Storia Della Musica - Francesco Cinti

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Storia della Musica Breviario per l’esame di Francesco Cinti PDF conversion by Giulio Piattoni Prefazione alla nuova edizione 3 Maggio 2 8 Caro lettore, i casi son due: o sei un disperato alla ricerca di miracolo che ti permetta di superare l’esame di licenza di storia della musica, o sei un pazzo che non ha nient’altro da fare la sera che leggersi il Surian e approfondire i propri studi con dei sani riassunti ed approfondimenti al testo. In entrambi i casi, credo che questi fogli volanti ti saranno piuttosto utili. Anzi, mi correggo: nel secondo caso un bel giro in città ti farebbe anche meglio, ma sorvoliamo. Questo che hai fra le mani è il frutto di tre mesi di studio in vista della licenza biennale – Dio accolga a sé chi ha inventato il sistema del doppio esame su tutto il programma – perciò puoi star tranquillo che chi ha scritto queste tesi è stato al tuo posto, e che se le ha diffuse in giro sicuramente sarà perché l’esame l’ha superato – e aggiungerei: anche piuttosto bene. Ho pensato che, dopo tutta la fatica di mettere su carta un riassunto decente delle tesi, fosse bene diffonderlo a livello non commerciale, per due motivi. Il primo, che non sia giusto che si debba spendere centinaia di euro per testi secondari che useremmo giusto per un esame e poi finirebbero a pareggiare le gambe del divano. Il secondo, che a comprare il testo originale sarebbero stati giusto quattro gatti, e tutti gli altri avrebbero vissuto delle fotocopie da esso derivate (su raga’, l’ho fatto anch’io!). Perciò, un po’ per pragmatismo, un po’ per altruismo, ecco le vostre tesi: prendetele e non guardate troppo in bocca al caval donato. Ah, giusto per fugare i dubbi: non sono la brutta copia di altri libri, ma semplicemente il frutto dei miei appunti. Da parte mia, però, chiedo due piccolissimi favori: il primo, di contattarmi o inviarmi suggerimenti, errata corrige, critiche, complimenti, qualsiasi cosa permetta a questo testo di migliorare, e potete farlo via internet, all’indirizzo  [email protected] , o cercandomi al conservatorio di Pesaro, di sicuro qualcuno si ricorderà ancora di me. Il secondo, di continuare a diffondere le tesi fra i vostri compagni, alla sola condizione di non fare i furbetti e attribuirvele: perché è giusto rendere la vita più semplice a tutti, e anche perché, se venissi a sapere che le avete spacciate per vostre, pregate che non scopri il vostro numero di targa o vi ritroverete la macchina a brandelli. Aggiungo solo un paio di note prima di lasciarvi alla lettura (martirio?):

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Manuale storia della musica

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Storia della Musica

Breviario per l’esame

d i F r an ce sco C i n t i

PDF conve r s i on b y G i u l io P i a t t on i

P re f az ione a l l a nuova ed i z i one

3 Magg i o 2 8

Caro lettore,

i casi son due: o sei un disperato alla ricerca di miracolo che ti permetta di

superare l’esame di licenza di storia della musica, o sei un pazzo che non ha

nient’altro da fare la sera che leggersi il Surian e approfondire i propri studi con dei

sani riassunti ed approfondimenti al testo. In entrambi i casi, credo che questi foglivolanti ti saranno piuttosto utili. Anzi, mi correggo: nel secondo caso un bel giro in

città ti farebbe anche meglio, ma sorvoliamo.

Questo che hai fra le mani è il frutto di tre mesi di studio in vista della licenza

biennale – Dio accolga a sé chi ha inventato il sistema del doppio esame su tutto il

programma – perciò puoi star tranquillo che chi ha scritto queste tesi è stato al

tuo posto, e che se le ha diffuse in giro sicuramente sarà perché l’esame l’ha

superato – e aggiungerei: anche piuttosto bene.

Ho pensato che, dopo tutta la fatica di mettere su carta un riassunto decente delle

tesi, fosse bene diffonderlo a livello non commerciale, per due motivi. Il primo, chenon sia giusto che si debba spendere centinaia di euro per testi secondari che

useremmo giusto per un esame e poi finirebbero a pareggiare le gambe del divano.

Il secondo, che a comprare il testo originale sarebbero stati giusto quattro gatti, e

tutti gli altri avrebbero vissuto delle fotocopie da esso derivate (su raga’, l’ho

fatto anch’io!). Perciò, un po’ per pragmatismo, un po’ per altruismo, ecco le

vostre tesi: prendetele e non guardate troppo in bocca al caval donato. Ah, giusto

per fugare i dubbi: non sono la brutta copia di altri libri, ma semplicemente il frutto

dei miei appunti.

Da parte mia, però, chiedo due piccolissimi favori: il primo, di contattarmi o

inviarmi suggerimenti, errata corrige, critiche, complimenti, qualsiasi cosa permetta

a questo testo di migliorare, e potete farlo via internet, all’indirizzo

 [email protected] , o cercandomi al conservatorio di Pesaro, di sicuro qualcuno

si ricorderà ancora di me. Il secondo, di continuare a diffondere le tesi fra i vostri

compagni, alla sola condizione di non fare i furbetti e attribuirvele: perché è giusto

rendere la vita più semplice a tutti, e anche perché, se venissi a sapere che le

avete spacciate per vostre, pregate che non scopri il vostro numero di targa o vi

ritroverete la macchina a brandelli.

Aggiungo solo un paio di note prima di lasciarvi alla lettura (martirio?):

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•  Le tesi sul romanticismo sono state unificate in quanto non tutti i professori

le distinguono, e anche perché gli argomenti trattati sono complementari e

quindi permettono di spaziare da una tesi all’altra.

•  Sono state omesse le tesi sulla musica antica e delle origini, in quanto vi

basterà dare una letta veloce al Surian o testi simili per apprendere lenozioni necessarie alla sopravvivenza; in qualsiasi caso non prendetele sotto

gamba: conosco gente che ha citato a memoria le opere Bachiane ma poi è

stata bocciata perché non sapeva mettere le mani sul sistema armonico

greco.

•  E’ stata volutamente tralasciata l’ultima tesi, quella di riassunto, in quanto

credo che, al contrario del pensiero comune, sia decisamente la più facile.

Infatti vi basterà leggervi prima tutte le altre, scegliere a vostro gusto

cinque o sei argomenti in cui siete ferrati, e fare magicamente in modo che il

discorso cada su quelli. Fidatevi, c’è gente che uscita dall’esame ha baciato

per terra per aver ricevuto in sorte proprio quella.

•  Ultima cosa: non dimenticatevi di studiare anche acustica: su quelle non ho

scritto nulla, ma se qualcuno me lo chiederà, potrei anche decidere di

accogliere le vostre richieste disperate...

Credo abbiate perso anche troppo tempo: sbrigatevi a studiare, anche perché,

come diceva Trevor Wye: “il semplice possesso di questo libro non garantisce il

successo”.

Vedete di sopravvivere anche a questo esame, il diploma è vicino!

Francesco Cinti, diplomato in Flauto presso il Conservatorio Rossini di Pesaro.

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Tesi 4: Canto Gregoriano

Con il termine “Canto Gregoriano” si intende la tradizione di canti appartenente alla

cultura Cristiana che è venuta a formarsi a partire dal IV-V secolo dopo Cristo e si

è sviluppato per tutto il Medio Evo, ma che è stato messo in forma scritta solo a

partire dal IX secolo. Storicamente il Canto Gregoriano, da sempre appartenuto al

Cristianesimo, vede l’inizio della sua diffusione con l ’Editto di Milano (313), il

quale riconosce il Cristianesimo come religione ufficiale: ciò permise una rapida

diffusione del Cristianesimo in tutto l’Impero Romano, e, quindi, in tutta Europa. Al

momento della disgregazione dell’Impero Romano, però, tutto il patrimonio

cristiano venne a dividersi e a caratterizzarsi secondo alcuni modelli di culto, o

tradizioni liturgche, tra i quali ricordiamo il Mozarabico, il Gallicano, l’Ambrosiano, il

Romano, l’Aquileiense e il Beneventano. Non è un caso che la maggiorparte di

questi culti debba il proprio nome al monastero  in cui veniva praticato: i

monasteri, infatti, erano i principali – se non unici – centri di conservazione e

diffusione della cultura, ed è grazie al lavoro di copiatura dei manoscritti se sono

giunti fino a noi testi di autori classici greci e latini e, appunto, parte del repertorio

del Canto Gregoriano. E’ da ricordare, inoltre, che la tradizione attribuisce un ruolo

fondamentale alla figura di Gregorio Magno, papa nel 590, il quale avrebbe

creato il canto Gregoriano sotto l’ispirazione dello Spirito Santo. Storicamente

sappiamo che scrisse un Sacramentario e promosse una riforma dell’Antifonario,ma le sue doti musicali rimangono comunque un dato inattendibile, che al tempo

contribuì a rendere il Canto Gregoriano una sorta di dogma.

E’ innegabile il legame tra Canto Gregoriano e la Liturgia, tanto che si potrebbe

anche affermare che il Canto Gregoriano sia la Liturgia stessa. Il complesso dei riti,

delle preghiere e dei canti si articolavano secondo due forme: la Liturgia delle

Ore, che scandiva i momenti della giornata in cui si pregava, e la Messa.

La Liturgia delle Ore – o Officium   – comprendeva tutti quei canti che venivano

distribuiti per tutte le ore della giornata. Questi venivano raccolti nel Breviarium  enell’Antifonarium   e si dividevano in due forme. Mentre gli Inni erano più facili e

venivano cantati da tutti, i Responsori erano canti intonati alternativamente dal

coro e dai solisti.

La Messa, invece, si articola secondo una parte fissa, Ordinarium, e una parte

variabile, Proprium. L’Ordinarium comprende tutti i canti che non si modificano

nel corso dell’anno liturgico, e sono il Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus Benedictus e

Agnus Dei . I canti del Proprium, invece, cambiano durante l’anno liturgico a

seconda del periodo (Avvento, Natale, Quaresima, Pasqua, Ascensione e

Pentecoste) e sono l’Introito, Alleluia/Tractus, Offertorio e Communio . I canti

dell’Ordinarium e del Proprium venivano raccolti rispettivamente nel Kyriale e nel

Graduale.

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Ogni canto si poteva presentare sotto tre forme: la Cantil lazione (o “tono di

lezione”), la Salmodia (ovvero la recitazione dei Salmi) e lo Jubilus (un vocalizzo

senza testo sulle silllabe di parole quali Amen o Alleluja ). A partire dal IX secolo, il

Canto Gregoriano si avvalse di un sistema modale, basato su 8 scale o modi (4autentici e 4 plagali) alla base delle quali vi è un tetracordo caratterizzato dalla

posizione del semitono ed in cui si identificano una nota finalis e una repercussio.

La finalis  è la nota fondamentale del modo, mentre la repercussio  è la nota attorno

alla quale si sviluppano i maggiori melismi. I modi principali sono quattro:

il primo modo ha come finalis il Re (Re mi fa sol);

il secondo modo ha come finalis il Mi (Mi fa sol la);

il terzo modo ha come finalis il Fa (Fa sol la si);

il quarto modo ha come finalis il Sol (Sol la si do).

Aggiungendo al tetracordo le altre quattro note in senso ascendente si ottiene il

modo Autentico , in senso discendente quello Plagale .

Es : Primo modo: Re mi fa sol. Autentico: Re mi fa sol la si do re. Plagale: la si do re

mi fa sol la.

La repercussio si trova una quinta sopra la finalis  nel modo autentico, e una terza

sopra la finalis nel modo plagale. Tipico era, inoltre, l’utilizzo di una nota fissa,

detta Tenor .

Tropi e sequenze nacquero dalle esigenze creative dei monaci, che intendevano

rendere complesso e grandioso il canto con l’aggiunta di alcune nuove forme

poetico-musicali. I tropi costituiscono una sorta di “farcitura” del testo liturgico edella linea melodica che venivano introdotte attraverso il processo di sillabazione

dei melismi. Se i tropi sono un fenomeno generico di tutti i canti, le sequenze

sono tipiche, invece, dell’Alleluja , e nacquero dall’abitudine di inserire il testo sul

vocalizzo dell’ultima sillaba dell’Alleluja (lo  jubilus ). Col tempo le sequenze

divennero entità musicali autonome, la cui fioritura si protrasse fino all’epoca del

Concilio di Trento (1545-1563), quando ne fu drasticamente proibito l’uso ad

eccezione di quattro (Victimae Paschali Laudes, Veni Sancte Spiritus, Lauda Sion

Salatorem  e Dies Irae ; lo Stabat Mater venne recuperato solo nel Settecento).

Tesi 5: Gli inizi della Polifonia | Contrappunto Medioevale | Compositori

e teorici

Le prime forme di Polifonia (=canto a più voci) comparvero attorno al IX e XIII

secolo e furono coltivate, in un primo tempo, nei monasteri dell’Impero Franco

(dove, d’altronde, videro la luce i primi tropi e sequenze). La prima polifonia è

costituita dal raddoppio della voce principale (vox principalis ) con una parte

aggiunta (vox organalis ) a distanza costante di un’ottava, una quarta o una quinta.

Il trattato Musica enchiriadis parla, in particolare, di due tipi di polifonia, o

organum :

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*Organum Parallelo, in cui la vox organalis procede parallelamente alla vox

principalis per intervalli di quinta inferiore o quarta superiore. Per evitare il diabulus

in musica si utilizzano anche intervalli imperfetti.

*Organum Libero, in cui la vox organalis procede liberamente sempre sopra la

vox principalis ma non si allontana mai di intervalli maggiori della quarta. Questoprocedimento è detto anche d i s can tu s , poiché le voci iniziano all’unisono, si

separano e poi si ritrovano nuovamente all’unisono.

* Inoltre era diffuso un terzo tipo di organum , definito organum melismatico,

secondo il quale ad ogni nota inferiore (ovvero del tenor) ne corrispondono da una

a venti nella vox superiore, distribuite in melismi sillabici e in stile discantus .

Fino alla metà del XII secolo la polifonia era stata un fatto abbastanza sporadico e

sperimentale. Questa situazione mutò con l’avvento a Parigi di una fiorente scuola

polifonica, che trovava la sua sede a Notre Dame e i suoi esponenti in Magister

Leoninus e Magister Perotinus. A Leonin viene attribuito il Magnus Liber Organi de

Gradali et Antiphonario , che rappresenta una sorta di manuale e repertorio

polifonico dell’epoca, in cui erano raccolti sia esempi di organum sia di discantus.

La voce superiore era detta duplum ed era posta sopra il tenor , e il sistema si

avvaleva di specifici modi ritmici, ovvero schemi ritmici nati dalla successione di

note lunghe e note brevi.

Nell’ambito del repertorio parigino grande importanza assumevano le sezioni in

discantus denominate clausulae . Le c l ausu l ae   sono sezioni trattate in ritmo

modale in tutte le voci ed era fondata su una sola sillaba o parola. Lo scopo

della clausula era quello di l imitare l’estensione del melisma/jubilus

applicandovi uno schema ritmico . A Perotin è attribuito il merito di averampliato il repertorio delle clausule e di aver introdotto organa  anche a tre-quattro

voci.

Breve fu il passo dalla clausula al mottetto. Il mottetto, infatti, è una forma

polifonica che nasce dalle clausule , che venivano estrapolate dal canto prive di

testo e alle quali veniva applicato un nuovo testo. A questo punto venivano

solitamente utilizzate tre voci: il tenor (tratto dal repertorio liturgico), il duplum e

il triplum. Il duplum era definito, appunto, motetus . Il mottetto può avere

collocazione sia sacra che profana e può avvalersi di una tecnica compositiva

definita hoquetus . Esso consisteva nel far procedere le voci alternandone le pause,cosicchè si otteneva un effetto “a singhiozzo”. Col tempo i testi del mottetto

diventano sempre più complessi, ed era norma che ogni voce avesse un testo a sé .

Nei manoscritti il triplum era posizionato a sinistra, il duplum a destra e il tenor in

basso.

Un'altra forma musicale che vide la luce tra il XII e il XIII secolo è il conductus. Si

tratta di un canto processionale strutturato omoritmicamente (stesso ritrmo per

tutte le voci). E’ importante ricordare che il tenor del conductus, a differenza di

quello del mottetto, non deriva dal canto gregoriano , ma è totalmente

inventato.

Tesi 6: La Notazione Medioevale

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Se in principio il repertorio di canti gregoriani veniva tramandato per via orale, a

partire dal secolo VIII-IX si sentì la necessità di una impostazione didattica che

permettesse una trasmissione più sicura e in larga scala di questo patrimonio. Fu

così che i cantori delle scholae  cominciarono a memorizzare le melodie servendosidi alcuni tratti detti n e u m i  che venivano tracciati sopra il testo e privi di rigo:

questi avevano la funzione di indicare il moto della melodia, ma non l’altezza

precisa delle note. Tale tipo di scrittura si chiama adiastematica, o “neumi a

campo aperto”.

Col tempo i cantori cominciarono a servirsi di uno o due righi che indicassero

l’altezza di note di riferimento: uno giallo per il DO e uno rosso per il FA, che

richiesero anche la creazione di apposite chiavi, che spesso si rifacevano a codici

alfabetici. Un esempio particolare contenuto nel Musica Enchiriadis è il sistema

dasiano, che presenta un rigo per ogni nota, con chiavi ricavate dai quattro segni

del tetracordo di RE. Col tempo si sfoltì il numero dei righi della notazione dasiana

fino a stabilirne l’uso di quattro, giungendo così alla definizione di scrittura

diastematica.

I segni della notazione monodica (virga e punctum ) assunsero, col tempo, grosse

forme quadre, e divennero longa e brevis , su imitazione della metrica classica, che

si aggregavano in varie combinazioni ritmiche chiamate modi ritmici: in questo

modo si risolse il problema della durata delle note.

A queste basi seguono le teorie contenute nel Ars Nova Musicae misurabilis , di Ph.

de Vitry, di cui si parla in “Tesi 9: Ars Nova”.

Tesi 7: Guido d’Arezzo e il sistema musicale medioevale | La

Solmisazione

Una figura importante nel panorama della notazione musicale medioevale è Guido

d’Arezzo. Maestro di musica, egli si poneva, come problema principale, quello di

far imparare velocemente ai suoi allievi l’altezza delle note e la posizione dei

semitoni nei vari modi. Egli ideò un sistema basato su un esacordo composto da

cinque intervalli, quattro di tono e uno di semitono (TTSTT). Per facilitare lamemorizzazione dell’esacordo, Guido fece ricorso alle sillabe dei primi sei emistichi

di un inno in onore di Giovanni Battista (ut re mi fa sol la). Il vero vantaggio di

questo sistema è che le sillabe non individuano l’altezza reale della nota, bensì

servono ad indicare la posizione del semitono, che, impiantando i nomi di volta in

volta, veniva sempre a trovarsi in corrispondenza delle sillabe mi-fa . Gli esacordi si

dividevano in tre tipi: durum , se comprendevano il Si naturale, molle   se

comprendeva il Si bemolle, naturale se non comprendeva nessuno dei due suoni.

Per facilitare l’apprendimento degli esacordi, inoltre, i manuali tramandano l’utilizzo

di un sistema chiamato mano guidoniana , che si serviva delle falangi della mano

sinistra per posizionare gli esacordi.

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Infine, si definisce musica ficta il sistema di alterazioni cromatiche designato dai

teorici dell’epoca per far fronte alle nuove esigenze della polifonia, quali potevano

essere la necessità di evitare il diabulus in musica, di ottenere consonanze perfette

o di trovare la sensibile per le cadenze.

Tesi 8: La musica monodica profana | Francia, Italia, Germania | Teatro

Medioevale

Bisogna riconoscere che, malgrado i grandi sviluppi della polifonia nei secoli XII e

XIII, la monodia profana era di gran lunga più praticata del canto gregoriano:

questo perché la monodia profana soddisfava quelli che erano i bisogni più stretti

della società e ne rappresentava a pieno la cultura. Una delle forme d’arte più

spiccate che trova i suoi natali in questo periodo è quella dei trovatori e

trovieri. Questa canta ed elogia l’amore e il corteggiamento inappagabile ed

inappagato, eleva il culto della donna a qualcosa di spirituale, ed esalta i valori del

cavalier cortese devoto alla propria donna (oltre a veicolare, in molti casi, anche

messaggi politici). I Trovatori sono tipici della Francia Meridionale e parlano la

lingua d’oc. L’argomento per quasi tutti è l’amore, mentre dal punto di vista

poetico le forme più comuni sono la canso [due frasi musicali, divise in a-a-b], il

vers [come la canso ma senza ripetizioni] e il lai [carattere contemplativo, con

frasi ripetute a coppie enumero variabile di strofe]. Tutti i componimenti hanno, a

loro modo, una forma strofica e sono divisi, appunto, in coblas . Massimi esponenti

di questa corrente sono Bernard de Ventadorn, Jaufrè Rudel e Guglielmo

d’Aquitania. La cultura trobadorica ebbe termine con la crociata degli Albigesi, unaguerra mossa da papa Innocenzo III contro l’eresia catara che si era formata

proprio in Provenza. L’enorme bagaglio culturale dei trovatori si disperse in tutta

Eusopa, ma fu in Italia che trovò terreno fertile fra i siciliani (la “Scuola Siciliana”) e

i fiorentini (il “Dolce Stil Novo”).

I Trovieri invece sono figure tipiche della Francia settentrionale e cantano in

lingua d’oil. Il loro repertorio, sviluppatosi attorno al XIII e XIV secolo, a livello

contenutistico non è molto diverso da quello dei trovatori anche se si distingue per

due forme particolari: la Chanson de Geste , ovvero poemi cavallereschi ispirati al

ciclo bretone e al ciclo carolingio, la chanson d’amour, ovvero la canso deitrovatori, le chansons a refrain [ballade, rondeau e virelai; con finali aperte e

chiuse] e il jeu parti, un canto d’amore in dialogo che può essere considerato la

prima rudimentale forma di teatro profano.

Anche nei paesi germanici si possono trovare cantori che imitano i Trovatori e i

Trovieri, i cosiddetti Minnesanger, che aggiungono al tema dell’amor cortese

anche il tema naturalistico e la cui forma principale è il L ied , che adotta la

struttura della Barform (a-a-b). Mentre i Minnesanger operavano negli ambienti

cortigiani e conducevano una vita girovaga, i Meistersinger (“maestri cantori”)

appartenevano in genere alla sfera borghese ed erano soliti riunirsi in associazioni.

Nel panorama della monodia Italiana bisogna ricordare anche la nascita e lo

sviluppo della Lauda. Quella della lauda è una religiosità laica che trovava spazio

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nelle confraternite fiorentine nel periodo immediatamente successivo alle lotte fra

papato e impero (XII-XIII secolo). La forma della Lauda si concentra sulla parola: è

occasione di riflessione sui temi fondamentali quali il peccato, l’espiazione e la

rinascita dell’uomo attraverso i valori più elevati. La lauda si impose nel panorama

della religione popolare grazie anche alle sue somiglianze con alcuni generi mondaniquali la ballata. Sotto il profilo formale, la Lauda era infatti un componimento

strofico diviso in Stanze  e separate da Riprese o ritornelli :

Ripresa – Stanza I [Piede 1, Piede 2, Volta] – Ripresa – Stanza II [Piede 1, Piede 2,

Volta] – Ripresa ecc…

Con t r a f a cum : adattare un testo nuovo ad una melodia preesistente.

La forma principale di teatro medioevale era il dramma liturgico. Rappresentato

per lo più in chiesa, esso non era propriamente parte della liturgia, ma si

presentava più come parte a sé stante, e trovava le sue origini nel canto liturgico

responsoriale con i suoi “dialoghi” fra celebrante e fedeli, oltre che nella tradizione

molto antica delle processioni figurate accompagnate da canti e gesti. Ampia

rappresentazione nella quale ogni esecutore svolgeva una parte specifica, il

dramma liturgico era composto da sezioni monodiche, parti polifoniche e sezioni

strumentali. Essi utilizzavano per lo più il latino e i canti potevano provenire dal

repertorio gregoriano o essere composti ex novo .

Tesi 9: Ars Nova

Il termine Ars Nova   indica le nuove tendenze del linguaggio musicale alle quali siassiste nel XIV secolo specialmente in Francia e in Italia. Il termine è dedotto dal

trattato di Ph. de Vitry , Ars Nova Musicae misurabilis , che rappresenta la prima

innovazione di questo periodo. Ph. de Vitry, infatti, introdusse una notazione

mensurale basata sui valori della breve, semibreve e minima e sul rapporto tra

tempus e prolatio . Vediamo in dettaglio.

T e m p u s  è il rapporto tra la breve e la semibreve: esso è perfetto se la breve vale

tre semibrevi, imperfetto se vale due semibrevi. P ro l a t i o è il rapporto tra

semibreve e minima: esso è perfetto se la semibreve vale tre minime, imperfetto

se vale due minime. Con questo schema noi abbiamo quattro ritmi diversi:*T. perf e Pr. perf: 1b=3sb; 1sb=3m. Simbolo: Cerchio col punto

*T. perf e Pr. impf: 1b=3sb; 1sb=2m. Simbolo: Cerchio.

*T. impf e Pr. perf : 1b=2sb; 1sb=3m. Simbolo: Mezzo cerchio col punto.

*T. impf e Pr. impf: 1b=2sb; 1sb=2m. Simbolo: Mezzo Cerchio.

Nello stesso periodo, Marchetto da Padova  scriveva il Pomerium , trattato che

conteneva un sistema notazionale che rispecchiava i tratti caratteristici della

polifonia italiana dell’epoca, come il gusto per le fioriture virtuosistiche, per i

cromatismi e una sonorità accordale; la diffusione di questo sistema era comunque

più limitata di quello di Vitry.

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Nel panorama dell’Ars Nova  dobbiamo distinguere quelli che sono i fenomeni tipici

dell’area francese e quelli italiani. In Francia si assiste alla nascita di un nuovo

genere compositivo, il mottetto isoritmico.

A differenza del suo corrispettivo del XIII secolo, il mottetto isoritmico ha una

struttura complessa e ben precisa basata su due elementi: la talea e il color . Ilcolor   rappresenta la melodia priva di qualsiasi ritmo. Al color viene

applicato uno schema ritmico detto talea : il gioco consiste nell’applicare una

talea i cui valori non corrispondono, in numero, alle note del color, cosicchè il color

si esaurisce prima della talea, e questa assume una melodia ogni volta diversa fino

a coincidere nuovamente con il color. I procedimenti isoritmici non sono concepiti

per essere percepiti dall’ascoltatore: infatti sono più oggetto della vista che

dell’udito.

Un’altra importante figura nel panorama dell’Ars Nova francese è Guilamme de

Machaut. Oltre che per i suoi mottetti isoritmici, è necessario ricordare G. De

Machaut poiché fu il primo compositore a preparare un’intera messa polifonica a

quattro voci: la messa di Notre Dame, composta nel 1364 per l’incoronazione di

Carlo V il Saggio. Prima di questo lavoro, infatti, le parti della Messa venivano

assemblate da repertori di artisti differenti. Machaut utilizza la tecnica del

mottetto isoritmico per tutti i canti, ad eccezione del Gloria e del Credo che sono

due esempi di conductus . De Machaut è ricordato anche epr la sua ampia

produzione di mottetti in cui applica numerosi procedimenti prettamente

speculativi che poi saranno materia di studio dei maestri fiamminghi, come ad

esempio il procedimento a ritroso utilizzato nel rondeau a tre voci “La mia fine è il

mio inizio e il mio inizio è la mia fine”.Forme Profane utilizzate nell’Ars Nova francese sono:

!  Ballade: la ballade francese, a differenza di quella italiana, ha forma strofica ,

secondo lo schema: Melodia A [fin. Ouvert] – Melodia A [fin. Clos] – Melodia B. 

!  Virelai: ha la stessa struttura della ballata italiana. 

!  Rondeau: composizione caratterizzata dall’alternarsi della melodia A e della

melodia B. 

L’Ars Nova   in Italia si diffonde soprattutto a livello profano ed è un fenomeno

strettamente legato allo sviluppo della poesia volgare del Due-Trecento. E’interessante notare come il fenomeno fosse tipico del centro-nord (pianura

padana, Bologna, Firenze) e abbia interessato un periodo storico di tre generazioni

per poi esaurirsi del tutto. Il repertorio di questo periodo si basa su tre forme:

!  Madrigale: prevalentemente a due voci, il madrigale del trecento tratta temi

amorosi e agresti ed è basato sullo schema: 3 versi A – 3 Versi A – 2 Versi B.

Le terzine hanno lo stesso tema, mentre il ritornello utilizza materiale

tematico differente. Grande esponente fu Giovanni da Firenze.

!  Caccia: composizione di argomento movimentato basato sulla tecnica del

canone . Di solito troviamo tre voci: un tenor privo di testo, che poteva essere

destinato anche a strumenti, e due voci superiori che proseguono in canone.

Di norma non è un componimento strofico.

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!  Ballata: come il virelai   francese; di argomento amoroso o politico, ha una

struttura simile alla lauda. Ripresa (a) – Stanza I [Piede 1 (b), Piede 2 (b),

Volta (a)] – Ripresa (a). Massimo esponente è il fiorentino Francesco Landini.

Tesi 10: I Franco Fiamminghi

Il XV secolo è un periodo di estrema floridezza economica in Europa stimolata

dall’aumento dei traffici commerciali e dallo sviluppo dei metodi di governo, di

lavoro e di diplomazia. In questo panorama, maggiore influenza acquistano le corti,

le quali richiamano a sé i maggiori artisti dell’epoca in tutti i campi, compresa la

musica. Ogni artista doveva celebrare l’operato politico del suo mecenate, e i

musicisti non si sottrassero a questa norma. Grande fama avevano, a quell’epoca, i

maestri Franco Fiamminghi, che cominciarono a viaggiare in Europa e ad

insediarsi come maestri di cappella in numerose città e corti, grazie anche alla

possibilità di ricevere i privilegi ecclesiastici   anche in paesi lontani dalla propria

residenza.

La tendenza dei Franco Fiamminghi è quella di ricercare una polifonia complessa,

piena, a 4 voci, in cui ogni voce procede in senso orizzontale ed unitario rispetto

alle altre. Una tecnica di origine anglosassone utilizzata al tempo era quella del

f a u x bo rdon , che consisteva nell’aggiunta improvvisata di due voci inferiori che si

muovono parallelamente a distanze di quarte e seste. La versione propriamente

italiana del f a l sobo rdone, invece, consisteva nell’aggiunta di una voce

supplementare al tenor , una terza o una quinta inferiore.

La prima generazione vede come massimo esponente Guillame Du Fay 

(1400-1474), che operò in Italia sia presso i Malatesta a Rimini, sia presso i

Savoia. Il repertorio di Du Fay comprende messe e mottetti. Dopo un periodo

caratterizzato da messe-cantilena a 3 voci, Du Fay si confermò come grande

maestro della messa a 4 voci definita messa ciclica. Le messe cicliche sono

strutturate su un principio compositivo che prevede la presenza di un can tu s

f i rmus al tenor che viene applicato a tutti e 5 i canti dell’ordinario. Il tenor poteva

essere tratto dal repertorio gregoriano, essere creato ex novo o persino esseretratto da una canzone del repertorio profano, come nel caso della messa basata

sul tenor della chanson Se la face ay pale . E’ ricordato anche per la monumentalità

speculativa del mottetto Nuper Rosarum Flores , che presenta le stesse proporzioni

della cupola del Brunnelleschi a Firenze, in onore del quale fu composto.

Alla seconda generazione appartiene, invece, J. Ockeghem (1428-1495). Le

sue 14 messe sono composte in un periodo in cui questo genere ha assunto ormai

una certa maturità ed autonomia (ad esempio sono divenute standard le quattro

voci Superior, Altus, Tenor, Contratenor ) e presentano un vasto assortimento di

procedimenti compositivi. Solo due sono composte su cantus firmus liturgico: le

altre provengono per la maggiorparte da chansons preesistenti o sono create ex

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novo . Un esempio di particolare maestria tecnica è la messa Cuiusvis Toni in cui

viene applicato il principio del catholicon , ovvero la possibile esecuzione del brano

in tutti e 4 i modi autentici.

Della terza generazione fanno parte Jacob Obrecht (1450-1505) e Josquin

Desprez (1440-1521). Le loro messe sono caratterizzate da una trama

contrappuntistica altamente complessa e un’organizzazione formale

intellettualistica. Obrecht, ad esempio, aspira alla logica della struttura e alla

varietà dei sistemi organizzativi, mentre Desprez, ricordato tra l’altro per l’utilizzo

del soggetto cavato nella messa Hercules Dux Ferrariae , impiega procedimenti più

arcaici rispetto al suo tempo, ma non certo meno complessi. Largo uso si faceva,

per esempio, del genere della messa parodia, ovvero un genere derivato dalla

pratica dell’imitatio (comporre su un modello già esistente), che si basava non su

un singolo cantus firmus , bensì sulle diverse voci di una melodia polifonica

preesistente.

Il mottetto della terza generazione, invece, aveva ormai perso molti tratti

caratteristici del mottetto medioevale: ora era generalmente a quattro o cinque

parti vocali, presentava un solo testo per tutte le voci, aveva abbandonato il

procedimento isoritmico e preferiva tecniche diverse dal cantus firmus .

Tesi 11: I l Cinquecento | Le scuole polifoniche | Riforma e

Controriforma | Palestrina

Nel 1517 Martin Lutero affisse alla porta del duomo di Wittenberg le 95 tesi dalle

quali nacque la riforma protestante. Spinto dalle insurrezioni popolari e

supportato dagli interessi della nobiltà, Lutero ruppe con la Chiesa di Roma e

ricercò un nuovo ordinamento liturgico che fosse fondato sulla partecipazione

diretta al culto da parte di tutta la comunità dei fedeli. Nella sua riforma era inclusa

non solo la traduzione in tedesco della Bibbia (1522), ma anche la creazione di un

nuovo repertorio di canti religiosi. Questi presero il nome di Corali.

Il Corale (Kirchenlieder ) è una forma di canto in lingua tedesca caratterizzata da

una semplicità estrema della linea melodica, il cui andamento è omofonico eomoritmico, in quanto ideato perché fosse intonato da tutti i fedeli. Alcuni dei

primi corali erano la trascrizione in tedesco di parte del repertorio gregoriano, ma

per la maggiorparte essi provenivano da canzoni popolari, il cui uso permetteva

una memorizzazione più rapida da parte dei fedeli: in entrambi il casi, il testo era

sempre creato ex novo e rigorosamente in tedesco. Col tempo, l’esecuzione

cominciò ad essere affidata anche a cori di cantori professionisti, che utilizzavano

le tecniche contrappuntistiche tipiche dei mottetti, anche se la pratica più comune

era quella di alternare le strofe fra diversi gruppi di esecutori: coro, fedeli, solisti e

così via.

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Dall’altra parte, la risposta della Chiesa giunse molto tardi. Al termine del Concilio

di Trento (1545-1563), la Chiesa affermò il nuovo principio della separazione (e

non ambivalenza o sostituzione) fra sacro e profano, con la conseguente

eliminazione di ogni elemento mondano che potesse essere presente nel servizio

liturgico, negli edifici sacri o nella musica stessa. Perciò, la Chiesa rilanciò l’uso delgregoriano non solo come canto, ma anche come base per le composizioni

liturgiche.

Bisogna riconoscere che le direttive del Concilio di Trento non ebbero un effetto

assoluto: molti autori raccolsero l’eredità dei Franco Fiamminghi (tipico era

l’utilizzo delle “messe-parodia”, e per evitare l’inquisizione si denominava tale

messa sine nomine ) mentre l’unico appello della Chiesa che trovò ampia

applicazione fu la ricerca di una polifonia più equilibrata, con un uso più

parsimonioso dei cromatismi e una maggiore chiarezza dei testi, ma in definitiva

pochi seguirono strettamente le decisioni del Consiglio.

In particolare, i nuovi canoni gettati dalla Chiesa contribuirono alla nascita della

Scuola Romana, il cui massimo esponente fu Giovanni Luigi da Palestrina

(1525-1594). La sua carriera a Roma lo vide maestro di cappella prima sotto il

papa Giulio III, poi con Marcello II, pertanto il suo corpus fu scritto ad uso

esclusivamente liturgico. Il linguaggio polifonico di Palestrina, fondato sulla purezza

della sonorità vocale e sull’uso controllato di un contrappunto levigato, non si

scosta molto dalla maniera tradizionale dei Franco-fiamminghi: le sue messe

parodia , ad esempio, sono basate in gran parte su mottetti di autori francesi della

prima metà del secolo. Lo contraddistinguono l’intellegibilità dei testi e la sonoritàordinata che impedisce la sovrapposizione confusa delle parole. Il canto gregoriano

si manifesta nell’andamento della linea melodica, in cui Palestrina non usa mai

intervalli superiori alla quinta e rigorosa è la distribuzione delle dissonanze e dei

cromatismi.

I maestri che operavano a Venezia, al contrario di quelli della scuola romana,

ponevano al centro del loro interesse la coltivazione di uno stile musicale

discontinuo e composito, fondato sulla contrapposizione fra colori timbrici e sonori

diversi. Questo fenomeno, conosciuto col nome di cori spezzati , era fisicamentefavorito dalla presenza, in S. Marco, di due cantorie absidali poste l’una di fronte

all’altra. Era prevista pure la partecipazione di strumenti che si amalgamavano alle

voci per affinità di timbro, ma che non venivano specificati nella parte, almeno

prima di Giovanni Gabrieli. L’aderenza della musica al testo è realizzata attraverso

la declamazione insistente e i dialoghi fra cori.

Fu probabilmente Willaert ad inaugurare la ricca produzione di musiche policorali

della seconda metà del secolo. Ad Andrea Gabrieli va il merito di aver arricchito

la tecnica dei cori spezzati di una maggiore varietà di effetti sonori, rispetto al

carattere antifonico (episodi alternati) mantenuto da Willaert. Non rinuncia alla

polifonia imitativa, ma nei passi più salienti cede il posto all’andamento quasi

omofonico. Insieme al nipote Giovanni Gabrieli compose la raccolta Concerti per

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voci et stromenti musicali   del 1587. Si tratta della prima testimonianza dell’uso

della parola concerto  per indicare unione, coordinamento e concordia di compagini

vocali e strumentali eterogenee. Nelle composizioni di Giovanni Gabrieli si fa largo

uso dell’unione di forze vocali e strumentali in poderosi “tutti”; il ritmo è

sottoposto a processi di intensificazione e a cambiamenti bruschi da ternario abinario e viceversa. Giovanni ricorre molto più spesso dello zio a passaggi cromatici

e non raramente vengono impiegate le “false relazioni” (successione di due note

dello stesso nome, una naturale e l’altra alterata, in parti diverse).

Nella musica profana, le due forme più utilizzate all’epoca erano il madrigale e la

frottola.

Il Madrigale del Cinquecento è una composizione a quattro e poi cinque voci

strettamente legata al movimento letterario del Petrarchismo, e questo genere fu

coltivato in modo particolare a Firenze e a Roma. Il Madrigale non ha struttura

strofica, in quanto deve aderire totalmente al testo secondo il concetto di

durchkomponiert. Nel madrigale, la musica ha il compito di imitare parole o

concetti insiti nel testo poetico facendo ricorso a procedimenti melodici, armonici,

ritmici o contrappuntistici. Questi vengono raccolti sotto il nome di mad r i g a l i sm i.

Bisogna ricordare inoltre che i madrigali venivano stampati a parti separate. I

maggiori compositori di madrigali fra i fiamminghi furono Verdelot e Arcadelt.

I madrigali definiti “a note nere” erano caratterizzati da ritmi rapidi e sincopati

proprio perché scritti con note dai valori brevi; gli “ariosi”, invece, avevano la

particolarità di concentrare la linea melodica sulla voce superiore, relegando le altread accompagnamento contrappuntistico (un fenomeno che contribuì alla nascità

della tonalità, vedi Tesi 13 ).

Le “canzoni villanesche alla napolitana” erano un genere coltivato soprattutto a

Napoli, dapprima a tre poi quattro voci, scritte su testi in dialetto e dal ritmo

vivace e stile declamatorio.

Tra gli autori più importanti del panorama italiano ricordiamo Marenzio, che operò

a Roma con una produzione di oltre 400 madrigali, Gesualdo, i cui madrigali

giocano sul contrasto di sentimenti opposti espressi con stravaganti tecniche

contrappuntistiche, Andrea Gabrieli, che operò a Venezia, dove il madrigaleseguiva strettamente le direttive della polifonia sacra ini praticata; infine

ricordiamo Vecchi e Banchieri, due figure di spicco del cosiddetto “madrigale

drammatico”, ovvero un ciclo di madrigali che sviluppano una serie di stati d’animo

concatenati o una particolare vicenda drammatica.

Dopo i due decenni del Seicento, il madrigale perse la sua popolarità ed appartenne

più al settore della pedagogia musicale.

La Frottola è un termine generico utilizzato per designare un genere comune alle

corti del nord Italia quali Mantova, Ferrara e Urbino. Esso è composto per quattro

voci secondo due modalità esecutive: polifonica-vocale e voce-liuto, la seconda

favorita soprattutto dall’utilizzo della stampa per “tavolatura”. La struttura

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musicale della frottola è strettamente legata ai rispettivi schemi letterari (oda,

strambotto, canzone ecc…). Tecnica molto utilizzata al tempo è l’hemiola , ovvero

l’alternanza di unità binarie ad unità ternarie, e maggiori compositori sono

Tromboncino e Cara.

Tesi 12: Sguardo riassuntivo alle forme di musica polifonica cocale

cinquecentesca, sacra e profana.

Nota: questa sezione si propone di essere un semplice elenco riassuntivo delle

forme già trattate che possa aiutare nell’esposizione della tesi.

Messa: dividere la trattazione per epoche. Gregoriano | Ars Nova | Franco-

fiamminghi | Cinquecento.

Mottetto: esporre l’origine del mottetto e le differenze fra ars antiqua e ars

nova. Innovazioni dei Franco-fiamminghi.

Salmi: unico materiale presente è quello del Gregoriano.

Lauda: origine e struttura.

Corale: origine e struttura all’interno della Riforma.

Dramma liturgico

Frottole

Madrigali: distinguere fra Madrigali del due-trecento e del cinquecento.

Chanson

Tesi 13: Graduale conquista della tonalità moderna e dei suoi mezzi

espressivi | Strumenti a pizzico, ad arco e a fiato.

I primi segni di un avanzata sensibilità armonica si manifestarono già alla fine del

XV secolo, principalmente attraverso il tentativo di ridurre la polifonia ad

un’espressione accordale. Questa esigenza si manifestava in diverse forme: le

più significative erano il madrigale  ar i oso, in cui il canto è affidato alla voce

superiore mentre le altre sono relegate a funzione di accompagnamento; il cantare

solistico, ovvero voce e liuto, in cui si richiede una trascrizione per intavolatura

da essere eseguita al liuto; infine l’abitudine di accompagnare con l’organo  le

polifonie liturgiche, in cui l’organista riduceva le parti vocali per raddoppiare quelladel basso, dalla quale estemporaneamente deduceva la struttura armonica del

brano. Perciò si può affermare che il procedimento di sostituire, adattare o ridurre

un insieme polifonico per voci sole accompagnate consentì lo sviluppo del gusto

per l’aspetto armonico del linguaggio musicale, in cui si richiede una particolare

attenzione alla dimensione verticale dei suoni.

Ma la questione è ben più complessa se si considera che dovremo aspettare

Rameau (1683-1764) per una prima definizione consapevole di tonalità. Negli

scritti teorici del Cinquecento, infatti, si prende in considerazione solamente la

valenza specifica dei singoli “intervalli”, e non il senso del loro insieme: ad esempio,

mentre troviamo numerosi trattati sulle consonanze e dissonanze, nessuno precisa

il ruolo della tonalità, o anche semplicemente della modalità.

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E’ forse questo l’aspetto più contraddittorio della teoria musicale del XV e XVI

secolo: sulla carta si accerta l’esistenza di otto modi, ai quali si aggiungono i

quattro di Glareanus (il suo trattato è del 1547), ma da una parte sono ambigui i

criteri di classificazione di modalità, dall’altra la stessa modalità nel sec. XVI non è

un dato necessitante e precostituito della pratica polifonica come lo è invece latonalità per i secoli XVIII- XIX.

Data, perciò, l’ambiguità modale della polifonia Cinquecentesca, non è possibile

assegnare inequivocabilmente un brano ad un unico modo, cosiccome lo stesso

brano non era concepito in tal modo dai compositori – basta guardare le messe di

Palestrina – che, invece, davano più importanza ai parametri spaziali effettivi in

relazione ai registri vocali.

Nel campo degli strumenti, nel Cinquecento si faceva ricorso a diversi sistemi di

temperamento. Tanto quello pitagorico quanto quello di Zarlino dei “rapporti

semplici” prevedevano l’esistenza di toni e semitoni più ampi di altri, con

conseguenti differenze fra suoni come Do# e Reb, mentre il sistema moderno

prevede la corrispondenza fra semitoni (Do# = Reb). Questi sistemi erano versatili

per la musica vocale, ma creavano non pochi problemi nella pratica strumentale:

soprattutto nel momento in cui si confrontavano strumenti ad intonazione

variabile con strumenti ad intonazione fissa.

Di fatto il temperamento equabile (ovvero la suddivisione di ciascun tono in

due semitoni) era adottato dagli strumenti a pizzico e ad arco come il liuto e la

viola, e proprio questi strumenti contribuirono alla realizzazione in chiave pratica di

quel sistema tonale che poi sarebbe stato codificato solo nel tardo Seicento.Esistevano diverse taglie di viole, a seconda della loro estensione sonora; le note

sul manico dei liuti e di molte viole erano isolate da “tasti” che ne facilitavano

l’esecuzione soprattutto nei passi di virtuosismo. Col tempo si preferì sostituire il

liuto con strumenti più estesi e sonori come la tiorba e il chitarrone. Gli strumenti a

fiato, invece, godettero di crescente favore durante il Cinquecento, mentre gran

parte della musica da ballo era affidata a complessi di quattro fiati.

Tesi 14: Origini del Melodramma

Un melodramma (o semplicemente opera ) è uno spettacolo teatrale che ha la

caratteristica di essere interamente o in gran parte cantato, e necessita presenza

di tre elementi: il l ibretto, l’essere messo in musica e l’essere rappresentato

sulla scena.

Il melodramma prende forma da tre premesse del Cinquecento:

!  Un primo precedente è la cosiddetta “Camerata Fiorentina”, ovvero quella

comunità di intellettuali ed accademici che, riuniti sotto la guida di Giovanni

de’ Bardi, tentarono di emulare l’antica tragedia greca. Gli storici per lungo

tempo hanno attribuito la nascita dell’opera a questo gruppo, ma la loro

importanza all’interno dello sviluppo del melodramma va notevolmente

ridimensionata.

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!  Un secondo precedente all’opera è l’intermedio (o intermezzo ). Durante le

feste di corte era solito mettere in scena una specie di tragedia o di

commedia: si prese l’abitudine di introdurre, tra un atto e l’altro, i cosiddetti

intermedi. Gli intermedi, spesso in forma di madrigale, avevano lo scopo di

allentare la tensione teatrale e di simulare il trascorrere del tempo dellafinzione; nella maggior parte dei casi, essi non avevano alcun collegamento

con ciò che era rappresentato, e finivano per diventare uno spettacolo a sé,

di argomento allegorico o tratto dalla mitologia greca.

!  Un’altra delle radici dell’opera è la favola pastorale. E’ un genere letterario

molto amato nelle corti rinascimentali, che si può porre a metà tra la

commedia e la tragedia. E’ costituita da una serie di idilli scenici in cui si narra

l’amore e gli intrecci fra personaggi mitologici e del mondo rurale. A conti

fatti, la favola pastorale è forse il genere che ha più a che fare con i primordi

dell’opera, poiché è solo in un mondo immaginario come quello arcadico che è

possibile far esprimere i personaggi attraverso il canto, o quella forma definita

“recitar cantando”.

La prima opera vera e propria conservata per intero (libretto e musica) è

l’Euridice di Jacopo Peri su testi di Rinuccini e fu rappresentata nel 1600 a

Firenze in occasione del matrimonio di Maria de Medici con il re di Francia. Lo stile

musicale dell’opera non è polifonico, ma monodico recitativo, il cosiddetto

“recitar cantando”, che si presenta come una via di mezzo fra il parlare e il

cantare, accompagnato da basso continuo. Prima del 1600 vi era stata la Dafne di

Peri (1597) ma non ci è pervenuto il libretto, mentre la Rappresentazione di Anima

et Corpo di Emilio de Cavalieri non può essere considerata un melodramma per illuogo in cui fu rappresentata (l’oratorio di S. Filippo Neri) e per il tema

moraleggiante.

Nelle prime “favole” in musica la vocalità prevalentemente declamatoria dello stile

recitativo è il veicolo principale per esprimere i contenuti emotivi del testo poetico,

e la sua forma varia dalla linea melodica sillabica priva di melismi utilizzata da Peri a

quella più irregolare di Caccini, in cui gli abbellimenti vengono utilizzati in modo

particolare a chiusura di frase; i soggetti, invece, sono quasi esclusivamente

mitologici.

Nel 1607 fu messo in scena l’Orfeo di Monteverdi, maestro di cappella del duca

di Mantova Vincenzo Gonzaga, su libretto di Striggio. L’opera è divisa in cinque atti

preceduti da un prologo e da una “toccata”, e segue la regola del lieto fine proprio

della tradizione della favola pastorale. L’Orfeo appartiene ad un periodo dell’opera

in cui per la prima volta si sperimentano delle interruzioni del flusso continuo del

recitativo. Tali interruzioni consistono in pezzi chiusi chiamati arie o canzoni   e

hanno la funzione di dare spicco musicale a certe situazioni sceniche. I pezzi chiusi

hanno in comune una struttura quasi sempre strofica, mentre il rapporto fra

musica e testo risulta generico rispetto al recitativo, nel quale, invece, si mira ad

esprimere il senso e l’affetto delle singole parole.

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Grande importanza è attribuita, nell’Orfeo, all’organico strumentale, che per la

prima volta viene specificato nella partitura. I brani strumentali collocati alla fine di

ciascuno dei primi quattro atti hanno la funzione di introdurre l’atmosfera dell’atto

seguente, nonché di permettere il cambio di scena, mentre il prologo è preceduto

da una toccata  eseguita dall’orchestra per annunciare l’inizio dell’opera.

Anche a Roma, specialmente nel periodo di maggiore prosperità della famiglia dei

Barberini, vi era l’abitudine di mettere in scena a corte opere teatrali. A partire

dagli anni ’30, però, le trame si servirono non tanto delle ambientazioni pastorali,

quanto di soggetti tratti da racconti epico cavallereschi dell’Ariosto e del Tasso,

dall’agiografia cristiana e perfino dagli intrecci della commedia dell’arte. Di

particolare importanza è soprattutto l’introduzione di personaggi di carattere

comico, come nel Sant’Alessio di Rospigliosi, mentre la realizzazione scenica ha lo

stesso peso della musica. Il recitativo si avvicina allo stile semplice del Settecento,

mentre grande importanza è attribuita ai monologhi affidati ai personaggi seri e

alle scene madri come il “lamento”.

Con l’apertura a Venezia del primo teatro d’opera pubblico, il San Cassiano, nel

1637, ha inizio un nuovo indirizzo dell’attività operistica: si passò ad una

concezione imprenditoriale del teatro in musica, che richiedeva una sua struttura

organizzativa ed economica, esigeva regolarità e costanza nella produzione e il

rinnovamento continuo del repertorio. Il sistema diventa, perciò, a scopo di lucro,

anche se non cambia il pubblico, che è sempre quello della classe dominante.

Questo sistema sorse facilmente a Venezia proprio perché la città era meta delturismo nobiliare europeo, specialmente nel periodo di carnevale.

Il sistema impresariale esigeva la massima economia nell’allestimento degli

spettacoli, che però dovevano mantenere quel livello artistico necessario per

assicurarsi il successo. Per questo si distribuivano in modo razionale le spese: metà

andava tutta ai cantanti solisti, ristrette erano le spese per coro ed orchestra,

giuste quelle per la scenografia, minime per il compositore, totalmente subordinato

allo strapotere del librettista. Infatti era il librettista a scegliere soggetto e modus

operandi dell’evento scenico, e mentre il suo guadagno cresceva ogni volta che

l’opera veniva rappresentata, la partitura del compositore non veniva data allestampe e diventava direttamente proprietà dell’impresario. Ben presto comparvero

anche compagnie itineranti di attori che viaggiavano nell’intento di portare

spettacoli già rappresentati altrove o organizzarne di nuovi.

Veicolo principale nell’opera veneziana della prima metà del secolo è ancora il

recitativo, come testimoniano i due capolavori di Monteverdi Il ritorno di Ulisse e

L’Incoronazione di Poppea , prevalentemente in stile recitativo.

E’ con Cavall i e Cesti che aumentano le situazioni topiche che avrebbero portato

al prevalere dei pezzi chiusi. Il primo passo sono le cosiddette “arie cavate” di

Cavalli, ovvero le sezioni conclusive dei recitativi che presentano segmenti melodici

brevi ed assumono fattezze armoniche e periodicità ritmica. In Cesti, invece, si fa

spesso ricorso alla cosiddetta “aria con motto”, ovvero quel procedimento in cui il

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motivo dell’aria viene anticipato dal gruppo orchestrale e poi ripetuto in modo

alternato da orchestra e voce. In seguito, le opere si trasformano in una esibizione

di canto, articolate in una successione varia e mutevole di arie inframmezzate di

recitativi.

Tesi 15: l’Oratorio | La cantata da camera

In seguito alla nuova situazione determinatasi con la Controriforma, la Chiesa

cattolica cercò di spingere i fedeli ad esercitarsi nella meditazione e nella preghiera

per risvegliare in essi lo spirito religioso. A tal scopo, si formarono ordini religiosi

militanti dediti al proselitismo e all’istruzione (gesuiti, barnabiti, filippini,

cappuccini) e si costituirono confraternite locali che riunivano i cittadini per

condizione sociale, mestiere o luogo di nascita per esercitarli nella preghiera e nella

penitenza. In quest’ottica, la musica assunse sempre più importanza soprattutto

se consideriamo il valore religioso insito nel genere della lauda. In questo periodo,

il canto delle laude era armonizzato in maniera semplice, a tre voci omofoniche e

con melodie di origine popolare. La maggiorparte dei testi delle laude è di tipo

meditativo e ha una struttura strofica.

Il bisogno di rendere questi brani più interessanti portò ben presto all’esecuzione

delle laude in forma narrativa o dialogica, e l’inflitrazione di elementi drammatici

suggerì la meditazione su fatti sacri tratti dalla Bibbia – specialmente

veterotestamentali – o dalla vita dei santi. L’opera che segna il passaggio definitivo

dalla lauda all’oratorio musicale è il Teatro armonico spirituale di madrigali di Anerio

del 1619, un’opera organica che comprende un numero svariato di composizioni,due per ciascuna celebrazione vesperina del calendario liturgico invernale, da

eseguirsi prima e dopo il sermone. Tra le voci soliste ve n’è una detta Historicus o

Testo che svolge la funzione di narratore, di norma affidato al tenore e

accompagnato da basso continuo.

A seconda della lingua utilizzata, l’Oratorio si divide in volgare e latino, ma non

differiscono molto dal punto di vista musicale. Col tempo è sempre più d’uso trarre

i soggetti dalla Bibbia e dalle vite dei santi, mentre diminuiscono i soggetti

contemplativi ed allegorici.L’organico è costituito da un gruppo di solisti (da

quattro a sei) e da un coro. I personaggi si esprimono in recitativo, talvoltainterrotto da pezzi chiusi. L’Oratorio si distingueva dal melodramma per la brevità

dell’esecuzione, la suddivisione in prima e seconda parte e la mancanza di azione

scenica.

Carissimi è uno dei più grandi esponenti della scuola del genere oratoriale e operò

sempre a Roma. Nei suoi Oratori egli tende a sopprimere la figura dell’Historicus

dividendo il materiale narrativo fra più voci, mentre assume più importanza il coro,

elemento di contemplazione, di ammonizione e di illustrazione figurativa. La

scrittura musicale di Carissimi è per lo più omofonica, mentre lo stile tende a

sottolineare gli “affetti” del testo con inflessioni ed accenti patetici, ricorrendo

spesso a ripetizioni di parole e interpolazioni vocalizzate, quest’ultime in grado di

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rendere meglio gli affetti. Tra queste ricordiamo le licentiae , anomalie o irregolarità

contrappuntistiche o intervallari usate allo scopo di suggestionare l’ascoltatore.

Verso la fine del Seicento dominano nella struttura le forme solistiche del

recitativo e dell’aria, si riduce l’utilizzo del coro e scompare la figura dell’Historicus.

Nel panorama musicale del Seicento un posto di particolare rilievo è ricoperto dalla

cantata solistica da camera, un tipo di musica destinata ad un pubblico

selezionato tipico degli ambienti signorili e delle accademie. La cantata ha origine

da quei madrigali che elaboravano una situazione particolarmente drammatica in un

recitativo e la espandevano in episodi di carattere arioso cantabile. Come l’opera,

la cantata si basa su un sistema di recitativi ed arie e fu coltivata principalmente a

Venezia e a Roma. Il termine “cantata” fu utilizzato per la prima volta da

Alessandro Grandi per designare le tre arie strofiche di una sua raccolta basate su

un basso continuo ostinato. Non esisteva alcuna convenzione o regola per il

numero di arie né per la loro durata, ma col tempo la cantata adottò la forma

comune di due arie precedute da un recitativo, e fino alla metà del Seicento

richiedevano un solo cantante, di norma Soprano, accompagnato da basso

continuo. Tema comune è l’amore malinconico, non corrisposto, impersonato da

figure tipiche del mondo idillico-pastorale; gli episodi narrativi sono svolti in

recitativo, mentre le arie corrispondono ai momenti lirico-espressivi. Carissimi era

solito adottare diverse forme per le sue cantate, come singole arie, la forma

tradizionale della coppia con recitativo o una libera successione di arie e recitativi.

Maggiore regolarità di forma assumono le cantate di Cesti, mentre l’aria assume

maggiore importanza sul recitativo nelle arie di Stradella.

Tesi 16: Monteverdi e la scuola Veneziana | La scuola romana

Claudio Monteverdi (1567-1643) svolse i primi anni della sua carriera presso la

corte di Mantova, per poi trasferirsi a Venezia come maestro di cappella in San

Marco e gettare le basi della scuola veneziana. Scrisse otto libri di madrigali, più un

nono stampato postumo che racchiude per lo più opere già pubblicate in vita.

Lo stile dei primi cinque libri di madrigali risente di autori come Marenzio e Wert,

soprattutto nel linguaggio fortemente descrittivo basato su frasi di particolareincisività. E’ nei madrigali dal libro sesto in poi che Monteverdi sperimenta le nuove

risorse offerte dalla monodia da camera e dal recitativo, oltre a dare maggiore

rilevanza alla compagine strumentale. Particolare è la scelta dei testi poetici, che

spesso verte su autori come Tasso, Guarini, Chiabrera e Marino. L’impiego di

procedimenti cromatici e di dissonanze è piuttosto sobrio nella polifonia di

Monteverdi, ma a partire dal libro terzo le audacie armoniche sono sempre più

frequenti, dettate dalla necessità di rendere più efficaci le immagini proposte dal

testo. Alle critiche di Artusi, Monteverdi rispose che la sua è una “seconda

pratica”, nuova rispetto a quella di Zarlino, in cui la musica si fa serva della parola

e i contenuti del testo poetico prevalgono su quelli della musica. Ciò non consiste,

però, in una resa incondizionata ai madrigalismi, bensì si realizza attraverso una

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maggiore articolazione del discorso musicale in ampia scala e una continua ricerca

di nuovi mezzi espressivi.

In particolare, Monteverdi parte dalla considerazione che tre sono le principali

passioni dell’animo: Ira, Temperanza ed Umiltà. A ciascuna di queste corrisponde

un genere diverso: Concitato, Molle e Temperato. Ciò conduce ad un nuovo stile,detto “rappresentativo”, poiché ha come scopo quello di rappresentare in modo

vivido gli affetti. Per introdurre il genere “concitato” Monteverdi ricorre ad una

varietà di espedienti stilistici, come la ripercussione di note ed accordi, l’uso di

ritmi marziali, tremoli e pizzicati, che hanno la funzione di regolare la realizzazione

del gesto mimico ed applicati a pieno nei cosiddetti madrigali guerrieri .

Della scuola romana e veneziana si è già parlato in Tesi 14: Origini del

Melodramma.

Tesi 17: L’Opera Buffa | Alessandro Scarlatti e la scuola Napoletana

L’opera di genere comico mantenne nel corso del Settecento una propria

autonomia di sviluppo rispetto al dramma musicale serio, anche se tra i due generi

si stabilì un certo rapporto scambievole di influssi, senza contare che non solo gli

spettatori, ma anche i librettisti dell’uno e dell’altro erano in genere gli stessi.

La formazione di una tradizione comica musicale si manifestò prima a Napoli nei

primi decenni del Settecento, tanto che il suo successo richiese la costruzione di

nuovi teatri ad esso dediti. Molti erano i termini con i quali si designava il generecomico: intermezzo, opera buffa, dramma giocoso, commedia per musica… Tutte

queste categorie possono essere distinte in due forme principali di produzione:

l ’ intermezzo – opera breve di pochi personaggi avente funzione di interludio o di

inserto fra gli atti di un’opera seria – e la commedia musicale o opera buffa, di

dimensioni intere, che teneva da sola tutta la durata della serata teatrale.

L’opera buffa si svolgeva attraverso un ritmo incalzante e il teatro comico si

avvaleva di interpreti meno capaci vocalmente rispetto ai virtuosi dell’opera seria,

ma certamente più adatti a valorizzare l’azione mimica. Ciò comportava anche ilfatto che l’allestimento di opere di questo tipo fosse nettamente più economico, e

questo vantaggio permise una circolazione delle opere comiche più intensa e

capillare. Gli intrecci dell’opera buffa sono semplici, fatti di poche situazioni

elementari, come la tecnica del travestimento, che permetteva intrecci basati

sull’equivoco; i personaggi di solito sono due al massimo tre, di norma un uomo ed

una donna. Dato che non si usavano quasi mai cantanti evirati, le parti dei

personaggi maschili giovani erano affidati a cantanti donna. Il principale

personaggio maschile è di norma il basso, cantante buffo per eccellenza,

generalmente l’antagonista della storia, mentre al tenore erano affidate parti di

“mezzo carattere”.

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Per quanto riguarda il linguaggio musicale, esso è più limitato e spoglio dei clichè

tipici del canto virtuosistico; ma soprattutto è fondamentalmente diverso il

rapporto fra recitativo ed aria . L’aria solistica non si pone come momento

lirico-riflessivo di statica contemplazione dei fatti accaduti, ma si presenta come

parte integrante dell’azione e ad essa si collega direttamente e spontaneamente. Ilpeso maggiore nella dinamica dell’azione, comunque, spettava al recitativo, mentre

i momenti salienti e caratterizzanti dell’opera divennero i cosiddetti “pezzi

d’insieme” o “concertati d’azione”. I finali d’atto, invece, coincidevano sempre con

momenti culminanti della vicenda.

Le opere di Alessandro Scarlatti (1660-1725) hanno una scrittura orchestrale ben

più complessa, densa e variegata di qualunque altro compositore dell’epoca. In

particolar modo, Scarlatti è solito utilizzare procedimenti contrappuntistici con

largo uso di motivi strumentali indipendenti insieme con la voce. I compositori delle

generazioni successive tesero a non seguirlo, in quanto si era soliti prediligere il

contrappunto nelle composizioni per musica da camera, non per teatro. Eccezion

fatta per Handel, Scarlatti esercitò scarso influsso sui compositori d’opera del suo

tempo.

La sua figura è attualmente inserita nel contesto della “scuola napoletana”: a lui è

attribuita la sua fondazione, anche se alcuni sostengono che sia da attribuire a

Francesco Florimo. Di questa “scuola” consideriamo tutti quei compositori che si

affermarono a Napoli dal 1720 al 1730 circa: Sarro, Porpora, Vinci, Leo e il

tedesco italianizzato Hasse. Essi adottarono uno stile scorrevole, sfrondato di

elementi contrappuntistici. Carattere stilistico proprio delle loro arie è la“piacevolezza melodica” e l’uso di fraseggi equilibrati, simmetrici e chiaramente

articolati; al compositore si richiede, così, la ricerca di vie dirette che portassero

alla commozione mediante l’uso di uno stile che riflettesse il senso delle parole. In

particolare è a questo periodo che risalgono i primi esempi di dinamiche specificati

sulla partitura. Il complesso strumentale ha la funzione di accompagnamento

anziché di fusione contrappuntistica con la voce: generalmente i violini sono

raddoppiati all’unisono, gli assoli sono assegnati a strumenti che procedono per

terze e nelle arie lente l’accompagnamento musicale si manifesta nella forma “alla

lombarda” (semicroma seguita da croma col piunto), usato spessissimo da Vinci epoi da Hasse.

La grande fioritura dell’Opera buffa nella seconda metà del Settecento fu in gran

parte dovuta all’incontro fra la musica napoletana e poesia veneziana. In

particolare fu Carlo Goldoni a dare grande impulso alla commedia e a darle una

fisionomia che mantenne per tutto il secolo ed oltre. Autore di quindici intermezzi

e cinquantadue drammi giocosi, Goldoni è stato uno dei più fecondi librettisti

comici del Settecento. Nei suoi libretti sono presenti effetti comici, ironici e satirici

fondati sul contrasto fra gli stili. Tema costante è l’amore tenero ed affettuoso

inserito nel contesto del conflitto sociale fra classi diverse ed analizzato dal punto

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di vista psicologico, un’innovazione dovuta all’influenza del romanzo inglese Pamela  

di Richardson.

Il lavoro che segnò una nuova fase dell’opera buffa fu “La Cecchina, ossia La Buona

Figliola” rappresentata per la prima volta a Parma nel 1756 con musiche di Duni,

anche se passò alla storia per le musiche di Piccinni, la cui versione uscì tre annidopo. Figlia di genitori ignoti, Cecchina ama ed è ricambiata dal Marchese di

Conchiglia, ma l’invidia della Marchesa Lucinda la spinge ad andarsene, fino a

quando il soldato tedesco Tagliaferro riconosce la nobile origine della trovatella

Cecchina. I personaggi dell’opera si dividono in tre registri linguistico-musicali: le

“parti serie”, i ruoli “di mezzo carattere” e le “parti buffe”. Alle parti serie sono

affidate in genere le arie col Da Capo di stampo virtuosistico tipiche dell’opera

seria; al marchese e a Cecchina sono affidate le parti di mezzo carattere, mentre

l’ultima sezione è affidata ai personaggi buffi, decisamente più informali, e i tre

registri interagiscono soprattutto nei pezzi d’insieme, la cui importanza si estende

oltre i finali d’atto.

Tesi 18: Sviluppo musicale del Melodramma | Aria, recitativo,

strumentazione | Decadenza

Nel teatro d’opera italiano del Settecento il concetto di un vero e proprio

repertorio stabile era pressochè sconosciuto. Infatti è più un fenomeno

Ottocentesco e moderno quello di ottenere dai teatri il maggior numero di riprese

delle opere di successo senza alterazioni, un fenomeno conseguenza soprattutto

dello sviluppo dell’editoria musicale e l’istituzione dei diritti d’autore. Molto diverseerano, invece, le modalità di creazione, produzione e consumo del repertorio

operistico del Settecento: lontani dal “protezionismo” del teatro lirico francese, in

Italia i compositori non potevano reclamare alcun diritto sulla propria opera; i

copisti potevano moltiplicarne le copie a piacimento secondo la richiesta suscitata

dai singoli pezzi. Riguardo le modalità di organizzazione dell’opera impresoriale, si

procedeva in questo modo: l’impresario prendeva in affitto il teatro, si procurava i

migliori cantanti disponibili, affidava al librettista la stesura del teso poetico, indi

incaricava il musicista di stendere la partitura; assai scarsa era l’influenza che

questi poteva avere sui cantanti, anzi, spesso le varie arie venivano riadattatesecondo i criteri della gerarchia dei cantanti stessi (ovvero: i più gettonati

venivano pagati di più e le loro arie erano più lunghe).

Tra la fine del Seicento e i primi anni del Settecento il dramma musicale serio era

caratterizzato dalla combinazione di scene tragiche, comiche e coreutiche, con una

sovrabbondanza di arie solistiche brevi. Dal punto di vista dei letterati

dell’Arcadia, accademia fondata a Roma nel 1690, il dramma per musica era

qualcosa di spurio, di assurdo e di ibrido. Essi rivendicavano la chiarezza e la

naturalezza del l inguaggio poetico  ed intendevano ricondurre il teatro

tragico ai modelli del teatro antico : ciò comportò, nel caso del dramma serio ,

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la semplificazione dell’intreccio e l’eliminazione dei personaggi buffi e delle scene

comiche.

L’opera italiana è caratterizzata dalla successione di arie e recitativi, la cui

funzione drammaturgica fu definita da Pier Jacopo Martello  nel trattato Dellatragedia antica e moderna . Egli precisò che al recitativo compete tutto ciò che è

racconto o espressione non concitata – ovvero svolge funzioni narrative e

dialogiche – mentre le arie constituiscono il momento drammatico necessario ad

esprimere ciò che è mosso dalle passioni. I versi poetici che Martello suggerisce per

i recitativi sono i settenari e gli endecasillabi sciolti, mentre per le arie i settenari e

gli ottonari. Riguardo le arie, Martello precisava che ne esistono di tre tipi per ogni

personaggio: d’uscita, media e d’entrata , ma più tardi nel Settecento le arie

verranno a caratterizzarsi secondo la situazione drammatica che esprimono: furia,

pazzia, sdegno e altre. In questo schema bisogna considerare anche i canoni

ereditati dal teatro francese che regolano l’entrata ed uscita dei personaggi – ogni

scena deve avere un personaggio in comune, tranne quando si cambia

ambientazione. In mano ai librettisti dell’Arcadia, molte furono le modifiche

apportate all’opera seria: si eliminarono gli elementi comici, si diminuì il numero

delle arie e delle scene; molte trame erano tratte dalla storia antica greco-romana

o persiana.

Tra i librettisti che influirono nello sviluppo del dramma serio ricordiamo Salvi,

David, Apostolo Zeno, ma soprattutto Pietro Metastasio  (1698 – 1782). Si

formò a Roma per poi essere attivo a Napoli, prima di essere chiamato a Vienna per ricoprire l’incarico di poeta di corte fino alla morte. Egli compose ventisette

drammi per musica, avvalendosi soprattutto della collaborazione del compositore

Johann Adolf Hasse. I drammi di Metastasio furono ideati con la precisa

consapevolezza che avrebbero trovato la loro realizzazione solo se uniti alla

musica e al canto. Concetti essenziali che sorreggono enfaticamente le vicende e i

drammi metastasiani sono le virtù dell’amicizia, della fedeltà, dell’eroismo: la

vicenda dei drammi, tutti articolati in tre atti, è sviluppata in modo tale da

convergere tutte le linee d’azione sulla catastrofe finale del terzo atto, che sfiora

la tragedia, per poi scomporsi nel lieto fine. La poesia di Metastasio sicontraddistingue per la semplicità del l inguaggio, per l’eufonia delle rime e per

la levigatezza dell’ impianto metrico ritmico; egli predilige il verso

settenario, poiché permette una più facile composizione di fraseggi simmetrici,

mentre optò per la divisione dell’aria in due strofe. Generalmente l’aria al tempo

era del tipo da capo , o tripartita:

*prima sezione, viene proposto il tema, si ripete la prima strofa passando ad

una tonalità vicina (la quinta o la relativa minore);

*seconda sezione, dove la seconda strofa viene proposta in una tonalità e

melodia contrastanti rispetto alla prima sezione;

*si passa quindi a ripetere la prima parte dell’aria, variata a seconda del

gusto e delle capacità del cantante.

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Alla fine del Seicento il recitativo  diviene l’espressione musicale predominante

delle fasi dinamiche dell’azione, nonché il tessuto connettivo fra le varie arie.

Nell’opera italiana si distinguono due tipi di recitativi: quello definito “semplice” –

oggi noto impropriamente come “secco” – e quello “obbligato”.Il primo tipo fu così denominato perché sostenuto in maniera semplice dai soli

strumenti del basso continuo: il recitativo semplice dell’opera italiana appariva

arido, tedioso, e per questo “secco”. Spesso queste critiche erano mosse alla

lunghezza e alla convenzionalità delle sue forme melodiche ritenute comuni già alla

fine del XVII secolo. La musica non rispettava alcun principio di ordine strutturale,

tematico o tonale. La parte vocale si muoveva all’interno di un registro molto

ristretto ed era articolata in stretta aderenza alla prosodia del testo poetico,

mentre i cantanti non vi inserivano di norma degli ornamenti, ad eccezione di

qualche appoggiatura.

A partire dal 1720, però, divenne abituale accompagnare gli “ariosi” con

l’orchestra ed associarli ai recitativi “obbligati”; questo genere di recitativo fu

utilizzato per mettere in risalto quelle situazioni sceniche di più alto contenuto

emotivo, patetiche e commoventi, cosicchè l’accompagnamento strumentale

possa compensare anche i momenti di pausa del cantante. In particolare, il

recitativo obbligato era posto in apertura di un cambiamento a scene lugubri in cui

il personaggio dava sfogo ad espressioni di terrore, a sentimenti malinconici.

Tesi 19: Gluck e Calzabigi | Satira dell’opera seria

Cristopher Gluck [compositore] e Ranieri de Calzabigi [librettista] collaborarono

alla realizzazione di una vera e propria riforma teatrale che è rappresentata dai loro

tre capolavori: l’azione teatrale   Orfeo ed Euridice, la tragedia messa in musica  

“Alceste” e il dramma per musica  “Paride ed Elena”.

Il loro intento di unificare gli elementi dello stile italiano e quello francese nella

realizzazione di una grande opera sovrannazionale si concretizzò a Vienna, dove i

due lavorarono insieme per molti anni. Calzabigi, che aveva assimilato il pensiero

estetico degli illuministi, vedeva non rispettata nei libretti di Metastasio l’esigenza

di portare sulla scena passioni grandi ed esemplari , che a suo avviso era loscopo principale del teatro tragico e melodrammatico. Dell’opera francese,

Calzabigi propone di conservare il ricco apparato spettacolare (ovvero il ballo e il

coro), purificandolo dal soprannaturale e mettendolo al servizio di azioni

puramente umane. Calzabigi era convinto che la poesia dovesse liberarsi delle frasi

superflue, dei paragoni, delle sentenze morali, considerate da lui inutili riempiture.

Seguendo il modello della tragedie lyrique , egli dispose liberamente i versi in base

al flusso emotivo, alternando i versi sciolti e rimati e dilatando i pezzi chiusi in

strofe di quartine di ottonari.

Gluck, in questo senso, lavorò in perfetto accordo con Calzabigi per restituire

alla parola i l suo ruolo di guida nel delicato rapporto fra musica e

poesia. Inoltre, appare evidente la loro volontà di “dignificare l’opera”, ovvero di

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seguirne l’allestimento dal l ibretto e partitura fino alla sua

rappresentazione, ed in primo luogo ciò consisteva nel non cedere a

compromessi con i cantanti o ad altri condizionamenti. Questa linea di Gluck era

comune a quella di Lully (vedi Tesi 20 ) ma non comportò rilevanti mutamenti nei

modi di produzione dell’opera italiana, mentre eserciterà maggiore influenza inFrancia e Germania e su autori italiani che ivi operarono, come Cherubini e Spontini.

L’Orfeo  (1762) di Gluck è certamente l’opera che meglio condensa tutti gli aspetti

della riforma. Tra gli elementi che appartegono all’opera italiana figurano la lingua,

il protagonista castrato, il grande recitativo accompagnato, la presenza in scena di

tre soli personaggi. Dell’opera francese sono tipici, invece, il soggetto mitologico,

le scene di coro e balletto e la raffinata e complessa orchestrazione. La

conclusione a lieto fine del dramma è comune ad entrambe le correnti. Calzabigi

progettò il libretto di Orfeo in modo da far spiccare le passioni elementari ed

umane in luogo delle abituali allegorie o dimostrazioni di virtù. Spogliata di ogni

intrigo e sprovvista di personaggi secondari, la vicenda in tre atti di Orfeo si

articola attraverso una serie di momenti chiave: la morte di Euridice, la iscesa agli

inferi, il recupero di Euridice, la sua seconda morte e l’intervento risolutore di

Amore [del tutto inventato, c’entra come il due de coppe quando briscola è spadi,

ndr.]. Il coro in Orfeo agisce come un vero e proprio personaggio che interviene

direttamente nel dialogo determinando l’articolazione formale della scena. La

scrittura corale è di norma caratterizzata da valori piuttosto lunghi e al coro è

spesso affidata la funzione di definire l’ambiente della scena, un compito condiviso

con l’orchestra, che viene “settorizzata” in timbri specifici utilizzati per descriveredeterminate scene.

Nell’orchestrazione di Gluck gli strumenti non vengono forzati in registri inusuali,

bensì trovano una naturale collocazione nel loro registro più spontaneo. Gluck

utilizza la sinfonia iniziale con carattere di necessità , ovvero non come

semplice avvertimento dell’inizio dell’opera, ma come anticipazione del

contenuto dell’opera. E’ importante ricordare, inoltre, che per la prima volta la

partitura viene stampata insieme al libretto per evitare le modifiche alle arie

(mentre in precedenza la partitura rimaneva manoscritta).

La riforma di Gluck e Calzabigi trova la sua collocazione in un periodo in cui gli

autori e i critici sviluppano un certo rigetto per alcuni tratti caratteristici dell’opera

seria. In particolare, dell’opera seria non piaceva il predominio dei cantanti,

specialmente dei castrati; l’elogio del virtuosismo degli interpreti a scapito del

significato del testo e lo scarso rispetto per le convenzioni e lo svolgimento del

dramma.

E’ in questo periodo che si diffondono libelli satirici sull’opera come Il Teatro alla

Moda   di Benedetto Marcello, con l’intento di mettere a nudo i vizi del sistema

impresariale ed in particolar modo dei cantanti. Inoltre non erano rari i libretti

satirici che con crudele comicità dipingevano i tratti dei protagonisti del sistema

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impresariale e le loro cattive abitudini: tanto per citarne alcune, ricordiamo

L’impresario delle Canarie  di Martini (1724) e la Dirindina di Scarlatti (1715).

Tesi 20: I l teatro d’Opera in Francia da Lully a Rameau | Teatro

Tedesco fino a Mozart | Purcell

A partire dal Settecento in Francia cominciò a prendere piede una forma nazionale

di teatro che fu denominata tragédie lyrique o tragédie en musique . Essa era

inserita all’interno della politica culturale di Luigi XIV, che proponeva la Francia

come modello dello stato assoluto. In questo progetto rientrava il trasferimento di

tutti i nobili dalle campagne nella reggia di Versailles, che diventò simbolo di

grandezza ed opulenza, una scelta che gli permise di distogliere i nobili dall’attività

politica. Per riuscire in questo intento valorizzò le arti ed in particolar modo la

musica, istituendo l’Accademia reale di musica e affidandone la direzione a Jean

Baptiste Lully. Con questo provvedimento, Lully diventò il legislatore assoluto di

tutti gli eventi artitico-culturali, e per tutta la sua vita si dedicò alla stesura di testi

teatrali che sarebbero stati rappresentati prima a corte e poi in pubblico: tali testi

erano appunto le tragédie en musique .

Lully controllava ogni aspetto della composizione e sovrintendeva personalmente a

tutti gli aspetti dello spettacolo, sui quali aveva sempre l’ultima parola, e

disponeva di un cast di attori e di un’orchestra sempre fissi. Una tale mole di

lavoro e l’enorme costo degli spettacoli a corte comportavano la produzione di

un’opera all’anno: per questo possiamo affermare che il metodo di lavoro di Lully è

esattamente l’opposto di quello degli impresari italiani. Il risultato del lavoro diLully è una tragedia il cui modello rimane immutato nel repertorio e non è mai

posto a modifiche, proprio perché Lully aveva il totale controllo delle

rappresentazioni.

Lully aveva concepito la tragedie lyrique secondo i canoni dei tragediografi greci, ai

quali venivano aggiunti gli ornamenti della musica e del balletto. Essa è strutturata

in cinque atti preceduti da un prologo – spesso un piccolo dramma autosufficiente

di tono allegorico – prima e dopo il quale veniva eseguita un’overture. In tutti gli

atti erano presenti dei balletti, scelta che deriva direttamente dalla tradizione del

ballet du court , e alla tradizione greca si rifà l’uso del coro, assente nell’operaimpresaria. Ingrediente principale della tragedie lyrique è il recitativo, che ha la

funzione di saldare musica e dramma in una composizione unitaria: modellato sulla

declamazione stilizzata della tragedia recitata, può essere accompagnato dal

clavicembalo o da tutto l’ensamble musicale ed esprime i momenti drammatici

dell’azione (mentre questi in Italia sono affidati all’Aria). L’aria spesso è

strettamente legata allo stesso recitativo e ne rappresenta una sorta di sfogo

finale.

Uno dei successori di Lully fu Jean Philippe Rameau, che seppe imporsi nel

panorama musicale sia come compositore di tragedie che come teorico. Infatti le

teorie contenute nel trattato Traitè de l’armonie  hanno influenzato gran parte della

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produzione musicale di tutti gli autori dell’occidente fino al novecento. Rameau fu

il primo ad elaborare una trattazione organica dell’armonia esclusivamente a partire

da considerazioni fisico-acustiche; egli afferma che nessun suono è isolato, bensì è

sempre inserito in un reticolo di relazioni che si possono spiegare solo nel contesto

degli accordi e della tonalità. Non si può dire che abbia creato il concetto diarmonia, ma di certo ha contribuito a darle una base logica e ragionata. Rameau

procedette sostituendo l’antica nozione di consonanza dei bicordi con la nozione di

un accordo unico, la triade, dimostrando che le leggi naturali conducono alla

creazione di due forme di accordo, maggiore e minore. In ogni triade esiste un

suono che definisce fondamentale sul quale è costruita la triade stessa. La

tonalità, perciò, si baserebbe sui tre accordi di tonica, sottodominante e

dominante, e le varie tonalità si disporrebbero in un circolo in cui ogni quinta ha

una forza maggiore della quinta precedente (e in cui il passaggio da do a fa

costituisce un indebolimento).

Nell’Ottocento in Francia si assiste alla nascita di due forme di opera seria a

seguito dell’influenza del romanticismo: il primo è la grand-opèra, che si basa su

vicende passionali inserite in ambientazioni storiche medievali e moderne, dove

comunque non mancano cori, balletti e grandiose scenografie (autori importanti:

Auber, Rossini, Meyerbeer); il secondo è l’opera-lyrique, che si caratterizza per

l’utilizzo di soggetti tratti dalle celebri opere della letteratura europea, come

Faust, Werther, Amleto (autori importanti: Gounod, Massenet).

Il filone opposto a questi due generi è l’opera-comique. Prima della metà del

700, l’opera-comique era un genere più teatrale che musicale, con più dialoghi chemusica, che si serviva di semplici melodie popolareggianti e di inserti parodistici di

arie tratte da tragedies liriques famose. Gretry fu tra i primi compositori a spostare

l’opera comique verso i toni dell’opera seria, uno sviluppo che avrebbe portato alla

maturità di questo genere nell’Ottocento. In un periodo come quello fra l’ultimo

decennio del Settecento e il primo decennio dell’Ottocento, il linguaggio operistico

si arricchì notevolmente sia dal punto di vista letterario sia musicale. Si cercò di

promuovere lavori operistici ispirati agli ideali patriottici e della rivoluzione, ed era

inevitabile che l’opera comique divenisse veicolo principale di trasmissione di questi

ideali in quanto era il genere che possedeva una fascia di pubblico più estesa deglialtri. Per calamitare l’attenzione del pubblico si sfruttarono spettacolari coups de

theatre e situazioni shock , e maggiore importanza assume l’orchestra

nell’accompagnare il senso dell’azione o far risaltare alcuni gesti dei personaggi, o

addirittura nell’intervenire con suoni fuori scena.

In Germania, invece, la prima forma di teatro nazionale consisteva nel Singspiel .

All’epoca di Mozart, il Singspiel era un genere ibrido, aperto agli influssi più

disparati; in origine era una commedia in musica, o meglio con inserti cantati,

basata su argomenti fantastici, favole o storie popolaresche ambientate in luoghi

immaginari. Le arie erano di facile esecuzione e di forma strofica, mentre i

recitativi erano sostituiti da sezioni in prosa. L’intenzione era quella di fondare un

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genere teatrale in lingua tedesca i cui protagonisti fossero personaggi estratti dal

mondo popolare.

A Vienna, il Singspiel venne apprezzato anche dalgi ambienti aristocratici. E fu

questa tendenza che suggerì a Mozart di concepire Il ratto del Serraglio attingendo

a piene mani sia dall’opera comica italiana, sia dal Singspiel.  Le innovazioniintrodotte da Mozart da una parte permisero una nuova autonomia di questo

genere, dall’altro portarono, con le fusioni fra teatro tedesco ed opera italiana, alla

creazione del Don Giovanni . Esso rappresenta un genere tutto a sé, in quanto nel

Don Giovanni si trovano mescolati elementi seri, comici e tragici, in cui si alternano

personaggi seri e buffi. Mozart lo definì “dramma giocoso”, proprio perché esso

contiene tematiche profonde che però vengono trattate in modo apparentemente

leggero (per la trama, pag. 57 degli appunti).

A partire da Mozart, il Singspiel costituì un terreno fertile per lo sviluppo del teatro

nazionale tedesco. Nel corso dell’Ottocento, esso subì le influenze sia dell’opera

comique (nei dialoghi parlati, ad esempio) sia dell’opera italiana (nella tendenza a

strutturare l’opera in “numeri” e nell’uso del rapporto fra recitativo ed aria per

creare blocchi chiusi). L’opera che rappresenta meglio questa evoluzione è Il

franco cacciatore  di Weber, in cui si vedono riuniti tutti i caratteri tipici del teatro

tedesco: soggetto tratto da letteratura nazionale, ambientazione misteriosa e

selvaggia, interventi demoniaci e soprannaturali, personaggi umili. In particolar

modo, il modo in cui questi elementi vengono fusi con l’orchestrazione nella

celebre scena della “valle del lupo” ci permettono di determinare un fertile terreno

dal quale partirà Wagner nella creazione della sua opera d’arte totale .

In Inghilterra, infine, l’autore più importante da ricordare è Henry Purcell. Tra i

lavori teatrali di Purcell si ricordano opere mirabili come “King Arthur”, “The Fairy

Queen” adattamento del celebre “Sogno di una notte di mezza estate” di

Shakespeare , “The Tempest” sempre ridotta da Shakespeare, e il melodramma

“Dido and Aeneas” basato su una tragedia del poeta Nahum Tate.

Tesi 21: Trapianto dell’Opera Italiana in Francia, Germania e Russia

La matrice impresariale dell’opera veneziana si spinse ben presto al di là delle Alpi,e a partire dalla metà del XVII secolo si diffuse in quasi tutta l’Europa centrale. In

particolar modo, in Francia l’opera italiana fu introdotta per motivi politici dal

ministro cardinale Mazarino con l’intento di italianizzare la cultura a corte e nella

capitale. Ma in Francia l’opera italiana non ottenne il successo sperato: da una

parte vi erano numerosi motivi legati alla trama troppo complessa, ad un noioso

sistema di arie e recitativi, al contestato uso di castrati; dall’altra giocavano un

ruolo fondamentale motivi politici, alla luce dei quali la politica culturale di Mazarino

apparve contraria all’ondata di sentimento nazionalistico che stava invadendo la

Francia. Per questo l’opera italiana si trovò in contrasto con quella francese, con la

nascita di due dispute: la Querelle de Buffons   (sostenitori opera buffa vs

sostenitori opera-comique) e la Querelle fra gluckisti e Piccinnisti. Tra gli autori

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“trapiantati” quello più conosciuto era certamente Piccinni; mentre autori come

Spontini e Cherubini contribuirono alla crescita dell’opera francese; in seguito,

Rossini (Maometto II ) e Donizzetti avrebbero composto opere adattandosi al gusto

francese.

Fautore dell’arrivo dell’opera italiana a Vienna fu Leopoldo I, che permise il

successo di autori come Antonio Draghi e, in seguito, Bononcini e Salieri. A Monaco

erano famosi Steffani, Bernabei e Torri; comunque sia, fino al Romanticismo le corti

tendevano a prediligere le opere straniere al Singspiel , vedi autori come Hasse che

scrivevano opere italiane, mentre in seguito l’opera italiana avrebbe esercitato

influenze nello sviluppo del teatro nazionale tedesco.

In Russia la presenza italiana fu influente soprattutto a partire dal regno di Caterina

II la Grande; famosi erano autori come Galuppi, di scuola veneziana; Paisiello e

Cimarosa, di scuola napoletana; Sarti.

Tesi 22: L’opera italiana nel secolo XIX

Nell’Ottocento l’opera italiana vive un periodo di profondo mutamento tanto del

sistema organizzativo quanto delle forme. Fino alla metà del secolo erano gli

impresari a gestire direttamente il successo o il fallimento della stagione operistica

di un dato teatro. Ma con l’affermazione degli editori musicali, grazie alla nuova

legislatura sul diritto d’autore e alla crescita del mercato delle musiche operistiche

a stampa, l’impresario diventa poco più di una figura secondaria. Dal 1850 sono glieditori a commissionare opere, controllare la qualità delle esecuzioni, fornire

disposizioni sceniche e finiscono anche col dettare la distribuzione delle parti delle

opere.

Con l’affermarsi dell’editoria operistica del secondo Ottocento, i compositori

puntano sì alla popolarità immediata, ma come un passaggio obbligatorio per

conquistare un posto fisso nel repertorio  e ricavare lauti profitti nel lungo

termine. Non sono rari casi di autori divenuti famosi con una sola opera: ricordiamo

Mascagni con Cavalleria Rusticana  e Leoncavallo con Pagliacci .

Così, parallelamente all’editoria, venne a formarsi il concetto di repertorio , ovveronei teatri si cominciò a mettere in scena opere anche di generazioni precedenti. Il

Barbiere di Siviglia di Rossini è tra le prime opere italiane a non essere mai

scomparse dalle scene, insieme alla Lucia di Lammermoor di Donizetti.

Già nel 1816 le opere di Rossini entrarono nel repertorio. La sua fortuna in campo

europeo cominciò con Tancredi   e le grandi opere comiche L’Italiana in Algeri,  Il

turco in Italia, Il Barbiere di Siviglia e Cenerentola . Del periodo napoletano sono

Otello , Armida , Mosè in Egitto , La donna del lago , Maometto II . Seguì il periodo di

Parigi, dove gli fu affidata la direzione musicale del Theatre Italien e la carica di

Primo compositore del Re, un titolo che si guadagnò scrivendo opere nel gusto

francese del grand opera .

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Bellini svolse la sua carriera artistica nell’arco molto breve di nove anni. Scrisse

opere per il San Carlo di Napoli e per Genova. I libretti di quasi tutte le opere di

questo periodo furono scritti da Felice Romani. Poi si trasferì a Parigi, dove rimase

fino alla morte. Fra le sue opere principali ricordiamo Bianca e Gernando , Il Pirata e I

puritani .Donizetti fu attivo a Napoli, Roma, Genova e Milano, ottenendo successi con le

due opere Anna Bolena e Lucrezia Borgia . Dopo un periodo trascorso a Parigi tornò

a Napoli per scrivere Lucia di Lammermoor , considerato uno dei capolavori del

romanticismo musicale italiano. Fu un compositore molto prolifico, lasciandoci una

settantina di opere per il teatro musicale, lavori cameristici vocali, pezzi sacri e

composizioni strumentali.

La carriera artistica di Verdi si protrasse per cinquant’anni con una produzione

complessiva di trentadue melodrammi. Esordì alla Scala con Oberto , e dopo

l’insuccesso dell’opera Un giorno di regno   riacquistò popolarità con il celebre

Nabucco . Seguirono I Longobardi alla prima crociata , Giovanna d’Arco  per Milano;

Ernani, Attila, Rigoletto e La traviata per Venezia; I due Foscari, La battaglia di

Legnano, Il Trovatore e Un ballo in maschera per Roma; Alzira e Luisa Miller per

Napoli; Machbeth  per Firenze. A Milano, inoltre, Verdi stabilì uno stretto rapporto

con la Casa Ricordi, che durerà per tutto il resto della sua vita. Per grandi teatri

stranieri compose La forza del Destno, I Don Carlos e l’Aida. Alla sua produzione si

aggiunse la Messa da Requiem del 1874, e concluse la sua carriera con l’opera

comica Falstaff .

Il crescente prestigio sociale dell’operista fece sì che si rovesciassero i ruoli fralibrettista e musicista. Ora era il compositore ad avere influenza nella realizzazione

del discorso drammatico, nella scelta del soggetto, nella distribuzione della materia

drammatica del libretto. Il librettista si ridusse ad abile arrangiatore-riduttore di

drammi teatrali o romanzi altrui. Si allargò notevolmente il repertorio dei soggetti

operistici, traendo spunto da fonti europee, che meglio della storia antica

soddisfavano l’esigenza di forti contrasti e conflitti psicologici dei personaggi. Dalla

drammaturgia francese, specialmente dell’opera comique , gli operisti attinsero in

abbondanza i vari effetti spettacolari, le situazioni clamorose e la tecnica del coup

de theatre , che contribuirono all’efficacia teatrale del melodramma.Nuovo è anche il modo in cui vengono distribuite le parti e messe in relazione le

varie voci. Spesso si trova il triangolo soprano (eroina femminile) tenore

(innamorato) e basso (insidiatore o geloso), vedi I puritani di Bellini e Il trovatore di

Verdi. Fra gli elementi che determinano sitazioni di tensione nelle trame troviamo il

legame affettivo fra padri e figli, il desiderio di potere, il senso dell’onore, la lotta

contro l’oppressione dello straniero, e figura ricorrente è quella del tiranno

contrapposta all’esule, che immettono l’opera in un’atmosfera avventurosa.

Il libretto dell’opera seria è generalmente concepito in due o tre atti, e la trama si

presenta come tonalità di situazioni e non più come alternanza di singoli momenti

“affettivi” diversi e contrastanti. Ad ogni situazione corrisponde un “numero

musicale” costituito da una successione di episodi musicali multiformi: ogni numero

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è dotato di una propria autonomia morfologica, oltre ad essere il formato in cui

venivano smerciate le opere al tempo (ovvero, si richiedevano spesso non le opere

intere, ma riduzioni di specifici “numeri” di quelle). Oltre al fenomeno della

progressiva diminuzione del recitativo semplice, si assiste al mutamento della

locuzione “uscire di scena”, sostituito con “entrare in scena”, e allo stesso modone risente la terminologia delle arie (di “entrata” ed “uscita”).

Nel sistema delle voci il castrato sopravvisse fino agli anni venti e veniva sostituito

da un contralto en travesti   laddove non era reperibile. Rossini fu il primo, invece,

ad affidare al tenore le parti di amoroso assieme a quelle abituali di antagonista,

che portò ad una vocalità tenorile espressa a voce piena specialmente nel registro

acuto. Il basso romane il simbolo della saggezza, della solennità e della tarda età,

mentre il baritono nacque in funzione di antagonista, incarnando sia i sentimenti di

odio e violenza, sia di figura nobile e cavalleresca, e ad utilizzarla per primo fu

Verdi. Infine, la voce femminile è legata a personaggi idealizzati, mentre il

mezzosoprano è l’equivalente femminile del baritono in parti di antagonista del

soprano.

So l i ta Fo rma : è il nome con il quale Basevi faceva riferimento alla forma comune

assunta dall’opera italiana nell’Ottocento. L’organizzazione si basa sulla

successione di grandi unità o “numeri” musicali funzionali al discorso drammatico.

!  0: Scena . Imposta la situazione emotiva che precede il pezzo chiuso: al suo

interno si possono trovare tanto momenti statici quanto dinamici. Nelle arie e

nei duetti è scritto in recitativo accompagnato (non semplice).

1: Tempo d’attacco . Sezione cinetica in cui avviene lo scontro dialettico fra ipersonaggi, talvolta in stile “parlante” (ovvero sillabando). La conclusione di

questa sezione è sempre ben evidente, un coup de theatre  come un segnale

sonoro o una voce fuori scena.

!  2: Adagio/Cantabile . Sezione statica in cui il culmine sentimentale trova

sfogo, come reazione al colpo di scena in 1. Sospesa l’azione drammatica.

!  3: Tempo di Mezzo . E’ sullo stile del tempo d’attacco, il tempo riprende a

scorrere e l’azione ritorna dinamica.

!  4: Cabaletta . E’ la situazione conclusiva in tempo mosso, in cui si sfoga la

nuova situazione.Ognuno dei momenti della solita forma è sottolineato da un cambiamento di

metro, tempo o tonalità. Su questo schema di massima si possono innestare molte

varianti: nei pezzi solistici la struttura può essere semplificata omettendo 1 e/o 3,

mentre nei finali d’atto può essere ampliata laddove i numeri 2 e 4 prendono il

nome di Largo e Stretta .

L’aria che i personaggi cantano entrando in scena per la prima volta si chiama

Cavatina : un esempio è quella in cui Figaro scassa i maroni ripetendoci che è il

barbiere di Siviglia e che tutti lo cercano e lo vogliono (credo per i debiti che si

lascia in giro, ma è solo una supposizione, ndr ). Molto comune è l’aria a due sezioni

contrastanti, una lenta e riflessiva ed una veloce e virtuosistica, conosciuta come

Cabaletta . La cabaletta fa parte di un duetto o un pezzo composito, di cui essa

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costituisce la conclusione, ma il termine viene applicato anche alla stretta

conclusiva di un duetto in quattro tempi.

Grande importanza assumono i concertati d’insieme di vaste proporzioni,

specialmente nei finali d’atto e d’opera, in cui ogni carattere sulla scena è travolto

da una voragine collettiva nell’intento di creare un clima di eccitazione psicologica.Anche i concertati finali seguono, di norma, la struttura quadripartita della solita

forma .

Bellini, Donizetti e Verdi hanno accolto ed insieme trasformato la struttura

tradizionale della solita forma . Verdi, in particolare, puntò ad adattare e piegare le

strutture formali alle esigenze dello sviluppo drammatico. L’esempio tipico è Il

Rigoletto , l’unica opera verdiana priva di concertati e finali d’atto, e vi si trovano

pochissimi pezzi d’assolo solistico, mentre preminenza assoluta è data ai duetti,

che possiedono tanto un peso formale quanto un’importanza sostanziale nello

sviluppo e confronto psicologico dei personaggi. Per rendere con eloquenza il

frequente mutare dei sentimenti Verdi ricorre ad una vocalità “parlante”,

caratterizzata da una libera articolazione ritmica, mentre tutto l’interesse melodico

sta nell’orchestra. Un posto in primo piano ha in Rigoletto il colore strumentale.

L’ambiente di corte di Mantova viene sottolineato con una serie di tre danze

eseguiti da diversi gruppi strumentali, mentre l’ambiente notturno in cui si svolge il

duetto fra Rigoletto e Sparafucile è descritto da un tessuto orchestrale

tipicamente oscuro di fagotti, clarinetti, viole, violoncelli, contrabbassi e grancassa.

Con l’appellativo di giovane scuola si accomuna un gruppo di compositori dediti

al melodramma che a partire dalla seconda metà dell’Ottocento prese il nome diVerista: fra questi i nomi di spicco furono Mascagni, Leoncavallo e Puccini. I

compositori della giovane scuola sono accomunati da certe affinità stilistiche, in

particolare nell’uso di una vocalità molto enfatica ed inflessioni vicine al linguaggio

parlato. Alla formazione di questo gruppo contribuì il movimento letterario

d’avanguardia detto scapigliatura   e l’influenza del verismo letterario di Giovanni

Verga, attraverso i quali si portano in scena drammi amorosi di tragica passionalità,

d’ambientazione contemporanea e rurale, popolati da personaggi di basso livello

sociale.

Con Puccini, il melodramma verista diviene al tempo stesso prodotto e portavocedegli ideali piccolo borghesi del tempo. Nell’approntare il testo musicale delle sue

opere Puccini procedeva molto lentamente, mentre quanto mai variata è la materia

tematica dei libretti delle sue opere. Il tema centrale che ivi ricorre è l’amore e la

morte, due sentimenti che con una crescita graduale della tensione portano alla

catastrofe finale. La maggior parte delle opere si svolge in uno schema fisso in cui

nel primo atto si vede l’incontro dei due innamorati, nel secondo è introdotta la

prima svolta fondamentale del dramma, che si conclude con un colpo di scena,

mentre nel terzo vi è lo scioglimento della vicenda con un lamento disperato di uno

dei due protagonisti. Tra le opere più importanti ricordiamo La Boheme , Madama

Butterfly , La fanciulla del West e Turandot .

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Tesi 23: Wagner e i post-Wagneriani

L’idea fondamentale di Wagner era che l’opera in musica – in passato ritenuta una

forma d’arte inferiore nella gerarchia estetica – potesse essere un’opera d’arte nel

senso assoluto della parola, la quintessenza dell’arte. Egli mirava, col suo progetto,a realizzare, appunto, l’opera d’arte totale , il Gesamtkunstwerk , unione di

fenomeni artistici, visivi ed uditivi. Per questo affermava che la musica sinfonica e

cameristica appartenessero al passato, mentre il dramma musicale fosse la vera

espressione artistica del futuro. Con la sua idea di Festspiel , “sagra scenica”, egli

operò una rivoluzione integrale dell’opera che investì contemporaneamente la

concezione drammatico-musicale, le abitudini del pubblico e perfino l’edificio che

doveva ospitare le rappresentazioni. Di quest’ultimo aspetto bisogna ricordare che

Wagner fu il primo ad ideare la fossa orchestrale , ovvero la collocazione

dell’orchestra in una fossa fra il palcoscenico e la platea, in modo da nascondere al

pubblico la vista degli strumenti e conseguire una maggiore compattezza sonora

fra strumenti e voci. Nelle opere scritte fino al 1850 (Die Feen , Rienzi , L’olandese

volante , Tanhauser , Lohengrin ) Wagner si riallaccia alla tradizione operistica che

poi criticherà in età matura: i suoi modelli sono le grands operas di Spontini e

Meyerbeer e i Singspiele di Weber, e sono presenti ancora gli elementi

convenzionali di aria e recitativo. Innovazioni sono introdotte nell’organico

orchestrale, specialmente con l’ampliamento della sezione dei legni.

Le opere della maturità sono Tristano e Isotta , I maestri cantori di Norimberga , la

tetralogia dell’Anello  e Parsifal . Per questi lavori Wagner modificò il proprio metodo

creativo, che si fece più lungo e complesso. A partire dal 1850 i motivi orchestralierano abbozzati fin dalle prime fasi, segno dell’importanza maggiore attribuita alla

musica rispetto alla parola. L’obiettivo di Wagner era il superamento delle

preordinate simmetrie dei “numeri”della solita forma . Ciò comporta non solo

l’eliminazione del sistema fisso di arie e recitativi, ma anche, a livello poetico e

musicale, l’utilizzo continuo della forma del Durchkomponiert . Nella scelta dei temi,

Wagner rimpiazzò i miti dell’antichità classica con i miti germanici, segno del forte

sentimento nazionalistico proprio della musica di Wagner.

Tristano e Isotta è basata su una saga medioevale di origine celtica, in cui si

narra la passione amorosa dei due amanti irresistibilmete legata alle tenebre e allamorte, unico vero appagamento ed insieme compimento del loro amore.

La tetralogia dell’Anello è ispirata ai miti e alle leggende del Medioevo

tedesco e narra delle vicende attorno all’anello forgiato dal nibelungo Alberich con

l’oro del Reno. Questo è stato rubato dapprima da Wotan, re degli dei, ma l’anello

nasconde una maledizione che porta sventura a chiunque ne entri in possesso. Nel

secondo episodio, Siegmund, figlio di Wotan, si abbandona ad un amore incestuoso

con Sieglinde e genera Siegfried, e grazie all’aiuto della sorella Brunhilde, Sieglinde,

con ancora in grembo Siegfried, riesce a fuggire. Nel terzo episodio, dopo la

punizione inflitta da Wotan a Bruhnilde, Siegfried è ormai cresciuto e, dopo aver

recuperato l’anello, salva Bruhnilde; ma nell’ultimo episodio egli, dopo averle

affidato l’anello, beve per sbaglio un filtro che gli fa perdere la memoria e la

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abbandona; lei si vendica facendolo uccidere, ma il rimorso la spinge a buttarsi sul

rogo dove sta bruciando la salma dell’eroe e l’anello viene perduto nel Reno. Le

fiamme della pira raggiungono il castello degli dei e lo consumano distruggendo

ogni cosa. Un finale da armageddon , insomma.

I Maestri Cantori di Norimberga si rifà alle vicende storiche delle corporazionicanore del Cinquecento tedesco e alle loro gare di canto.

L’ultima opera, Parsifal, nasce dall’unione di due leggende: la prima, quella

del graal, la seconda, quella di Parsifal (dall’arabo, “puro e folle”), eroe simbolo

della semplicità incontaminata, destinato a salvare l’umanità attraverso la rinuncia

agli egoismi e alle passioni della carne. La differenza fra il soggetto del Parsifal e i

miti germanici delle opere precedenti è il suo carattere religioso, che ha comunque

a che fare con la fede cristiana più filosofica che confessionale. Parsifal deve

recuperare la sacra lancia di Longinus per mettere fine alle atroci sofferenze di

Amfortas, re dei cavalieri del Graal, che avranno fine solo quando la lancia che lo ha

trafitto toccherà di nuovo la sua ferita. In quest’opera, Wagner fa ricorso ad una

quarantina di Leitmotive e alla tecnica dello Stabreim , o allitterazione: si tratta di

una tecnica versificatoria basata sulla ripetizione di consonanti eguali fortemente

accentate, all’inizio di due o più parole successive, che da particolare rilievo tanto

di suono quanto di significato alle singole parole. Ciò porta alla creazione di versi in

cui il numero di sillabe è irregolare e al conseguente abbandono della struttura

simmetrica della frase a 4 o 8 battute.

Le linee melodiche Wagneriane sono tutte di ampio fraseggio: prive della struttura

4+4 o 8+8 esse sembrano estendersi senza fine dando vita al concetto di

me lod i a i n f i n i t a . Lo strumento di comunicazione principale è l’orchestra, cheoltre a fornire la base armonica enuncia i Le i tmot i v e. Il Leitmotif è il periodico

ricorrere di temi nel corso di un’opera. E’ una precisa unità musicale che viene

associata ad uno stato d’animo riguardante singoli personaggi, oppure ad una

situazione particolare o addirittura ad un personaggio in scena. I Leitmotive

commentano ed espongono l’azione e il pensiero dei personaggi laddove il gesto e

la parola non bastano, e ricompaiono nell’opera ogniqualvolta si presenta quel

determinato fattore scatenante e sempre in veste nuova, variandone l’armonia,

l’organico che lo esegue o la tonalità.

Radicali modifiche sono apportate all’organico strumentale: ampliata la sezioneottoni, il numero delle arpe e anche dei timpani. Dal punto di vista armonico,

invece, le opere Wagneriane rappresentano gli estremi sviluppi del sistema tonale,

in cui l’accento sonoro cade più sulla dissonanza che sulla consonanza, dando vita

ad accordi multipli ed ambigui.

Tesi 24: Origini e prime forme della musica strumentale moderna;

Canzone, fantasia, ricercare, toccata e fuga.

Canzona: nei primi anni del Cinquecento in Italia era in voga la pratica di

trascrivere in veste strumentale invariata la chanson   polifonica vocale francese.

Nella seconda metà del secolo, così, andò affermandosi una consistente

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produzione per tastiere (le intavolature ) e strumenti d’insieme basate sui modelli

formali e strutturali della chanson . In particolare, la chanson parigina è

caratterizzata da una chiara inclinazione alla “musica a programma”, ovvero a

cogliere gli elementi descrittivi e narrativi del testo attraverso l’uso di una tecnica

polifonica movimentata.In un primo tempo, la canzona era basata prevalentemente sui procedimenti della

scrittura contrappuntistico-imitativa, e della chanson vocale conservava alcuni

tratti quali temi brevi e pregnanti, la triplice ripetizione della stessa nota nei temi

iniziali, l’alternanza di sezioni a ritmo binario e ternario.

Il secondo stadio della canzona si discosta dalla pura e semplice trascrizione per

diventare una parafrasi e rielaborazione dei temi della chanson , pur continuando a

far riferimento a modelli e procedimenti francesi, come l’imitazione a coppie , in cui

le voci superiori ed inferiori si alternano a coppie nella presentazione del tema, e

assume importanza rilevante l’organo, in grado con i suoi registri di realizzare gli

effetti d’eco tipici soprattutto della canzona veneziana. Allo sviluppo della canzona

per strumenti contribuì Gabrieli, che portò all’abbandono del metodo

contrappuntistico a favore della struttura omofonico-accordale dividendo

l’organico in più gruppi contrapposti.

Bisogna ricordare che non è sempre possibile stabilire in quest’epoca una netta

distinzione fra la canzona e gli altri generi strumentali.

Ricercare, fantasia, capriccio: il termine è utilizzato per indicare brevi

composizioni di carattere improvvisatorio e rapsodico, ornamentate da esuberanti

passaggi che sfruttano una determinata tecnica dello strumento stesso. Perciò, ilricercare è caratterizzato da un fitto tessuto polifonico e da una scrittura

costantemente imitativa. In molti casi, questo aspetto del ricercare gli valse la

funzione di pezzo introduttivo e preludiante. Dalle fonti, i termini ricercare e

fantasia risultano spesso equivalenti e tra i due generi non sussiste una profonda

differenza stilistica e formale: possiamo comunque affermare che la fantasia ha

una struttura compositiva più libera. Le composizioni che tendevano a mettere

particolarmente in luce l’estro e l’ingegno inventivo del compositore venivano

definite capricci , ma anche in questo caso il termine è intercambiabile.

Toccata: intorno ai primi decenni del XVI secolo, la toccata condivide con il

ricercare la funzione di brano preludiante ed introduttivo, dall’andamento libero e

fantasioso, derivato da una ricerca estemporanea sullo strumento. Questa forma di

composizione prettamente strumentale fu dapprima applicata ai brani per liuto

sotto il nome di tastar le corde . Ma nella seconda metà del XVI secolo la toccata

era il solo genere del repertorio da chiesa destinato esclusivamente all’organo.

Esso talvolta assume il nome di “intonazione” laddove la sua funzione era di dare

l’intonazione all’officiante o al coro. Le toccate dei grandi maestri Gabrieli e Merulo

cominciano solitamente con accordi tenuti seguiti da brillanti passaggi di bravura

affidati ad una mano, mentre l’altra prosegue con accordi di breve o semibreve.

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Merulo, in particolare, arricchiva questo libero gioco improvvisativo alternandolo a

sezioni nello stile fugato del ricercare.

Fuga: è un procedimento compositivo basato sul principio di imitazione e

ripetizione, destinato tanto alla musica vocale quanto a quella strumentale. La fugaè divisa in tre sezioni:

!  Esposizione : il brano si apre con l’enunciazione degli elementi tematici

fondamentali, ovvero il soggetto, risposta e controsoggetto. Il soggetto

è il tema principale, che viene presentato immediatamente alla tonica e poi

alla dominante al fine di essere riconosciuto nel corso dello sviluppo dello

stesso. Il soggetto passa di voce in voce: quando una voce non ha il soggetto

essa presenta il controsoggetto, che è l’insieme degli elementi

contrappuntistici che accompagnano il soggetto. La risposta  è la versione

modificata del soggetto – una quinta sotto o una quarta sopra – che può

essere reale o tonale : reale quando riproduce gli stessi intervalli del soggetto,

tonale quando riproduce una piccola differenza di intervalli.

!  Divertimenti e ripercussioni : sono sezioni modulanti con un frammento di parti

secondarie di imitazione di materiale già sentito. I divertimenti sono tre: I

divertimento, dalla fondamentale alla relativa maggiore o minore in

contrappunto, da esso si passa alla I ripercussione , una riesposizione in

maniera non completa; II divertimento , in contrappunto doppio e triplo, segue

la II ripercussione , uguale alla prima ma in sottodominante o in secondo grado;

III divertimento , falso contrappunto triplo in cui le voci non si possono

invertire, conduce al pedale di dominante che prepara la cadenza sul V grado.!  Stretti : esposizione del soggetto in cui il controsoggetto è più ravvicinato,

ovvero comincia prima   che finisca il soggetto. L’ultimo stretto porta alla

conclusione su pedale di tonica.

Tesi 25: la musica strumentale nel secolo XVII | Suite | Partita | Sonata

da chiesa e da camera.

Fin dal Medioevo la danza aveva occupato un’enorme importanza nella vita di

corte, ma le composizioni dedicate a questa attività erano per lo più improvvisate,mentre già a partire dal Cinquecento queste assumono una forma ed una funzione

molto più autonoma, ovvero cominciano ad essere concepite esclusivamente per

l’esecuzione . Solitamente queste danze erano associate a due a due, la prima lenta

in ritmo binario, la seconda veloce e in ritmo ternario (pavana e gagliarda, oppure

passemezzo e saltarello) o anche a tre. All’inizio del Seicento questa successione

di brani collegati fra loro prese il nome di suite, e il compositore tedesco

Froberger  fu il primo a portare il numero delle danze da tre a quattro, che è il

vero standard della suite.

Allemanda, di origine tedesca, tempo binario, ritmo moderato.

!  Corrente, di origine francese, tempo ternario, ritmo veloce.

!  Sarabanda, di origine spagnola, tempo ternario, ritmo lento e cadenzato.

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!  Giga, di origine anglosassone, tempo ternario, ritmo veloce.

Poteva accadere che fra la terza e la quarta danza fossero eseguite altre coppie di

danze. Tutte le danze della suite avevano stessa tonalità, stessa forma

(bipartita e monotematica) e stesso percorso armonico (impianto !  relativa

|:| relativa!

 impianto).Il termine Partita è spesso utilizzato da autori come Kuhnau e Bach come

sinonimo di suite, ma in principio aveva tutt’altro significato. Infatti si definivano

partite una serie di variazioni a sezioni (“parti”) su bassi tipici, un procedimento

derivato da un tipo di variazioni definite su basso ostinato , in cui le varie voci

vengono costruite su uno schema armonico-melodico ricorrente presentato al

basso.

La sonata del Seicento deriva dalla “canzona da sonar” attraverso un processo

che porta alla diminuzione delle sezioni, alla loro separazione e all’ampliamento

della loro struttura. Essa poteva assumere nomi diversi a seconda dell’organico e

della struttura formale: generalmente era detta sonata a tre, nella forma più

comune di Violino I, Violino II e basso continuo, ma bisogna ricordare che in

principio non era usanza specificare l’organico, la cui scelta era affidata alla

necessità e al gusto. A favorire lo sviluppo di questo genere fu Biagio Marini, che

in Affetti Musicali descrive sia tecniche esecutive per violino (come il tricordo e il

tremolo), sia le migliori scelte di organico strumentale.

La sonata, inoltre, poteva essere da chiesa o da camera. Nel primo caso, la sonata

aveva una destinazione ecclesiastica; nella forma, era divisa di solito in 4 sezioni

indicate con la loro agogica (Lento, Allegro, Adagio, Vivace) di cui almeno unadeve essere di carattere imitativo-contrappuntistico. La sonata da camera, invece,

poteva avere 4 o 5 sezioni, di cui una sostituibile con una danza e affiancate per

contrasto sia di tempo che ritmo.

Analogamente alla sonata a tre si sviluppano due tipi di sonata: la sonata a solo,

ovvero per strumento solista e basso continuo, generalmente in tre movimenti

veloce – lento – veloce; e la sonata per clavicembalo, il cui grande maestro fu

Domenico Scarlatti. Figlio di Alessandro Scarlatti, in gioventù scrive opere serie,

buffe, intermezzi, per poi trasferirsi in Spagna e dedicarsi esclusivamente al

clavicembalo, scrivendo oltre seicento sonate per clavicembalo solo. Le sonatescarlattiane hanno struttura monotematica e bipartita, dai caratteri più svariati.

Spesso Scarlatti ricorre allo sfoltimento delle voci, ovvero alla diminuzione

progressiva delle voci fino al numero di due, un procediento che prosegue di pari

passo all’introduzione del brano in forma contrappuntistica per poi passare ad uno

svolgimento del tutto omofonico ed omoritmico. Le sonorità metalliche dello

strumento vengono utilizzate al fine di imitare quelle dell’orchestra o di altri

strumenti, attraverso figure ritmiche come le note ribattute o note puntate. Non

mancano, inoltre, esempi di temi popolareggianti.

Ecco alcune figure importanti del panorama della musica strumentale nel Seicento.

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Arcangelo Corell i (1653-1713), violinista, opera a Roma presso la villa della

regina di Svezia, Cristina, al tempo sede dell’Accademia dell’Arcadia e scrive solo

musica strumentale. Compone sei raccolte, divise fra sonate a tre, sonate per

violino e basso continuo e 12 concerti grossi, ovvero l’organico della sonata a

tre con un ripieno di archi. Nelle composizioni di Corelli, il basso continuo non silimita al sostegno ma partecipa attivamente al contrappunto, come nello stile

severo cinquecentesco, ma allo stesso tempo con Corelli si definisce ulteriormente

la tonalità. Lo stile di Corelli è sempre stato emblema di razionale semplicità, che

nello strumento si traduce nella scelta di una virtuosità “temperata”, in cui rinuncia

a certi ritrovati stravaganti di autori predecessori e suoi contemporanei (come la

“scordatura” di Marini) a favore di una tecnica pulita e precisa, alla portata del

“suonatore medio” e allo stesso tempo decisamente espressiva grazie alla

dicotomia fra il fraseggio dell’arco e l’arte del canto.

Girolamo Frescobaldi (1583-1643), nato a Ferrara, operò a Roma nel campo

della musica strumentale ed in particolar modo per strumenti a tastiera e fu

organista virtuoso. Il suo genio compositivo si esprime al meglio nelle toccate; pur

seguendo il modello veneziano dell’apertura ad accordi seguita dai passi virtuosi,

unisce saggi di pura tecnica tastierista a passaggi pieni di affetti trattati in stile

imitativo; si serve sia del sistema modale tradizionale, sia di quello tonale,

sperimentando sui cromatismi.

Tesi 26: La musica strumentale nel Settecento | Concerto | Forma

Sonata ?) | Sinfonia.

Il Settecento fu il secolo in cui la musica strumentale, solistica e d’insieme,

conobbe un incremento di produzione e di consumo incomparabile e alle epoche

precedenti. Innanzitutto, si manifestò un aumento della dimensione pubblica delle

attività musicali che stimolò l’editoria grazie anche alla nuova tecnica delle lastre di

rame. Numerose erano le manifestazioni concertistiche, molte a pagamento, dette

“Accademie Musicali”: tali iniziative contribuirono ad allargare il numero dei

partecipanti alla gioia di sentire e di fare musica, che prima era privilegio esclusivo

delle classi aristocratiche. Figura cardine in quest’ottica è quella dell’esecutore“dilettante”, ovvero un esponente dell’aristocrazia o della borghesia che si

dedica allo studio di uno strumento non per scelta professionale, bensì per proprio

piacere. Tale figura si diffuse innanzitutto nei paesi nordici, soprattutto protestanti

di lingua tedesca, mentre i primi concerti pubblici a pagamento ebbero luogo a

Londra; poco si sa sulle istituzioni che ne organizzavano in Italia, eccezion fatta

per gli Ospedali.

Ben presto si assistette al tramonto dell’editoria italiana – soprattutto quella

veneziana – di fronte al diffondersi di quella nordica, che si avvaleva della nuova

tecnica delle lastre di rame, molto più economica e versatile dei caratteri mobili –

abbiamo per esempio la testimonianza di Vivaldi riguardo le edizioni straniere ed

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italiane delle proprie opere a confronto – una situazione che spinse i compositori

italiani a cercare lavoro e fortuna all’estero.

Con il termine s i n fon i a  si indicava o una composizione generalmente destinata ad

essere eseguita da molti strumenti, o un pezzo strumentale di varia natura formaleda eseguirsi avanti o all’interno di un evento teatrale. Questi brani non avevano

uno schema formale ben preciso, ma si potevano articolare in due, tre o anche

cinque movimenti.

Col tempo prese piede lo schema a tre movimenti  (veloce lento veloce),

utilizzato per la prima volta da Perti e Alessandro Scarlatti; uno schema che fu

ampliato dai napoletani a partire dal 1720. Il primo movimento prevedeva due temi

differenziati per tonalità (tonica e dominante); nei tempi lenti lo stile cantabile

sostituì i solenni accordi delle sinfonie precedenti; i movimenti di chiusura erano

spesso ternari in forma di danze. Si ipotizza comunque che la sinfonia abbia

cominciato ad “emanciparsi” dal melodramma fra il 1720 e il 1730.

Nell’ultimo ventennio del Seicento, con l’affermarsi del principio di alternare alle

melodie degli strumenti solisti le interruzioni del “tutti” , nacquero i primi

elementi che avrebbero dato vita al conce r to so l i s t i co . Un’innovazione fu

l’introduzione nell’orchestra d’opera della tromba, in principio con l’intenzione di

esprimere gli affetti eroici, bellicosi, di collera, di vendetta. Parallelamente a

Bologna era fiorito un repertorio di musiche per una o più trombe e complessi

d’archi che sarebbe stato di importanza fondamentale per lo svolgimento del

concerto solistico negli anni successivi.Nell’ambito del concerto solistico, specialmente per tromba, ricordiamo la figura di

Giuseppe Torell i: la sua produzione per un quarto è costituita da composizioni

per una, due o quattro trombe e complessi d’archi. A Torelli sembra ascrivibile la

prima concezione del concerto solistico articolato in tre movimenti  secondo lo

schema veloce-lento-veloce, che sarebbe diventato la norma con Albinoni e

Vivaldi. Il suo è un genere di composizione basato sulla contrapposizione fra

figurazioni brillanti e virtuosistiche affidate al “solo” e sezioni che riproducono un

materiale tematico che rimane pressochè invariato di volta in volta, denominate

“ritornelli” ed affidate al “tutti”. Mentre generalmente si tendeva ad otteneremolto contrasto “chiaroscurale” fra le sezioni del solo e del tutti ma omogeneità

nei temi, Torelli intendeva proporre una netta separazione fra il solo e il tutti

proponendo temi diversi e facendo risaltare gli episodi solistici, che spesso

culminavano in passi estremamente virtuiosistici definiti “perfidie”, di carattere

improvvisativo ed ascrivibili alle “cadenze”. Le idee di Torelli contribuirono alla

definitiva affermazione del concerto solistico svincolato e distinto dallo stile da

camera.

Figura dominante nel panorama della musica strumentale del primo Settecento è il

veneziano Antonio Vivaldi, che risiedette principalmente a Venezia, ricoprendo

l’incarico di maestro di violino e “maestro dei concerti” all’Ospedale della Pietà. La

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ricca produzione strumentale di Vivaldi è da attribuirsi proprio ai suoi incarichi

presso la Pietà: sulle spalle dei maestri di cappella come lui gravava la necessità di

creare musiche sempre nuove che da una parte soddisfassero le esigenze del

pubblico, che raramente chiedeva di eseguire brani di epoche precedenti, e

dall’altra sfruttassero l’organico strumentale di cui poteva servirsi il compositore.La maggiorparte delle composizioni di Vivaldi ci sono giunte sotto forma di

manoscritto e generalmente non datate: di lui si conoscono 478 concerti, 90

sonate per due e tre strumenti e 14 sinfonie.

Il concerto solistico del primo Settecento entra nella sua fase più matura con

Vivaldi, che sicuramente risente dell’influsso di Torelli e Albinoni. Vivaldi accentuò il

contrasto fra i tempi allegri esterni e i movimenti lenti centrali, che si abbandonano

ad un lirismo patetico e delicato, intensamente espressivo, di chiara provenienza

teatrale: i movimenti lenti sono modellati sull’aria d’opera e strumentati con effetti

appunto operistici. Un forte effetto di contrasto consiste nella particolare tensione

fra la vitalità virtuosistica  nettamente dominante del solista di contro alla

coralità dell’insieme orchestrale.

Dal punto di vista della sonor i t à , si ha la tendenza a semplif icare e

snell ire i l tessuto orchestrale   mediante raddoppi e unisoni; inoltre Vivaldi

sfrutta i l contrasto fra le dinamiche e i registri estremi (grave–acuto e pp–

ff).

Nell’a rmon i a   generalmente si semplif ica la struttura   in modo da

renderla nitida ed evidenziare in senso drammatico il rapporto maggiore-

minore; frequenti stazionamenti sulle cadenze perfette (I-IV-V-I).

Per quanto riguarda la me lod i a   si prediligono motivi semplici  chescaturiscono dalla tecnica stessa dello strumento, attraverso soggetti a note

ribattute, melodie a scale o fatte di intervalli insolitamente ampi, e melodie dalla

forte carica ritmica .

Nel r i tmo  Vivaldi predilige ritmi molto marcati e utilizza la sincope come

mezzo espressivo volto a produrre tensione.

Infine nella f o rma   Vivaldi punta più a trattare le idee tematiche in modo

“intenso” piuttosto che “esaustivo”: ciò significa abbandonare le tradizionali scelte

del contrappunto severo e rigoroso, rinunciare a trattare il materiale

tematico fino a spremerlo in fondo, per puntare invece verso

un’immediata chiarezza ed espressività.

La struttura dei concerti si basa sulla “forma col ritornello”: l’orchestra espone un

materiale tematico sul quale ritorna continuamente, mentre il solista si alterna

all’orchestra sviluppando quel tema e proponendo del materiale nuovo. Perciò

presupposto fondamentale di questa struttura è la differenzazione tematica fra

“tutti” e “soli”.

Nella produzione di Vivaldi giocano un ruolo importante i concerti

programmatici, una raccolta di composizioni provviste di titoli descrittivi dati da

Vivaldi, o l’editore, per propagandare meglio l’opera. Ricordiamo Le quattro

stagioni, La caccia, La tempesta di mare e Il Piacere . In questi brani, certe formule

ritmico-melodiche vengono stabilmente associate a significati extra-musicali, come

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fenomeni metereologici o particolari stati d’animo. In particolare, le Quattro

stagioni sono corredate da altrettanti sonetti di autore ignoto, forse Vivaldi

stesso, che descrivono le stesse scene evocate dal tessuto musicale dei vari

movimenti. Per il modo originale di rappresentare musicalmente concetti extra

musicali i concerti delle Quattro stagioni di Vivaldi furono accolti con particolareentusiasmo ovunque e per lungo tempo, specialmente in Francia.

Giuseppe Tartini (1692-1770) fu violinista, compositore e teorico che diede un

apporto decisivo allo sviluppo della scrittura musicale per archi e alla definizione

più precisa dei fenomeni acustici che regolano la musica. Tartini risiedette a

Padova, dove grazie alla sua fama teneva lezioni di musica a studenti provenienti

da tutta Europa: per questo la sua scuola è chiamata “Scuola delle Nazioni”. La

scuola di Tartini non consisteva solo nella pratica della tecnica violinistica, ma

anche lezioni di contrappunto, ovvero composizione. Da una parte, Tartini era

fermamente convinto che la tecnica degli abbe l l iment i  non poteva essere usata

se non entro regole ben precise . Nel suo trattato (Regole per arrivare a saper

ben sonar il Violino ), illustra sia il metodo d’esecuzione dei singoli abbellimenti, sia

la loro funzione esatta e la loro capacità espressiva. Dall’altra Tartini sosteneva la

necessità della precisione nell’ intonazione, una caratteristica che raggiunse

anche scoprendo i l fenomeno del t e r zo suono . Si tratta dell’armonico che

viene a formarsi ogniqualvolta si suona un bicordo: quella nota grave è la

fondamentale di quella combinazione armonica di suoni, e di quel suono era

necessario servirsi per una corretta intonazione delle note.

Nella letteratura teorica del primo Settecento la parola ga l an te   è usata per

contrapporsi all’elemento goffo, pedante ed erudito. Il primo a definire lo stile

galante come espressione del moderno, del nuovo, distinto dallo stile elaborato

contrappuntistico, fu Mattheson. Lo stile galante si caratterizza per la

predil izione per le melodie cantabil i e levigate , regolate dal principio della

simmetria, la tendenza ai ritmi uniformi  spesso richiamanti temi di danza e la

semplicità dell’armonia. Una tecnica particolarmente semplice di

accompagnamento usata dallo stile galante è i l basso Albertino, ovvero la

ripetizione persistente di accordi spezzati o arpeggiati, che deve il suo nome alveneziano Domenico Alberti.

Uno dei più grandi compositori dello stile galante fu Domenico Scarlatti (1685-

1757). Nato a Napoli e figlio di Alessandro Scarlatti, fu molto stimato per le sue

doti di virtuoso tasterista e ampia è la sua produzione per questo strumento. Lo

schema base della sonata scarlattiana è in un solo tempo  e segue una

costruzione bipartita. Nella prima parte il tema procede dalla fondamentale alla

dominante o al suo relativo maggiore/minore; nella seconda parte si ritorna per

modulazione alla tonalità di partenza. Il materiale tematico della prima parte può

essere o meno riesposto nella seconda parte. Questo perché in realtà lo scopo di

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Scarlatti è quello di sorprendere l’ascoltatore facendo ricorso alla sua illimitata

fantasia.

Nelle regioni della Germania settentrionale si affermò, a partire dal 1740 circa, un

nuovo gusto musicale che in parte condivide gli stessi caratteri dello stile galante,dall’altra si contraddistingue per la ricerca non del grazioso, ma del sublime e del

commovente, le emozioni in grado di esaltare l’anima e di scuoterla. Per designare

questo gusto musicale si impiega il termine emp f i n d same r  (= sentimentale), che

contrassegna la ricerca espressiva di tensioni emotive forti . Questo stile si

distingue per una bizzarra fantasia, indicazioni particolareggiate del tempo, uso

esasperato delle indicazioni dinamiche, accompagnamento più vivo di quello dello

stile galante, spezzature ritmiche e tematiche dal carattere improvvisativo e la

tendenza ad evitare la simmetria delle frasi melodiche. Uno dei più grandi

compositori di questo stile è C. Ph. E. Bach, che ci ha lasciato una produzione di

345 pezzi, più un trattato sugli abbellimenti e prassi esecutiva per testiera. Bach

adotta generalmente lo schema in tre movimenti, con il primo in forma-sonata,

mentre i tempi lenti sono caratterizzati da mutamenti di dinamica, corone inattese

e digrssioni armoniche (per non parlare di frasi senza divisione ritmica che

richiamano il recitativo, denominate appunto recitativo strumentale ).

Tesi 27: Bach | Haendel

J. S. Bach nacque nel 1685 ad Eisenach. Da giovane ricevette lezioni di cembalo e

si perfezionò in organo, studiando anche violino e composizione. Trascorse la suavita principalmente a Weimar, Kothen e Lipsia, lavorando come maestro di coro, di

musica, compositore ed organista. Il suo genio nella composizione di musica sacra

fu scoperto solo due generazioni più tardi, poiché la sua fama era strettamente

locale e i suoi contemporanei consideravano il suo stile piuttosto antiquato; eventi

importanti della sua riscoperta furono tre:

!  Nel 1804 esce la prima biografia su Bach ad opera di Forkel;

!  Nel 1829 Mendlesson cura la riesecuzione della Passione secondo Matteo  

!  Nel 1850 nasce la Bach Gesellschaft che pubblica l’opera omnia.

Lungo tutto l’arco della sua vita l’attività creatrice di Bach si esplicò soprattuttonel campo della musica sacra eseguita nell’ambito della liturgia luterana. In questo

senso, Bach si trovava di fronte all’arduo compito di comporre all’ interno di

una tradizione radicata come quella luterana. Infatti in questa liturgia la

musica aveva da sempre trovato vasto impiego nelle sue forme principali:

l ’oratorio e il corale .

Secondo le stime più recenti, Bach avrebbe composto circa 300 cantate, di cui un

centinaio sarebbero andate perdute, senza dimenticare le composizioni per organo,

strumento che al tempo stava acquisendo un’importanza fondamentale sia nella

funzione di accompagnare il coro, sia di strumento solista.

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In genere, Bach era solito scrivere una cantata alla settimana, stendendo la

partitura senza indicarne la strumentazione, provandola al cembalo e aggiungendo

le figure del basso continuo, dinamica e fraseggio solo in occasione delle prove con

gli esecutori. La grandezza di Bach, così, consiste nella particolare sua predilizione

a raccogliere, espandere ed esaurire nella propria musica molti elementi stilisticiformali comuni agli inizi del Settecento e a fonderli con la propria eredità luterana.

Ne consegue uno stile fortemente contrappuntistico e severo , con una

rigorosissima concentrazione del materiale tematico. Un esempio pratico è i l

metodo della f u ga  (cfr. tesi 24).

Come già accennato, la vita di Bach lo vide operare in tre città: prima Weimar, poi

Kothen ed infine Lipsia. Nella prima e nell’ultima, Bach si dedicò quasi

esclusivamente a musica sacra, in quanto era il suo ruolo di kantor a metterlo nella

necessità di comporre opere nuove ogni settimana. Nel periodo di soggiorno a

Kothen, invece, Bach non dovette comporre musica sacra poiché il suo signore era

calvinista, cosicchè è a questa fase che risale la maggiorparte della profuzione

strumentale di Bach.

Come taluni ricercari/fantasie del XVI-XVII secolo, molte fughe di Bach furono

concepite con finalità didattiche. Tra questi lavori figura la monumentale raccolta

conosciuta con il nome “Il clavicembalo ben temperato”, il cui titolo è un’allusione

al sistema di accordatura “temperato” che permetteva agli strumenti a tastiera di

superare le differenze di intonazione fra diesis e bemolle. Il CBT consiste in due

libri, ognuno dei quali consta  di  ventiquattro preludi e fughe , una perogni tonalità. Nei preludi, l’esecutore è posto di fronte ad una mirabile varietà di

atteggiamenti stilistici e tecnici della scrittura tastieristica e fungono da

introduzione alle fughe, che sviluppano tutte le possibilità compositive di questo

genere.

Altra raccolta creata per finalità didattiche è l’Ese rc i z i o pe r t as t i e ra   che

comprende sei suites intitolate Partite, il Conc e r to a l l ’ i ta l i ana , che si propone di

trasferire sulla tastiera le possibilità espressive dell’orchestra, quattro duetti e le

famose Var i az ion i Go ldbe rg . Elogio della scrittura speculativa, sono trentavariazioni su un tema alla Ciaccona presentato al basso. Le variazioni si

susseguono in gruppi di tre: un tempo in forma di danza, un tempo virtuosistico,

mentre la terza è sempre un canone, in cui l’intervallo fra le due voci aumenta fino

alla nona, mentre l’ultimo canone è sostituito da un quodlibet , ovvero una

composizione in cui sul tema del basso sono inseriti due canti popolari.

L’Offerta musicale si basa su un tema definito regium   perché proposto dal re

Federico II di Prussia, e l’opera è costituita da nove canoni elaborati nei modi più

disparati, una fuga canonica, due fughe chiamate Ricercar  e una sonata a tre per

flauto, violino e continuo.

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L’Arte della fuga , invece, è una raccolta di diciannove brani tutti basati su un unico

tema – o una sua trasformazione – e disposti in ordine crescente di difficoltà:

possiamo definirli “musica pura” in quanto non è specificato l’organico strumentale

e non tutte le fughe sono ascirvibili ad uno stesso preciso organico.

I Concerti Brandeburghesi sono 6 e dedicati al margravio di Brandeburgo; sono

ascrivibili ai diversi generi del concerto grosso, solistico e di gruppo. In genere

Bach reinterpreta il modello Vivaldiano in modo contrappuntistico; inoltre quel

contrasto fra solo e tutti viene mitigato in modo da uniformare le parti soliste e

quelle d’orchestra. Sono per la maggior parte in tre tempi, veloce-lento-veloce, i

due esterni nella forma col ritornello.

Cantata:  composizione vocale sacra  in due parti da eseguirsi una prima e una

dopo il sermone.

Essa consiste nella successione di più sezioni:

!  Brano strumentale di introduzione

!  Pezzi solistici con l’orchestra: recitativi ed arie col da capo

!  Coro in stile mottettistico, ovvero contrappuntistico

!  Corale, eseguito dal coro

Alla base della cantata, naturalmente, vi è il corale: infatti si era soliti scegliere le

frasi melodiche del corale come cantus firmus  affidandole ad una parte vocale o al

basso; Bach era solito ricorrere alla Barform (a a b) per questo tipo di operazione.

Al di sopra del cantus firmus  si elabprava la melodia in tutti i modi possibili.

In principio i testi erano tratti dal Vangelo, ma col tempo si introdussero invenzionipoetiche scritte ad hoc   specialmente da poeti che nella maggior parte dei casi

erano pastori luterani. A favorire questo processo contribuì il Pietismo, il

movimento che affermava il diritto alla spontaneità del sentimento religioso da

parte del fedele, quindi una visione molto personale dell’atto di credere.

Passione: la Passione è una composizione che narra la passione e la morte di

Cristo. Quelle di Bach sono di tipo oratoriale, cioè passioni in cui il testo è tratto

dal Vangelo. A noi sono giunte le due passioni secondo Matteo e secondo

Giovanni.La struttura delle Passioni può essere sintetizzata in questo modo:

!  Testo del vangelo: in recitativo secco, l’evangelista narra l’evento in terza

persona mentre gli altri personaggi si dividono i dialoghi. Nella passione

secondo Matteo, Gesù è accompagnato da un quartetto d’archi.

!  Commento a ciò che è avvenuto: recitativo accompagnato e aria col da

capo eseguito da personaggi astratti che riflettono sulla condizione umana.

!  Parti corali: il coro svolge, nelle Passioni, una duplice funzione. Da una parte

rappresenta il punto di vista dei fedeli, una caratteristica derivata dal

Pietismo; dall’altra rappresenta la folla nella narrazione.

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Preludio-corale: è un’improvvisazione organistica che anticipa il canto del corale

da parte dell’assemblea. Il corale di partenza viene messo al soprano e le altre voci

sono legate in senso contrappuntistico a rappresentare l’interpretazione del

significato del testo del corale di partenza. Il preludio-corale, perciò, non è

armonizzazione del corale, bensì corale in contrappunto.

Mentre Bach trascorse la sua vita interamente in Germania, G. F. Haendel lasciò la

Germania per viaggiare prima in Italia, quindi trasferirsi stabilmente a Londra. Se la

fama di Bach fu locale e dovette attendere prima di essere riconosciuta, quella di

Haendel fu immediata ed internazionale. Il dramma musicale di Haendel, frutto

dell’esperienza teatrale vissuta in prima persona in giro per l’Italia, pone l’accento

sulla brillantezza e sulla potenza espressiva del canto virtuosistico.

Haendel si rivolge anche al genere dell’oratorio religioso in l ingua inglese. Si

tratta di un genere destinato ad essere eseguito a teatro o in grandi saloni,

raramente in chiesa. Il soggetto era generalmente tratto dall’Antico Testamento.

La ragione del successo di queste composizioni risiede nella grandiosità di

concezione e nella vigoria espressiva della veste musicale. Il coro ha la parte

predominante ed è tanto dentro la scena quanto fuori, ora coinvolto nei fatti, ora

in funzione di riflessione. Questa particolare attenzione al coro si ricollega alla

pratica degli anthems  (cantate su testi biblici in inglese per soli, coro ed orchestra)

di cui grande maestro fu Purcell. Anche Haendel si dedicò a questo genere

compositivo.

Haendel seppe sicuramente interpretare i gusti e le tendenze del pubblico inglese: i

suoi oratori erano ammirati perché si conformavano agli ideali religiosi del

puritanesimo , che si servì di questi oratori per abbattere le tesi dei deisti .

Il testo che più si inserisce in questa disputa ideologica è il Messiah , in cui si palesa

la missione di Cristo: portare a compimento le profezie di salvezza per l’umanità

secondo le promesse dell’Onnipotente. Ampio impiego trovano, nel Messiah , le arie

solistiche in stile operistico, mentre modesta è la presenza di recitativi.

Tesi 28: I l Periodo Classico | Haydn | Mozart | Beethoven

Per periodo classico si intende quel momento della storia della musica compreso

fra il 1750 e il 1820 circa, i cui più grandi artisti furono Haydn, Mozart e

Beethoven. Wendt individua nello stile classico caratteristiche principali quali

equilibrio di forma e contenuto, unità nella molteplicità, universalità

dell’espressione e compiutezza stilistica. Il terreno su cui germina il classicismo è lo

stile galante, ma nuova è la tendenza a considerare la costruzione musicale come

qualcosa di molto più di una semplice melodia accompagnata, bensì un discorso fra

più parti che possiede una propria coerenza interna. C’è un crescente ritorno

d’interesse per il contrappunto, ma non significa tornare a comporre fughe in tutte

le salse, bensì il superamento del dualismo melodia-armonia.

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Questo nuovo periodo fu accompagnato da una nuova forma di organizzazione del

lavoro musicale; il “libero mercato” basato sul profitto, che apriva al compositore

un nuovo spazio al di là della corte e della chiesa. La classe borghese dimostrò un

accresciuto interesse nei confronti della musica, dando così nuovi impulsi alla vita

musicale. Nella seconda metà del XVIII secolo stampa e copia manoscritta erano inconcorrenza: principali centri di stampa erano Londra e Parigi, i manoscritti

avevano il loro centro a Lipsia.

La forma sonata è un principio compositivo fondato sull’organizzazione unitaria

e coerente di elementi armonico-tonali e tematici, che si succedono attraverso

tensioni e risoluzioni. Il primo a comporre in questa forma fu Antonin Reika, per poi

essere utilizzato da tutti i compositori classici.

Sezioni Materiale Tematico T. Maggiore T.

Minore 

Esposizione I gruppo Tonica Tonica

Transizione Modulazione

Modulazione

Secondo gruppo Dominante Relativa

Maggiore

Gruppo Conclusivo Dominante Relativa

Maggiore

____________________________________________________________

_______________________________________Sviluppo Elaborazione dei materiali Svariate tonalità Svariate

tonalità

____________________________________________________________

_______________________________________

Ripresa con coda Riesposizione dei materiali Tonica

Tonica

dell’esposizione, di norma

basata sul primo gruppo,

talvolta con caratteri di svi-luppo.

La sonata, perciò, si presenta con una struttura tonale bipartita, in cui i passaggi

fondamentali sono scanditi da degli elementi tematici e/o armonici particolari,

chiamati articolazioni , necessari per scandire la struttura della forma sonata. I punti

di articolazione sono rinforzati quasi sempre da una pausa, cambiamento di ritmo o

di tema.

L’esposizione è la presentazione del primo materiale tematico, nonché definizione

immediata ed inequivocabile della tonica. La trama musicale passa poi al V grado

se la tonalità d’impianto era maggiore, al III grado se era minore, per poi

confermare questa tonalità prima dello sviluppo.

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Lo sviluppo è una sezione di instabilità tonale caratterizzata dalla mancanza di forti

punti di articolazione. Il suo scopo è sia quello di ritardare il movimento armonico,

sia quello di preparare la risoluzione alla tonica che si terrà nella ripresa. Per non

dare l’impressione di una seconda tonalità che possa rivaleggiare con la tonica o la

dominante si ricorre a veloci passaggi modulanti ed estesi cromatismi.La ripresa risolve le tensioni armoniche delle due sezioni precedenti riaffermando la

tonica, il che non significa certo la ripetizione invariata di tutto il materiale

tematico dell’esposizione.

La coda   è un’estensione della ripresa la cui funzione è quella di riaffermare la

tonica facendo uso quasi sempre del tema principale. Un tipo particolare di forma-

sonata è il rondò-sonata, nel quale il ritornello del rondò viene proposto sia fra

esposizione e sviluppo, sia nella coda.

Concerto solistico: a partire dalla metà del Settecento questo tipo di concerto

ebbe una grande diffusione. Ad imporsi nel panorama del concerto solista fu il

pianoforte, grazie all’apporto di autori quali C. PH. E. Bach e Wagenseil.

Nel primo movimento dei concerti scritti intorno al 1750 cominciò a

standardizzarsi il numero delle sezioni di “solo”, con di norma 3 sezioni di solo

incorniciate da quattro ritornelli. Il primo solo è di carattere modulante, il secondo

termina al relativo minore, il terzo ritorna alla tonica.

Il ritornello orchestrale venne ad ampliarsi, mentre armonicamente poteva rimanere

alla tonica o spaziare alla dominante per poi ritornare alla tonica.

A differenza di Haydn, Mozart scrisse concerti solistici per tutti gli strumenti allora

in uso, eccetto violoncello, tromba e trombone.

Sinfonia da concerto: fu il genere che subì le trasformazioni più profonde. Si

assistette alla definitiva separazione della sinfonia da concerto dalla sinfonia per

ouverture “avanti l’opera”. La sinfonia da concerto prese la forma di 4 movimenti:

Allegro-andante-Minuetto-Presto. Il primo movimento è in forma sonata, il Minuetto

è articolato in due sezionj, con la ripetizione della prima dopo il Trio, dando vita ad

una struttura tripartita.

Il tema con variazioni è una forma molto usata come composizione autonoma;

Mozart ne scrisse un buon numero per pianoforte solo e pianoforte a 4 mani.Divenne inoltre comune anteporre un’introduzione lenta al primo movimento.

La sinfonia concertante prevedeva, invece, due o tre movimenti in cui l’orchestra

regolare era affiancata da un gruppo di strumenti solisti. Fra i primi ad usare

questo genere furono Devienne, Gossec, Cambini.

Franz Joseph Haydn (1732-1809) vive in un periodo di transizione del

panorama musicale, ovvero nasce prima della morte di Bach e muore dopo Mozart.

Lavora alla corte degli Esterhazy per poi recarsi a Londra nel 1790 e rimanervi fino

alla morte.

Haydn è universalmente conosciuto come uno dei più grandi compositori di

quartetti d’archi. Con Haydn, questo genere acquista uno spessore sonoro, una

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complessità e raffinatezza di linguaggio, un’ampiezza di struttura prima di allora

sconosciuti. Ad eccezione delle prime produzioni, a cinque movimenti, ciascuna

serie è costituita di sei composizioni, ognuna di norma in quattro movimenti.

Haydn distribuisce il materiale tematico in tutte le parti servendosi della scrittura

contrappuntistica. Nei primi movimenti applica la forma-sonata e lo Sviluppo èspesso più esteso dell’Esposizione. La bizzarra fantasia di alcuni movimenti e la

particolare sensibilità delle frasi melodiche sono da attribuire all’influenza dello stile

empfindsamer . Il quartetto che segna la svolta nello stile di Haydn è quello op. 33,

in cui stilisticamente si avvertono alcuni cambiamenti importanti nel modo in cui

interagiscono le parti, nella netta caratterizzazione di ciascun movimento, nel

carattere più vivace dei minuetti, nel tema di sapore “popolare” del quarto

movimento, scritto di norma in forma di rondò o tema con variazioni.

Non meno importante è stato il contributo di Haydn nel portare lo stile sinfonico

alla graduale definizione e ad un nuovo livello di alta complessità. La maggior parte

delle sue sinfonie sono state composte alla corte degli Estherazy, mentre le ultime

dodici, le londinesi , sono state scritte a Londra. E’ stato di recente confermato che

molte delle sinfonie del periodo Esterhaza avevano anche funzione di entr’acte  per

rappresentazioni teatrali di prosa.

I lavori più importanti della maturità creativa di Haydn sono senz’altro i due grandi

oratori La creazione e Le stagioni . Entrambi si ispirano agli oratori di Haendel:

grandi arie liriche, frammiste a recitativi semplici o ariosi, si alternano a cori di

ampio respiro, spesso fugati, e sono concepiti per un vasto organico strumentale.

Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791): la formazione musicale di mozart èlegata alla figura del padre Leopold, che scoprendo le potenzialità del proprio figlio

prodigio lo porta con sé in giro per l’Europa. Grazie al padre, Mozart trova lavoro

come maestro a Salisburgo, ma viaggia moltissimo, specialmente in Italia, venendo

a contatto con il mondo dell’opera buffa e seria, e a Vienna, dove conosce i

quartetti d’archi di Haydn. La volontà di mettersi alla prova a livello europeo e di

uscire dall’ombra del padre lo spingono a lasciare Salisburgo e a trasferirsi a

Vienna, dove lavora come libero professionista, vivendo delle rendite dell’attività di

maestro di musica, dei proventi delle opere teatrali e dei propri concerti per

pianoforte, di cui lui stesso è solista. Gli ultimi anni della sua vita sono segnati dallamiseria e dalla malattia.

Nell’ambito della musica strumentale, Mozart rappresenta il primo esempio di libero

professionista, il primo passo verso l’emancipazione dei musicisti dalle corti.

Malgrado il successo riscosso dalle sue abilità pianistiche, le critiche mosse contro

di lui si lamentavano tanto della complessità eccessiva delle sue composizioni,

quanto della mancanza di raffinatezza delle melodie.

Ciò che trova maggiore materia di discussione è, invece, la produzione teatrale di

Mozart, che scrisse un totale di ventidue opere teatrali. Al filone delle opere serie

appartengono Mitridate, Silla, Il re pastore, Idomeneo, La clemenza di Tito ; al

genere buffo La finta semplice, La finta giardiniera, Lo sposo deluso   e i tre

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capolavori con libretto di Da Ponte Le nozze di Figaro, Don Giovanni, Così fan

tutte ; appartenenti al genere del Singspiel sono Il ratto dal serraglio, L’Impresario,

Il Flauto Magico .

Le opere teatrali di Mozart non possono essere definite “innovative” in quanto si

mantengono nel solco della tradizione che le precede, in particolare il Singspiel el’opera comica. Innegabile è l’influenza esercitata dall’opera italiana, sia nello stile,

sia nelle modalità di composizione: infatti Mozart era solito “confezionare” le

proprie opere in funzione del cast di cantanti che le avrebbero interpretate,

aggiungendo arie alternative e prestandosi a modifiche per adattarlo ai nuovi

interpreti.

L’Idomeneo , commissionata da Carl Theodor, è l’opera che più dimostra il modo in

cui la tradizione precedente a Mozart venga interamente assorbita dall’originalità

creativa del compositore. La partitura è la più ricca che il compositore abbia mai

concepito, tagliata su misura per l’orchestra di Mannehim (trasferitasi a Monaco,

ndr.) e numerosi sono i pezzi orchestrali che contribuiscono a spezzare l’impianto

formale di tipo metastasiano: le danze, le scene pantomimiche, le marce.

Con Il ratto dal serraglio , invece, Mozart creò il primo capolavoro nella storia del

Singspiel  tedesco. All’epoca di Mozart, il Singspiel era un genere ibrido, aperto agli

influssi più disparati; in origine era una commedia in musica, o meglio con inserti

cantati, basata su argomenti fantastici, favole o storie popolaresche ambientate in

luoghi immaginari. Le arie erano di facile esecuzione e di forma strofica, mentre i

recitativi erano sostituiti da sezioni in prosa. L’intenzione era quella di fondare ungenere teatrale in lingua tedesca i cui protagonisti fossero personaggi estratti dal

mondo popolare.

A Vienna, il Singspiel venne apprezzato anche dalgi ambienti aristocratici. E fu

questa tendenza che suggerì a Mozart di concepire Il ratto del Serraglio attingendo

a piene mani sia dall’opera comica italiana, sia dal Singspiel . L’esotico soggetto

“turco” piacque immensamente al pubblico viennese, e nuovo è il colorito

orchestrale determinato da questa musica “orientale”.

Mozart trovò soprattutto in Lorenzo Da Ponte il poeta adatto a perseguire il suodisegno drammaturgico musicale che investiva gli aspetti più sottili del rapporto

fra testo e musica. Di Da Ponte sono i libretti delle tre grandi opere di Mozart: Le

nozze di Figaro, Don Giovanni e Così Fan Tutte , tutte portate a termine nel tempo

incredibilente breve di quattro anni. Ciascuna delle tre opere dapontiane ha in

comune un’ambientazione reale che appartiene al vissuto degli spettatori; nella

prima, il castello del conte Almaviva, vicino Siviglia; nella seconda una città

spagnola; nella terza la Napoli del tardo XVIII secolo.

L’intreccio de Le nozze di Figaro ruota attorno all’amore di Figaro e Susanna e alla

loro ferma volontà di sposarsi a dispetto di tutte le complicazioni e gli

sconvolgimenti che avvengono nella loro storia. Don Giovanni descrive la passione

sensuale/carnale impersonata dal protagonista, che infrange le regole dell’amore,

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della fedeltà e della dignità umana, per poi subire l’ira di un potere superiore che lo

fa sprofondare nell’abisso. Quest’opera contiene elementi sia dell’opera seria, sia

dell’opera buffa, come si può dedurre dalla divisione dei personaggi in seri (Donna

Anna, Donna Elvira, Don Ottavio) e buffi (Masetto, Leporello, Zerlina) che

influiscono sul modo in cui si comporta di conseguenza il protagonista (DonGiovanni); elementi di un genere che fu definito da Mozart dramma giocoso , anche

perché al di là degli elementi seri la trama è decisamente tragica, e gli indizi di

questa tragicita sono intrinsechi, ad esempio, all’overture bipartita lento-allegro, a

simboleggiare le due facce del protagonista.

Così fan tutte ha per argomento le leggi dell’amore ed è un’amara satira

sull’instabilità in amore delle donne.

Il flauto Magico è, invece, l’ultima opera tedesca di Mozart. Questo Singspiel è un

racconto fantastico intriso di significati simbolici, di apparizioni soprannaturali e alti

concetti morali, ambientato in un Egitto immaginario in cui Tamino e Papageno

dovranno sostenere numerose prove per ottenere l’amore delle loro amate, felicità

e verità.

Ludwig van Beethoven (1770-1827): originario di Bonn, dimostra

precocemente attidudini musicali e già nell’83 è maestro di cembalo e ottiene

incarichi di corte a Bonn. A ventidue anni si trasferisce a Vienna e studia

composizione sotto la guida di Haydn. Grazie alla fama di virtuoso pianista e alla

fortuna delle sue opere egli è in grado di godere di rendite cospique affermandosi,così, come il primo musicista libero professionista. Intorno agli ultimi anni ’90 lo

coglie la malattia all’orecchio, e col tempo diventa totalmente sordo, anche se ciò

non gli impedisce, dopo un periodo di silenzio, di continuare a comporre. Muore nel

1827 di cirrosi epatica.

Sulla base di effettive differenze stilistiche possiamo dividere l’intera produzione di

Beethoven in tre periodi:

!  Primo periodo: 1782-1802 circa. Fra le opere significative figurano le prime

due sinfonie, venti sonate per pianoforte da op. 2 a op. 31, i sei quartetti per

archi op. 18, i primi tre concerti per pianoforte ed orchestra.!  Secondo periodo: 1803-1815 circa. Le sinfonie dalla terza all’ottava, tra le

quali l’Eroica , l’opera Il Fidelio , quartetti op. 59.

!  Terzo periodo: 1816-1826 circa. La nona sinfonia, le ultime cinque sonate

per pianoforte, gli ultimi quartetti, Variazioni sul walzer di Diabelli e la Missa

solemnis .

Primo periodo: fin dall’inizio della sua carriera, Beethoven operò nell’intento di

espandere le strutture formali che aveva ereditato dai suoi predecessori. Tipico

esempio sono i trii per pianoforte, violino e violoncello: al di là dell’influenza di

Haydn, sono tutti in quattro movimenti, di grande durata e con lunghe code nei

primi movimenti. Le sonate per violino e pianoforte, dai temi equilibratamente

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distribuiti fra i due strumenti, dimostrano la predilizione di Beethoven per il violino.

Il pianoforte, invece, era lo strumento con il quale dimostrava il suo talento e

anche lo strumento pe rilq uale non smise mai di comporre; da una parte vi era la

passione, dall’altra la certezza del profitto, in quanto numerosi erano a Vienna gli

allievi pianisti. Nella sua ricerca compositiva, Beethoven pretese sempre di più dauno strumento in continuo sviluppo, scrivendo ai costruttori del tempo perché

implementassero alcune caratteristiche, ampliassero la sua estensione e ne

rendessero il timbro più robusto.

Le prime sonate di Beethoven si avvicinano come forma a quelle di Haydn, Mozart,

Clementi, anche se il tocco dell’autore si riconosce nelle ampie dimensioni dei primi

movimenti, con Esposizioni ricche di materiali tematici contrastanti, a scelte

originali come l’introduzione lenta della Patetica .

Nella prima sinfonia, Beethoven dimostra la volontà di sfruttare al meglio l’organico

standard rivalutando il ruolo dei fiati ed introducendo i tromboni, pur utilizzando un

organico conforme all’orchestra di Mozart ed Haydn.

Secondo periodo: è caratterizzato dalla volontà di avviare un salto di qualità

nello stile, perfezionandolo e rendendolo più personale. E anche originale: ne è da

esempio l’atipico ritmo con il quale si apre la quinta sinfonia, divenuta poi

celeberrima. Allo stesso tempo, la semplicità dei temi gli permette di cogliere

immediatamente l’attenzione dell’ascoltatore e di organizzare sviluppi molto più

complessi. Nell’Esposizione, così, si assiste alla ripetizione variata del tema

principale, mentre la principale area di tensione del materiale tematico, nonché la

più estesa, diventa lo Sviluppo. In questo periodo, infine, aumenta di estensioneanche la Coda, contrassegnata da modulazioni sorprendenti ed improvvise che la

pongono quasi come un secondo Sviluppo. Tutti questi sono indizi di un

progressivo sviluppo dello stile di beethoven verso il grandioso e monumentale.

Apice di questa evoluzione è la terza sinfonia, l’Eroica . Gigantesche sono le

dimenzioni del lavoro, immensa la quantità di materiale tematico e straordinario il

modo in cui viene adoperata la forma sonata nel primo movimento. Innovativa,

inoltre, è la scelta di impiegare una marcia funebre   al posto del consueto

movimento lento. Questi caratteri si trovano ancor più accentuati nella quinta

sinfonia, mentre nella sesta, Pastorale , si palesa la volontà di Beethoven diriformare anche il campo della musica puramente descrittiva: ne è un esempio

l’indicazione fornita al primo violino (“Più un’espressione di sentimento che una

rappresentazione pittorica ”).

Terzo periodo: malgrado la sua fama e le rendite delle sue opere, gli ultimi anni

di vita di Beethoven furono vissuti dal compositore nell’isolamento e nella crisi

interiore. Dopo un silenzio durato quasi cinque anni, torna a comporre in uno stile

caratterizzato da un’esplorazione quanto mai intensa della scrittura

contrappuntistica al fine non di ritornare al passato, bensì di gettare le basi per

una logica nuova, astratta, che per la prima volta potremmo definire

“avanguardia”. Il concetto di tema diventa ambiguo: per Beethoven è una formula

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astratta, una struttura costituita da un raggruppamento di intervalli che regola il

tessuto motivico dell’intera composizione o di parte di essa. Perciò le opere

dell’ultimo periodo si fondano su una cellula tematica astratta che si delinea come

idea di fondo di un intero movimento: ciò giustifica il frequente ricorso alle

variazioni e la brevità dello Sviluppo, quando molta elaborazione tematica viene giàsvolta nell’Esposizione.

L’unico momento in cui Beethoven ritorna allo stile eroico è nella Nona Sinfonia in

Re min, in cui fondamentale è l’introduzione, nella parte finale, del coro: questo

immenso lavoro ebbe una gestazione più lunga e travagliata del previsto. I primi

tre movimenti sembrano essere concepiti come preparazione al momento

colminante, rappresentato dal trionfante Finale corale.

Tesi 29: I l periodo Romantico e Tesi 30: La musica strumentale nei

secoli XIX e XX

Nota: ho preferito unire queste due tesi in quanto nei programmi ministeriali non

c’è una chiara distinzione degli argomenti, tanto che mi trovo in difficoltà su dove

incudere il teatro francese e italiano dell’Ottocento.

Il Romanticismo è un movimento culturale, filosofico e sociale che nasce e si

sviluppa in Germania da fine Settecento, per poi diffondersi in tutta Europa. Le

guerre d’indipendenza, le rivoluzioni sociali e il nuovo orizzonte della letteratura si

riflettono nella musica solo con un decennio di ritardo, cosa che genera un ritardo

cronologico fra il Romanticismo in letteratura e il Romanticismo in musica.La nuova classe borghese promuove la musica tanto sul piano privato,

incrementando la stampa di riduzioni per l’uso domestico, tanto su quello pubblico,

con l’affermazione dell’idea del concerto aperto al pubblico. E’ in questo periodo,

inoltre, che nasce il concetto di storia della musica e compaiono le prime

pubblicazioni di manuali, come quello di Burney, in concomitanza con la riscoperta

di autori del passato come Palestrina e Bach, del quale Vorkel scrive la prima

biografia e Mendlessohn cura la prima edizione moderna della Passione secondo

Matteo .

I l pezzo caratteristico

Intorno al pianoforte si muoveva, nell’Ottocento, un crescente interesse artistico,

culturale ed economico: crescente era il numero di pianisti quanto quello di

compositori, editori e fabbricanti di strumenti, grazie anche alle ultime innovazioni

apportate allo strumento, come il doppio scappamento, che permisero tanto una

maggiore estensione quanto un suono pastoso e brillante insieme. A partire dal

1820 prese piede un genere pianistico denominato pezzo caratteristico

(Charakterstuk ), ovvero un breve pezzo lirico al quale veniva assegnata un’ampia

varietà di nomi (impromptu, improvviso, capriccio, notturno etc…) che nella

maggior parte dei casi seguiva una struttura ternaria ed era concepito per essere

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eseguito in un clima intimistico e domestico, destinato, perciò, alle esecuzioni

private.

Tra i principali autori di questo repertorio troviamo Schubert, Schumann e Chopin.

Apprezzato solamente dopo la sua morte, Schubert diede un’importante

impulso allo sviluppo delle forme brevi per pianoforte: i suoi Impromptus eMoments musicaux sono composizioni contrassegnate da una fertilità inesauribile

dell’invenzione melodica, ognuna corrispondente ad un diverso stato d’animo.

Nell’opera, invece, di Schumann, le composizioni pianistiche occupano un

posto di grande rilievo, e la spiccata inclinazione di Schumann per la letteratura

contribuì a stabilire un legame del tutto privilegiato fra musica e poesia, cosicché

nelle sue opere è possibile ritrovare continui rimandi alla letteratura del tempo. Le

brevi composizioni pianistiche di Schumann che appartengono al filone del pezzo

caratteristico sono organizzate in ampli cicli e di solito unite da un’idea poetica  

comune: i Papillons op. 2 e Carnaval op. 9 sono entrambe ispirate ad un clima

festoso di “ballo in maschera”, le Scene d’Infanzia sono una rievocazione

nostalgica del mondo infantile, mentre nei Kreisleriana si trovano riferimenti al

mondo magico e demoniaco di Hoffmann. I brani di ciascun ciclo, talvolta

brevissimi e d’espressività concentrata, si dispongono in un continuo alternarsi di

stati d’animo, mentre a garantire un’unità salda è spesso il principio della

variazione applicata ad un nucleo melodico minimo ma denso di potenziale

armonico e melodico. Questa variazione intesa come un libero fantasticare

risponde ad un preciso scopo espressivo, ovvero creare un mondo poetico  teso ad

un’innappagabile Sensucht , ovvero quel sentimento di “desiderio di desiderare”,

accomunabile solo in parte al concetto di nostalgia . La scrittura pianistica diSchumann richiede dall’esecutore il massimo impegno sia dal punto di vista

tecnico, sia interpretativo, specialmente nello sfruttare tutta la gamma di timbri

del pianoforte.

Le composizioni pianistiche di Chopin non presentano, al contrario di quelle

di Schumann, alcuna traccia di connotazioni filosofico-letterarie od extramusicali. E’

una musica che esiste come arte autonoma, ossia per se stessa senza bisogno di

riferimenti letterari diretti o indiretti. La produzione di Chopin comprende quasi

esclusivamente pezzi per pianoforte concepiti per l’ambiente del salotto o per

l’esercizio didattico. E’ quindi musica dominata dal gusto per la leggerezza, lagrazia, fondata sulla cantabilità, oltre che sull’esibizione virtuosistica, tanto che

l’arte del canto ha rappresentato per Chopin il modello ideale e definitivo di

interpretazione. Gran parte delle sue opere è governata dal principio della melodia

accompagnata da arpeggi che abbracciano ampie zone della tastiera; l’effetto

sonoro desiderato da Chopin richiede non soltanto tocco e tecnica perfetti, ma

anche padronanza del pedale. I ventuno Notturni  sono composizioni tipiche per il

carattere malinconico e per la tendenza ad evocare un’atmosfera intima e raccolta.

Fanno parte di un genere, quello del notturno ottocentesco, inaugurato da Field:

Chopin introdusse l’uso di una struttura tripartita in cui la parte centrale fosse di

carattere contrastante e più animata rispetto al disteso lirismo di quelle esterne,

anche se alcuni notturni presentano strutture insolite come quella del rondò. Le

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Mazurke posseggono molti tratti stilistici della danza polacca, ma trasposti in

maniera stilizzata e con un linguaggio pianistico essenziale. I quattro Scherzi ,

invece, presentano una propensione verso un pianismo brillante e virtuosistico. Gli

Studi  sono concepiti a scopo didattico e sono fra i primi a combinare lo sviluppo

della tecnica con i più affascinanti contenuti e significati musicali. Infine i Preludisono disposti in tutte le ventiquattro tonalità maggiori e minori, ma vanno oltre la

tradizione didattica del Clavicembalo ben temperato di Bach. L’accezione del

termine preludio viene intesa come qualcosa di poeticamente autonomo e non di

introduttivo a qualcos’altro, e i preludi condensano diversi generi di composizione

e i più disparati mezzi di espressione.

I l Lied

Il L ied  per voce sola e pianoforte occupa un postorilevante nel panorama musicale

del romanticismo tedesco in quanto soddisfa l’esigenza di un’espressione intima e

soggettiva, realezzata mediante la più profonda compenetrazione fra testo

poetico e musica.

Il Lied è costituito da una linea melodica di marcata cantabilità che di regola

aderisce allo schema metrico (di norma molto regolare) del testo poetico, di cui

rispecchia il contenuto emotivo-espressivo. Il Lied può essere strofico, con

un’unica melodia ripetuta in tutte le strofe, o non strofico, del tipo detto

durchkomponiert , di forma aperta, dove la musica segue il testo da cima a fondo

senza ritornelli o ripetizioni. Il Lied ra un genere diffuso già nel Settecento, ma è

solo nell’Ottocento che raggiunge una profondità e una complessità primasconosciute.

Il Lied è al centro della produzione musicale di Schubert, in cui si approfondisce il

rapporto fra voce e pianoforte e l’accompagnamento svolge la funzione di

suggerire qualche immagine pittorica del testo. I testi dei Lieder di Schubert sono

tratti da opere di scrittori famosi quali Goethe e Shiller. Alcune delle pagine più

belle di Schubert si trovano nei due cicli La bella Mugnaia e Viaggio d’inverno , che

hanno entrambi per protagonista la figura del viandante, metafora del faticoso

procedere della vita attraverso intense emozioni e sofferenze.

Il più importante successore di Schubert fu Schumann , che compone più di 130Lieder distribuiti in una ventina di cicli lunghi e brevi. Il ciclo Amore di Poeta , ad

esempio, comprende poesie che hanno per tema l’amore irriquieto che inizia a

primavera per essere interrotto dalla cruda realtà e svanire nel nulla. A differenza

di Schubert, Schumann predilige la forma del durchkomponiert , mentre la parte

d’accompagnamento assume in molti casi una funzione predominante, specie negli

interludi e postludi molto estesi affidati al solo pianoforte.

Predilige la forma strofica, invece, Brahms , che in cicli come La bella Magelone

affida al pianoforte una funzione di semplice accompagnamento alla linea vocale,

lontano dalla concezione di Schumann; da ricordare che Brahms aveva un

particolare interesse per il Volkslied  ovvero il canto popolare. Infine da ricordare la

figura di Wolf, che utilizza la forma aperta e non adotta mai una melodia tratta dal

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canto popolare. Egli impiega una libera declamazione simile alla lingua parlata, un

linguaggio derivato sicuramente da Wagner.

Sinfonia, musica da camera e poema sinfonico

Per la loro diversità e potenza espressiva, le sinfonie di Beethoven furono punto di

partenza e premessa di tendenze divergenti nella storia del genere sinfonico

dell’Ottocento. Da una parte, la Quarta, Settima e Ottava  confermarono uno stile

che si basava sulle forme consacrate della tradizione classica: è un filone che

comprende autori come Brahms, Schubert, Mendlessohn. Dall’altra, vi furono

compositori che presero le mosse, invece, a partire dall’Eroica, la Quinta e la Nona ,

nonché dalla Sesta (Pastorale), specialmente se parliamo di autori come Berlioz e

Liszt. Quest’ultima tendenza portò sia allo sviluppo della sinfonia a programma,

sia alla nascita del poema sinfonico.

Per musica a programma si intende tutta quella musica strumentale che si

serve di titoli descrittivi che rimandano ad elementi extramusicali. L’uso

dell’elemento descrittivo è frequente già a partire dal Settecento, specialmente in

Vivaldi, che in lavori come Le quattro Stagioni   appone dei sonetti ad ogni

stagione per meglio indicare i vari elementi che vuole descrivere, servendosi perciò

tanto di effetti onomatopeici quanto di elementi psicologici. Più profondo è il

rapporto fra “programma” e musica in Beethoven, con la sua Sesta sinfonia

definita “Pastorale”: Beethoven sente la necessità non di creare musica descrittiva,

bensì di gettare le basi per un programma psicologico: ne è un esempiol’indicazione data al primo violino all’inizio della sinfonia (più espressivo di

sentimenti che descrizione ). Eccezionalmente questa sinfonia presenta, inoltre,

cinque tempi, e non quattro. Un importante contributo al sinfonismo romantico

legato a tematiche extramusicali venne dal francese Hector Berlioz, il quale

compose pressoché esclusivamente lavori orchestrali. Quando egli cominciò a

comporre la Sinfonia Fantastica aveva già scoperto alcune sinfonie di Beethoven,

un’ispirazione che gli permise di sperimentare strutture compositive caratterizzate

dalla ciclicità e di sfruttare inediti colori orchestrali, ispirazione che gli deve essere

giunta in modo particolare dalla Pastorale . Nella Sinfonia Fantastica , alla cuiesecuzione veniva distribuito un programma letterario scritto, l’artista è

ossessionato dall’immagine della donna da lui fortemente amata, e in un gesto di

disperazione ingerisce una dose di oppio e in un sogno immagina di aver ucciso la

propria donna e di essere condotto al patibolo. Novità principale nella Fantastica è

la ricorrenza del tema di apertura in veste sempre diversa a simboleggiare

l’ossessione del musicista per la donna amata.

Sull’esempio di Berlioz, il sinfonismo a programma si orienta in direzioni nuove ad

opera di Liszt. Secondo Liszt, mentre nella musica classica la ripresa e lo sviluppo

dei temi sono determinati da regole formali, nella musica a programma ripetizione,

modulazione e variazione sono condizionate da un’idea poetica , che fa della musica

a programma non un genere descrittivo , bensì poetico . Indispensabile, perciò, si

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rende il collegamento fra musica e letteratura per il raggiungimento di una più alta

e precisa espressione, inaccessibile alla parola e all’immagine. Mentre la sinfonia a

programma è articolata in più movimenti distinti, il poema sinfonico è di regola

sviluppato in un unico vasto movimento con pochi temi contrastanti che

vengono costantemente variati, contrapposti o ripetuti in veste completamentediversa. Lo spunto extramusicale è comunque identificato dal titolo, da alcune

didascalie o da versi poetici disseminati nella partitura. Opere principali di Liszt

sono la Sinfonia Faust , l’Hamlet  e Ce qu’on entend sur la montagne .

Il compositore che portò alla maturazione più completa di questo genere fu

Richard Strauss. I suoi sono lavori che si distinguono per l’arte raffinata di

elaborazione e combinazione dei motivi. Nel Don Chisciotte , i due personaggi

principali sono rappresentati da due temi esposti in un prologo principalmente da

un violoncello solista e un clarinetto basso, spesso unito al basso tuba,

dimostrazione della capacità di fissare nella memoria i temi con il sapente uso di

particolari combinazioni orchestrali. Also sprach Zarathustra è una libera

interpretazione dell’ononimo scritto filosofico di Nietzsche, in cui Strauss volle

esprimere un quadro musicale dello sviluppo della razza umana attraverso le sue

fasi e i suoi conflitti interiori. Il brano è aperto da un preludio (Do-Sol-Do) e

seguono otto episodi senza interruzione, tra questi da ricordare il quinto, costruito

in forma di fuga e riferito al capitolo “Della scienza”.

Le quattro sinfonie di Brahms assumono la posizione di eredi insigni di quelle

beethoveniane e non sono ispirate ad alcun programma extramusicale. Articolate

tutte in quattro movimenti, il loro metodo compositivo risente del contrappunto distampo tradizionale e dell’interesse per le forme antiche di scrittura musical,

inserite però in un contesto sonoro denso e multicolore. Un esempio è la

variazione , utilizzata nel movimento finale della Quarta Sinfonia , in cui Brahms

presenta trenta variazioni e una coda su un tema di passacaglia.

Anche le sinfonie di Brukner, tutte in 4 movimenti, conservano di massima le

forme classiche e nessuna è esplicitamente programmatica, ad eccezione della

Quarta sinfonia , “Romantica” (1874). Derivò principalmente dalla Nona di

Beethoven la sua concezione grandiosa della forma sinfonica, massicciamenteestesa fino a raggiungere proporzioni colossali, e da Beethoven ricavò alcuni

procedimenti quali la presentazione di motivi variati nei tempi lenti e la citazione

dei temi dei movimenti precedenti nel finale. Fu profondamente influenzato anche

da Wagner. Uno dei tratti distintivi dello stile sinfonico buckeriano è il taglio

solenne del suo discorso musicale dato dal carattere organistico del suo impianto,

spesso diviso in “cori” contrapposti come i registri dell’organo. Tipico è anche il

ricorso a melodie semplici a carattere innodico accompagnate da lunghe distese di

tremoli.

Gustav Mahler era profondamente convinto che la musica dovesse scaturire da

un programma ideale extramusicale. Mahler scrisse nove sinfonie e ne abbozzò una

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decima prima di morire, una produzione alla quale si aggiungono numerosi cicli

liederistici e una brillante carriera di direttore d’orchestra alla filarmonica di Vienna

e New York. L’opera sinfonica di Mahler riecheggia senza dubbio le tensioni della

grande crisi sociale e spirituale che viene definita decadentismo , ovvero un

processo di reazione nei confronti del razionalismo materialista e del naturalismopositivista. Il mondo interiore di Mahler appare dominato da un senso di angoscia

esistenziale, di profonda malinconia e di tragica grandiosità. Il significato globale

della musica di Mahler risulta nella convivenza paradossale di uno stile raffinato a

fianco della banalità: vedi, ad esempio, il terzo movimento della Prima sinfonia , che

si apre sulle note in minore del canone Frere Jacques per poi sfociare in un motivo

strumentate in maniera geniale che si contrappone immediatamente al primo tema.

Se la Seconda sinfonia presenta una natura prettamente metafisica, la Terza si può

considerare una meditazione sul mondo fisico che termina con l’amore di Dio.

Questa sinfonia richiede un organico molto più esteso delle precedenti. Le tre

sinfonie composte fra il 1901 e 1905 sono opere unicamente strumentali (prima

era presente anche il coro) prive dell’elemento programmatico, e ricordano la

granitica monumentalità di Bruckner. Nelle opere degli ultimi anni, invece, Mahler si

pone con risolutezza tragica di fronte al pensiero della morte: ne è testimonianza

la monumentale Ottava Sinfonia , che richiede non solo un’orchestra immensa, ma

anche otto voci soliste, un doppio coro misto e un coro di voci bianche.

Tesi 31: Le scuole Nazionali

Le Scuole Nazionali sono il risultato delle influenze delle teorie nazionalistiche nelcampo musicale. Con la crescente convinzione che gli stati debbano coincidere con

le nazionalità e le lingue nacque anche l’esigenza di sviluppare delle forme musicali

proprie del paese di appartenenza: la prima conseguenza fu il graduale sviluppo

dell’opera nazionale contrapposta all’opera italiana .

Nella musica strumentale, però, il problema si pose circa un secolo più tardi su due

fronti: da una parte, quella di “spurgare” la musica degli elementi classici; dall’altra

quella di liberarsi dal predominio del romanticismo, un’esigenza sentita soprattutto

dalle popolazioni non germaniche. In principio, questi nazionalismi si manifestavano

principalmente nella tendenza ad inserire elementi popolari ed etnici all’internodelle composizioni: Chopin fu uno dei primi ad utilizzare le forme della mazurka e la

polka, mentre Liszt scrisse rapsodie basate sulla musica degli zingari ungheresi.

Nella seconda metà dell’Ottocento queste tendenze si organizzarono nelle

cosiddette scuole nazionali, che si ponevano come scopo la ricerca e lo sviluppo

di una musica nazionale e popolare. Una delle più importanti era la scuola russa,

che si organizzò intorno all’opera del pianista e compositore Anton Rubinstein,

che fondò la Società per la Musica Russa e il primo conservatorio di musica. In

realtàil periodo d’oro di questa scuola si condensa negli anni di attività del gruppo

dei Cinque: Balakirev, Cui, Borodin, Musorgskij e Rimskij-Korsakov, dei quali solo

Balakirev era musicista di professione. Il più importante dei Cinque è sicuramente

Musorgskij: nel campo dell’opera nazionale scrisse Boris Godunov, un’opera che

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basandosi su una storia medioevale locale, utilizzando la lingua russa e unendo

l’uso di melodie popolari con la musica liturgica modale resenta tutte le

caratteristiche del teatro nazionale russo. La sua opera piùimportante in ambito

strumentale è Quadri di un’esposizione , dieci scene che rappresentano

musicalmente dieci quadri di un pittore amico del musicista, Victor Hartmann,raffiguranti soggetti fiabeschi russi, del folklore slavo o quadretti di genere,

raccordati tra loro dalla ripetizione della Promenade, un imponente brano dal

sapore modale tipicamente russo.

Il fascino particolare della musica orchestrale di Rimskij-Korsakov, invece, emerge

in maniera particolare nelle tre composizioni Il Capriccio spagnolo, Sheherazade e

Overtoure per la festa della Pasqua russa .

Chi invece funge da fusione degli elementi russi con quelli europei è Caikovskij, il

cui repertorio è costituito, oltre ai melodrammi, da sinfonie, da concerti per

pianoforte e dal concerto per violino. Particolarmente importanti sono le musiche

per balletto – Il Lago dei Cigni, La bella addormentata, Lo Schiaccianoci   –  un

genere che egli fondò ex novo .

Delle altre scuole nazionali ricordiamo quella boema (Dvorak e Smetana), quella

norvegese (Grieg), quella finlandese (Sibelius), e quella spagnola (Albeniz e

Granados).