Sport - dittatura – totalitarismi...Sport - dittature – totalitarismi Le dittature ed i regimi...

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Piero Ambretti 1 Sport - dittature totalitarismi Le dittature ed i regimi totalitari hanno sempre sfruttato l‟attività fisica e lo sport sia ai fini della preparazione paramilitare e militare sia a fini propagandistici ideologico - politico. Negli anni del ventennio fascista il regime si appropria della ginnastica e dello sport facendone un formidabile strumento di propaganda politica, veicolo per quel "consenso autoritario di massa" sopra il quale fondare il suo potere. Con la riforma del 1923 di Giovanni Gentile (filosofo di chiara fama e Ministro della Pubblica Istruzione dal 1922 al 1924) la preparazione fisica dei giovani viene affidata prima all‟Opera Nazionale Balilla e poi alla G.I.L. (Gioventù italiana del Littorio). La ginnastica e lo sport godono in quegli anni di un‟importanza ed un prestigio mai avuti prima, e gli italiani in molti sport (quali il calcio, la ginnastica, l‟atletica, la scherma, il canottaggio, gli sport equestri) primeggiano a livello mondiale. L‟educazione fisica diviene una materia obbligatoria e fondamentale nella Scuola; ovunque si costruiscono palestre ed impianti sportivi. La scuola italiana in tutti i suoi gradi e i suoi insegnamenti si ispiri alle idealità del Fascismo, educhi la gioventù italiana a comprendere il Fascismo, a nobilitarsi nel Fascismo e a vivere nel clima storico creato dalla Rivoluzione Fascista”: questa era la direttiva di Mussolini cui si doveva obbedire. L'educazione paramilitare costituiva una parte fondamentale della pedagogia fascista. I bambini venivano iscritti a 4 anni ai "Figli della Lupa", da 8 a 14 anni ai "Balilla", da 14 a18 agli" Avanguardisti", oltre i 18 anni alla "Gioventù Fascista". Parallelamente le formazioni femminili erano le “Piccole italiane” e le “Giovani italiane”.

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    Sport - dittature – totalitarismi

    Le dittature ed i regimi totalitari hanno sempre sfruttato l‟attività fisica e lo sport sia ai fini della preparazione paramilitare e militare sia a fini propagandistici ideologico - politico. Negli anni del ventennio fascista il regime si appropria della ginnastica e dello sport facendone un formidabile strumento di propaganda politica, veicolo per quel "consenso autoritario di massa" sopra il quale fondare il suo potere.

    Con la riforma del 1923 di Giovanni Gentile (filosofo di chiara fama e Ministro della Pubblica Istruzione dal 1922 al 1924) la preparazione fisica dei giovani viene affidata prima all‟Opera Nazionale Balilla e poi alla G.I.L. (Gioventù italiana del Littorio).

    La ginnastica e lo sport godono in quegli anni di un‟importanza ed un prestigio mai avuti prima, e gli italiani in molti sport (quali il calcio, la ginnastica, l‟atletica, la scherma, il canottaggio, gli sport equestri) primeggiano a livello mondiale. L‟educazione fisica diviene una materia obbligatoria e fondamentale nella Scuola; ovunque si costruiscono palestre ed impianti sportivi.

    “La scuola italiana in tutti i suoi gradi e i suoi insegnamenti si ispiri alle idealità del Fascismo, educhi la gioventù italiana a comprendere il Fascismo, a nobilitarsi nel Fascismo e a vivere nel clima storico creato dalla Rivoluzione Fascista”: questa era la direttiva di Mussolini cui si doveva obbedire.

    L'educazione paramilitare costituiva una parte fondamentale della pedagogia fascista. I bambini venivano iscritti a 4 anni ai "Figli della Lupa", da 8 a 14 anni ai "Balilla", da 14 a18 agli" Avanguardisti", oltre i 18 anni alla "Gioventù Fascista". Parallelamente le formazioni femminili erano le “Piccole italiane” e le “Giovani italiane”.

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    ANNI MASCHI FEMMINE

    6-8 Figli della Lupa Figlie della Lupa

    8-12 Balilla Piccole Italiane

    12-14 Balilla Moschettieri Piccole Italiane

    14-16 Avanguardisti Giovani Italiane

    16-18 Avangard. Moschett. Giovani Italiane

    18-21 Giovani Fascisti Giovani fasciste

    o G.R.U.F. o .G.R.U.F.

    (GR.U.F. Gruppi Universitari Fascisti)

    Le attività ginniche e sportive erano state quindi militarizzate e, lungi dall‟essere formative, trasmettevano "valori" imposti dal regime e cioè spirito nazionalista, audacia, addestramento paramilitare e "…. Elevazione morale, fiducia in sé, alto senso della disciplina e del dovere" (dalla Carta della Scuola del 1937). Ovunque si preparavano e si organizzavano manifestazioni, saggi ginnici e parate che venivano chiamate "adunate", nelle quali si esibivano i livelli di preparazione fisica raggiunti.

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    Divise, marce, esercitazioni, disciplina erano gli strumenti per la formazione dell' ''italiano nuovo'' voluto da Mussolini. L‟Opera Nazionale Balilla (O.N.B) aveva il compito di curare l‟educazione fisica e morale della gioventù italiana, "formare la coscienza e il pensiero di coloro che saranno i fascisti di domani". La stragrande maggioranza dei bambini italiani era iscritta volente o nolente all‟ONB. Dal 1° ottobre 1938 l‟ONB, già trasformata in Gioventù Italiana del Littorio (G.I.L.), passò alle dirette dipendenze del Partito e con essa tutte le scuole.

    I giovani maschi italiani, in questo periodo, vengono preparati ad affrontare prove di coraggio, di resistenza alla fatica (per forgiare il carattere) e di lotta. Soprattutto viene inculcato loro il senso della disciplina e dell‟obbedienza (secondo il motto fascista "credere, obbedire, combattere”). Anche i bambini imparano le manovre militari ed a marciare, e vengono addestrati ad imbracciare il fucile di legno.

    Con la Legge del 31 dicembre 1934 si introducevano la pratica e la cultura militare nella scuola (obbligatorie per i ragazzi dagli 8 ai 21 anni) realizzando pienamente la formula fascista "Libro e moschetto fascista perfetto".

    Le giovani ragazze invece vengono preparate a diventare mogli e madri prolifiche. Il fine del matrimonio è la procreazione (dovevano far nascere il maggior numero di figli, possibilmente

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    maschi, per incrementare numericamente le file dell‟esercito italiano). Per questo per le ragazze vengono previste esercitazioni atte a migliorare l‟armonia dei movimenti e la flessuosità. Dovevano insomma essere attraenti e desiderabili per potersi sposare presto e diventare così mogli sane, robuste e prolifiche.

    Negli ultimi anni del regime si diventava figli della lupa e cioè fascisti al momento stesso della nascita con l'iscrizione all'anagrafe. Ognuno aveva una divisa, partecipava alle adunate; il sabato pomeriggio sottratto al lavoro e chiamato perciò «sabato fascista» rappresentava lo spazio per le manifestazioni di partito. Lo sport con i saggi ginnici era uno dei campi di maggior impegno per tutta l'organizzazione di partito. Nei reparti maschili già i balilla disponevano di un moschetto, riproduzione in scala ridotta del famoso fucile modello '91 dei fanti italiani nella prima guerra mondiale, per l'addestramento militare.

    La stampa fu sottoposta via via a un crescente controllo e subì un processo di progressiva fascistizzazione: “In un regime totalitario - dirà Mussolini in un discorso del 1928, - la stampa è un elemento di questo regime, una forza al servizio di questo regime… Ecco perché tutta la stampa italiana è fascista e deve sentirsi fiera di militare compatta sotto le insegne del Littorio”. Nel maggio 1933 losef Goebbels, il mago della propaganda nazista responsabile del Ministero «per la propaganda e la spiegazione al popolo», viene in Italia e visita fra gli altri istituti fascisti, l‟Ufficio Stampa. Tuttavia per Galeazzo Ciano, Ministro per la Propaganda, il controllo della stampa non è sufficiente al regime in un paese come l'Italia in cui i giornali sono poco diffusi e non raggiungono le grandi masse popolari. Nel maggio 1937 il ministero della Propaganda assunse la nuova denominazione di Ministero per la Cultura Popolare (detto il Minculpop): con il termine "popolare" si vuole sottolineare appunto una attenzione e un impegno non riservato agli intellettuali ma rivolto alle masse per una vera rivoluzione culturale. Radio, cinema e arte diventano gli strumenti di questa rivoluzione. Le

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    opere del regime sono esaltate e propagandate con ossessiva insistenza dai notiziari dell'Istituto Luce: nuove strade, interventi urbanistici, bonifica di terre malsane, ecc.

    Mussolini attirò a sé specifici settori della cultura e dell'intrattenimento quali strumenti per costruire il volto nuovo della nazione e dell'identità del Paese IL FASCISMO IPNOTIZZÒ L'ITALIA USANDO UNA SFERA DI CUOIO Italiani popolo di tifosi, il calcio sport nazionale per antonomasia. Il rapporto privilegiato del Bel Paese con il pallone si consolida nel corso del Ventennio fascista. E' noto che a partire da quel periodo, e via via in modo più sistematico, il fascismo attirò a sé specifici settori della cultura e dell'intrattenimento quali strumenti per costruire il volto nuovo della nazione e dell'identità italiane. Anche il calcio non si sottrasse a questa strategia e, come la scienza, la letteratura, la musica, l'architettura, opportunamente manipolato, entrò a far parte di quel meccanismo attraverso cui il regime tentò di assicurarsi il consenso delle masse.

    Nel saggio Calcio e Fascismo (Milano, Oscar Mondadori, 2006) Simon Martin indaga le strategie attraverso cui gradualmente il calcio si trasforma da semplice passatempo quale era in uno strumento privilegiato per la costruzione di un'identità nazionale fiera e orgogliosa. La sua natura, secondo il Duce, lo rendeva capace di esaltare il popolo, di coinvolgere ampi e diversificati gruppi sociali, di muovere passioni e sentimenti. La volontà di inquadrare il popolo, educarlo ai dettami fascisti, e' un aspetto affascinante e in certo senso nuovo nel panorama politico nazionale, se e' vero che Mussolini per primo e più di tutti mise in pratica il pensiero del sociologo francese Gustave Le Bon che, indagando la psicologia delle masse, si era reso ben conto che laddove esiste un potere forte esiste la sottomissione e la manipolazione delle menti. Le masse, insomma, necessitano di una guida che fornisca loro sicurezze.

    Nei primi capitoli del saggio l'autore fa una ricognizione del fenomeno più ampio noto come "nazionalizzazione": la necessità di ottenere il consenso del popolo intervenendo in tutti quei settori che permettessero un controllo dell'individuo, anche quelli più "volgari", come appunto il calcio. Non e' dunque un caso che negli anni '30 il calcio da gioco prevalentemente "fascista" si trasforma, cresce, attira a sé migliaia di individui, dilaga da Nord a Sud della penisola, trionfando sullo scenario internazionale, assumendo le caratteristiche che conserva ancora oggi: gioco di squadra con precise logiche e tattiche.

    Francobollo commemorativo dei Mondiali di calcio del 1934

    Il calcio, oltre che essere un'attività ricreativa e sana, rappresentava per il fascismo un'occasione per mobilitare milioni di persone, per veicolare e convogliare le passioni di generazioni, organizzandole ed educandole ai valori predicati dalla gerarchia. Così i calciatori erano scelti e selezionati proprio perché rappresentavano nel migliore dei modi l'ideale di "uomo nuovo" che il

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    fascismo andava predicando in quegli anni: l'atleta sul campo era metafora del soldato in battaglia, che si sacrifica per l'onore e la gloria dell'intera squadra. Allo stesso modo compito dell'atleta era di portare il nome dell'Italia nel mondo attraverso l'unica arma che fosse in suo potere: la vittoria. I calciatori diventavano dunque esemplari per due ordini di motivi: la prestanza del loro aspetto fisico e, in secondo luogo perché funzionali a un gruppo, alla squadra. I meriti del calcio per i fascisti non si fermavano qui: esso contribuiva a rafforzare il senso di identità e di Patria Il culmine di questa politica del consenso furono i campionati e, soprattutto, i Mondiali e le Olimpiadi.

    Nel 1928 le Olimpiadi vengono organizzate ad Amsterdam. Agli atleti italiani viene imposto dal regime l‟utilizzo del “saluto romano” e la propaganda fascista mostra le immagini degli atleti italiani sul podio con il braccio alzato. Queste Olimpiadi furono un primo banco di prova dei progressi che il calcio italiano aveva raggiunto in pochi anni. L'Italia perse di stretta misura contro l'Uruguay.

    Nel 1932 i Giochi Olimpici si svolgono negli Stati Uniti d‟America, a Los Angeles. L‟eco dei mass media è clamorosa. E‟ l‟Olimpiade delle immagini trasmesse come non mai attraverso i giornali e nei cinema. Una delle immagini più famose e memorabili è quella del pugile inglese Mc Leave, messo K.O. dal messicano Romero.

    Le Olimpiadi di Los Angeles del '32 furono per l‟Italia anni di grande preparazione, durante i quali gli atleti furono considerati patrimonio della nazione, ambasciatori d'Italia nel mondo. Le Olimpiadi si conclusero con un palmares per l'Italia di tutto rispetto, posizionandola al secondo posto nel medagliere internazionale. I Mondiali del 1934, svoltisi in Italia, furono poi l'ulteriore occasione non solo per mostrare al mondo i progressi e la potenza del calcio italiano, ma anche per esibire la gamma intera delle capacità del regime, organizzando alla perfezione la competizione. L'apice di questa macchina organizzativa fu la festa per la vittoria finale, giocata allo Stadio Olimpico davanti a cinquantamila spettatori, preparati a cantare inni fascisti, sventolando fazzoletti sui quali era stampato il nome del Duce.

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    La finale di Roma del 10 giugno 1934 ITALIA – CECOSLOVACCHIA 2 - 1 Italia: Combi - Monzeglio - Allemandi - Ferraris IV - Monti - Bertolini - Guaita - Meazza - Schiavio - Ferrari - Orsi Cecoslovacchia: Planicka - Zenisek - Ctyroky - Kostalek - Cambal - Krcil - Junek - Svoboda - Nejedly - Puc Arbiro: Eklind, Svedese Marcatori: Pcu 71', Orsi 81', Schiavio 95'

    CICLISMO: Learco Guerra Soprannominato “la locomotiva umana "per le sue formidabili doti di passista fu, suo malgrado, portato a simbolo del super uomo nel ventennio fascista e dovette donare molti dei suoi trofei "alla patria". Vinse 5 Campionati Italiani su strada consecutivamente dal 1930 al 1934, il Campionato del mondo di ciclismo nel 1931, la Milano-Sanremo nel 1933 e il Giro d'Italia nel 1934. Giunse due volte secondo al Tour de France ed anche in altri due Campionati del Mondo.

    BOXE: Primo Carnera era un colosso alto più di due metri che pesava 120 chili e come tale capace di sprigionare una forza che nessuno dei suoi avversari poté mai eguagliare. Il 26 giugno 1933 Primo Carnera batte per K.O. Jack Sharkey in sei riprese e diventa campione del mondo dei pesi massimi di pugilato. La sua prima dichiarazione ad un giornalista del "Corriere della Sera" è: "Offro questa vittoria al mondo sportivo italiano, giubilante e orgoglioso di aver mantenuto la promessa fatta al duce". E' un momento d'oro per il discusso pugile italiano come è un momento d'oro per la propaganda fascista attraverso lo sport.

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    Anche gli ideologi del Terzo Reich compresero che la ginnastica e lo sport potevano diventare un formidabile mezzo di propaganda atto a dimostrare la superiorità della razza Ariana rispetto alle altre. Le Olimpiadi di Berlino del 1936 diventarono così un palcoscenico ideale per mostrare la superiorità degli atleti tedeschi agli occhi del mondo. La manifestazione sportiva aveva finito con l‟assumere una notevole importanza, dal punto di vista propagandistico, sul piano politico. In effetti gli atleti tedeschi riuscirono a conquistare moltissime medaglie sia d‟oro che d‟argento.

    L‟incarico di realizzare un filmato propagandistico fu affidato alla grande regista tedesca Leni Riefenstahl, autrice del film “Olympia”. Grazie infatti ad un sapiente impiego di innovative tecniche di ripresa, riuscì a far risaltare le imprese sportive e soprattutto le prestazioni degli atleti tedeschi.

    Per la propaganda nazista il grandioso allestimento scenografico avrebbe dovuto dimostrare al mondo la superiorità della razza ariana

    Tuttavia nessuno poteva attendersi l‟imprevedibile !

    Un atleta americano di colore, Jesse Owens, soprannominato “lampo d’ebano”, vinse ben 4 medaglie d‟oro nei 100 metri (stabilisce il record mondiale: 10,3‟‟), nei 200 metri (record olimpico: 20,7‟‟), nel salto in lungo (record olimpico: 806 cm) e nella staffetta 4 x 100 (record mondiale: 39,8‟‟) e si impose come il personaggio di primo piano, infliggendo una forte umiliazione ai sogni di supremazia dei tedeschi.

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    Le vittorie di Owens a Berlino frantumarono le aspettative di Hitler, per il quale i Giochi Olimpici, preceduti da una propaganda battente e preparativi grandiosi mai visti prima, dovevano rappresentare l‟esaltazione della razza ariana e della grandezza tedesca. Fu uno smacco davvero troppo grande. Il disappunto e l‟imbarazzo del Fuhrer fu così evidente che, modificando il previsto protocollo, preferì allontanarsi dall‟Olympiastadion prima delle premiazioni per non dover stringere la mano ad un atleta di colore.

    Vittorio Pozzo alza al cielo la sua seconda coppa Rimet. Attorno a lui la squadra che ha vinto per 4-2 la finale contro l'Ungheria. Da sinistra Biavati, Pozzo, Piola, Ferrari, Colaussi. In basso, Locatelli, Meazza, Foni Andreolo, il portiere Olivieri, Rava e Serantoni La finale di Parigi del 19 giugno 1938 ITALIA - UNGHERIA 4 - 2

    Italia: Olivieri - Foni - Rava - Serantoni - Andreolo - Locatelli - Biavati - Meazza - Piola - Ferrari - Colaussi Ungheria: Szabo - Polgar - Biro - Szalai - Szucs - Lazar - Sas - Vincze - Sarosi - Szengeller - Titkos Arbitro: Capdeville, Francese Marcatori: Colaussi 5', Titkos 7', Piola 16', Colaussi 35', Sarosi 70', Piola 82'.

    Anche i regimi socialisti non hanno certo sottovalutato l‟importanza dello sport ai fini propagandistici. Nel periodo della "guerra fredda" che vedeva la contrapposizione dei due grandi blocchi (quello occidentale europeo-americano da un lato e quello dei Paesi dell‟Est dall‟altro) le competizioni sportive internazionali, come le Olimpiadi, diventano occasioni di confronto ideologico politico. La supremazia sportiva poteva infatti essere sfruttata ai fini propagandistici per dimostrare la superiorità di una ideologia politica rispetto ad un‟altra. Fino alla caduta del muro di Berlino, nei Paesi dell‟Est, agli atleti furono somministrate sostanze dopanti per ottenere il miglioramento della prestazione sportiva ed il miglior risultato possibile, a qualsiasi costo, anche a scapito delle della salute degli stessi. Sono gli anni della cosiddetta “guerra fredda”, dei blocchi contrapposti est – ovest, della “cortina di ferro”. La vittoria sportiva diventa elemento da “spendersi” per testimoniare la validità di un modello politico sull‟altro. Est statalista, socialista e comunista contro ovest capitalista e liberista. Nella D.D.R. era lo Stato che organizzava il doping degli atleti somministrando loro ogni genere di prodotto che potesse incrementare in qualsiasi modo la prestazione sportiva. Famose le “pillole blu” anabolizzanti potentissimi che negli anni provocarono danni fisici irreversibili.

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    Un modello facilmente esportabile nei paesi del cosiddetto “blocco dell‟est”. Proprio negli anni 60 i sovietici apprendono perciò dai tedeschi le tecniche ed i dosaggi. Lo stesso fanno Romania, Bulgaria, Cecoslovacchia.

    I dirigenti della DDR, in previsione di eventi sportivi rilevanti, obbligavano gli atleti appena adolescenti ad assumere sostanze dopanti, in modo da renderli vere e proprie macchine da medaglia, per raggiungere successi a livello internazionale da sfruttare in chiave propagandistica. Questi intenti vennero attuati dalla STASI che era la principale organizzazione di sicurezza e spionaggio della DDR . L‟intenzione era di esportare all‟estero l‟immagine di una società sana e in costante sviluppo, capace di produrre di tutto, anche campioni di fama mondiale.

    In Germania Est i medici crearono delle tabelle in cui erano indicati tutti i requisiti fisici che un bambino doveva avere per diventare un grande atleta e tutti i bambini venivano misurati, pesati, schedati e poi i più fisicamente dotati venivano avviati alla pratica sportiva per venire successivamente trasferiti presso il centro dello sport della DDR: la "Deutsche Hochschule fur Korperkultur" (scuola tedesca per la cultura del corpo) di Lipsia. La Ddr, una nazioni di circa 17 milioni di abitanti, vinse più medaglie d„oro degli Stati Uniti alle Olimpiadi di Montreal, nel 1976. Sono 144 le medaglie d' oro olimpiche vinte dagli atleti della Germania dell' Est fra il 1972 e il 1988. Queste medaglie sono arrivate principalmente dalle donne UN ORO SU TRE. Nell' atletica, le donne della Ddr hanno vinto, fra il 1972 e il 1988, ben 23 delle 60 medaglie d' oro in palio (nell' 84 la Germania Est ha boicottato i Giochi) TRE ORI SU QUATTRO. Il dominio della Ddr nel nuoto femminile è stato addirittura schiacciante: le atlete della Germania dell' Est hanno vinto 32 titoli olimpici sui 41 disponibili nel 1976, nel 1980 e nel 1988. In totale, in queste tre Olimpiadi alla Ddr sono andate 66 medaglie su 123.

    Negli anni 60 dilagavano gli anabolizzanti (scoperti negli USA negli anni 50) anche a seguito dei grandi progressi fatti in questo campo dalla ricerca biochimica e farmacologica. Il doping di Stato nella DDR era controllato dalla potente Stasi. I prodotti dopanti venivano studiati all'istituto per la cultura fisica e lo sport di Lipsia, il famigerato "Fks", e prodotti dalla Jenapharm, azienda di Stato, a Iena (le pillole blu, l‟Oral-Turinabol). Il doping di Stato in Germania Est era iniziato in modo scientifico, con il “Piano 14.25”, per le Olimpiadi di Monaco del '72 e ha raggiunto il suo culmine con i Giochi di Mosca del 1980. Solo con la caduta del Muro, nel 1989, la pratica è stata abbandonata. E, dopo la riunificazione, è emerso come molti atleti siano morti prematuramente e che le cause dei loro decessi erano state tenute nascoste dalla Stasi, la polizia segreta della Ddr. Con la graduale uscita dagli archivi della Germania Est e dell'ex Unione Sovietica, la verità sulle proporzioni della tragedia è venuta sempre di più a galla. La Jenapharm con un comunicato ufficiale ha ammesso di essere stata costretta a collaborare dal governo al «Piano di Stato 14.25», quello del doping, ma ha negato di esser stata la forza trainante del progetto, scaricando le colpe su politici, medici sportivi e allenatori. A distanza di venti-trent'anni sono le donne ex-atlete che risentono nel modo più grave di quello che è stato loro somministrato quando erano adolescenti. C'è chi ha dovuto cambiare sesso, chi ha malformazioni genitali, chi non riesce più a camminare, chi soffre di malattie ossee gravissime, chi ha problemi cardiaci o epatici, chi è sprofondato in patologie psichiatriche che vanno dalla bulimia alla depressione cronica. L'incidenza del tumore tra le ex atlete è sopra le medie e ci sono state alte percentuali di aborti spontanei e parti di bimbi malformati. Gli stessi farmaci che prendeva Petra Kind-Schneider, oro nel nuoto a Mosca 1980 ed in seguito alle prese con problemi renali e cardiaci. Gli stessi di Rica Reinisch, altra ragazzina prodigio del nuoto e successivamente donna alle prese con le cisti ovariche.

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    Gli stessi di Heidi Krieger, primatista del lancio del peso, forse la storia più clamorosa del doping. Heidi Krieger nel 1986 vinse la gara di lancio del peso femminile ai Campionati Europei di Atletica Leggera a Stoccarda con un lancio di 21,10m. Nel 1991 per problemi fisici la sua carriera si avviò al termine. Durante la sua carriera le furono somministrate, come accadde a molti atleti della Germania Est, sostanze dopanti come l'Oral-Turinabol uno steroide prodotto dalla Jenapharm, azienda di Stato: i documenti scoperti dopo la caduta del Muro di Berlino dimostrano che alla Krieger ne furono somministrati, in un anno (il 1986), 2.590 milligrammi.

    Nel 1997 Heidi Krieger subì un intervento chirurgico e cambiò sesso assumendo il nome Andreas.

    BERLINO - finisce sotto processo anche la gestione dello sport nella ex Repubblica socialista. Rinviati a giudizio: Dieter Lindemann, Volker Frischke, Rolf Glaeser, Dieter Krause, tutti ex tecnici della Dynamo Berlino. Dovranno rispondere di lesioni procurate con la somministrazione di steroidi anabolizzanti a ragazze minorenni della nazionale di nuoto della Germania orientale, fra il 1974 ed il 1989, "senza che fossero state informate loro ed i loro genitori". ORDINI SUPERIORI - Che il ricorso al doping nella DDR fosse pratica usuale, ormai è innegabile. Ad ulteriore conferma della cosa, giunge la dichiarazione di cinque allenatori di atletica leggera dell'ex Germania Est, attualmente in attività, che hanno ammesso di aver fatto abitualmente ricorso al doping, con l'avallo dello Stato, nella preparazione dei loro atleti. Klaus Baarck, Gerhard Boettcher, Rainer Pottel, Maria Ritschel e Klaus Schneider hanno confermato, per mezzo di un comunicato ufficiale diramato dal comitato olimpico tedesco, l'esistenza del così detto “doping di Stato”. "Sappiamo di aver violato le regole dello sport ma ci sentivamo legittimati dagli ordini di Stato. Rifiutarsi di somministrare doping agli atleti comportava l'estromissione dallo sport e considerevoli svantaggi professionali". Spesso non ci si rende conto di come e di quanto il mondo dello sport rappresenti una realtà che interviene, influenza, indirizza e condiziona le vicende politiche e storiche dell‟umanità. Ciò si è verificato anche durante l‟esercizio del potere del dittatore della Repubblica Socialista di Romania Nicolae Ceauşescu, il quale, durante il suo regime, durato fino al dicembre del 1989, è riuscito ad utilizzare gli eventi ed i trionfi sportivi, individuali e di squadra, degli atleti romeni come uno strumento di propaganda, di affermazione personale e di autoesaltazione dell‟ideologia della superiorità del “perfetto uomo socialista”. Le prestigiose vittorie, e le affermazioni internazionali ottenute negli anni ‟70 e ‟80 del secolo scorso, hanno permesso a Ceauşescu ed al suo entourage familiare e nepotista di riscuotere ulteriori consensi soprattutto agli occhi dell‟opinione pubblica occidentale.

    La prassi vuole che i Capi di Stato riescano di riflesso ad affermare e ad aumentare il proprio peso politico, la propria notorietà ed il proprio culto della personalità di fronte alle imprese sportive dei loro connazionali. Ceauşescu e la sua famiglia hanno vissuto le epopee della prodigiosa ginnasta Nadia Comaneci, probabilmente la più grande di tutti i tempi, dell‟istrionico ed irriverente tennista Ilie Nastase e dell‟irripetibile trionfo in Coppa dei Campioni della Steaua Bucarest, tanto da attribuirsi i meriti e gli elogi per queste straordinarie vittorie, che rappresentano delle pagine meravigliose della storia dello sport mondiale del XX secolo.