di S. Paolo" di A. Algardi (1650).

    CHIESA DI SANTA MARIA DEI SERVI La chiesa, fondata nel 1346 e ampliata nel corso del XV e XVI secolo, è preceduta da un arioso quadriportico. L'interno a tre navate ha carattere tardo gotico, mentre gli arredi delle cappelle sono per lo più barocchi. La chiesa è ricca di opere d'arte, fra le quali una "Maestà" di Cimabue, un polittico in cotto attribuito a Lippo di Dalmasio, resti di affreschi trecenteschi e un dossale d'altare marmoreo di G. A. Montorsoli (1558-61).

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    METROPOLITANA DI SAN PIETRO E' l'antica Cattedrale, innalzata nell'XI secolo e più volte modificata. La grandiosa facciata in laterizi è opera di A. Torreggiani. All'interno l'"Annunciazione" di L. Carracci (1618-19), una "Crocefissione" lignea di epoca romanica e una "Deposizione" in cotto di A. Lombardi (inizio sec. XVI).

    ORATORIO DELLO SPIRITO SANTO Mirabile facciata in cotto del Quattrocento bolognese. All'interno sono visibili i resti di un antico arco della Bononia romana.

    ORATORIO DI SANTA CECILIA L'Oratorio conserva al suo interno un importante ciclo di affreschi rinascimentali sulla vita di Santa Cecilia, opera di alcuni tra i principali esponenti della pittura emiliana tra la fine del '400 e la prima metà del'500, quali Amico Aspertini, Lorenzo Costa e Francesco Raibolini detto il Francia. L'ingresso si trova sotto il portico Bentivoglio, accanto alla Chiesa di San Giacomo.

    FONTANA DEL NETTUNO La fontana venne realizzata dallo scultore fiammingo Jean Boulogne, detto il Giambologna, tra il 1563 e il 1566 su una base architettonica progettata da Tommaso Laureti.

    PORTICO DEL PAVAGLIONE Il portico costeggia il fianco di S. Petronio e deriva il proprio nome dal padiglione innalzato nel '500 nella piazza, dove si teneva il mercato dei bozzoli. Uno dei due palazzi costruiti sopra il portico è quello dell'Archiginnasio, voluto nel 1561 dal papa Pio IV e prima sede delle scuole dei Legisti e degli Artisti dell'Università di Bologna.

    PORTICO DI S. GIACOMO Arioso portico sorretto da agili colonne in arenaria e ornato da un fregio forse dello Sperandio. Venne costruito nel 1477-81 per iniziativa di Giovanni II Bentivoglio. Vi si aprono varie arche funerarie gotiche già ornate di pitture.

    COLLEGIO DI SPAGNA Eretto nel 1367 su disegno di Matteo di Giovannello al fine di ospitare gli studenti spagnoli che venivano a specializzarsi presso l'Università di Bologna. Cortile a doppio loggiato con 2 pozzi su cui prospetta la Chiesa di S. Clemente.

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    I GIARDINI DELLA MONTAGNOLA Questo giardino pubblico bolognese è rialzato rispetto alla città di qualche metro, si trova infatti su una collinetta creatasi là dove sorgeva la rocca di porta Galliera. Abbattuta e ricostruita per cinque volte le sue macerie, gli scarichi pubblici e terra di riporto hanno formato questa piccola collinetta. Nel 1806, per ordine di Napoleone I fu trasformata in giardino pubblico. Il monumento bronzeo che domina la sottostante piazza VIII Agosto raffigura un popolano che alza la bandiera in segno di trionfo, con ai suoi piedi il nemico morto e un cannone fatto a pezzi. Fu inaugurato il 20 settembre 1903 ed è opera di Pasquale Rizzoli. Il monumento ricorda proprio la gloriosa giornata dell'8 agosto del 1848, giorno in cui gli Austriaci furono respinti fuori Porta Galliera. Al centro del Parco è collocata una grande vasca con le sculture di Sarti. Nel giardino vi sono alcuni platani centenari (il più grande ha una circonferenza che raggiunge i 4,5 metri) ed altri alberi di grande interesse botanico. Al parco si accede anche da via Indipendenza, tramite una scalinata adornata da varie sculture. Al centro la splendida conchiglia che avvolge la moglie del Nettuno, così chiamata, in realtà la ragazza raffigurata è una ninfa strappata ai tentacoli della piovra da un possente destriero. I bassorilievi ai lati raffigurano invece lo Studio bolognese (l'Università) e il Libero Comune.

    I GIARDINI MARGHERITA Si trovano subito fuori Porta Santo Stefano, e furono cominciati nel 1875 su disegno del Conte Sambuy: l'area su cui si estendono (di circa 55 ettari, che li rende i più grandi della città) fu venduta dal Conte Angelo Tattini al Comune di Bologna nel 1874 per 150.000 lire. Devono il loro nome alla prima Regina d'Italia, che indicò al Comune come utilizzare questa vasta area. All'ingresso di Porta S. Stefano, in mezzo al bel prato, c'è la statua equestre di Vittorio Emanuele II (che fino al 1944 era situata al centro di Piazza Maggiore). Al centro vi è un laghetto che riceve le acque dal torrente Savena. Fino a qualche anno fa due leoni attiravano gli sguardi stupiti dei bambini da dentro una gabbia, e un po' nascosta fra la vegetazione si intravede la ricostruzione di una capanna villanoviana. Durante degli scavi archeologici fu anche ritrovata una tomba etrusca, che venne alzata al livello attuale del terreno ed è quindi visibile a tutti. Nella piazzetta vi è una palazzina da cui spunta la cupola di un osservatorio astronomico.

    TOMBE DEI GLOSSATORI Mausolei marmorei a forma piramidale (XIII secolo) dei celebri giureconsulti Accursio, Odofredo e Rolandino de Romanzi. La sistemazione attuale delle tombe, a ridosso dei contrafforti absidali della chiesa di S. Francesco, è ottocentesca.

    VILLA ALDINI Fu costruita a partire dal 1811 in stile neoclassico sul luogo dove Napoleone era rimasto folgorato dal panorama sulla città.

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    LE DUE TORRI Sono considerate ovunque il simbolo della città: fra le poche rimaste delle duecento torri medioevali che svettavano sulla città (così si dice), sono l'ostentazione delle ricche famiglie gentilizie bolognesi. • La Torre degli Asinelli: è la più alta delle due (97,60 metri), risale alla prima metà del

    XII secolo, e fu eretta dal nobile cavaliere Gherardo degli Asinelli. Ha una pendenza verso ovest di 1,23 metri, con una scala lignea di 498 gradini si può raggiungere la vetta, dalla quale si gode uno splendido panorama: nelle giornate più limpide è possibile scorgere anche le Alpi, oltre ad avere una splendida visione della distesa dei rossi tetti della case e dei colli bolognesi, dominati dalla Chiesa di San Luca. Nonostante i terremoti, i fulmini e i bombardamenti, la Torre degli Asinelli domina ancora la "sua" città. Sul lato che si affaccia sulla Via Rizzoli, contenuta in una nicchia, vi è una statua in macigno raffigurante l'Arcangelo San Michele, affinché la proteggesse dai fulmini; risale al 1727.

    • La Torre Garisenda: la sua costruzione si deve alla famiglia nobile dei Garisendi e risale alla fine del XI secolo. E' alta 48,16 metri ma è incompiuta, a causa del terreno cedevole infatti la torre si inclinò durante i lavori e per la sua eccessiva pendenza (oltre 3 metri verso Via San Vitale), si sospesero i lavori. Sulla base inferiore si può leggere una targa.

    LE ALTRE TORRI Si dice che un tempo a Bologna vi fossero circa duecento torri, fatte costruire dai nobili presso le loro abitazioni, come luogo di difesa, o attacco, durante le rivolte popolari. Purtroppo le lotte fra famiglie, i terremoti o la costruzione di edifici più moderni sono stati la causa della loro scomparsa. Ne rimangono comunque alcune ancora in piedi: la Torre Azzoguidi, in angolo fra Via Caduti di Cefalonia e Altabella, con i sui 61 metri di altezza, e la Torre Prendiparte, situata vicino al Palazzo Arcivescovile. E' alta 59 metri e ha una decorazione a riseghe vicino alla cima che le ha dato il nome di "Torre Coronata". Molto particolare è invece la Torre Galluzzi: è alta solo 30 metri, ma ha dei muri di oltre tre metri di spessore, l'unico modo per accedervi è una finestra a circa metà altezza, i nobili della famiglia Galluzzi utilizzavano infatti dei ponti mobili in legno che la collegavano con le loro case; è situata dietro alla Chiesa di S. Petronio. CASA ROSSINI Gioacchino Rossini la fece costruire tra il 1824 e il 1827 e vi abitò per circa vent'anni. CASA ISOLANI Uno dei pochi esempi ancora visibili di edilizia civile borghese del 1200. L'alto portico è sorretto da colonne di legno.

    CASA CASTILI Eretta alla metà del 1400, ha la facciata ornata di bifore e decorazioni in cotto. Nel 1768 vi fu collocato il primo ufficio postale, di cui rimane una buchetta sotto il portico.

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    PALAZZO DEI BANCHI Sorge di fronte al Palazzo del Comune, al di là di Piazza Maggiore e fu eretto nel 1412. Dove oggi sono i negozi un tempo si trovavano le botteghe dei cambiavalute e dei banchieri, da cui il palazzo prende il nome. La sua facciata sono opera del Vignola, che li modificò nel 1568.

    PALAZZO COMUNALE Il nucleo di più antica formazione è del 1200. Sul portale d'ingresso statua bronzea del papa bolognese Gregorio XIII di A. Menganti e Madonna col Bambino di N. dell'Arca (1478). Nelle sale affreschi di F. Francia (1505), Prospero Fontana (1562), C. Cignani, insieme a tele di L. Carracci, G. Cagnacci, J. Tintoretto, A. Tiarini, A. Gentileschi. Sede del Comune dalla fine del 1200.

    PALAZZO ALBERGATI Costruito tra il 1520 e il 1540 su probabile disegno di Baldassarre Peruzzi. La facciata è arricchita da una fascia marcapiano con metope e triglifi, realizzata su disegno di Lazzaro Casario (1584). Nel cortile interno, una serie di epigrafi ricordano la presenza delle antiche terme romane di Augusto.

    PALAZZO ALDROVANDI Palazzo settecentesco cresciuto sullo spazio di edifici preesistenti, vagamente ispirato alla reggia di Versailles. L'edificio che si affaccia sulla via di Galliera, prestigioso corso cittadino del passato, fu iniziato nel 1725 per volontà del Cardinale Pompeo Aldrovandi e terminato nel 1752. Il fronte del palazzo, privo del consueto porticato, emerge nel panorama dell'edilizia bolognese per l'originale alternarsi della calda tonalità del cotto con il colore chiaro della pietra d'Istria, per i flessuosi dettagli ornamentali di timbro tardo barocco e le plastiche incorniciature.

    PALAZZO BACIOCCHI Oggi sede del Palazzo di Giustizia, edificato tra il 1582 e il 1584, sulla base di un disegno del Palladio. Venne ampliato e abbellito nei sec. XVII e XVIII dai Ranuzzi, Conti della Porretta. Superbo scalone del 1695 e preziosi cicli pittorici all'interno.

    PALAZZO BENTIVOGLIO Iniziato nel 1551, ha una superba facciata con decorazioni in arenaria. All'interno maestoso cortile a due ordini di loggiato costruito tra la seconda metà del 1500 e la prima metà del '600.

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    PALAZZO BOLOGNINI Iniziato nel 1521 e completato nel 1551, si compone di una facciata adorna di terrecotte attribuite ad Alfonso Lombardi e Nicolò da Volterra: dodici teste che guardano dall'alto i passanti. Nell'Ottocento il palazzo ospitò la Società del Casino Nobile, frequentata da poeti come Giacomo Leopardi.

    PALAZZO BONCOMPAGNI Costruito, secondo alcuni su disegno del Vignola, tra il 1537 e il 1545, è stato la dimora del Bolognese Ugo Boncompagni, divenuto papa Gregorio XIII e conosciuto come il riformatore del calendario giuliano. All'interno bel cortile e varie sale affrescate da Nicolò dell'Abate e da altri artisti dei sec. XVI-XVII-XVIII.

    PALAZZO CAPRARA Avviato all'inizio del XVII sec. su progetto di Francesco Terribilia, oggi è sede della prefettura. Nell'Ottocento venne acquistato da Napoleone, che lo destinò a sede del Viceré d'Italia. All'interno grandioso scalone del 1705 e belle sale affrescate.

    PALAZZO DEI NOTAI Il palazzo risultò dalla unione di due fabbricati, entrambi appartenenti alla corporazione dei Notai; la parte verso S. Petronio risale al 1381, l'altra fu costruita attorno al 1442 da Bartolomeo Fioravanti.

    PALAZZO DEL PODESTA’ E DI RE ENZO I due palazzi formano un unico isolato. Palazzo Re Enzo era l'antica sede del Comune e prende il nome da Enzo, figlio dell'imperatore Federico II, che vi fu imprigionato dal 1249 fino alla morte (1272). Palazzo del Podestà venne edificato in forme rinascimentali tra il 1485 e il 1494 ed è sormontato dalla Torre dell'Arengo (1221), racchiudente una grande campana, detta il Campanazzo, che suona soltanto in occasione di grandi avvenimenti cittadini. PALAZZO DELLA MERCANZIA Iniziato nel 1382, su disegno di Antonio di Vincenzo, era la sede del Foro dei Mercanti, il tribunale preposto a giudicare le contese fra compratori e venditori. Questo edificio medievale in pietra e marmo ha forme gotiche, un alto portico e un balconcino coperto da baldacchino con guglie a trafori. Merli e bifore decorano il resto della facciata. Fra i due grandi archi ogivali del porticato vi è la statua della Giustizia (con la bilancia e la spada).

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    PALAZZO SANUTI BEVILACQUA DEGLI ARIOSTI La realizzazione di questo splendido palazzo su via D'Azeglio è commissionata tra 1477 e 1482 dal giurista Niccolò Sanuti e dalla consorte Nicolosia (amante di Sante Bentivoglio) ad un architetto e a maestranze forse toscane o ferraresi. Di certo pur trattandosi di una delle principali emergenze monumentali cittadine, non esemplifica in alcun modo l'architettura locale degli stessi anni, che si attardava su procedimenti costruttivi medievali e su rimandi gotici. Tipicamente non bolognesi risultano numerose scelte stilistiche come l'assenza del portico e l'uso del bugnato a spigolo smussato affine a palazzo dei Diamanti a Ferrara di Biagio Rossetti. L'uso della pietra grigia di Porretta è collegata invece al feudo dei Sanuti a Porretta. Dall'ingresso si intravede un incantevole cortile a due loggiati sovrapposti in cui operarono per il rilievo scultoreo Tommaso Filippo da Varignana e per i decori in cotto Sperandio da Mantova. Consistenti sono stati gli interventi di restauro condotti all'inizio del XX secolo da Alfonso Rubbiani e A. Casanova che ripristina peraltro il fregio dipinto nel loggiato superiore. In facciata i bassorilievi sono probabilmente opera di Francesco di Simone da Fiesole. L'importanza di questa dimora nobiliare è confermata dalla scelta di papa Paolo III nel 1547 di trasferirvi alcune sedute del Concilio di Trento.

    PALAZZO BARGELLINI Eretto a partire dal 1638 su disegno dell'architetto Bartolomeo Provaglia col successivo intervento degli scultori bolognesi Gabriele Brunelli e Francesco Agnesini per i due celebri atlanti in arenaria della facciata (1658). Risale invece alla prima metà del secolo successivo (1730) il sontuoso scalone opera forse di Carlo Francesco Dotti. Estintisi i Bargellini nel 1839 il palazzo passò ad un ramo dei Davia, un’altra illustre famiglia senatoria bolognese che lo abitò fino al 1874.

    MUSEO CIVICO ARCHEOLOGICO Il Museo Archeologico di Bologna, nella sede dell'antico Ospedale della Morte, risalente al XV secolo, fu inaugurato nel 1881; si è formato dalla riunione delle collezioni dell'Università, della collezione di Pelagio Palagi e dai materiali archeologici provenienti dagli scavi di Bologna e del suo territorio.

    LA PINACOTECA NAZIONALE DI BOLOGNA

    La Pinacoteca Nazionale ha sede nell'ex noviziato gesuita di Sant'Ignazio nel quartiere universitario della città di Bologna. Il museo, oggi completamente rinnovato (1997) nelle sue strutture secondo i più moderni criteri conservativi, offre ai visitatori un'affascinante percorso attraverso la pittura emiliana dal XIII al XVIII secolo. Accanto ai capolavori di Vitale da Bologna, Ercole de Roberti, Francesco Francia e Parmigianino, troviamo il polittico di Giotto, la famosissima Santa Cecilia di Raffaello, e ancora opere del Perugino e dei Veneziani Tiziano e Tintoretto. La sezione del Barocco annovera poi quasi tutti i protagonisti del Seicento Italiano da Agostino, Ludovico e Annibale Carracci, al Guercino e Domenichino, fino alle stupende tele del "divino" Guido Reni.

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    MUSEO DAVIA BARGELLINI Il museo, aperto al pubblico nel 1924, si presenta ancor oggi nell'allestimento voluto dall'allora Soprintendente delle Belle Arti, Francesco Malaguzzi Valeri. Si compone di due distinti nuclei patrimoniali, la quadreria Davia-Bargellini e le raccolte d'arti applicate, la cui fusione nelle sale del museo doveva dar vita, nelle intenzioni dell'ideatore, ad un vero e proprio appartamento arredato del Settecento bolognese. Nella pressoché totale dispersione ottocentesca delle antiche quadrerie senatorie, la raccolta Davia Bargellini si segnala ormai fra i pochissimi esempi ancora integri del collezionismo storico bolognese. All'immancabile galleria dei ritratti, quasi una genealogia in immagine dei più illustri componenti della farniglia Bargellini, (opere di Bartolomeo Passerotti, Prospero e Lavinia Fontana) fanno così riscontro i dipinti d'apparato commissionati a Marcantonio Franceschi all'inizio del Settecento (Venere, Adone, Bacco), e ancora conservati nelle loro sontuose cornici intagliate. Si segnalano inoltre le opere di Bartolomeo Cesi, di Alessandro Tiarini, di Giuseppe Maria Crespi (Giocatori di dadi), del figlio di questi Luigi, di Alessandro Magnasco. Dell'interesse per la pittura dei secoli più antichi (XIV-XV), diffusosi anche a Bologna alla fine del Settecento, la quadreria offre esempi notevolissimi: la Madonna dei Denti di Vitale da Bologna, firmata e in origine datata 1345, proveniente dal distrutto oratorio di S Apollonia di Mezzaratta, sulla collina bolognese, la Pietà col donatore, Giovanni da Elthinl, firmata da Simone dei Crocefissi (1368), la Madonna col Bambino di Cristoforo da Bologna, le due Madonne di Antonio Vivarini, il peruginesco San Sebastiano di Marco Meloni (1500). Le raccolte d'arte applicata (o d'arte "industriale" come, con terminologia ancora ottocentesca, le definiva Malaguzzi Valeri) hanno una provenienza più eterogenea. Si tratta per lo più di acquisti effettuati sul mercato antiquario o presso privati intorno al 1920 (la collezione di ferri battuti), di depositi lasciati da Opere Pie bolognesi (le splendide pianete ricamate sei-settecentesche), di lasciti al Comune di Bologna (la carrozza tardo settecentesca nella Vl sala). Ben rappresentata è la scultura bolognese dal XVI al XIX secolo (opere di Onofri, Mazza, Piò, Tandolini), la ceramica graffita rinascimentale, il mobilio e l'arte dell'intaglio barocco bolognese. Si segnalano ancora il teatrino con marionette e il modello di palazzina arredata del sec XVIII.

    MUSEO CIVICO MEDIEVALE Il Museo Civico Medievale di Bologna viene fondato nel 1985 con il trasferimento nel palazzo Ghisilardi Fava delle raccolte medievali e rinascimentali del primo Museo Civico sorto in epoca post-unitaria. Il palazzo è la sintesi di secoli di storia bolognese, testimoniata dai resti parzialmente visibili in alcune sale del museo. L’edificio, uno dei più begli esempi cittadini di architettura rinascimentale, fu costruito alla fine del XV secolo, all’epoca della signoria dei Bentivoglio. L’area, già densamente abitata in età romana, venne occupata nell’alto medioevo dalla Rocca Imperiale (eretta lungo le mura di selenite della città e distrutta dal popolo nel 1116), e nel XIII secolo da una torre gentilizia e dalle circostanti case della famiglia Conoscenti. La visita prende avvio dalla sezione dedicata alla formazione delle raccolte museali bolognesi (sale 1 e 2), nate a partire dal secolo XVII da donazioni pubbliche e private alla città. Una serie di insoliti oggetti sono qui ordinati in modo da evocare l’assetto delle collezioni in voga nei secoli passati: le barocche ‘meraviglie’ naturali ed artificiali donate nel 1675 dal Marchese Ferdinando Cospi, in particolare il dente di narvalo ritenuto un corno di unicorno

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    I materiali scientifici raccolti con precoce spirito illuminista dal cosmopolita generale Luigi Ferdinando Marsili nel corso della sua carriera militare e destinati nel 1714 all’Istituto delle Scienze; infine gli oggetti d’arte, tra i quali un’interessante collezione di ceramiche di produzione precolombiana, reperiti sul mercato antiquario e raccolti con gusto da raffinato conoscitore dal celebre pittore Pelagio Palagi, che li donò al Comune nel 1861. Le opere d’arte medievali, che provengono per lo più dalle principali sedi della vita civile bolognese, testimoniano un momento di grande sviluppo della città. Tra i manufatti alto medievali dei secoli VII-IX (sala 5, con resti della Rocca Imperiale), sono pregevoli le oreficerie di età longobarda. I primi secoli del basso medioevo (sala 6, al piano terra della torre gentilizia) sono rappresentati da materiali non solo bolognesi: da notare alcune croci in pietra, che punteggiavano il paesaggio cittadino a protezione della popolazione, un vaso in bronzo a forma di cavaliere ed un frammento di mosaico bizantino con l’immagine della Vergine. Tra i pezzi più suggestivi dei secoli XIV-XVI è la grande statua di papa Bonifacio VIII (sala 7), realizzata nel 1301 in lastre di rame dorato su supporto di legno dall’orafo senese Manno Bandini; posta sulla facciata del Palazzo Pubblico in piazza Maggiore, vi rimase fino all’arrivo delle truppe napoleoniche nel 1797. Accanto è visibile il grande piviale dell’inizio del Trecento, raffinato esempio di opus anglicanum, ricamo inglese in fili di seta colorati e oro, conservato per secoli nella chiesa di S. Domenico. Documentano l’importante ruolo che l’Università ebbe nella vita economica e culturale di Bologna i numerosi monumenti funebri dei Maestri dello Studio, celebri quelli di Giovanni d’Andrea e di Bonifacio Galluzzi, vivacemente raffigurati con i loro studenti (sale 4 e 9-12). Di grande fascino sono le eleganti statue raffiguranti i sei santi protettori di Bologna e la Giustizia (sala 4), realizzate dalla bottega dei fratelli veneziani Delle Masegne e poste in origine sulla facciata del Palazzo della Mercanzia (1390 circa). Alla prima metà del XV secolo risale il Trittico con la Vergine e i Santi (sala 12) del senese Jacopo della Quercia, autore delle sculture per la Porta Magna nella basilica di S. Petronio. I preziosi codici miniati esposti (sala 16) sono parte della ricca collezione del museo, particolarmente rappresentativa della produzione bolognese dalla metà del XIII fino all’inizio del XVI secolo. Il museo raccoglie numerose collezioni, tra cui la sezione dei bronzetti (sala 15) con capolavori della plastica cinquecentesca come il modello del Giambologna per la celebre fontana del Nettuno ed il barocco S. Michele Arcangelo di Alessandro Algardi. Tra le rare vestigia di età bentivolesca (sala 17) vi sono la lastra tombale di Domenico Garganelli, scolpita da Francesco del Cossa nel 1478, ed una vetrata, probabilmente realizzata su disegno di Ercole de’ Roberti, per la cappella della nobile famiglia in S. Pietro. Dei Bentivoglio furono il prezioso stocco e la targa finemente dipinta con S. Giorgio che uccide il drago. Sorprendente è la collezione di armi bianche, da fuoco e di armamenti difensivi (sale 17-20) dal XIV al XVIII secolo, tra cui una completa armatura cinquecentesca da torneo, ed un nutrito gruppo di armi turche della collezione Marsili. Di pregevole fattura è anche la raccolta degli avori (sala 21), provenienti anche da paesi d’oltralpe. Accanto ad alcuni frammenti di vetrate dipinte, la sezione dei vetri (sala 22) presenta notevoli esempi della produzione muranese dei secoli XV e XVI, quali il calice dipinto della bottega Barovier e le fiasche con gli stemmi delle famiglie Bentivoglio e Sforza. Il lapidario ospita infine una serie di iscrizioni su pietra, come la celebre Aelia Laelia Crispis, provenienti da vari siti cittadini, tra cui il distrutto cimitero ebraico.

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    MUSEO DELLA SANITA’ E DELL'ASSISTENZA Situato all'interno del complesso del Santuario di S. Maria della Vita, il Museo racconta la storia della sanità a Bologna, presentando reperti che vanno dalla storia dalla storia della Confraternita di Frati Devoti o Battuti di S. Maria della Vita, fondatori del complesso e del primo ospedale della città, fino ad arrivare alla descrizione degli attuali servizi sanitari, utilizzando modalità museali e strumenti interattivi. Un viaggio nella Salute collettiva della città, un viaggio nel tempo e nei luoghi della Salute di Bologna. Fra l'ampia esposizione museale, particolare rilevanza assumono i paramenti ed arredi sacri facenti parte del cosiddetto Tesoretto del Santuario ed il famoso "gioiello" del Re Sole, ritratto da Jean Petitot su una miniatura tempestata di diamanti. Sono inoltre presenti dipinti di epoca sei-settecentesca ed una sezione di materiali "scientifici" come ad esempio 150 albarelli da farmacia provenienti dalla vecchia farmacia dell'ospedale, una bilancia settecentesca ed altri strumenti sanitari provenienti dalla medesima farmacia. L'oratorio, che fa parte del museo, risale al quindicesimo secolo ma la sua forma attuale è degli inizi del XVII sec. Tra le principali opere d'arte presenti si segnalano la Pala d'Altare della "Madonna con il Figlio alcuni Santi e il beato Raniero" del Nosadella (1500-1571) e quattro statue dei santi protettori della città: San Domenico, San Procolo e soprattutto San Francesco e San Petronio di Alessandro Algardi (1497-1537). Ma l'opera più importante è il transito della Vergine di Alfonso Lombardi (1497-1537); gruppo di 15 statue in terracotta, poco più grandi del naturale.

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    BARCELLONA POZZO DI GOTTO (ME)

    DESCRIZIONE ARALDICA DELLO STEMMA "Partito: nel 1° d'azzurro all'aquila al naturale dal volo spiegato, poggiante sull'orlo di un pozzo mattonato; nel 2° campo di cielo, all'uomo nudo, barbuto, seduto sulla riva di uno specchio d'acqua rivolto, poggiante con l'avambraccio destro su un'orcio versante acqua nello specchio stesso, con lo sfondo di due colline, il tutto al naturale. Alla campagna d'azzurro, carica di una fede di carnagione, la mano sinistra manicata d'argento e di nero. Ornamenti esteriori da Comune". Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3915-6 del 3 agosto 1952 BLASONATURA DEL GONFALONE "Drappo di colore azzurro riccamente ornato di ricami d'argento e caricato dello stemma comunale con l'iscrizione centrata in argento: Comune di Barcellona Pozzo di Gotto. Le parti di metallo ed i cordoni sono argentati. L'asta verticale è ricoperta di velluto azzurro con bullette argentate poste a spirale. Nella freccia è rappresentato lo stemma del Comune e sul gambo inciso il nome. Cravatta e nastri tricolorati dai colori nazionali frangiati d'argento". (D.P.R. del 20 ottobre 1953). COME ARRIVARE In auto Da Messina: Autostrada A20 ME - PA uscita Barcellona Km. 39,744. Da Palermo: Autostrada A20 ME - PA uscita Barcellona Km. 191,915 In pullman Da Messina: Autolinea AST via A20 (uscita Milazzo) o Via S.S. 113 In treno Stazione Ferroviaria Barcellona-Castroreale

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    In aereo Aeroporto Catania Fontanarossa "Vincenzo Bellini". Distanza da Barcellona Pozzo di Gotto Km. 149 Aeroporto dello Stretto "Tito Minniti" Reggio Calabria. Distanza da Barcellona Pozzo di Gotto Km. 68. Aeroporto di Palermo "Falcone e Borsellino".Distanza da Barcellona Pozzo di Gotto Km. 218 CARATTERISTICHE GENERALI Barcellona Pozzo di Gotto conta 41.549 abitanti ed è il più popoloso comune della provincia di Messina dopo il capoluogo. Il territorio di Barcellona Pozzo di Gotto è esteso circa 58,89 km², molto densamente popolato e ricco, è delimitato da quattro confini naturali: a nord-ovest il mare Tirreno; a nord-est il torrente Mela; a sud-est il versante tirrenico dello spartiacque dei Peloritani; a sud-ovest il torrente Termini o Patrì. Questi limiti coincidono quasi con quelli amministrativi. Infatti Barcellona Pozzo di Gotto confina a nord-est con i comuni di Milazzo, Merì e S. Lucia del Mela; a sud-ovest con i comuni di Terme Vigliatore e di Castroreale; a sud-est lungo il versante montuoso, il confine del territorio di Castroreale si affianca a quello di S. Lucia del Mela. L’orografia del territorio comunale è molto varia: dal livello del mare si sale fino a quota 1.180 m, con pendenze che iniziano dallo 0 al 5% per passare, nella fascia collinare, tra il 20 e il 40% e finire sul crinale dei Peloritani con pendenze anche superiori al 40%. Le emergenze altimetricamente più significative sono la Rocca (m. 762), il Pizzo Tribodo (m. 797), e il Colle del Re (m. 1.180). La città, nata dall'aggregazione dei diversi centri abitati sparsi nella pianura e sulle colline, prende il nome dall'unione di Barcellona e Pozzo di Gotto avvenuta il 5 gennaio 1835 a firma del Re delle Due Sicilie Ferdinando II. Il suo territorio si stende dal mare ai contrafforti dei monti Peloritani e questo ha reso possibile una diversificazione di produzioni agricole al passo con le esigenze dei tempi. La sua posizione geografica ne ha fatto la naturale sede per le attività industriali di trasformazione dei prodotti agricoli, come testimoniano ancora oggi alcuni stabilimenti per la lavorazione degli agrumi. Il suo patrimonio storico architettonico è fatto di chiese e zone archeologiche come quelle di Monte S. Onofrio, che ha portato alla identificazione di una piccola acropoli fortificata sulla sommità pianeggiante del monte, e quella di Pizzo Lando, dove i reperti più rappresentativi sono stati ritrovati nel 1974. PRODOTTI TIPICI A vocazione preminentemente agricola il territorio offre colture di cereali, uva, gelsi, agrumi, olivi, tabacco. Numerosi gli allevamenti di bovini e ovini. Sopravvive a livello artigianale la fabbricazione di botti e tini. Piatto tipico di questa cittadina è la Giurrina, dolce tipico di solo miele e zucchero, preparato in occasione della festa del santo patrono, San Sebastiano.

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    STORIA Le origini di Barcellona Pozzo di Gotto si legano in modo indissolubile al torrente Longano, fiume che taglia in due la città e che in epoca greca vide consumarsi, come racconta Diodoro Siculo, la sconfitta dei mercenari Mamertini di Cione ad opera dei Siracusani di Gerone II (269 a.C.). I primi insediamenti umani sono risalenti alla zona collinare che costituiva una posizione strategica per la difesa dagli attacchi nemici. Dunque le colline situate alle spalle dell'attuale Barcellona Pozzo di Gotto erano abitate già in epoca protostorica ed il bacino del Longano è ricco di testimonianze storico-artistiche. I rinvenimenti archeologici effettuati nelle località di Monte S. Onofrio e di Pizzo Lando, infatti, a detta dello studioso Pietro Genovese, riportano alla luce dei villaggi tipici costituitisi nell'arco di un periodo molto vasto che va dal XII sec. a.C., fino al III sec. a.C., quindi in età greca avanzata. Fino al 1500, la popolazione abitava pertanto nei siti di Trebisonda, Mogasi, Gala, Gurafi, Nasari, Acquaficara e Pizzu Casteddu. La denominazione di "Barcellona" risale al periodo della dominazione spagnola e proviene da un nobile originario della omonima città catalana, mentre il nome "Pozzo di Gotto" fu voluto da Filippo IV di Spagna per ricordare Nicolò Gotho (il messinese che secondo la tradizione aveva fatto scavare il famoso pozzo che adesso non esiste più). La città è il risultato dell'unione, avvenuta nel 1835, di due località distinte: Pozzo di Gotto, nota già prima del XVI secolo, e Barcellona, fondata intorno alla metà del XVII secolo. I fatti storici più famosi sono quelli collegati ai moti rivoluzionari del 1860: qui si raccolsero le forze che diedero vita all'insurrezione di tutta la Sicilia nord-orientale e vennero emanati i due proclami del generale garibaldino Medici, per la liberazione della provincia. "Barsalona" e "Pozzo di Goto" erano due "borghi" sottoposti alla giurisdizione e amministrazione, rispettivamente di Castroreale e Milazzo. Delle sofferenze dei pozzogottesi si rese interprete un certo don Antonio Sanginisi che tempestò di ricorsi la corte di Madrid per ottenere che la sua gente si potesse costituire in città libera ed autonoma. Le angherie e i soprusi patiti giornalmente dal Casale di Pozzo di Goto sconvolsero Filippo IV di Spagna a tal punto che pretese un donativo di 20.000 scudi prima e altri 17.000 dopo per decretarlo "libera et realis civitas", con il suo prestigioso stemma che rappresenta un'aquila svolazzante su un pozzo. La data di libero Comune è del 22 maggio del 1639. Delle proteste di Barsalona invece si rese interprete il notar Antonio Maria Mazzei, uomo coraggioso e colto. Barsalona si ribellò alla madre patria Castroreale e dietro lotta terribile, come raccontano gli storici Filippo Rossitto e Nello Cassata, si separò da essa elevandosi a libero Comune per Deliberazione del Parlamento siciliano il 15 maggio del 1815 ed il 29 febbraio 1823 ebbe designato il territorio con Reale Rescritto di Re Ferdinando I. I due Comuni, oramai autonomi, divisi dal torrente Longano pensarono bene di formare un unico Comune. La volontà espressa in una solenne seduta dai rispettivi Decurionati venne sancita con decreto reale di Ferdinando di Borbone il 5 gennaio del 1835 e messa in esecuzione il 1 giugno del 1836. Nel 1862 nasce l'esigenza di dare un regolamento allo sviluppo della nuova città. A dare una prima risposta a questo problema fu l'architetto Giuseppe Cavallaro, prevedendo di realizzare una larga via (l'odierna via Operai) che organizzasse le vie cittadine in modo più ragionato rispetto all'"aggregato successivo e disordinato di case". Sulle idee del Cavallaro si sviluppano le nuove strade di Barcellona Pozzo di Gotto: via Operai (1869), Statale Sant’Antonino (1875), via Regina Margherita (1878) e un tratto della via Roma (1890). A questi anni risalgono, grazie alle nuove scoperte tecnologiche, la realizzazione della linea tranviaria e l'introduzione di elementi urbani che abbellivano la città e ne permettevano lo sviluppo.

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    Al 1890 risale la realizzazione della linea ferroviaria. Il terribile terremoto del 1908 colpì anche Barcellona Pozzo di Gotto. Da questo momento in poi, l'incarico di stendere i nuovi Piani Regolatori per ripristinare la città e per dare ordine laddove non c’era, fu affidato di volta in volta a vari ingegneri. DA VEDERE BASILICA MINORE DI SAN SEBASTIANO Il Duomo Antico di S. Sebastiano venne edificato a tre navate, durante la dominazione spagnola, in omaggio al santo patrono di Barcellona di Spagna. Fu completato nel 1606. A causa dei danneggiamenti provocati dal terremoto del 1908 fu deciso di demolire la Chiesa e costruirla in un’area più a monte. Monsignor Angelo Pajno, Arcivescovo di Messina, inaugurò la nuova Basilica, progettata dall’ingegner Francesco Barbaro, il 25 marzo 1936. CHIESA DI SAN GIOVANNI BATTISTA Fondata nel 1635 venne ampliata mediante l’allungamento dell’unica navata nel 1754. La Chiesa dal 1969 è considerata monumento nazionale. Il suo prospetto anteriore è caratterizzato da due torri campanarie di stile arabo-normanno, sopra il portale principale vi è la statua di S. Giovanni scolpita nel 1754 dal marmoraro barcellonese Melchiorre Greco. CHIESA DEI BASILIANI Fu edificata tra il 1776 ed il 1791, il prospetto, realizzato da Giuseppe Chindemi, è ritenuto tra i migliori esistenti a Barcellona. La Chiesa, che è dedicata alla Madonna del Tindari, era impreziosita da un tondo in marmo del XVI sec. (“la Vergine col Bambino in una corona di Cherubini” attribuita ad Antonello Gagini) proveniente dal monastero di Santa Maria La Gala, trafugato da ignoti nel 1991. CHIESA DEL SS. CROCIFISSO Fondata nel 1663, ad una sola navata, con lascito testamentario di Don Tommaso Cocuzza da Castroreale. Nel 1866 i beni di cui la Chiesa era stata dotata dal fondatore vennero incamerati dallo Stato; successivamente il Genio Civile, nel corso degli interventi di restauro degli anni 1952-1954, modificò il prospetto originale costituito da due campanili sormontati da due cupolette di stile arabo. CHIESA DELL’IMMACOLATA Costruita, a navata unica, alla fine del ‘700 sorge nell’omonimo quartiere. Custodisce una statua lignea dell’Immacolata (sec. XVIII) e sei tele ovali del sec. XVII raffiguranti la Natività della Vergine, la Presentazione al Tempio, l’Annunciazione, la Visitazione, la Circoncisione e l’Assunzione.

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    CHIESA DI GESÙ E MARIA Situata a Pozzo di Gotto, la Chiesa conserva tra le sue opere le tele seicentesche della "Madonna Odigitria con i Santi Cosma e Damiano", attribuita a Filippo Jannello. Inoltre vi si trova la statua dell'"Ecce Homo" ('600) che viene portata in processione il venerdì Santo e l'Urna del Cristo Morto. CHIESA DEI CAPPUCCINI La Chiesa ed il Convento ad esso annesso furono fondati a Pozzo di Gotto nel 1623. Il progetto è di Fra’ Giacomo della Rocca. All’interno si può ammirare un ciborio di legno intagliato e dipinto e pregevoli tele attribuite a Fra’ Feliciano da Messina e Fra’ Umile da Messina. Restaurata e riaperta al culto il 31 marzo 2007. DUOMO DI SANTA MARIA ASSUNTA Fondata nel 1620 ed ultimata nel 1646, fu distrutta dal terremoto del 1783 e ricostruita nel 1859. Al suo interno si può ammirare una statua marmorea con dorature di San Vito (seconda metà del ‘500), una tavola su legno di San Leonardo e un dipinto della Madonna dei Garofani. Colpita dal sisma del 1908 fu ricostruita quasi interamente ed ultimata nel 1938. CHIESA DI SAN VITO È la Chiesa più antica della Città, costruita nel 1472 venne ampliata e fortificata nel ‘600. L’interno è a tre navate scandite da colonne in pietra sormontate da capitelli scolpiti. La sua robusta Torre Campanaria, risalente al XV secolo venne demolita negli anni sessanta per allargare la strada e negli anni settanta la Chiesa fu definitivamente chiusa. Nel 1993 è stato ultimato un restauro seguito dal crollo del tetto. CHIESA E CONVENTO DI SANT’ANTONIO DA PADOVA Fondata nel 1622 nel quartiere di Sant’Antonino presenta sull’altare un crocifisso ligneo quattrocentesco del maestro messinese Pietro della Comunella. Il Convento si caratterizza per il suo aggregarsi attorno ad un peristilio scandito da colonne in pietra. Di particolare rilievo gli affreschi con il martirio di Sant’Agata del 1733 ed una tela ad olio di San Diego del XVII secolo. CHIESA DI SANTA MARIA DELLA VISITAZIONE Sorge sulla stessa area dove già esisteva un’antichissima Chiesa di epoca bizantina. L’attuale costruzione presenta all’altare maggiore “La Visitazione” (tempera del ‘500 su tavola, con la visita di Maria alla cugina Elisabetta). È sormontata da un pannello raffigurante il Padre eterno nell’atto di benedire. Tra le sculture spicca un tabernacolo per custodia del SS Sacramento della scuola dei Gagini.

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    CHIESA DI S.ANTONIO ABATE La nascita della Chiesa di S. Antonio si fa risalire al XII secolo, epoca nella quale fu scolpita l’acquasantiera che si trova all’ingresso della Chiesa stessa. Dell’originale struttura rimangono soltanto un rosone e un protiro sulla porta con due colonnine tufacee in stile corinzio. L’interno infatti è stato modificato nel corso degli anni dai numerosi restauri (negli anni ’30 furono rifatti il tetto e il pavimento, negli anni ’60 vennero demoliti i contrafforti per allargare la stradella di accesso alla Chiesa). CHIESA E CONVENTO DEL CARMINE Il Convento dei Frati Carmelitani sorge su una collinetta che sovrasta la città e risale al 26 agosto del 1583, come risulta dagli Atti Notarili del Convento di Milazzo. Chiesa e Convento hanno subito nei secoli diverse vicissitudini che hanno alterato la struttura originaria. Divenuto nel corso degli anni prima ospedale militare, e poi civile, il Convento fu minato in particolar modo dal terremoto del 1908 che ne causò la demolizione dei due campanili. PARCOMUSEO "JALARI" Nato grazie all’infinita passione dei fratelli Pietrini, il parco si trova nella frazione di Maloto, in località Jalari (in arabo vetro o roccia cristallina). All’interno di esso lo scenario è costituito da case in pietra e botteghe di artigiani, fra viali ornati da sculture in pietra in stile “naif” e fontanelle create dall’artista Mariano Pietrini. Immerso nella fitta vegetazione offre uno spaccato d’altri tempi (350.000 mq con 30.000 alberi). MUSEO ETNO-ANTROPOLOGICO "NELLO CASSATA" Situato in contrada Manno, al confine con il comune di Merì, il museo Cassata è costituito da un edificio a tre piani. Sui primi due vi è un’importante collezione (oltre quindicimila reperti d’epoca) riguardante la civiltà artigiana e contadina del luogo, mentre il terzo piano ospita una biblioteca-emeroteca relativa agli usi e costumi della Sicilia di un tempo. La stragrande maggioranza dei reperti è già stata vincolata e catalogata dalla Soprintendenza ai Beni Culturali di Messina. SEME D'ARANCIA E’ un’impiantazione in tufo, resina, agrumi e scorie vulcaniche commissionata dalla città ad Emilio Isgrò, artista di fama internazionale di origine barcellonese. Il monumento, che è situato nella Piazza della vecchia stazione, è alto più di sei metri ed intende ricordare l’importanza, come centro per la produzione di agrumi, rivestita da Barcellona Pozzo di Gotto nel suo recente passato.

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    MONUMENTO AI CADUTI E' una scultura in bronzo progettata dall'architetto Giuseppe Fanfoni e realizzata da Giuseppe Marzullo. Dedicato all'eroismo dei caduti adorna Piazza Municipio e presenta una struttura evocante gli orrori della guerra d'avanti alla quale si staglia una statua che rappresenta una figura femminile, simbolo dello slancio vitale che sconfigge il male ed auspicio di pace per l'umanità. MONUMENTO A "PEPPA 'A CANNUNERA" Di fronte a Palazzo Longano sorge il monumentino a Giuseppina Bolognani, l’eroina risorgimentale che il 31 maggio 1860 in Catania si mise a capo dei patrioti liberali e, impossessatasi di un cannone lasciato incustodito dai borboni, li guidò all’attacco della cavalleria nemica. Sotto il bassorilievo della Bolognani, popolarmente intesa "Peppa 'a Cannunera", è scolpito in lettere di bronzo il proclama che Garibaldi indirizzò da Messina alla città di Barcellona. VILLA ARCODACI Progettata dall‘ingegnere Ravidà all’incrocio tra la via Roma e la via Operai sorge uno dei più importanti esempi dello stile "Liberty" in Sicilia. Fatta costruire dal barone messinese Ignazio Foti è conosciuta come Villa Arcodaci (dal cognome del suo ultimo proprietario). Vincolato dalla Sovrintendenza il villino versa in stato di totale abbandono. A pianta quadrangolare, presenta all’esterno una splendida decorazione di tralci fioriti in ferro battuto, realizzata dall’artigiano barcellonese "Giovanni u palummu". MURALES DI VIA SCINÀ Nella suggestiva via intitolata allo storico, matematico, fisico e letterato palermitano Domenico Scinà (1765-1837), si trovano i murales voluti dalla città in occasione del 150° anniversario dell’unificazione di Barcellona e Pozzo di Gotto. Quaranta artisti siciliani hanno realizzato delle opere ispirandosi alle tradizioni del territorio, ai mestieri ed alle caratteristiche peculiari degli abitanti. Un anno dopo, nel 1987, il vico San Paolino, la via Longo e la via Principe Amedeo si sono arricchite di numerosi murales. Nel 1988 l’Arena Montecroci è stata impreziosita anch’essa da opere d’arte affrescate sui muri.

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    EVENTI E MANIFESTAZIONI VENERDÌ SANTO La processione delle Varette del Venerdì Santo è la più importante festa religiosa della città. Barcellona e Pozzo di Gotto hanno conservato piena identità nella raffigurazione liturgica e folcloristica di questa storica processione. La suggestiva evocazione della passione di Gesù conserva infatti un suo particolare fascino proprio per la singolarità della manifestazione che prevede due distinte processioni (una a Barcellona, l’altra a Pozzo di Gotto) che si incontrano sul Ponte Longano. Ciascuna processione è composta da tredici vare addobbate con fiori, quella di Pozzo di Gotto parte dalla chiesa di Gesù e Maria, quella di Barcellona dalla chiesa di San Giovanni. Il corteo è arricchito dalla colorita presenza dei Giudei e dei Visillanti. L’origine della processione di Pozzo di Gotto risale al 1621, anno in cui i pozzogottesi per protestare contro il comportamento vessatorio dei Giurati di Milazzo diedero vita ad una processione con cinque vare. La manifestazione continuò fino al 1783, anno nel quale un forte terremoto fece crollare la chiesa di Santa Maria Assunta. Da allora fu sospesa per vari anni finchè venne ripresa nel 1800 fino ai nostri giorni (con la sola eccezione del 1854 a causa del colera). Lo studioso Saja Barresi fa risalire al 1754 il nucleo iniziale della processione di Barcellona. In quell’epoca infatti si portavano in processione il Cristo in Croce della chiesa del Crocifisso e l’Addolorata. Circa cinquant’anni dopo la manifestazione si sviluppò in modo continuo, tanto che nel 1801 furono fatte realizzare altre statue. LA VISILLA È il canto corale più importante della tradizione musicale barcellonese, che viene intonato su testo latino per il Venerdì Santo ed accompagna le Varette di Pozzo di Gotto e Barcellona. Tramandatosi oralmente dalla tradizione medievale delle sequenze e dei canti religiosi gregoriani, pare derivi dai versi di Venanzio Fortunato (VI sec. d.C.) "Vexilla Regis prodeunt". La Visilla costituisce uno straordinario esempio di trasmissione orale della tradizione musicale di tipo liturgico-popolare. All'inizio del Novecento i cantori di Barcellona hanno introdotto tecniche vocali tipiche del repertorio profano, pertanto la Visilla dei pozzogottesi risulta più regolare e composta di quella intonata a Barcellona. La Visilla, secondo la stragrande maggioranza degli studiosi, è un canto di tipo arabo, per altri invece presenta chiari caratteri polifonici bizantini. Il dubbio rimane anche se l'autorevole opinione del Reverendo Nilo Somma dell'Abbazia di Grottaferrata, che ha ascoltato la registrazione del canto studiandone la genesi, propende per la seconda tesi.

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    L’EPIFANIA Il 6 Gennaio in città viene vissuto in due momenti liturgici separati: la mattina a Pozzo di Gotto e il pomeriggio a Barcellona. La processione di Pozzo di Gotto è caratterizzata dalla presenza di una simbolica Stella Cometa, seguita da suonatori di zampogne, fisarmoniche e tamburi. Il corteo di re, regine e Re Magi è preceduto dai bambini che indossano costumi popolari e portano bettole colme di frutta e ortaggi, pane casereccio e cacciagione. Nel pomeriggio la processione di Barcellona ricalca per certi versi quella del mattino, anche se l'aspetto prettamente folcloristico è meno preponderante. SAN SEBASTIANO Il 20 Gennaio si festeggia il Santo patrono della città, ed il centro di Barcellona si affolla come non mai nel tratto compreso tra la Piazza Duomo e la Piazza San Sebastiano. Il momento culminante è costituito dalla processione di San Sebastiano per le vie della città, ma particolarmente suggestiva è anche l'attività frenetica degli ambulanti che realizzano sotto gli occhi della gente la "Ciaurrina" (dolce di miele tipico della festa). Per ogni barcellonese il 20 Gennaio segna la fine delle festività natalizie che nella Città del Longano vengono prolungate di fatto fino al giorno di San Sebastiano. SAN ROCCO Emozionante e suggestiva è la festa che si svolge il 16 Agosto a Calderà con la processione in mare a bordo di barche. La frazione marina di Barcellona viene invasa da migliaia di persone provenienti dall'intera provincia e la chiesetta di San Rocco strabocca di fedeli. A causa delle avverse condizioni meteorologiche in qualche occasione la processione a mare è stata rimandata al giorno successivo, ma la data ufficialmente riconosciuta rimane quella del 16 Agosto, giorno in cui la Chiesa ricorda San Rocco.

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    FORLI’ (FC)

    DESCRIZIONE ARALDICA DELLO STEMMA Aquila sveva in campo d'oro, con gli artigli il rapace trattiene due ovoli, rosso crociato e bianco con scritta. Sormonta il tutto una corona di città BLASONATURA DEL GONFALONE Drappo troncato di bianco e di rosso COME ARRIVARE In auto Autostrada A14 uscita Forlì In treno: La città di Forlì si trova sulla linea ferroviaria adriatica, tra la stazione di Bologna e Rimini. CARATTERISTICHE GENERALI Capoluogo di provincia (34 mt