Stark e Jaki, lineamenti di un percorso1 24-03 · La vittoria della ragione, come il cristianesimo...

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IV° Seminario di approfondimento su « scienza e teologia » SCIENZA E TEOLOGIA: LE RAGIONI DI UN CONFLITTO, LE POSSIBILITA’ DI UN INCONTRO 11 Marzo 2010 Scienza e cristianesimo: Migliorini Damiano Lineamenti di un percorso, per una pace possibile

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IV° Seminario di approfondimento su « scienza e teologia »

SCIENZA E TEOLOGIA:

LE RAGIONI DI UN CONFLITTO,

LE POSSIBILITA’ DI UN INCONTRO

11 Marzo 2010

Scienza e cristianesimo:

Migliorini Damiano

Lineamenti di un percorso, per una pace possibile

Nei cieli è scritta la Gloria di Dio Nella volta celeste si manifesta L’operato delle sue mani

Pensiero che si comunicano i giorni Conoscenza che le notti si confidano

Voci Senza suono e parola Dell’inudibile

E il vibrare dei loro accordi Avvolge la terra intera

Onde che si propagano Fin dove il mondo confina Dov’è piantata la tenda del Sole

SALMO 19

Trad. di G. Ceronetti

IL CONFLITTO

Nella maggior parte delle persone è ancorata la convinzione che tra scienza e cristianesimo vi sia un conflitto insanabile. Una convinzione più o meno supportata da effettive conoscenze.

Ma da dove nasce questo sentire comune? Non è nostro compito qui rispondere a questa domanda, perché richiederebbe un approfondimento dettagliato. Alcuni elementi però si possono rapidamente individuare:

- vi sono certamente stati dei fatti storici che hanno condizionato la nostra percezione del giusto rapporto che deve esserci tra fede e scienza (es. il caso Galilei, la chiusura antimodernista della Chiesa dei primi del novecento etc.);

- vi è stata sicuramente una lettura parziale degli eventi storici, prodotta in contesti culturali non inclini a riconoscere alla religione il suo ruolo (cultura illuminista, positivista etc.) e che si è sedimentata nei libri di storia in cui studiamo e che èamplificata, oggi, dalla cultura mediatica;

- probabilmente siamo condizionati dalle recenti vicende che hanno visto la chiesa direttamente impegnata in temi “eticamente sensibili”, che spesso le hanno fruttato l’appellativo, un po’ affrettato, di “oscurantista”.

Forse i fattori sono altri ancora…

Ad ogni modo, questa posizione culturale persiste…

Il nostro compito è quello di capire se essa sia giustificata, al di là delle complesse e concrete

vicende storiche che l’hanno prodotta.

Con il prof. Cisco abbiamo visto come Benedetto XVI sia molto attento a queste tematiche. Il pontefice infatti, ripetutamente invita a non rifiutare il metodo scientifico pur avendo il coraggio di aprirsi all’ampiezza della ragione (Discorso di Ratisbona),che non può sottostare ai dettami della cultura positivista [che rifiuta gli enunciati metafisici come non significanti]

Questo Discorsosi inserisce chiaramente nella cultura cattolica post-conciliare. Ricordiamo solo, per una conferma:

Gaudium et Spes

“ la ricerca metodica di ogni disciplina, se procede in maniera veramente scientifica

e secondo le norme morali, non saràmai in reale contrasto con la fede, perchéle

realtà profane e le realtàdella fede hanno origine dal medesimo Dio”

Catechismo della Chiesa Cattolica

“anche se la fede supera la ragione, non vi potrà mai essere contraddizione tra fede e scienza, perché entrambe hanno origine da Dio. E’ lo stesso Dio che dona all’uomo sia il lume della ragione sia

la fede”

Fides et ratio

“La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità. E’ Dio ad aver

posto nel cuore dell’uomo il desiderio di conoscere la verità e, in definitiva, di conoscere Lui perché, conoscendolo e amandolo, possa

giungere anche alla piena verità su se stesso”.

Chiediamoci ora: queste dichiarazioni hanno un qualche fondamento teorico e storico? Il connubio che presentano si è

mai realizzato?

Con il prof. Vidali abbiamo visto la teoria dei paradigmidi Kuhn, la quale ci dice qualcosa di estremamente importante:

ogni scienza, come ogni sapere, assume dei presupposti come veri, cioè si inserisce all’interno di una “visione del mondo” o una “metafisica” che ne

determina in buona parte lo sviluppo

Ricordiamo: unparadigma è una visione del mondo, storicamente sedimentata e socialmente condivisa, capace d’istituire una pratica formativa dei futuri scienziati

Secondo Dario Antiseri (1982),

“è quindi necessario individuare quelle metafisiche che a vario titolo possono

influire sulla scienza”

Egli, dunque, stila una lista molto lunga di questi assunti metafisici influenti (geometrizzazione dei Pitagorici, potenzialismo di Aristotele, concezione di tempo e spazio assoluto di Newton,atomismo, determinismo, storicismo, meccanicismo, dottrine a priori della conservazione, etc.).

Ma questi assunti metafisici sono sufficienti per giustificare la nascita e lo sviluppo della scienza?

“esistono idee infalsificabili, religiose, metafisiche, il cui influsso sullo sviluppo

della scienza appare innegabile”

E. Grant

- la filosofia naturale degli scolastici ha avuto un ruolo determinante nello sviluppo della scienza moderna e ha influenzato Galileo,Keplero, Cartesio, Newton etc;

- affinché si sviluppasse la rivoluzione scientifica erano necessarie tre condizioni materiali: la traduzione in lingua latina dei testi greco-arabi di scienza e filosofia naturale; la creazione delle universitàmedievali; l’emergere di filosofi teologico-naturali;

- affinché nascesse la scienza moderna erano necessarie tre condizioni culturali: la ripresa delle scienze esatte, lo sviluppo della filosofia naturale, la libertà d’indagine e l’autonomia della ragione;

Le origini medievali della scienza moderna (2001)

R. StarkLa vittoria della ragione, come il cristianesimo

ha prodotto libertà, progresso e ricchezza (2006)

Cap. 1: La fortuna della teologia razionale

Solo nel cristianesimo si sviluppa una vera e propria teologia razionale: un “ragionamento formale su Dio”, volto a scoprire la sua natura, le sue intenzioni e le sue richieste

Perché si sviluppa?

Gli sforzi dei teologi erano giustificabili solo perché ritenevano che Dio fosse l’assoluta personificazione della ragione. Più in generale, quindi, il cristiano “immagina Dio come un essere razionale che crede nel progresso umanoe che rivela se stesso piùa fondo quando gli uomini acquistano la capacità di comprendere meglio”

I teologi cristiani credevano nel PROGRESSO, in senso molto ampio:

• tempo lineare(inizio � fine) come base

• progresso teologico(sempre migliore comprensione di Dio)

• progresso umano(edificazione del Regno)

• progresso storico(Dio che si rivela nella storia)

Premessa di Stark:

Visione che l’uomo ha di Dio

Strutture sociali, culturali, pratiche, morale

Influenza, determina

Stark scrive: “[nel Medioevo] scienza e religione non solo erano compatibili, ma addirittura inseparabili, e la scienza nacque grazie a studiosi cristiani profondamente religiosi”

“i cristiani svilupparono la scienza perchécredevano che si potessee si dovesse fare”

Mentre la maggior parte delle religioni non-cristiane non presuppongono una creazione e nella loro prospettiva l’universo èeterno e, per quanto possa seguire dei cicli, ciò avviene senza principio e senza scopo, diventando “mistero supremo, incoerente, imprevedibile e arbitrario”, i cristiani svilupparono l’idea di creazione, che presuppone l’esistenza di un essere personale, di una razionalità intelligibile.

La conclusione a cui Stark perviene è dunque la seguente:

Lo sviluppo della scienza fu la naturale conseguenza della dottrina cristiana: la natura esiste perché è stata creata da Dio. Per amare e onorare Dio, è necessario apprezzare a fondo

le meraviglie del suo operato. Essendo Dio perfetto, il suo creato funziona secondo

principi immutabili, principi che dovrebbe essere possibile scoprire utilizzando appieno i poteri della ragione e dell’osservazione che

Dio ci ha donato.

A. N. Whitehead

La scienza e il mondo moderno (1926)

Il contributo dato dal Medioevo alla formazione del movimento scientifico è grande:

“La fede nelle possibilità della scienza, nata prima dello sviluppo della teoria scientifica moderna, è un derivato

inconsapevole della teologia medievale”

La “fede della ragione” significa credere che la natura ultima delle cose risieda in un’armonia che esclude la mera arbitrarietà.

Stanley. L. JakiLa strada della scienza e le vie verso Dio

Jaki (1924-2009) era un monaco benedettino, uno fra i principali rappresentanti della filosofia della scienza, della teologia, e degli argomenti nei quali le due discipline si incontrano e si scontrano. Ungherese di nascita, Jaki ha conseguito un dottorato in Teologia e uno in Fisica e si è poi specializzato per venticinque anni in storia e filosofia delle scienze. E’ stato Distinguished Professor di Fisica alla Seton Hall

University. Ha anche svolto ricerche in molte università americane ed europee, pubblicando una ventina di libri. Ha ricevuto il Premio Lecomte du Nouy nel 1970 e nel 1987 ha ricevuto il PremioTempleton per aver migliorato la comprensione del rapporto fra scienza e religione

Il testo che abbiamo preso in esame raccoglie venti conferenze scritte e tenute nell’arco di vent’anni. Un lungo percorso, il cui scopo è di dimostrare l’affermazione sottintesa dal titolo:

“la strada della scienza e le vie a Dio costituiscono un unico percorso intellettuale: una scienza fattibile è

nata solo all’interno di una matrice culturale permeata dalla ferma convinzione che la mente umana fosse capace di individuare nel regno delle cose e delle

persone un segno del loro creatore”

La teologia naturale, del resto, non può esistere senza la possibilità di rispondere in modo specifico alla domanda: Come deve essere la natura, uomo compreso, perché la scienza sia anche solo possibile?

Questa è una domanda evidentemente metafisicae la risposta non può provenire dalla scienza, perché le è antecedente e perché lo stesso metodo scientifico lo impedisce.

La risposta ad una domanda metafisica deve essere

metafisica!N.B.: La teologia razionale(o teologia naturale) è la branca della teologia che si caratterizza per il tentativo di dimostrare, a partire dall'uso della sola ragione, l'esistenza e gli attributi ontologici di Dio.

La strada della scienza è la storiografia della scienza, la quale, interrogandosi sulla nascita della scienza risale alla teologia naturale, cioè una delle vie a Dio.

L’intento di Jaki è quindi quello di risolvere, attr averso la storia della scienza, il problema dell’origine della scienza. Questione sulla quale la letteratura offre ben poco.

La questione fondamentale è costituita dalla constatazione di un dato di fatto:

Lungo la storia dellLungo la storia dell’’ umanitumanitàà la scienza si la scienza si èè sviluppata una sviluppata una sola volta, in un preciso luogo e in una precisa cultura: sola volta, in un preciso luogo e in una precisa cultura:

quella europea.quella europea.

E’ questo che dovrebbe interpellare gli storici e filosofi della scienza, che sono chiamati a darne una spiegazione.

Jaki, attraverso una “storia comparata”, sostiene che il pensiero greco si avvicinò più di ogni cultura alla formulazione di una scienza praticabile, ma non ci riuscì.

Il pensiero greco non riuscì ad imporre nessun corpus dottrinale filosofico a tutta la popolazione (forse perché la filosofia era troppo distante dalla religione). I greci non ebbero una dogmatica fissa e immodificabile e nemmeno una casta sacerdotale custode del dogma.

L’ascesa della scienza richiede infatti una diffusione ampia e duratura

in tutta la cultura di un corpus dottrinaleche riferiva l’universo a una intelligibilità

universale e assoluta concretizzata nel dogma di un Dio personale,

Creatore di tutto.

Distinzione terminologica:

Quando parliamo di scienza stiamo parlando della scienza moderna, non delle scienze esatte.

E’ indubbio infatti che la Grecia e il mondo arabo abbiano raggiunto un alto grado di sofisticazione per quanto riguarda l’algebra e la geometria.

Ma questo non è sufficiente perché si sviluppi la scienza moderna, che potremmo così definire:

“un metodoche viene utilizzato in tentativi organizzatidi formulare spiegazioni della natura, sempre soggette a modifiche e correzioni attraverso osservazioni sistematiche.

Essa è composta da due elementi: la teoria e la pratica. Le teorie scientifiche sono enunciati astratti[matematici] che riguardano il perchée il comeuna parte della

natura si formi e funzioni. Gli enunciati astratti sono scientifici solamente se da essi èpossibile dedurre precise previsioni e divieti a proposito di quanto verrà osservato. Ed

è allora che interviene la ricerca.”

PASSI VERSO DIO, GRADINI VERSO LA

SCIENZA

Secondo Jaki, solo nel Medioevo troviamo la convinzione universalmente condivisa che il fondamento dell’intelligibilitàfosse un Ente personale, razionale, provvido, assoluto ed eterno.

Abbiamo già ricordato il ruolo della teologia razionale, ebbene per Jaki:

“fu in particolare San Tommaso che attraverso la formulazione della “prove”, materializzava una posizione epistemologica, la quale conteneva una direttiva cui il movimento scientifico si sarebbe uniformato istintivamente: per l’uomo è naturale trovarsi in

UNITA’ CONOSCITIVA CON LA NATURA

Con questa espressione si intende la naturale disposizione dell’uomo a comprendere ciò che lo circonda:

I cristiani di ogni tempo hanno espresso tale convinzione nell’idea di una somiglianza tra Dio e l’uomo e nel fatto che Dio abbia creato il mondo secondo un Logosa cui l’uomo partecipa e di cui è stato dotato da Dio

stesso. C’èallora una persona come Dio la quale vuole che abbiamo conoscenza di lui,

e i processi cognitivi che producono la credenza in Dio e nelle altre verità

della religione cristiana, del tutto verosimilmente hanno come loro

funzione la produzione di credenze vere in noi.

NB: il principio di unità conoscitiva richiede anche una visione della mente umana la quale renda giustizia tanto alla sua dipendenza essenziale dal corpo quanto alla sua capacità di spingersi non solo oltre il suo stesso corpo ma anche oltre la totalità dei corpi: l’universo (� generalizzazione attraverso induzione, coglie l’universale!)

Parlando delle “prove dell’esistenza di Dio” di Tommaso siamo naturalmente al cuore della teologia naturale (o razionale) che per Jaki vuol dire soprattutto

“Determinazione mediante la luce della ragione dell’esistenza di Dio cioè, in breve, le prove

(quali le svilupparono e le discussero i medievali) che furono il nucleo di

un’epistemologia che la scienza incarnò nella prima fase della sua maturità”

Le “prove” per eccellenza, in questo senso, sono quella cosmologica…

« [...] in tutte le cause efficienti concatenate la prima è causa dell'intermedia e l'intermedia è causa dell'ultima [...] ora, eliminata la causa è tolto anche l'effetto: se dunque nell'ordine delle cause efficienti non vi fosse una prima causa, non vi sarebbe neanche l'ultima, né l'intermedia. Ma procedere all'infinito nelle cause efficienti equivale ad eliminare la prima causa efficiente [...]. Dunque bisogna ammettere una prima causa efficiente, che tutti chiamano Dio.» (Seconda via, Ex causa)

« [...] alcune cose nascono e finiscono, il che vuol dire che possono essere e non essere. Ora, è impossibile che cose di tal natura siano sempre state [...]. Se dunque tutte le cose [...] possono non esistere, in un dato momento niente ci fu nella realtà. Ma se questo è vero, anche ora non esisterebbe niente, perché ciò che non esiste, non comincia ad esistere se non per qualcosa che è. [...] Dunque, non tutti gli esseri sono contingenti, ma bisogna che nella realtà vi sia qualche cosa di necessario. [...] negli enti necessari che hanno altrove la causa della loro necessità, non si può procedere all'infinito [...]. Dunque, bisogna concludere all'esistenza di un essere che sia di per sé necessario, e non tragga da altri la propria necessità, ma sia causa di necessità agli altri. E questo tutti dicono Dio.» (Terza via, Ex contingentia)

E quella fisico-teologica…

« [...] il grado maggiore o minore si attribuisce alle diverse cose secondo che si accostano di più o di meno ad alcunché di sommo e di assoluto; [...] come dice Aristotele, ciò che èmassimo in quanto è vero, è tale anche in quanto ente. Ora, ciò che è massimo in un dato genere, è causa di tutti gli appartenenti a quel genere [...]. Dunque vi è qualche cosa che per tutti gli enti è causa dell'essere, della bontà e di qualsiasi perfezione. E questo chiamiamo Dio.» (Quarta via, Ex gradu perfectionis)

« [...] alcune cose, le quali sono prive di conoscenza, cioè i corpi fisici, operano per un fine [...]. Ora, ciò che è privo d'intelligenza non tende al fine se non perché è diretto da un essere conoscitivo ed intelligente, come la freccia dell'arciere. Vi è dunque un qualche essere intelligente, dal quale tutte le cose naturali sono ordinate a un fine: e quest'essere chiamiamo Dio.» (Quarta via, Ex fine)

Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, I, questione 2, articolo 3

Queste prove, ciascuna nelle due formulazioni proposte, ci dicono che

la verità cristiana (“Dio esiste”) è strettamente legata alla sua impostazione epistemologica:

l’esistenza di Dio è giustificabile perché l’uomo ha le facoltà conoscitive adatte per conoscere il mondo e

Dio stesso

Ordine di causa effetto Contingenza

Soggetto con adeguate facoltàconoscitive per comprendere

Risale alla Risale all’

Causa Prima Essere necessario

Alla domanda iniziale, Come deve essere la natura, uomo compreso, perché la scienza sia anche solo possibile?, dà una risposta, secondo Jaki,

“L’idea tommasiana di un universo come totalità degli enti contingenti, ma razionalmente coerenti e ordinati [che] fu un concetto di portata incalcolabile: la contingenza dell’universo impedisce qualsiasi discorso a priori su di esso, mentre la sua intrinseca razionalità lo rende accessibile alla mente, anche se solo a posteriori, donde la necessità di ricerche empiriche.”

Con questo si supera il platonismo!

Ma affinché vi sia contingenza effettiva si deve pensare ad un mondo non-necessario, che potrebbe anche non-essere.

Un mondo non eternoquindi:

Per Jaki, colui che nel Medioevo evitò gli esiti fallimentari di Aristotele [che prevedeva un mondo necessario e

ciclico], guidando la mente umana fuori dall’asservimentoaverroista ad Aristotele, fu San Tommaso d’Aquino, il quale corresse il suo maestro su almeno tre questioni

cruciali: l’esistenza di un Dio trascendente, la creazione dal nulla e la libertà umana basata sull’immortalità dell’anima

Queste posizioni, sancite nella condanna del 1277, portano il pensiero cristiano oltre Aristotele!

Questa impostazione, che si può etichettare con realismo moderato, fu la scelta inconscia degli iniziatori della Rivoluzione Scientifica (Copernico, Galilei, Keplero, Newton). Una scelta “moderata”,

una VIA DI MEZZO EPISTEMOLOGICA

tra l’empirismo e l’apriorismo, a sua volta fondata su una

METAFISICA REALISTA

per la quale il mondo non è un insieme di apparenze, ma di enti reali, determinabili oggettivamente e quindi conoscibili.

N.B: realismo moderato = gli universali sussistono ante remcome idee-archetipo nella mente di Dio, in re come forme delle cose (Aristotele), post rem, nella mente dell’uomo come concetti. La collocazione post rem, dipende da quella in re, che a sua volta dipende da quella ante rem.

Non sorprende dunque che Tommaso giunga a dire:

“La conoscenza dei principi a noi noti per natura ci èinfusa da Dio, essendo egli l’autore della nostra natura. Quindi anche la sapienza divina possiede questi principi. Perciò quanto è contrario a tali principi è contrario alla sapienza divina; e quindi non può derivare da Dio. Le cose dunque che si tengono per fede, derivando dalla rivelazione divina, non possono mai essere in contraddizione con le nozioni avute dalla conoscenza naturale. […] Dunque non è possibile che Dio infonda nell’uomo un’opinione, o una fede, incompatibile con la sua conoscenza naturale”

Tommaso d’Aquino, Somma Contro i Gentili,Utet, Torino 1975, p. 72

Sull’influenza del pensiero aristotelico e la sua importanza ci sarebbe molto da dire, ma qui non possiamo dilungarci.

Teniamo come punti fissi, però, questi concetti:

1. La filosofia naturale aristotelica contribuì alla nascita della scienza moderna perché reintrodusse con forza nell’occidente la necessità dell’osservazione dettagliata della natura e una visione laica della disciplina stessa;

2. La filosofia naturale aristotelica doveva però essere superata, poiché la sua fisica era governata da presupposti non scientifici.

Piccola nota:

Si può dire che il Medioevo, con la sua visione cristiana del mondo e la ripresa delle scienze esatte degli antichi e della loro

filosofia naturale, fu il ponte tra scienza degli antichi e scienza moderna. L’immagine del ponte è però un po’ limitativa: il

ponte infatti permette di attraversare un fiume, ma ciò che parte da una sponda è identico a quello che arriva su quella opposta. Ciò che uscì dal Medioevo, invece, non fu la stessa filosofia

naturale degli antichi. L’età di mezzo fu un grande catalizzatore, che riprese ed innovò la filosofia naturalee la

pose nelle mani dei moderni, in una forma, quella della teologia naturale, predisposta a nuove e decisive trasformazioni.

L’idea di un uomo creato per essere padrone e signore del mondo è stata quindi la stella, la meraviglia e il grande contributo del medioevo. Il fondamento della nostra nostra intelligibilità èQualcuno di infinitamente superiore al nostro io:

““ EE’’ per questa ragione che i passi per questa ragione che i passi verso Dio sono serviti da gradini verso Dio sono serviti da gradini

verso la scienzaverso la scienza””

Il testo di Jaki prosegue poi nell’analisi dei grandi movimenti di pensiero successivi (empirismo, razionalismo, criticismo, idealismo, positivismo etc.) che però ci porterebbe molto lontano.

Per tornare alla questione sollevata da Antiseri: la scienza moderna galileiana e newtoniana è quindi debitrice di numerosi “assunti metafisici” elaborati nell’età di mezzo. Vediamoli in sintesi:

1. È necessario giudicare il mondo in un certo modo: come qualcosa di buono, o almeno neutro.

2. È necessario, inoltre, credere che il mondo sia razionale e ordinato: ciò che scopriamo un giorno deve essere vero anche il giorno dopo e deve esserlo anche in altri luoghi.

3. Tale ordine deve essere di un genere particolare: se credessimo che l’ordine del mondo fosse qualcosa di necessario, qualcosa cioè che non potrebbe essere diversamente, potremmo sperare di scoprirlo semplicemente riflettendovi deduttivamente,come facciamo in matematica; se invece l’ordine del mondo èun ordine dipendente o contingente, qualcosa cioè che potrebbe essere anche diverso da come è, il solo modo di conoscerlo è di considerarlo quale esso è in realtà, facendo pertanto degli esperimenti. Fondamentale, a tal proposito, è la dottrina della creazionecosì come è formulata nel Credo di Nicea: l’universo, a differenza di Cristo (Genitum, non factum), fu creato e non generato da Dio (Factorem coeli et terrae). Questa è una presa di distanza da qualsiasi forma di panteismo.

4. Dobbiamo credere che l’ordine della natura sia accessibile alla mente umanae che l’impresa di scoprirlo possa davvero portarsi a compimento. Alla conoscenza scientifica non si può pervenire se non attraverso gli sforzi di collaborazione di un grandissimo numero di uomini e di donne, sforzi che richiedono molti anni. Ciò non si realizzerebbe mai se la conoscenza cui ognuno arriva fosse mantenuta segreta, anzichéessere liberamente comunicata e condivisa.

I punti 2. 3. e 4. sono riconducibili, in parte, alla cosiddetta “teoria della causazione seconda”. Quest’ultima è stata elaborata in modo compiuto da San Tommaso e fonda l’idea di un mondo che evolve in modo indipendente(e libero, nel caso dell’uomo) dalla causa prima che è Dio. La distinzione tra causa prima (Dio) e cause seconde (la natura e le sue leggi) consente di affermare che solo la causa prima è talmente “prima”da essere inenarrabile, mentre le cause seconde (create da Dio) hanno un loro ordine che non può essere violato e può essere conosciuto. Solo Dio può agire contro di esse (in quanto creatore di questo ordine non è obbligato alle sue regole), ma lo fa eccezionalmente (quest’evento va sotto il nome di miracolo).

Ma il punto 4 non può che farci tornare alla mente il ruolo determinante svolto dalle Università. Sempre seguendo Grant:

“Le università sorte nel XIII secolo per volere della stessa Chiesa, erano diverse da tutto quanto il mondo aveva fino ad allora conosciuto. Nulla di

paragonabile vi era nell’Islam, in Cina, in India o nelle antiche civiltàsudamericane. Le università erano enti collettivi autonomi, riconosciuti tali sia dallo Stato, che dalla chiesa. In esse fu istituzionalizzato un curriculum

di studi che includeva come materie fondamentali la logica, la filosofia naturale, la geometria, l’aritmetica, la musica e l’astronomia. Per la

prima volta nella storia, era stata creata un’istituzione per l’insegnamento delle scienze esatte, della filosofia naturale e della logica. Questo

curriculum era il prerequisito anche per chi volesse entrare nelle facoltàsuperiori di diritto, di medicina e perfino di teologia. E così le università,

all’alba del XVII secolo, avevano ormai modellato la vita intellettuale dell’Occidente europeo”

Il punto 3 è una riformulazione di quell’assunto fondamentale che avevamo già visto: l’unità conoscitiva con la natura.

Albert Eistein definiva come una grande “miracolo” il fatto che noi siamo in grado di conoscere l’universo.

“Stranamente dobbiamo rassegnarci a riconoscere il ‘miracolo’ senza avere alcun modo legittimo di procedere

oltre. Devo aggiungere quest’ultimo punto esplicitamente per non farti credere [M. Solovine]che, indebolito dall’età, io sia

caduto in mano ai preti”

Frase emblematica, che per Jaki è sintomo di quanto Eistein avesse colto dove lo portava inevitabilmente l’assunzione che aveva guidato la sua ricerca per tutta la vita, e cioè quella di un ordine cosmico da noi conoscibile. Portava a quel Dio che l’aveva creato.

E’ il grande problema di Kant: come sono possibili i giudizi sintetici a priori?

L’ unità conoscitiva con la natura è per Jaki la “chiave di volta”, ciò che rende possibile il contatto tra noumeno e fenomeno, tra soggetto e oggetto.

Unità conoscitiva

fenomeni noumeno

Ciò che Eistein percepiva come una necessità per la scienza era il riferirsi ad una legalità ordinata, cioè un mondo in cui era possibile spiegare le cause di un effetto attraverso leggi matematiche.

Riprendendo le efficaci parole di Max Planck:

“Se si considera come compito della scienza fisica la scoperta della leggi e dei rapporti fra gli eventi reali della natura, allora la causalità appartiene all’essenza della fisica, e la sua radicale eliminazione deve esser sentita per lo meno come

fortemente sospetta”

Planck traduce la sua idea con una metafora molto efficace:

“Se contempliamo il gioco dei marosi spumeggianti sulla riva del mare, niente ci impedisce la convinzione che ogni singola bolla d’acqua segua nel suo

movimento rigide leggi causali, ancorché sia impossibile pensare di seguire in particolare il suo sorgere e dileguarsi, e ancor meno di calcolarlo in precedenza”

Con la lucidità che lo contraddistingue Planck riconosce però che la pretesa dell’uomo di descrivere il mondo con un’immagine fisica che gli corrisponda a pieno non è né più né meno di una fede:

“Una fede che non è mai dimostrabile scientificamente ma che è altrettanto certo che

resiste ad ogni tempesta”

Al fondo di tutti gli assunti metafisici che abbiamo visto, quindi, sembra esservene un altro di altrettanto basilare:

la legge di causalità

Il principio di causalità nasce dall'idea che i fenomeni fisici si susseguano unicamente in un processo di causa-effetto, e tutto ciò che non risponde a questa legge è dovuto al caso.

La fede (perché di questo si tratta) nella causalitàcome postulato metafisico e trascendente, quindi è il postulato fondamentale della scienza e del progresso scientifico.

Questa FEDE, assieme agli altri assunti che abbiamo visto, èparte integrante del credo cristiano.

Il cristianesimo può essere definito anchecome una

metafisica intra-scientifica influente ecomprensiva.

Ha generato o sostenuto lo

sviluppo di teorie

falsificabili

è dotato di senso, èa priori ma non

necessario, confermabile ma non falsificabile dall’esperienza,

criticabile per via teorica in rapporto

ad altre teorie, sostenibile con

un’argomentazione razionale

in grado di svolgere un ruolo di

premessa\controllo metodologico nei confronti di un corpus di teorie

scientifiche, in grado d’indirizzare la

pratica scientifica stabilendo un quadro

di riferimento dei problemi a cui essa si

dedica.

Riesce simultaneamente a

giustificare, promuovere e saldare assieme, il maggior

numero di teorie scientifiche con “articoli di fede”

Il percorso svolto finora ci permette quindi di rispondere alle domande iniziali: il connubio tra scienza e fede è teoricamente possibile e si è pure storicamente realizzato, pur con

tutte le ambiguità, le incertezze e le imperfezioni dei prodotti umani.

Non a caso tutti i “pionieri” della scienza moderna si sono sempre definiti cristiani e alla metafisica “cristiana” si sono sempre rivolti, senza percepire, in questo, il benché minimo conflitto con la loro scienza…(� vedi testo di Woods citato in bibliografia)

“Se consideriamo, pertanto, l’idea giudaico-cristiana di Dio trascendente, creatore, razionale, e guardiamo al suo influsso nella storia delle idee, non tardiamo a

renderci conto del fatto che gli «ostacoli religiosi» a Galileo o a Darwin, per quanto infausti, sono liti in famiglia. […] Paragonati alla tendenze storiche scatenate dal monoteismo giudaico-cristiano sono burrasche in una tazza di tè” (D. Antiseri)

Direi che, con Jaki, possiamo arrischiarci a dire qualcosa di più:

“Uno dei costituenti dei paradigmi sono le credenze metafisiche. Ed in effetti, invece che di credenze metafisiche, sarebbe bastato parlare di una fede, quella in un Creatore razionale personale; fu questa fede, quale venne coltivata soprattutto all’interno della matrice cristiana, a dare il sostegno alla visione secondo cui il mondo era un’entità oggettiva e ordinata che la mente poteva studiare perché era anch’essa un prodotto ordinato e oggettivo dello stesso Creatore razionale, cioèperfettamente coerente. […] Prima di attraversare delle rivoluzioni la scienza doveva avere un’evoluzione, e prima ancora doveva nascere. Rendendosi conto di tale nascita si sarebbe potuto avvistare il paradigma fondamentale della scienza: i suoi aborti immancabili in tutte le culture antiche e l’unicità della sua nascita in un’Europa che la fede cristiana nel Creatore aveva contribuito a formare. Una nascita unica, a cui è seguita una crescita in cui l’organismo resta pressoché lo stesso identicoper tutto il proprio sviluppo; processo in cui le fasi, per quanto dolorose possano essere, non costituiscono una minaccia per l’identità e la continuità alla base del tutto il fenomeno”

Jaki sta sollevando alcuni interrogativi enormi, che ripropongo a voi come momenti di riflessione:

1- è possibile parlare di “paradigma cristiano”? Cosa dobbiamo intendere con questa espressione?

2- ammesso che si possa, la scienza è mai realmente uscita da questo paradigma?

La risposta di Jaki è netta: l’unico paradigma che ha permesso lo sviluppo della scienza è stato quello cristiano e non èpossibile uscire da esso, se si vuole continuare a fare e parlare di scienza (= scienza come evoluzione, no rivoluzioni e no all’incommensurabilità delle teorie).

Senza la fiducia nell’oggettivitàdel “guardare”, senza la fiducia nell’esistenza dell’ordine, il mondo non sarebbe mai apparso come un “universo”, un “cosmo” (kósmos = ordine).

Nota a margine, per evitare fraintendimenti…

Grant non vuole sostenere, e neanche Jaki, credo, che la nascita del scienza moderna sia una merito esclusivo del cristianesimo. Questa sarebbe una posizione fondamentalista difficilmente giustificabile. Tuttavia è innegabile che vi siano posizioni più o meno nette:

Jaki e Stark: posizione forte (il cristianesimo è stato un fattore determinantee forse il principale, perché solo così si può giustificare quella “nascita unica” di cui abbiamo parlato)

Grant: posizione intermedia (il cristianesimo è stato uno dei fattori e va associato allo sviluppo delle scienze esatte dei greci, alla loro filosofia, al loro recupero grazie agli arabi e ai bizantini � “scienza greco-araba-latina”)

Una possibileposizione debole(il cristianesimo non è un fattore utile alla scienza ma almeno non l’ha ostacolata)

Sono suddivisioni comunque grossolane, utili sono a capire meglio il problema.

La posizione che risulta del tutto esclusa, ad ogni modo, è quella conflittualista, cioè quella che vede un conflitto insanabile tra scienza e fede, e che vede

nella seconda un ostacolo alla prima.

Si tratta di capire quale posizione è la piùcorretta e su quale intendiamo collocarci…

Naturalmente Jaki stesso riconosce che il suo lavoro costituisce un “inizio”…

Fornisce quelle che possono essere delle prospettive di ricerca,su una materia estremamente estesa.

Le sue venti conferenze hanno solo “permesso di mettere in tavola le carte più importanti”…

Credo che l’invito di Jaki a proseguire su questa linea vada colto perché mi sembra promettente. Ci ricorda infatti Whitehead:

“Se consideriamo ciò che per l’umanità rappresentano la religione e la scienza, non è esagerato dire che il corso della storia futura dipende dalle

decisioni della nostra generazione riguardo ai loro rapporti. In proposito ci troviamo di fronte alle due più intense forze generali che influenzano gli

uomini, e che appaiono contrapporsi l’un l’altra, la forza delle nostre intuizioni religiose e quella della nostra tendenza all’osservazione rigorosa e

alla deduzione logica”

Altri spunti di riflessione:

Concentrando maggiormente l’attenzione sugli aspetti di Filosofia della Scienza sollevati dalla proposta di Jaki possiamo trarre delle altre conclusioni:

Sembra infatti che il principio di unità conoscitiva con la naturaconsenta di rispondere a numerose questioni che la riflessione filosofica sulla scienza ha prodotto nei secoli.

In particolare:

Il principio di unitàconoscitiva

risolve Teoreticitàdell’osservazione(presupposta ma non sopravvalutata)

Incommensurabilità delle teorie(Feyerabend) non esiste un piano empirico di confronto tra teorie

giustifica

Principio dell’induzione(giudizi sintetici a priori) dall’osservazione di casi alla formulazione di leggi

Segreto dell’induzione(Cassirer) il particolare costituito come significante per la conoscenza dell’universale

Terzo dogma dell’empirismo (Davidson) differenza schema-contenuto

Invarianza osservativa(Kording) teorie scientifiche rivali condividono alcune osservazioni, esiste un piano comune di standard condivisi

Poiché:

Il principio di unitàconoscitiva

implica

Principio di caritàinterpretativo(Davidson) vasta comunanza di credenze

Principio della Regolaritàdella natura

Serendipity(Walpole 1754) “spirito di osservazione, gusto del particolare, intelligente disponibilità a ricercare, curiosità, capacità di sorprendersi”

Realismo sulle teorie(le leggi

descrivono la realtà)

e sulle entità(le entità di cui parla la scienza esistono)

Sembra quindi che la Scienza Moderna si sia potuta sviluppare in Europa perché la cultura medievale cristiana aveva dato UNA RISPOSTA CHIARA E POSITIVA ai PROBLEMI che la Filosofia della Scienza avrebbe poi individuato nella scienzastessa.

Naturalmente si tratta di una RISPOSTA INDIRETTA, perchénon c’era sicuramente coscienza, tra i medievali, di quei problemi, così come sono formulati oggi. Eppure le risposte ci sono state, forse INGENUE, ma chiare.

Se seguiamo il procedimento di Jaki possiamo spingerci a dire che senza quelle risposte la scienza non si sarebbe potuta sviluppare, dato che si è sviluppata solodove esse sono state fornite.

SUGGESTIONI

Tentando un riepilogo di quanto detto, possiamo vedere come sia la scienzache la religionesi propongono di

spiegare

l’universo che ci circonda. Sembra però che per “spiegare” sia indispensabile utilizzare alcuni strumenti:

- il principio di non-contraddizione, qualora vogliamo produrre enunciati metafisici logicamente validi;

- i concetti di “prima” e “dopo”, di “causa” ed “effetto” (legge di causalità) qualora vogliamo immaginare un mondo governato da leggi fisiche;

- il principio di unità conoscitiva con la natura, qualora vogliamo giustificare il fatto che le nostre descrizioni del mondo corrispondono alla realtà e sono condivisibili;

Tenendo presente che la scienza potrà fornire “spiegazioni”esclusivamente dell’ambito che le è proprio (quello naturale), al quale si è completamente votata per poter funzionare, risulta difficile pensare che essa possa giungere, con le sue scoperte, a negare Dio; a meno di non saldare ad essa delle dottrine filosofiche (non scientifiche!) come il meccanicismo, il determinismo, il materialismo, il riduzionismo, il fisicalismo etc.

Dalla scienza, quindi, non possiamo aspettarci nessuna minaccia per la religione.

Credo fosse questo lo spirito con cui gli scienziati “pionieri” che hanno dato avvio alla Rivoluzione Scientifica si sono avviati nella loro opera.

SUGGESTIONI

SUGGESTIONI

Una fede autentica non può avere timore delle scoperte scientifiche, di qualsiasi genere esse siano, perché il cristianesimo è una religione con una metafisica e un’epistemologia in grado di “assorbire” qualsiasi nuova scoperta e tradurne gli effetti nella teologia.

Se delle incomprensioni ci sono state o ci saranno, non possono essere attribuite che ai limiti umani: della teologia umana (spesso restia ad abbandonare impostazioni millenarie e preconcetti) o della scienza umana (che spesso vuole spingersi oltre il suo ambito pretendendo di dare risposte filosofeggianti).

SUGGESTIONI

Di questo, credo, debba essere persuaso il cristiano, il quale crede nell’esistenza di un unico Logos, che si articola nella religione, nella filosofia e nella scienza, ma che, proprio perché unico non potrà mai portare queste discipline a contraddirsi. Questa unità è un dato di fede, lo stesso che ha portato, lo abbiamo visto, alla nascita della scienza, come gemmazione dalla religione e dalla filosofia naturale.

Religione e scienza, quindi, finché rimarranno nella razionalitànon potranno mai escludersi a vicenda, pur dovendo mantenere distinti i loro metodi e ambiti disciplinari.

Altra questione è quella dei limiti “etici” che la religione può richiedere alla scienza. Problema aperto, di cui si dovrà discutere…

Bibliografia:

Antiseri D., Il ruolo della metafisica nella scoperta scientifica e nella storia della scienza, in “Rivista di Filosofia Neoscolastica”, LXXIV, 1982, pp. 68-108

Benedetto XVI, Discorso all’Università di Ratisbona(12 settembre 2006)

Boniolo G., P. Vidali, Introduzione alla Filosofia della Scienza, Mondadori, Milano 2003

Butterfield H., Le origini della scienza moderna, Il Mulino, Bologna 1971

Catechismo della Chiesa Cattolica, Compendio, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2005

Gaudium et Spes,( http://www.vatican.va )

Giovanni Paolo II, Fides et Ratio, (http://www.vatican.va)

Grant E., Le origini medievali della scienza moderna, Einaudi, Torino 2001

Jaki S. L., La strada della scienza e le vie verso Dio,Jaca Book, Milano 1981

Planck M., Scienza, filosofia e religione, Fabbri, Milano 1973

Stark R., La vittoria della ragione, come il cristianesimo ha prodotto libertà, progresso e ricchezza, ed. Lindau, Torino 2006

Woods T. E., Come la Chiesa Cattolica ha costruito la civiltà occidentale,Cantagalli, Siena 2007