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Universit` a degli Studi di Palermo Facolt` a di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Corso di Laurea Magistrale in Matematica Spazi di Hurwitz e Problema Inverso di Galois Autore: Relatore: Eleonora Anna Romano Ch.mo Prof. Vassil Kanev Anno Accademico 2012-2013

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Universita degli Studi di Palermo

Facolta di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali

Corso di Laurea Magistrale in Matematica

Spazi di Hurwitz e Problema Inverso

di Galois

Autore: Relatore:

Eleonora Anna Romano Ch.mo Prof. Vassil Kanev

Anno Accademico 2012-2013

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A mio padre, che per primo mi ha impartito

il valore e la preziosita del sapere.

A mia madre, mirabile esempio di sacrificio e tenacia.

A chi ha creduto fortemente in me

e con affetto sincero e gratuito,

mi e stato vicino.

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Indice

Introduzione 5

1 Rivestimenti ramificati 8

1.1 Richiami sulla teoria degli spazi di ricoprimento . . . . . . . . 10

1.1.1 Automorfismi di un ricoprimento . . . . . . . . . . . . 10

1.2 Ricoprimenti di Galois . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

1.3 Comportamento vicino ai punti di diramazione di un ricopri-

mento della superficie di Riemann . . . . . . . . . . . . . . . . 14

1.3.1 Orbite di coniugazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

1.3.2 Cicli di diramazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

2 Spazi di Hurwitz 23

2.1 Classi di coniugio distinte nel Gruppo Fondamentale della

Sfera Puntata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

2.2 Spazi di moduli per ricoprimenti della sfera di Riemann . . . . 25

2.2.1 Classi di Nielsen e gruppo di monodromia di Hurwitz . 25

2.2.2 Spazi di moduli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

2.3 Azione di monodromia sulle fibre di H ab e H in . . . . . . . . 30

2.3.1 Azione del gruppo delle trecce sui Sistemi di Generatori 32

2.3.2 Componenti di H ab(G) . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

2.4 La struttura algebrica degli Spazi di Moduli . . . . . . . . . . 37

2.4.1 Ricoprimenti di Varieta Affini . . . . . . . . . . . . . . 39

2.5 Preliminari su varieta algebriche su campi algebricamente non

chiusi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41

2.6 Campo di definizione di un ricoprimento . . . . . . . . . . . . 43

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3 Problema regolare inverso di Galois 46

3.1 Teorema principale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46

3.2 Dimostrazione del Teorema Principale sotto la condizione di

continuita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51

3.2.1 Q-struttura di H ab e H in . . . . . . . . . . . . . . . . 51

3.2.2 Dimostrazione della seconda parte del Teorema . . . . 52

4 Teorema di Irriducibilita di Hilbert 54

4.1 Campi Hilbertiani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64

4.2 Dimostrazione del Teorema di Irriducibilita di Hilbert . . . . . 66

4.3 Generalizzazione del Teorema di Irriducibilita di Hilbert . . . 73

4.4 Applicazioni del Teorema di Irriducibilita di Hilbert alla Teoria

di Galois . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79

4.4.1 Realizzazioni regolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80

4.4.2 Altre applicazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85

Bibliografia 88

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Introduzione

L’argomento principale su cui verte tale tesi e a cui mirano i risultati tratta-

ti, e rappresentato dal problema inverso di Galois, in particolar modo dalla

forma regolare del problema.

Per introdurre tale problema, ricordiamo dalla teoria di Galois, che dato un

campo K, ad ogni sua estensione L finita, normale e separabile (detta di

Galois o galoisienne), si puo associare il gruppo finito G := Gal(L/K).

In queste condizioni si dice che G e di Galois su K o che G si realizza (come

gruppo di Galois) su K.

Ribaltando tale punto di vista, il problema inverso di Galois su un deter-

minato campo K, consiste nel chiedersi se, dato un gruppo finito G, esso

si realizza, a meno di isomorfismi, come gruppo di Galois sul campo base

fissato. La risposta dipende ovviamente dal campo base da cui partiamo.

Per esempio se K e un campo finito, allora si puo dimostrare che ogni gruppo

di Galois su K e ciclico, quindi non tutti i gruppi finiti sono di Galois su K.

Se invece si prende K = C(x), con C(x) campo delle funzioni razionali nel-

l’indeterminata x, si puo dimostrare che ogni gruppo finito e di Galois su K.

Tuttavia, in tale lavoro il campo che riveste maggiore interesse e rappresen-

tato dai razionali. Chiaramente il caso di Q e quello piu naturale, essendo

Q il campo primo di ogni campo di caratteristica zero e perche Q e il campo

dei quozienti di Z e quindi le connessioni con l’aritmetica sono molteplici.

Ad oggi, malgrado i risultati significativi che sono stati raggiunti in tale am-

bito, su tale campo il problema rimane aperto, rappresentando dunque un

punto in cui sfociano ricerche matematiche. Si congettura, infatti, che ogni

gruppo finito si realizzi come gruppo di Galois su Q.

Ricordiamo che, alla fine del 1800, il primo matematico ad occuparsi del pro-

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blema inverso fu David Hilbert, il quale ottenne dei risultati significativi per

il campo dei razionali e per i campi hilbertiani in generale. Tali argomenti

vengono sviluppati ed approfonditi nel quarto capitolo della tesi.

A partire dal suo Teorema di Irriducibilita, Hilbert mostro che per risolvere

il problema inverso sui razionali (e su un qualsiasi campo hilbertiano) e suf-

ficiente risolverlo su estensioni puramente trascendenti di tale campo.

Da tale risultato segue infatti che, qualora sia possibile costruire un rive-

stimento di Galois con gruppo G su Q(X1, ..., Xn) (estensione puramente

trascendente di Q), allora un tale rivestimento lo si puo ottenere su Q.

In tal modo il problema si riduce ad un problema della Geometria Algebrica

su campi algebricamente non chiusi.

A tal punto, si sperava fosse vera la congettura formulata da Noether, se-

condo cui il campo fisso di un dato gruppo finito G in Q(X1, ..., Xn) era

un’estensione puramente trascendente di Q. Infatti, sfruttando il Teorema

di Irriducibilita, cio avrebbe risolto il problema inverso su Q e su tutti gli

altri campi hilbertiani. Tuttavia, nel 1969, Swan provo la falsita di tale con-

gettura.

Rimane comunque valido l’approccio geometrico: la soluzione del problema

regolare (in cui si richiede inoltre che le estensioni di Galois di Q(X1, ..., Xn)

siano regolari su Q) implica la soluzione del problema originario.

Nell’ambito del problema regolare inverso, un altro importante risultato e

stato raggiunto da Fried e Volklein, i quali, nell’articolo ′′The inverse Galois

problem and rational points on moduli spaces′′ mostrano dapprima come sia

possibile associare ad ogni gruppo finito G con centro banale e fissato un

intero r ≥ 3, una varieta algebrica definita su Q data dallo spazio di moduli

H inr (G), che parametrizza classi di equivalenza di ricoprimenti di Galois del-

la sfera di Riemann con gruppo di automorfismi isomorfo a G. Tale varieta

soddisfa la seguente proprieta fondamentale:

Esiste un’estensione di Galois di Q(x) regolare su Q con gruppo di Galois

isomorfo a G e con r punti di diramazione se e solo se H inr (G) ha un punto

Q-razionale.

Si tratta di un risultato dal carattere originale e sorprendente in quanto ricon-

duce un problema di natura algebrica ad un problema di carattere geometri-

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co, che puo essere affrontato con i metodi propri della Geometria Algebrica.

Infatti risolvere il problema regolare inverso di Galois su Q (e su un qualsiasi

campo di caratteristica 0) equivale adesso a ricercare punti Q-razionali su

tali varieta algebriche, ossia come si comprendera meglio nel seguito, punti

che corrispondono a ricoprimenti di Galois della sfera di Riemann definiti su

Q insieme al gruppo dei loro automorfismi che risulta isomorfo al gruppo da

cui siamo partiti.

Ci proponiamo di mostrare tale risultato e a tal fine presenteremo gli spazi di

moduli, soffermandoci sulla loro struttura, introducendo gli spazi di Hurwitz.

Tali argomenti vengono trattati nel secondo e terzo capitolo, preceduti da un

primo capitolo dal carattere introduttivo, che fornisce i concetti basilari che

richiamano alcune importanti nozioni della topologia algebrica, della teoria

dei rivestimenti topologici e dei rivestimenti ramificati della retta proiettiva.

Mettendo insieme il risultato di Fried e Volklein con il corollario suddetto del

Teorema di Irriducibilita si potra osservare che:

Se H inr (G) ha un punto Q-razionale allora il gruppo finito G si realizza su

Q.

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Capitolo 1

Rivestimenti ramificati

In questo capitolo riportiamo delle definizioni di base ed enunciamo dei noti

teoremi che si rivelano centrali nella trattazione degli argomenti sviluppati

successivamente.

Teorema 1. (Forma locale delle applicazioni olomorfe)

Sia f : C → C ′ applicazione olomorfa non costante tra due superfici di

Riemann. Sia a ∈ C e b = f(a) ∈ C ′. Allora esiste un m ≥ 1 ∈ N e carte

ϕ : U → V ⊂ C di C e ψ : U ′ → V ′ ⊂ C di C ′ (V = ϕ(U) e V ′ = ψ(U ′)),

con le seguenti proprieta:

(i) a ∈ U , ϕ(a) = 0, b ∈ U ′, ψ(b) = 0;

(ii) f(U) ⊂ U ′;

(iii) F : ψ f ϕ−1 : V → V ′ ha la forma F (z) = zm, z ∈ V .

La molteplicita di f in un punto P ∈ C la denotiamo con multf (P ) ed e

l’unico intero m tale che localmente in P , f ha la forma z → zm.

Definizione. Sia f : C → C ′ applicazione olomorfa non costante.

Un punto P ∈ C si dice punto di ramificazione per f se multf (P ) ≥ 2.

Un punto Q viene detto punto di diramazione se e l’immagine del punto

di ramificazione P tramite f . Un intorno U di P per cui esistono ϕ, V, U ′, V ′, ψ

come nel teorema precedente, e detto intorno standard di P .

Dalla forma locale delle applicazioni olomorfe segue il seguente:

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Teorema 2. Ogni applicazione olomorfa non costante tra due superfici di

Riemann e un rivestimento ramificato.

Sebbene i rivestimenti ramificati hanno un interesse piu generale, restrin-

giamo la nostra attenzione ai rivestimenti ramificati della sfera di Riemann.

Definizione. Un ricoprimento ramificato della sfera di Riemann e una cop-

pia (C, f) dove C e una superficie di Riemann compatta, connessa ed

f : C → P1C e un’applicazione olomorfa non costante.

L’insieme dei punti di diramazione di f costituisce il luogo di diramazione di

f .

Lemma 1. Dato un ricoprimento ramificato (C, f) e Q ∈ P1C, la fibra f−1(Q)

e finita ed esiste un intorno connesso U ′ di Q tale che ogni componente

connessa di f−1(U ′) contiene un unico punto P ∈ f−1(Q) (che viene mandato

suriettivamente in U ′) di cui essa e un intorno standard.

Corollario 1. Un ricoprimento ramificato (C, f) induce un ricoprimento to-

pologico (finito) rimuovendo i punti di diramazione e le loro pre-immagini.

Definizione. Il grado di un rivestimento ramificato e il grado della funzione

di ricoprimento indotta rimuovendo i punti di diramazione e le loro pre-

immagini.

Il lemma e il corollario precedenti, conducono in parte alla seguente

versione del TEOREMA DI ESISTENZA DI RIEMANN:

Proposizione 1. Sia A un sottoinsieme finito di una superficie di Riemann

compatta X, x ∈ X\A, n un intero positivo.

Allora i seguenti insiemi sono in corrispondenza biunivoca:

(a) L’insieme delle classi di equivalenza dei rivestimenti ramificati di X di

grado n con luogo di diramazione contenuto in A;

(b) L’insieme delle classi di equivalenza dei rivestimenti topologici di X\Adi grado n;

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1.1. RICHIAMI SULLA TEORIA DEGLI SPAZI DI RICOPRIMENTO

(c) i sottoinsiemi di Hom(π1(X\A, x),Sn), che denota l’insieme delle classi

di equivalenza degli omomorfismi definiti da π1(X\A, x) a sottogruppi tran-

sitivi di Sn, dove due omomorfismi α, β sono equivalenti se differiscono per

un automorfismo interno (cioe se ∃ σ ∈ Sn tale che β([γ]) = σα([γ])σ−1).

Tale teorema ci da una nozione analitica (a), una topologica (b) e una al-

gebrica (c), mettendole in corrispondenza biunivoca l’un l’altra, dandoci cosı

la possibilita di studiare i rivestimenti ramificati attraverso quelli topologici

oppure tramite gli omomorfismi di gruppi.

1.1 Richiami sulla teoria degli spazi di rico-

primento

In questo paragrafo, ci proponiamo di richiamare brevemente alcuni risul-

tati propri della teoria degli spazi di ricoprimento. Questi ultimi, infatti,

ricorreranno per motivare alcuni passaggi volti a sviluppare gli argomenti

successivi.

Supponiamo che gli spazi topologici in cui ci muoviamo sono connessi per

archi e localmente connessi per archi.

Teorema 3. Sia (X, p) un rivestimento di X e x0 ∈ X. Allora i sottogruppi

p?π1(X, xi), per xi ∈ p−1(x0), formano una classe di coniugio di π1(X, x0).

Teorema 4. Due rivestimenti (X1, p1) e (X2, p2) di X sono isomorfi se e solo

se, comunque scelti punti x1 ∈ X1 e x2 ∈ X2 tali che p1(x1) = p2(x2) = x0,

i sottogruppi p1?π1(X1, x1) e p2?π1(X2, x2) appartengono alla stessa classe di

coniugio in π1(X, x0).

Quest’ultimo teorema mostra che la classe di coniugio dei sottogruppi

menzionati nel Teorema 3, determina il rivestimento a meno di isomorfismi.

1.1.1 Automorfismi di un ricoprimento

Definizione. Un automorfismo di uno spazio di ricoprimento (X, p) e un

omeomorfismo α : X → X con p α = p.

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1.1. RICHIAMI SULLA TEORIA DEGLI SPAZI DI RICOPRIMENTO

Notiamo che gli automorfismi di uno spazio di ricoprimento formano un

gruppo rispetto alla composizione. Denotiamo tale gruppo con A(X, p) o con

Deck(p).

Al fine di studiare il gruppo degli automorfismi di uno spazio di ricopri-

mento (X, p) di X, definiamo un’azione del gruppo π1(X, x) su p−1(x) per

x ∈ X. Ricordiamo quindi, che il gruppo π1(X, x) agisce a destra di p−1(x)

nel modo seguente. Per x ∈ p−1(x), α ∈ π1(X, x), definiamo x · α il punto

finale dell’unico sollevamento di α avente x come punto iniziale, che deno-

teremo con xα. Poiche X e connesso per archi, segue che questa azione di

π1(X, x) su p−1(x) e transitiva.

Il corollario successivo mostra l’importanza dell’azione di π1(X, x) su p−1(x):

tale azione determina il ricoprimento a meno di equivalenze.

Diamo dapprima la seguente:

Definizione. Siano R ed R spazi topologici, S varieta topologica. Due rico-

primenti p : R → S e p : R → S sono equivalenti se esiste un omeomorfi-

smo α : R→ R con p α = p.

Corollario 2. Siano pi : Xi → X ricoprimenti per i = 1, 2, con Xi connessi.

Siano bi ∈ Xi con p1(b1) = p2(b2) =: x. Supponiamo che ∀ [γ] ∈ π1(X, x)

abbiamo bγ1 = b1 se e solo se bγ2 = b2.

Allora esiste un unico omeomorfismo α : X1 → X2 con p2 α = p1 e

α(b1) = b2.

Teorema 5. Sia (X, p) un rivestimento di X. Allora il gruppo di auto-

morfismi del rivestimento A(X, p) e isomorfo al gruppo degli automorfismi

dell’insieme p−1(x), con x ∈ X, visto come π1(X, x)-insieme destro.

Teorema 6. ∀ x ∈ X e ∀ x ∈ p−1(x) vale:

A(X, p) ∼= N [p?π1(X,x)]

p?π1(X,x), dove N [p?π1(X, x)] e il normalizzante di p?π1(X, x)

in π1(X, x).

Dimostrazione. Sia H il gruppo di automorfismi sul π1(X, x)-insieme de-

stro p−1(x).

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1.2. RICOPRIMENTI DI GALOIS

Poiche il gruppo π1(X, x) agisce in modo transitivo sul π1(X, x)-insieme de-

stro p−1(x), per un noto risultato si ha che H ∼= N [Stab(x)]Stab(x)

, dove N [Stab(x)] e

il normalizzante di Stab(x) in π1(X, x).

Ma Stab(x) = α ∈ π1(X, x)/x · α = x = p?π1(X, x).

Inoltre, per il teorema precedente A(X, p) ∼= H, quindi:

A(X, p) ∼= H ∼= N [Stab(x)]Stab(x)

∼= N [p?π1(X,x)]

p?π1(X,x).

Proposizione 2. Sia f : R → S un ricoprimento e S connesso. Sia R1

una componente connessa di R. Allora f si restringe ad un ricoprimento

R1 → S. Se f−1(p) ⊂ R1 per qualche p ∈ S, allora R = R1 e connesso.

1.2 Ricoprimenti di Galois

Sia f : R→ S un ricoprimento, con R spazio topologico ed S varieta topolo-

gica. Il gruppo Deck(f) agisce su ogni fibra f−1(p), p ∈ S; cioe se b ∈ f−1(p)

allora anche α(b) ∈ f−1(p) ∀ α ∈ Deck(f).

Denotiamo con C(S, p, q) l’insieme di tutti i cammini γ in S con punto iniziale

p e punto finale q.

Lemma 2. Sia f : R→ S un ricoprimento come sopra.

(i) Siano p, q ∈ S, γ ∈ C(S, p, q). Per ogni b ∈ f−1(p) sia bγ il punto finale

del sollevamento di γ con punto iniziale b. Allora la funzione b 7→ bγ e una

biezione tra f−1(p) e f−1(q). Questa azione commuta con quella di Deck(f),

cioe, α(bγ) = (α(b))γ ∀ α ∈ Deck(f).

(ii) L’azione di Deck(f) su f−1(p) commuta con quella di π1(S, p).

(iii) Supponiamo R connesso. Se α ∈ Deck(f) fissa un punto b di R allora

α = id.

(iv) Supponiamo che R e connesso e Deck(f) ha un sottogruppo G che agisce

transitivamente su qualche fibra f−1(p). Allora G = Deck(f).

Dimostrazione.

(i) La funzione f−1(q)→ f−1(p), a 7→ aγ−1

e l’inversa della funzione b 7→ bγ.

Quindi le due funzioni sono biettive. L’altra affermazione in (i) segue dal

seguente fatto: se γ ∈ C(S, p, q) e γ e il sollevamento di γ con punto iniziale

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1.2. RICOPRIMENTI DI GALOIS

b, allora α γ e il sollevamento di γ con punto iniziale α(b).

(ii) Si ottiene da (i) nel caso in cui p = q.

(iii) Sia b′ ∈ R arbitrario e γ ∈ C(R, b, b′). Sia γ = f γ ∈ C(S, f(b), f(b′)).

Allora γ e il sollevamento di γ con punto iniziale b, quindi b′ = bγ nella

notazione di (i). Se α(b) = b, abbiamo α(b′) = α(bγ) = (α(b))γ = bγ = b′.

Dunque α = id.

(iv) Ovviamente G ⊂ Deck(f), proviamo l’altra inclusione. Sia b ∈ f−1(p).

∀ α ∈ Deck(f), proviamo che α ∈ G. Poiche per ipotesi G agisce transitiva-

mente su f−1(p) e b ∈ f−1(p), α(b) ∈ f−1(p), c’e un β ∈ G con β(α(b)) = b.

Allora βα = id per (iii), da cui α = β−1 ∈ G.

Assumiamo che S sia connesso. Allora segue da (i) che tutte le fibre f−1(p),

p ∈ S, hanno la stessa cardinalita. Tale cardinalita e il grado di f . Inol-

tre, se Deck(f) agisce transitivamente su una fibra f−1(p), allora agisce

transitivamente su ogni fibra f−1(p), p ∈ S.

Definizione. Un ricoprimento f : R→ S e detto ricoprimento di Galois

se R (quindi anche S) e connesso e Deck(f) agisce transitivamente su qualche

(quindi su ogni) fibra f−1(p), p ∈ S.

Proposizione 3. Sia f : R→ S un ricoprimento di Galois e H = Deck(f).

(a) Il grado n di f e uguale all’ordine di H 1. Per ogni intorno ben ricoperto

U in S (risp. ∀ p ∈ S) l’insieme f−1(U) (risp. f−1(p)) ha n componenti

(risp. n elementi) e questi sono permutati transitivamente da H.

(b) Sia b ∈ R e p = f(b). Allora c’e un unico omomorfismo suriettivo

Φb : π1(S, p) → H = Deck(f) tale che Φb([γ]) manda bγ in b, per ogni

[γ] ∈ π1(S, p). (Dove bγ e il punto finale dell’unico sollevamento di γ avente

come punto iniziale b).

Dimostrazione. Sia b ∈ f−1(p). Consideriamo la funzione θb : H →f−1(p), α 7→ α(b). Tale funzione e iniettiva per la (iii) del lemma, infatti, se

α(b) = α′(b) allora α−1α′ fissa b, quindi e l’identita. Poiche f e di Galois, θb

e suriettiva. Quindi θb e biettiva. Cio implica la prima affermazione in (a).

1n puo essere un cardinale infinito ma siamo maggiormente interessati al caso in cui ne finito.

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1.3. COMPORTAMENTO VICINO AI PUNTI DI DIRAMAZIONE DIUN RICOPRIMENTO DELLA SUPERFICIE DI RIEMANN

Abbiamo |f−1(p)| = n dalla definizione di grado. Poiche ogni componente

di f−1(U) contiene esattamente un elemento di f−1(p) per p ∈ U (per la

definizione di intorno ben ricoperto), segue il resto di (a).

Il gruppo π1(S, p) agisce transitivamente su f−1(p). Quindi la funzione

Ψb : π1(S, p)→ f−1(p), [γ] 7→ bγ, e suriettiva.

Quindi Φ′b := θ−1b Ψb e una suriezione π1(S, p) → H. Φ′b in generale non

e un omomorfismo di gruppi ma la funzione Φb : [γ] → (Φ′b([γ]))−1 e un

omomorfismo (segue dalla (ii) del lemma precedente). Chiaramente Φb ha la

proprieta richiesta in (b) ed e unico per la (iii) del lemma precedente.

Se n cui ci riferiamo in (a) e finito, diciamo che f e un ricoprimento finito

di Galois.

1.3 Comportamento vicino ai punti di dira-

mazione di un ricoprimento della super-

ficie di Riemann

In tale paragrafo ci prefiggiamo, a partire dai ricoprimenti della sfera puntata,

di osservare la struttura delle orbite di coniugazione che si possono associare

a ciascun punto di diramazione di tali ricoprimenti.

Vedremo, inoltre, come variano tali orbite quando lasciamo agire un auto-

morfismo del campo su cui sono definiti tali ricoprimenti.

1.3.1 Orbite di coniugazione

Poniamoci sul campo C. Sia C curva proiettiva, irriducibile e liscia e sia

p : C → P1 ricoprimento finito di Galois con gruppo G e luogo di diramazio-

ne B = t1, ..., tn ⊂ P1.

Sia x0 ∈ P1, x0 /∈ B e z0 ∈ C, p(z0) = x0. Se C ′ = C\p−1(B) otteniamo il

rivestimento topologico p0 : C ′ → P1\B e si ha G ∼= Aut(C/P1) ∼= Deck(p0).

Possiamo definire il seguente omomorfismo di monodromia:

mz0 : π1(P1\B, x0) → G, tale che mz0([α]) = g se e solo se z0 · α = gz0.

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1.3. COMPORTAMENTO VICINO AI PUNTI DI DIRAMAZIONE DIUN RICOPRIMENTO DELLA SUPERFICIE DI RIEMANN

Osserviamo che sicuramente un tale g esiste perche z0 e z0 · α sono elementi

di una stessa fibra che vengono permutati transitivamente da G.

Inoltre, mz0 e ben definito, perche se ci fosse un altro g′ tale che z0 ·[α] = g′z0,

avremmo gz0 = g′z0 ma poiche G ∼= Deck(p0) avremmo in corrispondenza

di g e g′ due ricoprimenti che agiscono allo stesso modo su uno stesso ele-

mento quindi, per un noto risultato, essi coincidono da cui segue che g = g′.

Osserviamo, infine, che se indichiamo con h l’isomorfismo tra Deck(p0) e G,

mz0 = h Φz0 dove Φz0 e l’omomorfismo definito nella Proposizione 3.

Per ciascun ti scegliamo un intorno Ui tale che ciascun Ui sia omeomorfo al

disco unitario, i = 1, ..., n e Ui ∩ Uj = ∅ per i 6= j. Per ciascun i, scegliamo

un arco ηi in P1\⋃ni=1 Ui tale che ηi(0) = x0, ηi(1) ∈ ∂Ui, allora sia γi un

arco chiuso che inizia in x0, va lungo ηi, gira in senso anti-orario lungo ∂Ui e

ritorna in x0 attraversando η−1i . E’ chiaro che mz0([γi]), chiamato monodro-

mia locale in ti lungo γi, ha la proprieta mz0([γi]) 6= 1 per ogni i = 1, ..., n.

Sia Oi ⊂ G la classe di coniugio di mz0([γi]). Un’altra scelta di Ui ed ηi si

ottiene sostituendo ciascun mz0([γi]) con un altro elemento di Oi.

Concludiamo che m = mz0 : π1(P1\B, x0) → G soddisfa la seguente condi-

zione: m([γ1]), ...,m([γn]) 6= 1, che e inoltre indipendente dalla scelta di γi,

i = 1, ..., n presi come indicato.

Sia p−1(ti) = zi1 , ..., zim; la coordinata locale di zij si scrive T −ti = ueiij con

ei indice di ramificazione di zij. Indichiamo, per semplicita di notazione, γ al

posto di γi, t al posto di ti. Abbiamo p−1(t) = z1, ..., zm, g = mz0([γ]). Sol-

levando γ si arriva in un disco che contiene zj ∈ p−1(t). Indichiamo T−t = uej

il parametro in zj. Ovviamente, scegliendo un altro γ, arriviamo ad un altro

disco. g ha le seguenti proprieta:

• gzj = zj;

• nel disco in cui arriviamo sollevando γ, uj(gx) = ζeuj(x) con

ζe = exp2πi/e.

Sia Gzj il sottogruppo di G che fissa zj, che chiamiamo gruppo di inerzia di

zj.

Affermazione: Gzj e ciclico di ordine pari all’indice di ramificazione di zj,

Gzj = 1, g, g2, ..., ge−1.

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1.3. COMPORTAMENTO VICINO AI PUNTI DI DIRAMAZIONE DIUN RICOPRIMENTO DELLA SUPERFICIE DI RIEMANN

Dimostrazione. Sia h ∈ Gzj , poiche G trasforma fibre in fibre, h permuta

p−1(‖T − t‖ < ε). Dal momento che h ∈ Gzj , si ha che h(zj) = zj, allora

h(D(zj)) = D(zj), dove D(zj) e la componente connessa di p−1(‖T − t‖ < ε)

contenente zj e localmente p e data da (T − t)(p(x)) = u(x)e. Sostituiamo

ad x, h(x) con x ∈ D(zj), x 6= zj. Allora si ottiene:

(T − t)(p(h(x))) = (T − t)(p(x))

u(h(x))e = u(x)e

u(h(x)) = ω u(x) dove ωe = 1.

Sia ω = ζ le. Confrontiamo h con gl.

u(hx) = ζ leu(x)

u(glx) = ζ leu(x).

u e un parametro locale, segue che gl(x) = h(x). Poiche x 6= zj, p(x) non e

un punto di diramazione, tenendo conto del fatto che, come gia osservato, p0

e un rivestimento topologico e che se due automorfismi di un rivestimento

topologico sono uguali in un punto allora sono uguali ovunque, segue che

h = gl.

Osservazione 1. Sostituendo z0 con σz0, con σ ∈ G, si ha mσz0([α]) =

σgσ−1. Quindi tutto cio che abbiamo provato con z0, cambiando punto

iniziale, sara vero per ogni σzi, σ ∈ G e σzi ∈ p−1(t).

Conclusione: p : C → P1 come sopra, B luogo dei punti di diramazione

contenuto in P1.

• Sia z ∈ C, p(z) = t ∈ B. Il gruppo Gz = g ∈ G/g(z) = z e un

gruppo ciclico di ordine e e localmente p si puo scrivere:

v(p(x)) = u(x)e (1.1)

dove v e parametro locale nel punto p(z), v(p(z)) = 0, u e parametro

locale nel punto z e u(z) = 0.

• Sia t ∈ B. Consideriamo l’arco γ con punto base x0 come descritto

in precedenza e sia z ∈ p−1(t). Allora scegliendo opportunamente σz0

(con σ ∈ G e z0 ∈ p−1(x0)) e specificato in modo unico il generatore g di

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1.3. COMPORTAMENTO VICINO AI PUNTI DI DIRAMAZIONE DIUN RICOPRIMENTO DELLA SUPERFICIE DI RIEMANN

Gz. g e detto generatore distinto di Gz, mσz0([γ]) = g, < g >= Gz.

Al variare di z0 ∈ p−1(x0) si ottiene un’orbita di coniugazione Ct, che

dipende unicamente dal punto t.

Dunque ad ogni rivestimento di Galois p : C → P1, possiamo associare il

dato costituito da:

• G = Aut(C/P1);

• t = t1, ..., tn punti di diramazione;

• C = Ct1 , ..., Ctn dove Cti sono le orbite di coniugazione che si possono

associare a ciascun ti, come appena mostrato.

Azione di Aut(k) sui ricoprimenti definiti su k

Sia adesso k ⊂ C, k = k, dove k denota la chiusura algebrica di k e sia

p : C → P1k un rivestimento definito su k.

Definizione. Diciamo che un tale rivestimento p puo essere definito su qual-

che sottocampo k di C se X puo essere dotato di una struttura di varieta su

k tale che p diventa un morfismo definito su k.

Prendiamo un automorfismo τ : k → k. Sia Cτ la curva proiettiva ot-

tenuta applicando τ ai coefficienti delle equazioni che definiscono C. Cioe

se C e ricoperto da aperti affini, C =⋃i=1,...,t Ui dove Ui = fi(T1, ..., Tn) =

0i=1,...,m con fi ∈ k[T1, ..., Tn], allora Cτ =⋃U τi dove U τ

i = f τi (T1, ..., Tn) =

0i=1,...,m con τ che agisce sui coefficienti dei polinomi fi. Denotiamo con pτ

il morfismo ottenuto da p applicando τ ai coefficienti dei polinomi che defini-

scono p. Infatti, il morfismo p e dato da applicazioni polinomiali gi(T1, ..., Tn)

per i = 1, ..., t definite dalle carte affini di C alle carte affini di P1k, quindi per

definire pτ basta vedere come trasformare i gi con τ che agisce sui coefficienti

di tali polinomi.

τ trasforma funzioni regolari f = P (T1,...Tn)Q(T1,...,Tn)

in funzioni regolari, agendo

mediante la formula:

f τ (zτ ) = f(z)τ (1.2)

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1.3. COMPORTAMENTO VICINO AI PUNTI DI DIRAMAZIONE DIUN RICOPRIMENTO DELLA SUPERFICIE DI RIEMANN

Infatti, f τ (zτ ) =P τ (aτ1 ,...,a

τn)

Qτ (aτ1 ,...,aτn)

dove (aτ1, ..., aτn) sono le coordinate di zτ . Essen-

do τ un automorfismo,P τ (aτ1 ,...a

τn)

Qτ (aτ1 ,...,aτn)

= ( P (a1,...an)Q(a1,...,an)

)τ .

Definizione. Supponiamo p : C → P1 rivestimento di Galois con gruppo G.

Si definisce azione di G su Cτ gzτ = (gz)τ .

Osservazione 2. I gruppi di inerzia di zi e di zτi coincidono.

Infatti sia zi punto di ramificazione di p : C → P1 e consideriamo il

gruppo Gzi di ordine ei. Abbiamo che zi ∈ Gzτi, infatti:

gzτi = (gzi)τ = zτi .

Banalmente, vale anche il viceversa.

Si ha che zτi e punto di ramificazione di pτ : Cτ → P1. Per quanto ri-

guarda i punti di diramazione di pτ : pτ (zτi ) = p(zi)τ per (1.2). Quindi se

ti = p(zi) e punto di diramazione di p : C → P1k, t

τi e punto di diramazione

di pτ : Cτ → P1k.

Osservazione 3. Se u e una funzione di z, G agisce su funzioni secondo la

seguente azione a sinistra: gu(z) = u(g−1z).

Effettuiamo adesso un piccolo cambiamento, ponendo β = γ−1, cio corri-

sponde ad un arco, come precedentemente considerato ma che gira in senso

orario intorno ti.

Poiche mz0([β]) = g si avra mz0([γ]) = g−1.

Localmente si ha u(g−1z) = ζeu(z) e dall’osservazione precedente segue che:

gu = ζeu (1.3)

Quindi, scegliendo g in questo modo, gu = ζeu dove g e generatore distinto

di Gzi ed u e la funzione olomorfa per cui vale la (1.1).

(1.3) da la definizione di g tramite un’azione sulle funzioni e non piu sui

punti.

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1.3. COMPORTAMENTO VICINO AI PUNTI DI DIRAMAZIONE DIUN RICOPRIMENTO DELLA SUPERFICIE DI RIEMANN

1.3.2 Cicli di diramazione

Vedremo adesso il legame che sussiste tra i generatori distinti dei gruppi di

inerzia di p : C → P1k e pτ : Cτ → P1

k, presi come sopra. Tale legame e

espresso nella seguente proposizione (branch cycle argument):

Proposizione 4. Sia k ⊂ C, k = k (con k chiusura algebrica di k), p : C →P1k rivestimento definito su k, τ ∈ Aut(k), pτ : Cτ → P1

k ottenuto da p come

specificato precedentemente. Sia B = t1, ..., tr ⊂ P1k luogo di diramazione

di p. Sia ti ∈ B, zi ∈ p−1(ti) e g generatore distinto del gruppo di inerzia

Gzi. Se g1 e generatore distinto di Gzτi, allora si ha che g1 = gm con m intero

tale che (ζn)τ−1

= ζmn , con ζn radice |G|-esima di 1.

Dimostrazione. Preso x ∈ C, consideriamo l’anello locale OC,x costituito

dalle coppie (f, U) dove U e un intorno di x, aperto nella topologia di Zariski

ed f ∈ OC(U) funzione regolare in U . Ricordiamo che due coppie (f, U) e

(f ′, U ′) sono equivalenti se esiste un intorno U ′′ di x, U ′′ ⊂ U ∩ U ′ tale che

f |U ′′ = f ′|U ′′.Le classi di equivalenza si dicono germi di f in x relativi ad OC . L’insieme

delle classi forma una k-algebra che denotiamo con OC,x o con Ox. Essa e

un anello locale con ideale massimale

mC,x = m = (f, U) ∈ OC,x/f(x) = 0 ∀ x ∈ U.

Consideriamo il completamento dell’anello Ox,Ox = lim←−(Ox/ml) = fll∈N/fl ∈ Ox/ml, se l1 < l2 allora fl2 mod m

ll1≡

fl1.Ox ha ideale massimale M = fll∈N/f1 = 0.Nel nostro caso, poiche per ogni punto non singolare x ∈ C, l’ideale massima-

le mx e generato da un solo elemento, mx = (u), per un risultato noto si ha

che Ox e isomorfo all’anello delle serie formali in u. Quindi M sara generato

da ogni elemento dell’anello delle serie formali del tipo a1u + a2u2 + ... con

a1 6= 0.

Inoltre, se adesso consideriamo C come curva su C 2, su tale campo vale che

2in realta dovremmo considerare C ⊗k C, ma per allegerire la notazione, continuiamoad indicare con C anche la curva definita su C.

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1.3. COMPORTAMENTO VICINO AI PUNTI DI DIRAMAZIONE DIUN RICOPRIMENTO DELLA SUPERFICIE DI RIEMANN

OC,x ⊂ OanC,x ⊂ OC,x, dove OanC,x e l’anello dei germi delle funzioni analitiche.

Consideriamo nuovamente il morfismo p : C → P1k, zi ∈ C, t ∈ P1, p(zi) = t e

localmente in zi si ha ue(z) = (T − t)(p(z)). Sia U ⊂ P1 un intorno di t.

p definisce un omomorfismo di k-algebre p? : OP1,t → OC,zi tale che se

f ∈ Γ(U,OP1), p?(f) = p f ∈ Γ(p−1(U),OC). A questo punto, possia-

mo considerare OP1,t una sottoalgebra di OC,zi .Consideriamo ue = T − t come equazione in OanC,zi .Si ha che u ∈ OanC,zi ⊂ OC,zi , u ∈ M e per quanto detto prima, u e proprio

un generatore di M ⊂ OC,zi .Serve definire un’azione di Gzi su OC,zi . Sappiamo che gzi = zi, cioe g

trasforma la coppia (OC,zi ,mzi) in se stessa, purche g ∈ Gzi . Allora anche

tutte le potenze di m sono trasformate g(mlzi

) = mlzi

. Segue che g agisce su

lim←−(Ox/ml) = OC,zi .Ricordiamo che l’elemento distinto di Gzi ha la proprieta gu = ζeu.

Se l’elemento distinto ha tale proprieta sul generatore u, avra questa pro-

prieta per ogni generatore v di OC,zi che soddisfa l’equazione ve = T − t

(osserviamo che ue = ve ⇒ v = ωu).

L’automorfismo τ e ben definito sull’anello delle serie formali, infatti:

(OC,zi ,mC,zi) τ−→ (OCτ ,zτi ,mCτ ,zτi)

f 7→ f τ

mlC,zi7→ ml

Cτ ,zτi

Estendiamo tutto, ottenendo un altro omomorfismo:

OC,zi τ−→ OCτ ,zτiMzi 7→Mzτi

.

Quindi, mentre τ non e definito sulle funzioni analitiche, lo e a livello dei

completamenti formali.

Applicando τ all’equazione in OC,zi ue = T − t, otteniamo che in OCτ ,zτi(uτ )e = T−tτ . Avremo un generatore distinto g1 di Gzτi

tale che g1uτ = ζeu

τ ,

g ∈ Gzi = Gzτi3 g1, da cui, poiche Gzi e generato da g di ordine e, si deve

avere g1 = gl per qualche l.

k e algebricamente chiuso, quindi contiene tutte le radici di 1.

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1.3. COMPORTAMENTO VICINO AI PUNTI DI DIRAMAZIONE DIUN RICOPRIMENTO DELLA SUPERFICIE DI RIEMANN

Supponiamo (ζme )τ = ζe (⇔ ζτ−1

e = ζme ).

guτ = (gu)τ . Infatti, se f ∈ OC,zi , sfruttando l’azione a sinistra di G e l’a-

zione di τ sulle funzioni regolari, abbiamo:

gf τ (zτ ) = f τ (g−1zτ ) = f τ ((g−1z)τ ) = (f(g−1z))τ = (gf(z))τ = (gf)τ (zτ ),

da cui g(f τ ) = (gf)τ . Se abbiamo tale relazione per le funzioni di OC,x, essa

sara vera per le funzioni del completamento OC,x.Essendo g generatore distinto e τ omomorfismo:

guτ = (gu)τ = (ζeu)τ = ζτe uτ .

g2uτ = g(guτ ) = gζτe uτ = (ζτe )2uτ .

Iterando il procedimento, gmuτ = (ζme )τuτ = ζeuτ .

Se g1 e l’elemento distinto di Gzτi, g1u

τ = ζeuτ , segue che g1 = gm.

Riportiamo di seguito gli enunciati di alcuni risultati che e opportuno tenere

a mente per meglio comprendere gli sviluppi futuri.

Teorema 7. Siano p1, ..., pn ∈ C n ≥ 1 punti distinti e sia S = C\p1, ..., pn.Scegliamo q0 ∈ S tale che la linea q0pi non contiene nessun pj ∀ i 6= j. Scri-

viamo pi = q0 + ρi exp(√−1θi) con ρi ∈ R+ e 0 ≤ θi < 2π (per i = 1, ..., n).

Ordiniamo i pi in modo che θ1 > θ2 > ...... Scegliamo i raggi M1, ...,Mn

nel piano complesso C emanati da q0, tali che le componenti connesse di

C\M1 ∪ .... ∪ Mn contengono esattamente un pi. Sia Si la componente

contenente pi. Sia Di un disco intorno pi la cui chiusura e contenuta in Si.

Sia γi un cammino in Si ∪ q0 che va lungo una linea tra q0 e pi fino ad

incontrare la frontiera di Di, gira intorno tale frontiera nella direzione anti-

oraria e ritorna in q0 percorrendo di nuovo la linea q0pi. Allora abbiamo:

(a) I cammini γ1, ..., γn sono cammini chiusi in S con punto base in q0 e le

loro classi generano il gruppo fondamentale π1(S, q0).

(b) Sia G un gruppo con generatori g1, ..., gn. Allora esiste un ricoprimento di

Galois f : R→ S, un isomorfismo θ : Deck(f)→ G e un punto b ∈ f−1(q0)

tali che la composizione di θ con la suriezione Φb : π1(S, q0)→ Deck(f) (vedi

la Proposizione 3 ) manda [γi] in gi (per i = 1, ..., n).

Adesso identifichiamo G con Deck(f) mediante l’isomorfismo θ. Se G e fi-

nito allora f : R → P1\p1, ..., pn,∞ e un ricoprimento di Galois e per le

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1.3. COMPORTAMENTO VICINO AI PUNTI DI DIRAMAZIONE DIUN RICOPRIMENTO DELLA SUPERFICIE DI RIEMANN

orbite di coniugazione associate Ci := Cpi e C∞ di G abbiamo che gi ∈ Ci e

(g1, ..., gn)−1 ∈ C∞ per i = 1, ..., n.

Corollario 3. Sfruttando la notazione del Teorema precedente, il gruppo

fondamentale π1(S, q0) di S = C\p1, ..., pn e liberamente generato dalle

classi di γ1, ..., γn−1.

Il seguente teorema mostra l’equivalenza tra ricoprimenti di Galois della

sfera di Riemann ed estensioni di Galois di C(x):

Teorema 8. Sia G gruppo finito. Sia P ⊂ P1, q ∈ P1\P . C’e una corri-

spondenza tra i seguenti oggetti:

1. Le classi di isomorfismo su C(x) delle estensioni di Galois L/C(x) con

gruppo di Galois isomorfo a G e con punti di diramazione contenuti in P .

2. Le classi di equivalenza di ricoprimenti di Galois f : R→ P1\P con grup-

po di automorfismi isomorfo a G.

3. I sottogruppi normali del gruppo fondamentale π1(P1\P, q) con quoziente

isomorfo a G.

Ci soffermiamo ad osservare la corrispondenza tra 2. e 3. che si ottiene

associando ad f il nucleo della suriezione Φb : π1(P1\P, q)→ Deck(f) (della

Proposizione 3), per qualsiasi b ∈ f−1(q).

Notiamo, per prima cosa, che il nucleo di Φb non dipende dalla scelta di b.

(Infatti, preso un altro b′ ∈ f−1(q) la funzione Φb′ e la composizione di Φb con

un automorfismo interno di Deck(f)). E’ chiaro che ricoprimenti equivalenti

danno gli stessi sottogruppi normali. Viceversa, due ricoprimenti corrispon-

denti allo stesso sottogruppo normale sono equivalenti per il Corollario 2.

Rimane da provare che ogni sottogruppo normale N di Γ = π1(P1\P, q) con

Γ/N ∼= G e della forma Ker(Φb) per qualche f come in 2.

Se ∞ ∈ P , cio segue dal Teorema 7, prendendo come g1, ..., gn le immagini

di γ1, ..., γn in G. (Osserviamo che la scelta di q non risulta rilevante, usando

l’isomorfismo tra π1(S, q) e π1(S, p)).

Il caso generale segue da un cambiamento di coordinate3.

3Infatti, se g : P1 → P1 e un omeomorfismo della forma z 7→ z−p0,∞ 7→ ∞ (per p0 ∈ C)o della forma z 7→ 1/z, 0 7→ ∞, ∞ 7→ 0, allora considerando f := g f : R → P1\g(P )otteniamo un altro ricoprimento finito di Galois, con gruppo di automorfismi uguale adH = Deck(f). Per ulteriori precisazioni riguardo cio, rimandiamo a [2] (pag. 83).

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Capitolo 2

Spazi di Hurwitz

2.1 Classi di coniugio distinte nel Gruppo Fon-

damentale della Sfera Puntata

Sia P un sottoinsieme finito di C e p ∈ P , p0 ∈ P1\P .

Scegliamo un cammino χ ∈ P1\P da p0 a p+ d, con d > 0. Il cammino

λ(t) = p + d exp(2π√−1t) (con t ∈ [0, 1]) e un cammino chiuso con punto

base p+d, che gira intorno p nella direzione anti-oraria.

Allora γ := χλχinv (dove percorriamo dapprima χ, poi λ e infine χinv che e

l’inverso del cammino χ) rappresenta un elemento [γ] di π(P1\P, p0) e questi

elementi [γ] (che abbiamo gia introdotto nel paragrafo 1.2) attraversano una

classe di coniugio di π1(P1\P, p0) quando χ e d variano.

Denotiamo questa classe con Σp = Σ(P1\P, p0).

Tale classe e detta classe di coniugio distinta di π1(P1\P, p0).

Se ω e un cammino in P1\P da p0 a p′0 allora l’isomorfismo ω∗ : π1(P1\P, p0)→π1(P1\P, p′0) manda la classe Σ(P1\P, p0) in Σ(P1\P, p′0).

Lemma 3. (i) Sia P ′ = P\p. Allora il sottogruppo (normale) di

Γ = π1(P1\P, p0) generato da Σp consiste di tutte le [γ] ∈ Γ per le quali il

cammino γ e omotopicamente nullo in P1\P ′.(ii) Supponiamo che f : R→ P1\P sia un ricoprimento finito di Galois con

gruppo di automorfismi G. Allora per ogni b ∈ f−1(p0) la suriezione (della

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2.1. CLASSI DI CONIUGIO DISTINTE NEL GRUPPOFONDAMENTALE DELLA SFERA PUNTATA

Proposizione 3 ) Φb : π1(P1\P, p0) → Deck(f) manda Σp nella classe Cp di

Deck(f).

Dimostrazione. (i) Sia ν : Γ → Γ′ := π1(P1\P ′, p0) la funzione indotta

dall’inclusione. Sia N il gruppo generato da Σp. Per pervenire alla tesi,

proviamo che N = Kerν. Chiaramente, N sta nel nucleo di ν.

Viceversa, ordiniamo gli elementi di P, p1, ..., pr con p1 = p.

Identifichiamo i cammini e le loro classi di omotopia, per semplicita.

Per il Corollario 3 il gruppo Γ e libero ed e generato da elementi γ1, ..., γr−1

con γi ∈ Σpi . Inoltre, Γ′ e libero ed e generato dalle classi di γ2, ..., γr−1.

Poiche Γ/N e generato dalle immagini di γ2, ..., γr−1 e la funzione indotta

ν : Γ/N → Γ′ manda questi elementi nei generatori liberi di Γ′, segue che

ν e un isomorfismo. Quindi Kerν = N e poiche ν = νπ, se γ ∈ Kerν si

ha che γN ∈ Kerν quindi γN = N cioe γ ∈ N ossia Kerν ⊂ N . Cio

prova la (i). Per la (ii) rimandiamo agli argomenti trattati nel paragrafo 1.2

e in particolare a (b) del Teorema 7. Infatti, identificando G con Deck(f)

mediante l’isomorfismo tra essi, abbiamo che [γi] viene mandato in gi ∈ Ci ∀ i.

Osservazione 4. Da (i) del lemma segue che: Sia G gruppo finito, U 5 G

non contenente sottogruppi normali non banali di G. Sia X ′ una super-

ficie di Riemann compatta e connessa, ϕ′ : X ′ → P1 un ricoprimento,

b = b1, ..., br luogo dei punti di diramazione di ϕ′ e sia Uϕ′ un sottogruppo

di Γ0 := π1(P1\b, a0), a0 ∈ P1\b, corrispondente al rivestimento topolo-

gico ottenuto togliendo a ϕ′ i suoi punti di diramazione. Supponiamo che

uno dei sottogruppi di Γ0 corrispondenti a tale rivestimento e della forma

f−1(U) (vale a dire che f−1(U) appartiene alla classe di coniugio di Uϕ′),

dove f : Γ0 → G e un omomorfismo suriettivo. Allora ϕ′ ha esattamente r

punti di diramazione b1, ..., br se e solo se f(Σbi) 6= 1 ∀ i = 1, ..., r.

Dimostrazione.⇒) Sotto tali ipotesi, f−1(U) non puo contenere il nucleo

di Γ → Γi ∀ i. Infatti se per qualche i si avesse che tale nucleo N (che

corrisponde, come si puo osservare dalla dimostrazione di (i), al sottogruppo

generato da Σbi) fosse contenuto in f−1(U), allora f(N) ⊂ U ma cio non e

possibile in quanto per ipotesi U non contiene sottogruppi normali non ba-

nali.

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2.2. SPAZI DI MODULI PER RICOPRIMENTI DELLA SFERA DIRIEMANN

Cio vuol dire che il sottogruppo generato da Σbi non appartiene a f−1(U),

quindi f(Σbi) * U per cui sicuramente f(Σbi) 6= 1 ∀ i.⇐) Ovviamente Σbi sono le classi di coniugio di Γ0 := π1(P1\b, b0) che si

possono associare in corrispondenza a ciascun punto di diramazione. Suppo-

niamo che ϕ′ non abbia bi come punto di diramazione per qualche i. Allora,

per (i), si avrebbe che Σbi = 1 in Γ ed essendo f un omomorfismo, ovvia-

mente si avrebbe f(Σbi) = 1, contro l’ipotesi.

Segue che bi sono punti di diramazione di ϕ′ ∀ i.

2.2 Spazi di moduli per ricoprimenti della sfe-

ra di Riemann

Sia G un gruppo finito e U5G un sottogruppo che non contiene sottogruppi

normali non banali di G.

Sia Aut(G,U) il gruppo di tutti gli automorfismi di G che fissano la classe

di coniugio di U e sia Inn(G) il gruppo degli automorfismi interni.

2.2.1 Classi di Nielsen e gruppo di monodromia di

Hurwitz

In questo sottoparagrafo ci occupiamo di fissare una prima terminologia.

Sia r un intero >1 e consideriamo l’insieme:

εr = εr(G) = (σ1, ..., σr)/σ1, ..., σr ∈ G\1, 〈σ1, ..., σr〉 = G, σ1 · ... ·σr = 1.Sia εabr (G,U) (rispettivamente εinr (G,U)) il quoziente di εr rispetto all’azione

componente per componente di Aut(G,U) (rispettivamente di Inn(G)).

Per ogni classe di coniugio C di G e per ogni intero m definiamo Cm la classe

di coniugio di gm, g ∈ C.

Dato un campo k, denoteremo con Gk := Gal(k/k), con k chiusura algebrica

di k.

Definizione. C = (C1, ..., Cr) una r-upla di classi di coniugio di G.

Diciamo che essa e razionale se per ogni intero m coprimo con l’ordine di

G abbiamo Cm = (Cm1 , ..., C

mr ) = (Cπ(1), ..., Cπ(r)) per qualche π in Sr.

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2.2. SPAZI DI MODULI PER RICOPRIMENTI DELLA SFERA DIRIEMANN

Definizione. La classe di Nielsen Ni(C) di C e l’insieme di tutte le r-uple

(σ1, ..., σr) ∈ εr per le quali esiste una permutazione π in Sr con σi ∈ Cπ(i)

per i=1,...,r.

Definiamo l’insieme Ni(C)ab(rispettivamente Ni(C)in) l’immagine di Ni(C)

in εabr (rispettivamente in εinr ).

Sia Pr lo spazio dei polinomi complessi non nulli di grado al piu r a meno

di una moltiplicazione con una costante.

Sia t = t1, ..., tr ⊂ P1C un generico insieme di punti di diramazione di un

dato rivestimento.

Indichiamo con Ur lo spazio che parametrizza tali insiemi, che si rivela essere,

come vedremo, una varieta algebrica su Q costituita dagli insiemi di r punti

distinti di P1C.

Identifichiamo ciascun t con i coefficienti di un polinomio corrispondente di

Pr le cui radici sono t1, ..., tr, considerando ∞ come radice se il grado del

polinomio e r − 1. Gli elementi t1, ..., tr che contengono meno di r punti

distinti sono tali che i coefficienti dei polinomi corrispondenti annullano il

discriminante di tali polinomi ed essi formano il luogo del discriminante di

Pr.Consideriamo Ur come lo spazio proiettivo Pr privato del luogo del discrimi-

nante. Indichiamo con U r lo spazio (P1)r privato delle r-uple con coordinate

uguali.

La varieta Ur corrisponde al quoziente di U r mediante l’azione di Sr (infatti

le r-uple costituite dagli stessi elementi di U r disposti in ordine diverso de-

terminano lo stesso punto di Ur).

Fissiamo un punto base b = (b1, ..., br) in Ur che e razionale su Q (vale a

dire che i bi sono permutati da GQ); inoltre assumiamo bi 6=∞ ∀ i.Consideriamo per adesso Ur solo come una varieta complessa.

Il gruppo topologico fondamentale π1(Ur,b) e chiamato gruppo di mono-

dromia di Hurwitz.

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2.2. SPAZI DI MODULI PER RICOPRIMENTI DELLA SFERA DIRIEMANN

2.2.2 Spazi di moduli

Da ora in poi denotiamo con ϕ : X → P1 un ricoprimento ramificato di

superfici di Riemann compatte e connesse.

Definizione. Due ricoprimenti ϕ : X → P1 e ϕ′ : X ′ → P1 sono detti

equivalenti se esiste un isomorfismo δ : X → X ′ con ϕ′ δ = ϕ.

Denotiamo con Aut(X/P1) il gruppo di automorfismi del ricoprimento

ϕ : X → P1, cioe automorfismi δ di X con ϕ δ = ϕ.

Definizione. Il ricoprimento ϕ e detto di Galois se Aut(X/P1) e transitivo

sulle fibre di ϕ.

Definizione. Sia P ∈ Ur e p0 ∈ P1\P . Una funzione f : π1(P1\P, p0)→ G

e ammissibile se e un omomorfismo suriettivo e f(Σp) 6= 1 ∀ p ∈ P .

Σp = Σp(P1\P, p0) e la classe di coniugio definita precedentemente.

Siano a1, ..., ar ∈ P1 punti di diramazione del ricoprimento ϕ e indichiamo

a = a1, ..., ar ∈ Ur il luogo di diramazione di ϕ.

Allora ϕ si restringe ad un ricoprimento topologico ϕ0 non ramificato della

sfera puntata P1\a, per la Proposizione 1.

Scegliamo un punto base a0 su questa sfera puntata.

Dalla teoria degli spazi di ricoprimento, la classe di equivalenza di ϕ0 corri-

sponde alla classe di coniugio [Uϕ] dei sottogruppi Uϕ del gruppo fondamen-

tale Γ = π1(P1\a, a0). Infatti abbiamo una corrispondenza 1-1 tra le classi di

equivalenza dei ricoprimenti ϕ′ : X ′ → P1 con punti di diramazione a1, ..., ar

e classi di coniugio di sottogruppi di Γ di indice finito.

Inoltre, per tale corrispondenza, dal Teorema 6 segue che Aut(X/P1) ∼=Deck(ϕ0) e isomorfo a NΓ(Uϕ)/Uϕ dove NΓ(Uϕ) e il normalizzante di Uϕ in Γ.

Sia H ab = H abr (G,U) l’insieme delle classi di equivalenza |ϕ| di tutti i

ricoprimenti ϕ : X → P1 con r punti di diramazione per i quali c’e una su-

riezione f : Γ → G con f−1(U) coniugato di Uϕ (indipendentemente dalla

scelta del punto base a0).

Ricaviamo, dalla definizione, che tale f e ammissibile. Segue che possiamo

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2.2. SPAZI DI MODULI PER RICOPRIMENTI DELLA SFERA DIRIEMANN

denotare ϕ ∈H ab con la coppia (P, f), dove P e l’insieme dei punti di dira-

mazione di ϕ e f la funzione ammissibile corrispondente.

Viceversa, data una tale coppia, ripercorrendo i passaggi dell’Osservazione 4,

possiamo risalire ad un ricoprimento ϕ ∈H ab, definito a meno di equivalen-

ze. Tale corrispondenza tra ϕ ∈ H ab e (P, f) con P punti di diramazione

di un rivestimento determinato da f ammissibile (a meno di equivalenze), e

ben posta poiche sottogruppi coniugati determinano rivestimenti equivalenti

e viceversa.

L’equivalenza di coppie sara la seguente: (P, f) e equivalente a (P ′, f ′) se

P = P ′ e f ′ = Af per qualche A ∈ Aut(G,U).

Indichiamo con [P, f ] la classe di equivalenza corrispondente alla coppia

(P, f).

La corrisponenza 1-1 tra le classi di equivalenza di ricoprimenti ϕ e delle loro

restrizioni ϕ0 ci permette di dire che il punto |ϕ| di H ab e rappresentato da

ϕ0.

(1)Aut(X/P1) = 1 se la classe di ϕ : X → P1 appartiene a H ab = H abr (G,U)

e U coincide con il suo normalizzante.

Verifichiamo cio: Abbiamo che NG(U) = g ∈ G: gUg−1 = U = U .

Come gia discusso, Aut(X/P1) ∼= NΓ(Uϕ)/Uϕ.

NΓ(f−1(U)) = α ∈ Γ : αf−1(U)α−1 = f−1(U) = α ∈ Γ : f(α)Uf(α)−1 =

U = α ∈ Γ : f(α) ∈ NG(U) = α ∈ Γ : f(α) ∈ U = f−1(U).

Aut(X/P1) = NΓ(Uϕ)/Uϕ e coniugato aNΓ(f−1(U))/f−1(U) = f−1(U)/f−1(U) =

1Γ. Da cio segue che NΓ(f−1(Uϕ))/f−1(Uϕ) e il sottogruppo banale ⇒Aut(X/P1) = 1.

Sia H in = H inr (G) l’insieme delle classi di equivalenza delle coppie (χ, h)

dove χ : X → P1 e un ricoprimento di Galois con r punti di dirama-

zione e h : Aut(X/P1) → G e un isomorfismo; due tali coppie (χ, h) e

(χ′ : X ′ → P1, h′) sono equivalenti se c’e un isomorfismo δ : X → X ′ su

P1 tale che χ′ δ = χ e h′ cδ = h, dove cδ : Aut(X/P1) → Aut(X ′/P1) e

l’isomorfismo α 7→ δ α δ−1 indotto da δ.

Denotiamo con |χ, h| la classe di equivalenza della coppia (χ, h).

Notiamo che i punti di H in sono in corrispondenza con le triple (a, a0, f)

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2.2. SPAZI DI MODULI PER RICOPRIMENTI DELLA SFERA DIRIEMANN

dove a = a1, ..., ar ∈ Ur luogo dei punti di diramazione di χ, a0 ∈ P1\ae dipendentemente dalla scelta del punto base x ∈ χ−1(a0) abbiamo che

f : π1(P1\a, x) → G e proprio l’omomorfismo di monodromia f = h Φx,

con Φx la suriezione della Proposizione 3. Quindi, per il Teorema 8, a χ cor-

risponde il sottogruppo Uχ = Ker(Φx) = Ker(f).

Due triple (a, a0, f) e (a, a0, f) sono dette equivalenti se a = a e se c’e un

cammino γ da a0 a a0 in P1\a tale che la funzione indotta γ∗ : π(P1\a, a0)→π1(P1\a, a0) soddisfa f γ∗ = f .

Notiamo che variare x ∈ χ−1(a0) significa comporre Φx con automorfismi

interni di Aut(X/P1). Quindi h ed f sono determinati l’un l’altro a meno di

automorfismi interni di G e cio e compatibile con l’equivalenza delle coppie

(rispettivamente delle triple).

Abbiamo una funzione naturale Λ : H in → H ab che manda |χ, h| nella

classe del ricoprimento ϕ : X/h−1(U)→ P1 indotto da χ : X → P1.

Allora f−1(U) e uno dei sottogruppi corrispondente al rivestimento topolo-

gico ϕ0 ottenuto da ϕ.

Dal momento in cui U non contiene sottogruppi normali non banali di G,

l’intersezione di tutti i coniugati di f−1(U) e uguale a Ker(f).

Segue che ϕ ha esattamente gli stessi r punti di diramazione di χ.

Infatti, se ai non fosse un punto di diramazione per ϕ, cioe se Ker(Γ→ Γi)

stesse in f−1(U), avremmo che il gruppo generato dalla classe di coniugio

Σai associata al punto di diramazione ai, dovrebbe stare in f−1(U), quindi

f(Σai) apparterrebbe ad U e poiche U non contiene sottogruppi normali non

banali, f(Σai) = 1 da cui Σai ∈ Ker(f), dunque ai non sarebbe un punto di

diramazione di χ, ottenendo una contraddizione.

Quindi |ϕ| sta in H ab = H abr (G,U) e Λ e ben definita.

Topologia degli spazi di moduli

Siano Ψ : H ab → Ur e Ψ′ : H in → Ur le funzioni che mandano |ϕ| e

|χ, h| nell’insieme dei punti di diramazione di ϕ e χ, rispettivamente. Allora

Ψ′ = Ψ Λ. Gli insiemi H in e H ab trasportano una topologia naturale tale

che Ψ,Ψ′ e Λ diventano ricoprimenti (non ramificati). Per quanto riguarda

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2.3. AZIONE DI MONODROMIA SULLE FIBRE DI H AB E H IN

H ab, per determinare un intorno N = N (p;D1, ..., Dr) di p = |ϕ| in

H ab , scegliamo dischi a due a due disgiunti D1, ..., Dr attorno ai punti di

diramazione a1, ..., ar di ϕ.

Allora N consiste di tutte le classi |ϕ| tali che |ϕ| ha esattamente un punto

di diramazione in ciascun Di e i due ricoprimenti di P1\(D1∪ ...∪Dr) indotti

da ϕ e ϕ sono equivalenti. Tali N formano una base per gli intorni di p in

H ab. La topologia analoga su H in e definita come segue: per specificare un

intorno N ′ = N ′(p;D1, ..., Dr) di un punto in H in rappresentato da una

tripla (a, a0, f), scegliamo dischi Di attorno agli ai, con a0 /∈ D1 ∪ ... ∪Dr.

Allora N ′ consiste di tutti i punti rappresentati dalle triple (a, a0, f) tali che

a ha esattamente un punto in ciascun Di e f e la composizione di isomorfismi

π(P1\a, a0) ∼= π(P1\(D1 ∪ ... ∪Dr), a0) ∼= π(P1\a, a0) con f .

Tali N ′ formano una base per la topologia.

Analogamente, dotiamo lo spazio Ur di una topologia, usando gli intorni

N0(D1, ..., Dr) costituiti da tutti i punti P = p1, ..., pr con pi ∈ Di ∀ i. Qui

D1, ..., Dr sono dischi disgiunti in C.

Attraverso i ricoprimenti Ψ e Ψ′, gli spazi H ab e H in ereditano naturalmente

una struttura di varieta topologiche complesse (cio deriva dalla teoria degli

spazi di ricoprimento, ricordiamo infatti che se f : R→ S e un ricoprimento

con R, S spazi topologici, allora R e una varieta topologica. Nel nostro caso

S e un sottoinsieme di P1 per cui otteniamo varieta topologiche complesse).

2.3 Azione di monodromia sulle fibre di H ab

e H in

Consideriamo Cr dotato dell’usuale topologia euclidea (che ha base caratte-

rizzata dali insiemi D1 × ...×Dr, dove i Di sono dischi aperti in C).

Sia U (r) il sottospazio costituito dalle r-uple (p1, ..., pr) ∈ Cr con

pi 6= pj ∀ i 6= j.

Allora la funzione U (r) → U (r−1), (p1, ..., pr) → (p1, ..., pr−1) e continua,

aperta e suriettiva. Le sue fibre sono omeomorfe a C\P ′, con P ′ ∈ U (r−1),

quindi sono connesse. Quindi U (r−1) e connesso, da cui, si verifica per indu-

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2.3. AZIONE DI MONODROMIA SULLE FIBRE DI H AB E H IN

zione che U (r) e anch’esso connesso. Allora Ur e connesso, per il seguente

lemma.

Lemma 4. La funzione ϑ : U (r) → Ur, (p1, ..., pr) → p1, ..., pr e un

ricoprimento di Galois. Il suo gruppo di automorfismi e isomorfo al gruppo

simmetrico Sr, per mezzo della funzione che associa a σ ∈ Sr l’automorfismo

(p1, ..., pr)→ (pσ−1(1), ..., pσ−1(r)).

Dimostrazione. Siano D1, ..., Dr dischi disgiunti in C. L’immagine inversa

in U (r) dell’intorno N0(D1, ..., Dr) e l’unione disgiunta di Dσ(1)× ...×Dσ(r),

σ ∈ Sr. Chiaramente, ϑ manda ogni Dσ(1)× ...×Dσ(r) omeomorficamente in

N0(D1, ..., Dr). Quindi ϑ e un ricoprimento.

Inoltre, Sr si immerge in Deck(ϑ) mediante la funzione data nel lemma.

Poiche Sr agisce transitivamente su ogni fibra ϑ−1(P ), P ∈ U (r), segue che

ϑ e un ricoprimento di Galois e, per la (iv) del Lemma 2, si ha Deck(ϑ) = Sr.

Fissiamo P0 = 1, 2, ..., r come punto base di Ur.

Per i ∈ N con 1 ≤ i ≤ r − 1, definiamo un cammino chiuso Qi in Ur come

segue: Qi(t) = p1(t), ..., pr(t), dove pj(t) e il cammino costante con punto

base in j per j 6= i e

pi(t) = (2i+1)−exp(π√−1t)

2, pi+1(t) = (2i+1)+exp(π

√−1t)

2per t ∈ [0, 1].

Notiamo che Qi sono continui per il lemma precedente. Denotiamo anche

con Qi l’elemento corrispondente di Hr := π1(Ur, P0).

Sia B0 = (1, 2, ..., r) ∈ ϑ−1(P0) il nostro punto base in U (r).

Dalla Proposizione 3 prendiamo la funzione ΦB0 : Hr → Deck(ϑ). Compo-

nendola con l’isomorfismo Deck(ϑ)→ Sr otteniamo un omomorfismo suriet-

tivo κ : Hr → Sr. Questa funzione puo essere descritta come segue.

Sia Q un cammino chiuso in Ur con punto base P0 e sia Q il suo solleva-

mento a U (r) con punto iniziale B0. Abbiamo Q(t) = (q1(t), ..., qr(t)), dove

qj e un cammino in C con punto iniziale j. Quindi Q(t) puo essere scritto

come Q(t) = q1(t), ..., qr(t). Il punto finale di Q e uguale al punto ini-

ziale P0 = 1, ..., r, quindi c’e σ ∈ Sr tale che qj ha punto finale σ(j) (per

j = 1, ..., r). Allora l’elemento di Deck(ϑ) indotto da σ, per l’isomorfismo del

lemma precedente, manda Q(1) in Q(0) = B0. Cio vuol dire che κ(Q) = σ.

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2.3. AZIONE DI MONODROMIA SULLE FIBRE DI H AB E H IN

In particolare, κ(Qi) = (i, i + 1) = trasposizione che manda i in i + 1 (per

i = 1, ..., r − 1). E’ ben noto che le trasposizioni (i, i+ 1) generano Sr.Di seguito la ′′versione continua′′ di cio:

Teorema 9. Gli elementi Q1, ..., Qr−1 generano il gruppo Hr := π1(Ur, P0).

Per la dimostrazione rimandiamo a [2] (Teorema 10.10).

2.3.1 Azione del gruppo delle trecce sui Sistemi di

Generatori

Sia Γ0 = π1(P1\P0,∞), con P0 = 1, 2, ...r ∈ Ur. Specifichiamo dapprima i

generatori di Γ0.

Per j = 1, ..., r sia Cj il cerchio intorno j di raggio 1/4 e il raggio Rj =

j − b√−1 : b ∈ R, b ≥ 1/4. Sia γj un cammino chiuso in P1 che va da

∞ verso j lungo Rj fino ad incontrare il cerchio Cj, poi attraversa Cj in

direzione anti-oraria e ritorna ad ∞ lungo Rj. Denotiamo con γj l’elemento

corrispondente di Γ0. Chiaramente, γj appartiene alla classe di coniugio Σj

di Γ0 associata al punto j ∈ P0. Il prodotto γ1 · · · γr e omotopo ad un cam-

mino che gira intorno a tutti i punti di P0, quindi e omotopicamente nullo

in P1\P0. Quindi γ1 · · · γr = 1 in Γ0. Applicando il Corollario 3 segue che

γ1, ..., γr−1 sono generatori liberi di Γ0.

Studiamo il ricoprimento Ψ : H ab → Ur. Ricordiamo che c’e un’azione na-

turale del gruppo fondamentale Hr = π1(Ur, P0) sulle fibre del punto base

P0. Per descrivere esplicitamente questa azione, ci avvaliamo di una para-

metrizzazione della fibra Ψ−1(P0).

Tale fibra consiste di tutti gli elementi [P0, ϕ] dove ϕ : Γ0 → G e ammissibile.

Tale ϕ e determinato dai suoi valori g1, g2, ..., gr sui generatori γ1, ..., γr di Γ0.

Tali r-uple (g1, ..., gr) danno la parametrizzazione richiesta.

Sia εr(G) = (g1, ..., gr) ∈ Gr/G = 〈g1, ..., gr〉 g1 · · · gr = 1, gi 6= 1 ∀ i.Il gruppo A = Aut(G,U) agisce su questo insieme, preso A ∈ A la r-upla

(g1, ..., gr) viene mandata in (A(g1), ..., A(gr)).

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2.3. AZIONE DI MONODROMIA SULLE FIBRE DI H AB E H IN

ε(ab)r (G) e l’insieme delle A-orbite su εr(G).

Lemma 5. Otteniamo una biezione Ψ−1(P0) → ε(ab)r (G) che manda [P0, ϕ]

nella classe di (g1, ..., gr), dove gi = ϕ(γi).

Dimostrazione. Dalla definizione, un omomorfismo suriettivo ϕ : Γ0 → G

e ammissibile se e solo se ϕ prende valori non banali sulle classi Σj di Γ0

associate ai punti di P0. Poiche γj ∈ Σj segue che ϕ e ammissibile se e

solo se ϕ(γj) 6= 1 ∀ j. Inoltre ϕ e ϕ′ corrispondono allo stesso elemento di

Ψ−1(P0) se e solo se ϕ′ = Aϕ per qualche A ∈ A. Considerando le r-ple

corrispondenti, cio vuol dire che (g′1, ..., g′r) = (A(g1), ..., A(gr)).

Quindi la funzione del lemma e ben definita ed iniettiva. Essa e suriettiva

perche Γ0 e libero su γ1, ..., γr−1 quindi ciascun (g1, ..., gr) ∈ εr(G) da luogo

ad un omomorfismo ammissibile ϕ.

Per mezzo della biezione del lemma, l’azione di H abr su Ψ−1(P0) compor-

ta un’azione su ε(ab)r (G).

Osserviamo inoltre che analogamente, si ha una biezione tra i punti |χ, h|della fibra Ψ′−1(P0) e l’insieme εinr =(εr modulo Inn(G)) nel seguente modo:

Dato (χ, h) ∈H inr , con a = a1, ..., ar punti di diramazione di χ, definiamo,

come visto precedentemente, f = hΦb : Γ0 → G con b ∈ χ−1(a0), a0 ∈ P1\a.

Associamo a (χ, h) la r-upla (σ1, ..., σr) = (f(γ1), ..., f(γr)) ∈ εinr . Cio con-

duce alla biezione desiderata, poiche f e determinata da |χ, h| a meno di

automorfismi interni di G. Anche tale biezione induce un’azione di Hr su

εinr . Prima di soffermarci su tali azioni, riportiamo un lemma che ci servira

per dimostrare il teorema successivo, che riguarda appunto l’azione suddetta.

Sia (θt)t∈[0,1] una famiglia di omeomorfismi di uno spazio topologico R.

Diciamo che tale famiglia e continua se la funzione (t, p) 7→ θt(p) e una

funzione continua da [0, 1]×R→ R.

Lemma 6. (a) Ogni omeomorfismo θ : P1 → P1 che fissa ∞ induce un

omeomorfismo θ : H (ab)r (G) → H (ab)

r (G) che manda [P, ϕ] in [θ(P ), ϕθ−1].

ϕθ−1 e la composizione di ϕ con la funzione π1(P1\θ(P ),∞)→ π1(P1\P,∞)

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2.3. AZIONE DI MONODROMIA SULLE FIBRE DI H AB E H IN

indotta da θ−1.

(b) Se (θt)t∈[0,1] e una famiglia continua di omeomorfismi di P1 che fissano

∞ allora la famiglia (θt)t∈[0,1] e pure continua.

Dimostrazione. Tutti i gruppi fondamentali nella dimostrazione hanno

come punto base ∞ quindi scegliamo, per comodita, di omettere l’indicazio-

ne di tale punto base e indicheremo i gruppi fondamentali con π1(P1\P ).

(a) Chiaramente, ϕθ−1 e un omomorfismo suriettivo π1(P1\θ(P ))→ G. Per

la (i) del Lemma 3, la funzione π1(P1\θ(P ),∞) → π1(P1\ P,∞) indotta da

θ−1 manda il sottogruppo generato da Σθ(P ) in quello generato da ΣP . Allora

ϕθ−1(Σθ(P )) = ϕ(ΣP ) 6= 1, quindi ϕθ−1 e ammissibile e θ e ben definita.

Poiche ˆθ−1 = θ−1, rimane da provare che θ e continua.

Chiaramente, la funzione P → θ(P ) e un omeomorfismo Ur → Ur.

Quindi, dato un intorno di [θ(P ), ϕθ−1] della forma N (D1, ..., Dr), ci sono

dischi disgiunti D1, ..., Dr attorno ai punti di P tali che θ(Di) ⊂ Di. Allora

l’intorno N (D1, ..., Dr) di [P, ϕ] e mandato in N (D1, ..., Dr) mediante θ.

Infatti, sia [P ′, ϕ′] in N (D1, ..., Dr) e γ ∈ π1(P1\(D1 ∪ .... ∪ Dr)). Allora

θ−1(γ) ∈ π1(P1\(D1 ∪ .... ∪ Dr)). Dalla definizione di intorno della base

N (D1, ..., Dr) abbiamo ϕ′(θ−1γ) = Aϕ(θ−1γ) per qualche A ∈ Aut(G,U).

Scrivendo cio come ϕ′θ−1(γ) = Aϕθ−1(γ), segue che [θ(P ′), ϕ′θ−1] sta in

N (D1, ..., Dr). Quindi θ e continua. Cio prova (a).

(b) Fissiamo t ∈ [0, 1] e [P, ϕ] in H ab(G). Consideriamo un intorno della

base [P, ϕ] in H ab(G).

Consideriamo un intorno della base N (D1, ..., Dr) di [θt(P ), ϕθ−1t ]. Poiche

la famiglia (θτ )τ∈[0,1] e continua, c’e un ε > 0 e dischi disgiunti D1, ..., Dr

attorno ai punti di P tali che θt′(Di) ⊂ Di ∀ t′ ∈ [0, 1] con |t− t′| < ε.

Allora, dalla dimostrazione di (a), θt′ con |t − t′| < ε manda l’intorno

N (D1, ..., Dr) di [P, ϕ] in N (D1, ..., Dr). Cio prova (b).

Teorema 10. Nell’azione di Hr su ε(ab)r (G), l’elemento Qi (1 ≤ i ≤ r − 1)

manda la classe di (g1, ..., gr) in quella di (g1, ..., gi−1, gigi+1g−1i , gi, ..., gr).

Dimostrazione. Fissiamo i con 1 ≤ i ≤ r − 1. Sia h : R+ → R+ una

funzione continua con h(u) = 1 per u ≤ 3/4 e h(u) = 0 per u ≥ 1.

Sia θt(z) = 2i+12

+ (z + 2i+12

)exp(h(|z − 2i+12|)π√−1t) per z ∈ C, t ∈ [0, 1].

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2.3. AZIONE DI MONODROMIA SULLE FIBRE DI H AB E H IN

Ponendo θt(∞) = ∞, otteniamo una famiglia (θt)t∈[0,1] di omeomorfismi di

P1.

Sul disco intorno 2i+12

di raggio 3/4 la funzione θt e una rotazione attorno2i+1

2di un angolo tπ nella direzione antioraria.

Al di fuori del disco di centro 2i+12

di raggio 1 e l’identita.

Il cammino t→ θt(P0) in Ur e esattamente il cammino Qi. Per il lemma pre-

cedente (θt)t∈[0,1] formano una famiglia continua di omeomorfismi di H abr (G).

Quindi t→ θt(B0) e il sollevamento di Qi per mezzo di Ψ con punto iniziale

B0 ∈ Ψ−1(P0). Il suo punto finale e θ1(B0). Dunque Qi, nella sua azione

naturale su Ψ−1(P0), coincide con θ1.

Sia ϕ : Γ0 → G ammissibile e sia (g1, ..., gr) = (ϕ(γ1), ..., ϕ(γr)) la r-pla

associata. Per definizione, θ1 manda [P0, ϕ] in [θ1(P0), ϕθ−11 ] = [P0, ϕθ

−11 ].

Quindi nella sua azione su ε(ab)r (G), Qi manda la classe di (g1, ..., gr) in quel-

la di (g′1, ..., g′r), dove g′j = ϕθ−1

1 (γj).

Dal momento in cui θ1 e l’identita al di fuori del disco attorno 2i+12

di raggio

1, abbiamo θ−11 (γj) = γj per j 6= i, i+ 1, quindi g′j = gj per quei j. Inoltre e

chiaro che θ−11 (γi+1) e omotopo a γi, quindi g′i+1 = gi. Poiche g′1 · · · g′r = 1,

si deve avere che g′i = gigi+1g−1i .

2.3.2 Componenti di H ab(G)

Se H e una componente connessa di H ab(G), allora Ψ si restringe ad un

ricoprimento H → Ur, per la Proposizione 2.

Quindi, per la biezione descritta dal precedente lemma, la fibra in H su P0

corrisponde ad Hr-orbite su ε(ab)r (G). Cio definisce una corrispondenza tra

le componenti di H ab(G) e le Hr-orbite su ε(ab)r (G).

Per ogni r-upla C = (C1, ..., Cr) di classi di coniugio non banali di G, l’insieme

Ni(C) e invariante sotto l’azione diHr. Quindi l’immagineNiab(C) diNi(C)

in ε(ab)r (G) e unione di Hr-orbite.

Le componenti di H ab(G) corrispondenti a queste orbite, possono essere

descritte come segue.

Proposizione 5. Sia C = (C1, ..., Cr) una r-upla di classi di coniugio non

banali di G. Sia H ab(C) il sottoinsieme di H ab(G) costituito dalle classi

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2.3. AZIONE DI MONODROMIA SULLE FIBRE DI H AB E H IN

[P, ϕ] tali che gli elementi di P possono essere ordinati come p1, ..., pr con

ϕ(Σpi) ∈ Ci per i = 1, ..., r; dove Σpi e la classe di π(P1\P,∞) associata a

pi.

Allora H ab(C) e unione di componenti connesse di H ab(G). Per la biezione

del Lemma 5 la fibra in H ab(C) su P0 corrisponde all’insieme Niab(C).

Cio comporta una corrispondenza tra le componenti di H ab(C) e Hr-orbite

su Niab(C).

In particolare, H ab(C) e connesso se e solo se Hr agisce transitivamente su

Niab(C).

Dimostrazione. L’insieme H ab(C) e aperto in H ab(G) poiche tutti i

punti nell’intorno della base N (D1, ..., Dr) corrispondono alla stessa funzione

π1(P1\(D1, ..., Dr),∞)→ G.

Allo stesso modo, il complementare di H ab(C) e aperto.

Quindi H ab(C) e aperto e chiuso, dunque e unione di componenti connesse

di H abr (G).

Ricordiamo adesso che, dato un ricoprimento f : R → S, con R ed S spazi

topologici e S varieta complessa, il gruppo π1(S, p) agisce transitivamente

su f−1(p) se e solo se R e connesso. Da tale risultato, tenuto conto che

Hr = π1(Ur,b) e che dal Lemma 5 si ha una corrispondenza tra la fibre in

H ab(C) su P0 e l’insieme Niab(C), perveniamo alla tesi.

Definizione. Sia C = (C1, ..., Cr) una r-upla di classi di coniugio non banali

di G. Gli spazi sopra descritti H ab(C) e H in(C), che denotano rispettiva-

mente le unioni di componenti connesse di H ab e di H in, prendono il nome

di spazi di Hurwitz.

Ogni componente di H ab (rispettivamente di H in) appartiene ad un tale

spazio di Hurwitz.

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2.4. LA STRUTTURA ALGEBRICA DEGLI SPAZI DI MODULI

2.4 La struttura algebrica degli Spazi di Mo-

duli

Vediamo come lo spazio Ur si immerge nello spazio affine come una varieta

affine (definita su Q).

Ricordiamo che ∀ r ≥ 2 c’e un polinomio ∆r ∈ Z[X1, ..., Xr] tale che il

discriminante di qualche polinomio monico f(Z) = Zr + a1Zr−1 + ...+ ar di

grado r (su un qualche campo) e dato da ∆r(a1, ..., ar). Il polinomio f(Z)

ha r radici distinte se e solo se ∆r(a1, ..., ar) 6= 0.

Lemma 7. Abbiamo un omeomorfismo Ur → (a1, ..., ar) ∈ Cr : ∆r(a1, ..., ar) 6=0 che manda p1, ..., pr in (a1, ..., ar) dove (Z − p1) · · · (Z − pr) = Zr +

a1Zr−1 + ...+ ar.

Dimostrazione. La biettivita della funzione segue dall’osservazione pri-

ma del lemma. La continuita deriva dal fatto che le funzioni simmetriche

elementari ai sono funzioni continue dei pi.

Per verificare che si tratta di un omemomorfismo, consideriamo dapprima

la funzione f : Cr\4 → Ar\4, (p1, ..., pr) 7→ (a1(p), ..., ar(p)), escludendo

quindi da Cr le r-uple con elementi uguali e indicando con ai(p), i = 1, ..., r

le funzioni simmetriche elementari di p1, ..., pr.

E’ ben noto che queste ultime generano l’anello di tutte le funzioni simme-

triche in r variabili.

Per i nostri presupposti, ricorriamo ad un altro insieme di generatori, costi-

tuito dalle funzioni di Newton che sono le funzioni simmetriche νi(p1, ..., pr) =

pi1 + ... + pir, i = 1, 2.... Sfrutteremo una proprieta delle funzioni simmetri-

che: ciascuna ai(p), i = 1, ..., r puo essere espressa come polinomio nei νi,

i = 1, ..., r 1. A questo punto, si osserva che il differenziale di f e non nullo

in ogni punto e per un noto risultato 2, f e invertibile.

Essendo f un biolomorfismo segue che, se prendiamo un punto p ∈ Cr\4 e

consideriamo un polidisco 41(p1) × ... ×4r(pr) con 4i(pi) = z ∈ C/ |z −1per la dimostrazione di cio rimandiamo al riferimento [16], pag. 156-157.2ci si riferisce al teorema della funzione inversa che vale nel caso in cui la funzione

olomorfa ha una variabile ma si puo generalizzare al caso di piu variabili.

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2.4. LA STRUTTURA ALGEBRICA DEGLI SPAZI DI MODULI

pi| < r dove il raggio r e scelto in modo tale che 4i(pi) ∩ 4i(pj) = ∅,f(41(p1)× ...×4r(pr)) e un aperto di (a1, ..., ar).

Considerando tutte le r-uple sopra (a1, ..., ar) (che sono date dai pi ordinati

diversamente) e le immagini f(41(pσi(1))× ...×4r(pσi(r))) := Vi con σi ∈ Sre i = 1, ..., r!, abbiamo che

⋂i=1,...,r! f(Vi) e un aperto di (a1, ..., ar).

Allora ∀ (a1, ..., ar) ∃ un suo intorno V tale che f−1(V ) ⊂⋃Vi con Vi poli-

dischi come specificato sopra, di raggio r.

Sia C un compatto di Ar\4. Considerando per ogni punto tale funzione,

si ha che C =⋃i=1,...l Vi con Vi intorni ottenuti applicando il ragionamento

precedente. Allora f−1(C) e contenuto nell’unione di vari polidischi, quindi

se (p1, .., pr) ∈ f−1(C), si ha che |pi| < R per qualche R.

Poiche scegliamo i 4i(pi) tra loro disgiunti, si ha che per qualche picco-

lo ρ > 0, |pi − pj| > ρ. Ricoprendo C con un numero finito di intorni,

le contro-immagini di tali intorni saranno ricoperte da un numero finito di

questi polidischi con vari ρi, quindi ∃ ε > 0: |pi − pj| > ε.

f : Cr\4 → UrΨ−→Ar\4

dove Ur = Cr\4/Sr e dotato della topologia quoziente e Ψ e la funzione del

lemma. Quindi, ∀ C compatto, f−1(C) e chiuso ed e contenuto nel prodotto

di DR × ...×DR ∩ Cr\4, con DR disco di raggio R.

Facciamo vedere che f−1(C) e un compatto di Cr\4. Consideriamo la stessa

funzione Cr → Ar che agisce come f .

Se C ⊂ Ar\4 e un compatto, abbiamo che f−1(C) e un chiuso in Cr e

f−1(C) ⊂ DR× ...×DR quindi f−1(C) compatto in Cr. Resta da vedere che

f−1(C) ⊂ Cr\4. Cio e vero perche ∀ p1, ..., pr ∈ f−1(C), |pi − pj| > ε.

Se abbiamo la topologia quoziente, l’immagine di un compatto e un compatto.

Quindi se consideriamo la funzione Ψ, avremo che l’anti-immagine di un

compatto e un compatto, quindi essa e propria.

Essendo una funzione continua e propria tra due varieta di Hausdorff, e

chiusa. Quindi Ψ e continua, biettiva e chiusa, allora e un omeomorfismo.

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2.4. LA STRUTTURA ALGEBRICA DEGLI SPAZI DI MODULI

2.4.1 Ricoprimenti di Varieta Affini

Richiamiamo alcune nozioni dalla Geometria Algebrica.

Un sottoinsieme A di Cn e chiamato insieme algebrico se e definito da

un sistema di equazioni f1(X1, ..., Xn) = 0, ..., fs(X1, ..., Xn) = 0 con fi ∈C[X1, ..., Xn], i = 1, ..., s.

Diciamo che A e definito su qualche sottocampo K di C se fi stanno in

K[X1, ..., Xn]. Prendiamo K algebricamente chiuso.

L’anello delle funzioni polinomiali K[A] di A su K e definito come l’anello

di tutte le funzioni A → K che sono indotte dalle funzioni polinomiali in

K[X1, ..., Xn].

Diciamo che A e irriducibile se l’anello C[A] e un dominio.

Se cio accade, A e una varieta affine. Tale A e chiamata non singolare se

la matrice (∂fi/∂xj)i=1,...,s,j=1,...,n ha lo stesso rango in tutti i punti di A.

Supponiamo adesso che A sia una varieta affine definita su K. Allora K[A]

e un dominio e definiamo il campo delle funzioni K(A) di A su K come il

campo delle frazioni di K[A].

Un’ applicazione polinomiale Cm → Cn e una funzione della forma

(a1, ..., am)→ (g1(a1, ..., am), ..., gn(a1, ..., am)) con gj ∈ C[X1, ..., Xm],

j = 1, ..., n.

Un’ applicazione polinomiale g : B → A dove A ⊂ Cn e B ⊂ Cm sono

insiemi algebrici, e la restrizione di una funzione polinomiale Cm → Cn (che

manda B in A).

Diciamo che tale funzione e definita su K se i gj ∈ K[X1, ..., Xm]. Se cio

accade, allora f → f g definisce un omomorfismo di K-algebre g∗ : K[A]→K[B]. Se g e suriettivo, allora g∗ e iniettivo, quindi induce un’immersione di

K(A) in K(B) per A,B irriducibili.

Un insieme algebricoA ⊂ Cn ha una topologia complessa che e la topologia di

Zariski, i cui chiusi sono gli insiemi algebrici contenuti in A.

Denotiamo con A(C) lo spazio topologico costituito da A insieme alla topo-

logia complessa.

Consideriamo la seguente generalizzazione del Teorema di Esistenza di Riemann

(per la cui dimostrazione rimandiamo a [16], exp. XII, Teorema 5.1):

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2.4. LA STRUTTURA ALGEBRICA DEGLI SPAZI DI MODULI

Teorema 11. (RET ) Sia A una varieta affine non singolare definita su un

campo algebricamente chiuso K ⊂ C. Allora abbiamo:

(a) Ogni ricoprimento topologico finito R → A(C) con R connesso e equi-

valente ad un ricoprimento g : B(C) → A(C) dove B e una varieta non

singolare affine definita su K e g e un’applicazione polinomiale definita su

K;

(b) Supponiamo che B e B′ siano varieta affini non singolari definite su K

e g : B → A, g′ : B′ → A applicazioni polinomiali definite su K che sono

ricoprimenti nella topologia complessa.

Allora ogni omeomorfismo α : B(C)→ B′(C) con g′α = g e un’applicazione

polinomiale definita su K;

(c) Ogni g induce un’immersione di K[A] in K[B], quindi di K(A) in K(B).

[K(B) : K(A)] e uguale al grado del ricoprimento g : B → A.

L’estensione K(B)/K(A) e di Galois se e solo se g e un ricoprimento di

Galois e in questo caso il gruppo di Galois di K(B)/K(A) e isomorfo a

Aut(B(C)/A(C)).

Ricordiamo che se A e una varieta affine in Cn definita su K ed f 6= 0 in

K[A] allora l’insieme Af = a ∈ A : f(a) 6= 0 ha una naturale struttura di

varieta affine definita su K.

Cio deriva dall’immersione di Af in Cn+1 come l’insieme delle coppie (a, b)

con a ∈ A, b ∈ C e f(a)b = 1. Se A e non singolare allora lo e anche Af .

Quindi la funzione del lemma precedente, immerge Ur nello spazio affine co-

me una varieta affine non singolare definita su Q.

Per la generalizzazione del teorema di Riemann, segue che ogni componente

H in H inr (G) si immerge allo stesso modo, in modo tale che Ψ : H → Ur di-

venta una funzione polinomiale definita su Q nelle coordinate di questi spazi

affini. Poiche ogni componente connessa H di H inr (G) ha una struttura di

varieta affine definita su Q, H inr (G) ha una struttura di insieme algebrico

affine definito su Q, le cui componenti irriducibili coincidono con le compo-

nenti H (componenti connesse nella topologia complessa).

Consideriamo il gruppo Aut(C/Q) costituito dagli automorfismi del campo

C che sono l’identita su Q.

Se B e una varieta affine in Cm definita su Q, allora ∀ α ∈ Aut(C/Q) con-

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2.5. PRELIMINARI SU VARIETA ALGEBRICHE SU CAMPIALGEBRICAMENTE NON CHIUSI

serva le equazioni di B.

Quindi α permuta i punti di B, mandando (b1, ..., bm) in (α(b1), ..., α(bm)).

Cio comporta un’azione di Aut(C/Q) sui punti di H, mediante l’immersione

di H nello spazio affine.

Per u ∈ H definiamo Q(u) il sottocampo di C generato da Q e dalle coor-

dinate u1, ..., um del punto (u1, ..., um) ∈ Cm corrispondente ad u (per l’im-

mersione di H nello spazio affine).

Sia adesso A ⊂ Aut(G,U), Inn(G) ⊂ A e HA l’immagine di H in H abr (G).

Allora HA e una componente di H abr (G).

Applicando il Teorema di Esistenza di Riemann, otteniamo un ricoprimento

ΨA : HA → Ur e quindi un’immersione chiusa di HA nello spazio affine come

una varieta non singolare definita su Q e riapplicando RET al ricoprimento

H → HA abbiamo un’immersione di H.

Cio ci permette di definire gli anelli Q[H] e Q[HA] di funzioni polinomiali

definiti su Q dagli spazi rispettivi.

Per u ∈ H, il campo Q(u) e uguale al sottocampo di C generato dai valori

h(u), h ∈ Q[H]. Lo stesso per u′A ∈ HA.

I ricoprimenti H → HA → Ur danno immersioni Q[Ur] ⊂ Q[HA] ⊂ Q[H].

Quindi se u ∈ H e uA (risp. P ) e la sua immagine in HA (risp. Ur) allora

Q(P ) ⊂ Q(uA) ⊂ Q(u). Qui Q(P ) = Q(a1, ..., ar) dove la r-upla (a1, ..., ar)

corrisponde a P mediante l’immersioni del Lemma 7; cioe Y r+a1Yr−1 + ...+

ar = (Y − p1) · ... · (Y − pr), dove P = p1, ..., pr.

2.5 Preliminari su varieta algebriche su cam-

pi algebricamente non chiusi

Dal momento in cui gli spazi H ab e H in presentano la struttura di varieta

algebrica definita su Q (come asserisce un Teorema che riporteremo successi-

vamente) risulta opportuno introdurre le nozioni relative a varieta algebriche

definite su campi algebricamente non chiusi.

Sia k un campo algebricamente non chiuso.

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2.5. PRELIMINARI SU VARIETA ALGEBRICHE SU CAMPIALGEBRICAMENTE NON CHIUSI

Definizione. Uno spazio anellato e una coppia (V,O) costituita da uno

spazio topologico V e da un fascio O di anelli. Per i nostri scopi, considere-

remo fasci di k-algebre.

Definizione. Uno spazio algebrico affine su k e uno spazio anellato (V,OV )

tale che:

• Γ(V,OV ) e una k-algebra finitamente generata;

• ∀ P ∈ V, I(P ) := f ∈ Γ(V,OV )/f(P ) = 0 e un ideale massimale in

Γ(V,OV );

• la funzione V → Spm(Γ(V,OV )) tale che P 7→ I(P ) e un isomorfismo

di spazi anellati.3

Definizione. Un morfismo di spazi algebrici affini e un morfismo di spazi

anellati, cioe se (V,OV ) e (V ′,O′V ) sono spazi algebrici affini, un morfismo

tra essi e una coppia (ϕ,Ψ) con ϕ funzione continua V → V ′ e Ψ una famiglia

di funzioni Ψ(U ′) : O′(U ′)→ O(ϕ−1(U ′)), U ′ aperto in V ′, che commuta con

le funzioni di restrizione.

Definizione. Una k-algebra affine e una k-algebra finitamente generata

tale che A⊗k kal e ridotta.

Poiche A ⊂ A⊗k kal, A stessa sara ridotta.

Definizione. Uno spazio algebrico affine (V,OV ) tale che Γ(V,OV ) e una

k-algebra affine, e chiamato varieta algebrica affine su k.

Quindi, uno spazio anellato (V,OV ) e una varieta algebrica affine se Γ(V,OV )

e una k-algebra affine, I(P ) e un ideale massimale in Γ(V,OV ) ∀ P ∈ V e

V → Spm(Γ(V,OV )), P 7→ I(P ) e un isomorfismo di spazi anellati.

Sia A una k-algebra finitamente generata e sia V = Spm(A). Per K ⊃ k,

K⊗A e una K-algebra e quindi abbiamo una varieta VK := Spm(K⊗A) su

K. Diciamo che VK si ottiene da V mediante estensione del campo base.

3Per una k-algebra finitamente generata A, definiamo spm(A) l’insieme degli idealimassimali in A dotato della topologia avente come base gli insiemi D(f), D(f) = m/f /∈m. C’e un unico fascio O di k-algebre su spm(A) tale che Γ(D(f),O) = Af ∀ f ∈ A(dove Af e l’anello ottenuto da A invertendo f) e denotiamo lo spazio anellato ottenutocon Spm(A).

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2.6. CAMPO DI DEFINIZIONE DI UN RICOPRIMENTO

Definizione. Uno spazio algebrico su k e uno spazio anellato (V,O) per

il quale esiste un ricoprimento finito (Ui) di V di sottoinsiemi aperti tali che

(Ui,O|Ui) e uno spazio algebrico affine su k ∀ i.Un morfismo di spazi algebrici (chiamato anche funzione regolare)

su k e un morfismo di spazi localmente anellati di k-algebre.

Definizione. Uno spazio algebrico e separato se per tutte le coppie di

morfismi α, β : Z → V , il sottoinsieme di Z su cui α e β coincidono, e

chiuso.

Definizione. Una prevarieta algebrica su k e uno spazio anellato (V,O)

per il quale esiste un ricoprimento finito (Ui) di V di sottoinsiemi aperti tali

che (Ui,O|Ui) e una varieta algebrica affine su k ∀ i.Una prevarieta separata e chiamata varieta.

2.6 Campo di definizione di un ricoprimento

Per il Teorema di esistenza di Riemann, per ogni ricoprimento ϕ : X → P1C

di superfici di Riemann compatte e connesse, X ha un’unica struttura di

varieta algebrica definita su C (compatibile con la sua struttura analitica)

tale che ϕ diventa un morfismo algebrico.

Ricordiamo che un tale ϕ puo essere definito su qualche sottocampo k di Cse X puo essere dotato di una struttura di varieta su k tale che ϕ diventa un

morfismo definito su k.

Sia a = a1, ..., ar ∈ Ur l’insieme dei punti di diramazione di ϕ e k0 = Q(a);

quindi k0 e il campo generato dai coefficienti del polinomio D(x) =∏

(x−ai)(che sono le funzioni simmetriche elementari s1, ...sr di a1, ..., ar), dove la pro-

duttoria e su quegli ai i = 1, ..., r, ai 6=∞.

Sia k un sottocampo di C su cui ϕ puo essere definito.

Poiche i punti di diramazione a1, ..., ar sono radici del polinomio D(x) ∈ k[x],

essi sono algebrici su k e il gruppo assoluto di Galois Gal(k/k) = Gk permuta

a1, ..., ar, quindi fissa s1, ..., sr. Allora k0 ⊂ k.

Viceversa, per il Lemma che enunciamo di seguito (per la cui dimostrazione

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2.6. CAMPO DI DEFINIZIONE DI UN RICOPRIMENTO

rimandiamo a [12], Lemma 1.2), ϕ puo essere definito sulla chiusura algebrica

F di k0 in C.

Lemma 8. Sia Y una curva liscia, proiettiva su k. Sia k′ algebricamente

chiuso, k′ ⊃ k e kal la chiusura algebrica di k in k′. Supponiamo che esiste

un rivestimento ϕ : Z → (Y )k′ con Z curva liscia su k′ tale che il luogo di

diramazione e definito su k (dove (Y )k′ = Y ⊗k k′). Allora ∃ Z0 definito

su kal e un rivestimento ϕ0 : Z0 → Y definito su kal tale che Z = (Z0)k′ e

ϕ = (ϕ0)k′.

Nel nostro caso, Y = P1k, k = k0, k

′ = C, kal = F . Segue quindi che ϕ

puo essere definito su F . Cosı, ∀ β ∈ Gk0 possiamo formare il ricoprimento

ϕβ : Xβ → P1 ottenuto da ϕ : X → P1, applicando β ai coefficienti dei

polinomi che definiscono ϕ e X, come discusso nel paragrafo 1.3.

Sia k1 il campo fisso in F del gruppo di quei β per i quali ϕβ e equivalente a

ϕ.

Affermazione: k1 e contenuto in ogni sottocampo k su cui ϕ puo essere

definito.

Per quanto visto, k0 ⊂ k. Se c ∈ C e algebrico su k0 e c /∈ k allora ∃ β′ ∈ Gk

con β′(c) 6= c. Dal momento in cui ϕ puo essere definito su k, abbiamo ϕβ′

equivalente a ϕ. Quindi abbiamo c ∈ F e ϕβ ∼ ϕ. Se c appartenesse a k1,

si dovrebbe avere che β′(c) = c, ma poiche β′(c) 6= c ⇒ c /∈ k1. Dunque se

c /∈ k ⇒ c /∈ k1. Per contronominale, k1 ⊂ k.

Inoltre, ϕ puo essere definito su k1 se abbiamo Aut(X/P1) = 1.

Tale condizione, infatti, implica che ∀ β ∈ Gk1 l’isomorfismo δβ : Xβ → X

con ϕ δβ = ϕβ e unico. Infatti, se ci fosse un altro δβ′ tale che ϕ δβ′ = ϕβ,

si avrebbe ϕ δβ δ−1β′ = ϕ, quindi δβ δ−1

β′ ∈ Aut(X/P1) = 1, da cui δβ = δβ′ .

Tale unicita porta δβ a soddisfare la condizione del cociclo di Weil. Per il

criterio di Weil4, ϕ : X → P1 e definito su k1.

4Criterio di Weil : k1 campo, τ ∈ Gk1 , ϕ come sopra. k1 e campo di definizione diϕ ⇔ gli isomorfismi χτ tra ϕ ed ϕτ sono tali da soddisfare la condizione dei cocicli diWeil, ovvero:χuv = χuvχu ∀ u, v ∈ Gk1 . Tale criterio si inserisce in un contesto piu ampio, nell’ambitodella Teoria della Discesa e per la quale rimandiamo a [6], capitolo 16 e [9].

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2.6. CAMPO DI DEFINIZIONE DI UN RICOPRIMENTO

Anche se ϕ e di Galois, puo essere definito su k1.

Infatti, se indichiamo nuovamente con a = a1, ..., ar il luogo di dirama-

zione di ϕ, sappiamo, per la Proposizione 1 che otteniamo un rivestimento

topologico ϕ0 : X\ϕ−1(a)→ P1\a.

Sia z ∈ ϕ−1(x) con x /∈ a. Sfruttando la transitivita di ϕ sulle fibre di P1 e

quindi la transitivita di ϕ0 sulle fibre di P1\a, si ha che ∀ β ∈ Gk1∃ δβ tale

che δβ(zβ) = z. Tale δβ e unico, infatti supponiamo che ci sia un altro δγ tale

che δβ(zβ) = δγ(zβ). Ma sappiamo che per un rivestimento topologico, se

due automorfismi coincidono in un punto, allora coincidono ovunque, quindi

si deve avere δβ = δγ.

A questo punto si applica il ragionamento precedente.

Conclusione: Se ϕ : X → P1 e un ricoprimento di Galois o Aut(X/P1) = 1,

allora ϕ ha un unico campo minimale di definizione k1 ⊂ C.

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Capitolo 3

Problema regolare inverso di

Galois

3.1 Teorema principale

Definizione. Un punto p = |ϕ| di H ab e un Q-punto (dove con Q denotiamo

la chiusura algebrica di Q) se i punti di diramazione di ϕ sono algebrici su Q.

Allora ϕ puo essere definito su Q, come discusso nel precedente paragrafo.

La nozione di Q-punto di H in e definita analogamente.

Teorema 12. Sia G un gruppo finito, U 5 G sottogruppo proprio che non

contiene sottogruppi normali non banali di G. Sia r ≥ 3 un intero tale che

G puo essere generato da r − 1 elementi.

Allora gli spazi H ab = H abr (G,U) e H in = H in(G) hanno un’unica strut-

tura di varieta algebriche (possibilmente) riducibili definite su Q (compatibile

con la loro struttura analitica) tali che le funzioni H in → H ab → Ur sono

morfismi algebrici definiti su Q e valgono le seguenti affermazioni:

(a) Se p = |ϕ| e un punto di H ab tale che i punti di diramazione di ϕ sono

algebrici su qualche sottocampo k di C, allora p e algebrico su k e ogni au-

tomorfismo β di k manda p = |ϕ| in |ϕβ|.(b) Se p’ = |χ, h| e un punto di H in tale che i punti di diramazione di χ

sono algebrici su qualche sottocampo k di C, allora p’ e algebrico su k e ogni

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3.1. TEOREMA PRINCIPALE

automorfismo β di k manda p’ = |χ, h| in |χβ, h β−1|.Inoltre, le componenti assolutamente irriducibili di H ab e H in (definite su

Q) coincidono con le componenti connesse (nella topologia definita preceden-

temente).

Sia C una r-upla di classi di coniugio di G tali che Ni(C)in e non vuota.

Allora C e razionale se e solo se il sottospazio H (C)in di H in e definito su

Q.

In piu, H (C)in e assolutamente irriducibile se e solo se il gruppo di mono-

dromia di Hurwitz Hr agisce transitivamente su Ni(C)in.

Sottolineamo che il sottospazio H (C)ab puo essere definito su Q anche

per C non razionale. Ma se C e razionale, allora H (C)ab e certamente

definito su Q.

Definizione. Un campo L e regolare su un sottocampo k se L ∩ k = k. Cio

equivale a richiedere che L non contenga estensioni algebriche proprie di k,

che quindi e algebricamente chiuso in L.

Definizione. Un gruppo G e regolare su un campo k (o, analogamente, si

realizza regolarmente come gruppo di Galois su k) con r punti di diramazione

se G e isomorfo al gruppo di Galois di un’estensione finita di Galois L ⊃ k(x)

con L regolare su k e con r punti di diramazione.

Quando parliamo di punti di diramazione di un’estensione L ⊃ k(x)

(con char(k) = 0), ci riferiamo ai punti di diramazione del ricoprimento

corrispondente su k.

Definizione. Sia X una varieta liscia, proiettiva, irriducibile su un campo

k. Un G-ricoprimento e un ricoprimento di Galois f : X → P1 dato insieme

ad un isomorfismo Gal(K(X)/K(x)) ∼= G.

Sia L un’estensione finita di Galois di k(x) con gruppo G che e regola-

re, cioe L ∩ k = k. Geometricamente, L puo essere visto come il campo

di funzioni di una curva C liscia, proiettiva assolutamente irriducibile su k,

l’inclusione k(x) → L corrisponde ad un ricoprimento di Galois (ramificato)

ϕ : C → P1 definito su k con gruppo G.

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3.1. TEOREMA PRINCIPALE

Problema. Dato un campo k (di caratteristica 0), ogni gruppo finito G

si realizza come gruppo di Galois di un’estensione L ⊃ k(x) regolare su

k? O, equivalentemente, e il gruppo degli automorfismi di un ricoprimento

f : X → P1 definito su k come un G-ricoprimento?

Quindi il problema inverso di Galois su k ha una formulazione geometri-

ca: trovare un G-ricoprimento definito su k.

Di seguito il significato del Teorema 12 per il problema regolare inverso di

Galois:

Corollario 4. Siano soddisfatte le ipotesi del teorema precedente e sia K

un campo di caratteristica 0. Assumiamo in piu che G abbia centro banale.

Allora G si realizza regolarmente su K con r punti di diramazione se e solo

se H in = H inr (G) ha un punto K-razionale. Piu precisamente:

(a) Per ogni punto p = |ϕ| di H ab il campo Q(p) e il campo minimale di

definizione del ricoprimento ϕ, se U = 1 o se coincide con il suo normaliz-

zante in G;

(b) Per ogni punto p’ = |χ, h| di H in il campo Q(p’) e il piu piccolo sot-

tocampo K ′ di C tale che il ricoprimento χ : X → P1 insieme a tutti i suoi

automorfismi puo essere definito su K ′. La risultante estensione del campo

delle funzioni e L/K ′(x) dove L = K ′(X) e di Galois con gruppo di Galois

isomorfo a G ed L regolare su K ′.

Dimostrazione. (a) Sia k0 = Q(Ψ(p)) il campo generato dai coefficienti

del polinomio∏r

i=1(x− bi) con b1, ..., br ∈ Ur insieme dei punti di dirama-

zione di ϕ. I punti di diramazione bi sono algebrici su k0, per il Teorema 12,

p e algebrico su k0.

Sia k = Q(p). Abbiamo che k e il campo fisso del gruppo di tutti i β ∈ Gk0

con pβ = p. Infatti, sia F = k0 la chiusura algebrica di k0 in C. Come

discusso nel paragrafo 2.6, p puo essere definito su F .

Osserviamo che Q(p) = a ∈ F : β(a) = a con β ∈ Gk0 tale che pβ = p.Infatti, poiche p e algebrico su k0, ∀ β ∈ Gk0 fissa gli elementi di k0 quindi

pβ = p. Se β fissa p, fissa Q(p) ⇒ Q(p) ⊂ a ∈ F : β(a) = a con β ∈Gk0 tale che pβ = p. Viceversa, se a ∈ F e β ∈ Gk0 fissa a⇒ a ∈ k0 ⊂ Q(p).

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3.1. TEOREMA PRINCIPALE

Per il Teorema 12, k e il campo fisso di tutti quei β ∈ Gk0 con ϕβ equivalente

a ϕ. Come abbiamo visto nel paragrafo 2.6, k e contenuto in ogni sottocam-

po su cui ϕ e definito. Se U = NG(U), per la (1) si ha Aut(X/P1) = id

(dove ϕ : X → P1) e per quanto visto nello stesso paragrafo, k e il campo

minimale di definizione di ϕ. Anche se U = 1 segue che Aut(X/P1) = id.

Infatti, sia Uϕ il sottogruppo corrispondente al ricoprimento topologico ϕ0

ottenuto da ϕ togliendo il suo luogo di diramazione b = b1, ..., br. Come

visto precedentemente, Aut(X/P1) ∼= NΓ(Uϕ)/Uϕ, dove Γ = π1(P1\b, a0),

a0 ∈ P1\b e NΓ(Uϕ) e il normalizzante di Uϕ in Γ. Poiche ϕ ∈ H abr , esi-

ste una suriezione f : Γ → G per cui f−1(U) e coniugato a Uϕ. Se U = 1

segue che f−1(U) = Kerf = NΓ(Kerf). Essendo Aut(X/P1) coniugato a

NΓ(Kerf)/Kerf = 1Γ segue che Aut(X/P1) = id e dunque, anche in questo

caso, k e il campo minimale di definizione di ϕ.

(b) Sia k0 = Q(Ψ′(p’)). Se k′ e un campo tale che χ insieme a tutti i suoi auto-

morfismi e definito su k′, allora, ∀ β ∈ Gk′ si ha (χ, h)β = (χβ, hβ−1) = (χ, h)

e, per quanto visto nel paragrafo 2.6, k0 ⊂ k′. Per il Teorema 12, Gk′ fissa p’

e quindi Q(p’) ⊂ k′. Dunque Q(p’) e contenuto in ogni campo di definizione

di χ. Rimane da provare che χ, insieme a tutti i suoi automorfismi, puo

essere definito su K ′ = Q(p’).

Come visto nel paragrafo 2.6, χ puo essere definito su k0 = K ′ (poiche

k0 ⊂ K ′ ⇒ k0 ⊂ K ′. Viceversa, se a ∈ C e un elemento algebrico su

K ′, esso e anche algebrico su k0, poiche essendo p′ algebrico su k0, K ′ e

un’estensione algebrica di k0).

∀ β ∈ GK′ , (χβ, h β−1) e equivalente a (χ, h), per il Teorema 12.

Quindi, per l’equivalenza delle coppie in H in, ∃ δβ : Xβ → X su P1 con

h β−1(δ−1β Aδβ) = h(A) ∀ A ∈ Aut(X/P1). Cio implica che Aβ = δ−1

β Aδβ.

In particolare, poiche G ha centro banale, δβ e univocamente determinato da

β. Infatti se ∃ δγ : Aγ = δ−1γ Aδγ ⇒ δ−1

β Aδβ = δ−1γ Aδγ ⇒ Aδβδ

−1γ = δβδ

−1γ A

⇒ δβδ−1γ ∈ Z(Aut(X/P1)) ' Z(G) = 1G ⇒ δγ = δβ ⇒ γ = β.

L’unicita implica δβ a soddisfare la condizione dei cocicli di Weil e per il

criterio di Weil, segue che χ : X → P1 puo essere definito su K ′ in modo

che δβ : X = Xβ → X diventa l’identita. Allora Aβ = δ−1β Aδβ = A ∀ A ∈

Aut(X/P1). Cioe, tutti gli automorfismi di χ sono definiti su K ′.

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3.1. TEOREMA PRINCIPALE

Per (c) del RET essendo χ : X → P1 di Galois, L = K ′(X) ⊃ K ′(x) e

un’estensione di Galois e Gal(K ′(X)/K ′(x)) ∼= Aut(X/P1) ∼= G, quindi G e

regolare su K ′.

Dimostriamo, adesso, che se H inr (G) ha un punto p’ razionale su K, allora

G si realizza regolarmente su K. Osserviamo che essendo charK = 0, K

contiene Q come sottocampo minimo e poiche Q(p’) = k′ e un’estensione fi-

nitamente generata di Q, essa e isomorfa ad un sottocampo di C. Allora per

la (b) gia dimostrata, c’e un’estensione regolare di Galois L ⊃ k′(x) con grup-

po G ed r punti di diramazione. Considerando adesso l’estensione K ⊃ k′ e

tensorizzando con K, segue che G si realizza regolarmente su K con r punti

di diramazione. Cio deriva da un risultato che verra dimostrato successiva-

mente (Corollario 8), per il quale se un gruppo G si realizza regolarmente

su un campo k, allora esso si realizza regolarmente su ogni estensione di tale

campo.

Proviamo il viceversa e quindi che, se G si realizza regolarmente su K, allora

H inr (G) ha un punto K- razionale. Poiche G si realizza in modo regolare su

K con r punti di diramazione, avremo una curva C di rivestimento su K con

r punti di diramazione, a cui corrispondera un punto p’ = |χ, h| ∈H inr (G),

con χ : C → P1 ricoprimento di Galois definito su K con gruppo di auto-

morfismi isomorfo a G. Consideriamo adesso i coefficienti delle equazioni che

definiscono C e χ che sono in numero finito e appartengono a K e conside-

riamo il campo K ′ generato su Q da tali coefficienti. K ′ e un sottocampo di

K ed essendo un’estensione finitamente generata di Q, e isomorfo ad un sot-

tocampo di C. Ovviamente χ e definito su K ′ e i punti di diramazione sono

algebrici su k0 = Q(Ψ′(p’)). Dal paragrafo 2.6 sappiamo che k0 e contenuto

in ogni sottocampo su cui χ e definito, dunque k0 ⊂ K ′ e quindi i punti di di-

ramazione saranno algebrici su K ′. Allora, per il Teorema 12, ∀ β ∈ Aut(K ′)manda p’ in p’β, ma essendo p’ gia definito su K ′ (in quanto per la (b) si

ha che Q(p’) e il campo minimale su cui χ insieme ai suoi automorfismi puo

essere definito), tale punto verra fissato e dalla teoria di Galois, segue che

esso avra coordinate in K ′ e quindi in K.

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3.2. DIMOSTRAZIONE DEL TEOREMA PRINCIPALE SOTTO LACONDIZIONE DI CONTINUITA

3.2 Dimostrazione del Teorema Principale sot-

to la condizione di continuita

Supponiamo valide le ipotesi del Teorema 12. Per quanto visto preceden-

temente, possiamo guardare gli spazi H ab e H in come dotati della loro

naturale struttura di varieta definita su Q.

Per di piu, per (b) di RET , Λ : H in → H ab diventa un morfismo definito

su Q.

Per ogni automorfismo β di C sia εβ : (H ab)β →H ab la funzione che manda

|ϕ|β in |ϕβ| (dove |ϕ| ∈H ab). Allora εβ e biettiva e abbiamo Ψ εβ = Ψβ.

Allo stesso modo, sia ε′β : (H in)β → H in la funzione che manda |χ, h|β in

|χβ, h β−1| (dove |χ, h| ∈H in).

Anche ε′β e biettiva e Ψ′ ε′β = Ψ′β.

Dimostreremo che il Teorema 12 vale sotto la condizione che le funzioni εβ e

ε′β sono continue (nella topologia complessa).

3.2.1 Q-struttura di H ab e H in

Supponiamo che la funzione εβ : (H ab)β →H ab e continua (nella topologia

complessa) ∀ β ∈ C. Poiche εβ e biettiva e Ψ εβ = Ψβ segue che εβ e un

isomorfismo analitico complesso, inducendo un’equivalenza tra i ricoprimenti

Ψ e Ψβ.

Dall’unicita della struttura algebrica di H ab, la funzione εβ e anche un iso-

morfismo algebrico definito su Q. Inoltre, εβ dipende solo dalla restrizione

di β a Q. (poiche i Q-punti sono densi in H ab 1 e i ricoprimenti corrispon-

denti |ϕ| possono essere definiti su Q). Quindi possiamo usare la notazione

εβ anche per β ∈ GQ.

Verifichiamo che εβ, β ∈ GQ soddisfa la condizione del cociclo di Weil (usia-

mo la convenzione ϕαβ = (ϕβ)α):

εα εαβ(|ϕ|αβ) = εα((εβ(|ϕ|β))α) = εα(|ϕβ|α) = |ϕαβ| = εαβ(|ϕ|αβ) (α, β ∈1rimandiamo al risultato 11.15 di [6].

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3.2. DIMOSTRAZIONE DEL TEOREMA PRINCIPALE SOTTO LACONDIZIONE DI CONTINUITA

GQ).

Quindi H ab puo essere definita su Q in modo tale che εβ : (H ab)β → H ab

e l’identita. Poiche Ψ εβ = Ψβ segue che anche Ψ : H ab = (H ab)β →H in

e definita su Q. Allora vale la condizione (a) del Teorema 12 perche si avra

che ∀ β ∈ GQ, Ψ = Ψβ quindi β manda |ϕ| in |ϕβ|.Supponendo che ε′β : (H in)β →H in e continua (nella topologia complessa),

concludiamo analogamente che Ψ′ : H in → Ur puo essere definito su Q in

modo che si verifica la condizione (b) del Teorema 12.

3.2.2 Dimostrazione della seconda parte del Teorema

Abbiamo dimostrato che gli spazi H ab e H in sono dotati di una struttura

di varieta su Q tale che valgono (a) e (b) del Teorema 12. Allora, per (b) di

RET , anche Λ : H in →H ab e definita su Q.

Inoltre, le componenti connesse (nella topologia definita precedentemente)

coincidono con le componenti assolutamente irriducibili di H ab e di H in.

Infatti, se H e una componente connessa di H ab, per RET si ha che Ψ :

H → Ur e un morfismo algebrico su Q e H e una varieta affine non singolare

su Q. H e una componente irriducibile su Q, quindi e assolutamente irridu-

cibile su Q. Abbiamo gia osservato, nel sottoparagrafo 2.3.3 che c’e 1 − 1

corrispondenza tra le componenti di H in = H inr (G) e le orbite del gruppo

di monodromia di Hurwitz Hr sull’insieme εinr = εinr (G).

L’ultima asserzione del Teorema e un caso particolare di cio.

Rimane da provare che lo spazio di Hurwitz H in(C) e definito su Q se e solo

se r-upla C = (C1, ..., Cr) di classi di coniugio di G e razionale.

Consideriamo il gruppo Γ0 = π(P1\b, b0) =< γ1, ..., γr > come descritto pre-

cedentemente e sia p = |χ, h| un punto in (Ψ′)−1(b).

Come solito, scriviamo χ : X → P1. Sia ι : Γ0 → Aut(X/P1) una suriezione

come descritta nella Proposizione 3 (canonica a meno di automorfismi inter-

ni) e sia f = h ι (che coincide proprio con l’omomorfismo di monodromia

definito nel sottoparagrafo 1.3.1), τi = ι(γi), per i = 1, ..., r.

Allora, sotto la biezione descritta nel Lemma 5, il punto p corrisponde al-

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3.2. DIMOSTRAZIONE DEL TEOREMA PRINCIPALE SOTTO LACONDIZIONE DI CONTINUITA

la classe (g1, ..., gr) ∈ εinr , dove gi = f(γi) = h(τi). Dalla definizione,

p ∈ H (C)in se e solo se (g1, ..., gr) ∈ Ni(C); cio vuol dire che ∃ π ∈ Sr

tale che gi ∈ Cπ(i) per i = 1, ..., r.

L’argomento dei cicli di ramificazione esposto nel paragrafo 1.3 comporta

la seguente cosa: Per un β ∈ Aut(C), sia ι′ : Γ0 → Aut(Xβ/P1) defini-

ta analogamente a ι e sia τ ′j = ι′(γj) per j = 1, ..., r. Allora l’elemento

τβi ∈ Aut(Xβ/P1) e coniugato a (τ ′j)m, dove l’intero m e dato dalla condizio-

ne che β agisce sulle |G|-radici dell’unita come ζ → ζm e l’indice j e dato da

β(bi) = bj (ricordiamo che per la nostra scelta di b = b1, ..., br, β permuta

b1, ..., br).

Scegliamo un intero n con mn ≡ 1(mod|G|). Poiche pβ = |χβ, h β−1| (af-

fermazione (b)), segue che l’elemento di εinr corrispondente a pβ e la classe

di (h β−1(τ ′1), ..., h β−1(τ ′r)); tale r-upla ha la proprieta che la j-esima

componente e coniugata a gni dove β(bi) = bj.

Segue che p ∈H (C)in se e solo se pβ ∈H (Cn)in, dove Cn = (Cn1 , ..., C

nr ).

Abbiamo provato che β manda H (C)in in H (Cn)in. Quindi H (C)in e de-

finita su Q se e solo se H (Cn)in = H (C)in per tutti gli interi n che sono

primi con |G|.Cio e vero se e solo se Ni(Cn) = Ni(C) per tutti gli n che sono primi con

|G|. Cioe, se e solo se C e razionale.

Cio conclude la dimostrazione del Teorema 12, assumendo che εβ e ε′β sono

continue2.

2Per il caso generale, rimandiamo a [1], paragrafi 4 e 5.

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Capitolo 4

Teorema di Irriducibilita di

Hilbert

Sia k un campo e f(T,X) un polinomio in due variabili nell’anello k[T,X],

irriducibile su k.

Ci domandiamo se esistono valori di t ∈ k per i quali il polinomio in una

variabile f(t,X) ∈ k[X], che verra chiamato polinomio specializzato in t, ri-

manga irriducibile.

Consideriamo, adesso e nel seguito, campi di caratteristica zero.

Il primo matematico ad affrontare questo problema fu David Hilbert alla fine

dell’800, nel caso del campo dei razionali: grazie a lui si arrivo alla formu-

lazione del Teorema d’irriducibilita che afferma che nel caso k = Q l’insieme

delle specializzazioni irriducibili e infinito.

Negli anni si e arrivati a generalizzare questa proprieta anche ad altri cam-

pi k, che vennero chiamati hilbertiani; il Teorema di Irriducibilita di Hilbert

afferma appunto, come specificheremo in seguito, che il campo dei razionali

e hilbertiano.

Chiameremo l’indeterminata X e T un parametro (T e X sono algebrica-

mente indipendenti sul campo k).

Definizione. Sia t un elemento del campo k e ϕt : k[T,X] → k[X] l’omo-

morfismo di anelli che manda (specializza) la variabile T nell’elemento t ed

e l’identita su k e sulla variabile X. Dato un polinomio in due indeterminate

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f(T,X) ∈ k[T,X] ad esso e associato, tramite l’omomorfismo ϕt, il polino-

mio in una variabile ft(X) = f(t,X) = ϕt(f(T,X)) ∈ k[X], che viene detto

lo specializzato di f(T,X) in t.

Nei casi in cui considereremo l’omomorfismo di valutazione ϕt : k[T ] → k,

T 7→ t e un polinomio f(T,X) ∈ k[T ][X], ϕt(f(T,X)) sara in maniera ovvia

il polinomio di k[X] in cui abbiamo applicato l’omomorfismo ϕt ai coefficienti

di f in k[T ].

Iniziamo la nostra trattazione da un Teorema che possiamo considerare

come la forma debole del Teorema di Irriducibilita di Hilbert:

Teorema 13. Sia k un campo e f(T,X) ∈ k[T,X] un polinomio separabile

in X sul campo k(T ). Allora tranne un numero finito di casi, il polinomio

specializzato ft(X) e separabile.

Dimostrazione. Il discriminante del polinomio f(T,X) sopra il campo

k(T ) e un elemento D(T ) ∈ k[T ] non nullo perche il polinomio f e separabile

per ipotesi, rispetto alla variabile X. Specializzando la variabile T ad un

elemento t ∈ k, si ottiene un polinomio f(t,X) il cui discriminante e pari a

D(t); quindi f(t,X) sara separabile per quei valori di t al di fuori delle radici

del polinomio D(t) su k, che sono ovviamente in numero finito.

Lemma 9. Sia α un elemento algebrico su un campo F . Sia f(x) =∑

i=0,...,n aixi

polinomio su F di grado n > 0 ed f(α) = 0.

Allora

g(x) = xn +∑

i=0,...,n−1 aian−i−1n xi

e un polinomio monico di grado n con g(anα) = 0.

Chiaramente F (anα) = F (α).

Dimostrazione. α algebrico su F , dunque esiste f(x) come indicato nel

lemma. Essendo F campo, an e invertibile, dunque si puo ottenere il polino-

mio g(x). Ovviamente F (α) = F (anα).

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Sia data un’estensione finita di Galois K ⊃ k(T ), con K = k(T )(α), α

intero su k[T ] e f(T,X) ∈ k[T,X] il suo polinomio minimo su k(T ); il pros-

simo lemma ci permettera di estendere ad eccezione di un numero finito di

casi l’omomorfismo di specializzazione ϕt : k[T ]→ k all’anello k[T ][A], dove

A = αii=1,...,n ⊂ K e l’insieme dei coniugati di α su k(T ) (le radici di f

come polinomio in X sul campo k(T )); in questo modo potremo fattorizza-

re linearmente il polinomio specializzato f(t,X) su un’estensione di Galois

k′ ⊃ k, in maniera tale che le sue radici saranno costituite dagli elementi

αii=1,...,n, che nient’altro sono che le specializzazioni delle radici αii=1,...,n

tramite l’estensione dell’omomorfismo di specializzazione.

Piu precisamente, se f(t,X) ∈ k[X] e separabile, l’estensione dell’omomorfi-

smo di specializzazione su k[T ][A] a valori su un’estensione di Galois k′ di k

manda biunivocamente le radici di f(T,X) nelle radici del suo specializzato

f(t,X); tale omomorfismo ci permettera di vedere il legame tra il gruppo di

Galois di f(t,X) su k e del gruppo di Galois di f(T,X) su k(T ).

Nel seguito, ci riferiremo al lemma seguente, come il ′′lemma di estensione′′.

Lemma 10. Sia R un anello, F il suo campo dei quozienti e K ⊃ F un’e-

stensione semplice e di Galois, generata su F dall’elemento α, intero su

R; sia f(X) ∈ R[X] il suo polinomio minimo (che e monico). Sia inoltre

A ⊂ K un insieme finito, contenente α, invariante sotto l’azione del gruppo

G = Gal(K/F ) e poniamo S = R[A], sottoanello contenuto in K.

Sotto queste ipotesi esiste u 6= 0 ∈ R tale che per ogni omomorfismo ω : R→F ′, dove F ′ e un campo e ω(u) 6= 0, valgono i seguenti asserti:

• ω si estende ad un omomorfismo ω : S → K ′, dove K ′ ⊃ F ′ e un’esten-

sione finita di Galois, ed e generata su F ′ da α = ω(α); inoltre il suo

gruppo di Galois Gal(K ′/F ′) e isomorfo ad un sottogruppo del gruppo

di Galois Gal(K/F ).

• considerato il polinomio f ′ ottenuto da f applicando ω ai suoi coeffi-

cienti, se esso e irriducibile allora Gal(K/F ) ∼= Gal(K ′/F ′) e l’iso-

morfismo tra questi due gruppi σ 7→ σ′ e tale che σ′(ω(s)) = ω(σ(s))

∀ s ∈ S e σ ∈ G.

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Osservazione 5. Siccome A e invariante sotto l’azione di G allora segue

che ∀ σ ∈ G, σ trasforma S in se stesso, cioe σ|S : S → S.

Dimostrazione. Prendiamo come u il discriminante di f(X), elemento del-

l’anello R; certamente sara diverso da zero, perche l’estensione K ⊃ F e di

Galois e quindi il polinomio f e separabile; il discriminante di f ′(X) e pari a

ω(u). Considereremo solo quegli omomorfismi ω tali che f ′ e separabile, cioe

tali che ω(u) 6= 0.

Si osservi che, analogamente al caso dei campi, R[X]/(f)R ∼= R[α], dove

(f)R e l’ideale generato da f nell’anello R[X]; questo perche il nucleo del-

l’omomorfismo di valutazione ϕα : R[X] → R[α], X 7→ α e uguale all’ideale

(f)R ⊂ R[X]: f e monico e quindi i polinomi che si annullano su α sono

multipli di f nell’anello R[X] e non solo su F [X]. Infatti, se h ∈ R[X] con

h(α) = 0, allora h = gf per qualche g ∈ F [X]. Scriviamo f = Σi=0...naiXi,

g = Σj=0...mbjXj con ai ∈ R, bj ∈ F . Poiche f e monico in X, segue che

bm ∈ R (perche e uguale al coefficiente di grado massimo in X di h). Il

coefficiente relativo alla X di grado immediatamente superiore di h e uguale

a bm−1 + bman−1, quindi bm−1 ∈ R. Continuando in questo modo, vediamo

che bj ∈ R ∀ j = 0, ...,m. Quindi g ∈ R[X] da cui h ∈ (f)R.

Consideriamo prima il caso particolare di S := R[A] = R[α].

Estendiamo prima ω all’omomorfismo ω′ : R[X] → F ′[X], ω′|R = ω e

ω′(X) = X; ω′(f(X)) = f ′(X).

Tale funzione induce un omomorfismo R[X]/(f)R → F ′[X]/(f ′). Sicco-

me R[X]/(f)R ∼= R[α] abbiamo in definitiva un omomorfismo di anelli:

ω′′ : R[α]→ F ′[X]/(f ′).

Nota bene: Se f ′(X) non e irriducibile, F ′[X]/(f ′) non e un campo.

Consideriamo g′(X) ∈ F ′[X] un fattore irriducibile di f ′(X) e l’estensione fi-

nita di campi F ′ ⊂ K ′ := F ′[X]/(g′) che e di grado pari a quello del polinomio

g′(X) ed e separabile perche il polinomio f ′ e quindi anche il suo fattore g′ e

separabile; componendo ω′′ con la mappa surgettiva F ′[X]/(f ′)→ F ′[X]/(g′)

otteniamo ω : R[α]→ K ′ dove ω|R = ω come voluto.

Dall’ipotesi S = R[α] segue che K ′ = F ′(α) dove α = ω(α).

Da notare che F ′ ⊂ K ′ e di Galois; innanzitutto e normale perche contiene

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tutte le radici di g′ su F ′: se α1, ..., αn ⊂ K sono le radici di f su F e

αi = ω(αi)i=1,...,n ⊂ K ′ allora:

f(X) =∏

i= ...n(X − αi)applicando ω ⇓:

f ′(X) =∏

i= ...n(X − αi)

Quindi g′(X) =∏

j∈I(X − αj), I ⊂ 1, ..., n si fattorizza linearmente in K ′

perche cosı e per f ′.

Inoltre αjj∈I sono distinte perche il polinomio f ′ e separabile per le scelte

fatte: quindi F ′ ⊂ K ′ = F ′(α) e un’estensione separabile.

Mostriamo adesso che G′ = Gal(K ′/F ′) e isomorfo ad un sottogruppo di G.

Indicizziamo gli elementi dei gruppi G e G′ in questo modo ( dove α = ω(α)):

G = σi ∈ G/σi(α) = αi, i = 1, ..., nG′ = σ′j ∈ G/σ′j(α) = αj, j ∈ I.

Essendo αjj∈I i coniugati di α su F ′, cioe le radici di g′(X) su K ′, esiste

uno e un solo σ′j ∈ G′ tale che σ′j(α) = αj (analogo ragionamento per il

gruppo G).

Denotiamo con H l’insieme σi ∈ G/i ∈ I che e in corrispondenza biunivoca

con G′; dimostriamo che e un sottogruppo di G e che la corrispondenza e in

realta un isomorfismo di gruppi.

L’applicazione iniettiva:

G′Φ−→G,

σ′i 7→ σi

ha come immagine proprio l’insieme H.

Sia ora s ∈ S = R[α], nella forma s = h(α) per qualche h(X) ∈ R[X]; allora

ricordando che σ|F = id ∀ σ ∈ G (e σ′|F ′ = id ∀ σ′ ∈ G′):σ′i(ω(h(α))) = σ′i(h

′(α)) = h′(σ′i(α)) = h′(αi) = ω(h(αi)) = ω(h(σi(α))) =

ω(σi(h(α))) per ogni σ′i, i ∈ I, σ′i ∈ G′ ⇔ σi ∈ H.

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Quindi sull’anello S vale che ∀ i ∈ I :

Sω−−−→ K ′

σi

y yσ′i σ′i ω = ω σi

Sω−−−→ K ′

Questo risultato puo essere sfruttato per provare che Φ e un omomorfismo di

gruppi. Dati i, j ∈ I:

ω(σiσj) = (ωσi)σj = (σ′iω)σj = σ′i(ωσj) = (σ′iσ′j)ω = σ′kω = ωσk. (4.1)

dove σ′i σ′j = σ′k ∈ G′ e σi σj = σt ∈ G (dato che a priori H non

e un sottogruppo di G). Dalla (4.1), valutando la relazione ωσt = ωσk

sull’elemento α si ottiene che:

(ωσt)(α) = ω(αt) = (ωσk)(α) = ω(αk)

e siccome ω e iniettiva sulle radici αi perche f ′ e supposto separabile, segue

che k = t e quindi che σt ∈ H. Dunque vale che:

Φ(σ′iσ′j) = Φ(σ′i)Φ(σ′j)

Quindi Φ e un omomorfismo iniettivo e H e cosı un sottogruppo di G.

Se f ′(X) ∈ F ′[X] e irriducibile, allora il polinomio g′ = f ′ e quindi n = [K ′ :

F ′] = degf ′ = degf = [K : F ] e inoltre Φ risulta essere un isomorfismo tra G

e G′ dato che adesso I = 1, ..., n; in questo caso la relazione σ′i ω = ω σivale ∀ σ ∈ G, σ′ ∈ G′ e i = 1, ..., n.

Rimane da considerare il caso generale S = R[A].

Siccome l’insieme finito A e contenuto dentro K = F (α), ∀ a ∈ A possiamo

scrivere a =∑

i=0,...,n−1 biαi con bi ∈ F , dato che 1, α, ..., αn−1 e una base

di K come spazio vettoriale sul campo F . Scegliamo v ∈ R tale che vbi ∈ R∀ bi e al variare di a ∈ A (F e il campo dei quozienti di R); indichiamo ades-

so con u l’elemento vDf , dove Df ∈ R e il discriminante di f e indichiamo

l’anello R′ = R[1/u]. Siccome 1/v = Df1/u ∈ R′, ne segue che ogni bi ∈ R,

al variare di a ∈ A, appartiene ad R′; quindi R′[α] = R′[A].

Sia adesso ω : R → F ′ un omomorfismo tale che ω(u) 6= 0: cio implica

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che ω(Df ) 6= 0 e quindi come prima il polinomio f ′ e separabile. Possiamo

estendere in maniera unica ω all’anello R′ ponendo ω(1/u) = 1/ω(u) ∈ F ′ e

poi applicare il caso precedente a R′ (risultera sempre che F e il campo dei

quozienti di R′).

Ricordiamo che char(k) = 0. Come caso particolare del precedente lemma,

consideriamo un’estensione finita di Galois K del campo k(T ), con gruppo di

Galois G = Gal(K/k(T )); dal teorema dell’elemento primitivo risulta che K

e un’estensione semplice, generata su k(T ) da un elemento α intero su k[T ]

(per il Lemma 9 possiamo supporlo tale).

Sia allora f(T,X) ∈ k[T,X] il polinomio minimo di α, di grado pari a

n = [K : k(T )] e A = α = a1, ..., an ⊂ K l’insieme dei coniugati di α

su k(T ); nel campo K, che e il campo di spezzamento di f sul campo k(T ),

il polinomio f si fattorizza dunque come:

f(T,X) =∏

i=1,...,n

(X − αi). (4.2)

Consideriamo per t ∈ k l’omomorfismo di valutazione ϕt : k[T ] → k; allora

se f ′ e il polinomio immagine di f tramite ϕt, che in questo caso e pari al

polinomio specializzato ft(X) = f(t,X), ci sono solo un numero finito di casi

in cui ft non e separabile, per il Teorema 13.

Dopo averli esclusi, grazie al lemma di estensione (prendendo come R l’anello

k[T ] e come ω l’omomorfismo ϕt), posso estendere ϕt a ϕt: S = k[T ][A]→ k′,

dove k′ ⊃ k e di Galois e indicando con A = α1, ..., αn, αi = ϕt(αi) si ha

A ⊂ k′.

Allora applicando l’omomorfismo ϕt ad entrambi i membri di (4.2), si ha la

seguente fattorizzazione per ft nel campo k′:

f(t,X) =∏

i=1,...,n(X − αi)

e quindi il polinomio specializzato ft si fattorizza linearmente in k′. Le radici

A = αi di ft su k possono essere viste come le specializzate delle radici

A = αi di f su k(T ) tramite ϕt.

In generale ft non sara irriducibile su k e il suo gruppo di Galois Gal(k′/k)

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sara isomorfo ad un sottogruppo del gruppo di Galois G = Gal(K/k(T )),

come mostrato nel lemma precedente.

Se il campo k e hilbertiano potremo supporre che ft(X) sia irriducibile su k

e dimostreremo che l’insieme di tali valori e denso in Q; in corrispondenza a

questi risultera che Gal(k′/k) ∼= G. Piu semplicemente:

t ∈ k/f(t,X)irriducibile ⊂ t ∈ k/Gal(f(T,X)/k(T )) ∼= Gal(f(t,X)/k).

Conclusione. Sia K ⊃ k(T ) estensione finita di Galois di grado n > 1.

Allora c’e un polinomio f(T,X) ∈ k[T,X] monico di grado n in X e α gene-

ratore di K su k(T ) con f(T, α) = 0 per cui vale che: per quasi ogni t ∈ k se

ft(X) = f(t,X) e irriducibile su k[X] allora k[X]/(ft) e di Galois su k con

gruppo di Galois isomorfo a Gal(K/k(T )).

L’espressione ′′per quasi ogni′′ significa ′′per tutti tranne un numero finito′′.

Proposizione 6. Sia K = k(T )(α) un’estensione finita di Galois su k(T ),

con α intero su k[T ] e f(T,X) ∈ k[T,X] il suo polinomio minimo di grado

n = [K : k(T )] > 1 in X.

Allora esiste un insieme finito pi(T,X)i=1,...,m di polinomi irriducibili e di

grado > 1 in X (se visti sopra il campo k(T )) tale che per quasi ogni t ∈ kvale che se nessuno dei polinomi specializzati pi(t,X)i=1,...,m ha una radice

in k, allora f(t,X) e irriducibile su k, cioe vale l’inclusione:⋂i=1,...,mt ∈ k/pi(t,X) non ha radici in k\U ⊂ t ∈ k/f(t,X) irriducibile

dove U e un insieme finito (gli elementi t su cui il polinomio specializzato

f(t,X) non e separabile).

Dimostrazione. Scegliamo t ∈ k come nel lemma di estensione: deve essere

al di fuori delle radici del discriminante D(T ) ∈ k[T ] del polinomio f rispetto

alla variabile X, in modo tale che il polinomio specializzato f(t,X) rimanga

separabile e si possa applicare il lemma di estensione. La fattorizzazione di

f su K e pari a:

f(T,X) =∏

i=1,...,n(X − αi)

Dato ϕt l’omomorfismo di specializzazione, sia ϕt la sua estensione a

k[T ][α1, ..., αn].

Al variare dei sottoinsiemi I 1, ..., n, I 6= ∅, consideriamo il polinomio:

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fI(T,X) =∏

i∈I(X − αi)

fI(T,X) non puo appartenere a k[T,X] (per ipotesi f e irriducibile); dunque

qualche suo coefficiente cI(T ) /∈ k[T ] e apparterra invece a k[T ][α1, ..., αn],

essendo un polinomio nelle αii=1,...,n.

Sia pI(T,X) il polinomio minimo di cI(T ) su k(T ), di grado > 1 e senza

perdere di generalita, possiamo supporre questi polinomi pI in k[T,X].

Mostriamo che l’insieme finito dei pI(T,X) (al variare dell’insieme I come

sopra) e costituito dai polinomi espressi nell’enunciato della proposizione per

verificare l’irriducibilita di f(t,X).

Se supponiamo che f(t,X) sia riducibile, esistera qualche insieme I come

sopra, tale che il polinomio fI(t,X) =∏

i∈I(X − αi) ∈ k[X] (dove αi sono le

radici di f(t,X) immagine tramite l’omomorfismo ϕt delle radici αi); quindi

cI = ϕt(cI(T )) ∈ k, perche e un coefficiente di fI(t,X).

Siccome vale che pI(T, cI(T )) = 0, applicando ϕt ad entrambi i membri ot-

teniamo che ϕt(pI(T, cI(T ))) = pI(t, cI) = 0, cioe che il polinomio pI(t,X),

lo specializzato di pI(T,X) irriducibile e di grado > 1 in X, ha una radice

cI ∈ k.

Abbiamo dimostrato che per quasi ogni t ∈ k vale che se ft(X) e riducibi-

le, allora qualche polinomio pI(t,X) ha una radice nel campo k; questo e

equivalente alla tesi del teorema.

Osservazione 6. Ad ogni polinomio f(T,X) ∈ k[T,X] irriducibile e asso-

ciato un insieme finito di polinomi test p1(T,X), ..., pr(T,X), irriducibili

e di grado > 1 in X, che permettono di stabilire l’irriducibilita dei polino-

mi specializzati f(t,X) ∈ k[X]: dato un t ∈ k (eccetto un numero finito),

se nessuno dei p1(t,X), ..., pr(t,X) ha una radice in k allora f(t,X) e

irriducibile su k.

In pratica, come vedremo in seguito, se ci assicuriamo che per ogni insie-

me finito di polinomi di questo tipo esistono infinite specializzazioni in t ∈ ktali che nessuno di essi ha radici in k allora il campo e hilbertiano, perche

di conseguenza per ogni polinomio irriducibile esisteranno infinite specializ-

zazioni irriducibili.

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Passiamo ad un’altra proposizione che ci permettera di vedere un’altra im-

portante proprieta dei campi hilbertiani.

Proposizione 7. Sia K = k(T )(α) un’estensione finita di Galois su k(T ),

Gal(K/k(T )) = G, con α intero su k[T ] e f(T,X) ∈ k[T,X] il suo polinomio

minimo di grado n = [K : k(T )] > 1 in X; sia l un’estensione finita di k

contenuta in K e h(T,X) ∈ l[T,X] irriducibile su l(T ), tale che le sue radici

siano contenute in K.

Allora per quasi ogni t ∈ k vale la seguente affermazione: se f(t,X) ∈ k[X]

e irriducibile su k, allora h(t,X) ∈ l[X] e irriducibile su l.

Dimostrazione. Per il teorema dell’elemento primitivo (siamo in caratte-

ristica zero quindi l e un’estensione separabile di k) vale che l = k(γ).

Fattorizziamo h(T,X) in K:

h(T,X) = h0(T )∏

i=1,...,t

(X − βi) (4.3)

con βi ∈ K e h0(T ) ∈ l[T ].

Applichiamo adesso il lemma di estensione considerando nell’insieme finito

A, oltre alle radici αi di f su k(T ), anche tutti i coniugati dei βii=1,...,t e

di γ su k (⋃i=1,...,tσ(βi)/σ ∈ G ∪ σ(γ)/σ ∈ G) in maniera tale che A sia

sempre invariante sotto l’azione del gruppo G: σ(A) = A ∀ σ ∈ G.

Escludendo come al solito quei valori t ∈ k per i quali il polinomio specializza-

to f(t,X) non e separabile, estendiamo ϕt : k[T ]→ k all’anello S = k[T ][A],

che contiene le radici βi e il generatore γ di l su k; quindi abbiamo che

l ⊂ S e possiamo dedurre che l[T ] ⊂ S.

Sia l′ l’immagine isomorfa tramite ϕt del campo l. Pertanto possiamo ap-

plicare l’estensione ϕt ad entrambi i membri di (4.3), ottenendo cosı una

specializzazione h(t,X) ∈ l′[X] che su k′ si fattorizza come:

h(t,X) = h0(t)∏

i=1,...,t(X − βi)

con βi = ϕt(βi).

Supponiamo adesso che f(t,X) sia irriducibile, che h0(t) 6= 0 e che h(t,X) sia

separabile (queste ultime due condizioni valgono ad eccezione di un numero

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4.1. CAMPI HILBERTIANI

finito di casi): quindi gli elementi βi sono distinti.

L’estensione l(T ) ⊂ K e di Galois e l’immagine tramite l’isomorfismo Φ :

G→ Gal(k′/k) del sottogruppoH = Gal(K/l(T )) e uguale adH ′ = Gal(k′/l′),

come si osserva dalla proprieta dell’isomorfismo Φ enunciata nel lemma di

estensione: σ′ϕt = ϕtσ.

Poiche h(T,X) e irriducibile su l(T ) ed e separabile (poiche char(k) = 0),

H permuta transitivamente le radici di h(T,X) su l(T ), allora H ′ permuta

transitivamente le radici di h(t,X) (che e separabile) su l′ e quindi ne segue

che il polinomio h(t,X) ∈ l[X] e irriducibile. (Si sfrutta il noto risultato:

se f(X) ∈ F [X] e separabile, f(X) e irriducibile ⇔ Gal(f(X)) permuta le

radici di f transitivamente).

4.1 Campi Hilbertiani

Teorema 14. Sia k un campo. Le seguenti affermazioni sono equivalenti:

1. Per ogni polinomio f(T,X) ∈ k[T,X] irriducibile su k, di grado ≥ 1

in X, esistono infinite specializzazioni irriducibili di f(t,X) ∈ k[X],

t ∈ k.

2. Se l ⊃ k e un’estensione finita e h1(T,X), ..., hm(T,X) ∈ l[T,X] sono

irriducibili come polinomi in X su l(T ), esistono infinite specializza-

zioni in t ∈ k tali che h1(t,X), ..., hm(t,X) ∈ l[X] sono irriducibili.

3. Per ogni insieme finito di polinomi p1(T,X), ..., pr(T,X) ∈ k[T,X] ir-

riducibili e di grado > 1 come polinomi in X su k(T ), esistono infini-

te specializzazioni tali che i polinomi p1(t,X), ..., pr(t,X) ∈ k[X] non

hanno radici in k.

Definizione. Un campo che soddisfa una delle tre condizioni sopra esposte

e detto hilbertiano.

Dimostrazione. 2⇒ 3 Vale immediatamente.

3⇒ 1 Segue dalla Proposizione 6, in particolar modo dall’ Osservazione 6.

1⇒ 2 Consideriamo l’insieme di tutte le radici dei polinomi hi(T,X)i=1,...,m

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4.1. CAMPI HILBERTIANI

su una chiusura algebrica di l(T ) e un’estensione finita K di l(T ) che le con-

tenga e che sia di Galois su k(T ); per il teorema dell’elemento primitivo

K = k(T )(α) e considerato il polinomio minimo di α su k(T ), f(T,X) ∈k[T,X] (si osservi che f(T,X) e irriducibile anche su k[T,X] per il Lemma 18

che dimostreremo in seguito), per la 1), esistono infinite specializzazioni

f(t,X) ∈ k[X] irriducibili; in corrispondenza a queste, ad eccezione di un

numero finito, i polinomi hi(t,X)i=1,...,m ⊂ l[X] sono irriducibili per la

Proposizione 7.

Per i campi hilbertiani vale quindi che: Dato un insieme finito di polino-

mi irriducibili in due variabili f1(T,X), ..., fn(T,X) ∈ k[T,X] esistono in-

finite specializzazioni f1(t,X), ..., fn(t,X) ∈ k[X] con t ∈ k che sono ir-

riducibili. Inoltre esistono un insieme finito di polinomi test irriducibili

g1(T,X), ..., gm(T,X) ⊂ k[T,X] di grado ≥ 2 in X, tali che:⋂i=1,...,mt ∈ k/gi(t,X) non ha radici su k\U ⊂

⋂j=1,...,nt ∈ k/fj(t,X) ir−

riducibile, dove U e un opportuno insieme finito.

Come conseguenza del Teorema 14 abbiamo inoltre che:

Corollario 5. Ogni estensione finita di un campo hilbertiano e hilbertiana.

Dimostrazione. Sia k un campo hilbertiano ed l ⊃ k un’estensione finita

di esso; preso g(T,X) ∈ l[T,X] irriducibile (di grado ≥ 1 in X), per il pun-

to 2 del teorema precedente (con m = 1), esistono infinite specializzazioni

g(b,X) ∈ l[X] irriducibili, con b ∈ k ⊂ l. Per definizione (vale la 1), anche l

e hilbertiano.

Osserviamo che le specializzazioni g(T,X) ∈ l[T,X], con l estensione fini-

ta del campo hilbertiano k, possono essere scelte nel campo base k.

Siccome proveremo che Q e hilbertiano, da tale Corollario discende che Q(α),

con α algebrico su Q e hilbertiano.

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4.2. DIMOSTRAZIONE DEL TEOREMA DI IRRIDUCIBILITA DIHILBERT

4.2 Dimostrazione del Teorema di Irriducibi-

lita di Hilbert

Sfrutteremo la condizione 3 di hilbertianita per giungere alla dimostrazione

del Teorema.

Teorema 15. (di analiticita delle radici) Sia f(T,X) ∈ C[T,X] di gra-

do n ≥ 1 in X. Sia c0 ∈ C tale che f(c0, X) ∈ C[X] e separabile (di grado

n). Allora esistono n funzioni olomorfe ψ1(z), ..., ψn(z) definite su un intor-

no aperto U ⊂ C di c0 tale che per ogni c ∈ U , il polinomio f(c,X) ha come

n radici distinte i valori ψ1(c), ..., ψn(c):

f(z,X) =∏

i=1,...,n(X − ψi(z)) ∀ z ∈ U .

Tale risultato e una variante del teorema delle funzioni implicite: dire che

f(c0, X) e separabile equivale a dire che ha n radici distinte e che quindi,

dette γi le radici di f(c0, X) su C, risulta ∂f∂X

(c0, γi) 6= 0 ∀ i = 1, ..., n. Appli-

cando il teorema delle funzioni implicite n volte (una per ogni valore regolare

(c0, γi) di f(T,X)) si ricavano le n funzioni ψi: va solo dimostrato che so-

no olomorfe (vedere [2], Teorema 1.18); osserviamo che per ogni i = 1, ..., n

esistono n intorni del tipo U × Vi di (c0, γi) in cui ∂f∂X

e diversa da zero,

il che implica che f(c,X) e separabile per c vicino a c0, c ∈ U (altrimenti

esisterebbe un c′ ∈ U in cui ∂f∂X

(c′, U) si annulla): quindi ∀ c ∈ U i valori

ψ1(c), ..., ψn(c) sono distinti.

Il prossimo asserto e un teorema di analisi complessa che stima i valori interi

che una funzione meromorfa con polo nell’origine assume sull’asse reale in

corrispondenza di particolari successioni convergenti al suo polo: si vedra che

tali valori sono molto pochi e sono distribuiti in maniera rada.

Definizione. Un insieme M ⊂ N si dice sparso se esiste una costante reale

0 < q < 1 tale che ∀ n ∈ N sufficientemente grande vale che:

|M ∩ 1, ..., n| ≤ nq.

Se un insieme e finito, chiaramente e sparso e l’unione di un numero finito

di insiemi sparsi e un insieme sparso.

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4.2. DIMOSTRAZIONE DEL TEOREMA DI IRRIDUCIBILITA DIHILBERT

Lemma 11. Sia ann∈N una successione strettamente crescente tale che

ai+1 − ai ≥ aλi , con λ > 0 costante reale. Allora ann∈N e sparso.

Per la dimostrazione rimandiamo a [2],Lemma 1.24.

Lemma 12. Sia I = [s0, sm] ⊂ R un intervallo della retta reale e sii=0,...,m

una partizione di questo intervallo, si < si+1; sia χ ∈ Cm(I) a valori reali.

Allora ∃ σ ∈ I, s0 < σ < sm tale che:

χ(m)(σ)

m!=

1

Vm·

∣∣∣∣∣∣∣1 s0 · · · sm−1

0 χ(s0)

· · · · · · · · ·1 sm · · · sm−1

m χ(sm)

∣∣∣∣∣∣∣dove Vm e il determinante della matrice di Vandermonde 1 s0 · · · sm0

· · · · · ·1 sm · · · smm

cioe la quantita

∏i>j(si − sj).

Per la dimostrazione rimandiamo a [2],Lemma 1.24.

Ricordiamo che se φ ∈ O(C\0) e una funzione olomorfa, con un polo in

corrispondenza di z = 0, la sua espansione di Laurent in una corona circolare

U = z ∈ C/0 < |z| < R sara del tipo:

φ(z) =∑∞

i=i0aiz

i

con ai ∈ C, per un certo i0 ∈ Z che e l’ordine di molteplicita del polo z = 0.

Proposizione 8. Sia φ una funzione olomorfa in un intorno bucato U di 0,

con polo in corrispondenza di z = 0; sia N ∈ N tale che ∀ n ≥ N , 1n∈ U .

Allora l’insieme B(φ) := n ∈ N/n ≥ N, φ( 1n) ∈ Z e sparso, nel caso in cui

φ non sia un polinomio di Laurent.

Dimostrazione. Se B(φ) e finito certamente e un insieme sparso. Sup-

poniamo pertanto che sia infinito e che φ non sia un polinomio di Laurent.

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4.2. DIMOSTRAZIONE DEL TEOREMA DI IRRIDUCIBILITA DIHILBERT

Come primo passo, osserviamo che i coefficienti ai dello sviluppo in serie di

φ sono tutti reali; per vedere questo definiamo la serie φ(z) =∑∞

i=i0aiz

i (che

ha lo stesso raggio di convergenza di φ) che coincide con φ sull’insieme B(φ):

dato n ∈ B(φ), φ( 1n) = ¯φ( 1

n) = φ( 1

n).

Allora φ e φ coincidono su un insieme infinito che ha z = 0 come punto di

accumulazione e dunque coincidono dappertutto. Quindi ai = ai ∈ R.

Per s sufficientemente grande, in maniera tale che 1s∈ U ∩ R, definiamo poi

la funzione a valori reali χ(s) := φ(1s) =

∑∞i=i0

ai1si

.

• esistono λ > 0, m,S ∈ N tali che per ogni (m + 1)-upla di interi

s0 < ... < sm, con s0 > S e χ(s0), ..., χ(sm) ∈ Z si ha che sm − s0 > sλ0 .

Per un m sufficientemente grande, la serie χ(m)(s) =∑∞

i=µ dis−i ha solo

termini con potenze negative di s, cioe µ > 0. Qui i di sono numeri reali,

come visto precedentemente e possiamo supporre dµ 6= 0 (poiche φ non e un

polinomio di Laurent). Allora sµχ(m)(s) tende a dµ al tendere di s ad ∞.

Quindi c’e un S > 0 tale che 0 < |sµχ(m)(s)| < |2dµ| per s ≥ S.

Supponiamo adesso che s0, ..., sm sono come richiesto, cioe s0 < ... < sm,

con s0 > S e χ(s0), ..., χ(sm) ∈ Z e scegliamo σ in accordo con il Lemma 12.

Allora Vmχ(m)(σ)m!

e un intero non nullo ed ha valore assoluto ≥ 1. Quindi

Vm ≥ 1|χ(m)(σ)| e cosı:

(sm − s0)(m+1)(m+2)

2 ≥ Vm ≥ 1|χ(m)(σ)| ≥

1|2dµ|σ

µ ≥ 1|2dµ|s

µ0 .

Quindi:

sm − s0 ≥ ( 1|2dµ|)

2(m+1)(m+2) s

2µ(m+1)(m+2)

0 .

Dunque ogni positivo λ < 2(m+1)(m+2)

soddisfa la disuguaglianza richiesta.

Per la conclusione finale del lemma, si partisce l’insieme B(φ) :

B(φ) = n ∈ N/χ(n) ∈ Z = n ∈ B(φ)/n ≤ S ∪ n ∈ B(φ)/n > S.Chiamiamo B2 l’insieme n ∈ B(φ)/n > S ; indicizziamo poi gli elementi

di B2 in maniera crescente: B2 = nii∈N, ni < ni+1.

Per ogni (m + 1)-upla (ni0 , ni1 , ..., nim) di elementi di B2 vale l’asserto pre-

cedente: nim − ni0 > nλi0 . Si partisce dunque B2 in m insiemi Bj, secondo le

classi resto modulo m:

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4.2. DIMOSTRAZIONE DEL TEOREMA DI IRRIDUCIBILITA DIHILBERT

B2 =⋃j=0,...,m−1ni ∈ B2/i ≡ j(mod m)

Per ogni Bj = b(j)i , j = 0, ...,m−1 vale l’ipotesi del Lemma 11: b

(j)i+1−b

(j)i ≥

(b(j)i )λ e quindi ciascun Bj e sparso. Dunque anche B2 e sparso (perche unio-

ne finita di insiemi sparsi) e di conseguenza anche l’insieme B(φ).

Osserviamo che l’enunciato del teorema puo essere cosı generalizzato ad altre

successioni differenti da 1n: sia xn ⊂ N divergente all’infinito, allora l’insie-

me B(φ, xn) := n ∈ N/φ( 1xn

) ∈ Z e sparso (ovviamente bisogna sempre

tener conto che 1xn

appartenga al dominio di definizione di φ).

Questa proposizione e equivalente a dimostrare che, data una funzione olo-

morfa in un intorno di infinito con un polo all’infinito e non razionale (la

funzione χ della dimostrazione), l’insieme n ∈ N/φ(xn) ∈ Z e sparso, dove

xn e una successione di interi che tende all’infinito.

Dato p(T,X) ∈ Q[T,X] irriducibile su Q(T ) di grado > 1 in X, fissiamo

t0 ∈ Z tale che p(t0, X) sia separabile. Andiamo adesso alla ricerca delle

radici su Q dei polinomi specializzati p(t0 + 1n, X) ∈ Q[X] (o piu in generale

dei polinomi p(t0 + 1tn, X) dove tn diverge all’infinito): esprimiamole come

funzioni olomorfe in un intorno di t0 (quando vediamo p(t0, X) sul campo

algebricamente chiuso dei complessi), da queste ci riconduciamo a funzioni

meromorfe e cosı possiamo applicare il risultato di sopra per ottenere che su

Q l’insieme n ∈ N/p(t0 + 1n, X) ha una radice in Q, quando non e finito,

e sparso.

Proposizione 9. Sia p(T,X) ∈ Q[T,X] irriducibile su Q(T ), di grado d > 1

in X. Allora per quasi ogni t0 ∈ Z valgono le seguenti affermazioni:

1. Esiste un intorno di 0, U(0, ε) = z ∈ C/|z| < ε ⊂ C e d funzioni

olomorfe ψ1(z), ..., ψd(z) ∈ O(U) tali che ∀ z ∈ U il polinomio

p(t0 + z,X) ∈ Q[X] ha come d radici distinte i valori ψ1(z), ..., ψd(z);

2. Se per qualche i = 1, ..., d la funzione ψi(z) e una funzione razionale di

z (con coefficienti complessi) allora l’insieme:

Q(ψi) = q ∈ Q/ψi(q) ∈ Q

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4.2. DIMOSTRAZIONE DEL TEOREMA DI IRRIDUCIBILITA DIHILBERT

ha cardinalita finita;

3. L’insieme B(p, t0) := n ∈ N/p(t0 + 1n, X) ha una radice in Q, e

sparso.

Osservazione 7. In realta dimostreremo una cosa piu generale: che l’in-

sieme B(p, t0, tn) := n ∈ N/p(t0 + 1tn, X) ha una radice in Q, dove

tn ⊂ N e una successione divergente all’infinito, e sparso.

Dimostrazione. Dimostriamo dapprima il punto 1. Il polinomio p(T,X) e

irriducibile su Q(T ), pertanto e separabile e il suo discriminante D(T ) e non

nullo. Per il Teorema 13, esistono allora soltanto un numero finito di t per

i quali p(t,X) non e separabile; escludendo questi possiamo allora applicare

il Teorema di analiticita delle radici e ottenere le funzioni ψi(z) desiderate.

Quindi abbiamo la relazione:

p(t0 + z, ψi(z)) = 0 ∀ z ∈ U(0, ε), ∀ i = 1, ..., d. (4.4)

Per il punto 2, supponiamo che ψ = ψi e una funzione razionale di z (quin-

di quoziente di due polinomi); dall’uguaglianza (in C) p(t0 + z, ψ(z)) = 0,

valida nell’intorno U di z = 0, ne segue che p(t0 + T, ψ(T )) = 0 ∈ C(T ),

dove T e supposto trascendente anche su C. Siccome p(t0 +T,X) ∈ Q[T ][X]

ne segue che l’elemento ψ(T ) ∈ C(T ) e algebrico su Q[T ] ⊂ Q(T ) e quindi

anche su Q(T ); poiche Q(T ) e algebricamente chiuso in C(T ) (infatti, ogni

polinomio irriducibile su Q(T ) rimane irriducibile su C(T ) e si applica la (ii)

del Lemma 14 che riporteremo in seguito), ψ ∈ Q(T ).

Sia adesso q ∈ Q tale che ψ(q) ∈ Q e fissiamo γ ∈ Gal(Q/Q); considerato il

polinomio ψγ(T ) in cui abbiamo applicato γ ai coefficienti di ψ(T ) (che sono

elementi di Q), segue che ψγ(q) = ψ(q)γ = ψ(q). Se la cardinalita di Q(ψ)

fosse ∞, ψγ(T ) = ψ(T ) in Q(T ); ma allora ∀ γ ∈ Gal(Q/Q) varrebbe che

ψγ(T ) = ψ(T ) e quindi i coefficienti della funzione razionale ψ(T ) sarebbero

razionali, cioe ψ(T ) ∈ Q(T ). Dall’equazione p(t0 + T, ψ(T )) = 0 ne segue

p(T, ψ(T − t0)) = 0 e dal fatto che ψ(T − t0) ∈ Q(T ), p(T,X) avrebbe una

radice in Q(T ) che in contraddizione con il fatto che p(T,X) e irriducibile su

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4.2. DIMOSTRAZIONE DEL TEOREMA DI IRRIDUCIBILITA DIHILBERT

Q(T ) ed e di grado > 1 in X. Quindi il numero dei q ∈ Q per cui ψ(q) ∈ Qe finito.

Punto 3. Sia p(T,X) ∈ Q[T,X] = Q[T ][X] ed esprimiamolo nella forma

seguente:

p(T,X) =∑d

i=0 pi(T )X i con pi(T ) ∈ Q[T ].

Consideriamo il caso piu generale di una successione tn ⊂ N divergente

all’infinito e definiamo l’insieme:

B(p, t0, tn) := n ∈ N/p(t0 + 1tn, X) ha una radice cn ∈ Q.

Notiamo che p(t0 + 1tn, X) ∈ Q[X].

Esistera un R abbastanza grande (basta che sia ≥ maxdeg(pi(T ))) tale

che:

f(T,X) = TRp(t0 + 1T, X) =

∑di=0 T

Rpi(t0 + 1T, X)X i =

∑di=0 p

′i(T )X i

e un elemento di Q[T,X], con coefficienti p′i(T ) ∈ Q[T ].

Fissato n ∈ N, un elemento cn ∈ Q e radice di p(t0 + 1tn, X) ∈ Q[X] se e solo

se e radice di f(tn, X) ∈ Q[X]; in altre parole vale la relazione:

p(t0 + 1tn, cn) = 0⇔ f(tn, cn) = 0.

Siccome i coefficienti di p′i(T ) di f stanno in Q[T ], posso trovare un b ∈ Ztale che bf(T,X) = f(T,X) ∈ Z[T,X]. Vale ovviamente che:

f(tn, cn) = 0⇔ f(tn, cn) = 0.

Moltiplichiamo la relazione

f(tn, cn) =∑d

i=0 p′i(tn)cin = 0

per p′(tn)d−1 (dove p′(T ) = p′d(T )) e otteniamo:

p′(tn)d−1∑d

i=0 p′i(tn)cin = 0

p′(tn)dcdn +∑d−1

i=0 p′(tn)d−1p′i(tn)cin = 0

(p′(tn)cn)d +∑d−1

i=0 p′(tn)d−1−ip′i(tn)(p′(tn)cn)i = 0.

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4.2. DIMOSTRAZIONE DEL TEOREMA DI IRRIDUCIBILITA DIHILBERT

Vediamo quindi che (tn, p′i(tn)cn) soddisfa il seguente polinomio a coefficienti

in Z[T ]:

F (T, Z) = Zd +∑d−1

i=0 p′(T )d−1−ip′i(T )Zi.

Dalla relazione p(t0 + 1tn, cn) = 0, dove cn e una radice su Q del polinomio

p(t0 + 1tn, X) ∈ Q[X], deriva F (tn, p′(tn)cn) = 0 e quindi che p′(tn)cn, che

e un elemento di Q, e intero su Z, dato che F (tn, Z) ∈ Z[Z] e monico. In

definitiva p′(tn)cn ∈ Z.

Dato che tn →∞, ∃ N ∈ N tale che ∀ n ≥ N , n ∈ N, si ha che 1tn∈ U(0, ε)

e dunque cn = ψi(1tn

) per qualche i = 1, ..., d per la (4.4).

Definita la funzione ϕi(z) := p′(1z)ψi(z) su U(0, ε)\0, che e olomorfa ed ha

un polo in corrispondenza di z = 0, per n ≥ N , n ∈ B(p, t0, tn), si ha che:

ϕi(1tn

) = p′(tn)ψi(1tn

) ∈ Z.

Quindi, a meno di un insieme finito, B(p, t0, tn) sta nell’unione dei B(ϕi).

Per la Proposizione 8, l’insieme B(ϕi) e sparso se ϕi non e una funzione ra-

zionale. Ad ogni modo, se ϕi (e quindi ψi) e razionale, B(ϕi) e finito per

il punto 2. Poiche l’unione di insiemi sparsi e un insieme sparso, segue che

B(p, t0, tn) e sparso.

Siamo adesso pronti per dimostrare il Teorema di Irriducibilita di Hilbert:

Teorema 16. Il campo Q e hilbertiano.

Dimostrazione. Come gia accennato, proveremo la condizione 3 della de-

finizione di campo hilbertiano. Siano p1(T,X), ..., pr(T,X) ∈ Q[T,X] irri-

ducibili e di grado > 1 nella variabile X; sia t0 ∈ Q tale che i polinomi

specializzati p1(t0, X), ..., pr(t0, X) siano tutti separabili, come richiesto

dalla proposizione precedente e sia tn una successione di numeri naturali

divergente all’infinito.

L’unione finita degli insiemi B(p1, t0, tn) ∪ ... ∪ B(pr, t0, tn) e sparsa e

dunque il complementare

C(t0, tn) =⋂ri=1n ∈ N/pi(t0 + 1

tn, X) non ha radici in Q

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4.3. GENERALIZZAZIONE DEL TEOREMA DI IRRIDUCIBILITA DIHILBERT

e un sottoinsieme infinito di N.

Quindi ∀ n ∈ C, posto τn = t0 + 1tn

, esistono infinite specializzazioni razionali

date da una successione infinita τnn∈C ⊂ Q che converge al punto t0, tali

che p1(τn, X), ..., pr(τn, X) non hanno radici in Q. Questo prova il Teorema.

Corollario 6. Dato f(T,X) ∈ Q[T,X] irriducibile, l’insieme

A := t ∈ Q/f(t,X) ∈ Q[X] irriducibile

e denso in Q.

Dimostrazione. Basta sfruttare la relazione della tesi della Proposizione 6

per dimostrare che l’insieme e denso; continuiamo ad usare le notazioni del

teorema precedente.

Faremo vedere che ogni sottoinsieme aperto non vuoto di Q interseca A. Sia

x ∈ Q e U ⊂ Q intorno aperto di x; poiche, per il Teorema 13, ci sono infiniti

t ∈ Q per cui il polinomio f(t,X) e separabile, ∃ t0 ∈ U tale che pi(t0, X) e

separabile ∀ i = 1, ..., r.

Consideriamo la successione τn = t0 + 1nn∈N ⊂ Q: per la dimostrazione del

Teorema di Irriducibilita di Hilbert, da questa si puo estrarre una sottosuc-

cessione τ ′nn∈N tale che ∀ n i polinomi pi(τ ′n, X) non hanno radici su Q,

dunque τ ′n ∈ A. Siccome τ ′n → t0, esistera un N tale che τ ′n ∈ U ∀ n ≥ N :

l’insieme⋂i=1,...,rt ∈ Q/pi(t,X) ∈ Q non ha radici su Q e denso e quindi

anche l’insieme della tesi lo e. (Si osservi che al posto di 1n

possiamo prendere1tn

tali che tn ⊂ N tende all’infinito).

4.3 Generalizzazione del Teorema di Irridu-

cibilita di Hilbert

• Caso di piu variabili Xi e un parametro T

Sia d ∈ N, d ≥ 2. Consideriamo l’omomorfismo di Kronecker:

Sd : k[X1, ..., Xs]→ k[X]

Xi 7→ Xdi−1 ∀ i = 1, ..., s

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4.3. GENERALIZZAZIONE DEL TEOREMA DI IRRIDUCIBILITA DIHILBERT

Dato un generico g(X1, ..., Xs) ∈ k[X1, ..., Xs], la sua immagine tramite Sd e:

Sd(g(X1, ..., Xs)) = (Sdg)(X) = g(X, ..., Xds−1) ∈ k[X].

Un monomio del tipo aXn11 · · · Xns

s mediante l’omomorfismo di Kronecker

andra in aXn1+n2d+...+nsds−1. Indichiamo X = (X1, ..., Xs) e con Ad l’insieme

f(X) ∈ k[X]/degXif(X) ≤ d− 1 ∀ i = 1, ..., s. Allora:

Ad Sd−→ g(X) ∈ k[X]/degXg ≤ ds − 1 (4.5)

e una biezione, per l’unicita dell’espansione di un numero naturale

N ≤ ds − 1 in base d: esistono e sono unici ni ∈ N/ni ≤ d − 1i=1,...,s tali

che N = n1 + n2d+ n3d2 + ...+ nsd

s−1.

Definiamo in maniera del tutto analoga Sd su k[T,X1, ..., Xs], imponendo che

sia l’identita sul parametro T : con Ad,T indichiamo l’insieme dei polinomi

f(T,X) ∈ k[T,X] con le stesse proprieta di Ad.

Teorema 17. Sia k campo hilbertiano e f(T,X1, ..., Xs) ∈ k[T,X1, ..., Xs]

un polinomio in s + 1 variabili, s ≥ 1, irriducibile su k, di grado ≥ 1 in

Xs. Allora esistono infinite specializzazioni f(t,X1, ..., Xs) ∈ k[X1, ..., Xs]

irriducibili su k, t ∈ k.

Dimostrazione. Sia f(T,X) ∈ k[T,X] irriducibile su k, d ∈ N tale che

d > degXif(T,X) ∀ i = 1, ..., s. Per comodita di scrittura, l’omomorfismo

di valutazione che specializza la variabile T nell’elemento t viene indicato

indistintamente con ϕt, sia su k[T,X] che su k[T,X]. Risulta che

ϕtSd = Sdϕt (4.6)

Cioe il seguente diagramma commuta:

k[T,X]Sd−−−→ k[T,X]

ϕt

y yϕtk[X]

Sd−−−→ k[X]

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4.3. GENERALIZZAZIONE DEL TEOREMA DI IRRIDUCIBILITA DIHILBERT

Se

Sd(f(T,X)) =∏j∈J

φj(T,X) (4.7)

e la fattorizzazione di Sd(f(T,X)) = (Sdf)(T,X) in k[T,X], allora possiamo

scegliere t ∈ k tale che φj(t,X) ∈ k[X] rimangano irriducibili ∀ j ∈ J ,

sfruttando l’ipotesi di hilbertianita del campo k, in modo che:

(Sdf)(t,X) =∏j∈J

φj(t,X) (4.8)

sia la fattorizzazione di (Sdf)(t,X) in k[X]; notare che si e fatto uso della

(4.6).

Supponiamo, per assurdo, che ft(X) = f(t,X) non sia irriducibile, pertanto

f(t,X) = p1(X)p2(X) con p1(X), p2(X) ∈ k[X] non banali.

Siccome Sd e un omomorfismo,

Sd(f(t,X)) = Sd(p1(X))Sd(p2(X)) (4.9)

Dunque, usando la fattorizzazione della (4.8):(Sdp1)(X) =

∏j∈J1 φj(t,X)

(Sdp2)(X) =∏

j∈J2 φj(t,X)

dove J1 ∪ J2 = J e J1 ∩ J2 = ∅. Tali uguaglianze sono scritte a meno di un

fattore ∈ k?.Definiamo i seguenti polinomi in k[T,X]:

p1(T,X) =∏

j∈J1 φj(T,X)

p2(T,X) =∏

j∈J2 φj(T,X)

che sono i fattori corrispondenti a J1 e J2 in (Sdf)(T,X), dunque

(Sdf)(T,X) = p1(T,X)p2(T,X) (4.10)

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4.3. GENERALIZZAZIONE DEL TEOREMA DI IRRIDUCIBILITA DIHILBERT

Osserviamo subito, mettendo insieme le (4.9) e (4.10) (sfruttando che

ϕt(Sd(f(T,X))) = Sd(ϕt(f(T,X))) che le loro specializzazioni sono date da:ϕt(p1(T,X)) = p1(t,X) = Sd(p1(X))

ϕt(p2(T,X)) = p2(t,X) = Sd(p2(X))

Usiamo il risultato ottenuto in (4.5): dato che degXpj(T,X) < ds, esistono e

sono unici q1(T,X) e q2(T,X) ∈ Ad,T per i qualip1(T,X) = Sd(q1(T,X))

p2(T,X) = Sd(q2(T,X))

Allora vale la relazione:

Sd(f(T,X)) = Sd(q1(T,X))Sd(q2(T,X)) = Sd(q1(T,X)q2(T,X)

e siccome f(T,X) e irriducibile non si puo avere che f(T,X) = q1(T,X)q2(T,X);

quindi il prodotto q1(T,X)q2(T,X) ∈ k[T,X] non appartiene all’insiemeAd,T .

Pertanto esso conterra qualche monomio del tipo h(T,X) = a(T )Xn11 · · ·Xns

s

con qualche esponente ni ≥ d e coefficiente a(T ) ∈ k[T ], a(T ) 6= 0; aggiun-

giamo adesso l’ipotesi che t ∈ k sia tale che a(t) 6= 0, in maniera tale che

h(t,X) 6= 0, Applichiamo ora l’omomorfismo di valutazione ϕt a (4.10) e al

sistema soprascritto, si ottiene:

(Sdf)(t,X) = p1(t,X)p2(t,X)p1(t,X) = Sd(q1(t,X))

p2(t,X) = Sd(q2(t,X))

Otteniamo alla fine che: Sd(p1(X)) = Sd(q1(t,X))

Sd(p2(X)) = Sd(q2(t,X))

da cui: p1(X) = q1(t,X)

p2(X) = q2(t,X)

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4.3. GENERALIZZAZIONE DEL TEOREMA DI IRRIDUCIBILITA DIHILBERT

Infine: f(t,X) = q1(t,X)q2(t,X), sempre per l’iniettivita di Sd su Ad.

Quindi h(t,X) divide f(t,X), pervenendo ad un assurdo perche f(t,X) ∈ Admentre h(t,X) /∈ Ad.

• Caso di una variabile X e piu parametri Tj

Teorema 18. Sia k un campo hilbertiano e f(T1, ..., Tr, X) ∈ k[T1, ..., Tr, X],

r ≥ 1, irriducibile su k, di grado ≥ 1 in X. Allora esistono infinite specia-

lizzazioni f(t, X) ∈ k[X] irriducibili su k, t = (t1, ..., tr) ∈ kr.

Dimostrazione. Basta applicare il Teorema precedente, considerando il

polinomio f nel parametro T1 e nelle r variabili T2, ..., Tr, X; specializzando

in T1 si ottiene il polinomio f(t1, T2, ..., Tr, X) ∈ k[T2, ..., Tr, X] irriducibile.

Attraverso specializzazioni successive in T2, T3, ..., Tr si ottiene la tesi.

• Caso di piu variabili Xi e piu parametri Tj

I due Teoremi precedenti possono essere raggruppati nel seguente:

Teorema 19. Sia k un campo hilbertiano e f(T1, ..., Tr, X1, ..., Xs) ∈ k[T,X],

r ≥ 1 e s ≥ 1, irriducibile su k, di grado ≥ 1 in Xs. Allora esistono infinite

specializzazioni f(t, X1, ..., Xs) ∈ k[X1, ..., Xs] irriducibili su k,

t = (t1, ..., tr) ∈ kr.

Daremo un’applicazione del Teorema 17, prima pero ci servira il seguente:

Lemma 13. Sia f(X1, ..., Xs) un polinomio in s ≥ 2 variabili su k, di grado

≥ 1 in Xs. Allora f e irriducibile come polinomio in s variabili se e so-

lo se f e irriducibile e primitivo se visto come polinomio in Xs sull’anello

D = k[X1, ..., Xs−1]. Osserviamo che f e irriducibile su D se e solo se f e

irriducibile su F = k(X1, ..., Xs−1).

Dimostrazione. Supponiamo che f sia irriducibile e primitivo (cie f 6= 0

e il massimo comun divisore dei suoi coefficienti e 1) se visto come polinomio

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4.3. GENERALIZZAZIONE DEL TEOREMA DI IRRIDUCIBILITA DIHILBERT

in Xs su D. Se f = gh per polinomi g, h in X1, ..., Xs, allora uno di questi

polinomi, diciamo g, deve essere un polinomio in X1, ..., Xs−1. Poiche f e

primitivo, segue che g e un’unita in D, quindi g ∈ k. Questo prova che f e

irriducibile come polinomio in s variabili. Il viceversa e chiaro.

Per l’ultima affermazione del teorema, ricordiamo che un polinomio f(y)

e irriducibile in D[y] con D dominio a fattorizzazione unica se e solo se e

irriducibile in F[y], con F campo delle frazioni diD e che un anello di polinomi

con un numero finito di variabili su un campo e un dominio a fattorizzazione

unica.

Corollario 7. Ogni estensione finitamente generata di un campo k hilber-

tiano e hilbertiana.

Dimostrazione. Se K e un’estensione finita su k, la tesi discende dal

Corollario 5. Altrimenti esistono T1, ..., Tr ∈ K tali che K e un’estensio-

ne finita di F = k(T1, ..., Tr) ed F e puramente trascendente su k (con

T1, ..., Tr ∈ K algebricamente indipendenti su k).

Se dimostriamo che F e un campo hilbertiano, seguira che anche K e hil-

bertiano, perche abbiamo gia dimostrato, nel Corollario 5, che le estensioni

algebriche di campi hilbertiani sono hilbertiane.

Dato f(T,X) ∈ F [T,X] polinomio irriducibile su F , per il Lemma 13, f e

irriducibile su F (T ) come polinomio in X; possiamo inoltre supporre che f ∈k[T1, ..., Tr][T,X] e che f e irriducibile su k come polinomio in T1, ..., Tr, T,X.

Per il Teorema 17 esistono infiniti t ∈ k tali che f(T1, ..., Tr, t, X) e irridu-

cibile su k. Quindi f(T1, ..., Tr, t, X) e irriducibile come polinomio in X su

k[T1, ..., Tr] e quindi, per lo stesso lemma, sul relativo campo dei quozienti

F .

Osservazione 8. k(X1, ..., Xm) e hilbertiano per un qualunque campo k ed

m ≥ 1.

Per la dimostrazione dell’Osservazione, rimandiamo a [3],Teorema 12.10.

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4.4. APPLICAZIONI DEL TEOREMA DI IRRIDUCIBILITA DIHILBERT ALLA TEORIA DI GALOIS

4.4 Applicazioni del Teorema di Irriducibilita

di Hilbert alla Teoria di Galois

Definizione. Dato un gruppo G e un campo k, si dice che G si realizza su k

se esiste un’estensione finita di Galois L ⊃ k con gruppo di Galois Gal(L/k)

isomorfo a G.

Vediamo come il Teorema di Irriducibilita di Hilbert venga in aiuto nel-

l’affrontare il problema inverso di Galois. L’enunciato che segue prende in

considerazione il campo Q dei razionali, ma puo essere riformulato per un

qualsiasi campo k che sia hilbertiano.

Teorema 20. Se G e un gruppo finito che si realizza come gruppo di Galois

sul campo puramente trascendente Q(T1, ..., Tn) allora esso si realizza anche

su Q.

Dimostrazione. Sia E un’estensione finita di Galois di Q(T1, ..., Tn) =

Q(T), con gruppo isomorfo a G. Per il teorema dell’elemento primitivo e

per il Lemma 9 esiste un elemento α ∈ E, intero sull’anello Q[T1, ..., Tn],

tale che E = Q(T)(α); sia f(T, X) ∈ Q[T ][X] il suo polinomio minimo.

Per il Teorema di Irriducibilita di Hilbert (nella variante del Teorema 18)

esistono infinita di n-uple (t1, ..., tn) ∈ Qn tali che il polinomio specializzato

f(t1, ..., tn, X) ∈ Q[X] e irriducibile.

Concludiamo con il lemma di estensione prendendo R = Q[T1, ..., Tn] e la

specializzazione da R su Q che manda le variabili T1, ..., Tn rispettivamente

in t1, ..., tn ∈ Q: siccome il polinomio specializzato e irriducibile, sempre per

il lemma di estensione ne segue che il suo gruppo di Galois su Q e isomorfo

a quello del polinomio f(T, X) su Q(T1, ..., Tn) e quindi a G.

Il Teorema di Irriducibilita di Hilbert implica dunque che per realizzare un

gruppo di Galois su Q, e sufficiente realizzarlo su Q(T1, ..., Tn). Tale risultato

ha permesso di risolvere il problema inverso nel caso dei gruppi simmetrici e

alterni.

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4.4. APPLICAZIONI DEL TEOREMA DI IRRIDUCIBILITA DIHILBERT ALLA TEORIA DI GALOIS

A tal punto, ponendoci nelle ipotesi del Corollario 4 e mettendo insieme

tale risultato con quello del Teorema 20, possiamo concludere che:

Se la varieta algebrica H inr (G) ha un punto Q- razionale, allora G si realizza

su Q.

4.4.1 Realizzazioni regolari

Ricordiamo per comodita la seguente definizione, che avevamo introdotto nel

precedente capitolo.

Definizione. Dato un gruppo G e un campo k, si dice che G si realiz-

za regolarmente su k se esiste un intero m ≥ 1 tale che G si realizza su

k(T1, ..., Tm) = k(T) e se K ⊃ k(T ) e l’estensione di Galois con gruppo G si

ha K ∩ k = k.

La definizione equivale a richiedere che K non contenga alcuna estensio-

ne algebrica propria del campo k. Enunciamo un lemma che caratterizza

questo particolare tipo di estensioni (per la cui dimostrazione rimandiamo a

[2], Lemma 1.1):

Lemma 14. Supponiamo che X1, ..., Xm sono algebricamente indipendenti

su k e sia X = (X1, ..., Xm).

(i) Se k′/k e un’estensione finita di Galois, allora k′(X)/k(X) e finita di

Galois e la funzione di restrizione Gal(k′(X)/k(X)) → Gal(k′/k) e un iso-

morfismo. In particolare, ogni campo tra k(X) e k′(X) e della forma k′′(X)

e [k′′(X) : k(X)] = [k′′ : k];

(ii) Sia f(X, Y ) ∈ k(X)[Y ] irriducibile su k(X) e sia K = k(X)[Y ]/(f) l’e-

stensione corrispondente del campo k(X). Allora K e un’estensione regolare

su k se e solo se f(X, Y ) e irriducibile su k(X), con k la chiusura algebri-

ca di k. Se vale questo, allora per ogni estensione di campi k ⊂ k1, tale

che X, Y rimangono algebricamente indipendenti su k1, segue che f(X, Y ) e

irriducibile su k1(X).

Riportiamo una conseguenza del Teorema 20 che ci mostra una proprieta

delle realizzazioni regolari: la loro invarianza sotto l’estensione del campo

base k.

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4.4. APPLICAZIONI DEL TEOREMA DI IRRIDUCIBILITA DIHILBERT ALLA TEORIA DI GALOIS

Corollario 8. Supponiamo che G si realizza regolarmente su k. Allora G

si realizza regolarmente su ogni estensione k1 del campo k. Quindi G e un

gruppo di Galois su k1 se k1 e hilbertiano.

Dimostrazione. Supponiamo che X1, ..., Xm sono algebricamente indipen-

denti su k1 e sia X = (X1, ..., Xm). Possiamo supporre G = Gal(K/k(X))

con K regolare su k. Sia n = |G| = [K : k(X)]. Scriviamo K nella forma

K = k(X)[Y ]/(f), per qualche f(X, Y ) ∈ k(X)[Y ]. Allora f e irriducibile su

k1(X) per il lemma precedente.

Quindi K1 = k1(X)[Y ]/(f) e un’estensione di campi di k1(X) di grado n, re-

golare su k1. Chiaramente, K1 e di Galois su k1(X) (perche tutte le radici di

f su k1(X) sono gia contenute in K). Adesso Gal(K1/k1(X)) e Gal(K/k(X))

hanno lo stesso ordine, il primo gruppo si immerge nell’altro mediante la fun-

zione di restrizione, quindi essi sono sono isomorfi.

Cio prova la prima richiesta. Per la seconda affermazione, osserviamo che, per

quanto gia dimostrato, G si realizza regolarmente su k1(X1, ...Xm). Allora,

essendo k1 hilbertiano, dal Teorema 20 segue che G si realizza regolarmente

su k1.

Proposizione 10. Sia k un campo hilbertiano e G un gruppo finito che si

realizza regolarmente su k. Allora esistono infinite estensioni di Galois di k

con gruppo di Galois isomorfo a G che sono linearmente disgiunte su k.

Dimostrazione. Una famiglia di estensioni ki/k si dice linearmente di-

sgiunta se, per ogni coppia di insiemi finiti in tale famiglia, il composto degli

elementi del primo intersecato con il composto degli elementi del secondo e

k. Per induzione, sara sufficiente provare tale risultato prendendo il primo

insieme con n elementi e il secondo con uno solo, facendo poi variare gli n

elementi da 1 in avanti.

Infatti, assumendo che per ogni n si abbia che k1...kn ∩ kn+1 = k, dalle pro-

prieta dei campi segue che k1...kn ∩ kn+1kn+2 ⊂ k1...knkn+1 ∩ kn+1kn+2 ⊂kn+1(k1...kn ∩ kn+2) ⊂ kn+1. Allo stesso modo, allora, si ha che k1...kn ∩kn+1kn+2 ⊂ kn+2. Dal caso n = 1, allora, k1...kn ∩ kn+1kn+2 = k.

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4.4. APPLICAZIONI DEL TEOREMA DI IRRIDUCIBILITA DIHILBERT ALLA TEORIA DI GALOIS

Abbiamo ora un’ estensione finita di Galois K ⊃ k(x) ottenuta per aggiunzio-

ne di un elemento primitivo radice del polinomio minimo f(x, y) a coefficienti

in k[x]. Poiche k e hilbertiano, allora, esistono infiniti specializzati fb, per

b ∈ km, irriducibili e tali che Gal(K/k(x)) ∼= Gal(k[y]|(fb)/k).

Denotiamo, per i da 1 in poi, k(βi) := k[y]|(fbi), ottenendo una quantita

infinita e numerabile di tali estensioni. Sia allora, per n da 1 in avanti,

L :=∏

i=1,...n k(βi), estensione finita di k. Poiche K/k e regolare, f rimane

irriducibile anche su L(x), per la (ii) del Lemma 14. Allora esistono infiniti

a ∈ km tali che fa e irriducibile in L[y].

Possiamo sceglierne almeno uno tale che, contemporaneamente, si abbia che

L(βn+1) ∼= L[y]/(fa) e che k(βn+1) ∼= k[y]/(fa). Pertanto si avra la situazione

[k(βn+1) : k] = [L(βn+1) : L] = n con L(βn+1) = Lk(βn+1). Dalla teoria dei

campi classica si ha allora che L ∩ k(βn+1) = k.

Realizzazione del gruppo simmetrico

Vediamo che il gruppo simmetrico Sn si realizza come gruppo di Galois

su k = Q.

I polinomi simmetrici elementari e1 = e1(x1, ..., xn) = x1 + ...+ xn,...

en = en(x1, ..., xn) = x1 · · ·xn sono in particolare delle funzioni razionali, cioe

e1, ..., en ∈ Q(x1, ..., xn) =: L. Possiamo quindi considerare il campo delle

funzioni razionali simmetriche K := Q(e1, ..., en) ⊂ Q(x1, ..., xn) = L.

Il campo L e il campo di spezzamento del polinomio

p(T ) = T n − e1Tn−1 + ...+ (−1)nen ∈ K[T ]

perche p(T ) = (T − x1) · · · (T − xn). Segue che L ⊃ K e un’estensione

algebrica finita e normale.

Il gruppo Sn agisce su L per permutazioni delle variabili xi, quindi Sn ≤Aut(L). Se ϕ(x1, .., xn) ∈ L e una funzione razionale, allora ϕ e simmetrica

se e solo se σϕ = ϕ ∀ σ ∈ Sn. Quindi K e il campo fisso di Sn ≤ Aut(L).

Allora, per il Teorema di Artin, Gal(L/K) = Sn. Il polinomio

p(x, T ) = T n − e1(x1, ..., xn)T n−1 + ...+ (−1)nen(x1, ..., xn) ∈ Q[x, T ]

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4.4. APPLICAZIONI DEL TEOREMA DI IRRIDUCIBILITA DIHILBERT ALLA TEORIA DI GALOIS

e detto il polinomio generico. Infatti se specializziamo le variabili xi (cioe dia-

mo dei valori x1 = a1, ..., xn = an), otteniamo il polinomio (T−a1)···(T−an).

Prendendo gli ai ∈ Q, otteniamo tutti i polinomi monici (e quindi tutti i

polinomi a meno di una costante) a coefficienti in Q, in particolare tutti i

polinomi a coefficienti razionali. Osserviamo che, applicando il Teorema 20

possiamo concludere che Sn si realizza su Q.

Vediamo pero come dimostrare che Sn si realizza regolarmente su Q, usando

solo l’irriducibilita di una generica specializzazione.

Affermazione. ∀ n ≥ 2, Sn e di Galois su Q. Piu precisamente,

∀ n ≥ 2 ∃ f(x) ∈ Q[x] irriducibile, di grado n, con GalQf = Sn.

Dimostrazione. Consideriamo come prima l’estensione

L := Q(x1, ..., xn)/Q(e1, .., en) := K

L’estensione e normale (L campo di spezzamento di p(x) =∏

(x− xi), quin-

di L = K(x1, ..., xn)). Sappiamo che per (a1, ..., an) ∈ Zn sufficientemente

generale, α = a1x1 + ...+ anxn e un elemento primitivo di L ⊃ K.

Sia m(x) ∈ K[x] il suo polinomio minimo. Allora:

m(x) =∏

(x− (a1xσ(1) + ...+ anxσ(n))).

Infatti m(x) ∈ K[x] ha grado [L : K] = |Gal(L/K)| = n!.

Osserviamo che i coefficienti di m sono dei polinomi simmetrici negli xi, cioe

m(x) ∈ Q[e1, ..., en][x], cioe m(e1, ..., en, x) ∈ Q(e1, ..., en)[x].

Il polinomio m(T1, ..., Tn, x) ∈ Q[T1, ..., Tn, x] e irriducibile su Q.

Infatti, se m(T, x) = g(T, x)h(T, x), allora questa fattorizzazione dovrebbe

valere in Q(e)[x] ma m e irriducibile su Q(e) (e il polinomio minimo di α).

Quindi uno dei fattori, diciamo g, ha grado zero in x. Siccome m e monico

in x, g ∈ Q e una costante. Per il Teorema di Hilbert, per quasi ogni

(b1, ..., bn) ∈ Qn, m(x) = m(b, x) ∈ Q[x] e irriducibile (di grado n!).

Sia f(x) = xn − b1xn−1 + ... + (−1)nbn ∈ Q[x] e siano r1, ..., rn le sue radici

in un’estensione Ω.

Abbiamo bi = ei(r1, ..., rn). Quindi:

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4.4. APPLICAZIONI DEL TEOREMA DI IRRIDUCIBILITA DIHILBERT ALLA TEORIA DI GALOIS

m(e1(r1, ..., rn), ..., en(r1, ..., rn), x) = m(b1, ..., bn, x) = m(x) =∏(x− (a1rσ(1) + ...+ anrσ(n)))

(Abbiamo sostituito xi → ri, ei = ei(x1, ..., xn)→ ei(r1, ..., rn) = bi,

a1x1 + ...+ anxn → a1r1 + ...+ anrn).

Segue che α := a1r1 + ...+ anrn ∈ Q(r1, ..., rn) e radice del polinomio irridu-

cibile m(x), di grado n!. Questo implica [Q(r1, ..., rn) : Q] ≥ n!.

Dunque GalQf = Sn e questo, a sua volta, implica che f(x) e irriducibile e

quindi, per la (ii) del Lemma 14, Sn si realizza regolarmente su Q.

Osservazione 9. La dimostrazione di Hilbert non e effettiva, cioe non for-

nisce un polinomio f(x) ∈ Q[x] con GalQf = Sn.

Con lo stesso procedimento Hilbert ha mostrato che An e di Galois su Q.

E’ interessante sapere che il Teorema di Irriducibilita di Hilbert venne sfrut-

tato per il problema inverso da Noether che, agli inizi del 1900 traccio la

seguente strategia: dato un gruppo finito G, sappiamo dal Teorema di Cay-

ley che esso e isomorfo ad un sottrogruppo di un gruppo simmetrico finito.

Immergiamo dunque G nel gruppo simmetrico Sn, per qualche n.

Il gruppo simmetrico, come gia osservato, agisce in maniera naturale sul

campo puramente trascendente K = Q(X1, ..., Xn) (∀ σ ∈ Sn, σ(Xi) = Xσ(i))

con campo fisso L = Q(Y0, ..., Yn−1), dove le Yii=0,...,n−1 sono le funzioni

simmetriche elementari di Xii=1,...,n e l’estensione K ⊃ L e di Galois con

gruppo isomorfo a Sn, per il Teorema di Artin.

Consideriamo l’azione indotta da G, come sottogruppo di Sn, sul campo K

e poniamo KG il campo degli elementi di K lasciati fissi da G: l’estensione

K ⊃ KG e di Galois, con gruppo isomorfo a G.

Se KG fosse puramente trascendente su Q, allora potremmo scrivere

KG = Q(T1, ..., Tn) e applicando il Teorema di Hilbert, (come fatto nella di-

mostrazione del Teorema 20) avremmo realizzato G sul campo dei razionali!

Il punto centrale sta pero nell’aver supposto che KG sia un’estensione pu-

ramente trascendente di Q, quello che viene chiamato problema di Noether.

Cio, infatti, non e sempre vero. Swan, in un suo articolo del 1969, prese in

considerazione un gruppo G generato da un p-ciclo dentro Sp con p = 47,

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4.4. APPLICAZIONI DEL TEOREMA DI IRRIDUCIBILITA DIHILBERT ALLA TEORIA DI GALOIS

dimostrando che l’estensione Q(X1, ..., Xp)G ⊃ Q non era puramente trascen-

dente. Sono comunque note alcune costruzioni per certi casi particolari come

Sn, An (Hilbert), gruppi abeliani (teorema di Kronecker-Weber), p-gruppi di

ordine dispari (Scholz-Reichardt), gruppi risolubili (Shafarevich). Per una

casistica generale vedere il riferimento [4].

4.4.2 Altre applicazioni

Il Corollario 7 e completato dal Teorema di Weissauer sulle estensioni alge-

briche infinite di un campo hilbertiano (che non sono finitamente generate).

Il carattere della dimostrazione di tale teorema e algebrico ([2],Teorema 1.26),

ci limitiamo ad enunciarlo per ottenerne poi un’ulteriore applicazione sulle

realizzazioni regolari di un gruppo.

Teorema 21. Sia k hilbertiano, N una (possibilmente infinita) estensione di

Galois di k, M un’estensione finita di N con M 6= N . Allora M e hilbertiano.

Inoltre i valori che rendono irriducibile su k un polinomio possono essere

scelti in k(θ) dove θ e un generatore di M su N .

Osservazione 10. Applicando la Proposizione 6 e la Proposizione 7, per

ogni h(x, y) ∈ M [x][y], irriducibile su M(x), ci sono infiniti b ∈ k(θ) tali

che h(b, y) e irriducibile in M [y]. Comunque, k stesso puo non contenere

tali b, come sara confermato dall’esempio successivo. Notiamo, inoltre, che

l’ipotesi M 6= N e cruciale, infatti, non tutte le estensioni infinite di Q sono

hilbertiane. Un esempio e Q, che non e hilbertiano.

Corollario 9. Il campo Qab ottenuto aggiungendo tutte le radici dell’unita a

Q e hilbertiano.

Dimostrazione. Prendiamo k = Q, N = Qab ∩ R e M = Qab. Abbiamo

che M = N(√−1) (perche la coniugazione complessa lascia Qab invariante,

quindi per z = a +√−1b ∈ Qab abbiamo a = 1

2(z + z) ∈ N e analogamente

b ∈ N). Poiche Q e hilbertiano, dobbiamo solo vedere che N e di Galois

su Q. Questo si riduce a chiedersi quando Qn ∩ R e di Galois su Q, dove

Qn e il campo delle radici n-esime dell’unita per qualche n. E’ ben noto che

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4.4. APPLICAZIONI DEL TEOREMA DI IRRIDUCIBILITA DIHILBERT ALLA TEORIA DI GALOIS

Gal(Qn/Q) ∼= UZn e abeliano, quindi ogni sottocampo tra Q e Qn e di Galois

su Q (ogni tale sottocampo corrisponde, infatti, ad un sottogruppo normale

di Gal(Qn/Q), vale il teorema fondamentale di Galois).

Osserviamo che, per il Teorema di Kronecker-Weber, Qab e il composto di

tutte le estensioni finite e abeliane di Q. Riportiamo un esempio di un campo

non hilbertiano, per quanto simile a Qab e di un caso in cui le b ∈ M che

soddisfano quanto enunciato nel Teorema di Weissauer non sono in k per

ragioni analoghe a quelle per cui il primo campo non e hilbertiano.

Esempio: Sia Qsolv il composto di tutte le estensioni finite e risolubili di

Q. Il polinomio f(x, y) = y2 − x e irriducibile su Q(x), mentre, ∀ b ∈ Qsolv,

f(b, y) si decompone in due fattori lineari su Qsolv, essendo, per la sua stessa

definizione, Qsolv chiuso per estrazione di radice n-sima, per ogni n ∈ N\0.Dunque Qsolv non e hilbertiano.

Siccome, per Kronecker-Weber, ogni radice quadrata di un numero razionale

e in Qab, si ha che f(b, y) e riducibile in Qab[y] ∀ b ∈ Q. Pertanto, in tal

caso, non e possibile scegliere in k gli elementi b ∈ M descritti nel Teorema

di Weissauer.

Sfruttiamo adesso il Teorema di Weissauer per dimostrare il seguente:

Corollario 10. Supponiamo che k sia hilbertiano. Se G si realizza rego-

larmente su k, allora ∀ m ≥ 1 c’e un’estensione di Galois di k(x1, ..., xm),

regolare su k, con gruppo di Galois isomorfo a G.

Dimostrazione. Data una realizzazione K/k(x1, ..., xm), e semplice au-

mentare il numero di variabili aggiungendone di nuove algebricamente indi-

pendenti dalle precedenti. La regolarita e evidentemente conservata come

pure il gruppo di Galois, per la (i) del Lemma 14. Rimane da ridurre m.

Sia G = Gal(K/k(x)), con K regolare su k e x = (x1, ..., xm). Scriviamo K

nella forma K = k(x)[y]/(f), per qualche f(x, y) ∈ k(x)[y].

Allora f e irriducibile su k(x) per il Lemma 14.

Usando il Lemma 9 possiamo supporre che f sia monico in y e che f ∈ k[x][y].

Supponiamo m ≥ 2 e sia x = xm. Utilizziamo κ = k(x21, x2, ..., xm−1) al posto

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4.4. APPLICAZIONI DEL TEOREMA DI IRRIDUCIBILITA DIHILBERT ALLA TEORIA DI GALOIS

di k e N = k(x21, x2, ..., xm−1), M = k(x1, x2, ..., xm−1). Allora M = N(θ) per

θ = x1. Inoltre κ e hilbertiano per il Corollario 7.

Per l’Osservazione 10, per qualche h(x, y) ∈M [x][y], irriducibile su M(x), ci

sono infiniti b ∈ κ(θ) tali che h(b, y) e irriducibile su M come polinomio in y.

Sia k′ = k(x1, ..., xm−1). Allora k(x) = k′(x).

Quindi f ∈ k[x][y] = k′[x][y] ⊂ M [x][y]. Sappiamo che f e irriducibile

su k(x) = M(x). Allora ci sono infiniti b ∈ κ(θ) = k′ tali che hb(y) :=

f(x1, ..., xm−1, b, y) e irriducibile su M = k(x1, ..., xm−1).

Allora K ′ := k′[y]/(hb) e un’estensione finita di k′, regolare su k (per il

Lemma 14). Escludendo un numero finito di b, per la conclusione successi-

va al Lemma 10, abbiamo che K ′ e di Galois su k′ con gruppo G. Quindi

G si realizza come gruppo di Galois di un’estensione di k′ = k(x1, ..., xm−1)

regolare su k. Per induzione, cio prova la tesi.

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