Storia militare L’organizzazione della gendarmeria ...

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Carabinieri in Albania Giancarlo Barbonei L e attività svolte dall’Arma dei Carabinieri in Albania, dal 1915 al 1920, per organizzare ed addestrare una Gendarmeria locale, rientrano – fatte le debite distinzioni tra le varie situazioni politiche e sociali – a pieno titolo in quella serie di esperienze analoghe che ebbero inizio a Creta (1897-1906), proseguirono in Macedonia (1904-1911), Cile (1909-1911), Grecia (1912-1923), e sono continuate fino ai nostri giorni; tali mandati consentirono all’Istituzione l’acquisizione di una competenza tecnica, professionale, ma anche umana e prettamente pratica, rivelatasi di evidente pregio nell’elaborazione delle soluzioni per le succes- sive esigenze, permettendole di contribuire in manie- ra qualificata alle più significative operazioni condotte sotto egida ONU, NATO, OCSE o in forza di accordi multinazionali (Coalition of the Willings). Le ragioni dell’indiscusso livello di apprezzamento raggiunto dall’Arma nella problematica della creazione e della riorganizzazione di forze di polizia di altri Pa- esi, risiede certamente nella sua particolare natura di forza militare e di polizia nello stesso tempo, ma è in- discutibile che un sostanziale apporto culturale è per- venuto da tutte le pregresse missioni all’estero, anche da quelle che – come l’operazione in argomento – per motivi estranei alle possibilità istituzionali, non hanno consentito la configurazione di un pieno successo del lavoro svolto. Anche tra le esperienze recenti, appa- re opportuno ricordare che il compito di addestrare le polizie locali è compreso tra le finalità dei Reggi- menti MSU (Multinational Specialized Unit , in ambito Alleanza Atlantica) ed IPU (Integrated Police Unit , in ambito Unione Europea), attivi dall’agosto 1998; allo stato attuale l’Istituzione impiega pure componenti addestrative a Baghdad, a favore dell’ Iraqi National Police, ed in Afghanistan, per l’addestramento degli ANCOP (i “Battaglioni mobili” della Polizia afgana). Nel 1914 l’Albania era in preda all’anarchia; il principe L’organizzazione della gendarmeria albanese (1915-1920) Storia militare 48 n. 2 - 2009 Informazioni della Difesa

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Carabinieri in Albania

Giancarlo Barbonetti

Le attività svolte dall’Arma dei Carabinieri in Albania, dal 1915 al 1920, per organizzare ed addestrare una Gendarmeria locale, rientrano – fatte le debite

distinzioni tra le varie situazioni politiche e sociali – a pieno titolo in quella serie di esperienze analoghe che ebbero inizio a Creta (1897-1906), proseguirono in Macedonia (1904-1911), Cile (1909-1911), Grecia (1912-1923), e sono continuate fino ai nostri giorni; tali mandati consentirono all’Istituzione l’acquisizione di una competenza tecnica, professionale, ma anche umana e prettamente pratica, rivelatasi di evidente pregio nell’elaborazione delle soluzioni per le succes-sive esigenze, permettendole di contribuire in manie-ra qualificata alle più significative operazioni condotte sotto egida ONU, NATO, OCSE o in forza di accordi multinazionali (Coalition of the Willings). Le ragioni dell’indiscusso livello di apprezzamento

raggiunto dall’Arma nella problematica della creazione e della riorganizzazione di forze di polizia di altri Pa-esi, risiede certamente nella sua particolare natura di forza militare e di polizia nello stesso tempo, ma è in-discutibile che un sostanziale apporto culturale è per-venuto da tutte le pregresse missioni all’estero, anche da quelle che – come l’operazione in argomento – per motivi estranei alle possibilità istituzionali, non hanno consentito la configurazione di un pieno successo del lavoro svolto. Anche tra le esperienze recenti, appa-re opportuno ricordare che il compito di addestrare le polizie locali è compreso tra le finalità dei Reggi-menti MSU (Multinational Specialized Unit, in ambito Alleanza Atlantica) ed IPU (Integrated Police Unit, in ambito Unione Europea), attivi dall’agosto 1998; allo stato attuale l’Istituzione impiega pure componenti addestrative a Baghdad, a favore dell’Iraqi National Police, ed in Afghanistan, per l’addestramento degli ANCOP (i “Battaglioni mobili” della Polizia afgana). Nel 1914 l’Albania era in preda all’anarchia; il principe

L’organizzazione della gendarmeria albanese (1915-1920)

Storia militare

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Carabinieri in Albania

Wilhelm von Wied, che la Conferenza degli Ambascia-tori (Londra, 1912 – 1914) aveva insediato in Albania come legittimo sovrano, impotente a fronteggiare la situazione, fuggiva dopo pochi mesi, lasciando che non meno di sei fazioni si contendessero il territorio: da quelle degli stranieri, turchi e greci, a quelle dei vari clan indigeni, tra loro divisi da secolari diversità di costume e di religione; a ciò si aggiungevano mise-ria, desolazione, malattie e soprattutto la ferocia delle terribili bande che infestavano il Paese già provato dal secolare dominio turco.In tale quadro si collocava l’intervento dell’Italia, poli-tico ma anche umanitario: infatti, i primi connazionali che giunsero in Albania nel 1914 furono i componenti

di una missione sanitaria, inviata in soccorso della popolazione ri-versatasi nel sud del Paese. Ma, inevitabilmente, gli Italiani dovette-ro inserirsi nella lotta tra le Grandi Potenze che cercavano l’assetto a loro più conveniente per i Balcani, dopo il crollo della potenza Turca, non potendo rischiare di lasciar cadere nelle mani dell’Austria la sponda orientale dell’Adriatico ed il canale d’Otranto; infatti, il citato provvedimento della Conferenza, sancito dallo Statuto di Valona del 1914, non risolse il problema della stabilità politica del Paese con la creazione del breve Principato co-stituzionale ereditario di Wied. Il 9 dicembre 1914, senza opposizione delle Grandi Potenze, il Corpo di Occupazione Italiano, il cui nucleo principale era costituito dal 10° Reggimento Bersaglieri e che com-prendeva anche una Sezione (20 militari) Carabinieri comandati dal Tenente Giovanni Gervasutti – che assunse le funzioni di Direttore di polizia – sbarcava a Valona. Oltre alla già difficile situazione interna si aggiunse una nuova complicazio-ne: l’arrivo dell’alleato Esercito ser-bo di circa 100mila uomini, in fuga davanti ai vincitori austro-tedeschi e bulgari, che fu posto in salvo dal-la Marina militare e su mercantili italiani.Il 2 dicembre 1915 venne istituito il Comando dei Carabinieri Rea-li, affidato al Maggiore Giuseppe

Borgna, che già da qualche tempo era in Albania in missione speciale, con estensione del servizio, oltre alla provincia di Valona, a quelle di Argirocastro, Santi Quaranta, Janina.Nel 1916 il Corpo Speciale in Albania divenne il XVI Corpo d’Armata, al comando del Generale Piacentini, con il compito duro e pericoloso di chiudere il vuo-to esistente fra i due fronti albanese e macedone nel quale scorazzavano le bande armate greche e mu-sulmane. La Grande Unità non solo riuscì a raggiun-gere il suo obiettivo, ma provvide anche ad allargare il territorio fino ad acquisire i monti della Malakstra e, verso il nord, Scutari. Al termine della Grande Guerra si presentò finalmente la possibilità di riorganizzare la

Il Colonnello Rodolfo Ridolfi nel 1923, Comandante della Legione CCRR di Napoli

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struttura del dilaniato Paese, grazie al con-tributo di tutte le com-ponenti civili e militari italiane. In particolare, nel 1918, si trovavano in Albania circa 1.500 Carabinieri, in parte impiegati nel servizio territoriale e parte nei compiti di polizia mili-tare; in tale situazione i CCRR poterono cre-are prima una Scuola per la Gendarmeria, quindi:- un Corpo di Polizia

indigena già esisten-te, ma composto da pochissimi uomini, senza scrupoli e male istruiti, più che altro usati dalle varie fazioni per i loro particolari interessi. Gli Italiani liquidarono questi uomini e formarono un nuovo Corpo di polizia con elementi pazientemente cercati e scelti, ai quali fu inculcata la necessità di uno scrupoloso e disinte-ressato adempimento del dovere; essi risulteranno un trait d’union tra i Carabinieri e la popolazione, disimpegnando le funzioni di normali agenti di Pub-blica Sicurezza;

- la Gendarmeria, organizzata dal Maggiore Borgna, della quale non esistevano precedenti esperienze. I Gendarmi, dopo un periodo di istruzione, venivano assegnati in affiancamento alle 102 Stazioni dell’Ar-ma. Tanto bene funzionò l’esperimento, che il go-verno provvisorio albanese, al termine della guerra, chiese agli istruttori italiani di creare una Gendarme-ria ad organico molto sviluppato, con ufficiali pure indigeni; così, sotto la guida del Colonnello Ridolfi, furono costituiti 5 Battaglioni, ciascuno con una pro-pria giurisdizione territoriale distinta da quella degli Italiani.

Ci vollero 8 mesi di duro lavoro per trasformare quegli uomini rudi e mai abituati prima a sottostare ad una salda disciplina, in un corpo regolare e ben addestra-to; essi avrebbero dato buona prova anche quando l’Albania sarebbe ripiombata nel caos (1920); anzi, spesso, rivolsero la loro acquisita abilità contro gli stessi Italiani che gliela avevano favorita.Le difficoltà incontrate per istituire la Scuola di Gen-darmeria a Valona furono numerose, ad iniziare dal reperimento dei locali, talché solo il 1° luglio 1915 fu possibile iniziare le lezioni a favore dei primi 45 allie-vi. Fu destinato a comandare la scuola proprio il Mag-giore Borgna, che già aveva provveduto ad avviarla.Al termine della I Guerra Mondiale la creazione del

Corpo di Gendarmeria indigena non era ancora com-pletata, ma il neocostituito governo provvisorio alba-nese decise comunque di istituire una propria Gen-darmeria modellata sull’organizzazione dell’Arma dei Carabinieri, chiedendo al Governo italiano l’invio di una missione finalizzata a continuare l’istruzione de-gli allievi e terminare l’opera di organizzazione della Gendarmeria.L’organico della Missione fu completato solo alla fine del 1919 ed in breve tempo furono costituiti i citati 5 Battaglioni, ciascuno con competenza su una provin-cia albanese e ciascuno con una forza di 600 uomini, divisi in Compagnie, Tenenze e Stazioni; nel frattem-po vennero istituite due Scuole, una a Tirana e l’altra ad Argirocastro. Il nuovo Corpo, alla cui testa fu posto il Tenente Colonnello Rodolfo Ridolfi, aveva una giu-risdizione territoriale diversa da quella dei Carabinieri italiani operanti nell’ambito del Corpo di Spedizione.La Missione provvide anche a redigere, adattandoli dai regolamenti italiani, un Regolamento Organico e Ge-nerale, come pure mutuati dal modello italiano erano il tipo di arruolamento (volontario e selettivo, non più coscrittorio) e l’armamento (moschetto per cavalleria mod. 1891 e pistola a rotazione mod. ’89). Nell’estate del 1920, anche a causa del mancato raggiungimen-to dell’unità e dell’autonomia dell’Albania (si credette opportuno, a Versailles, di fare concessioni anche alla Grecia ed alla Serbia) scoppiarono violente sommos-se che convinsero il Presidente del Consiglio Giolitti a far ritirare le truppe italiane da tutto il territorio del Paese – fatta eccezione per l’isolotto di Saseno – la-sciandolo nuovamente in mano a capi discordi e fa-ziosi, con moti anche cruenti che continueranno fino al gennaio 1925, quando Zogu riuscirà a riunire in sè il potere. L’esperienza di addestramento della polizia

Carabinieri e soldati osservano una coppia albanese in costumi tipici

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locale in Albania negli anni 1915-1920 certamente ha contribuito ad accrescere la competenza istituzionale nel settore, confermando la predisposizione dell’Arma all’esportazione e all’adattamento del suo modello ordinamentale, funzionale e gerarchico, nonché la particolare affidabilità in compiti ove è essenziale l’in-traprendenza, la capacità organizzativa, l’inclinazio-ne al rapporto umano nelle diverse realtà. I risultati, pur se devastati dall’anarchia governativa del Paese, possono essere considerati sostanzialmente positivi, ove si consideri la drammatica situazione di partenza

dell’ordine e della sicurezza pubblica e, soprattutto, l’instabilità sociale, economica e politica imperante. Del lavoro svolto prima dal Maggiore Borgna, poi dal tenente Colonnello Ridolfi, e dai loro collaboratori, ri-mase comunque una traccia indelebile di professio-nalità in quella Gendarmeria, riscontrata quando, dal 1928, ripresero i rapporti tra Italia ed Albania ed ancor più quando lo Stato balcanico divenne temporanea-mente parte integrante del Regno d’Italia; costituirà, inoltre, un valido fondamento di conoscenza per i ripe-tuti interventi in Albania a partire dall’ultimo decennio del XX secolo.

Bibliografia:- Gen. Crispino AGOSTINUCCI, “I Carabinieri in Albania”, edizioni

“Le Fiamme d’Argento”, 1960;

- Prof. Maria Gabriella PASQUALINI, “Missioni dei Carabinieri

all’estero”, vol. I, Ente Editoriale per l’Arma dei Carabinieri”, 2000;

- AA.VV. “Carabinieri 1814-1980”, Ente Editoriale per l’Arma dei Ca-

rabinieri”, 1980;

- Museo Storico dell’Arma dei Carabinieri, fondo “Missioni all’Este-

ro”;

- Ufficio Storico del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri,

fondo “Missioni all’estero” e fascicoli “Giuseppe Borgna”, “Ulderico

Barengo”, “ Rodolfo Ridolfi”. n

Il Colonnello Barengo, fino al 1940, era Comandante della Legione Carabinieri Reali di Roma.

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Colonnello Ulderico Barengo

A conferma dell’im-pegno dell’Arma nell’attività di rior-ganizzazione di Gendarmerie este-re, tra i validi uffi-ciali inviati in Alba-nia per strutturare quella Gendarme-ria, si rileva la pre-senza – dal 1919 e quale istruttore degli allievi gen-darmi – dell’allora Tenente Ulderico Barengo, ravenna-te, transitato dalla Fanteria nell’Arma

nel 1917 e che dal 1940 sarà Capo di Stato Maggiore del Comando Generale. Conside-rato lo “storico” per eccellenza dell’Arma, pur nella misura consentitagli dalle sue im-pegnative attività istituzionali, pubblicò in 20 anni numerose opere storiche, con partico-lare riguardo all’epopea risorgimentale, tra le quali “Vicende Mazziniane e Garibaldine nelle carte dei Carabinieri Reali”, “Un Cara-biniere mazziniano”, “Vecchia Arma Fedele”, “Carlo Alberto”. Morì dilaniato da una bomba d’aereo nel 1943, assieme al suo Comandan-te Generale, Azolino Hazon, mentre accorre-vano al quartiere romano di San Lorenzo per organizzare i soccorsi a favore di quella po-polazione vittima di bombardamento ancora in corso. Ambedue decorati di Medaglia d’Ar-gento al V.M., il 19 luglio u.s., 65° anniversa-rio del tragico evento, l’Amministrazione muni-cipale li ha commemorati con l’apposizione di una targa marmorea sul luogo stesso del loro martirio, ove viale Regina Elena si immette in Piazzale del Verano.

Maggiore Giuseppe Borgna

Colonnello Ulderico Barengo

Il Maggiore Giuseppe Borgna, nato a Torino nel 1874, fu il primo isti-tutore del Corpo della Gendarmeria Albanese.Ufficiale del Regio Eser-cito (Fanteria) dal 1891, nel 1896 si era distinto per coraggio e abne-gazione – sarà deco-rato con la Medaglia di Bronzo al Valor Militare – nella battaglia di Abba Garima (Adua), venendo ferito e fatto prigioniero; riuscirà a riconquistare la libertà solo dopo un anno. Nel 1899 transitò nell’Arma, ove acquisì una notevole esperienza di servizio all’estero, con particolare riferimento all’organizzazione delle attività di polizia: lo troviamo a Creta dal 1901 ed in Macedonia dal 1908 fino al 1912, quando venne destinato ai reparti mobilitati dell’Arma in Libia. Morì ancora giovane a Valo-na il 18 ottobre 1918, vittima di malattia (bron-copolmonite) contratta in servizio.

Il Capitano Giuseppe Borgna in Macedonia nel 1911