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SPECIALE CHIETI Periodico dell’Associazione di Volontariato Onlus VOCI DI DENTRO per promuovere la solidarietà a favore dei detenuti e per il loro reinserimento sociale Anno VIII Numero 19 - novembre 2013 Liberi di... Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale -70% Chieti. Aut. C/CH 068/2010

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Liberi di...

Nessuno ci può restituire la libertà,ognuno di noi è consapevole del fattoche solo l’espiazione della pena ci faràtornare liberi. Con questo lavoro ab-biamo voluto evidenziare la forza e lacapacità di una semplice penna unitaad un computer, ascoltando la vocedei detenuti. L’unica possibilità perun recluso di sentirsi libero è quelladi scrivere senza censure, la pennascivola via sul foglio e, distaccando lamente dal corpo, si oltrepassano grate,inferriate e mura di cinta, altrimentiinvalicabili, la scrittura ci fa sentireliberi, ci fa volare........

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uesto numero di Voci di dentro è un numerospeciale. E’ frutto di un esperimento comincia-to questa estate con la creazione di un gruppodi lavoro che, grazie alla direzione della Casa

circondariale di Chieti, ha potuto riunirsi in tutta auto-nomia in un locale dell'Istituto attrezzato con compu-ter, stampante e videocamera. Ma soprattutto è fruttodi una assunzione di impegno e responsabilità da partedi questo gruppo di "redattori" di Voci di dentro. Quat-tro le persone coinvolte: Giampaolo Brandi, Diego Buta,Joan Damir e Giuseppe Festinese che ogni giorno si sonodedicati alla realizzazione di questo giornale.

Giornale speciale dove i quattro hanno messo in campotutte le loro capacità: Brandi, forte delle sue esperienzegiornalistiche e informatiche acquisite prima di finire incarcere, ha fatto da guida e coordinatore; Buta e Damirrisultati primi classificati al corso di grafica e impagina-zione realizzato dalla Regione col progetto Petra, hannobattuto i testi e curato la realizzazione grafica; Festine-se autore di racconti e poesie e vincitore di alcuni premidi scrittura, ha dato via libera alla sua immaginazione.

Il risultato è questo lavoro che rappresenta molto di piùdi quanto appare a prima vista: non solo parole, non soloarticoli, non solo immagini o disegni, qui c'è la respon-sabilizzazione che nasce dalla fiducia e dalla speranza diun cambiamento. Per un domani diverso.

F.L.P

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“Era ancora buio, quando saltai giù dal mio letto a castello A piedi nudi atterrai sul pavimento ghiacciato, come un maldestro funambolo

I miei occhi non sentirono il bisogno di aprirsi del tutto Non mi serviva focalizzare le quattro mura che da tempo,forse troppo, tenevano in ostaggio il mio corpo.Infilai delle pantofole di plastica, unico modello consentitonel penitenziario in cui mi trovavoNon accesi la luce, per non disturbare il mio compagno di cellaCominciai a lavarmi, e divenni un contorsionista,viste le ridotte misure del bagno e la mia grossa corporatura Presi un fornello da campeggio e misi su il caffè.Per la prima volta dal mio risveglio,guardai attraverso le sbarre della finestrall mio primo pensiero fu rivolto ad una poesia di Giuseppe Ungaretti, M’illumino d’immensoPer pochi istanti contemplai le bellezze del mondo esterno, poi l’arrivo del caffè mi trasse di nuovo in arresto Il mio compagno di cella si svegliò accompagnato dall’aroma del caffè,e a me piacque pensare che anche per lui fu un gradito risveglio Dopo circa trenta minuti, il mio compagno di cella andò al lavoro,faceva lo scopino di sezione, ma una sezione distante da quella in cui ci trovavamo Quando l’assistente penitenziario richiuse la cella, io fui di nuovo solo, come un baule lasciato in soffittaGettai la solita occhiata alla cella, tutto era pulito ed in ordine, ogni cosa era al suo posto,ogni oggetto si presentò alla mia vista, come soldati davanti ad un capo di statoPresi tra le mani una maglia lavata il giorno prima, la piegai e la riposi, come una madre appoggia il suo piccolo in una cullaUna bandiera degli Stati Uniti D’America copriva quasi del tutto la parete più grande della cella Un poster, con un marinaio che bacia un’infermiera a Time Square,era appeso di fianco ad una piccola finestrella Un quadro, costatomi una dose di tabacco, e raffigurante un campo di grano,era appeso alla parete più piccola della cella Ma il poster che preferivo era appeso alla parete di fianco al mio lettoPer averlo avevo faticato molto, ma alla fine ero riuscito nell’impresa Uomini sospesi nel vuoto, durante la pausa pranzo a New York,foto in bianco e nero degli anni trenta, credoLavoratori a pranzo nel cielo, come angeli senza aliDa bambino vidi la stessa foto nella bottega di mio nonno. Chiesi a mio nonno cosa stessero facendo degli uomini al lavoro nel cielo,mio nonno disse: guarda con attenzione, non sono uomini al avoro, ma uomini sospesi nel vuoto,così come tutti gli uomini del mondo. Siamo tutti sospesi o in bilico, sempre alla ricerca di qualcosa,ma con lo sguardo sempre rivolto al cielo Forse in cerca della soluzione a quell’oscuro malessere,che da sempre abita l’uomo Tornato alla realtà mi tolsi gli occhiali,gli stessi occhiali che sin da bambino accompagnavano il mio viso Presi un lenzuolo, ne feci una robusta corda, e la legai alle sbarre della finestraTirai verso di me uno sgabello, ci salii sopra con la stessa naturalezza di un nuotatore che sale sui blocchi alle olimpiadiAvevo deciso, un salto, un solo salto e tutto avrebbe avuto fine Per l’ultima volta, guardai gli uomini sospesi nel cielo,pensai di nuovo a mio nonno Poi, feci il mio salto,non avevo ancora legato la fune al mio collo. Era solo una prova, una stupida prova Ancora una volta, guardai fuori dalla finestra,mi accorsi che il sole splendeva, era colmo di bianche nuvole come briciole di panePer un attimo mi parve di vedere degli uomini sospesi nel cielo Ma era solo un’illusione, una splendida illusioneContinuai a contemplare il tutto, e M’illuminai d’immensoun altro giorno ancora...

Giuseppe Festinese

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Sono giorni che dormo poco.Fisso il muro e penso. L’ansia disapere, la speranza di farcela aduscire da questo mondo paralle-lo,(dove se ci penso nonostante tuttoforse non ci sono finito per caso), laconsapevolezza che tutto si possa ri-solvere mi rende insonne , nervoso, in-sofferente. Riesco a dialogare poco, pre-ferisco stare da solo e allontanarmi da ciòche mi circonda. Isolarmi mi dà la possibilitàdi pensare per provare a capire il perché ditutto questo.Non ricordo chi abbia detto che nella vita a tuttoc’è un perché. Così io mi fido,e provo a dare unaspiegazione , a trovare un collegamento, un aned-doto che mi possa far capire cosa mai abbia fatto dimale, anche nel passato, per ritrovarmi in questoluogo, in questa situazione, in questo mondo. Pensoormai da giorni, esco poco, sono poco lucido, la mia menteè stanca di analizzare e non capire, cosi mi addormento efaccio un sogno Nel sogno vedo un poliziotto che dovrebbe far rispettare lalegge e invece, per fare un arresto, la infrange dichiarando ilfalso, e inguaiando un ragazzo. Questo ragazzo affida la suadifesa ad un avvocato incapace , che senza alcuna prova lo facondannare, allontanandolo da quello che ha di più prezioso, lafamiglia e gli affetti. Poi di colpo mi sveglio, mi guardo intorno edho come la sensazione che quel sogno sia reale, ora capisco... undubbio però mi rimane, anzi una domanda: ma i poliziotti, i carabi-nieri, gli avvocati, i cosiddetti tutori della legge non dovrebbero staredalla parte del bene, e non infrangere leggi a loro piacimento o per lorotornaconto? (Attendo con ansia una risposta). Intanto provo a riaddor-mentarmi per sognare ancora, magari in questo sogno finalmente la giu-stizia trionferà… beh forse chiedo troppo… Spero almeno di risvegliarminel mio mondo.

Diego Buta

IL SOGNO

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LA METARicominciare tutto da capo, me lo ri-

cordo come se fosse oggi. Con quel pen-siero uscii l’ultima volta dal carcere di Pe-

scara. Basta, troppe volte lo stesso errore,stavolta è quella giusta... questi i pensieri che

si ripetevano nella mia mente come un man-tra. Non è facile uscire o meglio rompere deter-

minati schemi mentali così ben radicati in noi. Cosìforti da non farci più distinguere cos’è costruttivo e

cos’è distruttivo per la nostra vita. Ora mi trovo perl’ennesima volta recluso: stavolta è il carcere di Chieti.

Poco importa, le regole sono le stesse, gli odori sonouguali, il suono prodotto dai cancelli che si chiudono è

uguale in tutte le carceri, il rumore delle risate, gli sguardidegli altri... tutto come sempre, dopo un po’ riesci a leggere

i pensieri degli amici dall’intensità del loro sguardo. A voltesono attento e tantissime altre volte sono completamente perso,

lontano da qui, dove la vita è futuro. Perché qui, in galera, c’è ilpassato e il presente, il futuro è qualcosa di opaco.

La rabbia deve lasciare il posto ad una lucida determinazione, anchese spesso un pensiero irrompe prepotentemente nella mia giornata

“proprio ora che c’ero riuscito”. Già perché stavolta è un definitivo del2008, una vecchia rapina: non sono stato arrestato per un vecchio reato.

E’ solo il mostruoso ingranaggio della giustizia che ti cattura, ricordan-doti che hai un conto aperto con lo Stato che cercherà di nuovo di stritola-

re la tua volontà. Pian piano cerco di trovare la forza per regolare il respiro,devo restare calmo e concentrato, “ho un obbiettivo da raggiungere a tutti i

costi”. Non importa… penso che sia nocivo rinchiudere una persona che ha scel-to un’altra strada, che si è incamminato sulla retta via, senza delinquere, dopo

aver evitato di sbagliare per anni e soprattutto per un reato quasi del tutto espia-to, ma non importa, cerco di escludere dalla mia mente pensieri contorti, so quanto

possano essere pericolosi. “Ho un obbiettivo da raggiungere”. Uscirò anche da que-sto carcere esattamente come l’ultima volta, col medesimo pensiero, ricominciare da

capo, senza lasciarmi trascinare dalla rabbia o farmi ammaliare dalla sicurezza che ti dàuna strada più facile: delinquere. ”Ho un obiettivo da raggiungere”.

Remigio Santarone

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L’orto di Mamadou8

orto di Mamadou è il posto in cui mi perdoMi trovo in carcere, un carcere come tutti gli altri Un carcere a cui hanno dato un nome Un nome che io non faròPerché per me il carcere, è carcere e basta. Mamadou è un ragazzo della Costa d'Avorio.

Nello spazio riservato all'ora d'aria, c'è un piccolo campo di bocceNessuno lo usa, credo che i detenuti abbiano altro a cui pensarequindi molto spesso, il piccolo campo è vuoto.Non è asfaltato, ma pieno di piccoli sassi, che il tempo e i passi di migliaia di uomini hanno trasformato in sabbia, una sabbia umida, forse ogni singolo granello è una lacrima cadutache mescolatasi alle altre, ha formato un tappeto di rimpianti.

Ogni giorno Mamadou si avvicina con il suo piccolo secchioalla fontanella posizionata a un angolo del piccolo campo Guardandolo ho in mente un ragazzino in spiaggia, al suo primo bagnoDopo aver riempito d'acqua il suo secchio si dirige verso il campo di bocceCampo di bocce? Parole che per lui non hanno significatoquello che ha di fronte è solo il suo piccolo orto.

Seguo con molta attenzione i movimenti della sua manoLancia acqua sul campo, che sembra aver preso vita.I suoi gesti mi ricordano quelli che fa Giovanni Allevi prima di suonareNon vedo né sento le decine di detenuti che ci girano intorno.Io e Mamadou siamo come spariti, come inghiottiti dal suo piccolo orto.

Non so cosa abbia fatto Mamadou per trovarsi in carcere né tantomeno so se capisca bene quello che fa.So soltanto che quando Mamadou cura il suo piccolo orto sembra felice.E guardandolo lo sono anche io.

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È per me un immenso piacere perdermi nell'orto di Mamadou e dimenticare per poco tempo quello che sonoe dove mi trovo realmente.O forse è semplicemente un ritrovarsi.

Ho provato a parlare con Mamadou, nessuna rispostacredo che non sia interessato a fare quattro chiacchiere.Molte volte mi è capitato di incontrare nelle carceri persone speciali come Mamadou,ma ero giovane e stupido e pensavo soltanto: quello è matto.Ma oggi guardandomi intorno mi chiedo: chi è il matto fra tutti noi? Mamadou? Oppure noi altri, sempre in cerca di guai, sempre a chiedere favori,sempre a dare giudizi, sempre a lamentarci, a chiedere ore di colloquio in più, celle più comode, senza mai fermarsi, e chiederci:perché dovremmo avanzare pretesedopo tutto il male e gli errori commessi?

Credo che la risposta sia molto semplice:crediamo che la colpa sia di genitori non preparati,dei posti in cui siamo nati.Addirittura ci professiamo atei, ma poi cerchiamo tra le nuvolequalcuno a cui dare la colpa.

Forse l'unico che ha accettato di pagare, per aver trasgreditoalle regole, è proprio Mamadou,che continua ad annaffiare il suo piccolo orto e, forse, comincio a farlo anche io.

Giuseppe Festinese

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a mia prima esperienza nell’ambito del mondo dellavoro risale all’aprile del 2005: all’epoca malgra-do la riservatezza e la discrezione fossero la miaetichetta ero lo studente più popolare del liceo,tutti mi notavano e mi consideravano un guru inascesa, provenivo da una famiglia che si aspetta-va da me l’eccellenza e quindi ero diventato alta-

mente competitivo ed ambizioso. Dopo alcune paren-tesi e stage estivi come assistente nella più celebre radionewyorkese Hot97 a servizio dei Dj più quotati del pia-neta, rientrato in Italia ho cominciato una sofisticata ecapillare opera di networking all’interno dell’industriadiscografica che mi ha dato l’opportunità di confron-tarmi, di interagire e di lavorare sempre in ottimi grup-pi composti da altri giovani dinamici, orientati al risul-tato e interessati al successo. Dopo alcuni incontri e una visita lampo negli uffici delnetwork radio televisivo rtl 102.5 a Milano, sono statoingaggiato presso l’ufficio programmazione musicaleper occuparmi del concept e della playlist del programma“Hip Hopera”. Non partecipavo a riunioni e non ero fi-sicamente in radio poiché tutto il lavoro lo svolgevo di-rettamente da casa via rete. Tutta la musica trasmessadalla radio è scelta dall’ufficio programmazione musi-cale che si occupa di decidere per quante volte e in qualesuccessione saranno messe in onda le canzoni: media-mente passano sei brani l’ora. I pezzi musicali più suo-nati vanno a comporre la cosiddetta heavy rotation:nel mio caso, inviavo il prospetto e le idee sul programmaintegrato con la playlist al responsabile dell’ufficio pro-grammazione della fascia serale tre giorni prima dellamessa in onda con il vantaggio di poter modificare lascaletta anche un minuto prima dell’inizio dello show. Questo impiego ha rappresentato per me una rivolu-zione e ha contribuito a rinvigorire la mia determina-zione. Non avevo partecipato a nessun bando e nonbeneficiavo di nessuna particolare raccomandazionema ero entrato di diritto nell’industria dell’intratteni-mento radio televisivo con un approccio molto velocee disinvolto tanto che i miei amici e la mia famiglia noncredevano ancora o non capivano forse fino a quandonon mi hanno dovuto accompagnare in banca per apri-re un conto corrente fiduciario dove accreditare i mieistipendi. Ad oggi mantengo ottimi rapporti con tuttolo staff di RTL 102.5 che mi ha accompagnato in que-sta fondamentale esperienza e rivederli nelle vesti dimanager e presentare il loro singolo in esclusiva nel2009 è stata una grande soddisfazione… ma questa èuna altra storia che appartiene all’almanacco delle miegiovani glorie che snocciolerò nei numeri a seguire.

Gianpaolo Brandi - Chieti

PASSANDOPER LA

RADIO

LDENTRO LA DISCOGRAFIA

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er carità, se dovessimo coniugare il progresso elo sviluppo ibrido del terzo millennio con la de-bacle di alcuni dogmi delle religioni millenariein un assurdo paradigma tra uomo, fede e scien-za, assisteremmo certamente a esternazioni dipanico, turpiloqui e imprecazioni contro il pro-

gresso di una umanità sempre più saggia e consa-pevole. Se invece di chiuderci con misteriosa natu-ralezza nella jungla dello scibile umano ci immergessimoin un clima di informazione e di confronto gioviale,al contrario si potrebbero cogliere le traiettorie mul-tiformi che stanno rimodellando le teorie di pensie-ro e gli stili di vita delle nazioni di tutto il mondo. Ledoppiezze e le inconcludenze di certi retaggi cultu-rali fuori dalla realtà ma tuttora radicati nella socie-tà faticano ad integrarsi con l’innovazione, come sela modernizzazione invece di fungere da cerniera trapassato presente e futuro avesse creato una vora-gine invisibile negli ingranaggi della civiltà contem-poranea. Il punto di partenza opposto è un pregiu-dizio molto comune, la tecnologia ci rende più pigrie stupidi; di fatto con l’arrivo di Internet prima e deisocial network dopo, la metamorfosi digitale è di-venuta più veloce ed articolata e non tutti hanno im-parato a stare al passo con i cambiamenti .

Quando una generazione è a corto di idee, e accadedi frequente, ricorre a due parole magiche: colpe epassato, a cui spetta il compito di sedare e lenire glieffetti dell’impatto delle realtà che si evolvono. Levelocità sempre più alte e il dinamismo sempre piùparte integrante della vita degli uomini del terzo mil-lennio sono alla base del trionfo di Internet e quiviene il nodo; una interpretazione idilliaca e ottimi-stica conferma il trend positivo della diffusione dellarete che ha aperto l’enorme prateria della comuni-cazione dove la parola è veramente libera di pasco-lare e di amalgamarsi nei pensieri di persone distantinon solo territorialmente ma anche culturalmenteed ideologicamente. Il volto del potere di Internetoggi è tanto invisibile quanto incontrastabile e nonaccenna ad arrestarsi ed è proprio questo poteregenerato dalle interazioni delle connessioni e deidati delle persone di tutte le nazione a far gola aigoverni sornioni e alle corporation, che puntano adominare il settore delle telecomunicazioni e di con-seguenza il contenuto e le informazioni di milionidi utenti per scopi tuttora celati da protocolli se-gretissimi.

G.B.

PENSIERI, LIQUIDI,EQUILIBRI

TECNOLOGIE

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Il futuro dell’editoria tra tradizione e evoluzione

a rivoluzioneper l’editoriaalternativaalla carta stam-pata è comin-

ciata. I testi elettronici so-stituiranno la carta cilibereranno le case dallemonumentali enciclopediee di più, ci faranno portarein vacanza i nostri libri pre-feriti nei nostri tablet e so-prattutto ci daranno accesso atutti i giornali del mondo senzasradicare le foreste e quindi conzero ripercussioni per l’ecosi-stema mondiale. La conferma congrande onestà intellettuale vieneanche dalle riforme messe in campodal Ministero dell’ Istruzione ita-liano sempre più orientato a segui-re il trend internazionale che ha datempo adottato l’ingresso dei devi-ces tecnologici in sostituzione dei testiscolastici per alleggerire il carico sullespalle degli studenti ed abbattere i costid’accesso allo studio e agevolare cosìle famiglie con più figli in età di appren-dimento. Come affermano gli addetti al-l’editoria però almeno per ora il fenome-no è frenato a causa del digiuno digitalein alcuni apparati statali e da una resisten-za tutta italiana all’innovazione. La carta ri-mane quindi un formato largamente utiliz-zato per la lettura nel bel paese dove per orai fogli elettronici si ritagliano una modalitàcomplementare ma in forte ascesa. Questa di-screpanza con il resto d’Europa rappresenta unulteriore indice significativo di disuguaglianzaperché mentre nel nord Italia le statistiche atte-stano una iperattività e confidenzialità con i nuovistrumenti di lettura superiore alle medie euro-pee, il sud fa registrare una certa refrattarietà ecriticità verso i libri in formato non tradizionale.Sta di fatto che l’informazione e l’istruzione e tuttisottogruppi di queste due categorie hanno spon-taneamente tracciato il sentiero di promulgazionepiù fruibile ed in grado di stimolare la mente del-l’uomo del terzo millennio che si spera continui adevolversi in modo omogeneo in tutti gli angoli dellaterra.

Giampaolo Brandi

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ick D’Aloisio, diciassette anni, è un giovane nerddi Wimbledon appassionato di tecnologia che haappena siglato un affare multimilionario con ilcolosso della rete Yahoo ed è quindi stato inclu-

so di diritto dalla rivista Forbes nell’albo dei trenta imprendi-tori under trenta degni di attenzione. A differenza dei suoi coe-tanei che come lui sono cresciuti a base di codici informatici,software di programmazione e start up, questo ragazzo hasaputo lucrare in maniera positivamente precoce dalla suaanalitica e ossessiva passione per il mondo virtuale. I para-goni con Mark Zuckeberg fondatore di Facebook non sisono fatti attendere ma nella galassia di Internet lo spa-zio è infinito e D’Aloisio non pare avvertire la pressione.D’altronde a un adolescente diventato autodidatta nelcampo della codificazione informatica a soli dodici anni,e che ora per le sue idee e per le sue consulenze sullasocial economy è corteggiato da leader del settore dilevatura internazionale del calibro di Rupert Murdoch,ci vuole ben altro per smuoverlo e scuotere il suo ca-risma. Slummy questo il nome della fortunata ap-plicazione sviluppata dal neo genio dell’informati-ca poggia il suo funzionamento su un algoritmoche sintetizza le notizie e abbrevia i risultati dellaricerca effettuata sul motore di ricerca indiriz-zandoli esclusivamente sul campo d’azione in-dicato e mostrando agli utenti solo i risultati per-tinenti e collegabili a quanto espresso nellarichiesta, una app intelligente pensata per ifruitori del web che navigano sulla rete ma in-tendono risparmiare tempo e byte esigendodai motori di ricerca risultati mirati senzadover impelagarsi in interminabili processidi selezione manuale. D’Aloisio non è af-fatto impressionato dalla sua clamorosaascesa nel business della internet econo-my e dai lauti guadagni ricavati sin d’oraanzi sembra sempre più concentratosulle sue applicazioni e a convogliarenelle sue creazioni servizi integrati dipiù ampio respiro pratico e immedia-to. Per quanto riguarda la scuola si èpreso un anno sabatico ma continuai suoi studi di matematica, fisica efilosofia e ha da poco iniziato a ci-mentarsi con il russo e il mandari-no mentre per il futuro, a coloroche glielo chiedono, dice che vor-rebbe frequentare corsi di poli-tica e economia a Oxford.

G.B.

MINORENNE&

MILIONARIO

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el 1975 Gozzini prova a dare una svolta almondo carcerario, inserendo la riforma degliattuali “permessi premio”, liberazione an-ticipata e pene alternative. Il politico cosi fa-cendo ha responsabilizzato di più il detenu-to, limitando rivolte che spesso sfociavanoin omicidi all’interno della struttura carce-

raria. Chi avrebbe mai detto che quasi dopo 40 anni da que-sta riforma, il popolo detenuto, da lupo, si sarebbe trasfor-mato in agnellino. Per scendere più sullo specifico, abbiamointervistato uno dei tanti detenuti che stanno scontandoquasi un ergastolo ostativo, per privacy non diciamo il nomeDomanda: In che anno sei stato arrestato e com’ era allorail carcere?Risposta: Sono stato arrestato nel gennaio del 1992 ed ilprimo carcere che mi ha ospitato è stato quello romano diRegina Coelii. Allora non esistevano ancora reati ostativi, ederavamo tutti rinchiusi nello stesso braccio: mafiosi camorri-sti, ndrangheta, e detenuti comuni; questo fino a giugno1992.D: E cos’e’ successo nel giugno del 1991? R: C’è stato l’attentato al giudice Giovanni Falcone e alla suacompagna. D: Pr quale ragione ed in che modo questo ha cambiato ilcarcere? R: Premesso che l’Italia in quel periodo era senza presiden-te della repubblica, dopo il fatto si affrettarono ad eleggerel’allora Senatore Oscar Luigi Scalfaro. Il carcere da quel mo-mento subisce un radicale cambiamento, con leggi d’emer-genza e con i famigerati articoli 416, 416 bis, 41 e 41 bis.D: Queste quattro leggi che conseguenze hanno portato allapopolazione detenuta? R: Questi 4 articoli hanno selezionato i detenuti, eguagliandocosi l’associato ad un terrorista.D: È stato solo questo a modificare la quotidianità nel car-cere?R: Assolutamente no, anzi questa è stata solo la goccia cheha fatto traboccare il vaso e che ha portato il detenuto nonsolo a perdere la propria libertà ma anche la propria dignitàpur di ottenere benefici. D: Quindi la legge del 1975 ha portato o no benefici al car-cerato?R: Certo e anche tanti, ma allo stesso tempo ha portato di-verse conseguenze: un detenuto si riduce ai minimi termini,mettendo da parte orgoglio e dignità, vivendo in 67 mila afronte di 43 mila posti disponibili. Altra conseguenza non ul-tima per ordine di importanza, è l’esiguo rapporto tra ope-ratori trattamentali (educatori, medici, assistenti sociali, psi-cologi, psichiatri e agenti di custodia) e detenuti. D: Stiamo sentendo parlare quotidianamente di approva-zioni legislative riguardo lo sfollamento degli istituti peni-tenziari: che ne pensi?R: Non serve a nulla fare leggi su leggi già esistenti, fino ache non si elimina il fatto che tutto è “a discrezione del ma-gistrato”. Ad esempio, nel 2010 l’allora ministro della giu-stizia Alfano, con un decreto legge emanò un altra misuraalternativa, l’attuale 199. Ebbene, in due anni sono usciti 8mila detenuti anche se l’applicabilità poteva apportare be-neficio ad un numero maggiore di detenuti.D: Quali suggerimenti daresti all’attuale ministro della giu-stizia? R: Togliere la discrezionalità al magistrato di sorveglianza erendere esecutive le misure alternative già esistenti.

Responsabilizzazione,

una veraillusione per i carcerati

in/giu

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ono passati ormai 15 mesi dal mioarresto, e dalla conseguente car-cerazione avvenuta a Chieti il18/04/2012. In questo lungo pe-riodo ho avuto molto tempo perpensare e guardare attentamen-te la vita e la quotidianità dei de-

tenuti, ed una domanda mi è parsa spontanea: valedavvero la pena delinquere a qualsiasi livello per poifinire in posti come questi? L’illusione di una vitaagiata senza problemi di alcun genere vale davve-ro la libertà? Far uso di stupefacenti anche solo pergioco per passare una serata diversa senza essere co-scienti, e magari commettere errori irreparabili, valedavvero tutto questo?In questo luogo dimenticato da Dio non è tanto l’es-sere reclusi in sé per sé che pesa comunque come unmacigno, che ti porta all’esasperazione, ma l’essereprivato delle vere gioie della vita, come i propri af-fetti, la dignità di uomo, e la libertà di pensiero. Ilcarcere ti distrugge non tanto fisicamente , ma men-talmente. Sì, gli orari del passeggio, gli orari del vitto,gli orari della conta... ti rendono un automa. Ho vistopersone condannate a pene lunghe diventare ma-niaci, li vedi ripetere le stesse azioni, gli stessi gestisenza pensare, così per abitudine, vanno avanti e in-dietro per i corridoi senza guardare e parlare connessuno, li guardi negli occhi e vedi il buio, hannoperso la felicità, la voglia di combattere, di vivere,sono persone sole che hanno perso fiducia e spe-ranza. Lo stare a contatto con individui poco colti,che affrontano solo argomenti riguardanti leggi peruscire, che parlano solo di droga, furti e quant’al-tro concerne il delinquere, li ha resi apatici, para-noici. La convivenza forzata spesso ti porta a essereprevenuto, vedi persone fissate per la pulizia, li vedilavarsi le mani migliaia di volte al giorno, ogni voltache toccano qualcosa; altre “fissate” per la cucina.Il carcere ti toglie l’improvvisazione, ti toglie la fan-tasia, il carcere ti ristruttura.Oggi dopo aver visto tutto questo, posso dire che ilgioco non vale la candela, nessun agio nessuna for-tuna fatta illegalmente possono valere la privazio-ne di veder crescere i propri figli, di poterli educare,di poter condividere con loro le gioie della vita, dipoter decidere liberamente gli orari e la program-mazione della propria giornata, di poter abbraccia-re la propria compagna nei momenti bui della vita.Se il rovescio della medaglia è ciò che io ho visto inquesto periodo di carcerazione, consiglio a tutti divivere la propria vita a qualunque livello sociale edeconomico essa sia, fieri ed orgogliosi di esserne pro-tagonisti senza farsi travisare da false illusioni e fu-tili traguardi.

Diego Buta - Chieti

L’altra fa

ccia

della medaglia

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La sciagura delle carceri e le ipotesi di cle-menza ispirate dagli ammonimenti delcapo dello stato sono ar gomenti che bre-vettano incertezze sia nelle dottrine dellecompagini politiche che nel poliedricocollet- tivo sociale maggiormente espo-sto che ne trarrebbe un giovamento im-mediato e diretto. Cio che fa grande unpopolo non sono le leggi bensi gli uomi-ni e nel mosaico della politica in cui lamancanza di serieta e diventata una spe-cialita nostrana tra incertezze e contesefuribonde dilagano le emergenze ren-dendo ancora piu opaco il clima delle lar-ghe intese. Ormai l’irrisolutezza della clas-se dirigente di questo paese e ben notaanche fuori confine ma e il tema giusti-zia ci distingue particolarmente dal restodei paesi evoluti che agli slogan di ci- vilta a differenza nostra fanno seguire tecni-che e provvedimenti legislativi all’altez-za dello status ostentato. Il monito di Stra-sburgo che incombe sull’Italia come laspada di Damocle che minaccia di decol-larci mentre sullo sfondo continua ad aleg-giare il “problema” Berlusconi che fa daalterego alla umiliante ed ineludibile si-tuazione carceraria ci deve far dire gra-zie all’Europa che ha riportato tutti allaloro coscienza. Siamo davanti ad una gran-de sfida anche culturale perche se i par-titi hanno distrattamente pensato che lecose si sistemassero da sole stigmatiz-zando il fenomeno del sovraffollamentoper decenni ora che l’intera comunita eu-ropea che da prima aveva solo caldeg-giato interventi mirati a sanare la situa-zione disperata delle carceri ma che dopouna sentenza della Corte dei Diritti del-l’Uomo ha formalmente fissato come sca-denza il prossimo 14 Maggio 2014 per in-dividuare espedienti volti a risolvere lacongestione delle carceri pena salate san-zioni tributarie, gli intellettuali hanno co-minciato a riflettere sulla dignita e l’uma-nita delle rappresentanze delle istitu-zioni sempre meno attente ai bisogni ealle ansie sociali ponendo l’accento sulfatto che se la politica oggi e alle presecon numeri, proiezioni e prove tecnichedi amnistia e indulto e per una mera que-stione economica ovvero evitare le multegia quantificate dal guardasigilli in sva-riate centinai di milioni di euro che ag-graverebbero a dismisura l’inquietantescenario economico del paese. Intantomentre le commissioni giustizia di came-ra e senato sono a lavoro per esaminarele proposte legislative noi detenuti au-

spichiamo che questa sia l’occasioneper interessarsi al tema giustizia conpiu perizia, umanita emeno cinismo perche il vero nodo daslegare e quello della sensibilita e del-l’informazione dei governanti che sioccupano degli affari pubblici e dellagente comune che dovrebbe recepiree ragionare sul problema delle carceririconoscendo i noi detenuti non unacategoria di persone bensì nuomini conun passato, un presente ed un futuroche si lega e si fonde con la societa incui hanno commesso i reati. La granmaggioranza di noi detenuti reclamia-mo e invochiamo con speranza l’amni-stia perche riconosciamo nello stato lamassima rappresentazione di giustizia,equita e legalita per la salvaguardiadella comunita, lo stesso stato che cista trascurando e abbandonando mo-strando il peggior lato di se. Nelle car-ceri la tristezza e la sfiducia per le isti-tuzioni e palpabile e si tratta di una sen-sazione devastante difatti constatareche i governanti sono gli artefici di que-sto castigo avvilente che si protrae comeun regolamento di conti o una rivinci-ta dolorosa arreca danni inqualificabi-li nelle menti di ogni singolo detenutoche la subisce. L’Europa ci ha messo die-tro la lavagna ora speriamo che all’in-dignazione segua un rapido dibattitoche porti la politica a compiere il pro-prio dovere impellente dinanzi al mal-funzionamento cronico del sistema giu-stizia e del degrado civile italiano.

Giampaolo Brandi

ome al solito ci troviamo a par-lare del problema delle carceri,tenendo conto che il disagiomaggiore riguarda più nello spe-

cifico la giustizia. L'input l'abbiamo avutodal messaggio del Presidente delle Repub-blica inviato a Camera e Senato. Messaggiodai toni molto decisi e perentori che vole-va portare i politici alla riflessione, ma comedi consueto questi ultimi non hanno fattoaltro che alimentare le critiche più esaspe-rate. Nel cosiddetto governo a larga intesariscontriamo tutto tranne che un intesa, edora ne spieghiamo il perchè. Alcune fazio-ni da sempre contrarie a qualsiasi provve-dimento di clemenza hanno alzato la vocecon critiche piuttosto pesanti e alquanto in-fondate, senza dare alcuna contropropo-sta valida. Altre, come al solito, hanno di-mostrato la loro opposizione a qualsiasi tipodi dialogo, ponendo la discussione in partefavorevole ma solo ed esclusivamente perinteressi personali, e nell'altra esprimendopareri solo in base ai sondaggi. Bisogna tener conto che per risolvere il veroproblema, alleggerire la situazione carce-raria, c'è bisogno di tempo, denaro, rifor-me e dulcis in fundo persone qualificate,come si sono dimostrate sia l'ex ministro Se-verino sia l'attuale ministro Cancellieri. Que-

AMNISTIA :tra misericordia,decoro e convenienza

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Non servono quelli che voi chiamateatti di clemenza, ma servono alle ge-nerazioni future delle carceri umanecon personale ed operatori qualificati,pronti ad ascoltare ogni singola storia,operatori che non offrano mille riedu-cazioni, ma una rieducazione singolaed unica, perché ogni uomo è singoloed unico. Quando dico generazioni fu-ture, mi rivolgo a tutti quelli che fini-ranno in carcere, perche ci saranno sem-pre uomini che trasgrediranno alleregole, e finiranno in posti squallidicome le carceri. Quindi cominciate apensare ad altro, pensate a come si pos-sano in senso buono sfruttare le capa-cità di ogni individuo recluso, pensatea come far vivere in modo dignitoso unessere umano, qualunque sia stato ilsuo errore; riunitevi per una soluzioneal problema carceri definitiva. Con lasperanza di non dover sentire ancora,tra qualche anno, le solite parole: so-vraffollamento, condizioni inumane,celle troppo piccole. Cercate di mettervi realmente d’accor-do senza preoccuparvi se appartene-te ad una corrente piuttosto che adun’altra, qui c’è bisogno di una solu-zione punto e basta. Sono stato da de-tenuto in molte delle carceri Italiane,ho avuto la sfortuna di incontrare edu-catori che andavano rieducati, ho fre-quentato, ma solo per poco, corsi sco-lastici che i vari istituti offrivano e doveti davano un diploma senza sentire, daparte dei docenti, la necessità di fartirealmente imparare. Però ho anche in-contrato docenti che mi hanno datomolto, sia sul lato didattico che dal latoumano ed è proprio per questo che con-

tinuo a chiedermi: per quale oscuromotivo le carceri italiane sono una di-versa dall’altra? Addirittura possonocambiare le regole da sezione in sezio-ne in un unico carcere, cosa che non do-vrebbe accadere nemmeno in una casacon i propri figli, figuriamoci in un car-cere. Credo che l’Italia debba seguire l’esem-pio di altre nazioni europee, dove le re-gole sono come una sorta di dieci co-mandamenti, e tutti devono seguirle.Parlo per esperienza personale, ho scon-tato 3 anni in un carcere tedesco, misono state spiegate le regole una voltasoltanto, eppure ho girato molti isti-tuti, ma quando entravo in matricolae sapevano che arrivavo da un altro isti-tuto, mi dicevano che non c’èra biso-gno di spiegarmi di nuovo le regole in-terne, perché già altri avevanoprovveduto a spiegarmele. Non ho maivisto nelle carceri Italiane una così per-fetta organizzazione, così come ho po-tuto vedere nelle carceri tedesche. Pre-ciso che la mia non è un’esaltazionedella Germania, è solo la mia esperienzaa farmi parlare così. Quindi vorrei chiu-dere lanciando un appello a tutte le isti-tuzioni: provate per un attimo a pen-sare cosa significhi per un detenutoentrare in una delle nostre carceri edessere continuamente confuso da di-rettive comportamentali sempre di-verse, essere trattato come un sempli-ce numero, vivere covando odio erancore verso tutto e tutti, impararetecniche di aggressione, andare in cercadi branchi di lupi a cui aggregarsi, vistoche sono le uniche opportunità di so-cializzazione.Vorrei anche puntualizzare che per for-tuna non è cosi in tutte le nostre car-ceri, ma vorrei che tutte le nostre car-ceri fossero un unico modello. Vorreinon sentire che a Bollate ci sono corsidi cavalli e lavoro e che in un altro isti-tuto invece si sta in dieci in una cella dadue. Vorrei non sentire che a Rebibbiaci sono corsi teatrali, che fanno un filmche vince dei premi molto importanti,e che in un altro istituto invece un de-tenuto è costretto a lavarsi due voltea settimana. Insomma, vorrei istitutie basta, tutti con le stesse occasioni peri detenuti, che possano scontare unagiusta condanna perche è giusto chesi paghi, ma fate in modo che il carce-re possa realmente servire a qualcosa,fate in modo di offrire “un servizio”serio e rieducativo, così se un detenu-to delinque ancora, saremo sicuri dinon essere i soli colpevoli.

Giuseppe Festinese

st'ultima è stata criticata moltissimo per ilpacchetto di misure alternative presentatoa settembre, bollando addirittura le misu-re come "svuota carceri". Ma come si puòdefinire un pacchetto "svuota carceri" se,con i dati alla mano, non ha permesso a nes-suno di uscire? Questi sono semplicementedecreti legge che provano a regolare l'en-trata negli istituti di reclusione. Sicuramenteamnistia e indulto possono essere un otti-mo metodo per risolvere il problema car-cerario ma solo se preceduto da una seriedi misure alternative. Tecnicamente par-lando queste misure potrebbero essere l'in-nalzamento a 4 anni per l'affidamento aiservizi sociali e alla detenzione domicilia-re, tenendo conto dei reati, e alla conces-sione di 60 giorni a semestre per la libera-zione anticipata, snellendo le praticheburocratiche affidate ai tribunali di sorve-glianza, convogliando ai giudici di sorve-glianza determinati procedimenti di con-cessione di pene alternative, come è statogià fatto con la 199, legge che permette inun tempo di 45 giorni di avere risposta. Nellasperanza che questa bomba mediatica noncrei false illusioni alla popolazione dete-nuta per non sprofondare poi nella miseraquotidianità della vita carceraria.

Toni D’Ingiullo e Vito Pagano

L’amnistia?Tenetevela pure

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Giustizia, antipolitica: questa è l’au-tentica espressione della confusione di-sciplinata da una magistratura che muoreincapace di dare risposte e soluzioni adun problema interno e che viene sostitui-ta da un intreccio perverso di interessi set-toriali e micro settoriali rispondenti ai biso-gni delle varie caste gelose e superbe del proprioruolo. L’ampiezza e la diffusione di queste vi-cende minaccia l’intera società sottraendo fiato,spazio e risorse alle molteplici questioni di carat-tere importante che mantengono il paese in bili-co. La vita politica, la diplomazia e la magistraturadi questa epoca sono un juke box di banalità che rac-colgono proseliti ingabbiando e influenzando gli igna-ri cittadini i quali vivono tra mille difficoltà sbaglian-do e pagando anche per coloro che sono gli artefici e iresponsabili di questa vulnerabilità. D’altronde i fessi inItalia sono gli onesti che per pudore o modestia nascon-dono o ignorano di esserlo e proprio in virtù di questo con-cetto la storia ci insegna che sono pochi i beati immuni algiudizio giusto.

La trattativa tra lo Stato e la mafia è uno degli argomenti chetengono banco nel calderone delle notizie che maggior-mente richiama la stampa estera a riflessioni poco edifi-canti verso la repubblica italiana. Considerando il temache spesso riemerge preponderante sulle cronache mon-diali ho deciso di soffermarmi sui moduli di una giusti-zia cinica ed insolente che si lascia infagottare da cor-renti di poteri di circoli estremisti. Di fatto il susseguirsidelle ingerenze della magistratura nei programmipolitici del governo italiano mi sembrano, seppurcon la dovuta circospezione, un tentativo che miraad ingannare con false apparenze il popolo ita-liano. Nell’ipotesi deprecabile che questo tenta-tivo riesca a destabilizzare il paese travalican-do i confini della democrazia, si assisterebbecertamente ad una frattura enorme tra i po-teri dello stato che parafraserebbe lo squili-brio ingiurioso dei diversi assetti proiet-tando il paese verso pericolose incognitee pregiudizi.

G.B.

GIUSTIZIA

ANTI POLITICA

in/giu

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Come aiutare Voci di Dentro versamento su c/c postale n° 95540639c/c bancario IBAN:IT-17-H07601-15500000095540639Per il contributo del 5 per milleil codice fiscale è: 02265520698

N. 19 - NOVEMBRE 2013Periodico di cultura, attualità, cronaca dalleCase Circondariali di Chieti, Pescara, Vasto,

Lanciano edito dall’Associazione “Voci di Dentro” [email protected]

Redazione: via De Horatiis 6 - Chieti

Direttore responsabile: Francesco Lo Piccolo

Art Director: Mario D’Amicodatri - CSV Chieti

Impaginazione e grafica: Joan DamirIn redazione: Giampaolo Brandi, Diego Buta,Joan Damir, Giuseppe Festinese

Stampa: TECNOVADUE viale Abruzzo 232, Chieti

Registrazione Tribunale di Chietin. 9 del 12 /10/2009

Voci di Dentro è un’associazione di volonta-riato senza fini di lucro che opera nelle CaseCircondariali di Chieti, Pescara, Vasto e Lan-ciano. Lo scopo è quello di promuovere la so-lidarietà a favore dei detenuti e agire per illoro reinserimento.Voci di Dentro è iscritta al registro delle Onlus.Organizza incontri, convegni, iniziative di sen-sibilizzazione sociale come spettacoli teatra-li e altro, attività di formazione all’interno eall’esterno del carcere.

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letto molti libri perchémolte sono state le mie de-tenzioni. Da bambino nonho avuto nè la possibilità,nè la voglia di studiare. Ho

visitato carceri con biblioteche ben fornite, ed hovisitato carceri con biblioteche spoglie come glialberi in autunno. Ho avuto, grazie ai libri, la pos-sibilità di fare viaggi senza il bisogno di spostarequesto involucro chiamato corpo che tiene pri-gioniera la mia anima.Vorrei con questo mio scritto ringraziare alcunidegli autori che hanno reso possibile le mie “eva-sioni” senza correre il rischio di sanzioni discipli-nari o ulteriori condanne, visto che si può inca-tenare un uomo, ma non la sua mente. Vorreiringraziare il signor Dickens che mi ha permessodi bighellonare nelle strade, di un’affascinanteLondra in compagnia del piccolo Copperfield.Vorrei ringraziare Isabelle Allende, che con il suolibro “La Casa Degli Spiriti” mi ha permesso di co-noscere personaggi a dir poco fantastici. Rin-grazio Giorgio Faletti per aver scritto “Io Ucci-do”: con il suo libro sono stato a Montecarlo, incerca di un Serial Killer. Un ringraziamento spe-ciale va ad Herman Hesse e al suo “Siddartha”con cui sono andato alla ricerca della vera es-

senza dell’uomo che, in verità, ancora cerco. Rin-grazio il grande Jack London: quando ho letto“Il Vagabondo delle Stelle” ho subito capito chenon era un semplice libro, ma una vera e propriacompagnia aerea personale con cui facevo il check-in e prendevo il volo senza prenotazioni né costi.Sono stato nei libri molte volte, ho visitato cittàmolto strane grazie ad Italo Calvino; ho visitatonazioni senza usare passaporto; sono stato unebreo devastato dal nazismo e con un libro delsignor Levi mi sono fermato ad Eboli senza do-vermi per forza chiamare Cristo. Sono stato unricco possidente, un pirata, un pilota di aerei gra-zie al signor Wilbur Smith. Ho conosciuto la rein-carnazione con lo splendido libro di GiocondaBelli “La Donna Abitata”. Ho conosciuto il can-cro con il libro “Una Sconosciuta In Casa Mia”,libro autobiografico di Rachele Fracassi che pur-troppo ci ha lasciati, ma ha anche lasciato unagrande testimonianza. Ringrazio un autore di cuinon ricordo il nome, e per questo mi scuso, per-ché mi ha permesso di seguire le tracce di Jack LoSquartatore (logicamente senza risultati).Mi sono sposato, ho divorziato, ho avuto figli daprincipesse indiane, sono stato Re e sono statoschiavo, ho cavalcato dentro villaggi affiancatoda Geronimo,mi sono tuffato negli oceani, hobaciato Sirene sul fondo del mare, ho ammiratola splendida Atlantide, ho attraversato deserti incerca di un’oasi, sono morto e risorto più volte diLazzaro. Ho saccheggiato, ho conquistato, sonostato sconfitto, sono stato amato ed odiato, hoascoltato il suono delle campane, dall’alto di unameravigliosa cattedrale, in compagnia del mioamico gobbo. Sono stato orfano e figlio degli Dei,una volta grazie al signor Baricco ho quasi dipintoil mare, sono stato amico di un balordo chiama-to “quattro formaggi” grazie al signor Amma-niti. Ho chiesto indicazioni, cercando di capiredove portasse il cuore, grazie a Susanna Tamaro.Insomma, non smetterò mai di ringraziare tuttigli autori, che hanno reso e rendono possibiletutte le mie evasioni, e non posso fare a meno diringraziare colui che mi ha cambiato la vita, ilgrande Eduard Bunker, un galeotto diventatoscrittore.Ringrazio tutti quelli che leggono, così danno lapossibilità ad altri di inventare nuove storie. Chiu-do i miei ringraziamenti rivolgendomi a tutti quel-li che come me leggono, ma soprattutto scrivo-no, cercando di guarire.

Giuseppe Festinese

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er la prima volta nella mia vita mi ritrovo car-cerato, a dire il vero non so neanche bene ilmotivo, ma questo non conta perché è ditutt’altro che voglio parlare. Sono stato rin-chiuso nella casa circondariale Madonna delfreddo di Chieti nell’aprile del 2012, e comevi dicevo prima dovevo affrontare una si-

tuazione a me nuova. Mi ritrovai in “matricola”, l’antica-mera del carcere, e non avevo idea di cosa mi aspettassedietro quell’enorme cancello di ferro che separa tramiteun corridoio l’entrata del carcere dalle sezioni. Come chiun-que affronti quest’esperienza per la prima volta, imma-ginavo la mia reclusione come quelle descritte nei film:rinchiuso quasi tutto il giorno senza avere niente da faree senza sapere come passare il tempo, al contrario anchese parzialmente venni smentito, perché durante la gior-nata avevo la possibilità di uscire dalla cella per circa 4 oresuddivise in due tronconi, usufruendo del passeggio, luogoadibito come dice la parola stessa al passeggio dei dete-nuti,e allo svolgimento di attività ginniche. Non era moltoma era sicuramente meglio di come lo immaginavo io,per

fortuna dopo alcuni mesi, esattamente nel mese di set-tembre ricominciarono le attività rieducative del carcere,tra le tante opportunità offerte dall’istituto di Chieti c’erail corso d’informatica, finanziato dalla Regione Abruzzoche sarebbe cominciato a ottobre,con la durata di settemesi, e con frequenza giornaliera di tre ore persino retri-buite. Le educatrici dell’istituto proposero alcuni nomi edopo una selezione fatta tramite colloquio e test attitu-dinali,furono scelte 12 persone, io c’ero. Sono passati settemesi ci troviamo ai primi di Maggio, il corso è finito, e afine mese abbiano affrontato l’esame da Grafico Impagi-natore. Questa esperienza ci ha dato l’opportunità di im-pegnare il tempo positivamente, riuscendo ad appren-dere e comprendere nozioni fondamentali riguardanti ilfunzionamento e l’uso del computer, essenziali oggi peressere al passo con i tempi e intraprendere qualunque tipodi attività. Ci ha fatto capire l’importanza del lavoro digruppo finalizzato a raggiungere un obbiettivo comunetramite l’impegno e la costanza, ci è stato d’aiuto per noncadere e sprofondare nella noia e la consuetudine di faresempre le stesse cose, gli stessi gesti come degli automi

Corso di nformatica

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aspettando gli eventi e che il tempo passi, e soprattuttola cosa più importante secondo me è stata quella di re-sponsabilizzarci con la frequenza giornaliera necessariaper creare e intraprendere un futuro migliore, una nuovavita una volta usciti da qui. La consapevolezza di aver por-tato a termine un percorso non facile lavorando sodo hacontribuito ad accrescere la nostra autostima fonda-mentale per credere in noi stessi e non cadere più neglistessi errori. Secondo il mio modesto parere questa è stataun esperienza positiva che tutti gli istituti dovrebbero in-traprendere per dare a più persone l’opportunità di rea-lizzarsi in qualcosa. Spero che questa iniziativa presa dalcarcere di Chieti sia solo l’inizio di un cambiamento pro-gressivo di quello che è oggi la pena detentiva in carcere,in modo tale che i reclusi possano trarre vantaggio dallacarcerazione imparando un mestiere o quant’altro e nonoziando senza aver nulla da fare. Sperando in questo cam-biamento colgo l’occasione per ringraziare le istituzionie tutti coloro che si sono prodigati per la realizzazione diquesto progetto.

Diego Buta

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Dal carcere di Chieti vorrei mandare un bacio A chi viaggia da solo oppure con un socioA tutta quella gente che vive sotto assedioA quelli che al semaforo mostrano il dito medio A tutti gli uomini che comprano sottane A chi non vuole amici e si è comprato un cane A chi fa OUTING, dicendo sono gayE poi non pensa più “cosa diranno i miei”A chi guida una nave e di colpo sbaglia rotta Un bacio alle bambineche prendono una cottaA chi sull’altalena ti spinge fino al cieloUn bacio a chi ha paura e grida vaffanculoA chi con la consorte si perde nell’IKEALa moglie gli sorride, ma lui è di un altra ideaUn bacio alle commesse che vendono sorrisiChe pure se non compri non vanno affatto in crisiUn bacio agli autogrill che stanno in autostradaAll’uomo fortunato che si sente re Mida Un bacio a tutti quelli che sono consapevoliChe esiste un paradiso e centinaia di angeliUn bacio ai divorziati che iniziano da capoA tutti gli eleganti come il mio amico LapoInsomma qui da Chieti baci da un fuorileggeHo ancora un bacio in tascalo spedirò a chi legge

Ho navigato cento mari visto lune d’argentoHo visto le sirene sentito il loro cantoHo combattuto guerre sconfitto molti popoliHo visto mille frecce cadere come grappoliHo conquistato sempree non ho perso maiSeduto fra le nuvoleho bevuto con gli DeiUn nettare di ventomischiato con le stelleHo visto molti uominiappesi per il colloOra son vecchio e stancoun falco senza piumeFaccio da sponda a spondacon una zattera sul fiumeMa so che molto prestonavigherò di nuovoSono parte del maree non soltanto un uomo

Una clessidra scorre portando via il mio tempoLo fa senza pietà veloce come un lampo Vagito riso e pianto, ecco tutto il pacchettoPoi un marmo con due datediventano il tuo tetto Mazzi di fiori finti per dare del colore Provano a seppellire il tuo grande dolore Un paio di menzogne faranno da epitaffioL’unica verità è che la vita è un soffio.

s c r i t t i

Testi di Giuseppe Festinese

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Cadono lacrimesembrano vetri rottiPerò non sono miequindi che vuoi che importiLe vedo scivolaresulle facce della genteA volte vedo anchequelle di un mio parente Le mie sono finitecolpa di un falso amoreMa poi di colpo esconodavanti ad un film d’autoreSembrano prese in prestitovorrei restituirleMa non mi è consentitonessuno può gestirle

Ci sono molti modiper non sentirsi soli

Puoi stare dentro un brancodi quattro o cinque muli

Puoi scegliere una donnaè correre dei rischiOppure essere gay

e stare con i maschipuoi andare ad un concerto

amare una rock starEssere alcolizzato

è svenire dentro un barPotresti farti prete

chiuderti in monasteroOppure navigare

a bordo di un velieroMilioni di schifezze

potresti ingurgitareOppure stare a dieta

mangiando alghe di marePotresti fare sport

magari fare nuotoOppure essere matto

e lanciarti dentro il vuotoPotresti essere ateo

o figlio degli dei Oppure domandarti

davvero cosa sei?Lo so, non hai rispostenon ti conosci affatto

Forse le troveraiintanto riga dritto

Sta attento amico miole insidie sono troppe

E segui chi ti amaè lui che fa le mappe

Come rugiada sono piccole gocce Quasi non te ne accorgi e qualcosa le distrugge

Potrebbero cadereanche da un tuo sorriso

E leggi Work in progressstampato sul tuo viso.Sembrano dei torrenti

scorrono sulla pelleE i tuoi occhi chiari

diventano due stelleUn giorno poi ti accorgi

d’esserti prosciugatoRipensi alle tue lacrime

e sai d’aver vissuto

c o r s a r i

Disegno di CADICA (Carlo Di Camillo)

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Quan-do si parla di persone

recluse, si pensa sempre che si trat-ti di persone forti, coraggiose, abi-tuate dai loro trascorsi a superaree ad affrontare ogni tipo di situa-zione basandosi solo sulle proprieforze, rispettando i propri compa-gni di sventura e sopratutto senzainfrangere quel codice non scrittoma esistente negli ambienti mala-vitosi, (l’ostentata omertà). Duran-te la mia prigionia ho constatatoche il più delle volte questo non av-viene. Osservando attentamenteho visto e verificato a mie spese cheil rispetto tanto acclamato da que-sti fantomatici “uomini” è del tuttoinesistente, o meglio è soltanto ap-

parente, di cir-costanza, quasi tutti fingono di

essere quello che non sono per trar-ne vantaggio alla prima occasionealle tue spalle. Il coraggio, la forza,l’impudenza che li hanno spinti ainfrangere la legge, a commetterereati tutto d’un tratto sono spariti,la convinzione e la fermezza, nel di-mostrarsi uomini duri senza paurasi sono trasformati in vile “infamia”.Sì, proprio così: infamia, perché solocosi si può definire un azione inde-gna a danno di altri per il propriotornaconto. Il detenuto di oggi èun opportunista, disposto a in-frangere tutti i principi di cui an-dava fiero prima di essere arresta-to per ottenere benefici a dannoaltrui e abbreviare la propria car-cerazione. Lo stereotipo del carce-

rato tutto d’un pezzo, sprezzantedel pericolo, e delle conseguenzedel suo fare va pian piano scompa-rendo, oggi ci sono più persone di-sposte a scendere a compromessiche detenuti coerenti, consapevo-li, e responsabili delle proprie azio-ni. Le responsabilità e le conseguenzedel proprio agire vanno assunte inprima persona, senza infangare edenigrare il prossimo traendonevantaggio. Ognuno è artefice delproprio destino, quando si infran-ge la legge si sa a cosa si va incon-tro: perché facciamo di necessitàvirtù? perché dimentichiamo chenon rispettare e denigrare il com-pagno per trarne vantaggio è da vilie non da uomini?

D.B.

s c r i t t i

Cercasi carcerati

Re

sp

on

sa

bil

itàMi si chiede di descrivere il concetto di re-

sponsabilità legato a quello di libertà e libe-ro arbitrio. Viste le circostanze in cui mi trovo,si può pensare che sia come mettere una pi-stola in mano ad una scimmia in una piazzapiena di gente. Io esprimerò in maniera chia-ra e semplice il mio concetto, senza che nes-suno se ne abbia a male. Il concetto di re-sponsabilità è alquanto soggettivo, io ritengodi essere una persona molto responsabile, dispirito libero, e conosco con precisione ciò chesi può e ciò che non si può fare. Nella mia vita,vissuta pericolosamente, sono sempre statoattento a non mettere a repentaglio la sicu-rezza degli innocenti, o di coloro i quali nonc’entravano nulla con le mie libere scelte; miè successo (non volendo) che poi questo hacomportato di avere portato e causato sof-ferenze ai miei cari e alle persone alle qualimaggiormente tengo, ma questo lo si capi-sce solo vivendo... volendo parafrasare unafamosa canzone, ma del resto, senza andarefuori tema, vorrei inserire in questo scritto ilconcetto di legalità. La stessa legge che sem-bra per la pubblica opinione il Vangelo”, conle sue ampie discrezionalità per il giudice di

turno, non è piena di errori e di lacune? quan-te volte la stessa in nome di un popolo si ar-roga il diritto di giudicare responsabile chi èinnocente; quante volte il libero arbitrio diun giudice, che sia esso di sorveglianza, o giu-dicante, fa commettere errori clamorosi? Ame è successo l’esatto contrario, senza en-trare a parlare della mia storia, so solo chetutte le mie scelte sono state responsabili,così come ne ho pagato sempre le conse-guenze, questo perché sono convinto che unuomo chiunque esso sia, ha il diritto di vive-re le proprie scelte in totale libertà, di viveree di poter decidere arbitrariamente le propriescelte, fatto salvo la libertà e la sicurezza al-trui. Troppo spesso però l’uomo moderno è inca-pace di giudicare il proprio operato in basealla propria coscienza, troppo spesso trovia-mo scuse per giustificare le nostre azioni. Ionon farà questo, ma chiedo a tutti di fare unaccurata analisi di coscienza, affinché si possaavverare il “sogno” che una volta raggiuntola nobiltà di questo concetto possa regalarealle future generazioni, una nuova ERA...

Giuseppe Festinese

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Accendendo la tv o guardando iltelegiornale sentiamo sempre piùspesso parlare di omicidi e violen-ze afferrate sulle donne. Il più dellevolte sono gesta commesse da ma-riti lasciati e gelosi o da ragazzi chenon accettano la libertà delle lorocompagne. Molte sono le riflessio-ni e le discussioni che si accendonosu questo argomento. A sentire gliesperti chi commette reati di taleviolenza a sua volta o ha subito vio-lenza durante l’infanzia o è cre-sciuto in ambienti dove la violenzaera all’ordine del giorno. Da partemia credo che questi sono argo-menti e problematiche che possa-no indurre un individuo a com-mettere tali violenze, però io credoche il problema sia un altro: l’uo-mo ha un concetto di Amore moltocontorto, nella prima fase, quella

in cui si conosce una persona del-l’altro sesso, la fase dell’innamora-mento, l’uomo arriva addiritturaad annullarsi, farebbe di tutto perquella persona, per fare colpo, perattirare l’attenzione, per conqui-stare. Una volta riuscito nel suo in-tento (conquistare la personaamata), il concetto di conquista sitrasforma in vero e proprio posses-so, che è il vero fallimento di un rap-porto. La donna diventa come il gio-cattolo per il bimbo: quando è nuovolo riempie di attenzioni, è il miglioredi tutti, gli dedica tutto il giorno, lomette a posto con cura, poi col pas-sare del tempo pur essendo sempresuo (oggetto) le attenzioni dimi-nuiscono, pian piano non è più incima alla lista dei tuoi pensieri. Que-sto concetto di possesso che abbia-mo, spesso ci porta a non accetta-

r el ’ a b -bandonoda partedella compagnae reagiamo comeanimali feriti tirandofuori tutta la nostra rab-bia arrivando anche ad ucci-dere. Dovremmo capire che ladonna non è un oggetto ma unapersona e come tale va trattata erispettata, inoltre l’amore per lapropria donna va coltivato nel tempocon continue attenzioni e gesta chealimentino il sentimento e lo ren-dano sempre vivo. In questo modosentiremo parlare molto meno diomicidi afferrati e molto di più distorie a lieto fine.

D.B.

c o r s a r i

Donne oggetto

Si può dare fiducia…Per quanto mi riguarda devodire che dare una risposta a questo quesito nonè facile, perché credo che a volte sia possibile ealtre volte no. E’ vero che da tanti piccoli atteg-giamenti, attenzioni, modi di fare, ci si possa fareun’idea della persona che si ha di fronte, ma senon la si conosce a fondo nel privato, nell’inti-mità, non si è mai sicuri di come sia veramente.Di fatto ci sono molti individui che riescono conla loro capacità di adattamento ad avere atteg-giamenti, comportamenti, modi di approcciarsie di relazionarsi sempre giusti, corretti, a modo,camaleonticamente indossano una maschera aseconda delle circostanze e riescono ad appari-re per quello che non sono, il più delle volte sonocoloro che hanno più da nascondere, quel-li che se presi nell’intimitàe studiati più

attentamente,senza maschera, si mostrereb-

bero al mondo in tutta la loro povertà d’ani-mo e di sentimenti. Al contrario ci sono personeche al primo impatto, a prima vista, appaionorudi, cruenti, duri, che hanno difficoltà a rela-zionarsi con gli altri, che hanno poca empatia,forse perché forgiati da esperienze negative dellavita, ma che fondamentalmente a differenza dichi indossa la maschera, vivono la loro vita ba-sata su sani principi e convinzioni senza scende-re a compromessi, senza mascherarsi per appa-rire e non essere. Nelle esperienze della vita anche in base al miocarattere sempre pronto a relazionarsi con tutti,ho potuto constatare a mie spese che personecon cui entravo facilmente in confidenza, con cuiavevo un’empatia particolare, con cui ho condi-viso anche l’intimità, confidandomi e fidandomiin base ai loro gesti e comportamenti, spesso si

sono dimostrati tutt’altro, mettendo a nudo edin evidenza la loro natura niente affatto sincerae leale. Io ho due sorelle con cui vado discreta-mente d ‘accordo e a cui voglio bene. Come suc-cede in quasi tutte le famiglie con una ho più dia-logo perché cerca sempre di venirmi incontro, conl’altra che è più severa e più dura ho quasi sem-pre litigato. Un giorno dialogando dopo l’enne-simo litigio ho provato a dirle che lei era troppopuntigliosa, troppo precisa e amante della per-fezione, rinfacciandole e ribadendole che forsei suoi richiami e le sue ramanzine fossero det-tate dal suo poco affetto e amorenei miei confron-t i ,

lei mi rispo-se con una frase che dice:

“Ricordati che chi ti vuole bene e ti amaveramente ti fa piangere, chi non ti ama e non hainteresse di te ti fa ridere”, nel senso che chi tiama veramente ti mette di fronte alla realtà e aiproblemi della vita, richiamandoti all’occorren-za e trattandoti male , perché gli interessa il tuofuturo, il tuo avvenire, la tua persona, mentre chiti asseconda, chi ti dice sempre sì, che va sempretutto bene, che non ti fa notare gli sbagli e che ticircuisce assecondandoti,non è interessato a tee non è una persona in cui puoi riporre fiducia. Un esempio che non sempre i gesti o i comporta-menti dicono la vera natura dell’uomo io c’è l’hoavuto nella mia vita con mio padre, e c’è l’ho nellamia cella con C. Entrambi al primo impatto, alprimo approccio appaiono come persone dure,poco empatiche, poco disposte al dialogo, ma co-noscendole a fondo al contrario hanno cuore davendere e valori e principi da fare invidia a chiun-que.

Diego Buta

Si può dare fiducia?

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Un ragno sulla telaun giorno scrisse amiciLo lesse un ragazzinomentre passava in biciIl bimbo chiese al ragnofrequenti delle scuole?Il ragno disseno, ma ascolto le parole Se vuoi posso insegnarticome prestare orecchioRecuperare frasibuttate dentro un secchioIl bimbo dissesì, quando posso venire?Il ragno disse: adesso possiamo cominciareAllora si sedetteroil bimbo domandavaIl ragno con pazienzaspiegando rispondevaIl giorno passò in frettama il bimbo imparò tantoScoprì molti mistericome gli uccelli è il canto Allora il ragno dissese vuoi torna domaniTi parlerò di mee di tutti gli umaniIl bimbo lo guardòtoccandosi i capelliGli disse: torneròormai siamo fratelli E questa la mia storiaquel bimbo sono ioSe stai cercando il ragnoprova a cercare Dio

M’innamorai in un lampo e diventai umanoIl cuore mi scoppiò: fece un arcobalenoAccarezzai il suo viso e la guardai negli occhiVidi delle campane, sentii mille rintocchiD’un tratto ci baciammo, sbocciarono dei fioriCome una tavolozza stracolma di coloriIl mondo si fermò per tutto quanto il giornoNoi stretti l’uno all’altra e tanta vita intorno Il cielo poi si aprì e noi vedemmo DioCi disse: questo è Amore, ve lo regalo io Eddy è il mio nome e vivo in uno stagnoOggi regalo Amore, questo è il mio vero impegno

Questa e la storia di due piccole Fate Che da uno strano mondo oggi son ritornate Fanno magie, ma solo per bambini Li fan volare in alto come degli uccellini Dolci canzoni e fiabe da ascoltare E per avere i premi devi solo studiare Piccoli Elfi suonano le chitarre Arrivano anche loro da strane e antiche terre Entrano dentro i letti quando tramonta il sole Ti danno mille baci e due torte di mele Potresti avere sogni di prati sempre in fiore Dormire in una casa fatta a forma di cuore Potrai sentire il battito che arriva dal profondoAd abbracciare te e tutto quanto il mondo

Eddy è il mio nomee sono il re di questo stagnoSalto di sasso in sasso, ma non ci metto impegnoFaccio due caprioleio sono un grande artistaDecido acrobazieguardando la mia listaMa poi mi capitòdi perdere il mio donoAllora tutti i sudditinascosero il mio tronoNon feci più i miei saltisolo piccoli passiSudai sette camicieper superar due sassiMentre mi affaticavovidi una rana rosaDa subito pensaiella sarà mia sposa