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Scuola di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Corso di laurea in Fisica e Astrofisica Spettroscopia a grande campo del nucleo galattico attivo in una galassia Seyfert II Integral Field Spectroscopy of an Active Galactic Nucleus in a Seyfert II Galaxy Candidato: Omar Contigiani Relatore: Prof. Alessandro Marconi Anno Accademico 2014/15

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Scuola di Scienze Matematiche Fisiche e NaturaliCorso di laurea in Fisica e Astrofisica

Spettroscopia a grande campo del nucleogalattico attivo in una galassia Seyfert II

Integral Field Spectroscopy of an Active Galactic Nucleus in a Seyfert II Galaxy

Candidato:

Omar Contigiani

Relatore:

Prof. Alessandro Marconi

Anno Accademico 2014/15

Indice

1 Introduzione 2

1.1 Active Galactic Nuclei . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

1.2 Integral Field Spectroscopy . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

1.3 Multi Unit Spectroscopic Explorer . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

1.4 La galassia IC 5063 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13

2 Analisi dati 14

2.1 Righe di emissione e procedura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

2.1.1 Primo gruppo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

2.1.2 Secondo gruppo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

2.1.3 Terzo gruppo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

2.2 Efficacia del fit . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22

3 Risultati 26

3.1 Rapporto tra i flussi di Hα e Hβ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

3.2 Densita elettronica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28

3.3 Parametro di fotoionizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

3.4 Diagrammi diagnostici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

Conclusioni 36

Bibliografia 37

1

Capitolo 1

Introduzione

In una galassia attiva la regione centrale e caratterizzata da una intensa luminosita non

riconducibile ad attivita stellare. Con la sigla AGN (Active Galactic Nucleus) si indica questa

regione compatta che emette energia nella maggior parte dello spettro elettromagnetico: dalle

onde radio ai raggi X. La sorgente di tale emissione e il disco di accrescimento di un buco

nero supermassiccio (Super Massive Black Hole). Intorno a quest’ultimo orbita un disco di

materia che grazie al suo moto di caduta trasforma la sua energia gravitazionale in energia

luminosa.

Lo studio di questi oggetti avviene attraverso l’osservazione astronomica e l’analisi del loro

spettro di emissione acquisito attraverso spettroscopi. Il Multi Unit Spectroscopic Explorer

(MUSE) e uno spettrografo a campo integrale attualmente montato sul Very Large Telescope

(VLT) dell’European Southern Observatory (ESO) in Cile. In questa tesi viene analizzata

l’osservazione del nucleo della galassia IC 5063 effettuata da MUSE nel 2014. Attraverso lo

studio di particolari righe di emissione si ricavano due diagrammi diagnostici che identificano

effettivamente la galassia come un AGN e tre mappe che ne descrivono le caratteristiche punto

per punto: densita elettronica, campo di velocita dell’idrogeno e parametro di ionizzazione.

2

1.1 Active Galactic Nuclei

In circa il 10% delle galassie osservabili e presente del gas la cui sorgente di ionizzazione

non associabile a stelle giovani delle classi O e B. Questo tipo di galassie sono caratterizzate

da un nucleo compatto dotato di una intensa emissione continua estesa su tutto lo spettro

elettromagnetico. Oltre a questa, nelle regioni UV, IR, X e nel visibile sono presenti linee

di emissione associabili agli ioni di idrogeno, ossigeno, azoto e zolfo. E possibile risalire ad

una stima delle dimensioni di questi nuclei considerando la scala dei tempi ∆t con cui la

loro luminosita varia. Per rispettare il principio di causalita e necessario che per la scala di

lunghezza R valga la seguente relazione.

R < c ·∆t ' 3× 1010 cm s−1 · 3600 s ' 10 AU (1.1)

Pur non potendo risolvere in dettaglio questi nuclei luminosi, e possibile studiare i venti

di gas ionizzato ad essi associati, i quali si estendono invece per decine di kpc. In circa il 10%

dei casi sono presenti dei getti radio di materiale in moto relativistico con velocita v ∼ 0.1c.

Dalla lunghezza l di questi ultimi e possibile risalire ad una stima dell’eta τ del nucleo che

li ha originati.

τ =l

v' 106 ly · 10−1c = 107 yr (1.2)

Per verificare l’origine non stellare delle energie in gioco e possibile stimare la massa M

concentrata all’interno del nucleo luminoso. Chiamando η l’efficienza energetica e ipotiz-

zando che il nucleo abbia emesso con la stessa luminosita L per tutta la sua esistenza τ , si

scrivono le seguenti relazioni.

E ∼ Lτ = ηMc2 (1.3)

M =Lτ

ηc2' 1047 erg s−1 · 1015 s

η × (3× 1010 cm s−1)2' 5 × 107 M�

η(1.4)

3

Per η = 0.007, corrispondente ai processi di fusione all’interno delle stelle, M equivale

quasi alla massa di un’intera galassia (1010 M�); mentre per η = 0.057, corrispondente ad un

disco di accrescimento, M diminuisce di un decimo e rende la densita dell’oggetto consistente

con quella di un buco nero.

Oltre a queste prime stime e possibile risalire alla temperatura del gas ionizzato studiando

il flusso delle linee di emissione proibite degli ioni di ossigeno e azoto nel visibile e nel vicino

ultravioletto. La scala di temperature che si ottiene e T ' 104K, che in questa tesi verra

utilizzata come stima per la galassia osservata, poiche dai dati analizzati, limitati al visibile

e al vicino infrarosso, non e possibile ricavarla.

Spettro, classificazione e diagrammi diagnostici

La classificazione fenomenologica di questi oggetti si basa sulle caratteristiche del loro spettro

di emissione. I tipi piu comuni di AGN appartengono ai gruppi Seyfert I e Seyfert II, un

loro spettro tipico e visibile nella figura 1.3. Di seguito vengono elencate alcune categorie e

le loro caratteristiche essenziali.

• LINERs: acronimo per Low-Ionization Nuclear Emission-Line Regions, tra tutte

le classi e quella che contiene le righe di emissione meno intense. Gli oggetti che

appartengono a questa categoria non possiedono getti radio relativistici.

• Seyfert I: e storicamente il primo tipo di AGN identificato. Lo spettro delle galassie

appartenenti a questo gruppo e caratterizzato da larghe linee per l’idrogeno con una

FWHM (Full Width at Half Maximum) di circa 103 km s−1 e righe proibite di ossigeno,

azoto e zolfo piu strette, con una FWHM di qualche centinaio di km s−1. Quest’ultime

risultano comunque piu larghe delle linee di emissione osservate nella maggior parte

delle galassie.

• Seyfert II: la differenza essenziale tra questo gruppo e il precedente e la assenza

delle righe larghe dell’idrogeno. Per entrambe le classi, le galassie ospiti hanno forma

irregolare o a spirale.

4

• Quasars: si distinguono dai due gruppi precedenti solo per una maggior luminosita.

La presenza di un toro di polvere intorno al disco di accrescimento fa in modo che la

radiazione ionizzante in uscita dal disco sia parzialmente oscurata. Si forma cosı un cono

di ionizzazione centrato sul buco nero supermassiccio. Il modello unificato permette poi di

ricondurre le varie tipologie di AGN ad un’unica struttura osservata pero lungo direzioni di

vista differenti (figura 1.2). In particolare, per un angolo di vista prossimo all’asse del toro

si osservano gli AGN piu luminosi (Quasar). Allontanandosi sempre piu da questo angolo si

osservano principalmente le linee strette delle Seyfert di tipo I e, per angoli ancora maggiori,

solo le linee larghe delle Seyfert II.

Per definire quali nuclei appartengono alla categoria di AGN e quali invece sono associa-

ti ai processi di formazione stellare, sono stati introdotti tre tipi di diagrammi diagnostici,

noti come diagrammi BPT (Baldwin–Phillips–Terlevich). Questi diagrammi si basano sui

rapporti dei flussi di alcune righe di emissione nell’ottico. I valori di questi rapporti presi

in coppia formano le coordinate di un punto nel piano indicato in figura 1.1. In base alla

posizione di questi punti rispetto ad una linea di classificazione e possibile identificare il

pixel come appartenente ad un AGN. Nel costruire questi grafici vengono utilizzati rapporti

di righe a lunghezze d’onda vicine in modo che questi non dipendano dall’estinzione da parte

della polvere. Il confronto tra intensita di diverse righe e essenziale per riconoscere il tipo di

sorgente di ionizzazione che le causa. A fenomeni di ionizzazione diversi corrispondono emis-

sioni diverse. Nel caso di un AGN esso e riconoscibile grazie alle intense righe dell’ossigeno

terzo, rispetto alle righe dello zolfo secondo e dell’azoto secondo.

5

Figura 1.1: Esempio di un diagramma diagnostico BPT (R. W. Pogge).

Figura 1.2: Modello unificato, toro e cono di ionizzazione.

6

Figura 1.3: Esempi di spettro di due AGN di tipo Seyfert II e I, appartenenti alle galassie

NGC5548 e NGC 1667. Per la galassia NGC5548 sono evidenziati anche i picchi minori (A.

V. Filippenko).

7

Polvere e estinzione interstellare

La presenza di polvere interstellare all’interno delle nubi di gas comporta la diffusione e

l’assorbimento della luce proveniente da una sorgente. Nella sua forma piu semplice, il

fenomeno viene formalizzato attraverso la seguente relazione, dove Iλ rappresenta l’intensita

specifica della radiazione osservata, Iλ0 l’intensita specifica della radiazione in assenza di

polvere e Aλ l’estinzione in magnitudini alla lunghezza d’onda λ.

Iλ = Iλ0 10−Aλ2.5 (1.5)

Nel caso in cui l’intensita della radiazione sia isotropa, tale relazione si puo scrivere

anche per il flusso specifico Fλ(λ). Se si considera il flusso di radiazione F (λ) per due linee

di emissione che corrispondono ad uno stesso ione, e possibile scrivere il rapporto tra i flussi di

queste in funzione del rapporto dei flussi intrinseci, noto a priori. L’estizione in magnitudini

Aλ viene scritta come prodotto di una costante AV e una funzione nota a priori f(λ) (J. A.

Cardelli, 1989).F (λ1)

F (λ2)=F0(λ1)

F0(λ2)10

AV2.5

[f(λ2)−f(λ1)] (1.6)

La funzione f(λ) e associata unicamente ai fenomeni di assorbimento e diffusione e viene

tarata grazie ad osservazioni precedenti. Segue allora che, trovata la costante AV , e possibile

ricavare il flusso specifico intrinseco per qualsiasi lunghezza d’onda in funzione di quello

osservato. Nella seguente tesi vengono usati a questo scopo le prime due righe di emissione

della serie di Balmer. Il valore del rapporto tra i flussi intrinseci per queste due righe

corrisponde a 2.86.

F (λHα)

F (λHβ)=F0(λHα)

F0(λHβ)10

AV2.5·0.856 10

AV2.5 =

(1

2.86

F (λHα)

F (λHβ)

) 10.856

(1.7)

8

Densita elettronica

Figura 1.4: Variazioni dell’intensita delle righe corrispondenti a ioni di ossigeno ([OIII]) e

zolfo ([SII]) come funzione della densita elettronica Ne alla temperatura T = 104 K.

Coppie di righe di emissione corrispondenti allo stesso ione di una specie atomica possono

essere utilizzate per ricavare la densita elettronica Ne. In generale, le diseccitazioni per unita

di tempo dipendono solo dalle probabilita di emissione radiativa e dalla perdita di energia

dovuta agli urti tra particelle. Segue quindi che, per due righe sufficientemente vicine, si puo

ricavare la densita dal solo rapporto tra le intensita.

Questi rapporti possono essere tarati a priori per ricavare curve come quelle rappresentate

nella figura 1.4. Si noti che volendo invertire il grafico, e necessario tener conto dai valori

critici 1.4 e 0.4. Per rapporti prossimi a questi l’errore sulla densita tende all’infinito.

Infine, e possibile considerare la dipendenza delle costanti di diseccitazione per urto

dalla temperatura, se si prende la scala orizzontale nella figura 1.4 non come Ne, ma come

Ne(104/T )1/2.

9

Fotoionizzazione

Il gas che si trova intorno ad un nucleo galattico attivo si trova in equilibrio di ionizzazione:

il tasso di ionizzazione e bilanciato dal tasso di ricombinazioni che danno luogo alle righe

di emissione permesse. Limitandoci al caso dell’idrogeno alla temperatura T , il numero

di ricombinazioni per unita di tempo Q(H0) e quindi legato alla luminosita specifica Lν

prodotta all’interno della nube.

∫ ∞ν0

Lνhν

dν = Q(H0) (1.8)

Dove ν0 indica la frequenza corrispondente allo stato fondamentale. Questa luminosita non e

dovuta solo ai fotoni emessi dal disco di accrescimento del nucleo galattico attivo, ma anche

quelli prodotti dalla ricombinazione stessa. I due fenomeni sono descritti rispettivamente

dalla costante di ricombinazione αB(H0, T ) e dalla costante di ricombinazione efficace per una

riga X αeffX (H0, T ). Tenendo conto di entrambi si puo scrivere allora la seguente relazione,

dove si indica con L(X) la luminosita corrispondente alla riga X, con Ne la densita elettronica

e con Np la densita protonica.

L(X)hνX∫∞

ν0

Lνhν

dν=

∫VNpNeα

effX (H0, T ) dV∫

VNpNeαB(H0, T ) dV

(1.9)

Poiche la dipendenza dalla la temperatura del rapporto αeffX /αB e solitamente trascurabile,

si considera questo una costante quando si integra sul volume. E possibile allora ricavare il

numero di ricombinazioni per unita di tempo Q(H0). Utilizzando la distanza dal centro di

ionizzazione r e la densita atomica N (N ' Ne) si ricava sia la densita di fotoni ionizzanti

Nph, sia il parametro di ionizzazione U(H), che rappresenta il numero di fotoni ionizzanti

per atomo di idrogeno.

Q(H0) ' L(X)

hνX

αB(H0, T )

αeffX (H0, T )Nph =

Q(H0)

4πr2cU(H) =

Nph

N=

Q(H0)

4πr2Nec(1.10)

10

1.2 Integral Field Spectroscopy

Gli spettrografi a campo integrale (Integral Field Spectrographs) permettono di raccogliere

una porzione dello spettro elettromagnetico del campo visivo bidimensionale osservato. Il

prodotto finale e un datacube (figura 1.5), una matrice tridimensionale formata da piu imma-

gini a diverse lunghezze d’onda, in cui sono contenuti valori corrispondenti al flusso specifico

Fλ(λ, x, y).

Questo tipo di strumentazione e stata progettata per risolvere gli svantaggi della tra-

dizionale spettrografia long-slit, infatti al contrario di quest’ultima permette di ottenere lo

spettro dell’intero campo visivo in una stessa misura, senza bisogno di muovere il telesco-

pio. Il vantaggio principale consiste nel ridotto tempo di misura e una maggiore risoluzione

spaziale. Oltre a questo e anche possibile, se richiesto, sacrificare la risoluzione spaziale a

scapito di quella spettrale o viceversa. Il principale difetto di questa tecnica e il largo utilizzo

di fibre ottiche che permette agli spettrografi a campo integrale di essere ottimizati solo per

le lunghezze d’onda del visibile e del vicino infrarosso.

Una componente essenziale degli spettrografi a campo integrale e la IFU (Integral Field

Unit) che si occupa della prima fase di riduzione dei dati, la divisione del campo visivo in

una matrice 2D. Esistono tre tecniche con cui questo scopo puo essere raggiunto: matrici di

microlenti, fasci di fibre ottiche o image slicer, che separano l’immagine in fette orizzontali

mediante l’utilizzo di specchi orientati.

Figura 1.5: Esempio di datacube

rappresentato attraverso quattro fet-

te. A intensita di colore diver-

se corrispondono valori diversi del

flusso (ESO/MUSE consortium/R.

Bacon/L. Calcada).

11

1.3 Multi Unit Spectroscopic Explorer

MUSE e uno spettrografo panoramico a campo integrale che opera nel visibile. In modalita

narrow field MUSE effettua misure con un campo visivo di 7.5×7.5 arcsec2 ed una risoluzione

spaziale di 0.025 arcsec. In modalita Wide Field il suo campo di vista e 1× 1 arcmin2 con

una risoluzione spaziale di 0.3 arcsec. Il range dello spettro elettromagnetico coperto e

identico per le due modalita e copre gran parte del visibile e del vicino infrarosso, andando

dai 0.465 µm ai 0.93 µm con una risoluzione variabile da 2000 a 4000 punti per µm. Lo

strumento e stato costruito appositamente per essere montato sul VLT e sfruttare in futuro

la sua ottica adattiva, composta da uno specchio secondario deformabile, 4 stelle guida laser

e una stella guida reale.

Per coprire tutto il campo di vista, MUSE e composto da 24 IFU ed in totale ogni singola

esposizione fornisce 86400 spettri, uno per ogni pixel osservato. Il risultato finale viene

solitamente ricavato da decine di queste osservazioni. Per la riduzione dei dati, un software

apposito (Data Reduction System) e stato sviluppato dal Leibniz Institute for Astrophysics

Potsdam. Il DRS analizza i molteplici output delle 24 unita e restituisce due datacube, uno

contenente i valori e un secondo contenete gli errori su questi. Il software si occupa infine

di correggere le variabili spaziali, di lunghezza d’onda e di flusso per gli effetti atmosferici e

strumentali.

12

1.4 La galassia IC 5063

Figura 1.6: Immagine del nucleo in modalita RGB (circa 300x300 pixel).

La galassia IC 5063 e la galassia attiva analizzata in questa tesi. In base alle informazioni

contenute nel NASA/IPAC Extragalactic Database1, la galassia a spirale IC 5063 si trova a

circa 41.7 Megaparsec di distanza dal Sole. Essa si colloca nella costellazione dell’Indiano

e le sue coordinate equatoriali (J2000.0) sono 20h52m02.34s ascensione retta e declinazione

−57d04m07.6s. Con asse maggiore e minore nel cielo rispettivamente di 263 e 176 arcsec e

una magnitudine apparente nel visibile di 11 mag, essa non e osservabile ad occhio nudo. Le

sue dimensioni reali sono di 53 e 35 kpc e il suo redshift e di 0.011.

1http://ned.ipac.caltech.edu/

13

Capitolo 2

Analisi dati

2.1 Righe di emissione e procedura

Figura 2.1: Esempio di flusso specifico per un pixel nella regione centrale (unita: A e 10−20

erg · s−2 · cm−2·A−1).

Prendendo come esempio un pixel nella zona centrale si indentificano nello spettro i picchi

in figura 2.1. Grazie alla loro posizione relativa e possibile associarli a righe di emissione di

gas ionizzato. Queste si indicano con l’elemento chimico a cui appartengono e la lunghezza

14

d’onda di emissione, espressa in Angstrom, per un osservatore in quiete rispetto al gas stesso.

Facendo ancora una volta riferimento alla figura 2.1, si distinguono otto righe.

• Il gruppo [1] corrisponde a due righe di emissione proibite di S+3: [SII] λ6717, λ6731.

• La linea [3] e quella di mezzo del gruppo [2] corrispondono alle prime due righe della

serie di Balmer per l’idrogeno: Hβ λ4861 e Hα λ6562.

• Le rimanenti linee del gruppo [2] corrispondono a due righe proibite di N+3: [NII]

λ6548, λ6584.

• Le linee [4] e [5] corrispondono infine a due righe proibite di O+4: [OIII] λ4959, λ5007.

Una analisi approfondita di queste righe di emissione per ogni pixel del datacube viene

eseguita nelle sezioni successive. Viene effettuato un fit funzionale iterativo attraverso il

metodo dei minimi quadrati, supponendo che esse rispecchino una funzione di Lorentz.

L(x) =F

πγ

[γ2

(x− x0)2 + γ2

](2.1)

Dove il parametro x0 corrisponde al valore medio, F corrisponde al flusso totale e 2γ corri-

sponde alla FWHM (Full Width at Half Maximum). A questa forma funzionale viene anche

sommato un fondo continuo.

c(x) = axα + b (2.2)

Per l’esecuzione dei fit sono stati scritti una serie di script nel linguaggio di programmazione

Python, con l’ausilio delle librerie Astropy1 e SciPy2. Al fine di ottimizzare la procedura di

analisi, vengono adottati i seguenti accorgimenti:

1http://www.astropy.org/

2http://www.scipy.org/

15

• L’immagine iniziale di 320x319 pixel e stata tagliata e centrata a 280x280 pixel per

rimuovere i bordi irregolari, chiaramente privi di informazione.

• Le righe vengono suddivise in tre gruppi e per ognuno di essi viene eseguito un fit di

piu righe sommate ad uno stesso fondo.

• Quando possibile i parametri delle diverse Lorentziane vengono legati tra loro per

ridurre il numero di gradi di liberta e facilitare la convergenza del fit.

• Muovendosi nella griglia dei pixel il fit procede a spirale partendo dal centro. Per ogni

passo vengono utilizzati come parametri di partenza per il fit iterativo i parametri

ricavati dal fit del pixel precedente. I parametri di partenza del primo pixel della

sequenza sono stati ottenuti a mano.

• Nel caso il fit non converga per mancanza di una o piu righe, tutti i parametri asso-

ciati ad essa vengono considerati nulli. Nelle immagini la mancanza di convergenza e

segnalata da pixel neri.

16

2.1.1 Primo gruppo

Il primo gruppo e formato dalle righe [OIII] λ4959, λ5007 e Hβ λ4861. Ad ogni riga corri-

spondono tre parametri a cui vanno aggiunti i tre del fondo. I parametri delle righe vengono

legati secondo le seguenti relazioni.

γλ4959 = γλ50074959

5007(2.3) Fλ4959 =

Fλ5007

3(2.4)

x0,λ4959 = x0,λ50074952

5007(2.5) x0,λ4861 = x0,λ5007

4861

5007(2.6)

Le relazioni (2.3) e (2.4) sono valide perche le due righe a cui si riferiscono corrispondono

agli stessi ioni. La (2.3) segue dalla uguaglianza tra le due dispersioni di velocita, mentre

la (2.4) segue dalla uguaglianza tra il rapporto dei due flussi e il rapporto tra coefficienti

di Einstein. Per le relazioni (2.5) e (2.6) si e applicato l’effetto Doppler non relativistico

supponendo che ossigeno e idrogeno abbiano la stessa velocita.

I parametri indipendenti rimasti sono quindi γλ5007, γλ4861, Fλ5007, Fλ4861, x0,λ5007 e i tre

parametri del fondo. I valori dei due flussi e dei rapporti segnale rumore associati alle righe

corrispondenti sono rappresentati nelle figure 2.2 e 2.3.

(a) Valore (b) Rapporto S/N

Figura 2.2: Flusso della riga Hβ λ4861 (10−20 erg · s−2 · cm−2).

17

(a) Valore (b) Rapporto S/N

Figura 2.3: Flusso della riga [OIII] λ5007 (10−20 erg · s−2 · cm−2).

2.1.2 Secondo gruppo

Il secondo gruppo e formato dalle righe [NII] λ6548, λ6584 e Hα λ6562. Ad ogni riga corri-

spondono tre parametri a cui vanno aggiunti i tre del fondo. I parametri delle righe vengono

legati secondo le seguenti relazioni.

γλ6548 = γλ65846548

6584(2.7) Fλ6548 =

Fλ6584

3(2.8)

x0,λ6548 = x0,λ65846548

6584(2.9) x0,λ6562 = x0,λ6584

6562

6584(2.10)

Per le ragioni di queste relazioni si veda il caso analogo del primo gruppo di righe alla

pagina 17.

I parametri indipendenti rimasti sono quindi γλ6584, γλ6562, Fλ6584, Fλ6562, x0,λ6584 e i tre

parametri del fondo. I valori dei due flussi con i rispettivi errori sono rappresentati nelle

figure 2.4 e 2.5. Il valore della velocita della riga Hα λ6562 rispetto alla velocita media di

0.0112c e indicata in figura 2.6. La HWHM (Half Width at Half Maximum) in km s−1 della

stessa riga e rappresentata in figura 2.7.

18

(a) Valore (b) Rapporto S/N

Figura 2.4: Flusso della riga [NII] λ6584 (10−20 erg · s−2 · cm−2).

(a) Valore (b) Rapporto S/N

Figura 2.5: Flusso della riga Hα λ6562 (10−20 erg · s−2 · cm−2).

19

(a) Valore (b) Rapporto S/N

Figura 2.6: Velocita del gas ottenuta dalla riga riga Hα λ6562 (km s−1).

(a) Valore (b) Rapporto S/N

Figura 2.7: Dispersione di velocita del gas ottenuta dalla riga riga Hα λ6562 (km s−1). La

FWHM corrisponde al doppio del valore indicato.

2.1.3 Terzo gruppo

Il terzo gruppo e formato dalle due righe [SII] λ6717, λ6731. Ad ogni riga corrispondono

tre parametri a cui vanno aggiunti i tre del fondo. I parametri delle righe vengono legati

secondo le seguenti relazioni.

20

γλ6731 = γλ67176731

6717r =

Fλ6717

Fλ6731

x0,λ6731 = x0,λ67176731

6717(2.11)

Per le ragioni di queste relazioni si veda il caso analogo del primo gruppo di righe alla

pagina 17. In questo caso si noti come il rapporto tra i due flussi non sia determinato a

priori, ma venga utilizzato come parametro indipendente.

I parametri indipendenti rimasti sono quindi r, Fλ6717, x0,λ6731 e i tre parametri del fondo.

Il valore del rapporto r tra i due flussi e rappresentato in figura 2.8.

(a) Valore (b) Rapporto S/N

Figura 2.8: Rapporto tra i flussi delle righe dello zolfo [SII] λ6717, λ6731.

21

2.2 Efficacia del fit

(a) Primo gruppo (b) Secondo gruppo (c) Terzo gruppo

Figura 2.9: χ2 ridotto dei tre fit. Le regioni in rosso e bianco differiscono considerevolmente

dall’unita.

Per verificare l’adeguatezza delle forme funzionali considerate (2.1) e (2.2), si effettua il test

del χ2 punto per punto per tutti e tre i gruppi di righe.

χ2r(x, y) =

1

N − P

N∑i

(E(λi, x, y)− F (λi, x, y))2

σ2i

(2.12)

Dove la variabile λi scorre lungo i punti dello spettro interessati dal fit, E(λi, x, y) e il valore

atteso del flusso specifico, F (λi, x, y) e il valore effettivamente misurato e σi e l’errore su

quest’ultimo. I numeri N e P indicano rispettivamentemente il numero di punti e il numero

di parametri indipendenti estratti dal fit. N = 250 per i primi due gruppi e N = 170 per il

terzo, P varia da 8 a 6.

Il valore atteso per l’indicatore χ2r e 1 per ogni punto (x,y), mentre in figura 2.9 sono

rappresentati i valori ottenuti per i pixel di ogni gruppo. Nelle regioni centrali e chiaro che

la forma funzionale considerata non rispecchia con adeguata precisione i dati presi in esame.

Confrontando gli spettri del secondo gruppo di righe per un pixel della regione centrale ed

uno della regione esterna, risultano evidenti la mancanza di simmetria nel flusso delle righe

di emissione (figura 2.10) e la maggiore varianza del continuo (figura 2.11). Per una decina di

22

pixel e anche possibile osservare due picchi distinti corrispondenti ad una stessa riga (figura

2.12).

Per affrontare il primo di questi problemi, nelle regioni centrali (20 × 20 pixel) e stato

eseguito il fit con delle Lorentziane asimmetriche. Si noti comunque che la figura 2.9 prende

in considerazione anche quest’ultimo accorgimento, che risulta quindi inefficace nel ridurre

significativamente lo scarto tra la funzione attesa e quella misurata. La causa principale

delle irregolarita trovate e la risoluzione spaziale necessariamente finita. Essa fa in modo

che in uno stesso pixel siano presenti venti con velocita differenti. Nel caso del doppio picco

si hanno chiaramente due velocita discrete ben definite. Questo problema potrebbe essere

risolto utilizzando una somma di piu distribuzioni di Lorentz, invece di una singola.

Figura 2.10: Profili delle righe per un pixel della zona centrale (sopra) ed uno delle zone

esterne (sotto).

23

Figura 2.11: Rumore di fondo per un pixel della zona centrale (sopra) ed uno delle zone

esterne (sotto). Le ordinate e le ascisse sono espresse nella stessa unita di misura.

Figura 2.12: Esempio di righe con doppio picco presenti nella zona centrale.

L’unica conclusione certa che si puo estrarre per i punti con χ2r � 1 e che i dati di

partenza non rispecchiano le forme funzionali ipotizzate. Per verificare che i dati estratti dal

fit nei punti centrali rappresentino comunque flussi e valori medii delle righe considerate e che

quindi siano validi, si confrontano questi con valori estratti utilizzando solo i dati contenuti

nel datacube.

F2 =∑i

F (λi, x, y) · δλ (2.13)

24

λ =

∑i λi · F (λi, x, y)∑i F (λi, x, y)

(2.14)

Dove la variabile λi scorre lungo i punti principali di una riga identificati precedentemente

a mano. Si noti che in questa operazione non si e considerato il fondo continuo, che per i

pixel della zona centrale risulta trascurabile rispetto alla riga stessa.

Si effettua questa verifica per i flussi e i valori medii di [OIII] λ5007, [NII] λ6584 e Hα

λ6562 in due pixel della zona centrale in cui non sono presenti righe con piu picchi. I valori

ottenuti F2 e λ risultano sempre consistenti entro una deviazione standard σ con i valori F

e x0 estratti dal fit.

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Capitolo 3

Risultati

In questi capitolo vengono estratti i risultati finali dai prodotti dell’analisi dati. I limiti

principali di queste conclusioni sono quelli descritti nella sezione 2.2, in cui sono stati indicati

anche potenziali miglioramenti delle procedure adottate.

3.1 Rapporto tra i flussi di Hα e Hβ

Come indicato a pagina 8, e possibile utilizzare il rapporto tra i flussi delle righe Hα λ6562

e Hβ λ4861 e la differenza tra i valori di f(λ) a queste due lunghezze d’onda per risalire

alla costante AV che quantifica il fenomeno dell’estinzione. Qui si preferisce indicare il solo

rapporto r, perche esso puo avere anche altri utilizzi.

rH =Fλ4861

Fλ6562

(3.1)∆rHrH

=∆Fλ4861

Fλ4861

+∆Fλ6562

Fλ6562

(3.2)

I valori di rH e del suo errore ∆rH sono rappresentati nella figura 3.1.

26

(a) Valore (b) Errore

Figura 3.1: Rapporto tra i flussi delle righe Hβ λ4861 e Hα λ6562.

27

3.2 Densita elettronica

Come indicato a pagina 9, e possibile utilizzare il rapporto r tra i flussi delle righe [SII]

λ6717, λ6731 per ricavare la densita elettronica Ne. La funzione di taratura utilizzata, valida

per la temperatura T = 104 K, e la seguente (B. Proxauf, 2013).

log(Ne [cm−3]) = 0.054 · tan(−3.06 · r + 2.85) + 6.98− 10.69 · r + 9.92 · r2 − 3.54 · r3 (3.3)

Il valore di Ne cosı ottenuto e rappresentato in figura 3.2. La curva utilizzata (rappresentata

in figura 1.4) varia rispetto alla temperatura T e per questo motivo la mappa ottenuta e da

considerarsi altamente imprecisa, specialmente nelle zone centrali, dove per oggetti di questo

tipo le temperature coprono piu ordini di grandezza. In particolare, la mappa degli errori

tiene in considerazione come fonte di errore solo la propagazione della relazione (3.3) e non

la variazione della temperatura.

(a) Valore (b) Errore

Figura 3.2: Densita elettronica indicativa (cm−3).

28

3.3 Parametro di fotoionizzazione

Come indicato a pagina 10, e possibile utilizzare la luminosita intrinseca L(Hα) della riga

Hα λ4861 per ricavare il numero di ricombinazioni al secondo. Per misurare la luminosita

intrinseca dal flusso osservato si utilizzano i risultati della sezione 3.1. Si indica con F0

il flusso intrinseco, con rH il rapporto tra i flussi delle due righe dell’idrogeno, con T la

temperatura, con νHα la frequenza intrinseca di Hα, con AV la costante di estinzione e con

D la distanza della galassia. Non viene considerato l’errore su quest’ultima variabile perche

esso e sistematico.

10AV2.5 =

( rH2.86

) 10.856

F0(Hα) =F (Hα)

10AV2.5

f(λHα)(3.4)

L(Hα) = 4πD2 · F0(Hα) (3.5)

Dette αB e αeffHα le costanti di ricombinazione, si puo calcolare il numero di ricombinazioni

al secondo per l’idrogeno Q(H0), rappresentato in figura 3.3.

Q(H0) =L(Hα)

hνHα

αB(H0, T )

αHα(H0, T )(3.6)

F0(Hα) ∝ F (Hα) · rH−f(λHα)

0.856 ∝ F (Hβ)2.47

F (Hα)2.47−1(3.7)

∆Q(H0)

Q(H0)=

∆L(Hα)

L(Hα)=

∆F0(Hα)

F0(Hα)' 1.5

∆F (Hα)

F (Hα)+ 2.5

∆F (Hβ)

F (Hβ)(3.8)

Si utilizzano per le costanti i valori indicati di seguito.

D = 45 Mpc = 1.39× 1026 cm νHα = 4.569× 1014 s−1 f(λHα) = 2.1136 (3.9)

αB = 2.59× 10−13 cm3 s−1 αeffHα = 8.64× 10−14 cm3 s−1 (3.10)

29

Dette δθ la larghezza angolare del singolo pixel, d la sua dimensione e r la distanza

dal punto in cui viene emessa la radiazione ionizzante (ovvero dove si trova il buco nero

in accrescimento), si ricava il parametro di ionizzazione U(H), rappresentato in figura 3.4.

A causa dell’elevato errore relativo su Ne e Q(H), U(H) presenta in ogni pixel un errore

estremamente elevato.

d = δθ ·D U(H) =Q(H0)

4πr2Nec(3.11)

(a) Valore (b) Errore

Figura 3.3: Numero di ricombinazioni (1050 s−1).

30

Figura 3.4: Ordine di grandezza del parametro di ionizzazione.

3.4 Diagrammi diagnostici

Come introdotto a pagina 5, e possibile utilizzare i rapporti tra i flussi di alcune righe per

costruire i diagrammi BPT. In questa tesi ne vengono costruiti due diversi utilizzando i flussi

di Hβ λ4861, [NII] λ6584, Hα λ6562 e [SII] λ6717. Le curve di classificazione utilizzate

sono le seguenti (L. J. Kewley, 2006).

0.61/[log([NII]/Hα)− 0.05] + 1.3 = log([OIII]/Hβ) (3.12)

0.61/[log([NII]/Hα)− 0.47] + 1.19 = log([OIII]/Hβ) (3.13)

0.72/[log([SII]/Hα)− 0.32] + 1.30 = log([OIII]/Hβ) (3.14)

Le curve (3.12) e (3.13) sono rappresentate in figura 3.5 insieme ai punti corrispondenti ai

pixel con fit convergente. La curva (3.14) e invece rappresentata in figura 3.6. I punti al di

sopra delle due curve nel diagramma in figura 3.5 si identificano come appartenenti ad un

AGN e non ad una galassia in cui e in atto della formazione stellare. I punti compresi tra

queste due si identificano invece come compositi, in cui sono presenti entrambi i fenomeni.

31

Per quanto riguarda il diagramma in figura 3.6, i punti al di sopra della curva considerata

vengono identificati come appartenenti alle categorie di LINERs o Seyfert. Nel caso con-

siderato i punti sono tutti concentrati nel quadrante in alto a sinistra, da cui segue che la

galassia e appartenente alla classe di Seyfert. Dal risultato sulla dispersione di velocita della

sezione 2.1.2 e chiaro poi che la galassia appartiene alla classe di Seyfert II e non Seyfert I.

Nella figura 3.7 sono presenti le mappe dei pixel e le categorie a cui appartengono.

Nel calcolo dei rapporti non si e tenuto conto dell’estinzione descritta dalla relazione (1.6)

perche le distanze ∆λ tra le righe utilizzate in ogni rapporto sono trascurabili rispetto alla

scala con cui varia la funzione f(λ). Grazie ai risultati della sezione 3.1 e possibile estrarre

una stima del fattore massimo k che viene trascurato e verificare che esso non domini rispetto

all’errore medio del 10% che e presente sui rapporti del flusso.

λ1 − λ2 ' 102 A ⇒ ∆f = f(λ2)− f(λ1) ' 10−1 (3.15)

1 . 10C·∆fH . 10 ⇒ 0 . C . 1 (3.16)

k = eC·∆f ' 1± 10% (3.17)

32

Figura 3.5: Diagramma diagnostico BPT, l’errore medio di ogni punto e indicato in alto a

sinistra.

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Figura 3.6: Diagramma diagnostico BPT, l’errore medio di ogni punto e indicato in alto a

sinistra.

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(a) Rosso per regioni composite, verde per AGN. (b) In rosso regioni Seyfert.

Figura 3.7: Mappe delle regioni identificate dai diagrammi diagnostici.

35

Conclusioni

In questa tesi sono state analizzate delle osservazioni del nucleo galattico attivo situato

al centro della galassia IC 5063 per studiarne le proprieta. Mediante l’utilizzo di alcuni

script e stato effettuato un fit punto per punto dello spettro osservato, che ha permesso

di ricavare i flussi di alcune particolari righe di emissione. Lo studio di questi flussi ha

permesso di ottenere due diagrammi diagnostici, la mappa di velocita del gas contenuto

all’interno del cono di ionizzazione, il valore del parametro di ionizzazione e il valore della

densita elettronica.

I diagrammi diagnostici e la larghezza della riga Hα identificano chiaramente la galassia

come una Seyfert II in cui sono presenti regioni esterne con della formazione stellare in corso.

Questo risultato si basa solo sulle misure dei flussi e per questo e il piu affidabile tra quelli

trovati. Osservando i dati analizzati, il cono di ionizzazione e ben visibile. In particolare,

la distribuzione di velocita della riga Hα (figura 2.6) porta a concludere che l’asse del cono

non si trova nel piano perpendicolare all’asse di vista.

Il parametro di ionizzazione U e piu elevato nelle zone prossime al centro, dove e circa 1,

e diminuisce piu ci si allontana da esso, fino ad arrivare a 10−2. E possibile quindi identificare

a grandi linee la posizione del disco di accrescimento, dal momento che piu il gas e vicino alla

sorgente di ionizzazione, tanta piu radiazione ionizzante esso riceve. Per quanto riguarda la

densita elettronica Ne, essa e costante (circa 103 cm−3) nella regione coperta dal cono di

ionizzazione, pur essendo presente una leggera riduzione in prossimita del centro.

I risultati diNe e U sono meno precisi e meno affidabili dei risultati ottenuti dai diagrammi

diagnostici. Nel caso di U si sono addirittura trovati valori impossibili, maggiori di uno. In

generale, l’alto errore relativo su queste grandezze deriva dalla necessita di sfruttare un

numero maggiore di passaggi per trovarli. Per quanto riguarda la loro affidabilita, essa e

discutibile perche queste grandezze dipendono o dalla temperatura T , che non e possibile

estrapolare dai dati esaminati, o dalla distanza D, che per oggetti cosı distanti non e possibile

ottenere con precisione. Anche con una procedura di analisi piu elaborata sarebbe impossibile

eliminare questi fattori.

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Bibliografia

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