Storia del Lavoro: un approccio di genere - archiviolavoro.it · La disciplina sul lavoro è stata...

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Storia del Lavoro: un approccio di genere Debora Migliucci- Archivio del Lavoro Progetto Diritto al Lavoro – Fondazione Roberto Franceschi Onlus Gennaio 2013

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Storia del Lavoro: un approccio di genere

Debora Migliucci- Archivio del Lavoro Progetto Diritto al Lavoro – Fondazione Roberto Franceschi Onlus Gennaio 2013

Di cosa parleremo:

1. Sesso e genere. Definizioni e differenze.

2. Laboratorio: gli stereotipi del maschile e del

femminile

3. Il mercato del lavoro non è neutro

4. Segregazione, discriminazione e privilegio

5. Condivisione: maternità, paternità e lavoro

6. Liberare i talenti

1. Sesso e genere

Maschio o Femmina?

Brainstorming su stereotipi di genere

• MASCHILE

• FEMMINILE

LE FIGLIE DI EGALIA di Gerd Brantenberg

Un mondo all'incontrario?

La direttora Boria e la sua famiglia Cosa notate di strano? Tutte le parole sono al femminile, ma si riferisco a donne e uomini ( al contrario di quello che fa la lingua italiana!) La divisione «tradizionale» dei ruoli è invertita: le donne comandano, gli uomini sono discriminati , Petronio non può fare la «donna di mare» – uomini con i figli, donne carriera Petronio è debole, è delicato – va tutelato e trattato con cura!

Petronio fa un sogno: il mondo all’incontrario Cosa notate? Tutte le parole sono al maschile, ma si riferisco a donne e uomini La divisione «tradizionale» dei ruoli confina le donne e garantisce agli uomini il comando Petra è debole, è delicata– va tutelata e trattata con cura!

Sesso e genere. Definizioni e differenze

Il sesso definisce biologicamente se una persona è femmina o è

maschio. E’ una caratteristica naturale, biologica, data dalla presenza di

genitali maschili o femminili e dai cromosomi (XX o XY).

Il genere è al contrario una costruzione culturale. Indica i

comportamenti, le attitudini, il “modo di essere” che viene associato

all’essere biologicamente uomo o donna.

Ad. esempio il modo di vestire, di pettinarsi, di atteggiarsi, le scelte nei

percorsi della vita

Quindi gli aspetti collegati al genere sono definiti dalla cultura e

cambiano nel tempo e nello spazio: a seconda delle epoche storiche,

delle culture e dei paesi.

Perché è importante separare il sesso biologico dal

genere?

Perché è la «cultura» di un popolo e non la natura biologica che

definisce cosa ci si aspetta da un uomo e cosa ci si aspetta da una

donna…

Ma non è detto che uomini e donne siano tutti uguali, non esiste un

solo modo di essere uomini e donne…

Nella storia il genere ha prodotto delle differenze di vita, percorsi

educativi, carriere lavorative.

Nascere donna o uomo comportava – e per certi versi comporta

ancora - doversi uniformare a un idea precostituita…

Importante: Uomini e donne sono uguali?

Ni, sono diversi in alcune cose (maternità, forza fisica..) e

uguali in altre (possono avere gli stessi interessi, voler fare

lo stesso lavoro..)

Gli uomini sono tutti uguali?

Ni, sono uguali biologicamente. Ma possono essere molto

diversi per cultura, religione, interessi, desideri, orientamento

sessuale

Le donne sono tutte uguali?

Ni, sono uguali biologicamente. Ma possono essere molto

diversi per cultura, religione, interessi, desideri, orientamento

sessuale

Il gioco non è abolire le differenze biologiche o

esistenziali,

il problema nasce quando le differenze possibili

diventano stereotipi che limitano le scelte

oppure definiscono una gerarchia…

Perché è così che si formano le discriminazioni

a danno di un sesso e i privilegi a favore

dell’altro…

Ed è quello che è successo nella storia!!

Pregiudizio

Discriminazione

Stereotipo

Per riassumere http://e-learn.provinz.bz.it/data/copernicus/lm_data/lm_9875/index.html

Il mercato del lavoro non è neutro Il lavoro extradomestico delle donne nel nostro paese è stato per tanto tempo

considerato accessorio, subordinato, di complemento a quello maschile. Le

donne hanno sempre lavorato in casa e fuori casa, ma il ritmo del lavoro

femminile è sempre dipeso strettamente dagli impegni familiari e dalla antica

concezione della donna come soggetto debole, per tutto l’Ottocento assimilato al

minore, e pertanto bisognoso di tutela.

La disciplina sul lavoro è stata diretta, fino ad epoca recente, ad adattare le

condizioni di lavoro agli impegni familiari delle donne, impegni che apparivano

immutabili e “naturali”, al contrario le leggi non operavano nel senso di conciliare

questi al lavoro extradomestico.

In quest’ottica non si teneva conto dei talenti, delle ambizioni e delle aspirazioni

femminili; si dava, cioè, per scontato che il mercato del lavoro fosse destinato

agli uomini e la cura della casa e della famiglia alle donne.

Donne, uomini e lavoro:

costruzione culturale di discriminazioni e privilegi.

Solo gli appartenenti alla nobiltà erano esenti dal lavoro, vivevano di

rendita. Tutti gli altri, donne e uomini hanno sempre lavorato.

L’economia familiare fino ai primi anni del Novecento si sorreggeva sul

lavoro di uomini, donne e bambini, quello che differiva era la percezione

del ruolo.

Le donne lavoravano nei campi, ma era il capofamiglia a risultare come

lavoratore.

La famiglia monoreddito ovvero quella dove il marito lavora fuori

casa e percepisce uno stipendio e la moglie fa la casalinga e non

viene retribuita

si è per la verità imposta solo negli anni Cinquanta del Novecento e

ha conosciuto una durata abbastanza residuale che ha coinvolto

solo una o due generazioni.

Ben presto, infatti, l’aumento del bisogno di consumi e la maggiore

attenzione nei confronti del benessere e dell’istruzione dei figli

riportò le donne sposate a lavorare – magari a momenti alterni -,

prima per necessità economica, e in seguito anche per

realizzazione personale.

Come si è prodotto il pregiudizio nei confronti del lavoro

femminile?

La legislazione sociale fin dall’Ottocento:

• Ha teso a tutelare e limitare il lavoro extradomestico delle donne;

• La limitazione del lavoro femminile è sempre stato giustificato da

motivazioni di tipo sociale e culturale, veniva rafforzata la

supremazia dei compiti familiari;

• L’equiparazione della donna al minore;

• L’oggetto della tutela sembrava essere non la salute della donna,

ma l’onore;

• La dittatura fascista ha enfatizzato oltre misura il ruolo di madre

e produsse una legislazione fortemente discriminatoria, nonché

espulsiva delle donne dal mondo del lavoro

Come si è prodotti il pregiudizio nei confronti del lavoro femminile?

E nel Novecento?

• La Costituzione introduce uguaglianza tra uomo e donna (art.3)

anche nel mondo del lavoro: l’articolo 37 da garanzia di parità

salariale e l’articolo 51 stabilisce il diritto di tutti i cittadini di

poter accedere alle professioni e alle cariche politiche.

• Tuttavia eliminare le norme discriminatorie in materia di lavoro

significava cedere alle donne una porzione di potere… ci vollero

anni: 1961 Magistratura; 1977 Parità retributiva

• Fino al 2000 le leggi create per tutelare la maternità in realtà si

basavano sulla divisione sessuale dei ruoli: donne figli, uomini

carriera.

Segregazione, discriminazione e privilegio.. Un problema non

ancora risolto.

Il risultato di questa impostazione legislativa e culturale ha portato le

donne ad essere storicamente emarginate in condizioni di inferiorità e di

segregazione sul mercato del lavoro.

Cosa vuol dire segregare? Vuol dire offrire a un soggetto, nel nostro caso

alle donne, lavori meno qualificati, meno retribuiti, e con minore

possibilità di carriera di quelli offerti agli uomini.

Nel mercato del lavoro se una parte della popolazione viene discriminata

(le donne), l’altra parte gode di un privilegio (gli uomini).

Es. L’uomo fa il capo ufficio, la donna la segretaria;

l’uomo è il medico, la donna infermiera;

l’uomo è il preside/direttore, la donna insegnante.

Il termine definisce ogni disparità di trattamento a danno di

determinate persone o categorie di persone (in questo caso

parliamo di donne) senza una giustificazione oggettiva.

Si distingue tra:

discriminazione diretta (disparità di trattamento)

discriminazione indiretta (trattamento apparentemente neutro ma

con effetti pregiudizievoli per uno dei due sessi)

DISCRIMINAZIONE

Richiesta di sole lavoratrici donne o lavoratori uomini (è vietato dalla

costituzione»!)

Richiesta all’atto di assunzione o in fase di selezione di informazioni

personali (stato di famiglia, intenzione di avere figli...)

Sottoscrizione di dimissioni in bianco o di impegno a non avere figli per

un determinato periodo.

ESEMPI DI DISCRIMINAZIONE

DIRETTA

• Richiesta di altezza superiore a 1,70 per gli aspiranti vigili del fuoco.

Sentenza Corte Costituzionale contro la Provincia di Trento

(Sentenza 163 del 15 aprile 1993)

• Mancato superamento del periodo di prova (valutare se legato al

matrimonio o gravidanza).

• Passaggio di carriera legato a ore d'effettiva presenza (part-time

esclusi)

• Particolari capacità di forza fisica non giustificabile per mansioni di lavoro.

ESEMPI DI DISCRIMINAZIONE

INDIRETTA

Condivisione: maternità, paternità Le cause che rendono ancora oggi diseguale la condizione di donne e uomini nel mondo

del lavoro prendono avvio dalla storia e hanno radici culturali così radicate che la

legislazione da sola non riesce a rimuovere.

Uno dei momenti più difficili nella carriera lavorativa delle donne coincide con la maternità:

ancora oggi avere una famiglia per lei e avere una famiglia per lui, non è la stessa cosa.

Per il datore di lavoro la maternità resta un increscioso imprevisto.

A livello sociale si continua a ritenere “naturale” che la donna debba assumersi la

maggior parte delle responsabilità per la cura dei figli e che sia lei a doversi occupare

delle faccende domestiche, anche quando svolge un lavoro fuori casa.

Le statistiche confermano che troppo spesso per una donna diventare madre è di ostacolo

alla carriera, e che d’altro canto ai giovani padri è negato il diritto alla paternità: la

scelta di un uomo di stare a casa per qualche mese ad accudire il figlio neonato è

disincentivata sul lavoro e osteggiata culturalmente.

In questo modo né le donne né gli uomini sono liberi di scegliere che modello familiare

adottatore.

Maternità e paternità: tra biologia e cultura

Bisogna infatti operare una distinzione tra norme che tutelano la salute

della donna e del bambino durante la gravidanza, in assenza delle quali si

produrrebbe una discriminazione, e norme che riguardano la cura dei figli

in cui dovrebbe rientrate a pieno titolo anche la figura del padre.

La maternità è questione biologicamente femminile per 9 mesi di

gestazione e per i mesi di allattamento (periodo che varia da donna a

donna- non tutte le donne allattano al seno. In età moderna le donne

aristocratiche non allattavano ma davano i figli «a balia».)

La paternità è una condizione maschile fin dai primi giorni del bambino e in

questo senso vanno le legislazioni sociali di molti paesi europei, che hanno

riconosciuto ai padri il diritto di congedo di paternità.

I condizionamenti sociali:

educazione e aspettative

Condizionamenti in famiglia:

Fin da piccoli (6-17 anni) si tramanda la divisione dei ruoli all’interno della

famiglia:

Pulire la casa: 35,8% F, 13,7% M

Rifarsi il letto: 43,3% F, 22,9% M

Piccole riparazioni: 20,8% M, 7,5% F

Buttare spazzatura: 38,7% M, 24,2% F

Condizionamenti nel campo dell’istruzione

Le studentesse vengono incoraggiate (da genitori, insegnanti e tradizioni

culturali) già dalle scuole medie a proseguire gli studi in quei settori dove

sono minori le prospettive di carriera e più bassi gli stipendi.

I condizionamenti sociali:

educazione e aspettative

Pregiudizi e stereotipi sul lavoro- da parte delle imprese:

• Le imprese si aspettano che le donne dedicheranno più tempo al

lavoro domestico.

• Quindi le pagano di meno e bloccano le loro carriere.

• Il salario più basso riduce il reddito femminile rispetto a quello maschile

e per le donne e aumenta il rischio di lavorare a casa

• così le aspettative delle imprese si realizzano

Percentuale delle imprese che dichiarano ininfluente il sesso del lavoratore

• 1-9 dipendenti: ugualmente adatti 26,42 % • 10-49 dipendenti: ugualmente adatti 31,44 % • 50-249 dipendenti: ugualmente adatti 66,97% • 250-499 dipendenti: ugualmente adatti 64,5% • 500 dipendenti e oltre: ugualmente adatti 74,8%

I condizionamenti sociali:

educazione e aspettative

Pregiudizi e stereotipi sul lavoro- da parte delle famiglie:

• Se l’impresa si attende che le donne siano meno disponibili a

“impegnarsi”, le collocheranno negli impieghi meno remunerativi o

richiederanno standard/abilità individuali più elevate di quelle dei

colleghi maschi per farle accedere alla carriera

• I partner all’interno della famiglia conoscono le aspettative delle

imprese e ripartiscono i carichi famigliari attribuendone maggiori a chi

ha meno opportunità di accesso a carriere remunerative.

• Le aspettative delle imprese si realizzano e tutto si orienta a

svantaggio delle donne.

Una rivoluzione

ancora incompiuta

La divisione del lavoro domestico è ancora marcata

Il lavoro in casa è prevalentemente femminile: le donne

lavorano 80 minuti in più degli uomini ogni giorno (lavoro in

casa + lavoro fuori casa).

Questo significa più tempo per gli uomini da dedicare al

lavoro e un vantaggio nella possibilità di carriera.

Processo produttivo (Lavoro Formale Retribuito -prevalentemente maschile)

Processo riproduttivo educativo (lavoro informale, non riconosciuto-prevalentemente femminile

Sistema di welfare basato sulla divisione di genere del lavoro

Pregiudizi culturali in famiglie a nei datori di lavoro

Liberare i talenti

Come si è tentato di dimostrare la situazione di privilegio maschile e discriminazione

femminile non è imputabile ad un solo fattore, ma ad una varietà di condizionamenti

soprattutto culturali, che coinvolgono uomini e donne indistintamente.

La sfida futura potrebbe essere quella di abbandonare modelli familiari sorpassati,

smontare i condizionamenti di genere che attribuiscono a donne e uomini compiti

differenti, e garantire effettive pari opportunità, sulla traccia di quanto già previsto dalle

riforme di organizzazione del lavoro e di welfare sperimentati in altri paesi.

Garantire pari opportunità alle persone indipendentemente dal sesso non è solo un

problema di giustizia e di rispetto della Costituzione, ma è un’occasione di crescita e

sviluppo anche economico.

I talenti, le capacità e le ambizioni sono infatti equamente distribuiti tra donne e

uomini e privarsi della metà di queste capacità non permette all’Italia di concorrere allo

sviluppo del benessere al pari delle altre nazioni.