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Stime per l’anno 2018 INDICATORI DEMOGRAFICI Al 1° gennaio 2019 si stima che la popolazione ammonti a 60 milioni 391mila residenti, oltre 90mila in meno sull’anno precedente (-1,5 per mille). La popolazione di cittadinanza italiana scende a 55 milioni 157mila unità (-3,3 per mille). I cittadini stranieri residenti sono 5 milioni 234mila (+17,4 per mille) e rappresentano l’8,7% della popolazione totale. Nel 2018 si conteggiano 449mila nascite, ossia 9mila in meno del precedente minimo registrato nel 2017. Rispetto al 2008 risultano 128mila nati in meno. I decessi sono 636mila, 13mila in meno del 2017. In rapporto al numero di residenti, nel 2018 sono deceduti 10,5 individui ogni mille abitanti, contro i 10,7 del 2017. Il saldo naturale nel 2018 è negativo (-187mila), risultando il secondo livello più basso nella storia dopo quello del 2017 (-191mila). Il saldo migratorio con l’estero, positivo per 190mila unità, registra un lieve incremento sull’anno precedente, quando risultò pari a +188mila. Aumentano sia le immigrazioni, pari a 349mila (+1,7%), sia le emigrazioni, 160mila (+3,1%). I flussi in ingresso, perlopiù dovuti a cittadini stranieri (302mila), hanno toccato il livello più alto degli ultimi sei anni. Solo 40mila emigrazioni per l’estero, su complessive 160mila, coinvolgono cittadini stranieri. Tra i cittadini italiani continuano a essere più numerose le partenze dei ritorni. Nel 2018 risultano, infatti, 47mila rimpatri e 120mila espatri. Il numero medio di figli per donna (1,32) risulta invariato rispetto all’anno precedente. L’età media al parto continua a crescere, toccando per la prima volta la soglia dei 32 anni. La fecondità misurata lungo le varie generazioni femminili, anziché per anni di calendario, non ha mai smesso di calare. Tra le donne nate nel 1940 e quelle del 1968 la fecondità diminuisce con regolarità da 2,16 a 1,53 figli. Nel 2018 si registra un nuovo aumento della speranza di vita alla nascita. Per gli uomini la stima è di 80,8 anni (+0,2 sul 2017) mentre per le donne è di 85,2 anni (+0,3). A 65 anni di età la speranza di vita residua è di 19,3 anni per gli uomini (+0,3 sul 2017) e di 22,4 anni per le donne (+0,2). I trasferimenti di residenza intercomunali sono stimati pari a 1 milione e 359mila (+1,8%). Tra questi, i movimenti interregionali (tra regioni diverse) sono 330mila, corrispondenti al 24,3% dei trasferimenti totali. Saldi migratori interni molto positivi vengono rilevati nelle regioni del Nord-est (+2,2 per mille abitanti) e, in misura inferiore, in quelle del Nord-ovest (+1,2). Nel Mezzogiorno i saldi sono ovunque negativi e la perdita netta di popolazione dell’area è pari a 65mila individui, il 58% dei quali dalle sole Campania e Sicilia. Prosegue la crescita, in termini assoluti e relativi, della popolazione anziana. Al 1° gennaio 2019 gli over 65enni sono 13,8 milioni (rappresentano il 22,8% della popolazione totale), i giovani fino a 14 anni sono circa 8 milioni (13,2%), gli individui in età attiva sono 38,6 milioni (64%). TASSO DI VARIAZIONE DELLA POPOLAZIONE PER REGIONE. Anno 2018, stima per mille residenti -7,7 -6,1 -5,4 -4,9 -4,2 -4,2 -4,1 -3,8 -3,8 -3,7 -3,3 -2,4 -2,4 -1,9 -1,5 -1,2 -0,9 1,1 1,7 2,1 2,4 6,4 -10-9 -8 -7 -6 -5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Molise Basilicata Sardegna Sicilia Puglia Liguria Ma rche C ala bria Piemonte Valle d'Aosta Campania Abruzzo Umbria La zio ITALIA Friuli-Venezia Giulia Toscana Ven eto Trento Lombardia Emilia-Romagna Bolzano 7 febbraio 2019

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Page 1: Stime per l’anno 2018 ITALIA INDICATORI DEMOGRAFICI · Stime per l’anno 2018- INDICATORI DEMOGRAFICI Al 1° gennaio 2019 si stima che la popolazione ammonti a 60 milioni 391mila

Stime per l’anno 2018

INDICATORI DEMOGRAFICI

Al 1° gennaio 2019 si stima che la popolazione ammonti a 60 milioni 391mila residenti, oltre 90mila in meno sull’anno precedente (-1,5 per mille).

La popolazione di cittadinanza italiana scende a 55 milioni 157mila unità (-3,3 per mille). I cittadini stranieri residenti sono 5 milioni 234mila (+17,4 per mille) e rappresentano l’8,7% della popolazione totale.

Nel 2018 si conteggiano 449mila nascite, ossia 9mila in meno del precedente minimo registrato nel 2017. Rispetto al 2008 risultano 128mila nati in meno.

I decessi sono 636mila, 13mila in meno del 2017. In rapporto al numero di residenti, nel 2018 sono deceduti 10,5 individui ogni mille abitanti, contro i 10,7 del 2017.

Il saldo naturale nel 2018 è negativo (-187mila), risultando il secondo livello più basso nella storia dopo quello del 2017 (-191mila).

Il saldo migratorio con l’estero, positivo per 190mila unità, registra un lieve incremento sull’anno precedente, quando risultò pari a +188mila. Aumentano sia le immigrazioni, pari a 349mila (+1,7%), sia le emigrazioni, 160mila (+3,1%).

I flussi in ingresso, perlopiù dovuti a cittadini stranieri (302mila), hanno toccato il livello più alto degli ultimi sei anni. Solo 40mila emigrazioni per l’estero, su complessive 160mila, coinvolgono cittadini stranieri.

Tra i cittadini italiani continuano a essere più numerose le partenze dei ritorni. Nel 2018 risultano, infatti, 47mila rimpatri e 120mila espatri.

Il numero medio di figli per donna (1,32) risulta invariato rispetto all’anno precedente. L’età media al parto continua a crescere, toccando per la prima volta la soglia dei 32 anni.

La fecondità misurata lungo le varie generazioni femminili, anziché per anni di calendario, non ha mai smesso di calare. Tra le donne nate nel 1940 e quelle del 1968 la fecondità diminuisce con regolarità da 2,16 a 1,53 figli.

Nel 2018 si registra un nuovo aumento della speranza di vita alla nascita. Per gli uomini la stima è di 80,8 anni (+0,2 sul 2017) mentre per le donne è di 85,2 anni (+0,3).

A 65 anni di età la speranza di vita residua è di 19,3 anni per gli uomini (+0,3 sul 2017) e di 22,4 anni per le donne (+0,2).

I trasferimenti di residenza intercomunali sono stimati pari a 1 milione e 359mila (+1,8%). Tra questi, i movimenti interregionali (tra regioni diverse) sono 330mila, corrispondenti al 24,3% dei trasferimenti totali.

Saldi migratori interni molto positivi vengono rilevati nelle regioni del Nord-est (+2,2 per mille abitanti) e, in misura inferiore, in quelle del Nord-ovest (+1,2). Nel Mezzogiorno i saldi sono ovunque negativi e la perdita netta di popolazione dell’area è pari a 65mila individui, il 58% dei quali dalle sole Campania e Sicilia.

Prosegue la crescita, in termini assoluti e relativi, della popolazione anziana. Al 1° gennaio 2019 gli over 65enni sono 13,8 milioni (rappresentano il 22,8% della popolazione totale), i giovani fino a 14 anni sono circa 8 milioni (13,2%), gli individui in età attiva sono 38,6 milioni (64%).

TASSO DI VARIAZIONE DELLA POPOLAZIONE PER REGIONE. Anno 2018, stima per mille residenti

-7,7

-6,1

-5,4

-4,9

-4,2

-4,2

-4,1

-3,8

-3,8

-3,7

-3,3

-2,4

-2,4

-1,9

-1,5

-1,2

-0,9

1,1

1,7

2,1

2,4

6,4

-10 -9 -8 -7 -6 -5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Molise

Basilicata

Sardegna

Sicilia

Pug lia

Liguria

Marche

Calabria

Piemonte

Valle d'Aosta

Campania

Abruzzo

Umbria

Lazio

ITALIA

Friuli-Venezia Giulia

Toscana

Veneto

Tren to

Lombardia

Emilia-Romagna

Bolzano

7 febbraio 2019

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Popolazione residente in diminuzione per il quarto anno consecutivo

Anche nell’ultimo anno si riscontra un’ulteriore flessione della popolazione residente, scesa a 60 milioni 391mila individui al 1° gennaio 2019, fatto che interessa il Paese da quattro anni consecutivamente. La variazione sull’anno precedente è pari al -1,5 per mille. La riduzione si deve al rilevante bilancio negativo della dinamica naturale (nascite-decessi) risultata nel 2018 pari a -187mila unità, compensata tuttavia da un saldo migratorio con l’estero (+190mila) ampiamente positivo (Prospetto 1). Le ordinarie operazioni di allineamento e revisione delle anagrafi (saldo migratorio interno e altri motivi) comportano, inoltre, un saldo negativo per 96mila unità. Nel complesso, pertanto, la popolazione diminuisce di 93mila unità.

Sulla riduzione della popolazione totale incide prevalentemente la dinamica demografica negativa della popolazione di cittadinanza italiana (-3,3 per mille), scesa a 55 milioni 157mila unità. I cittadini stranieri residenti, invece, aumentando del 17,4 per mille, risultano pari a 5 milioni 234mila e rappresentano l’8,7% della popolazione residente totale.

PROSPETTO 1. PRINCIPALI COMPONENTI DEL BILANCIO DEMOGRAFICO. Anno 2018, dati in migliaia, stime

Regioni/Ripartizioni Popolazione

iniziale Saldo

naturale Saldo migratorio

estero Saldo migratorio

interno Saldo migratorio

altri motivi Popolazione

finale

Piemonte 4375,9 -24,9 12,2 4,2 -8,0 4359,3

Valle d’Aosta 126,2 -0,6 0,3 0,0 -0,2 125,7

Lombardia 10036,3 -22,1 38,7 12,7 -8,0 10057,5

Trentino-Alto Adige 1067,6 0,4 2,3 3,3 -1,7 1072,0

Bolzano-Bozen 527,8 0,9 1,2 1,8 -0,6 531,1

Trento 539,9 -0,5 1,1 1,4 -1,1 540,8

Veneto 4905,0 -12,8 17,8 5,9 -5,5 4910,4

Friuli-Venezia Giulia 1215,5 -6,7 4,6 2,8 -2,2 1214,1

Liguria 1557,0 -13,1 5,9 2,3 -1,6 1550,4

Emilia-Romagna 4452,6 -17,2 19,5 14,0 -5,7 4463,2

Toscana 3737,0 -18,2 15,5 2,8 -3,7 3733,4

Umbria 884,6 -4,2 2,7 0,0 -0,6 882,5

Marche 1531,8 -6,8 4,0 -0,4 -3,1 1525,5

Lazio 5896,7 -14,8 19,7 -0,2 -16,0 5885,4

Abruzzo 1315,2 -5,6 4,7 -0,7 -1,6 1312,0

Molise 308,5 -1,8 1,7 -1,2 -1,1 306,1

Campania 5826,9 -4,7 13,0 -21,2 -6,1 5807,8

Puglia 4048,2 -9,4 7,9 -11,3 -4,3 4031,2

Basilicata 567,1 -2,4 1,8 -2,3 -0,6 563,7

Calabria 1956,7 -4,5 8,0 -8,6 -2,4 1949,3

Sicilia 5027,0 -10,6 6,9 -16,4 -4,4 5002,5

Sardegna 1648,2 -6,8 2,4 -3,4 -1,1 1639,3

ITALIA 60484,0 -186,7 189,5 -17,8 -77,7 60391,3

Nord 27736,2 -97,0 101,2 45,2 -32,9 27752,6

Nord-ovest 16095,3 -60,7 57,1 19,2 -17,9 16092,9

Nord-est 11640,9 -36,3 44,2 26,0 -15,0 11659,7

Centro 12050,1 -43,9 41,9 2,2 -23,3 12026,8

Mezzogiorno 20697,8 -45,7 46,4 -65,2 -21,5 20611,9

Sud 14022,6 -28,3 37,2 -45,4 -16,0 13970,1

Isole 6675,2 -17,4 9,2 -19,8 -5,4 6641,7

Il calo della popolazione a livello nazionale si ripercuote in tutte le regioni del Centro (-1,9 per mille) e, soprattutto, del Mezzogiorno (-4,2). In particolar modo, fra le regioni continuano a essere caratterizzate da un visibile processo di spopolamento Molise (-7,7 per mille) e Basilicata (-6,1).

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Nel Nord, al contrario, fanno eccezione con incrementi della popolazione il Veneto (+1,1 per mille), la Lombardia (2,1) e l’Emilia-Romagna (2,4). Su tutte emerge l’incremento relativo conseguito nella Provincia autonoma di Bolzano (+6,4), cui si associa quello positivo della Provincia autonoma di Trento (+1,7).

Il saldo migratorio con l’estero attenua il calo naturale della popolazione

Nel 2018 le migrazioni internazionali continuano a rappresentare il principale fattore di crescita della popolazione per tutte le regioni del territorio nazionale indistintamente. Il saldo migratorio con l’estero nel 2018, positivo per 190mila unità, supera seppur di poco quello dell’anno precedente e risulta, in ogni caso, il più elevato degli ultimi cinque (Figura 1). In aumento nel 2018 tanto le immigrazioni, pari a 349mila, quanto le emigrazioni per l’estero. Queste ultime, circa 160mila, raggiungono il livello più alto da quando sono disponibili statistiche omogenee sul fenomeno (1981).

Il surplus derivante dalla dinamica migratoria viene quasi integralmente assorbito da un saldo naturale che, anche nel 2018, registra un’ampia differenza negativa tra nascite e decessi. Il fenomeno, non nuovo e destinato ad ampliarsi in prospettiva, interessa pressoché omogeneamente il territorio nazionale, ad eccezione della Provincia di Bolzano, unica area rimasta con un saldo naturale positivo.

Le nascite risultano pari a 449mila, ossia 9mila in meno del già minimo valore raggiunto nel 2017, proseguendo un percorso che, anno dopo anno, porta a segnare nuovi record sfavorevoli. Al di là del livello assoluto, sempre più in declino, colpisce particolarmente la velocità di riduzione, considerando che in soli dieci anni, 2008-2018, le nascite sono diminuite di 128mila unità. Sulla questione hanno impatto, oltre che le scelte personali di avere o non avere figli o di rinviare al futuro la decisione, anche dinamiche di natura strutturale, nel senso che l’inerzia demografica è ormai tale che porta ad avere progressivamente meno madri potenziali e più anziane di un tempo.

Nel medesimo periodo i decessi, anche qui per dinamiche strutturali legate al progressivo invecchiamento della popolazione, hanno stabilmente oltrepassato la soglia dei 600mila eventi annui, benché nel 2018 con 636mila casi si riscontri un numero di morti inferiore di 13mila unità rispetto al 2017.

FIGURA 1. SALDO NATURALE E SALDO MIGRATORIO ESTERO, ITALIA. Anni 2008-2018, migliaia

-8 -23 -26-47

-79 -86 -96

-162-142

-191 -187

454

362380

303

245

182141 133 144

188 190

2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018*

Naturale Migratorio estero

(*) 2018 stima

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Meno figli e sempre più tardi

Tra i fattori collegati alla denatalità pesa in particolare la riduzione delle nascite da madre italiana, 358mila nel 2018 e 8mila in meno dell’anno precedente. I nati da cittadine straniere sono stimati in 91mila, pari al 20,3% del totale e circa un migliaio in meno del 2017. Di questi, 67mila sono quelli avuti con partner straniero (nati con cittadinanza estera), 24mila quelli con partner italiano.

Al calo delle nascite si accompagna una fecondità rimasta stabile, pari a 1,32 figli per donna, e un calendario della maternità sempre più spostato in avanti.

La fecondità presenta come sempre un profilo diverso tra le regioni. Nel 2018 la Provincia autonoma di Bolzano si conferma l’area più prolifica del Paese con 1,76 figli per donna, nonché l’unica che rispetto al 2010, anno in cui la fecondità nazionale registrava un massimo relativo di 1,46, abbia ulteriormente incrementato. Seguono la Provincia di Trento (1,50), la Lombardia (1,38) e l’Emilia-Romagna (1,37), ovvero tutte regioni del Nord. E, infatti, è proprio nel Nord che si osserva una fecondità maggiore (1,37).

All’opposto, le aree del Paese dove la fecondità è più contenuta sono tutte nel Mezzogiorno (1,29), in particolare in Basilicata (1,16), Molise (1,13) e Sardegna (1,06). La situazione non è rosea nemmeno nel Centro che, con 1,25 figli, occupa l’ultimo posto tra le ripartizioni geografiche e, in particolare, nel Lazio (1,23).

In generale, a parità di fecondità totale espressa, tra il 2017 e il 2018 cresce la fecondità nelle età superiori ai 30 anni e diminuisce in quelle inferiori (Figura 2).

Nelle età superiori ai 40 anni i tassi di fecondità continuano a salire fino a ottenere, con 90,5 figli per mille donne, il massimo livello dal 1970. In tale segmento di età la fecondità supera, ormai da tempo, quella che si osserva tra le donne con meno di 20 anni e si accinge a eguagliare quella espressa dalle donne di 20-24 anni. Le donne di 30-34 anni, a loro volta, confermano di avere la più alta propensione ad avere figli, primato stabilmente tenuto già dal 1998, in precedenza al quale spettava alle 25-29enni.

L’aumento dei tassi di fecondità nelle età più avanzate condiziona, peraltro, l’età media al parto che nel 2018 sale a 32 anni, registrando una crescita di circa due anni nell’arco di un ventennio. Che la fecondità risulti in aumento per un esteso tratto della vita riproduttiva delle donne rappresenta solo apparentemente una risposta al tema del mancato ringiovanimento della popolazione, che nei fatti è parziale. Va sottolineato, infatti, che rimandare la scelta di avere figli a una seconda fase porta a ridurre il tempo biologico a disposizione per procreare e, di fatto, ad averne mediamente meno.

FIGURA 2. TASSI SPECIFICI DI FECONDITÀ CUMULATI PER CLASSE DI ETÀ DELLA MADRE, ITALIA. Anni 1998, 2008, 2017 e 2018*, valori per mille

0

100

200

300

400

500

<20 20-24 25-29 30-34 35-39 40+

1998 (TFT 1,21) 2008 (TFT 1,45) 2017 (TFT 1,32) 2018* (TFT 1,32)

(*) 2018 stima, TFT=tasso di fecondità totale o numero medio di figli per donna.

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Sotto questo punto di vista, guardando a misure omogenee per appartenenza generazionale, se ne ha una rappresentazione ancora più immediata che guardando a misure rilevate in anni di calendario. La generazione 1968, ad esempio, chiude nel 2018 la sua esperienza riproduttiva al compimento del 50° anno con 1,53 figli e un’età media al parto di 30,1 anni. Le donne della generazione 1940, che possono essere considerate le mamme delle nate nel 1968, completavano la propria dimensione familiare media nel 1990 con 2,16 figli e un’età media al parto di 27,8.

La speranza di vita riprende a crescere

Nel 2018 si stimano 636mila decessi, 13mila in meno del 2017 (-2,1%). In rapporto al numero di residenti, sono deceduti 10,5 individui ogni mille abitanti, contro i 10,7 del 2017. Il calo della mortalità risulta confermato, peraltro, anche dal tasso standardizzato

1 per ampiezza e struttura per

età della popolazione, che scende dall’8,5 per mille all’8,2.

Nel quadro di una popolazione che tende a invecchiare e ad aumentare di ampiezza alle età anziane, la logica richiederebbe che il numero di decessi tendesse a crescere, in quanto più individui sono esposti ai rischi di morte, anche nella misura in cui tali rischi dovessero rimanere invariati da un anno all’altro. Quando ciò non si verifica, come nell’ultimo anno, può dipendere dal mutevole andamento delle condizioni climatico-ambientali e dell’alterna virulenza delle epidemie influenzali da una stagione alla successiva.

Nell’ultimo decennio, infatti, si sono osservati almeno tre picchi significativi, ossia quello nel 2012 e, soprattutto, nel 2015 e nel 2017. Come si può osservare dall’andamento dei residui (la distanza tra i dati osservati e la curva di tendenza in Figura 3), questi mettono in luce sia gli eccessi di mortalità registrati in tali anni, sia le diminuzioni intercorse negli anni a ridosso, segnatamente nel biennio 2013-2014 e nel 2016. Nel 2018 il residuo osservato è invece così attenuato da far ritenere che la popolazione, soprattutto quella anziana, possa aver riassorbito l’alterno andamento del quinquennio precedente (2012-2017).

FIGURA 3. DECESSI OSSERVATI E VALORI DI TENDENZA, ITALIA. Anni 2008-2018*, dati in migliaia

550

575

600

625

650

2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018

Dec

essi

oss

erva

ti e

tend

enza

Osservati Tendenza

(*) 2018 stima.

Sulla scia dell’altalenante andamento della mortalità anche la speranza di vita ha subito negli ultimi cinque anni un’evoluzione irregolare, pur se tendenzialmente crescente. Nel 2018 le condizioni di sopravvivenza della popolazione migliorano e si registra un nuovo aumento della speranza di vita alla nascita. Per gli uomini la stima è di 80,8 anni (+0,2 rispetto al 2017) mentre per le donne, le più penalizzate nell’ultimo scorcio di periodo, è di 85,2 anni (+0,3) (Figura 4). In

1 Popolazione standard di riferimento: UE28/2015.

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miglioramento risulta anche la sopravvivenza della popolazione anziana. Nel 2018, all’età di 65 anni la speranza di vita residua è di 19,3 anni per gli uomini (+0,3 sul 2017) e di 22,4 anni per le donne (+0,2).

Le regioni del Paese con le più favorevoli condizioni di sopravvivenza continuano a essere quelle del Nord-est e del Centro. Il primato regionale tra gli uomini compete alla Provincia di Trento (82 anni), seguita da Umbria (81,8), Provincia di Bolzano (81,6), Marche (81,6) e Veneto (81,5 anni). Tra le donne si ha una situazione territoriale molto simile, pur se la graduatoria è in parte invertita rispetto a quella maschile: primeggia, infatti, la Provincia di Bolzano (86 anni) davanti a quella di Trento e alle Marche (85,9), che a loro volta precedono Veneto e Umbria (85,8).

FIGURA 4. SPERANZA DI VITA ALLA NASCITA PER SESSO E REGIONE. Anno 2018*

79,279,5

79,980,180,1

80,380,380,480,5

80,780,880,8

81,081,0

81,381,481,581,581,681,6

81,882,0

78 79 80 81 82 83

CampaniaValle d'Aosta

SiciliaBasilicata

MoliseCalabria

PiemonteLiguria

SardegnaFriuli-Venezia Giulia

AbruzzoITALIAPugliaLazio

LombardiaEmilia-Romagna

ToscanaVenetoMarcheBolzanoUmbriaTrento

Maschi

83,784,0

84,784,8

84,984,9

85,185,1

85,285,2

85,385,3

85,485,585,5

85,685,7

85,885,8

85,985,9

86,0

83 84 85 86 87

CampaniaSicilia

CalabriaValle d'Aosta

LiguriaPiemonte

PugliaLazio

BasilicataITALIA

AbruzzoFriuli-Venezia Giulia

MoliseSardegna

Emilia-RomagnaToscana

LombardiaUmbriaVenetoMarcheTrento

Bolzano

Femmine

(*) 2018 stima.

Scambi migratori con l’estero intensi

La scelta di compiere una migrazione è complessa e tanti sono i fattori in gioco che possono aver influenzato i cambiamenti in corso in Italia nell’ultimo quinquennio, ossia da quando ridotti progressivamente gli effetti della recessione economica, il Paese è tornato a essere interessato da intensi flussi migratori. Tra questi fattori ci sono l’andamento dell’economia e della domanda di lavoro, nonché le questioni di carattere internazionale come ad esempio la spinta esercitata dai sending countries, gli eventi bellici, le emergenze umanitarie o la Brexit.

Ogni anno, quindi, continua ad aggiungersi alla popolazione una quota consistente di individui con l’intenzione di stabilire residenza nel Paese. Sotto questo punto di vista il 2018 non è da meno, poiché risultano pari a 349mila unità gli immigrati dall’estero (+1,7% sul 2017). A testimonianza, tuttavia, di una mobilità internazionale molto vivace, nel 2018 aumentano anche le emigrazioni per l’estero, pari a 160mila (+3,1%).

Per inciso, le iscrizioni anagrafiche dall’estero risultano al quarto consecutivo anno di crescita mentre le cancellazioni conseguono, dopo la breve flessione del 2017 (155mila), il loro massimo dal 1981 (Figura 5).

I movimenti in ingresso sono perlopiù dovuti a cittadini stranieri, 302mila, un livello non distante da quello del 2017 (+0,3%) e in ogni caso il più consistente negli ultimi sei anni. Per contro, le emigrazioni di stranieri dall’Italia risultano in lieve flessione: dal picco di 47mila nel 2014 sono progressivamente scese fino a 40mila nel 2018. Ciò rende molto positivo il saldo migratorio netto con l’estero limitato ai soli cittadini stranieri, precisamente pari a +262mila individui (+190mila il totale, quello che cioè include nel conto anche i movimenti dei cittadini italiani).

Per quanto riguarda i cittadini italiani continuano a essere più numerose le partenze dei ritorni. Risulta, infatti, che nel 2018 siano stati 47mila i rimpatri e 120mila gli espatri, per un saldo migratorio netto pari a -73mila unità. Nei confronti dell’anno precedente, tuttavia, si registra un

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incremento relativo più alto tra chi rientra in Patria (+11,9%) rispetto a coloro che l’abbandonano (+4,8%).

FIGURA 5. ISCRITTI E CANCELLATI DA E PER L’ESTERO PER CITTADINANZA, ITALIA. Anni 1998-2018*, dati in migliaia

0

100

200

300

400

500

1998 2003 2008 2013 2018

Iscritti dall'estero Italiani Stranieri

0

100

200

300

400

500

1998 2003 2008 2013 2018

Cancellati per l'estero

Italiani Stranieri

(*) Stima per il 2018

FIGURA 6. TASSI MIGRATORI CON L’ESTERO E TASSI MIGRATORI INTERREGIONALI, PER REGIONE. Anno 2018*, per mille residenti

(*) Stima.

Le regioni che accolgono più immigrati dall’estero sono quelle del Nord che attraggono 6,8 neocittadini ogni mille residenti, contro una media nazionale del 5,8 per mille (Figura 6). Tra le regioni del Nord il massimo si riscontra nella Provincia di Bolzano (7,7 per mille). Nelle regioni del

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Centro il tasso di immigrazione dall’estero risulta pari al 6,0 per mille e il massimo si riscontra in Toscana (6,7 per mille). Il Mezzogiorno, infine, presenta in media una capacità attrattiva minore (4,3 per mille) rispetto al resto del Paese, con l’eccezione di Molise (8,4), Abruzzo (6,6) e Calabria (6,4) nelle quali il tasso immigratorio dall’estero supera il valore medio nazionale.

In associazione al fatto che nel Nord si registrano maggiori flussi in arrivo, si aggiunge che in tale ripartizione geografica risultano più rilevanti anche i flussi in uscita in rapporto al numero di residenti (3,1 per mille, 2,6 a livello nazionale), cosicché il ricambio annuale di popolazione ha una dimensione maggiore. Nel Centro e nel Mezzogiorno, invece, le emigrazioni per l’estero risultano inferiori in termini relativi, rispettivamente pari a 2,5 e 2,1 per mille residenti. Ai livelli minimi si collocano, in particolare, la Basilicata (1,5 per mille), la Campania (1,6) e la Puglia (1,8).

In aumento anche le migrazioni interne

Nel 2018 i trasferimenti di residenza intercomunali sono stimati in circa 1 milione e 359mila. Per il terzo anno consecutivo si registra una variazione positiva sull’anno precedente, segnatamente dell’1,8%, a conferma di una riaccesa vitalità nella mobilità residenziale interna.

I movimenti interregionali (tra Comuni di regioni diverse) sono stimati in oltre 330mila. Essi rappresentano il 24,3% dei trasferimenti totali e risultano in aumento sull’anno precedente (+2,4%). I restanti trasferimenti, all’interno delle regioni, hanno un volume di circa 1 milione 28mila unità e risultano a loro volta in crescita dell’1,7%.

Rispetto ai movimenti con l’estero, sui quali spesso si concentra l’attenzione politica e anche mediatica, le migrazioni interne si connotano da sempre per un maggiore impatto sullo sviluppo delle popolazioni locali, nonché nel modificare il tessuto sociale ed economico dei territori. Ne sono un chiaro esempio le migrazioni interregionali, il cui spettro d’azione, misurato in termini di tassi immigratori ed emigratori, è quasi ovunque più rilevante di quello riguardante i trasferimenti con l’estero (Figura 6).

Invariabilmente negli anni, anche nel 2018 le regioni del Nord, e in particolar modo quelle del Nord-est, acquisiscono flussi netti positivi dal Mezzogiorno: la Provincia di Bolzano marca un saldo netto del +3,5 per mille, davanti all’Emilia-Romagna (+3,1), alla Provincia di Trento (+2,7) e al Friuli-Venezia Giulia (+2,3). Tra le regioni del Nord-ovest la Liguria, con un tasso del +1,5 per mille, precede la Lombardia con +1,3. Nel Centro la sola regione a registrare un saldo positivo è la Toscana (+0,7 per mille); ferme al palo, invece, Lazio e Umbria, ambedue con saldo migratorio nullo, e addirittura con saldo negativo le Marche (-0,3). Nel Mezzogiorno i saldi migratori sono sempre negativi e la perdita di popolazione dell’intera area è pari a oltre 65mila individui, il 58% dei quali dalle sole Campania e Sicilia. In termini relativi, tuttavia, tra le regioni più penalizzate si collocano la Calabria (-4,4 per mille), la Basilicata (-4,0) e il Molise (-3,8). La regione del Mezzogiorno più vicina al pareggio di bilancio tra ingressi e uscite è invece l’Abruzzo (-0,6 per mille).

Cresce (solo) il numero di anziani

Prosegue la crescita, in termini assoluti e relativi, della popolazione di 65 anni e più. Al 1° gennaio 2019, infatti, gli over 65enni sono 13,8 milioni e rappresentano il 22,8% della popolazione totale (Prospetto 2). L’aumento continuo della popolazione al di sopra di una determinata soglia di età è in linea col quadro di progressivo invecchiamento e si deve principalmente alle riduzioni di mortalità che hanno avuto luogo nei decenni antecedenti.

Rispetto al 1° gennaio 2015, cioè nel preciso momento in cui la popolazione totale raggiungeva con 60,8 milioni il massimo dell’epoca recente e da cui, in seguito, si è avviato un declino protrattosi nei quattro anni successivi, la popolazione ultrasessantacinquenne registra un incremento di 560mila unità.

La diminuzione della popolazione complessiva nell’arco degli ultimi quattro anni si deve, pertanto, alla progressiva riduzione della popolazione fino a 14 anni di età (-420mila) e di quella in età 15-64 anni (-540mila). I giovani fino a 14 anni sono oggi circa 8 milioni e rappresentano il 13,2% del totale; gli individui in età attiva sono 38,6 milioni e costituiscono il 64%.

Nel quadro di tendenze così contrapposte tra soggetti in condizione attiva o formativa e chi risulta, invece, prevalentemente ritirato dal mondo del lavoro, crescono ulteriormente i rapporti di

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dipendenza intergenerazionale. L’indice di dipendenza degli anziani, ad esempio, risulta oggi pari al 35,6%, quello di vecchiaia al 173%, cosicché l’età media della popolazione supera abbondantemente i 45 anni.

PROSPETTO 2. PRINCIPALI INDICATORI DI STRUTTURA DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE, ITALIA. 1° gennaio 2009-2019*

INDICATORE 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019

Popolazione 0-14 anni (%) 14,1 14,1 14,1 14,0 14,0 13,9 13,8 13,7 13,5 13,4 13,2

Popolazione 15-64 anni (%) 65,6 65,5 65,4 65,2 64,8 64,7 64,5 64,3 64,2 64,1 64,0

Popolazione 15-39 anni (%) 31,0 30,5 29,9 29,6 29,0 28,6 28,1 27,7 27,3 27,0 26,8

Popolazione 40-64 anni (%) 34,6 35,0 35,5 35,6 35,8 36,1 36,3 36,6 36,9 37,1 37,2

Popolazione 65 anni e più (%) 20,3 20,4 20,5 20,8 21,2 21,4 21,7 22,0 22,3 22,6 22,8

Popolazione 65-84 anni (%) 17,8 17,8 17,8 17,9 18,2 18,3 18,6 18,8 18,9 19,1 19,2

Popolazione 85 anni e più (%) 2,5 2,6 2,7 2,9 3,0 3,1 3,2 3,3 3,4 3,5 3,6

Indice di dipendenza (100) 52,4 52,7 52,8 53,5 54,2 54,6 55,1 55,5 55,8 56,0 56,3

Indice di dipendenza anziani (100) 30,9 31,2 31,3 32,0 32,7 33,1 33,7 34,3 34,8 35,2 35,6

Indice di vecchiaia (100) 144,1 144,8 145,7 148,6 151,4 154,1 157,7 161,4 165,3 168,9 172,9

Ultracentenari (migliaia) 11,3 12,2 13,5 15,0 16,4 17,9 19,1 18,8 17,6 15,6 14,1

Età media (anni) 43,2 43,4 43,6 43,8 44,0 44,2 44,4 44,7 44,9 45,2 45,4

Popolazione (milioni) 59,0 59,2 59,4 59,4 59,7 60,8 60,8 60,7 60,6 60,5 60,4

(*) Stima per il 2019.

Peraltro, anche la popolazione in età attiva sta divenendo sempre più anziana. La quota di individui in età 15-39 anni scende al 26,8% del totale, quella relativa ai 40-64enni sale al 37,2%. Tale processo, in atto già da diversi anni, avrà termine quando le generazioni nate negli anni del baby-boom, oggi bene all’interno della popolazione in età attiva adulta, avranno completato la transizione verso le età anziane.

In linea con i progressi di sopravvivenza conseguiti dalle generazioni nel tempo, la popolazione super anziana ha ormai raggiunto una cifra significativa. In Italia si contano circa 2,2 milioni di individui di età pari o superiore agli 85 anni, il 3,6% del totale. L’Italia, inoltre, detiene il record europeo, insieme alla Francia, del maggior numero di ultracentenari in vita, oltre 14mila in base alle stime. Nell’ultimo quinquennio, in realtà, tale popolazione super longeva ha subito una riduzione da che, al 1° gennaio 2015, aveva conseguito il suo massimo storico con oltre 19mila individui. Ciò è stato dovuto al fatto che, in tale periodo, transitavano tra gli ultracentenari i superstiti delle generazioni del primo conflitto mondiale (1915-18), contraddistinte da un minor numero di nati. È assai verosimile che la riduzione si protrarrà per un altro anno ancora, nel momento in cui subentreranno tra le coorti ultracentenarie i nati nel 1919, ma da quello successivo riprenderà la corsa a nuovi e più cospicui traguardi di longevità.

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Glossario

Anagrafe della popolazione: il sistema continuo di registrazione della popolazione residente. Viene continuamente aggiornata tramite iscrizioni per nascita da genitori residenti nel Comune, cancellazioni per morte di residenti e iscrizioni/cancellazioni per trasferimento di residenza da/per altro Comune o da/per l'Estero.

Cittadinanza: Vincolo di appartenenza a uno stato, richiesto e documentato per il godimento di diritti e l'assoggettamento a particolari oneri.

Decesso: La cessazione di ogni segno di vita in un qualsiasi momento successivo alla nascita vitale.

Dipendenza anziani (indice di): rapporto tra la popolazione di 65 anni e più e la popolazione in età attiva (15-64 anni), moltiplicato per 100.

Dipendenza strutturale (indice di): rapporto tra popolazione in età non attiva (0-14 anni e 65 anni e più) e popolazione in età attiva (15-64 anni), moltiplicato per 100.

Età media: età media della popolazione detenuta a una certa data espressa in anni e decimi di anno.

Età media al parto: l’età media al parto delle madri espressa in anni e decimi di anno, calcolata considerando i soli nati vivi.

Iscrizione e cancellazione anagrafica per trasferimento di residenza: l'iscrizione riguarda le persone trasferitesi nel Comune da altri Comuni o dall'estero; la cancellazione riguarda le persone trasferitesi in altro Comune o all'estero. I trasferimenti da un Comune a un altro decorrono dal giorno della richiesta di iscrizione nel Comune di nuova dimora abituale, ma vengono rilevati quando la pratica migratoria, di ritorno dal Comune di cancellazione, risulta definita. I trasferimenti da e per l'estero sono rilevati nel momento in cui, rispettivamente, viene richiesta l'iscrizione o la cancellazione.

Mortalità (tasso di): rapporto tra il numero dei decessi nell’anno e l’ammontare medio della popolazione residente, moltiplicato per 1.000.

Nato vivo: Il prodotto del concepimento che, una volta espulso o completamente estratto dal corpo materno, indipendentemente dalla durata della gestazione, respiri o manifesti altro segno di vita.

Natalità (tasso di): rapporto tra il numero dei nati vivi dell’anno e l’ammontare medio della popolazione residente, moltiplicato per 1.000.

Numero medio di figli per donna (o tasso di fecondità totale, TFT): il numero di figli che una donna metterebbe al mondo nel caso in cui, nel corso nella propria vita riproduttiva, fosse sottoposta al calendario di fecondità (sotto forma di tassi specifici di fecondità per età) dell’anno di osservazione.

Popolazione residente: costituita in ciascun Comune (e analogamente per altre ripartizioni territoriali) dalle persone aventi dimora abituale nel Comune stesso. Non cessano di appartenere alla popolazione residente le persone temporaneamente dimoranti in altro Comune o all’estero per l’esercizio di occupazioni stagionali o per causa di durata limitata.

Saldo migratorio con l’estero: differenza tra il numero degli iscritti per trasferimento di residenza dall’estero e il numero dei cancellati per trasferimento di residenza all’estero.

Saldo migratorio interno: differenza tra il numero degli iscritti per trasferimento di residenza da altro Comune e il numero dei cancellati per trasferimento di residenza in altro Comune. Diversamente da quanto atteso, a livello Italia quest’indicatore risulta quasi sempre diverso da zero per il motivo che sussiste uno sfasamento temporale “tecnico” tra l’iscrizione nel comune di destinazione e la cancellazione dal comune di origine e che, pertanto, influenza le statistiche sulla mobilità interna ottenute su base aggregata.

Saldo migratorio per altri motivi: differenza tra il numero degli iscritti e il numero dei cancellati dai registri anagrafici dei residenti dovuto ad altri motivi. Si tratta di un saldo tra iscrizioni e cancellazioni anagrafiche non corrispondenti a effettivi trasferimenti tra un comune di residenza e un altro, bensì a operazioni di correzione post-censuaria. Per quel che riguarda le iscrizioni, si tratta principalmente di soggetti in precedenza cancellati per irreperibilità e ricomparsi, oppure di

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soggetti non censiti ma effettivamente residenti. Tra le cancellazioni per altri motivi si annoverano, invece, i soggetti cancellati in quanto risultati non più residenti in seguito ad accertamento anagrafico, oppure i soggetti che si sono censiti come residenti in un comune senza possederne i requisiti.

Saldo migratorio totale: differenza tra il numero degli iscritti e il numero dei cancellati dai registri anagrafici per trasferimento di residenza interno, con l’estero o per altri motivi.

Saldo naturale (o dinamica naturale): differenza tra il numero d’iscritti per nascita e il numero di cancellati per decesso dai registri anagrafici dei residenti.

Saldo totale: somma del saldo naturale e del saldo migratorio.

Speranza di vita alla nascita (o vita media): il numero medio di anni che una persona può contare di vivere dalla nascita nell’ipotesi in cui, nel corso della propria esistenza, fosse sottoposta ai rischi di mortalità per età dell’anno di osservazione.

Speranza di vita all’età “x”: il numero medio di anni che una persona di età compiuta “x” può contare di sopravvivere nell’ipotesi in cui, nel corso della successiva esistenza, fosse sottoposta ai rischi di mortalità per età (dall’età “x” in su) dell’anno di osservazione.

Straniero residente: cittadino straniero (residente in Italia) che ha dimora abituale nell'alloggio o nella convivenza ed è in possesso dei requisiti per l'iscrizione in anagrafe.

Vecchiaia (indice di): rapporto tra la popolazione di 65 anni e più e la popolazione di età 0-14 anni, moltiplicato per 100.

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Nota metodologica

Le stime anticipate dei principali indicatori demografici relativi all’anno 2018, con dettaglio regionale, forniscono un quadro aggiornato della situazione demografica del Paese: movimento della popolazione residente (tassi generici di natalità, mortalità e migratorietà) e principali tendenze demografiche congiunturali (fecondità, speranza di vita).

Le stime sono prodotte basandosi sull’analisi delle serie parziali di dati, trasmessi a livello micro e macro aggregato dai Comuni all’Istat, relativi al movimento della popolazione residente (nascite, decessi, trasferimenti di residenza). Tale metodologia consente, sulla base delle informazioni preliminari pervenute all’Istat, di stimare per l’intero anno gli stessi aggregati tanto nella loro dimensione globale quanto nella loro principale articolazione strutturale (sesso, età, cittadinanza, territorio, origine/destinazione).

Le stime degli indicatori demografici vengono aggiornate una volta resisi disponibili i dati anagrafici definitivi.

È opportuno ricordare che gli indicatori pubblicati come stime hanno carattere di provvisorietà per via dell’errore a essi associato e che il margine di errore è tanto più significativo quanto più l’analisi è articolata su base territoriale.

Altre informazioni di carattere metodologico sulle stime anticipate degli indicatori demografici sono disponibili all’indirizzo:

http://schedefontidati.istat.it/index.php/Nowcast_per_indicatori_demografici.

Si ricorda, infine, che gli indicatori demografici sono disponibili sul datawarehouse http://dati.istat.it oltre che sul sito tematico http://demo.istat.it.

Obiettivi conoscitivi e quadro di riferimento

La crescente richiesta di informazione statistica e la necessità di ridurre i tempi di diffusione hanno portato alla realizzazione, nel 2002, da parte dell’Istituto nazionale di statistica, di un sistema territoriale di stime anticipate. Tale progetto, denominato “Sistema di nowcast per indicatori demografici”, ha per scopo la produzione di stime “rapide” dei principali comportamenti demografici e delle tendenze strutturali in corso della popolazione italiana.

La caratteristica principale delle nowcast, pertanto, consiste nel fatto che i risultati sono rilasciati in tempi ristretti rispetto alla data cui gli eventi e i relativi indicatori si riferiscono. I risultati sono prodotti, infatti, entro la fine di gennaio e le stime riguardano l’anno appena trascorso. Essi, quindi, rappresentano la prima fonte ufficiale delle tendenze demografiche del Paese in attesa di sostituzione dei medesimi con dati definitivi, provenienti dalle principali rilevazioni condotte dall’Istat sul movimento della popolazione, il cui rilascio segue uno specifico calendario che si conclude entro il mese di dicembre.

Contenuti

I fenomeni demografici sono caratterizzati da una certa stabilità nel tempo. Essi si trasformano con lentezza e gradualità e, rispetto ad altri fenomeni sociali ed economici, presentano minori incertezze. Il progetto “Sistema di nowcast per indicatori demografici” ha l’obiettivo di pervenire a previsioni di breve periodo, relative ad alcuni tra i principali aggregati e indicatori demografici, sulla base dell’analisi delle serie storiche dei dati disponibili al momento della stima.

Lo scopo del lavoro è di ottenere, in un arco temporale ristretto, informazioni sugli ultimi sviluppi della dinamica demografica mediante la documentazione statistica dei trend più recenti, con particolare attenzione all’articolazione territoriale dei fenomeni studiati. I risultati prodotti riguardano da un lato le stime degli aggregati delle componenti di bilancio demografico e dall’altro quelle relative ai principali indicatori demografici.

Processo e metodologie

Lo scopo è ottenere, in primo luogo, la previsione dell’ammontare della popolazione residente al 31 dicembre dell’anno di riferimento, contando su un’osservazione delle componenti annuali di bilancio demografico che al momento della stima risulta soltanto parziale. In particolare, è necessario produrre stime in valore assoluto su nascite, decessi, iscrizioni e cancellazioni

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anagrafiche per trasferimento di residenza, in modo da poter calcolare la popolazione di fine anno partendo da quella osservata al 1° gennaio.

Nel momento in cui prende avvio il processo di elaborazione dei dati, normalmente negli ultimi due mesi dell’anno cui i dati si riferiscono, l’Istat dispone dell’osservazione dei bilanci demografici comunali relativi a primi 7-8 mesi dell’anno, grazie alla rilevazione “Movimento e calcolo della popolazione residente mensile“ (Istat/D7.b). Pertanto, l’operazione di stima necessaria a consolidare le cifre su base annuale si riferisce ai secondi 4-5 mesi dell’anno.

Le stime dei mesi mancanti sono ottenute applicando il modello previsivo di Holt-Winters, un particolare modello appartenente alla famiglia degli Exponential smoothing che ben si adatta alle serie storiche mensili qui considerate.

Una volta ottenuta la stima dei bilanci demografici in tutte le componenti di flusso e stock è possibile passare alla seconda fase elaborativa del progetto che riguarda la costruzione degli indicatori demografici.

Per gli indicatori generici (o di primo livello) non sono necessarie ulteriori elaborazioni e si può passare direttamente al loro calcolo. È questo il caso dei quozienti generici di natalità, mortalità, nuzialità, migratorietà e di incremento demografico. Per gli indicatori strutturati (o di secondo livello), come ad esempio il tasso di fecondità totale o la speranza di vita alla nascita, sono necessari successivi procedimenti di stima. La costruzione di tali indicatori, infatti, dipende dalla conoscenza della struttura per età degli eventi demografici (es: nati per età della madre, morti per età e/o anno di nascita) e dalla conoscenza della struttura per età della popolazione esposta a rischio di subire un determinato evento demografico. Per quanto riguarda quest’ultima si produce una stima anticipata della struttura per età regionale al 31 dicembre, applicando il metodo cohort-component alla popolazione osservata al 1° gennaio, con i totali di popolazione vincolati ai valori totali di bilancio ottenuti al primo passo di stima. In altri termini, i dati di bilancio inizialmente ottenuti a stima sono trasformati, con opportuni modelli demografici, in dati disaggregati per singola coorte di nascita e quindi sommati, in base all’equazione della popolazione, ai residenti per singola età di inizio anno. Da questa particolare procedura deriva il calcolo degli indicatori strutturali della popolazione più comunemente diffusi come, ad esempio, gli indici di dipendenza e di vecchiaia e l’età media della popolazione.